Il profumo della gelosia

di Nisi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Travolta da insoliti pensieri impuri nella calda notte della Parigi del 1789 ***
Capitolo 2: *** Lui, lei e la pancia ***
Capitolo 3: *** Camicia da notte party ***
Capitolo 4: *** Dell'arte e delle sue espressioni ***
Capitolo 5: *** Accadde in un vicolo ***



Capitolo 1
*** Travolta da insoliti pensieri impuri nella calda notte della Parigi del 1789 ***


Distesa nel buio, al sicuro nella sua stanza, Oscar tentava inutilmente di riposare, ma il dolore delle ferite riportate solo qualche ora prima e l’eco delle sue stesse parole le rimbombava in testa impedendole di chiudere occhio.

Si levò bruscamente a sedere e trasalì per il dolore al braccio: “Questa poi!” mormorò al suo baldacchino. “Me ne sono accorta dopo solamente trent’anni che lo conosco che mi sono innamorata di André. Se continuo di questo passo, fra un secolo riuscirò a dirglielo”

Soffocò una risata: nella sua testa rivedeva continuamente l’espressione del conte di Fersen che, in confidenza, le era sembrata particolarmente ebete. “Il vostro André?”

Beh, che c’era di strano? Qualcosa in contrario, forse? Certo, il mio André. E allora?

Ogni lasciata è persa, caro il mio bel tronco di pino svedese! (voi non lo sapete, ma bis bis bis bis bis bis nipote di Hans Axel avrebbe fondato una famosa catena di negozi di mobili).

Confidenza per confidenza, il conte aveva una gran bella presenza - ne sapeva qualcosa anche lei! - ma non brillava certo per l’acume della sua intelligenza, almeno per quanto riguardava il loro personale rapporto: non si era accorto infatti che lei fosse una donna (e la cosa l’aveva segretamente fatta imbestialire), non si era accorto che sotto quella stoffa bianca di quel vestito da odalisca e, soprattutto, sotto a quel maledetto corsetto che la faceva boccheggiare come un pesce appena pescato c’era lei la sua migliore amica. Le forcine che le pungevano la testa, la pettinatura da scema, gli orecchini che le strizzavano il lobo e quella roba che le impiastricciava la faccia non era servita a niente.

E non si era nemmeno accorto che lei si era presa una scuffia da paura. Anzi, se ne era accorto troppo tardi, per cui la figuraccia non era sicura se fosse più sua o di lui.

Forse, Hans Axel era bello solamente quando stava zitto; d’altronde, non è che lui e Maria Antonietta parlassero molto, ultimamente. La bocca la usavano per altri scopi, sicuramente più segreti.

Per associazione di idee, le venne in mente un’altra bocca e, precisamente, un’altra bocca che si era posata sulla sua pochi mesi prima senza neanche troppi complimenti. Quella di André. Ora era lei ad avere un’espressione ebete, probabilmente. Era da parecchio che non ripensava a quella scena (o non voleva ripensarci), ma il solo rievocarla alla mente le fece rimescolare il sangue facendolo confluire sulle sue gote pallide. Ad essere sinceri, ma proprio sinceri, prima che lui le strappasse la sua camicia preferita, la cosa era stata anche piacevole, solo che non aveva avuto materialmente il tempo di accorgersi quello che stava succedendo: dopo una vita passata pensando a se stessa come ad un essere di sesso maschile, l’ultima cosa che si sarebbe potuta aspettare era proprio che un uomo la baciasse a quel modo, no? Quando era piccola era arrivata al punto di controllare tutti i giorni se le fosse cresciuto il pipino, figuriamoci se pensava ai baci.

Quanto a sapere esattamente come reagire a quell’assalto famelico, neanche a parlarne. Aveva letto di nascosto dei testi di anatomia, ma la tecnica della questione le era risultata abbastanza estranea, nonostante sapesse a grandi linee come si procedesse in casi simili, anche se quella stessa sera il suo sguardo per la prima volta si era posato sul fondoschiena del suo ex attendente, ex amico, ex un sacco di cose e novello (si faceva per dire) oggetto del suo acerbo amore, ed aveva dovuto cacciare le mani in tasca per impedirsi di accarezzare quei bei glutei muscolosi. Sarebbe stato imbarazzante, se non altro per il fatto che alle sue calcagna stava Nanny. Niente a che vedere con quello che aveva provato per Fersen: l’idea di mettergli le mani addosso a quel modo non l’aveva mai e poi mai sfiorata nemmeno per sbaglio.

Sì buttò all’indietro sul materasso. “Ahia! Che male!” questa volta fu la testa attraversata da una fitta a farla rimanere senza fiato per un attimo.

Va bene, era innamorata di André e già era difficile da accettare. Il fatto che lei fosse una donna vestita da uomo complicava le cose di parecchio ma, si disse, non ad André il quale aveva recentemente dimostrato in maniera disarmante di apprezzarla indipendentemente da come era vestita… o svestita. A voler essere onesti, quando aveva indossato quella trappola che i più si ostinavano a chiamare “abito da sera”, era stato proprio lui a darle maggiori soddisfazioni: si ricordava ancora la sua espressione beata mentre la guardava. Ed ora che ci pensava meglio, si ricordò anche che il suo sguardo si era fermato sul suo decolleté, incredulo, come se non riuscisse a capacitarsi che anche lei avesse dei… seni!

Aveva scoperto, alla luce dei suoi ultimi impulsi, che l’idea di toccarlo le piaceva parecchio.

Anche l’idea che lui la (ri)baciasse le andava a genio più di quanto avesse sperato; inoltre, quella sera prima di ritirarsi aveva buttato un’occhiatina in tralice al suo petto semicoperto dalla camicia di lino bianco trovandolo particolarmente di suo gusto. Non che fosse la prima volta che vedeva porzioni di pelle di Andrè, ma quella era stata la prima volta in cui avrebbe voluto vederne di più. In più le era persino venuta la fissa di voler baciare ogni piccolo graffio che lui si era procurato. Assurdo! Avrebbe significato dargli trentanove baci di seguito. E chissà dove, poi!

Si rotolò nel letto pensando che il suo flusso di coscienza la stava portando verso una categoria di elucubrazioni da classificarsi sotto la categoria chiamata “pensieri impuri” e rimase incerta se abbandonarsi ad una fantasia su di lui, se restare cosciente e continuare ad analizzare i sentimenti che aveva appena scoperto. Dormire era fuori discussione.

Optò per questa seconda ipotesi, visto che per quella sera era già successo troppo e si vergognava come una ladra a pensare ad André in quei termini, per cui valutò che forse sarebbe stato meglio fermarsi a riflettere un attimino.

Ora, lei amava lui - finalmente – e lui amava lei. Peccato che i loro rapporti si fossero lacerati, come la camicia di cui sopra. Un po’ anche per… beh, tanto per colpa sua, visto che aveva investito il povero caro (povero caro? Era già arrivata a quel punto? Ancora un po’, ed avrebbe iniziato a pensare a lui come ad “amore mio”) con un’ondata di gelo da lasciarlo tramortito per benino. Ora il problema contingente era: dichiararsi.

Già.

Come?

Fargli capire qualcosa mentre stavano in caserma neanche a parlarne: Alain la teneva d’occhio e non gliene avrebbe fatta passare una, quello sfacciato! Le libere uscite, André le passava andandosi ad ubriacare con il suo commilitone fino a cadere sotto ai tavolacci e a raccontarsi cose irripetibili e a ridere come degli imbecilli oppure a declamare poesie di sedicenti artisti o ad intonare canzoni stonate con l’entusiasmo tipico degli ubriachi. Sperava vivamente, ma non ci contava troppo, che le ragazze da taverna non le avesse mai frequentate, anche se un po’ di esperienza, almeno per lui che era un uomo per davvero, non sarebbe guastata.

Niente da fare per la caserma, ma a casa non era altrettanto fattibile: c’erano Nanny, suo padre che non aveva ancora mandato giù completamente il suo exploit al ballo dato in suo onore dal Generale Bouillé e vederla fare gli occhi dolci ad un servo gli avrebbe inibito la digestione per il resto del suoi giorni. Posto che lei fosse in grado di fare gli occhi dolci. E posto che il generale fosse ancora in grado di digerire.

Ritornò al tempo in cui lei ed André erano ancora bambini e ne sentì nostalgia. Beata innocenza! Il problema più pressante, a quel tempo, era non farsi sorprendere da Nanny mentre lei ed André rubavano la marmellata o pezzetti di dolce.

Nanny, dal canto suo, fingeva di non accorgersene e spiava con indulgenza dei due bambini scapestrati che facevano incursioni notturne nella sua cucina.

L’unica volta che si era veramente arrabbiata fu quando Oscar aveva trovato una bottiglia di Bordeaux aperta ed appoggiata alla credenza e lei e André l’avevano svuotata. Nei loro pancini, ovviamente.

Forse la loro propensione ad eccedere con l’alcool era nata proprio nel corso di quella notte, comunque André conservava ancora un ricordo indelebile di quell’avventura. Se non lui in persona, di certo i suoi glutei, perché Oscar si era ubriacata alla tenera età di anni nove e Nanny gliene aveva dato la colpa.

Dopo il suo tete à tete con la nonna, Andrè si era mosso con difficoltà ed era andato a trovare la sua bionda amica/o che stava ronfando dalla grossa e lui si era chinato a posare un tenero bacio sulla guancia della sua strana bambina e le aveva accarezzato i capelli. Siccome anche lui aveva bevuto non poco, si era poi addormentato al fianco di lei. La mattina, al posto del canto degli uccellini e del sorriso di Oscar, un paio di mestolate in testa.

La vita è effimera!

* * *

La mattina si svegliò e pensò che si sentiva come se la carrozza della Polignac le fosse passata sopra a lei, però se non altro, aveva elaborato una strategia: si sarebbe presa tre giorni di riposo ed André con lei.

Tutta soddisfatta, scese le scale per andare in cucina a fare colazione.

“Oscar! Non dovresti riposare?” la accolse burbera Nanny

Oscar ridacchiò e si accomodò al tavolo: “Le mie gambe hanno solamente qualche graffio, è il braccio che dovrebbe stare a riposo.” Nella stanza c’erano solo loro due e, cercando di assumere l’aria più indifferente possibile, domandò: “Non c’è André?”

“E’ uscito presto e non so dove sia andato.”

Oscar non riuscì a nascondere la sua delusione. “Oh!”

“Oggi c’è una sorpresa, indovina chi ti è qui in visita?”

Girodel? No, ti prego: l’ultima volta che lo aveva visto le era saltato addosso causandole una reazione allergica: si era grattata per tutta la notte. Forse era colpa un prodotto che lui usava per i capelli... Fersen? Peggio che andar di notte, gli avrebbe riso in faccia. Il peggiore dei suoi soldati era più sveglio di lui. Il vostro André? Hans, torna da Maria Antonietta, che è meglio!

“Non ne ho idea. Spero non sia uno scocciatore o, peggio, un nuovo corteggiatore che ha scelto mio padre.”

“Oscar, non essere acida!” la ammonì severamente la nonna. “Vieni, vieni pure, cara.”

Cara?

Un nanosecondo dopo, Oscar si ritrovò appiccicata addosso un basso fagotto biondo e piangente.

Rosalie?

“Madamigella Oscar, come sono felice di rivedervi! Il vostro profumo, i vostri capelli…” e giù a frignare più di prima.

“Rosalie, sono felice di vederti.” le sorrise Oscar staccandola da sé con delicatezza (anche perché le camicie bagnate diventano trasparenti…) “Come stai?”

“Stiamo benissimo!”

Stiamo?

In quel momento, Oscar si avvide che la sua sorellina si accarezzava la pancia rotonda con evidente soddisfazione.

Rosalie… incinta?

Come poteva essere successo?

* * *

Un’idea di come potesse essere successo, io ce l’avrei e sono sicura anche voi.

Buongiorno, come state? Eccomi ritornata con una nuova ff. Mi ero stufata di quelle storie che scrivevo e che istigavano al suicidio, per cui ho deciso di scrivere qualcosa di decisamente più brillante. Dovete solo immaginare che Rosalie sia venuta a fare visita ad Oscar e che il suo frugoletto sia stato messo in cantiere prima del previsto. Tutto qui.

