Do or Die

di S p e n c e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Looking backwards ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***



Capitolo 1
*** Looking backwards ***


Looking backwards


"RICORDARE: Dal latino re-cordis, ripassare dalle parti del cuore."
-Eduardo Galeano


-8 years ago.

«Tuo zio è a casa preoccupato per te.»
«E ti ha mandato qui lui? Sarà pure lo sceriffo ma non ha coraggio.»
«Mercille..»
«Non.. iniziare, per piacere.»
«No, non ti farò quelle solite prediche che tu ascolti sempre ma.. vuoi davvero questo? Vuoi rovinarti così a soli sedici anni?»
«Non sono affari tuoi.»
La ragazza si strinse in un abbraccio solitario, osservando l'uomo davanti a lui. L'aveva trascinata fuori da quella discoteca come se fosse suo padre, l'aveva portata via da quella lurida discoteca piena di ragazzi eccitati e poco sicuri da cui sicuramente sarebbe uscita non in buone condizioni come le sue compagne di college che l'avevano invitata a quel ventunesimo facendola passare con un documento falso.
«Allora pensa a te, io so cosa vuoi diventare e questo non è il modo giusto, cosa hai fatto al labbro?»
Mercille si coprì la bocca velocemente, finendo poi per pulirsi il labbro dal sangue ch le era colato dal piccolo taglio che si era procurata a inizio serata, alzò lo sguardo verso l'uomo, l'unico che forse l'aveva veramente aiutata a superare quello che era successo tre anni prima, aveva ancora paura della vasca da bagno e di addormentarsi, ma aveva imparato come affrontare i suoi attacchi di panico la maggior pare delle volte.
«Purtroppo non sono in quel 9% di ragazzi che tornano a casa senza un graffio dalle loro uscite. Ho colpito una ragazza, mi aveva tirato per i capelli per andare avanti e lei ha risposto con un pugno. Niente di che, sono forte e lei è scappata a gambe levate dopo che le ho staccato una extenion.» sussurrò appena, cercando di mettere una falsa sicurezza nelle sue ultime parole, seppure fosse gracile la ragazza sapeva perfettamente come non farsi battere, era una di quelle poche cose che le aveva insegnato suo zio Leroy.
L'uomo sbuffò impercettibilmente, portando una mano sulla fronte mentre osservava la ragazza, non sapeva più cosa inventarsi con lei, seppure non fosse una sua parente si era particolarmente affettata e sapeva che possedeva un potenziale immenso sempre in piena crescita eppure in quell'ultimo periodo aveva deciso di ribellarsi, di trasgredire tutte quelle regole che il suo tutore le aveva imposto per tenerla al sicuro e farle portare avanti i suoi sogni che sicuramente l'avrebbero riempito d'orgoglio.
«Ma intanto quel graffio rimarrà lì per un bel po'. Non diventerai mai un profiler se ragioni con le mani Mercille, impara a usare  quel gran cervello che hai prima di passare alle maniere forti. »
