Come si sa, la parte più importante nella crescita di
un bambino è stimolare l’interesse per le cose, i genitori si
premuniscono di costruzioni, puzzle e storie per aprire il mondo della
fantasia.
Nascono così castelli infestati da draghi,
principesse intrappolate in quadri ed eterni bambini senza regole che non
cresceranno mai.
Crescere di fiabe riempie di coraggio e consapevolezza dei
pericoli più oscuri: con una benda sugli occhi siamo invincibili eroi
che si battono con mostri giganteschi, arrampicandoci sulle cime più
alte alla ricerca dei tesori perduti, fin quando iniziamo a stipare i ricordi
di racconti
e
giochi in cassetti che col passare degli anni diventano sempre più
remoti.
Per ogni bambino cresciuto sulle gambe della
mamma nascosto dietro un libro di cavalieri e dame tutto questo è
inevitabile, anche quando da piccoli si è convinti che non si
conoscerà felicità più profonda, fin quando non arriva il
primo orgasmo.
Si sa, l’istinto muta e facciamo la fila per l’omologazione
sociale.
Tutti.
Tutti tranne uno.
“Credi che continuare
a fare smorfie mentre ti parlo possa davvero servire a cambiare la mia
decisione?”.
La grande scrivania di palissandro specchia l’immagine di
Lisa Cuddy con in mano i
suoi occhiali.
Venire interrotta in qualsiasi situazione
era routine: in riunione, durante un
colloquio con pazienti, a pranzo, sotto la doccia. Nel caso specifico, seduta
sulla sua poltrona in scrivania é intenta a leggere attentamente una mail; gli occhiali
poggiati sul naso per potersi concentrare meglio sulla luce fredda del monitor,
muovendo ritmicamente le labbra man mano
che le parole scorrono lungo la pagina. Gli occhi fissi sul foglio elettronico
l’hanno portata ad una concentrazione profonda tale da
non accorgersi della porta che si spalanca e si richiude immediatamente e di
passi stentati sul parquet appena rilucidato.
“Vedo dei capezzoli
ritti dietro quel reggiseno a balconcino di pizzo nero che tanto mi piace.
Immagino che ti sia piaciuta la mia foto per il mese di luglio … caliente!”.
Fermo al centro della stanza appoggiato con entrambe le mani
al suo bastone, si sporge verso il legno scuro avendo finalmente la sua
attenzione.
La Cuddy alza lo sguardo dal pc rivolgendosi
verso lui con sguardo interrogatorio
“Sono passata al mese
di agosto, lo sai che Wilson è più il mio tipo” scocciata toglie gli occhiali guardandolo fisso negli occhi
“Cosa vuoi?” dice annoiata
conoscendo già l’epilogo della questione.
House con un leggero sorriso sulle labbra e gli occhi
spalancati la fissa “Mi hai tolto il
porno!” sbatte la gamba sana per terra; volteggia il viso verso il soffitto
girando con lo sguardo tutt’intorno la stanza come un
bambino alla ricerca delle sue caramelle.
Scosta la sedia dalla scrivania, portando le braccia protese
in avanti con i palmi alzati all’insù
“Mi
stai ancora tediando per quella questione? Invece di risolvere il caso ti perdi in inutili fandonie solo per il
gusto di dar fastidio al prossimo? E con “prossimo” intendo me!”solleva anche il busto in avanti dallo schienale.
“Mi spieghi come
faccio a concentrarmi sul caso se so che ingiustamente la tv via cavo è
stata tagliata? Tanti onesti contribuenti come me non hanno diritto a
rilassarsi con giovani donne superdotate che preparano i waffle
in una maniera molto speciale?”
strizza l’occhio torcendo anche le
labbra soddisfatto della sua giusta esposizione.
“Onesto contribuente?
Non sapevo del tuo animo nobile” lo guarda sorniona,
“Ti colpisco ancora
eh baby?” aggiunge ironico lui;
“Comunque non se ne parla House, la tv via cavo costa all’ospedale un
bel budget al mese e vanno fatti dei tagli e questo
è il più giustificato!”
House rotea gli occhi nelle orbite accennando un sorriso
“Sarà forse per il fatto che hai timore che si venga a scoprire dello
stacchetto sexy del meteo che fai dopo il notiziario con in dosso solo la giarrettiera
rossa che ti ho regalato qualche tempo fa?” tergiversa avanzando alla sua
destra
“Tranquilla non
dirò a nessuno del tuo show! Tranne che a Wilson, si intende”
sussurra a labbra strette annuendo
con la testa.
“Mi
sono scocciata delle tue sciocchezze, non riavrai la tv via cavo, non riavrai
il porno e non avrai mai modo di vedermi nuda con solo una giarrettiera indosso
mentre ballo. La questione
è chiusa, l’ospedale ha bisogno di soldi ed a
meno che non voglia essere tu a finanziarli col tuo stipendio, smettila con
queste storie e torna al tuo lavoro! Non c’è bisogno che mi complichi
anche tu la vita, ho già l’ispettore sanitario ed
i bilanci a cui stare dietro!”
Si ferma catturata dalle facce sempre meno mature che si
avvicendano sul volto di Gregory House
“Credi
che continuare a fare smorfie mentre ti parlo possa davvero servire a cambiare
la mia decisione? Mi hai
stancato House, esci dal mio ufficio e cerca
di impiegare meglio il tempo che rubi al tuo lavoro ed
ai tuoi pazienti per non parlare di tutti i soldi che proprio gli onesti
contribuenti…”
viene interrotta nel suo sproloquio
dalla voce squillante di House “Resisti
al potere!” che alza braccio e bastone in verticale verso l’altro
allontanandosi poi dall’ufficio.
Nuvole di vapore si alzano verso il soffitto, l’acqua
continua a scorrere mentre lentamente, a fatica, si immerge
nella vasca da bagno poggiando la schiena alla ceramica fredda.
Brividi.
Si lascia andare tra le vampate bollenti, la carne si
ritira, la testa appoggiata di lato.
Fa troppo male. Solleva la gamba destra toccandosi
ripetutamente la coscia sull’enorme cicatrice.
Perché n’è rimasto solo questo.
Allunga la mano verso il mobile basso di legno, un regalo di
suo padre. Forse lavorare il legno era davvero la sua unica passione.
Svita il flacone arancione facendo scivolare tre pillole in
gola più veloce di quanto qualsiasi altra persona riesce a fare.
‘Lo chiamano abuso ma loro non capiscono, nessuno
può capire. E’ sopravvivenza.’
Si immerge completamente in acqua,
sparisce sotto lo scintillio delle onde artificiali che fluttuano tutt’intorno,
riapre gli occhi desiderando tanto che finisca tutto il prima possibile.
‘Tutto sott’acqua ha un altro sapore, anche la paura. Ho
paura del dolore, ho paura di impazzire ma qui, qui
ora, in questo momento la vedo sopra di me, distante. Lascia spazio solo a me,
finalmente.’
Bolle d’aria risalgono gli abissi verso la superficie,
abbandonando quel corpo quasi esanime.
Gli occhi iniziano a socchiudersi mentre le pupille guardano
fisse verso l’alto; le dita si muovono leggermente per il getto d’acqua che in
abbondanza si riversa sul pavimento bianco. Rilassato
si sta lasciando andare, cullato dai suoi pensieri fuorvianti dal dolore
respirando acqua che piano sale nei polmoni, quando all’ultima esalazione i
suoi occhi si dilatano spalancando le palpebre: nulla più si muove, ogni
rumore è annullato ed Amber è sul bordo della vasca a fissarlo
con una mano appoggiata sotto il mento.
“Ti sono mancata?”