TiB: Turtles in Black

di mikeychan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Black Night ***
Capitolo 2: *** Man in Black ***



Capitolo 1
*** Black Night ***


L’inverno è alle porte; ormai fiocchi bianchi e candidi cadono silenziosi sulla splendida New York, creando un manto immacolato. E’ il primo dicembre, mezzanotte precisa: la caotica Grande Mela è nell’assoluto sonno; ancora sei ore a disposizione per godersi anche la magnifica luna piena nel cielo, un semplice fascio di luce in questo cielo blu, tendente al nero; piccoli puntini luminosi costruiscono alcune costellazioni, visibili anche senza un telescopio. 
L’aria è fredda e anche se non è l’ideale per un’uscita notturna, qualcuno su un tetto, coperto solo da una misera sciarpa di lana, ammira il panorama, mentre la mente viaggia in pensieri di una nuova vita. Una fascia arancione, un guscio verde salvia, la pelle verde acqua, sei piastroni giallastri sull’addome fino all’inguine, tre dita per le mani e due per i piedi; due nunchaku sui fianchi di legno, dall’elsa in arancio, infilati in una cintura marrone sulla quale capeggia un nodo con due fasce penzolanti, come i due polsini che indossa, assieme a un paio di ginocchiere e gomitiere. Occhi blu, senza capelli: una tartaruga ninja mutante, sedici anni appena compiuti e il suo nome è Michelangelo Hamato.
-Chissà cosa c’è oltre le stelle…- mormora impercettibilmente, alzando la testa per scrutare quei piccoli punti luminosi: -Mi piacerebbe proprio saperlo…-.
Stare seduti su un cornicione di un palazzo in piena quarantesima strada, proprio di fronte al negozio di April O’Neil, “Second Time Around”, a gelarsi, non è affatto divertente come mangiare un’intera pizza con doppia mozzarella e prosciutto, fumante. 
-Che ci fai qui, solo e per di più al freddo?- chiede dolcemente una voce che fa spaventare a morte il povero Mikey, che balzando in piedi, afferra i suoi nunchaku, facendoli roteare con la guardia al massimo.
Un’altra tartaruga identica a lui per l’abbigliamento da ninja, tranne per il colore della pelle verde oliva, la maschera viola sugli occhi nocciola, un lungo bastone dall’impugnatura fasciata sempre in viola, infilato sul guscio, nella cintura. Un giubbino viola e nero chiuso da una zip di metallo sul davanti, una coperta rossa in mano: -Scusa se ti ho spaventato- ammette, mentre il suo respiro si tramuta in nuvolette bianche.
-Mi hai spaventato, accidenti a te!- protesta ugualmente l’arancione, rinfoderando le armi, voltandosi nuovamente a fissare le stelle.
Donatello sorride appena, poi avvicinandosi, poggia la calda coperta sulle spalle del “fratellino”, dal momento che lui ha diciassette anni ed è il terzo della famiglia Hamato: -Scaldati un po’, sei freddo come il marmo-.
Michelangelo ringrazia con il capo inclinato, mentre nei suoi occhi si fa strada un sogno che lo martella da circa una settimana, impedendogli di riposarsi a dovere, per tutte le sei ore che si concede, a causa delle ore notturne ai videogiochi.
-Qualcosa non va, fratello? Sembri molto preoccupato!- chiede, ovviamente, il viola, sedendosi accanto a lui, avvertendo sotto le cosce, il freddo cemento del cornicione. 
Il vento invernale scuote le fasce lunghe delle loro mascherine ninja, mentre porta con sé una scia di storie da ascoltare con il cuore.
-No. E’ tutto come dovrebbe essere, perché me lo chiedi?- ribatte mogio Mikey, mentre si stringe la coperta sul petto, facendo della sua mano, una specie di fermo. 
La frase appena pronunciata, viene tradita dal fatto che il minore tenta di sfuggire allo sguardo preoccupato del terzo, che cerca di vederci chiaro in questa storia.
-Io non ci metterei la mano sul fuoco!- ribatte il genio, inarcando il sopracciglio destro: -Credi sia un’idiota?- bofonchia arrabbiandosi un po’.
-Se ti scaldi tanto, posso usarti come termosifone?- ironizza Mikey, ridacchiando appena.
-Grandioso!- esclama Donatello, appoggiando le braccia sulle cosce, mentre le sue gambe penzolano nel vuoto: -Perché mi ostino a parlare con te, che non prendi mai niente seriamente?-.
Michelangelo scuote il capo sorridendo, girando gli occhi, non replicando nulla e continuando a fissare le stelle, si isola dalle imprecazioni del fratello.
-Senti, io mi preoccupo per te, zuccone! Quindi, se hai qualche problema, con me puoi parlarne!- ringhia il viola, alzandosi, sperando di aver reso chiara l’idea.