«Lo sto facendo! L-lo sai che sto studiando duramente!»
L'irrigidirsi della ragazza gli fece trattenere un sorriso, stava scatenando in lei l'esatta reazione ce voleva e il suo modo di urlargli quelle parole confermarono le sue teorie ma non si fermò, continuò con quelle parole ritornando all'attacco.
«Balle, lo studio non ti serve con gli strumenti che hai, non sai ragionare per quanto adulta tu sia già e questo non ti porterà lontano. Ora vieni in macchina, ti accompagniamo a casa.»
«Non ci pensare neanche. Vado a piedi e non ti preoccupare, la strada che farò io non ha nessuna percentuale di omicidi o stupri.» Detto questo la ragazza lo osservò cercando di non far trasparire nessuna emozione positiva verso lui, sul suo viso riusciva a trasparire solo un sorrisetto sghembo che poteva essere benissimo preso come un saluto o un segno di sfida e finì per guardare un attimo intorno a lei: le luci della discoteca che si accendevano ad intermittenza abbagliando  la grande porta di vetro del locale, i ragazzi che uscivano da questa accompagnati da qualche amico sottobraccio  che invano cercava di invitare l'altro a far espellere gli alcolici in corpo, alcuni che tentavano di approcciare ragazze appoggiate alla macchina e infine un SUV nero parcheggiato circa a quindici metri di distanza da lei, la solita macchinona degli FBI ormai impossibile da non identificaree tentò di osservare oltre a quei vetri scuri ch sicuramente, dovevano nascondere un'altra persona, sentendosi osservata.
Spencer Reid, per un istante pensò di aver incrociato quei grandi occhi marroni che spiccavano tra tutta la folla davanti alla macchina, seduto al posto del passeggero mentre aspettava il ritorno del suo collega l dottore tentava di capire di più di quella ragazza, non sembrava appartenere a quel posto nonostante il vestiti, l'aria era troppo sveglia, il suo sguardo apparteneva a un mondo che lui in parte conosceva.
Tempo dieci secondi e quel colore riflesso nel suo scomparve lasciando il vuoto mentre la porta del posto di guida si aprì e si chiuse all'istante lasciando il posto a una risata trattenuta troppo a lungo. Il Dottor Spencer Reid osservò curioso la persona accanto a lui.
«Tutto apposto Gideon?» chiese lisciando con ambedue le mani i pantaloni scuri che indossava.
«Potrei dire di si. Sai Spencer, penso che in un futuro non molto lontano potrai trovare pane per i tuoi denti.» sbottò il suo maestro, facendo assumere al ventitreenne un'espressione ancora più curiosa e le sue mani si fermarono all'istante, la lingua si trovò ad inumidire la bocca cercando di decodificare la sua frase, il suo sorriso divertito mentre guidava.
«Ovvero? N-non riesco a capire.»
«Dai tempo al tempo figliolo, capirai.»

