(Un)broken - Le Ali Della Farfalla

di TheSlayer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 1
 
Ricominciare da zero. Ecco cosa volevo fare quando decisi di trasferirmi da Los Angeles a Londra. Avevo cambiato colore di capelli, passando dal biondo chiaro al castano scuro e li avevo tagliati in modo diverso. Volevo diventare un’altra persona, volevo lasciare alle mie spalle tutto quello che era successo negli Stati Uniti.
L’addetto alla sicurezza all’aeroporto di Heathrow, un uomo corpulento con capelli e baffi grigi, guardò prima il mio passaporto e poi me con un’espressione incuriosita. Certo, la foto sul documento risaliva a quattro anni prima, quando avevo sedici anni ed ero completamente diversa.
“Buona permanenza.” Disse poi, richiudendo il mio passaporto e riconsegnandomelo. Mi diressi verso il nastro dei bagagli per recuperare la mia valigia. Ne avevo portata solo una, perché non volevo nulla che mi ricordasse la mia vecchia vita.
Sul treno diretto verso il centro di Londra cominciai a riflettere sulle scelte che mi avevano portato nel Regno Unito. Erano state impulsive, sbagliate. Non sapevo più nemmeno io quante notti avevo passato a fissare il soffitto e ad avere rimorsi.
Appena fuori dalla stazione di Paddington fui investita dalla pioggerellina fitta e fredda tipica di Londra. La presi come segno di benvenuto e salii su un taxi diretta verso la mia nuova casa. Avevo già pensato a tutto: avrei lavorato in un negozio di vestiti e sarei vissuta in un attico a Kensington High Street, più o meno all’altezza di Hyde Park. Certo, avrei potuto anche passare le mie giornate senza fare assolutamente nulla, visto che i soldi non erano un problema, ma volevo cambiare vita e volevo conoscere persone nuove.
Magari un giorno avrei ripreso gli studi, ma per il momento mi accontentavo di essere una commessa in una città nuova. E Londra era abbastanza grande per ricominciare una nuova vita lontana dall’America.
“Sono dieci sterline.” Disse il taxista quando si fermò davanti alla mia nuova casa. Gli porsi una banconota da venti.
“Tenga il resto.” Replicai prima di scendere dalla vettura. Guardai l’orologio: ero in ritardo di quindici minuti per l’incontro con la padrona di casa, la donna che mi avrebbe dato le chiavi dell’attico che avevo affittato. Era una soluzione temporanea, non volevo impegnarmi ad acquistare un posto che magari mi avrebbe fatto schifo.
Avevo scelto quell’attico per tre motivi: era arredato con gusto, avrei avuto la vista del parco ed ero ad una distanza ragionevole dal mio posto di lavoro. Ci sarei potuta andare a piedi e mi sarei anche potuta fermare da Starbucks sulla strada.
“Mi scusi, c’era una fila interminabile al controllo passaporti.” Dissi quando vidi la padrona di casa che mi aspettava sugli scalini.
“Non si preoccupi, sono cose che succedono.” Replicò la donna prima di accompagnarmi nell’appartamento. “Ecco, queste sono le sue chiavi di casa. Ho ricevuto il primo pagamento e credo di averle detto tutto quando ci siamo sentite al telefono.” Replicò la donna. Adoravo l’accento inglese e speravo di riuscire anche ad imitarlo un giorno. Magari avrei potuto vivere a Londra per anni, così avrei potuto ottenere il passaporto britannico. Forse avrei potuto fingere di essere inglese.
“Sì, mi ricordo tutte le regole.” Dissi. “Non posso fumare in casa, niente animali domestici, niente feste e via dicendo.” Aggiunsi con un sorriso.
“Per qualsiasi cosa mi contatti pure al numero che le ho lasciato, signorina Moore.”
“Grazie, signora Gardner.”
La donna sparì dietro le porte dell’ascensore che arrivava direttamente in salotto e mi lasciò sola nel mio nuovo appartamento. Mi guardai intorno, constatando che tutto era esattamente come nelle foto dimostrative sul sito dell’agente immobiliare e decisi che sì, mi sarei trovata benissimo in quel posto. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori: Hyde Park era magnifico con gli alberi dalle chiome verdissime. La strada che separava il palazzo in cui vivevo dal parco era trafficata e c’erano tre famosissimi autobus rossi a due piani in fila.
Sbadigliai e tornai all’ingresso, dove avevo abbandonato la valigia. Estrassi il passaporto dalla tasca della borsa e lo aprii. Tornai ad osservare la mia foto e scossi la testa davanti all’ingenuità che avevo dimostrato a quell’età. A sedici anni avevo preso una decisione che mi aveva cambiato la vita e non avevo ancora smesso di pentirmene.
 
Combattere il fuso orario non fu per niente facile. Per i primi tre giorni mi svegliai alle quattro del mattino, senza più riuscire a prendere sonno. Così passai il tempo a guardare canali che trasmettevano news ventiquattro ore al giorno per poi alzarmi e andare a fare jogging al parco. La prima mattina commisi l’errore di uscire semplicemente in maglietta e pantaloni, abituata al tempo sempre mite di Los Angeles. Scoprii ben presto che Londra alle sette del mattino era fredda, nonostante il calendario mi diceva che avremmo dovuto essere quasi in estate.
Ben presto cominciai ad avere una routine: sveglia presto, corsa al parco seguita da doccia, colazione e lavoro.
Il negozio di vestiti dove avevo cominciato a lavorare apriva alle dieci, quindi avevo tutto il tempo del mondo. Avevo immediatamente fatto amicizia con Sarah, una delle mie colleghe e ci trovavamo benissimo. Passavamo le pause pranzo insieme e sembrava quasi che ci conoscessimo da una vita invece che solo da un paio di settimane.
“Così gli ho risposto: non ci penso nemmeno! Non mi hai neanche offerto la cena!” Esclamò la ragazza. Il negozio aveva chiuso, ma noi avevamo appena ricevuto un carico di merce nuova e lo stavamo sistemando per il giorno successivo. Eravamo rimaste in poche e stavamo lavorando con la musica accesa mentre chiacchieravamo e Sarah mi stava raccontando di come aveva rifiutato l’invito di andare in una camera di un hotel di dubbio gusto con uno sconosciuto che aveva incontrato la sera prima al pub.
 “E lui cos’ha detto?” Chiesi con interesse mentre piegavo una maglietta e la riponevo sullo scaffale di fronte a me.
“Mi ha risposto che non aveva abbastanza soldi per offrirmi una cena intera e mi ha chiesto se mi accontentavo di una birra. Inutile dire che l’ho mandato a quel paese senza pensarci due volte.” Replicò la ragazza. Sarah aveva la mia stessa età e avevamo scoperto di essere nate con un mese esatto di differenza l’una dall’altra. Era leggermente più bassa di me e aveva una chioma di capelli mossi rosso ramato, il viso cosparso di lentiggini e gli occhi verdi.
“Hai fatto benissimo.” Dissi.
“Tu dovresti venire fuori con me qualche volta!” Esclamò Sarah dopo qualche istante. “Ti racconto sempre quello che mi succede, ma sarebbe più bello se tu vivessi il tutto insieme a me!”
“Non lo so, Sarah…” Cominciai a dire, cercando una scusa per rifiutare l’invito.
“Dai, Kat! Josh, il ragazzo di cui ti parlavo qualche sera fa, ha cominciato a lavorare come PR e ci può mettere in lista in un locale bellissimo! E’ venerdì sera, non puoi dirmi di no.”
“Ma veramente… E’ già tardi, dovrei prepararmi.” Dissi, guardando l’orologio e scoprendo che erano già le nove.
“Abiti praticamente qui di fianco e al locale possiamo arrivare alle undici o a mezzanotte.”
“D’accordo.” Cedetti infine. Cosa sarebbe potuto succedere di male in un locale? Ero più matura di quattro anni prima, prendevo decisioni meno incaute e avevo imparato la lezione.
“Evvai!” Esultò Sarah, prendendo un vestito di pizzo nero da uno scatolone e mostrandomelo. “Questo è in vendita da domani.” Disse, sventolandomelo davanti al naso.
“E…?” Domandai.
“Niente, dico solo che ti starebbe benissimo e che è adatto ad una serata fuori.” Rispose con aria vaga. “Ma se non lo vuoi posso sempre metterlo io.” Aggiunse poi, nascondendo l’abito dietro la schiena e sorridendo.
“No! Okay!” Replicai, acchiappando il vestito al volo e mettendomelo davanti per darmi un’idea di quanto era corto. Non eccessivamente, poteva andare bene. “Lo metto se tu indossi quello.” Aggiunsi, indicando lo scatolone di fronte a noi. Sarah estrasse un abito corto pieno di paillettes e scoppiò a ridere.
“D’accordo. Ma solo perché in questo locale ci andremo giusto una volta in tutta la nostra vita e sono sicura che non incontrerò mai più nessuna di quelle persone.” Rispose la ragazza. “Sarà come essere un’altra persona per una serata.” Aggiunse. Mi bloccai con il vestito che avevo in mano a mezz’aria, colpita da quelle parole.
Sarà come essere un’altra persona per una serata… era esattamente quello il pensiero che mi aveva portata a tutto quello che era successo. Provai un brivido lungo la schiena e inspirai profondamente, ripetendomi che no, non sarebbe successo niente. Avrei ballato con Sarah, mi sarei divertita e sarei tornata a casa.
 
“Non avevi detto che Josh ci avrebbe messo nella lista VIP.” Commentai quando entrammo nel locale. Eravamo passate da casa mia per truccarci e cambiarci e avevamo preso un taxi per arrivare al locale nel Mayfair, la zona in di Londra.
“Scherzi? E’ quello il divertimento! Ci facciamo offrire da bere da qualche riccone, balliamo e ci divertiamo a spese degli altri!” Esclamò Sarah dopo aver baciato Josh su entrambe le guance e aver lasciato la giacca al guardaroba.
“Okay.” Dissi. Era impossibile non farsi contagiare dall’entusiasmo della ragazza.
“In fondo sono solo due anni che cerco di entrare in un locale come questo!”
“D’accordo, non sarò io che ti rovinerò la serata!” Esclamai. La musica era altissima e faticavamo a sentire quello che ci dicevamo, ma ero abituata. A Los Angeles uscivo quasi tutte le sere. Anzi, ero abituata a volumi ben più alti.
Lasciai anche la mia giacca al guardaroba e seguii Sarah al tavolo che il suo amico Josh ci aveva riservato. La mia amica cominciò a guardarsi intorno, probabilmente alla ricerca di qualche riccone da conquistare per farsi offrire un drink. Come in tutti i locali in cui ero stata a Los Angeles, anche in questo c’erano solo due tipi di uomini nella zona VIP: i viscidoni di mezza età che ti squadravano e ti facevano l’occhiolino e i figli di papà che sembravano estremamente stupidi, ma almeno avevano un’età accettabile.
“Loro due.” Dissi, muovendo la testa leggermente in direzione di due ragazzi che erano a un tavolo da soli. Tutti gli altri erano circondati da amiche e fidanzate molto belle o direttamente da modelle.
“Dici?” Mi domandò Sarah. Guardò i ragazzi con un’espressione incuriosita e poi spostò lo sguardo su di me.
“Fidati.” Risposi annuendo. Non avevo raccontato nulla del mio passato alla mia nuova amica, ma sapevo quello che stavo facendo. Farsi offrire un drink da uno dei viscidoni era fuori discussione e cercare di unirsi a un gruppo già molto numeroso era completamente inutile. E poi quei due erano incredibilmente attraenti, il che non guastava.
“Dobbiamo andare a presentarci?” Mi chiese Sarah.
“No!” Risposi scandalizzata. Poi mi ricordai che la ragazza non era mai stata in un locale del genere, quindi non aveva idea di come ci si comportasse. “Cominciamo a ballare e ogni tanto voltiamoci verso di loro e sorridiamo. Vedrai che tra cinque minuti verranno da noi.” Aggiunsi.
“Okay.” Sarah sembrava perplessa, ma si fidò di me. Cominciammo a ballare e a lanciare occhiate nella direzione dei due ragazzi seduti sul divanetto e, come avevo previsto, dopo pochi minuti si alzarono e ci raggiunsero.
“Ciao, ragazze!” Ci salutò il primo. Era più alto di me, aveva i capelli neri tagliati abbastanza corti e gli occhi azzurri. Da quello che riuscivo a vedere aveva le braccia piene di tatuaggi ed era dannatamente attraente. L’altro aveva i capelli biondi e gli occhi verdi ed era un po’ più basso del primo, ma altrettanto pieno di tatuaggi e ugualmente affascinante. Non ero mai stata brava ad indovinare l’età delle persone, ma avrei giurato che quei due ragazzi non erano molto più grandi di Sarah e me.
“Ciao.” Risposi, continuando a ballare con la mia amica.
“Possiamo offrirvi qualcosa da bere?” Chiese il primo. Sorrisi e smisi di ballare per voltarmi verso di lui.
“Volentieri.” Risposi. Sarah, di fianco a me, stava annuendo e guardando il primo ragazzo con aria interessata.
“Cosa prendete?” Domandò il biondo. “A proposito, io sono Tommy, piacere di conoscervi.” Aggiunse.
“Kat.” Dissi. “Per me un’acqua tonica, grazie.” Aggiunsi poi. Era difficile staccare gli occhi da quel ragazzo per quanto era attraente. Notai che Sarah mi stava guardando con aria leggermente perplessa, ma non ci feci caso.
“Savannah.” La sentii dire. Quindi voleva davvero essere qualcuno di diverso quella sera. Cercai di ricordarmi di non chiamarla mai Sarah per non rovinarle il gioco. “Prendo un Cosmopolitan.”
“D’accordo, torno subito.” Disse Tommy, lasciandoci da sole con il primo ragazzo. Lo seguii con lo sguardo fino al bar e poi mi voltai verso il suo amico.
“Io sono Evan invece, piacere.” Si presentò. Invece di darci la mano ci abbracciò entrambe e ci diede due baci sulle guance.
“Avevo sentito dire che voi inglesi non eravate amichevoli, invece mi sbagliavo!” Dissi ridendo.
“Sono di origini australiane.” Rispose Evan.
“Ecco perché. Adesso mi spiego tutto.”
“Voi invece da dove venite?”
“California.” Risposi, rimanendo vaga. Non c’era bisogno che dicessi la città, giusto?
“Io sono nata e cresciuta a Londra.” Disse Sarah. Tommy tornò con i nostri drink e brindammo alla serata.
 
“Questo cocktail fa schifo.” Confessò Sarah dopo un po’. Avevamo ballato con Tommy ed Evan e poi i ragazzi ci avevano invitate a sederci al loro tavolo per fare loro compagnia.
“E’ fatto male?” Domandai.
“Non lo so, non avevo mai assaggiato un Cosmo.” Replicò la ragazza con una scrollata di spalle che mi fece sorridere. “Sono abituata alla birra.”
Sarah mi ricordava me stessa qualche anno prima e speravo che non avrebbe fatto i miei stessi errori. In fondo ci voleva davvero poco per cambiare completamente il corso della propria vita.
“Vuoi assaggiare?” Le chiesi dopo qualche istante, porgendole il mio bicchiere.
“No, grazie. Credo che andrò a prendere una birra.” Disse Sarah, abbandonando il drink ancora mezzo pieno sul tavolino di fronte a lei.
“Tutto bene?” Le domandò Evan quando vide che la ragazza si stava alzando.
“Stavo andando a prendere una birra.” Rispose lei.
“Andiamo insieme, te la offro io.” Propose il ragazzo e si allontanarono insieme verso il bar, lasciando Tommy e me da soli sul divanetto.
“Kat.” Disse il ragazzo, pronunciando il mio nome con un forte accento britannico che mi fece, se possibile, pensare che fosse ancora più attraente. “Immagino che te lo dicano spesso che assomigli a un gatto. Hai il nome adatto a te.” Aggiunse, osservandomi. Sì, non era di certo la prima persona a notare la mia somiglianza con un felino. In realtà io non la vedevo. Forse erano gli occhi verdi un po’ allungati o la forma del viso. Non ne avevo idea. In quel momento avrebbe potuto dirmi quello che voleva, tanto io ero distratta dal suo accento.
“Mia nonna ha iniziato a chiamarmi Kat proprio per questo motivo. Il mio nome intero sarebbe Katherine.” Risposi, bevendo un altro sorso dal mio bicchiere. “Quindi, um, Tommy… cosa fai nella vita? Tatuatore?” Domandai dopo qualche minuto, cambiando completamente discorso e cercando di indovinare. Aveva le braccia quasi completamente ricoperte, quindi probabilmente era una sua passione. Magari lo faceva di lavoro. Inoltre volevo disperatamente cambiare discorso, perché parlare del mio aspetto fisico mi metteva in imbarazzo, per qualche strano motivo. Non mi capitava spesso di essere timida con qualcuno e non era mai un buon segno.
“No.” Replicò il ragazzo, ridendo. “Canto e suono la chitarra.”
Ringraziai il buio del locale, sperando che fosse servito a nascondere la mia espressione a metà tra il deluso e lo scioccato. Un musicista? No, grazie. In mezzo secondo cambiai completamente idea su di lui.
“Oh.” Commentai.
“Tu cosa fai, invece?”
“Lavoro in un negozio di vestiti.” Replicai, cercando di far cadere la conversazione. Tommy era bellissimo e, in altre circostanze, mi sarebbe probabilmente piaciuto conoscerlo meglio. Il fatto che fosse un musicista, però, mi bloccava.
“Sei una ragazza misteriosa, Kat, non è vero?” Mi domandò dopo qualche minuto senza distogliere lo sguardo. Deglutii, sentendo un brivido risalirmi la schiena e chiedendomi per quale motivo dovesse essere un musicista, con tutti i lavori che c’erano al mondo. Non poteva essere un astronauta? O un domatore di dinosauri, un cameriere, un pilota di auto da corsa, un mantenuto dai genitori. Qualsiasi cosa, ma non un musicista.
“Rende le cose più interessanti.” Replicai con un sorriso. Forse andare in quel locale con Sarah non era stata una buona idea, soprattutto perché la mia amica era sparita con Evan e non sembrava avere intenzione di tornare. “Credi che dovrei andare a cercare Sa…vannah?” Mi maledissi mentalmente perché stavo rischiando di dire il nome vero della ragazza e cominciai a guardarmi intorno. La coppia non era al bar e non era nemmeno nella zona VIP del locale. Non sapevo da quanto tempo si fossero allontanati, ma mi sembrava parecchio.
“Ti accompagno.” Si offrì Tommy, alzandosi dal divanetto. Non trovammo i nostri amici da nessuna parte e cominciai ad agitarmi.
“Non le sarà successo qualcosa, vero?”
“Non credo.” Rispose il ragazzo. “Conosco Evan da una vita e non è il tipo di persona che obbliga qualcuno a fare qualcosa che non vuole, se è quello a cui stai pensando.”
“Senza offesa, ma ci siamo appena conosciuti e non sono molto portata a credere a quello che mi stai dicendo. Potrebbe benissimo essere una scusa.” Dissi, estraendo il cellulare dalla pochette e chiamando la mia amica. Sarah rispose dopo qualche squillo e, a giudicare dalla musica altissima che sentivo in sottofondo, si trovava ancora nel locale.
“Scusa se non ti ho avvisata, ma sono andata a fare due passi con Evan! Siamo appena rientrati nel locale!” Esclamò e terminò la chiamata. Dopo pochi istanti, infatti, i due ragazzi ricomparvero nella zona VIP, sorridendo e tenendosi per mano.
“Scusa tu, sono andata in paranoia.” Spiegai quando Sarah prese posto di fianco a me.
“Lo so, mi sono resa conto di essere stata via per tantissimo tempo solo quando ho visto che mi stavi chiamando. Siamo usciti dal locale per parlare perché qui dentro non si sentiva nulla.” Disse la ragazza.
“E…?” Domandai. Ormai ero tranquilla e sapevo che non le era successo nulla, quindi volevo sapere tutto.
“Credi che sia possibile innamorarsi in una sera?” Mi chiese con espressione sognante.
“Sì.” Risposi convinta. Sapevo per certo che era possibile, perché mi era capitato.
“Evan è il ragazzo perfetto. Abbiamo parlato di tutto, mi ha offerto la sua giacca quando avevo freddo…” Sarah si interruppe per sospirare e lanciare un’occhiata al ragazzo, che stava chiacchierando con Tommy. “Comunque a te come è andata con lui?”
“Mmh…” Risposi. “Non andiamo molto d’accordo.” Aggiunsi. In realtà mi sarebbe piaciuto andare d’accordo con lui, ma non mi sembrava il caso. Era un musicista, quindi era un caso perso in partenza. Era come se sapessi dall’inizio che tutto quello che usciva dalla sua bocca era una menzogna.
“Mi dispiace.” Commentò Sarah. “Sareste carini insieme.”
 
 Alla fine della serata, dopo aver riso e scherzato e ballato fino ad avere i piedi doloranti, Sarah ed io decidemmo di condividere un taxi fino al mio appartamento. Avremmo dormito insieme, tanto avremmo dovuto svegliarci dopo poche ore in ogni caso per andare a lavorare.
“Evan, è stato un piacere conoscerti!” Esclamò la mia amica avvicinandosi al ragazzo.
“Anche per me. Mi farebbe piacere rivederti.” Rispose lui. Sarah arrossì e sorrise.
“Anche a me.” Disse. I due si avvicinarono per salutarsi e si scambiarono un bacio. Lo presi come un segnale per distogliere lo sguardo e mi trovai di nuovo da sola con Tommy.
“Beh, a presto, immagino.” Disse il ragazzo.
“Già.” Risposi. Tommy si avvicinò e mi diede due baci sulle guance. Provai un altro brivido al contatto e chiusi gli occhi, nella speranza di non tradire nessuna emozione. Perché l’unico ragazzo attraente di tutto il locale doveva essere uno stupido musicista?
“Andiamo?” Propose Sarah, prendendomi a braccetto. Passammo dal guardaroba a recuperare le nostre giacche, salutammo Josh e fermammo un taxi per tornare a casa, dove cercammo di addormentarci immediatamente. Sapevamo già che il mattino successivo saremmo state degli zombie al lavoro, ma ne era valsa la pena. Almeno Sarah si era divertita e aveva incontrato un ragazzo di cui si era praticamente già innamorata.

 


Buongiorno! Esattamente un anno fa ho postato su EFP la mia primissima storia! Per festeggiare il mio primo anniversario ho deciso di postare questa storia originale. (Un)broken ha un significato particolare per me, perché l'ho scritta per partecipare ad un concorso di una casa editrice. Purtroppo non sono arrivata in finale, ma è una storia che amo e ci tenevo a condividerla con tutti.
Nei primi capitoli vedremo il quadro generale della situazione. Tutto quello che leggerete in queste prime pagine porterà al cuore della storia, a quando scopriremo davvero cosa sta succedendo a Kat. Perché se ne è andata da Los Angeles? Cos'è successo nel suo passato? Perché lo sta evitando?

Ci tengo a ringraziare le persone che hanno già letto le prime cinquanta pagine sul sito del concorso. Posterò due volte a settimana, così arriveremo più presto al resto della storia. Grazie a tutti in anticipo se deciderete di leggere!
A giovedì con il prossimo capitolo e spero che questa storia vi piaccia. A me è piaciuto tanto scriverla :)

Vi lascio i miei link:

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 2

“Come mai è andata male con Tommy?” Mi domandò Sarah qualche giorno dopo. Aveva rivisto Evan per un appuntamento vero e proprio ed era la persona più felice sulla faccia della terra. Mi aveva confessato che era stato imbarazzante dovergli dire che il suo nome vero era Sarah e non Savannah, ma Evan aveva capito e aveva riso, quindi era andato tutto bene.
“Musicista.” Spiegai per l’ennesima volta. La ragazza sembrava non voler abbandonare il discorso, anche dopo i miei costanti tentativi di deviarla e farla parlare di altro.
“Ma non è una buona scusa. Ho visto come vi guardavate, eravate attratti l’uno dall’altra.” Insistette.
Sbuffai, leggermente frustrata, e sperai che entrasse un cliente che aveva bisogno di assistenza al più presto per evitare quel discorso. Sì, ero attratta da lui anche dopo aver scoperto che lavoro faceva, ma non voleva dire assolutamente nulla.
“Ho conosciuto vari musicisti nella mia vita. Non funziona mai.” Spiegai, cercando di rimanere sul vago. Non c’era bisogno che entrassi nei dettagli. Non volevo di certo rovinarmi la giornata pensando a quello che era successo in passato.
“Mi stai dicendo che tra me ed Evan non funzionerà mai? Perché lui suona il basso insieme a Tommy, quindi…”
“No, no. Sono io quella che ha avuto sfiga con il genere.” Dissi. Ma dov’erano i clienti perditempo quando servivano? Il negozio era stranamente vuoto quel giorno.
“Un giorno dovrai spiegarmi cosa ti è successo.” Concluse Sarah, scuotendo la testa e raccogliendo un abito che qualcuno aveva fatto cadere e lasciato sul pavimento.
“Un giorno lo farò.” Replicai. Forse.
 
Finalmente anche a Londra sembrava essere arrivata la primavera. Un po’ in ritardo, dato che da calendario eravamo già in estate, ma non mi lamentavo. L’Inghilterra mi piaceva anche per il suo tempo strambo e mi ero attrezzata per ogni evenienza: la mattina, quando andavo a fare jogging, indossavo una felpa e tenevo in tasca un impermeabile portatile di plastica da usare in caso di pioggia.
Solitamente camminavo dal mio appartamento al parco, mi fermavo a fare stretching e poi cominciavo a correre e raggiungevo il laghetto con i cigni. Non facevo quasi mai caso a quello che avevo intorno, ma quella mattina posai lo sguardo sul cartello con la mappa del parco mentre mi scaldavo e lessi “Benvenuti a Kensington Gardens.”
“Kensington Gardens?” Borbottai fra me e me. “Ma che diavolo… Hyde Park…”
“I Kensington Gardens fanno parte di Hyde Park.” Rispose una voce alle mie spalle. Mi voltai di scatto, un po’ spaventata e un po’ scocciata e mi si fermò il cuore per un secondo quando vidi Tommy davanti a me. In quel momento avrei voluto avere degli auricolari con la musica a tutto volume, almeno non l’avrei sentito – o comunque avrei avuto una scusa per ignorarlo.
“Cosa fai sveglio a quest’ora?” Fu l’unica cosa che riuscii a chiedergli e il ragazzo scoppiò a ridere.
“Non faccio jogging, se te lo stai chiedendo.” Rispose. In effetti stava indossando un paio di jeans scuri e una maglietta a mezze maniche di una vecchia band rock. Non era l’abbigliamento adatto, ma quei vestiti sgualciti gli stavano benissimo. Gli davano proprio l’aria da rockstar.
“Quindi mi stavi seguendo?” Domandai ancora, confusa. Londra era enorme e contava più di otto milioni di abitanti su una superficie di più di millecinquecento metri quadrati. Perché Tommy ed io dovevamo trovarci proprio nello stesso metro quadrato e nello stesso momento?
“No.” Replicò lui, scoppiando a ridere. “Abito qui vicino e soffro d’insonnia. Ogni tanto, invece di stare a fissare il soffitto e incazzarmi perché non riesco a dormire, alle sette mi vesto e vengo a fare una passeggiata nel parco. Quando torno, di solito, mi addormento come un bimbo.” Spiegò.
Quindi eravamo anche vicini di casa. Che gioia. Annuii alla sua spiegazione, pensando che avesse ragione. Anch’io avevo cominciato ad andare al parco per colpa del jet lag. Trovavo che non avesse senso accanirsi e cercare di riaddormentarsi, perché si otteneva solo l’effetto contrario. Una passeggiata o una corsa nel parco aiutavano di sicuro.
“Mi dicevi quindi che questo è Hyde Park… ma non lo è?” Chiesi dopo qualche minuto. Avevo ricominciato a fare stretching e mi stavo preparando per la mia corsa giornaliera, ma il discorso del nome del parco mi interessava e dato che l’aveva iniziato…
“Sì, vedi quel palazzo? Si chiama Kensington Palace e ci vive parte della famiglia reale. E’ quello che ha dato il nome a questa parte di parco.”
“Quindi, in teoria, siamo nel giardino del principe?”
“Sì, più o meno.” Rise divertito Tommy. Negli Stati Uniti non eravamo decisamente abituati ad avere una famiglia reale. Il massimo che avevamo era la Casa Bianca e non si poteva di certo fare jogging nel giardino del Presidente degli Stati Uniti. Non se si voleva evitare di essere arrestati, almeno.
Cominciai a correre sul posto, pronta per partire ed immersa nei miei pensieri, ma prima mi voltai verso il ragazzo. Perché, oltre ad essere un musicista, doveva essere anche così bello? Cercai di costringermi a smettere di fissare i lineamenti perfetti del suo viso, ma non ci riuscii. E la cosa tragica era che, da quel poco che eravamo riusciti a parlare, sembrava anche che avessimo delle cose in comune.
“Grazie per la spiegazione.” Dissi infine, dopo una pausa abbastanza lunga. Ero sicura che stesse pensando che ero completamente pazza. “Ci vediamo in giro.” Aggiunsi. Perché mi imbarazzava sempre essere in sua presenza? Era una cosa che non mi succedeva da tanto, troppo tempo. Perdevo le parole e non sapevo come comportarmi, cosa dire. Ci vediamo in giro? Probabilmente non avevo mai detto nulla del genere a nessuno. Non aveva senso. Se prima pensava che fossi pazza, in quel momento ne aveva appena avuto la conferma.
“Okay. Buona corsa!” Esclamò lui. Gli rivolsi un cenno con la testa e cominciai a correre sul sentiero che portava al laghetto artificiale. Ogni tanto lanciavo un’occhiata nella sua direzione e notai che era andato a sedersi su una panchina e stava scrivendo qualcosa su un blocchetto.
Il parco era tranquillo a quell’ora del mattino. C’erano solo persone che, come me, facevano jogging e gente che portava i propri cani a fare una passeggiata. Probabilmente il ragazzo stava scrivendo una canzone. Mi sorpresi a pensare che avrei dato qualsiasi cosa per sapere di cosa parlava il testo che stava scrivendo in quel momento.
 
“Io adoro la tua casa.” Disse Sarah qualche giorno dopo. L’avevo invitata a cena perché mi piaceva la sua compagnia e odiavo essere in quell’enorme appartamento da sola. Quando mi ero trasferita pensavo che restare da sola fosse tutto quello che volevo, invece mi sbagliavo di grosso. Perché rimanere da sola mi obbligava a pensare e non volevo farlo. Il più delle volte mi perdevo a pensare al passato e in quei giorni si era aggiunto anche il ricordo dell’incontro con Tommy al parco. Avevo sapientemente evitato di fare jogging a quell’ora per non incontrarlo più. Avevo ritardato tutta la mia routine di mezz’ora, il che mi dava comunque tantissimo tempo per arrivare al lavoro dopo una corsa, una doccia rinfrescante e una buona colazione.
“Grazie.” Replicai, aprendo i cartoncini del cibo cinese da asporto che ci eravamo fatte consegnare. La signora Gardner mi aveva proibito di fare grandi modifiche alla casa, come cambiare completamente i mobili, mettere carta da parati o cose del genere, ma avevo trovato il modo di personalizzare l’appartamento con quadri da sostituire a quelli che erano già appesi, soprammobili, tappeti e cuscini colorati.
Anch’io amavo quel posto. Era in una zona che mi piaceva tantissimo e mi dava la sensazione di essere a casa.
“Ma come fai a permetterti l’affitto in questa via? Io abito lontanissimo e la mattina ci metto quaranta minuti per venire al lavoro.” Si lamentò Sarah. Prese una confezione di bacchette dal sacchetto, le aprì e le staccò una dall’altra per cominciare a mangiare il riso alla cantonese che avevamo ordinato.
“Devo ringraziare mia nonna.” Risposi, abbassando lo sguardo.
“Te l’ha regalato lei?” Domandò Sarah, interessata. Ci conoscevamo da circa un mese e non le avevo ancora parlato apertamente della mia vita privata.
“Non proprio. Beh, è come se l’avesse fatto.” Dissi.
I miei nonni erano molto facoltosi. Nonno Kenneth aveva trovato fortuna nel 1963, trasferendosi dal Wyoming a Hollywood a venticinque anni con tanti sogni nel cassetto e pochi dollari in tasca. Dopo mesi di tentativi aveva ottenuto un colloquio e proposto a una casa di produzione televisiva l’idea per un telefilm. All'inizio si era sentito rispondere un “no” secco, ma l’uomo non aveva perso le speranze e aveva proposto la sua idea a tutte le case di produzione di Los Angeles, finché un giorno aveva trovato qualcuno disposto ad ascoltarlo e a rischiare. E il risultato fu incredibile, perché quella serie televisiva diventò presto popolare, raggiungendo picchi di ascolti altissimi. Da quel momento mio nonno dedicò la sua vita al mondo della televisione, creando alcuni dei telefilm più di successo degli anni Settanta e Ottanta. Fu proprio sul set di uno degli episodi di una delle sue serie culto che incontrò nonna Cecilia, che in quel periodo era una delle modelle più famose del mondo.
Sarah si mise comoda sul cuscino che avevo sistemato davanti al tavolino in soggiorno per ascoltare il resto della storia.
“Mia nonna era la persona con cui preferivo stare in assoluto. Quando ero piccola mio padre e mia madre continuavano a litigare, così io scappavo e andavo a trovare lei, che abitava a pochi metri di distanza da noi in un’enorme villa.”
“Abitavate a Los Angeles?”
“Sì, a Beverly Hills.” Spiegai. “Mia nonna aveva una villa bellissima sulle colline e dal giardino potevi vedere la scritta di Hollywood. La nostra era un po’ più in basso e avevamo la vista sulla città.”
“Deve essere stato magnifico.”
“Ho le foto da qualche parte, te le faccio vedere dopo.” Replicai, pensando che quelle immagini erano probabilmente le uniche cose che guardavo volentieri e che avevo deciso di portare con me. “Mio nonno è morto quando avevo circa dieci anni e nello stesso periodo ho scoperto che nonna CeCe era malata, così ogni volta che potevo andavo a casa sua e mi prendevo cura di lei. Passavo pomeriggi interi al suo fianco e lei mi raccontava tutte le storie della sua gioventù, di tutte le persone interessanti che aveva incontrato, di quello che aveva fatto.” Mi interruppi per sorridere al ricordo di mia nonna e dei suoi racconti. Al solo pensiero sentii gli occhi lucidi e un nodo in gola.
“Non devi raccontarmelo se non vuoi, Kat.” Disse immediatamente Sarah.
“Non preoccuparti.” Risposi. Inspirai profondamente e bevvi un po’ d’acqua per calmarmi. “E’ morta poco prima del mio sedicesimo compleanno.” Dissi poi.
“Mi dispiace.” Mormorò Sarah, appoggiando una mano sulla mia e stringendola leggermente. Mi morsi il labbro inferiore e cercai di sorridere.
“Mia nonna era la persona migliore del mondo. Mi ha lasciato tutto quello che aveva.” Aggiunsi poi, tornando alla domanda della mia amica. “E’ per questo che posso permettermi l’appartamento.”
“E’ lei?” Mi chiese la ragazza, indicando una foto che avevo incorniciato e appeso alla parete.
“Sì, quando era giovane.” Risposi. Mia nonna era sempre stata bellissima e avevo tenuto alcune delle sue foto professionali da incorniciare. Era come se in quel modo avessi sempre una parte di lei con me.
“Ti assomiglia, sai?”
Sorrisi alla foto, poi rivolsi lo sguardo alla mia amica e annuii. Sarah era la prima persona con cui ero riuscita ad aprirmi in parecchio tempo. E quello che le avevo raccontato era un millesimo della mia vita privata, ma almeno era un passo avanti. Magari prima o poi sarei riuscita a dirle tutto.
“Com’è il tuo riso alla cantonese?” Domandai poi per cambiare argomento. Per una sola serata avevo parlato abbastanza di me.
“Buonissimo! Vuoi?”
Ci scambiammo i piatti e le feci assaggiare gli spaghetti di soia che avevo ordinato per me.
“C’è un pub che conosco, non tanto lontano da qui, che fa hamburger buonissimi. Una sera dobbiamo andarci.” Propose Sarah dopo un po’.
“Volentieri. Ma adesso raccontami di Evan e te.”
La ragazza, come sempre quando parlava di lui, sospirò e assunse un sorrisetto e un’espressione sognante.
“Ti giuro, non ho mai incontrato nessuno così perfetto! L’altra sera mi ha portata a casa sua e ha cucinato! Ti pare? Al giorno d’oggi non si trovano ragazzi di venticinque anni che cucinano. Ed è anche bravo!” Esclamò.
“Deduco che la serata sia andata molto bene.”
Molto.” Confermò la mia amica prima di scoppiare a ridere. “Tommy mi ha detto che ti ha incontrata al parco qualche giorno fa.” Aggiunse dopo qualche minuto. “Ci siamo visti l’altro giorno, quando sono andata a casa di Evan. Lui stava andando via e ci siamo incrociati.”
“Sì, stavo facendo stretching. Apparentemente abita qui in zona.” Risposi, cercando di ostentare indifferenza.
“E’ un ragazzo davvero fantastico.” Disse Sarah. Roteai gli occhi al cielo, sapendo che stava per ricominciare con quel discorso. “Dai, Kat, sei qui da più di un mese e non sei ancora uscita con nessuno! Perché non gli dai una possibilità?”
“Ma siamo già usciti, non ci siamo trovati bene.”
“Solo perché tu hai deciso di non provare nemmeno a conoscerlo per qualche oscuro motivo. Ti prego, esci con noi domani sera. Andiamo a cena in un posto carino e ci saremo anche Evan ed io. Se odierai Tommy così tanto potrai andare via.”
Provai a riflettere sulla proposta che mi aveva fatto Sarah: in fin dei conti si trattava solo di una cena e Tommy ed io non saremmo nemmeno stati da soli. La ragazza mi stava guardando con un’espressione di speranza che non mi lasciava nessuna alternativa. Oltre al fatto che avrei potuto passare una serata intera a guardarlo di nascosto. Sarà anche stato un musicista, ma era pur sempre uno dei ragazzi più attraenti che avessi mai conosciuto. Tornai a pensare ai lineamenti perfetti del suo viso, ai capelli biondi un po’ spettinati, ai tatuaggi che ero riuscita a vedere dalla maglietta a mezze maniche… no, dovevo smettere di pensarci.
“D’accordo. Solo perché quando vedrai che non abbiamo niente da dirci smetterai di provare a farmi uscire con lui.” Cedetti, continuando a pensare ai tatuaggi di Tommy. Chissà che cosa rappresentavano. Erano così tanti e intricati che non ero riuscita a capirne nemmeno uno.
“Fantastico! Mando subito un messaggio ad Evan!” Esclamò Sarah, sorridendo. Bastava poco per renderla felice.

 


Buongiorno! Ecco il secondo capitolo di "(Un)broken - Le Ali Della Farfalla". Oggi scopriamo qualcosa in più su Kat, perché la protagonista riesce ad aprirsi un po' con Sarah. Non molto, perché come vedremo più avanti i suoi segreti sono tanti e molto grandi. E giuro che prima o poi scoprirete perché ha un'avversione così grande nei confronti dei musicisti. E' qualcosa di cui parlerò nei capitoli che non sono stati pubblicati nell'anteprima del concorso.
Inoltre ho aggiunto una piccola parte sulla storia dei nonni di Kat per spiegare un po' meglio perché la ragazza è così ricca. Voglio ringraziare Kiki, perché il suo feedback allo scorso capitolo mi ha aiutata molto ed è per questo che ho deciso di aggiungere una parte di racconto.

Grazie anche a tutte le persone che hanno letto lo scorso capitolo e a chi ha commentato. Per qualche strano motivo postare una storia completamente originale è ancora più terrificante di una fan fiction, forse perché tutti i personaggi sono completamente inventati. Non lo so, è una sensazione strana. Spero che questo capitolo vi piaccia! Il prossimo lo posterò lunedì :)

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 3
 
In qualche modo Sarah mi aveva convinta a partecipare ad una cena con lei, Evan e Tommy. E non solo: voleva anche che mi vestissi bene.
“Dai, fallo per me!” Esclamò mentre ci stavamo preparando a casa mia, immergendosi nel mio armadio e mostrandomi un paio di abiti che, secondo lei, sarebbero stati adatti alla serata. Okay, nell’angolo più nascosto della mia mente c’era anche l’intenzione di cercare di essere carina e truccata bene perché Tommy sarebbe stato al tavolo con me.
“Va bene.” Dissi. Sapevo di essere attratta dal ragazzo, ma dovevo convincermi a fingere che non lo fossi. Non potevo permettermi di cascarci ancora. “Dov’è questo ristorante?” Domandai distrattamente cercando il rossetto che avevo intenzione di mettere.
“E’ nel Mayfair, è uno di quelli in cui devi pagare anche l’aria che respiri.” Rispose Sarah, che era seduta sul mio letto e stava combattendo con le sue scarpe con il tacco. Roteai gli occhi al cielo senza farmi vedere dalla mia amica. Avrei evitato volentieri un’altra serata nell’ambiente posh di Londra. “Maledizione a questi cinturini con i buchi stretti!” Esclamò poi, emettendo un grugnito frustrato e lanciando una scarpa dall’altra parte della stanza.
“Tieni, prova ad allargarli con questo.” Le dissi, passandole un ago per la lana. Era un trucco che mi aveva insegnato mia nonna e lo usavo sempre.
“Grazie, mi salvi la vita!” Rispose dopo essere finalmente riuscita ad allacciarle.
Ricordavo ancora il giorno in cui l’avevo scoperto. Avevo quattordici anni e non avevo mai indossato scarpe eleganti. Volevo cominciare a farlo e nonna CeCe me ne aveva regalato un paio con il tacco non troppo alto, adatte alla mia età, e con il cinturino così avrei potuto metterle alla sua festa di compleanno. La malattia stava peggiorando, ma la donna aveva trovato lo stesso la forza di organizzare qualcosa con le amiche più care: un pomeriggio tranquillo a base di tè e chiacchiere. Non voleva arrendersi. Anzi, voleva celebrare quello che le restava da vivere. Era una donna forte e quella era una delle caratteristiche che ammiravo di più in lei, insieme alla sua gentilezza e alla sua eleganza.
Quando ero una bambina amavo vestirmi e prepararmi in camera sua, perché mi piaceva osservarla mentre si truccava e si acconciava i capelli davanti allo specchio. Aveva sempre avuto un’aria regale e speravo che un giorno sarei diventata come lei.
Quel giorno mancavano pochissimi minuti all’arrivo del primo ospite, così avevo deciso di indossare le scarpe per andare a dare il benvenuto a tutti. Nonna CeCe aveva notato subito il mio disagio perché non riuscivo ad allacciarle. Ero abituata a quelle da ginnastica, perché non avevo nessuna occasione per vestirmi in modo elegante. Passavo tutto il mio tempo a scuola, in biblioteca o a casa sua. La donna si era seduta di fianco a me e mi aveva spiegato che i fori dei cinturini erano stretti perché le scarpe erano nuove. Poi si era alzata, aveva preso un ago da lana e mi aveva insegnato quel trucco che, a sua volta, le aveva insegnato sua madre.
“E adesso andiamo!” Disse Sarah, facendomi tornare al presente. Non erano passati tanti anni, ma in quel momento mi sembrava che quella scena fosse successa in un’altra vita.
“Yay!” Esclamai, fingendo entusiasmo. Senza nemmeno saperlo la ragazza aveva fatto tantissimo per me in quel mese a Londra, quindi volevo renderla felice. Anche se significava resistere per un’intera cena seduta allo stesso tavolo del ragazzo per cui non potevo permettermi di avere una cotta.
 
Vedere Sarah ed Evan così innamorati dopo poco tempo era bellissimo. Stavano davvero bene insieme e non avrei potuto essere più felice per lei. Sembravano fatti l’uno per l’altra. Anche Tommy li guardava sorridendo, come se fossero la coppia più bella del pianeta. Noi due, invece, non potevamo essere più impacciati insieme. O almeno io lo ero. Lui sembrava tranquillissimo.
“So che ti piacciono i Kensington Gardens, ma a parte questo come ti sembra la zona in cui vivi?” Mi domandò il ragazzo dopo qualche minuto di silenzio imbarazzato. Avevamo già ordinato tutti e stavamo aspettando che la cameriera ci portasse da bere. Evan e Sarah erano impegnati in una conversazione su qualcosa che non avevo mai nemmeno sentito nominare.
“Mi piace molto.” Risposi. "Ho scoperto che c’è Whole Foods: ci andavo anche quando vivevo a Los Angeles perché preferisco il cibo biologico e, dato che il supermercato è vicinissimo a dove abito adesso, praticamente faccio la spesa solo lì." Dissi.
“Ah, sì, lo conosco! Ci abito di fianco.” Disse Tommy, sorridendo. “Sei mai stata dall’altra parte del parco? Nella zona tra Queensway e Bayswater?”
“No.”
“A me piace molto. C’è una via intera di negozi, ristoranti e c’è anche un centro commerciale. E’ piccolo e non c’è mai tantissima gente, quindi è piacevole.”
“Non pensavo che fossi un tipo a cui piace fare shopping.” Dissi. 
“Non particolarmente, ma all’ultimo piano c’è uno Starbucks a cui mi piace andare quando fa freddo. Non è frequentatissimo. Anzi, è sempre quasi vuoto quindi posso stare tranquillo e comporre.”
“Quindi scrivi i testi e componi la musica?” Domandai. Per quanto non volessi essere interessata all’argomento, lo ero. Era da quando lo avevo visto scrivere al parco che volevo chiedergli qualcosa sulla sua musica. Il motivo per cui non poteva piacermi era probabilmente quello che lo rendeva ancora più attraente ai miei occhi.
“Sì, più che altro sono quello che scrive i testi. Di solito la melodia è solo accennata e mi aiutano Evan e Chris, il nostro batterista, a svilupparla.”
Cercai di sospirare senza farmi notare. Tommy era creativo, bellissimo, sembrava intelligente e aveva un accento che lo rendeva, se possibile, ancora più sexy. Nella mia mente continuavano a vorticare delle parole che non volevo assolutamente dire, ma non riuscii a resistere più di tanto.
“Mi piacerebbe sentire qualcosa di vostro, qualche volta.”
“Mi farebbe piacere.” Rispose lui, mostrandomi quel suo sorriso da combinaguai, che era una delle cose che mi faceva più impazzire negli uomini. Mi domandai velocemente perché fossi sempre attratta dalle caratteristiche più “pericolose”, cioè da quelle che facevano capire già in partenza che la relazione sarebbe andata male. Tommy, con quel sorriso, aveva l’aria di essere un uomo che aveva spezzato il cuore a parecchie ragazze.
“In questo momento siamo in studio e stiamo registrando un album.” Intervenne Evan. “Se volete potete venire entrambe ad ascoltare qualcosa.”
“Sarebbe bellissimo.” Replicò Sarah, sorridendo al ragazzo. Annuii per fare capire che la pensavo anch’io così, anche se ero incapace di esprimere quel pensiero a parole perché ero troppo impegnata a costruire muri altissimi immaginari di autodifesa. Se solo fossero serviti a qualcosa!
“Sei d’accordo?” Mi chiese Evan, facendomi rendere conto di non avere ascoltato l’ultima parte del discorso, concentrata com’ero a cercare di evitare di fare gli stessi errori di sempre.
“Scusate, ero distratta. Di cosa parlavamo?” Domandai, arrossendo.
“Dicevo che Sarah dorme da me questa sera e domani andremo direttamente in studio di registrazione. Visto che tu e Tommy abitate vicini, pensavo che potrebbe passare a prenderti lui.”
“Sì, la trovo una soluzione comoda.”  Risposi, anche se in realtà avevano cominciato a suonare un migliaio di campanelli d’allarme nella mia mente. Tommy ed io in auto da soli?  
 
