Do Or Die.

di Defiance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Paure ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: L'altra Isobel ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Lo Yin e lo Yang ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Il Buio ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Problemi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Lo Specchio ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Come Il Mare ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: "Alcuni dei personaggi e l'ambientazione della storia,  non mi appartengono, Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro."


Do 
or
Die 

 



Prologo
 
 
 
Mi sveglio di soprassalto, sentendo un forte rumore dall’altro capo della stanza.
Mi metto a sedere velocemente e scorgo due dei ragazzi con cui sono costretta a dividere il dormitorio, in piedi: stanno litigando.
Mike si trova con le spalle al muro, mentre un ragazzone alto e muscoloso, dai capelli castani, tiene una mano chiusa a pugno sulla sua gola; deve essere sicuramente Luke.
Non so quanto mi convenga intromettermi in quella discussione, ma non voglio che qualcuno si faccia male, non più di quanto ci costringano già a farci tra di noi.
Mi alzo, lentamente e senza fare rumore, mi infilo le pantofole e mi incammino verso di loro; si trovano vicino al bagno, posso far finta di non essermi accorta di nulla, posso simulare una faccia assonnata, stropicciarmi gli occhi e giustificarmi dicendo di avere un urgente bisogno del bagno.
Quando gli passo accanto, fingo di averli visti per la prima volta in quel momento.
Luke mi lancia un’occhiataccia che sarebbe stata davvero inquietante, se non fosse che ormai ci sono abituata, ma lascia andare Mike ed è questo che conta; riesco a leggere la gratitudine nel suo sguardo.
“Cosa ci fai qui?” sbotta Luke “ci hai interrotti. Forse, dovresti imparare a farti i fatti tuoi”.
“Ho solo bisogno del bagno. Sai, problemi da ragazze. Se vuoi che te ne parli..” comincio io, ma lui mi zittisce con un cenno della mano. È davvero stizzito, ma si limita ad avvicinare il volto a quello dell’altro ragazzo e, anche se sussurra, io gli sento dire “non finisce qui”.
Mike si rilassa, riesco a vedere i suoi muscoli farlo.
“Grazie” mi sussurra e io scrollo le spalle; faccio un passo avanti, come per entrare in bagno ma lui mi blocca, afferrandomi il braccio.
“Ne avevi davvero bisogno?” mi chiede.
“Certo” gli rispondo.
Sembra restarne deluso, ma non posso permettermi di affezionarmi troppo alle persone, qui.
Non posso lottare contro di loro per raggiungere il primo posto, se comincio a volergli troppo bene.
Mike sembra credere alla mia bugia. Ma è ovvio, che ci crede.
Sono cresciuta tra i Candidi, dove la verità è l’unica cosa che conta, ma io sono sempre stata troppo brava a mentire, almeno tanto quanto a dire la verità.
Mi chiamo Isobel. Isobel e poi? Non lo so nemmeno io.
In quanto appartenenti alla fazione dei Candidi, i miei genitori non si sono mai fatti alcuno scrupolo nel sottolineare che io non sono davvero figlia loro.
Mi hanno adottata, quand’ero piccola. Potrei dirvi il nome e il cognome attribuitomi da loro, ma non lo farò, perché ora sono solo Isobel e il mio vero nome non conta più tanto, ora; nuova fazione, nuova identità: funziona così.
Dicevano di avermi trovata vicino a un cassonetto della spazzatura e di aver avuto compassione di quella piccola e indifesa creatura.. indifesa.
Vorrei che mi vedessero ora, magari mentre prendo a botte Carter, o Faith, quella montagna traslazione che viene dagli Eruditi. Mi definirebbero ancora in quel modo?
Come può, una ragazzina di sedici anni, di corporatura normale e altezza media, fare a pezzi un ragazzone come Carter e venire ancora definita ‘indifesa’?
Ho passato la vita a cercare di non essere vista in quel modo, a cercare di non essere guardata con pietà dalle persone che mi incrociavano per strada e che non avevano premura di nascondere ciò che provavano davvero… ah, già. Non potevano farlo, erano Candidi.
Tiro lo sciacquone e me ne torno a letto. Non ho paura che Luke mi aggredisca nel sonno, probabilmente, se ci provasse – e so che lo sa anche lui – lo farei fuori con un solo colpo, o al massimo con due.
Non so da dove viene tutta questa forza che ho, ma mi da un senso di sicurezza sapere che ho la capacità di difendermi, che nessuno mi può controllare, che sono libera.
E gli Intrepidi mi fanno sentire così, per questo, non mi pento della mia scelta… persino mia madre mi ha sempre detto che appartengo totalmente a questa fazione.
Forse perché, quando avevo quattro anni, ho scagliato un coltello da cucina contro la foto della mia tata (la odiavo, mi picchiava sempre. Solo perché le dicevo quello che pensavo, e quello che pensavo non le piaceva. Ma cosa si aspettava? Doveva capirlo, mi era stato insegnato ad essere sincera, e non ho mai avuto problemi a dire la mia) e l’ho centrata dritta in fronte.
Sarebbe stato un colpo mortale, se al posto della sua fotografia, ci fosse stata lei. Non l’ho più rivista in vita mia.
O magari, la convinzione dei miei genitori riguardo la mia appartenenza agli Intrepidi, dipende solo dal fatto che all’età di dodici anni chiesi loro di farmi studiare il combattimento corpo a corpo. E che mi sono rivelata un portento.
Ho quattro anni di esperienza sulle spalle, ecco perché me la cavo meglio di tutti gli altri, qui.
Un motivo in più per cui non sarei mai potuta essere una Pacifica o un Abnegante. L’altruismo non è mai stato il mio forte.
Avrei potuto scegliere anche gli Eruditi, ma per me la conoscenza serve solo a ideare strategie di battaglia e a non essere manipolata, insomma, cose utili nel momento in cui ne ho bisogno, non mi interessa studiare come funziona un pannello solare o roba del genere.
Il risultato del mio test attitudinale? Divergente.
Mi hanno detto che è pericoloso dirlo, così non lo faccio, anche se a volte avrei voglia di richiamare un po’ di guai, così per sport.
Sono un’Intrepida fino al midollo.
Pericolo e libertà sono la mia essenza, la mia vita.
Ma da quando sono qui, ho imparato ad andarci piano… non sono l’unica che punta in alto.
 


