Aamyan degli Elfi

di Feel Good Inc
(/viewuser.php?uid=2986)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il mago e il cavaliere ***
Capitolo 3: *** La guerriera e la Principessa ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** In cammino ***
Capitolo 6: *** Parole e racconti ***
Capitolo 7: *** Oltre il lago ***
Capitolo 8: *** Sotto le stelle ***
Capitolo 9: *** Tra gli Angeli ***
Capitolo 10: *** La Tigre e lo Specchio ***
Capitolo 11: *** Ciò che ci rende puri ***
Capitolo 12: *** La profezia ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ebbene sì, la febbre delle long-fic ha contagiato anche me

Ebbene sì, la febbre delle long-fic ha contagiato anche me! E in questo caso il merito è tutto della mia amica Evans Lily, perché leggendo la sua storia ho avuto un’improvvisa ispirazione e mi è venuta l’idea per questa mia nuova creazione… Anzi, la dedico proprio a te, Lily, ancora una volta!…

Qualche premessa: a volte i personaggi diventano vagamente OOC, per esigenze di copione. Inoltre anticipo che i capitoli dovrebbero essere in tutto tredici. Ed ora, come sempre, vi auguro buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

1

Prologo

 

La radura echeggiava delle urla della creatura minuta. Il gruppo di Uomini la teneva premuta al suolo; uno di loro le tirava i lunghi capelli argentei violentemente, quasi a volerglieli strappare alla radice; un altro le torceva le braccia esili dietro la schiena. La pelle eterea della fragile figurina era ormai contaminata da lividi e ferite, e il sangue scorreva da un taglio alla testa su tutto un lato del suo viso di bambina già donna.

L’unico uomo che finora era rimasto in piedi si avvicinò e con un gesto del braccio fermò i compagni, che immediatamente si scostarono dalla creatura, come se temessero di essere contagiati dalla sua deturpazione. La ragazzina rimase immobile, ansante, il viso ancora affondato nell’erba macchiata di rosso. L’uomo si accosciò al suo fianco, e lei si voltò lentamente a fronteggiare il suo sguardo. Lui rimase colpito dai suoi occhi, di un azzurro tanto chiaro da tendere al cristallino, che risaltavano come silenziose accuse pungenti nel rosso del sangue che fluiva abbondante dalla fronte bianca. Si impose di non mostrare esitazioni e si chinò su quel volto fino a respirarle sulle guance sporche di lacrime e terriccio.

«Ti sei decisa, piccola?»

La creatura non rispose. Si limitò a fissarlo, respirando affannosamente. Spazientito, l’uomo le sollevò il mento e si avvicinò ancora di più al suo viso.

«Te lo chiedo per l’ultima volta. Dov’è?»

Senza ritrarsi, ma fissandolo con odio e collera e ripugnanza, lei schiuse le labbra e gli rispose con un’altra domanda.

«Perché lo vuoi?»

L’uomo sorrise vagamente.

«Possibile che tu non capisca? Noi facciamo parte delle schiere dei ribelli della Terra del Buio. Il nostro unico obiettivo nella vita è mettere le mani sullo Specchio della tua signora… Perché è l’unico modo di porre fine a questa guerra, è l’unica speranza per noi che sogniamo la libertà…»

La ragazzina dagli occhi di perla prese fiato. Poi gli sputò in faccia.

L’uomo si tirò indietro, portandosi una mano agli occhi. I suoi compagni si mossero all’unisono, ma non poterono toccare la fanciulla: in quel breve istante, lei si era alzata in piedi, incurante delle ferite e del dolore. Di fronte alla sua improvvisa fierezza, nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi.

«Uomini insulsi», enunciò la creatura, «voi non avete idea del suo potere. Aamyan non tollera la violenza, cerca e pretende la purezza d’animo. E voi… Nessuno di voi potrà mai sperare di allungare le mani sullo Specchio. Se davvero desideraste il bene, non agireste in questo modo. I vostri ideali non sono che fanatismi. C’è troppa violenza dentro di voi. Se anche vi dicessi dov’è, non potreste mai usarlo.»

L’uomo accovacciato si sollevò di scatto, sovrastandola.

«Hai ragione, figlia degli Elfi. In noi c’è troppa violenza. Ma la colpa è di questa guerra, di ciò che dobbiamo subire ogni giorno, perché la guerra non risparmia nessuno, tende le sue dita su tutti, nessuno può restare puro in questa vita disastrata. Perciò, cosa cambia? Se non potremo usarlo noi, non potrà farlo nessuno. Adesso dicci dov’è lo Specchio.»

Avanzò minaccioso verso di lei, ma la fanciulla di razza elfica non arretrò. Lo guardò dal basso in alto con la stessa espressione furente, per poi pronunciare chiaramente poche parole, che suonarono come una profezia e come una condanna.

«Verrà presto l’animo puro che potrà guardare il proprio riflesso. Verrà. Fino ad allora, nessuno lo avrà mai.»

Uno degli Uomini, il più giovane e impulsivo, mise mano al pugnale che aveva appeso in vita.

«Piccola strega! Che la tua maledizione muoia con te!»

Con un solo rapido gesto, scagliò il coltello fino a far conficcare la lama nel petto della ragazzina.

La creatura dai capelli d’argento abbassò lentamente lo sguardo sul manico del pugnale che le sporgeva dal cuore, poi scivolò con altrettanta lentezza al suolo e rimase immobile, mentre il suo respiro si affievoliva rapidamente.

L’uomo a capo del gruppo si voltò verso il compagno che l’aveva colpita e gli affondò un pugno nello stomaco, mandandolo riverso a terra.

«Idiota!», urlò, chinandosi su di lui. «Ci serviva viva! Ora dovremo trovare un altro di questi maledetti Elfi per estorcergli qualcosa! Prega gli dei che ci riusciamo, o pagherai con la vita questa tua iniziativa…»

Lo tirò su con uno strattone. Il giovane distolse subito lo sguardo e si guardò le mani aperte, imbarazzato e terrorizzato. L’uomo lo ignorò, si sistemò il mantello sulla spalla e si rivolse agli altri compagni.

«Via di qui. Dobbiamo perlustrare questa foresta in ogni dove. Entro notte, Aamyan dovrà essere nostro.»

Uno dopo l’altro, abbandonarono la radura, lasciandosi alle spalle il corpo della ragazzina degli Elfi, senza rivolgerle uno sguardo.

 

Non sentiva più il proprio corpo, né il dolore. Non le restava molto ormai. Ma sentiva di aver assolto il suo dovere nel migliore dei modi; non aveva rimpianti. Gli Elfi non si pentono mai.

Rivolse lo sguardo al cielo su di sé e sorrise. Quegli Esseri Umani non sarebbero mai riusciti a prendere Aamyan. Lo Specchio era in attesa, aspettava pazientemente il tocco della mano pura che avrebbe potuto usarlo nello stesso modo in cui si proponevano quegli Uomini. Ponendo fine alla violenza, alla guerra, al flusso di sangue in cui ormai il Regno di Tomoeda era costretto a vivere.

Mentre la vita già iniziava a scorrere via da lei, sentì un lieve rumore di passi accanto a sé. Vide una figura china su di lei e la riconobbe all’istante, senza sentire il bisogno di decifrare i suoi lineamenti, che alla vista le apparivano confusi. Cercò di renderle omaggio, come era doveroso fare.

«Mia signora…»

La Principessa Tomoyo, Dama degli Elfi, le sfiorò le labbra e si chinò a bisbigliarle all’orecchio.

«Non parlare. Riposa. Hai avuto molto coraggio, piccola amica mia. Lo Spirito della Foresta non si dimenticherà di te. E nemmeno io.» Il suo tono si fece improvvisamente duro. «Questo giorno avrà un senso, vedrai. Il tuo gesto mi ha fatto capire. Ora so cosa devo fare, per il bene degli Elfi e di tutto il Regno.»

La ragazzina respirò profondamente e chiuse gli occhi, senza smettere di sorridere.

«Qualunque sia la vostra decisione, so che sarà quella giusta. Vi auguro… Vi auguro…»

Ma il respiro le venne meno, e all’improvviso tutto fu bianco, poi nero, e poi nulla.

 

Tomoyo passò tristemente una mano sugli occhi aperti della sua piccola simile, chiudendole le palpebre, e le posò un bacio sulla fronte rossa di sangue.

«Che il cielo ti accolga», sussurrò.

Poi giunse le mani sul petto di lei, e la ragazzina, semplicemente, svanì. Ora era pura anima, e avrebbe potuto guardare per sempre, non vista, quel mondo empio che aveva empiamente causato la sua morte.

Tomoyo del Popolo degli Elfi si alzò in piedi e lasciò che le lacrime le scorressero sul viso. Quante vite innocenti, quanto sangue, quanta devastazione avrebbe dovuto tollerare ancora?

Tutte le speranze, di quei tempi, vorticavano intorno ad Aamyan.

Ma non era per Aamyan che la piccola elfa era morta? Non era per Aamyan che la Foresta degli Elfi veniva ormai sempre più spesso violata dall’Uomo? Non era per Aamyan che l’aspirazione alla libertà sfociava nella violenza gratuita? Non era per Aamyan che la gente, pur odiando il male, uccideva e aveva ucciso quel giorno stesso?

Guardò il tramonto a occidente, e le sembrò che il cielo stesso piangesse lacrime di sangue.

Si scosse. Lei sapeva cosa fare. Aveva preso la sua decisione.

Non le restava che chiedere l’aiuto dell’unico Essere Umano che non aveva alcun interesse per lo Specchio degli Elfi… E sperare in quella giovane umana.

 

 

 

So che come inizio non è molto, ma se seguirete la storia vedrete che tutto ha un senso, perfino episodi apparentemente insignificanti come questo…

Desidero approfittare di questa mia nuova storia per dare finalmente a Sakura Bethovina (e a tutti coloro che fossero eventualmente interessati) il mio indirizzo MSN: fabiana_f18@msn.com. Lo dico anche perché… Beh, sapete, come avrete capito questa storia è ambientata in una dimensione parallela, e per scriverla io mi sono disegnata una specie di mappa… Perciò, se vorrete avere le idee chiare quando vi imbatterete in descrizioni di paesi o roba del genere, potrete chiedermi la suddetta mappa, ed io sarei felice di inviarvela tramite e-mail…

Grazie mille a chi deciderà di recensire. A presto!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il mago e il cavaliere ***


Aamyan degli Elfi

Ecco a voi il secondo capitolo! Innanzitutto ringrazio Evans Lily, Sakura Bethovina, Sakura182blast e Yumemi per le recensioni al Prologo… Le vostre parole mi hanno fatto molto piacere, sono contenta che vi interessi il fantasy e non vedo l’ora di sentirvi tutte su MSN! E poi vi dico che da questo momento inserirò un personaggio che nell’anime appartiene al passato, ma che qui è trasportato nella vita presente dei protagonisti… Un’altra cosa: EVVIVA, finalmente anch’io lo chiamo Shaoran!

Buona lettura…

 

 

Aamyan degli Elfi

 

2

Il mago e il cavaliere

 

Vagava tra i fumi della capanna, assorto nella preparazione di un decotto. Avvertì le presenze dietro di sé e sorrise, ma finse di non essersi accorto di nulla. Così, quando uno dei ragazzini gli si gettò addosso prendendolo alla vita, lanciò un’esclamazione di esagerato stupore.

«Dei del cielo!» Abbassò lo sguardo sul bambino che si arrampicava su per la sua tunica. «Oh, sei tu, piccolo… Mi hai fatto spaventare!»

Il bimbo sorrise apertamente, rivelando i vuoti di alcuni dentini caduti.

«Sei un bugiardo, Mastro Clow! Tu sapevi che ero io, perché sai sempre tutto!»

Il mago gli rivolse uno sguardo divertito e colpevole. Lo prese tra le braccia e lo sollevò in aria, facendolo volare sulla propria testa, per poi posarlo di nuovo a terra e rivolgersi alla schiera di bambini che erano appena entrati dietro il loro piccolo amico.

«Non si può nascondere nulla a voi piccoli apprendisti maghi.»

I bambini si raccolsero in terra attorno a lui, in semicerchio, chiamandolo a gran voce.

«Mastro Clow, Mastro Clow, perché non ci racconti…?»

L’uomo si portò le mani alle tempie, senza smettere di sorridere.

«Uno alla volta! Uno alla volta, ve ne prego!»

Quasi subito calò il silenzio. Poi il bambino che gli si era arrampicato addosso prese la parola.

«Tutti zitti, glielo chiedo io! Mastro Clow, ci racconti una storia?»

Il mago lanciò un’occhiata al paiolo fumante alle sue spalle. Poi sorrise e si sedette sul pavimento davanti a loro.

«Che genere di storia volete ascoltare?»

Si scatenò di nuovo il caos.

«Una storia d’amore!», strillarono le bambine, quasi in coro.

«No, una storia di guerra!», disse un altro bambino.

«Cosa ci trovi nella guerra, me lo spieghi?», lo rimbeccò la bambina seduta al suo fianco.

«Io voglio sentire una storia di magia», intervenne il più piccino, parlando con un dito in bocca.

Con un gesto delle mani, il mago li calmò tutti. Quando ebbe riottenuto il silenzio, dopo aver gettato un’altra occhiata al paiolo, catturò la loro attenzione.

«So io cosa ci vuole. Vi racconterò una storia vera. È una storia che parla di tutto questo: di guerra, di amore e di magia, e anche di tanto in più. E comincia proprio qui, nella Terra del Buio.»

I bambini si fecero più vicini, tutti tesi ad ascoltare, e lo guardarono frementi. Clow si schiarì platealmente la gola e iniziò il suo racconto.

«Molto, molto tempo fa, quando non c’eravate né voi né i vostri genitori né i vostri nonni e neppure i vostri bisnonni, il Regno di Tomoeda viveva in pace. So che è difficile crederlo, per voi che siete abituati a crescere in un clima di guerra, eppure è così. Più di cento anni fa, la Terra del Buio e la Terra della Luce vivevano davvero in pace, e tra noi Esseri Umani e le razze magiche regnava l’armonia. Questo valeva tanto per gli Angeli del Nord quanto per i Nani del Sud e per gli Elfi dell’Est. Gli Elfi, in particolare, che vivevano e vivono ancora nella Foresta tra la Terra della Luce e l’oceano, erano molto legati agli abitanti della terra vicina a loro.»

«E poi cos’è successo?», chiese il bambino più piccolo, subito zittito da uno scapaccione della sorella maggiore.

«Ci sto arrivando. Un giorno il Re della Terra del Buio andò in visita dalla sua futura sposa, l’erede al trono del Regno della Luce. I due erano felici insieme, ma prima delle nozze il Re conobbe gli Elfi, e si innamorò perdutamente di una giovane donna di quella razza. La fanciulla lo ricambiava, ma non potevano assolutamente stare insieme: in primo luogo, la legge elfica vietava l’unione tra le due razze; inoltre il Re avrebbe dovuto sposarsi di lì a breve. Così iniziarono ad incontrarsi di nascosto…»

«Com’è romantico…», sospirò la bambina, e stavolta fu lei a rimediare un pizzicotto dal fratellino.

«Ma furono scoperti», proseguì il mago. «Il Re della Terra della Luce, padre della futura sposa, sorprese il fidanzato della propria figlia con quella ragazza del Popolo degli Elfi, e ovviamente andò su tutte le furie.»

«E poi?»

«E poi, beh, le due terre iniziarono a farsi guerra.»

«Ma…» Un’altra bambina saltò su in ginocchio. «Ma scusa, Mastro Clow, queste cose sono successe così tanto tempo fa… Com’è possibile che la guerra ci sia ancora? Quelle persone devono anche essere morte, no? Perciò… Perché la guerra va avanti?»

Clow perse ogni voglia di sorridere ai suoi ascoltatori. Sospirò profondamente e si rivolse alla bambina.

«Piccola mia, mi hai fatto una domanda davvero intelligente. Vedi, l’animo umano è complicato… Hai ragione, quella storia è finita da un pezzo, ma questo non ha impedito alle incomprensioni di venire allo scoperto. In tutti questi anni si sono sommati motivi su motivi, col risultato che la guerra va avanti così, quasi naturalmente, come se non ci fosse nemmeno una ragione di fondo. Inoltre le razze magiche, accorgendosi della superficialità degli Esseri Umani, si sono allontanate da noi. Sai, la guerra spesso è solo desiderio di imporsi sugli altri…»

Si interruppe. Tutti i bambini si sporgevano verso di lui, con le espressioni amareggiate di chi ha avuto un’improvvisa rivelazione sulla vita e se ne sente profondamente insoddisfatto. Il mago sentì un flusso di tenerezza per loro.