Arrivammo alla fine della serata prima che me accorgessi, perché chiacchierare con Evan e Tommy era piuttosto piacevole, anche se avrei preferito che non lo fosse. Avevo sperato che la cena andasse male, così avrei potuto convincermi di non essere attratta da Tommy. Invece oltre ad essere bello era anche divertente e interessante.
“Sei sempre un mistero, ma almeno questa sera ho scoperto che hai un senso dell’umorismo che mi piace.” Disse il ragazzo mentre condividevamo un taxi per tornare a casa.
“Anche tu sei divertente.” Replicai. “Però non sei un gran mistero.” Aggiunsi con un sorriso.
“Come no?” Domandò Tommy.
“Sei un uomo, canti, suoni la chitarra, sei insonne, so anche dove abiti… mi hai già detto tutto.”
“Non sai da dove vengo.”
“Londra, ne hai parlato a cena.”
“Non sai niente della mia famiglia.”
“Tua madre e tuo padre abitano a Richmond e tua sorella ha appena avuto un figlio. Di nuovo, ne hai parlato a cena.” Replicai.
“Forse parlo troppo!” Rise Tommy. “O forse sei stata molto attenta a quello che ho detto.” Aggiunse con un sorrisetto, facendomi arrossire di nuovo. In effetti ricordavo tutto quello che aveva detto, forse gli avevo prestato davvero troppa attenzione.
“Sei una persona abbastanza interessante, te lo concedo.” Dissi. Il taxi si era fermato davanti al mio appartamento e Tommy aveva insistito per pagare tutta la tariffa. Mi aveva anche accompagnata fino al portone del palazzo, come un perfetto gentiluomo.
“Abbastanza interessante? Va bene, lo prendo come complimento.” Replicò. “Anche tu lo sei, comunque. Vorrei davvero conoscerti meglio.” Aggiunse guardandomi dritta negli occhi e facendo aggrovigliare il mio stomaco.
“Vuoi…” Cominciai a dire, ma mi bloccai. Sapevo che non era una buona idea. Continuavo a dire che ero cresciuta, maturata, che avevo cominciato a prendere decisioni meno avventate, ma forse non era vero niente. Quello che stavo per fare era incauto esattamente come tutto quello che avevo sempre fatto.
“Sì?” Mi spronò Tommy, sorridendomi.
“Vuoi salire a bere qualcosa?” Suggerii infine, prendendo coraggio. Ormai avevo pronunciato quelle parole ad alta voce, quindi potevo cominciare a preoccuparmi di quello che stava pensando in quel momento di me.
“Volentieri.” Rispose il ragazzo. Chiusi gli occhi, maledicendo il momento in cui avevo preso quella decisione e, soprattutto, l’ansia che avevo provato in quei pochi secondi prima di scoprire la sua risposta. La mia testa sperava che la risposta fosse no, ma il mio cuore la pensava diversamente.
Lo feci accomodare in salotto e recuperai del succo di mela dal frigo. Non avevo alcolici in casa e non volevo bere qualcosa di più forte in ogni caso. Volevo rimanere sobria, in modo da non permettere ai muri immaginari che avevo costruito per tutta la sera di cadere rovinosamente, lasciandomi vulnerabile.
“Quindi…” Dissi, sedendomi di fianco a lui. L’imbarazzo era palpabile nella stanza. Lasciai parecchio spazio tra di noi, per non dargli l’idea sbagliata. O forse anche per trattenermi dal fare qualcosa di stupido.
“Devi avere una bella vista di giorno.” Commentò Tommy, guardando fuori dalla finestra.
“Sì, si vedono i Kensington Gardens.” Dissi.
“Quindi è per quello che borbottavi quando ti ho incontrata al parco! Eri convinta di avere la vista su Hyde Park?”
“Mi hai beccata!” Esclamai. “Non che mi importi il nome. Questa parte di parco è ancora più bella di Hyde Park.” Aggiunsi.
“Sei stata al Serpentine?”
“Non ancora. E’ l’altro lago artificiale, vero?”
“Sì, quello più grande. Dovresti andarci al tramonto, è spettacolare.”
“Lo segnerò sulla lista di cose da fare.” Dissi. “Ho ancora tantissime cose da vedere di Londra. Non ho fatto molto in questo mese.”
“Come mai?”
“Lavoro tutto il giorno e durante il weekend passo il tempo con Sarah oppure a cercare cose per decorare l’appartamento.” Risposi con una scrollata di spalle.
“Potremmo fare qualcosa insieme uno di questi fine settimana.” Propose Tommy casualmente. “Potrei portarti a vedere quello che vuoi.” Aggiunse. Quando il mio sguardo incrociò di nuovo il suo provai un’altra stretta allo stomaco.
“Mi piacerebbe.” Dissi dopo una lunga pausa. Ormai era fatta, Tommy mi piaceva e, dai segnali che mi stava mandando, pensavo di aver capito che la cosa fosse reciproca. Forse era il caso di smettere di combattere la situazione e di lasciarsi andare.
“Da dove vuoi cominciare?” Domandò il ragazzo con entusiasmo. Sembrava che non avesse minimamente frainteso il mio invito e che non volesse fare nient’altro che parlare, il che mi fece pensare che fosse un ragazzo affidabile. Ma, in fondo, lo sembravano tutti all’inizio di una relazione.
“Non lo so, tu sei di qui, portami in qualche posto segreto.”
“Segreto?” Mi chiese Tommy, alzando un sopracciglio.
“Sì, qualcosa che sa più o meno solo chi abita a Londra. Le cose da turisti non mi piacciono.”
“D’accordo, allora ti porto a fare un tour delle stazioni della metro abbandonate.” Disse il ragazzo con un’espressione seria che mi mise i brividi.
“Beh no, ecco, io… intendevo qualcosa di più… di meno sottoterra, diciamo.”
Tommy aspettò qualche secondo prima di scoppiare a ridere con gusto.
“Stavo scherzando!” Esclamò.  Mi avvicinai un po’ per dargli un leggero pugno sul braccio prima di unirmi alla sua risata. “Però ho in mente un paio di posti che potrebbero piacerti. Sempre contando il fatto che non so praticamente niente di te, quindi potrei sbagliarmi di grosso. Al momento so solo che ti piace fare jogging e non ti piacciono i posti abbandonati sottoterra.” Aggiunse una volta tornato serio.
“E credo che questa sia una cosa comune a tante persone.” Commentai ridendo.
“Già.” Rispose Tommy. “Però non mi dispiace il fatto che sei così misteriosa. Ti rende ancora più attraente.” Aggiunse. Abbassai lo sguardo sulle mie mani e mi morsi il labbro per mascherare l’imbarazzo. Adesso l’aveva ammesso ad alta voce, quindi ero sicura di piacergli.
“Vuoi qualcos’altro da bere?” Mormorai. Volevo cambiare discorso, concentrare l’attenzione di entrambi su qualcos’altro, ma non sapevo su cosa. E soprattutto volevo avere una scusa per alzarmi e allontanarmi da lui. Eravamo troppo vicini e la cosa non mi piaceva.
“No, grazie.” Rispose Tommy. Sentivo il suo sguardo su di me. Rialzai il viso per guardarlo negli occhi e capii immediatamente che eravamo arrivati a un momento cruciale. Il battito del mio cuore accelerò quando il ragazzo cominciò ad avvicinare il suo viso al mio. Chiusi gli occhi e provai un brivido quando le sue labbra toccarono le mie.
Sapevo che era sbagliato, che non avrei dovuto permettere che succedesse, ma volevo smettere di pensare e Tommy mi piaceva tantissimo. Alla fine cosa importava se era un musicista? Tantissima gente sapeva suonare la chitarra. Lui, in più, cantava e scriveva canzoni. Non era un problema enorme, non doveva significare per forza che era identico a tutti gli altri. E poi nessuno mi conosceva a Londra, non c’era pericolo che il passato tornasse a tormentarmi.
Quando si allontanò, aprii gli occhi e incrociai il suo sguardo. Entrambi sorridemmo e Tommy appoggiò una mano sulla mia.
“Ti piacciono i colori?” Mi chiese improvvisamente.
“Sì, molto.” Risposi, anche se ero un po’ perplessa da una domanda così strana dopo quel momento intimo ed emozionante.
“Allora so dove portarti quando andremo a visitare la città.” Concluse il ragazzo prima di avvicinarsi per darmi un altro bacio.
“Prima di montarti la testa, domani devo ascoltare la tua musica e decidere se mi piace.” Lo presi in giro.
“Se mi dici così potrei passare tutta la notte a scrivere canzoni nuove. Sarò divorato dall’ansia.”
“Come sei drammatico.” Dissi, appoggiando di nuovo le mie labbra alle sue e lasciandomi trasportare dal momento. Tommy mi faceva sentire a mio agio ed era passato tanto tempo dall’ultima volta che mi ero sentita in quel modo.
“Non credo che tu ti sia mai incontrata, ma sei una di quelle ragazze che portano noi poveri uomini a fare di tutto pur di conquistarle.” Replicò lui con un sorrisetto.
“Certo, come no. Questa è una frase fatta bella e buona.” Lo accusai ridendo.
“Dovrò pur guadagnare qualcosa con le canzoni che scrivo.” Ribatté Tommy, ridendo ancora.
“Così metti alla prova le povere ragazze innocenti che incontri, citando i tuoi testi nuovi per vedere se funzionano?”
“Credo che sia arrivato il momento di chiamare il mio avvocato. Non risponderò più a nessuna domanda senza la sua presenza, agente.” Scherzò il ragazzo.
“E’ meglio che tu vada, prima che io faccia qualcosa di cui potrei pentirmi.” Mormorai.
“Hai intenzione di interrogarmi di nuovo senza il mio avvocato?” Continuò Tommy.
“No, ho paura di voler spostare l’interrogatorio in un’altra stanza.” Ammisi a bassa voce. Arrossii, incredula. L’avevo davvero detto ad alta voce?
“D’accordo. Se proprio insisti me ne vado. Domani passo a prenderti alle tre meno un quarto, okay?” Disse il ragazzo, rispettando completamente la mia decisione.
“Va benissimo.” Risposi, guardandolo mentre si alzava e raggiungeva l’ascensore dall’altra parte della stanza. “A domani.”
“A domani, Kat.”
Non avevo minimamente previsto che la serata potesse prendere quella piega, ma ne ero felice. Avrei dovuto ringraziare Sarah perché l’avevo finalmente ascoltata e avevo dato una possibilità a Tommy. Mi sdraiai sul letto e recuperai il cellulare dal comodino, ripensando a quello che era appena successo. Aprii la rubrica dei contatti per cercare il numero di Sarah – prima di salutarci dopo cena mi aveva fatto promettere che le avrei raccontato tutto - e mi bloccai quando lessi un nome: Derek. Avrei dovuto cancellare il suo numero e finalmente andare avanti con la mia vita. Nonostante tutto, però, avevo voglia di sentire la sua voce. Valutai la situazione. Avrei potuto spostare il dito sul tasto verde e chiamarlo. Ma perché avrei dovuto farlo? In quel modo sarei stata costretta a pensare al passato, a quello che era successo a Los Angeles e avevo paura delle conseguenze. Fissai la foto che avevo inserito in rubrica, cercando di costringermi a smettere, a cancellare quel numero, a non pensarci più. La nuova vita che avevo creato a Londra era tranquilla. Per la prima volta dopo mesi stava andando tutto bene, perché mettere tutto a rischio? Lo schermo del telefono cominciò lentamente a spegnersi, finché non riuscii a vedere più nulla. Il nome, il numero e la foto erano spariti, lasciando il posto al buio, al nero. Mi convinsi a pensare a Tommy e riposi l’oggetto sul cuscino di fianco al mio, rinunciando anche a chiamare Sarah. Tanto era tardi e l’avrei vista il giorno dopo allo studio di registrazione.



Buongiorno! Ecco il terzo capitolo revisionato e aggiornato! Ho sistemato tantissime cose e ho aggiunto nuove parti.
Una curiosità: mancava poco meno di un mese alla scadenza del concorso quando l'ho scoperto, così mi sono affrettata a scrivere qualcosa. Ho finito "(Un)broken - Le Ali della Farfalla" in diciotto giorni esatti. Non ho mai scritto qualcosa di così lungo in così poco tempo, ma sul sito c'era scritto che erano disponibili solo cento posti, così ho provato. Non volevo rischiare di non riuscire a partecipare, così ho riletto tutto, ho inviato la mia storia e il giorno dopo hanno prolungato la scadenza di due mesi. Qui citerei la proverbiale sfiga. Ovviamente la mia storia era già stata inviata e quindi non più modificabile, così l'ho messa in una cartella e l'ho ignorata per i successivi mesi. Sapevo che avrei voluto cambiare quasi tutto una volta riletta con calma e infatti adesso è così. Sto correggendo, modificando e aggiungendo tanti particolari che non ho messo nella prima versione.

Tornando alla storia, in questo capitolo scopriamo qualcosa in più su Kat. Le piace Tommy, ma è combattuta. Inoltre spunta un nuovo nome: Derek. Chi sarà e che ruolo avrà avuto nel passato di Kat?

Grazie a chi ha letto e a Kiki e ai suoi consigli preziosissimi :)
Giovedì posterò il prossimo capitolo e nel frattempo spero che questo vi piaccia!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 4
 
“Lo sapevo!” Sussurrò Sarah quando ci incontrammo. Le raccontai velocemente quello che era successo la sera prima, approfittando dell’assenza di Evan e Tommy, che stavano decidendo cosa farci ascoltare e si erano chiusi nella sala di registrazione.
“Okay, ci siamo baciati, ma tranquilla! Aspetta a ordinare gli inviti per il matrimonio!” Esclamai a bassa voce, ridendo. La mia amica era così felice che sembrava quasi le avessi detto che mi sarei sposata dopo due giorni.
Avevo dormito davvero poco quella notte ed ero abbastanza stanca, ma ero felice di essere lì. Tommy era passato a prendermi a casa e mi aveva accompagnata in studio con la sua auto e avevamo chiacchierato per tutto il tragitto. Avevo paura che dopo il bacio ci sarebbe stato imbarazzo tra di noi, invece era stato tutto molto naturale.
“No, no, questo è un evento! Dobbiamo festeggiare! Cominciavo a pensare che fossi la regina di ghiaccio.”
“Esagerata!” Esclamai e scoppiai a ridere.
“Sono felice che siate entrambe di buonumore.” Intervenne Evan, raggiungendoci insieme a Tommy.
“Già, almeno sarete meno critiche nei confronti del nostro lavoro.” Commentò l’altro ragazzo con un sorriso.
“Non ne sarei così sicura.” Dissi, prendendoli in giro. Mi divertivo a fare battute con loro, erano di buona compagnia.
“Ecco che riemerge l’ansia da prestazione!” Esclamò Tommy, assumendo un’espressione di finto terrore.
“Ma smettila.”
Il ragazzo mi attirò a sé e mi diede un bacio sulle labbra.
“Questo mi aiuta a rilassarmi.” Mormorò.
Nello studio entrò un gruppo di persone che non conoscevo e mi allontanai leggermente da Tommy. Avevo sempre pensato che fare i piccioncini in pubblico fosse maleducato nei confronti di tutti gli altri presenti, soprattutto le persone che non conoscevo.
“Oh, eccovi!” Esclamò Evan, andando a dare il cinque ad un ragazzo alto con i capelli castani e gli occhi azzurri. Si assomigliavano, avevano gli stessi occhi e lo stesso naso, ma la bocca era diversa. “Ragazze, vi presento Chris, mio fratello e batterista della band.” Aggiunse poi.
“E’ un piacere conoscerti, Chris. Io sono Sarah.” Si presentò la mia amica.
“Kat, piacere.” Dissi, porgendogli la mano.
“Piacere mio, ragazze!” Esclamò Chris, sorridendo. Era quasi incredibile come tutti i batteristi avessero le stesse abitudini: il ragazzo indossava pantaloni che gli arrivavano appena sotto il ginocchio, scarpe da ginnastica e una maglietta che ero sicura sarebbe finita sul pavimento dopo pochi minuti.
Anche lui, come i suoi compagni di band, era ricoperto di tatuaggi. Riuscivo ad intravederne qualcuno che partiva dal collo e spariva sotto la maglietta.
“Mentre i ragazzi preparano tutto possiamo farvi sentire il master di un paio di canzoni che abbiamo inciso la settimana scorsa.” Propose Evan. Sarah ed io annuimmo, mentre Chris entrò nella vera e propria sala di registrazione a sistemare la sua batteria. Aveva detto che per la canzone che avrebbero dovuto registrare quel giorno aveva bisogno di un set diverso di piatti.
“Okay, adesso sono davvero nervoso.” Disse Tommy mentre inseriva un CD bianco nello stereo.
“Pensa che sei abituato a cantare davanti ad un pubblico e loro sono solo due.” Lo incoraggiò Evan, dandogli una pacca sulla spalla.
Il ragazzo annuì e premette il tasto “Play”. Le note di una ballata rock cominciarono a diffondersi nella stanza, seguite dalla voce melodiosa di Tommy. Chiusi gli occhi per godere meglio il momento e per sentire ogni singola emozione provocata da quella canzone.
“Il testo è una poesia.” Commentai ad alta voce quando le note cessarono di suonare. Riaprii gli occhi e puntai lo sguardo sul cantante.
“Ti è piaciuto?” Domandò Tommy, che sembrava ansioso.
“E’ bellissimo.” Dissi.
“Wow!” Disse solo Sarah, scuotendo la testa come se non riuscisse a credere di trovarsi lì in quel momento.
“Ne volete sentire un’altra?” Chiese Evan, facendo spostare Tommy e premendo il tasto “Play” del registratore. Questa volta ascoltai una canzone più movimentata, dalla melodia e il testo più frenetici, arrabbiati.
“Questa è un po’ diversa.” Disse Tommy una volta finita.
“Devi essere stato seriamente incazzato.” Commentai con un sorriso.
“Già.” Replicò lui, abbassando lo sguardo come se ripensare al motivo per cui aveva scritto quella canzone gli facesse provare le stesse emozioni. “E’ una storia lunga.” Aggiunse poi.
Evan aprì la bocca per dire qualcosa ma fu interrotto dall’ingresso nella stanza di un gruppetto di tecnici e da un famoso produttore americano. Se quell’uomo stava lavorando sull’album della band di Tommy, dovevano essere abbastanza famosi e importanti. John Kimberlin non era un produttore che si scomodava per una band da matrimoni e il fatto che avesse viaggiato da Los Angeles a Londra per loro mi fece riflettere.
“Siamo pronti, ragazzi?” Domandò. Tommy, Evan e Chris, che era tornato con un tamburo in mano, annuirono.
“Andiamo in sala, se volete potete assistere da qui.” Disse Evan.
“D’accordo, grazie.” Replicò Sarah. Tommy mi fece un cenno con la testa. Annuii, abbozzando un mezzo sorriso. La verità era che ero agitata e non mi piaceva essere in una stanza insieme a John Kimberlin.
 
“Direi che è andata bene!” Esclamò Evan uscendo dalla sala di registrazione e dando il cinque a John che, fortunatamente, era stato impegnato per tutto il tempo a muovere quelle strane levette sulla console e non mi aveva degnata di uno sguardo. Mi ero sempre chiesta come funzionassero, ma non era decisamente il caso di chiederlo in quel preciso istante.
“Fantastico!” Aggiunse Chris, seguendo il fratello e abbandonandosi sul divanetto di fianco a quello su cui eravamo sedute Sarah ed io. Tommy si fermò a parlare con John per qualche secondo e poi mi raggiunse.
“Come ti è sembrata questa canzone?” Mi domandò.
“Mi è piaciuta, non vedo l’ora di sentire la versione finale!” Esclamai. Per quanto fossi felice di essere in quel posto, in quel momento, non riuscivo completamente a lasciarmi andare perché un pensiero fisso mi bloccava.
“Questi tre danno il meglio quando hanno un pubblico.” Disse John, voltandosi verso di noi. “Se poi sono ragazze che devono conquistare…” Aggiunse e ci fece l’occhiolino. Sarah scoppiò a ridere ed io mi nascosi leggermente dietro a Tommy.
“La prossima canzone che ci sentiranno registrare sarà per loro. Tommy, non hai scritto un testo nuovo stanotte?” Domandò Evan. Chris si raddrizzò sul divano e guardò il cantante con aria interessata.
“Sì, ma non è pronto.” Replicò lui, sventolando la mano come per porre fine alla conversazione in fretta.
“Ah, non c’è niente di meglio di una canzone per conquistare una persona!” Esclamò John, scoppiando in una fragorosa risata. Tommy si alzò per andare a prendere una lattina di Coca Cola dal mini frigo, probabilmente per evitare di attirare l’attenzione sul rossore che era comparso sul suo viso, e il produttore mi fissò per qualche secondo.
“Chloe?” Mi chiamò. Non risposi e mi guardai intorno. “Chloe Robson?” Chiese ancora.
“Ehm, no, mi spiace.” Risposi, agitandomi sul divanetto.
“Wow, hai i capelli diversi, ma avrei giurato che… sei identica a una persona che conosco. Avete anche la stessa voce!” Esclamò l’uomo, osservandomi ancora. “Sei per caso sua parente?”
“No, mi dispiace.” Ripetei. “Il mio nome è Katherine Moore.” Aggiunsi, scrollando le spalle.
“Cena?” Propose Tommy, interrompendo il discorso.
“Tutto a posto?” Mormorò Sarah avvicinandosi a me.
“Sì.” Sussurrai in risposta, anche se non riuscivo a smettere di fissare John.
Evan e Chris decisero che sì, saremmo andati a cena tutti insieme, anche perché loro stavano morendo di fame dopo le registrazioni.
“Suonare la batteria mi mette sempre un certo appetito.” Disse Chris massaggiandosi lo stomaco mentre stavamo camminando verso l’uscita dello studio.
“E’ per questo che mangi come un maiale dopo ogni concerto?” Lo prese in giro suo fratello.
“Sì.” Rispose il batterista. “E anche perché non riesco a mangiare prima di suonare.”
“Giusto.”
“Ehi, Kat!” Esclamò Tommy raggiungendomi. Era rimasto indietro per parlare con uno dei tecnici e ci aveva detto di cominciare ad andare.
“Ecco il cantante!” Replicai, sorridendogli. Il ragazzo mise un braccio intorno alle mie spalle e mi diede un veloce bacio.
“Mi dispiace per Johnny. Ti ha messa a disagio?” Mi domandò poi.
“No, tranquillo. E’ tutto a posto.” Dissi. “Noi americane ci assomigliamo un po’ tutte.” Commentai poi, sperando che il discorso si concludesse con quella frase.
Chris aprì la porta dello studio di registrazione e cominciammo a sentire urla, lampi e suoni che assomigliavano a dei “click.”
“Cosa succede?” Domandai, spaventata.
“Paparazzi.” Rispose Tommy, mettendosi davanti a me per proteggermi dai flash delle macchine fotografiche. Mi si ghiacciò il sangue nelle vene quando vidi il gruppo di uomini che aspettavano di fare foto a Chris, Evan e Tommy e cercai di nascondermi il più possibile dietro al ragazzo.
“Tranquille, va tutto bene.” Disse Evan, accompagnando velocemente Sarah alla sua auto.
“Tommy! E’ la tua nuova ragazza?”
“Evan, è finita con Jade?”
“Chris, Chris! Una foto!”
“Tommy, che fine ha fatto Claire?”
“State registrando un nuovo album? Quando uscirà?”
I tre ragazzi ignorarono tutte le domande e non si fermarono finché non ci rifugiammo tutti nel SUV di Evan.
“Wow!” Esclamò Sarah. “Cioè, sapevo che eravate famosi, ma non immaginavo che i paparazzi vi seguissero anche in studio di registrazione.” Commentò la ragazza.
“Qualcuno deve averli chiamati. Probabilmente quelli delle pulizie.” Disse Chris. “C’è qualcuno in studio che li chiama ogni volta che registriamo.”
“Vi hanno spaventate?” Chiese Tommy.
“No, figuratevi! E’ solo stata una sorpresa.” Replicò Sarah, mentre io guardavo quel gruppo di fotografi dal finestrino oscurato dell’auto di Evan. Dannazione, ci mancava solo quello.
“Tutto bene?” Mi chiese Tommy, prendendomi una mano e stringendomela.
“Cosa? Ehm sì, scusa, ero solo persa nei miei pensieri.” Replicai. Come avevo fatto a non accorgermi che Tommy faceva parte di una band famosa in Europa? In America gli Hearts on Fire non erano nessuno. Non li avevo mai nemmeno sentiti nominare. Avrei dovuto trovare il modo di dire a Tommy che tra di noi non poteva funzionare ed era un peccato, perché mi piaceva davvero tanto.
 

Nuovo capitolo! Oggi scopriamo cos'è successo quando Kat è andata allo studio di registrazione con Sarah, Evan e Tommy e la nostra protagonista scopre che in realtà la band è piuttosto famosa in Inghilterra. Inoltre il produttore americano la scambia per un'altra persona e Kat diventa nervosa. Perché? Cosa nasconde questa ragazza?
Nel prossimo capitolo, che posterò lunedì, scopriremo se Kat e Tommy smetteranno di vedersi e ci sarà una meravigliosa festa in maschera!

Spero che vi sia piaciuto e grazie per aver letto! Alla prossima :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 5
 
“Sembrava che tu avessi visto un fantasma.” Commentò Sarah quando tornammo al mio appartamento dopo la cena con i ragazzi.
Sì, quello della mia vita passata, pensai.
Per tutta la cena con Tommy e i suoi compagni di band non ero riuscita ad essere di grande compagnia e non avevo trovato il coraggio di parlare con il ragazzo. Non avrei mai potuto umiliarlo davanti ai suoi amici in quel modo.
“Mi hanno spaventata.” Dissi. Dopo esserci struccate e cambiate ci eravamo infilate nel mio enorme letto matrimoniale e stavamo chiacchierando con la TV accesa in sottofondo.
“Anch’io sono rimasta un po’ scioccata quando li ho visti fuori. Ho sempre visto le foto paparazzate delle celebrità ma non avevo idea di cosa si provasse ad esserne il soggetto!” Esclamò Sarah. Sembrava quasi esaltata da tutta quella storia e potevo capirla. Anzi, la capivo fin troppo bene.
“Non avevo la minima idea che fossero così famosi.” Mormorai, stringendo il piumone tra le mie mani e appoggiando la testa al muro.
“Non lo sapevi davvero?” Mi chiese Sarah con un’espressione allucinata. Sembrava quasi che le avessi detto che non avevo mai bevuto acqua o qualcosa del genere.
“No, in America non sono famosi.” Replicai. “Avevo già dei dubbi sul fatto che Tommy fosse un musicista, ma adesso…” Aggiunsi.
“Oh no.” Mi interruppe la mia amica. “Non dirmi che adesso che sai che è famoso non vorrai più uscire con lui.”
“Non funzionerà mai.” Dissi, scuotendo la testa. Non potevo andare in giro con una persona che veniva fotografata e finiva sui giornali e su tutti i siti di gossip.
“Qual è la tua paura? Pensi che sarà troppo impegnato per continuare a uscire con te?”
“Anche. E poi i musicisti sono famosi per avere mille ragazze.”
“Da quello che ho letto in giro Tommy sembra un tipo fedele. Dicono che sia finita con l’ultima ragazza perché lei ha tradito lui e gli ha anche mentito!” Disse Sarah, abbassando la voce come se qualcuno potesse sentirla mentre spettegolava.
“Non lo so.” Dissi. “E poi non mi piace il fatto che, uscendo con lui, le mie foto potrebbero finire in rete. Ti immagini i suoi fan? Mi odierebbero.”
“Perché non parli con lui di queste tue paure? Potreste trovare un compromesso, come tenere la vostra relazione segreta. Credo che capirà.” Replicò Sarah.
“Dici?”
La mia amica annuì e recuperò il telecomando per spegnere la TV.
“Parlaci. So che siete attratti l’uno dall’altra e questa potrebbe essere la tua possibilità di vivere una favola.” Disse la ragazza, cominciando a sistemarsi di fianco a me e chiudendo gli occhi.
“D’accordo.” Concordai alla fine. Tommy mi piaceva e, se avessimo mantenuto la nostra relazione segreta, le cose avrebbero potuto funzionare. Forse. Avevo già avuto la mia possibilità di vivere una favola e si era trasformata in un incubo. Non ero sicura di meritarmi una seconda chance. Come avrei fatto a dormire con tutti quei pensieri che vorticavano nella mia mente senza fermarsi?
“Buona notte, Kat.”
“Buona notte, Sarah. Grazie per i consigli.”
“E di che? Figurati.”
La mia amica spense la luce sul comodino di fianco a lei e mi sistemai anch’io sotto le coperte, pensando a tutti i motivi per cui avrei dovuto dire a Tommy che tra di noi non avrebbe mai funzionato.
 
“Kat, per me va benissimo tenere la nostra relazione per noi.” Disse Tommy il giorno successivo quando riuscii a trovare il coraggio di parlare con lui. L’avevo chiamato e mi aveva detto che sarebbe passato da casa mia, così l’avevo aspettato con un’orribile sensazione di ansia. Il ragazzo non solo si era presentato con un sorriso che mi aveva fatta rilassare immediatamente, ma mi aveva portato anche una pizza, perché era ora di cena e sapeva che dopo il lavoro ero stanca.
“Davvero?” Domandai.
“Ma certo! Capisco che per te sia strano che i paparazzi ti facciano foto o che i giornalisti scrivano articoli su di te. Onestamente preferisco che la cosa rimanga tra di noi perché la gente ha la tendenza a inventarsi di tutto quando una persona diventa famosa.” Replicò Tommy, abbassando lo sguardo. Già, i giornalisti si inventavano qualunque cosa per vendere qualche copia di qualche giornale scandalistico o per attirare persone sui loro siti.
“Grazie. Anche per la pizza, non avevo la minima voglia di cucinare questa sera.”
“Figurati.” Replicò. “A proposito, avevo intenzione di chiedertelo prima che tu mi facessi questo discorso…” Cominciò a dire il ragazzo.
“Cosa?” Domandai prima di addentare una fetta di pizza.
“Vorrei invitarti ad una festa.”
“Che tipo di festa?”
“Una che ci permetterà di stare insieme in pubblico, anche se nessuno saprà chi sei.”
“Interessante.” Commentai. “Vai avanti.”
“Venerdì è il compleanno di un amico un po’… particolare.” Disse Tommy e si interruppe per ridere, come se il solo pensiero lo divertisse. “Diciamo che tutti aspettiamo quel giorno dell’anno con ansia perché organizza le feste più spettacolari. Questa volta ce ne sarà una in maschera in un hotel a cinque stelle.”
“Sembra interessante, verrò volentieri!” Esclamai. Poi chiusi gli occhi per pochi istanti, maledicendo la mia stupida impulsività. Le ragioni per cui non sarei dovuta andare a quella festa erano tantissime, ma l’attrazione che provavo nei confronti di Tommy aveva vinto sulla ragione, come al solito.
“Sarà fantastico! Pensa che l’anno scorso ha affittato tutto il London Eye per il compleanno.”
Una festa su una ruota panoramica? Quel tizio era geniale.
Il telefono di Tommy suonò e il ragazzo si allontanò per rispondere, dandomi la possibilità di riflettere su quello che era appena successo. Okay, quella di dire di sì era stata una decisione impulsiva, ma in fondo si trattava di una festa in maschera. Nessuno mi avrebbe mai riconosciuta. In quel modo avrei potuto passare una bellissima serata con Tommy senza aver paura che qualcuno potesse scattarmi delle foto e farle finire in rete. Era perfetto.
“Mi hai appena dato un’ottima scusa per andare a comprare qualcosa di nuovo!” Esclamai soddisfatta quando il ragazzo tornò a sedersi di fronte a me. “Verrà anche Evan?” Domandai dopo qualche secondo.
“Sì e inviterà Sarah.” Replicò Tommy, come se mi avesse letto nel pensiero. Volevo proprio sapere se avrebbe partecipato anche la mia amica per portarla a fare acquisti con me. Ne avevamo bisogno entrambe.
“Non vedo l’ora!”
 
Il venerdì successivo, dopo un’intensiva sessione di shopping con Sarah, che mi aveva fatto scoprire tutti i negozi di abiti a prezzo ragionevole di Londra, Tommy passò a prendermi per portarmi alla festa di compleanno del suo amico. All’ingresso dell’hotel c’era un tappeto rosso su cui passavano tutti gli ospiti. Arrivati alla fine un uomo scattava qualche foto ufficiale e augurava una buona serata a tutti.
“Wow.” Sussurrai quando entrammo nella sala dedicata all’evento. Tutti i partecipanti stavano indossando abiti eleganti e avevano i volti coperti da maschere di tutti i tipi. La mia era nera, di pizzo fitto e copriva gran parte del mio viso, mentre Tommy ne stava indossando una bianca da Fantasma dell’Opera. Era vestito elegante e stava davvero bene. Ero felice di essere al suo fianco e per la prima volta in tantissimo tempo non stavo pensando a nulla se non al presente.
“Fantastico, vero?” Domandò Tommy, rivolgendomi un sorriso. Mi guardai intorno ancora una volta, estasiata. Era come se entrando in quell’enorme salone fossimo stati trasportati in un altro mondo. Le luci erano abbastanza basse e tra i partecipanti alla festa spiccavano i camerieri: gli uomini erano vestiti di rosso accesso, mentre le donne avevano abiti bianchi e tutti trasportavano vassoi con bicchieri colmi di bibite dai colori brillanti. La band suonava su un palco al centro della stanza e anche i musicisti indossavano maschere e completi eleganti. La loro musica era lenta e aveva delle sfumature elettroniche che erano perfettamente in linea con il tema della serata.
“E’ magnifico!” Commentai. Tommy mi guidò in fondo al salone, verso il bar e mi offrì da bere.
“Te l’avevo detto che questo mio amico è un po’ eccentrico.” Disse Tommy.
“Sì, ma non pensavo così tanto!” Esclamai. Riuscivo a vedere Sarah ed Evan a pochi metri di distanza da noi. La ragazza stava indossando un abito lungo rosso scuro con il corpetto ricoperto di pizzo nero e aveva una maschera in pendant, mentre Evan aveva un completo nero con una camicia bianca e un fiore dello stesso colore del vestito di Sarah appuntato alla giacca. Erano bellissimi entrambi e sembravano anche molto felici.
“Cosa ti aspettavi da uno che ha affittato l’intero London Eye per i suoi ventitré anni?”
“In effetti…” Commentai, brindando con Tommy e bevendo un sorso dell’acqua tonica che mi aveva appena preso. “Ti sei ricordato!” Esclamai con stupore.
“Non conosco tante ragazze che non bevono.” Replicò lui con una scrollata di spalle.
“Tommy… quanti anni hai?” Domandai improvvisamente. “Mi sono appena resa conto di non sapere nulla di te. Cioè, a parte quello che mi hai detto durante la cena con Evan e Sarah.” Arrossii e mi sentii in colpa. Quelle non dovevano essere informazioni da scambiarsi durante il primo appuntamento?
“Ne ho fatti ventiquattro un paio di mesi fa.” Disse Tommy senza perdere il sorriso.
“Io ne ho venti.” Replicai. Sapevo tantissime cose sulla sua famiglia, sulla sorella che aveva appena avuto un figlio e sui suoi gusti, ma non ci eravamo scambiati le informazioni base. Scossi la testa al pensiero, divertita. Come al solito mi stavo fiondando in una storia a tutta velocità.
“Cosa ti ha portata a Londra, Kat Moore?” Mi chiese Tommy, scrutandomi. I suoi occhi erano di un verde abbastanza scuro che sfumava quasi nel castano. Mi sorpresi a pensare che sarei stata a guardarli per ore.
“Voglia di cambiare vita.” Risposi. Era la verità, quello era il motivo principale per cui mi ero trasferita e mi ero lasciata alle spalle tutto. Avevo solo omesso il motivo per cui volevo cambiare vita, ma magari un giorno avrei avuto il coraggio di rivelarglielo. Non mi sembrava una storia da raccontare ai primi appuntamenti. “Comunque hai un modo di dire il mio nome che mi fa impazzire.” Aggiunsi dopo qualche istante per cambiare argomento. Ci stavamo avvicinando troppo ad una conversazione che non volevo assolutamente avere.
“Kat?” Mi chiese il ragazzo con aria sorpresa.
“Anche il cognome.”
“Kat Moore.” Disse Tommy con il suo affascinante accento londinese.
Sospirai e mi avvicinai per dargli un bacio sulle labbra.
“Chissà quanti cuori hai spezzato con quell’accento, Thomas Parker.”
Tommy rise e mi diede un altro lieve bacio.
 
La festa continuò per parecchio tempo prima che il festeggiato si decidesse a comparire sul palco. Il cantante della band lo annunciò con entusiasmo e tutti i partecipanti applaudirono e urlarono il suo nome.
“Jason Campbell!”
“Tommy…” Richiamai l’attenzione del ragazzo, che si girò verso di me. “Chi è precisamente questo Jason?” Domandai.
“E’ il re della vita notturna qui a Londra. E’ il proprietario di tantissimi locali dove vanno persone importanti e celebrità ed è un pazzo.”
“Ha già così tanto successo a ventiquattro anni?”
“E’ ricco di famiglia. Il primo locale gliel’ha regalato suo padre per i diciotto anni e non si è mai fermato.” Spiegò Tommy.
“Capisco.” Dissi.  
“Grazie a tutti per essere qui questa sera! Quest’anno ho pensato di fare qualcosa di tranquillo e di trattenermi un po’ perché… la festa dell’anno prossimo per i miei venticinque anni sarà epica! Preparatevi da ora!” Esclamò il ragazzo sul palco e la folla ricominciò ad urlare e ad applaudire. Jason aveva i capelli cortissimi, quasi rasati, gli occhi azzurri e il fisico atletico. Sembrava quasi che passasse tutta la sua giornata in palestra ed era estremamente strano per un uomo dal suo stile di vita. Brandon Barker, per esempio, era il re della vita notturna a Los Angeles e sembrava quasi un vampiro: era sempre pallido, aveva i capelli castani abbastanza lunghi e perennemente spettinati e passava le sue giornate a dormire, perché rimaneva sveglio di notte per controllare tutti  i suoi locali. Certo, Brandon aveva anche quasi il doppio dell’età di Jason.
Il cantante della band sul palco riprese possesso del microfono e intonò la canzoncina “Tanti Auguri” a Jason. Tutti i partecipanti alla festa si unirono al coro e il festeggiato stappò una bottiglia di champagne sul palco e lo versò nei bicchieri delle persone più vicine a lui.
“Visto? E’ eccentrico.” Ripeté Tommy.
“E’ un pazzo.” Dissi. “In senso buono, però! Adesso capisco perché tutta questa gente partecipa alle sue feste.”
“Oltre ad essere un genio e a riuscire a trasformare qualunque locale in un successo, Jason è un ragazzo fantastico. Sembra assurdo, ma la maggior parte delle persone che ci sono in questa stanza sono davvero sue amiche e lui aiuta sempre tutti.”
“Si vede.” Dissi, osservando il re della vita notturna londinese mentre si buttava sulla folla e si faceva trasportare dal palco al bar. Rideva come un bambino e si vedeva che era felice. Jason atterrò a pochi metri da noi, si sistemò il completo elegante e si precipitò ad abbracciare il ragazzo di fianco a me.
“Tommy P!” Esclamò, dandogli il cinque. “E chi abbiamo qui?” Mi chiese, prendendomi per una mano e facendomi fare una piroetta sul posto.
“Kat Moore.” Risposi. Era impossibile trattenere un sorriso di fronte ad una persona del genere.
“Enchanté, mademoiselle Moore.” Disse poi Jason, facendo il gesto di baciarmi la mano. “Oddio, perché non ci ho pensato prima?” Esclamò improvvisamente.
“Che cosa?” Domandò Tommy.
“Devo fare una festa in costume e il tema sarà l’epoca di Maria Antonietta!” Disse il ragazzo, estraendo lo smartphone dalla tasca dei pantaloni e cominciando a digitare sui piccoli tasti neri. “A proposito, Tommy-bello, ho una cosa per te.” Mormorò poi abbassando la voce e trasferendo qualcosa dalla sua mano a quella del mio accompagnatore.
“Grazie, Jason. Ti devo un favore!” Esclamò Tommy. Il ragazzo annuì e gli rivolse un cenno della testa, poi mi salutò fingendo di baciarmi di nuovo la mano e passò ad abbracciare una ragazza poco lontana da noi.
“Elizabeth, ti hanno mai detto che staresti benissimo con un costume da Jasmine? Come non sai chi è? Una delle principesse di Disney!” Lo sentii esclamare.
“Non si può non volergli bene.” Disse Tommy, alzando le spalle e sorridendo. Cercai con tutta la mia forza di volontà di smettere di pensare al gesto un po’ misterioso di Jason di pochi minuti prima, quando aveva trasferito qualcosa dalla sua mano a quella di Tommy, ma non riuscii. E se il ragazzo gli avesse procurato della droga?
“Già.” Dissi distrattamente.
“Ehi, Kat. Vieni con me, devo farti vedere una cosa!” Esclamò improvvisamente Tommy, prendendomi per mano e trascinandomi verso un portone.
“Cosa?”
“E’ una sorpresa, vedrai.” Rispose il ragazzo. Arrivammo ad una scalinata che portava ad un piano più in basso, la percorremmo e ci trovammo davanti a una porta chiusa con un cartello che diceva “Vietato l’accesso non autorizzato.”
“Cosa c’è lì dietro?” Domandai un po’ in ansia. Mi erano sempre piaciute le sorprese, ma non avevo mai avuto pazienza.
“Vedrai.” Rispose Tommy, rimanendo sul vago. Estrasse qualcosa dalla tasca interna della giacca, lo stesso posto in cui aveva messo quello che gli aveva dato Jason, e si avvicinò alla porta. Ma certo, era una tessera! Pochi secondi dopo la porta si aprì con un lieve “bip”. Tommy mi prese per mano e mi accompagnò all’interno della stanza che conteneva una piscina riscaldata.
“Ma possiamo essere qui?” Domandai.
“In teoria no, perché l’accesso è riservato ai membri del club privato dell’hotel, ma noi abbiamo questa.” Rispose Tommy, mostrandomi la tessera. “Quindi possiamo.” Aggiunse.
Alle pareti erano appese lucine decorative bianche, mentre dal soffitto, per tutta la lunghezza della piscina, scendevano piccole lanterne di carta di riso colorate.
“Questo posto è bellissimo.” Dissi. “Grazie per avermi portata qui.”
“Era da tutta la sera che volevo rimanere da solo con te e ho pensato che questo fosse il posto giusto.”
“Così porti qui tutte le tue conquiste?” Domandai, prendendolo in giro. Tolsi le scarpe con il tacco, alzai la gonna in modo che non toccasse il pavimento e cominciai a camminare sul bordo della piscina.
“In realtà sei la prima ragazza che porto qui. Jason è il proprietario di questo hotel e mi ha parlato di questo posto ieri, così ho pensato di condividerlo con te.” Spiegò il ragazzo. Anche lui si era tolto le scarpe e aveva arrotolato i pantaloni eleganti fino al ginocchio. Si sedette sul bordo della piscina e immerse i piedi nell’acqua. Lo raggiunsi e imitai il suo gesto, appoggiando la testa alla sua spalla e osservando le lucine accese che rendevano l’atmosfera quasi magica.
In lontananza si sentivano le note della canzone che stava suonando la band nella sala principale. La musica era più veloce e si sentiva molto la batteria, che sembrava andare a ritmo con il battito del mio cuore. Decisi di togliere la maschera e la abbandonai sul pavimento di fianco a me. Aiutai anche Tommy a togliere la sua e lo osservai per qualche secondo.
“Vuoi fare il bagno?” Mi chiese il ragazzo.
“Sì.” Risposi, senza nemmeno pormi il problema del costume. Sorrisi e mi rialzai immediatamente. “Mi aiuti con la cerniera?” Domandai. Tommy mi raggiunse e abbassò la zip del corpetto del mio vestito. Me ne liberai e lo abbandonai su una sdraio, rimanendo in biancheria.
“Sei già pronta?” Mi chiese, ridendo.
“Dovevo solo togliere un vestito, sei tu quello che ha addosso tredicimila cose!” Lo scherzai.
“Aspetta solo che riesca a liberarmi da questa camicia infernale e poi vedrai!”
“Oh, sto tremando di paura! Cosa mi fai?” Chiesi, avvicinandomi. Tommy fu più veloce di me, si tolse l’indumento, rimanendo in boxer, e si buttò in piscina, trascinandomi con lui.
“Tommy! Tommy, aspetta! Non so nuotare!” Urlai. Il ragazzo mi guardò con terrore e strinse la presa sui miei fianchi per non farmi affondare. Non che la piscina fosse tanto profonda, nel punto in cui eravamo riuscivo a toccare senza problemi.
“Scusa, Kat! Non lo sapevo! Perché non me l’hai detto subito?”
“Perché non è vero!” Esclamai e lo spruzzai.
“Ah, è così? Allora ti meriti tutto quello che sta per arrivare!” Replicò. Cominciammo una lotta all’ultimo spruzzo, finché non fummo entrambi completamente bagnati. In quel momento non mi interessava il fatto che la pettinatura elaborata che avevo chiesto al parrucchiere quel pomeriggio fosse completamente distrutta o che il mio trucco stesse probabilmente colando sulle mie guance. L’unica cosa che importava era che in quel momento mi sembrava di essere tornata una ragazza della mia età e mi stavo divertendo. Era come se tutte le mie preoccupazioni avessero deciso di lasciarmi in pace per una serata.
“Okay, tregua.” Dissi, avvicinandomi a Tommy e dandogli un bacio.
“Non so perché, ma non mi fido.” Rispose lui, guardandomi di sottecchi.
“Mi rovini gli attacchi migliori!” Scherzai, spruzzandolo ancora un po’. Dopo un’altra breve lotta, che finì quando il ragazzo mi bloccò contro la parete della piscina, ci ritrovammo entrambi con il fiato corto. Sentivo un lieve dolore alla mascella per quanto avevo sorriso, anche se in quel momento, con Tommy di fronte a me che mi guardava negli occhi, ero tornata seria. Rabbrividii, sapendo che in pochi secondi ci saremmo baciati e chiusi gli occhi quando sentii il contatto tra le sue labbra e le mie.
“Credo di aver vinto.” Disse Tommy dopo essersi allontanato da me di pochi centimetri.
“Ho questa impressione.” Risposi con un sorriso. “Ho anche un’idea su quale potrebbe essere il tuo premio.” Sussurrai.
“Anch’io.” Mormorò Tommy contro le mie labbra.
“Andiamo a casa tua?” Proposi.
“Sì.” Rispose il ragazzo, dandomi un ultimo bacio prima di uscire dalla piscina e aiutarmi a fare lo stesso. Mi porse un asciugamano, che avvolsi intorno al mio corpo prima di rivestirmi.
Era da parecchio tempo che non provavo quelle sensazioni. I brividi risalivano la mia schiena e avevo le farfalle nello stomaco. Il cuore batteva veloce e anche il respiro era accelerato. Sapevo che quella notte l’avrei passata con Tommy e non vedevo l’ora. Sapevo anche di essere stata impulsiva e sfacciata, ma avevo deciso di smettere di nascondermi, almeno per quel momento. Volevo che vedesse la vera Kat. Non volevo che si innamorasse della maschera che stavo indossando.
 
“Ti dispiace se vado a fare una doccia?” Domandai, mettendomi a sedere e coprendomi con il lenzuolo. Avevo appena passato una serata stupenda, ma sentivo il bisogno di restare da sola per qualche minuto. Avevo troppi pensieri in testa e non volevo che Tommy mi chiedesse qualcosa.
“Il bagno è di là.” Rispose lui, indicando una porta semichiusa alla sua destra. Mi abbassai per dare al ragazzo un bacio sulle labbra e poi mi alzai.
L’acqua scorreva calda sulla mia pelle ma non mi permetteva di rilassarmi. Passai una mano tra i capelli bagnati e poi sul viso per lavare via i rimasugli del trucco di quella serata. Scossi la testa. Volevo che i pensieri che stavano affollando la mia mente in quel momento sparissero. Volevo che smettessero di tormentarmi.
Che cos’ho fatto? I sensi di colpa mi facevano sentire come se stessi soffocando e non volevo più sentirmi in quel modo.
Pensai a Tommy, nella stanza di fianco. Le lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance, mischiandosi all’acqua calda della doccia. Avevo vissuto una serata da film, ma mi sentivo peggio di prima. Non meritavo nulla di quello che mi stava succedendo. Non meritavo Tommy, Sarah… niente.
I miei pensieri si soffermarono sulla mia vita a Los Angeles, sulla prima volta che avevo fatto una doccia a casa di Derek. Le lacrime si trasformarono presto in singhiozzi silenziosi e mi ritrovai rannicchiata su me stessa nella vasca da bagno. L’acqua mi colpiva dall’alto, portando le mie lacrime con sé.
No, dovevo smettere di pensarci. Dovevo chiudere quei ricordi in un angolo della mia mente e cercare di impedire che tornassero a tormentarmi.