*****************Angolo Dell'Autrice**********************

Okay, salve a tutti!
Sono stata un pò indecisa all'inizio se pubblicare questa storia o meno, ma alla fine ho deciso di tentare lo stesso :)
è la prima volta che introduco dei nuovi personaggi in una mia FF e spero sinceramente di fare un buon lavoro... accetto critiche sia negative che positive e mi auguro che la storia vi piaccia :)
A presto,
Bell.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Paure ***


Capitolo 1

Paure
 
 
 
 
 
Quattro dice che dovrei stare più attenta, che i Divergenti possono manipolare le simulazioni e che questo può rivelare la loro condizione.
Mi ha avvisata, perché oggi c’è stata la prima prova del secondo modulo (nel primo ho avuto il punteggio più alto, a Luke non ha fatto molto piacere), che riguarda la paura.
Ci iniettano un siero nel collo, il quale produce una simulazione che dovrebbe porci davanti alle nostre paure più grandi e metterci nella situazione di affrontarle.
La mia prova è stata la più breve, è durata un minuto: mi sono ritrovata su un tetto, disarmata, con una pistola puntata alla tempia e un uomo che mi poneva davanti una scelta.
“O salti e muori per mano tua, o ti uccido io”.
Mi piacciono le altezze, quindi ho saltato. Ma non sono morta.
Quattro pensa che io abbia manipolato la simulazione, ma non sa che l’ho fatto veramente, in passato.
Mi sono lanciata da un tetto alto un centinaio di metri senza procurarmi neanche un graffio, da piccola; anche in quel caso, sono atterrata perfettamente, con le gambe piegate e i piedi saldi sul pavimento.
Lo avevo già fatto, ecco perché non mi sono fatta problemi e sono stata la prima a saltare, quando hanno detto che i transfazione avrebbero avuto l’onore di farlo per primi, al nostro arrivo qui.
Sospettavo ci fosse una rete, ma avrei preferito il contrario, magari Quattro comincerebbe a credere più alla mia forza fisica che alla mia Divergenza.
 
Quando torno, nel dormitorio ci sono solo io: sono stata la prima a fare il test.
Mi siedo sul letto e cerco di pensare a quali siano le mie paure.
Senza dubbio, quella della simulazione di oggi, non fa parte della lista.
Forse, significa che temo le costrizioni, o il non avere la possibilità di scegliere tra la vita e la morte… ma io non ho paura della morte, altrimenti non avrei scelto gli Intrepidi.
Francamente, non credo di aver modo di comprenderne il significato: per me la paura è priva di qualsiasi nesso logico, per questo il sentimento che più mi è estraneo è proprio lo spavento.
Si, okay. Forse, una paura ce l’ho: quella di avere paura.
Sento la porta del dormitorio aprirsi, ma non mi volto a guardare chi sta entrando.
“Ehi, Iz!”
È Mike. Viene verso di me, con la sua tranquilla andatura, sorridendo.
“Suppongo che il tuo test sia andato bene. Quanto è durato?”
Gli chiedo.
“Sette minuti. Non credo che qualcuno farà meglio di te, comunque” mi dice ammiccando.
Io scrollo le spalle e mi irrigidisco quando lo vedo avvicinarsi e sedersi accanto a me.
“Posso farti una domanda?”
Mi chiedo perché ce l’abbia proprio con me. Non può lasciarmi stare, come fanno tutti?
E invece no. Lui mi scruta con i suoi occhi verdi e cerca di capire quello che mi passa per la testa, una cosa che odio, perché detesto essere prevedibile… un’altra delle ragioni per cui non permetto a nessuno di conoscermi.
Lo invito a parlare con un gesto noncurante della mano.
“Perché ti comporti così?” mi domanda.
Inarco un sopracciglio.
“Comportarmi come?”
“Beh, te ne stai sempre per conto tuo, sei l’unica a non aver fatto amicizia con nessuno da quando siamo qui e sei scontrosa con tutti. Perché vuoi allontanare le persone da te? Capisco, che magari lo fai perché non vuoi avere sensi di colpa nella tua lotta per il primo posto, ma io non miro a quello. Mi accontento del secondo, o del terzo. Perché escludi pure me?”
Sembra triste, mentre le parole fuoriescono dalle sue labbra; sento una vampata di calore.
Anche Mike viene dai Candidi; giocavamo insieme quando eravamo piccoli, mia madre e la sua erano molto amiche.
Ma non mi sono mai concessa molto, con lui, come con nessun altro d’altronde.
Sto per dirgli che sono fatta così, che preferisco stare sulle mie e che non è colpa sua o di chiunque altro, ma poi mi rendo conto che se mi permetto di tenere a qualcuno potrei aver paura di perderlo e questo sarebbe un punto debole.
“Non sono fatta per le persone. Non mi piacciono” gli rispondo, scrollando le spalle.
“Quindi, non ti piaccio? È questo il punto? Io non ci credo” mi dice lui.
“Beh, stai diventando un po’ troppo spaccone, Mike. Suppongo sia l’influenza di Alan… almeno io sono sempre la stessa” ribatto, gelida.
Mi alzo e faccio per andare via, quando mi sento urlare dietro:
“Non sei sempre la stessa. Non eri così, fino a cinque anni fa. Cosa può averti cambiato in questo modo?”
Mi immobilizzo, sento il cuore sprofondare.
Questo è uno dei motivi per cui detesto la gente: non si sa fare i fatti propri.
Senza voltarmi a guardarlo, mi dirigo verso la porta, la spingo, e corro via.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: L'altra Isobel ***