«Mastro Clow», disse seriamente il bambino che si era fatto portavoce del gruppo, «non c’è un modo per fermare questa guerra? Non si potrebbe tornare come prima? Quando sarò grande… io… Non credo che vorrò andare in guerra. Se non ne ho nessun motivo!»

«Questo», sorrise il mago, «ti rende un vero uomo, piccolo.»

Si alzò per controllare di nuovo il decotto sul fuoco; lo mescolò lentamente e poi tornò a sedersi incrociando le gambe tra i bambini.

«Sapete, forse un modo c’è per porre fine alla guerra. Ormai questa voce si è diffusa in tutti quei gruppi di persone che non vogliono più combattere… Immagino che non sarà un male se lo sapete anche voi.»

«Cosa, Mastro Clow? Qual è il modo?»

«Tranquilli, tranquilli. Ve lo dirò.» Lasciò vagare lo sguardo su tutti loro. «Vi ho parlato degli Elfi dell’Est… Beh, a quanto pare la loro attuale Principessa ha intessuto un’alleanza con gli Angeli del Nord. Lassù, nel paese degli Angeli, c’è un lago pieno di un’acqua rossa che brucia come fuoco. La Dama degli Elfi, Tomoyo, ha chiesto agli Angeli di forgiare in quel lago uno Specchio magico. E in effetti si dice che Tomoyo lo abbia fatto proprio nella speranza che ciò potesse servire a far finire la guerra. Vedete, se un Essere Umano riuscisse a guardare il proprio riflesso in quello Specchio, avrebbe la possibilità di vedere realizzato il suo desiderio più grande. E un desiderio potrebbe essere, che so, la pace per tutti.»

«Ooooh!» I bambini si produssero in un coro di stupore. «Davvero?»

«Davvero», confermò Clow sorridendo. «Ma non credete che sia facile. A quanto pare, per guardarsi nello Specchio degli Elfi occorre essere totalmente puri di cuore. E in questo clima di guerra, come ci si può aspettare che qualcuno sia puro?» Smise ancora una volta di sorridere e guardò il soffitto. «Anche chi odia la violenza non può fare a meno di ricorrervi pur di affermare i propri ideali. Gli Elfi lo sanno, sanno che noi Uomini non siamo in grado di usare lo Specchio, e si rifiutano di lasciarlo usare al primo che capita… Anche perché se un Essere Umano dall’animo non totalmente puro guardasse il proprio riflesso, morirebbe all’istante…»

Cadde il silenzio. Il mago si alzò e tornò al suo paiolo fumante, per poi rivolgersi di nuovo ai bambini.

«Bene, ragazzi, avete avuto la vostra storia. So che non è molto soddisfacente, ma purtroppo la realtà in cui viviamo è questa. Ora andate pure a giocare, non lasciatevi turbare da questi pensieri.»

Mormorando tra loro e rivolgendogli saluti pensosi, i bambini uscirono dalla capanna. Clow voltò le spalle alla porta, continuando a mescolare il decotto.

C’era ancora una presenza, fuori della capanna; l’aveva percepita fin da quando i piccoli erano entrati, ma nell’emozione del racconto non aveva capito a chi appartenesse quell’aura. Ora, nel silenzio e nella solitudine, capì chi ci fosse appena fuori della porta.

«Vieni pure dentro», lo invitò senza voltarsi.

Un lieve suono di passi echeggiò sul gradino d’ingresso e si fermò sulla soglia della porta aperta.

«Salve, Mastro Clow.»

«Benvenuto a te, giovane cavaliere.»

Il mago si voltò a guardare l’adolescente immobile davanti alla porta. I suoi capelli castani erano colpiti dalla luce proveniente dalla finestra ed erano solcati da riflessi dorati, ma i suoi occhi dello stesso colore bruno restavano cupi. Clow sapeva che quella sorta di oscurità aveva origine fin dentro l’anima del ragazzo. Lo conosceva bene, ormai, e non aveva più bisogno di leggere i suoi pensieri per capirlo.

«Ci sai fare con i bambini», disse il giovane, abbandonando ogni formalità. «O forse sei solo un abile narratore.»

Clow si limitò a sorridere, osservando il modo in cui il ragazzo tormentava tra le dita un lembo del mantello.

«So cosa pensi», gli disse, rompendo gli indugi. «Dunque perché non ne parli liberamente, Shaoran?»

L’adolescente alzò lo sguardo su di lui.

«Come mai non mi hai mai parlato di questo… Specchio degli Elfi?»

«Oh, devo averlo dimenticato. Sai com’è, l’età mi fa strani scherzi… Ad ogni modo, non ho nemmeno pensato che fosse importante parlartene.»

«Ah, no?» Shaoran lasciò andare di colpo il mantello, che gli ricadde dietro la schiena, scivolando giù fino all’altezza degli stivali, in uno svolazzo. Si avvicinò guardandolo seriamente. «Tu lo sai… Dopo tutto quello che ho passato… Davvero credevi che non mi potesse interessare un modo, un qualsiasi modo per far finire questa follia?»

Clow sospirò e gli voltò le spalle.

«Shaoran, la guerra è inevitabile. Bisogna rassegnarsi. Credi forse di poter essere in grado di usare quello Specchio?»

Shaoran lo afferrò per le spalle e lo voltò di nuovo, e il mago si ritrovò ad un soffio dalla sua espressione furiosa.

«Rassegnarsi?», sibilò il ragazzo. «Hai idea di quante volte io me lo sia sentito dire? Ancora non sai che ne sono stufo? Io non voglio semplicemente rassegnarmi. Sarebbe un insulto… un insulto al ricordo di tutto ciò che ho dovuto sopportare in sedici anni di vita. Un insulto ai miei ricordi, a ciò che c’è ancora di buono nella mia mente.» Lo lasciò andare come se si fosse scottato e gli voltò le spalle. Si diresse spedito alla porta, poi si fermò e parlò da sopra la spalla. «E riguardo la tua domanda… Chissà. Forse sì.»

Clow rimase immobile a guardarlo uscire.

«Te lo auguro, Shaoran», mormorò tra sé. «Te lo auguro davvero.»

 

Shaoran percorse il sentiero della capanna del mago e si fermò quando giunse ad una larga roccia piatta. Era il posto in cui di solito sedeva a pensare, quando la realtà e i ricordi e la prospettiva del domani si facevano insostenibili. Momenti come questo.

Sospirò e si sedette abbracciandosi le gambe. Il lieve vento primaverile frustava il mantello alle sue spalle e gli scompigliava i capelli sulla fronte.

Da quel punto, il sentiero proseguiva svoltando a destra, fino alla piazza principale della città; ma di fronte a lui c’era un dirupo, da cui lo sguardo poteva spaziare lontano all’orizzonte.

Lo Specchio degli Elfi. Detenuto dalla Principessa Tomoyo. Che fosse vero? Che fosse quello il modo per cancellare la guerra dal mondo?

Ma chi voleva prendere in giro? Se anche fosse esistito uno Specchio del genere, lui non lo avrebbe certo potuto usare… Lui non era puro, lui uccideva…

Abbandonò la testa sulle braccia e ripercorse la sua oscura storia.

Fin da quando riusciva a ricordare, era vissuto tra i cavalieri. Di suo padre ricordava solo che era uno di loro, poi il buio assoluto. Sua madre la ricordava un po’ di più, ma già il suono della sua voce era per lui solo il ricordo di un sogno, indistinto, inafferrabile…

Era diventato cavaliere a soli tredici anni. Un vero e proprio primato. Nessun altro, nell’esercito della Terra del Buio, poteva vantare un’ammissione così anzitempo nei ranghi della guardia reale. Ma Shaoran avrebbe volentieri rifiutato quella vita, lui che odiava la guerra, lui che per colpa della guerra aveva perso tutto… Aveva pensato di poter essere un cavaliere per sfogare sul campo di battaglia tutta la sua rabbia, i suoi rimpianti, il suo dolore, la sua frustrazione; ma lui non era così, non era in grado di vendicarsi sulla strada della violenza, perché lui quella strada la odiava profondamente…

Ripensò allo Specchio di cui aveva parlato Clow. Buffo. Era andato da lui quel giorno solo per chiedergli in prestito un libro, invece aveva trovato una via.

Ma era percorribile?

Era davvero giusto continuare a sperare?

Clow preferiva arrendersi, certo; ma del resto Clow era ormai assuefatto a quella vita, non aveva più sogni, semplicemente perché non ne aveva bisogno. Shaoran, dal canto suo, non avrebbe sopportato l’idea di una vita così, sempre uguale, sempre intrisa di sangue.

Si riscosse. Forse stava facendo una stupidaggine, ma in fondo che altro aveva da perdere?

Nulla… Proprio nulla…

Si alzò in piedi e guardò verso est. Da qualche parte laggiù c’era la Foresta degli Elfi, e forse un modo per cambiare le cose. Probabilmente lui non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di toccare quello Specchio… Ma non gli importava. Preferiva andare laggiù senza speranza, piuttosto che restare senza speranza nella Terra del Buio.

Tornò sui suoi passi e riprese il sentiero, diretto alle scuderie del Palazzo, per bardare il suo cavallo. E partire.

Lontano da tutto, lontano da qui… Verso un barlume di folle illusione.

 

 

 

Spero che la curiosità sia sempre viva… Io ho fatto del mio meglio!

Alla prossima…

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La guerriera e la Principessa ***


Aamyan degli Elfi

Ehilà, sono tornata! Mi spiace di non essermi fatta sentire per un po’… Comunque ci tengo innanzitutto a ringraziare per i loro commenti sul precedente capitolo Sakura182blast (grazie mille dei complimenti… Eh, già, Shaoran è diretto proprio dagli Elfi, chissà cosa succederà!), Evans Lily (grazie mille, amica mia, conto di sentirti presto anche se non ho ancora risolto… Ebbene sì, mi dichiaro colpevole, la mappa l’ho disegnata io… -///-”) e Sakura Bethovina (già, è un po’ difficile vedere Shaoran come cavaliere, però vedrai che la sua scelta ha un senso… Grazie mille anche a te per i complimenti!). Spero di non deludere le vostre aspettative, ragazze.

In questo capitolo apparirà l’eroina principale e… Beh, preferirei non sbilanciarmi, non si sa mai!

Buona lettura…

 

 

Aamyan degli Elfi

 

3

La guerriera e la Principessa

 

Il cervo saltellava e sfrecciava come un’antilope, apparendo e scomparendo a tratti quasi regolari nel fogliame del sottobosco. Si divertiva a prenderla in giro, a cercare di confonderla. Ma lei era ben addestrata per quel genere di preda. Si fermò tra gli arbusti e chiuse gli occhi, respirando profondamente, cercando di percepire l’animale non con la vista, ma con gli altri quattro sensi. Quando sentì un lievissimo spostamento di foglie dritto davanti a sé, si portò la mano al fianco, estrasse il coltello da caccia dalla guaina e, senza aprire gli occhi, lo scagliò in quella direzione. Un colpo sordo e un tonfo le fecero capire che ancora una volta il suo metodo aveva dato frutti.

Sakura riaprì gli occhi e si diresse al cespuglio di rovi dove aveva sentito cadere il cervo. Si chinò e vide l’animale riverso nell’erba, trafitto alla gola. Con reverenza recuperò il pugnale e si accucciò accanto alla carcassa.

«Sono desolata, nobile creatura», sussurrò accarezzandone il dorso, «ma si deve pur mangiare per vivere.»

Sciolse un altro coltello dal laccio che aveva alla vita e, sistemandosi tra i cespugli, iniziò a scuoiare l’animale.

Era un’incombenza in cui ormai eccelleva; da che ricordava, per sedici anni era sempre vissuta così, alla macchia, selvaggia e, soprattutto, sola. Perciò aveva imparato presto a cavarsela in ogni circostanza. Aveva passato gli ultimi anni a vagare per la Terra della Luce, attraversando villaggi e città, e in quelle occasioni si era creata una fama di guerriera ignota e inavvicinabile; ma in realtà era già da molto tempo che la conoscevano così, ed era proprio per questo che ora lei era perennemente in movimento: il Re di quella terra, Touya, venuto al corrente già da qualche anno della misteriosa nomade cresciuta nei boschi e divenuta temibile quanto un cavaliere, intendeva trovarla e convincerla ad entrare nel suo esercito, ma lei non ne aveva la minima intenzione. Lei era libera e selvaggia, sciolta da tutto e da tutti, e non poteva legare la propria vita al destino di migliaia di persone. Era fermamente decisa a tenersi al di fuori di quella guerra insulsa di cui nessuno riusciva nemmeno più a ricordare la ragione. Lei non aveva un destino, non aveva uno scopo; viveva, semplicemente, e tant’era.

Sakura rise tra sé, una risata amara, chiedendosi come mai scuoiare un cervo per il pranzo le provocasse tali e tante meditazioni sulla propria esistenza.

Quando finì di preparare l’animale alla cottura, affastellò alcuni rami che aveva trovato precedentemente, sistemandoli all’ombra di un alto albero. Poi, con due pietre e tanta pazienza, iniziò a cercare di generare scintille per appiccare il fuoco. Ci riuscì, e mentre le fiamme si stabilizzavano prese alcuni bastoni, improvvisando uno spiedo, per poi tagliare la selvaggina a pezzi e disporli finalmente a cuocere.

Poco dopo il cervo era cotto e fumante, e Sakura si riempiva lo stomaco, con la schiena contro la dura corteccia e le gambe raccolte contro il corpo.

«Ti soddisfa davvero mangiare una creatura vivente?»

Al suono della voce, Sakura balzò in piedi, impugnando di nuovo entrambi i coltelli, e prontissima ad usarli. Si allontanò dall’albero, guardandosi intorno, finché i suoi occhi si posarono su una figura, apparentemente apparsa dal nulla, che si stava avvicinando.

Era una ragazza, forse della sua età. Lunghissimi capelli scuri le fluivano morbidi sulle spalle, e gli occhi, di una sfumatura tra il blu e il viola, erano incredibilmente penetranti. Indossava un abito modesto, in tessuto leggero, ma aveva un’aria innaturalmente celestiale. Sakura la fissò sbalordita, chiedendosi chi diavolo fosse. Rendendosi poi conto che l’estranea non costituiva una minaccia, abbassò le armi.

«Si dà il caso», sbuffò, «che non si tratta affatto di una creatura vivente, non più, dal momento che per mangiarla l’ho uccisa.»

La ragazza sconosciuta le si avvicinò ancora, con un’espressione vagamente contrariata, ma non aggiunse altro. La guardò da capo a piedi, come se volesse valutarla, prima di parlare di nuovo.

«Tu sei Sakura, la guerriera senza radici.»

Non era una domanda; Sakura ebbe l’improvvisa sensazione che la sconosciuta sapesse tutto di lei. La guardò di rimando, incrociando le braccia.

«Esatto. Posso sapere chi sei tu?»

L’altra le sorrise, enigmatica.

«Non so se mi crederai…»

Sakura iniziava a spazientirsi.

«Beh, vediamo… Se non me lo dici non potrai saperlo, giusto?»

«Giusto.» La ragazza tornò seria e assunse un tono grave. «Bene, allora, siamo sincere fino in fondo. Io sono Tomoyo, Dama degli Elfi, Principessa della Foresta d’Est. E sono venuta a cercarti perché ho bisogno di te.»

Immediatamente sulla pianura calò il silenzio.

Sakura la fissava interdetta e incredula. Poi la sorpresa lasciò il posto allo scetticismo e al rifiuto. Ma come poteva aspettarsi, quella ragazza, che lei le credesse? Chi si credeva di essere?

«Ma davvero? Non sembri affatto un Elfo», proruppe, pungente.

La fanciulla che affermava di chiamarsi Tomoyo sorrise di nuovo.

«Quanti Elfi hai visto nella tua vita, Sakura?»

Colpita nel vivo, la giovane senza patria sbuffò.

«Non ho bisogno di vederne uno per sapere che sono diversi dagli Esseri Umani. E tu, chiunque tu sia, sembri in tutto e per tutto un’umana.»

«Non posso darti torto. Ma del resto, questo non è il mio vero aspetto. Ho assunto una forma umana per mostrarmi a te in modo da non turbarti. Sakura, ascoltami: io ho davvero bisogno del tuo aiuto…»

Nella sua voce era comparsa una traccia di urgenza. Incerta, Sakura la guardò negli occhi. Sembrava davvero sincera. Senza contare che il suo sguardo decisamente non era umano. Occhi così penetranti non sembravano nemmeno appartenere a questo mondo…

«Cosa potrebbe mai volere da me la Principessa degli Elfi?», la provocò ancora.