 

Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo di (Un)broken. In realtà ho unito il quinto e il sesto perché rileggendo mi è sembrato inutile dividere la scena della festa.
In questo capitolo volevo esplorare l'attrazione innegabile tra Kat e Tommy e volevo che la festa in maschera rappresentasse quello che sta succedendo nella vita della protagonista. Perché lei ne indossa una tutti i giorni per nascondere il suo passato, ma quando è con Tommy tende a toglierla, rivelando inconsciamente lati della vera Kat.
Inoltre ho aggiunto un paio di cose e la scena finale, che mi sembrava perfetta per far capire un po' meglio cosa sta provando la protagonista. Ormai siamo vicinissimi ai capitoli inediti e vi prometto che manca poco alla rivelazione del segreto di Kat!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e grazie per aver letto! Il prossimo lo posterò giovedì :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 6
 
“Se dovessi mai descrivere l’appuntamento o la serata perfetta racconterei quello che è successo l’altra sera.” Dissi la domenica seguente a Sarah. Avevo deciso di non parlarle di quello che era successo nella doccia. Non c’era bisogno che lo scoprisse e che si preoccupasse per me. Avevo tutto sotto controllo.
Il negozio in cui lavoravamo entrambe aveva aperto a mezzogiorno e chiuso alle cinque, quindi avevamo deciso di passare una sera tra amiche. Avevamo comprato qualsiasi tipo di cibo spazzatura, affittato un DVD e ci eravamo sistemate sul mio letto con tantissimi cuscini.
“Devi raccontarmi tutto!” Esclamò la ragazza, prendendo una manciata di popcorn. Il film che avevamo noleggiato era carino, ma non era minimamente interessante come quello che avevamo entrambe da dirci, quindi nessuna delle due lo stava guardando.
“Tommy è il ragazzo perfetto. Seriamente!” Esclamai. Sapevo che il sorriso che avevo ogni volta che pensavo a lui e la stretta allo stomaco erano chiari segni che mi stavo innamorando di lui. Com’era potuto succedere non lo sapevo. Io avevo provato a costruire muri di difesa per evitare di cascarci un’altra volta, ma Tommy li aveva superati tutti. Era un mistero come ci fosse riuscito.
“Lo so, te l’avevo detto!” Replicò Sarah, facendomi scoppiare a ridere.
“Da quanto tempo volevi dirmi che me l’avevi detto?” Le chiesi, imitando il suo accento.
“Da tanto.”
Sospirai e appoggiai la testa a uno dei cuscini che avevo dietro la schiena.
“Com’è andata con Evan?”
“Oh, abbiamo ballato e mi ha fatta sentire come una principessa per tutta la sera.” Raccontò la mia amica. “Poi ho dormito da lui, ma ti evito i dettagli. Anche perché voglio sapere tutto da te.”
“Sarah, per carità, ti voglio bene, ma i dettagli me li tengo volentieri per me!” Dissi, scoppiando a ridere.
“Oh mio Dio, no! Non volevo sapere quello! Mi interessa sapere il resto! Com’è stato svegliarsi con lui? Cos’ha fatto?”
“Mi ha svegliata con la colazione a letto.” Dissi e, per qualche motivo, arrossii. Chiusi gli occhi per ricordare meglio la scena e sospirai. Tommy non si era accorto di quello che era successo nella doccia, anche perché ero stata in bagno così tanto che quando ero uscita l’avevo trovato addormentato. Ed era esattamente quello che volevo, perché se mi avesse vista con gli occhi gonfi e rossi mi avrebbe fatto delle domande. Domande a cui non intendevo rispondere. Poi, la mattina dopo, mi aveva svegliata con un vassoio pieno di ogni genere di cose. Caffè, succo d’arancia, pancakes, qualche brioche e persino la colazione tradizionale inglese. Era diventato improvvisamente nervoso e mi aveva rivelato che aveva preparato tutto perché non sapeva quello che mi piaceva. Così avevo assaggiato un po’ di tutto, tranne il caffè. Quello non lo bevevo più da qualche mese.
“Ma è fantastico!” Esclamò la mia amica, agitandosi sul letto e facendo cadere dei popcorn fuori dalla scodella.
“Abbiamo parlato e scherzato tanto. Mi fa sempre ridere, il che è una cosa davvero bella. Amo gli uomini che sanno farmi ridere.” Continuai. “E poi niente, mi ha accompagnata a casa perché dovevo andare a lavorare e non potevo presentarmi al negozio con il vestito della festa in maschera. Sarebbe stato alquanto bizzarro.”
“Ma non abitate tipo a due case di distanza?” Mi domandò Sarah.
“Sì, infatti mi ha accompagnata a piedi.”
“Potevi chiamarmi o mandarmi un messaggio e avrei detto che eri malata al lavoro, così avresti potuto passare tutto il giorno con lui.” Disse la ragazza.
“Ma no, non mi sembrava giusto. E poi anche lui doveva andare in studio perché mi ha detto che doveva assolutamente finire di scrivere e registrare una canzone.”
“Sai cosa vuol dire, vero?”
“Che cosa?” Domandai, anche se in realtà avevo un’idea. O meglio, lo sapevo, ma non volevo ammetterlo. Cominciai a tormentare l’interno del mio labbro. Ero diventata improvvisamente nervosa. Dovevo smettere di pensare al significato di quella frase. Rivolsi la mia attenzione a Sarah, che sembrava una bambina la mattina di Natale.
“Avrà scritto una canzone su di te! O per te! Devo parlare con Evan.” Disse, prendendo immediatamente il cellulare dal comodino di fianco a lei e mandando un sms al ragazzo. Scossi la testa, divertita, e mangiai qualche popcorn. Ormai avevo rinunciato completamente a seguire la trama del film che avevamo affittato, così spensi il televisore e lanciai il telecomando ai piedi del letto.
“Ha detto che Tommy sta scrivendo un testo e sta componendo la musica da solo, non ha voluto rivelare niente a nessuno.” Disse Sarah dopo qualche minuto. “Ti saluta.”
“Salutamelo.” Replicai. Era tanto sbagliato essere felice perché il ragazzo con cui stavo uscendo, forse, stava scrivendo una canzone per me? In realtà non avrei dovuto permettere che niente di tutto ciò succedesse, ma non ero riuscita ad evitarlo. Tommy era diverso dagli altri. Era speciale. E forse era proprio per quello che mi sentivo così in colpa a tenere quel segreto così enorme. Non avrei dovuto tenerlo all’oscuro di tutto.
“Pronto?” Mi chiamò la mia amica dopo qualche minuto. “Pianeta Terra chiama Kat!”
“Scusa, stavo pensando a…”
“Tommy.” Concluse la ragazza. “Tu sei cotta. Completamente cotta.”
“Sono fregata.” Mormorai.
“Andiamo, l’hai detto anche tu che è il ragazzo perfetto, qual è il problema?”
“Niente. Lui non ha nulla che non va.” Risposi velocemente. “Sono solo io che mi faccio mille paranoie su tutto.”
“Devi solo imparare a preoccuparti di meno. Vivi nel presente e non pensare troppo al futuro, andrà tutto bene.” Disse Sarah.
Ma il mio problema è il passato, non il futuro. Pensai.
Inoltre vivere nel presente e non preoccuparsi assolutamente di nulla era esattamente quello che avevo fatto negli ultimi anni e non aveva portato a niente di buono. Mi ero trasferita dall’altra parte del mondo proprio per imparare a preoccuparmi di più, per evitare di rifare gli stessi sbagli.
“Hai ancora fame o sete?” Domandai per cambiare argomento. Non volevo continuare a pensarci. Sentivo che sarei impazzita. Ogni momento passato a mentire a quella che in poco tempo era diventata la mia migliore amica mi faceva sentire sempre più in colpa.
“Sì, berrei volentieri ancora.” Replicò Sarah.
“Vado a prendere qualcosa allora!” Dissi, saltando giù dal letto e avviandomi verso la cucina. Aprii il frigo, estrassi il cartone con il succo di mela e lo versai in due bicchieri.
“Kat, ti è suonato il telefono!” Esclamò Sarah dalla camera da letto. “Hai un messaggio!”
“Leggilo pure, dovrebbe essere Tommy! Probabilmente vuole augurarmi la buonanotte!” Replicai. Quella mattina, prima di salutarmi, il ragazzo mi aveva promesso che si sarebbe fatto sentire prima di sera. Chiusi la confezione di succo di mela e la riposi in frigo. Mi fermai a cercare qualcosa da sgranocchiare perché i popcorn non mi avevano soddisfatta. Avevo voglia di qualcosa di più dolce, così presi la scatola dei cereali al miele e la riposi sul tavolo, cercando un modo per trasportare tutto in camera senza far cadere niente. Appoggiai i bicchieri su un vassoio e afferrai di nuovo i cereali.
Sarah comparve sulla porta della cucina con il mio cellulare in mano e un’espressione che non riuscii a decifrare.
“Va tutto bene?” Domandai. Era strana, non riuscivo a capire se fosse arrabbiata, spaventata o cosa le passasse per la testa.
“Dimmelo tu, Kat?” Rispose, enfatizzando il mio nome.
“Cosa?” Mi avvicinai e Sarah indietreggiò di qualche passo con espressione disgustata. “Sarah?” Cercai di richiamare la sua attenzione, ma la ragazza sembrava decisa a non guardarmi negli occhi. Dopo qualche secondo girò lo schermo del cellulare verso di me e mi fece leggere il messaggio che avevo appena ricevuto da un numero sconosciuto.
 
Ho visto una tua foto per sbaglio su un sito di gossip britannico. Sono sicuro che fossi tu perché ti riconoscerei tra un milione di ragazze. Gli inglesi non sanno ancora chi sei, vero? Lo scopriranno presto, cara Chloe Robson.
 
Mi si ghiacciò il sangue nelle vene e lasciai cadere la scatola di cereali che avevo in mano, sapendo che in quel momento ero davvero fregata. Qualcuno mi aveva scoperta. Il passato era tornato a tormentarmi come nei miei peggiori incubi. Ma chi era? E cosa voleva da me? Ma soprattutto, perché aveva scelto proprio quel momento per minacciarmi? Mi ero trasferita in Inghilterra per cambiare vita, ma ormai sapevo che non sarebbe stato possibile. Guardai la mia amica, che stava continuando a fissare lo schermo.
Ero sicura che non mi avrebbe più rivolto la parola perché non le avevo detto tutto e Tommy… non ci volevo nemmeno pensare.
“Sarah…” Ripetei, avvicinandomi alla ragazza. Come avrei potuto spiegarle tutto? Ero sicura che la sua espressione sarebbe solo peggiorata dopo aver ascoltato la mia storia. E non sapevo nemmeno se ero davvero pronta per raccontarle tutto. A quel punto, però, niente aveva più importanza. La mia amica aveva letto quello stupido messaggio ed ero costretta a dire qualcosa.
“Chi diavolo sei?” Mi chiese la ragazza.
“Kat Moore.” Risposi, sentendo gli occhi lucidi e un nodo in gola che non voleva andarsene.
“E allora chi è Chloe Robson?” Domandò ancora Sarah. Anche lei aveva gli occhi lucidi e sembrava ferita.
“Sono io.” Risposi infine con la voce rotta, abbassando lo sguardo su tutti i cereali che si erano sparsi sul pavimento della mia cucina. Chiusi gli occhi e mi morsi l’interno del labbro per non piangere.

 


Eccoci, finalmente siamo arrivati all'ultimo dei capitoli già postati nell'anteprima del concorso! L'ho revisionato e, come sempre, ho tolto e aggiunto parti. Ho deciso di inserire qualche riga del prossimo capitolo alla fine, perché ho pensato che fosse meglio interrompere la storia qui, quando Kat ha rivelato a Sarah che sì, Chloe Robson è davvero lei.
Quindi a questo punto le domande sono tantissime: perché Kat si è trasferita dall'altra parte del mondo e ha cambiato nome? Chi è Derek? Come reagirà Sarah quando scoprirà il segreto della protagonista? E Tommy?

Lunedì posterò il primo dei capitoli inediti e cominceremo a scoprire qualcosa: vedremo cos'è successo nel passato di Kat (almeno in parte) e scopriremo uno dei suoi grandi segreti.
Grazie per aver letto e spero che vi sia piaciuto!
Alla prossima :)

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 7
 
“Com’è possibile?” Mi chiese Sarah. Ormai aveva raggiunto la soglia della porta e sembrava che facesse fatica a sostenere il mio sguardo.
“E’… è una storia lunga e complicata. M-ma…” Balbettai.
Kat - o chiunque tu sia – non ho intenzione di rimanere qui un secondo di più, sapendo che mi hai mentito per tutto questo tempo. Quindi o mi spieghi cosa sta succedendo in questo preciso istante, o esco da quella porta e non ci vedremo mai più.”
Mi tremavano le labbra e avevo gli occhi gonfi di lacrime. Non volevo rivivere il mio passato, ma non potevo nemmeno perdere Sarah. Non avevo mai avuto un’amica come lei e sapevo di essere stata una persona orribile per averle mentito. Meritava delle risposte. Dovevo dirle la verità. Sospirai e mi sedetti su una delle sedie intorno al tavolo.
“D’accordo.” Mormorai. “Cercherò di spiegarti cos’è successo.” Aggiunsi. Sarah non sembrava convinta, ma si sedette su una sedia di fronte a me e cominciò a fissarmi con aria ostile.
“Ti ascolto.”
“Chloe Robson è…” Cominciai a dire, ma mi interruppi subito. La storia non sembrava avere un senso se avessi cominciato a raccontarla da quel punto. Cercai di riordinare le idee e ricominciai a parlare. “Chloe è il mio secondo nome e Robson è il cognome di mio padre, quello che mi è stato dato alla nascita.” Dissi infine.
“E perché adesso ti fai chiamare Kat Moore?”
“Perché a sedici anni ho deciso di cambiare vita e non volevo più essere me stessa. Volevo scappare dalla mia vita, essere qualcun altro.” Cominciai a raccontare. Sarah aprì la bocca, come se volesse interrompermi, ma la richiuse e continuò ad ascoltare quello che avevo da dire. Mi incitò ad andare avanti con un gesto della mano, così inspirai profondamente, pronta a tuffarmi nel passato. “La morte di mia nonna mi aveva scossa e volevo fare qualcosa per smettere di pensarci, per smettere di sentirmi così vuota. Non riuscivo a credere di aver perso la persona più importante della mia vita, quella che mi ha cresciuto e che mi ha voluto bene incondizionatamente. Non riuscivo a farmene una ragione, nonostante sapessi da anni che quel momento prima o poi sarebbe arrivato.” Continuai. Chiusi gli occhi e per un istante mi sembrò di vedere nonna CeCe davanti a me. Il suo sorriso gentile, gli occhi azzurri contornati dalle rughe e i capelli bianchi come la neve. Le lacrime cominciarono a sfuggire al mio controllo, scivolando sulle mie guance.
“Quindi cos’è successo?” Domandò Sarah.
“Frequentavo una scuola privata a Beverly Hills e le mie compagne di classe avevano sempre mille storie da raccontare su quello che facevano durante i weekend, chi incontravano e cose del genere e sembravano così felici... Io, invece, passavo il mio tempo libero a casa di nonna CeCe e poi, dopo la sua scomparsa, solo in biblioteca. Non ero per niente popolare e anzi, le mie compagne di classe si divertivano a tormentarmi e a prendermi in giro tutti i giorni. Studiavo tantissimo, prendevo bei voti e non mi cacciavo mai nei guai. Almeno finché ho deciso di cambiare tutto.”
“Vai avanti.” Mi esortò Sarah.
“Poco dopo la scomparsa di mia nonna ho cominciato a cambiare e a cercare di diventare più simile alle ragazze più popolari della mia scuola. Non è stato facile, ma ho cominciato a uscire con loro e a inserirmi nel loro gruppo. Mi hanno procurato un documento falso e hanno cominciato a portarmi nei locali più di moda del momento. Volevo essere un’altra persona, cominciare una nuova vita e lasciare tutto il dolore che stavo provando in quella passata. Volevo smettere di ascoltare le storie degli altri con aria sognante ed essere io la ragazza che raccontava a tutti quello che avevo combinato nel weekend. Insomma, sembrava che quello stile di vita funzionasse per le altre. Erano sempre felici, sembrava non avessero nessuna preoccupazione e volevo diventare esattamente come loro. Così ho cominciato a usare il mio secondo nome per presentarmi alle persone nuove nei locali. Non ero più Katherine Robson, la ragazza che aveva appena perso la persona più importante della sua vita. Ero diventata Chloe, quella che nascondeva il suo dolore a tutti e che, invece, amava divertirsi.”
Sarah chiuse gli occhi per qualche secondo e cominciò a scuotere la testa lentamente, come se non volesse credere a niente di quello che le stavo raccontando.
“Da dove viene Moore?”
“E’ il cognome da nubile di mia madre. Quello da sposata di mia nonna.” Risposi. “L’ho cambiato legalmente prima di trasferirmi in Inghilterra. E’… è un modo per ricordare nonna CeCe, per portarla sempre con me.”
“Sei una maledetta bugiarda.” Mormorò improvvisamente Sarah. Alzò lo sguardo su di me e provai una stretta allo stomaco. Mi stava guardando con disgusto, con odio.
“Sarah…”
“No, sai una cosa? Me ne vado, perché non sopporto l’idea che tu mi abbia mentito per più di un mese. Ti ho raccontato tutto di me, ti ho considerata la migliore amica che non ho mai avuto! Mio Dio, pensavo che fossi diversa da tutte le altre! Nella mia vita ho incontrato tante persone come te e dopo l’ultima amicizia finita male ho deciso di stare essere più prudente e sono esattamente dov’ero prima! Mi sono fidata di una sconosciuta che sembrava a posto e invece mi hai mentito anche tu!” Esclamò con le lacrime agli occhi. La ragazza si alzò di scatto dalla sedia della cucina, entrò in camera come una furia per recuperare la sua borsa e uscì dal mio appartamento, continuando a guardarmi con la stessa espressione delusa finché le porte dell’ascensore si chiusero, lasciandomi completamente da sola. Le lacrime si trasformarono velocemente in singhiozzi. Passai le mani tra i capelli e chiusi gli occhi, sentendomi a pezzi. Ero sicura che sarebbe finita così, ma speravo di riuscire a finire di raccontare la storia, di spiegarle il motivo per cui non volevo più pensare al mio passato.
 
Quando riuscii finalmente ad addormentarmi, dopo aver ripulito la cucina e passato ore a fissare il soffitto della mia camera, mi svegliai di soprassalto perché avevo sognato che Sarah e Tommy avevano cercato il mio nome su Internet e avevano scoperto tutto quello che stavo nascondendo. Tutto quello di cui mi vergognavo. Non riuscii più a prendere sonno, così decisi di fare colazione e andare a fare una passeggiata nel parco. Avevo mille domande in testa e nessuna risposta. Come si sarebbe comportata Sarah al lavoro? Avrebbe detto qualcosa a Tommy o ad Evan? L’ansia mi stava distruggendo e non riuscivo a smettere di pensarci.
Decisi di sedermi in riva al laghetto artificiale dei Kensington Gardens e di dare da mangiare ai cigni, un’attività che solitamente tendeva a rilassarmi. Avevo alzato il volume della canzone che stavo ascoltando con gli auricolari al massimo, perché di solito il suono della batteria che martellava incessantemente nei timpani mi aiutava a non concentrarmi su nulla se non sulla musica. Quel giorno, invece, sembrava che il livello dei miei pensieri superasse di gran lunga quello dell’album rock che avevo scelto.
L’unica cosa che riuscii a decidere nelle ore in cui rimasi in quel punto del parco fu che avrei dovuto parlare con Tommy. Avrei dovuto raccontargli tutto prima che lo scoprisse da qualcun altro.
 
“Kat, dovresti rimanere fino a tardi questa sera, ti dispiace? Aspettiamo un carico di nuova merce e dobbiamo sistemarla per domani.” Disse Samantha, la proprietaria del negozio, quando entrai al lavoro.
“D’accordo.” Replicai. Cercai Sarah con lo sguardo ma non la trovai. Aveva finto di essere malata per evitarmi? Non l’avrei biasimata se l’avesse fatto davvero. Invece la ragazza entrò nel negozio pochi minuti dopo, tenendo lo sguardo basso ed evitando il mio per tutta la giornata.
Provai a parlarle mentre sistemavamo i nuovi abiti dopo la chiusura, approfittando del fatto che eravamo rimaste sole, ma mi ignorò dopo avermi rivolto uno sguardo che mi fece provare una stretta al cuore. No, non sarei riuscita a recuperare la nostra amicizia. Avevo rovinato tutto come al solito.
 
Mi resi conto di non aver risposto al telefono a Tommy per tutto il giorno solo quando tornai a casa e mi sdraiai sul letto senza nemmeno aver mangiato. Avevo perso l’appetito e non avevo voglia di cucinare in ogni caso. Anzi, non avevo proprio voglia di fare nulla.
Allontanai il telefono da me, ignorando l’ennesimo messaggio del ragazzo. Lanciai l’oggetto sul cuscino di fianco al mio e chiusi gli occhi. Perché? Per quale motivo il passato doveva continuare a rovinarmi la vita in quel modo? Certo, me l’ero meritato dopo quello che avevo fatto. Però pensavo di aver pagato le conseguenze e di poter andare avanti. Tutti si meritavano una seconda possibilità, perché io no?
Ripresi il telefono nelle mie mani e aprii la rubrica dei contatti. Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma non riuscii a trattenermi. Ne fissai uno in particolare: Derek.
Gli eventi degli ultimi giorni avevano fatto in modo che continuassi a pensare a lui, anche se non volevo. Con gli occhi lucidi e un nodo in gola che mi rendeva difficile deglutire chiamai quel numero e appoggiai il cellulare all’orecchio.
“Ehi, hai chiamato Derek! In questo momento sono molto impegnato, probabilmente a riempire uno stadio con le mie canzoni bellissime…”
“Ma smettila, presuntuoso!” Sentii la mia voce in lontananza. Derek scoppiò a ridere per qualche secondo, prima di ricominciare a parlare.
“In ogni caso se hai un messaggio per me lascialo dopo il ‘bip’ e forse ti richiamerò!”
Interruppi la chiamata e mi raggomitolai sul letto, mentre le lacrime scorrevano sul mio viso. Sapevo che non avrei dovuto chiamare quel numero e sentire la sua voce. Ero riuscita a resistere per un anno e mezzo, ma alla fine avevo ceduto.
 
La mattina successiva mi svegliai tardissimo e non riuscii ad andare a correre e nemmeno a fare colazione. Mi vestii velocemente e mi precipitai al lavoro, dove non avevo la minima voglia di stare. Incrociai lo sguardo di Sarah, che distolse immediatamente il suo e concentrò la sua attenzione su Seth, uno dei nostri colleghi in cassa.
“Sarah, possiamo parlare?” Le chiesi all’ora di pranzo.
“Non ho niente da dirti.” Rispose con freddezza e mi superò per andare a mangiare con Seth. Aveva perfettamente ragione a comportarsi così, ma faceva male comunque. Parlai solo con i clienti durante la giornata e mi sentii ancora più sola di prima. Quando tornai a casa e finalmente guardai il cellulare trovai un paio di sms di Tommy e una chiamata persa. Li ignorai e aprii il frigo per trovare qualcosa da mangiare. Ovviamente non mi era rimasto nulla, perché fare la spesa era diventato l’ultimo dei miei pensieri in quei giorni, così presi la giacca che avevo lanciato sul divano quando ero rientrata e uscii di casa.
Fortunatamente Whole Foods rimaneva aperto fino alle dieci di sera, così riuscii a comprare qualcosa di commestibile e tornai nel mio appartamento, dove mangiai velocemente, distratta dall’idea della bottiglia di vino che avevo acquistato. Mi ero fermata davanti allo scaffale carico di bottiglie per almeno venti minuti, cercando di decidere cosa fare. Nel mio cervello sembrava che fosse scoppiata una guerra. La parte razionale mi ordinava di non guardarle nemmeno e di tornare a casa, mentre quella irrazionale mi urlava di comprarne una e fregarmene di tutto. Alla fine cedetti e ne infilai una nel carrello. Fino al momento di pagare cercai di convincermi a non prenderla, a rimetterla dove l’avevo trovata e ad andarmene. Invece la comprai e la appoggiai sul tavolo di fronte a me mentre mangiavo. La fissai per qualche minuto, tentata come non mai di aprirla. Poi spostai lo sguardo sul telefono che spuntava dalla mia borsa e lo recuperai. Con le dita tremanti ricomposi il numero di Derek e premetti il tasto verde.
“Ehi, hai chiamato Derek! In questo momento sono molto impegnato, probabilmente a riempire uno stadio con le mie canzoni bellissime…”
“Ma smettila, presuntuoso!”
“In ogni caso se hai un messaggio per me lascialo dopo il ‘bip’ e forse ti richiamerò!”
Con la gola che bruciava e gli occhi gonfi di lacrime stappai la bottiglia e versai il contenuto in un bicchiere. No, non avrei dovuto. Il profumo del vino riempì l’aria e mi fece provare una stretta allo stomaco. Non mi era mai piaciuto. Avevo sempre preferito altri alcolici, ma quella bottiglia era la prima che avevo trovato. Quella più vicina a me. L’avevo presa velocemente, senza nemmeno fermarmi a leggere il nome sull’etichetta o il prezzo. Per me era esattamente identica a tutte le altre sullo scaffale del supermercato, quelle che avevo fissato per venti minuti senza vederle davvero. La parte irrazionale del mio cervello mi aveva ordinato di fare in fretta, altrimenti mi sarei convinta a non comprarla.  
I ricordi del passato mi stavano facendo impazzire e volevo solo che smettessero di tormentarmi. Credetti di riuscire a sentire il profumo del dopobarba di Derek dopo più di un anno e mezzo e sentii le lacrime che scorrere sul mio viso.
Ripensai alla prima volta in cui l’avevo visto e a tutte le sensazioni che avevo provato. Avevo cominciato a rispondere “sì” quando qualcuno mi chiedeva se credessi ai colpi di fulmine, perché era esattamente quello che mi era successo quando l’avevo visto. Mi ero innamorata di lui dal primo istante. Era la prima volta che mi succedeva qualcosa del genere e l’intensità dei sentimenti che avevo provato per lui mi aveva spaventata. Era come se mi sentissi costantemente felice.
Felicità, ecco qualcosa che non provavo da tanto tempo.
Abbassai lo sguardo sul liquido di fronte a me e lo fissai. Ero con Derek la prima volta che avevo assaggiato il vino. Mi aveva portata a cena a casa sua e mi aveva offerto da bere per sciogliere la tensione. Non era da molto che ci frequentavamo, ma mi sembrava di conoscerlo da tutta la vita. Sospirai, pensando a quella sera, alla cena, alla nuotata in piscina notturna e a quel bacio. Quel bacio che sapevo avrebbe portato a qualcosa di più, alla nostra prima volta. Alla mia prima volta.
Appoggiai il bicchiere alle labbra, chiudendo gli occhi. La mia mano stava tremando.
Cosa stai facendo, Kat? Mi domandai.
Era da tanto tempo che non mi sentivo così sola, così senza speranza. Sarah non mi rivolgeva più la parola, e quando lo faceva era fredda e distaccata. E chi stavo prendendo in giro? Con Tommy non avrebbe mai funzionato. Era un musicista come Derek e non mi avrebbe mai perdonata una volta scoperto quello che stavo nascondendo. Appoggiai il bicchiere sul bancone e lo allontanai di qualche centimetro. Le lacrime continuarono a scorrere sul mio viso. Premetti di nuovo un tasto del mio telefono e riascoltai il messaggio registrato della segreteria telefonica di Derek.
“Ehi, hai chiamato Derek! In questo momento sono molto impegnato, probabilmente a riempire uno stadio con le mie canzoni bellissime…”
“Ma smettila, presuntuoso!”
“In ogni caso se hai un messaggio per me lascialo dopo il ‘bip’ e forse ti richiamerò!”
Ripresi il bicchiere e lo portai velocemente alla bocca, senza pensare. Quando il liquido toccò le mie labbra mi resi conto di quello che stava succedendo e mi alzai dalla sedia, spaventata. No, non potevo. Mi avvicinai al lavandino e mi costrinsi a svuotare il contenuto del bicchiere e quello della bottiglia. Poi abbandonai tutto in cucina e corsi in camera mia, dove accesi il computer. Sapevo cosa dovevo fare.
 
Meno di mezz’ora dopo ero seduta su una sedia pieghevole in una stanza spoglia, circondata da un gruppo di persone che non conoscevo. Avevo trovato l’indirizzo su Internet ed ero stata fortunata, perché l’incontro non era ancora cominciato e avevo fatto in tempo ad arrivare. Ne avevo trovato uno poco lontano da dove abitavo ed ero uscita di casa senza nemmeno sistemarmi, con gli occhi gonfi, il trucco colato e i capelli spettinati.
Il ragazzo di fianco a me terminò il suo racconto e il gruppo applaudì. Sapevo che era il mio turno e non ero sicura di essere pronta, ma sapevo che era la cosa giusta da fare. Mi alzai e puntai lo sguardo su una bacheca piena di fogli in fondo alla stanza per non incrociare gli occhi di nessuno.
“Mi chiamo Kat e sono un’alcolista.” Dissi.
Intorno a me si levò un brusio, mentre il gruppo mormorava “Ciao, Kat.”


 


Pubblico questo capitolo con mani un po' tremanti, perché è il primo inedito ed è uno dei più importanti perché finalmente scopriamo qualcosa del passato di Kat. La scomparsa di quella che è stata sostanzialmente la figura più importante per lei l'ha portata a fare delle scelte che hanno cambiato il corso della sua vita. Questo capitolo non svela tutto, ma solo il primo dei grandi segreti di Kat. Cominciamo a vedere parte del suo passato, partendo dal motivo per cui ha cambiato nome e scopriamo che la sua vita è molto più complicata di quello che sembra. Andando avanti scopriremo il pezzo che manca, quello che Sarah non ha voluto ascoltare e quello che le ha cambiato ulteriormente la vita.

Spero che vi sia piaciuto e grazie per aver letto! Il prossimo lo posterò giovedì e ripartirà dal punto in cui è finito questo. Inoltre rispunterà il povero Tommy, che è stato ignorato per due giorni. Kat gli racconterà tutto? Se sì, come reagirà davanti alle confessioni della protagonista?


Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 8

“Benvenuta, Kat.” Disse Sean, il capogruppo. I presenti annuirono e qualcuno mi salutò con un sorriso incoraggiante.
“Grazie.” Mormorai.
Mi guardai intorno, un po’ spaesata e un po’ nervosa e mi domandai perché non avessi mai partecipato a un incontro. Prima di arrivare in Inghilterra avevo passato tre mesi in una clinica di riabilitazione a Los Angeles e poi avevo deciso di trasferirmi subito dall’altra parte del mondo, nonostante i miei dottori mi avessero sconsigliato di intraprendere quell’avventura da sola. Secondo loro avrei dovuto trovare un gruppo di supporto vicino alla villa di Beverly Hills che mi aveva lasciato nonna CeCe e partecipare agli incontri ogni settimana. Dicevano che ascoltare le storie degli altri partecipanti e condividere la mia mi avrebbe aiutato. Ma io ero sempre stata testarda, quindi avevo deciso di prendere lo stesso quell’aereo e allontanarmi il più possibile dalla California.
Una volta arrivata a Londra avevo deciso di non avere bisogno di nessun gruppo, perché non volevo assolutamente rivivere tutto quello che mi aveva portata in clinica e pensavo di stare meglio. Sarah mi aveva aiutata molto anche senza saperlo, standomi vicina ed essendomi amica.
“Puoi presentarti e raccontarci quello che vuoi. Se non te la senti puoi ascoltare le storie degli altri e parlare quando sei pronta.” Disse Sean, sorridendomi. Annuii, pensando che non ero preparata a raccontare tutto, ma avevo bisogno di sostegno. Ero completamente sola e quel gruppo, nonostante fosse composto da sconosciuti, era tutto quello che avevo in quel momento.
“Mi chiamo Kat, ho vent’anni e vengo da Los Angeles. Mi sono trasferita a Londra un mese e mezzo fa perché…” Cominciai a dire. No, non ero pronta a raccontare tutto. Al solo pensiero di pronunciare quelle parole si era formato un nodo in gola che non mi permetteva nemmeno di deglutire. “Alcuni eventi recenti mi hanno fatto tornare in mente ricordi dolorosi del mio passato e questa sera ho sentito il bisogno di bere perché volevo dimenticare. Volevo che smettessero di tormentarmi e volevo dimenticare persino il mio nome. Ho passato un periodo abbastanza sereno da quando sono arrivata, credevo di aver trovato un’amica e pensavo di stare bene. Ma sono stata una stupida, le ho mentito e lei ovviamente non mi parla più.” Continuai. “Credo di non essermi mai sentita così sola in tutta la mia vita. Questa sera sono andata al supermercato e ho comprato una bottiglia di vino. Volevo berla tutta, tornare al supermercato e comprarne ancora.” Ammisi. “Mi sono resa conto in tempo di quello che stavo facendo e ho svuotato la bottiglia nel lavandino, ma… sento questo bisogno di bere, ho pensieri più autodistruttivi del solito e so che mi serve aiuto.”
Non mi sentivo in quel modo da qualche mese. Avevo il cuore a pezzi e la mente piena di ricordi che volevo annegare in fondo a una bottiglia. Sapevo che non era il modo giusto per risolvere i miei problemi, l’avevo già provato e mi aveva rovinato la vita.
“Kat, siamo fieri di te per aver resistito alla tentazione di bere e per esserti liberata della bottiglia.” Disse Sean, regalandomi un sorriso incoraggiante. Cercai di rispondere a quel gesto, nonostante io non fossi per niente fiera di me stessa. Mi sentivo distrutta e speravo che quegli incontri di gruppo mi avrebbero aiutata. Durante i miei mesi in clinica a Los Angeles uno dei dottori mi aveva spiegato tutto e mi aveva parlato degli sponsor, cioè persone che avevano superato la dipendenza con successo e avrebbero potuto aiutarmi. Forse avrei potuto trovarne uno in quella stanza.
“Grazie.” Dissi e mi risedetti. Non ero pronta a raccontare niente di più e sapevo che tutti i presenti nella stanza potevano capirmi. Ero sicura che anche loro non avessero detto tutto al loro primo incontro.
Rimasi su quella sedia per un’ora e mezza, ascoltando le storie di successo dei miei compagni di gruppo e applaudendo quando uno di loro ricevette la medaglietta che certificava un anno di sobrietà.
“Sean, posso chiederti qualche informazione?” Domandai al ragazzo a fine incontro.
“Certo, Kat.” Rispose il ragazzo.
“Vorrei continuare a frequentare questo gruppo.” Dissi.
“Sei ovviamente la benvenuta. Ci incontriamo ogni martedì e venerdì alle dieci di sera in questa stanza.” Replicò Sean.
“Grazie.” Dissi. “Pensi che sarà possibile trovare uno sponsor?”
“Certo! Nel gruppo ci sono già cinque o sei persone che non bevono da più di un anno e sono sicuro che saranno felici di aiutarti.” Annuii e abbassai lo sguardo. Ero davvero pronta per tornare a casa da sola e passare una notte intera a lasciare che i ricordi mi tormentassero? “In ogni caso questo è il mio numero di telefono, se vuoi chiamarmi per qualsiasi cosa mentre cerchi uno sponsor. Sei stata bravissima a resistere alla tentazione questa sera. Se ti ritroverai nella stessa situazione non esitare a contattarmi.” Aggiunse lui come se mi avesse letto nel pensiero. Era abituato ad aiutare le persone come me, quindi sapeva quello che stavo provando in quel momento. Quando era arrivato il suo turno di condividere si era alzato e aveva spiegato di essere sobrio da cinque anni e mezzo e di aver deciso di cambiare la sua vita dopo che la sua compagna gli aveva rivelato di aspettare un bambino. Da quel momento aveva fatto di tutto per smettere di bere e non solo. Aveva deciso che avrebbe aiutato più persone possibili con il suo stesso problema.
“Grazie.” Ripetei. Sean mi osservò per qualche istante senza dire nulla. Era molto alto e aveva i capelli brizzolati, gli occhi grigi, il naso a punta e gli occhiali da vista squadrati. Sembrava una persona serena e felice, non un uomo con un passato difficile alle spalle.
“Hai bisogno di un posto dove stare questa notte?” Mi chiese. Scossi la testa, sorpresa, e puntai lo sguardo sul suo.
“No, grazie. Abito qui vicino.” Replicai. Lui annuì e si versò una tazza di caffè.
“D’accordo, allora conto di vederti venerdì. E non esitare a chiamarmi per qualsiasi cosa, okay?”
Annuii, poi lasciai quella stanza spoglia nel seminterrato di una chiesa e sospirai. Non potevo permettere che la mia vita tornasse ad essere come prima. Mi sentivo determinata a non ricadere nella mia dipendenza. Volevo frequentare quel gruppo due volte alla settimana, trovare uno sponsor e stare bene. Sapevo che la strada sarebbe stata difficile, ma volevo provarci.
 
Quando tornai a casa trovai Tommy seduto sugli scalini del palazzo in cui abitavo. Sembrava preoccupato e alzava lo sguardo ogni volta che passava qualcuno davanti a lui. Mi bloccai a pochi passi dall’ingresso di casa, spaventata. Era quasi mezzanotte, per quanto tempo mi aveva aspettata? Cosa gli avevo fatto passare non rispondendogli al telefono e scomparendo in quel modo? Avrei dovuto parlargli, me ne rendevo conto, ma avevo paura della sua reazione.
“Kat!” Esclamò quando mi vide. Si alzò e mi raggiunse velocemente. “Stavo cominciando a preoccuparmi, sono due giorni che non rispondi al telefono.” Disse. Mi abbracciò stretta per qualche secondo, prima di guardarmi. Ero sicura di non essere un bello spettacolo perché avevo pianto, ero struccata e avevo i capelli in disordine.
“Ehi.” Mormorai, distogliendo lo sguardo e puntandolo sull’asfalto.
“Va tutto bene?”
Era una domanda semplice a cui però non sapevo come rispondere. Se avessi detto di sì sarebbe stato ovvio che non era vero, ma dall’altra parte se avessi detto di no… avrei dovuto spiegargli qualcosa.
“Ho avuto un paio di giornate difficili.” Risposi, cercando di rimanere sul vago. “Ho litigato con Sarah.”
“Mi dispiace. Vieni qui.” Tommy mi abbracciò di nuovo e mi diede un bacio sulla fronte.
“Vuoi salire? C-così parliamo.” Proposi. Non avevo intenzione di raccontargli quello che stava succedendo in mezzo alla strada. Il ragazzo annuì e lo accompagnai in casa, dove tutto era esattamente dove l’avevo lasciato. La bottiglia di vino vuota era nel lavandino e nell’aria si sentiva ancora il profumo dell’alcolico.
Tommy si guardò intorno con aria preoccupata e strinse leggermente la presa alla mia mano.
“Sei andata a fare una passeggiata?” Mi domandò, sedendosi sul divano e aspettando che facessi lo stesso. Il tono della sua voce era incerto, come se avesse intuito che c’era qualcosa che non andava.
Sospirai e cominciai a fissare il pavimento, chiedendomi cos’avrei dovuto fare. Tommy era un ragazzo sveglio e probabilmente aveva già messo insieme tutte le informazioni e capito il mio problema.
“Sono andata a un incontro di gruppo.” Mormorai lentamente. “Degli… degli Alcolisti Anonimi.” Aggiunsi abbassando la voce. Non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia. Mi vergognavo disperatamente, ma sapevo che avrei dovuto raccontargli tutto prima o poi. Se non l’avessi fatto io l’avrebbe fatto Sarah. E sapevo che ci sarebbero state ancora meno possibilità che mi perdonasse in quel modo.
“La bottiglia in cucina…” Cominciò a chiedermi il ragazzo.
“Non l’ho bevuta.” Risposi immediatamente. “L’ho comprata perché volevo farlo, ma alla fine l’ho svuotata nel lavandino e ho trovato il gruppo di supporto più vicino a me.”
Tommy annuì e mi abbracciò stretta, come se volesse proteggermi. Ero riuscita a parlargli di quello che, probabilmente, era solo un decimo dei miei segreti. Non volevo immaginare la sua reazione quando avrebbe scoperto tutto il resto.
“Ti va se passo la notte qui con te?” Mi propose il ragazzo.  Annuii, sollevando lo sguardo per incontrare il suo. Tommy si alzò dal divano, buttò la bottiglia di vino, lavò il bicchiere e aprì la finestra per fare uscire l’odore. Poi mi accompagnò in camera, si sdraiò di fianco a me e mi abbracciò.
“Grazie per essere stato così comprensivo.” Mormorai dopo un po’. Mi aveva coccolata in silenzio per tanto tempo e gliene ero estremamente grata. Non mi aveva chiesto nulla, non aveva preteso risposte di nessun genere. Mi aveva solo tenuta stretta e mi aveva fatta sentire protetta, al sicuro. Un pensiero si fece prepotentemente spazio nella mia mente e non riuscii ad ignorarlo. Tra quanto tempo sarebbe scappato a gambe levate?
“Mia madre è sobria da quasi dieci anni.” Rispose lui, girandosi su un fianco e guardandomi negli occhi. “Il suo problema non è mai stato l’alcol però. E’ diventata dipendente dagli antidolorifici dopo un brutto incidente in auto in cui ha perso la sua migliore amica. Un ragazzo si è sentito male, ha sbandato e ha causato un frontale. Mia madre si è salvata per miracolo, ma per la sua amica non c’è stato nulla da fare. Era disperata e non voleva accettarlo. Ha continuato ad abusare di quelle pillole per mesi. All’inizio non ce ne siamo accorti, ma poi il suo problema è diventato evidente e abbiamo fatto di tutto per aiutarla. Ha cominciato a frequentare i gruppi dei Narcotici Anonimi qui a Londra e il suo sponsor l’ha aiutata tantissimo.”
“Mi dispiace.” Dissi. Lui scosse la testa. Tommy aveva ventiquattro anni, il che significava che aveva dovuto affrontare quella situazione quando era solo un adolescente. Quando avrebbe dovuto uscire a giocare con gli amici e non avere nessuna preoccupazione.
“Ormai è passato tanto tempo e lei sta bene.” Rispose. “Però ho voluto raccontartelo per dirti che tutti noi abbiamo un passato e voglio che tu sappia che il fatto che hai un problema con l’alcol non mi spaventa. Ti starò vicino e ti aiuterò, d’accordo?”
“Grazie, Tommy.” Dissi. Lui mi guardò negli occhi per qualche secondo prima di darmi un bacio sulle labbra. Provai un brivido lungo la schiena quando le sue labbra toccarono le mie e il mio cuore cominciò a battere più velocemente. Poi mi attirò a sé e mi permise di rannicchiarmi contro il suo fianco.
Non meritavo una persona così speciale. Mi sentivo in colpa ogni secondo di più per non avere il coraggio di raccontargli la mia storia. Ero sicura che una volta scoperta tutta la verità sarebbe scappato anche lui.

 


Ecco l'ottavo capitolo di (Un)broken! Kat partecipa al primo incontro del gruppo di supporto e scopriamo qualche dettaglio in più sulla sua dipendenza. Le cose sono peggiorate così tanto a Los Angeles da farla finire in clinica di riabilitazione. Ma perché?
Inoltre ritroviamo Tommy, che dopo non aver avuto notizie di Kat per due giorni ha deciso di aspettarla davanti a casa sua. In questo capitolo troviamo anche qualcosa sul passato di Tommy e sulla battaglia con la dipendenza di sua madre.
Spero che vi piaccia e grazie per aver letto, aggiunto la storia alle preferite, ricordate o seguite e per i commenti!

A lunedì!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 9
 
All’incontro di gruppo del venerdì successivo decisi di non raccontare tutta la mia storia. Non ero ancora pronta a rivivere tutto. Mi limitai invece ad ascoltare gli altri, sapendo che se avessi spiegato quello che era successo nel mio passato non sarei riuscita a smettere di pensarci. Avevo paura di quello che avrebbe potuto succedere se non fossi stata in grado di bloccare i ricordi. Mi concentrai sui racconti di tutti i miei compagni di gruppo, decisa a trovare uno sponsor. Anche se Tommy mi aveva promesso di starmi vicino e di aiutarmi, avevo bisogno di parlare con qualcuno che capisse esattamente quello che stavo passando.
Prima di uscire mi avvicinai a Megan, una ragazza che aveva ricevuto la medaglietta per celebrare i due anni di sobrietà proprio quella sera.
“Sei Kat, vero?” Mi domandò.
“Sì.” Risposi, annuendo.
Megan versò del caffè in una tazza e prese due biscotti dalla scatola di latta che aveva portato Jane, una signora di mezza età che aveva partecipato all'incontro. Aveva accompagnato un ragazzo di circa trent'anni, suo figlio, che però si era rifiutato di parlare. Aveva solo mormorato che non aveva bisogno di aiuto perché non aveva nessun problema.
“Come va oggi? Ho ascoltato il tuo racconto martedì e volevo dirti che sei stata coraggiosa. Io non sono riuscita a resistere la prima volta che mi sono trovata davanti una bottiglia di vino.” Disse lei con un sorriso. Il suo sguardo si puntò sulla bacheca di fronte a lei per qualche secondo, come se stesse ricordando il momento che mi aveva appena raccontato.
“Grazie.” Dissi, abbassando lo sguardo sul tavolo con il caffè e i biscotti e schiarendomi la voce. Dovevo trovare il coraggio di cominciare quel discorso. “Megan, uhm, per… per caso saresti disponibile come sponsor?” Le domandai a bassa voce. Avevo sempre odiato chiedere aiuto.
“Ma certo, Kat!” Esclamò lei, rivolgendomi un sorriso gentile. “Aspetta, ti lascio il mio numero di telefono, così puoi chiamarmi quando vuoi. E sappi che qualunque cosa mi dirai rimarrà tra di noi.” Disse, porgendomi un bigliettino su cui aveva appena scritto i suoi contatti.
“Grazie.” Ripetei. Durante i due incontri a cui avevo partecipato avevo ascoltato le storie di tutti i presenti al gruppo, ma la sua mi aveva colpita particolarmente e avevo deciso di rivolgermi a lei. Sapeva quello che avevo passato, perché era successo anche a lei.
Megan aveva ventisette anni e un passato davvero difficile alle spalle. Da quando era riuscita a smettere di bere, però, era riuscita a sistemare la sua vita e da pochi mesi era nata Juliet, la sua prima figlia. Mi ero sentita vicina a lei dopo aver ascoltato la sua storia e mi ero fidata istantaneamente. Speravo di riuscire a superare il mio passato come aveva fatto lei. Inoltre mi era sembrata una persona molto dolce e comprensiva. Forse sarei riuscita a raccontarle tutto.
 
Megan si offrì di riaccompagnarmi a casa. Non abitavamo molto lontane l’una dall’altra, così camminammo per le strade di Londra insieme, parlando del più e del meno e approfittando di quel momento per conoscerci meglio. Mi aveva spiegato tutto sugli sponsor, perché anche lei ne aveva uno ed era diventato un punto di riferimento importantissimo nella sua vita. Quando arrivammo davanti al palazzo in cui abitavo ci sedemmo sulle scale e continuammo a chiacchierare per parecchio tempo. Mi spiegò che Juliet, la sua bambina, il martedì e il venerdì sera rimaneva con il papà e mi raccontò aneddoti divertenti che mi distrassero e mi fecero capire di aver fatto la scelta giusta. Megan era dolce, divertente e responsabile. Era esattamente il tipo di persona che avevo bisogno nella mia vita.
Quando tornai nel mio appartamento, dopo averla salutata e averle promesso di rivederla il martedì successivo all’incontro, mi sentii meno sola e anche un po’ ottimista. Con l’aiuto di Megan e Tommy avrei potuto superare tutto.
 
Sarah continuò ad ignorarmi in negozio, abbassando la testa ogni volta che le passavo vicino e rivolgendomi occhiate assassine quando le chiedevo qualcosa sul lavoro.
Il sabato, approfittando di uno scambio di turno con Seth, che mi aveva chiesto se avessi potuto lavorare tutta la domenica al suo posto, Tommy mi portò a fare quel giro di Londra che mi aveva promesso per aiutarmi a distrarmi ulteriormente da quello che stava succedendo.
“I paparazzi non ti seguiranno ovunque?” Domandai preoccupata quando lo incontrai al parco. Anche se non avevo più ricevuto nessun messaggio da quel numero sconosciuto non avevo smesso di chiedermi per un secondo chi potesse essere. Volevo passare un pomeriggio rilassante con Tommy, ma come avrei potuto? E se i fotografi avessero messo in rete nuove foto? E se lo sconosciuto avesse ricominciato a tormentarmi?
“No, figurati. Non dove stiamo andando.” Replicò lui, rivolgendomi un sorriso e prendendo la mia mano. Invece di salire sulla sua auto mi guidò alla fermata della metropolitana più vicina e mi insegnò a usare i mezzi pubblici. “Londra è talmente piena di turisti il sabato che nessuno si accorgerà di noi.” Spiegò il ragazzo davanti alla mia espressione preoccupata. Annuii e cercai di convincermi a lasciarmi andare e a godermi quella giornata.
Nonostante fossi arrivata da qualche settimana non avevo ancora usato la metro. A Los Angeles i mezzi non erano molto potenziati, così avevo cominciato a guidare la mia auto da quando avevo fatto la patente a sedici anni. La usavo per andare ovunque, perché era quasi impossibile muoversi in altro modo, soprattutto se si aveva fretta. Certo, c’erano gli autobus, ma in alcuni posti ne passava solo uno all’ora. La tube, come la chiamavano gli inglesi, era un mondo completamente nuovo per me. Tommy dovette spiegarmi tutto, da dove comprare la tessera a dove inserirla per fare aprire i tornelli, ma soprattutto in che direzione andare per non prendere il treno sbagliato. Non pensavo che potessero esserci così tante linee diverse.
Da High Street Kensington, la fermata più vicina a casa di entrambi, prendemmo la linea gialla, la Circle, fino a Gloucester Road, dove cambiammo treno e ne prendemmo uno della blu, la Piccadilly, che si fermò a Covent Garden.
“Oh mio Dio!” Esclamai quando ci mettemmo in fila per salire su uno degli ascensori che ci avrebbe riportati in superficie.
“Hai visto quanta gente?” Mi domandò Tommy con un sorriso.
“E’ incredibile!” Dissi, guardandomi intorno. Intorno a noi c’erano centinaia di persone, tra turisti e londinesi in cerca di un pomeriggio di assoluto relax. Erano tutti impegnati a chiacchierare con i propri amici o le proprie famiglie, aspettare l’ascensore o, nel caso dei turisti di fianco a noi, ad aprire un’enorme cartina per cercare la strada da percorrere. Nessuno sembrava essersi minimamente accorto del fatto che Tommy, un cantante piuttosto famoso, fosse tra di loro.
“Te l’avevo detto che non mi avrebbe riconosciuto nessuno!” Esclamò lui. “E poi con gli occhiali da sole sono identico a tutti gli altri inglesi.” Scherzò dopo qualche secondo, avvicinandosi per darmi un bacio sulle labbra.
 