Capitolo 2

L’Altra Isobel





Cammino senza meta finchè non raggiungo lo strapiombo.
A quest’ora, tutti avrebbero già dovuto finire il proprio test.
Mi siedo contro la ringhiera e chiudo gli occhi.
Vorrei dire che le parole di Mike mi abbiano lasciata indifferente, ma non è vero; qui, da sola, comincio a chiedermi quand’è che sono diventata così, quand’è che ho cominciato ad isolarmi, ad allontanare chiunque dalla mia vita, ad essere così insensibile.. o meglio, a fingere di esserlo.
Mi rivedo a undici anni, intrappolata in un vicolo cieco e quell’Escluso avanzare verso di me con un sorriso malizioso e perfido stampato in faccia.
Mi raggiunge e dice “ma che ragazzina graziosa”.
Il cuore mi batte forte e comincio a studiare una via di fuga, ma tremo troppo, ho troppa paura per pensare razionalmente.
Porge le sue mani verso di me e mi tocca una guancia, così io urlo e cerco di scappare, ma lui mi afferra per un braccio e mi spinge con forza verso il muro. 
“Hai fetta, dolcezza?” mi schernisce.
Le lacrime sgorgano come l’acqua della fontana costruita al centro della piazza.
Non so come uscirne, mi sento impotente, in trappola.
L’uomo emette un ghigno e riduce ulteriormente lo spazio tra noi due. 
Tremo, convulsamente. “Per favore” lo imploro di lasciarmi stare, ma lui non lo fa, anzi, si limita a ridacchiare.
Comincia a toccarmi e io grido più forte che posso, così lui è costretto a lasciarmi andare un braccio per tapparmi la bocca.
È stato il suo errore, perché gli tiro un pugno in faccia, una ginocchiata nello stomaco e lo allontano da me; lo metto KO con un forte calcio nelle parti basse, per evitare che sia in grado si seguirmi, e scappo via.
Quando torno a casa, non dico una parola e mi chiudo nel bagno.
Mi sciacquo la faccia e mi fisso a lungo nello specchio, le mani serrate in pugni.
Giuro a me stessa che mai più qualcuno mi avrebbe trattata così, che non sarei mai più stata impotente, che non avrei mai più avuto paura. Che non avrei pianto mai più.
E l’ho fatto. 
Avrei potuto parlarne con Mike, o con Christina, che sono l’unico gruppo di cui abbia mai fatto parte in vita mia… ma in realtà c’è solo una persona che sa di questa mia esperienza, l’unica con cui mi sia mai aperta davvero… il mio fratellastro, Peter.
È un tipo tosto, lui; siamo molto simili, eppure Christina lo odia. 
Forse è perché lui sconta la rabbia che prova verso il mondo intero con gli altri, mentre io la tengo per me, ma non me la sono mai sentita di giudicare il suo comportamento… mi ha sempre dimostrato che sono importante per lui, non mi ha mai trattata come la trovatella piombata in famiglia per la pietà dei miei genitori adottivi… e mi ha protetta, ogni volta che ne ho avuto bisogno.
Per questo l’anno dopo ho chiesto ai miei genitori di farmi studiare il combattimento corpo a corpo, per imparare a difendermi da me, perché odio essere in debito con la gente.
Così eccomi qua, Isobel, la ragazza senza scrupoli che non nutre alcuna fiducia nel genere umano, che allontana le persone per proteggersi da qualsiasi danno queste possano arrecarle.
Apro gli occhi. Non sono più sola.
Luke e i suoi scagnozzi, Andrew e Martha, sono proprio di fronte a me.
“Bene bene” mi dice.
“Non vorrai fare qualcosa di cui ti pentirai” lo provoco, alzando un sopracciglio.
So cosa sta pensando. Sono in tre, contro di me.
Sorride, un sorriso crudele e spietato.. mi ricorda il mio, quando vengo sottovalutata e sto per fare a pezzi qualcuno.
“Non credo che tu sia nella posizione di schernirmi” mi risponde.
Sorrido di rimando.
“Io sono sempre nella posizione di schernire qualcuno” dico.
“Forse” esordisce Martha, “dovremmo dare una lezioncina a questa bambina un po’ troppo sicura di sé. Che ne dici, ‘Drew?” 
L’altro Erudito si volta verso di lei e si stringe nelle spalle: da quello che ho capito, è lui quello con un po’ di buon senso tra i tre, quello che cerca di tenersi fuori dai guai. Ma è Luke il capo e lui approva.
“Prendetela” ordina.
Nello stesso istante in cui Andrew e Martha si dirigono verso di me, scatto in piedi e, poggiando le mani sulla ringhiera dietro di me, mi sollevo in aria, piego le gambe e tiro un calcio nello stomaco a entrambi.
Sono stata troppo veloce perché si accorgessero delle mie mosse.
Si accasciano sul pavimento e tossiscono, mentre io fisso con aria di sfida Luke, la cui sicurezza vacilla, e riesco a percepirlo.
“Alzatevi, buoni a nulla!” urla, senza staccare il suo sguardo dal mio.
I suoi tirapiedi ritornano all’attacco e questa volta colpisco il naso di Martha con una gomitata e poi tiro un pugno sotto la mascella a Andrew. I due arretrano, imprecando, poi corrono via.
Luke è immobile, davanti a me, tremante di rabbia, le mani serrate così forte che le nocche gli diventano bianche.
“Allora” lo beffeggio “te ne sei già pentito?”
Lui mi guarda con odio e arriccia il naso, poi fa un passo indietro, e si volta per filarsela, ma si trova faccia a faccia con Quattro, che lo guarda disgustato.
“La vigliaccheria non è apprezzata tra gli Intrepidi” gli dice “pensavo che lo sapessi, quando hai scelto questa fazione”.
Luke impietrisce.
Non riesco a evitare che un sorriso tronfio mi spunti sul volto, così, mi godo la scena, appoggiando la schiena contro la ringhiera, con le braccia conserte e le gambe incrociate.
“Io..” boccheggia Luke, certo di stare per ricevere la più dolorosa lezione della sua vita, ma Quattro si limita a rivolgergli occhiate di odio.
“Non dire che non lo sei. Hai appena aggredito una persona, tre contro uno. E già questa è una prova di vigliaccheria.. se poi ci aggiungiamo il fatto che, dopo che questa suddetta persona ha messo KO i tuoi amichetti, tu stessi per dartela a gambe…” proseguì imperterrito il nostro Istruttore, schioccandosi le dita.
Vedo Luke trasalire.
“Quella ragazza” ruggisce indicandomi “è un mostro”.
“L’invidia è una brutta bestia” lo provoco io.
Mi scocca un’occhiataccia, poi Quattro lo manda via avvertendolo che se Eric lo venisse a sapere, sicuramente lo sottoporrebbe a qualche rischiosa prova di coraggio. 
Vorrei proprio vederlo! Luke sospeso nel vuoto per cinque minuti, a rischiare la propria vita.. o a fare da bersaglio!
Mi scappa una risatina, che mi si gela in gola quando Quattro si volta verso di me e mi rivolge un’occhiata severa. 
“Tu” mi dice “seguimi”.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Lo Yin e lo Yang ***


Capitolo 3

Lo Yin e lo Yang

 
 



 
 
“Come diavolo fai?” mi chiede Quattro, una volta arrivati nella sua stanza.
“A fare?” domando di rimando.
“Sei una macchina da guerra, Isobel!” esclama in risposta.
“So come difendermi. So come disarmare. So come ferire. Questo fa di me un carro armato?”
L’ironia irrita la maggior parte della gente e la spinge a lasciarmi perdere… ma non Quattro; no, lui si volta a guardarmi e si concede una risatina di scherno.
“Non ho mai visto niente del genere, e credo che valga lo stesso per la gente che sta dietro le telecamere situate in ogni angolo di questo posto. Stai cercando di farti ammazzare?” chiede ancora, tornando all’improvviso serio.
Ed ecco che riparte con la ramanzina sulla Divergenza.
“Sono un’Intrepida, giusto? Gli Intrepidi sanno combattere… come può quello che è appena accaduto con Luke e gli altri farmi scoprire?” ribatto io.
Tu non sei un’Intrepida qualsiasi.” Precisa “Prima te lo metterai in testa, più possibilità avrai di arrivare alla fine dell’iniziazione”.
“So di essere la migliore del corso, grazie tante”
“Non intendo questo. Anticipi le mosse dei tuoi avversari anche quando non li conosci, studi le tue con accuratezza una frazione di secondo prima di attuarle… e, diciamocelo, per quanto dure possano essere le ragazze di questa fazione, nessuna picchia forte quanto te!” risponde “non sei un’Intrepida qualsiasi.”
“Sì, lo so, sono una Divergente, e allora? Perché è così pericoloso esserlo?” scatto.
“Perché i Divergenti non possono essere controllati dal sistema, Isobel! E il tuo problema, è che non sei neanche una Divergente qualsiasi.
“Come fai a dirlo?” non riesco a trattenere la domanda.
“Perché lo sono anch’io. E non sono mai stato in grado di fare ciò che sai fare tu.”
Questo mette in dubbio ogni mia possibile teoria sul collegamento tra le mie capacità e la mia Divergenza.
“E anche se non ho inclinazione per l’eruditismo, sono abbastanza intelligente da capire che se già io sono in pericolo, tu sei a un passo dalla fossa” conclude.
Resto per qualche secondo a fissarlo, poi esco dalla porta e odo appena in tempo il suo avvertimento: “Sta’ attenta”.
 
