Eileen

di Kitthex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...Respiri.... ***
Capitolo 2: *** L'adorata venezia ***
Capitolo 3: *** ..Nel Buio t'incontrai.. ***
Capitolo 4: *** ..Risveglio.. ***
Capitolo 5: *** Tutto ha un senso ***
Capitolo 6: *** Radiose svolte Funeste ***



Capitolo 1
*** ...Respiri.... ***


Amore

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Amore.

Amare è un concetto astratto, uno stile di vita misericordioso tanto quanto il puro sesso in tutte le sue perverse fantasie.

Chi si arroga il diritto di decidere quale tipo d’amore dia più soddisfazioni? Oh, si potrebbe stare a parlare per ore intere, a discorrere su teorie filosofiche e morali, a giudicare il santo prete nei suoi atti di carità e la donna che offre i propri servigi a uomini bisognosi.

Ci sono altri tipo di amori, non crediate di cogliermi in fallo, il punto è che non c’è tempo di soffermarci su tutte le miriadi di sfaccettature di una singola parola.

Io ho l’Eternità, voi, miei preziosi tesori, no…

Vedo i vostri sorrisi accondiscendenti seguire la mia affermazione e me ne compiaccio, significa che considererete quanto segue una semplice favola gotica.

Non vi troverò a implorare, graffiando il legno pregiato della mia dimora alla disperata ricerca della Vita Eterna: perché è di questo che si tratta e molti di voi avranno già capito come concluderò questo prologo, il mio soave preludio…

Vedo le vostre morbide labbra muoversi con le mie, pronunciando le poche parole che sconvolgeranno la vostra vita o, più probabilmente, vi convinceranno ad immergervi in quanto ho vergato su queste pagine.

Voi che vivete in un secolo ove ormai le sorprese sono bandite e tutto è talmente chiaro da essere doloroso, potete facilmente accettare queste poche parole.

Sono un vampiro.

E lo sono da talmente tanto tempo che mi è diventato completamente inutile quantificarlo. Nessuno se ne interesserà mai.

Nessuno lo verrà mai a sapere.

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Avete mai provato a passeggiare da soli, nella più totale oscurità, quando neppure la luna viene a rischiararvi la strada…?

Chissà quanti di voi teneri mortali alzeranno spavaldi la mano, ostentando il loro coraggio, quanti si vanteranno di averlo fatto centinaia di volte, senza mai il minimo timore?

Allora io vi chiedo: non avete mai udito lievi passi alle vostre spalle, non avete mai sentito un dolce respiro sfiorare la pelle dei vostri giovani colli…? Non vi ha mai scossi un brivido di paura, non avete mai provato un’eccitazione di cui non riuscivate a carpire la provenienza…?

Oh… le vostre risposte sono differenti questa volta, se chiudo gli occhi, posso osservare le vostre bocche, deliziosi archi di cupido, schiudersi nel darmi le risposte più svariate.

Noto un ragazzo che, sprezzante scuote il capo: giura di non avere mai provato simili sensazioni.

Si crede un “duro”.

Invece è un bugiardo.

Vedo anche una giovane donna che, inghiottendo nervosamente, con le dita che si attorcigliano nervose attorno alla copertina di questo volume, non riesce a nascondere la paura: lei ha camminato sola per le strade, posso sentirlo, ma non è stata tanto fortunata da incontrare i miei splendidi compagni.

Leggo timore nella sua mente, ma la nostra presenza non lascia solo questo nel cuore dei mortali, la nostra sola vicinanza provoca un’ondata d'eccitazione che scorre lungo la loro spina dorsale. Li lasciamo tremanti, sì, ma di desiderio del sovrannaturale.

E finalmente giungo alla reazione di cui mi interessa farvi partecipi.

Osservo questo libro chiudersi di scatto, troppi ricordi sono stati risvegliati nella mente di questo splendido giovane, che in preda alla rabbia all’umiliazione si trova descritto e messo a nudo in questi pochi paragrafi.

Sarà di lui che vi narrerò, sarà proprio per lui che scriverò questa storia, in modo che non dimentichi.

E chissà, forse riscriveremo il suo finale. Assieme.

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Ho sempre prediletto il velluto, come la seta del resto. Adoro sentire la loro carezza sulla pelle, quasi quanto amo il tocco seducente di un amante appassionato.

Mi delizia la luce lunare, quell’amabile raggio argenteo che illumina la mia pelle candida, sottolineandone dolcemente la morbidezza ingannevole.

Anelavo l’acqua calda sulla pelle nuda, ora prediligo un lungo bagno nel sangue tiepido e profumato.

Smanio di passare le dita fra morbidi boccoli di bimbe agghindate come minuscole principesse, pettinarli fino a che non divengono soffici e lucenti, sogno di accarezzare le loro morbide guance rosee. Bramo le tenere labbra di un giovane, infiammato dal tocco delle mie fredde dita. Mi eccita il battito spasmodico del suo cuore mentre penetra nel mio gelido simulacro di carne. È delizioso il suo incontrollabile ansimare quando un’eccitazione mai provata lo pervade.

Quando sono io a penetrare in lui.

Quando è il mio cuore a battere all’impazzata, rinvigorito dal bollente fluido che si riversa impetuoso nelle mie vene, riscaldandomi il corpo in ogni sua parte. Quando le mie grida di piacere lo rendono incapace di pensare, assoggettandolo al ceco istinto irrazionale.

Il richiamo della carne unisce due esseri in uno, unico.

Ed infine lui è in me, il suo sangue appassionato scorrerà eternamente nelle mie vene immortali, al di là del tempo, al di là della vita stessa.