“Così è per questo che mi hai chiesto se mi piacevano i colori!” Esclamai quando arrivammo al posto giusto. Tommy mi aveva portata a Neal’s Yard, una piccola piazza poco distante da Covent Garden in cui tutte le case erano dipinte con colori accesi e brillanti. La prima tappa fu un negozio che vendeva accessori strani per la casa e mi lasciai conquistare da un set di coppe per il gelato di ceramica a forma di muso di koala. Erano kitsch, ma io le adoravo.
Poi entrammo in un bar quasi vuoto e ci accomodammo a un tavolo.
“Mi hai chiesto un posto che non conoscono tutti, quindi ho pensato a questo. E’ anche uno dei miei preferiti, conosco i proprietari e vengo qui a mangiare spesso.” Replicò lui, sorridendo.
“E’ stupendo.” Dissi.
In effetti i mercatini di Covent Garden erano quasi invivibili per la troppa gente, mentre nella piazzetta c’erano poche persone. Una coppia condivideva una fetta di torta a pochi tavoli di distanza da noi, un gruppo di ragazzi parlava della serata epica che avevano appena passato e due uomini stavano parlando di lavoro. Fuori pochissimi turisti facevano foto ai palazzi colorati. Era una piccola isola di tranquillità a pochi passi da una zona molto trafficata.
“E con questo fanno due posti segreti in cui ti ho portata.” Commentò il ragazzo.
“La piscina dell’hotel accessibile solo ai membri del club privato…” Dissi io, cominciando a contare con le dita.
“E Neal’s Yard con i palazzi colorati. Ho qualche altro posto in mente, vedrai.”
“Grazie, Tommy.” Dissi improvvisamente. “Per essere ancora qui dopo quello che hai scoperto.” Aggiunsi.
“Avevo capito dall'inizio di avere a che fare con una ragazza misteriosa.” Rispose lui con un sorriso.
La sua risposta mi fece sentire in colpa per non avere ancora avuto il coraggio di confessare tutto, ma come avrei potuto fare? Se gli avessi detto che in America usavo un altro nome probabilmente avrebbe avuto la stessa reazione di Sarah e mi avrebbe abbandonata. E una volta appreso l’altro nome non ci avrebbe messo proprio niente a cercarlo su Internet e probabilmente avrebbe creduto a tutte le menzogne che avevano scritto i giornalisti.
“Devi avere almeno un difetto.” Commentai con un sorriso, cercando di non contare la sua professione come una caratteristica a suo svantaggio. Avevo incontrato tante persone nella mia vita, tanti ragazzi. Eppure nessuno si avvicinava al livello di perfezione di Tommy. Sembrava quasi che non fosse umano. Doveva esserci qualcosa di sbagliato in lui, qualcosa che mi stava nascondendo. Tutti avevano un lato un po’ oscuro.
“Non sono tanto alto.” Rispose.
“Non è un difetto.” Ribattei. “E sei comunque più alto di me, quindi va benissimo.”
“Allora vediamo…” Cominciò a riflettere il ragazzo. “Ok, ci sono. Però non so se vorrai continuare a uscire con me quando te lo dirò.”
“E’ così terribile?”
Tommy annuì e assunse un’aria imbarazzata.
“Mi piacciono le Spice Girls.”
Lo guardai per qualche secondo prima di scoppiare in una fragorosa risata. Poi mi ricomposi e mormorai una scusa alle persone di fianco a noi.
“Questo è il tuo difetto? Seriamente?” Domandai a bassa voce.
“Beh, è imbarazzante. Dovrei essere il cantante di una band rock.” Si difese lui anche se in realtà stava ridendo. Ero sicura che mi avesse detto quella cosa solo per farmi ridere.
“Dalla tua espressione mi aspettavo qualunque cosa tranne quello. E se ti piacciono così tanto possiamo andare a vedere il musical. Perché sì, piacciono anche a me e avevo già intenzione di andarci da sola.” Replicai.
“Lo sapevo. Sapevo che eri la ragazza perfetta.”
Non poteva essere più fuori strada di così. Cominciai a chiedermi quanto avrei resistito ancora senza scoppiare e confessargli tutto. Forse avrei dovuto farlo subito, mentre non provavamo ancora sentimenti forti l’uno per l’altra. Se mi avesse lasciata avrei imparato ad accettarlo e ad andare avanti.
Tommy ed io ordinammo un cheesecake da dividere e tornammo a chiacchierare. Mi piaceva la sua compagnia, mi piaceva conoscerlo, scherzare e ridere alle sue battute. Mi piaceva tutto di lui e non avrei dovuto permettere che succedesse.
“E tu, uomo dai pochi misteri, cosa nascondi nel tuo passato?” Domandai improvvisamente. Tommy mi aveva raccontato tutto sulla sua famiglia e sui suoi amici, ma non aveva mai nominato nessuna ragazza. Forse era proprio quello il suo difetto. Magari era un disastro con le donne o era un traditore seriale.
“La mia ultima storia seria è stata un anno fa.” Rispose dopo aver riflettuto per qualche istante. “Valerie. Ci siamo incontrati quando sono andato in tour in Francia con la mia band. Siamo stati insieme per due notti, perché avevo due concerti a Parigi e ci siamo tenuti in contatto. Poi ci siamo rivisti alla fine del tour, quando sono tornato a Londra e l’ho trovata che mi aspettava all’aeroporto.” Aggiunse. “E’ stata la seconda storia importante di tutta la mia vita ed ero convinto che ci amassimo sul serio, ma non era vero nulla. In realtà aveva un fidanzato in Francia e dovevano sposarsi. Quando mi ha conosciuto ha pensato che avrebbe potuto fregarmi e rubarmi un po’ di soldi.” Concluse, abbassando lo sguardo e contraendo la mascella. Sembrava che quella fosse ancora una ferita aperta nel suo cuore.
“Mi dispiace.” Risposi, sentendomi ancora più in colpa per non avergli ancora raccontato nulla di quello che era successo nel mio passato. A quel punto ero praticamente sicura che sarebbe scappato a gambe levate.
“Non importa.” Disse Tommy e assaggiò un pezzo della fetta di cheesecake ai frutti di bosco. “Quando l’ho lasciata mi sono incazzato tantissimo, poi ci sono stato male per un lungo periodo, ma ehi, guardiamo il lato positivo. Almeno ho scritto un album che ha vinto un Grammy.” Cercò di scherzare il ragazzo, anche se non sembrava dell’umore.
“Mi dispiace tanto.” Ripetei. Avrei voluto dirgli che non tutte le ragazze mentivano, ma chi ero io per dire una cosa del genere? Di certo non ero la persona giusta.  
 
Scoprii che l’altro posto dove voleva portarmi Tommy era un giardino conosciuto da poche persone poco lontano da dove eravamo. Si chiamava Phoenix Garden ed era gestito completamente da volontari. Era un paradiso, un’oasi selvaggia nel caos della città. Il ragazzo mi guidò all’interno e ci sedemmo su una panchina in mezzo a fiori e alberi. Osservai quello che avevo intorno per qualche minuto, senza parlare.
“Quella è una rana?” Domandai. Tommy spostò lo sguardo nella direzione che stavo indicando e annuì.
“Sì, qui ci sono vari tipi di animali. Soprattutto farfalle e uccelli, ma ci sono anche rane e scoiattoli.” Replicò. “E un gatto, a quanto pare.” Aggiunse quando un felino nero con un occhio azzurro e l’altro giallo si avvicinò a noi. Aveva un collarino rosso intorno al collo e sembrava abituato alla gente. Tanto che si strusciò contro le mie gambe, mi fece le fusa quando lo accarezzai tra le orecchie e poi andò a elemosinare coccole dalla coppia di amiche sulla panchina di fronte alla nostra.
All’interno del giardino c’era qualcuno che si stava prendendo cura dei fiori, ma tutto era tranquillo e silenzioso. Era quasi assurdo pensare che quel posto fosse a poca distanza da Covent Garden e Trafalgar Square, due luoghi molto frequentati da turisti di tutto il mondo.
“Tommy?” Lo chiamai con urgenza. Sapevo che era arrivato il momento di confessare tutto. Forse Phoenix Garden non era il posto giusto, ma dovevo farlo. Il ragazzo si voltò verso di me, sorridendomi e rendendomi difficile dire quello che volevo. Abbassai lo sguardo sulle mie mani e inspirai profondamente. “E’ stata una giornata magnifica.” Dissi infine, abbandonando il mio piano originale. Sapevo di essere una persona orribile ed egoista, ma non volevo perderlo.
“Non è ancora finita.” Replicò lui. “Se vuoi possiamo andare al cinema, ce n’è uno a pochi passi da qui.”
“Mi porti a vedere il film delle Spice Girls?” Lo presi in giro.
“Lo farei se fosse ancora nelle sale!” Anche Tommy stava ridendo a quel punto e l’atmosfera si alleggerì. “No, ti faccio scegliere cosa vediamo.” Aggiunse dopo un po’. Il ragazzo digitò qualcosa sul suo cellulare e dopo qualche secondo me lo porse, mostrandomi il sito del cinema per farmi vedere i film in programmazione.
“Auto da corsa, commedia romantica, commedia…” Mormorai, leggendo le trame velocemente. “Horror!” Esclamai.
“Ti piacciono gli horror?” Mi chiese Tommy con aria sorpresa.
“Li adoro!”
Il ragazzo sorrise e si avvicinò per darmi un bacio sulle labbra.
“E’ come se qualcuno ti avesse programmata apposta per essere la ragazza perfetta per me.” Commentò.
“Ma smettila!” Esclamai ridendo.
“Giusto, potrebbe essere una scusa per tenermi la mano per tutto il film. Ne riparliamo quando mi chiederai di passare la notte a casa tua per controllare se c’è qualcosa sotto il letto.”
“Potrebbe essere il contrario.”
“Vedremo.”
Tommy mi mise un braccio intorno alle spalle e mi attirò più vicina a sé. Mi diede un bacio sul collo, poi uno sulla guancia e infine uno sulle labbra. Mi sembrava di essere un’adolescente alla prima cotta, ma in quel momento non mi importava. Tommy riusciva a farmi sentire come se avessi la mia età e come se non avessi un brutto passato alle spalle. Mi faceva venire voglia di essere onesta e raccontargli tutto. Volevo essere una persona migliore anche se era dannatamente difficile farlo.
“Cinema e cena, offro io.” Disse poi improvvisamente, alzandosi dalla panchina e porgendomi una mano.
“D’accordo.”
 
Dopo il film chiesi a Tommy se voleva passare la notte da me, ma non perché ero spaventata da quello che avevo visto. Gli horror non mi spaventavano mai perché sapevo che era tutto finto. Sapevo che se avessi passato la notte da sola avrei finito per fare qualche altra cazzata, come chiamare Derek.
“Sai che passo volentieri tutto il mio tempo libero con te.” Mi disse Tommy quando entrammo nel mio appartamento. Da quando gli avevo confessato che avevo un problema di dipendenza con l’alcol sembrava quasi che ci fossimo avvicinati di più. Lo guardai negli occhi per qualche istante prima di baciarlo. Ogni volta che mi trovavo vicino a lui sentivo dei brividi risalirmi la schiena e le farfalle nello stomaco. Era come se mi stessi innamorando di Tommy, ma era possibile? Dopo Derek non credevo di essere più in grado di provare qualcosa per qualcuno.

 


Eccoci arrivati al capitolo nove. Nel prossimo ci sarà una rivelazione sul passato di Kat, ma per il momento avevo bisogno di un capitolo filler per introdurre il personaggio di Megan (che vedremo di più prossimamente) e per esplorare il rapporto che si è creato tra Tommy e Kat. E la nostra protagonista si sta rendendo conto di provare dei sentimenti forti per Tommy. Sentimenti che la stanno facendo lentamente crollare. Lei vuole raccontargli tutto, ma ha paura di perderlo.
In questo capitolo Londra fa da cornice a un appuntamento meraviglioso, che però fa sentire Kat in colpa e la terrorizza.


Vi aspetto giovedì per il prossimo capitolo e spero che questo vi sia piaciuto!
Grazie per aver letto!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 10

 
Il giorno successivo andai in negozio, convinta di parlare con Sarah. Ero determinata a farmi ascoltare e, soprattutto, a chiederle scusa. Volevo spiegarle perché avevo mentito, volevo dirle tutto. Una parte importante del programma degli Alcolisti Anonimi era quello di chiedere scusa alle persone che avevo ferito. E Sarah era diventata importante per me. Sapevo che non mi avrebbe perdonata, ma volevo almeno provare a rimediare.
Quella mattina, dopo aver fatto colazione con Tommy, il ragazzo mi accompagnò al lavoro e mi diede un bacio per salutarmi. Esattamente in quel momento Sarah passò di fianco a noi e mi rivolse un’occhiata disgustata.
“Devo andare, devo parlarle.” Dissi in fretta e Tommy annuì. Entrai nel negozio e corsi dietro alla mia amica. “Sarah!” Esclamai.
“Cosa vuoi?” Sbottò la ragazza, fermandosi e voltandosi verso di me.
“Voglio solo parlare con te, spiegarti cos’è successo.” Dissi.
“Credimi, quello che ho letto è abbastanza. Come hai potuto fare una cosa del genere? Come fai a dormire sapendo quello che hai fatto? L’hai detto a Tommy? Scommetto di no, perché sei una bugiarda! Ecco cosa sei.” Esclamò con rabbia Sarah.
“Ti prego, fammi spiegare! Quello che hai letto non è vero!”
“Kat, Chloe, chiunque tu sia… evita. Lascia perdere perché tanto non crederò più a niente di quello che mi dirai.”
Fu come se qualcuno mi avesse colpita con dell’acqua gelida in pieno viso. Sarah aveva letto su Internet quello che si diceva su di me? Quello che era stato scritto dai giornalisti non era vero. Non tutto, almeno. Loro non sapevano davvero quello che era successo e avevano speculato e inventato menzogne per vendere più copie, incuranti di chi avrebbero ferito nel frattempo. Mi avevano portata a scappare dalla mia casa, dalla mia città.
Rimasi in quel punto del negozio per qualche minuto, finché non sentii il mio cellulare vibrare in tasca e lo estrassi per controllare chi mi stesse contattando. Aprii l’e-mail dal mittente anonimo e per poco non lasciai cadere il telefono. Era come se il mio cuore fosse precipitato al posto dello stomaco. Mi appoggiai alla parete, guardando l’allegato di quella e-mail e il testo che lo accompagnava.
 
Sono pronto a inviare questa foto alla stampa inglese, Chloe.  
 
Sentii il labbro inferiore che tremava, la vista ormai era appannata dalle lacrime e non vedevo più nulla. Accarezzai con un dito la foto sullo schermo e mi sedetti sul pavimento, con la schiena appoggiata al muro. Sapevo che sarebbero arrivati i primi clienti a momenti, ma non riuscivo ad alzarmi.
Chi era la persona che mi stava minacciando? Cosa voleva da me? Perché doveva tormentarmi con quella foto, dopo un anno e mezzo?
“Kat? Va tutto bene?” Mi chiese Samantha quando mi trovò seduta per terra. Mi asciugai le lacrime e scossi la testa.
“D-devo tornare a casa.” Risposi.
“E’ meglio di sì.” Disse la proprietaria del negozio, annuendo. “Sarah?” Chiamò poi ad alta voce. La ragazza, che era poco lontana da noi, si avvicinò.
“Sì?” Chiese.
“Puoi accompagnare Kat a casa, per favore?”
Sapevo che quella era probabilmente l’ultima cosa che voleva fare, ma la ragazza annuì e, senza dire una parola, mi accompagnò fuori dal negozio. L’aria fresca del mattino mi fece sentire un po’ meglio, anche se continuavo ad avere quel maledetto bisogno di bere per smettere di pensare a tutto quello che era successo. Ormai avevo visto quella foto e l’immagine si era stampata nella mia mente. Ero sicura che non sarei più riuscita a smettere di pensarci. Altre lacrime rotolarono disordinatamente sulle mie guance.
“Cos’hai?” Mi chiese Sarah con poca grazia.
“Niente.” Replicai, asciugandomi di nuovo gli occhi con il dorso della mano. “Posso tornare da sola, grazie.” Aggiunsi, allontanandomi velocemente dalla ragazza prima che potesse replicare. Volevo rimanere da sola e sapevo esattamente quello che avrei fatto.
Attraversai la strada e cominciai a camminare verso il supermercato, convinta di comprare una bottiglia di qualunque cosa avessi trovato e berla ancora prima di tornare a casa. Varcai la soglia di Whole Foods e mi obbligai a fermarmi. Che cosa stavo facendo? Cos’avrebbe risolto bere una bottiglia intera di qualcosa? Certo, avrei dimenticato per qualche ora, ma cosa sarebbe successo il giorno successivo, al mio risveglio? Avrei dovuto bere ulteriormente per cancellare il dolore, per eliminare i ricordi dalla mia mente. Sarei ripiombata nella routine che mi aveva fatta finire in clinica di riabilitazione. Forse avrei dovuto chiamare Megan. Era a quello che servivano gli sponsor, no? Estrassi velocemente il cellulare dalla borsa e la chiamai.
“Kat?”
“Megan, credo di aver bisogno di aiuto…” Mormorai.
“Dove sei?”
“Da Whole Foods a Kensington High Street.”
“Okay.” Disse. La sentii appoggiare qualcosa da qualche parte. “Ti raggiungo subito, tu aspettami lì fuori, d’accordo? E ti prego, qualunque cosa tu faccia, non andare nel reparto alcolici.” Aggiunse.
“D’accordo.” Replicai. “Grazie.” Aggiunsi. Ero davvero grata per il suo aiuto. Non ero ancora sicura di cosa avrei potuto dirle, ma sapevo di aver bisogno dell’aiuto di qualcuno che poteva capirmi. Decisi di seguire il suo consiglio e uscii dal supermercato. Mi appoggiai alla parete di fianco all’ingresso, cercando di ignorare la parte irrazionale del mio cervello che continuava a dirmi di mandare tutto all’aria e comprare una bottiglia.
Non dovetti aspettare molto, dopo una decina di minuti Megan arrivò spingendo una carrozzina. Sembrava preoccupata, ma mi rivolse un sorriso incoraggiante lo stesso.
“Oh mio Dio, Megan, scusa. Non avevo pensato a tua figlia…” Dissi. Ero così nervosa che non riuscivo a smettere di tormentarmi le dita.
“Non preoccuparti, Kat. Vieni, andiamo a fare un giro al parco. A Juliet piace l’aria fresca e si diverte a guardare i cigni.” Mi rassicurò la ragazza. Cominciammo a camminare verso i Kensington Gardens e ci fermammo solo quando trovammo una panchina libera davanti al laghetto artificiale, il Round Pond. L’atmosfera del parco mi aiutò immediatamente a rilassarmi e smisi di mangiare le mie povere unghie. Invece osservai Juliet, invidiandola. La bambina, che aveva circa sei mesi, cominciò a sorridere quando la madre la prese in braccio. Si guardò intorno con un’espressione curiosa e indicò i cigni. Non aveva nessuna preoccupazione e non aveva ancora idea di come potesse essere ingiusta la vita.
“E’ bellissima.” Commentai, osservandola. Assomigliava a sua madre, avevano gli occhi dello stesso azzurro e i capelli biondo chiaro. Megan aveva raccolto i suoi lunghi in una coda alta, mentre la piccola aveva due codini legati con dei nastri rosa. Era davvero adorabile.
La bimba si voltò verso di me e mi salutò con la manina. Risposi a quel gesto e persi qualche minuto ad osservare il paesaggio di fronte a me senza parlare. Dovevo decidere da che parte iniziare il racconto, dovevo capire cosa avrei potuto dire. Megan non mi chiese nulla, permettendomi di cominciare il discorso al momento giusto. “Nel mio passato sono successe delle cose a cui non mi piace pensare.” Dissi. "Ma ignorare il problema non funziona, perché è come se quello che è successo tornasse a tormentarmi ogni volta che provo ad essere felice, facendomi ricadere nella disperazione.”
“Però sai che bere non è la soluzione. I problemi continueranno ad essere lì.”
“Lo so.” Replicai, annuendo. “Non voglio tornare com’ero prima. Non posso. Ma sono così sola, non ho idea di come fare.”
“Non permetteremo che succeda. So che è difficile aprirsi con qualcuno che si conosce a malapena. Quando sarai pronta a raccontarmi quello che è successo io sarò qui. Non sei più sola, Kat." Replicò la ragazza, prendendomi una mano e stringendola. "Nel frattempo credo che tu abbia bisogno di passare qualche giornata normale in compagnia di amici. Che ne dici?”
“Penso che tu abbia ragione.” Replicai.
Megan mi piaceva e mi dava la sensazione di potermi fidare di lei. Certo, avevo bisogno di ancora un po’ di tempo per convincermi a raccontarle tutto, ma quello era un buon inizio e passare del tempo con lei mi aiutava a distrarmi dall’idea di andare al supermercato a comprare una bottiglia di qualsiasi alcolico.
 
Una volta tornata nel mio appartamento, dopo aver passato il pomeriggio al parco insieme a Megan e Juliet, mi sentii meglio e decisi di rispondere alla mail anonima che avevo ricevuto. I soldi non mi mancavano, forse avrei potuto evitare che quella foto arrivasse alla stampa britannica. Alcuni si stavano già chiedendo chi fosse la ragazza misteriosa insieme a Tommy Parker degli Hearts on Fire fuori dagli studi di registrazione. I media inglesi sarebbero impazziti per quella storia.
 
Cosa vuoi per non mandare quella foto ai giornalisti?
 
Inviai l’e-mail e aspettai. Riaprii l’allegato che mi aveva mandato l’anonimo e chiusi gli occhi davanti a quell’immagine. Los Angeles era buia, era notte. La strada era illuminata solo dai lampioni e dalle sirene delle auto della polizia e dell’ambulanza. Da una villa due paramedici stavano trasportando una barella con un corpo coperto da un lenzuolo. Di fianco al cancello Kyle ed io osservavamo la scena piangendo e sostenendoci a vicenda. Derek. Una lacrima rigò il mio viso e chiusi gli occhi. Sotto quel lenzuolo c’era Derek.

 


Buongiorno!
Oggi capitolo più corto del solito, ma piuttosto intenso. Vi anticipo che finalmente nel prossimo scopriremo quello che è successo, perché la ragazza lo racconterà a qualcuno. Non vi dico a chi, perché non voglio rovinarvi troppo la sorpresa, ma scoprirete tutto. Chi è Kyle? Com'è morto Derek e cosa c'entra Kat? Cos'hanno scritto i giornalisti su di lei? 
Tutte le risposte, finalmente, lunedì!
Nel frattempo io vi saluto e domani parto per la mia adorata Londra! Il prossimo capitolo lo posterò lunedì pomeriggio, perché la mattina sarò in viaggio :)
Grazie per aver letto, alla prossima!

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 11
 
Passò un’intera giornata e non ricevetti risposta dalla persona che mi aveva inviato quella foto. Nessun giornale o sito di gossip l’aveva pubblicata e quello non faceva che alimentare la mia ansia. Ricominciai ad essere nervosa e decisi di isolarmi. Era quello che tendevo a fare quando avevo un problema: tagliavo i contatti con tutti.
Nonostante il pomeriggio passato con Megan mi avesse aiutata, non riuscivo a smettere di pensare a quello che sarebbe potuto succedere se quella foto fosse diventata di dominio pubblico.
Rimasi chiusa in casa per tutto il tempo, evitando le chiamate di Tommy e non rispondendo al citofono quando cercò di venire a trovarmi. Non avevo mai visto quella foto prima di quel momento ed ero rimasta sconvolta. Se solo non avessi riaperto l’allegato dopo essere tornata a casa! Invece non ero riuscita a controllarmi e l’avevo riguardata.
Improvvisamente riprovai tutte le sensazioni di quella sera: l’ansia dopo la chiamata e durante la corsa in auto, il nodo allo stomaco quando vidi i paramedici uscire dalla villa con la barella e il corpo di Derek coperto da un lenzuolo. La nausea. In pochi secondi avevo pensato a qualunque tipo di scenario, cercando di negare l’evidenza. Quando i paramedici mi dissero che si trattava del corpo di Derek Thompson e che non c’era più nulla da fare mi sentii morire. Le gambe cedettero e mi aggrappai a Kyle, che stava tremando e piangendo di fianco a me. Non volevo crederci, non poteva essere davvero lui. Ricordai di essere corsa verso la barella e di aver abbassato il lenzuolo perché credevo che mi stessero raccontando una bugia, ma avevano ragione. Quello era Derek ed era morto.
 
La mia routine quotidiana era stata rimpiazzata da una nuova in cui mi alzavo dal letto e mi sedevo sul divano, controllando il cellulare ogni pochi secondi in attesa di una risposta a quell’e-mail. Una risposta che non arrivava mai e mi faceva impazzire.
Avevo riflettuto molto e avevo pensato di chiamare Megan per raccontarle tutto, ma non ero riuscita. Solo pensare a quello che era successo mi aveva fatta ricadere nella disperazione che avevo provato nel periodo successivo a quella sera. Non riuscivo nemmeno a convincermi a uscire per comprare qualcosa da bere, volevo solo che la persona che mi aveva mandato l’e-mail mi rispondesse con la cifra che voleva per lasciarmi in pace e ricominciare a vivere la mia vita.
 
Non potevo permettere che quella foto venisse pubblicata. Avevo visto la reazione di Sarah quando aveva letto gli articoli su di me. Ero sicura che quella di Tommy non sarebbe stata diversa. Mi convinsi a smettere di vederlo, perché non avevo idea di come avrei potuto affrontarlo. Come avrei potuto guardarlo in faccia sapendo quello che era successo? Quando si presentò a casa mia non riuscii a fare altro che guardarlo dalla finestra e sentirmi in colpa. Non si meritava di essere trattato così. Soprattutto dopo quello che aveva passato con Valerie.
Forse avrei dovuto andarmene da Londra, visto che ero stata scoperta. Sarebbe stato più facile per tutti.
Ecco cos’avrei dovuto fare! Avrei potuto davvero ricominciare la mia vita in un posto diverso e stare lontana da celebrità di qualsiasi tipo. Sarei tornata in America per qualche settimana per organizzare il mio prossimo passo e poi sarei partita.
Improvvisamente mi alzai dal divano e andai a fare una doccia per svegliarmi. Mi cambiai, scrissi velocemente una lettera al computer, la stampai e la infilai in una busta.
 
“Kat, come stai?” Mi chiese Samantha quando mi vide al negozio. Ero stata a casa per un giorno, dicendole che ero malata e che non me la sentivo di uscire.
“Meglio.” Mentii. “Questa… questa è per te.” Dissi poi, porgendole la busta bianca.
“Cos’è?”
“Sono le mie due settimane di preavviso.” Risposi, abbassando lo sguardo.
“Oh.” Commentò Samantha, guardandomi intensamente come se volesse leggere il contenuto della mia mente. “Vuoi venire nel mio ufficio per parlarne?”
“No, grazie. Devo… mi trasferisco.” Balbettai. “Torno in America.” La donna non disse nulla e annuì. “Continuerò a lavorare per queste due settimane, poi me ne andrò.”
“D’accordo, Kat.” Replicò Samantha. “Mi dispiace, mi ha fatto piacere lavorare con te.”
“Anche a me.” Dissi. Era la verità, per quel poco che era durato avevo amato lavorare in quel negozio. Peccato che il mio passato non mi permettesse di vivere una vita normale. Dovevo nascondermi e non permettere che nessuno ne venisse a conoscenza.
 
La mattina passò troppo lentamente e all’ora di pranzo andai a comprare un’insalata al supermercato, nonostante non avessi la minima voglia di mangiare. Ero rimasta da sola, perché Sarah continuava a non parlarmi e Seth e gli altri avevano deciso di andare in un ristorante poco lontano.
“Te ne vai?” Mi domandò Sarah quando tornai al negozio. Andai in magazzino, dove c’erano un tavolo e delle sedie, e mi sistemai lì per mangiare la mia insalata. Anche la ragazza stava pranzando da sola. Aveva alzato lo sguardo su di me quando ero entrata nella stanza e aveva un’espressione che non riuscivo a decifrare. Il suo tono non era duro come le ultime volte che mi aveva rivolto la parola, ma normale. Sembrava quasi preoccupata.
“Torno in America.” Risposi e annuii.
“Kat, cos’è successo la settimana scorsa? Quando sei andata a casa?” Mi chiese improvvisamente, abbassando il tono della voce.
“Niente.” Mentii.
“Andiamo, hai ricevuto qualcosa ed è sembrato che ti fosse crollato il mondo addosso. Mi hai mentito abbastanza, non ti sembra il caso di cominciare a dirmi la verità?”
“Non posso.”
“Non puoi dirmi nulla di più tremendo di quello che ho letto online.” Disse lei, avvicinandosi a me. “Senti, ho sbagliato a giudicarti senza prima sentire la tua versione della storia. Ci ho pensato tanto in questi giorni, soprattutto dopo averti vista così disperata.”
Non risposi e abbassai lo sguardo. In effetti aveva ragione. Quello che c’era scritto online era davvero terribile e non era nemmeno vero. A quel punto l’idea di dirle la verità sembrava quasi accettabile.
“Tommy è preoccupato per te.” Aggiunse dopo qualche minuto. Quella frase catturò la mia attenzione. L’improvviso cambio di atteggiamento di Sarah poteva voler dire una cosa sola: il ragazzo le aveva detto che avevo un problema.
“Ti ha chiamata?” Domandai.
“Sì. Mi ha detto che sei sparita, che non hai risposto alle sue chiamate e non gli hai aperto la porta… cosa sta succedendo, Kat?”
A quel punto non avevo più tante opzioni. Me ne sarei andata dopo due settimane, tanto valeva che le dicessi la verità. Glielo dovevo, dopo averle mentito per tutto quel tempo.
“Non qui.” Replicai. Volevo essere sicura che nessuno sentisse quello che volevo dire.
“Ti va se vengo a casa tua dopo il lavoro? Mangiamo qualcosa e mi racconti la tua versione dei fatti.”
Ci pensai a lungo e decisi che non avevo nulla da perdere. L’anonimo che mi aveva inviato quella foto via e-mail l’avrebbe mandata alla stampa in ogni caso e Sarah aveva già letto gran parte di quello che era successo su Internet.
“D’accordo.” Dissi. Forse, per una volta, avrei potuto essere onesta e raccontare la verità. Era un pensiero che non mi dispiaceva.
 
Sarah ed io passammo al supermercato per comprare qualcosa da cucinare e poi andammo a casa mia. Per tutta la strada la mia amica aveva cercato di fare conversazione su cose normali come il tempo, il carico di nuova merce che era arrivato la settimana prima e cose del genere. Non aveva nominato il motivo per cui avevamo ricominciato a parlare nemmeno una volta.
“Cosa ti ha detto Tommy di preciso?” Domandai improvvisamente dopo cena.
“Mi ha detto che avete passato un weekend bellissimo insieme e che pensava che tutto stesse andando bene tra di voi e poi sei sparita. Mi… mi ha anche detto che stai vivendo un periodo un po’ difficile e che è preoccupato.”
Annuii, pensando che il ragazzo non aveva tradito il mio segreto nonostante me lo sarei meritato. Provai una stretta al cuore quando pensai che non l’avrei più rivisto. Come avrei potuto dirgli addio?
“Quello che hai letto online… la maggior parte sono menzogne. Cose inventate da giornalisti che non c’erano e che non sanno com’è andata.” Dissi, cercando di cacciare quel pensiero dalla mia mente.
“Se vuoi puoi raccontarmi quello che è successo veramente. Ti giuro che questa volta non me ne andrò finché non avrai finito di parlare.”
Inspirai profondamente e chiusi gli occhi, riflettendo su dove avrei potuto cominciare. Erano successe così tante cose e la storia era così difficile da rivivere… ma sapevo che avrei dovuto rifarlo. Non pensavo di essere pronta, ma dovevo farlo io prima che lo facesse qualcun altro.
“Avevo poco più di sedici anni quando incontrai Derek per la prima volta.” Cominciai a raccontare. “Ero in un locale pieno di celebrità a Los Angeles con le mie compagne di classe, ci stavamo divertendo. Ci guardavamo intorno, facendo gli occhi dolci ai ragazzi da soli nella speranza che qualcuno ci offrisse da bere. Derek era seduto al bancone con un bicchiere di whiskey e decise di venire a presentarsi.  Sapevo chi era, perché era già famoso e non mi sembrava vero che qualcuno di così bello e affascinante potesse essere interessato a me. Mi presentai come Chloe, perché era così che mi facevo chiamare a quei tempi. Lui aveva poco più di diciotto anni ed era così attraente…” Chiusi di nuovo gli occhi per ricordare il momento del nostro incontro.
Derek stava indossando una maglietta vintage di una band rock and roll degli anni Cinquanta ed era davvero bello. Aveva gli occhi così chiari che sembravano un colore indefinito tra l’azzurro, il grigio e il verde. Ricordai di nuovo il profumo del suo dopobarba e la sensazione di passare la mia mano tra i suoi capelli castano chiaro. Era una cosa che amavo fare e che lo faceva impazzire quando ci baciavamo. Ripensai alla sensazioni che provavo quando le sue labbra toccavano le mie, quando i nostri corpi entravano in contatto.
“Mi offrì da bere e ballammo tutta la sera insieme. Poi si offrì di accompagnarmi a casa in auto, ma finimmo su Mulholland Drive, dove ci fermammo. Ci sdraiammo sul cofano della sua auto e osservammo Los Angeles ai nostri piedi. Era notte e il paesaggio era splendido: si vedevano le luci delle case e dei palazzi, le stelle… Parlammo per ore e ci innamorammo quella sera stessa. Non avevo mai creduto che esistessero i colpi di fulmine prima di incontrarlo, ma lui mi fece ricredere. Sembrava che fossimo fatti l’uno per l’altra, era una cosa incredibile!” Ricordai.
Sembrava quasi che sentissi ancora l’aria leggermente fredda di quella sera sul viso. Derek mi diede la sua giacca per stare più calda e mi raccontò di un falò che aveva organizzato pochi giorni prima. Doveva festeggiare l’uscita del nuovo album, così aveva invitato tutti i suoi amici e avevano passato ore a divertirsi, bere birra e fare bagni notturni.
La sera si trasformò nella notte, poi lentamente nell’alba. Ricordavo ancora con precisione la luce che avevo visto nei suoi occhi quando mi aveva raccontato di quella festa. Era felice, esaltato. Sembrava quasi un bambino. Io non avevo mai partecipato a niente di simile, così ero rimasta incantata di fronte al suo racconto.
“Cominciammo a uscire insieme e diventammo inseparabili. Mi portava ovunque, ai concerti, allo studio di registrazione, agli eventi… pensavo che fossimo anime gemelle. Girammo tutta l’America insieme.” Risi, anche se non c’era gioia in quel gesto. Era più una risata amara.
“Il mondo dello spettacolo a Los Angeles è incredibile. Circolava alcol ovunque e Derek ed io cominciammo a bere ad ogni occasione. E’ stata una cosa stupida, ma ai tempi non ci pensavo. Passavo il tempo insieme a lui e per me era tutto quello che importava. Non avrei mai pensato che sarebbe diventato un problema così grosso.” Era quasi come se stessi parlando a me stessa. Come se stessi riflettendo ad alta voce.
“Quando compii diciotto anni Derek mi organizzò una festa bellissima. Si presentarono tutti i nostri amici tranne lui. Provai a chiamarlo più volte, ma aveva il telefono spento e non sapevo cosa pensare. Dopo qualche ora arrivò al locale, così ubriaco che non stava in piedi.” Ricordavo quella scena come se l’avessi vissuta solo pochi giorni prima. Ero ubriaca anch’io, perché era il mio compleanno e tutti mi offrivano da bere, ma non così. Lui si trascinava a stento e diceva frasi senza senso.
“Lo portai a casa mia – avevo cominciato a vivere a casa di mia nonna da sola – e passammo la notte insieme. Quando lo aiutai a spogliarsi, perché era così ubriaco da non riuscire nemmeno a slacciarsi i bottoni della camicia, notai che aveva il colletto sporco di rossetto e dalla tasca dei pantaloni spuntava un bigliettino. Era un numero di telefono di una certa Denise.”
Mi morsi il labbro inferiore, che aveva iniziato a tremare perché sapevo di stare arrivando alla parte brutta della storia. A quella che non volevo ricordare.
Sarah mi versò un bicchiere d’acqua e ne bevvi qualche sorso prima di ricominciare a parlare.
“Il giorno dopo scoprii che Derek non mi era mai stato fedele e che mi aveva tradita con innumerevoli ragazze nel corso della nostra relazione. Da quel momento cominciai a bere più di prima e a prendere decisioni una più stupida dell’altra.”
 
Ricordare quello che era successo con Derek aveva riaperto una ferita che non si era mai chiusa del tutto. Ricordai con precisione la sensazione che avevo provato quando avevo scoperto dei tradimenti. Quella stretta allo stomaco, quella nausea e quel dolore sordo al petto. Per un momento avevo pensato che stessi per avere un infarto. Avevo capito perché tutti usavano l’espressione “cuore spezzato”, perché quando succedeva faceva davvero male fisicamente. Non ero nemmeno riuscita a tirargli uno schiaffo, perché a quel punto era come se le mie emozioni fossero intorpidite. Speravo che fosse tutto un grande scherzo, ma non era così. Era da un po’ di tempo che Derek era diverso, che non era più quello che avevo conosciuto quella sera in quel locale. Beveva moltissimo ed era ubriaco praticamente tutte le sere. E andando in tour la situazione era peggiorata tantissimo, perché cominciava a bere prima dei concerti per darsi coraggio e poi c’erano gli after party, dove beveva ancora di più.
“Vuoi smettere?” Mi domandò Sarah con aria preoccupata. Scossi la testa. Avevo cominciato, non potevo interrompermi. Era come se avessi aperto una porta e fosse impossibile richiuderla. L’unica persona a cui avevo confessato tutto era stato il mio terapista a Los Angeles, in riabilitazione.
“Non ricordo con precisione tutto quello che successe nei sei mesi successivi a quel giorno.” Dissi. “Cominciai a bere pesantemente anch’io per cercare di smettere di stare così male e… ho parecchi buchi. L’unica cosa che ricordo perfettamente è che volevo fargliela pagare. Volevo fargli male come lui ne aveva fatto a me.” Continuai.
“Decisi di farmi aiutare da Kyle, il migliore amico e compagno di band di Derek. Il piano era semplice, dovevamo andare in un locale dove sapevamo che ci sarebbe stato anche lui e baciarci, facendo in modo che ci vedesse. Non pensammo che nel locale avrebbero potuto esserci paparazzi.” Raccontai.
E in effetti nei locali di Los Angeles non erano ammessi, ma alcuni trovavano lo stesso il modo di entrare. Si fingevano persone normali e, una volta entrati, scattavano foto di nascosto con i telefonini.
“Le foto di Kyle e me fecero il giro del web e tutti scoprirono che ci eravamo baciati. Derek, che era nello stesso locale, litigò pesantemente con il suo amico. Si presero a pugni e dovette intervenire la polizia. Inutile dire che dopo quella serata la loro band si sciolse.” Dissi.
“A quel punto la stampa cominciò a dipingermi come la stronza che aveva tradito Derek con il suo migliore amico e aveva fatto sciogliere una delle band più famose del momento in America.” Continuai. Il mio stomaco era completamente aggrovigliato. Non volevo andare avanti a raccontare quella storia, ma non riuscivo a fermarmi. Non volevo rivivere il momento in cui avevo ricevuto la notizia.
“Le ragazze con cui mi aveva tradita Derek non dissero nulla alla stampa, anche perché erano quasi tutte groupie che non cercavano fama. Lo facevano perché volevano andare a letto con rock star, non per vendere le loro storie ai giornali. Quindi nessuno scoprì che era stato lui il primo a non essere fedele. E la mia era stata solo una stupida vendetta, perché non ero innamorata di Kyle. Eravamo solo amici. Sapevo che lui aveva una cotta per me, ma aveva sempre cercato di nasconderlo in rispetto al suo amico. In quel periodo eravamo tutti troppo poco sobri per prendere decisioni intelligenti.”
Più si avvicinava il momento che temevo, più la nausea aumentava. Fortunatamente ero seduta, perché sapevo che le mie gambe non avrebbero retto.
“Derek e Kyle passarono la notte al commissariato per la rissa al locale ma nessuno dei due decise di denunciare l’altro, quindi li rilasciarono. Nel periodo successivo ci furono tantissimi alti e bassi, Derek ed io provammo a sistemare le cose, perché nonostante tutto non riuscivo a stargli lontana e provammo a uscire di nuovo. Mi tradì ancora una volta e continuò a bere al punto di collassare sul letto tutte le sere. Scappai a casa di Kyle, non per vendetta, ma perché a quel punto era l’unico amico che mi era rimasto. Avevo finito la scuola e il mio vizio aveva allontanato tutte le mie vecchie compagne di classe. Non avevo nemmeno compilato i moduli per essere ammessa al college, perché non mi interessava. Derek mi aveva promesso che mi avrebbe portata in giro per il mondo con lui ed era tutto quello che mi bastava.”
Scossi la testa, pensando a quanto ero stata stupida. Ero così innamorata di lui che mi ero isolata dal resto del mondo e avevo messo la nostra relazione al primo posto rispetto all’istruzione, ai miei sogni.
“Kyle mi permise di vivere a casa sua per un paio di settimane, sapeva che avevo un problema con l’alcol e voleva aiutarmi. Sapeva che anche Derek ne aveva uno serio e voleva che gli stessi lontano.” Mi bloccai ancora, ricordando quel periodo. “Un giorno, due… due settimane dopo dalla mia fuga… K-Kyle ed io eravamo sul divano a casa sua e s-stavamo guardando un reality show.” Mi interruppi e deglutii. Avevo cominciato a balbettare, non riuscivo più nemmeno a controllare la mia voce a quel punto.
“Va tutto bene, Kat.” Mi disse Sarah, accarezzandomi il dorso della mano. Avevo morso così tanto l’interno del mio labbro che avevo cominciato a sentire il sapore del sangue. Ripresi il bicchiere d’acqua che mi aveva versato Sarah poco prima e lo finii.
“Kyle ricevette una chiamata sul suo cellulare. Dopo aver visto che era Derek decise di non rispondere, perché non aveva più nulla da dirgli. Voleva che smettesse di tormentarci, che risolvesse i suoi problemi e che sistemasse la sua vita.” Continuai. Mi tremava la voce e le lacrime avevano cominciato a scorrere sulle mie guance. “Dopo pochi minuti chiamò anche me e risposi, perché non ero ancora in grado di… di ignorarlo. Derek era completamente ubriaco e diceva frasi senza senso. Parlò di un tetto, di una vasca idromassaggio, di una festa… non riuscii a capirlo. Lo dissi a Kyle, che si preoccupò e si alzò di scatto dal divano. Prese il telefono, chiamò un’ambulanza e recuperò le chiavi dell’auto dal mobile all’ingresso. Ci precipitammo a casa di Derek perché sapevamo entrambi che c’era qualcosa che non andava.”
Mi interruppi di nuovo e respirai profondamente per un paio di volte per calmarmi.
“A-arrivammo a casa sua troppo tardi.” Dissi. “I paramedici erano già entrati e lo stavano trasportando su una barella, coperto da un lenzuolo.”
Sarah mi abbracciò stretta e ruppi in un piccolo singhiozzo sulla sua spalla.
“Era da solo ed è scivolato… Ha sbattuto la testa sul bordo della vasca idromassaggio ed è morto, Sarah! L’ho lasciato da solo ed è morto!” Esclamai.
“Non è colpa tua, Kat.” Rispose la ragazza, guardandomi negli occhi. “Non è stata colpa tua.”
“Sì, invece. Se non avessi preso quella decisione idiota di vendicarmi con Kyle non sarebbe successo niente!”
“Non puoi saperlo. Hai detto che Derek aveva un problema con l’alcol e che ha iniziato ad averlo quando stavate uscendo insieme. Avrebbe potuto scivolare in qualsiasi momento. Non è stata colpa tua.”
Mi sentivo come se, invece, la colpa di tutto fosse completamente mia. Kyle ed io avevamo smesso di sentirci dopo quella sera ed io avevo ricominciato a bere per cercare di alleviare il dolore. Vivevo a casa di mia nonna e uscivo raramente. Avevo toccato il fondo.