È il primo anno che permettono agli iniziati transfazione di vedere i propri parenti due volte durante il periodo dell’iniziazione.
Non aspetto nessuna visita, perché non sono venuti a trovarmi nemmeno la prima volta, ed è questo il motivo per il quale quando mi sento chiamare sono completamente sorpresa.
Mi volto di scatto, perché ho riconosciuto la voce.
Peter.
So che non dovrei dimostrarmi attaccata alla mia famiglia, non lo sono davvero, ma con lui ho sempre avuto un rapporto particolare: è come se fossimo sempre stati una cosa sola, lo yin e lo yang.
Gli getto le braccia al collo e lui richiude le sue dietro la mia schiena, sorridendo.
“Scusa se non sono venuto l’altra volta” dice “ma i nostri… non me lo hanno permesso”
Non credo che si sia mai scusato con qualcuno prima d’ora, non credo che abbia mai parlato con qualcun altro come parla con me.
“Scommetto che mi considerano un’ingrata perché ho lasciato i Candidi” commento e lui fa spallucce.
“Possono dire ciò che vogliono, ma sanno che lo farò anch’io” confessa. “Sanno che ho sempre voluto essere un Intrepido. Saremo di nuovo insieme, te lo prometto Is.”
Sto per rispondergli, quando sento la voce di Luke alle mie spalle.
“È così ‘Cuore di Pietra’ ha qualcuno che considera importante. Questa è una notizia da prima pagina” mi prende in giro.
“Non dovresti essere da qualche parte a piangere per l’umiliazione che ti ho provocato ieri, Luke? O forse non ne hai avuto abbastanza?” ribatto sciogliendo l’abbraccio.
Non so perché non riesco proprio a trattenere le provocazioni.
“Non c’è bisogno di scaldarsi così tanto, non ho detto nulla di male… cosa c’è, coda di paglia?” continua a beffeggiarmi.
Avverto i muscoli di Peter tendersi, il suo corpo irrigidirsi.
Stringo la mia mano sul suo fianco, per fargli capire che non deve fare nulla.
“La coda di paglia è quello che hai tu ogni… fammici pensare… sì, ci sono. Ogni secondo della tua vita” rispondo.
“E dateci un taglio, voi due!”
La voce di Quattro riecheggia ancora una volta nell’aria.
“È arrivato l’angelo custode…” commenta con sarcasmo Luke.
Non ci vedo più dalla rabbia e con uno scatto mi porto avanti, pronta ad attaccare… ma Peter mi tiene ferma, la sua presa forte sul mio braccio.
Quattro si avvicina a me e sussurra:
“Non ne vale la pena.” Poi, a voce più alta “dovresti stare attento sai, Luke? Non ti conviene avermi come nemico. Porta un po’ più di rispetto.”
Lui fa una smorfia disgustata e va via.
“Quanto a te, sarà meglio che impari a controllarti, ragazzina”
Quattro è inquietante; è la prima volta che me ne rendo veramente conto e mentre lo osservo scomparire in lontananza, comincio a chiedermi cosa si nasconda dietro quella sua insormontabile corazza.
Perché sì, ogni persona che si circonda di una qualche barriera nasconde un animo diverso da quello che mostra al mondo intero: lo faccio io, lo fa Peter… e di sicuro anche Quattro ha qualche segreto alle spalle.
“Mi dispiace, Peter” mi scuso, tornando alla realtà.
“Non gli hai ancora spaccato la faccia?” mi chiede, la rabbia ben percepibile nel suo tono di voce.
“Non ne ho avuto l’occasione, per ora. È sempre riuscito a farla franca. Ma mai dire mai.” Rispondo abbozzando un sorrisetto malizioso.
“L’orario delle visite è finito!” annuncia all’improvviso Eric.
È come se il mio cuore si frantumasse: non voglio dirgli addio, ma devo farlo.
“Ascoltami, Peter. Non venire qui, non farlo! Scegli una fazione più tranquilla, resta tra i Candidi, non lo so, ma non venire qui!” esclamo. So che non gli farebbe bene lo stress dell’iniziazione, la situazione tra gli Intrepidi non farebbe che accentuare il suo lato peggiore.
“Che cosa? Sono nato per questa fazione, Isobel! E ora che tu sei qui, ho un motivo in più per venirci!” mi risponde e dal tono della sua voce capisco che non avrebbe alcun senso controbattere: ha già deciso e nulla gli farà cambiare idea.
“A presto, Peter” lo saluto abbracciandolo nuovamente.
Vorrei una vita diversa per lui, vorrei che conoscesse l’amore, che non restasse chiuso in quell’esistenza di odio e infelicità in cui è intrappolato.
E non so se gli Intrepidi possano offrirgliela… in realtà, non so se c’è qualche fazione che possa farlo.
Forse è proprio questo il problema: le fazioni.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Il Buio ***


Capitolo 4
Il Buio

 
 
 
 
Che cosa strana, il vuoto… ci finisci rapidamente e precipiti giù, giù e ancora più giù, senza sapere cosa aspettarti una volta che avrai toccato il fondo.
Quando Quattro mi inietta il siero, faccio appena in tempo ad udire il suo avvertimento: “mi raccomando”, dopo di che, il buio mi assale e precipito nell’oblio.
È tutto scuro attorno a me, tutto ciò che riesco a distinguere è… niente. Ho solo la consapevolezza di avere un pavimento sotto i piedi.
Avverto leggeri brividi di freddo, e mi sfrego le mani lungo le braccia, alla ricerca di calore, ma mi sforzo di evitare di controllare la simulazione modificando lo scenario a mio piacimento: Quattro non può eliminare sempre i miei nastri, desterebbe sospetti e non ho alcuna voglia di sorbirmi un’altra delle sue ramanzine.
Continuo a guardarmi attorno, ma non accade nulla, così decido di fare qualche passo in avanti e subito mi ritrovo appesa a testa in giù, vittima di una trappola, mentre la stanza prende luce.
Là dove prima c’era solo nero, ora riesco a vedere delle figure che mi osservano e mi scherniscono.
Li riconosco tutti: uno, è l’Escluso che ha tentato di abusare di me quand’ero piccola, poi ci sono Luke, Andrew e Martha che gioiscono per l’avermi finalmente catturata, e infine, due figure oscurate, che non hanno un volto ben preciso… i miei genitori, quelli biologici; quelli che mi hanno abbandonata, suppongo.
La rabbia monta incessante dentro di me, mentre i miei nemici si avvicinano armati di coltelli e asce.
Pensa, Isobel, pensa, ordino a me stessa, conscia di aver bisogno di una rapida via d’uscita.
Basterebbe… basterebbe spezzare la corda, ma come, se non posso far comparire un pugnale tra le mie mani, né far crollare la trave su cui è legata la corda?
Comincio a spingermi avanti e indietro, sfregandola sul legno, finchè non avverto l’aria sferzare le mie guance.
“Game Over.” Esclamo, rimettendomi in piedi e impugnando la corda che mi intrappolava, a mo’ di frusta.
Sorrido maliziosamente e ho giusto un secondo per godermi le facce spaventate dei miei aguzzini, prima di ritornare nella sala delle simulazioni.
Quattro mi osserva con un sorrisetto soddisfatto e mi aiuta a rialzarmi.
“Quanto ci ho messo?” domando.
“Cinque minuti. Ottimo lavoro” risponde lanciandomi un’occhiata complice.
Annuisco e sospiro. Ce l’ho fatta.
Mi dirigo verso l’uscita, ma proprio mentre sto per aprire la porta mi blocco, perché una domanda mi balza alla mente e non posso fare a meno di cercare una risposta rivolgendomi all’unica persona di cui mi fidi in questo posto.
“Come posso avere uno scenario se non ho alcuna paura?”
Quattro corruga la fronte.
“Non necessariamente le simulazioni ci mostrano cosa temiamo, ma sappi, che per quanto temeraria tu possa ritenerti, è impossibile che tu non abbia nessuna paura”
“Tu quante ne hai?” chiedo d’istinto, pentendomi subito di avergli posto questo quesito.
“Credo che questo vada al di là del rapporto iniziato-istruttore. Ora và” mi congeda freddamente e non posso far altro che lasciare la sala, un po’ delusa.
 