Adoro ghermire i miei amanti sulla carezzevole tessitura dei tappeti d’oriente, intrecciati da mani sapienti e abili, mani che vorrei baciare, polsi che vorrei squarciare per assorbire da essi l’agilità e la capacità di creare simili meraviglie.

Sono affezionata alle menti brillanti che, con le loro innovazioni tecnologiche, migliorano la nostra vita, plasmando la materia, facendo del nostro benessere il loro unico obiettivo.

Ricordo l’antico, osservo il moderno ed amo entrambi.

Qualsiasi cosa veda tramite i miei occhi immortali mi seduce.

Le osservo cambiare, crescere e, infine, morire.

Mi affascinano.

Sorrido nel farmi acconciare i capelli dai parrucchieri che lavorano a notte fonda, alla tenue luce delle candele, solo per rendermi felice. Torno bambina quando giovani donne sempre fresche e riposate mi avvolgono in tessuti pregiati per modellare sul mio corpo abiti creati appositamente per me.

Batto le mani, raggiante, ogni volta che i miei giovani amanti mi deliziano con preziosi gioielli che mi agganciano al collo con le loro calde mani gentili.

Un luminoso crocifisso d’argento che scivola irriverente nell’incavo dei miei seni.

Oh… ardo di gioia quando mi donano un bel crocifisso. Mi piace così tanto la croce, con la sua forma simmetrica e assoluta. È una letizia vederla splendere sulla mia pelle, montata su orecchini, braccialetti, collane, persino cavigliere! Possiedo un’infinità di croci: latine o greche, non c’è distinzione, le amo entrambe. Credo nel giovane che è stato immolato per noi, che tramite il sangue ci ha redento dai peccati di un’intera esistenza… Colui il cui Padre ci permette di vagabondare per la Terra in veste di Suoi Angeli Tentatori, figli di Satana, la sua più radiosa creatura.

Tutto quello che mi circonda, ovunque, in ogni epoca, lo amo perché non mi è necessario per sopravvivere. Sono splendidi contorni ad una vita che potrei dover passare in solitudine, esistono, rimangono al mio fianco e per questo li sogno e li adoro.

Vivo nell’amore, in tutte le su forme, ogni cosa mi attrae, qualunque persona è degna di accarezzare la mia pelle, di baciare le mie labbra.

Di appartenermi.

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Capitolo 2
*** L'adorata venezia ***


La bellezza mi ha sempre preceduta, ovunque io mi recassi

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La bellezza mi ha sempre preceduta, ovunque io mi recassi.

Avrei potuto tenere le mie morbide labbra serrate e sarei stata comunque il centro indiscusso dell’attenzione.

Avrei catalizzato sguardi e cuori, anche se è un altro organo maschile il più attivo in questo casi: il sangue stesso scorda di irrorare tutto il corpo e si lascia attrarre felice dalla forza di gravità…

La giovane e bella figlia di Amerigo Treschi, ricco mecenate e mercante conosciuto e riverito: questo ero per tutti quegli arroganti nobili senza spina dorsale che si atteggiavano a padroni persino in casa del loro ospite più illustre.

A nessuno importava che sotto i miei lucenti capelli ci fosse un cervello ben funzionante, che dietro lo splendido paio d’occhi che li fissavano transitassero pensieri pungenti e che le labbra ben disegnate facessero da argine ad un fiume di parole irriverenti.

Ma questo non m’interessava, avevo mille armi per ridicolizzare gli stolti: cantavo le mie rime, danzavo sulle mie note, recitavo i miei versi e tutto con una maestria innata, con la passione delle arti che mi scorreva impetuosa nel corpo, caldo ed invitante.

Ognuno era libero di vedermi come una bella bambola, ma solo gli stolti non avrebbero cambiato idea dopo aver assistito alle mie esibizioni.

Solo gli sciocchi avrebbero continuato a pensarmi come un involucro vuoto ed attraente.

Ero riuscita a convincere mio padre a permettermi di esibirmi, durante le lunghe e importanti cene d’affari che spesso organizzava nella sua elegante dimora. Il mio talentuoso fratello minore accompagnava i miei deliziosi vocalizzi con il suo violino, mentre entrambi ci godevamo gli sguardi ammirati degli presenti.

Nel mio narcisismo agognavo la perfezione di mente e corpo, desideravo che la mia bravura fosse riconosciuta, apprezzata ed ammirata. Bramavo che il mio corpo fosse contemplato, desiderato e posseduto… e non necessariamente le due cose erano distinte: vi è un’arte in cui le membra e l’abilità sono i migliori interpreti. Un’arte in cui il movimento diviene selvaggio e violento pur mantenendo la sua struggente e fragile vibrazione.

Odiavo l’ipocrisia della nobiltà, detestavo i respiri viscidi e le proposte appena sussurrate all’orecchio con la voce impastata dalla lussuria trattenuta dal bisogno di fingersi immuni al desiderio carnale.

Non sapevano cosa volesse dire comportarsi da uomini, erano solamente bell’imbusti con troppi soldi in tasca, che avevano fatto perdere loro anche la capacità di conquistare una donna, abituati com’erano a comprarsela agli angoli delle vie. Scappavo spesso da quella dorata prigione per cercare svago.

Camminavo per le strade della mia Venezia, sui romantici ponti, che si affacciano tutt’ora con i loro dolci archi sulle acque calme della mia città. Rimanevo lì per ore ad osservare i cambiamenti affascinanti dei flutti.