 


So che è passato parecchio dall'ultimo capitolo e mi scuso. Dicembre è sempre il mese più impegnato per me, sia in ambito lavorativo che personale, quindi non ho avuto tempo di revisionare il capitolo come avrei voluto. E ho preferito farvi aspettare un po' di più piuttosto che mandare online qualcosa che non mi convinceva.
In ogni caso finalmente scopriamo cos'è successo nel passato di Kat, il segreto che stava nascondendo da così tanto tempo. Il prossimo capitolo spero di riuscire a postarlo venerdì, ma vi faccio sapere su Facebook o su Twitter, dipende dagli impegni di questi giorni!
Spero che sia tutto a posto, perché ho letto e riletto più volte, ma in questi giorni ho la mente occupata da un milione e mezzo di cose e potrebbe essermi sfuggito qualcosa.
Grazie per aver letto e alla prossima!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 12
 
“Va tutto bene.” Disse ancora Sarah, accarezzandomi la schiena e tenendomi stretta. Avevo creduto che sarebbe scappata da casa mia urlando una volta scoperto tutto, invece era rimasta al mio fianco e stava anche cercando di consolarmi.
“Grazie.” Replicai semplicemente. Ripensai a quelle giornate passate da sola nella villa di mia nonna, chiedendomi cos’avrebbe pensato di me se avesse scoperto quello che stavo combinando. Sarebbe rimasta delusa, ne ero certa. Non ero più la nipote che conosceva lei. Ero diventata una sconosciuta, un’alcolizzata, un disastro.
“Kat, non hai fatto niente di male. Eri una ragazzina e hai fatto degli errori. Credimi, la morte di Derek non è stata colpa tua.” Insistette Sarah.
“Mi sento come se lo fosse, invece.” Confessai. Sapevo di non avere ancora finito il racconto e di non averle ancora detto perché avevo reagito in quel modo quando avevo ricevuto l’e-mail al lavoro, ma in quel momento non riuscivo ad andare avanti. Versai un altro bicchiere d’acqua e lo svuotai in pochi sorsi, nella speranza che il bruciore che sentivo alla base della gola passasse. “Qualcuno mi sta minacciando.” Dissi infine, abbassando la voce e appoggiando lentamente il bicchiere vuoto davanti a me.
“In che senso?”
“Quando i paparazzi ci hanno fotografate fuori dallo studio di registrazione… qualcuno in America ha visto quelle foto, mi ha riconosciuta e adesso minaccia di dire alla stampa inglese esattamente chi sono.”
Recuperai il mio cellulare dal tavolino di fronte al divano e mostrai il primo messaggio ricevuto, l’e-mail e l’allegato alla mia amica.
“Chi può essere stato?” Domandò lei.
“Non ne ho idea. Avevo pensato a Kyle all’inizio, ma non credo che farebbe mai una cosa del genere. Anche perché nella foto c’è anche lui, quindi è stata scattata da qualcun altro.” Replicai.
“Cos’hai intenzione di fare?”
“Torno in America, è l’unica soluzione.”
“Ma… e Tommy? Non puoi lasciarlo così, gli spezzerai il cuore.”
“Non posso trascinarlo in questa storia. Mi piace tantissimo, provo dei sentimenti per lui, ma so che mi lascerebbe se gli raccontassi tutto.”
“Sa che c’è qualcosa che non va ed è preoccupato, ne ha parlato con Evan, che l’ha detto a me… l’importante è che glielo racconti tu e che non lo scopra dai giornali. Te lo dico perché io, stupidamente, ho creduto a tutto quello che ho letto.” Disse Sarah, abbassando lo sguardo e arrossendo.
“Hanno scritto qualsiasi tipo di falsità su quello che è successo.” Commentai e rabbrividii pensando alle menzogne che avevo letto.
“Posso… posso chiederti una cosa?”
“Certo.” Rispondere alle domande della mia amica era il minimo che potessi fare, visto che aveva ascoltato tutto il mio racconto pazientemente e non era scappata. Ed ero sicura che ne avesse una serie infinita. Ne avrei avute anch’io, se fossi stata al suo posto.
“Come hai fatto a smettere di bere?”
“E’ stata mia madre.” Raccontai. “Non ho mai avuto un grande rapporto con lei, forse perché è sempre stata troppo occupata a litigare con mio padre per rendersi conto di qualunque altra cosa intorno a lei. Dopo la scuola ho cominciato ad andare in giro con Derek e mi sono trasferita nella villa di mia nonna, quindi ho smesso di rispondere alle sue chiamate. Quando le cose hanno cominciato ad andare davvero male e mia madre ha iniziato a leggere notizie su di me sul giornale… beh, ha capito che avevo bisogno di aiuto. Io, però, ho continuato ad ignorarla, soprattutto dopo… quello che è successo a Derek. Un giorno ne ha avuto abbastanza, si è presentata a casa di mia nonna, approfittando del fatto che la sera prima mi ero dimenticata di chiudere la porta a chiave perché ero troppo ubriaca, e mi ha obbligata ad andare in una clinica di riabilitazione.” Aggiunsi. Spostai lo sguardo sulla foto di mia nonna e scossi la testa. Sì, si sarebbe profondamente vergognata di me se avesse saputo tutto quello che era successo. “Non è stato facile all’inizio, perché non volevo rimanere in clinica.” Conclusi.
“Cosa ti ha fatto cambiare idea e decidere di accettare l’aiuto?”
“Sempre mia madre.” Dissi, abbozzando un sorriso e ricordando il giorno in cui la donna aveva deciso di venire a farmi visita.
Si sistemata su una poltroncina di fianco a me e aveva cominciato a parlarmi. Io ero seduta sul letto, le ginocchia strette al petto e lo sguardo perso fuori dalla finestra. Mi rifiutavo di parlare con tutti.
“Kat, so di aver sbagliato in passato, di non essermi comportata come avrei dovuto con te… ma ti voglio bene e voglio che tu sappia che puoi contare su di me per qualunque cosa. Puoi superare questa cosa, Kat. Sei forte. Sei sempre stata forte, anche quando eri una bambina e hai cominciato a prenderti cura della nonna. Mi dispiace di essermi persa gran parte della tua infanzia per colpa dei continui litigi con tuo padre, ma adesso sono qui e possiamo superare tutto quello che sta succedendo insieme.”
A quel punto avevo puntato lo sguardo su di lei e avevo cominciato a sentire un calore partire dal centro del mio petto. Avevo deglutito, con gli occhi lucidi e la sensazione di avere un enorme nodo in gola.
“Kat, ti voglio bene.” Aveva ripetuto. E poi mi aveva preso una mano e l’aveva stretta tra le sue come non aveva mai fatto. Anche lei aveva gli occhi lucidi e le tremava il labbro inferiore.
Il calore che era partito dal mio petto aveva cominciato ad espandersi nelle altre parti del mio corpo. Le guance, le mani, i piedi. Avevo raggiunto mia madre e l’avevo abbracciata stretta. Avevamo pianto insieme, mentre lei mi accarezzava i capelli e continuava a dirmi che mi voleva bene e che sarebbe stata pronta a fare qualunque cosa per aiutarmi.
“Non vi sentite più?” Domandò Sarah, strappandomi dai ricordi.
“Mi chiama spesso per sapere come sto, io ogni tanto le mando qualche sms per aggiornarla sulla vita a Londra.” Replicai scrollando le spalle. “Mi ha pregata fino all’ultimo di non trasferirmi in Inghilterra, ma io ho insistito, dicendo che secondo me ricominciare in un posto dove nessuno mi conosceva era la cosa migliore che potessi fare. Ma ormai stanno per sapere tutto anche qui, quindi…”
“Ma non puoi continuare a scappare.” Disse Sarah saggiamente. In realtà era proprio l’unica cosa che volevo fare: scappare. Ricominciare a vivere in un altro posto, dove nessuno sapeva chi fossi e cosa avessi fatto.
“Cos’altro posso fare? Non posso rimanere qui e rivivere tutto quello che è successo a Los Angeles. Avevo i giornalisti accampati fuori dalla mia villa giorno e notte, in attesa di una mia dichiarazione o di qualsiasi cosa. Non… non voglio che succeda di nuovo.”
“E se tu ti rivolgessi alla polizia? O a un investigatore privato?”
“Il numero da cui ho ricevuto il messaggio è bloccato, non credo che ci sia modo per scoprire chi me l’ha mandato. Non so se si può risalire a qualcosa dall’indirizzo da cui mi hanno mandato la mail.”
“Parlane con Tommy, Kat.” Disse improvvisamente la mia amica, guardandomi negli occhi. “E’ una persona forte e ci tiene a te, sono sicura che riuscirete a risolvere questa storia insieme.”
“Ho paura di quello che potrebbe succedere.” Confessai.
“Ehi, l’hai raccontato a me e sono ancora qui, no? Andrà tutto bene.” Cercò di tranquillizzarmi Sarah. Sapevo che aveva ragione, ma ciò non toglieva che ero comunque spaventata dalla reazione che avrebbe potuto avere Tommy. Gli avevo mentito, nascosto gran parte della storia della mia vita e avevo ignorato le sue chiamate. Ero sicura che non avrebbe nemmeno voluto ascoltare quello che avevo da dirgli.
 
Il giorno successivo Sarah mi convinse a chiedere a Samantha di buttare la mia lettera di dimissioni e a continuare a lavorare nel negozio di vestiti. Mi aveva detto che scappando avrei solo fatto il gioco dell’anonimo che minacciava di mandare quella foto ai giornalisti inglesi. Decisi di prendere coraggio e di invitare Tommy a cena quella sera, per spiegargli tutto. Avevo già rivissuto tutta la storia il giorno precedente, sapevo che avrei potuto farcela di nuovo.
“Tommy, scusa se non ti ho risposto al telefono.” Dissi appena lo vidi.
“Mi sono preoccupato. Stai bene?”
“Sì, più o meno.” Replicai, annuendo lentamente. “Non ho ricominciato a bere o niente del genere.” Mi affrettai ad aggiungere.
“Allora cos’è successo?”
Lo feci accomodare al tavolo, dove avevo servito la cena che avevo preparato, e cercai il coraggio per cominciare il discorso.
“Mi prometti che aspetterai ad andartene dopo aver ascoltato tutta la storia che sto per raccontarti?” Domandai. Lui assunse un’espressione perplessa, ma annuì. “Non… non sono stata onesta con te, Tommy. Ci sono delle cose che non ti ho detto e che avrei dovuto.”
“Okay. Sono qui, puoi raccontarmi tutto quello che vuoi.” Disse. Inspirai profondamente e cominciai a raccontargli tutta la storia, come avevo fatto con Sarah. Partii dal motivo per cui in America avevo iniziato ad usare un altro nome e finii con la parte che odiavo di più della storia: la morte di Derek. Come la sera prima, non riuscii a trattenermi e alla fine del racconto scoppiai in lacrime. Tommy non aveva detto una parola per tutto il mio lungo discorso e avevo paura che stesse pensando di andarsene. L’avrei capito, chi avrebbe voluto continuare a uscire con una pazza alcolizzata? Una persona che, per vendetta, aveva tradito il suo ragazzo con il suo migliore amico?
“N-non voglio che tu ti senta obbligato a dirmi che va tutto bene solo perché hai paura che potrei ricominciare a bere, perché ti assicuro che non lo farò.” Dissi dopo qualche minuto di silenzio.
“Ho solo bisogno di elaborare tutto quello che mi hai appena raccontato.” Disse lui. Sembrava un po’ sconvolto, ma chi non lo sarebbe stato dopo aver ascoltato quello che avevo da dire?
“Mi sembra giusto.” Tra di noi calò di nuovo il silenzio e ricominciai a pensare a quello che avevo fatto. Ero sicura che Tommy non avrebbe mai deciso di continuare ad uscire con una persona del genere.
“Non devi vergognarti di quello che è successo, Kat.” Disse dopo qualche minuto. “Avevi diciotto anni ed eri in un mondo molto diverso dal tuo. So benissimo che questo ambiente è pieno di tentazioni. Hai fatto degli errori, per giunta comprensibili. So quanto fa male scoprire che la persona che ami ti ha tradito e capisco che tu volessi ripagarlo con la stessa moneta. Sono cose che sono successe.” Continuò.
Alzai lo sguardo e incontrai il suo. Avevo smesso di piangere, ma avevo ancora le guance umide e gli occhi gonfi e il cuore mi martellava nel petto.
“Quello che è successo a Derek… non è stata colpa tua.” Concluse. “E’ stato un incidente.”
Annuii. Me l’aveva detto anche lo psicologo alla clinica a Los Angeles, ma faticavo a crederci. Ero convinta che Derek avesse cominciato a bere così pesantemente per colpa mia. Per colpa di quello che avevo fatto con Kyle. Per colpa di una stupida vendetta.
“Sono un disastro.” Mormorai. Tommy mi avvicinò a sé e mi diede un bacio sui capelli. Le sue braccia intorno alla vita mi fecero sentire protetta. Era come se volesse dirmi che non se ne sarebbe andato senza usare le parole.
“No, hai solo vissuto delle esperienze traumatiche e hai bisogno di superarle.” Replicò lui, stringendomi di più a sé. “Hai dovuto crescere in fretta con quello che è successo con tua nonna, poi ti è successo questo… Posso provare ad aiutarti, se vuoi.”
“Davvero?”
“Certo, Kat. Non credo che tu l’abbia ancora capito, ma ci tengo davvero tanto a te.”
Non dissi nulla e lo abbracciai, rannicchiandomi tra le sue braccia. Era vero, avevo dovuto crescere molto in fretta, troppo forse. Avevo passato l’infanzia a sentire i miei genitori litigare ed erano sempre stati troppo impegnati con i loro problemi per dare retta a me. Ero cresciuta da sola. E poi, quando avevo scoperto della malattia di mia nonna, avevo deciso di prendermi cura di lei e a sedici anni ero entrata in un mondo adulto per il quale probabilmente non ero ancora pronta.


 


E finalmente ecco il nuovo capitolo! Oggi leggiamo qualcosa in più sulla reazione di Sarah, scopriamo altri particolari sul passato di Kat (precisamente vediamo com'è cambiato il suo rapporto con la madre) e la reazione di Tommy al racconto. Nel prossimo, che posterò lunedì prossimo, entreremo nella seconda parte della storia. Ormai è chiaro che Kat deve affrontare quello che è successo in passato per andare avanti. Cosa farà? Chi le starà vicino? Riuscirà a superare questo trauma per vivere il presente con più serenità? Prossimamente scopriremo tutte le risposte a queste domande.
Vi ringrazio per aver letto (e per aver atteso così tanto il nuovo capitolo) e vi aspetto la settimana prossima!

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 13
 
Dopo aver raccontato tutto a Tommy avevo deciso di fare la stessa cosa anche con Megan. Le avevo chiesto di incontrarmi al parco per spiegarle tutto. In fondo era il mio sponsor, la persona che avrebbe dovuto conoscermi meglio di tutte le altre. Dovevo fidarmi di lei e dovevo essere onesta fino in fondo. Ci eravamo sedute di fronte al laghetto artificiale e avevo cominciato a raccontarle tutto, mentre Juliet guardava i cigni e cercava di salutarli. Avevo parlato a Megan di Derek, del mio passato e di quello che stava succedendo in quel momento e lei mi aveva ascoltata e mi aveva capita: aveva perso il ragazzo che amava quando aveva diciannove anni, sapeva cosa si provava a perdere qualcuno di così importante. Matthew, il suo fidanzato, era morto in un incidente stradale provocato da un trentacinquenne che guidava sotto l’influenza della droga e lei non era riuscita ad accettarlo. Era per quel motivo che aveva cominciato a bere.
 
“Da dove cominciamo?” Domandò Sarah la sera successiva dopo una cena a casa mia a base di pizza. Tommy aveva dormito di nuovo da me – e l’avrebbe fatto anche quel giorno - e il fatto che non fosse ancora scappato urlando mi aveva fatto tornare un po’ di speranza.
“Dobbiamo scoprire chi è questo tizio che ti minaccia.” Rispose il ragazzo, studiando il messaggio sullo schermo del mio telefonino.
“Non ha mai risposto all’e-mail in cui chiedevo cosa avrei potuto fare per non fargli mandare quella foto ai giornalisti.” Dissi, scuotendo la testa lentamente.
“Abita qualcuno di fronte alla casa di Derek? Un vicino che potrebbe aver scattato quella foto?” Intervenne Sarah.
“No, di fronte alla sua villa non c’era nulla.” Replicai. “Solo la strada e qualche albero da cui s’intravedeva il resto di Los Angeles. Abitava in collina.” Risposi, chiudendo gli occhi e cercando di ricordare. No, non c’erano vicini, ne ero sicura. Ma quella sera ero troppo sconvolta per notare qualsiasi cosa. Magari qualche paparazzo si era appostato dietro agli alberi per aspettare qualcosa che facesse notizia. A Los Angeles capitava spesso, soprattutto nelle vicinanze delle case e dei locali frequentati da star che amavano combinare guai: si nascondevano ovunque, dietro le auto, nei cespugli… rimanevano lì per ore, nella speranza di scattare una foto che avrebbero potuto vendere a qualche giornale o a qualche sito per migliaia di dollari.
“Non ci resta che rivolgerci alla polizia.” Disse Sarah.
“Sono d’accordo.”
“Va bene.” Concordai infine. Ormai loro sapevano la mia storia e non avevo più nulla da perdere. Speravo solo che i giornalisti inglesi non scoprissero quello che stava succedendo, perché volevo evitare di averli appostati fuori casa come era successo a Los Angeles. E volevo anche evitare che uscissero articoli su di me.
“Ecco svelata l’identità della misteriosa nuova ragazza di Tommy Parker: si tratta di Kat Moore, meglio conosciuta come Chloe Robson, la ragazza che ha portato alla morte Derek Thompson, celebre cantante di una nota band rock americana. Dopo un’appassionante storia d’amore con Thompson, Robson/Moore è stata fotografata mentre baciava Kyle Newman, il migliore amico e compagno di band del cantante. Questo evento ha portato Thompson a decidere di cominciare a bere e…”
“Ti accompagno.” Propose Tommy, alzandosi dal divano e interrompendo i miei pensieri. Anche Sarah si alzò e raggiungemmo l’auto del ragazzo.
 
“Il prossimo passo sarà difficile, Kat, ma puoi farcela.” Disse Tommy mentre eravamo in auto. Avevo dato tutte le informazioni che avevo ai poliziotti inglesi e speravo che potessero aiutarmi a risolvere il caso.
“Qual è?” Domandai, un po’ nervosa.
Il ragazzo scambiò un’occhiata con Sarah, che annuì come se sapesse già quello che stava per succedere, poi mi guardò negli occhi.
“Devi riuscire a dirgli addio.” Replicò lui. Eravamo parcheggiati in una via laterale poco distante da dove abitavamo Tommy e il cielo stava cominciando a diventare buio. La strada era illuminata dai lampioni e i ristoranti intorno a noi erano pieni di persone. Guardai fuori dal finestrino e sentii un brivido risalire la mia schiena. Sapevo cosa intendeva Tommy e aveva ragione. Non ero riuscita ad andare al funerale di Derek e non avevo mai accettato il fatto che se ne fosse andato.
Avevo pensato parecchio a quella situazione, ma non ero mai riuscita a prendere la decisione giusta perché pensavo di essere completamente da sola e sapevo di non avere la forza necessaria per farlo.
“Ho qualche settimana libera, se vuoi posso venire con te a Los Angeles.” Disse Tommy dopo qualche minuto.
“Lo faresti davvero?” Domandai, incredula. Lui annuì ed io lo abbracciai stretto.
“Sono sicura che ce la farai, Kat. Siamo tutti qui con te.” Disse Sarah, offrendomi un sorriso dallo specchietto retrovisore. “Beh, io non potrò esserci fisicamente, ma lo sarò con il pensiero.” Aggiunse. Sorrisi anch’io e mi voltai verso di lei per prenderle una mano e stringerla leggermente. Volevo farle capire quanto fosse importante per me senza usare le parole, perché ero sicura che avrei cominciato a piangere se avessi provato ad esprimere quei sentimenti a voce.
Era assurdo come tutto succedesse in fretta nella vita. Pochi giorni prima ero da sola e avevo rischiato di ricadere nel vizio che mi aveva quasi distrutta e in quel momento ero in auto con quella che consideravo la mia migliore amica e il mio ragazzo – non ero decisamente abituata a dire quelle parole, era davvero strano -  libera dai segreti che mi avevano tormentata per tanto tempo e pronta ad intraprendere un viaggio per riuscire finalmente ad andare avanti con la mia vita.
 
Dopo aver salutato Sarah, fatto velocemente le valigie e una notte passata a coccolarci, a parlare tanto e a dormire poco, un volo di più di undici ore portò Tommy e me all’aeroporto di Los Angeles. Avremmo dormito nella casa che mi aveva lasciato mia nonna e sarei riuscita a fare tutto quello che dovevo per superare quello che era successo nel mio passato. O almeno quello era ciò che speravo.
“Questa casa è bellissima.” Commentò Tommy quando arrivammo alla villa di Beverly Hills.
“Mia nonna ha sempre avuto un gran gusto in tutto, soprattutto nell’arredamento.” Dissi.
Ritrovarsi in quella casa, dopo tutto quel tempo, fu stranissimo. L’avevo vista per l’ultima volta il giorno della mia partenza, quando ero andata a recuperare pochi abiti e qualche foto ricordo di nonna CeCe da portare con me a Londra, dopo che ero rimasta per tre mesi nella clinica di riabilitazione.
Osservai tutti i quadri appesi alle pareti, l’arredamento, le palme che si vedevano dalla finestra… mi sembrava tutto così familiare, ma nello stesso tempo estraneo. Com’era possibile?
Mia madre aveva sistemato tutto quello che avevo lasciato in giro prima di andare in clinica. Avevo notato che non c’era più una sola bottiglia di birra o di qualsiasi altro alcolico da nessuna parte. Dal salotto potevo vedere la cucina e nel mobile portabottiglie, di solito pieno, non c’era più nulla.
“Va tutto bene?” Mi domandò Tommy, appoggiando la sua valigia sul pavimento. Il leggero tonfo mi riportò subito alla realtà, al presente.
“Sì, stavo solo pensando a nonna CeCe.” Accarezzai con la punta delle dita il contorno del viso della donna in una foto incorniciata e appoggiata sulla mensola sopra il caminetto del soggiorno. Una ragazzina dodicenne sorrideva insieme a CeCe alla macchina fotografica. Mi sembrava quasi di guardare un’estranea, anche se ricordavo ancora con precisione il giorno in cui Scarlett, la migliore amica di mia nonna, l’aveva scattata.
“Sei tu?” Mi chiese Tommy, notando la foto che stavo guardando.
“Sì, quando ero piccola. Eravamo al Griffith Observatory per festeggiare il compleanno di mia nonna e improvvisamente le è venuto in mente che non avevamo mai posato per una foto ricordo insieme. Così ne abbiamo fatta una da incorniciare.” Risposi con un sorriso. Da allora tutti gli anni, il giorno del suo compleanno, andavamo all’osservatorio e ci facevamo scattare una foto insieme. Guardai le cornici di fianco a quella che avevo appena toccato e guardai le foto di quando avevo tredici, quattordici e quindici anni. Erano passati più di quattro anni da quando era scomparsa, ma mi mancava ancora tantissimo.
“Sei mai andata a trovarla?” Mi chiese il ragazzo.
“Poche volte, i primi mesi. Poi ho smesso.” Replicai.
In realtà quando avevo cominciato a uscire con Derek mi ero sentita in colpa, perché ero sicura che nonna CeCe non avrebbe approvato il mio nuovo stile di vita e non avevo più avuto il coraggio di andare a portarle i fiori al cimitero.
Quando passavo il pomeriggio a casa sua mi raccontava le storie della sua gioventù e parlavamo anche dei miei sogni, di quello che avrei voluto fare da grande. Ero sicura che se avesse potuto vedermi in quel momento non sarebbe stata tanto orgogliosa di me.
Mia nonna aveva sognato di diventare una modella fin da bambina e aveva sempre lavorato sodo per riuscire ad ottenere quel risultato. Non si era fermata quando le avevano detto che era un po’ troppo bassa per fare le sfilate. Era diventata una fotomodella e aveva posato per riviste e pubblicità di ogni tipo.
Sorrisi davanti a quei ricordi e pensai alla frase che mi diceva sempre: “Se vuoi qualcosa e ci tieni abbastanza, non fermarti mai. Non farti scoraggiare da nessun ‘no’ e da nessuna porta in faccia. In un modo o nell’altro riuscirai a realizzare il tuo sogno se ti impegni abbastanza.” Quanto mi mancava!
“Perché non vai mentre siamo qui?”
“Stavo pensando alla stessa cosa.” Ammisi. “Ma prima andiamo a letto, perché il jet lag si sta facendo sentire.” Aggiunsi.
 
“Sei sicura che non vuoi che ti accompagno?” Mi domandò Tommy il giorno seguente. Annuii, convinta.
“E’ una cosa che devo fare da sola.” Risposi.
Chiamai un taxi, perché dopo tutto quel tempo la mia auto non ne voleva più sapere di partire, e mi diressi verso l’Hollywood Forever Cemetery, il luogo in cui erano sepolti Derek e mia nonna. Acquistai due mazzi di fiori, uno di crisantemi e uno di rose bianche e mi avviai verso la lapide di mia nonna. Cecilia Moore.
Mi abbassai e appoggiai il mazzo di rose bianche sul terreno. Erano sempre stati i suoi fiori preferiti. Accarezzai il marmo freddo con le dita e sospirai.
“Mi manchi, nonna.” Mormorai. Sapevo che non poteva sentirmi, ma parlarle mi faceva stare meglio. “So di averti delusa in questi anni e mi dispiace. Non sai nemmeno quanto. Mi sono persa e ho fatto delle scelte sbagliate e ho smesso di seguire i miei sogni. Sto facendo di tutto per rimediare, ma non sono ancora sicura di quello che devo fare.” Aggiunsi. “Che cosa devo fare?” Domandai a bassa voce, alzando gli occhi verso il cielo. Chiusi gli occhi e cercai di vedere il viso della donna nella mia mente. Ricordavo ancora perfettamente il colore dei suoi occhi, ma altri particolari, come il suo profumo e la sua voce, stavano cominciando a sparire. Strinsi la presa sul marmo, cercando di aggrapparmi a quelle immagini. Non volevo che se ne andassero. Erano tutto ciò che mi era rimasto di lei. “Ti voglio bene, nonna.”
Mi rialzai lentamente e sospirai di nuovo. Sapevo che era arrivato il momento di andare a dire addio a Derek. Probabilmente non sarei mai stata pronta, ma dovevo farlo.
Quando raggiunsi la lapide di Derek sentii un nodo in gola e gli occhi gonfi di lacrime. Sul terreno c’erano fiori, foto e lettere dei fan. Appoggiai il mazzo di crisantemi bianchi davanti alla sua foto e mi accovacciai. Derek Thompson – rock and roll forever.
“Mi dispiace. Mi dispiace per tutto.” Mormorai scoppiando a piangere. Qualcuno aveva lasciato un peluche di un orsacchiotto con un gilet di pelle sul terreno. I fiori erano tutti freschi e di fianco alla foto di Derek bruciavano alcune candele. I suoi familiari e i suoi fan gli facevano visita tutti i giorni. Guardai l’immagine davanti a me e mi si annebbiò di nuovo la vista. Sorrideva in quella foto. Era felice e sano. Era il Derek di cui mi ero innamorata in quel locale.
“Non hai idea di quanto mi senta in colpa per quello che è successo.” Mormorai di nuovo. Non avevo idea di quanto tempo fossi rimasta in quella posizione, davanti a quella lapide, continuando a fissare la foto davanti a me le date incise sul marmo, scuotendo la testa.

19 settembre 1991 – 8 gennaio 2012
 
“Non è stata colpa tua, Chloe.” Sentii una voce alle mie spalle. Mi girai di scatto e trovai Kyle, con in mano un mazzo di fiori, dietro di me.
 


Ecco il nuovo capitolo! Questo è stato uno dei più difficili da scrivere per me, perché ha riportato a galla tante emozioni che pensavo di aver seppellito da qualche parte.
Tornando alla storia, Kat ha finalmente deciso (grazie all'aiuto di Tommy, Sarah e Megan) di dire addio a Derek. E' l'unico modo per riuscire ad andare avanti con la sua vita, ma riuscirà? Alla fine del capitolo compare Kyle, il migliore amico di Derek. Cosa succederà?
Giovedì posterò il nuovo capitolo! Grazie per aver letto e spero che vi sia piaciuto :)
Alla prossima!

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 14
“Vengo qui spesso.” Mi spiegò Kyle.
“Io… è la prima volta.” Dissi, abbassando lo sguardo. Non vedevo Kyle da quella sera. Non era cambiato di molto, aveva solo i capelli più corti e sembrava rilassato, nonostante si trovasse davanti alla tomba del suo migliore amico.
“Come stai?” Mi chiese. C’era un po’ di imbarazzo tra di noi ed era comprensibile.
“Abbastanza bene. Tu?”
“Meglio. Mi sono ripreso e ho smesso di suonare. Quello è sempre stato il sogno di Derek, non il mio. Adesso produco album di giovani artisti e ho capito che è la mia strada.”
“Sono felice per te.” Replicai. “Io mi sono trasferita in Inghilterra. Adesso vivo a Londra.” Aggiunsi.
“Hai deciso di seguire il tuo sogno?”
“No, per il momento lavoro in un negozio di vestiti. Devo cercare di risolvere un po’ di cose prima di concentrarmi sul futuro.” Risposi, scrollando le spalle.
“Ti vedo molto meglio, comunque.”
“Ho smesso di bere.” Mormorai. “Sono stata in clinica e non bevo da quasi cinque mesi.”
“Complimenti!” Esclamò Kyle. Sembrava seriamente felice per i miei risultati. “Sei venuta qui per dirgli addio?”
“Sì.”
“Non è stata colpa nostra, Chloe.” Annuii, infilando le mani nelle tasche dei jeans e guardando il terreno. “Derek ha sempre avuto quel vizio, anche prima di conoscerti.”
Alzai lo sguardo verso Kyle, che era più alto di me di parecchio, e lo guardai negli occhi.
“Pensavo…”
“No, Derek ha iniziato quando aveva quindici anni.” Disse Kyle.
“Non lo sapevo.”
“Ci sono tante cose che non ti ha detto. Sappi solo che non è stata colpa tua.”
“Grazie, Kyle.” Dissi. Ci fu qualche secondo di silenzio imbarazzato prima che ci decidessimo ad abbracciarci.
“Ehi, Chloe, vorrei parlarti di una cosa, ma non qui.”
“Andiamo fuori?” Proposi.
“Sì, meglio. Ho l’auto qui fuori.”
Guardai la lapide per l’ultima volta prima di seguire Kyle fuori dal cimitero e salire sulla sua auto.
“So che ti hanno mandato dei messaggi anonimi.” Disse il ragazzo.
“Come…” Cominciai a dire. “È successo anche a te?”
“Sì.” Rispose lui, annuendo. “Ho assunto un investigatore privato e siamo riusciti a risalire a chi è stato. Gordon Green, super fan di Derek.” Spiegò il ragazzo. “Non ha mai accettato quello che è successo e voleva farcela pagare. Letteralmente, direi, visto che ha cominciato a minacciarmi e a chiedermi soldi. Una sera si è presentato a casa mia e mi ha anche tirato un pugno, quando gli ho detto che non avevo intenzione di pagare.”
“L’hai denunciato?” Domandai.
“Sì.” Replicò lui. “Mi sono rivolto subito alla polizia e non preoccuparti, non riceverai messaggi anonimi per molto tempo.”
“L’hanno arrestato?” Chiesi.
“Sì.” Rispose lui semplicemente.
“Per fortuna.” Mormorai. “Avevo davvero paura che quelle foto potessero finire in mano ai giornalisti. Non volevo rivivere tutto.”
“Già, nemmeno io.”
“Voglio dire, mi sento già abbastanza in colpa da sola…”
“Anch’io all’inizio. Ma so che Derek ha sempre avuto un problema e non ha mai accettato l’aiuto di nessuno. Non è stata colpa nostra.”
“Ero convinta che quello che ho fatto per vendicarmi… pensavo che fosse stata quella la causa di tutto.”
“No, i problemi sono cominciati ben prima. A me piace ricordarlo in altri modi.” Replicò Kyle, cambiando improvvisamente discorso. “Come quella volta in cui siamo andati alle cascate del Niagara e rideva come un bambino perché non ci era mai stato, ti ricordi?”
“Sì, e ha voluto salire sul battello che va sotto le cascate. Mi ricordo quanto ci siamo bagnati!”
“Però è stata una delle giornate più divertenti che abbiamo mai passato.”
“Già.” Concordai. “Anche quando siamo andati a pattinare sul ghiaccio al Rockefeller Center a New York a Natale, ti ricordi?”
“Sì!” Esclamò Kyle e cominciò a ridere. “Tu non riuscivi a togliere i pattini e Derek è caduto cercando di toglierli!”
“E poi siamo andati al Top Of The Rock e si congelava. Ha iniziato a nevicare quando eravamo in cima!”
“Ti ricordi cos’ha detto Derek?” Mi chiese Kyle. Scoppiai a ridere anch’io, asciugando una lacrima con il dorso della mano. Era bello ricordare i bei momenti passati insieme e non concentrarsi sempre e solo su tutte le cose brutte.
“L’anno prossimo deve nevicare anche a Los Angeles per Natale! Ecco l’unico regalo che voglio!” Dissi, citando le parole del ragazzo.
“E l’anno dopo, per Natale, l’abbiamo svegliato sommergendolo di coriandoli bianchi, ti ricordi?”
“Come dimenticarsi di quell’episodio? La cameriera si è rifiutata di pulire e abbiamo raccolto coriandoli per giorni!”
“Questo è il Derek che mi piace ricordare.” Disse dopo un po’ Kyle, tornando serio.
“Anche a me.” Concordai, guardando i cancelli del cimitero. “Grazie, Kyle, avevo bisogno di parlarne con qualcuno che lo conosceva così.”
“Nessun problema. Vuoi un passaggio a casa?”
“Sì, grazie.”
 
Quando varcai la soglia della villa a Beverly Hills, dopo aver salutato e ringraziato ancora Kyle, non mi sentii per niente meglio. L’unica cosa che mi consolava era che ormai sapevo che i messaggi anonimi erano stati mandati da quel Gordon Green, che era stato arrestato e non mi avrebbe più minacciata. Tommy mi stava aspettando in piscina, con gli occhiali da sole e i capelli spettinati.
“Ehi.” Dissi. Il ragazzo alzò lo sguardo e mi sorrise.
“Kat!” Esclamò. “Com’è andata?”
“Bene.” Risposi. “Ho incontrato Kyle al cimitero. Abbiamo parlato un po’. Credo che ci voglia ancora del tempo prima che… non sono riuscita a dirgli addio.” Confessai. In effetti avevo solo guardato la lapide, ma non mi sentivo ancora come se fossi pronta a lasciarlo andare. Non ne avevo avuto il coraggio al cimitero.
“Vedrai che riuscirai.” Replicò Tommy, facendomi spazio sulla sdraio su cui era seduto. Lo raggiunsi e gli diedi un bacio sulla guancia.
“Lo spero.” Dissi e appoggiai la testa alla sua spalla, sospirando. La visita al cimitero aveva riportato a galla ricordi e sentimenti e mi aveva solo resa più nostalgica.
“Spero che non ti dispiaccia, ma ho dato un’occhiata in giro per casa, mentre tu eri via…” Cominciò a dire Tommy, forse per cambiare argomento perché aveva capito che non volevo più parlarne.
“Figurati, non mi dispiace per niente.”
“Ho visto i quadri appesi in giro.” Continuò. “Hai scattato tu le foto?”
“Sì, quasi tutte.” Replicai.
“Sono bellissime. Hai mai pensato di fare la fotografa?”
“Mi sarebbe piaciuto, anche se il mio vero sogno era quello di fare la regista.” Dissi, scrollando le spalle. “Mia nonna ed io ne parlavamo sempre. Sono stata la regista di un cortometraggio per la scuola quando avevo quindici anni. Ne era così orgogliosa…” Aggiunsi, sorridendo al pensiero della reazione di CeCe quando aveva visto il filmato.
Era il tuo sogno? Perché non hai continuato?”
“Volevo farlo. Volevo andare al college finita la scuola e studiare tutte le tecniche e diventare una regista. Avevo già tutto il mio piano: avrei cominciato a girare video per le band, poi sarei passata alle serie televisive e infine avrei provato a girare film.” Dissi. “Poi sono cambiate troppe cose e ho smesso di pensarci.”
Certo, avevo messo in primo piano la relazione con Derek e avevo completamente smesso di pensare a me stessa. Ecco cos’era successo.
“Volendo non è tardi, sai?”
“Non mi sono mai nemmeno iscritta al college.” Dissi.
“A Londra ci sono scuole dove potresti studiare regia.” Suggerì Tommy. “Oppure puoi studiare qui in America. Non è mai troppo tardi per inseguire i propri sogni. Hai vent’anni, non novantacinque.” Aggiunse con un sorriso.
Aveva ragione, in effetti avrei potuto farlo. Anche se mi sentivo come se avessi quarantacinque anni, ne avevo solo venti e avevo ancora tutta la vita davanti. Mi ero trasferita a Londra per scappare dal mio passato e ricominciare e in due mesi non avevo fatto praticamente nulla.
Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii finalmente interessata a qualcosa. Forse concentrarmi di nuovo sul mio futuro, ricominciare a studiare e seguire il mio sogno mi avrebbe aiutata ad andare avanti.
“No, studiare a Londra andrebbe benissimo.” Dissi. Pensai per un momento di iscrivermi al college in America, dove più o meno tutti sapevano chi ero. I primi giorni dopo la morte di Derek avevo ricevuto biglietti nella cassetta della posta. Alcuni dicevano solo “assassina”, perché chi non sapeva tutta la storia era convinto che fossi stata io a distruggere la vita del ragazzo. Secondo la stampa era colpa mia e di Kyle se aveva bevuto così tanto ed era morto. Alcuni dicevano addirittura che si fosse suicidato per quel motivo, ma non era vero. La polizia era riuscita a stabilire che si era trattato solo di un maledetto incidente. Derek stava uscendo dalla vasca idromassaggio, probabilmente per raggiungere il bicchiere di whiskey che aveva lasciato poco più lontano ed era scivolato. Mi chiesi per un secondo se anche Kyle avesse ricevuto biglietti del genere.
“Ti va di farmi vedere il tuo cortometraggio, nel frattempo?” Mi domandò Tommy con un sorriso incoraggiante.
“D’accordo. E poi ti porto in alcuni dei miei posti preferiti.”
“Affare fatto.” Concordò Tommy. “A proposito, la tua auto ha la batteria scarica. Per il resto non ha niente che non va.” Aggiunse, facendomi l’occhiolino. Risposi al suo sorriso, grata per il suo aiuto. Aveva deciso di rimanermi vicino, nonostante tutto. Forse non aveva nemmeno idea dell’effetto che faceva su di me.

 


Devo scusarmi con le persone che seguivano questa storia per il mostruoso ritardo con cui ho aggiornato. La verità è che avevo smesso di credere in questo racconto e avevo cominciato a odiarlo. Insomma, per una serie di motivi avevo quasi deciso di eliminarlo dal sito, ma alla fine ho pensato di dargli una seconda possibilità e ricominciare a pubblicarlo. Voglio dire, l'ho finito di scrivere tempo fa, devo solo avere il coraggio di rivedere i capitoli che ho già scritto e basta.
Non ho idea di quando sarà il prossimo aggiornamento. Potrebbe essere più tardi (ho quasi una mezza idea di revisionare tutto il resto della storia oggi pomeriggio) o la settimana prossima oppure tra dieci giorni, non ne ho idea. In ogni caso grazie, se avete letto fin qui, e scusate per il ritardo.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 15

 
“Ho chiamato il meccanico, mi sistema l’auto per domani.” Dissi più tardi durante il pomeriggio. “Visto che abbiamo ancora qualche giorno, direi di prendere un po’ di sole e di andare a visitare i posti che ti dicevo da domani.” Aggiunsi.
“Per me va benissimo.” Replicò Tommy. Avevamo guardato il cortometraggio che avevo realizzato a scuola e l’aveva trovato bellissimo. Aveva addirittura usato le parole “poetico, romantico e nostalgico.”
Dopo essermi messa un costume e della crema solare lo raggiunsi in piscina, dove mi fece segno di raggiungerlo sul suo lettino.
“Mi piacciono i tuoi tatuaggi.” Dissi, tracciandone il contorno con un dito. Il braccio destro era completamente pieno, mentre sul sinistro aveva solo l’avambraccio ricoperto.
“Questi li ha disegnati Evan.” Replicò Tommy, guardandoli e indicandomene alcuni. Erano tutti in bianco e nero e alcuni erano più nuovi di altri. Erano più scuri.
“Hanno tutti un significato?” Domandai.
“Più o meno.” Rispose. “Alcune sono solo cose che mi piacciono.”
“Ho sempre voluto farne uno.” Mormorai.
“Paura degli aghi?”
“No, non ho mai trovato qualcosa che significasse abbastanza per me da tatuarla.” Dissi.
“Un giorno lo farai.”
Alzai lo sguardo per incrociare il suo e sorrisi automaticamente. Il fatto che fosse venuto con me fino a Los Angeles per aiutarmi a risolvere tutti i miei casini significava tantissimo. Non solo non era scappato dopo che gli avevo raccontato tutto, ma si era anche proposto di aiutarmi.
 
“Il traffico di Los Angeles è qualcosa di indescrivibile!” Esclamò Tommy il giorno successivo, quando lo portai al Santa Monica Pier in auto. Le strade americane, al contrario di quelle europee, avevano tantissime corsie ed erano perennemente trafficate. “E guidate dalla parte sbagliata della strada.” Aggiunse con una risata.
“Potrei dire la stessa cosa di voi inglesi. Avete il volante a destra! Ma come si fa?” Domandai. Anch’io stavo ridendo e mi sentivo stranamente bene. Tommy ed io avevamo scelto una panchina libera e ci eravamo seduti di fronte all’oceano. Riuscivamo a vedere la ruota panoramica e il piccolo parco dei divertimenti ed era tutto esattamente come me lo ricordavo.
“Guarda che all’inizio tutti tenevano la sinistra e sembra che il papa Bonifacio VIII avesse stabilito le regole del traffico e i pellegrini che andavano a Roma dovevano tenere la sinistra.” Disse Tommy, alzando le spalle. “Pare che abbiano iniziato gli americani e i francesi a tenere la destra sulle strade. Usavano carri trainati da vari cavalli e si sedevano su quello a sinistra, così potevano tenere la mano destra libera per frustare tutta la squadra.” Aggiunse. “Poi, a quanto ne so, Napoleone ha cominciato a far valere la regola della destra in tutti i posti che aveva conquistato ed è rimasto così anche oggi. Io so solo che la guida a destra è stranissima e avrei paura di fare un incidente dopo tre secondi. Vorrà dire che in Inghilterra guiderò io e qui in America lo farai tu.” Concluse.
“Mi pare un ottimo compromesso.” Dissi. “E mi piace il fatto che sai così tante cose su questo argomento.”
“È una cosa che mi ha sempre affascinato e ricordo di aver fatto questa domanda in classe quando ero un bambino. Avevo visto un film americano ed ero rimasto stupito dalla guida al contrario.” Raccontò. “La mia maestra non lo sapeva, così è andata a casa e si è informata quella sera. Poi è tornata a scuola e il giorno dopo ha fatto una lezione proprio su questo argomento.”
“Mi immagino il piccolo Tommy che, con gli occhioni sgranati, si chiede perché il mondo non è tutto uguale.” Dissi, sorridendo. Lui ridacchiò e annuì. Era un momento normale, rilassante. La brezza dell’oceano era fantastica e mi era mancata. Lasciai che il vento di Santa Monica mi accarezzasse le guance e mi scompigliasse i capelli.
“Ma non dovrebbe esserci il sole?” Chiese improvvisamente Tommy. “Sai, siamo in California.”
“A Santa Monica è spesso nuvoloso.” Risposi. “E c’è vento. Infatti non è il posto migliore per andare in spiaggia.”
Sentii il cellulare vibrare nella mia borsa, così lo estrassi per vedere chi era. Kyle mi aveva mandato un messaggio chiedendomi se mi andava di bere un caffè con lui nel pomeriggio.
“Vai pure. Credo che tu abbia bisogno di parlare con lui, di condividere i tuoi ricordi.” Disse Tommy sorridendo.
“Ma non voglio lasciarti da solo in una città che non conosci.”
“In realtà avevo quasi una mezza idea di andare a fare un tatuaggio nuovo. Conosco un tatuatore londinese che si è trasferito qui e abbiamo già lavorato insieme. Volevo provare a chiamarlo per sentire se ha tempo per me.” Replicò il ragazzo. “Quindi vai. Davvero, non c’è problema.” Aggiunse quando vide che stavo per ribattere.
“Domani, però, ti porto in un altro dei miei posti preferiti. Ci tengo che tu lo veda.” Dissi dopo qualche secondo. Avevo riflettuto ed ero arrivata alla conclusione che un caffè con Kyle non mi avrebbe portato via tutto il pomeriggio. Sarei tornata per cena e avrei passato la serata con Tommy a Los Angeles. Era un piano che mi piaceva.
Sapevo già in che ristorante l’avrei portato, era uno dei miei preferiti quando vivevo in città.
“Abbiamo ancora qualche giorno e possiamo fare tutto quello che vogliamo prima di tornare a Londra.”
“D’accordo.” Cedetti infine.
Risposi al messaggio di Kyle e decidemmo di incontrarci da Starbucks al centro commerciale Hollywood and Highland.
 
“È bello rivederti, Chloe.” Kyle sapeva che il mio vero nome era Katherine, ma usava il mio secondo nome perché quando uscivamo insieme sapeva che preferivo così.
“Anche per me.” Replicai. In fila per prendere il caffè nessuno sembrava curarsi di noi e la cosa non mi dispiaceva per niente. Speravo che tutto il mondo si fosse dimenticato di noi due.
“Bevi sempre il caffè lungo?” Mi chiese il ragazzo quando arrivammo alla cassa.
“No, ho smesso di bere anche caffeina.” Risposi. “Una limonata, per favore.” Aggiunsi poi, rivolgendomi alla ragazza dietro al bancone.
Estrassi il portafogli dalla borsa, ma Kyle insistette per pagare anche per me.
“Grazie.” Dissi.
Ci accomodammo ai divanetti fuori dalla caffetteria, che erano stranamente liberi, e cominciammo a guardarci intorno. Faceva caldo e parecchi bambini stavano giocando a rincorrersi nella fontana in mezzo alla piazza. L’Hollywood and Highland Center era un centro commerciale all’aperto e da Starbucks si poteva vedere direttamente la scritta di Hollywood sulle colline. Era sempre stato uno dei miei posti preferiti a Los Angeles, anche se era pieno di turisti. Il trucco, avevo scoperto, era andare a fare colazione prima delle undici del mattino. Dopo quell’ora cominciavano ad arrivare i gruppi di persone e diventava difficile trovare un po’ di pace.
“Dovrei darci un taglio anch’io.” Disse Kyle, guardando intensamente il suo caffè freddo.
“Io sto molto meglio da quando ho smesso. Non fumo nemmeno più.” Replicai.
Quando uscivo con Kyle e Derek avevo cominciato a fumare e mi piaceva sedermi sul tetto sopra il garage della villa di mia nonna con una sigaretta. Lo facevo soprattutto di notte, quando non riuscivo a dormire.
“Hai fatto benissimo, sono davvero orgoglioso di te.” Il ragazzo mi rivolse un sorriso a cui risposi automaticamente.
“Dimmi qualcosa di te, dai. Mi hai detto che adesso produci album di giovani artisti?”
“Sì, band rock emergenti, cose così. Mi piace molto di più stare in sala di registrazione.”
“Mi ricordo che avevi il terrore di salire sul palco.” Dissi, pensando ai vecchi tempi. Derek, scherzando, diceva sempre che ero la groupie della sua band perché andavo in tour con loro ed ero nel backstage di tutti i concerti. Guardarli da di fianco al palco era una scarica di adrenalina pura. Il pubblico impazziva e Derek, a metà concerto, si buttava sempre su di loro e si faceva trasportare. Non ero più stata a un concerto da quel periodo.
“Era una cosa che odiavo fare. Ero felicissimo di registrare un album, ma suonarlo dal vivo… tutta un’altra cosa. Soprattutto davanti a folle così numerose.”
“Avresti dovuto fare il batterista, almeno ti nascondevi dietro la batteria!” Scherzai.
“Veramente! Il microfono non mi ha mai aiutato molto.”
“No, il fatto che tu fossi il cantante non ti ha mai aiutato a nasconderti.” Concordai, ridendo. Derek, invece, suonava la chitarra e adorava l’attenzione e la folla in delirio per lui. Era uno di quei casi in cui il chitarrista era diventato più famoso del cantante.
“E le interviste? Vogliamo parlare di quelle? Un incubo ogni volta!” Rise Kyle.
“Quando il vostro manager ti ha proposto di frequentare un corso per imparare a rispondere alle domande pensavo di rotolare dal ridere.” Ricordai. La sua band era diventata famosa da poco e cominciavano ad essere richiesti da tutti. Kyle era sempre impacciato ed imbarazzato davanti alle telecamere e balbettava risposte senza senso a quasi tutte le domande.
“Che ansia!” Esclamò Kyle senza smettere di ridere. “Tu invece sei sempre stata grandiosa in pubblico.” Aggiunse dopo essere tornato serio.
“Ma figurati.” Dissi e arrossii.
“Mi ricordo perfettamente un red carpet in cui ti hanno intervistata e hai risposto come se fosse la cosa più normale del mondo. Anche con i fan eri sempre fantastica.”
“All’inizio ero okay.” Dissi, annuendo. “Poi devo aver detto tante di quelle cazzate che non le conto nemmeno più.”
“Beh, a quel punto eravamo tutti poco sobri.” Replicò Kyle, agitandosi sul suo divanetto. “Ehi, per quanto rimani a Los Angeles?” Mi domandò subito dopo.
“Non molto, ancora qualche giorno. Sono venuta qui solo per chiudere con il passato, per riuscire finalmente ad andare avanti.” Replicai.
“Poi torni a Londra?”
“Già, stavo quasi pensando di iscrivermi al college. Sai, per riprendere a seguire il mio sogno.”
“Sono contentissimo per te. Sai, ho pensato molto a te in questo periodo, mi chiedevo dove fossi, come te la stessi passando… però non ho mai avuto il coraggio di chiamarti.”
Sorrisi senza dire nulla. Anch’io mi ero chiesta tante volte se Kyle stesse bene ma non avevo mai avuto il coraggio di chiamare. Pensavo che avrebbe riaperto quella ferita del passato e che saremmo solo stati peggio.
“Rimaniamo in contatto questa volta, che ne dici?” Proposi dopo un po’. Avevo finito di bere la limonata e stavo fissando la scritta di Hollywood pensando a quella volta in cui a Derek era venuta la brillante idea di raggiungerla e avevamo scavalcato la recinzione per avvicinarci.
“Pensavi a quella volta in cui siete stati arrestati?” Domandò Kyle come se mi avesse letto nel pensiero.
“Già.” Risposi con un mezzo sorriso. “Però la vista da lassù è qualcosa di incredibile.” Aggiunsi. Scossi la testa e guardai ancora la scritta sulle colline. Era come se quell’episodio fosse successo cinquant’anni prima, invece erano passati solo due anni. Forse quello era un segno che le cose stavano finalmente cominciando a cambiare.
“Abbiamo passato tutti dei momenti bellissimi insieme.” Disse Kyle dopo qualche minuto. “Cerchiamo di ricordare soprattutto quelli al posto di quelli brutti.” Aggiunse.
“Mi sembra una buona idea.” Replicai. Guardai per sbaglio l’orologio del mio cellulare e notai che si stava facendo tardi. Avrei dovuto prenotare il ristorante e tornare a casa da Tommy. “Kyle, mi ha fatto davvero piacere vederti.”
“Anche a me. Spero di poterlo rifare presto.”
“Se mai verrai a Londra chiamami e troveremo uno Starbucks anche lì.” Dissi con un sorriso. Mi alzai dal divanetto e buttai il bicchiere vuoto nella spazzatura.
“Di sicuro!” Esclamò Kyle. “Ti accompagno all’auto.” Disse poi. Cominciammo a camminare su Hollywood Boulevard, tra i turisti e le persone travestite da Chewbecca, Marilyn Monroe, Gene Simmons dei Kiss, Spiderman e tanti altri. Abbassai lo sguardo per vedere le stelle sul pavimento e sorrisi. Derek diceva sempre che un giorno ne avrebbe avuta una tutta sua.
“Eccomi.” Dissi quando arrivammo alla mia auto.
“Ci sentiamo presto.” Replicò Kyle. Dopo qualche secondo di esitazione lo abbracciai per salutarlo. Il ragazzo mi diede due baci sulle guance e poi salii in auto per tornare a casa.