“Isobel!”
Una voce chiara e distinta giunge alle mie orecchie da non molto lontano.
Mi volto e noto che Mike sta correndo verso di me.
“Mike” lo saluto, senza entusiasmo.
“Com’è andata?” domanda.
“Hai buttato via un polmone solo per chiedermi se me la sono cavata in una stupida simulazione? Comincio a capire perché tu non abbia scelto gli Eruditi” lo canzono, cercando di sviare il discorso facendogli capire che non sono dell’umore di avere attorno nessuno, ma la sua espressione non fa altro che scatenare un attacco di risate e in quell’attimo, in quel piccolo istante in cui allento la presa su di me, mi sento di nuovo la ragazzina che passava ore a giocare con lui e Christina, quella bambina senza pensieri che aveva una cotta segreta per il suo migliore amico.
“Oh Iz, sei sempre così gentile” mi ringrazia ridacchiando.
Non appena la ridarella cessa, domando cos’aveva davvero intenzione di chiedermi.
“Solo proporti una cosa” confessa entusiasta.
“E cioè?” lo incalzo io, con impazienza... Mike è pur sempre una delle poche persone che conosco da tutta la vita, è normale che mi interessi a lui e a ciò che vuole da me, giusto?
“Che ne dici di fare un tatuaggio?”
Scoppio di nuovo a ridere.
“Un tatuaggio, seriamente?”
“Tutti gli Intrepidi ne hanno uno!” esclama in sua difesa, arrossendo leggermente.
“E cosa vorresti farti disegnare? Un coniglietto rosa per rivelare la tua vera, tenera essenza?” continuo a sfotterlo, e lui sta al gioco.
“Magari una volpe, sai, le volpi sono furbe” mi corregge, sogghignando.
“Io propongo di procurarci una fetta di Dauntless Cake” ribatto, decisa.
“Certo, ma dopo che avremo uno stupendo tatuaggio!” concede, restando impuntato su quello che è probabilmente il primo capriccio della sua vita, dopo il buco all’orecchio.
“Se proprio insisti…”
 
Cinque minuti dopo, siamo già allo studio, che risulta essere pressoché vuoto.
“Hai visto? Non c’è nessuno, Mike. È un segno!” esordisco, cercando di far leva sul suo buon senso, ma proprio nel momento in cui lui apre la bocca per dar voce alla sua risposta, udiamo la voce di una donna provenire da dietro una porta ai lati del bancone.
“Arrivo subito ragazzi!”
Dannazione; con il piercing al naso e quello all’orecchio, mi ci manca solo il tatuaggio per sembrare una delinquente!
Beh, questo è quello che direbbe la mia madre adottiva, almeno.
A me i tatuaggi piacciono.
“Salve ragazzi!” esclama la donna, sembra molto giovane.
Ha lunghi capelli neri e corvini e il viso segnato che hanno le persone che si portano grandi sofferenze sulle spalle.
“Io sono Tori” si presenta e noi facciamo altrettanto, stringendole la mano.
“Isobel”
“Mike”
“Bene. Tatuaggio o piercing?” domanda.
L’ultima volta che sono stata qui, lei non c’era… chissà che fine ha fatto Greg, il ragazzo che mi ha fatto i piercing.
Magari è in vacanza.
“Tatuaggio!” strepita Mike, esibendo uno dei più entusiasti sorrisi che abbia mai visto dipinto sul volto.
“Entrambi?”
Si volta a guardarmi… avverto il luccichio nei miei occhi come se potessi specchiarmi nelle pupille di Mike.
“Entrambi.” Conferma lui, capendomi al volo.
Mentre Tori è impegnata a tatuare la schiena del mio amico di infanzia, cerco di schiarirmi la mente e delineare il mio, di tatuaggio.
Decido di abbandonarmi, di lasciare che la matita tracci da sola il suo disegno e, una volta ultimato glielo porgo e intimo a Mike di non sbirciare: abbiamo deciso di mostrarceli solo dopo aver superato l’iniziazione.
“Perfetto, a lavoro allora!” esclama Tori, invitandomi con un gesto della mano a prendere posto sulla sedia dove fino a pochi minuti prima sedeva Mike.
“Dove lo facciamo?” mi domanda e ho bisogno solo di un secondo per prendere la mia decisione. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Problemi ***


Capitolo 5
Problemi

 




 
 
Eric mi squadra furtivamente, gli occhi socchiusi, come se stesse pensando al modo migliore per schiacciarmi, per scuoiarmi viva.
“Sai, forse dovresti imparare a controllarti” dice con voce pacata, ma questo non fa che renderlo ancora più inquietante.
“Se Luke non fosse…” provo a controbattere, in tono di sfida, ma non mi lascia parlare.
“Se Luke non fosse niente. Gli scontri tra gli iniziati sono vietati al di fuori dell’addestramento.”
Lancio uno sguardo d’odio verso Luke, seduto proprio accanto a me, alla mia destra, che si fissa le unghie con finta aria innocente.
È stato lui a cominciare, quella gamba rotta se l’è meritata; a questo punto avrebbe dovuto capire che aggredire Mike vuol dire aggredire me, e che non gli avrei mai permesso di fargli del male.
“Vorrei dire che mi dispiace, ma sarebbe una bugia” rispondo gelida al suo sguardo da ‘chiedi subito scusa’, neanche avessimo cinque anni!
“Nostalgia di casa?” domanda con un sorrisetto calcolato e io gli rivolgo il più provocatorio dei miei.
“Se vuoi, ti posso mostrare quanta”
“Mi stai sfidando?” boccheggia tra lo sgomento e la sorpresa, sbattendo ripetutamente le palpebre, incredulo.
Tu, sciocca iniziata, osi sfidarmi?” ripete gelido.
“ORA BASTA! Basta.”
La voce di Quattro invade la stanza, e a giudicare dal suo tono, non so dire se avrei preferito continuare ad affrontare Eric, piuttosto che lui; una volta che mi avrà tirata fuori di qui, sono sicura che sarà il suo turno.
“Oh, bene! È arrivato il difensore dei deboli!” lo schernisce Luke, sogghignando.
Quella frase fa scattare me, al posto di Quattro.
Mi alzo e sbatto le mani sul tavolo, ma il mio istruttore si avvicina prontamente a me, e mi spinge a sedere con decisione.
Debole, io?
Vorrei oppormi, ma la forza e la sicurezza con cui mi ha toccato la spalla mi costringono a non farlo.
“Ah, l’amore” commenta di nuovo Luke, sospirando divertito.
Mi volto di scatto verso di lui e lo fulmino con lo sguardo e anche se vorrei ucciderlo, so che devo stare ferma e mi rivolgo di nuovo ad Eric.
“So che è il tuo pupillo, ma se ci tiene alla sua pelle, dovrebbe tenere un po’ quella boccaccia chiusa!” sibilo a denti stretti.
“Andiamo, andiamo! Era solo un po’ di ironia! A meno che…”
Sento Quattro muoversi al mio fianco, come se stesse per parlare, ma decido di anticiparlo.
“Non dirlo. Non osare dirlo neanche per scherzo!”
“Sei in quella stupida fase durante la quale le persone rifiutano di accettare che sono innamorate di qualcuno che non potrà mai ricambiarle?” mi canzona, palesemente compiaciuto.
La rabbia mi annebbia la mente; afferro il pugnale che Eric tiene sulla sua scrivania e glielo lancio contro, in modo da farlo conficcare esattamente a due centimetri da lui.
Sgrana gli occhi e mi fissa con un misto di stupore e odio; percepisco Quattro irrigidirsi.
“Mai, mai parlare di me come se potessi provare dei sentimenti del genere” sibilo adirata.
Eric estrae il coltello e si avvicina lentamente a me; me lo punta alla gola.
“Come ti ho già detto, dovresti imparare a controllarti” scandisce le parole, sinonimo di minaccia.
Dilato le narici, per cercare di placare il mio istinto che mi urla contro di reagire.
Quattro si avvicina a Eric e afferra il suo braccio, allontanandolo da me assieme al pugnale.
“Ci penso io, a lei” lo informa, sfidandolo con lo sguardo.
Non è una richiesta, lo fa capire tutto il suo corpo.
Si volta e mi spinge verso l’uscita, ma proprio nel momento in cui sta per chiudere la porta, si sente la voce di Eric, che lo avverte: “Stai attento a ciò che fai.”
 