Lei sospirò profondamente.

«Dovrò raccontarti la mia storia, Sakura. Ti prego di ascoltarmi fino in fondo.» Si sedette nell’erba, allargando attorno a sé il vestito, e con la mano colpì il suolo. «Vieni qui.»

Ancora diffidente, Sakura si sedette a una certa distanza da lei, allacciandosi controvoglia i coltelli in vita.

Tomoyo, o chiunque fosse, sospirò di nuovo e la guardò, iniziando poi il suo racconto.

«Nacqui dalla stirpe elfica… sedici anni fa, secondo la tua concezione del tempo. Venni in questo mondo in cui la componente essenziale della vita degli Uomini sembra essere diventata la guerra. Appresi molto presto la storia della donna appartenente al mio popolo che, pur involontariamente, insieme ad un uomo causò l’inizio di questo scempio, e subito mi dissi che doveva pur esserci un modo per cancellare quella storia, per evitare tutto questo dolore, per andare avanti… sebbene sapessi che la pace sarà sempre una condizione difficile da mantenere, ora che l’Uomo ha messo in gioco le proprie ambizioni, ora che i tempi sono diversi e che ciò che conta è solo il potere.» Abbassò lo sguardo, lisciando una piega nell’abito bianco da popolana. «Ma non mi importava. Volevo fare qualcosa, qualsiasi cosa, per il Regno. Fu così che decisi di andare dagli Angeli.»

Sakura la fissò, incapace di reagire. Angeli?

«Comprendo il tuo stupore. Gli Angeli sono ormai una razza quasi sconosciuta all’Uomo. Eppure, è dall’unione degli Angeli con gli Elfi che sono nati gli Esseri Umani… Essi vivono in una regione senza nome all’estremo nord del Regno. La loro saggezza non ha eguali, ma sono anche estremamente orgogliosi, e da quando è iniziata la guerra tra le due terre hanno rifiutato ogni contatto con le altre genti, reputandosi il migliore dei Popoli, l’unico meritevole di salvezza.» La ragazza scosse lentamente la testa. «Non mi importava nemmeno di questo. Avevo bisogno della loro conoscenza, e delle loro arti, ben superiori a quelle degli Elfi. Mi recai da loro e chiesi umilmente di stabilire un’alleanza tra le nostre due razze. Fortunatamente mi ascoltarono, e questo mi servì per chiedere loro se ci fosse un modo per far cessare ogni guerra nel Regno. Mi dissero di sì. Così nacque Aamyan.»

Totalmente dimentica della confusione in cui l’aveva gettata la notizia dell’esistenza degli Angeli e del loro ruolo nella nascita dell’Uomo, Sakura assaporò il dolce suono di quel nome, intriso di un qualche piacevole mistero capace di parlare alla sua anima. Lo ripeté mentalmente a se stessa, mentre Tomoyo seguitava con la sua storia.

«Si trattava di uno Specchio magico, che poteva essere usato solo dagli animi più puri. Gli Angeli dissero che solo se un Essere Umano dal cuore puro avesse guardato il proprio riflesso in Aamyan e avesse desiderato la fine della guerra, questa sarebbe cessata. E così io divenni la detentrice dello Specchio, la cui esistenza divenne presto nota a pochi saggi delle Terre della Luce e del Buio, fino a giungere all’orecchio di coloro che si rifiutavano di combattere. Puoi immaginare come molti si siano decisi a tentare di specchiarsi…»

Sakura annuì vagamente, attenta.

«Tuttavia», sospirò Tomoyo, «molto spesso, esaltando un valore, si diventa ipocriti. Gli Uomini che intendevano rifuggire dal male del Regno diventavano impuri, quando si profilava l’eventualità di usare Aamyan. Pur di giungere ad esso, ricorrevano ad ogni genere di violenza. E ciò ovviamente li rendeva indegni di riflettersi nello Specchio.»

Tomoyo si interruppe improvvisamente. Ci fu una pausa, poi guardò di nuovo Sakura in viso e le sorrise.

«Percepisco la tua incredulità, e la capisco. Per dimostrarti che non mento, ti mostrerò la prova delle mie parole.»

Sakura la vide unire le mani, chiudendo gli occhi, e vide le sue labbra muoversi silenziosamente. Quando la giovane disgiunse le dita, una luce improvvisa brillò tra le sue mani, inducendo Sakura a chiudere gli occhi per non restare accecata da tanta intensità. Quando la ragazza riuscì a sollevare le palpebre e ad abituarsi alla luce, distinse una figura aleggiare all’altezza del petto di Tomoyo. Trattenne il fiato, rendendosi conto che si trattava di uno specchio.

«Guarda», disse Tomoyo, e come animato di vita propria l’oggetto volò verso Sakura.

La luce si diradò, e lei poté finalmente distinguere il manufatto finemente lavorato e intarsiato di gemme. Lo Specchio rimase sospeso davanti ai suoi occhi, ma non le permise di guardare il proprio riflesso. Sakura ebbe la certezza che se lo avesse fatto le sarebbe successo qualcosa di terribile.

Poi, lentamente, Aamyan tornò tra le mani di Tomoyo e svanì com’era apparso.

Stordita, Sakura incontrò lo sguardo della Dama degli Elfi.

«Ma… Ma io cosa c’entro con tutto questo?», articolò, sempre più confusa.

Tomoyo si rabbuiò e riprese a parlare in tono sommesso.

«Molte cose mi hanno fatto capire che Aamyan deve essere distrutto.»

«Che cosa?» Sakura si sentì crollare addosso il cielo. «No! Potrebbe far finire la guerra… Perché vuoi farlo?»

«Perché è giusto. Uomini ed Elfi continuano a morire per questo Specchio; gli uni per averlo indegnamente, gli altri per difenderlo dagli indegni. Io non posso più permetterlo. Mi capisci? Aamyan fu creato per contrastare la violenza… Che senso ha, ora che invece ne genera di nuova?»

Sakura non disse nulla. Credeva di capire cosa intendesse la Principessa.

«Ho deciso di riportarlo nella terra degli Angeli», continuò Tomoyo, «e di fonderlo nello stesso lago di acqua lavica dove fu forgiato. Ma per giungere fin lì ho bisogno del tuo aiuto, Sakura, poiché tu, così libera e priva di vincoli, sei forse l’unica umana in questo Regno totalmente disinteressata ad Aamyan, e io posso fidarmi solo di te.»

Calò di nuovo il silenzio. Sakura evitava lo sguardo della Dama degli Elfi, sentendosi totalmente inadeguata. Alla fine sbottò, lasciando emergere la propria confusione.

«Io dico che ti sbagli. Non sono adatta a questo genere di compito. Io non c’entro niente, ecco tutto. E poi… E poi, l’hai detto tu stessa, io sono priva di vincoli: perché dovrei decidere di seguirti, di aiutarti a distruggere quel dannato Specchio, se questa storia non mi riguarda?»

Tomoyo si alzò in piedi. Sakura continuava a non guardarla, ma si sentiva addosso il suo sguardo, insistente come una lama rigirata in una ferita aperta. Poi Tomoyo parlò di nuovo.

«Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che io so chi sei?»

Sakura si voltò di scatto a guardarla, alzandosi velocemente a sua volta.

«Come hai detto?»

«Io so chi sei, Sakura.» Tomoyo la guardava duramente. «Io conosco il tuo passato. Posso mettertene a conoscenza, se lo desideri. So che ti fai tante domande. Vuoi sapere da dove vieni, non è così?»

Sakura non riusciva a parlare. Si limitò a fissarla, sentendo il cuore rimbombarle nelle orecchie. Si avvicinò a Tomoyo, la cui espressione si addolcì.

«Le tue origini sono proprio lassù, nel paese degli Angeli. Tu nascesti da uno di loro, che fu irretito dalle grazie di una donna umana. La tua nascita fu causa di scandalo per entrambe le razze. Tuo padre fu bandito dai suoi simili, tua madre fu rinnegata dalla sua famiglia ed esiliata dalla Terra della Luce. I segni erano così infausti che su di te fu enunciata una profezia, dall’esito certamente negativo… Ma ormai nessuno la ricorda più, perché tutti fecero l’impossibile per spazzare via il ricordo di quello che veniva considerato un errore. Ed è per questo che sei cresciuta sola e libera… e disinteressata. E questo, tuttavia, al momento non può che essere un bene. Tu infatti sei l’unico Essere Umano rimasto incorrotto, non toccato da questa guerra; sei la sola che potrebbe forse utilizzare Aamyan… Ma so che non lo vuoi. So che senti che la tua vita è vuota, che credi di non avere uno scopo. Lo so, e lo rispetto. Ma io ho bisogno di te, Sakura. Ti prego di aiutarmi.»

Ancora una volta Tomoyo tacque e cadde il silenzio.

Sakura si scoprì improvvisamente gli occhi pieni di lacrime. Una vita intera senza sapere nulla di sé, e adesso…

Tomoyo aveva ragione: non le importava praticamente nulla della guerra, di Aamyan, del Regno; lei era disinteressata a tutto questo, ma non poteva ignorare il fatto che ora anche lei aveva un passato.

Non si curò di asciugarsi gli occhi. Invece, li fissò in quelli di Tomoyo, maturando una decisione. Ora si sentiva legata da qualcosa di indefinibile a quella ragazza che regnava un popolo. E poi… La terra degli Angeli, la terra di quello che era stato suo padre…

«Non so bene perché lo faccio», mormorò bruscamente. «Ma verrò con te.»

Tomoyo le sorrise. Sakura non ricambiò, ma si voltò verso i resti del fuoco e li spense col tallone, iniziando da subito a prepararsi per il viaggio che l’aspettava.

 

 

 

Vorrei precisare una cosa. Descrivendo Sakura come una guerriera senza radici è inevitabile che lei risulti diversa da come appare tradizionalmente nell’anime il suo personaggio. Spero che non me ne vogliate, però ovviamente non è escluso che lei possa cambiare secondo le circostanze e… gli incontri! Ehm, sto dicendo troppo!! ^^

Appuntamento al prossimo capitolo… Spero il più presto possibile!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Incontri ***


Aamyan degli Elfi

Ecco pronto il quarto capitolo. Come prima cosa saluto e ringrazio vivamente Evans Lily (troppo buona, troppi complimenti, più del solito! Ebbene sì: dal titolo troverai la risposta alla tua domanda…), Sakura182blast (grazie come sempre, sorellina, mi ha fatto molto piacere il tuo commento!) e Pikki SakuraChan (come ti capisco, anch’io ho un sacco di problemi con la rete! Comunque sono contenta che la mia storia ti piaccia e mi piacerebbe sentirti anche su MSN, che ne dici?).

Adesso, come sempre, vi auguro buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

4

Incontri

 

Shaoran cavalcava senza posa. Non riusciva più a ricordare l’ultima volta in cui si era fermato a riposare o a mangiare un boccone. Aveva con sé una bisaccia ancora mezza piena, e aveva appena finito di metter mano alle provviste, senza nemmeno scendere di sella. Non sapeva neanche lui perché fosse tanto ansioso di giungere presto alla meta.

Era in viaggio da una settimana circa. Il giorno in cui aveva visto Clow per l’ultima volta e lo aveva sentito raccontare ai bambini della città la storia dello Specchio degli Elfi, subito dopo essere tornato alle scuderie a preparare il suo cavallo, era partito senza guardarsi indietro. Dopo un paio di giorni aveva varcato il confine, evitando i posti di guardia dei suoi conterranei: si era sentito un disertore, un traditore della patria; non aveva detto nulla della sua partenza che sapeva di fuga ai suoi compagni d’armi, né alla Principessa Meiling, alla cui scorta era stato recentemente assegnato. Ma sapeva che era giusto così, e se doveva essere considerato un disertore, poco importava, perché lui non si sentiva più in grado di servire nessuno, nemmeno se stesso.

Costeggiando il fiume si era dunque inoltrato nella Terra della Luce. Non si era aspettato di vedere nulla di diverso rispetto alla propria terra, e in effetti le poche persone che aveva incontrato avevano gli stessi sguardi spenti, le stesse mani sporche di sangue, le stesse diffidenze degli abitanti della Terra del Buio. Lo spettro della guerra produceva su tutti gli stessi inconfondibili effetti. Ancora una volta aveva evitato i luoghi in cui era più facile incontrare soldati o cavalieri, ma si era tenuto alla larga anche dagli occhi curiosi dei contadini. Quando il fiume aveva svoltato a sud con un lungo braccio esteso fin quasi all’estremo confine del Regno, Shaoran aveva proseguito verso est, nella trepidante attesa di vedere stagliate all’orizzonte le lontanissime chiome della Foresta degli Elfi.

Era ormai passato il crepuscolo, e la luce che rischiarava il suo cammino proveniva unicamente dalle stelle, quando Shaoran fermò il cavallo e smontò per proseguire a piedi, sgranchendosi finalmente le gambe, in cerca di un posto dove passare la notte.

Camminava lentamente, cercando di riabituarsi alla sensazione di tenere i piedi a terra dopo la lunga cavalcata. Si sentiva sfinito, fisicamente e interiormente.

Dove lo avrebbe portato quel viaggio? Possibile che stesse davvero seguendo le orme di uno Specchio in grado di realizzare i desideri degli animi puri? Ma lo avrebbe mai trovato? E chi avrebbe potuto usarlo? Mille domande senza risposta gli turbinavano nel petto, togliendogli quasi il respiro.

Cercò di scuotersi e di allontanare quei pensieri. Al momento doveva solo preoccuparsi di dover passare un’altra notte all’addiaccio. Si mosse con più decisione, tirando dolcemente il cavallo per le redini, finché gli sembrò di vedere una debole luce, lontana tra gli alberi. Cautamente, si diresse in quella direzione.

 

Sakura ingoiò un pezzo di carne di daino e si soffermò con lo sguardo su Tomoyo.

«Sei sicura di non volerne assaggiare?»

La ragazza che non era umana le sorrise e scosse la testa.

«Ti ringrazio, ma gli Elfi non tollerano di nutrirsi di carne animale. Gli animali sono creature come noi, e non potremmo mai nemmeno pensare di ucciderne uno, figurarsi di mangiarli. Ma so che la tua razza la pensa diversamente, e ancora una volta rispetto le scelte di chi è diverso da me e dalla mia specie.»

Sakura abbassò lo sguardo sulla sua cena, a disagio. Scuotendo la testa, addentò un altro boccone e lo masticò assaporandolo a fondo, osservando la Dama degli Elfi intenta nella preparazione di uno strano intruglio di erbe e radici commestibili e frutti raccolti lungo la strada, e rallegrandosi in cuor suo di non essere vegetariana.

Era passato solo un giorno da quando aveva incontrato Tomoyo, eppure aveva l’impressione che lei la conoscesse da sempre. Sembrava leggerle dentro con estrema facilità, e più di una volta Sakura si era chiesta se gli Elfi non potessero anche leggere nel pensiero. E quegli occhi… Quegli occhi avevano l’indubbia capacità di stregarla. Che fosse per questo che aveva deciso di accompagnarla?

Perché davvero Sakura ancora non riusciva a capire come avesse potuto lasciarsi convincere. Lei era totalmente indifferente al resto del mondo, perché era sempre stata sola, in opposizione all’insieme del mondo circostante; era così disinteressata e neutrale che non sentiva nemmeno il bisogno di voler tentare di guardare il proprio riflesso nello Specchio degli Elfi e desiderare la fine della guerra, né tanto meno di esprimere un qualsiasi altro desiderio. Eppure a quella fanciulla che governava un popolo misterioso e sapeva tutto di lei, finanche ciò che lei stessa ignorava, non aveva saputo dire di no. E forse era proprio questo che l’aveva legata a Tomoyo, il fatto che lei la conosceva, e il fatto che si stava dirigendo in quella che, come aveva appena scoperto, era la terra delle sue origini. O forse c’era dell’altro?

Sakura scrollò le spalle mentre terminava la sua cena. Aspettò che anche Tomoyo si fosse rifocillata con il suo cibo, prima di accoccolarsi contro la grossa radice d’albero su cui era stata seduta, cercando una posizione per addormentarsi.

All’improvviso sobbalzò, alzandosi di nuovo a sedere, attenta.

Dei passi si avvicinavano tra gli alberi, con suoni lenti e pesanti. Stivali. E zoccoli di cavallo.

Sakura si voltò verso Tomoyo e vide sul suo viso la sua stessa attenzione. Le fece segno di tacere, poi si alzò silenziosamente, spense le ultime fiamme del fuoco che aveva acceso per cuocere il daino e andò a prendere Tomoyo per un braccio, nascondendosi con lei in un intrico di cespugli.