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Capitolo 2
*** Chapter 1 ***


Chapter 1


 


"Alcuni cambiamenti sono così lenti che non te ne accorgi, altri sono così veloci che non si accorgono di te"
-Ashleigh Brilliant



"Got me so high, and then she dropped me
But she got me, she got me, she got me bad
Took me inside and then she rocked me
She keep up all night, this is what it sounds like
"

 Il ritmo la stava prendendo, inutile dirlo. La calmava o almeno, distoglieva i suoi pensieri da quella stupida ansia che per tutta la notte non l'aveva fatta dormire.
«Puoi smettere di tamburellare le mani? Mi innervosisci.» L'uomo le tolse una cuffietta per parlare e la musica sparì dalla sua testa facendola ritornare alla realtà.
«Non tamburello, tengo il tempo, Mick. » Sussurrò la ragazza mentre sul suo volto si dipingeva un sorrisetto ironico, conosceva abbastanza il suo oramai non più compagna di squadra sapeva benissimo quanto si innervosisse quando lei lo prendeva in giro.  Erano come cane e gatto, si divertivano a stuzzicarsi a vicenda nonostante Mercille  lo considerasse come un fratello maggiore.
«Ti stacco le dita. Lo so che fai così, lo sei anche tu.» Disse lui stizzito e lei si morse la lingua, consapevole che lui stesse dicendo la verità.
«Touché»- a quel dire si tolse la cuffietta nell'orecchia sinistra on un leggero sorriso e lo osservò da sopra gli occhiali da sole, tentando un sorriso che si rivelò una strana distorsione del viso che fece ridere l'uomo accanto a lei, Mick si ritrovò a scompigliarle i capelli facendola mugugnare. - «Non i capelli! Non toccarmi Mick! Lo sai che mi da sui nervi!» urlacchiò, ma resasi conto che quello non era il momento di fare la bimba, velocemente la ragazza ritornò alla sua normale posizione. Si tolse le cuffie , ficcandole nelle tasche con la speranza di non perderle come al solito e per poi trovarsi a  mangiucchiare nervosamente l'unghia del suo indice destro. Solo in quel momento si era resa conto che oggi avrebbe lavorato con un'altra squadra, la stessa squadra del suo maestro, dell'uomo che non vedeva più fisicamente da circa sette anni prima. "Il ricordo di stanotte" si, aveva sognato la prima e l'ultima volta che era entrata in una discoteca.
«Te le rovini così.» Mick la destò dai suoi, sembrava suo zio in quel momento e non uno dei suoi migliori amici.
 «Non ci posso fare niente, sono in ansia, tremendamente in ansia e questo dannato ascensore non mi aiuta!» Mugugnò dimostrando una pura dose della sua infantilità. Non che lo fosse così tanto, ma con i suoi 24 anni di certo Mercille Travis non aveva lasciato ancora perdere quei piccoli modi di fare da adolescente/bambina che tutti avevano posseduto.
«Ora, sii sincera con me. Perché hai accettato questo trasferimento in questa squadra?» Domandò guardando direttamente Mercille che a quella domanda si ritrovò a mangiucchiarsi la stessa unghia di prima.
«Perché erano ordini superiori, perché Fickler mi avrebbe rovinato la carriera e poi.. lo sai. Non parliamo di queste cose.. ti prego. Mi è bastata l'e-mail di mia sorella per rovinarmi la giornata, vuoi peggiorare?» Sussurrò alla fine la ragazza aggiustandosi gli occhiali da sole. Aveva detto solamente una volta perché aveva accettato la proposta o meglio, l'ordine di Fickler e certamente non l'avrebbe più ripetuto, cosa che a Mick faceva abbastanza ridere  come quando parlava della sorella maggiore, rileggendo quelle e-mail ad alta voce cercando di imitare il tono autoritario e severo che lei non sopportava minimamente. Bastava una sola lettera elettronica della parente per vedere sul suo viso un sorriso tirato e doveva aggiungere anche quella giornata particolare, il suo trasferimento e la paura immensa di non riuscire ad adattarsi al nuovo gruppo e lei stessa gli trasmetteva quelle paura, lo faceva stare in ansia per lei perché la ragazza accanto a lui non solo era una sua collega ma, rappresentava anche una delle poche persone a cui teneva  abbastanza e soprattutto le appariva un po' come la sua allieva e indispettirla gli piaceva da matti.
«Lo sai che basta un fischio e io correrò subito da te, vero? Tutti noi correremo da te.» sussurrò l'uomo , esprimendo parole che sapevano di puro affetto e questo fece sorridere Mercille che abbassando la testa nascose un leggero sorriso. Gli dispiaceva lasciare la sua prima squadra, quella che era stata per un intero anno e cinque mesi la sua famiglia.
 