Quattro è probabilmente l’unico ragazzo che si porta una persona dell’altro sesso in camera per sgridarla, anziché per farsela.
“Ti è dato di volta il cervello??” mi grida contro.
“Probabilmente” rispondo con calma, ormai rassegnata.
Mi appoggio con la schiena e una gamba al muro e incrocio le braccia. Credo che ne avremo per molto.
Si porta le mani in fronte e poi colpisce il muro con un pugno.
“Dannazione, Isobel! Non fai altro che mostrare quanto tu non possa essere controllata!”
“Ma io non posso essere controllata. E sai perché, Quattro? Perché non voglio che mi controllino. Non centra nulla con la storia della divergenza, chiunque là fuori potrebbe comportarsi come me, se lo volesse!!” ribatto decisa.
“Nessuno là fuori lo farebbe, perché il sistema fa paura, Isobel. I divergenti muoiono quando vengono scoperti; i ribelli, muoiono quando contrastano le autorità! Non essere la prossima, non ho voglia di dover venire al tuo funerale!”
“Allora non farlo!!! Smettila di provare a proteggermi, non ne ho bisogno!”
Quattro sospira e si lascia cadere su una sedia.
“Perché hai rotto la gamba a Luke? Potevi metterlo KO anche senza fargli così male, ti conosco” domanda dopo qualche minuto di silenzio.
“Ha aggredito Mike” rispondo istintivamente, ma poi me ne pento perché nessuno deve sapere che tengo a lui, che tengo a qualcuno.
Vedo il mio istruttore inarcare un sopracciglio.
“Credevo non avessi attitudine per gli Abneganti” commenta confuso.
“Infatti.” Rispondo freddamente.
“Eppure questo è esattamente ciò che farebbe un’Abnegante… sacrificarsi per il bene di qualcun altro” insiste Quattro.
“Che ne sai tu di come si comporterebbe un Rigido?” sbotto stizzita.
Rigidi. È così che li chiama Peter.
Ma nell’istante in cui pronuncio quelle parole, nel vedere l’espressione  e il viso di Quattro sbiancare, la risposta si mostra da sola ai miei occhi.
“Perché sei un trasfazione. Eri un’Abnegante, vero?” chiedo cautamente, azzardando un passo verso di lui, che mi fa cenno di sedermi sul letto.
Si trascina con la sedia, in modo da ritrovarsi a pochi centimetri da me e mi guarda dritto negli occhi.
“Quando dico qualcosa, vuol dire che so di cosa sto parlando. Per una buona volta, fa’ ciò che ti viene detto” mi consiglia, ponendo enfasi su ogni singola parola da lui pronunciata.
La potenza del suo sguardo, della sua voce, in questo momento, è tale da farmi sentire un’idiota.
Annuisco e lui sospira, rilassando i muscoli; forse dovrei andar via a questo punto, dovrebbe finire qui la strigliata.
Sto per domandargli se posso tornare ai dormitori, quando apre di nuovo la bocca.
“Perché ti comporti così? Perché allontani la gente? Sono sicuro che tu non sia così insensibile come vuoi far credere”
“Quante paure hai?” rispondo con un’altra domanda; se vuole che io mi apra con lui, deve fare altrettanto: è l’unico modo che ha per conquistare la mia fiducia.
Mi guarda di sottecchi per qualche secondo, poi sorride rassegnato.
“Quattro.”
Ma certo: nessuno sano di mente si sarebbe dato da solo un nome del genere!
“Perché le persone portano solo guai” confesso, capendo che è il mio turno.
“Ma qualche amico bisogna averlo sempre” mi fa notare.
“Io ho Mike. E Peter e Christina. Non basta?”
“Loro non sono qui. E Mike ti vede come più di un’amica” dichiara più che convinto.
“Ma cosa..?”
“Lo so che lo hai capito anche tu, non fare la finta tonta.”
Alza gli occhi al cielo.
“Ho provato.. ho provato a fargli capire che non posso amare qualcuno, non ci riesco” cerco di giustificarmi, ma Quattro sorride e mi interrompe.
“Premettendo che tutti sono in grado di amare e tutti possono permetterselo, ma che al massimo non vogliono, come te, come me… non devi per forza ricambiare un sentimento”
“Lo so… come so che non posso non volere bene ai miei genitori adottivi nonostante mi abbiano sempre detto che mi tenevano con loro solo per pietà”
Sento le lacrime pungermi gli occhi, ma le ricaccio dentro.
“Forse è arrivato il momento che io vada via” mormoro e mi precipito verso la porta.
“Magari fossi stato adottato anch’io” sussurra Quattro.
Resto impietrita, con la mano ancora sulla maniglia, immobile.
“Come?” boccheggio voltandomi verso di lui.
“Vieni con me, ti faccio vedere una cosa.”
Mi prende per mano e mi trascina dietro di sé, finchè non raggiungiamo una stanza vuota all’interno del Quartier Generale degli Intrepidi.
Corrugo la fronte, confusa dall’unico oggetto presente nella stanza.
“Ma… cosa…?”
Quattro apre la bocca per rispondermi, ma poi mi trascina improvvisamente via, in un angolo, sovrastandomi col suo corpo.
Non ho immaginato quei rumori.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Lo Specchio ***


Capitolo 6
Lo Specchio



 
 