Spero la storia sia di vostro gradimento.

Nisi

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Capitolo 2
*** Lui, lei e la pancia ***


Chiaramente, Oscar sapeva benissimo come poteva essere accaduto che Rosalie si fosse trovata con quella enorme pancia: non si comanda per vent’anni un battaglione di viveur della Guardia Reale che tra i passatempi preferiti hanno il correre dietro alle crinoline fruscianti delle cortigiane, seguendo l’esempio del parruccato loro comandante in seconda; in caso poi avesse avuto ulteriori dubbi, i soldati della Compagnia B avevano fugato quelli che rimanevano: le pareti dei dormitori erano piene di esempi, alcuni di pregevole fattura ed un certo valore artistico, molto illuminanti, con l’unica pecca di essere poco realistici: le arti erano ben rappresentate, soprattutto la pittura - il disegno a carboncino, l’autoritratto e l’affresco - e pure l’incisione. Oscar però dubitava fortemente che gli organi sessuali dei suoi soldati fossero più grossi delle loro teste, anche se in qualche caso ci poteva stare.

Alla fine, si disse Oscar ghignando, gli uomini erano tutti uguali: nobili o popolani, le donne – o per lo meno quello che stava loro attorno – suscitavano un fascino che valicava le differenze di classe.

Ridacchiando tra sé e sé pensò che per costruire una nuova Francia, forse era da quello che bisognava partire.

Ritornando al presente, e cioè nella cucina di Grand Mère ed all’essere piangente che si trovava tra le braccia, le accarezzò i capelli e la fece accomodare su una panca di legno, memore del suo stato tanto delicato.

“Rosalie, sono molto contenta di vederti… a cosa dobbiamo la tua visita?”

“Oh, Madamigella” come aveva fatto a dimenticarsi di quegli occhioni azzurri? “Bernard ha detto che a Parigi è pericoloso e che ho bisogno di respirare un po’ di aria più pulita di quella che si respira in città. Sapete, il bambino…” concluse cinguettando ed accarezzandosi il pancione.

Quel farabutto di un Bernard! Prima mi acceca il mio am… att… quel che è, poi mi spedisce la moglie a casa perché per lei il bailamme che ha tirato in piedi lui con i suoi amici tagliagole (quanto è vero! NdA) è troppo pericoloso… pensò Oscar stizzita.

“Quanto pensi di fermarti, Rosalie?”

“Quanto volete, Madamigella, sarà come ai vecchi tempi! Verrò tutte le sere nella vostra stanza a spazzolarvi i capelli e rimarremo a chiacchierare tutta la notte”.

“NO!” fu l’accorato grido d’allarme dell’ultima dei Jarjayes.

Se Rosalie fosse rimasta nella sua stanza, col cavolo che lei l’avrebbe potuta utilizzare a scopi seduttivi… sperava in un amante devoto ed in cambio riceveva una mammina panciuta. Altro che scena madre: qui c’era la madre e basta!

“No, intendo dire che nel tuo stato non ti devi affaticare: io torno sempre tardi dalla caserma e tu hai bisogno di dormire.”

“Oh, Madamigella, come siete buona con me. Ma non vi dovete preoccupare perché io dormo tantissimo durante il giorno e la sera vi posso attendere per salutarvi e per tenere in ordine la vostra divisa. Sarò sempre con voi!”

* * *

E così fu.

Rosalie seguiva Oscar come un’ombra, ombra comunque diversa da quella della quale si parlava nel manga. Fatto sta che Rosalie era sempre con lei, compatibilmente con la sua pancia e le nausee improvvise. Nausee che diventavano comunitarie in quanto Oscar risentiva degli stessi sintomi tutte le volte che la sua amica si sentiva male; da quando si nutriva della sbobba della caserma, oltre ad aver rimediato una tosse terribile, il suo stomaco si era logorato assai.

Madame Chatelet non aveva preso possesso della camera che tanti anni prima le era stata assegnata, quella in cima alle scale, ma Grand Mère le aveva assegnato un boudoir che Madame Jarjayes aveva utilizzato tanti anni prima per trovarsi con suo marito. Dopo le sei gravidanze, la menopausa e la compagnia di un consorte un po’ troppo invasato per i suoi gusti, quell’angolino intimo di palazzo era stato dimenticato.

L’arrivo di Rosalie non era stato poi tanto tranquillo come era parso all’inizio ed i personaggi che ne avevano risentito, oltre ad Oscar, erano stati – incredibilmente - Nanny ed il Generale.

Quanto a quest’ultimo, nel capitolo precedente si era compreso che a livello digestivo aveva qualche problemuccio e non era questa una mera illazione. I suoi problemi erano peggiorati alla vista del pancione di Rosalie ed era stato più volte ad un passo dal travaso di bile perché non si dava pace che quella popolana, moglie dell’uomo che gli aveva quasi accecato il servitore, potesse partorire un maschio alla prima botta. Lui di botte ne aveva date sei e tutte le volte gli era andata buca, pover’uomo. Se avesse saputo della faccenda del cromosoma X ed il cromosoma Y, avrebbe fatto una sciocchezza!

Oscar aveva sorpreso più volte suo padre a passeggiare per i corridoi di palazzo, le mani dietro la schiena e mormorando e facendo di no con la testa.

Più che mormorare, in realtà biascicava tra i denti qualcosa di incomprensibile del tipo: “Erede… maschio… impossibile… sei… primo colpo” ed era più irritabile del solito.

Quanto alla nonna, anche lei aveva le sue belle gatte da pelare: la futura mammina soffriva di improvvise e continuate nausee mattutine nonostante fosse già di sei mesi, ma questo già si sapeva.

Il problema stava nel fatto che oltre a vomitare, Rosalie mangiava anche come un orco. A tutte le ore del giorno e della notte la si poteva incontrare seduta alla fontana (aveva sempre caldo) con accanto un piatto di cibo di ragguardevoli dimensioni. Le cucine di Palazzo Jarjayes erano messe a ferro e a fuoco da questa personcina dall’aspetto fintamente inoffensivo.

Per cui la nonna si lamentava con Oscar: “Non è possibile che una donna mangi così tanto! Secondo me Bernard l’ha mandata qui a palazzo perché non riusciva a nutrirla! Con quello che ingurgita, lui non riesce più a mantenerla e si sa che lo stipendio dei rivoluzionari non è un granché” esclamava nervosamente e cercava invano André per sfogarsi con lui.

André, già. Le dolenti note.

Da quando era arrivata Rosalie a palazzo, Oscar non era stata più in grado di trovarsi sola con lui. C’era quasi riuscita una sera in cui faceva freddo e lo aveva invitato nel salottino per fare due chiacchiere.

“A… André”

“Ciao Oscar” le aveva risposto tranquillamente.

“Mi… mi chiedevo se volevi venire a bere qualcosa nel salottino… tanto per scaldarci.” André rimase un po’ sorpreso perché quel giorno aveva fatto un caldo terribile e finalmente si respirava un po’.

Ma tant’è: lui per Oscar avrebbe dato un occhio!

“Sì, Oscar, vengo volentieri.”

Inutile dire che le erano venuti in mente almeno altri tre o quattro modi alternativi per scaldarsi, tutti validissimi, e praticamente ognuno di essi comportava il fatto di non indossare abiti, per cui Oscar era arrossita violentemente e gli aveva bruscamente voltato le spalle.

La cosa buffa è che nella mente di André erano passati gli stessi tre o quattro modi alternativi e l’atmosfera tra di loro si era fatta carica di significati. Il problema è che nessuno dei due era in grado di capire quali fossero.

La scelta del salottino era stata ponderata attentamente da Oscar quello stesso pomeriggio, alla stregua di una strategia militare: tanti anni di quella vita dura dovevano pur servire a qualcosa, che diamine!

Oscar aveva ispezionato tutte le stanze adatte alla situazione e si era orientata a favore di un minuscolo stanzino arredato con un divanetto angusto sul quale due persone ci stavano appena comode, un caminetto ed un mobiletto che ospitava una buona scelta di alcolici di ottima qualità. Aveva svuotato quasi tutte le bottiglie di cristallo, onde impedire che, travolti dall’entusiasmo per i cognac, finissero per farsi una bella bevuta invece che una bella…

Oscar aveva fatto passare André per primo e lui, inavvertitamente, con la mano le aveva sfiorato i fianchi. Per cui lei era trasalita e si era morsa il labbro inferiore per non gemere e lui aveva sospiravo in maniera (quasi) impercettibile.

Se queste erano le premesse, non vedeva l’ora dell’epilogo!

Al di là dell’indubbia attrazione fisica che provava per André (cosa del tutto comprensibile NdA), Oscar era proprio persa: aveva cominciato a pensare che il suo naso fosse meraviglioso, che le sue orecchie avessero una forma davvero elegante e che lo zigomo destro fosse disegnato veramente bene; di cosa pensasse Madamigella dei suoi glutei ne ho già parlato, per cui soprassediamo.

Questo in primo luogo.

Il secondo luogo era decisamente più articolato: cercava André continuamente ed inconsapevolmente con lo sguardo e la sua voce le era diventata più cara di qualsiasi musica che avesse mai ascoltato.

“Cognac?” sussurrò con lo stesso tono – forse leggermente miagolante - che avrebbe utilizzato per dire le parole “ti amo” e guardandolo con intenzione (si è capito quale, no? NdA)

“Si grazie…” rispose lui con la stessa intonazione che avrebbe usato per dire “Per la miseria, quanto mi piaci”.

Oscar sentiva il suo sguardo puntato su di lei e ciò la esaltava e la ubriacava più di tutto il cognac, birra, grappa, champagne, vino rosso bianco e rosé di tutta la Francia e dei paesi limitrofi, forse con l’eccezione dello sherry che non le piaceva e del Bailey’s perché capo primo lo facevano in Irlanda e nel millesettecento e qualcosa non lo avevano ancora inventato.

Gli consegnò il bicchiere di cristallo sfiorando quasi accidentalmente (voi ci credete? Bah! NdA) le dita di André con le sue. La stanza era in penombra, l’unica luce proveniva dal caminetto, loro due erano lì da soli. Mancava solo la musichetta di violini che si sente nell’episodio 37, poi era tutto perfetto. Lui si alzò, avvicinandosi piano ad Oscar sorridendo tenero. Lei aveva abbassato gli occhi, incapace di incontrare lo sguardo dolce di lui e…

“Madamigella! Ecco dove eravate! Oh, ci sei anche tu, André? Che bello! Facciamo una bella chiacchierata tutti e tre assieme.” Rosalie batté le mani divertita, poi si appoggiò le mani in vita, con le dita all’indietro. “Ahhh, la mia schiena! Ho proprio bisogno di sedermi!” Detto e fatto e… plaf! Si lasciò cadere sul divanetto angusto del quale si diceva poc’anzi, proprio tra Oscar ed André.

André assunse un’espressione da cane bastonato decisamente eloquente; Oscar, dal canto suo, si sentì salire le lacrime agli occhi per la frustrazione.

“Madamigella, André! Oggi il bambino si è mosso molto, sapete? Comincio ad essere un po’ stanca e spero che nasca presto. Sono stufa di vomitare così tanto! Oggi ho mangiato un cassoulet con un sacco di fagioli e mi sento più appesantita del solito. Nanny mi aveva detto che era meglio lasciar perdere, ma mi era venuta la voglia di mangiarlo e non vorrei che il mio cuccioletto nasca con una voglia di fagiolo sul naso… Beh, comunque comincio a sentire le contrazioni e faccio fatica ad allacciarmi le scarpe. Mi sono venute anche le vene varicose, ma ne vale la pena… poi, dovreste vedere, gli abiti non mi stanno più e sento tanto la mancanza di Bernard…”

A quel nome, Rosalie scoppiò a piangere tanto sconsolatamente che André tirò fuori di tasca il fazzolettino immacolato che teneva in tasca per ogni evenienza. Il tessuto ricamato fece il suo lavoro e Rosalie si soffiò rumorosamente il naso con un rumoraccio di pernacchia che distrusse definitivamente quel poco che restava dell’atmosfera romantica che Oscar aveva fatto tanta fatica a creare.