 
Derek Morgan, seduto alla sua postazione nel bureau dell'unità di analisi comportamentale sfogliava silenziosamente una cartellina. La cartellina, quella che JJ aveva consegnato a inizio mattina a tutti i componenti della loro squadra contenente tutte le informazioni sulla nuova arrivata, il nuovo elemento che avevano voluto nella loro squadra facendo chiedere a tutti il perché di tutto ciò.
«Noi abbiamo già un genio come Reid, non vedo perché ce ne serva uno nuovo. » Sbottò sbuffando mentre il fascicolo volava sulla scrivania come segno di protesta.
«Perché un elemento in più non è mai scomodo, soprattutto se ha un curriculum come questo.» obbiettò Blake, sorseggiando una tazza di caffè. Derek non poteva semplicemente dire niente,  Blake aveva ragione anche se leggendo quella specie di curriculum aveva notato come mancasse qualcosa: un sacco di informazioni sui suoi studi, sul  suo anno con la squadra di Sam Cooper ma non risultava niente della sua vita privata se non le solite informazioni generali.
Con quella strana impressione nella mente osservò la scrivania davanti  a lui, occupata da un Reid quasi del tutto assente, intento a leggere un libro di qualche scrittore americano che Morgan sicuramente non avrebbe mai letto.
 «Tu cosa ne pensi ragazzino?» gli domandò invano, Spencer alzò la testa solo dopo una trentina di secondi e osservò il suo migliore amico con sguardo perso. Dopo la morte di Maeve, circa sei mesi prima, la sua espressione era perennemente la stessa e tutta la squadra tentava in ogni modo di alzargli il morale in qualche maniera ma sempre con scarsi risultati. La sua attenzione al lavoro era sempre la solita eppure c'era qualcosa nel suo sguardo che portava un'immensa sofferenza, la stessa che tutti avevano letto negli occhi di Hotch quando aveva perso Haley.
Sbuffando per la seconda volta in un minuto, Morgan si ritrovò a fargli un'altra volta la stessa domanda a cui non ebbe una risposta, il campanello dell'ascensore suonò e una felicissima Penelope, vestita in un adorabile vestito a stampe floreali, lo raggiunse esaltata mettendosi per prima con lo scopo di abbracciare quel nuovo elemento che lei conosceva già perfettamente -nonostante non l'avesse mai incontrata realmente ma solo attraverso un pc - e che aveva descritto come "uno zuccherino " e finii per circondare quell'esile figura con le sue mani, quasi stritolandola arrivando così a nascondere il volto della ragazza.
«Bambolina! Allora sei vera!» Squittì felicemente facendo partire una leggera risata cristallina che si scoprì essere di Mick, l'uomo sapeva perfettamente quanto a Mercille dessero fastidio contatti troppo ravvicinati, li accettava da pochi e una di questi era certamente Garcia.
«Tra poco scoppierà di vergogna se non la lasci, Penelope!» sentenziò l'uomo divertito e, finalmente tutto poterono osservare il nuovo elemento, cosa che fece nascere in Morgan un sorrisetto interessato. Davanti a loro si presentava una ragazza che dimostrava circa 20 anni dai 23 che aveva e Blake si trovò a dare enormemente ragione a Penelope  per il soprannome datole perché.. beh, quella davanti a lei sembrava una vera e propria bambola: la pelle candida, i tratti delicati, la corporatura esile tanto che Morgan scommise con sé stesso che la donna doveva essere deboluccia quanto Reid eppure la trovava molto bella, dalla camicia azzurrina che portava si intravedevano forme perfette e il colore del suo viso si intonavano perfettamente al colore dei capelli leggermente mossi: un castano abbastanza scuro da poter essere scambiato per un corvino, cosa che smentiva il colore dei suoi occhi: un cioccolato al latte brillante, così vivo che faceva spiccare la pupilla e JJ si trovò a catalogarli come degli  occhioni da cerbiatto, grande e tremendamente espressivi.