Di tanto in tanto mi si affiancava qualche bel giovane, intento a guardare me o la luna, oppure entrambe le cose quando la signora argentea si rifletteva nei miei occhi scuri. Accadeva che turisti e viaggiatori mi proponessero serate mondane all’insegna di sensi confusi e corpi accaldati, ma il più delle volte declinavo gentilmente l’invito, sorridendo..

Il più delle volte..

Quando invece accettavo le loro offerte, una girandola di avvenimenti senza nesso coerente mi trasportava nelle luminose notti della mia splendida città, li accompagnavo nei locali più eccentrici di Venezia, ove i divertimenti erano talmente variopinti e stravaganti che nessuno sarebbe mai potuto rimanerne deluso! Ero la bella guida della Venezia decadente, il balenio di luci e colori che attirava i curiosi come le api sui fiori, tutti mi amavano pur senza conoscere nulla della mia vera vita.

Ballavano con l’affascinate veneziana delle calli, vestita di semplici stoffe, niente velluto o seta ad avvolgere il mio morbido corpo nei viottoli allegri di Venezia, semplicemente il mio splendore a fare di me la più ambita preda degli artisti scapestrati e briosi. Serenate nel romantico dialetto veneziano mi riempivano le orecchie ogni qual volta mettevo piede nei locali dei sfavillanti bassifondi della Serenissima.

Nel mio edonismo prediligevo il meglio in ogni eccesso. Ero viziata e capricciosa.

Innamorata di me stessa, tanto che mi perdonavo qualsiasi sbaglio senza portarmi rancore alcuno.

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Il salotto quella sera era gremito di persone. Li accomunava solamente la voglia di mettersi in mostra, di divertirsi mostrando le proprie abilità nei più svariati campi oppure sfruttando la sfavillante bellezza fisica, che sfoggiavano abbigliandosi nel modo più eccentrico e provocante che la moda dell’epoca permetteva.

L’incenso sparso nelle stanze della grande villa bruciava tranquillo, emanando un dolce aroma fruttato, che inebriava i sensi dei presenti, accomunato al vino rosso nei calici di cristallo. Ognuno brindava, suggellando le promesse più fantasiose, lasciandosi andare, le inibizioni sopite dal rosso liquido inebriante.

Il clima gioioso era tipico delle mie feste, dove ognuno era libero di vagare fra i sensi affinati dall’alcool. Tutto era permesso purché non venisse infranta mai la libertà del singolo.

La morale, fra le pareti decorate da deliziosi stucchi della mia dimora, perdeva di significato.

Persino camminando negli spaziosi corridoi della mia villa, incappavo in deliziose coppie di amanti, impegnate ad unire i loro innocenti corpi in uno unico.. La pelle calda lambita dal tappeto, che copre l’intero pavimento della mia graziosa casa. I giovani più intraprendenti allungavano addirittura le mani aggraziate ad afferrarmi dolcemente la caviglia nuda per baciarla con una passione trascinante.

Le risate accompagnavano la musica spensierata dell’orchestra, voci inebriate dall’alcool improvvisavano cori improbabili, qualcuno cantava il proprio amore per una donna appena sfiorata.

Ogni stanza nella mia enorme villa era occupata dagli ospiti, intenti a mettere in pratica le proprie fantasie più indecorose. Persino il mio adorato fratello era impegnato con una delle dame, che gemeva e si dimenava sotto il suo corpo armonioso e scattante. Appena si avvide della mia presenza all’entrata della stanza, lasciata come suo solito aperta, allungò una mano dalle lunghe dita delicate verso di me e, sorridendo, mi fece cenno d’avvicinarmi a lui. La ragazza rideva felice, sentiva il calore passionale di Alessandro infervorarle le membra, mentre scherzosamente lui le mordeva un polso, la deliziosa ragazzina m’invitava con ampi movimenti del braccio a partecipare al loro incantevole incontro..

Mi limitai a sorridere, la stanza era illuminata solamente da due candele poste sui comodini ai lati del magnifico letto a baldacchino. Le tende di pesante velluto carminio lasciavano entrare a sonnolenti sprazzi la luce delle fiaccole che illuminavano la strada delle calli di Venezia.

Alessandro accarezzava distrattamente il seno della giovane, abbandonata fra le sue braccia, mentre m’invitava con uno sguardo malizioso e acceso ad avvicinarmi a lui, ad accostarmi al letto.

Non era la prima volta che mi slacciava il corpetto, decorato di trine e perle, lasciandolo scivolare sul prezioso tappeto dai colori accesi e brucianti, che ricopriva il pavimento della stanza. La ragazza mi allentava i lacci della pesante gonna e dell’elaborata sottoveste , mentre le abili mani del mio adorato Alessandro percorrevano i dolci contorni della mia schiena. Sollevandomi le braccia premette possessivamente le calde dita sulla mia pelle vellutata. Le labbra percorrevano dolci e impertinenti ogni centimetro nudo del mio corpo, la sua compagna mi accarezzava le gambe, silenziosa e competente, una dolce marionetta i cui fili erano mossi dal mio bel fratello.

Baci, carezze ed un morbido materasso per scivolare nella pazzia gemente inflitta da due caldi corpi il cui unico scopo era dare piacere alla loro amata Rosa Selvaggia…

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Le labbra mi baciavano il collo, le mani esploravano la mia pelle sotto gli abiti, mi accarezzavano i capelli, massaggiandomi la nuca, sciogliendo lentamente l’elaborata acconciatura all’ultima moda..

I respiri del giovane sconosciuto trasmettevano l’urgenza mentre i movimenti, lenti e gentili, m’accompagnavano senza fretta verso l’abbandono.