-Don, sul serio… Non c’è nulla che non va…- mormora il ninja: -Perché non guardi le stelle con me? E’ una così bella notte, lascia perdere che cosa e non cosa ho!-.
Donatello, stringe i pugni, poi si batte una mano sulla fronte, cercando di sopprimere la rabbia: -Le stelle?- ripete annuendo più volte: -Io me ne vado a letto!-.
-Non ti facevo così permaloso, pacioccone!- ironizza ancora una volta l’arancione, ridendo della faccia rossa fraterna, che non riuscendo più a controllare la soglia della rabbia, decide di andarsene.
Michelangelo scuote il capo, poi però, viene nuovamente interrotto dalla voce brusca di un’altra tartaruga, identica a lui, diciassettenne, dalla benda rossa come l’elsa dei suoi doppi pugnali Sai, occhi miele, colore della pelle verde bottiglia e “un bel temperamento”.
-Non credi che far prendere troppa aria al cervello, potrebbe essere un guaio per te?- chiede sarcasticamente, mentre il minore nota il suo busto racchiuso in un giubbino nero e rosso fuoco, a zip: -Cioè, rischi di diventare più cretino di quello che già sei!-.
-Vanno proprio di moda, questi giubbini!- ridacchia lui, cercando di nascondere la tristezza nel suo cuore, cosa che colpisce molto Raph, che chiede immediatamente scusa per la battuta offensiva.
-L’altro giorno, io e Leo siamo andati al centro commerciale e nel reparto sportivo, visto che mi serviva un nuovo casco per la moto, abbiamo trovato questi indumenti a un prezzo praticamente regalato!- racconta con espressione di piacere sul viso: -E sono anche caldi!- continua strofinandosi la mano sulla manica liscio del giubbino.
-Perché non mi avete portato con voi?- chiede un po’ arrabbiato il ninja dai nunchaku, voltando il capo alzato al cielo per scrutare quegli occhi miele, solitari come sempre.
-Semplicemente perché avevi la febbre e a giudicare dagli occhi rossi che hai, non ti è certamente passata!- constata il rosso, poggiandogli una mano sulla fronte: -E sì, sei anche molto caldo! Non dovresti stare qui fuori!-.
Nonostante il carattere tenebroso e irascibile, Raph ha appena mostrato il suo lato più dolce, talmente raro da vedere, che sembra avere una doppia personalità in un corpo solo.
-Ma come ti è saltato in mente di prendere una “boccata d’aria gelida”?- ricomincia nuovamente Donatello, rimasto in ascolto tutto quel tempo dietro la porta nera antincendio del terrazzo, con lo sguardo un po’ imbronciato e le braccia conserte, mentre il peso del corpo è spostato sulla gamba destra.
-Lo sai che rischi di prendere una ricaduta?- spiega furente un’ultima tartaruga, alias Leonardo, con in mano un giubbino arancione e nero, e uno addosso nero e azzurro, identico al suo e a quelli di Don e Raph: -Questo è per te!-, esclama poi, lanciandoglielo.
Benda azzurra come le elsa delle doppie Katana nei foderi sul suo guscio; il colore della sua pelle è verde buccia di mela leggermente più scuro, mentre un paio di occhi color rame capeggiano sotto la maschera.
Michelangelo lo afferra, guardandolo estasiato: proprio un bel giubbino da indossare; qualcosa di bello ma sportivo, come i bei fusti su potenti moto, che fanno impazzire le ragazze.
-Mi sembrava che il maestro Splinter ti avesse categoricamente proibito non solo di uscire dalla tana, ma anche di prenderti una tintarella di luna!- continua sempre più serio, fino a ridurre gli occhi a due fessure.
-Il sensei ha anche affermato che non dovevamo assolutamente uscire, perché ultimamente stanno accadendo troppe cose strane!- aggiunge Raphael, sgranchiendosi le braccia, alzandole oltre la sua testa.
-Infatti! E stavolta non c’entra Bishop, ma qualcos’altro! Sfortunatamente, nonostante le mie ricerche sulla rete, non ho trovato la benché minima informazione utile…- ammette un po’ nervoso, Donatello, guardando il cemento del tetto, mentre la sua ombra si staglia corta dinanzi a lui.
-Ragazzi, ho un brutto presentimento! Torniamo dentro…- geme Leonardo, guardando la silenziosa New York, mentre nell’aria si aggira qualcosa d’insolito; non appartiene, però, all’aura negativa di Shredder, di Karai, di un Foot Ninja o Bishop, è diversa, strana e raccapricciante.
I quattro fratelli tornano dentro, anche se Michelangelo continua a fissare la strada sgombra, lucida per via del sottile strato di neve sciolta e sfumata di arancio, per via dei lampioni metallici.
-Ti muovi o no?- ringhia Raphael, tornato il focoso di sempre: -Vuoi che ti dia una “spintarella”?- ironizza, scrocchiandosi le nocche.