In un momento di "follia" ho riletto tutta la storia, ho cercato di correggerla il più possibile e da adesso comincerò a postare tutti i capitoli fino alla fine ;)

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 16

 
“Kat!” Esclamò Tommy quando entrai in casa.
“Ehi! Com’è andata oggi?” Domandai. Appoggiai la borsa sul divano in soggiorno e mi sedetti. Tommy si avvicinò per darmi un bacio e mi sorrise. Poi mi mostrò la spalla per farmi vedere il nuovo tatuaggio.
“Ho chiamato un taxi e mi sono fatto portare in un negozio di strumenti che sognavo di visitare da quando ero bambino e ho comprato questa!” Esclamò Tommy. Stava sorridendo come se fosse la mattina di Natale. Aprì la custodia di una chitarra e mi mostrò lo strumento.
“E’ bellissima.” Dissi, percorrendone il contorno con le dita.
“La userò per suonare una canzone speciale ai prossimi concerti.” Replicò Tommy con aria misteriosa.
“Eh no, mi dovrai dire qualcosa in più se vorrai venire a cena con me, Parker.”
“Ti posso solo anticipare che il titolo della canzone sarà Broken e scoprirai tutto quando uscirà il disco, Moore.”
“Senti, senti… qualcuno è andato a lezioni di marketing. Non preoccuparti, non posso non comprare l’album del mio ragazzo.” Dissi. Non avevo mai detto ad alta voce quelle parole. Il mio ragazzo. Tommy si avvicinò per darmi un bacio sulle labbra e chiusi gli occhi al contatto.
“Sarà il nostro primo singolo e dovrai venire in radio con noi quando lo presenteremo all’Inghilterra. Voglio essere con te quando lo sentirai per la prima volta.”
“D’accordo. Non è uno di quei programmi delle cinque del mattino, vero?” Domandai con una risata.
“Sette e mezza.” Rispose Tommy. Era esaltato e mi metteva di buonumore.
“Va bene, per te posso anche farlo. Adesso fammi vedere bene il tatuaggio.” Dissi e mi avvicinai per dargli un altro bacio. Lui tolse la carta trasparente e osservai la sua pelle arrossata per qualche secondo. Poi mi concentrai sul design: anche quel tatuaggio era in bianco e nero ed era elaborato. C’erano un teschio, tre rose e al posto delle ossa incrociate c’erano due chitarre elettriche.
“Mi piace.” Annunciai alla fine. “Molto.” Aggiunsi, spostandomi per guardarlo da un’altra prospettiva. Poi mi avvicinai al suo orecchio. “Ti rende ancora più sexy.” Sussurrai e sorrisi. Tommy deglutì. “Dai, andiamo a cena.” Aggiunsi dopo qualche secondo.
“No.” Replicò Tommy, trattenendomi per un braccio. “Prima voglio darti un altro bacio.” Aggiunse. Sorrisi contro le sue labbra. Sembrava quasi che le mie emozioni fossero sulle montagne russe. Com’era possibile essere così serena un minuto e tornare nella disperazione più profonda quello successivo? In qualche modo, però, il dolore che provavo non si spegneva mai. Certo, si affievoliva in momenti come quelli, ma era costante.
“Adesso sono pronto!” Esclamò Tommy. “Dove mi porti?”
“Al The Grove.” Risposi. “E’ un centro commerciale all’aperto e ci sono tantissimi ristoranti. Il mio preferito è di fronte alla fontana, vedrai.”
“E’ qui a Beverly Hills?”
“No, a West Hollywood, ma non è lontano. C’è anche il cinema, se vogliamo andare a vedere qualcosa. D’estate fanno i film all’aperto.”
“Sarebbe bello vederne uno, cosa ne dici?”
“Mi piacerebbe, non ci sono mai stata.” Dissi. Era una cosa che avrei voluto fare, ma con Derek era impossibile. Quando andavamo in giro lo riconoscevano tutti e non potevamo mai passare un attimo da soli.
“Allora portiamo un paio di coperte.” Suggerì Tommy, alzandosi dal divano.
“Mi sembra una buona idea.” Risposi. “Però dobbiamo vedere per forza il film in programma, non possiamo scegliere.”
“Resisterò anche se sarà una commedia romantica.”
“E io resisterò anche se sarà un film in cui ci sono solo inseguimenti in auto e donne mezze nude.”
Tommy mi sorrise e mi mise un braccio intorno alle spalle.
“Mi piace Los Angeles.” Disse. “Mi piace stare con te.” Aggiunse dopo avermi dato un bacio. “Anche se devo ammettere che vederti guidare ed essere il passeggero è un po’… strano.” 
Scoppiai a ridere.
“Se preferisci prendiamo un taxi.” Dissi, cercando di tornare seria.
“Figurati. Cercherò di nascondermi e di non far capire a nessuno che sono un uomo.” Anche lui stava ridendo a quel punto. “Facciamo così, tu guidi ma uno di questi giorni usciamo e decido io dove portarti. Un appuntamento completamente organizzato da me.”
“Affare fatto.”
 
Dopo cena andammo al cinema e scoprimmo che il film in programmazione era una commedia romantica ambientata a Londra.
“E’ uno dei miei film preferiti.” Ammisi. “E so che ho detto che mi piacciono gli horror. E’ vero, ma ogni tanto mi piace guardare qualcosa del genere.”
“Non c’è niente di male. Ti ricordo che stai parlando con quello a cui piacciono le Spice Girls.”
“Oddio, è vero! Mi ero quasi dimenticata.” Dissi. Tommy sistemò le coperte sul prato e ci sdraiammo. Avevamo comprato dei gelati in un negozio poco lontano ed eravamo pronti a vedere il film. Intorno a noi c’erano tante altre persone, gruppi di amiche e coppie ad un appuntamento romantico come noi.
“Pensa ai casi della vita: abitiamo a Londra, veniamo a Los Angeles e vediamo un film ambientato a casa.” Sussurrò Tommy dopo un po’. Il film era già iniziato e, come sempre, lo guardavo con occhi sognanti. Casa. Londra era diventata la mia da poco, ma mi piaceva il suono di quella parola.
“E tu pensa che tutte queste ragazze americane ucciderebbero per avere un uomo con l’accento sexy come quello del protagonista.” Replicai. “O il tuo.”
“E tu ne hai uno.”
“Guarda, ti faccio un complimento e ti gonfi tutto come un pavone.” Scherzai.
“Tanto rimango comunque il ragazzo più fortunato di questo posto.”
“E adesso cerca di conquistarmi.” Scherzai ancora, anche se in fondo ero molto contenta che avesse detto quella frase. Facevo fatica a credergli, perché ero convinta che ci fossero altri milioni di ragazze meno complicate di me che probabilmente l’avrebbero reso più felice, ma mi faceva piacere.
“Vuoi dirmi che non ci sto riuscendo?”
“Dovrei sentire un’altra frase come quella per decidere.” Tommy si avvicinò e me ne sussurrò nell’orecchio una che mi fece arrossire. Mi voltai verso di lui e gli diedi un bacio. “Considerami conquistata.”
 
Nonostante la giornata fosse andata più che bene faticai ad addormentarmi e mi svegliai nel mezzo della notte. Non riuscivo a scrollarmi di dosso una brutta sensazione. Evitai di girarmi troppo per non svegliare Tommy, che stava dormendo come un bambino, e invece sgattaiolai sul tetto del garage, come facevo quando abitavo in quella casa e soffrivo d’insonnia. Invece di fumare una sigaretta presi il telefonino e composi il numero di Megan dopo aver calcolato il fuso orario. Volevo evitare di telefonarle in piena notte e svegliare Juliet. Fortunatamente a Londra era circa l’ora di pranzo e la ragazza mi rispose subito.
“Come sta andando a Los Angeles? Tanto sole?” Mi chiese.
“Sì, durante il pomeriggio fa piuttosto caldo.” Risposi. “Di sera si sta bene. Come va a Londra?” Aggiunsi.
“Pioggia, pioggia e ancora pioggia. Non abbiamo ancora avuto un minuto di tregua. Ma immagino che tu non mi abbia chiamata per parlare del tempo, vero?”
“No.” Ammisi e sorrisi. “In realtà ho bisogno di un consiglio.”
“Dimmi tutto.”
“Sono andata al cimitero, ma non sono riuscita a dire addio a Derek.”
Continuai a raccontarle tutto quello che era successo durante quei giorni, di come avevo incontrato Kyle e avevamo parlato dei vecchi tempi, di come mi faceva stare meglio ricordare i momenti felici rispetto all’ultimo periodo. Di come sentivo di provare qualcosa per Tommy, ma era come se mi sentissi in colpa a frequentarlo. E quello era davvero il problema. Mi sentivo in colpa. “Cosa devo fare?” Domandai poi. Avevo infilato una felpa sopra il pigiama e l’aria fresca mi dava un po’ fastidio alle gambe nude.
“Credo che tu e Kyle dovreste organizzare qualcosa per riuscire a dirgli davvero addio. Qualcosa per celebrare la sua vita, non ricordare la sua morte.” Consigliò Megan dopo qualche minuto di silenzio. Improvvisamente mi venne un’idea. Sapevo cos’avrei dovuto fare, avrei solo dovuto parlarne con Kyle ma ero sicura che avrebbe apprezzato.
“Grazie, Meg. Credo di sapere cosa devo fare.”
“Fammi sapere come va, d’accordo?”
“Certo.” Replicai.
“Kat, ma da te non è notte?” Mi domandò improvvisamente la ragazza.
“Sì, sono le quattro. Non riuscivo a dormire. Quando… quando passo una bella giornata o mi sento abbastanza felice poi mi sento in colpa, come se non me lo meritassi.” Confessai, abbassando il tono.
Era la prima volta che esprimevo quel sentimento ad alta voce e forse era anche la prima volta che mi rendevo conto di cosa c’era che non andava in me. Ogni volta che provavo ad essere felice mi sentivo come se non ne avessi il diritto, perché Derek era morto e io ero ancora lì.
“Tu lo meriti invece, Kat, soprattutto dopo quello che hai passato.” Replicò Megan. Cominciai a sentire Juliet piangere in sottofondo. “E’ l’ora della pappa.” Aggiunse la madre dopo qualche minuto.
“Ti lascio alla tua piccola.” Dissi con un sorriso. “Grazie di tutto.”
“Ma figurati, sai che lo faccio con piacere! Ehi, mentre sei in California… goditi un po’ di sole anche per me, okay?”
“D’accordo!”
Terminai la chiamata e riposi il telefono nella tasca della felpa. Il cielo era pieno di stelle quella notte e la luna era quasi piena. Guardai dove sapevo che avrebbe dovuto essere la scritta di Hollywood sulle colline e per un momento ricordai la delusione di quando ero piccola e avevo scoperto che di notte non la illuminavano. Mia nonna mi aveva raccontato che inizialmente lo era e la scritta diceva “Hollywoodland”. Avevo pensato che doveva essere bellissima, così CeCe mi aveva portata alla biblioteca pubblica di Los Angeles per farmi vedere le foto originali. Quando avevo sette anni non avrei mai pensato che un giorno avrei cercato di scalare quella scritta con Derek, per poi essere arrestati entrambi.
 
Il mattino successivo mi svegliai tardi, perché non ero riuscita ad addormentarmi fino all’alba. Quando scesi in cucina trovai Tommy che stava cucinando.
“Brunch?” Mi propose. Lo trovai adorabile con il grembiule con scritto La Migliore Nonna Del Mondo, i capelli spettinati e la spatola per i pancakes in mano. Sorrisi immediatamente e lo raggiunsi per dargli un bacio.
“Volentieri. Cosa propone lo chef?”
“Pancakes con le gocce di cioccolato e succo di mela.” Disse. “Ho fatto la spesa online e me la sono fatta consegnare a casa.” Aggiunse dopo qualche secondo.
“Sei uno chef adorabile.” Risposi. Quando il ragazzo si voltò completamente verso di me notai che era tutto sporco di farina. In quel momento, quando lo guardai negli occhi, capii che era quello giusto. Non avevo idea di come lo sapessi, ma ne ero sicura. Mi era stato vicino nei momenti più terribili e si era fatto in quattro per aiutarmi. Era divertente, dolce, bellissimo e teneva a me tanto quanto io tenevo a lui. Ma soprattutto, sapevo che questa volta era diverso: non mettevo la mia relazione con lui in primo piano rispetto a tutto, persino a me stessa. Tommy mi rispettava ed era il primo a volere che io stessi bene e che seguissi i miei sogni.
“Ne riparliamo dopo che avrai assaggiato la mia cucina fenomenale.” Disse. “Anche se prima la assaggerò io, per assicurarmi che non finirai all’ospedale avvelenata.” Scherzò.
“Ma a me basta il pensiero, Tommy-bello.” Lo apostrofai con il nomignolo che gli aveva affibbiato Jason alla festa in maschera. “Non mi viziare, perché potrei regalarti un grembiule che dice Miglior Fidanzato di Sempre.”
“Potrei apprezzarlo.” Replicò lui. “E potrei metterlo in tour.”
Scoppiai a ridere mentre mi sistemavo su uno sgabello e Tommy mi serviva un piatto di quello che aveva cucinato.
“Certo, mi immagino già i titoli: Tommy Parker canta completamente nudo con un grembiule!” Esclamai.
“Ehi, chi ha detto che sarei nudo?” Domandò fingendosi indignato. “Beh sì, le intenzioni erano quelle.” Aggiunse dopo aver visto la mia espressione scettica.
“Visto? Ti conosco.” Dissi. Assaggiai il pancake e chiusi gli occhi per qualche secondo. Quando li riaprii trovai il ragazzo di fronte a me. Era il ritratto dell’ansia.
“Allora?”
“La cosa migliore che abbia mai mangiato.” Dichiarai dopo averne tagliato un altro pezzo. Tommy tirò un sospiro di sollievo e si sedette di fianco a me, pronto per assaltare il resto del contenuto nel suo piatto.
“Per fortuna!” Esclamò. “Non riuscivi a dormire stanotte?” Mi domandò dopo qualche minuto.
“No.” Dissi.
“Ti ho sentita tornare a letto che era già mattina.”
“Non volevo disturbarti continuando a girarmi, così sono andata sul tetto, dove vado di solito quando non riesco a dormire.”
“Vuoi parlarne?”
Annuii.
“Credo di aver finalmente capito cosa devo fare per andare avanti.”
“Posso aiutare in qualche modo?”
“Mi stai già aiutando tantissimo, Tommy.” Replicai. Non potevo chiedergli di partecipare a quello che stavo organizzando. Non mi sembrava decisamente il caso.
“D’accordo. Se avrai bisogno di me, saprai dove trovarmi.”
“Dal tatuatore?” Scherzai. Lui scoppiò a ridere e scosse la testa.
 
Quella sera tutto era pronto. Kyle ed io non eravamo riusciti a raggiungere altre persone, così eravamo solo noi due. Avevamo acceso un falò sulla spiaggia e stavamo chiacchierando, suonando la chitarra e cantando. Era una serata che avevamo organizzato per stare insieme, sostenerci a vicenda e ricordare i bei momenti che avevamo passato.
“Derek avrebbe amato questa serata.” Disse improvvisamente Kyle. Mi strinsi nella felpa che mi stava tenendo al caldo e annuii.
“Le feste in spiaggia erano le sue preferite.” Ricordai.
“Già, quando andavamo al liceo ne organizzavamo una ogni settimana. Poi abbiamo ottenuto il contratto con la casa discografica e abbiamo lasciato gli studi per seguire i nostri sogni.” Replicò Derek. “Ho pensato a una cosa mentre preparavo tutto il necessario per il falò.” Disse il dopo qualche secondo. Aveva portato con sé di tutto, dalla chitarra agli s’mores, cioè biscotti ripieni di marshmallows sciolti.
“Che cosa?” Domandai con curiosità.
“Qualche giorno fa ho visto in TV un documentario sulla Thailandia e il festival delle luci. Accendono candele in queste lanterne e le fanno volare sull’acqua.” Replicò il ragazzo, mostrandomi l’occorrente. “Ho pensato che sarebbe un bel modo per salutare Derek.” Sorrisi, pensando che sarebbe stato perfetto. “Visto che nessuno dei due è riuscito ad andare al funerale.” Aggiunse.
“Non sei andato?” Domandai con stupore.
“No, la famiglia non ha voluto che partecipassi. Erano convinti che la colpa fosse nostra.” Replicò abbassando lo sguardo. “Ma non pensiamoci. Questa sera dobbiamo concentrarci sul lato positivo e fare qualcosa per salutarlo.”
“Sono d’accordo.” Dissi. “Posso prenderne una?”
“Certo.”
Kyle mi porse una lanterna e ci alzammo dalle coperte su cui eravamo seduti intorno al fuoco. Ci avvicinammo all’acqua e il ragazzo accese la prima lanterna.
“Derek, sei stato il mio migliore amico da quando ho cominciato ad avere ricordi. Abbiamo fatto di tutto insieme e sei stato il mio compagno di avventure preferito. Non eri perfetto, ma ehi, chi lo è? Quel maledetto incidente ti ha portato via troppo presto. Spero che, ovunque tu sia, ci siano chitarre elettriche e amplificatori in abbondanza. Che il rock and roll sia sempre con te, amico mio.” Mormorò e lasciò andare la lanterna, che cominciò a volare sopra l’oceano Pacifico.
Asciugai una lacrima con il dorso della mano e accesi anche la mia candela. Kyle aveva usato le parole giuste. Quel maledetto incidente. Tutte le persone che conoscevo e che sapevano cos’era successo quel giorno me l’avevano detto più volte. Persino i paramedici sulla scena avevano cercato di convincermi che si fosse trattato solo di quello, di un incidente. Fino a quel momento non avevo voluto crederci perché mi sentivo troppo in colpa, ma era ora che lo accettassi. Derek era scivolato contro il bordo della vasca idromassaggio e aveva sbattuto la testa. Kyle ed io non l’avevamo spinto o affogato. Era successo.
“Derek.” Mi interruppi e sospirai. Avrei voluto dire tantissime cose, ma in quel momento sembravano tutte stupide. Cercai di riordinare i pensieri e ripresi il discorso. Quello era un vero addio. Addio per sempre. “Ci siamo incontrati quando avevo solo sedici anni e non avevo mai fatto nulla nella mia vita. Mi hai mostrato un mondo nuovo, un mondo che mi ha distrutta, ma che mi ha anche insegnato ad essere più forte. Questa sera ho deciso di concentrarmi solo sulle cose positive che sono successe da quando ci siamo conosciuti, perché sono tante. Questa lanterna rappresenta i momenti negativi, tutte le cose brutte.” Dissi e mollai la presa, in modo che l’oggetto cominciasse a volare sull’oceano. Quella di Kyle era già lontana. Avevo il cuore pesante, ma leggero nello stesso tempo, perché mi sentivo come se finalmente fossi libera. “Addio, Derek.” Mormorai, fissando la lanterna. Sapevo che si trattava solo di una metafora, ma era come se quell’oggetto che si allontanava rappresentasse davvero quello che avevo detto. Quella sera avevo deciso di lasciare andare il mio passato e di concentrarmi solo sul futuro. Volevo smettere di sentirmi come se non meritassi di essere felice. Kyle mi abbracciò stretta e mi diede un bacio sui capelli.
“Dovremmo parlare con i genitori di Derek.” Disse improvvisamente.
“Perché?” Domandai, voltandomi verso di lui.
“Vorrei che sapessero quello che è successo e che non è stata colpa nostra. Vorrei che conoscessero Derek come lo conoscevamo noi.”
“No.” Risposi con convinzione. “Credo che sia un trauma già abbastanza grande perdere un figlio, voglio che continuino a ricordare Derek come il ragazzo che credevano che fosse. Quei ricordi sono tutto quello che hanno ormai.” Aggiunsi. E per la prima volta lo pensavo davvero. Non mi sembrava giusto rovinare la memoria di Derek ai suoi genitori per liberarmi la coscienza. Ci avevo pensato spesso, volevo semplicemente andare a casa loro e dirgli che non era stata colpa mia, che c’erano cose che non sapevano e non potevano dare la colpa a me. Quella notte, invece, dopo aver detto addio al ragazzo, ero convinta di non voler rovinare la vita ai suoi genitori peggio di quanto non lo fosse già. Alla fine preferivamo tutti concentrarci solo sui momenti migliori.
 
Dopo aver acceso le lanterne cominciai davvero a sentirmi meglio. Sapevo che non tutti i giorni sarebbero stati facili e che probabilmente avrei avuto ancora dei momenti tristi o di disperazione, ma ero pronta ad affrontarli. Sapevo di non essere sola e di avere al mio fianco Tommy, Sarah, Megan e anche Kyle. Avevamo deciso di rimanere in contatto e tornare ad essere amici come una volta.
“Cosa farai in questi giorni?” Mi chiese il ragazzo quando tornammo intorno al fuoco. Avevamo ricominciato ad abbrustolire gli s’mores sul falò e li stavamo mangiando per finire la serata in bellezza.
“Devo portare Tommy in un posto speciale.” Dissi. “E poi voglio vedere mia madre, le ho detto che sarei venuta a Los Angeles ma non ci siamo ancora viste. Tu?”
“Brenda ed io andremo a festeggiare il nostro primo anniversario. Partiamo tra due giorni e andiamo a Parigi per due settimane.”
“Parigi, wow! La città romantica per eccellenza!” Esclamai.
“Già, lei è al settimo cielo. Non vede l’ora! In realtà l’idea è stata sua, io non sono mai stato un grande pianificatore. Ha cercato più volte di farmi capire che avrebbe voluto un viaggio come regalo… finalmente l’ho capito!” Esclamò. Non sembrava esaltato all’idea di fare un viaggio con la sua ragazza. O forse era solo stanco, perché si stava facendo tardi ed era stata una serata impegnativa.
Mi sentivo come se tutta la tensione accumulata nel corso degli anni si fosse finalmente sciolta ed ero esausta.
“Adesso direi di tornare a casa perché si sta facendo tardi.” Disse Kyle dopo qualche secondo, guardando l’orologio. Diedi un’occhiata al mio telefono e notai che ormai era notte fonda.
“Sì, direi di sì.” Concordai.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 17
 
Il mattino successivo mi svegliai particolarmente rilassata, dopo la notte di sonno più tranquilla in settimane.
“Buongiorno!” Mi salutò Tommy, stiracchiandosi di fianco a me. Sorrisi alla sua vista. Aveva i capelli spettinati e un velo di barba e per me era ancora più bello del solito.
“Buongiorno.” Replicai. Il ragazzo allargò un braccio e mi permise di rannicchiarmi contro di lui. Mi diede un bacio sulla fronte e mi strinse a sé. Era come se fosse finito un capitolo della mia vita e quello fosse l’inizio di quello nuovo. Mi sentivo più leggera e ottimista.
La notte prima, quando ero tornata a casa, si era svegliato e mi aveva chiesto come fosse andata. Gli avevo raccontato tutto quello che era successo e l’avevo fatto con il cuore più leggero, con la mente più lucida. Lui aveva capito e mi aveva abbracciata e ci eravamo addormentati così. Non ero sicura di cos’avessi fatto per meritare l’uomo più perfetto del mondo, ma era successo e non avevo di certo intenzione di lamentarmi.
Certo, nel retro della mia mente c’era sempre la paura che Tommy non fosse davvero così perfetto e che avesse dei difetti, ma cercavo di non pensarci troppo.
“Sei pronta per l’appuntamento organizzato da me?” Mi domandò.
“Pronta? Non vedo l’ora!” Esclamai. “Mi devi dare un indizio, però.”
“No.” Replicò con convinzione. “Adesso alziamoci in fretta, perché penso che la nostra carrozza stia per arrivare.”
“Carrozza?” Domandai. Tommy si alzò dal letto e mi rivolse un sorriso misterioso, deciso a non dirmi nient’altro.
 
Scoprii che il ragazzo aveva affittato un’auto con autista per tutta la giornata, perché era più comodo che continuare a chiamare taxi. Il nostro primo stop fu la Magnolia Bakery sulla West Third Street, dove mangiammo una fetta di torta red velvet per colazione. Poi tornammo in auto e ripartimmo e questa volta la destinazione fu lo zoo di Los Angeles.
“Spero che ti piaccia.” Disse Tommy. “Nella mia mente era un’idea carina, ma magari è un po’ infantile.” Aggiunse. Era la prima volta che si mostrava insicuro davanti a me e non riuscii a non trovare quel tratto ancora più adorabile.
“E’ un posto che ho sempre voluto visitare, ma non ci sono mai stata. E sai che amo gli animali! E’ perfetto!” Esclamai. Lo zoo era a Griffith Park ed era enorme. Pensavo che fosse il posto perfetto per un appuntamento, perché era all’aria aperta e secondo me era romantico. Tommy non avrebbe potuto scegliere un posto migliore.
“Per fortuna!”
Il ragazzo aveva già acquistato i biglietti su internet e aveva organizzato tutto nei minimi dettagli. Cominciammo a camminare insieme, mano nella mano, e ci fermammo ad ogni ambiente per vedere tutti gli animali. Non avevo con me la macchina fotografica, ma scattai comunque tantissime foto con il mio telefonino.
Quando arrivai davanti ai koala mi esaltai come una bambina e per la prima volta in anni mi sentii come se avessi la mia età.
“Oddio, guarda, hanno i piccoli!” Esclamai, indicando la madre con i due piccoli koala appesi uno sopra la schiena e l’altro sotto la pancia.
“Sono bellissimi.” Disse Tommy, sorridendomi. “Non sapevo che ti piacessero così tanto.”
“Sono i miei animali preferiti.” Replicai, annuendo. “Mi piacciono tutti, ma i koala sono particolarmente carini. I cuccioli, poi, sono tenerissimi!”
Intorno a noi c’erano tante famiglie con bambini, ma anche altre coppie ad appuntamenti romantici e trovammo anche una famosa attrice con il suo attuale fidanzato.
“Sono d’accordo con te. Anche se io non vedo l’ora di vedere le tigri. Ho sempre sognato di vederne una dal vivo!”
Abbassai lo sguardo sulla mappa dello zoo che stavo tenendo tra le mani e controllai la nostra posizione rispetto alla gabbia dei felini.
“Sono dall’altra parte del parco, ma ci arriviamo di sicuro.” Dissi.
“Prima, però, devo portarti in un posto.”
“Un’altra sorpresa?” Domandai con un sorriso. Tommy mi stava davvero viziando.
“Beh, più o meno.” Replicò. Dopo aver salutato i koala – mi sentii un po’ una bambina quando li guardai e sventolai una mano, ma Tommy rise e mi imitò e mi fece sentire meno a disagio – ci allontanammo un po’ e arrivammo nella zona pic-nic. Il ragazzo estrasse due coperte dallo zaino che aveva sulle spalle e andò ad un chiosco per comprare un cesto con il cibo.
“Dai, dimmi la verità: sei uno di quei principi azzurri che sono usciti da una favola e sei nel mondo reale per qualche tipo di missione.” Dissi quando tornò e cominciammo a mangiare i tramezzini.
“No, dai, quanti principi azzurri conosci che hanno i tatuaggi?”
“In effetti nessuno, ma dovrà pur sempre esserci una prima volta per tutto, no?”
Tommy rise e mi versò un bicchiere di succo d’arancia.
“Sicuro che non sei almeno un principe? Anche se non sei azzurro?” Domandai e scoppiai a ridere anch’io.
“Mi dispiace davvero, ma non sono né un principe né azzurro.” Replicò quando tornò serio.
“Okay, io ci ho provato.” Dissi. “Hai altri piani dopo lo zoo?”
“E’ un segreto.”
 
Dopo il pranzo, una lunga pausa davanti ai pinguini, i lemuri e le tigri, Tommy ed io arrivammo all’uscita dello zoo. Decisi di fare una sorpresa al ragazzo, così finsi di dovermi fermare alla toilette e invece mi infilai nel negozio di souvenir, dove comprai un peluche a forma di tigre. Probabilmente era una cosa un po’ infantile, ma a me sembrava una buona idea. Lui aveva pensato a me e mi aveva portata ad un appuntamento fantastico ed io volevo fargli un regalo.
Quando ci ritrovammo all’uscita dello zoo ci fermammo per qualche secondo, guardandoci negli occhi. Era come se lui mi stesse nascondendo qualcosa e sapevo di avere la stessa espressione, perché avevo un sacchetto del negozio dietro la schiena e non vedevo l’ora di dargli il peluche per vedere la sua reazione.
“Ho qualcosa per te!” Esclamammo poi nello stesso istante. Scoppiammo a ridere e ci scambiammo i sacchetti.
“Vai, prima tu.” Dissi. “Non potevo portarne via una vera, così…” Aggiunsi e guardai il viso di Tommy illuminarsi quando estrasse la piccola tigre dal sacchetto. “Ho scelto questa perché tra tutte assomigliava di più a quella che hai tatuata sul braccio.” Conclusi. Tra i tanti tatuaggi che aveva il ragazzo, c’era anche una tigre sull’avambraccio sinistro. “Grazie, Kat! E’ bellissima.” Replicò lui. “Adesso tu.”
“Va bene.” Dissi. Ero esaltata, perché mi piacevano le sorprese e ancora di più i regali. Infilai la mano nel sacchetto e tastai il peluche, come se volessi scoprire che animale fosse. Quando lo tolsi dal sacchetto per poco non cominciai a saltellare. “Un koala!” Esclamai.
“Ti sono piaciuti così tanto che dovevo fare qualcosa. Ho provato ad informarmi, ma qui non siamo in Australia e non permettono ai turisti di fare le foto con gli animali in braccio.”
“Prova ancora a convincermi del fatto che non sei un principe azzurro, adesso!” Scherzai, appoggiando il peluche del koala sulla mia spalla. “E’ adorabile, grazie.” Aggiunsi poi. Lo abbracciai stretto e gli diedi un bacio sulle labbra. Mi chiesi come avessimo fatto a non incrociarci al negozio dei souvenir e poi notai un chiosco con i peluche dall’altra parte della strada. Forse lui era andato a quello.
“Sei pronta adesso per la seconda parte dell’appuntamento?” Domandò Tommy, prendendomi la mano e ricominciando a camminare verso il parcheggio. La nostra auto arrivò pochissimi minuti dopo, come se il ragazzo avesse programmato tutto al secondo.
“Prontissima.” Affermai.
 
La seconda parte dell’appuntamento organizzato completamente da Tommy prevedeva una veloce fermata a casa per cambiarsi prima della cena. Non avevo idea di dove mi avrebbe portata, così indossai qualcosa di elegante, ma non troppo, in modo da non essere fuori posto ad un ristorante di lusso, ma nemmeno in uno normale.
“Devo dire che mi piace il tuo stile, Tommy.” Dissi quando arrivammo davanti ad un ristorante italiano a Hollywood and Highland. Era al terzo piano del centro commerciale e il ragazzo aveva prenotato un tavolo all’esterno, in modo che potessimo vedere la fontana al centro del cortile. Era un posto normale, dove c’erano turisti, persone del posto, coppie e famiglie.
“Ho pensato che non ci fosse nulla di più buono del cibo italiano e mi hanno raccomandato questo ristorante.” Spiegò lui.
“E’ molto carino.” Dissi. Anche se non c’era il sole i tavolini all’esterno erano coperti da ombrelloni rossi e ogni tavolo aveva una candela che rendeva il tutto ancora più romantico. “Okay, c’è un elefante nella stanza e ti devo parlare.” Aggiunsi dopo qualche secondo. Tenendo conto del fatto che l’ultima volta che gli avevo detto che dovevo parlargli avevo confessato tutto quello che era successo nel mio passato, capii l’espressione leggermente preoccupata del ragazzo.
“Dimmi.” Replicò.
“Mia madre mi ha mandato un messaggio poco fa e mi ha chiesto se domani mi va di andare a pranzo da lei.” Dissi. “Quindi mi stavo chiedendo se ti andrebbe di venire con me o se, insomma, è troppo presto per conoscere la mia famiglia.”
Tommy si rilassò e sorrise. Mi prese una mano sul tavolo e la accarezzò.
“Non è troppo presto.” Replicò. “Mi farebbe davvero piacere conoscere tua madre. Non nego di essere terrorizzato, ma verrò.”
Mi rilassai anch’io e smisi di giocare con il tovagliolo sulle mie gambe con la mano libera. Tommy ed io ci conoscevamo da circa due mesi, ma con tutto quello che avevamo superato insieme mi sembrava molto di più.
“Ti avviso, ci farà il terzo grado e continuerà a ricordarmi il passato. Potrebbe anche mostrarti un album di foto di quando ero una neonata. Tu sorridi e annuisci a tutto quello che ti dice e ignorala.” Dissi.
“Scherzi? Non vedo l’ora di sentire qualche storia imbarazzante di quando eri una bambina! Quando ti presenterò i miei genitori ne sentirai a bizzeffe.”
“E’ un po’ pesante, ma non è cattiva.” Confermai. “Chissà cos’hai combinato tu da piccolo!”
“Oh, ero un danno vivente. Pare che alla tenera età di tre anni io abbia nascosto una serie di dinosauri piccoli di gomma nelle scarpe di mio padre, così quando le ha infilate erano troppo corte e non capiva cosa fosse successo.”
Scoppiai a ridere e mi immaginai un piccolo Tommy alle prese con pupazzetti di gomma. Poi pensai alle storie che avrebbe potuto raccontare mia madre al ragazzo e sospirai. Di sicuro avrebbe nominato Derek almeno una cinquantina di volte e mi avrebbe fatto una ramanzina su come mi ero comportata per quattro anni. Non ne aveva ancora avuta l’occasione e speravo che evitasse di farlo davanti a Tommy.
Avevamo superato tante cose insieme, ma improvvisamente mi preoccupai: e se non fossimo riusciti a sopravvivere a mia madre? Ero sicura che avrebbe detto qualcosa che avrebbe convinto Tommy a scappare a gambe levate.
La cameriera interruppe quei pensieri portando i piatti che avevamo ordinato.
“Posso portarvi del vino?” Domandò.
“No, grazie.” Rispose prontamente Tommy. Scossi la testa e la ragazza sorrise e rientrò al ristorante. Sapevo che avrei dovuto fare i conti con gente che non sapeva del mio problema e cercava di offrirmi alcol per il resto della mia vita, ma ero finalmente ottimista e sapevo che ce l’avrei fatta.
“Hai in serbo altre sorprese per me?” Domandai dopo qualche minuto.
“Solo una.” Rispose Tommy.
“Ma sei una fonte inesauribile di idee!” Esclamai.
“Beh dai, non mi capita tutti i giorni di avere la possibilità di organizzare un appuntamento a Los Angeles.”
Tommy era il ragazzo perfetto, ne ero sicura. Sapevo che preferiva ristoranti normali rispetto a quelli di lusso in cui bisognava pagare anche l’aria che si respirava, apprezzava le attività all’aperto, e, anche se cercava di nasconderlo, era estremamente romantico.
“Finora sei stato bravissimo. Ma aspetterò a giudicare alla fine dell’appuntamento.”
“Vedrai, di questa idea sono molto orgoglioso.”
 
“Non ci credo!” Esclamai quando arrivammo all’ultima destinazione dell’appuntamento. Tommy mi aveva portata al Griffith Observatory per osservare le luci di Los Angeles dall’alto.
“Ti piace?” Mi chiese.
“Lo adoro.” Replicai. “Questo… questo è il posto in cui volevo portarti!”
“Davvero?”
“Sì, volevo mostrartelo prima di partire perché per me è importante. Mia nonna ed io venivamo sempre qui, tutti gli anni. Era uno dei suoi luoghi preferiti a Los Angeles.”
Era tutto perfetto. Tommy, l’appuntamento, i posti che aveva scelto per quella giornata stupenda. Improvvisamente sentii una strana sensazione e gli occhi lucidi, ma non ero triste. Quelle erano lacrime di gioia. Non ricordavo l’ultima volta che mi ero sentita in quel modo.
“Ehi.” Disse Tommy, abbracciandomi e dandomi un bacio. Restammo abbracciati per parecchio tempo, guardando il paesaggio ai nostri piedi. Ogni volta che ci guardavamo o ci scambiavamo un bacio sembrava che due parole fluttuassero nell’aria intorno a noi. Due parole che, però, nessuno dei due pronunciò. Ti amo.
 
Il mattino successivo mi svegliai con un sorriso ripensando alla giornata meravigliosa che avevo passato con Tommy. Questa volta decisi di essere io a fargli una sorpresa e preparai la colazione per entrambi.
“Servizio in camera?” Mi chiese il ragazzo quando mi vide entrare con un vassoio. Annuii e lo appoggiai di fianco a lui, mentre si sedeva e appoggiava la schiena contro la testata del letto. “Potrei abituarmi.” Aggiunse.
“Ti conviene assaggiare prima di continuare il discorso. Non sono una grande cuoca.” Replicai con un sorriso. Tommy assaggiò il caffè e i pancakes che avevo preparato e rimase in silenzio per qualche minuto.
“Diciamo che continuerei con l’idea di studiare per diventare regista, se fossi in te. Non aprirei un ristorante, ecco.” Commentò.
“Mi dispiace, vado a comprare qualcosa al bar?” Domandai.
“Kat? Sto scherzando.” Disse poi il ragazzo, scoppiando a ridere.
“Se tu non avessi una tazza di caffè bollente davanti ti lancerei un cuscino!” Esclamai. Mi tornò in mente la serata in cui Tommy mi aveva portata in piscina di nascosto e avevo finto di non saper nuotare quando mi aveva buttata in piscina. D’accordo, eravamo pari.
“Sto scherzando, dai!” Ripeté lui, continuando a ridere. “Diciamo che dovevo vendicarmi per quella volta in cui mi hai fatto prendere un colpo e pensavo che saresti annegata.” Aggiunse, ricordando lo stesso episodio a cui stavo pensando anch’io.
“Va bene, ti perdono.”
Tornai a sedermi al suo fianco e presi tra le mani la mia tazza di caffè decaffeinato. Il pensiero che si formò in quel momento nella mia testa mi spaventò un po’. Mi piaceva svegliarmi di fianco a Tommy, fare colazione e uscire con lui. Se il nostro rapporto avesse funzionato, magari avremmo potuto sposarci. Certo, non pensavo che l’avrei fatto a vent’anni, ma magari dopo tre, quattro anni sì. Era la prima volta che pensavo a un’idea del genere, perché Derek non credeva nel matrimonio e aveva messo le cose in chiaro dall’inizio. Avremmo vissuto insieme, magari anche avuto qualche figlio, ma non ci saremmo mai sposati. Mi voltai verso Tommy, che stava letteralmente assaltando un pancake e sorrisi. No, quel pensiero non era così spaventoso, a pensarci bene. Ero sicura al cento percento che lui fosse il ragazzo giusto per me.
“Mmh.” Grugnì Tommy dopo qualche minuto, con la bocca piena. Deglutì e ricominciò il discorso. “Stavo pensando, visto che non resteremo ancora tanti giorni, ti dispiace se vado a fare una passeggiata questa mattina? Così mi guardo un po’ in giro e faccio qualche foto, perché la vista è spettacolare.”
“Certo, fai pure.” Replicai.
“Torno in tempo per il pranzo con tua madre, non preoccuparti.” Aggiunse con un sorriso.
“Sei nervoso?”
“Un po’, ma la passeggiata mi aiuterà. Non ho mai conosciuto i genitori di nessuna delle ragazze che ho frequentato.” Rispose e alzò le spalle.
“Non preoccuparti, mia madre è a posto. Più o meno.” Dissi. “Oh.” Aggiunsi immediatamente, probabilmente più per convincere me stessa che lui.
“Cosa?”
“L’unica cosa che devi sapere prima di incontrarla è che in casa ha mille tappeti, quindi dovremo toglierci le scarpe. E’ quello che la fa impazzire di più.” Dissi. Tommy si rilassò un po’ e sorrise.
“Pensavo che stessi per dirmi che mi avrebbe inseguito con un fucile o qualcosa del genere.”
“Ehi, non è mica mio padre!” Esclamai ridendo. Il ragazzo assunse di nuovo un’aria preoccupata e sentii il bisogno di spiegarmi. “Tranquillo, non lo incontrerai perché non vive più con mia madre. Hanno finalmente divorziato dopo anni di litigi e lui è tornato in Texas, dove è nato, e adesso vive con una ragazza che ha poco più della mia età.”
“Ha un fucile?”
“Sì, in Texas ne ha più di uno. Lui e i suoi amici vanno a caccia ed è una cosa che non sopporto.” Risposi. “Quando ero più piccola mi obbligavano a passare qualche settimana da lui durante l’estate e… diciamo che è sempre stato iperprotettivo, mettiamola così.”
“Sono improvvisamente molto felice di conoscere solo tua madre.” Commentò Tommy.
“Soprattutto perché mio padre ha davvero minacciato un ragazzo con il fucile!” Esclamai, ricordando la scena. “Avevo quattordici anni e quell’estate avevo passato un mese intero a casa sua invece di due settimane come gli anni passati. Avevo conosciuto un ragazzo della mia stessa età, il figlio dei vicini, e avevamo cominciato a uscire insieme. Era una cosa piuttosto innocente, ci divertivamo a giocare insieme. Nuotavamo in piscina, soprattutto, perché in Texas d’estate fa caldissimo.” Continuai. “Parlando avevamo scoperto che nessuno dei due aveva dato il primo bacio, così avevamo deciso di provarci. Mio padre è uscito per dirmi che la cena era pronta proprio quando stavamo per baciarci e l’ha minacciato con il fucile.” Conclusi.
“Che fine ha fatto il ragazzo?”
“Si è premurato di starmi molto lontano per il resto della vacanza e poi non l’ho più visto.” Risposi. “Il fucile era chiaramente scarico, ma è stato lo stesso spaventoso. Soprattutto quando gli ha urlato: ‘tieni giù le mani dalla mia bambina!’ e ha cominciato a correre verso di lui.” Ricordai. Sospirai e scossi la testa. Spesso, quando ero più piccola, avevo sognato di avere una famiglia normale, con un padre e una madre che si amavano e si prendevano cura di me come se fossi la cosa più preziosa del mondo. La realtà, invece, era che ero cresciuta con mia nonna per scappare dai loro costanti litigi e mio padre si interessava a me solo quando passavo quelle due settimane all’anno a casa sua.
“Segnerò sulla lista di cose da comprare un’armatura per quando conoscerò anche lui.” Scherzò Tommy dopo un po’. Per fortuna il ragazzo sembrava non essere troppo spaventato dalla mia famiglia stramba o dal mio passato.
“Basta il giubbotto antiproiettile, dai.” Aggiunsi con una risata.
 
Finita la colazione Tommy uscì per fare quelle foto di cui mi parlava, anche se sospettavo che volesse camminare per rilassarsi prima di incontrare mia madre, ed io decisi di fare una doccia. Mi era sempre piaciuto stare sotto l’acqua scrosciante e pensare. Mi aiutava a riflettere e ne avevo bisogno. Non ero al cento percento felice, ma sapevo di stare meglio. Almeno non mi sentivo più in colpa. Avevo accettato la realtà: Derek era morto e non era stata colpa mia. Era scivolato nella vasca idromassaggio, avrebbe potuto succedere a chiunque, ubriaco e non. Mi ero appena infilata l’accappatoio quando sentii suonare il citofono. Misi un paio di ciabattine di spugna per evitare di scivolare con i piedi bagnati e andai a rispondere. Dallo schermo vidi la figura familiare di Kyle e aprii senza pensarci due volte.
“Chloe!” Esclamò il ragazzo quando mi vide. “Kat.” Aggiunse, ricordandosi che gli avevo detto che avevo ricominciato a farmi chiamare con il mio vero nome. Poi notò che avevo i capelli bagnati e l’accappatoio e si bloccò. “Scusa, ti disturbo?”
“No, figurati, avevo appena finito di fare la doccia.” Replicai. “Cosa ti porta qui?” Domandai. Kyle era nervoso e non accettò nemmeno il mio invito di entrare in casa. Invece cominciò a parlare sulla soglia della porta, velocemente e come se avesse paura di perdere il coraggio se avesse aspettato troppo.
“E’ da quando ti ho rivista al cimitero che non riesco a smettere di pensare a te.” Disse. “Mi sei sempre piaciuta, anche quando stavi con Derek e non sono mai riuscito a dirti nulla… non ho mai voluto dirti nulla perché sapevo quanto lo amavi e non volevo rovinare le cose tra di voi.”
“Kyle…” Cominciai a dire, ma il ragazzo mi interruppe.
“Adesso sei qui, Kat. Siamo riusciti a dire addio a Derek e non c’è nulla che possa fermarci.”
Cercai di obiettare e di dire che in realtà io stavo con Tommy e lui con Brenda, ma Kyle non mi fece parlare di nuovo.
“Pensaci, potremmo finalmente vivere una vita normale, magari lontano da qui. Potremmo trasferirci in qualsiasi parte del mondo tu voglia, solo io e te.” Aggiunse. “Ma prima devo fare una cosa che sogno di rifare da tantissimo tempo.” Disse e, prima che potessi evitarlo, si avvicinò e mi diede un bacio sulle labbra. Mi bloccai all’istante, scioccata. Cos’era appena successo? Quando Kyle si allontanò vidi con la coda dell’occhio Tommy, immobile a pochi passi da noi.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 18
 
Il mio primo pensiero fu “Oh, no!”, ma ero troppo scioccata per fare qualsiasi cosa. Kyle mi aveva presa alla sprovvista ed era successo tutto troppo in fretta. Non avevo nemmeno fatto in tempo a capire quello che stava accadendo finché non avevo sentito le labbra del ragazzo sulle mie e, soprattutto, finché non avevo visto l’espressione affranta dipinta sul volto di Tommy.
“No…” Mormorai, allontanando Kyle da me e superandolo per raggiungere Tommy. Il ragazzo chiuse gli occhi e cominciò a scuotere la testa, indietreggiando.
“Lascia perdere.” Disse.
“Tommy…”
“Lascia perdere.” Ripeté. “Per tutto questo tempo ho pensato che tra noi ci fosse qualcosa di importante, di grande.” Aggiunse. “Invece sei come tutte le altre. Io… me ne vado, torno a Londra.” Concluse, dirigendosi in casa. Mi passai una mano tra i capelli bagnati, rendendomi finalmente conto di come doveva essere sembrata la scena. Ero in accappatoio, Kyle mi stava baciando e non lo avevo allontanato. Cercai di seguire Tommy all’interno, ma il ragazzo aveva già cominciato a infilare tutti i suoi vestiti nella valigia e non voleva sentire ragioni. Sapevo che era stato tradito dalla sua precedente fidanzata e sapevo come doveva sentirsi. Era difficile tornare a fidarsi di qualcuno quando ti ha tradito in quel modo.
“Tommy, ti prego…”
“No, Kat. Vi ho visti, è tutto quello che devo sapere.” Replicò con rabbia, chiudendo la valigia e trascinandola fuori dalla villa. Kyle era ancora fuori dalla porta d’ingresso e mi sorpresi nel vedere che Tommy si era trattenuto dal tirargli un pugno. Invece lo superò e uscì dal cancello, dove lo vidi chiamare qualcuno con il cellulare. Probabilmente un taxi per l’aeroporto.
 
Rimasi impotente davanti a tutto quello che stava succedendo. Tommy non voleva sentire ragioni ed era salito su un taxi diretto al LAX mentre la mia vista veniva appannata dalle lacrime. Mi accorsi di essere rimasta immobile davanti al cancello quando sentii una mano sulla mia spalla. Mi girai e incrociai lo sguardo di Kyle.
“Kat, andiamo, non è il ragazzo giusto per te e lo sai anche tu. Non può capire quello che abbiamo passato.” Mormorò.
“Vattene.” Dissi. “Non so come ti sia venuta l’idea di svegliarti questa mattina e di venire a rovinarmi la vita, ma… vattene. Sparisci dalla mia vista.” Aggiunsi, scostandomi dal suo tocco.
“Kat…”
“Ti ho detto di andartene!” Esclamai, alzando il tono della voce. Kyle decise finalmente di darmi retta e uscì dal cancello, lasciandomi completamente sola.
 