Avvertivo l’eccitazione del mio compagno, la sentivo inequivocabile in ogni sua carezza, la fragranza del suo profumo d’ottima marca e del tabacco mi impregnava le narici, mischiandosi al balsamo dei capelli biondi, che mi sfioravano il collo. La lingua calda e bagnata mi scorreva sulla pelle, lentamente, soffermandosi ogni qual volta mi lasciavo andare ad un brivido di eccitazione..

I lacci pregiati del mio corpetto venivano slacciati con mani tremanti, quasi fossero talmente preziosi da temere di poterli rovinare. Lo sentivo ansimare alle mie spalle, il volto nell’incavo profumato della mia spalla, le braccia attorno alla mia vita, impegnato ad allentare l’elaborata fibbia della sfarzosa veste di velluto dorato. Le lusinghe si facevano sempre più sussurrate quasi non potesse controllare le parole che gli fluivano dalle labbra, atteggiate ad un sorriso più stupito che soddisfatto..

Era più giovane di me questo piccolo tesoro che avevo deciso di educare, l’avevo scelto per la sua bellezza elegante, per lo sguardo imbarazzato che esibiva ogni qual volta incontrava il mio nella grande sala da ballo. Si era comportato come se i miei occhi fossero pericolose armi di tortura, ardenti spiragli di bramosia appena contenuta dalle lunghe ciglia scure. Era assoggettato alla mia bellezza, senza possibilità di sfuggire al rosso filo del destino che oramai ci univa, in mio potere.

Non riuscì ad articolare parola quando mi avvicinai a lui con la semplice, innocente intenzione di chiedere che mi facesse ballare. Fu in grado solamente di fissarmi in un tal modo che, se gli ospiti lo avessero guardato, lo avrebbero immediatamente messo alla porta accusandolo di mancarmi di rispetto. Sorrisi quando giunsi finalmente di fronte a lui, non parlai neppure, allargai soltanto le braccia nude, invitandolo con lo sguardo a guidarmi nelle danze.

Mi rendevo conto di emanare uno splendore quasi materno, non era nelle mie intenzioni spaventarlo, volevo che si sentisse a suo agio fra le mia braccia, che rilassasse i muscoli, che sentivo tesi attraverso il velluto della sua elegante giacca. Anche se non sbagliava neppure un passo di danza il suo corpo era rigido, come se stesse tenendo fra le braccia una pericolosa pantera che, da un momento all’altro, gli sarebbe saltata alla gola.

Sentivo su di me gli sguardi dei miei parenti, se mi fossi presa il disturbo di voltarmi avrei visto un’aria preoccupata e torbida sul volto del mio potente padre. Avrei letto come un libro aperto quelle profonde rughe sul suo viso, scolpito dal tempo e dal sole di Venezia, con una sola occhiata avrei decifrato la disapprovazione per il mio abbigliamento, per i miei capelli, per i miei sorrisi, per il mio comportamento smaliziato e sfrontato. Avrei contemplato in un solo paio d’occhi la più estrema forma di biasimo e condanna mai accollata ad un solo essere umano.

Ma non mi girai. Conoscevo già tutti i pensieri del mio autorevole genitore senza doverli leggere di nuovo nei suoi occhi traboccanti dissenso, danzavo sulle soavi note di un valzer di Vivaldi, guidata dal giovane patrizio che si sforzava di non lasciar scivolare lo sguardo nella profonda scollatura del mio abito, mi lasciai sfuggire una leggera risata mentre rafforzavo la presa del ragazzo sulla mia vita, trascinandolo nel vivo delle danza. Avvertivo i piccoli cambiamenti del suo volto fanciullesco, il rossore dovuto alla vergogna nell’avermi così vicina stava lasciando il posto all’euforia provocata dal ballo in cui lo stavo inducendo a gettarsi. La mia lunga veste dorata volteggiava senza posa, scoprendomi addirittura le affusolate gambe candide, ridevo come non mi era mai accaduto alle noiose feste dei Consiglieri a cui mio padre portava me e Alessandro, la musica si faceva sensualmente incalzante e il mio adorabile fanciullo la seguiva con maestria e slancio squisiti. Mi stavo davvero svagando, come mai avrei sperato di riuscire a fare, e il giovane aristocratico pareva altrettanto compiaciuto, lo leggevo nei suoi begli occhi grigi che, ora, mi stavano fissando con ardore e impetuoso desiderio. Non c’era neppure bisogno che io gli dicessi il mio nome, che gli spiegassi dove poteva trovarmi se mai avesse voluto rivedermi: ero conosciuta da tutti i nobili di Venezia, mio padre, pur vergognandosi del mio atteggiamento, non aveva potuto tenere il mio nome lontano dalle bocche di tutti gli aristocratici della Serenissima. Sapevo che mi avrebbe cercata, ero certa che avrebbe fatto carte false per incontrarmi di nuovo, da soli e lontani dagli sguardi di saccenti giudici ignoranti.

Finita la melodia che ci aveva legati, mi svincolai dal suo abbraccio e con un sorriso me ne andai.

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Capitolo 3
*** ..Nel Buio t'incontrai.. ***


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Capitolo 4
*** ..Risveglio.. ***


La luce filtra sul mio viso, malgrado le pesanti tende ambiscano a fagocitarne ogni singolo raggio. Lentamente socchiudo le palpebre, infastidita dal riverbero che impedisce il soffice risveglio tanto agognato. Mi ferisce gli occhi, obbligandomi a trascinare le spesse coperte sopra il volto ed a rannicchiarmi come una bimba in cerca di pace.