Michelangelo non risponde, fissa il vuoto senza dire una sola parola, tant’è che preoccupa maggiormente Donatello: -Mik?- chiede passandogli una mano dinanzi al viso: -Ci sei? O no?- chiede guardando un Leo basito e un Raph stupito.
-L’avevo detto io che prendere troppa aria fredda, gli avrebbe congelato il cervello…- mormora Raph, scuotendo il capo, anche se gli occhi preoccupati tradiscono la sua espressione incurante.
Michelangelo, sbatte le palpebre e si porta le mani alla testa: si piega sulle ginocchia per via di una dolorosa fitta alla testa. Grida come un pazzo e non c’è verso per farlo smettere o capire il male che lo affligge; per un attimo si ferma, rimanendo immobile con una statua, poi, i sensi vigili o abbandonano, facendo crollare in terra.
Afferrato prontamente ed evitatogli un bel bernoccolo in fronte, Raph se lo carica sulle spalle, preoccupato, prima di notare un furgone nero avvicinarsi al tombino che conduce alla loro tana; essendo però saliti in superficie grazie a un tunnel scavato nella roccia, non ci bada e si appresta a portare il minore da Splinter.

Una volta alla tana, il giovane Leonardo, chiama il sensei, alias Hamato Splinter, un topo anziano dal pelo grigio, occhi castani, un kimono marrone, bordato di nero e chiuso da una cinghia sull’addome dello stesso colore. Un bastone da passeggio e talvolta anche un’arma, lo accompagna dappertutto.
Immediatamente, il roditore ordina di poggiare Mikey sul divano, mentre egli afferra una pezza e la inumidisce, porgendogliela sulla fronte; una coperta marrone gli scalda il corpo gelido.
-Cosa è accaduto?- chiede furibondo il maestro, con uno sguardo irato, mai visto in diciassette anni.
-Maestro…- tenta di dire Donatello.
-Cosa è successo?- brucia sul momento il topo, voltandosi verso un basito Leonardo: -Forza, Leonardo! Dimmi il motivo perché avete ignorato i miei avvertimenti?!- ringhia furibondo, picchiando la punta del bastone in terra, sul pavimento verde acqua.
-Sono uscito…- geme un debole Michelangelo, svegliatosi sopra il divano logoro e azzurro, con una pezzolina bianca e umida sulla testa calda: -Maestro non prendertela con loro… Stare chiuso nel rifugio mi stava deprimendo…-.
Il sensei, ottenuta la risposta, sospira deluso e si avvicina all’arancione, prendendogli il volto caldo nelle mani: -Figliolo non ti ho proibito per nulla di uscire dalla nostra casa. Un motivo più che valido c’è e tu lo sai molto bene… I tuoi incubi parlano chiaro… Qualcuno ci minaccerà!- espone serissimo.
-Incubi?- ripete sottoforma di domanda il rosso, appoggiato come su una ringhiera, sul bordo del divano.
-Nell’ultima settimana sono stato tormentato da incubi tremendi!- racconta Michelangelo, mettendosi seduto e non più disteso: -Sogno sempre due figure nere che ci prendono…- spiega, prima che Leo, Don e Raph scoppino in una sonora risata.
-Oh, ma dai! Non dirai sul serio!- ride Raphael, sorreggendosi la testa.
-Guardi troppi film d’azione!- aggiunge un Leonardo che si tiene lo stomaco.
-Cerca di non diventare un filmtv-dipendente!- conclude Donatello, battendosi una pacca sulla coscia.
-Non è uno scherzo!- ribatte adirato l’arancione, alzandosi con foga dal divano, rischiando di cascare in terra, per via di un capogiro: -E’…-.
Improvvisamente, Michelangelo si blocca di nuovo; si stringe la testa, gridando nuovamente: -Basta! BASTA!- grida piegandosi sulle ginocchia: -Non resisto!- strilla, mentre i suoi fratelli e Splinter cercano di calmarlo, futilmente.
-Che cos’hai, figlio mio?!- esclama addolorato il maestro Splinter, facendolo sedere sul divano.
-Dei fischi… Non ce la faccio!- grida a un volume ancora più alto. 
Come ultimo disperato tentativo di pace, il mutante sfila una delle katana dal fodero sul guscio di Leonardo, battendosi il manico il piena tempia, crollando privo di sensi sul divano.
In quel preciso istante, un rumore nelle gallerie fognarie fa scattare l’allarme installato da Donatello, che corre immediatamente ai suoi computer.
-Cos’altro succede?!- ringhia preoccupato, gridando per via dell’allarme squillante che spacca i timpani: -Abbiamo compagnia, ma non è Shredder!- espone con occhi sgranati.
-E allora chi può aver scoperto la nostra tana?- chiede uno Splinter furibondo, mentre si gira verso la porta, avendo sentito dei rumori, nonostante il fracasso della sirena.