 
L’eco prodotto dal rumore delle scarpe a contatto col suolo rimbomba nell’aria.
Quattro si porta un dito sulle labbra, facendomi segno di stare zitta.
I passi sono pesanti e profondi, cosa che mi fa capire a chi appartengono: sono di Eric e, poco più leggeri, avverto quelli di Luke.
Il fatto che sia il pupillo del nostro capo fazione, gli permette di ricevere cure speciali, come i sieri degli Eruditi… forse dovrei spaccargliela di nuovo, quella gamba.
Seguo con lo sguardo le loro ombre, quando, arrivati proprio dinnanzi la porta della stanza in cui siamo il mio istruttore ed io, si fermano.
“Ti ho già detto come la penso, Luke” dice Eric, con voce un tantino stizzita.
“Quella ragazzina non può essere una Divergente! È solo stupida!” controbatte Luke.
Quattro ed io ci scambiamo un’occhiata.
“Vuoi sapere cosa credo stia succedendo? Che tu stia cominciando ad interessarti a lei! Cosa c’è, ti piace che sia una tipa tosta? Ti eccita questo?” lo provoca il nostro capo-fazione.
Luke reagisce con una sonora risata, ma quando capisce che il suo ‘protettore’ è totalmente serio si interrompe bruscamente.
Posso immaginare il volto di entrambi in questo momento.
Quello di Eric, inflessibile e minaccioso, e quello di Luke, a metà tra il disgustato e l’indignato.
“Ma vorrai scherzare! Fosse per me, lei sarebbe già morta” sputa Luke, con tutto il veleno che ha in bocca… posso percepire il suo odio nei miei confronti persino da qui, senza vederlo in faccia, nonostante le loro voci siano affievolite dalle mura che ci separano.
“Oh, lo sarà. E forse anche per merito tuo, se farai quello che ti ho chiesto” prosegue imperterrito Eric.
“Per il primo posto, farei questo ed altro” assicura Luke; sono convinta che i suoi occhi stiano luccicando di eccitazione in questo momento.
“Potrebbe essere la mia occasione non solo per far fuori un Divergente e ottenere ciò che voglio, ma anche quella per liberarmi di quell’idiota di Quattro per sempre.”
E anche quelli di Eric.
“Quattro? Non credo sia un Divergente anche lui” commenta Luke, ora un po’ confuso.
“No, nemmeno io. Ma ho come la sensazione che lui la stia proteggendo. Tu pensa ad eseguire il compitino che ti ho assegnato, non ti è dato sapere altro” lo liquida Eric, e poi il rumore dei passi riprende, affievolendosi fino a scomparire.
 
Quattro si allontana da me e mi volta le spalle; resta in silenzio per qualche minuto ed io faccio altrettanto.
“Ti avevo avvertita” sibila con rabbia, stringendo i pugni.
“Non hanno alcuna certezza. Però tu, smettila di fare l’eroe, non voglio avere nessuno sulla coscienza” rispondo, sinceramente calma.
“Ma ti importa almeno un po’ della tua vita?!” sbotta lui, correndo verso di me e sbattendo i pugni al muro, ai lati del mio volto.
Per un momento ho pensato volesse picchiarmi; sussulto, per la sorpresa.
“Relativamente”
Quattro sospira, cercando di riacquistare il controllo.
“Vieni, ti mostro la ragione per cui ti ho portata qui” dice poi, indicandomi quello strano oggetto.
“Cos’è?” domando, con l’interesse finalmente riacceso.
“Ora lo vedrai.”
 
Quattro agguanta la tela che ricopre il misterioso arnese e la tira via.
Inarco un sopracciglio.
“Uno… specchio?!” biascico perplessa.
Lui ridacchia per un attimo e poi ritorna subito serio.
“Trova un punto in cui puoi osservare l’immagine riflessa nello specchio senza che compaia anche la tua figura” ordina.
Mi chiedo se sia impazzito.
“Sei ubriaco?” chiedo esitante, ma lo sguardo che Quattro mi rivolge mi spinge a non porgli altre domande e a fare ciò che mi ha chiesto.
“Non giudicarmi troppo” si raccomanda e per un istante mi chiedo se non abbia intenzione di spogliarsi.
Ma poi la vedo; gradualmente, prende forma un’immagine scura e alquanto inquietante: una casa in fiamme, un uomo steso per terra. Il grigio sopraffatto dal fuoco.
“Quattro…” mormoro con voce tremula.
“Cosa mostra questo specchio?”
“Il nostro desiderio più intimo” confessa lui, sedendosi in ginocchio e portandosi le mani sul volto.
Vengo percorsa da un brivido ma poi traggo un respiro e mi avvicino a lui, prendendo posto alla sua sinistra.
“Quella è casa tua?” chiedo cautamente.
Lui annuisce.
“E quello è…”
“Mio padre. Sì.”
A questo punto, Quattro si volta verso di me e mi guarda; ha gli occhi lucidi.
“Cos’è successo tra di voi? Perché desideri che… beh, lo sai” lo esorto a parlare.
Cosa può avergli mai fatto?
“Non me ne sarei andato, dagli Abneganti, se non fosse stato per lui. È uno dei pezzi grossi lì, sai… si presuppone che debba essere impeccabile, a capo di tutto il nostro governo! Ma io sapevo la verità e dovevo allontanarmi da quell’inferno il più possibile. Alcune volte, nei miei incubi, sento ancora il bruciore causato dal contatto della sua cinta con la mia schiena, la sua voce che ripete ‘è per il tuo bene’. E lo rivivo ogni volta che attraverso il mio scenario della paura.
Quattro. Quattro paure, e tutte collegate a lui.”
Mi ricordo solo ora di respirare.
“No.” Rispondo, dopo qualche attimo di silenzio.
“No, Quattro. Non ti giudico affatto”
Il mio sguardo è fisso e sicuro su di lui.
Lui alza il volto verso di me, punta i suoi occhi nei miei e mi accarezza la guancia: sono indecisa se ritrarmi o meno; ma scelgo la seconda opzione.
“Vuoi vedere il tuo desiderio più nascosto?” mi chiede.
Esito per un istante, ma poi annuisco.
Ci alziamo in piedi e Quattro si allontana.
Accade tutto in una frazione di secondo: un bagliore azzurro, un paio di occhi.
È tutto ciò che vedo, perché mi allontano immediatamente dallo specchio, portandomi le mani al petto, in preda all’affanno.
Quegli occhi non li dimenticherò mai.
 