Ho sonno.

Questa notte non sono riuscita ad addormentarmi, i miei pensieri vagavano e non riuscivo a riprenderne il controllo.

È stata la prima volta che non ho raggiunto l’estasi della soddisfazione fisica. Sono rientrata nella mia prigione dorata senza essermi liberata del mio fardello. Non ho diviso il mio corpo con nessuno, non mi sono lasciata possedere, annullando la mia anima nel loro ansimare selvaggio.

Pura e immacolata nel mio sacrale candore.

Sorrido e lascio che le dita scorrano sulla stoffa leggera della mia camicia da notte. Mi dedico le attenzioni che mi sono state negate al chiarore della luna. Un uomo che mi ha sedotta ed è fuggito con il mio desiderio fra le dita. Accarezzo la pelle calda delle mie cosce, il dolce tepore delle coperte, che emanano il profumo della mia pelle. Il desiderio non è ancora svanito, lo sento sulla punta delle dita, l’umido richiamo all’abbandono che non v’è stato.

Sola in un vicolo, con la veste sollevata e il respiro affannato. I capelli ridotti ad una massa disordinata e i segni della sua presa ferrea sulle gambe. Eravamo così vicini all’annullamento del singolo individuo, saremmo presto rinati unendo le nostre suppliche ad un comune dio, quella figura così appassionata, assoggettata alla vendetta contro l’umanità, e che non perdona gli sbagli perpetrati dalle sue creazioni.

«Claudia?» sussulto dalla sorpresa, interrompendo bruscamente le profonde carezze che mi stavo concedendo. «Posso entrare?»

Ho il respiro accelerato «Vieni pure..» mi metto seduta, sedando le effusioni calde che mi invadono il basso ventre e attendo che il mio bel fratello faccia la sua entrata.

«Sei ancora a letto? Nostro padre ha un diavolo per capello, sai che non sopporta di arrivare in ritardo alle celebrazioni religiose…» sorrido nel notare dove va a posarsi il suo sguardo. Le morbide pieghe della mia camicia da notte non nascondono nulla del mio corpo, e Alessandro conosce a memoria ogni centimetro della mia pelle lattea. Si chiude la porta alle spalle e si avvia, con il suo solito passo elegante, alle finestre «No! Non aprirle ancora!» lo imploro liberandomi delle coperte e inginocchiandomi sul letto, le mani unite in una parodia di preghiera «La luce mi ucciderebbe!» rido allungando le braccia verso di lui e trascinandolo seduto accanto a me..

«Ho conosciuto un uomo, Alessandro..» gli cingo il petto con le braccia nude e gli sussurro all’orecchio del mio incontro notturno. Il seno premuto contro la sua schiena, le dita minacciano di allentare l’accurato fiocco che gli orna il collo.

«Claudia! E’ tardi!» mi rimprovera ma non mi ferma quando lo spingo sul letto regalandogli un profumato bacio «Non sai come mi sento persa, fratello mio…» continuo nel mio osceno intento e lui non fa nulla per frenarmi. Sento i suoi muscoli rilassarsi e, intrappolato nei pantaloni di lino, mi rende omaggio. Sento la sua lussuria premere contro il mio corpo, a cavalcioni su di lui, torno a baciarlo «Così sola e imprigionata..!» ansimo con lui e lascio che le sue mani godano del mio corpo caldo.

«Claudia…» non riesce a fare più che sospirare il mio nome, avverto la stoffa della veste sollevarsi scoprendomi le gambe e l’intimo grondante eccitazione. Possessivo e irruento, Alessandro, mio dolce adoratore.. le dita calde si fanno strada dentro di me, assaporando il mio più recondito segreto ed è troppo tardi per fermarsi. Il laccio che teneva imprigionato la sua smania viene sciolto in un battito di ciglia e il suo volto accaldato mi implora di porre fine a quella tortura.

Nella nebbia rovente dell’incesto nessuno si accorge di quello che ci accade attorno e all’improvviso mi ritrovo sbalzata via dal letto, lontano da Alessandro, dal cui sguardo terrorizzato si intuisce chi sia appena entrato ad interrompere l’idillio.

«Lurida puttana! !» il nostro venerato padre mi fissa senza riuscire quasi a respirare, i pugni serrati mentre cerca di controllarsi. Ha il volto paonazzo dall’ira e sul collo una vena gli pulsa, come se dovesse esplodere.«Ci siamo trattenuti troppo, fratellino..» commento senza distogliere lo sguardo dal mio imbestialito genitore, un perenne sorriso mi increspa le labbra, mentre Alessandro si affretta a coprirsi, senza avere tuttavia il coraggio di aprire la bocca.

«Tu! Sei..sei disgustosa!» è la prima volta che al famoso Amerigo mancano le parole, vedo mio fratello dileguarsi oltre la porta della mia stanza.

Vigliacco…

Mi alzo, non mi aggrada affatto dover guardare mio padre dal basso, ma lui non smette di abbaiare insulti, mi addita, senza il coraggio di avvicinarsi a me «Sgualdrina!» gli sento sbraitare mentre mi liscio la camicia da notte sulle gambe «Tuo fratello!! Tuo fratello minore dovevi circuire!». Quasi non capisco se sia infuriato o se stia per scoppiare in lacrime. «Oh, si..il mio povero fratello..» sussurro quasi fra me e me, ma abbastanza forte al che lui possa sentirmi chiaramente «Eppure pareva gli piacesse infilarsi dentro di me..» il mio sorriso non si spegne, né si incrina. Mi sto divertendo.