“Mi manca tanto… Bernard… è un così bravo uomo…”

Bravissimo, pensò cupa Oscar…

A quell’uscita, André si alzò. “Oscar, Rosalie penso che me ne andrò a letto”.

“Perché se n’è andato, Madamigella?”

“Non ne ho idea. Forse due donne per lui sono troppe.” Decisamente, una di loro era troppo.

“Che bello, Oscar. Possiamo passare tutta la notte alzate a chiacchierare. Lo facciamo un camicia-da-notte party? Una cosa tra donne!”

Oscar non ebbe il coraggio di negare per l’ennesima volta di essere una donna.

Qui le cose si stavano mettendo grigie!

* * *

Fortunatamente, niente camicia da notte party perché Oscar aveva dovuto alzarsi presto e recarsi in caserma. Fosse stata un’altra occasione, avrebbe fatto un sacrificio ed avrebbe dormito poco, ma l’idea di Rosalie non era piaciuta per niente e poi aveva voluto stare un po’ da sola a pensare.

Cosa che non era avvenuta perché la stanchezza aveva avuto la meglio su di lei ed era crollata sul materasso di piume addormentandosi come un tronco di pino (svedese!).

Era proprio spossata, in quel periodo: troppe emozioni, troppo lavoro, troppa tensione. Aveva decisamente bisogno di una vacanza. Ad Arras, magari: posto tranquillo, si mangiava bene e nessuno che le girasse attorno.

La santa, benedetta pace.

Mentre ruminava questi pensieri tra sé e sé, scese in cucina per la colazione. Cioccolata calda e biscotti stillanti burro appena sfornati. All’epoca, il colesterolo non sapevano ancora cosa fosse, evidentemente.

Come un’ombra, dietro di lei, comparve al solito Rosalie. “Madamigella, avete dormito bene?” le domandò mentre si sedeva al tavolo ed afferrava una zampata di dolcetti.

Oscar la guardò storta: “Non ti sembra di stare esagerando, Rosalie?”

“Oh, Madamigella, lo sapete che devo mangiare per due…”

“Sarà… ma questi me li riprendo io: tanto tu prima o poi li vomiti! Peccato sprecarli! Ed il cioccolato non ti fa neanche bene. Nonna, porta a Rosalie un po’ di tisana al carciofo che l’aiuta a digerire…”

Piccola vendetta per aver fatto saltare i suoi piani della sera precedente; sapeva di essere infantile, ma avrebbe voluto passare un po’ di tempo con André e… a proposito? Dov’era? Forse stava ancora dormendo come un ghiro?

“Nonna, sai che fine ha fatto André?”

“André? E’ già uscito un’ora fa… ha detto che doveva fare una cosa a Parigi.”

Una cosa a Parigi? Da quando in qua era così misterioso? Poi Oscar rifletté che si avvicinava il compleanno di Nanny, per cui forse era andato a cercarle un regalo.

“Bene, allora io vado!”

Ringalluzzita, pensò che forse quel giorno sarebbe andata bene.

* * *

No, decisamente no: un forte acquazzone si era scatenato sulla caserma proprio nel momento della rivista; Alain era più sfacciato del solito e stranamente irritabile: le ricordava come stava lei in certi periodi del mese, ma lui, causa mancata predisposizione anatomica, non poteva certamente soffrire di certe indisposizioni.

Ma la peggiore di tutte, André che un secondo dopo che Oscar ebbe dato la libera uscita era volato via a prendere il cavallo e si era avviato al galoppo verso la città. Si direbbe avesse voluto partecipare ad una gara di corsa.

Un sole beffardo le splendeva in faccia mentre tornava a casa lasciando sciolte le briglie di César e lasciandogli scegliere il passo.

Ogni tanto il suo cavallo si fermava a brucare l’erbetta fresca che cresceva accanto al fiume, ogni tanto si fermava a bere.

Arrivò a palazzo quasi senza rendersene conto. Entrò nella stalla trovandola deserta e tolse la sella dalla groppa di César.

Poi si fece preparare un tè che si portò dietro e si sedette sul bordo della fontana. I raggi del sole incontravano l’acqua, creando uno splendido arcobaleno dai vividi colori… peccato che l’umore di Oscar fosse nero.

Rosalie stava facendo l’ennesima pennica del giorno, per cui Oscar rimase da sola a rimuginare per una buona mezz’ora.

Per un’altra buona mezz’ora girellò per il cortile, facendo su e giù per il sentierino talmente tante volte che poco ci mancava scavasse un fosso fino a che…

Ta-Tan!

Il cavalier dal nero crine entrò galoppando nella dimora avita.

“Ciao, Oscar.”

“Ciao André”. Curiosità, il tuo nome è donna: “Dove sei stato?”

“In giro”.

“Con chi?”

“Con amici”

“Quali amici?”

“Amici.”

“Alain?”

“No, non era Alain” (ringrazio sentitamente mia madre e mio fratello minore per l’ispirazione che mi hanno dato per queste ultime otto righe. NdA).

Andrè si avviò verso la stalla per riportarvi il suo prode destriero e, quando ebbe fatto, si avviò con passo stanco e malfermo verso il palazzo.

No, non andare via, e per bloccarlo, Oscar gli disse la prima cosa che gli venne in mente: “André? Ti va di allenarci un po’ con la spada?”

André era visibilmente esausto, per cui Oscar si affrettò ad aggiungere: “Ma se non vuoi…”

“No, no, Oscar. Mi farebbe piacere. Vado a prendere la spada.” Quando ritornò, si mise in posizione ed esclamò, sorridendole: “In guardia, Madamigella!”

Cominciarono a combattere ed Oscar si avvide subito che André non si stava battendo al meglio delle sue capacità: i suoi riflessi erano lenti e mostrava spesso il fianco e, incrociando le spade, si trovò faccia a faccia con il suo compagno.

Sentì il suo odore mascolino e poi un altro che non riconobbe che dopo qualche istante: dolciastro, dozzinale, appena percettibile, quello era il profumo di una donna.

* * *

Heylà! Come state? Spero bene.

Sono sopravvissuta ad un cambio di lavoro, ad un fratello che è andato lontano ed ora eccomi qui.

Prima di ringraziarvi per le vostre recensioni, devo ringraziare in particolare tre persone: mia madre e mio fratello per il dialogo di cui sopra ed una mia amica che è incinta ed è più insopportabile di Rosalie. Spero che partorisca presto perché noi non la si regge più!

Grazie mille per le recensioni, sono tantissime! Mi hanno fatto molto piacere…

Detto ciò, ora rispondo.

Frakkis: beh, sai, era esattamente il mio scopo, quello di buttarla sul ridere e di scrivere una cosa pazza ed assurda. Tanto per cambiare, sai. La mia testa e la mia penna ne avevano francamente bisogno…

Aurora: Povera cara sì! E dopo questo capitolo che mi dici?

Anonima86: Grazie davvero! Sono sempre molto felice di sapere che le mie storie piacciono.

L-fy: amore, amore mio emiliano… assolutamente sì… adesso, però, entra in ballo la suspence. Amo te e le tue lasagne, ricordatelo!

Londonlilyt: Devo ringraziarti per esserti sparata in anteprima questo capitolo. E sì, la catena svedere è proprio l’Ikea… Grande, Simo!

Semplicementeme: No, dai, non prenderla così: mi sono presa una pausa pazzerella. Non è che non voglia più scrivere storie da suicidio, ma avevo voglia di leggerezza. Il pupo non è certo di André, ma mi sa tanto che dopo la fine del capitolo il tuo istinto omicida nei miei confronti è aumentato.

Anita: Sono contenta, cara… spero ti piaccia anche il seguito.

Oscar1755: Grazie mille, carissima! Comunque, non prenderla sul personale, ti prego… tu sai a cosa mi sto riferendo ed a me piace tanto scherzare e prendere in giro. A proposito, in bocca al lupo!

Daydreamer: Paola, quella del tronco di pino non è mia, è stata riciclata, però ci stava un gran bene, vero? Comunque, riguardo a “Lucciole e Salici” la devo riscrivere perché ci sono tante imperfezioni: altrimenti Bradamante mi picchia.

Synnovea: ci credi se ti dico che mi sono divertita un sacco a scriverla? Non mi capitava di divertirmi così tanto a scrivere da un bel po’!

Wycca87: ecco, devo dire che l’essenza di pino quando hai il raffreddore è una mano santa! ^__^

Ada: grazie mille per le cose carine che mi scrivi. Ecco a te (anche se dopo questo capitolo credo anche tu vorrai ammazzarmi lentamente e dolorosamente).

Dragon88: Era proprio quello che volevo ottenere. Sono contenta di esserci riuscita.

Francesca: stellina, se te lo dico, è finita la storia ^__^

ReaderNotViewer: Meno male che almeno Rosalie ce l’ha un’idea di chi sia il padre del pupetto! Comunque si tratta di Bernard, l’ex cavaliere nero. Urge il bigino di Lady Oscar! Comunque, sono felice che il mio delirio ti abbia fatto sorridere. Spero che anche questo ti faccia sghignazzare un po’, visto che fa sempre molto bene.

Cara: Oddio! Forza e Coraggio scritto così mi sembra uno slogan squadrista… Ma certo che ti faccio stare sulle spine: Lady Oscar è la Rosa di Versailles, per cui le spine ci devono essere, altrimenti che rosa sarebbe? ^__^

Alla prossima e grazie ancora a tutti voi!

Nisi

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Capitolo 3
*** Camicia da notte party ***


Al massimo dell’irritazione, Oscar aveva mandato André a gambe all’aria in quattro e quattr’otto, resistendo a malapena alla tentazione di spegnere nell’acqua della fontana i suoi mal indirizzati bollenti spiriti di maschio irriverente.

Come osava? Come diavolo osava rientrare così, con la faccia tosta di avere addosso il profumo di un’altra donna? Profumo, meglio dire odore, perché per Oscar, anche se quella si fosse fatta il bagno cinque volte al giorno passandosi la pelle con la smeriglia, sarebbe stata sempre una gran puzzona.

La poca razionalità che le era rimasta suggeriva qualcosa del tipo: “’sto poveraccio è da vent’anni che ti sta dietro. Tu prima di tutto ti innamori di uno che non ti si fila per niente e per capirla ti ci è voluta quella figuraccia al ballo che sei scappata tre secondi netti dopo che sei entrata. Lui ti dice che ti ama, ti bacia e tu ti metti ad urlare e a piagnucolare come la Giovanna D’Arco di Versailles.”

Invece, la parte che costituiva circa il 95% rimasto – quello irrazionale – sbraitava e metteva il muso:”Ma come, quello dice di amarmi, che sono una rosa e non un lillà, che mi bacia, mi strappa pure la camicia per farmi capire quanto è preso da me e… puff! Dopo neanche tre mesi da quel: “Io ti amo Oscar, credo di averti sempre amato”, osa arrivare a casa mia con addosso il profumo di un’altra che non sono io. Come ti permetti, razza di screanzato?

Non che questi fossero veramente i pensieri di Oscar, ma per amor di brevità l’autrice si è presa la libertà di fare un piccolo resumé per voi che leggete, anche perché di solito, Oscar quando si fa le menate è di una pesantezza infinita.

Insomma, sta di fatto che Oscar era nel bel mezzo di un attacco di bile causato dalla sua violenta gelosia. Mi viene anche da pensare che gli Jarjayes, oltre a tramandarsi il Palazzo, il titolo nobiliare ed una barca di soldi, si passassero anche problemini gastrici mica da ridere. Infatti, la sua reazione più che altro ricordava quella di un vecchietto bilioso.

La cosa peggiore per lei era non avere un nemico definito da affrontare. Non sapeva come combattere quella ficcanaso anche perché non aveva la minima idea di chi potesse essere. E poi c’era l’altra faccenda che lei, le controversie faceva in fretta a risolvere: spada o pistola, per lei non c’era alcuna differenza. E questa volta non poteva certo mettersi a prendere a pistolettate la sua rivale (anche se ad onor del vero, le prudevano le mani). La cosa strana che la disorientava era che cominciava a rendersi conto di considerare André come SUO.