Tutte quegli sguardi rivolti a lei non la facevano sentire a proprio agio anzi, la cosa la imbarazzava parecchio visto che meno stava al centro dell'attenzione e meglio era, proprio per questo quando la squadra di Sam appariva in tele lei se ne stava in disparte o se ne andava a nascondersi. Alzando lo sguardo al soffitto e portando la mano a mo' di pugno sulla bocca, tossicchiò delicata per cercare di iniziare un discorso,l'essere imbarazzata certamente non l'aiutava a diminuire l'ansia.
«Agente Travis, sono Aaron Hotchner, il supervisore della squadra ma chiamami..»
«Hotch, si. Me l'hanno detto.» -o meglio, Penelope le aveva ripetuto un migliaio di volte dopo aver saputo del suo trasferimento nella nuova squadra e, le sarebbe venuto stramaledettamente spontaneo chiamarlo così. -«Puoi chiamarmi Mercy anzi, potete chiamarmi Mercy o.. come volete, Sam mi ha detto che qui usate chiamare con i cognomi.» terminò con voce sicura stringendo la mano che le aveva offerto l'agente davanti a lei. Doveva dare una buona impressione ai suoi nuovi colleghi e sicuramente doveva trasmettere fiducia e sicurezza mentre parlava, cosa che Hotch stava trasmettendo anche se a Mercy parve un po' troppo serio, ogni volta che l'aveva osservato da lontano l'uomo era riuscito a mettergli i brividi con quella sua occhiata severa e austera. Era a lavoro e certamente non poteva permettersi di fare il giocoliere come certi lì dentro che si credevano chissà chi. 
«Siamo abbastanza diversi dalla tua vecchia squadra ma.. ora, lasciami presentare gli altri. Penelope Garcia la conosci già» -la ragazza annuì appena guardandola e in tutta risposta ricevette un sorriso dalla bionda- «David Rossi, Alex Blake e Jennifer Jareau» continuò e Mercy si ritrovò a stringere la mano alle persone appena conosciute. Penelope le aveva descritto interamente ogni singolo componente della squadra e si ritrovò perfettamente in ciò che le aveva detto. JJ -così le aveva detto di chiamarla- le pareva molto materna e simpatica oltre che estremamente bella. Trovarsi davanti a Alex Blake e a David Rossi fu più che un'emozione, della prima aveva seguito alcune lezione di linguistica all'università qualche anno addietro -che aveva ritenuto entusiasmante- mentre Rossi lo conosceva più che bene, visto che" qualcuno" le aveva consigliato i suoi libri a cui si era appassionata praticamente subito. Sorrise più che felice ritrovandosi a biasciare un:«L'ho seguita in tutti i suoi casi.» verso l'agente che le sorrise felice.
«Mentre loro sono.. Derek Morgan e Spencer Reid»Terminò Hotch e la ragazza annuì, strinse prima la mano a Morgan che si ritrovò a ricambiare una stretta abbastanza energetica lasciando letteralmente  a bocca aperta l'agente di colore che sorrise alla fine sorpreso.
«Deduco che tu non sia deboluccia come supponevo.» espresse lui facendole alzare un sopracciglio. Lo pensava davvero?
«L'apparenza inganna, soprattutto con me» e detto questo gli fece l'occhiolino sentendo la risata di Mick alzarsi per la sua uscita di scena più che vera, oramai l'agente speciale non era più così stupito ogni volta che Mercy le mostrava qualcosa di nuovo che lei sapeva fare perfettamente.
Quando Mercy si trovò davanti l'altro uomo il suo cuore ebbe un sussulto. Davanti a lei aveva quello che forse le poteva parere un ragazzo della sua età che agitava la sua mano in segno di saluto, proprio come facevano i bambini ma non si stupì e ricambiò nella stessa maniera con un lieve sorriso imbarazzato.
Spencer Reid era una leggenda per lei date le loro simili particolarità su cui si era ben informata prima di entrare nella nuova squadra. Aveva soprattutto dedotto che fosse lui il "ragazzo" di cui ogni tanto  Gideon parlava con tono estremamente fiero e forse ne sapeva più di lei sul suo "maestro", rimasto abbastanza misterioso sulla sua vita precedente, sul suo passato e nonostante certe volte si lasciava andare a vecchi racconti sui suoi casi, era rimasto sempre vago su ciò che l'aveva fatto smettere o sui suoi ex colleghi di lavoro provocandole una curiosità isterica e Spencer, era al centro di questa.