E finalmente arriva.

Un manrovescio che mi spacca le labbra e permette al sangue di sgorgare sulla camicia da notte. Mi ritrovo di nuovo a terra, il dolore è terribile e non cerco nemmeno di trattenere le lacrime.

«Vestiti ora! !» mio padre trema visibilmente, si è pentito di avermi colpita? Ora come farà a spiegare il mio volto contuso alle grandi personalità di Venezia? Pur fra le lacrime, gli lancio un sogghigno e lecco il sangue che mi imporpora il volto. «Subito..» mi tiro in piedi ma non abbasso lo sguardo, mai «Servirà un bel po’ di trucco per coprire i lividi..» gli faccio notare, dando forma alle sue paure.

Cosa penserà la gente di Amerigo Treschi vedendo il volto della sua unica figlia malridotto a quel modo? Lui non dice nulla, non mi risponde, né mi guarda. Si limita a fuggire da quella stanza nella quale si riesce facilmente a percepire l’odore del proibito. Con lunghi e instabili passi scompare dalla mia vista appannata dalle lacrime salate, che scivolandomi sulle ferite rendono il dolore ancora più vivido e reale.

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Ecco a cosa porta l’astinenza mio demone notturno, tu che mi hai abbandonata in strada come l’ultima delle prostitute, senza una spiegazione. Fuggito da me, neanche fossi stata un mostro desideroso di ghermirti l’anima. Volevo soltanto perdermi in te, lasciarmi possedere e sciogliere i legami della mente con la materia. Volare forse, dove il mio Dio accoglierà ciò che sono.

Sorrido fissando il crocifisso dietro le spalle del sacerdote, intento a professare l’omelia: il figliol prodigo.

Che spassosa coincidenza.

Sadica, faccio scivolare il braccio attorno al gomito di mio padre, e godo della ripugnanza che leggo nel suo sguardo. Ma certo non può cacciarmi, non lì, di fronte a tutta la benestante Venezia, supera sé stesso riuscendo addirittura ad accarezzarmi la mano senza lasciarsi andare al vomito.

Quanto potente può essere l’ipocrisia.

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Come ti chiamerai demone impaurito? Voglio il tuo corpo dal momento in cui mi sei apparso nel buio. Ti desidero..

Potremmo venire proprio in questa chiesa a sfogare i nostri osceni appetiti, sull’altare consacrato ci uniremo e verremo benedetti dal Signore in croce.

Al solo pensiero impazzisco di gioia.

Dove potremmo meglio che qui? Nella casa dell’amore e della compassione.

Avrò pietà di te mio rovente sogno, non ti lascerò andare se non quando ti vedrò stremato, soddisfatto del mio operato. I nostri fluidi si uniranno e consacreranno quell’altare di nuda pietra, lo renderanno ardente della passione umana. Dell’opera di Dio più perfetta e manchevole.

Saremo gli eletti dell'Altissimo Padre Onnipotente, incarneremo il suo tragico amore per i suoi figli. Le sue emozioni più travolgenti saranno le nostre. Saremo il Diluvio Universale mentre ci bagneremo nel nostro desiderio reciproco e berremo l’uno dell’altra. Trasmuteremo la luce in ombra per proteggerci dai crudeli volti che ci disprezzano e ci indicano.

Saremo i primi, gli unici, perfetti e appassionati Figli di Dio.

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Mi pare doveroso lasciarmi andare ai ringraziamenti. Purtroppo sono poche le persone che seguono questo racconto, ma non mi lamento, poiché ho trovato una compagna con cui farlo vivere davvero.

Grazie GoodMiss, non fosse stato per te credo non sarebbe mai nato questo capitolo e sarebbe stato un vero peccato dato che ne è uscito un gran bel capitoletto! ! ^o^

Attendo la tua risposta.

See ya!

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Capitolo 5
*** Tutto ha un senso ***


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Capitolo 6
*** Radiose svolte Funeste ***


«Maledette puttane del Signore, aprite!» mi scortico le delicate mani contro la pesante porta di legno, alcune schegge mi si conficcano nella carne ma non smetto di sbraitare. Sono ridotta ad uno straccio lacero: mi hanno tolto i vestiti, i gioielli, perfino la bellezza hanno cercato di strapparmi a suon di bastonate. Sono in prigione, il peggiore degli incubi si è avverato. Potrei impazzire se rimango in questa stretta cella ancora qualche minuto. Potrei addirittura pensare ad impiccarmi con il liso lenzuolo che mi hanno dato per coprirmi la notte, oppure suicidarmi cavandomi gli occhi dalle orbite con le mie stesse mani, posso mordermi la lingua e lasciare che il mio sangue, che tanto hanno fatto scorrere questi timorati di Dio, inzuppi i loro pavimenti dannatamente lindi e puliti!


Grido ogni sporca bestemmia che conosco, invento illazioni fra le più fantasiose e poi comprendo che non è questo che mi aiuterà ad uscire.
A terra, spiegazzata e strappata, giace la veste monacale che mi hanno ordinato d’indossare: un misero abito di stoffa ruvida e dalla foggia orrendamente castrata.
Con quell’orrore addosso una donna non può fare altro che morire, e rinascere come essere asessuato privo di volontà e desiderio.


Il materasso è terribilmente duro e dopo le ore di grida ininterrotte il silenzio mi ferisce le orecchie, pare che nessuno là fuori si stia curando di me.

E dovrebbero essere caritatevoli monache quelle ipocrite bastarde?