Come previsto, la porta esagonale marrone chiaro del rifugio, esplode in un assordante boato, che fa tremare l’intera galleria fognaria: due individui completamente in giacca e pantaloni neri, entrano, sorreggendo delle piccole pistole metalliche, ancora fumanti.
Uno è più anziano: ha i capelli brizzolati e corti, il volto liscio, un paio di occhiali neri; l’altro è mulatto, con i cortissimi capelli neri e dei baffetti sul volto da trentenne. Entrambi vestono in nero.
-E questi chi sarebbero?!- ringhia Raphael, già con i Sai stretti nei pugni, con la rabbia tesa al massimo.
-Vorrai dire come hanno fatto a scoprire la nostra casa!- aggiunge Leonardo, gettando uno sguardo su Michelangelo, dormiente.
-Evidentemente, Michelangelo non ci stava prendendo in giro con il suo incubo!- ammette Donatello, con il Bo nelle mani, in maniera obliqua, cioè con l’estremità destra puntata verso il basso e l’altra verso l’alto.

Uno dei due uomini, quello più giovane, afferra una piccola pistola nera da sotto la sua giacca e quasi come un giocattolo, la punta sui nostri amici mutanti, che sobbalzano.
-Buona notte, alieni Gaspa- mormora ghignando il giovane, sparando quattro proiettili, colpendo in pieno addome Leonardo, sul braccio Raph e Don, risparmiando Splinter, con occhi furenti.
-Chi siete?! Cosa volete?!- impreca il roditore, impugnando il suo bastone da passeggio, cercando di proteggere i suoi figlioli, fuori gioco e facili da prendere.
-Ci scusiamo per il disturbo, ma credo che le risposte che cerca si trovino qui dentro!- risponde l’uomo più anziano, afferrando un tubicino di metallo dalla tasca del suo completo, attivando un raggio rossastro, che fredda all’istante il sensei, immobilizzandolo come una statua.
-Lei non ci ha mai visto e queste strane creature sono uscite per…- dice atono il più vecchio.
-… Per una bella fottuta pizza! Una pizza con doppia mozzarella, funghi e prosciutto. Magari con qualche bella ragazza omicrania!- taglia corto il più giovane, mentre l’altro lo guarda senza dire nulla, evidentemente contrariato.
Con Splinter, ora che non ricorda assolutamente nulla, i due uomini attivano delle strane penne nere, dalle quali cominciano a uscire delle bolle trasparenti molto grandi, che inghiottono le tartarughe e sollevandosi di poco dal pavimento, le portano via, abbandonando la tana...

T.I.B. Turtles in Black ha inizio!



Angolo dell'Autore

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Capitolo 2
*** Man in Black ***


Il furgone nero guida sulle strade di New York, cambiando più volte direzione. A bordo, i due uomini in nero, sorvegliano gli ostaggi, alias le tartarughe.
-Allora, dimmi un po’, K…- dice l’uomo più giovane, James Edwards, alias l’Agente J: -Ma cosa ne dobbiamo fare di queste tartarughe troppo cresciute?- senza spostare l’attenzione dalla strada.
-Sono, in realtà, alieni Gaspa, venuti dalla Costellazione di Andromeda, per una cospirazione contro la Terra. Per fortuna, li abbiamo intercettati e alla base li sottoporremo a vari esami- spiega atono K, senza sorridere.
-Tu hai sempre la risposta pronta, vero?- chiede ironizzando J: -Io continuo a dire che questi alieni sembrano tartarughe, ma contento tu…-.

504 Battery Drive, quartier generale dei Mib: -Siamo arrivati! Prendi la Bolla di Stasi e portiamo questi alieni Gaspa nella sala dell’analizzatore genetico!- esclama K, scendendo dal furgone, entrando in un ascensore di metallo, che anziché scendere, sono le pareti interne a muoversi.
Ecco che, con uno sbuffo, si aprono due aperture: la prima che racchiude la seconda, come fosse una Matrioska: -Ehi, J! Caccia grossa, eh?- ironizza un MiB seduto comodamente su una sedia, mentre due grossi estrattori girano dinanzi e dietro di lui.
-Sì; vediamo un po’ che piani hanno in mente!- risponde l’agente J, seguendo un serissimo K che entra in un’immensa stanza dalle pareti in vetro, dove moltissimi agenti MiB, si occupano di analizzare ogni scalo di alieni provenienti da altri pianeti, stando attenti a non farsi sfuggire potenziali alieni che usano la Terra come porto franco per i loro subdoli progetti di conquista.
Ci sono molti alieni che mostrano i loro bagagli, cibi e anche brutte facce: alcuni di questi sono perfino irascibili, causa del tempo trascorso in una metropolitana intergalattica.
I due MiB entrano in una stanza dalle pareti completamente in metallo; una macchina collegata a quattro capsule di vetro infrangibile, un pavimento rivestito di acciaio e titanio, impossibile da scalfire, luce soffusa verdastra.