«È un onore per me incontrarla Dottor Reid.» disse cercando di mantenere quel tono professionale, non voleva apparire emozionata, eppure non riusciva a nascondere quel velo di pura emozione. Davanti a lui aveva qualcuno con un Q.I più alto del suo, qualcuno che possedeva una memoria eidetica mentre dall'altro canto, Spencer si ritrovò spiazzato. Quella ragazza non solo gli ricordava lui per la sua giovane età ma anche perché l'aveva chiamata dottore, titolo con cui Hotch non l'aveva presentata e poi.. come faceva ad essere onorata di incontrarlo? Insomma, lui non era famoso, non era un attore o altre di quelle cose, era un semplice profiler che si, aveva delle capacità che lo rendevano tutt'altro che un comune soggetto ma.. non si sentiva famoso.
«P-piacere Dottoressa Travis.» -lui, al contrario sapeva perfettamente il perché del chiamarla dottoressa visto che aveva letto il suo profilo poco prima e rappresentava un titolo più che mai meritato verso una ragazza dalle doti quasi come le sue.- «Sono rimasto piacevolmente colpito dalle sue capacità.» sussurrò cercando di non balbettare imbarazzato.
La ragazza davanti a lui non solo possedeva un Q.I di 162 ma anche una memoria fotografica, una laurea in psicologia e in medicina con due specializzazioni nella prima, psicologia clinica e forense, mentre nella seconda in medicina legale  ottenute a diciassette anni non contando poi un dottorato in chimica e venivano sottolineate particolarmente le sue capacità da tiratrice, acquisite nell'ultimo anno grazie all'agente speciale Mick Rawson.  Spencer Reid aveva davanti un genio come lui, solamente che la ragazza dimostrava qualcosa che a lui mancava pienamente, una scintilla che gli ricordò un qualcosa di parecchi anni fa.
«Mercy, chiamami Mercy e.. dammi del tu.» rispose la ragazza in un leggero sussurro che tentò di mascherare quel lieve accenno di imbarazzo. Avrebbe voluto chiaramente raccontargli che conosceva Gideon masi era promessa di non dire una singola parola su di lui. No, non avrebbe mai nominato Gideon. Si sarebbero fatti magari delle idee sbagliate: avrebbero potuto pensare che fosse una raccomandata visto le sue conoscenze e soprattutto il lavoro di Marie, la sorella maggiore e sinceramente,  questo lo voleva proprio evitare. Sarebbe stata in silenzio senza dire niente, forse per la prima volta.
«S-se tu lo vuoi certamente insomma perché sai, la frase può sembrare solo di circostanza. Lo sapevi che Il 15% di queste frasi sono vere? Per la gente è solamente un modo per continuare la conversazione, non..»
«Importa loro veramente cambiare status con la persona che si ha davanti.» la sicurezza di quella frase terminò con un imbarazzante sussurro e inutile fu la risata da ambedue le parti.  Solo un fischio portò alla realtà e entrambi girarono la testa trovando gran parte della squadra fissi a guardarli divertiti.
«I geni si stanno perdendo nel loro mondo intellettuale.» esultò  Morgan divertito e Mick ridacchio ricevendo un'occhiataccia dalla ragazza, dopo poco tempo lei fu accanto al suo ormai ex collega, pronta a continuarlo ad osservare in malo modo finché lui non l'abbracciò teneramente raggiunti la sua scrivania.
«Sicura di quello che fai? Lo sai..»
«Voi ci sarete sempre per me. Andiamo! Ci vediamo dopodomani al poligono!» lo interruppe lei mugugnando, solo in quel momento capì che stava abbandonando la sua prima famiglia per entrare in una nuova e la malinconia la prese con sè insieme alla paura. Avrebbe dovuto allacciare nuovi rapporti, non vedere più la faccia seria del profeta, non avrebbe più scherzato con Mick, Beth, Gina..  si tolse velocemente da quell'abbraccio e sorrise appena  all'uomo, non avrebbe fatto storie, non avrebbe dimostrato tutto quel rivolo di emozioni che in quel momento la stavano facendo sentire a dir poco male e Mick lo sapeva perfettamente, erano rare le volte che aveva visto Mercille triste o disperata e si sentì privilegiato.