Non come un libro, un capo di vestiario, ma come qualcosa che era parte di lei stessa: gocce del suo sangue, parti della sua anima, porzioni della sua stessa mente, brandelli del suo corpo a vostra scelta. Se lui non era lì con lei, Oscar non si sentiva mica tanto bene e non si riteneva completa.

Ora, come reagire? Come fare passare quella notte che sarebbe stata troppo lunga per i suoi gusti? Come cercare di non pensare che un piano più in alto magari dopo tanto tempo André stava pensando ad una che non era lei?

La risposta è sempre quella: bevi bevi del Sassella! (vino lombardo NdA)

Per cui, una bella gita estemporanea nella cantina di paparino, una bella bottiglia di quello buono, il cavatappi ed il calice per far finta di stare centellinando del buon vino da meditazione e non di essere in procinto di prendersi una sbronza con i controfiocchi.

I suoi programmi relativi ad una sua prossima entrata nell’universo di coloro che Vergini erano tali al massimo solo per segno zodiacale era stata rimandata a data da destinarsi.

Oh bene! Se non altro, il caminetto era acceso, il vino era di una ottima annata, la poltrona comoda posta nell’intimità della sua camera, per cui se si fosse lasciata andata andare a gesti inconsulti da ubriacona consumata, almeno sarebbe stata in separata sede.

Vrup! Complice la forza di gravità, il primo bicchiere stava già viaggiando velocemente lungo il suo esofago per raggiungere le viscere. Ah, imperitura gloria e lode a Bacco!

E dopo pochi minuti ed una bottiglia semivuota, un bussare discreto. La porta si aprì ed entrò prima una pancia enorme seguita qualche istante dopo dalla proprietaria, cioè Rosalie. “Madamigella, le ho portato del tè”.

“Oh grazie, Rosalie… “ bofonchiò mentre soffocava un rutto alcolico cercando di mascherare quella triviale emissione schiarendosi la voce in modo poco convincente.

“Ci mancherebbe, Madamigella Oscar…” fece per uscire dalla porta, poi si voltò. “Sentite… domani siete in licenza?”

“Sì, sono in licenza, Rosalie” sospirò Oscar sapendo già dove stesse andando a parare la ragazza.

“Nanny è già andata a dormire, siamo in casa da sole perché André è uscito…”

Oscar balzò in piedi: “Come sarebbe a dire, è uscito? Dove è andato?” urlò quasi Oscar.

Rosalie la guardò perplessa. “Oscar, ma allora voi…”

“Sì, sono ubriaca, è inutile che me lo dica…” sbuffò.

Con uno sguardo trionfante, Rosalie scosse il capo: “Oh, no, no, no! Non credo, di solito ci mettete un sacco a perdere il senno… Vi siete innamorata, Madamigella Oscar! Che bello, vi siete innamorata di André!”

“Guarda che l’avevo già capito da un pezzo anche da sola. E no, non c’è proprio niente di bello perché questa cosa non mi ha dato altro che grattacapi.”

“Non dite così, Madamigella, l’amore è una cosa meravigliosa!” cinguettò Rosalie allargando le braccia, solo che il peso della pancia la sbilanciò e rischiò di crollare sulle sue piccole ma ben disegnate terga.

Oscar inarcò un sopracciglio, perplessa. “Non ti credo. E poi siamo già un po’ di persone che pensano che l’amore sia una lenta e triste agonia, quasi quasi potremmo fondare un’associazione…”

“E chi sarebbero queste persone?”

Il pensiero del conte di Fersen e delle figuracce che aveva compiuto in sua presenza (ballo, frignata contro la porta della stalla ed il suo grido – il mio André dopo che lei gli aveva sbavato dietro per anni. Anni! – che sembrava essere uscito da un romanzo di appendice, ma di quelli brutti) era troppo imbarazzante perché lei avesse voglia solamente di pensare allo svedese più famoso nel mondo degli anime/manga.

“Nessuno che tu conosca” rispose evasiva Oscar, tuttavia non riuscendo a non arrossire.

“Madamigella Oscar, vi preeego! Facciamo il camicia da notte party!”

“Rosalie…”

“La prego, Madamigella” mormorò Rosalie supplichevole mentre due lacrimoni le si appendevano alle ciglia, in procinto di rotolare sulle sue adorabili gotine. “L’ultimo prima che io partorisca…”

Se non altro per non vederla piangere per l’ennesima volta, Oscar capitolò: “Va bene, va bene… facciamo questo benedetto camicia da notte party.”

“Benissimo!” batté le mani entusiasta la futura mammina.

“Ora, mi metto in camicia da notte. E poi?”

“Non mi dite che non avete mai fatto un camicia da notte party con le vostre sorelle!”

“Direi di no…”

“Ci si mette in camicia da notte, ci si sdraia sul letto e si parla fino a che si crolla addormentate.”

“Tutto qui?”

“Beh, di solito ci si racconta particolari piccanti…” spiegò con una risatina Rosalie.

“Non ho particolari piccanti da raccontare, tanto per essere chiari.” Sospirò Oscar che stava già pentendosi di aver detto di sì a quell’iniziativa tanto bislacca.

“Neanche uno?”

“Nemmeno uno, temo” se si eccettuava la camicia strappata ed i baci rubati da: (in ordine sparso)

• Alain

• Girodel

• André.

• Louis Joseph

Per essere una donna vestita da uomo, in effetti aveva riscosso un certo successo, in passato, anche presso uomini (presunti o futuri tali) di una certa avvenenza fisica. Anche Alain, nonostante i suoi modi da troglodita, si era lasciato infinoc… ehm, affascinare da lei.

“Oh…”

Nel frattempo, Oscar si era imboscata nel suo spogliatoio e ne era riemersa qualche secondo dopo pronta per la notte. La camicia bianca di seta trasparente un po’ fru fru e quasi vagamente femminile era finita in un cassetto, in attesa di più favorevoli occasioni…

Oscar si sdraiò sul letto e sospirò. Rosalie le si sdraiò accanto.

“Madamigella, per cui non avete mai avuto l’emozione di sentirvi chiedere in sposa…”

Questa poi! Oscar si appoggiò stancamente il dorso della mano alla fronte e sospirò ancora più forte, preparandosi a fare del nascituro un orfanello.

“In realtà ho ricevuto due proposte di matrimonio…” confessò a mezza voce, quasi quella notizia fosse un enorme macigno che le si era fermato da qualche parte tra il cuore e la gola.

“Due?”

“Già” rispose seccamente. “Una da Victor de Girodel, l’altra da…” Oscar si morse il labbro per frenare la commozione. “dal povero piccolo Louis Joseph”

“Il Delfino?”

“Proprio lui. E prima che tu me lo chieda, ti posso dire che Louis Joseph mi piaceva più di Girodel”

Accidenti! Quel vino italiano che aveva preso in cantina doveva essere più pesante del previsto, a giudicare da come le si era sciolta la lingua.

Rosalie ridacchiò: “E come mai?”

“Non potrei mai sposare un uomo che è stato un mio sottoposto. Gli darei ordini anche in casa e non penso la prenderebbe bene.”

“Solo per questo?”

“Secondo me, prima o poi Girodel se ne andrà in America: quello che sta succedendo in Francia lo sta terrorizzando oltre ogni dire, è stravolto dalla preoccupazione. Ha persino smesso di tagliarsi le doppie punte con la spada nei momenti di pausa degli addestramenti.”

Rosalie scoppiò a ridere, seguita da Oscar. Lasciamo sghignazzare queste due per aprire una postilla: Oscar aveva ragione: di Girodello si sa che ad un certo punto lasciò la Francia pochi mesi prima dell’inizio della Rivoluzione e la famiglia si stabilì definitivamente negli States, tantoché si è avuta notizia di un Victor Giairodel, protagonista della Summer of Love del 1967 che viveva al Central Park di New York ed era il leader di una comunità Hippy molto rispettata. Pare avesse preso il motto Peace and Love molto seriamente e che, abbia contribuito ad un mondo migliore con tanto amore e gran copia di spermatozoi.

Chiusa questa necessaria appendice storica di fondamentale importanza per comprendere in maniera più significativa uno dei personaggi minori della storia di Madamigella, ritorniamo in camera di Oscar.

“Non è una buona ragione per non amare qualcuno, Madamigella.” La redarguì severamente.

Ormai, la dignità ed il riserbo se ne erano andati dietro a Girodello, per cui Oscar rispose sinceramente: “In realtà Girodel non ha niente che non vada. E’ solo che non è André…”

Ecco, lo aveva detto. Ed ora si sentiva molto meglio. Non riusciva più a contenere dentro di sé quel che provava per André. Aveva bisogno di esternarlo, di lasciarlo uscire perché quel sentimento stava crescendo ogni giorno sempre di più. Come il bambino di Rosalie, del resto, ed ingombrante allo stesso modo.

“Quando pensate di dichiararvi?”

“C… Cosa?”

“Beh, glielo dovrete pur dire, in qualche modo.”

“Ma perché io? E’ lui l…, l’uo…, o santo cielo! L’uomo!”

“Lui non lo farebbe mai, madamigella: non ha il vostro rango, non ha il diritto di domandarvi alcunché.”

Touché: Rosalie aveva ragione.

La personale Caporetto di Oscar era ormai giunta: “Il fatto è… è che credo ami un’altra e che non provi più niente per me.”

“Oh, questo non è possibile!”

“Invece sì! Questa sera è tornato ed aveva addosso il profumo di una donna…”

“Questo non vuol dire niente, Madamigella.”

“Invece sì! Lui mi ha dimenticata, ecco la verità.”

“Sentite, Oscar, lo sapete che gli uomini hanno delle esigenze, no?”

“Rosalie, ti prego, risparmia il discorsetto sulle api e sui fiori per quando tuo figlio avrà un’età. Credimi, so quel che dico.”

Rosalie fissò Oscar in viso: aveva un’aria così depressa che le fece tenerezza. Con un gesto, la attirò a sé e la fece sdraiare proprio in corrispondenza del suo pancione e cominciò ad accarezzarle i capelli. Inaspettatamente, Oscar si lasciò andare a quel contatto, fino a quando, incuriosita, vide un bozzo spuntare dall’addome della sua amica, proprio vicino a dove aveva poggiato la sua testa.

“Rosalie, la tua pancia fa la gobba…”

Lei sorrise con tenerezza. “No, mio figlio ha sentito che eravate triste ed ha teso la manina per accarezzarvi come ho fatto io.”

“Certo che la maternità ti ha fatto perdere la tramontana come non mai.” Ghignò Oscar.

Rosalie sorrise: aveva visto che nonostante il tono acido, gli occhi di Oscar si erano inumiditi e la voce le usciva un po’ malferma.

“Sentite, facciamo così: io chiedo alle mie amiche di Parigi di tenere d’occhio André, così scopriamo chi è la donna profumata.”

“Secondo me, quella puzza. Quante amiche hai, Rosalie?”

“Non molte, ma tante conoscenze: essere la moglie di un Rivoluzionario ha qualche vantaggio, a volte…”

“Bah, fai un po’ quello che vuoi…” mormorò Oscar accoccolandosi più vicina a quell’enorme escrescenza. Era talmente conciata male che le faceva piacere ricevere un po’ di affetto persino da un piccoletto non ancora nato.

Si sentiva veramente persa: era sempre stata abituata ad avere André a non più di qualche metro di distanza e la consapevolezza che forse qualcuno glielo avrebbe portato via a breve (con vari annessi e connessi), la faceva sentire parecchio male. Allungò la mano per accarezzare il piccolo bozzo che ogni tanto spuntava dal pancione di Rosalie e si addormentò.

* * *

Era qualche giorno che Rosalie si aggirava per palazzo Jarjayes con aria da cospiratrice (stare con Bernard l’aveva rovinata per sempre ed in maniera irreversibile, evidentemente), la qual cosa preoccupava Oscar non poco.

Un pomeriggio che era di licenza, la incrociò nel corridoio davanti allo specchio mentre si sistemava il cappello.

“Dove stai andando?” le domandò Oscar quasi soprappensiero.

“Dove stiamo andando, Madamigella…” la corresse la mammina.

“Non ti seguo, Rosalie”

“E’ arrivata l’informazione che aspettavamo” bisbigliò Rosalie in tono circospetto. “Dobbiamo andare, è ora. C’è fuori una carrozza che ci aspetta.”