-Ehi K, guarda!- chiama impressionato J: -Che cazzo di armi hanno?- continua con un’espressione “insolita”!
-Credo siano delle armi dall’alto potenziale distruttivo; mettile nell’analizzatore: cerchiamo di vederci chiaro!- risponde fluido K, senza mostrare impressioni soggettive, essendo abituato a queste cose.
J fa come ordinato dal socio; con un apposito magnete, installato all’interno delle capsule, dove le tartarughe giacciono addormentate, egli priva loro delle katana, sai, nunchaku e bo, isolandole in un’altra cabina, molto più piccola, bassa ma larga, che con un raggio verde, le scannerizza.
Dopo qualche secondo, ecco i risultati: -Ehi, K! Queste armi sono terrestri!- informa basito J, guardando il suo amico, che inarca un sopracciglio.
-Terrestri?- ripete sottoforma di domanda, notando che i suoi “ospiti” stanno riprendendo i sensi.
Il primo a svegliarsi con un gran mal di testa è Leonardo: -D… Dove sono…?- mormora, sorreggendosi il capo, mentre i suoi occhi color rame ricadono sui due MiB.
Costatando di essere prigioniero in una cabina senza possibilità di uscita e soprattutto senz’armi con cui lottare, Leonardo s’infuria e molla dei potenti pugni sul freddo vetro: -FATEMI USCIRE!- grida, mostrando il suo lato feroce.
-Altra cosa strana: parla correttamente la nostra lingua!- mormora J, mettendosi a braccia conserte e gambe divaricate, per osservare con la testa leggermente inclinata, quella tartaruga così umana.
-Tienilo d’occhio. Io farò una ricerca nel database di tutte le razze aliene che abbiamo avuto in custodia- e detto questo, l’agente K esce dalla stanza, mentre la porta si richiude con uno sbuffo, congiungendo una metà di una porta spessa di acciaio.
J guarda ancora quel Leo che ricambia l’attenzione con uno sguardo di fuoco: -Dove sono? Dove sono i miei fratelli? Il mio maestro? La mia casa?!- mitraglia velocissimo, continuando a mollare pugni e anche ginocchiate fulminee: -RISPONDI!- grida, nonostante la sua voce risulti essere appena percettibile, causa delle pareti della cabina che isolano la voce.
-Certo che ne hai di forza, per continuare a gridare!- ride J, gettando uno sguardo sulle altre tre tartarughe, addormentate, sedute sulla base della capsula.
-Sono i tuoi amichetti?- chiede, indicandole con il pollice.
-Fammi uscire!- ringhia un Leo al limite della sopportazione: per una volta si sta lasciando guidare dall’impulsività, come farebbe Raphael, il re della rabbia: -Sì, sono i miei fratelli! Che cosa gli avete fatto?!-.
-Calmati bello!- esclama ora nervosetto J: -Guarda che stanno solo nel mondo dei sogni!-.
-E il maestro Splinter? Dov’è?! Se esco da qui ti ritroverai ad essere uno spezzatino da servire a cena!- grida così forte il leader, che il messaggio arriva forte e chiaro fuori dalla spessa cabina, facendo arrabbiare sul serio J, che avvicinato il viso al vetro, fissa quegli occhi mutanti con superiorità.
-Ora stammi a sentire, brutto figlio di puttana! O la smetti di agitarti come un alieno maniaco del caffè o ti sparo dove ti fa più male!- ringhia, mostrando una piccola pistola nera, che costringe il blu a sorbirsi le parolacce, anche se determinati termini non li comprende.
-Bene, a quanto pare capisci quando è il momento di chiudere la bocca!- continua l’agente, riponendo l’arma sotto la giacca.
Il povero Leonardo si lasca scivolare il guscio contro la parete liscia della sua “prigione”, mentre lo sconforto lo prende e gli occhi si gonfiano di lacrime. La testa si affonda nelle braccia che cingono anche in parte le ginocchia, mentre il corpo trema a causa della rabbia che scorre in tutto il corpo.
In quel preciso momento, anche il giovane Donatello Hamato si risveglia, con un braccio dolorante; si rialza a fatica, perdendo più volte l’equilibrio, poi notando di essere bloccato in una piccola capsula di vetro, cerca di uscirne, costatando che c’è anche Leonardo.
-Leo!- esclama felice, anche se tutto comincia a ristringersi; la tartaruga muta l’espressione felice del volto in una di paura: i suoi occhi si sgranano come la bocca, il corpo trema, egli si stringe le braccia e si rannicchia a pallina, gridando come in preda alle sue parole più grandi.
-Donatello!- grida Leonardo, scattando in piedi, battendo le mani contro il vetro, per attirare la sua attenzione: -Guardami!-.
Il viola si limita a girare il capo: la claustrofobia l’ha completamente paralizzato. 