Attesero in silenzio.

 

Shaoran fermò il cavallo e si guardò intorno. Il bagliore che aveva intravisto e seguito era scomparso. Fece ancora qualche passo e presto si accorse che la luce delle stelle colpiva i resti di un piccolo falò.

Si avvicinò lentamente e ispezionò il posto con lo sguardo. Qualcuno doveva essersene andato di lì da poco. Si chinò accanto ad una robusta radice di un albero, e in quel momento i suoi sensi addestrati dal campo di battaglia percepirono un movimento. All’erta, finse di concentrarsi sul fuoco spento, ma i suoi occhi erano chiusi, la mano contratta sulla spada nel fodero appeso alla cintura, tutto il corpo teso per capire da quale direzione provenisse il… qualcosa.

D’un tratto, ebbe la netta consapevolezza di una presenza.

Si voltò di scatto e sollevò la spada all’altezza degli occhi, contrastando appena in tempo un colpo di pugnale diretto alla sua testa. Si alzò e tenne la spada contro il coltello, ma non sentì il misterioso nemico arretrare. Quando le due lame si abbassarono, consentendogli di guardare in faccia l’avversario, Shaoran si ritrovò a ricambiare lo sguardo di due occhi di una stupefacente tonalità di verde.

Una ragazza…

Shaoran si tirò indietro di scatto. La giovane che lo aveva attaccato gli fu di nuovo addosso, puntandogli alla gola quello che si rivelò essere un coltello da caccia, e si fermò con il viso vicinissimo al suo, guardandolo con furore.

«Mai abbassare la guardia, straniero», gli soffiò sul volto.

Shaoran scoprì di avere il respiro ansante. Non si mosse, non reagì in alcun modo, e forse approfittando di questa sua mancanza di reazione la ragazza lo spinse contro l’albero, con sorprendente energia, continuando a tenerlo a portata di lama.

«Chi sei?», disse ancora. «Ci stavi seguendo?»

Senza distogliere gli occhi dai suoi, Shaoran spostò lentamente il braccio di lei. Stranamente, la ragazza non fece resistenza. Sembrava perplessa, ma decisa a non darlo a vedere.

«Non ti ho mai vista prima», mormorò il cavaliere. «Non so nemmeno con chi sei. Come potrei avervi seguito, chiunque siate tu e i tuoi compagni?»

La sconosciuta lo fissò furente. Shaoran la osservò. Doveva avere la sua età; aveva corti capelli castano chiaro e vestiva come una guerriera. Eppure il suo sguardo non era quello di una persona che conosceva la guerra… Era troppo vivo.

«Non hai risposto alla mia prima domanda, straniero. Chi sei?»

Shaoran incontrò di nuovo quegli occhi verdi. E guardandoli, non riuscì a non essere sincero.

«Un cavaliere della Terra del Buio.»

L’espressione di lei fu attraversata da un breve lampo di sorpresa, poi rimontò la collera. Brandì di nuovo il coltello, mirandolo alla sua faccia.

«Quand’è così, non sei il benvenuto qui nella Terra della Luce.»

«Fermati, Sakura.»

Shaoran non aveva idea di chi avesse parlato. Vide la giovane guerriera immobilizzarsi, poi voltarsi verso un punto imprecisato alla sua destra, e seguendo il suo sguardo scorse una seconda fanciulla, il cui colorito diafano e il cui vestito bianco sembravano riflettere la luce di tutte le stelle del mondo.

La nuova arrivata si avvicinò alla ragazza e le abbassò il braccio armato di coltello, poi guardò Shaoran. Il giovane si sentì stranamente smascherato da quello sguardo, come se andasse ad indagargli fino in fondo all’anima.

«Cosa cerchi lontano dal tuo esercito, cavaliere della Terra del Buio?»

Shaoran la guardò, poi tornò a guardare la guerriera. Erano due adolescenti come lui, e non c’era motivo di mentire, loro non potevano costituire una minaccia… E poi quegli sguardi, quegli sguardi non meritavano bugie…

«Va bene, ve lo dirò. Cerco gli Elfi.»

Le due si scambiarono uno sguardo, e Shaoran non seppe decifrare quel che si dissero con quella breve occhiata.

«Una ricerca difficile», disse poi la ragazza vestita di bianco, tornando a guardarlo. Nella penombra, sembrava quasi sorridere. «Me ne domando il motivo…»

Il cavaliere andò di nuovo con gli occhi dall’una all’altra. Non sapeva perché, eppure sentiva di potersi fidare di loro, di poter parlare liberamente. Sospirò, si appoggiò all’albero alle sue spalle e cominciò a parlare senza più guardarle apertamente in viso.

«È una storia lunga. Sappiate solo che sono venuto a conoscenza di un… uno Specchio, appartenente alla Principessa degli Elfi… Si dice che se un Essere Umano riuscisse a guardare il proprio riflesso in quello Specchio potrebbe realizzare il proprio desiderio più grande, o qualcosa del genere. E io… Io so di non esserne degno, e non mi aspetto nemmeno di poter parlare con gli Elfi, ma… Ma se solo si potesse… Vorrei solo che tutto questo finisse… Vorrei che il Regno possa conoscere la pace che per troppo tempo gli è stata negata.»

Calò il silenzio. Fu la voce della guerriera a romperlo.

«Siamo al corrente di quella storia. Ma tu, un cavaliere, dedito alla guerra, perché mai dovresti volere la pace?»

Shaoran sollevò il viso e incontrò i suoi occhi. Parlò con voce vibrante di sentimenti repressi ma mai spenti.

«Credimi, non c’è altro che io voglia a questo mondo. Sono un cavaliere, è vero, ma non ho esitato a voltare le spalle alla mia condizione, non appena mi si è presentata questa… strada… questa speranza. Non posso più sopportare le battaglie e il sangue e il fatto che il mio destino sembra essere già tracciato perché deciso da altri. No, io voglio cambiare le cose. Puoi non credermi, se vuoi, ma è così. E non so nemmeno perché ora sto qui a cercare di spiegarlo a due sconosciute.»

La giovane dagli occhi verdi sosteneva il suo sguardo, ma la sua espressione non mostrava più la collera di poco prima. Era evidente che si stava chiedendo chi fosse mai quel cavaliere di un paese nemico che era arrivato all’improvviso con una storia non totalmente detta di ricordi e paure.

Poi la ragazza con il vestito bianco prese la compagna sottobraccio e si rivolse a Shaoran.

«Perdonaci, cavaliere, ma io e la mia amica dobbiamo parlare. Ti prego di aspettarci.»

Shaoran rimase a guardarle allontanarsi, due sconosciute con cui si era aperto senza esitazioni, due ragazze che probabilmente non avevano idea di ciò che lui provava davvero ogni volta che pensava allo Specchio degli Elfi. Sospirò di nuovo e rimase così, con le spalle all’albero, gli occhi persi nel cielo della notte piena dei suoi fantasmi.

 

Sakura si fermò e si voltò a guardare Tomoyo.

«Io e la mia amica dobbiamo parlare?», sbuffò. «Però, convincente.»

Tomoyo la ignorò e, sporgendosi tra gli alberi dietro i quali si erano fermate, guardò il giovane cavaliere.

«Che ne pensi, Sakura?»

Lei sbuffò di nuovo e si mise al suo fianco, sbirciando a sua volta il ragazzo dagli occhi e i capelli castani.

«Penso che ci sta nascondendo qualcosa. Innanzitutto, non è un po’ troppo giovane per essere un cavaliere?»

«A volte il valore non ha nulla a che vedere con l’età.»

«Va bene, come vuoi. Ma il fatto che si stia dirigendo alla tua Foresta da solo non è normale. Solo, niente armatura, niente difese… Insomma, uno non può farcela così, con un viaggio totalmente improvvisato. Secondo me c’è sotto qualcosa. Magari ha tutt’altre intenzioni. Ad ogni modo, io dico che dovremmo liberarcene.»

«Ah, davvero? E cosa intendi fare? Ucciderlo?»

Sakura non rispose. Continuò a guardare il ragazzo; il cavallo che aveva lasciato poco distante gli si era avvicinato, e ora lui, rinfoderata la spada, gli accarezzava lentamente il muso. Aveva l’aria di una persona che non ha nulla e che per questo non ha paura di mettersi in gioco e di continuare a perdere. Le ricordava un po’ se stessa…

«Sakura», mormorò Tomoyo, «guarda i suoi occhi. Ti assicuro che quel ragazzo non mente. Se lo guardi, puoi capirlo anche tu. Odia la guerra, e vuole farla finita, ecco tutto. Il suo animo è davvero puro.»

Esasperata, Sakura si voltò verso di lei.

«E allora? Noi che cosa dovremmo fare? Dargli lo Specchio? Senti, solo ieri mi hai chiesto di aiutarti a distruggerlo. Mi hai detto che ormai genera solo altra violenza, che non vale la pena continuare a sperarci. Non mi dire che è bastato questo… sconosciuto dal cuore puro per farti cambiare idea!»

«Non ho detto questo, infatti.»

«Ma…?»

«Ma…» Tomoyo distolse gli occhi dal cavaliere della Terra del Buio e la guardò con aria sognante. «Ma voglio dargli una possibilità. Mi fido di lui. Ascolta: gli diremo che gli Elfi si sono trasferiti a nord, dagli Angeli, e che anche noi stiamo andando lì. Gli proporremo di viaggiare insieme…»

«Cosa

«… E arrivati a destinazione, vedremo se il suo cuore si sarà dimostrato tanto puro da poter usare Aamyan. Altrimenti, distruggeremo comunque lo Specchio, quando sarò convinta che non c’è più alcuna speranza perché l’Uomo possa averlo.»

Sakura la guardava sconcertata. Dopo un breve silenzio, sospirò e scosse la testa.

«Io proprio non ti capisco. Hai bisogno di portartelo dietro fin lassù? Non puoi semplicemente capire già da ora se è degno o meno di ciò che intende fare?»

«Sakura, non è questo il punto. Io vedo ogni merito in quel ragazzo, e del resto credo che chiunque possa leggerglielo nell’espressione. Ma l’Uomo è una creatura complessa. Il più delle volte cambia per un nonnulla, perché vede diverse opportunità che lo conducono alla stessa meta attraverso percorsi differenti… Gli Esseri Umani che finora hanno tentato di avvicinarsi ad Aamyan erano animati tutti da intenzioni nobili e sincere, ma poi la sorte li ha mossi a suo piacimento… Io posso osservare e comprendere l’animo umano, ma non posso prevedere il futuro. Non sono in grado di vedere fino a che punto quel giovane manterrà la sua purezza di spirito, e se e quando si lascerà invece scivolare in una strada più facile da percorrere, sporca del male, come tanti hanno fatto prima di lui e come tanti faranno ancora.»

Sakura si portò le mani alle tempie, esausta. Tutto questo era troppo, per lei. Di solito non doveva preoccuparsi che di sopravvivere; ora, invece, si sentiva spossata da mille pensieri da fronteggiare, segreti da mantenere, enigmi da capire. Sospirò di nuovo.

«E va bene. Facciamo come vuoi tu.»

 

Shaoran aveva gli occhi chiusi, la guancia contro il collo caldo e vivo del suo cavallo, una mano aggrappata alla sua criniera come ad un’ancora di salvezza, l’altra affondata nella tasca dei larghi pantaloni. Si sentiva totalmente sperduto, lanciato in un viaggio insensato, spogliato di fronte a persone mai conosciute prima e illuso in un’aspettativa troppo grande e misteriosa. Forse non era stata una buona idea svelarsi così con le due estranee che aveva incontrato sulla sua strada. Forse stava facendo una sciocchezza dietro l’altra. I ricordi che il racconto gli aveva evocato alla mente, i duri e vividi motivi del suo disprezzo per la guerra, non contribuivano a dargli coraggio…

Percepì i passi leggeri delle due ragazze che tornavano ad avvicinarsi e aprì gli occhi.

Sembravano così diverse. L’una così impetuosa, l’altra così tranquilla. Eppure entrambe erano riuscite in qualche modo a farsi strada nella breccia eretta intorno alla sua memoria, inducendolo a mostrare le sue più remote debolezze.

Le due si fermarono. Shaoran vide che la guerriera dagli occhi verdi si riallacciava il coltello in vita, senza guardarlo.

«Cavaliere», disse l’altra fanciulla, «noi sappiamo qualcosa che tu non sai.»

Neutro, Shaoran spostò lo sguardo sul suo viso candido quanto il suo abito.

«Gli Elfi che tu cerchi non vivono più nella Foresta.»

Il ragazzo sentì che il cuore gli saltava un battito. Si allontanò dal cavallo e dall’albero, concentrandosi su di lei.

«Lo Specchio di cui parli ha causato molte lotte, molte brame, e gli Elfi si sono allontanati da tutto questo e dalla Terra della Luce, dirigendosi a nord, nella regione abitata dagli Angeli. Ed è proprio lì che noi due siamo dirette.»

«Voi…» Shaoran la guardò confuso. «La terra degli Angeli? Esiste davvero? Credevo fosse solo una leggenda per spiegare le origini dello Specchio…»

«Oh, no, niente affatto.» La ragazza sorrise, e la tensione intorno a loro sembrò allentarsi. «Anche noi, come te, cerchiamo un modo per sfuggire all’ombra della guerra, e intendiamo conferire con gli Elfi. Crediamo nella tua sincerità, e vorremmo offrirti di viaggiare insieme.»

Sbalordito, Shaoran guardò da lei alla guerriera. Era quello il motivo di tutto quel mistero? Cercavano di capire se potevano fidarsi di lui?

In quel momento, la ragazza che aveva cercato di ferirlo si voltò a guardarlo. Occhi verde giada. Sotto il suo sguardo, Shaoran provò l’assurda sensazione di gettarsi nel vuoto.

«Per me sarebbe un onore», mormorò in risposta, senza distogliere gli occhi dalla guerriera.

 

L’aria della notte era divenuta rapidamente fredda. Sakura accese un altro fuoco e rimase a lungo accosciata accanto alle fiamme, scaldandosi le mani. Poco lontano, Tomoyo era già profondamente addormentata. Sakura sospirò tra sé, chiedendosi se l’idea della Principessa elfica si sarebbe rivelata determinante, se c’era ancora un qualche diritto di sperare in Aamyan e in un animo puro. Quel pensiero la indusse a voltarsi verso il ragazzo.

Il cavaliere adolescente era seduto contro la stessa radice vicino alla quale lei stava cercando di addormentarsi appena prima di incontrarlo. I riflessi del fuoco infiammavano di riverberi i suoi capelli castani e sembravano cancellare le ombre nei suoi occhi, che sembravano irrimediabilmente distanti, anche se erano fissi su di lei.

A disagio, Sakura si allontanò dal fuoco e appoggiò la schiena all’albero, piegando le gambe tra le braccia.

«Non hai bisogno di dormire, guerriera?»

Si voltò a guardare il ragazzo. Certo che ne aveva bisogno, avrebbe voluto rispondergli; se solo lui avesse smesso di guardarla con tanta insistenza…

«Non molto. E nemmeno tu, a quanto vedo.»

Finalmente lo vide distogliere lo sguardo. Lo aveva messo in difficoltà, e ne provò un’inspiegabile, intima soddisfazione, che però scemò subito. Lo sconosciuto sembrava tormentato da demoni impossibili da evitare.

«Il tuo nome è Sakura, vero?» Lui parlò senza guardarla. «Ho sentito la tua amica chiamarti così… mentre cercavi di uccidermi.»

Di nuovo a disagio, Sakura si limitò ad annuire.

«Lei si chiama Tomoyo», disse, preferendo parlare di altri che di se stessa.

Il cavaliere si voltò, con un’espressione di sottile meraviglia.

«Come la Dama degli Elfi…»

Sakura avrebbe voluto schiaffeggiarsi per la propria imprudenza. Cercò di uscirne con un’alzata di spalle.

«La sua famiglia è sempre stata affascinata dagli Elfi», buttò lì.

«Capisco…»

«Qual è il tuo nome, straniero?»

Per la prima volta, lui le rivolse un mezzo sorriso.

«Shaoran.»

 

 

 

Beh, direi che come primo incontro tra i nostri eroi è un po’ rocambolesco, eh? Ma vedrete, da qui in poi ne accadranno davvero delle belle… Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** In cammino ***


Aamyan degli Elfi

Scusate il ritardo, lettori e lettrici. Ma finalmente arriva il quinto capitolo! Come sempre ringrazio i miei recensori:

Yumemi: grazie mille per i tuoi complimenti, e non preoccuparti per le recensioni mancate, mi basta sapere che stai seguendo la storia! Spero anch’io di sentirti presto!