«Hai tutto? Non hai perso le tue cuffiette come l'ultima volta o le chiavi della moto? Avrai una memoria di ferro ma per queste cose sei tremendamente sbadata.» commentò lui e la ragazza rise appena, sembrava veramente un papà ma come poteva non farlo? Dall'inizio l'aveva presa sotto la sua ala protettiva, l'aveva difesa inizialmente persino da Sam finché non aveva imparato lei stessa a ribattere.
«Ho tutto papi ma ora, vai. Sembri uno di quei padri che non ammollano più la figlia quando la portano al college e devo per caso sottolineare che me la so cavare da sola? Ci sono stata quando avevo tredici anni mio caro tiratore!» sottolineò lei e quelle furono le ultime parole che si scambiarono, non sussurrò nemmeno un ciao ma le bastò un leggero battito di ciglia, uno sguardo pieno di gratitudine che durò fin quando non vide più l'affascinante uomo che, sparì dalla sua vista dopo che le porte dell'ascensore si chiusero.
In un secondo si sentì vuota, nuovo lavoro -che non cambiava molto dal suo vecchio- nuove persone.. ecco, lei aveva paura di conoscere nuova gente ma tutto questo non tendeva mai a dimostrarlo anzi, prendeva tutto quello come una sfida, qualcosa che potesse aiutarla a crescere e forse era per questo che a soli ventuno anni era entrata a far parte del FBI. Seppure appariva come una donna -abbastanza giovane- matura e seria, in cuor suo sapeva benissimo di essere una paurosa bambina spaventata da tutto e da tutti.
«Tutto bene Mercy?»- La ragazza si girò leggermente spaventata, trovandosi Blake accanto a lei che le porgeva una tazza di caffè. Annuì con la testa, sorridendo per il regalo. -«Ho provato a regolarmi con lo zucchero, mi sembri un tipo da caffè amaro.» Le disse con un tono di voce caldo e lei non poté fare a meno di alzare un sopracciglio sorpresa. Ci aveva azzeccato o almeno, aveva azzeccato quel suo giorno.
«Devo darti ragione o meglio.. oggi ci hai preso. Vario a seconda dei giorni. Durante le missioni tendo a bere caffè altamente zuccherato, per tenermi attiva.»- sussurrò bevendone un sorso per poi appoggiare la tazza sulla sua scrivania e iniziare a rimuovere le prime cose dalla scatola che a malincuore aveva dovuto riempire. Poche cose: qualche pena, un contenitore per queste di ferro, un fermacarte di avorio -una delle poche cose rimaste di suo padre- e infine la sua agenda e qualche libro di sociologia, i suoi ultimi studi per la sua nuova laurea.  Alzò la testa presa da un leggero brivido e sorrise alla donna, intenta a osservare le sue cose.
«Io volevo dirvi solo.. Grazie. Vi credevo ostili al mio arrivo o almeno, Morgan sicuramente lo era.»
«Dici?»
«Era rigido al mio arrivo e sicuramente ha voluto testare qualcosa con quella stretta di mano che, detto tra noi, avrebbe spaccato perfino i sassi.» disse alzando le spalle, continuando ad osservare la mora davanti a lei abbastanza divertita e sorpresa. Alex Blake era rimasta abbastanza stupita da quella ragazza, sicuramente durante le presentazioni aveva stilato un dettagliato profilo di tutti i suoi futuri colleghi senza farsi capire e in quel momento ne rimase piacevolmente colpita, in tutta risposta invece, le accarezzò solamente una spalla con fare amorevole per poi andare via, non prima di averle ribadito una semplice cosa:
«Di nuovo benvenuta nella nostra squadra Mercy.»


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Salve a tutti, scusate, ma scrivo di fretta, purtroppo sono in ritardo per la cena e non so cosa sto scrivendo dato il maledetto raffreddore che mi ha colpito in questi giorni.
Anyway, sono Claire e non vi dico neanche cosa amo o non starei scrivendo una fanfiction su Criminal Minds, vero?  
Basta, ok. La mia inquilina mi sta per uccidere quindi, vi lascio.
Spero che Mercille non vi appari una tipica Mary Sue, ha anche lei i suoi grandi difetti e anche un sacco di paure che scoprirete man mano u.u
Voglio ringraziare tutti quelli che hanno aggiunto le mie storie nelle seguite e ricordate!
Grazie, grazie veramente!
Spence

 

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