In quell’istante, la porta d’acciaio della camera si riapre nuovamente: -Che succede, J?- chiede sorreggendo una piccola cartellina nera, contenente alcune schede interessanti su specifiche razze aliene: -Ah, almeno due su quattro si sono ripresi!-.
-Queste quattro tartarughe sono fratelli; quello con la maschera viola ha seri problemi: sembra terrorizzato, come avesse la claustrofobia!- spiega J, indicando un Donatello spaurito come un piccolo pulcino nel freddo mondo.
-Falli uscire- ordina K, sorreggendo un tubicino di metallo, con l’estremità tondeggiante e un fascio rosso: -Con il neuralizzatore non ricorderanno nulla. Non sono alieni!- spiega, maneggiando lo stesso aggeggio che ha cancellato la memoria di Splinter, ignaro.
-Come? Li devo far uscire?- ribatte stupito J, mentre sbuffa, girando lo sguardo: -Va beh, tanto mi facevano pena: se tu vedevi come gridava questo rettile con la fascia azzurra! Aspetta un secondo! Non sembra anche a te che questi tizi hanno un abbigliamento come quei samurai nei film?- esclama.
-SIAMO NINJA! HAI CAPITO?!- grida nuovamente Leonardo, prendendo a spallate la capsula: -Bastardi!-.
-Sei sicuro che sia una buona idea, K? Hai visto che rabbia che ha?- indica l’agente J, mentre K aziona un pulsante nero, che alza l’estremità più alte delle capsule, permettendo al leader di uscire fuori e afferrare le sue armi, pronto a combattere.
-Ora ci divertiamo!- ringhia ghignando, spiccando un balzo fulmineo, cercando di colpire J, che gli afferra il braccio e lo sbatte conto il muro più volte.
-Lasciaci andare! Non siamo alieni! Non siamo niente!- geme un Leo con la testa in parte sanguinante, per aver sbattuto contro un pizzo abrasivo.
-Vallo a raccontare a tua madre!- impreca J, tenendolo bloccato con il viso contro la parete, senza possibilità di muoversi, mentre gli strattona le armi dalle mani: -K, hai visto? Questo tizio è un pazzo! E ha detto che non è alieno!- continua il MiB.
-Sì, ho sentito e infatti non lo sono: hai mai sentito parlare di mutanti?- ribatte K, avvicinandosi a un Donatello paralizzato dalla paura: -Erano delle semplici tartarughine da acquario e un giorno sono venute in contatto con un liquido mutageno, produzione della TCRI e sono diventate questi che vediamo- spiega.
-TCRI?- riformula interessato J, bloccando con delle manette i polsi di Leo, sbattendolo in terra.
-Sì, alieni atterrati sulla Terra circa undici secoli fa. Sette mesi fa, un nostro agente ha intercettato una navicella spaziale: erano loro. Ci hanno comunicato che stavano ritornando sul loro pianeta- spiega nuovamente K, mentre delle grida mischiate all’allarme, echeggiano fuori dalla stanza dell’analizzatore.
-Tu stai buono qui! E se provi a scappare, questa te la ficco dove sai!- esclama poco dignitosamente J, mostrando alla tartaruga la classica pistoletta nera, correndo poi via con K.

Leonardo, giacente dolorante in terra, guarda a fatica i suoi tre fratelli: Donatello che continua a frignare a causa della claustrofobia, Raphael e Michelangelo ancora svenuti. 
Con grande coraggio, il leader striscia in terra e facendosi leva sulle ginocchia, riesce a malapena a rialzarsi, avvertendo metà viso bagnato e una macchia scarlatta sul pavimento: sangue senza dubbio.
-D… Don…- biascica, camminando piano, a fatica, per via delle gambe che a malapena sostengono il suo corpo.
Probabilmente, deve essere ancora qualche residuo di quegli strani proiettili.
Il viola, alza il capo, mentre negli occhi nocciola si legge un abisso di paura e disperato: -A… Aiuto…- geme a fatica, nascondendosi la testa nelle braccia.
-Don, puoi farcela… La paura dei luoghi chiusi non è reale… Guarda sopra di te… Puoi uscire!- gli spiega calmo il blu, arrivando sino al muro di vetro che li separa.
-N… Non è reale…?- balbetta il viola, rialzando nuovamente la testa: -Leo…-.
Con titubanza, il genio costata con sollievo che la capsula non ha più il coperchio: spicca un balzo e poggia le piante dei piedi in terra, sul freddo pavimento. Per un attimo, il ninja ha un crollo psicologico e Leo gli fa scudo con il suo corpo: gli attutisce la caduta, evitandogli una dolorosa botta di viso.
Nonostante il respiro affannato, il viola riesce ugualmente a comporre una frase: -Leo… perdonami, non c’è l’ho fatta… ho avuto tanta paura…-.