Sakura Bethovina: tranquilla, mia fedele lettrice, giuro che Sakura non ucciderà Shaoran (anche perché in quel caso io ucciderei lei, poco ma sicuro!), anzi inizierà a capirlo e… Beh, lo scoprirai! Tante grazie anche a te!

Pikki SakuraChan: sei troppo gentile! Non so che altro dirti, mi confondi!

Sakura182blast: come dire, dulcis in fundo! Un milione di grazie, sorellina, per il tuo commento: sono felicissima che la storia ti interessi tanto! Spero che continuerai a seguirmi e soprattutto che la fic continui a piacerti!

E adesso, buona lettura a tutti quanti!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

5

In cammino

 

Sussurri. Lente parole incomprensibili in una lingua ormai quasi dimenticata. Occhi chiusi, mani aperte, corpo eretto e immobile, investito da un vento che non dipendeva dagli elementi naturali. L’antica magia elfica era all’opera.

Immagini indistinte vagavano nei suoi occhi chiusi e nelle parole bisbigliate a stento. Immagini di richiamo, di calore, di fiducia, perché lei aveva bisogno di loro, e voleva far loro capire che non avevano nulla da temere.

Sorrise quando udì lo scalpiccio di zoccoli sempre più vicino. Poi interruppe il richiamo, aprì gli occhi e tese le mani ad accoglierli.

 

Shaoran si svegliò e si ritrovò a fissare un’ampia volta verde. Mettendo meglio a fuoco, distinse un intrico di rami e di foglie, e capì di essere disteso sotto un albero. Dopo un istante ricordò.

Si alzò lentamente a sedere, appoggiandosi con un braccio alla radice, guardandosi intorno in cerca delle due nuove compagne di viaggio. Poco oltre i suoi piedi giacevano i resti del fuoco acceso dalla guerriera la notte precedente. Sakura… Si chiamava Sakura.

Ma lei non c’era.

Shaoran si alzò in piedi, correndo automaticamente con la mano alla spada. Era una trappola? Gli avevano teso un tranello mentre dormiva ignaro e senza avvisaglie di pericoli? Chi erano in realtà, e cosa volevano da lui?

In quel momento un suono leggero gli arrivò alle orecchie. Si voltò e vide una figura umana emergere dal folto dell’erba più alta e più lontana da lui, seminascosta da una seconda voluminosa radice. Era lei. Si alzò tranquillamente a sedere stirandosi come un felino, scuotendosi dal torpore. Shaoran la fissò. Aveva una macchia di terra su una guancia, foglie secche tra i capelli e i vestiti stropicciati. Sembrava una creatura dei boschi. Forse proprio un Elfo… Si diceva che gli Elfi fossero la razza più affascinante del Regno…

Sakura si voltò a guardarlo, e il ragazzo si sentì ancora una volta smascherato e a disagio.

«Che fai lì con quella spada in mano?»

Shaoran si riscosse. Abbassò gli occhi sulla propria mano e si rese conto che aveva sfoderato la spada senza nemmeno accorgersene.

Ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Sakura era scattata in piedi.

«Non posso crederci… Tu…» Impugnò il coltello e gli fu addosso, come nel loro primo incontro, afferrandolo per i vestiti. «È meglio che parli, cavaliere, e alla svelta. Dov’è?»

Confuso, senza capire, Shaoran la fissò.

«Come?»

«Smettila di fare l’ingenuo! Dov’è Tomoyo? Cosa le hai fatto?»

Shaoran batté le palpebre, rendendosi conto solo in quel momento dell’assenza della ragazza dai capelli scuri.

«Io non…»

«Di’ la verità, è una trappola, vero? La storia del povero ragazzo assediato dalla guerra è un raggiro bello e buono, vero? Ma non la passerai liscia… Se le hai fatto qualcosa giuro che…»

Shaoran la respinse, improvvisamente furioso, afferrandola per un braccio, ma lei non abbassò il coltello. Avrebbe quasi potuto essere una situazione comica: Sakura aveva nei suoi confronti gli stessi dubbi che aveva avuto lui poco prima nei suoi… Ma non c’era nulla da ridere, in realtà; Shaoran la vide di colpo proprio come vedeva tutti gli altri, scettici e indegni della sua fiducia. Lei non era diversa.

«Stai calma, guerriera; non ho la minima idea di dove sia la tua amica.»

Sakura lo fissava furiosa. Ma in quel momento qualcosa la indusse a cambiare espressione.

Anche Shaoran lo udì. Era una risata. Cristallina, pura… e femminile.

Sakura si liberò della stretta di Shaoran e corse a precipizio nella direzione da cui era provenuto il suono. Rinfoderando la spada, il giovane la seguì. Percorsero gli spazi angusti tra gli alberi fino ad uno spiazzo da cui era visibile il villaggio più vicino.

Tomoyo era lì, sorridente, e accarezzava due splendidi cavalli, l’uno bianco, l’altro bruno.

«Tomoyo?» Sakura camminò verso di lei, ansante per la corsa. «Che accidenti fai qui? Mi hai fatto…» Si interruppe bruscamente.

Shaoran vide Tomoyo rivolgere uno sguardo divertito alla guerriera.

«… Preoccupare? Davvero, Sakura, eri preoccupata per me?»

Sakura sembrò borbottare qualcosa di incomprensibile. Shaoran la fissò. Era incredibile il modo in cui quella ragazza si ostinava a trattare gli altri con freddezza, cercando di nascondere ciò che pensava davvero. Quel nascondere le proprie debolezze gli ricordava un po’ se stesso…

«Ma come hai fatto a trovarli?», disse poi lei, forse per cambiare discorso, guardando i cavalli.

«Segreto di famiglia», sorrise Tomoyo, accarezzando il collo del cavallo bianco. «Ho pensato che, viaggiando con Shaoran, avremmo dovuto adeguarci al suo passo, cioè procurarci anche noi delle cavalcature… Ed ecco che ho avuto la fortuna di imbattermi in questi due meravigliosi animali… Sembra che io sia molto in sintonia con questo.» Abbracciò il cavallo e tornò a sorridere a Sakura. «Tu sai cavalcare, vero?»

Sakura sbuffò.

«Certo che so cavalcare. Ho vissuto in questi boschi per anni, e in tutta una vita non mi sono mai fermata a lungo nello stesso posto. Ti assicuro che sono ben poche le cose che non so fare, Tomoyo.»

Shaoran la guardò. Cosa aveva voluto dire? Non aveva una famiglia, una casa? Era sradicata tanto quanto si sentiva lui?

Sakura si riallacciò il coltello ai fianchi, poi voltò le spalle ai cavalli e alla compagna, dirigendosi di nuovo al luogo dove avevano dormito, presumibilmente per recuperare la sua sacca per le provviste e prepararsi a riprendere il cammino. Quando gli passò davanti, Shaoran la sentì mormorare poche parole senza guardarlo.

«A quanto pare devo chiederti scusa, cavaliere.»

Si allontanò senza voltarsi.

Ancora assorto nei suoi pensieri e nelle domande assillanti che la riguardavano, Shaoran la seguì, per svegliare il proprio cavallo, ancora legato per le briglie ad un ramo dell’albero sotto il quale lui aveva dormito.

 

Il cavallo andava ormai al passo. Sakura assecondava i suoi movimenti, guardandosi intorno con occhi stanchi. Avevano cavalcato tutto il giorno verso nord, e adesso il tramonto stendeva lunghe ombre sulla loro destra. Si trovavano alle porte di un villaggio; inizialmente avrebbero voluto aggirarlo, per evitare qualsiasi centro abitato, ma si sentivano tanto stanchi che l’idea di una locanda accogliente e di un letto comodo aveva finito per soggiogarli. Questo, almeno, valeva per lei e Shaoran; Tomoyo pareva fresca come una rosa. Sakura non se ne stupiva: gli Elfi erano così diversi dagli Esseri Umani…

Si fermarono e smontarono tutti e tre dalle cavalcature. Sakura accarezzò il muso del suo cavallo, constatando che il suo crine aveva lo stesso colore degli occhi di Shaoran.

«Vedo un’insegna laggiù», le giunse, come materializzata dai suoi pensieri, la voce del cavaliere adolescente. «Dovrebbe essere una locanda. Andiamo a dare un’occhiata?»

Annuendo, Sakura tirò il cavallo per le redini e si affiancò a Shaoran, che guidava dolcemente il suo destriero del colore della notte. Ritrovandosi accanto a lui, ne incontrò lo sguardo e quasi subito distolse il suo. Aveva notato che il cavaliere la fissava spesso con estrema attenzione, talvolta con insistenza, e la cosa le provocava un certo fastidio, che non avrebbe saputo spiegare nemmeno a se stessa.

Dall’altro lato le si affiancò Tomoyo, camminando con una mano sul dorso del cavallo bianco. Quella che era la Dama degli Elfi guardava fisso davanti a sé con un’aria talmente maestosa che Sakura non poteva non chiedersi se il suo vero aspetto fosse altrettanto solenne.

Percorsero la strada principale del villaggio sentendosi addosso gli sguardi degli uomini che rincasavano dopo una giornata di lavoro nei campi o nelle botteghe, e delle donne e dei bambini nei pressi. Sakura non era abituata a tutta quell’attenzione; ogni volta che le era capitato di dover attraversare una città, nel corso dei suoi spostamenti nella Terra della Luce, aveva sempre cercato di rendersi invisibile e di non generare alcun interesse, anche se non sempre vi era riuscita e, in effetti, ora tutto l’esercito la conosceva e sperava di trovarla per costringerla a combattere nelle sue fila. Ancora una volta si impose di camminare senza guardare niente e nessuno, costantemente vicina al cavallo, chiedendosi in cuor suo che aspetto dovevano avere per quei popolani tre adolescenti così strani: uno vestito da cavaliere, una da combattente e una che sembrava l’immagine della purezza. Difficile non farsi notare, in quelle condizioni.

Alla fine arrivarono davanti alla locanda. Tomoyo si offrì di restare fuori con i cavalli mentre Shaoran e Sakura entravano per chiedere una cena e delle stanze per passare la notte.

Sakura si incamminò nella locanda deserta al fianco di Shaoran, ostinandosi nel non guardarlo. Giunsero entrambi al bancone e si rivolsero all’oste, un omaccione rubizzo che li squadrò da capo a piedi.

«Come posso aiutarvi?»

«Vorremmo solo un pasto e dei letti, grazie», disse Shaoran, più avvezzo di Sakura a rivolgersi agli sconosciuti. «E se possibile avremmo bisogno di un ricovero per i nostri cavalli. Sono tre, qui fuori; con noi c’è una terza persona.»

L’oste inviò un garzone incontro a Tomoyo, per condurre i cavalli alla stalla. Poi consultò una sorta di registro e spiegò loro che gli erano rimaste due stanze libere.

«Sta bene», disse ancora Shaoran. «Ci divideremo senz’altro.»

Sakura lo sbirciò di sottecchi mentre lui posava sul banco alcune monete. Vide che era arrossito.

Mentre andavano a sedersi ad un piccolo tavolo lercio indicato loro dall’oste, la ragazza si rivolse a Shaoran sottovoce, con un mezzo sorriso.

«Affronti un viaggio lunghissimo, pronto a fronteggiare qualsiasi ostacolo, verso una meta che nemmeno conosci, e poi ti rende nervoso l’idea di dormire in una camera vicino a quella di due ragazze? Mi sorprendi, Shaoran.»

Il cavaliere arrossì di nuovo ed evitò il suo sguardo.

«Ognuno ha i suoi punti deboli», si giustificò, non totalmente convinto.

Sakura non volle insistere, ma era decisamente divertita. Si sedette al tavolo e, vedendo che anche Tomoyo entrava nella locanda, le rivolse un cenno. La giovane Principessa elfica in incognito li raggiunse.

Di lì a poco, una ragazzina con un grembiulino sudicio apparecchiò la loro tavola, per poi portare loro dei piatti colmi di una zuppa dolce, la specialità del giorno. Sakura rimpianse la selvaggina che generalmente cacciava nei boschi, ma era troppo affamata per rifiutare la cena che Shaoran aveva gentilmente offerto. Anche Tomoyo onorò il cibo, che fortunatamente non recava tracce di carne animale.

I tre ragazzi terminarono il pasto in silenzio, rivolgendosi solo poche frasi sulla strada da prendere l’indomani; quando non riuscirono più a tenersi ritti sulle sedie, si alzarono e si diressero alle scale, ringraziando l’oste, per dirigersi alle rispettive camere da letto e dormire senza interruzioni fino all’alba.

 

Un clangore di spade, un brusio confuso di urla lontane, l’odore inconfondibile della paura generata da un attacco a sorpresa. Qualcuno si stava avvicinando…

Shaoran aprì gli occhi, scoprendosi il respiro affannoso, e si ritrovò nel letto umido di sudore.

Sospirò, cercando di calmarsi. Incredibile: era tanto ossessionato dal pensiero del sangue che ormai lo sognava perfino… Si passò una mano sul viso, alzandosi a sedere. La camera della locanda era ancora immersa nell’oscurità; doveva essere molto tardi.

Poi si rese conto che qualcosa non andava.

Continuava a sentire distintamente tutti i suoni dell’incubo, anzi erano più vicini: spade, urla, e poi ancora ordini impartiti ad alta voce e…

Non era affatto un sogno. Qualcuno stava assediando la locanda.

Balzò giù dal letto, afferrando la spada dal comodino su cui l’aveva poggiata prima di addormentarsi completamente vestito. Si diresse velocemente alla porta, la spalancò e si lanciò nel corridoio e poi giù per le scale.

Ciò che vide lo raggelò.

Un gruppo di soldati aveva fatto irruzione nel locale, rovesciando tavoli, scagliando sedie, apparentemente senza un motivo. Shaoran fissò lo stemma nero sui loro scudi. Erano della Terra del Buio.

Per qualche istante il cavaliere non riuscì neppure a muoversi. Uno dei soldati aveva appena afferrato l’oste, strattonandolo violentemente per la vestaglia rammendata, ghignandogli in faccia e urlando parole incomprensibili.

Alle proprie spalle, Shaoran sentì un respiro ansante, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che era Sakura.

«Cosa vogliono quei bastardi da questa gente?», boccheggiò la guerriera, portandosi accanto a lui, gli occhi fissi sulla scena sottostante.

Shaoran vide un altro dei soldati della sua terra squarciare in due un tavolo con una sciabola. Non aveva idea di cosa risponderle. Poi la sua attenzione fu catturata da uno strillo acuto, un grido di puro terrore; voltandosi, vide un uomo chino sulla ragazzina che quella sera aveva servito loro la cena: con una mano la teneva stretta per i capelli, con l’altra, armata di spada, le incideva piccoli tagli sulle gambe nude.

Fu preso da un flusso indicibile di collera. Brandendo la spada, Shaoran si precipitò giù per le scale, e in un attimo fu addosso all’uomo; lo trafisse da parte a parte prima ancora che lui potesse voltarsi a guardarlo. Il soldato si accasciò all’istante, e la ragazzina, tremante, in lacrime, rivolse a Shaoran solo uno sguardo confuso e terrorizzato, prima di correre a nascondersi dietro il bancone. Shaoran si voltò a fronteggiare il resto del gruppo di militi.

Senza nemmeno rendersene conto, iniziò con loro una strenua lotta di resistenza.

Gli altri avventori della locanda, svegliati dalle urla, erano adesso in cima alle scale, e osservavano spauriti la scena; ma Sakura lo aveva seguito al piano di sotto e si batteva selvaggiamente, affondando ovunque i suoi coltelli. Aveva già liberato l’oste dalla presa del soldato, che aveva trafitto alla gola. Shaoran ebbe modo di seguire molte delle sue mosse mentre a sua volta cercava di contrastare l’attacco.

In più di un’occasione si sentì in difficoltà, pensando che quegli uomini erano in gruppo, ed erano adulti e ben più forti di loro; tuttavia Shaoran sapeva che a loro mancava ciò che spingeva lui a battersi. Loro erano solo delle macchine da guerra, senz’altro scopo che il sangue… Altrimenti per quale motivo avrebbero attaccato quelle persone innocenti? Ma lui no, lui aveva qualcosa di più. Aveva ancora un’anima. Nonostante tutto, non l’aveva mai persa. E a quanto pareva, a giudicare dal suo sguardo mentre uccideva, Sakura era come lui.