Con un poco di fatica riesco finalmente a ridurre a minuscoli brandelli la tonaca orrendamente nera e deprimente, le mani mi tremano in modo incontrollabile e il dolore alla testa è atroce. Nemmeno il suono della stoffa lacerata riesce a tranquillizzarmi.
Non può essere vero!
Claudia Treschi privata della tanto agognata libertà e costretta alla reclusione fra quattro pesanti mura spoglie.

Vogliono che mi pieghi ai loro voleri?!

Al diavolo!

Al diavolo la feccia perbenista che mi ha mandata al rogo, vorrebbero purificare i miei peccati obbligandomi alla Fede?

Deturpati bambocci senza spina dorsale, impauriti dal desiderio che costantemente provano, quel minuscolo desiderio che si ritrovano penzolante nei pantaloni!
«Mi avreste scopata tutti per bene, se solo ve l’avessi permesso !!» e forse è stato proprio il non volervi fra le gambe che ha fatto nascere la vostra invidia nei miei riguardi!
Ero libera!
E avete voluto rinchiudermi per impedirmi d’essere la prova vivente della vostra inadeguatezza alla vita. Lontano dagli occhi la fautrice del peccato che tanto vi fa gola.

Io sono quello che volete! !

La stoffa è troppo leggera, scaraventarla contro la porta non mi da alcuna soddisfazione, nessun tonfo, neanche il minimo rumore e il silenzio regna nella mia minuscola prigione.


Che comportamento volgare, non è da me.


Lentamente mi massaggio le braccia, segnate dai lividi delle percosse subite, pettino i capelli con le dita, digrignando i denti nel sentire i nodi: sono sempre stati lisci e luminosi ma sono bastate poche ore rinchiusa qui dentro e tutto di me pare sia marcito.
Sento le lacrime pungermi gli occhi, non le lascerò scorrere lungo le guance, ma già avvertire la loro presenza favorisce il mio pessimo umore.
Non uscirò mai più di qui..?
Sono condannata alla Fede in un Dio ipocrita e codardo?
Come pensano di educarmi questi luridi menzogneri?
Le voci corrono, lo so bene, non c’è un solo veneziano che non speculi sulle presunte attività che si svolgono nel convento dopo il calar del sole. Eppure è nel covo dei celesti depravati che mi hanno imprigionata, vuol forse dire che è questo il mio destino? Essere una delle Spose impudiche del Signore?

Sorrido e mi abbandono sdraiata sul letto, sono stremata, il mio corpo dolorante pare impossibilitato a lottare ancora. E poi perché lottare? Forse riuscirò a raggiungere l’estasi perfetta fra le braccia di uno dei tanti Figli di Dio che infestano questo luogo, o magari potrei provare addirittura con una delle tenere suorine che mi portano tanto gentilmente il cibo. Quelle che ogni volta che posano lo sguardo sul mio corpo, invitante e completamente nudo, si fanno il segno della croce stringendo il loro prezioso rosario al petto.
Potrei..

Languida, mi rannicchio sul materasso ripieno di fastidiosa paglia, continui pizzichi mi irritano la pelle e pur infastidita riesco a trovare una comoda posizione che mi permetta di dormire almeno un po’. Persino la coperta che mi hanno dato è quanto di più sformato e molesto abbia mai visto, che posto atrocemente inospitale.
Scivolo ad accarezzarmi il corpo nudo, in preda all’ira deleteria ho stracciato tutto quel poco che mi avevano lasciato addosso, che reazione esasperante la mia.

Da quando ti ho incontrato non hai fatto altro che portarmi seccature,mio timido demone.. Sei fuggito da me e hai perso l’ultima occasione della tua vita.
La Dea delle Calli diventerà la Divina Sposa del Signore Iddio.
Che glorioso titolo.

Eppure desidero ancora il tuo tocco, doversi soddisfare da sola non è certo la stessa cosa..

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«Morto?» ripeto, assaggiando ogni singola sillaba.

Mi lecco le labbra tirandomi seduta, il corpo discintamente velato dalla coperta ruvida e implacabile. Sento ancora su di me i graffi che mi hanno inflitto quel dannato lenzuolo e il detestabile materasso su cui sono stata costretta a dormire.
«Si, Signorina Treschi, è stato ritrovato il cadavere in casa vostra..»
Non posso fare a meno di sorridere, e a quella vista la donna che mi sta parlando arretra con aria disgustata, segnandosi un paio di volte «Mi stai dicendo che si è ammazzato?»
La piccola donna nega, con impercettibili movimenti del capo «Pare che l’abbiano pugnalato..» non riesce a continuare, la sua vocina stentata fatica ad uscirle dalla bocca «Vostro Padre desidera che assistiate al funerale come monaca del nostro ordine!» mi informa indurendo il tono, in fondo è una mia superiore, e vuole farmelo ben presente.
Mi porge i nuovi vestiti, stirati e puliti, ma non certo nuovi. Chissà quante povere donne ci sono morte dentro, puzzano di cadavere…
Faccio qualche passo verso di lei, l’imbarazzo nel suo sguardo è tangibile, non vorrebbe guardare, ma non può farne a meno.
Il peccato vive in ognuno di noi, occorre davvero poco per farlo affiorare.
Nel prendere gli abiti le sfioro la mano callosa: «Quel che vedi l’ha creato il tuo Dio..» le faccio presente sorridendo sorniona «..dubito s’offenderà se guardi..!».
La reazione è immediata, il volto rugoso si imporpora e le mani troncano bruscamente il contatto fra noi. Io continuo a sorridere mentre la porta della celletta mi viene sbattuta in faccia e la chiave gira nella serratura.
Mi verranno ad aprire quando mio padre lo riterrà opportuno, in tempo perché la famiglia Treschi si riunisca, addolorata e piangente, sulla tomba del mio incestuoso fratellino.