Leonardo sorride e grazie al terzo che con le katana gli affetta le manette, lo abbraccia: -Tranquillo, sei stato in gamba!-.
Liberati anche gli altri, sia Raph sia Mikey, riprendono conoscenza, nonostante un acuto bruciore alle zone colpite da quei micidiali proiettili.
-Che cosa è successo?- mormora il rosso, notando il viso insanguinato del leader, che placa la sua rabbia con un semplice sorriso.
-Sto bene… Mikey, tu come stai? Informa, per poi rivolgersi al minore, con il viso più pallido di un cadavere.
-Sono semplicemente stanco, tutto qui…- mente il giovane, mentre qualcosa di grosso si avvicina, facendo tremare l’intero pavimento.
-Che cos’è?!- ringhia Raphael, rimessosi in piedi con i Sai nei pugni.
-Forse Shredder nella sua Exo-tuta?- esclama debolmente Michelangelo, roteando i nunchaku, nonostante le mani tremanti.
-Qualunque cosa sia, si sta avvicinando… Teniamo pronti, fratelli!- spiega Leonardo, mentre con un sonoro tonfo, la porta si sfonda e un alieno a forma di grossa lumaca, senza guscio dalla pelle molliccia e rosa, priva di occhi, ma con una bocca mostruosa, sembra dare parecchi problemi a J e K.
-Una Big-Babol e due Kinder Pinguì per cena?- chiede Michelangelo, facendo ridere i suoi fratelli, come in qualsiasi condizione pericolosa.
-Io direi per lo più scarafoni e lumaca!- aggiunge Raphael sogghignando.
-Anche se ci hanno fatto del male, dobbiamo aiutarli, ragazzi!- esclama Leonardo, tornato nuovamente serio, mentre la ferita sul viso, provoca un senso di rabbia nei tre fratelli, che scuotono il capo in segno di negazione.
-Perché dovremmo aiutarli?- replica adirato Raphael, avvicinatosi a un Leo per lo più confuso: -Lo leggo nei tuoi occhi, che non vorresti rischiare il guscio per quei due pazzi sboccati!-.
-Lo so che ci hanno fatto passare un brutto quarto d’ora, ragazzi, però…- ribatte il leader, abbassando per un attimo le katana, come volesse arrendersi.
-Però c’entra il Bushido e gli insegnamenti del maestro Splinter, non è vero?- completa un Donatello, tornato il genio di sempre, con tutta la determinazione possibile.
-E’ così…- risponde Leonardo, partendo alla carica.
Corre velocissimo e facendo roteare abilmente le katana nelle sue tre dita, spicca un balzo, colpendo con il manico sulla testa molliccia della specie di lumaca, che parendo fatta di gomma, attutisce senza problema il colpo.
-Ragazzi, gli diamo una mano?- chiede Michelangelo ghignando.
-Tu che cosa dici?- aggiunge un Donatello beffardo, che spicca un salto degno delle Olimpiadi, colpendo con il Bo la schiena molle dell’alieno, sfumando la possibilità di vittoria.
-Ok, è il mio turno! Ma quando questo mostro sarà sistemato, torneremo a casa!- ringhia Raphael, mollando il più potente calcio ninja il piena pancia al mostro, che sputa una sostanza verde, con alte capacità corrosive.
Toltosi miracolosamente dal bersaglio della lumaca, Raphael tira un sospiro di sollievo: quello sputo ha corroso il pavimento, in un fumo giallastro.
-Arriva super Mik!- grida un Michelangelo correndo addirittura sulle mura, evita un colpo di coda del mostro e si lancia in una testata micidiale, mentre uno strillo del mostro, gli spacca la testa, mandando il tilt la sua concentrazione.
-FRATELLO!- gridano le tre tartarughe, mentre J e K, assistito a tutto, li guardano molto sorpresi da tale bravura.
-Stai bene, vero?- chiede preoccupato Donatello, rimuovendo alcuni pesanti scatole di metallo dal suo guscio.
-Ragazzi…- geme Mik, rialzatosi grazie a Leo: -Quel lumacone ha un urlo bestiale! Mi ha spaccato i timpani!-.
-Urlo? Quale urlo?- chiede perplesso Donatello: -Non abbiamo sentito nulla!- continua facendo le spallucce.
-Come non avete sentito nulla?! Ma se quel coso è peggio della vocetta arrogante di Shredder in versione polpo stato troppo al sole?!- esclama furibondo, grattandosi la testa con l’indice, dato che pollice e anulare stringono i nunchaku.
-Per me, hai qualcosa che non va- taglia corto Donatello.
-Fratello, non è una novità!- aggiunge sarcasticamente Raphael.
-Scusate, vogliamo toglierci di qua?- esclama Leonardo, evitando uno sputo micidiale, con una ruota.
-Tanto per fare la rima, ma il mostro, un punto debole c’è l’avrà?- ironizza Michelangelo, pestando volontariamente la coda del lumacone, facendolo crollare miseramente in terra, con un bel tonfo.