Forte di questi pensieri, Shaoran abbatté con un solo affondo della sua spada l’uomo che aveva di fronte, l’ultimo. Finalmente si fermò, ansimante, e osservò i sette cadaveri sul pavimento, e la pozza di sangue, e la sua spada ancora grondante delle vite che aveva spezzato. Sollevò lo sguardo e vide Sakura, immobile come lui, con il viso e i vestiti macchiati di sangue. Si augurò che non fosse il suo…

In quel momento, una mano tremante gli afferrò il ginocchio. Shaoran trasalì e abbassò lo sguardo. Accasciato ai suoi piedi c’era l’oste, sconvolto, ma indenne. Gli si era aggrappato al mantello, guardandolo con occhi febbrili.

«Tu hai salvato mia figlia», mormorò l’uomo con voce tremante. «E la tua amica… mi ha salvato la vita. Avete salvato tutti noi… Ditemi chi siete, stranieri, e vi assicuro che vi benedirò sempre, ogni giorno della mia esistenza, avrete per sempre la nostra gratitudine… Chi siete? Siete umani o… esseri superiori? Chi siete?»

Imbarazzato, e restio a rispondere alla sua domanda, Shaoran si tirò indietro, in silenzio.

All’improvviso Tomoyo fu al suo fianco, come materializzata dal nulla.

«Dobbiamo andarcene», gli sussurrò. «Abbiamo attirato fin troppa attenzione.»

Shaoran annuì. Era perfettamente d’accordo. Si voltò a guardare Sakura.

«Presto, ai cavalli.»

Si mossero all’unisono, oltrepassando l’oste e i corpi dei soldati, e corsero fuori mentre il cielo era già tinto dal rosa dell’alba, diretti alla stalla.

 

Il sole era quasi allo zenit quando Tomoyo fermò bruscamente il suo cavallo.

«Credo che da ora possiamo procedere più lentamente.»

Sakura accolse con sollievo le sue parole. Tirò le redini, e il destriero interruppe il suo galoppo. Shaoran la imitò.

Si guardarono intorno. Il bosco in cui erano entrati si apriva in quel punto in una tranquilla radura silenziosa. Sakura smontò, scoprendo di avere le gambe tremanti. Le girava la testa, e si sentiva stranamente debole; era confusa. Sentì, come da molto lontano, che anche Tomoyo e Shaoran scendevano dai rispettivi cavalli.

«Aspettatemi qui», disse d’un tratto Tomoyo.

«Dove vai?», ribatté Shaoran.

«Tranquillo. Tornerò presto.»

«Certo che la tua amica è strana…» Shaoran si voltò verso Sakura, e all’improvviso la ragazza vide la sua espressione cambiare. «Ma… Sakura, tu stai sanguinando!»

Sempre più confusa, Sakura abbassò lo sguardo. Una macchia rossa si stava allargando sul suo fianco. Ecco il motivo di quella strana debolezza, rifletté.

«Non muoverti.» Shaoran si avvicinò e l’aiutò a sedersi nell’erba. «Adesso do un’occhiata.»

Sakura cercò debolmente di respingerlo.

«Non è niente di grave. Non mi ero nemmeno accorta che mi avessero colpito. E poi, non mi avevi detto di essere anche un medico.»

Shaoran la ignorò e le sollevò il corsetto, ispezionando la ferita. Sakura lo guardò in viso.

«Arrossisci di nuovo, cavaliere…», constatò.

Il ragazzo continuò ad ignorarla, ma le sue guance assunsero una tonalità più intensa di rosso.

«Per fortuna non è profonda…»

«Visto? Te l’ho detto che non è niente di grave…»

«Comunque sia, va medicata.»

Shaoran si alzò di nuovo, si diresse al suo cavallo e frugò nella bisaccia. Sakura lo vide estrarne delle bende e una piccola ampolla. Poi il giovane tornò ad inginocchiarsi accanto a lei.

«Questo è un rimedio preparato dallo stregone della Corte della mia terra… Non ti farà male», le disse, visibilmente impacciato.

Sakura si arrese e non oppose resistenza alle sue mani, che le scoprirono di nuovo il fianco e le spalmarono sulla pelle una sostanza piacevolmente calda. Tenne lo sguardo fisso sul volto di Shaoran, per dimostrargli che non sentiva alcun male, ma che nemmeno temeva il dolore. Il ragazzo concentrò invece gli occhi sulla sua ferita e, dopo averla disinfettata con il cataplasma, la fasciò attentamente.

«Come hai fatto?», gli chiese poi Sakura a bruciapelo.

Shaoran alzò gli occhi sul suo viso.

«Come?… Beh, non è così difficile…»

«Volevo dire…» Sakura scelse le parole con cura. «Come hai fatto a combattere in quel modo, alla locanda? Quella era la tua gente… Era gente del tuo stesso esercito. Non ti sei sentito… che so… in colpa?»

L’espressione di Shaoran si indurì. Distolse di nuovo lo sguardo, non più per imbarazzo, ma evidentemente per l’agitarsi di emozioni contrastanti nella sua mente.

«Se c’è una cosa che ho capito sul campo di battaglia», mormorò, come a se stesso, «è che si va avanti da soli. Non ha senso credere che i tuoi compagni siano totalmente buoni, e che il nemico sia totalmente cattivo, perché il male è in tutti, e ci si ritrova sempre soli a fronteggiarlo. Non so, forse la guerra mi ha reso insensibile a queste cose… Ma non credo di essere più in grado di fidarmi totalmente di qualcuno. Per questo, credo, non mi ha fatto nessun effetto uccidere dei soldati della mia terra.»

Tornò a guardarla, e Sakura sostenne il suo sguardo, pur sentendosi vagamente a disagio.

Lo capiva. Lo capiva perfettamente. Valeva anche per lei: era sempre vissuta sola, andava avanti da sola, e ormai non avrebbe mai più creduto in nessuno. Erano simili, tremendamente simili. Forse era per questo che ora si sentiva a disagio? O forse dipendeva dal fatto che Shaoran aveva appena sollevato la mano per sfiorarle di nuovo la fasciatura…?

«Dovrebbe bastare», disse il ragazzo in un soffio. «Rimarginerà presto.»

Sakura rimase immobile mentre la mano di lui le scorreva sul fianco. Ne sentiva ancora il calore, attraverso le bende leggere. Avrebbe voluto ringraziarlo, ma all’improvviso le mancavano le parole.

In quel momento nella radura risuonò la voce di Tomoyo.

«Sono tornata…»

Sakura vide Shaoran sobbalzare, come se fosse stato sorpreso in un atteggiamento sconsigliato, e lo sentì ritrarre la mano. Si voltarono entrambi a guardare Tomoyo.

La ragazza dalla natura elfica li guardava con un’espressione fiera e stringeva tra le mani un arco e una faretra piena di frecce.

«Ma… Come… Dove hai trovato quel…?» Shaoran si interruppe. Era ovviamente confuso dal modo in cui quella ragazza sembrava sempre trovare dal nulla ciò di cui aveva bisogno. Sakura represse un sorriso davanti al suo disorientamento.

«A dire il vero, l’ho fabbricato.» Tomoyo mostrò l’arco, poi la faretra. «Vedete? Per l’arco avevo bisogno soltanto di qualche pezzo di legno, mentre la faretra è fatta di fili d’erba intrecciati, e le frecce non sono che rami molto appuntiti e trattati in modo speciale, per poter ferire sul serio… Il fatto è che, da qui in poi, dovremo fronteggiare molti soldati. Presto sarà impossibile evitarli, e allora sarà giusto che combattiamo tutti, per poter arrivare nella terra degli Angeli… E come avrete capito, io ho una certa affinità con l’arco…»

«Fabbricato?», ripeté Shaoran, come se non avesse udito nulla del resto del suo discorso. «In questo pochissimo tempo in cui ti sei allontanata? Ma come hai…?»

«Un altro segreto di famiglia», sorrise Tomoyo.

Sakura scosse la testa sorridendo a sua volta al cavaliere.

«Già, Shaoran, Tomoyo ha molti segreti… Ma adesso perché non riposiamo un po’? Non so voi, ma il risveglio di stamattina e la successiva cavalcata mi hanno stancato non poco…»

 

I due ragazzi alla fine erano crollati, esausti, addormentandosi così, nell’erba. Il cavaliere che odiava la guerra aveva abbandonato la testa contro la spalla della guerriera senza radici.

Erano davvero molto simili. E soprattutto, per motivi diversi, erano ugualmente degni di Aamyan: l’uno per la sua sincerità, l’altra per la sua spassionatezza. Ad ogni modo, erano entrambi ben diversi da coloro che, ipocriti, esaltavano il bene muovendosi nel male…

La Dama degli Elfi sorrise a Shaoran e Sakura, augurandosi che fossero immersi in sogni migliori della realtà in cui erano costretti a vivere.

 

 

 

Allora, spero che il capitolo vi sia piaciuto… Vedrete che già dal prossimo capitolo la vicinanza tra Shaoran e Sakura sarà ancora più evidente… Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Parole e racconti ***


Aamyan degli Elfi

In arrivo il sesto capitolo… Stavolta con un po’ di anticipo, per fortuna!

Da questo aggiornamento in poi sposterò i ringraziamenti alla fine del capitolo. Perciò per ora vi auguro semplicemente buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

6

Parole e racconti

 

Era notte fonda, ma Sakura non riusciva a dormire. Aveva dormito abbastanza durante il giorno, quando erano arrivati nel bosco dopo la folle fuga al galoppo dal villaggio; al risveglio, lei, Tomoyo e Shaoran si erano spinti per un altro tratto nel bosco, e si erano fermati nel punto in cui gli alberi iniziavano a diradarsi. Lì, proprio dove il bosco finiva, iniziava ad estendersi un lago vastissimo. Tomoyo aveva suggerito di aspettare il giorno successivo per la traversata, così si erano accampati. Ma lei non era ancora riuscita a prendere sonno.

Sentiva il respiro leggero della Dama degli Elfi accanto a sé, profondamente addormentata. Il cavaliere, invece, non emetteva suono. Ma c’erano altri rumori a riempire il silenzio: i sussurri del vento tra i rami degli alberi, i fruscii delle foglie mosse dalla brezza, il lento scorrere del fiume poco lontano. Sakura era concentrata su quest’ultimo suono. Le sembrava che il gorgoglio dell’acqua fosse troppo forte. Non si addiceva affatto alla placidità del fiume che quel giorno avevano guadato con i cavalli.

Si sollevò a sedere sul terreno duro. Poiché non riusciva a dormire, almeno avrebbe impiegato diversamente quella notte. Cercando di non svegliare i due compagni, si alzò dirigendosi al punto in cui il fiume era seminascosto tra gli alberi. Poi si incamminò nel folto del bosco.

 

Shaoran era disteso nel buio ad occhi aperti, fissando il cielo nero, solcato solo da poche e rare stelle che apparivano lontanissime. Non riusciva a dormire. Forse gli era bastato il riposo di quel giorno. O forse c’era qualcos’altro a tenerlo sveglio…

Per qualche misterioso motivo, aveva ancora costantemente fisso negli occhi il momento in cui aveva sfiorato la pelle di Sakura… E non capiva perché ci pensasse con tanta insistenza.

All’improvviso, un lieve rumore di erba smossa lo distolse da quelle riflessioni. Voltò la testa e vide una figura scura alzarsi il più silenziosamente possibile, guardare verso il fiume e incamminarsi lentamente verso l’argine. Quando passò in una pozza di luce di stelle, Shaoran riconobbe la guerriera.

Senza muoversi, il cavaliere la seguì con lo sguardo. La vide sparire tra i tronchi degli alberi più fitti e si alzò a sedere, inquieto. Dove stava andando? Doveva preoccuparsi?…

Forse Sakura aveva solo bisogno di sentirsi sola per pensare. Forse doveva semplicemente allontanarsi per una necessità personale… Che pensieri stupidi! Perché preoccuparsi? Sarebbe tornata al più presto…

Eppure si sentiva come se una forza sovrumana volesse avvicinarlo inesorabilmente a lei…

Lanciando uno sguardo a Tomoyo, e sentendosi vagamente in colpa perché la ragazza sarebbe rimasta sola, Shaoran si alzò a sua volta e seguì i passi della guerriera dagli occhi verdi.

 

Sakura camminava ora molto vicina al fiume, ma gli alberi e le fronde che le pendevano fin sulla testa e sul viso erano sempre più frequenti. Solo spostando i molti rami davanti alla sua faccia riusciva a muoversi. Nel frattempo, il suono che aveva riconosciuto come quello di un flusso d’acqua scrosciante e violento quanto una frustata era sempre più vicino e distinto. All’improvviso Sakura seppe di cosa si trattava.

Quando, scostando un’ultima fronda rigogliosa, sbucò in uno spazio aperto su un dirupo, ne ebbe la conferma.

Si trovava in cima ad una cascata.

Incantata, Sakura si inginocchiò sul bordo del salto, constatando che non era molto alto. In quel punto del bosco c’era un dislivello di una ventina di piedi, e il fiume si riversava in una conca sottostante, uscendo definitivamente dal bosco e formando un laghetto, e poi, uscendone, s’inoltrava nella Terra della Luce verso nord-est.

Osservare la bellezza del luogo e decidere di scendere per guardare la cascata in tutta la sua grandezza furono un solo secondo. Sakura si aggrappò alle rocce umide dello strapiombo, calandosi fino alla conca; quando sentì di nuovo la terra sotto i piedi, era completamente bagnata per via degli spruzzi della cascata. Scosse la testa, passandosi le dita tra i capelli e cercando di asciugarli, ridendo. Non ricordava nemmeno più da quanto tempo non ridesse. Poi seguì ancora il corso dell’acqua e si fermò di fronte alla cascata, dove, come in contemplazione di una scena meravigliosa, sedette nell’erba, sfilandosi gli stivali e immergendo le gambe nel laghetto fino alle ginocchia.

Da tempo non si sentiva così serena. Una vita intera, probabilmente. O almeno da quanto riusciva a ricordare.

Rimase così, assorta nell’osservare i riflessi azzurrini nel flusso della cascata, finalmente senza pensieri. Dopo le rivelazioni e le missioni che aveva dovuto fronteggiare negli ultimi giorni, quel momento di quieta libertà ci voleva proprio…

Una sensazione improvvisa la ghermì. Era certa di essere osservata.

Si voltò, già pronta ad alzarsi, ma si rilassò quando i suoi occhi si posarono sull’intruso, fiocamente illuminato dalle stelle. Era Shaoran.

«Come sei arrivato qui?», gli chiese, con vaga veemenza, quasi gridando per sovrastare il rumore dell’acqua.

Shaoran alzò un braccio e indicò un punto alle sue spalle.

«Da quella parte c’è un sentiero.»

Sakura non replicò. Si concentrò di nuovo sulla cascata, chiedendosi perché si sentisse così a disagio ogni volta che gli occhi di Shaoran si soffermavano su di lei con quella sorta di insistenza. Dopo qualche istante, vide con la coda dell’occhio che il cavaliere la raggiungeva sulla sponda del laghetto, si sedeva accanto a lei e fissava a sua volta la cascata, senza parlare.

Un senso di tranquillità calò lentamente su di lei. Era serena… Proprio come prima dell’arrivo di Shaoran… O forse di più. Ad ogni modo, la sua presenza non le dava più alcun fastidio.

Si rilassò e tornò lentamente a sorridere tra sé.

 

Shaoran rimase immobile a lungo, percependo la vicinanza di Sakura come un tepore rassicurante. Sbirciò il suo viso, e vi vide una serenità che mai le aveva visto prima nell’espressione. Distolse subito lo sguardo, chiedendosi il motivo del proprio disagio, che sembrava tormentarlo ogni volta che la guardava.

Non aveva la minima idea del perché, ma con lei si sentiva bene. Forse era solo perché la sentiva così simile a lui… Anche lei andava avanti da sola, spalle al muro, senza nessuno su cui poter contare… Anche lei era una vittima, e si sforzava di lottare ancora, pur avendo perso ogni sostegno nel mondo tutto intorno.

In quel momento, senza nemmeno pensarci, Shaoran si ritrovò a mettere se stesso davanti agli occhi verdi di una ragazza quasi sconosciuta, appartenente ad una terra nemica. E si ritrovò a parlare come non aveva mai fatto con nessuno, nemmeno con se stesso.

«Sono sempre vissuto nella guerra. Sempre. Mio padre era un cavaliere. Morì in battaglia, quando avevo solo due anni. Le uniche cose che ricordo di lui sono che aveva braccia forti, rassicuranti; che aveva occhi come i miei… e che mi insegnò a tirar di spada ancora prima che a camminare. E ricordo che, quando morì, ognuno dei suoi compagni mi trattò come un figlio.»