Esco in fretta dalla stanza e comincio a correre, la voce di Quattro che mi chiama sembra appena un bisbiglio.
Ho bisogno di sentire il vento in faccia, prepotente, violento, che quasi mi ferisce.
Ho bisogno di sostituire il dolore ai miei pensieri, pensieri che troppo tempo ho soppresso.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Come Il Mare ***


Capitolo 7
Come Il Mare
 
 
 
 



 
 
Tick. Tick. Tick.
Apro gli occhi e resto immobile nel letto per diversi istanti.
Tick. Tick. Tick.
Il rumore continua, così mi avvicino alla finestra, sono certa che proviene da lì.
Vedo l’ombra di un oggetto piccolo urtare contro il vetro e ricadere per terra, poi apro un’anta e mi sporgo un pochino.
“Peter! Che ci fai fuori casa?” sussurro, gettando una rapida occhiata alle mie spalle per assicurarmi di non aver attirato l’attenzione dei nostri genitori.
“Vado a fare un giro. Vuoi venire?”
“Sei impazzito? Non possiamo uscire di notte!”
Immagino la reazione di mamma e papà se venissero a saperlo; ci metterebbero in punizione per tutta la vita.
“Non dobbiamo dirglielo” insiste lui, “dai solo una breve passeggiata. Voglio vedere la recinzione”
“E se gli Intrepidi ci beccano?”
“Mentiamo. Diciamo che un gruppo di Esclusi ci hanno rapiti. Dai, forza! Non fare la guastafeste”
Sbuffo rassegnata, far cambiare idea a Peter è impossibile.
Apro completamente la finestra e salto giù.
Cinque piani, neanche un graffio; atterro in piedi, sotto lo sguardo incredulo di mio fratello.
“Ma come diavolo fai?”
“Magia” lo sfotto, scrollando le spalle e ridendo di sottecchi; prenderlo in giro è divertente, anche se sono l’unica a poterselo permettere.
Sbuffa e mi incita a seguirlo, così alzo il passo per stargli dietro.
“Ho come l’impressione che stiamo per metterci nei guai. In un mare di guai. Brutti guai” commento, anche se l’idea di andare alla recinzione mi affascina e non poco.
“Non gufare. Non ci vedrà nessuno, se stiamo attenti”
Lo sguardo di Peter è acceso dall’adrenalina; lui è più imprudente di me, lo è sempre stato, quindi immagino che dovrò tenere d’occhio io la situazione.
Evitiamo almeno cinque Intrepidi, contando solo il gruppo di pattuglia che abbiamo visto all’andata.
“Vuoi scavalcare?” chiedo, io lo farei.
“Adesso chi è la pazza?” mi schernisce, carpendo tuttavia le mie intenzioni.
Si dice che fuori dalla recinzione ci sia solo una foresta e che alla fine di quest’ultima non vi sia nulla.
Balle, secondo me.
Mi mordicchio il labbro inferiore, non sono mai stata così vicina alla verità in vita mia.
“Forza, ora torniamo a casa, Is” dice Peter, ma non mi muovo di un passo.
Sto per arrendermi e tornare indietro, quando lo vedo.
“C’è qualcuno, lì!” esclamo, scrutando un ragazzino biondo al di là della barriera.
Si volta, perché mi sente e mi guarda confuso: ha gli occhi più azzurri che abbia mai visto.
Fa un cenno della mano e mi saluta, così ricambio e gli sorrido.
Ha i lineamenti di un angelo e il fisico troppo scolpito per l’età che dimostra; non sarà più grande di un anno di me.
Il suo corpo è sporco di terra e pieno di tatuaggi neri, tanto che all’inizio penso sia un Intrepido.
Gli Intrepidi possono uscire dalla recinzione? Immagino che lo scoprirò quando sarò una di loro.
Oppure, c’è un’altra comunità di fazioni dall’altra parte? E se è così, perché tenerci divisi?
“Isobel, non c’è nessuno lì!”
Peter mi strappa dai miei pensieri e mi riporta alla realtà.
“Sì, eccolo, è proprio accanto all’albero” continuo, ma il ragazzo mi sorride e mi fa un occhiolino, poi salta su un albero e sparisce.
“Andiamo a casa” ripete Peter, tirandomi per il braccio e facendomi muovere da lì.
 
È il decimo giorno che torno di nascosto alla recinzione; non l’ho detto neanche a mio fratello, perché si innervosisce quando parlo di Occhi Blu.
È così che ho deciso di chiamarlo, visto che non so qual è il suo nome.
Spero di rivederlo, ovviamente, ma finora non è mai successo; ho deciso che sarà l’ultima volta che ci provo, forse Peter ha ragione, l’ho solo immaginato.
Aspetto seduta di fronte alle grate per un paio di ore, non voglio rassegnarmi, ma ormai è evidente che il ragazzo biondo è stato solo frutto di un’allucinazione.
È proprio quando mi alzo per andar via che sento una voce profonda alle mie spalle.
“Aspetta. Tu mi puoi vedere. Lo so, me ne ricordo”
Sorrido. È qui. Non mi ero sbagliata.
I suoi occhi azzurri mi scrutano curioso, sono intensi come il mare.
“Ne parli come se fossi l’unica a poterlo fare”
“Non l’unica, ma una dei pochi, quando ho questo” spiega, mostrandomi uno strano tatuaggio.
Deve avere qualche rotella fuori posto, o magari ha bevuto.
“Come ti chiami?” chiede, sedendosi dall’altra parte della recinzione, proprio di fronte a me.
“Isobel. E tu?”
“William. Ma puoi chiamarmi Will. Perché vivi nella ‘gabbia’?”
“Non posso uscire. E poi è sempre meglio del vivere nei boschi” obietto un po’ offesa.
Cosa vuol dire ‘gabbia’?
“Ma io non vivo nei boschi. Ho una casa, in città”
“Vuoi dire che c’è un’altra città dopo il bosco? Sei un Intrepido?” indago, bramando informazioni.
“Sono coraggioso e forte, sì” conferma, sorridendo.
È davvero bello.
“E i tuoi capi-fazione ti lasciano venire qui?”
Will corruga la fronte.
“Capi-fazione? Sei una ragazzina strana”
“Non più di te” ribatto, indicando con lo sguardo le strane armi luminose che tiene appese in diversi punti dei suoi vestiti.
“Se devo combattere, queste mi servono” mi fa notare, ma non capisco per quale motivo un quattordicenne dovrebbe lottare, né contro chi.
Forse ci tengono separati perché nell’altra città c’è una guerra in corso. Ma da tanto tempo?
Per quanto ne so, la recinzione esiste da decenni.
Forse da loro il conflitto non è mai finito.
Mi rendo all’improvviso conto che il sole sta sorgendo e sbianco.
“Io... devo andare”
“Non puoi stare qui, non è vero?” domanda, lo sguardo un po’ triste.
Io annuisco, anche io vorrei restare lì a parlare, conoscerlo meglio, sapere del posto in cui vive.
“Ti rivedrò?”  c’è speranza, nella sua voce.
“Se riuscirò a tornare. È stato un piacere conoscerti, Will”
Vorrei stringergli la mano, ma non è possibile con la barriera, così mi limito a posarvi sopra le dita e lui fa altrettanto, facendo entrare in contatto la nostra pelle.
Sorrido e lo saluto, poi corro via.
Questa volta finirò in guai seri.








Angolo Dell'Autrice.


Ehilà!
So che starete pensando 'chi non muore si rivede',
ma sono di nuovo qui, con un altro capitolo della mia
storia. Finalmente aggiungerei, non aggiorno da una vita!
Vi chiedo scusa, ma quest'inverno non ho avuto molto tempo.
Cercherò di farmi perdonare, comunque.
Vi ho rivelato di chi sono gli 'occhi blu', siete contenti?
Avete già cominciato a fare delle congetture? 
Eheheh, ne saprete di più in seguito.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere
se vi va!
Alla prossima,

Bell.

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