-E’ andato a dormire?- chiede perplesso l’arancione, guardando le facce basite dei suoi fratelli, per non parlare di K e J, che ghignano come fossero soddisfatti.
Una squadra di dieci MiB trasporta il mostro con delle corse elastiche elettriche: con un semplice pulsante sull’impugnatura di metallo, esse emettono una scarica elettrica molto potente, in grado di stordire chiunque.
-Adesso basta con i giochini!- ringhia Raphael puntando contro la gola di K la lama più lunga del suo Sai: -Diteci chi siete e cosa volete!-.
-Prima, però, vorremmo portarvi con noi!- esclama l’agente K, spostando con l’indice il Sai, mentre Raphael lascia fare, stupito quanto i suoi fratelli.

Tartarughe e umani vanno in una grande sala bianca, dove vi sono circa dieci poltrone bianche a forma di mezzo uovo, con i sedili internamente rivestiti di nero.
-Sedetevi qui e aspettate. Intanto, potete leggervi il manuale della nostra società e anche compilarlo!- prosegue K, chiudendo dentro la stanza le tartarughe che, basite, si siedono, trovando sotto al loro guscio un libro A4, composto da dieci misere pagine.
I due MiB, scrutano attenti i mutanti da un vetro che permette di guardare nella stanza, ma non essere visti.
-Vuoi davvero introdurli nei MiB?- chiede titubante J, mentre guarda i quattro che sembrano a loro agio.
-Guarda e poi chiedi- taglia corto un curioso K.
-E’ assurdo! Non si può scrivere in queste poltrone! Non si trova la posizione giusta!- ringhia Raphael, mentre Michelangelo si distende a pancia in giù sul lucido pavimento bianco, mentre si sorregge la testa con la mano destra.
-Usa l’immaginazione!- ride l’arancione, leggendo distrattamente il manuale.
A Raphael salta un’idea in mente: si alza da quella scomoda poltrona e si appoggia sullo schienale ricurvo, trovando una gran bella posizione.
Leo, invece, si rannicchia nella poltrona, piegando le gambe, creandosi un perfetto leggio!
Don, al contrario, si sposta il tavolino tondeggiante sotto di lui, distendendo le gambe: -A volte, le cose più stupide, sono le più utili!- esclama.
K e J ghignano: quelle tartarughe sanno il fatto loro!
La seconda prova consiste, invece, di sparare con armi laser ai mostri: al buio, però.
-Se riuscirete a sparare i mostri, vi daremo le risposte che volete!- informa loro K, spegnendo la luce.

Brutte sagome di alieni sbucano dappertutto, anche se le tartarughe non sparano affatto: sotto ordine di Michelangelo, esse attendono la creatura più improbabile, cioè una bambina di otto anni con in mano dei libri di fisica quantistica: -Sotto ragazzi! E’ quella bimba il mostro cattivo!- e tutte e quattro sparano un colpo a testa, centrandola.
-Molto bene, ragazzi. Ora, siete ufficialmente dei MiB!- esclama J, assieme a K.
-Dei cosa?- riformula Raphael, inarcando il sopracciglio destro.
-Man in Black: organizzazione segreta che si occupa degli alieni- risponde velocissimo K, aspettandosi una domanda del genere.
-Alieni? Un po’ come Bishop nell’Area 51, nel Nevada?- chiede Donatello, non convinto.
-Più o meno, dipende chi sia questo Bishop- risponde ancora una volta K, facendosi seguire nella stanza a due livelli dove lavorano i MiB.
A tutti e quattro cominciano degli strani esami: vengono cancellati da possibili giornali e archivi top-secreti la loro esistenza e i loro nomi; le loro impronte digitali vengono eliminate con dei raggi molto caldi, si vestono con un solo abito: camicia bianca, giacca nera, come pantalone e scarpe a lacci. 
La corazza sulla schiena rimane all’aria: secondo J, sarebbe stato poco estetico andare in giro con una gobba simile.
-Ma… Ora che siamo MiB, non possiamo più tenere le nostre armi o le maschere?- chiede Michelangelo, non volendo rinunciare certamente ai due oggetti pronunciati.
-In teoria no, ma, sembrate identici senza di essi: per una volta, faremo uno strappo alla regola!- pronuncia K, facendo rallegrare i quattro.
-La vostra missione è semplice: ci sono degli strani alieni che gironzolano in città; trovateli e portateli qui- assegna K, come prima prova.
-Alieni? Trovarli sarà una passeggiata!- esclama Raphael, che cambia idea quando si ritrova in superficie, in pieno giorno, all’ora di punta.
-Come facciamo a capire chi di queste migliaia di persone è un alieno?- chiede già stufo Mik, con occhiali neri sugli occhi.
-Lo capiremo…- dice Leonardo, sentendosi un po’ impacciato in giacca e pantaloni…

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