“Hai gli occhi gonfi, sei sicura di stare bene?” Mi chiese mia madre a pranzo. Le avevo chiesto se potevamo rimanere a casa sua invece di andare in un ristorante, perché non me la sentivo di uscire.
“Sì.” Risposi, guardando il contenuto del piatto davanti a me. Non avevo fame, ma se non avessi mangiato mia madre avrebbe cominciato a farmi mille domande a cui non avevo voglia di rispondere. La donna mi rivolse un sorriso e notai che Richard, il suo nuovo compagno, le prese la mano sopra al tavolo e la strinse.
“Katherine, tesoro, puoi parlarci di tutto quello che vuoi. Sai che non ti giudichiamo.” Disse mia madre. Richard annuì e resistetti alla tentazione di roteare gli occhi al cielo. Mi piaceva il fatto che si preoccupasse di me, così come le ero grata per avermi obbligata ad andare in clinica di riabilitazione e per non aver fatto scenate. Era diventata davvero una buona madre, soprattutto dopo aver conosciuto Richard, che era uno psicologo e le aveva consigliato come comportarsi con me. Però non avevo la minima voglia di parlare di quello che era appena successo.
“Ho solo litigato con Tommy.” Risposi alla fine.
“E’ per questo che non è qui con noi?” Mi domandò mia madre.
“E’ tornato a Londra.” Dissi. Com’eravamo passati dalla colazione a letto, da quel momento perfetto, alla litigata? Perché Kyle aveva pensato che sarebbe stato accettabile piombare nella mia vita e baciarmi in quel modo? Credeva che avrei lasciato Tommy per scappare con lui? La nostra non sarebbe stata una favola alla “e vissero tutti felici e contenti”. Lo consideravo un amico e basta.
“Vedrai che risolverete, Kat. Da come me ne parlavi al telefono sembra davvero il ragazzo giusto per te.” Disse mia madre.
“Lo spero davvero.”
 
Il giorno successivo, prima di andare all’aeroporto per prendere un aereo che mi riportasse a Londra, mi fermai all’Hollywood Forever Cemetery per salutare mia nonna. Kyle aveva cercato di chiamarmi innumerevoli volte e non avevo risposto. Avevo anche cercato di contattare Tommy per spiegargli quello che era successo, ma non riuscii ad ottenere risposta.
“Sai, nonna, credevo che sarebbe andato tutto bene dopo essere riuscita a dire addio a Derek, ma mi sbagliavo. Tommy, il ragazzo con cui sto uscendo e di cui sono innamorata, ha visto Kyle che mi baciava e non mi parla più. E la cosa peggiore è che non gli ho nemmeno mai detto di essere innamorata di lui, ho avuto troppa paura per farlo. Derek è stato il primo ragazzo di cui mi sono innamorata e non è finita bene. Così ho pensato di prendere le cose con calma, credevo che avrei avuto tutto il tempo del mondo per dire a Tommy quello che provo per lui…” Avevo portato un altro mazzo di rose bianche da sostituire a quelle ormai secche che le avevo lasciato l’ultima volta e stavo sfiorando la lapide con le dita. In qualche modo mi faceva sentire come se fossi più vicina a lei, anche se sapevo che non poteva sentirmi. Guardai in alto e fissai le nuvole per qualche istante, come se sperassi che mia nonna potesse mandarmi un segnale o un consiglio su come affrontare questa nuova sfida.
“Ti voglio bene, nonna.” Sussurrai, rialzandomi da dove ero seduta. Non progettavo di tornare a Los Angeles tanto presto, quindi dovevo salutare anche lei. “Addio.” Aggiunsi, toccando il marmo freddo per l’ultima volta e dirigendomi verso il cancello dove mi aspettava il taxista.
“All’aeroporto LAX, per favore.” Dissi quando risalii sulla vettura, chiudendo la portiera dietro di me.
 
Quando arrivai al gate degli arrivi sperai di trovare Tommy ad aspettarmi, perché prima di partire gli avevo mandato un messaggio per chiedergli di nuovo scusa e gli avevo detto che stavo per imbarcarmi su un aereo per Londra. Invece trovai Sarah con un sorriso e un sacchetto, che mi porse appena mi vide.
“Kat!” Esclamò. Abbandonai la valigia e l’abbracciai stretta. Mi era mancata mentre ero a Los Angeles ed ero sicura che le sarebbe piaciuta tantissimo. Magari un giorno l’avrei portata con me in vacanza e le avrei fatto vedere tutte le cose belle. “Questo è per te.” Disse poi, indicando il sacchetto che mi aveva portato.
“Cos’è?” Domandai, incuriosita.
“So che hai smesso di bere caffeina e so anche che sarai stanca per il volo, il fuso orario e tutto. Ho letto che le mele sono più efficaci della caffeina per cercare di rimanere svegli, così te ne ho portate un paio.” Rispose.
La abbracciai di nuovo prima di seguirla alla stazione dei treni espressi per il centro della città.
“Com’è andata?” Mi chiese dopo qualche minuto. Non avevo dormito molto sull’aereo, principalmente perché stavo pensando a quello che era successo con Tommy. Ero piuttosto stanca e per me era notte fonda, ma ero così grata che Sarah fosse con me che cercai di rimanere sveglia. Mangiai una delle due mele che mi aveva portato la ragazza, sperando che quello che aveva letto fosse vero.
“Bene e male.” Risposi. “Bene perché sono riuscita a dire addio a Derek e a mia nonna – sono andata a trovare anche lei mentre ero a Los Angeles.” Aggiunsi, pensando alle foto che avevo portato con me a Londra. Quelle che avevo lasciato alla villa di Beverly Hills la prima volta che avevo fatto i bagagli perché guardarle faceva male.
“E male perché?”
“Ho litigato con Tommy.” Dissi e abbassai lo sguardo. “Cioè, non abbiamo proprio litigato. Kyle si è presentato a casa mia, dicendomi che non riusciva a smettere di pensare a me e tutte queste cose e mi ha baciata. Tommy l’ha visto e se n’è andato.”
“Mi dispiace, Kat.” Replicò Sarah.
“Spero di riuscire a risolvere tutto. Stava andando tutto così bene…”
“Ehi, tu e Tommy avete superato tantissimo insieme. Sono sicura che riuscirete a risolvere anche questa.”
Annuii senza rispondere e appoggiai la testa al finestrino del treno. Poi decisi di raccontarle tutto quello che era successo in California. Sarah mi ascoltò attentamente fino alla fine del racconto, lasciandomi parlare a ruota libera. Quando terminai sapevo che eravamo vicini alla stazione di Paddington, dove avremmo dovuto prendere la metro. In un certo senso mi sentivo bene a Londra. Anche se avevo vissuto a Los Angeles per quasi vent’anni, tornare in Inghilterra mi faceva sentire come se stessi tornando a casa.
 
“Kat, com’è andata a LA?” Mi chiese Samantha il giorno successivo, quando mi presentai al lavoro. Da quando avevo detto tutto a Sarah avevo imparato ad essere più onesta sulla mia vita e avevo raccontato al mio capo una versione corta di tutta la storia per spiegarle il motivo per cui dovevo andare a Los Angeles. Fortunatamente Sam era una persona fantastica, aveva capito e mi aveva lasciata andare senza licenziarmi.
“Abbastanza bene, grazie.” Risposi. La porta del magazzino era aperta e notai che c’erano tantissimi scatoloni. “Cosa sono?” Domandai poi.
“Oh, spero che tu ti sia riposata bene, perché domani cominciano i saldi estivi! Anzi, dovevo parlarti proprio di questo.” Replicò, cominciando a camminare verso il suo ufficio. La seguii e notai che anche quella stanza era piena di scatoloni. “Domani mattina dovresti venire qui alle sette meno un quarto. Apriamo alle dieci e abbiamo tre ore per sistemare tutto.”
“D’accordo, nessun problema.” Dissi. Non ero mai stata nei negozi durante i saldi ma sapevo che la gente impazziva.
“Vedrai che alla fine della giornata ti sembrerà di aver corso una maratona. Anche perché faremo il settanta percento su tutte le vecchie collezioni.” Replicò Samantha. “Quindi ti consiglio di farti una bella dormita quando torni a casa dopo il turno di oggi!” Esclamò.
“Perfetto.” Dissi. In realtà dopo il lavoro speravo di riuscire ad andare a casa di Tommy per parlargli di quello che era successo.
“Ti ha detto dei saldi?” Mi domandò Sarah quando uscii dall’ufficio di Sam.
“Sì.” Annuii e mi guardai intorno. Ecco perché c’era così poca nuova merce in quel momento. “Tu hai mai lavorato in quel periodo?”
“Oh, sì. Saldi invernali, estivi, di mezza stagione… li ho fatti tutti e sono sempre un incubo!” Esclamò la ragazza. “Alla fine della giornata sembra sempre che un tornado abbia distrutto il negozio, vestiti e appendiabiti ovunque... non ne hai idea, davvero.” Aggiunse.
“Wow.” Commentai. Sì, avrei avuto bisogno di dormire per almeno otto ore per essere preparata a quello che mi aspettava il giorno successivo, sperando che il jet lag avesse finalmente deciso di lasciarmi in pace.
 
“Vai da Tommy?” Mi chiese Sarah alla fine della giornata. Avevamo avuto tanti clienti, ma quasi nessuno aveva comprato. Erano tutti concentrati sulle vecchie collezioni, probabilmente per cercare prima i capi più belli, controllare i prezzi o nasconderli dietro a qualcos’altro per trovarli subito il mattino successivo.
“Sì.” Dissi. Presi la mia borsa dallo spogliatoio e la misi a tracolla. “Tu vai a casa?”
“Sì, devo assolutamente andare a dormire presto perché domani mattina devo svegliarmi a un’ora infame per essere qui alle sette meno un quarto.” Rispose.
“Ma figurati.” Dissi. “Dormi da me, così domani mattina sei già praticamente in negozio.” Aggiunsi.
“Sul serio? Grazie, Kat! Mi salvi da una levataccia!”
Sorrisi alla mia amica e frugai nella borsa per cercare le chiavi.
“Tieni, tu comincia pure ad andare e ordina quello che vuoi. I menu dei takeaway sono tutti di fianco al telefono.” Dissi, fermandomi davanti al palazzo in cui abitava Tommy. “Io mi arrangio quando torno.”
“D’accordo. Grazie davvero.”
Guardai in alto con il cuore in gola. Riuscivo a vedere la luce accesa nel suo appartamento, quindi ero sicura che fosse in casa. Sarah cominciò a camminare verso casa mia, mentre io mi avvicinai al citofono del palazzo. Premetti il pulsante di fianco al nome “Parker, T.” e attesi.
“Sì?” Rispose la voce metallica del ragazzo dopo qualche istante.
“Tommy, sono Kat.” Dissi. “Ti prego, dobbiamo parlare.”
“Non c’è niente da dire.” Replicò con freddezza. Sentii il ‘click’ che significava che Tommy aveva riposto il ricevitore del citofono e provai a suonare una seconda volta. Non ricevetti risposta, così mi avviai verso casa, dove progettavo di seppellirmi a letto e svegliarmi solo all’ora di andare al lavoro il giorno successivo.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 19
 
Sarah aveva insistito per ordinare del cibo anche per me, così terminammo la serata davanti alla TV, mangiando cibo cinese da asporto. La mia amica aveva anche deciso di farmi una sorpresa ed era uscita per comprare una vaschetta di gelato per consolarmi.
Quando mi svegliai il mattino successivo non riuscii a capire perché quella data sul calendario mi sembrasse così familiare. Ero sicura di dover fare qualcosa quel giorno, ma non sapevo cosa e quel pensiero mi stava facendo impazzire. Più ci pensavo e più non mi veniva in mente, così cercai di concentrarmi su Sarah, che sembrava uno zombie e continuava a lamentarsi dell’orario.
“E’ troppo presto!” Emise un urlo soffocato nel cuscino e si rotolò nel letto per qualche minuto prima di decidere ad alzarsi.
Guardai la sveglia digitale sul mio comodino e sospirai. Maledetti saldi estivi.
“Questo è uno di quei giorni in cui mi manca la caffeina.” Borbottai, spostando il lenzuolo e avventurandomi fuori dal letto.
Avevo bisogno di una doccia per svegliarmi, quello era sicuro.
“Sei riuscita a dormire un po’? O il jet lag ti ha fatta impazzire?” Mi chiese Sarah, stiracchiandosi e sbadigliando.
“Mi sono svegliata alle tre, ma mi sono obbligata a riaddormentarmi.” Risposi. Era proprio vero che gli sbadigli erano contagiosi.
“Al pensiero di tutta la gente che ci aspetta oggi mi viene voglia di tornare a letto e svegliarmi domani.” Mormorò Sarah, sedendosi sul bordo del letto e voltandosi verso di me.
“Forza e coraggio, prima di andare al lavoro ci fermiamo da Starbucks.” Cercai di convincerla.
“Per fortuna che apre alle sei e trenta.” Disse la ragazza. “Non vedo l’ora di buttarmi su un cornetto di sfoglia.”
“La colazione dei campioni!” Esclamai. Per quanto ci provassi, non riuscivo a sentirmi sveglia. Sbadigliai di nuovo, poi presi coraggio e mi diressi verso il bagno, dove mi buttai letteralmente sotto la doccia.
 
“Ti rendi conto che c’è già la fila fuori dal negozio?” Esclamò Seth mentre stavamo sistemando le vecchie collezioni sugli stand. Erano le sette e trenta passate da pochi minuti e fuori c’era già un gruppo abbastanza numeroso di persone.
“Assurdo.” Mormorò Sarah. “Accendi la radio, Seth, altrimenti mi addormento in uno scatolone!” Aggiunse poi. Il ragazzo rise di gusto e seguì l’ordine della mia amica.
“Avete appena ascoltato quello che secondo noi sarà il tormentone di quest’estate!” Disse lo speaker. “Tra pochissimi minuti gli Hearts on Fire saranno ospiti da noi per presentarci il loro nuovo singolo e parlarci dell’album che uscirà a settembre!”
Sarah si voltò immediatamente verso di me e pensai all’ironia di quel momento. La band di Tommy si chiamava Hearts on Fire. Cuori in fiamme. Era esattamente come mi sentivo in quel momento.
“Lascia, voglio sentirla.” Dissi. Ecco cosa mi ricordava quella data: Tommy mi aveva detto che sarebbe andato in radio con il suo gruppo per presentare il nuovo singolo e mi aveva invitata ad andare con lui.
La mia amica annuì e continuò a sistemare gli abiti sullo stand di fronte a lei, mentre io piegavo le magliette distrattamente.
La pubblicità sembrò durare ore invece che un paio di minuti e quando lo speaker annunciò che la band era arrivata negli studi cominciai a sentire il cuore che batteva più forte. Quando mi aveva invitata Tommy aveva detto che il singolo sarebbe stato una sorpresa. Sapevo solo il nome e nient’altro. Broken. Rotto, spezzato, incompleto.
“Buongiorno, buongiorno!” Sentii la voce di Tommy rimbombare in negozio. Il mio cuore fece un salto carpiato nel mio petto e sentii una stretta allo stomaco.
“Tommy Parker, Evan e Chris Wright, benvenuti! Come state?”
“Un po’ assonnati, ma bene.” Rispose Evan.
“Non ricordo l’ultima volta che mi sono svegliato così presto!” Rise Chris. Il presentatore rise per qualche istante prima di ricominciare l’intervista.
“Allora, Hearts on Fire, il vostro singolo si chiama Broken e il vostro nuovo album uscirà a settembre, giusto? Qualche anticipazione sul titolo o sul sound?” Domandò lo speaker.
“Il titolo non l’abbiamo ancora scelto, a dire la verità!” Esclamò Tommy. “Il sound invece è il classico della nostra band, ma un po’ più evoluto. Abbiamo sperimentato con nuovi strumenti, nuove atmosfere. Il nuovo singolo però è una ballata classica e non è esattamente un’anteprima di come sarà l’album.” Aggiunse.
“E noi non vediamo l’ora di sentirlo, ragazzi! Come ci si sente a sapere che questo sarà il vostro terzo disco?”
“Benissimo.” Rispose Evan. “Siamo incredibilmente grati ai nostri fan per tutto quello che hanno fatto per noi e siamo quasi increduli, a dire la verità!”
“Avete un seguito molto devoto! Alcuni dei vostri fan sono fuori dagli studi ad aspettarvi! Si sono alzati presto per essere qui per voi.” Disse lo speaker.
“Grazie.” Disse Tommy. “Tenete duro e non addormentatevi, perché tra poco potrete ascoltare la nostra nuova canzone!”
“A questo proposito, volete presentarla?” Intervenne lo speaker.
“Certo.” Rispose Evan. “Tommy? A te l’onore.”
“Siamo gli Hearts on Fire e questo è il nostro nuovo singolo, Broken.” 
Sentii le note di una chitarra acustica, seguite dal suono regolare della batteria e la voce melodiosa di Tommy cantare la prima strofa.
Il testo, come al solito, era una poesia e parlava di una ragazza rotta, spezzata, che aveva perso le speranze e si era persa.
La seconda strofa parlava di un ragazzo incompleto, che aveva sofferto e che aveva perso l’ispirazione finché non aveva conosciuto la ragazza della prima strofa. Quando partì il ritornello sentii gli occhi lucidi perché quel brano era personale. La ragazza e il ragazzo di cui parlava eravamo noi. Era troppo specifica, parlava di un incontro casuale in un bar, dell’odio iniziale di lei e di un giardino segreto, dove il ragazzo aveva capito di essere innamorato della ragazza.
“… but together we’re unbroken.” La canzone finiva con queste parole sussurrate da Tommy sopra il suono della chitarra acustica. Ma insieme siamo completi.
Era una canzone d’amore bellissima e Tommy l’aveva scritta per me. Non mi resi conto di essermi bloccata in mezzo al negozio finché non sentii la mano di Seth sulla mia spalla e mi ricordai di essere al lavoro. Asciugai velocemente gli occhi con il dorso della mano e ricominciai a sistemare i vestiti che avremmo venduto in pochissime ore.
“Va tutto bene?” Mi domandò il ragazzo. Annuii, anche se in realtà no, non andava tutto bene. Avrei voluto uscire da quel negozio e correre agli studi per abbracciare Tommy e spiegargli che si trattava solo di un malinteso, che Kyle aveva baciato me ed io ero solo troppo sorpresa per reagire, che per me non significava nulla. Ma purtroppo ero bloccata al lavoro e tanto quelle cose succedevano solo nei film romantici. Nella vita reale, probabilmente, avrei trovato talmente tanto traffico da arrivare dopo due ore, oppure una volta arrivata agli studi non avrebbe voluto ascoltare quello che avevo da dire.
“Wow, è una canzone bellissima! E’ stata ispirata da qualche evento particolare?” Domandò lo speaker. Dopo qualche secondo di silenzio, Tommy si decise a rispondere.
“No.”
Era un no secco, freddo. Lo speaker balbettò qualcosa, imbarazzato perché sicuramente aveva preparato della altre domande sull’argomento.
“Quindi questa bellissima storia d’amore che descrivi nel tuo testo non è reale?” Chiese l’uomo.
“No, è tutta una menzogna.” Rispose di nuovo Tommy con la stessa freddezza di prima. Sentii un brusio, qualcuno che diceva qualcosa di poco chiaro. “Insomma, i testi sono come storie, spesso si basano su esperienze personali, ma capita anche che siano completamente inventate, giusto?” Aggiunse il ragazzo.
“Giusto!” Esclamò lo speaker. “Tommy, Evan, Chris, è stato un piacere avervi con noi. Speriamo che tornerete per presentare il vostro nuovo album, quando uscirà a settembre! Nel frattempo non dimenticatevi che potete acquistare Broken e che oggi sarà in rotazione sulla nostra radio per tutto il giorno, allo scoccare di ogni ora!”
“Grazie per averci invitati.” Disse Tommy.
“E’ stato un piacere!” Esclamò Chris.
“A presto!” Aggiunse Evan.
Partirono le note di una canzone pop uscita qualche mese prima ed io mi sentii vuota. Broken, proprio come la canzone che aveva scritto Tommy. Ero rotta, spezzata, incompleta. Mi sforzai per non piangere di nuovo e invece mi concentrai sul lavoro che c’era da fare al negozio. Con quell’intervista avevo capito che Tommy non voleva avere più niente a che fare con me. Era stato particolarmente chiaro quando aveva persino negato tutta la nostra storia.
“Kat…” Mormorò Seth, avvicinandosi. Sarah, che era dall’altra parte del negozio, mi stava guardando, ma non sembrava avere la minima intenzione di venire da me. Sembrava arrabbiata.
“Starò bene.” Dissi velocemente. La verità era che non sapevo se lo sarei stata davvero, ma ci avrei provato. Non avrei lasciato che le emozioni negative annebbiassero la mia mente. Non questa volta.
 
I saldi estivi funzionarono bene come distrazione. Durante tutta la giornata ero troppo impegnata a seguire mille clienti in giro per il negozio, dare informazioni e raccogliere tutto quello che avevano fatto cadere per pensare a qualsiasi altra cosa. Quando arrivavo a casa, la sera, ero così stanca che l’unica cosa che volevo fare era buttarmi a letto e mi addormentavo dopo cinque minuti. Ero quasi arrivata a sperare che durassero per tutto il resto dell’anno, ma purtroppo erano solo le prime settimane quelle così intense, così quando la situazione si calmò dovetti ricominciare a pensare a tutto quello che era successo.
“Ho bisogno di almeno due mesi di vacanza!” Esclamò Sarah una sera.
“A chi lo dici!” Esclamai.
Aveva cominciato a dormire a casa mia sempre più spesso, perché i quaranta minuti di viaggio la rendevano ancora più stanca, così la invitavo a restare. Mi faceva anche molto piacere, perché così chiacchieravamo del più e del meno e mi distraeva. Nonostante tutto, però, i nostri discorsi sembravano vaghi e non andavano mai sul personale. Sarah sembrava più fredda con me e non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
Avevo rinunciato del tutto a tornare a casa di Tommy per spiegargli quello che era successo, perché sapevo che era partito per un tour promozionale in Europa con la band e sarebbe tornato solo dopo qualche settimana. Avevo provato a chiamarlo qualche volta, ma non aveva mai risposto, così avevo smesso. Magari un giorno sarei riuscita a parlargli, ma sicuramente non sarebbe successo in quel periodo.
 
“Ti vedo particolarmente inquieta, Kat.” Disse Megan il giorno successivo al parco. Era il mio giorno libero dal lavoro e avevo chiesto alla ragazza di incontrarci. “A cosa stai pensando?”
“Cominciamo subito con le domande difficili?” Provai a scherzare. “Ormai mi conosci troppo.”
Megan sorrise e annuì.
“Sono molto felice di come tu sia riuscita ad aprirti completamente con me.” Disse.
“E’ merito tuo, mi hai reso il compito facile perché sei una persona fantastica.” Risposi. La piccola Juliet allungò le braccia verso di me e la feci sedere sulle mie gambe. “Questa piccola paperetta, poi, ha aiutato tantissimo.”  
“Non cambiare argomento.” Replicò Megan con il solito sorriso amichevole.
“D’accordo, mi hai beccata. Stavo pensando di andarmene.”
“Perché?”
“Questa situazione con Tommy… non lo so, magari posso tornare in America. O trasferirmi in Francia o visitare il mondo per qualche mese, anno, e poi trovare un posto fisso in cui vivere.”
“So che non vuoi visitare il mondo per curiosità, ma per scappare, Kat. Sai che non puoi continuare a farlo. Stai andando davvero bene, l’unica cosa che devi imparare a fare è affrontare i problemi.”
“E’ difficile.” Mormorai, giocando con il colletto del vestitino di Juliet. La bimba sorrideva felice e salutava tutti i passanti.
Rimasi in silenzio per qualche minuto, osservando l’acqua calma del laghetto artificiale dei Kensington Gardens e riflettendo sulle mie opzioni. Megan aveva ragione, avevo solo voglia di scappare perché non mi piaceva quello che stava succedendo con Tommy e avevo paura di non riuscire ad affrontare il problema o, addirittura, a superarlo. E avevo paura di quello che avrebbe potuto rispondere Sarah se le avessi chiesto se c’era qualcosa che non andava. Poi pensai ai miei sogni, al college che avevo visto su Internet e a cui avrei voluto iscrivermi per studiare regia. Londra era la città giusta per me e lo sapevo. “Il fatto è che ho paura.” Aggiunsi dopo un po’. Megan si voltò verso di me e mi prese una mano.
“La paura è proprio quello che ti fa capire che stai facendo la cosa giusta. Lo sai anche tu, la via più semplice non è quasi mai la migliore.” Disse saggiamente. “Sappi che io ci sarò sempre per te.”
“Grazie, Meg.” Risposi e sentii subito gli occhi lucidi. A Los Angeles avevo perso tutti gli amici per colpa dello stile di vita che avevo adottato e mi sentivo costantemente sola. “Io sono un po’ un disastro, ma ti aiuto volentieri anch’io a fare qualsiasi cosa, se vuoi.”
“Allora fammi un favore: cerca di stare bene con te stessa e non scappare più.”
“Te lo prometto.”
Forse il college che avevo visto su Internet non sarebbe rimasto un sogno, alla fine.
 
“Sarah, possiamo parlare un secondo?” Domandai quando tornai a casa quella sera. La ragazza mi guardò, sempre con l’espressione fredda che aveva cominciato a rivolgermi da qualche giorno, e annuì. “C’è… c’è qualcosa che non va?”
“No.” Mentì lei.
“Da qualche giorno sei strana, ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?” Domandai di nuovo, ignorando la sua prima risposta.
Lei scosse la testa, poi annuì.
“Mi trovo in una situazione difficile, Kat. Non so più cosa pensare.”
“Cos’è successo?” Chiesi. Forse aveva problemi con il suo ragazzo e non voleva dirmelo perché stavo soffrendo per quello che era successo con Tommy.
“E’ tutta questa situazione. Ho parlato con Evan e mi ha detto che Tommy è fuori di sé, è infuriato e intrattabile perché l’hai tradito. E dice di non averlo mai visto così. Quindi… quindi non capisco. E’ successo davvero quello che mi hai detto? Perché mi hai già mentito in passato.” Disse velocemente.
La guardai per qualche istante, sconvolta.
“Sarah… non ti ho mentito, ti ho detto la verità.”
“Non lo so, è che in passato mi hai tenuta nascosta una parte della tua vita importante e sono andata in paranoia.” Spiegò. “E, onestamente, adesso che ti ho detto tutto mi sento una cretina anche solo per aver pensato a una cosa del genere.” Aggiunse.
“E’ comprensibile, non sono stata esattamente l’amica perfetta da quando ci siamo conosciute.” Mormorai, abbassando lo sguardo. “E ti giuro che ti ho detto tutto quello che è successo. Kyle mi ha baciata, Tommy ci ha visti e ha deciso di tornare a Londra. Io non… non ho baciato io Kyle, anche perché sono innamorata di Tommy.” Spiegai. Il suono di quelle parole mi sorprese. Avevo ammesso di essere innamorata di Tommy, ma era troppo tardi. Lui non voleva nemmeno parlarmi e non sapevo come risolvere quella situazione.
Sarah scosse di nuovo la testa e cercai di non sentirmi ferita dalle sue risposte. Sapevo che aveva il diritto di non fidarsi al cento percento di me, ma quello che mi aveva detto mi aveva fatto male, non potevo negarlo.
“Ti chiedo scusa, Kat. Non so nemmeno io cosa mi sia preso.” Aggiunse la mia amica. “Vedrai che risolverai tutto con Tommy.” Mormorò dopo qualche secondo. Evitò il mio sguardo, forse perché si sentiva in colpa per quello che mi aveva detto. O forse perché non si fidava più di me, non ne avevo idea.
 
Passarono alcuni giorni e le cose tornarono come prima tra Sarah e me.
Il lavoro ci teneva occupate e la sera tornavamo nel mio appartamento, mangiavamo, guardavamo un film e ci addormentavamo entrambe dopo pochi minuti. Eravamo esauste, ma avevamo ricominciato a parlare di tutto e lei era tornata a comportarsi in modo naturale con me.
“Ehi, Sar, stavo pensando a una cosa.” Dissi. Avevo avuto quell’idea prima di partire per Los Angeles, ma non avevo ancora trovato il momento giusto per proporla a Sarah. E quello mi sembrava il momento perfetto.
“Se si tratta di andare al parco, affittare delle sdraio e stare al sole per il resto del mese, ci sto.” Replicò la ragazza con una risata.
“Non proprio!” Dissi. “Stavo pensando che questa casa è grande. Tu vivi lontanissima dal lavoro e mi fa piacere quando rimani da me. Inoltre ho una stanza degli ospiti completamente inutilizzata e, insomma, che ne dici di trasferirti qui?”
Sarah mi guardò con gli occhi sgranati per qualche secondo. Sembrava che stesse per cominciare a saltellare, ma poi si bloccò.
“Ma la padrona di casa vuole che si trasferisca qualcun altro? Oltre al fatto che l’affitto sarà altissimo e non penso di potermi permettere di pagarne la metà.” Disse.
“Stai guardando la nuova padrona di casa in questo momento.” Replicai con un sorriso. “Ho chiamato la signora Gardner e le ho detto che ero interessata a comprarla.”
“Seriamente?”
“Sì! Ho deciso che rimarrò a Londra per un bel pezzo e questa casa mi piace tantissimo, quindi adesso è mia. Cioè, lo sarà tra qualche settimana. Ci sono documenti da firmare e cose varie, ma sì, potrò fare quello che voglio.”
“Wow!” Esclamò Sarah. “Però non posso comunque permettermi di pagarne la metà.”
“Nessun problema. Potrai pagare la stessa cifra che paghi adesso per casa tua. Sarebbe come se tu affittassi una stanza, in teoria.”
“Non so cosa dire.” Disse la mia amica.
“Dimmi di sì.” Risposi con un sorriso. “Ami questa casa, saresti vicina al lavoro e hai passato qui talmente tante notti che ormai so come sarebbe vivere con te. Sei ordinata e non fai casino, adoro la tua compagnia e… potrei avere bisogno di supporto morale quando ricomincerò a studiare.” Dissi.
“Aspetta, cosa?” Mi chiese improvvisamente la mia amica. Mi alzai dal tappeto su cui ero seduta, andai a prendere delle carte dal mobile all’ingresso e gliele mostrai. “Ti sei iscritta al college?”
“Comincio in autunno.” Dissi, annuendo.
“Kat, sono così fiera di te, non ne hai idea! E sì, vengo a vivere in questo paradiso più che volentieri, grazie! Grazie, grazie, grazie!” Esclamò, alzandosi in piedi e cominciando a saltellare. Per un momento mi sentii di nuovo giovane, come se avessi vent’anni, la mia età. Sarah era una delle uniche persone che mi faceva quell’effetto e l’altra… l’altra era Tommy. Quando ero con lui non sentivo il peso di tutto quello che mi era successo nella vita. Era come se fossi una ragazzina appena uscita dall’adolescenza che aveva una cotta incredibile per un ragazzo fantastico che aveva conosciuto in un locale e che la portava ad appuntamenti normali allo zoo. Cercai di smettere di pensare a quanto mi mancasse e di concentrarmi sulla mia amica, che era al settimo cielo.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 20
 
Durante i giorni successivi aiutai Sarah a trasferire le sue cose nell’appartamento, incontrai la signora Gardner per firmare tutte le carte del caso e cominciai a sentirmi abbastanza bene, nonostante continuassi a pensare a Tommy, alla sua reazione quando aveva visto Kyle che mi baciava, alle parole che aveva detto all’intervista in radio. Era difficile non sentire Broken mentre ero al lavoro, perché la trasmettevano spessissimo e ogni volta mi sentivo peggio. Dovevo riuscire a parlargli, dovevo spiegargli quello che era successo. Non importava se decideva di perdonarmi o no, ma sentivo il bisogno di chiarire quella situazione.
“Sar, Evan è tornato?” Domandai dopo un viaggio ad un negozio di mobili. La ragazza stava sistemando la sua nuova camera – interrompendosi ogni tre minuti circa per cominciare a saltellare e a urlare che quella stanza era più grande di tutto il suo vecchio appartamento – e canticchiava una canzone pop piuttosto conosciuta.
“No, so che è in Germania oggi. Dovrebbe tornare domani.” Replicò. Sospirai e mi appoggiai allo stipite della porta. “Non sei ancora riuscita a parlare con Tommy?”
“No, non risponde alle chiamate o ai messaggi.” Per qualche minuto pensai a come mi ero sentita quando avevo scoperto che Derek non era mai stato fedele. Avevo cominciato ad ignorarlo, perché il solo pensiero di affrontarlo faccia a faccia mi faceva sentire a pezzi. Riuscivo a capire il comportamento di Tommy, ma la cosa frustrante era che non l’avevo tradito davvero. Non avevo baciato io Kyle e non mi sarei mai nemmeno sognata di farlo.
“Sono sicura che prima o poi tornerà in sé e ti ascolterà.” Disse Sarah.
“Lo spero davvero. Vado a fare una passeggiata al parco, prima di tornare compro qualcosa da mangiare, okay?”
“Volentieri.”
“Hai qualche richiesta particolare? Altrimenti pensavo di fermarmi al ristorante messicano a prendere qualche burrito.”
“Hai detto la parola magica.” Disse Sarah, leccandosi le labbra e chiudendo gli occhi.
“Vada per i burrito.” Risposi ridendo. Prima di uscire mi ricordai di prendere l’ombrello, perché quel giorno pioveva a dirotto.
 
Mi era sempre piaciuta la pioggia. A Los Angeles era piuttosto rara e quando succedeva era un evento. Le persone andavano in panico e improvvisamente si dimenticavano come si faceva a guidare e si formavano code di traffico ancora più lunghe del solito. A Londra, invece, tutti erano così abituati che la città non subiva il minimo cambiamento. Adoravo camminare da sola nel parco quando pioveva, era rilassante. Mi piaceva soprattutto arrivare al laghetto e fermarmi a guardare le gocce di pioggia infrangersi sulla superficie dell’acqua.
C’erano poche persone quel giorno, soprattutto bambini che stavano indossando mantelli di plastica e avevano sfidato la pioggia per andare a dar da mangiare ai cigni. Un ragazzo seduto su una delle panchine attirò il mio sguardo. Tommy? No, non poteva essere. Sarah aveva detto che era in Germania quel giorno. Ormai lo vedevo ovunque. Mi avvicinai senza farmi notare e capii che non si trattava di lui, ma di un ragazzo che gli assomigliava vagamente. Sospirai e tornai a fissare la pioggia sul laghetto.
 
Quella sera invitai a cena anche Megan e decidemmo di passare una serata tra ragazze. John, suo marito, le aveva detto di non preoccuparsi e di uscire perché avrebbe pensato lui alla bambina.
“Di solito il sabato sera tengo io Juliet e lui va al pub con i suoi amici.” Disse. Invece di ordinare cibo già pronto eravamo andate a fare la spesa e avevamo cucinato i burrito tutte insieme. Era stato divertente, soprattutto perché Sarah non aveva la minima idea di come fare quasi nulla.
“Invece questo sabato è tutto tuo.” Replicò la mia amica, mentre ripuliva il disastro che aveva combinato. Aveva rovesciato un intero bicchiere d’acqua sul tavolo mentre cercava di servire la salsa piccante e il guacamole da mangiare con le patatine.
“E’ da tantissimo che non esco da sola!” Esclamò Megan ridendo. “Sai, essendo così piccola non me la sentivo di lasciarla sola. Una bimba ha sempre bisogno della sua mamma.”
“Tu non preoccuparti, vedrai che andrà tutto bene.” Cercai di rassicurarla. “A proposito, visto che da questo autunno comincerò il college e non lavorerò più al negozio, se avrai bisogno di una babysitter… avrò più tempo libero. Quindi se un giorno vuoi che la porto al parco e ti rilassi per mezz’ora lo faccio volentieri.” Dissi.
“Tu sei un angelo!” Esclamò Megan e scoppiammo tutte a ridere. “Credo che ti prenderò sulla parola.”
“Con tutto quello che hai fatto per me…” Replicai.
“Sai che ti aiuto volentieri.”
“E non abbiamo ancora finito di aiutarti.” Intervenne Sarah. “Dobbiamo risolvere la situazione con Tommy, perché domani torna.”
“E io non ho la minima idea di cosa fare, visto che continua a ignorarmi.”
“Ho io un consiglio!” Disse improvvisamente Megan. “Hai provato di tutto, no? Andare a casa sua, chiamarlo, inviargli messaggi?”
“Sì.” Dissi, annuendo.
“Bene, allora scrivigli una lettera e lasciala nella sua cassetta della posta. Deciderà lui se leggerla o no e se lo farà… aspetta che sia lui a venire da te. Tu hai fatto tutto quello che potevi, non puoi continuare a tormentarti.”
“Ehi, è una buona idea.” Commentò Sarah. “Ed io posso parlare con Evan per dirgli di cercare di convincere Tommy a leggerla.”
“D’accordo.” Dissi. Avrei provato a scrivergli, tanto non avrei avuto nulla da perdere.
 
Quando Megan ci salutò per tornare a casa, Sarah ed io rimanemmo in salotto a guardare un po’ di TV e a chiacchierare, anche se in realtà io stavo continuando a pensare alle parole che avrei potuto scrivere per Tommy. Non ero una poetessa e non ero mai nemmeno stata tanto brava con i discorsi, quindi ero nervosa. Quando anche Sarah si congedò sbadigliando perché stava morendo di sonno, mi chiusi in camera mia e provai a scrivere. Continuavo a bloccarmi alle prime frasi e accartocciai parecchi fogli prima di trovare l’inizio giusto. Mi convinsi che tanto non l’avrebbe mai letta, quindi avrei potuto essere il più onesta possibile e scrissi quello che veniva direttamente dal mio cuore.
 
“Tommy,

              ti scrivo questa lettera perché è l’unico modo che ho per farti sapere com’è andata quel giorno. Mi ricordo la tua espressione ferita quando mi hai raccontato quello che è successo con Valerie e ricordo perfettamente di aver pensato che non ti avrei mai fatto nulla del genere. E ti assicuro che non ho mai fatto niente di così orribile. Quel giorno Kyle è venuto a casa mia perché voleva confessarmi di avere ancora una cotta per me. Voleva che scappassimo insieme, perché ha detto di non riuscire a smettere di pensare a me. Io non sono mai riuscita a rispondergli quello che avrei voluto, perché mi ha baciata e mi ha presa alla sprovvista. Non sono riuscita a muovermi e a reagire come avrei voluto e quando si è allontanato e ti ho visto è stato come se il mondo si fosse fermato per qualche istante.
Quello che avrei voluto dirgli, Tommy, è che io non avrei mai potuto scappare con lui, perché provo dei sentimenti per te. So di non avertelo mai detto, perché ero spaventata dall’intensità di quello che sento, ma è così.
Sono cresciuta troppo in fretta. Ho cominciato a prendermi cura di mia nonna da piccola, addossandomi responsabilità forse troppo grandi per me. A sedici anni, poi, ho conosciuto Derek, che mi ha catapultata in un mondo adulto, e non ho mai vissuto la mia adolescenza. Con te mi sento una ragazza della mia età ed è una cosa che non mi capita spesso. Anzi.
Quello che voglio dirti con questa lettera è che mi dispiace. Mi dispiace tantissimo se hai pensato che possa averti tradito, perché non lo farei mai. Perché so cosa si prova e so come ti sei sentito quando ti è successo. Ti rispetto troppo per fare una cosa del genere. Mi dispiace se quello che hai visto ti ha ferito, non ho avuto controllo sulla situazione anche se avrei dovuto. Avrei voluto spingerlo via e tirargli uno schiaffo, ma sono rimasta immobile.
Spero che tu decida di leggere questa lettera, anche se so che sei furioso con me. L’ho capito soprattutto dalla risposta che hai dato in radio quando lo speaker ti ha chiesto se Broken era ispirata ad eventi reali.
A proposito, credo che sia la canzone d’amore più bella che sia mai stata scritta.
Ho deciso di rimanere a Londra, anche se l’istinto mi diceva di scappare il più lontano possibile e rifugiarmi in qualche posto dove non mi conosce nessuno. Se deciderai di leggere questa lettera e di chiamarmi… sarò lì.
Mi manchi, Tommy. Mi manchi tantissimo.

 
                                                                                        Con amore,
                                                                                                  Kat

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 21
 
Con il passare dei giorni e delle settimane cominciai a rendermi conto che Tommy non mi avrebbe mai chiamata e cercai di mettere il cuore in pace. Arrivò il momento di smettere di lavorare al negozio di vestiti per cominciare il college e i miei colleghi organizzarono una piccola festa in mio onore a cui partecipò anche Megan.
Avevo scoperto da Sarah che Broken aveva avuto così successo anche oltreoceano che la band di Tommy ed Evan era andata a fare un tour promozionale anche in America. Mancava pochissimo all’uscita del terzo album degli Hearts on Fire in Inghilterra e sapevo che sarebbe stato impossibile ascoltare la radio in quel periodo. Li avrebbero invitati in tutte le trasmissioni, avrebbero fatto interviste su interviste e non mi andava di ripetere l’esperienza del giorno di uscita del singolo, quando Tommy aveva detto a tutto il mondo che la canzone che descriveva alla perfezione la nostra storia era completamente inventata e mi aveva spezzato il cuore.
 
Il giorno in cui cominciai il college mi sentii un po’ spaesata, perché non conoscevo nessuno e perché quasi tutti gli studenti avevano due anni in meno di me. Avevo paura che mi avrebbero presa in giro perché ero più grande, ma l’età sembrava non interessare a nessuno. Le lezioni che seguivo erano interessanti e stimolanti e non vedevo l’ora di tornare a casa per studiare o per provare nuove tecniche di regia. Non mi era mai capitato di essere così interessata alla scuola, ma quello era il mio sogno. Amavo quell’argomento e sognavo fin da piccola di essere dietro alla telecamera di un film.
Avevo un piccolo gruppo di lavoro in uno dei laboratori e ci trovavamo benissimo perché avevamo le stesse idee e quando non eravamo d’accordo nessuno cercava di far cambiare idea all’altro, ma cercavamo più che altro un compromesso.
“Io direi che per questo compito dovremmo creare qualcosa di esteticamente bello, ma che abbia un significato profondo.” Suggerì Alexis, una delle mie compagne di gruppo.
“A me piacerebbe fare qualcosa con i fiori.” Intervenne Bryden. “Tu cosa ne dici, Kat?”
“Dico che i fiori sono esteticamente belli e potremmo filmare anche delle farfalle.” Proposi.
“Mi piace l’idea!” Commentò Alexis. “Ma quale potrebbe essere il significato profondo di tutto ciò?”
“Le farfalle hanno una vita brevissima, i loro pochi mesi di vita sono compensati dalla loro bellezza. Simboleggiano la libertà.” Rispose Bryden.
“So che in Scozia e in Irlanda le vedono come una possibilità per le anime di andare in paradiso.” Aggiunsi.
“Sono anche simbolo di resurrezione, libertà ed equilibrio per i nativi indiani.” Disse Alexis.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, riflettendo su cosa avremmo potuto fare. Bryden cominciò ad osservare un libro di farfalle, mentre Alexis ed io leggevamo articoli su Internet per cercare ispirazione.
“C’è una leggenda di una tribù!” Esclamò improvvisamente Bryden, facendoci saltare tutti dallo spavento. Eravamo in biblioteca e qualche ragazzo di fiancò a noi ci intimò di fare silenzio. “Scusate.” Mormorò.
“Che leggenda?” Domandai, incuriosita e prendendo il libro che stava leggendo il mio amico.
“Se catturi una farfalla e le sussurri un desiderio, puoi realizzarlo!” Spiegò Bryden. Era esaltato dall’idea e aveva cominciato a gesticolare. “Secondo questa tribù una farfalla non può parlare, quindi se le dici il tuo desiderio non potrà mai dirlo a nessuno tranne al Grande Spirito, che vede e sente tutto. Ridando la libertà a questa farfalla, il Grande Spirito realizzerà il desiderio della persona in segno di gratitudine!” Aggiunse.
“Wow.” Commentai.
“E’ una leggenda bellissima.” Aggiunse Alexis.
“Piace a tutte?”
“Tantissimo.” Concordammo io e l’altra ragazza.
“Allora dobbiamo trovare il modo per realizzare questo cortometraggio adesso.” Disse Bryden.
“Possiamo andare ai giardini botanici per trovare tante farfalle.” Propose Alexis.
“E’ tutto perfetto!” Esclamai. Quel corso era in assoluto il mio preferito perché non era solo teoria e non vedevo l’ora di mettere in pratica tutto quello che avevo imparato. La leggenda della farfalla, poi, mi piaceva tantissimo. Avevo già così tante idee su come rappresentarla!
 
Sarah trovò che l’idea fosse molto bella quando gliela raccontai a cena quella sera e mi chiese se poteva venire con noi quando saremmo andati ai giardini botanici per filmare. Aveva sempre amato le farfalle. Anzi, la sua era una vera e propria passione: sapeva tutto sull’argomento anche se non aveva mai avuto l’occasione di vederne tante insieme dal vivo.
“Possiamo andare allo zoo!” Proposi. “So che hanno una zona dedicata alle farfalle e ci servirà una scena in cui la nostra volerà in un gruppo numeroso. Possiamo girarla lì.” Dissi.
“Oddio, non vedo l’ora! Tu e i tuoi compagni avete sempre le idee migliori, sono sicura che prenderete un ottimo voto per questo esame.”
“Lo spero.”
“Ehi, perché non esprimi davvero un desiderio quando girate il cortometraggio?”
Alexis e Bryden avevano insistito perché fossi anche l’attrice del filmato perché loro erano timidi e non volevano apparire davanti alla telecamera. Preferivano stare dietro. Così mi ero ritrovata incastrata in quella situazione, anche se non mi dispiaceva per niente.
“Sì, credo che lo farò.” Risposi. In effetti non avevo nulla da perdere no? E quante erano le possibilità che quel desiderio si realizzasse? Meno di zero, pensai.
 
Ormai era tutto pronto. Avevamo la storyboard, le battute, e le idee per le scene da riprendere. Presentai Sarah ad Alexis e Bryden e andammo ai Kew Gardens, i giardini botanici di Londra, in metro.
Il quartiere era bellissimo e intorno a noi c’erano tantissime ville stupende.
“Ehi, guarda!” Esclamai, guardando un cartello su un palo. “Se il tuo cane fa i bisogni qui per strada e non la raccogli sono mille sterline di multa!”
“A Oxford Street, che è la via principale di Londra, te ne danno tipo cinquanta o cento!” Esclamò Alexis con un’espressione scioccata.
“Si vede che qui abitano i ricconi!” Esclamò Bryden, ridendo. E sì, a giudicare dalle auto parcheggiate nei cortili delle ville, in quel quartiere abitavano persone decisamente benestanti.
Era una sensazione strana essere in giro con loro, perché anche se non ci conoscevamo da tantissimo li consideravo amici e mi trovavo in una situazione normale per una persona della mia età. Quando avevo cominciato a uscire con le mie compagne di classe a Beverly Hills andavamo solo nei locali di sera e non ci vedevamo mai durante il giorno. Anche con Derek la mia vita era piuttosto notturna. Di giorno preferivamo dormire.
 
Una volta acquistati i biglietti del giardino botanico scegliemmo una parte piuttosto piena di fiori per le nostre riprese. Concentrammo la prima sul tappeto di lillà bianchi. Per la seconda avrei dovuto abbassarmi di fianco ai fiori per fiutarli e cercare una farfalla. Non fu un’impresa facile, perché quel giorno sembrava che non ce ne fosse nemmeno una. Ne trovammo una morta per terra, ma non ci sembrò il caso.
“Eccola!” Esclamai improvvisamente. Bryden puntò la telecamera sull’insetto e aumentò lo zoom.
“Ma ha un’ala rotta, poverina!” Disse Alexis, avvicinandosi.
“Possiamo aggiustarla.” Propose Sarah. Ci voltammo tutte a guardarla e sorrise. “Sapevo che un giorno la mia ossessione sarebbe diventata utile.” Mormorò e si avvicinò all’insetto per controllare il danno. “La simmetria delle ali è fondamentale perché riesca a volare e questa ha perso gran parte dell’ala inferiore.” Constatò la mia amica dopo aver girato intorno alla farfalla. “Possiamo comunque salvarla.”
“Sarah, vuoi essere nel nostro cortometraggio?” Domandai. “Ragazzi, ho avuto un’idea!”
“Okay, spiega.” Mi incitò Bryden.
“E se due amiche con la passione delle farfalle cominciassero a parlare della leggenda e decidessero di vedere se funziona?” Chiesi. “Così vanno alla ricerca degli insetti e ne trovano una con l’ala spezzata. L’accudiscono e la guariscono e, prima di liberarla, sussurrano i propri desideri. Il Grande Spirito sarà così grato per averla curata che esaudirà entrambi i desideri delle ragazze.” Proposi.
“E’ un’idea geniale, Kat!” Esclamò Bryden. “Adesso pensiamo a girare la parte delle farfalle, tutto il resto lo faremo dopo.”
Ci voltammo tutti di nuovo verso Sarah, che sembrò riflettere per qualche secondo e poi annuì.
“Okay, sarò nel vostro cortometraggio. Adesso spostatevi, perché abbiamo una farfalla da salvare.” Disse ed estrasse l’occorrente che avevamo portato per catturare la farfalla. Non eravamo sicuri di poterne rapire una dai giardini botanici, ma lo stavamo facendo per una buona causa. L’avremmo salvata e liberata allo zoo insieme alle altre. Senza farci vedere, mentre Bryden e Alexis riprendevano, Sarah ed io catturammo l’insetto recitando le battute che avevamo improvvisato due minuti prima.
“Devo prendere anche questa.” Disse la mia amica, raccogliendo la farfalla morta. “Ci servirà la sua ala per attaccare il pezzo che manca all’altra.” Aggiunse.
“D’accordo. Adesso andiamo prima che ci scoprano!” Esclamò Alexis.
 