Si interruppe. Parlava a mezza voce, eppure era sicuro che Sakura lo stava ascoltando, nonostante il fragore dell’acqua, anche se teneva gli occhi ancora fissi sulla cascata antistante. Poteva vedere la concentrazione sul suo viso, dove prima c’era serenità. Cercò le parole per continuare, passando lentamente una mano nell’acqua del laghetto, gli occhi bassi.

«Avevo dieci anni quando i soldati della Terra della Luce attaccarono la Terra del Buio. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Ovunque era terrore, i nostri non riuscivano a contrastare l’attacco. Quel giorno ero con loro, con i cavalieri con cui ero cresciuto. Assistetti a un tradimento da parte di uno di loro. Furono uccisi tutti, senza pietà, davanti ai miei occhi. Gli uomini che avevano amato mio padre… E intanto mia madre mi chiamava da chissà dove, in un punto nei dintorni, e piangeva e urlava perché non sapeva dove mi fossi nascosto, ma non potevo andare da lei, non ancora, non davanti a quel massacro, non riuscivo a muovermi… E poi…» Gli mancò la voce, e dovette deglutire più volte per poter proseguire. «Poi all’improvviso non la sentii più, mai più.»

Allontanò le dita dall’acqua e le strinse tra l’erba della riva, trattenendone il tremore. Faceva ancora troppo male… Sbirciò ancora una volta Sakura, ma lei continuava a non guardarlo.

«Continuai ad allenarmi per diventare cavaliere», continuò Shaoran, «e ci riuscii a tredici anni, grazie all’aiuto del mago di Corte, Clow. Mi aiutò, mi sostenne sempre, mi disse che la mia strada era quella, era vendicare tutto ciò che avevo perso.» Sorrise amaramente alla cascata. «In realtà lui era il fratello di mio padre. Ma non sono mai riuscito a chiamarlo zio. Non sono mai più riuscito a sentirmi davvero legato a nessuno. E non sono nemmeno riuscito a credergli, a credere che la mia strada fosse quella. Semplicemente, mi sono annullato.» Si voltò verso Sakura, senza più voglia di sorridere. «Adesso mi capisci? Capisci perché ho bisogno di quello Specchio? Lo so che probabilmente non potrò usarlo… So di non essere puro, io che ho ucciso così tante volte… Ma non posso continuare così. Ho bisogno di una strada nuova.»

La voce gli si spense del tutto. Sakura non lo guardava ancora, e Shaoran gliene fu grato: stava rispettando quel suo buttar giù le barriere, quelle barriere che lui stesso aveva innalzato intorno a sé, per tenere tutti fuori, per evitare di soffrire ancora. Sakura lo capiva, lui ne era certo. Per questo era riuscito a parlarle in quel modo.

Tornò a guardare la cascata, consapevole che ora non c’era più nulla da dire. Dopo un istante, sentì un tocco leggero sulla mano stretta a pugno. Con quel semplice contatto, Sakura gli stava trasmettendo la sua comprensione. Non c’era bisogno di parole.

Shaoran sospirò, sentendosi finalmente libero di un peso. Poi, lentamente, aprì le dita per ricambiare la lieve stretta di Sakura.

 

Evitava lo sguardo del cavaliere, perché non sarebbe riuscita a sostenere la vista di tutto il rimpianto e il dolore e la rabbia che aveva sentito nella sua voce, e perché il fatto che lui aveva trovato la forza di esprimersi con un’estranea andava rispettato, in silenzio.

Non sapeva più cosa pensare. Quella notte, quel ragazzo l’aveva colpita, turbata e annientata. Aveva sempre creduto che i cavalieri, i soldati, i guerrieri veri, quelli che scendevano ogni giorno sul campo di battaglia, semplicemente non soffrissero, perché con il tempo diventavano insensibili al dolore interiore. Ma con la sua storia Shaoran aveva fatto crollare tutte le sue certezze, come foglie d’autunno.

Rivivere quei ricordi doveva essergli costato molto. Altrettanto duro doveva essere stato il riviverli per una persona quasi sconosciuta come lei era per lui. Ma era stato sincero, aveva voluto farsi comprendere da lei. Sakura capì improvvisamente che Shaoran meritava altrettanta fiducia, altrettanta sincerità, per quanto fosse possibile.

«Io non ho mai conosciuto le mie origini», mormorò, stringendogli la mano, senza guardarlo. «Da sedici anni vivo dove capita, come capita, mi muovo in questa terra che non sento nemmeno mia, ma sempre da sola. Ma poi ho incontrato Tomoyo…» Si interruppe bruscamente. Non poteva parlargli della vera identità della compagna di viaggio, non ancora. Si limitò a parlare di sé. «Non chiedermi come, ma lei mi conosce. Mi ha detto chi sono in realtà. Mio padre… Mio padre era un Angelo…»

Si accorse che Shaoran si voltava sorpreso a guardarla, ma continuò ad evitare il suo sguardo. Allontanò la mano dalla sua e sollevò le gambe dall’acqua, improvvisamente infreddolita, abbracciandosele.

«Mio padre era un Angelo», ripeté, come se avesse bisogno in primo luogo di convincere se stessa. «Mia madre era una donna umana, della Terra della Luce. La mia nascita fu un’offesa per entrambe le razze. I miei genitori furono esiliati. Ed è così che sono cresciuta sola. Come te.» Si fece forza per voltarsi a guardarlo. «Per questo voglio accompagnare Tomoyo nella terra degli Angeli. Mi sembra ancora assurdo, ma da qualche parte lì ci sono le mie radici… Questo, a parte tutto il resto, a parte lo Specchio degli Elfi, è il motivo che mi spinge in questo viaggio. Ora sai la mia meta. Così come io so chi sei tu.»

Rimase immobile a guardarlo, e per una volta non si curò del disagio che le procurava lo sguardo del cavaliere su di sé. Per una volta era felice di essere se stessa, di essere sincera, di essere come lui.

 

Shaoran era incapace di reagire. Si limitava a guardarla.

Figlia di un’Umana e di un Angelo.

Forse era per questo che era così… magnetica… così tremendamente arcana e distante…?

Forse era per questo che era impossibile non sentirsene stregati?

E adesso perché sentiva la mancanza del suo tocco, della mano di lei sulla sua?

All’improvviso si vergognò di quei pensieri. Maledizione, la conosceva da due giorni. Non poteva permettersi di sentirsi così legato a lei. Non poteva permettersi di legarsi a nessuno…

Si scosse. Scrollò la testa come per liberarsi di quella sensazione di panico assoluto e di totale confusione. Si alzò e le tese una mano.

«Meglio che torniamo da Tomoyo.»

Sakura sembrò riscuotersi a sua volta da chissà cosa. Annuì lentamente e si alzò, accettando la sua mano. Shaoran si sentì di nuovo a disagio quando lei gliela strinse, e quando si sollevò all’altezza del suo viso. E il disagio divenne imbarazzo mentre lei gli sorrideva timidamente.

«Sì, hai ragione. Meglio che andiamo.»

Sakura recuperò gli stivali, ma li tenne in mano, camminando a piedi nudi nell’erba. Si incamminarono vicini, allontanandosi dal lago e dalla cascata dove si erano visti per ciò che erano davvero, verso il sentiero da cui Shaoran l’aveva seguita fin lì. Il ragazzo sollevò lo sguardo al cielo. E gli sembrò che le stelle fossero meno lontane.

 

 

 

Spero proprio che questo capitolo non risulti troppo smielato… Cioè, magari è un po’ troppo discorsivo, ma spero comunque che non vi deluda… Prometto che presto le parole lasceranno più spazio ai fatti!

 

Ringraziamenti.

Evans Lily: Sono felicissima che il personaggio di Sakura ti piaccia, e spero che le tue aspettative riguardo il loro avvicinamento non siano rimaste deluse…! Un bacione e mille grazie, amica mia!

Sakura Bethovina: Grazie mille per la recensione! Sono felice di ricevere sempre i tuoi commenti e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto…

Pikki SakuraChan: Eh eh, anche a me è piaciuto moltissimo descrivere la lotta (effettiva ma anche interiore) di Shaoran nel capitolo precedente, e sono contenta che ti abbia colpito… Ancora una volta ti ringrazio profondamente!

Sakura182blast: Ciao, sorellina, ti ringrazio moltissimo per il commento e spero di sentirti il prima possibile, così mi dirai anche cosa ne pensi di questo sesto capitolo! Bacioni!

Kia85: Ho iniziato a leggere la tua ficCrossed destinies” (presto ti lascerò anche una recensione!), e devo dire che sono onorata che la mia storia ti piaccia! Grazie mille, davvero! Anzi spero di non deluderti…

Yumemi: Confesso che quelle della locanda e della medicazione sono le mie scene preferite quasi nell’intera storia; sono felice che ti siano piaciute! Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, ci conto!

 

Non mi resta che salutarvi fino al prossimo capitolo, in cui il viaggio proseguirà fin quasi alla regione degli Angeli e… beh, succederà qualcosa a Shaoran… Ah, basta, non voglio dire troppo!! ^^

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Oltre il lago ***


Aamyan degli Elfi

Eccomi di nuovo da voi, anche se con qualche difficoltà! Perdonatemi, ma tra la scuola (aiuto, ho la maturità!!) e mia madre (aiuto, mi ruba il cavo!!) in questo periodo mi sarà un po’ difficile aggiornare con la solita regolarità. Spero comunque che continuiate a seguire la storia, mi farebbe molto piacere!! Più in là i ringraziamenti…

Buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

7

Oltre il lago

 

Shaoran si svegliò all’alba. Si stiracchiò leggermente, guardandosi intorno, e vide che anche le due ragazze avevano già gli occhi aperti.

Sakura era al suo fianco, molto vicina. Quella notte, tornati dalla cascata, si erano lasciati cadere accanto a Tomoyo, che non sembrava essersi accorta della loro assenza; Sakura si era addormentata quasi subito, ma prima aveva fatto in tempo a chiedere a Shaoran se poteva cambiarle la fasciatura… Il ragazzo si sentì arrossire solo al ricordarlo. E mentre la guerriera, infilandosi gli stivali, si voltava e incontrava il suo sguardo, arrossì ancora di più.

«Buongiorno, cavaliere», disse allegramente Sakura.

Shaoran si alzò a sedere, mormorando una risposta, e osservandola perplesso. Cos’era quell’improvvisa vivacità? Sakura era sempre stata, se non fredda, comunque un po’ distaccata nei suoi confronti; ora non si preoccupava di sorridergli con aria spensierata, neanche fossero amici per la pelle. Che fosse per via del confronto che avevano avuto quella notte? Ora che sapevano di potersi fidare l’uno dell’altra, lei stava… cambiando?

«Ehi, cavaliere, si può sapere che hai?»

Shaoran si scosse.

«Niente…», farfugliò, alzandosi.

«Meglio così.» Sakura balzò in piedi e si rivolse sia a lui che a Tomoyo. «Coraggio, ci aspetta la traversata del lago. Andiamo a cercare un traghettatore.»

Si diresse spedita verso il suo cavallo, andando a svegliarlo e ad accarezzarlo sul muso. Shaoran continuò a fissarla assolutamente sconcertato, poi si voltò verso Tomoyo. Lei dovette capire dal suo sguardo cosa stava pensando, e alzò le spalle, con la stessa espressione confusa.

«Chi la capisce è bravo…», sospirò Shaoran, seguendo Sakura accanto ai cavalli.

Tomoyo li raggiunse, e tutti e tre i ragazzi presero gli animali per le briglie, volgendosi poi verso il lago. Shaoran continuava a sbirciare Sakura furtivamente, e la vedeva sempre sorridere.

Costeggiarono il lago verso ovest, dove il bosco si diradava sempre di più. Presto fu visibile una capanna di legno, costruita proprio sull’argine del lago, con un piccolo battello attraccato lì accanto; di sicuro là viveva qualcuno che poteva aiutarli a superare il lago.

I tre ragazzi si portarono davanti alla capanna, tirandosi dietro i cavalli; poi Sakura chiamò a gran voce.

«Ehi, di casa! C’è nessuno? Abbiamo bisogno di un passaggio…»

Quasi subito la porta si aprì ed uscì un uomo anziano, che li guardò sbadigliando.

«Dovete attraversare il lago?», li accolse brusco, a mo’ di benvenuto.

«Sì. Queste possono bastare?»

Sakura estrasse da una tasca alcune monete d’oro e le mostrò al traghettatore, che subito divenne più cordiale. Mentre l’uomo si avvicinava, controllava il denaro e li guidava verso l’imbarcazione ormeggiata, Shaoran si rivolse a mezza voce alla guerriera.

«Avrei potuto pagarlo io…»

«Ma certo che no», lo interruppe subito Sakura, sorridente. «Te l’ho già lasciato fare ieri alla locanda. Non vorrai che io e Tomoyo ci facciamo l’abitudine, cavaliere…»

Shaoran era assolutamente disorientato. Possibile che a Sakura fossero bastate le parole che si erano scambiati quella notte per cambiare atteggiamento nei suoi confronti così in fretta? Forse sì, si disse. Forse per lui era strano semplicemente perché non era abituato a quel genere di rapporto con gli altri, a quella complicità che Sakura gli stava inaspettatamente dimostrando. E forse lei non era così simile a lui come gli era sembrata; forse in realtà era molto diversa, in fondo, ed ora era in grado di comportarsi come se lo conoscesse da sempre, e di sentirsi davvero legata a lui… Ciò che lui non sapeva e non poteva e non voleva fare, perché era stanco di legarsi alle persone per poi rischiare di perderle…

Shaoran si riscosse quando si rese conto che Sakura e Tomoyo stavano già salendo sulla piccola barca, facendo avanzare i cavalli con cautela, mentre il traghettatore li sistemava in un punto più saldo del battello. Scuotendo la testa nel tentativo di scrollare via tutti i pensieri, seguì le due compagne a bordo.

Mentre iniziavano la traversata, Shaoran si sedette, e quasi subito Sakura andò a sedersi nel posto di fronte al suo. Lo guardò allegramente e poi portò lo sguardo sull’acqua, spingendolo lontano sulla superficie calma del lago. Shaoran non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Ma perché quella ragazza lo attirava tanto? Continuava a pensare a ciò che lei gli aveva detto circa le sue origini: figlia di un Angelo… Forse era davvero quello il motivo per cui c’era in lei qualcosa di irresistibile, di magico, di…

Shaoran si costrinse ad allontanare lo sguardo da lei, e si ritrovò a fissare Tomoyo, seduta lì accanto con sulle labbra il sorriso di chi la sa lunga. Si sentì arrossire per l’ennesima volta, e si concentrò sui lenti movimenti regolari del lungo remo del traghettatore, e sul placido dondolio del battello sull’acqua.

Ci volle quasi un’ora per arrivare dall’altra parte del lago, che era ancor più esteso di quanto gli era sembrato dal bosco. Non parlarono molto, come accadeva spesso tra loro; ma Sakura in più di un’occasione si lasciò andare in allegre considerazioni sul tempo, sulla bellezza del luogo, e sul fatto che si sentiva stranamente contenta di essere lì in quel momento con i due compagni.

«Pensare che all’inizio non volevo nemmeno partire…», sorrise rivolgendosi a Tomoyo.

All’improvviso il battello urtò dolcemente contro quella che si rivelò essere la sponda opposta del lago. Quella parte del viaggio era conclusa.

«Giovani, si scende!» Il traghettatore lasciò il remo e andò ad occuparsi dei cavalli. «A questi penso io, voi intanto potete sbarcare.»

Shaoran non se lo fece ripetere due volte. Sfuggendo allo sguardo allegro di Sakura e a quello vagamente saputello di Tomoyo, il ragazzo sistemò l’asse con cui erano saliti sul battello; poi ci ripensò, si fece da parte e lasciò che le due ragazze lo precedessero. Sakura, passandogli accanto, gli sorrise.

«Grazie mille, Shaoran.»

Il cavaliere adolescente evitò il suo sguardo. Attese che lei fosse sbarcata prima di incamminarsi a sua volta sull’asse; ma in quel momento alle sue spalle i cavalli, o forse lo stesso traghettatore, dovettero fare qualche movimento brusco, perché la tavola traballò pericolosamente e lui rischiò di ritrovarsi in acqua.

Un paio di mani delicate ma sicure gli afferrarono i vestiti, sul petto, evitandogli la caduta. Shaoran sollevò lo sguardo e si ritrovò a un soffio dagli occhi verdi di Sakura. La ragazza smise di sorridere mentre i loro sguardi si incontravano e si immergevano l’uno nell’altro.