“Senti, Rosalie” sospirò stancamente Oscar “Qui sta per scoppiare un disastro di dimensioni epocali che se lo ricorderanno per un bel pezzo. Ora proprio non ho tempo…”

“Madamigella, ma lei non vuole sapere cosa…”

Oscar rimase irrigidita su quel metro quadro di piastrella di marmo a riflettere per un paio di nano secondi.

“Va bene. Prendo la spada ed andiamo!”

* * *

Buongiorno! Come state?

Lo so che ci ho messo una vita. In effetti, il capitolo era pronto più di un mese fa, ma mi faceva francamente schifo, e non volevo rifilarvi quell’orrore, per cui l’ho riscritto tutto daccapo. Ora va meglio.

Aggiornamento: la vostra Nisi è andata in Giappone ed ora si è messa a studiarne la lingua. Ho il primo numero di Versailles No Bara in giapponese e mi è venuto il magone quando dopo 40 pagine di lettura di hiragana, ho capito qualche parola. Che emozione.

Dunque, ora una promessa seria: visto i miei tempi di aggiornamento vergognosi, d’ora in poi pubblicherò storie già finite, che cioè avranno tempi di aggiornamento regolari.

Nel frattempo, vi passo questo link di una mia ff pubblicata su Laura Little Corner:

http://digilander.libero.it/la2ladyoscar/Fanfics/Mainfanfics.htm

se scorrete la pagina, trovate una mia storia.

Se invece siete in grado di leggere l’inglese, andate qui: http://geocities.com/versaillesrosas/

Su fanfiction, ci sono le mie storie in inglese ed un’inedita, la mia prima fanfic scritta in inglese, con il grazioso beta di Londonlilyt che ringrazio per le frustate che ricambierò a suo tempo. La riscriverò in italiano nelle vacanze di Natale.

Un bacione… ed ora, i ringraziamenti.

Synnovea: hai riso tutto il tempo? Bene, allora sono riuscita nel mio scopo. Ma povero bambino: lui che c’entra se ha una mamma tanto sciroccata?

Anita: Davvero Grazie, Anita!

Liala070: Buongiorno! Dolce e divertente? Grazie! Ora continuo, continuo…

Ishizu: eh, mi sa che ti ho fatto un po’ penare, con questo capitolo nuovo…

Baui: grazie per la doppia recensione. Mi fa piacere che ti sia fatta quattro risate alle spalle di questi poveretti. Che ne pensi di questo?

Daydreamer: Aspetta e vedrai. Le tue osservazioni mi sono state utilissime per le paturnie di questo capitolo. Thanks! Ti saluto il tornado…

Bradamante: la mia povera nonna diceva “gelosa come una vacca”. Ad Oscar mancano corna e coda, ma la gelosia c’è tutta! Grazie, cara! Spero che anche questo capitolo di faccia rotolare sotto al tavolo (non per colpa del vino).

L-fy: Non ti facevo tanto cruenta, Elfie cara. Più che infilzarlo, Oscar avrebbe degli argomenti un tantinello più persuasivi, capisciammé. Per farmi perdonare del ritardo, ti pago una depilazione completa. Baciotti con annusamento e morsetti.

IceWarrior: Beh, gli autori hanno i loro segretucci che tirano fuori dal cappello piano piano. Posso solamente ringraziare per l’attenzione delle tue letture e delle recensioni. Fanno bene al cuore!

Gen: grazie, sei davvero gentile. Spero di continuare ad interessarti.

Slayer87: La mia collega mi dice sempre: “Eeeeehhh cara…” mi sa tanto che Rosalie girellerà attorno ad Oscar ancora per un po’.

Carlotta: Giuro, la prima reazione che ho avuto è stata “Non è che Carlotta mi deve dei soldi e me lo sono dimenticato?” Poi ho realizzato che la mia condizione di lavoratrice dipendente mi impedisce di fare la strozzina. Sai, sono sempre molto emozionata nel ricevere complimenti come i tuoi, spero che i miei ringraziamenti rendano l’idea di quanto mi abbiano fatto piacere.

Frakkis: bentrovata! Ancora un paio di capitoli, dai…

Bacioni a tutti!

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Capitolo 4
*** Dell'arte e delle sue espressioni ***


“Quella tetta è storta.”

Alain era appoggiato allo stipite della porta che portava alle camerate e si prodigava in consigli artistici ai suoi commilitoni Galant e Rochelle che stavano eseguendo un affresco sul muro attiguo alla loro branda.

“Dici?” Galant si allontanò di qualche passo per valutare la sua opera, tenendo a mezz’aria il pennello.

“Sì. Ed anche il capezzolo è sproporzionato. Proprio qui. E’ una donna, non una vacca!” Ed indicò la parte anatomica di cui sopra che necessitava di essere rivista, ehm, ridipinta.

“Beh, ecco, sì, ma in un certo senso lo è!” esclamò Galant mentre Rochelle si rotolava dal ridere.

Tornato serio, parecchi minuti dopo, domandò:“Il resto va bene?”

Rochelle teneva in mano la tavolozza con i colori e si avvicinò ad Alain per richiedere una sua esperta consulenza.

“Uhmmmm. Fatemi vedere… Beh, senti…”

“Dimmi”

“Non voglio sminuire il tuo senso dell’arte, ma qui dentro” e puntò l’indice in maniera esplicativa, “ci deve andare il tuo uccello e non la tua testa, capito?”

Rochelle si portò una mano alla patta e contrasse le dita su di essa per evidenziarne le dimensioni. “Alain, credimi, ho dipinto il buco della misura giusta giusta per il mio arnese.”

“Rochelle, non mi sembra che Marie della taverna sia rimasta tanto soddisfatta delle tue dimensioni…”

“Quella brutta… l’ha data via a talmente tanta gente che nel presepio potrebbe fare la Caverna e non si accorgerebbe nemmeno se le infilassero il bue e l’asinello su per la passera.”

Alain scoppiò a ridere di una risata volgare, subito imitato dai due sedicenti artisti.

“Ragazzi, se avessi tempo vi darei una mano io a rifinire la vostra opera d’arte, ma la taverna e le sottane di una certa signorina richiedono la mia attenzione. Spero non vi offendiate” e si inchinò cerimoniosamente davanti ai commilitoni che cominciarono ad applaudirlo con calore.

“Che vi dicevo? Stare con André mi ha reso meno rozzo, ed ora qualche volta mi capita pure di essere gentile. Sono diventato un vero damerino.” Considerò con aria fintamente cogitabonda.

André, sdraiato in branda, abbozzò un sorriso: Alain era un incorreggibile giocherellone. Poche tra le persone che conosceva amavano scherzare quanto lui.

“Très bien! Allora, chi è dei nostri? Rochelle e Galant, ce la fate a smetterla di fare i pittori per questa sera e ad usare un altro pennello? Sarasant? Gaullet? Lafont? Ah, è vero, scusa Lafont, neanche tu non ti abbassi a venire a far baldoria con noi… “ lo prese in giro Alain.

Robert Lafont era uno degli ultimi arrivati al battaglione e sembrava essere un tipo tranquillo e taciturno, ma era simpatico a tutti perché non attaccava briga ed era un buon compagno.

“Mi spiace, ma stasera sono stanco, sono in licenza e vado a casa a dormire.”

“Non forse sei sposato, Lafont? Fossi in te, se avessi una donna, io andrei a casa a…” Rochelle congiunse pollice ed indice di una mano a formare un cerchio, poi con l’indice dell’altra mano fece dentro e fuori dal cerchio.

Robert finì tranquillamente di ripiegare una camicia e si rivolse a Rochelle. “Sono stanco ed ho bisogno di dormire, ti dico. Meglio domattina, dopo una buona notte di sonno.”

Il ragionamento non faceva una grinza e nessuno ebbe da obiettare. Lafont ricominciò a parlare pacatamente mentre infilava la biancheria sporca nello zaino: “Nessuno di voi è sposato, vero? Anche io andavo con le ragazze della taverna ma è molto meglio addormentarmi vicino a mia moglie sapendo che se domani avrò voglia di lei, lei ci sarà per me. Ti sei mai addormentato mentre la tua donna ti tiene tra le braccia e ti accarezza? No,vero? A volte è meglio di una scopata, credimi. Non sempre, ma a volte è così” Poi si voltò e guardò André con uno sguardo meditabondo. “Mi sembra che Grandier possa capirmi. Non è vero, Grandier?”

André non disse niente. Fece solo cenno di sì col capo, mentre nella sua mente passavano immagini di lui addormentato accanto alla sua donna mentre lei lo accarezzava teneramente, tenendo la sua testa appoggiata sul suo petto.

Sospirò senza farsi sentire, altrimenti le prese in giro sarebbero ricominciate come al solito.

“Vi saluto, ragazzi, ci vediamo dopodomani sera.” Disse Robert uscendo.

Alain gli assestò una manata sulla spalla che quasi lo mise al tappeto. “Hai capito, il nostro Lafont. E’ proprio vero che l’acqua cheta rovescia i ponti. Bene, voi siete pronti, no? Tu André hai qualcuno che ti aspetta, giusto? Salutamela tanto, mi raccomando.”

“Non mancherò” rispose André flemmatico.

Dopo che Alain ed i commilitoni furono usciti dalle camerate, si sistemò i capelli e si rese più presentabile.

Anche lui era di licenza, ma solamente per poche ore, per cui doveva sbrigarsi.

Decise di andare a piedi, visto che non avrebbe dovuto fare molta strada.

Uscì e si avviò di buon passo. Camminava spedito per avere più tempo a sua disposizione. Quando uscì dal vicolo ed entrò nella piccola piazza, se la ritrovò davanti.

* * *

“Rosalie, io non vengo.”

“Cosa?”

“Ti ho detto che non ci vengo…”

“Ma perché?”

“Perché, me lo chiedi anche? Non ho nessuna voglia di vedere il…” che fatica, dire quelle parole “il mio André tra le braccia di una lurida sgualdrina.”

Rosalie incrociò le braccia sul petto: “Chi vi dice che si tratta di una sgualdrina? E in ogni caso, voi volete farvelo portare via così, senza lottare? Non è da voi.”

Oscar cominciò a slacciarsi la giubba della divisa. “Se lui ha trovato un’altra donna, ciò sta a significare che non prova dei sentimenti per me e che forse non ne ha mai provati. Per cui, a che scopo lottare? E poi…” fece un gesto per indicare se stessa. “Guardami, Rosalie: sono una donna vestita da uomo. Porto un’uniforme al posto di un vestito ed una spada al posto di un ventaglio. Come potrei attrarre un uomo?”

“Madamigella, vi garantisco che André è innamorato di voi… “

“No, come fai a dirlo?”

“Non ci avete mai fatto caso a come vi guarda?”

“Mi guarda in modo normale, come ha sempre guardato chiunque.”

“Invece no! Se potesse, bacerebbe la terra sulla quale posate i piedi!”

“Sì, intanto è venuto a casa con addosso l’odore di un’altra…”

“Venite con me!”

Rosalie, nonostante l’ingombro della enorme pancia, l’afferrò senza troppe cerimonie per il polso e la trascinò nella sua stanza.

Poi la fece sedere sul divanetto e si accomodò di fianco a lei. Passò una mano sul pancione e fece pat pat per tranquillizzare suo figlio che nel frattempo si era messo a ballare il rock’n’roll dentro di lei, anche se questo tipo di musica non era stato ancora ufficialmente inventato ed Elvis era ancora un progetto a lungo termine. “Calmo, piccolo, devo parlare con la zia Oscar.”

“La zia Oscar?” Il Colonnello era allibito.

“Beh, sì… mi sento un po’ come vostra sorella…” confessò Rosalie arrossendo un poco.

“… e come tale, sei un tormento.” Biascicò Oscar massaggiandosi le tempie con la punta delle dita. “Guarda, mi hai fatto anche venire il mal di testa.”

“Scusate, Madamigella”, mentre i familiari lacrimoni spuntavano agli occhi di Rosalie.