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Quindi è così che sei finito? Lurido traditore, figlio di un cane. Tu mi hai riportata da lui, tu che mi hai scopata centinaia di volte assaggiando ogni parte del mio corpo, possedendomi in qualsiasi posizione ti proponessi.
Vigliacco..
Viscido opportunista. Hai preferito la protezione di nostro padre a me, a me che ti avevo sempre protetto da tutto.
Stupido fratello.
Da bambino temevi il buio, venivi sempre ad infilarti nel mio letto, abitudine che non hai peraltro perso con gli anni, come ti senti ora in quella bara? A breve i vermi ti divoreranno, pezzo dopo pezzo, ridurranno la tua bellezza ad un ammasso di carne straziata e di te non rimarrà nulla su questo mondo. Nemmeno il ricordo, poiché nessuno si prenderà il disturbo di rimembrare le tue scialbe gesta.
Il tuo violino sarà messo all’asta, nostro padre dirà che non può sopportare la sua vista, che lo fa pensare al suo povero figlio scomparso, e nel frattempo le casse dei Treschi si riempiranno dei guadagni dovuti alla vendita dei tuoi averi.
Stolto fratello.
Probabilmente pensavi ti avrebbe ricompensato, non hai pensato che oramai ai suoi occhi eri contaminato: ti avevo toccato e per lui eri oramai perduto. Ti ha usato e tu non hai esitato a gettarti ai suoi piedi, leccando i suoi costosi stivali.
Mi auguro tu abbia sofferto nell’infilarti quella lama nello stomaco, spero tu ti sia amaramente pentito di ciò che mi hai fatto.
Altro che assassinio, tu ti sei ammazzato.
Per il senso di colpa o forse per la voglia repressa che, sapevi, non sarebbe stata più soddisfatta. Mi hai venduta e hai perso i miei favori.
Eppure… sei sempre stato un vile, un codardo..
E’ inverosimile immaginarti con il coraggio di toglierti la vita.

Non credevo che vederti seppellire mi avrebbe fatto quest’effetto, credevo avrei pianto disperata al tuo funerale, forse addirittura pensavo di non riuscire a vederlo mai. Ero convinta che sarei morta prima io.
Chissà poi perché: i forti sopravvivono Alessandro, sopravvivono a tutto perché combattono per la vita.
Tu no..
La vita hai saputo solamente toglierla..ad entrambi.

Si è fatto tardi, mentre cercavo inutilmente di far scorrere le lacrime, per compiacere il nostro amato genitore. Oramai se ne sono andati tutti e le occhiate che mi hanno lanciato erano innegabilmente le più nauseate che io avessi mai ricevuto dai miei parenti.

Nemmeno una lacrima per il mio adorato fratellino minore, che tanto ho amato.

Me ne sto qui, immobile davanti alla tua tomba, la lapide ancora non è stata incisa e anche se ci fosse stata il buio che è calato su Venezia mi impedirebbe di leggere il tuo pomposo necrologio. A testimoniare la tua dipartita solamente un cumulo di terra smossa con cui hanno appena ricoperto la raffinata bara intagliata in legno di noce.
Che spreco di denaro, verrete presto divorati entrambi, tu e il tuo elegante feretro.
E con quest’ultimo, buffo pensiero mi avvio per tornare un’ultima volta nella spaziosa dimora dei Treschi, una carrozza mi sta attendendo per portarmi dai congiunti che, sempre disperati per l’immane perdita, svuotano le scorte alimentari della villa.

E poi lo vedo.

Da quanto tempo è lì? Fermo ad osservarmi, nel mio abito sgualcito e deforme, veste che non mi rende giustizia!
Ho ritrovato il mio demone e mi presento a lui vestita come una lavandaia?

Nemmeno mi accorgo come, ma mi sento catturare dalle sue braccia, la sua bocca sulla mia, un bacio rovente, liquido, pregno della passione repressa che ci ha attanagliato le viscere per giorni. Non posso fare a meno di scivolare con le mani fra i suoi capelli morbidi, minaccio di strapparglieli trascinandolo ancor più in profondità nella mia bocca, mi aggrappo alle sue spalle. Emana forza e io mi infervoro nella consapevolezza di possedere ogni singola fibra del suo essere. Si scosta lentamente dal mio viso e io ne approfitto per assaporare ancora per qualche istante il suo sapore, avverto il profumo del suo volto, dei suoi capelli e me ne ubriaco, folle di soddisfazione.

«Claudia..mia Claudia!» voce lussuriosa la sua, arrochita dal profondo bacio che mi ha appena offerto. Claudia, si..ma come fa lui a sapere il mio nome..?

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Allungo un altro po’ questo capitolo, già lungo peraltro XD

Non posso delegare tutti i contatti con il pubblico alla buona GoodMiss che è ormai la mia MarketingMiss, ma sarò breve:

Un semplice ma sentito ringraziamento a quelli che leggono e commentano
(NO! Non ringrazio chi non recensisce..ç_ç approfittatori!).

Come già ha detto GoodMiss faremo di tutto per mantenere il racconto inedito e innovativo, e poi, come un amico mi ha consigliato tempo addietro:
“se ancora oggi alcuni cliché funzionano significa che piacciono”
quindi anche scadessimo nell’imitazione sarà la nostra abilità nel narrare gli eventi a mantenerlo vivo e genuino!

A te la fiaccola Bella Donna!!

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