Scoprimmo che aggiustare l’ala di una farfalla non era semplice come sembrava. Sarah ed io cercammo informazioni e trovammo un video su Internet che spiegava passo dopo passo come fare. Bryden e Alexis ripresero tutto il procedimento e a fine operazione posammo l’insetto sui fiori della pianta di lillà che avevo comprato. Avevamo creato una sorta di serra con una rete, in modo che l’insetto non potesse scappare e sperammo con tutte le nostre forze che guarisse.
“E adesso cosa facciamo?” Domandai.
“Aspettiamo. Domani andiamo allo zoo e la liberiamo, sperando che sia tornata a posto.” Commentò Sarah, che stava guardando la farfalla con amore.
“Sono sicura che andrà tutto bene, hai fatto un lavoro fantastico.” La rassicurai.
“Potresti fare il chirurgo, hai la mano fermissima!” Esclamò Bryden.
“Sarah, si sta muovendo!” Esclamò Alexis. Ci precipitammo tutti a guardare ed era vero, la farfalla stava muovendo le ali e stava cercando di volare.
“Non facciamola soffrire, c’è troppo poco spazio qui. Liberiamola subito.” Proposi.
“E la scena allo zoo?” Mi chiese Bryden.
“Possiamo filmare la liberazione della farfalla e domani andiamo allo zoo e facciamo delle riprese al gruppo enorme.” Dissi. “Poi montiamo il tutto per far sembrare che la nostra sia volata insieme alle altre.”
“Sono d’accordo.” Disse Alexis.
“Anch’io.” Concordò Sarah.
“D’accordo, andiamo al parco. Abbiamo ancora qualche ora di luce.”
 
La scena della liberazione della farfalla fu abbastanza commovente. Mi ricordò le lanterne che rappresentavano tutti i brutti ricordi legati a Derek e un paio di lacrime sfuggirono al mio controllo. Avevamo messo la farfalla in una scatola di plastica trasparente con dei buchi e sapevamo di avere un solo tentativo per fare tutto giusto.
“Okay, io sono pronto. Quando volete voi cominciate a recitare.” Disse Bryden. Alexis ci diede il via e Sarah ed io iniziammo la nostra battuta.
“Questo è il momento in cui dobbiamo sussurrare il nostro desiderio alla farfalla!” Esclamai.
“Okay. Cominci tu?” Mi domandò Sarah. Annuii e presi la scatola con l’insetto dalle sue mani. Avvicinai le labbra a uno dei buchi e sussurrai il mio desiderio.
“Spero di riuscire a rivederlo e di chiarire tutto.”
Sapevo di averlo sentito solo io, perché avevo parlato pianissimo. Quella era l’idea: nessuno doveva sapere cos’avevo detto finché il desiderio non si fosse avverato.
Sarah riprese la scatola con la farfalla e mormorò qualcosa di inudibile.
“Sei pronta?” Mi chiese poi.
“Sì.” Dissi, appoggiando le mani sulla scatola.
“Al tre? Uno, due, tre!” Esclamò la mia amica. Togliemmo il coperchio dalla scatola e guardammo la farfalla con l’ala aggiustata volare lontano. Sentivo che mi stava tremando il labbro e avevo gli occhi lucidi. L’insetto era libero e guarito ora. Guardai in alto e seguii con lo sguardo il volo della farfalla, anche se ormai era lontana e non la vedevo più. Sarebbe stato bello se la leggenda avesse funzionato.
 
“Cos’hai desiderato?” Mi chiese Sarah quando tornammo a casa.
“Non si dice.” Risposi con un sorriso. “Te lo dirò solo se si avvererà!”
“Giusto. Allora facciamo un patto: se uno dei due desideri diventerà realtà, l’altra dovrà dire qual era il suo.”
“Ci sto.”

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 22
 
Il giorno successivo Alex, Bryden, Sarah ed io andammo allo zoo per filmare la scena con tutte le farfalle e poi tornammo a casa mia per girare l’inizio, cioè quello in cui io e la mia amica eravamo sedute a gambe incrociate sul letto, a parlare del più e del meno e finivamo a raccontarci la leggenda.
“Adesso dobbiamo inventarci quello che avete desiderato, però.” Disse Bryden.
“Sarah, tu puoi aver sperato di ritrovare la tua sorella perduta, perché è scappata di casa qualche mese prima e ha fatto perdere le sue tracce a tutta la famiglia. Possiamo chiedere a qualcuno al college di fare la parte della ragazza.”
Sorrisi e mi morsi il labbro per evitare di dire quello che stavo pensando, ma non riuscii a trattenermi.
“Lexi, sei uguale a Sarah! Avete entrambe i capelli rossi, le lentiggini e siete più o meno alte uguali.” Dissi, ridendo.
“D’accordo, però sapete che non amo stare davanti alla telecamera.” Insistette la ragazza.
“Non dovrà vederlo nessuno se non il nostro professore.” Le ricordai.
“Va bene, va bene.” Cedette Alexis.
“Allora potreste incontrarvi al parco. Vedrai Lexi mentre sei seduta su una panchina e disegni una farfalla su un blocco. La rincorrerai e finirete a parlare e a ritrovarvi. Finiremo la tua scena con voi che vi abbracciate.” Dissi.
“E tu?” Mi chiese Sarah.
“Vogliamo rendere le cose complicate?” Mi propose Bryden.
“Assolutamente sì.”
“Allora tu ed io stiamo insieme e cerchiamo di avere un figlio da mesi senza riuscirci. Tu hai desiderato di rimanere incinta e dopo aver liberato la farfalla scopri di avercela fatta!”
“Ah, così vuoi comparire anche tu nel cortometraggio!” Esclamai con un sorriso trionfale.
“Beh, se anche Lexi ha ceduto… non posso fare il prezioso più di tanto!” Esclamò il ragazzo e scoppiammo tutti a ridere.
“Perfetto.” Dissi. “Mi piacciono tutte le storyline.”
“Anche a me, sono fantastiche!” Disse Alexis.
“Secondo me prenderete il massimo dei voti.” Commentò Sarah.
“Io lo spero. E se succederà, zucchero, andremo a ballare.” Rispose Bryden, facendoci scoppiare di nuovo tutti a ridere.
 
Dopo aver passato il pomeriggio a filmare e a recitare, tornammo al mio appartamento, che era il più vicino al parco, e cominciammo ad editare il cortometraggio.
“Aggiungici quel filtro che fa sembrare tutto vintage.” Consigliò Alexis.
“Anche quello un po’ romantico.” Disse Bryden.
“Come lo intitolate?” Ci chiese improvvisamente Sarah. Io e i miei compagni di gruppo ci guardammo con aria perplessa.
“Perché non lo chiamiamo Unbroken, visto che la farfalla aveva l’ala spezzata e siamo riusciti a guarirla?” Propose Alexis.
Sarah si voltò immediatamente verso di me, sapendo che il singolo della band di Tommy si chiamava Broken e l’ultima frase diceva “…but together we’re unbroken.” Scossi la testa e decisi di non pensarci.
“E’ un bellissimo titolo.” Dissi.
“Allora guarda qui!” Esclamò Bryden, facendomi spostare dalla sedia e mettendosi al mio posto. Dopo qualche secondo sullo schermo comparve una scritta animata in corsivo: una farfalla volava e creava ogni lettera, finché non scrisse la parola completa del titolo.
“E’ bellissimo.” Sussurrai.
“Magico, vero?” Domandò Bryden. “Questo ho imparato a farlo da solo!”
“Sei un maledetto genio.” Commentò Alexis, spettinandogli completamente i capelli ricci e scuri. Il ragazzo tolse gli occhiali da vista e li posò sulla scrivania prima di girarsi e cominciare a fare solletico alla nostra amica, che lo soffriva tantissimo.
 
“Quando scopriremo il voto che avete preso?” Mi chiese Sarah dopo qualche giorno. Sembrava impaziente.
“Abbiamo consegnato il lavoro al professore, deve avere il tempo di guardarli tutti e poi ci farà sapere.” Dissi. “Ehi, dove vai così elegante?” Domandai improvvisamente quando vidi cosa stava indossando la mia amica.
“Ehm…” Mormorò. “Ho un appuntamento con Evan.” Disse. Arrossì e abbassò lo sguardo.
“Sar, solo perché le cose con Tommy sono andate male non devi vergognarti o sentirti in colpa quando esci con il suo amico.” Le dissi con un sorriso. “Come sta andando, a proposito?”
“E’ appena tornato dall’America e ha detto che ha un regalo per me. Ci siamo sentiti quasi tutti i giorni mentre era via, ma mi è mancato tantissimo.”
“Sono contentissima che la vostra storia stia andando bene. Siete fatti l’uno per l’altra!” Esclamai. Sarah sorrise e assunse la solita espressione che aveva quando parlava del suo ragazzo. Era innamorata persa e non mi sarei sorpresa se si fossero sposati dopo pochi mesi.
“Anch’io. Questa sera ha detto che mi porta in un ristorante bellissimo e di vestirmi elegante. Non vedo l’ora di rivederlo!”
“Vorrà dire che non ti aspetterò alzata, giusto?”
La mia amica rise e arrossì ancora un po’.
“Beh, no, ecco.”
“Vai e divertiti, io ho un mucchio di pagine da studiare.” Dissi e indicai il libro che avevo aperto davanti a me. Era interessante, ma avrei preferito di gran lunga passare la mia serata insieme a Tommy. Avrei voluto sentire i suoi racconti sull’America o sul tour promozionale in Europa, vedere le foto che aveva scattato in giro per il mondo e sentire le sue nuove canzoni. Mi ero rifiutata di seguire le notizie sulla sua band, non volevo nemmeno sapere come si chiamava il loro nuovo album. In realtà era più facile non pensare a Tommy se non era davanti a me in nessun modo, né fisicamente né in foto o video. Riuscivo in qualche modo a distrarmi e a non pensarci, anche se ci stavo ancora abbastanza male. Mi aveva fatto tornare la speranza dopo Derek, mi aveva fatta stare bene e non riuscivo ad accettare che non mi avesse perdonata per qualcosa che non avevo nemmeno fatto io. Non era stata colpa mia se Kyle mi aveva baciata. Non avevo dato nessun tipo di segnale al ragazzo che indicasse che ero pronta per portare la nostra amicizia ad un livello più romantico.
Sarah mi salutò e sventolai la mano finché non la vidi sparire dietro le porte dell’ascensore.
 
Odiavo non riuscire a dormire. Quella notte ero un po’ preoccupata per il college e perché avevo passato gran parte della sera a pensare a Tommy. Mi ero svegliata alle cinque e trenta dopo averlo sognato e non ero più riuscita a prendere sonno. Sapevo che Sarah non era rientrata perché la porta della sua camera era aperta e di solito la chiudeva quando andava a dormire. Decisi di riprendere la mia abitudine di fare jogging prima di andare al college, così mi alzai, indossai la mia tenuta sportiva e uscii.
L’aria fredda del mattino di Londra mi svegliò completamente. Ormai erano le sette e non c’era quasi nessuno al parco. Mi fermai a fare stretching vicino alla mappa dei Kensington Gardens e infilai gli auricolari. Cominciai a correre e mi bloccai più o meno all’altezza del laghetto artificiale, perché quello sulla panchina era davvero Tommy quella volta. Non l’avevo immaginato e non era qualcuno che gli somigliava vagamente. Era proprio lui. Cominciai a chiedermi se fosse il caso di fare finta di non vederlo e scappare o di andare a salutarlo. Mi stava guardando, quindi sapeva che l’avevo visto. Fermai la musica e mi diressi verso la panchina su cui era seduto.
“Ehi.” Dissi.
“Ciao.” Mi rispose. Il suo tono non era freddo, ma non era nemmeno amichevole.
“Insonnia?” Domandai. Il silenzio tra di noi era imbarazzante e non sapevo come comportarmi. Avrei voluto chiedergli della lettera, perché non mi aveva telefonato dopo averla letta e perché non mi aveva perdonato, ma evitai. Invece lasciai che guidasse lui la conversazione.
“Jet lag.” Rispose. “Siamo tornati dal tour promozionale in America.”
“Oh, com’è andata?”
“Bene, le radio hanno cominciato a trasmettere il nostro singolo…” Cominciò a dire ma si interruppe. Certo, il singolo sulla nostra storia. Quello che aveva detto che non era basato su qualcosa di reale. Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe da ginnastica.
“Sono felice per voi.” Mormorai. No, non l’avevo ancora superata. Sapevo di essere innamorata di Tommy e non potevo nemmeno dirglielo.
“Grazie.” Disse. “Tu hai ricominciato a fare jogging, quindi?”
“Sì, stanotte non riuscivo a dormire, quindi ho pensato di riprovarci.”
“Lavori sempre al negozio di vestiti?”
“No, ho smesso. Mi sono iscritta al college adesso.”
Tommy mi rivolse uno sguardo stupito e sorrise. Quanto mi era mancato quel gesto. Quanto mi era mancato lui!
“Sono contento per te.” Disse dopo una breve pausa.
“Grazie. Allora io… vado.”
Odiavo quella sensazione di estraneità che c’era tra di noi. Avevamo passato tanto tempo insieme, mi aveva aiutata a superare un periodo molto difficile della mia vita. Era stato davvero importante per me. Perché in quel momento ci eravamo limitati a parlare di cose così stupide e superficiali? Perché non mi aveva chiesto nulla sulla lettera che gli avevo scritto e gli avevo lasciato nella cassetta della posta? Avevo un milione di domande in testa ma nessuna risposta. Gli lanciai un ultimo sguardo e ricominciai a correre verso la fine del parco, un po’ perché avevo cominciato sentire il freddo e un po’ perché speravo che correndo avrei smesso di pensare a quello che era appena successo. Premetti il tasto Play per fare ripartire la musica e alzai il volume al massimo.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 23
 
“Ho incontrato Tommy al parco questa mattina.” Dissi quando tornai a casa quella sera. Passai la mattina al college e il pomeriggio in biblioteca, cercando di concentrarmi sui libri. “E abbiamo preso il massimo dei voti per il cortometraggio, quindi grazie. Com’è andata ieri sera?” Domandai poi. Sarah, che aveva imparato a cucinare, stava preparando la cena e alzò lo sguardo dalla pentola che aveva davanti a sé.
“Congratulazioni per il cortometraggio! E’ tutto merito vostro.” Rispose. “Ieri sera è andata splendidamente, grazie per averlo chiesto e… hai incontrato Tommy? Com’è andata?”
“Più o meno come se il ragazzo con cui sei stata per qualche mese e che crede che tu l’abbia tradito ti rivedesse dopo settimane di silenzio.” Dissi, abbandonandomi sul divano. “E’ stato terribile. Orrendo. Sembravamo due maledetti estranei.” Tolsi le scarpe e le lanciai lontane da me per potermi raggomitolare su me stessa come un gatto.
“Mi dispiace, tesoro. Cos’hai intenzione di fare?”
“Evidentemente non ha intenzione di perdonarmi anche dopo che gli ho scritto la verità. Magari ha visto che la lettera era da parte mia e l’ha buttata senza nemmeno leggerla, non so cosa dire.” Risposi. “Non so cosa fare. Forse ho bisogno di un’altra serata tra amiche con te e Megan per parlarne.” Dissi.
“Proverò a indagare con Evan e chiedergli se sa che fine ha fatto quella lettera. Tommy non è una persona cattiva.”
“Lo so, è una persona splendida.” Replicai. “E sono riuscita a farlo scappare. Facciamo un applauso a Kat Moore, signore e signori.” Aggiunsi, raddrizzandomi un po’. “Ehi, il gelato è finito?”
“No, perché?”
“Dopo cena potrei mangiarne un paio di cucchiai.” Dissi. “O un paio di vaschette.”
“Kat.” Attirò la mia attenzione la mia amica. Alzai lo sguardo verso di lei e le rivolsi un’espressione incuriosita. “Ti concedo una coppetta di gelato e un film romantico e poi torniamo alla normalità. Se credi che Tommy sia quello giusto per te… riconquistalo.”
“E come?”
“Mi hai detto che stamattina ti ha parlato, no? Sembravate estranei, ma avete comunque avuto un minimo di conversazione.”
“Minimo è un eufemismo.” Mormorai. “Comunque sì, mi ha parlato.”
“Allora ricomincia da lì. La prima volta ti ha conquistata lui, adesso è il tuo turno.”
“Dici che potrebbe funzionare?”
“Sì.”
Non ne ero sicura al cento percento, ma avrei comunque potuto provarci. Tanto non avevo niente da perdere, giusto? Non avevo la minima idea di come si conquistasse un uomo, visto che sia Derek che Tommy avevano fatto tutto il lavoro, ma ero disposta a provarci.
“Allora stasera pianifichiamo il primo passo.” Dissi.
“Così mi piaci.”
“A proposito, sabato sera andiamo a ballare con Bryden ed Alexis per festeggiare il voto del cortometraggio, d’accordo?”
“Perfetto. Adesso vieni qui che la cena è pronta!”
 
Una serata con Megan e Sarah e il sabato sera con i miei compagni di gruppo e la mia migliore amica mi prepararono a conquistare di nuovo Tommy. Dovevo solo trovare un’occasione per rivederlo. Le ragazze mi avevano spiegato tutte le tecniche che conoscevano e mi sentivo pronta.
“Indovina?” Mi chiese Sarah. “Cena a casa di Evan e, casualmente, ci sarà anche Tommy. E’ la tua occasione per usare tutto quello che hai imparato. A proposito, gli ho parlato della lettera e mi ha detto che lo chiederà a Tommy. Secondo lui non l’ha letta perché non gli ha mai detto nulla.”
Forse allora il ragazzo non era davvero più interessato a me e non importava quante tecniche di seduzione (utili o non) avevo imparato, non sarei riuscita a riconquistarlo.
“Non fare quel muso, andrà tutto bene.” Aggiunse la mia amica.
Andai in camera mia con riluttanza e infilai il vestito di cui avevamo parlato anche con Megan. Entrambe mi avevano detto che Tommy non avrebbe resistito per mezzo secondo se lo avessi messo e all’inizio mi avevano convinta, ma dopo aver saputo che non aveva letto la mia lettera non ne ero più tanto sicura. A quel punto avrei fatto prima a lasciare perdere, se non era destino non lo era e basta. Era inutile che cercassi di forzare la situazione. Sarah non mi avrebbe mai permesso di tirarmi indietro da quella cena, però. Lo sapevo benissimo ed evitai di dire qualsiasi cosa. Mi vestii, mi truccai e sistemai i capelli e salii su un taxi con la mia amica, dirette a casa di Evan.
 
Non ero mai stata nell’appartamento del ragazzo, così mi sorpresi quando vidi che era un bilocale abbastanza piccolo arredato in chiave moderna. Per qualche motivo avevo in mente le ville delle celebrità a Los Angeles e quella non rientrava proprio nella categoria. Anzi, era già un grande risultato che ci stessimo in tre intorno al tavolo.
“Tesoro, non doveva venire anche Tommy questa sera?” Domandò improvvisamente Sarah quando notò che il ragazzo era in ritardo.
“Sì, l’ho invitato e mi ha detto che veniva, ma non so altro. Avrà trovato traffico.”
“D’accordo, speriamo che arrivi.” Commentò Sarah con un sorriso. Imitai il suo gesto, anche se ero nervosa. Mi sentivo vestita troppo elegante per una cena in casa e decisamente non dell’umore di passare una serata in compagnia. Mentre Sarah e il suo ragazzo parlavano di qualche strana avventura che era capitata in America, mi fermai ad osservare i quadri alle pareti. Erano quasi tutte foto di Evan e suo fratello Chris e ce n’era una anche con Tommy. Erano molto più giovani, avranno avuto tredici o quattordici anni, e stavano posando davanti alla Tour Eiffel di Parigi.
“E’ stata una vacanza con i miei genitori.” Disse Evan, che era dietro di me. Non l’avevo sentito arrivare, così mi ero spaventata. “Scusa.” Aggiunse immediatamente.
“Siete andati in Francia?” Domandai.
“Sì, Chris e Tommy si conoscono dalle elementari e sono sempre stati migliori amici. Un giorno i miei genitori hanno deciso di portarci tutti a Parigi per una settimana durante l’estate e ci siamo divertiti tantissimo. Non eravamo particolarmente interessati al Louvre o a chissà che, ma eravamo insieme ed era quello che contava. E’ da quella vacanza che abbiamo deciso di formare la band.”
“E avete deciso anche il nome lì?”
“No, quello è arrivato più tardi, quando abbiamo avuto tutti la prima cotta. Tommy aveva quindici anni quando gli è venuto in mente il nome.” Spiegò Evan. Spostai lo sguardo sulla mensola, dove c’erano vari premi e tutti i CD che avevano pubblicato. Guardai l’ultimo e mi resi conto che si chiamava…
Unbroken?” Domandai, incredula.
“Sì, Tommy non ci ha spiegato perché l’ha chiamato così, visto che la canzone si chiama Broken, ma non abbiamo discusso. Piaceva a tutti ed è rimasto quello.” Annuii e continuai a fissare la copertina. “A proposito, mi dispiace, ma mi ha appena mandato un messaggio dicendomi che non riesce a farcela perché ha avuto un contrattempo.” Aggiunse abbassando la voce.
Ormai ero sicura che non era destino, quindi dovevo lasciar perdere. Pensai all’opzione di rimanere a cena con Sarah ed Evan, ma non volevo rovinare il poco tempo che avevano a disposizione insieme, visto che la band sarebbe partita per il tour dopo poche settimane.
“Sapete una cosa? Forse è meglio che vado a casa. Non mi sento bene in ogni caso.” Mentii.
“Sei sicura?” Domandò Evan. Sarah ci aveva raggiunti e stava scuotendo la testa.
“Mi dispiace, Kat.”
“Non importa. Voi godetevi la serata, ve lo meritate. Prendo un taxi e vado.” Risposi. Ero sicurissima di non voler rimanere insieme a loro. Per quanto fossi felice per la mia amica, non ero convinta di voler passare la serata insieme a due piccioncini innamorati. Entrambi i ragazzi annuirono, così presi la giacca e uscii dall’appartamento.
 
Londra era sempre piena di gente. Non importava che giorno fosse o che ora, c’era sempre qualcuno in strada. Guardai le vetrine dei negozi che stavano chiudendo dal finestrino del taxi e sospirai. Dovevo farmene una ragione. Quando il taxista si fermò davanti al palazzo in cui abitavo sentii il cuore battere più velocemente. Quello seduto sugli scalini era Tommy. Pagai in fretta, lasciando il resto all’uomo, e scesi dalla vettura, diretta verso il ragazzo.
“Tommy!” Esclamai. “Cosa fai qui?” Domandai. In mano aveva una busta bianca. La mia lettera.
“Evan me ne ha parlato ed ero un po’ perplesso, perché non ho mai ricevuto nessuna lettera da te. La mia vicina di casa ha ottantaquattro anni e spesso prende la mia posta perché abbiamo le cassette vicine.” Spiegò. “Quando Evan mi ha detto che me l’avevi lasciata a casa ho pensato subito a lei. Sono andato a casa sua e mi ha detto che effettivamente aveva un po’ di buste che aveva preso per sbaglio.” Aggiunse. “Ti va se saliamo e ne parliamo?”
“Certo.” Risposi. Tommy si fermò un secondo a guardarmi e poi sorrise.
“Come sei elegante! Dove sei andata?”
“A casa di Evan.” Risposi e scoppiai a ridere. “La cena di stasera doveva essere un pretesto per farci incontrare di nuovo, ma tu hai dato buca.”
“Ero venuto a cercarti a casa tua.” Disse. “Però ci siamo ritrovati.”
“Questo è l’importante.” Replicai. Premetti il tasto del mio piano e attesi che le porte dell’ascensore di richiudessero. Avevo voglia di baciare Tommy, di abbracciarlo, di stare con lui. Cominciai a guardarlo e anche lui aveva la stessa espressione. “E’ proprio necessario che ne parliamo subito?” Chiesi.
“No.” Rispose lui e cominciò a baciarmi.
 
Non mi sembrava vero di essere davvero di nuovo insieme a Tommy. Mi avvolsi nelle lenzuola del mio letto e lo osservai con un sorriso. Era un sogno? Se sì, non avrei mai voluto svegliarmi. Il ragazzo mi stava guardando con la stessa espressione di sempre, non quella fredda e disgustata che mi aveva rivolto quando aveva trovato Kyle davanti alla mia porta.
“Dobbiamo dirci così tante cose…” Mormorai mentre Tommy accarezzava la mia schiena con la punta delle dita. Sospirai e chiusi gli occhi. Sapevo che la leggenda della farfalla era solo quello: una leggenda. Però, in qualche modo, non riuscivo a non pensare a come avevo espresso quel desiderio e finalmente si era avverato. Sarah ed io avevamo aggiustato l’ala rotta dell’insetto e gli avevamo ridonato la libertà, magari quella era semplicemente una coincidenza oppure un premio per aver fatto una buona azione con la farfalla.
“Ho letto la tua lettera finalmente.” Disse Tommy, sorridendomi. “Non posso credere di essere stato così stupido da credere che avresti potuto tradirmi.”
“Beh, la scena che ti si è presentata davanti non era bella.” Risposi. “Ero in accappatoio e Kyle mi stava baciando.”
“Sono andato su tutte le furie. Volevo rompere qualcosa, possibilmente il naso di Kyle…” Confessò Tommy. Mi avvicinai e toccai le sue labbra con le mie.
“Anch’io volevo farlo, quando te ne sei andato. La realtà, però, è che non sono nemmeno riuscita ad insultarlo. Gli ho solo urlato di andarsene perché ero troppo scioccata. Non mi aspettavo niente di quello che è successo.”
“Voglio chiederti scusa.” Disse improvvisamente il ragazzo. “Per aver detto a tutti che il singolo non è basato su una storia reale. Ero così deluso…”
“Ti ho ascoltato in radio quel giorno.” Ricordai.
“Mi dispiace.”
“Ho visto che hai chiamato l’album Unbroken, con ‘Un’ tra parentesi.”
“Ci ho pensato tanto, ma alla fine sono tornato all’idea di partenza. L’ultima frase del singolo è la più importante di tutto il disco, secondo me.”
“E’ bellissima.” Dissi. “Pensa che io ho chiamato un cortometraggio per il college nello stesso modo.”
“Davvero?”
“Sì, non sapevo che il tuo album si chiamasse così. L’ho scoperto stasera a casa di Kyle.”
“E’ proprio destino.” Commentò Tommy allargando il sorriso. Non riuscivo nemmeno ad esprimere a parole quanto mi fosse mancato in quel periodo. “Non mi fai vedere il tuo cortometraggio?” Domandò. Annuii e mi alzai dal letto per recuperare il computer portatile. Mostrai il filmato a Tommy e attesi il suo parere.
“E’ bellissimo.” Disse. “Avete aggiustato davvero l’ala di una farfalla?”
“Sì, abbiamo scoperto che Sarah è appassionata e sapeva più o meno come fare. Internet è stato molto d’aiuto. Io non avevo idea che si potesse fare, ma lei sa tutto sull’argomento!”
“Wow. E immagino che tu non abbia davvero desiderato di rimanere incinta, vero?”
“No, per carità! Ho solo vent’anni!” Risi. “No, in realtà ho desiderato di rivederti e di sistemare le cose con te.” Ammisi abbassando la voce.
“Sembra che il Grande Spirito e la farfalla ti siano molto grati allora.” Disse Tommy.
“Dai, lo so che è solo una leggenda.” Non riuscivo a smettere di sorridere e provavo dei brividi ogni volta che le sue dita sfioravano la mia pelle.
“Però il tuo desiderio si è avverato. Anche Sarah ne ha espresso uno?”
“Sì, ma non mi ha detto cosa. Abbiamo fatto un patto.”
“Cioè?”
“Se il desiderio di una di noi due si fosse avverato l’altra avrebbe dovuto rivelare il suo.”
“Allora immagino che lo scopriremo domani.” Disse Tommy.
“Già.” Mi avvicinai per dargli un altro bacio. “Dormi qui?”
Il ragazzo annuì e mi permise di rannicchiarmi di fianco a lui come mi piaceva fare.
 
“Kat, mi dispiace tantissimo per ieri sera! Vedrai che Tommy avrà avuto un buon motivo per non… oh-mio-dio-siete-insieme-e-siete-nudi!” Esclamò il mattino successivo Sarah quando entrò in camera mia senza bussare. Tommy ed io ci svegliammo di soprassalto. Controllai la situazione e constatai che non si vedeva nulla. Avevo solo una gamba fuori dal lenzuolo e si vedevano la mia schiena e gran parte del torso nudo del ragazzo. “Me ne vado immediatamente.” Aggiunse la mia amica, uscendo dalla stanza e richiudendo la porta alle sue spalle.
“Sarah vive qui adesso.” Spiegai, sedendomi sul bordo del letto e ricominciando a vestirmi. “Ho comprato la casa.” Aggiunsi.
“Quindi posso tirare un sospiro di sollievo perché so che non scapperai?” Mi domandò Tommy, avvicinandosi e cercando di trascinarmi di nuovo sotto le coperte. Mi diede un bacio sul collo e chiusi gli occhi, sorridendo.
“Non vado da nessuna parte.” Replicai. “Se c’è una cosa che ho imparato è che devo affrontare i problemi e smettere di scappare.” Dissi.
“Sono davvero orgoglioso di te.”
Mi voltai per dare un bacio al ragazzo e poi mi alzai. Sapevo che altrimenti avrei passato tutta la giornata a letto e non volevo farlo. Dovevo studiare, dovevo parlare con Sarah e avevo avuto un’illuminazione la sera precedente. Mi era venuta un’idea e dovevo metterla in pratica, ma prima avevo bisogno di studiare i dettagli.
“Vado a preparare la colazione!” Esclamai. Non ero ancora sicura che tutto quello che stava succedendo fosse reale, mi sembrava di essere in un sogno.
“Posso fare una doccia?” Mi chiese Tommy.
“Puoi fare tutto quello che vuoi.” Replicai prima di aprire la porta e raggiungere Sarah in soggiorno. La mia amica stava per impazzire e appena mi vide cominciò a saltellare.
“Perché non mi hai detto niente? Cos’è successo? Voglio sapere tutto! Tutto!” Sibilò a bassa voce per non farsi sentire da Tommy. “E poi devo darti una notizia, il desiderio che ho espresso quando abbiamo liberato la farfalla si è avverato!”
“Seriamente?” Domandai, aprendo il frigo e cercando gli ingredienti per la colazione. “Raccontami tutto!”
Sarah sembrava intenzionata a sapere prima tutto quello che era successo tra Tommy e me la sera prima, ma era evidente che la sua notizia era così bella che non riuscì a trattenersi.
“Non te l’ho mai detto perché non credevo che sarei mai riuscita a realizzarlo, ma il mio sogno più grande è quello di diventare una fotografa.” Cominciò. “E’ da un po’ che porto i miei lavori nelle gallerie d’arte e finalmente a qualcuno sono piaciuti! Alcune delle mie foto saranno in una mostra vera, Kat! Una mostra in una galleria!” Esclamò.
“Ma è fantastico, Sar! Sono contentissima per te, congratulazioni!” Dissi e la abbracciai stretta. Ero sicura che il sogno della sua vita non fosse quello di essere una commessa in un negozio di vestiti, ma non ero mai riuscita a farmelo dire, per quanto ci avessi provato. Diceva che la sua vita le piaceva in quel modo.
“Verrai alla festa di inaugurazione della mostra?”
“E me lo chiedi?” Domandai con un sorriso. “Sono già là! Quand’è?”
“Tra due settimane. Kyle non potrà venire perché sarà in tour.” Rispose e abbassò lo sguardo.
“A che ora è?”
“Alle sei.”
Avevo un’idea ed ero sicura di essere in grado di realizzarla. Non era una cosa tanto difficile, ma avevo comunque bisogno di parlarne con Tommy ed Evan.
“Vieni qui, dobbiamo festeggiare! Waffles per tutti!” Esclamai e cominciai a cucinare. Quando Tommy uscì dalla doccia e ci raggiunse, Sarah gli raccontò subito la novità.
“E voi due? Finalmente vi siete rimessi insieme, eh?” Domandò poi con un sorrisetto.
“Già, finalmente sì.” Rispose Tommy. In quel momento, in quella cucina e con Sarah e Tommy al mio fianco mi resi conto di essere felice. Per la prima volta non avevo il peso della morte di Derek e del mio passato sulle spalle. Loro sapevano chi ero, cosa mi era successo nella vita ed erano ancora con me. Non avrei potuto chiedere un gruppo di amici migliori.
“Sono così contenta, non ne avete idea.” Disse Sarah. “E questi waffles sono la fine del mondo!”
“Sono una ricetta di nonna CeCe.” Risposi. “Le è stata data da una donna che ha conosciuto in Belgio quando è stata fotografata per una campagna pubblicitaria a Bruxelles.”
“Wow. A proposito, mi stavo quasi per dimenticare del patto. Il mio desiderio si è avverato, qual era il tuo?” Mi chiese Sarah. Tommy ed io ci guardammo e scoppiammo a ridere.
“Era questo.” Dissi. “Di rivedere e sistemare le cose con questo tizio.”
“Questo sconosciuto a caso, eh!” Scherzò Tommy, sfiorando la mia spalla con la sua e ridendo.
“Sì, esatto. In effetti avrei potuto desiderare qualcosa di più interessante, come la pace nel mondo.” Continuai e scoppiammo tutti a ridere.
“Quindi si sono avverati entrambi!” Esclamò Sarah. “Sarà anche una coincidenza, ma la leggenda ha proprio funzionato.”
“A questo proposito… ho deciso quale sarà il mio primo tatuaggio.” Dissi.
“Chiamo il mio tatuatore? Fisso un appuntamento?” Chiese immediatamente Tommy. Sapevo che avrei dovuto chiedere a lui, perché era l’esperto.
“Sì, grazie.”
“Hai già deciso tutto?” Mi chiese Sarah. Annuii e guardai il lato interno del mio polso destro.
“Voglio una cosa piccola. Voglio scrivere Unbroken in corsivo con una farfalla stilizzata che sembra che abbia creato la scritta.” Dissi. “Un po’ come il titolo del nostro cortometraggio.”
Ci avevo pensato molto ed era una parola che mi rappresentava. Ero ancora lì, nonostante tutto quello che era successo. Avevo avuto dei momenti in cui avevo pensato che non ci fosse speranza, ma avevo combattuto e avevo superato le esperienze traumatiche del mio passato. Era il nome del filmato che mi aveva fatto conoscere la leggenda della farfalla, che sarà anche stata una coincidenza, ma aveva fatto avverare il mio desiderio. E la farfalla rappresentava la libertà. La vedevo come un simbolo importante per me, perché ero finalmente libera dai sensi di colpa e dai brutti ricordi. Per alcune popolazioni la farfalla simboleggiava anche il passaggio delle anime in paradiso. Non ero mai stata molto religiosa, ma mi piaceva pensare che Derek fosse in qualche posto in cui aveva finalmente trovato pace. E poi Unbroken mi ricordava anche la storia con Tommy, l’ultima frase del suo singolo, quella più bella e importante di tutte. Finalmente avevo trovato qualcosa che significasse abbastanza da portarlo con me per il resto della mia vita.
“E’ un’idea bellissima.” Disse Tommy. “Chiamo il mio amico e sono sicuro che riuscirà a trovare un po’ di tempo in questi giorni. Tanto è una cosa piccola e ci metterà al massimo dieci minuti.”
“Grazie.” Aggiunsi. “Sarah?” Domandai dopo qualche secondo.
“Dimmi.”
“Ti va di scrivere Unbroken con la tua calligrafia?”
La mia amica sorrise e notai che aveva gli occhi lucidi.
“Volentieri.” Rispose.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 24
 
La partenza di Tommy per il tour mi riportò un po’ indietro, a quando Derek mi aveva chiesto di andare con lui. Per la prima volta, però, non avevo sentito il cuore pesante e lo stomaco attorcigliato quando ci avevo pensato, ma avevo sorriso. In effetti era stato un bel ricordo, l’inizio di un’avventura. Megan mi aveva detto una frase un giorno ed era la cosa più vera che avessi mai sentito. “Tutto quello che hai vissuto ti ha resa quella che sei oggi, ti ha resa più forte.”
Era vero, ogni singolo momento nel mio passato aveva contribuito a farmi diventare più forte, anche se a tratti non ero sicura che ce l’avrei fatta.
“Allora siamo d’accordo per domani pomeriggio?” Dissi quando arrivò il momento di salutare davvero Tommy. Lui avrebbe girato l’Europa con la sua band ed io avrei continuato il college a Londra e ci saremmo sentiti al telefono nei momenti liberi.
“Ho tutto sotto controllo.” Rispose il ragazzo. Lo guardai negli occhi e realizzai che non ero triste, anche se ovviamente mi sarebbe mancato. Sapevo che potevo fidarmi di lui.
“Allora vai e infiamma i cuori di migliaia di fan.” Sussurrai. Lo abbracciai e lui mi diede un bacio sulle labbra. Poi appoggiò la fronte contro la mia e mi guardò con un sorriso.
“E tu stai attenta in classe, perché un giorno non molto lontano sarai la regista di uno dei nostri video.”
“Fai buon viaggio.” Aggiunsi e lo baciai di nuovo.
“Kat?” Mi chiamò improvvisamente Tommy, allontanandosi un po’ e guardandomi negli occhi.
“Sì?”
“Ti amo.”
Sentii immediatamente gli occhi diventare lucidi e sapevo che erano lacrime di gioia. Sorrisi automaticamente e lo abbracciai più stretto.
“Ti amo anch’io, Tommy.”
 
“Forza, non essere nervosa! Andrà tutto benissimo!” Esclamai. Sarah non voleva uscire dalla sua camera perché era in panico per la mostra.
“Questo vestito non va bene! Non è abbastanza elegante!” Urlò la mia amica da dietro la porta. Bussai un’altra volta, nella speranza che aprisse. Nessuna risposta.
“Sar, se vieni fuori ho una cosa per te!” Esclamai. Dopo pochi secondi sentii la serratura girare e finalmente la mia amica uscì. Aveva i capelli sconvolti, era ancora senza trucco e in biancheria. In poche parole, saremmo state in ritardo. “Forza, vieni con me.” Dissi e la accompagnai in camera mia, dove le porsi una scatola.
“Cos’è?” Domandò con un’espressione incuriosita.
“Un regalo perché sono orgogliosa di te.” Risposi. “Per festeggiare l’inaugurazione della mostra con i tuoi lavori e perché ti voglio bene.” Aggiunsi. A quelle parole la mia amica si calmò e cercò di sorridere. Tolse il fiocco dalla scatola e la aprì.
“Wow.” Mormorò quando vide il contenuto. “Kat, ma questo… non posso accettarlo.”
“No. Se hai intenzione di dire cose del genere non resterò qui ad ascoltarti!” Esclamai con un sorriso.
“Ma questo è un vestito costosissimo!”
“Nah, l’ho preso in saldo.” Dissi, sventolando la mano per farle capire che non si trattava di niente di che. “Forza, provalo! E da qualche parte ho anche un regalo di Evan.”
“Evan?” Domandò la mia amica, alzando lo sguardo.
“Sì, me l’ha lasciato e mi ha detto di dartelo il giorno dell’inaugurazione.”
Sarah indossò il vestito che le avevo regalato e si guardò allo specchio, mentre io mi abbassavo e recuperavo una scatola da sotto il letto.
“Questo è suo?” Domandò.
“Sì, aprilo, aprilo!” Esclamai. Mi era sempre piaciuto fare regali alle persone care. Adoravo vedere le loro reazioni e i sorrisi quando apprezzavano quello che avevo comprato. In quel caso il regalo era da parte di Evan, ma avevo aiutato a sceglierlo.
“Sono scarpe!” Disse la mia amica, estraendole dalla scatola e guardandole. “E sono perfette per questo vestito! L’avete fatto apposta, vero?”
“Beccati.” Risposi. “Adesso velocizzati, altrimenti saremo in ritardo all’inaugurazione!” Esclamai ridendo.
 
“Guarda quanta gente.” Mormorò Sarah quando il taxi si fermò davanti alla galleria. “Torniamo a casa?”
“No.” Dissi con risolutezza. “Andiamo lì dentro e tu sorriderai a tutte le persone che si complimenteranno con te per i tuoi lavori.”
“Come fai a sapere che mi faranno i complimenti e non li odieranno?”
“Perché me li hai fatti vedere, Sar, e sono bellissimi.”
La mia amica inspirò profondamente e aprì la portiera del taxi per scendere.
“Tenga il resto.” Dissi quando pagai la corsa. Poi raggiunsi la mia amica ed estrassi il telefono dalla borsa. “Tu entra, io devo rispondere a questa chiamata un secondo.” Mentii. In realtà non mi stava chiamando nessuno, ma dovevo fare una cosa.
“Okay.” Rispose Sarah, guardando il gruppo di persone in abito da cocktail davanti alla porta della galleria. Mosse un paio di passi incerti e poi cominciò a camminare più velocemente, come se volesse entrare il prima possibile per smettere di essere in ansia. Risi e digitai il numero di telefono di Tommy.
“Tutto pronto?” Mi domandò immediatamente.
“Quasi, aspetta.” Dissi. Spostai il telefono dal mio orecchio e cominciai una videochiamata con il ragazzo.
“Sei bellissima.” Commentò Tommy quando mi vide.
“Anche tu non sei per niente male. Stasera suoni così?” Domandai. Aveva i capelli tirati indietro e un velo di barba ed era ancora più bello del solito.
“Sì.” Rispose. “Aspetta! Eccolo, è qui!” Esclamò improvvisamente. Era quella che avevamo chiamato ‘l’ora X’ per le precedenti due settimane. Sentii Tommy mormorare qualcosa e poi vidi il viso di Evan davanti alla telecamera del telefono.
“Buonasera!” Esclamai.
“Cosa succede qui?” Domandò il ragazzo.
“Beh, mi sembrava di aver capito che sia tu che Sarah eravate tristi perché non potevate essere insieme all’inaugurazione della mostra.” Cominciai a spiegare. “Così ti ho videochiamato e vedrai tutto come se fossi qui. Oltre a fare una bella sorpresa a Sarah, che non ho mai visto così nervosa!” Esclamai.
“Wow, grazie Kat!”
“Adesso preparati perché sto per entrare.” Dissi. Alzai il telefono all’altezza dei miei occhi, così Evan poteva vedere tutto come se fosse davvero alla galleria ed entrai. Osservai un paio di foto, poi trovai finalmente Sarah, che era davanti ai suoi lavori.
“Stai filmando?” Mi domandò la ragazza.
“Non proprio.” Risposi. “C’è qui qualcuno che vuole dirti quanto sono belli i tuoi lavori e vuole salutarti.” Aggiunsi, voltando il telefono verso di lei e mostrandole Evan.
“Amore!” Esclamò lei. Sorrisi e mi spostai verso altre fotografie per lasciare un po’ di privacy alla mia amica e al suo ragazzo. Ero sicura che avevano mille cose da dirsi durante quella giornata importante. Una cameriera mi offrì un bicchiere di champagne, che rifiutai automaticamente e senza nemmeno pensarci e ne presi uno di succo di frutta da un altro vassoio. Quando alzai il braccio per berne un sorso il mio sguardo fu attirato dal mio nuovo tatuaggio e sorrisi di nuovo, perché quella parola mi ricordava tutto quello che era successo nella mia vita. I momenti brutti, ma soprattutto quelli belli. Unbroken.

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Epilogo
 
“Juliet, stai attenta!” Esclamò Megan, ricorrendo la bimba, che ormai aveva circa sei anni e fermandola prima che potesse inciampare nelle ciabattine che le si stavano sfilando.
Alzai lo sguardo dal libro che stavo leggendo e vidi John, il marito di Megan, raggiungere la moglie e la figlia correndo. Cominciò a fare il solletico alla bambina sull’erba e scoppiarono tutti a ridere. Non avevo mai visto una famiglia più felice.
Di fianco a me, Sarah stava mettendo in posa Brandon, il suo bellissimo bimbo di due anni, mentre Evan scattava una foto. Alexis e Bryden nuotavano in piscina e chiacchieravano, probabilmente del concetto del loro prossimo progetto e volevano un parere musicale da Chris, che era lì con loro. Mi voltai a destra, dove Tommy stava scrivendo qualcosa su un blocco.
“Nuova canzone?” Domandai, chiudendo il libro e appoggiandolo di fianco a me. Recuperai il bicchiere di succo alla mela ghiacciato e ne bevvi un paio di sorsi.
“Sì.” Rispose Tommy. “Devo immortalare la felicità di questo momento.
Sorrisi e mi sporsi per dargli un bacio. Già, la felicità di quel momento andava decisamente ricordata.
 
Dopo aver girato il mio primo video musicale per gli Hearts on Fire avevo catturato l’attenzione di una casa di produzione di Hollywood, che mi aveva offerto un lavoro che non avrei mai potuto rifiutare. Avevo diretto il mio primo film per il cinema a soli venticinque anni e avrei partecipato alla premiere su Hollywood Boulevard, che era stata chiusa al traffico per l’occasione. Era agosto, Tommy, Evan e Chris erano in pausa dal tour. Megan e John erano finalmente in ferie, mentre Alexis e Bryden stavano cercando ispirazione per il loro prossimo lavoro. Sarah aveva smesso di lavorare al negozio di vestiti perché era diventata una fotografa a tempo pieno e si era sposata con Evan. Il piccolo Brandon era arrivato un anno dopo il matrimonio ed erano le persone più felici del mondo. Avevo chiesto a tutti i miei amici di passare qualche settimana con me a Los Angeles e li avevo invitati alla premiere del film che avevo diretto, così eravamo tutti in casa di mia nonna.
Era una villa enorme e c’era spazio per tutti. La cosa che mi rendeva più felice era che stavo creando tantissimi nuovi ricordi positivi in quel posto dove anni prima ne avevo vissuti parecchi solo negativi.
“Siamo pronti?” Domandai dopo aver indossato un abito elegantissimo per la premiere. Avrei dovuto camminare sul red carpet ed ero un po’ agitata.
“Prontissimi!” Esclamò Evan, prendendo in braccio Brandon. Il bimbo stava indossando uno smoking ed era bellissimo. Spostai lo sguardo velocemente su una foto incorniciata e appesa alla parete di fianco a lui. Pochi mesi prima, Tommy ed io eravamo andati in Australia e avevamo scattato una foto con in braccio un koala. Era stato uno dei momenti più belli della mia vita.
“Non ancora.” Disse Tommy, scendendo le scale e litigando con la cravatta. Sorrisi e cercai di sistemarla, ma trovai qualcosa di duro incastrato sul retro dell’accessorio.
“Cosa…?” Cominciai a dire. La girai e sgranai gli occhi. Era un anello di fidanzamento. Per cinque anni avevamo detto che l’importante per noi era stare insieme e che un giorno ci saremmo sposati, ma non avevamo mai fatto piani precisi. Il ragazzo sorrise, prese l’anello dal retro della cravatta e si inginocchiò.
Oh mio Dio.
Intorno a noi i nostri amici si erano dileguati, probabilmente erano tutti d’accordo con lui e volevano lasciarci un po’ di privacy.
“Ho pensato a mille modi per chiederti di sposarmi e ho cercato anche di farti dare questo anello da quel koala in Australia, ma non era d’accordo e voleva mangiarselo.” Disse indicando la foto. Scoppiai a ridere e il gesto fece scivolare un paio di lacrime di gioia lungo le mie guance. “Non sono riuscito a pensare a un momento migliore di questo per chiederti di diventare mia moglie. Sono orgoglioso di te per tutto, per come sei diventata forte e per il talento che hai. Sapevo dal primo giorno in cui ti ho vista in quel locale che mi sarei innamorato di te, e per questo do la colpa al tuo sorriso da combinaguai.” Si interruppe e risi di nuovo. “Mi rendi l’uomo più felice del mondo e mi completi da cinque anni. Credo di non essermi mai innamorato di nessuno in questo modo e so di voler passare il resto della mia vita con te. Kat Moore, vuoi sposarmi?”
Cominciai ad annuire e presi le mani del ragazzo, che si rialzò e infilò l’anello al mio dito.
“Sì, sì! Ti amo, Tommy!” Esclamai e lo abbracciai.
“Anch’io ti amo, Kat.” Rispose e mi diede un bacio. I nostri amici ricomparvero non appena sentirono la parola ‘sì’ e cominciarono ad applaudire e a farci le congratulazioni. “Guarda l’anello. Dentro.” Disse poi.
Lo sfilai dal mio dito e lo guardai attentamente. Al suo interno c’era incisa una sola parola in corsivo. Unbroken.
 
Fine
 


Ed eccoci arrivati alla fine!
So di aver postato tutti gli ultimi capitoli in un giorno, ma sapevo che non l'avrei mai più fatto se avessi aspettato. Ancora oggi non so esattamente cosa penso di questa storia, ma volevo postarla tutta per chi aveva iniziato a seguirla. È stata importante per me, perché è la prima originale che io abbia mai deciso di pubblicare.
GRAZIE se l'avete letta tutta e spero che vi sia piaciuta!

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