“Ti perdono, ma prometti di chiamare tuo figlio François e no, non piangere che mi peggiora il mal di capo. Tanto più che se non la pianti, ti disidrati e dopo il tuo marmocchio non ha più liquido nel quale nuotare.” Sapeva che non erano affari suoi, ma non seppe trattenersi: “Senti, non per sapere gli affari tuoi, ma… Bernard, non perde mai la pazienza per queste tue frignate?”

Rosalie si aggiustò il pizzo della scollatura con sussiego: “Io non piango mai con Bernard. Lui non sopporta le donne piagnone.”

“Cosa? Allora ti sfoghi con me!”

Prenderla e ammazzarla!

“Beh, sì. Ci conosciamo da tanto tempo e siamo in confidenza.” Rispose Rosalie con il tono di colei che constata l’ovvio.

”Confidenza un corno!” e si alzò di scatto.

Rosalie, con una energia inaspettata, la fece ricadere sul divano afferrandola ancora una volta per il polso. “Che maniere!” si lamentò Oscar.

“Voi e io dobbiamo parlare.”

“Cosa abbiamo fatto fino adesso?” sbuffò Oscar incrociando le braccia sul petto e mettendo il broncio.

“Da donna a donna, intendo dire.”

“Prego? Non è bastato il camicia da notte party dell’altra sera?”

“Devo chiedervi delle cose importanti, così posso capire meglio la situazione.”

”Non ho nessuna intenzione di dirti niente…”

“Ah, bene! Allora ci sono delle cose che nascondete!” Rosalie batté le mani tutta felice. “Ciò fa ben sperare! Via, non siate timida. André vi ha mai fatto delle avances?”

Oscar si fece di brace e non disse niente.

“Oh, pare proprio di sì. Me ne compiaccio. Cosa è successo, di preciso? Vi ha baciata?”

Il colore del viso di Oscar passò al paonazzo/cianotico foriero di un imminente attacco di cuore. “Molto, molto bene… E voi l’avete respinto, giusto?”

“Come fai a…?”

“Se non lo aveste respinto, non saremmo qui a parlarne e forse un cuginetto per François avrebbe potuto già essere in arrivo.”

”Rosalie!” Oscar si fece ancora più rossa, all’idea del cuginetto e soprattutto pensando al modo in cui l’ipotetico pargolo fosse arrivato a prendere possesso delle sue viscere.

“Beh, che c’è di strano? Un bambino è il risultato di un incontro amoroso andato a buon fine, posto che non si prendano accorgimenti per evitarlo…”

“Risparmiami questa parte, ti prego, già ho avuto modo di parlarne con Nanny e la teoria la so tutta. E’ già difficile per me ammettere di essere donna ed accettare di essere innamorata persa. Pensare ad un bambino è per me una cosa troppo complicata. Una cosa alla volta!” gemette Oscar, alla quale quelle parole stavano facendo un effetto strano, oltre al mal di testa che stava aumentando di minuto in minuto e il sangue che le pulsava dolorosamente nelle tempie.

“Comunque, riprendiamo il discorso. Lo avete respinto e lui cosa ha fatto?”

“…cia.” Mormorò Oscar con gli occhi bassi.

“Scusate?”

“Mi ha STRAPPATO LA CAMICIA!” inconsapevolmente, Oscar mimò i gesti che aveva fatto André, facendo saltare un paio di laccetti di batista.

“Ma è splendido! Non lo facevo così ardente! Vi ha visto senza abiti, quindi…”

“Non del tutto… la camicia non era strappata completamente.”

“Avete visto come vi guardava?”

”Veramente no. Stavo piangendo, in quel momento.”

”Non ci credo! André vi bacia e voi che fate? Piangete!” Rosalie era francamente scandalizzata. S-C-A-N-D-A-L-I-Z-Z-A-T-A!

“Avrei voluto vedere te, al mio posto! Uno ti salta addosso come una furia, ti bacia inaspettatamente e…”

“Ma lui non è uno qualsiasi, lui è Andrè!”

“Permetti che mi sia anche un po’ spaventata? Non è che queste cose mi succedano tutti i giorni, non sono abituata! Di solito, la gente mi salta addosso per ammazzarmi, mica per…”

“Per?” la incoraggiò speranzosa la mammina.

“Senti, cambiamo discorso, vuoi?” Oscar non le aveva, ma vi assicuro che le stavano girando.

Vorticosamente.

“Beh, quando Bernard ha strappato la mia di camicia, io ho strappato la sua ed un paio di giorni dopo ci siamo sposati…”

”Ah… allora vedo che è di moda, tra gli uomini rovinare gli abiti alle loro donne.” Fu l’immediato commento sardonico.

“Pare di sì.” Rosalie fece spallucce, ma dopo un attimo riprese inesorabile :”Ma guardava, giusto?”

“Credo. Ma non guardava propriamente me…”

“Cosa guardava? Il muro?”

“No! Ecco… lui fissava… qui” e si indicò pudicamente il petto.

Rosalie non era entusiasta, era semplicemente galvanizzata e batteva le mani per l’eccitazione “Ma va benissimo! Perfetto! E quando è successo questo?”

“Direi… direi ad occhio e croce… un tre mesi fa.”

”Soltanto? Allora siamo a cavallo! Andiamo!”

“No, aspetta…”

Oscar si era fatta improvvisamente depressa. “Ammesso e non concesso che lui mi ami ancora, io non sono in grado di…”

“Oh, si tratta solo di questo? Guardate, Oscar, l’amore è un gran maestro, ma se può farvi sentire meglio…” Rosalie aveva capito al volo quello che voleva dire la sua amica, per cui andò al comodino e rovistò nel cassetto, tirando fuori un libretto che porse ad Oscar.

L’Organt di Saint Just!

“Rosalie! Da quando in qua tu leggi queste sconcezze?”

“Madamigella, è un libro molto istruttivo, sapete?” gli occhioni azzurri di Rosalie risplendevano in tutta la loro santa innocenza perversa.

“Oh, non ne dubito…” Oscar ridacchiò nel vedere l’espressione seria della sua pseudo sorella.

“ Ve lo regalo, tanto Saint Just ha dato a Bernard un sacco di copie gratis con dedica ed autografo. E agli amici che lo richiedono, fa lo sconto quantità, una cosa tipo prendi tre paghi due.”

Rosalie esitò un attimo mentre Oscar occhieggiava il volume facendo finta di non esserne minimamente interessata.

“Sapete perché a Bernard non è mai successo niente di male? Perché ho usato spesso questo libro per tenerlo a casa.”

Ed in quel momento, Oscar si rese conto che Rosalie era cresciuta e, nonostante le inesauribili lacrime, si era fatta una persona molto decisa ed il lampo che le brillava nello sguardo pareva proprio confermare quella ipotesi.

“Oscar, credetemi. Dovete lottare per il vostro amore e se quello che credo è vero, non dovrete nemmeno fare tanta fatica. Andiamo, ora.”

Porse la mano ad Oscar che dopo parecchi attimi di esitazione la prese.

Insieme scesero nell’atrio, uscirono da palazzo e salirono in carrozza, verso Parigi.

Rosalie fece poi fermare il cocchiere. “Ecco, mi hanno detto che di solito viene da queste parti.”

“Se lo dici tu…”

Camminarono per parecchi minuti, senza trovare nessuno. “Non capisco, Solange mi aveva detto che sarebbe stato qui.”

Oscar ribatté acida: “Evidentemente, Solange si è sbagliata. Dai, torniamo indietro. Da qui si dovrebbe far prima.”

Imboccarono un vicolo lungo e stretto che dava su una piccola piazza.

Dall’altra parte della strada, c’era André, André che teneva tra le braccia una donna dai capelli scuri e la stringeva forte a sé.

* * *

Non ve lo aspettavate un aggiornamento così presto, confessatelo! E invece sì!

Spero vi sia piaciuto. E’ un capitolo un po’ di transizione e, se non mi viene la logorrea (che non è una malattia venerea), il prossimo dovrebbe essere l’epilogo. Ho anche un paio di ideuzze per rendere le cose un po’ deliranti. Ma per questo vi rimando alla prossima volta.

Un grazie sentito e doverosi a Shatzy, new entry che mi ha dato l’idea della disidratazione. Grazie per la dritta, darling.

Ed ora, i ringraziamenti doverosi a coloro che leggono e recensiscono:

Reader: Non ne ho idea, questo me lo devi dire tu. Anche in questo capitolo ci sono parecchie paturnie, spero gradirai.

Faffy: Grazie, felice di piaccia, cara. Per sapere chi è la misteriosa signora, aspetta il prossimo capitolo. Ma possibile che non ne abbiate neanche una vaghissima idea?

Baui: Dai che non vi ho lasciato tanto sulle spine. E mi sa che per l’epilogo aspetterete ancora meno.

Londonlilyt: io quelle risate le avrei volute sentire live. Ma non ho molto da attendere vero?

Wicca87: Oddio, sai che potrei anche scriverla una storia su una Rosalie che si trasforma in dark lady e taglia le teste? Non tentatemi, già ho scritto una storia horror e l’importante è cominciare…

Mousseline84: Malox? Direi anche Prozac e Serenase, ma è questione di gusti… Mi sono divertita anche io a scriverlo, il capitolo. Spero si sia visto.

Daydreamer: anticipazione: Rosalie sarà ancora inopportuna e questo è uno spoilerone grosso come una casa. Grazie, di cuore, davvero.

Bradamante: Carissima, le tue recensioni scaldano il cuore e mi fa molto piacere che il pancione di Rosalie ti abbiano ricordato il tuo. Trovo molto particolare questa cosa dei pancioni e l’ho messa in questa storia. Alien, hai detto? Oddio, questo è un lato di te che non conoscevo…

Lidy: Sai, non l’ho trovato invece particolarmente difficile scrivere una storia comica su Lady Oscar. Lei è tanto umana e piena di contraddizioni che è abbastanza facile trovare spunti per farsi due risate. Fermo restando che Lady Oscar è Lady Oscar e guai a chi me la tocca ^__^

Elfie cara, ovvero il mio pasticcino oltre la barriera del Po. Dai un attimino ancora ed il prossimo capitolo vedrai. Ti do il permesso domenica di strapazzarmi ben bene, ok?

MaiValentine: Beh, in effetti Rosalie deve sapere fare qualcosa d’altro oltre a piangere, no? Altrimenti che noia!

Kanchou: Grazie, grazie per la doppia recensione e per aver indotto in tentazione un altro tesserino inconsapevole (vedi sotto). Penso che Oscar avesse un gran senso dell’umorismo frustrato dalle convenienze e dal suo rango. E, diciamocelo, di pensieri ne aveva fin troppi per aver tempo di farsi quattro risate e per prendersi un po’ in giro. Peccato, no? Per cui ho pensato di darle giustizia, che se la merita.

Shatzy: Mille grazie per il prezioso consiglio sulla disidratazione, non ci avevo proprio pensato. E grazie per le cose carine che mi dici.

Benissimo, dopo che vi ho ringraziato vi posso dire che farò del mio meglio per aggiornare al più presto.

Un abbraccio a tutti dalla Nisi

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Capitolo 5
*** Accadde in un vicolo ***


Il primissimo pensiero che attraversò la mente di Oscar non fu particolarmente sensato: si sentiva come una delle camicie che Nanny prima di stirare inamidava copiosamente, col risultato che questa diventava rigida, peggio di una salma dopo due giorni dalla dipartita ed in pieno rigor mortis.

Non riuscì a muovere nemmeno un singolo muscolo. Anzi, no: la sua bocca si era aperta in una “O” talmente perfetta che Angelo di Bondone detto Giotto – è sempre quello delle matite – se la sognava.

Comunque, assodato che gli unici muscoli semoventi fossero quelli della bocca, Oscar era inchiodata a terra, come se i suoi piedi fossero stati intrappolati da… vediamo, per il cemento armato era troppo presto… la calce forse? Qualsiasi materiale da costruzione esso potesse essere, Oscar era incapace di fare alcunché.

La scena che le si parava, ad ogni altro ignaro osservatore sarebbe sembrata estremamente tenera e dolce: un uomo con i capelli neri teneva tra le braccia una ragazza dalle chiome castane, raccolte in una coda e trattenute da un nastro rosa carico, come il vestito che indossava.

La ladra si voltò e Oscar la riconobbe: era Diane de Soisson, la sorella di Alain. Teneva le braccia strette attorno al collo di André, del SUO André, e gli si era incollata addosso come una cozza allo scoglio.

Solo allora Oscar sentì il dolore investirla e colpirla violentemente come una coltellata. Non vide più niente, se non la coppia felice dinnanzi a sé e, per l’ennesima volta, si sentì di troppo.

Ricacciò rabbiosamente indietro quelle lacrime così femminili che le erano affiorate agli occhi, fece dietro front e si allontanò a grandi passi, fino a trovarsi in un violetto sudicio e stretto, nel quale aleggiava un pungente olezzo di urina felina (pipì di gatto NdA).

Ma Oscar era talmente presa dal suo scoramento che le sue nari non percepirono quell’afrore intenso, anche perché per la prima volta nella sua vita si era lasciata andare a quel pianto disperato che solo le donne che soffrono per amore possono fare e, si sa, quando si piange a quel modo, le narici si intasano. Quello del dopo-ballo-conte-di-Fersen non era nemmeno da paragonarsi, visto che una buona parte di quelle lacrime era stata causata da un orgoglio ferito.

Per la seconda volta nella sua vita aveva tentato di essere una donna e per la seconda volta, il destino le aveva risposto picche e l’amore le aveva chiuso la porta in faccia. Forse in questo caso era anche peggio perché Oscar si rese pericolosamente conto che i giorni in cui aveva avuto André solamente per sé erano finiti per sempre.

Non lo aveva mai detto a nessuno, forse non lo aveva mai ammesso nemmeno con se stessa, ma quando Fersen aveva (finalmente!) capito quello che era successo a quello strano ballo e lei era rimasta sola a raccogliere i cocci di vetro insieme a quelli del suo cuore, le parole di André: “Posso fare qualcosa per te, Oscar?” avevano sciolto un po’ la morsa che le stringeva l’animo.

E ora, ora era tutto finito, anche l’amicizia: qualunque donna non avrebbe mai sopportato che il marito o il fidanzato se ne andasse a far bisboccia con l’amica della quale era stato innamorato. Immagini disturbanti di André in casa con Diane e tanti piccoli Andreini e Diamine formato tascabile che saltellavano loro attorno, le riempirono subito la mente.

In quel tenero quadretto familiare, di posto per lei proprio non ce n’era.

Si asciugò gli occhi e mise a fuoco il luogo nel quale si trovava e, riconosciutolo, trattenne un’imprecazione: quel vicolo era proprio quello nel quale aveva gridato quelle parole che avevano dato inizio a tutto quel patatrac: “Il mio André!”

Sospirò pesantemente e ringhiò: “Il mio André un accidente!”

“Mao?” le chiese perplesso un soriano tutto spelacchiato e graffiato. Lui, evidentemente e contrariamente a lei, non era andato in bianco.

“Sì, ti ho detto: il mio André un accidente!”

Il gatto la guardò dubbioso e se ne andò: “Vai, vai, tanto neanche gli animali mi vogliono” sibilò senza fermarsi sulla particolarità del fatto che avesse rivolto la parola ad un felino e ad un certo punto, si fosse pure aspettata una risposta sensata, diversa di quel “Mao”, tanto banale. Evidentemente, quell’animale non era stato educato come si doveva.

Abbandonata la questione “micio”, Oscar tornò a concentrarsi sul suo dolore più fresco dei frollini di Nanny.

Non trattenne le lacrime nemmeno questa volta e pianse ancora, appoggiando la testa al muro scrostato. “Madamigella Oscar?”

Oscar abbassò lo sguardo per identificare chi avesse parlato e sobbalzò quando la riconobbe.

Era lei, la ladra d’amore!

“Cosa volete?” la apostrofò acida Madamigellacrimarum.

“State bene?”

“Oh, certo che sto bene, come potete vedere… fresca come una rosa” rispose con sussiego.

Diane sbatté le palpebre: Oscar aveva la faccia chiazzata, il naso che colava, gli occhi rossi e le guance inondate di lacrime. Non c’era più alcuna traccia dell’altero colonnello a cavallo che le incuteva tanta soggezione.

“Madamigella, io…”

“Lasciatemi in pace e andate al diavolo!” ruggì Oscar.

Era così strano mandare al diavolo qualcuno dandogli del voi…

“Non è come sembra…”

“Certo, non è mai come sembra” borbottò Oscar amaramente mentre strizzava il fazzoletto di batista ormai fradicio e ai suoi piedi si formava una pozza d’acqua (il gatto non c’entra, oh!)

“Vi prego ascoltatemi…”

“No, mi spiace, non vi faccio da testimone…”

“Purtroppo non ci sarà nessun matrimonio” Mormorò mesta Diane.

Ma come? Pensò Oscar distrattamente, più interessata agli uccellini che avevano preso a fare bagnetto nella pozzanghera formata dalle sue lacrime.

“Madamigella, lui non mi vuole più sposare…”

André si doveva sposare con Diane? Ma da quando? E soprattutto, perché Alain non aveva reagito? Oddio… Si era ricordata di quella volta in cui quello sfacciato le aveva chiesto come avrebbe reagito se André avesse sposato Diane…

Nel frattempo, Diane ci mise del suo per alimentare il tepidarium dei passerotti col culetto piumato a mollo.

“Madamigella, il mio fidanzato non mi vuole più sposare”.

Ma allora era un vizio: ora Diane le si era appiccicata addosso e le stava approntando un affluente della Senna sulla Rive Gauche, meglio, sull’épaule Gauche (spalla sinistra, NdA).

Se la scrollò di dosso: “Se André non ti vuole più sposare, la cosa non mi riguarda affatto. Anzi, no, sono contenta! André è mio e lo devi lasciar perdere! Lui è la mia ombra, io sono la sua luce, hai capito cosa intendo? Lui è con me da quando siamo piccoli e, se proprio si deve sposare è con me che lo deve fare, va bene? E poi…”

A questo punto Oscar si interruppe bruscamente: aveva ammesso ad alta voce che André avrebbe dovuto sposarla. E in fretta, possibilmente.

Girò lo sguardo, profondamente imbarazzata dalle sue stesse parole e trasalì violentemente nello scoprire che nel frattempo era arrivato André, si era comodamente appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto e fatalmente aveva ascoltato il suo delirio con un’espressione raggiante dipinta in faccia. Non aveva udito tutto, però, badate bene: si era perso “Se André”.

Oscar si fece di brace: “A…André… immagino tu sia appena arrivato. Non hai sentito niente, vero?”

André non è che ci vedesse un granché bene, povero figlio, ma le sue orecchie funzionavano alla grande. Le fece uno di quei suoi splendidi sorrisi che accendevano il sole nel cielo anche se fuori c’era un vento da portarti via ed una pioggia torrenziale.

“Oscar, perché non finisci di dire quello che stavi dicendo?”

Dio, ma come faceva ad essere così bello? Immediatamente dopo, le si parò davanti la scena alla quale aveva assistito qualche minuto prima… e si sentì gelare il cuore. E un’altra volta, il militare di carriera ebbe il sopravvento sulla donna: “André, penso sia meglio che me ne vada, sarei di troppo…”

Diane scoppiò in una sonora risata e Oscar ribatté piccata: “Beh, che c’è da ridere?”

Diane rise ancora più forse e André la imitò.

A questo punto, Oscar, più che col cuore spezzato, cominciò a sentirsi imbufalita e lievemente presa per i fondelli.

“Io non mi sto divertendo affatto! Dal momento che sono di troppo, penso sia il caso che me ne vada…” ringhiò, ma il ringhio non fu poi tanto intimidatorio come Oscar avrebbe voluto.

Forse perché ora la voce le si era incrinata. Udire Diane e André ridere complici come avevano fatto tante volte loro da ragazzi, la fece sentire ancora più sola e ancora una volta le lacrime fecero capolino nei suoi occhi.

Stringi i denti, Oscar, e vai.

Diane scosse le ciocche e le sorrise. “Madamigella, io e André non siamo…”

“Madamigella, il mio…” singhiozzo “il mio fidanzato mi ha lasciata per sposare un’altra e André mi stava consolando.

Oscar ci mise un bel po’ di secondi ad assimilare la cosa: “Quindi voi due non…”

André e Diane scossero entrambi la testa: “No.”

“Ah…”

Diane le prese le mani: “Siete una persona speciale, Madamigella, ma ora devo proprio andare… ciao, André, ci vediamo…”

E in men che non si dica, i due si ritrovarono soli nel vicolo, e Oscar cominciò a sentire che le forze l’abbandonavano… deliziosamente.

“I… in questo vicolo c’è puzza di pipì di gatto…”

“Davvero?” rispose André con voce carezzevole mentre le si avvicinava di un passo.

“Non senti?”

“Prima ho sentito qualcosa di più bello. Perché non finisci il discorso, Oscar?”

Un altro passo verso di lei che si ritrovò la schiena contro al muro.

E André appoggiò le mani alla parete, impedendole di muoversi.

“No, senti, era sciocco…”

“No, che non era sciocco… era la cosa più bella che abbia mai sentito…”

Oscar abbassò gli occhi ed arrossì: “Dici?” sussurrò così piano che André dovette chinarsi per sentire le sue parole, anzi, la sua parola.

Oscar lo guardava affascinata chinarsi su di lei. Quando si fermò ad un centimetro e mezzo dalla sua bocca, sbuffò di delusione.

“Oscar io…”

”Sìììì?” chiocciò con voce stridula.

“Io quella sera… ricordi?” la voce di André era tanto roca che a Oscar si rizzarono i peli delle braccia “Ho promesso che non ti avrei più toccata…”

“Ma noooo!” esplose Oscar. “Tu DEVI tocc…” si morse la lingua: da quando aveva cominciato a parlare troppo?

“E senti… nel toccare sono compresi anche i baci?”

Il suo profumo.

“Certo che sì”

Il suo respiro.

“In effetti, sono quattro labbra che si toccano. Per cui è toccare anche quello.”

La barba che cresceva sulle sue guance.

“Già, logico.”

La sua bocca, così…

“Però mi piacerebbe anche toccarti in un altro mod…”

E4, colpito!

E affondato!

Com’era che le labbra di André erano la cosa più giusta che le fosse capitata nella sua vita?

In quel mondo che stava andando a rotoli, almeno era sicura di una cosa. Lei lo amava, le piaceva, lo rispettava tantissimo, ma questo lo sapeva già da tempo. La novità era che, comunque, André baciava da Dio.

Non che lei avesse questa grande esperienza, ma il piacere che stava provando voleva pur dire qualcosa, no?

Più facile che caricare un fucile, più bello di Arras a primavera e ricoperta di fiori bianchi profumati, più dolce e caldo della cioccolata, più esaltante che infilare al duca di Germain una spada su per il…

Ohhhhhh! Mon Dieu…

Quel bacio era meglio del cognac di prima qualità, dello champagne più pregiato e Oscar si sentiva completamente ubriaca pur non avendo bevuto niente di alcolico già da qualche ora.

Non durò molto, in verità, visto che aveva finito la sua provvista di ossigeno, infatti i due si staccarono l’una dall’altro con un sorriso che andava da un orecchio all’altro e gli occhi brillanti d’amore. André la afferrò per le braccia e se la strinse contro. Non voleva sbagliarsi, ma aveva visto qualche lacrima scendere giù per le gote di André… o forse erano le sue che si erano mescolate a quelle di lui.

Ma chi se ne importava! Lei amava lui che amava lei che stava andando su di giri per l’eccitazione.

André le sistemò il bavero dell’uniforme che in quella pugna si era scomposto, poi le posò l’indice sul naso in una scherzosa carezza.

“Baciarti è bello, Oscar, ma mi piacerebbe farlo in un posto un po’ più profumato…”

Uno dei pochi rimasugli di senno che rimaneva ad entrambi prima che il cervello partisse definitivamente per le parti basse, li fece tornare alla carrozza che li stava aspettando. Avevano tutti e due le gambe lunghe, per cui arrivarono a destinazione in men che non si dica.

“Gainsbourg, parti e cerca di far in fret…”

Oscar non fece in tempo a finire la frase che un altro assalto della Guardia Francese la colse impreparata. E la miglior difesa è l’attacco, per cui Oscar raccolti i rinforzi gli rese pan per focaccia e rispedì ogni offensiva al mittente, triplicando la foga.

Il cocchiere, tale Gainsbourg, avvertiva dei suoni un po’ strani provenire dall’abitacolo e sbirciò dallo spioncino. Ma il caro Gainsbourg aveva moglie ed un numero imprecisato di figli, per cui aveva capito benissimo la meccanica della cosa. La peculiarità della situazione presente stava nel fatto che nessun Jarjayes non aveva mai amoreggiato in carrozza e comunque non con cotanto entusiasmo e vigor militare. Di certo, non due esseri umani in uniforme.

E ritornando sulla scena del crimine, diciamo che le operazioni di conquista del territorio nemico procedevano spedite e senza indugio. Oscar aveva già mostrato la bandiera bianca (le fasce!) e André aveva già raccolto in una mano il bottino di guerra (quello che stava sotto le fasce), mentre con l’altra stava tracciando una mappatura del circondario, rilievi compresi. La parte sconfitta si sottopose alla tortura lamentandosi forse – anzi, direi gemendo – ma l’onore di colonnello che suo padre aveva fatto tanti sforzi per inculcarle dentro ebbe la meglio, poiché dopo parecchi minuti di stoica resistenza, la tenzone riprese più infuocata che mai, per cui il colonnello che era in lei, ricambiò ogni colpo, ogni singola (s)toccata.

Oscar per l’abbandono del suo status di pulzella avrebbe sperato in una location un po’ più romantica, tipo in riva al fiume, con le lucciole a illuminare il cielo notturno di luglio, oppure – se si sentiva un po’ meno temeraria – comodamente sdraiata sul lettone a baldacchino, ma scoprì che in realtà della location non gliene importava un accidente. Era lui, e lui solo, che faceva tutta la differenza di questo mondo. Era lui che importava, era lui che doveva esserci, solo lui con lei e nessun altro.

Ogni tanto, la carrozza sobbalzava mentre Oscar pensava che il giorno dopo qualche livido ce lo avrebbe avuto, ma tant’è. Come ogni bravo soldato, lei era abituata al sacrificio, soprattutto se per una buona causa, valutò mentre il suo antagonista faceva sparire cautamente la sua camicia. Cautamente perché un secondo prima lei gli aveva sussurrato all’orecchio, dopo avergli abbondantemente tormentato il lobo: “Questa, cerca di non strapparmela, va bene? Se proprio, fallo più tardi…”

Dolce, Andrè continuava a riempirla di teneri baci e di appassionate carezze che lei ricambiava di tutto cuore. L’emozione era tale che si ritrovò le guance bagnate e gli occhi grondanti lacrime. Proprio come faceva sempre Rosalie.

Aveva la mano semi-infilata nei calzoni di lui che mugolava deliziato, quando la folgorazione la colse sulla via del palazzo: “André… Ma dove diavolo è finita Rosalie?”

* * *

Già, che fine aveva fatto quella benedetta ragazza?

Ritorniamo al luogo in cui i passerotti stavano facendo il bagnetto, nel vicolo, avete presente? Ecco, dalla piazza, girate a destra e…

“Rosalie, prendi questa sedia, hai bisogno di riposare”

“Grazie, Diane… Meno male, quasi quasi pensavo di non farcela…”

“A chi lo dici, tre settimane a spruzzarmi addosso quel profumo pestilenziale.”

“Tre settimane, dici?”

“Sì, io e Alain abbiamo scoperto troppo tardi che anche se ha un odoraccio terribile, quel profumo non è molto persistente. Per cui io mi strusciavo addosso a lui per essere sicura che l’odore non svanisse” Diane arrossì visibilmente, non era tipo da fare quelle cose. “A te è capitata la parte più facile, Rosalie, hai dovuto solo convincere Madamigella a darsi una mossa!”

Rosalie scoppiò a ridere, una sonora risata che fece saltellare in frugolo che aveva in pancia, giusto per dimostrare un po’ di solidarietà alla madre ”Già, è vero. E Alain, che fine ha fatto?”

“Mi avete chiamato, signore? Eccomi! Scusate, avevo un impegno con i commilitoni” ed il gigante si chinò a posare un bacio schioccante sulla zucchetta della sorella.

“Ciao, Alain!” cinguettarono le due ragazze.

“Diane, non hai offerto un bel bicchiere di vino alla nostra futura mammina?”

“Fratellone, credo sia l’ultima cosa di cui Rosalie ha bisogno.”

“Sciocchezze, il vino fa fare tanto latte!”

“Alain, guarda che non ho ancora partorito” ridacchiò Rosalie dando un colpetto alla pancia. Il piccolo rispose con un vigoroso bozzo in rilievo per segnalare alla Francia che almeno per il momento stava ancora dove stava.

“Beh, fai scorta, no? In questo periodo a Parigi si fa fatica a trovare da mangiare. Di cosa stavate parlando?”

“Oh, sai, del nostro piano… E’ andata bene, no? Tutto merito tuo e della tua idea.”

“Alain, sei un romanticone”, sospirò Rosalie, giungendo le mani al petto, sinceramente commossa dall’animo gentile di Alain.

“Oh, storie, sono tutte storie”. Suo malgrado, Alain arrossì. “E’ che non se ne poteva più: André sta nella branda sotto la mia. Non sapete che p… ehm, che noia, tutte le notti, a sentirlo rigirarsi nella branda e a sospirare “Ohhhh Oscaaaaarr… Sìììì, io ti amo”, perché non mi vuoi?” per non parlare di quando si faceva le… Lasciamo perdere, và! Perdindirindina, dicevo, finalmente potrò dormire, e che diavolo! Almeno ora si sono trovati e potrò stare in pace.”

I tre scoppiarono a ridere e visto che Oscar e André non erano al momento reperibili - si prega di riprovare più tardi - credo che sia ora di chiudere.

Pronti per l’happy end?

- Oscar e André consumarono la loro passione nel letto a baldacchino di lei, più che altro grazie a lui che, nonostante il desiderio, fu abbastanza romantico da attendere di arrivare in un posto più confortevole. Ah, per la cronaca: stavolta la camicia strappata fu quella di André. Giusto per soddisfare le fantasie di Oscar, ci provarono a fare l’amore in riva al fiume con le lucciole, ma Oscar si sdraiò su un formicaio, per cui la volta successiva che André le toccò il sederino, fu per spalmarle del linimento sulla parte offesa (e già che c’era, anche qualche bacino per farle passar la bua).

- Dal canto di Oscar, l’iniziale inesperienza fu superata con l’impegno e la dedizione assoluta alla causa: dopotutto, Oscar si era sempre distinta con onore nello studio. Inutile dire, che i due si divertirono un sacco e a lungo, anche se ogni tanto una sbirciatina all’Organt ce la davano eccome!

- Diane trovò un altro uomo, se lo sposò e fece un sacco di bambini; i due si amavano teneramente e le poche volte che litigavano lo facevano a causa della professione di Luc: era un profumiere!

- Quanto al suo ex che l’aveva lasciata per una con i soldi, questa era piuttosto racchia, meno dolce e infinitamente più acida di Diane… ed il suo fondoschiena decisamente meno artistico. Anche in questo caso, è inutile dire che l’ex rimpianse Diane fino alla fine dei suoi giorni. E ben gli stette.

- E a proposito di arte, i due sedicenti artisti della Compagnia B ebbero un radioso futuro quali ritrattisti di donne di strada: quello che mancava loro in talento, ce lo mettevano in impegno e soprattutto accettavano pagamenti in natura. Non diventarono mai ricchi, se lo volete sapere, ma anche loro se la spassarono per parecchi anni.

- E Alain, finalmente, poté dormire sonni tranquilli. Quanto ad una sua storia d’amore, mi spiace, ma per questa dovrete attendere un’altra fanfiction.

Fine

Ah! Che sbadata che sono! Ovviamente, pochi giorni dopo nacque il bimbo di Rosalie. Ed è inutile dire che venne chiamato François, in onore della zia che lo viziò vergognosamente, come ogni zio che si rispetti.

Adesso è finita per davvero ^__^.

Merci beaucoup, mes amis!

* * *

E anche questa volta, ho messo la parola fine a una mia storia. Vi ringrazio tantissimo per aver letto e recensito il mio delirio. Forse, dopo la rivolta delle racchie, questa è la storia che mi sono divertita di più a scrivere. Spero vi siate divertiti anche voi.

Questo epilogo, per necessità, è meno spassoso degli altri, ma di certo più romantico. Spero che la scena tra Oscar e André sia risultata credibile. Altrimenti, mi spiace molto e domando scusa fin da ora.

Ora, i ringraziamenti, comme d’habitude:

Bradamante: Sei una ragazza intelligente, io penso che tu abbia perfettamente capito, vero? Alla prima frase ho riso anche io. Penso sia uno degli incipit migliori dei miei capitoli, in genere.

Only_a_Illusion: sono sempre felice di sapere che le mie storie piacciono ai lettori, grazie.

Frakkis: curiosità soddisfatta, spero…

Faffy: Ti è piaciuta? Tutte le amiche lo fanno, per cui ho riciclato l’idea ^__^

Gaara Sama/Mai Valentie (la donna dei due nomi): Secondo me, Rosalie va a momenti: a volte sarebbe da pigliare a schiaffi, ma a volte è molto tenera.

Daydreamer: riguardo il tuo amico pompiere… meglio non saperlo. Senti, io avrei delle amiche single, non è che si potrebbe…

Londonlylit: Tesoro, purtroppo il vicino non ha fatto una piega… Torna ancora, che lo devastiamo!

L-fy: Popolo, oltre a fare le tigelle più buone del mondo, questa donna è veramente sexy. Lo dice mio marito, sai? Ti annuso con amore, stella. Hai solo dovuto aspettare due mesi. Vedi che sto migliorando?

Wicca87: A te giudicare se i due la mossa se la siano data o meno…

Kanchou: per forza di cose, questo capitolo è meno divertente degli altri… e spero ti possa piacere anche questo. Romantico, un po’ pepatino, ma a modo mio, al solito. Grazie veramente di cuore, davvero.

Baui: Giuro, non voglio far morire nessuno! Cioè, precisiamo, nessuno dei miei lettori, almeno ^__^

Reader: lo sai che me lo aspettavo che quella frase ti avrebbe fatto ridere? Non so perché…

Shatzy: Sì, hai fatto bene a farti un giretto ^__^. Comunque, mi fa piacere che voi tutte concordiate che da tre uomini assieme non ci si può aspettare niente di buono. Cioè, non proprio niente di buono. Di certo, niente di raffinato. Grazie mille!

Marpy: Beh, sai, mi piace molto scrivere cose ironiche… d’altronde è così che mi vengono da scrivere, per cui non è che ci possa fare molto. E’ strano: o scrivo drammoni super tragici o cose irriverenti al limite della parodia. Bah! Ecco l’aggiornamento (e l’epilogo).

Mouselline84: Hai capito benissimo, complimenti per l’acume.

Oscar1755: Grazie carissima. Ci tengo molto al tuo parere.

Aries555: Ecco le risposte che cercavi, giusto?

Progetti futuri della Nisi: oltre a riuscire a dedicare un po’ più di tempo ad Anonima Autori, ho qualche progetto, e cioè riuscire a tradurre la ff sempre su Oscar che ho scritto in inglese, scrivere il sequel di “White Wedding” (la mia ff su Little Corner, ma devo sentire Mistral), una parodia su HP, una ff su Nana e una su X delle Clamp. Ho tutto in testa, ma mi manca il tempo, accidenti! Oltre a finire “I lungimiranti consigli di Hermione Granger”, chiaramente.

Un sacco di carne al fuoco, insomma. Probabilmente quest’estate riuscirò a fare di più, vista la pausa del mio corso di yoga, della sospensione delle prove e dei concerti del mio coro e del corso di giapponese.

Comunque, se volete essere informati dei miei aggiornamenti, scrivetemi a nisi_corvonero@yahoo.it e verrete inseriti nella mia mailing list.

Grazie a tutti voi! E’ stato bellissimo come sempre e voi siete troppo gentili, davvero.

Nisi

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