«Cerca di essere meno distratto, cavaliere», mormorò molto piano, senza lasciarlo andare.

Shaoran ricambiò il suo sguardo, senza parlare. Per un istante rimasero così, immobili, vicinissimi. Poi la voce del traghettatore li distolse da quel momento di stallo.

«Ragazzi, non c’è più pericolo di cadere. Potete anche togliervi di lì, così vi riconsegno i cavalli…»

Sakura si allontanò da Shaoran, portando lo sguardo sull’uomo, che tendeva verso di lei le redini del cavallo bruno. Shaoran ritenne opportuno togliersi subito di mezzo, prima di riprendere per le briglie il proprio destriero.

Quando anche Tomoyo ebbe recuperato il suo cavallo, il vecchio tornò al controllo della barca e rivolse loro un saluto, per poi ricominciare a remare, spingendo la barca al largo.

I tre ragazzi si voltarono a fronteggiare il paesaggio che si stendeva davanti ai loro occhi.

All’orizzonte, tanto lontani ed imponenti da sembrare quasi irraggiungibili, si ergevano i monti del nord, a difesa della regione degli Angeli. Tra essi e il lago alle loro spalle si aprivano vaste pianure brulle e deserte. Dovevano attraversarle, ma questo avrebbe significato essere totalmente scoperti, esposti a qualsiasi attacco di soldati.

«Bene», disse Sakura, decisa, montando in sella. «Coraggio, andiamo. Se andrà tutto bene, entro domani saremo sulle montagne.»

Anche Tomoyo montò. Shaoran sospirò profondamente mentre le imitava. Era quel “Se” a preoccuparlo.

 

Sakura fermò il cavallo, permettendogli di riposarsi un istante, e si voltò verso i compagni.

«Che vi dicevo? È solo il tramonto, e siamo già vicini.»

Tomoyo sorrideva, ma sul suo viso c’era della tensione. Era ovvio che essere così vicina a portare a termine il suo proponimento la turbava. Stava per distruggere lo Specchio degli Elfi, e le conseguenze di quel gesto non avrebbero riguardato solo lei, ma l’intero Regno di Tomoeda. Sakura comprese come dovesse sentirsi e guardò altrove, soffermandosi su Shaoran.

Il ragazzo sollevò la testa, osservando i monti che si innalzavano dritto davanti a loro. Il tramonto scarlatto sembrava fiammeggiare tra i suoi capelli castani. Sakura percorse con lo sguardo il suo viso serio, quello di un ragazzo cresciuto troppo in fretta, chiedendosi se lui avesse capito che quel giorno lei aveva fatto di tutto per dimostrargli che gli era vicina, che lo capiva, e che per questo era persino andata contro la propria natura solitamente scostante e rinchiusa, così simile a com’era lui…

Ma una strana sensazione disturbò quei suoi pensieri. Sakura si voltò in ogni direzione, improvvisamente certa di non essere sola con Tomoyo e Shaoran.

Quasi a voler confermare le sue impressioni, una freccia si conficcò all’improvviso nel suolo, davanti agli zoccoli del suo cavallo, che si imbizzarrì all’istante, rischiando di disarcionarla. Sakura saltò subito a terra.

«Attenti, c’è un’imboscata!»

Prima ancora che terminasse di urlare loro l’avvertimento, la Dama degli Elfi e il cavaliere della Terra del Buio erano già al suo fianco, l’una con l’arco in pugno, l’altro con la spada sguainata. Sakura si slacciò dalla vita i due coltelli nel momento esatto in cui un gruppo di soldati emergeva dagli anfratti tra le rocce alle pendici dei monti.

La guerriera li fronteggiò. Erano in dodici, tutti armati di scimitarre. E, come testimoniavano gli stemmi sulle loro cotte, erano della Terra della Luce. Probabilmente a guardia del confine.

«Chi siete, mocciosi?», ruggì uno di loro, avvicinandosi minaccioso a Sakura. «Spie, disertori, o che altro? Che cosa siete?»

Per tutta risposta, Sakura sollevò il braccio e, prima che il soldato potesse anche solo capire le sue intenzioni, gli piantò uno dei coltelli nel collo, fino all’impugnatura.

Fu l’impulso che scatenò la battaglia. Sakura si ritrovò presto a fronteggiare contemporaneamente due uomini. Riuscì a scagliare un coltello nell’occhio di uno di loro, e ad ingaggiare una lotta corpo a corpo con il secondo, fino a tagliargli la gola. Si gettò incontro ad altri soldati, sperando che anche Shaoran e Tomoyo li stessero affrontando con la stessa facilità. Ebbe modo di intravedere entrambi: Tomoyo era salita su una roccia sopraelevata e scagliava le sue frecce con incredibile abilità; Shaoran aveva appena decapitato con un solo colpo di spada uno dei soldati.

Fu quello il momento di distrazione che Sakura avrebbe dovuto evitarsi.

Di colpo un uomo le fu addosso, brandendo la scimitarra sotto il suo mento, sbavando quasi, come una bestia.

«Ma guarda che bella ragazzina», ringhiò, portandole al mento anche la mano libera. «Una fatina che ha ucciso il nostro capo come se niente fosse. Dovrò decidere una bella morte per te, mia bella guerriera…»

Sakura cercò di mordergli la mano, ma lui riuscì ad evitare i suoi denti.

«Provaci, bastardo», gli sibilò in faccia, pur consapevole di non essere nella condizione adatta per minacciarlo.

«Vedrai, vedrai se ci proverò, piccola…»

Le parole si strozzarono nella sua gola. Sakura lo vide cambiare espressione, e vide una lama rossa di sangue spuntare dal suo petto. L’uomo allentò la presa su di lei e cadde in avanti, così che Sakura si ritrovò a guardare Shaoran, che estraeva la spada dalla schiena del soldato.

Ansante, Sakura si accorse che le tremavano le gambe. Shaoran abbassò la spada insanguinata e la guardò, altrettanto spossato.

«Stai bene?»

La gola secca, Sakura annuì.

«Grazie…», mormorò. Sapeva che lui le aveva appena salvato la vita, e avrebbe voluto dirgli molto di più, ma in quel momento le mancavano le parole.

Shaoran non disse nulla. Si voltò verso un gruppo di soldati che, cercando di schivare la pioggia di frecce, si dirigevano verso Tomoyo. Sakura andò subito a dargli manforte.

La lotta andò avanti ancora a lungo. Non erano rimasti che due uomini quando Sakura cadde in ginocchio, esausta, trafiggendo al petto scoperto uno di loro. La ferita al fianco, seppur lieve, ormai le pulsava dolorosamente sotto le bende, stimolata dalla fatica. Si tenne il ventre con un braccio, stringendo i denti… Ma in quel momento un grido di Tomoyo, innaturalmente acuto, la indusse ad alzare la testa.

Davanti a lei, Shaoran aveva appena trapassato al ventre l’ultimo soldato; ma questi, cadendo, gli aveva affondato la scimitarra nel petto, tra la gola e la spalla.

«Shaoran!»

Senza più curarsi della stanchezza e del dolore, Sakura scattò in piedi. Vide il giovane cavaliere rivolgerle uno sguardo vacuo, poi un sorriso incerto e confuso, prima di accasciarsi lentamente a terra accanto all’uomo che aveva appena ucciso.

E in quel momento la guerriera non capì più nulla.

 

 

 

Tranquille, colleghe fan di Shaoran, non farei mai del male al nostro bel cavaliere… Anche perché ce ne sono già fin troppo pochi di ragazzi come lui!

 

Ora passiamo ai ringraziamenti:

Yumemi: Ti capisco benissimo, non preoccuparti, anch’io sono incasinatissima con la scuola… Comunque sono felice che ti interessi il passato dei due protagonisti, anche perché ciò è determinante per il futuro della storia… Mille grazie per il tuo commento!

Ichigo_91: Vale anche per te, Ichigo, non ti preoccupare, mi fa comunque piacerissimo che la storia ti prenda! E sono contenta che tu abbia preso il mio contatto, anzi spero di sentirti presto!

Kia85: Sono onorata di ricevere tanti complimenti da parte tua, non so se hai già letto la recensione che ti ho lasciato ma ribadisco i miei complimenti! Grazie mille per il commento, e a proposito delle origini di Sakura… Non c’è che dire, saranno determinanti!!

Pikki SakuraChan: Accidenti, sono contenta che tu ti sia commossa, vuol dire che riesco a scrivere qualcosa di buono! Tantissime grazie anche a te!

Sakura182blast: E allora, sorellina, spero che gli spoiler che ti ho dato e ciò che hai letto finora ti siano piaciuti!! Un bacione grande grande e un grazie anche a te…

 

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, cari lettori e care lettrici… Ovviamente nel prossimo le condizioni di Shaoran determineranno delle reazioni particolari in Sakura… Ma non voglio anticipare troppo!!

Mi auguro che continuiate a seguirmi… Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sotto le stelle ***


Aamyan degli Elfi

Innanzitutto mi scuso per l’assenza prolungata… Mi dispiace veramente tantissimo, ma sono davvero un bel po’ incasinata, senza contare che ora sono costretta ad aspettare che in casa non ci sia nessuno per connettermi! È una storia lunga, e non mi va di star qui ad annoiarvi… Piuttosto, perché non leggete questo nuovo capitolo?

Buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

8

Sotto le stelle

 

Caldo. Freddo. Bianco. Nero. Frastuono. Silenzio. Tutto. Niente.

L’ultima immagine, quella della lama penetrata nella sua pelle, l’ultima sensazione, quella della fitta lancinante di dolore, si dissolsero del tutto, per lasciare il posto al contrasto eterno, alla sempiterna spaccatura tra il vuoto totale e la totalità piena. Nulla aveva un senso e al contempo tutto era chiaro come non mai.

Era questa la morte?…

 

Sakura non aveva più voce, né pensieri, né altro; si sentiva assolutamente arida e svuotata. Osservava stancamente Tomoyo che, in ginocchio e china sul cavaliere, cercava di arginare il flusso spaventoso del suo sangue.

Subito dopo che il ragazzo era stato colpito, la Dama degli Elfi era intervenuta con sorprendente iniziativa: lo aveva spostato tra le rocce ai piedi della montagna che si ergeva loro di fronte, dopodiché aveva iniziato a mormorare parole apparentemente senza senso e poi a fasciarlo con le stesse bende con cui il giovane aveva medicato Sakura solo il giorno precedente. La guerriera era rimasta immobile al loro fianco, incapace di agire e perfino di pensare, mentre il cielo si faceva sempre più scuro e i corpi dei soldati caduti attiravano famelici avvoltoi dai loro nidi sulle vette dei monti. Ancora adesso Sakura non riusciva a muoversi, e assisteva impotente, senza alcuna capacità logica.

Shaoran delirava. Era estremamente pallido, eppure sembrava in preda alla febbre. La fanciulla degli Elfi gli aveva denudato il torace, e ora Sakura fissava con orrore e terrore lo squarcio che si apriva nel suo petto, un rosso scuro circondato da pelle chiara.

Tomoyo disfece per l’ennesima volta la fasciatura: non faceva in tempo a stringerla, che era già intrisa di sangue.

«Non c’è modo di arginarlo così», sospirò ad un tratto, scostandosi dal viso una ciocca di lunghi capelli scuri e lasciandosi uno sbuffo del sangue di Shaoran sulla guancia. «Questi sono solo insulsi rimedi curativi, non possono aiutarmi. Devo ricorrere alla vera e pura magia elfica.»

Sakura alzò il viso e la fissò.

«Allora fallo, cosa aspetti?», sbottò, ritrovando la voce. «Avresti dovuto pensarci subito!»

«Non posso. È ancora semicosciente, non posso rischiare… Devo aspettare che si addormenti.»

«Che cosa? Ma se si addormenta adesso… potrebbe non svegliarsi più!» Sakura la fissò furente. «Vuoi ucciderlo?»

Lo sguardo che le lanciò Tomoyo era quasi altrettanto furioso. Sakura si ritrasse, turbata.

«Non voglio che muoia, e tu lo sai. Ma ragiona, Sakura: se si scuotesse ora dal torpore e ci sentisse fare questi discorsi, capirebbe che non sono umana. Immagina se aprisse gli occhi e si trovasse di fronte ai miei poteri di Elfo… A quel punto, anche se guarisse subito, non si fiderebbe più di noi. È questo che vuoi?»

Sakura tacque.

«Dobbiamo solo aspettare che si assopisca», continuò Tomoyo. «Per questo è importante continuare a medicarlo, cercare di fermare il flusso. Se solo la ferita non fosse così profonda…»

All’improvviso, Sakura ricordò la medicazione che il cavaliere le aveva fatto il giorno prima.

«C’è un’ampolla nella sua bisaccia», mormorò. «È con quella che mi ha disinfettato il taglio al fianco. Forse può essere utile…»

«Proviamo. Ti prego, vai a prenderla.»

Sakura si alzò e si accorse di barcollare. Si diresse con passo incerto al cavallo nero di Shaoran, tendendo le mani aperte per rassicurarlo, e quando fu abbastanza vicina frugò di nuovo nella sacca appesa alla sella, dove aveva già trovato le bende, sentendosi quasi una ladra. Trovò subito l’ampolla e si diede della stupida per non averla presa prima. Tornando da Tomoyo, si guardò intorno: i rapaci erano ancora intenti sui cadaveri, e non la degnavano di uno sguardo.

Tomoyo le prese dalle mani l’unguento preparato dal mago che, Sakura se ne rese conto all’improvviso, era in realtà lo zio di Shaoran. Mentre la guerriera si lasciava cadere al suolo, la Principessa elfica spalmò il cataplasma sulla ferita del cavaliere, passandogli delicatamente le mani sul petto nudo. Quel gesto provocò a Sakura un lampo di disappunto, di fastidio; ma non riusciva a capire a cosa fosse dovuto.

«Notevole», mormorava tra sé Tomoyo. «Chi ha preparato questo intruglio deve sapere il fatto suo in ambito di pratiche magiche e curative.»

«Quindi lo aiuterà?», chiese Sakura, tesa.

«Dovrebbe uscire dal delirio a breve. Se siamo fortunate, si addormenterà senza rischi, e potrò chiudergli questa ferita per sempre.»

Sakura cercò di annuire, ma ogni singolo muscolo del suo corpo sembrava intorpidito.

Tomoyo terminò di disinfettare la ferita, la fasciò di nuovo, richiuse l’ampolla e si alzò.

«Ora possiamo solo aspettare. Rimetto questa al suo posto e provvedo qualche erba da dar da mangiare ai cavalli. Devono essere affamati.»

Sakura non replicò, non la guardò nemmeno. Ascoltò il suono dei suoi passi allontanarsi dai piedi del monte, ma il rumore era solo un fruscio indistinto nelle sue orecchie.

Un unico pensiero le attraversava la mente sgombra: poche ore prima, Shaoran le aveva salvato la vita, e ora si ritrovava a rischiare la sua. Lei non credeva di poterlo sopportare. In quei soli due giorni che avevano passato insieme, e soprattutto dal momento in cui lui le aveva mostrato la sua vera anima, davanti a quella cascata nel bosco, Sakura si era sentita finalmente compresa. Si era sentita come se tra loro si fosse instaurato un legame unico ed ineguagliabile. Si era sentita come se avesse finalmente trovato la famiglia che da sempre le era stata negata.

Perché era questo che provava in quei giorni, viaggiando con Shaoran e con Tomoyo: anche lei poteva legarsi a qualcuno, anche lei poteva fidarsi di qualcuno… anche a lei poteva essere concessa una famiglia, qualcuno a cui voler bene.

Vide che il respiro di Shaoran si faceva più regolare. Il suo petto non era più scosso da spasmi violenti, ma ora si alzava e si abbassava dolcemente. Sakura tese una mano fino alle bende che ora spiccavano bianche sul suo torace, solo vagamente macchiate di rosso, e lo sfiorò come lui l’aveva sfiorata il giorno precedente, quando lei aveva percepito il calore della sua mano…

In quel momento si rese conto che non poteva e non voleva perderlo.

Chiuse gli occhi, cercando di frenare le lacrime che all’improvviso premevano per uscire, inutilmente. Si ritrovò a piangere in silenzio, senza saperne il motivo, la mano ancora ferma e aperta sul petto di Shaoran, all’altezza del suo cuore, avvertendo il resistere tenace e ostinato dei suoi battiti.

 

A poco a poco, la spaccatura tornava ad essere un’unità. Caldo e freddo si fondevano nel tiepido, bianco e nero divennero un insieme brumoso, il frastuono e il silenzio lasciarono il posto al lieve rumore del suo cuore.

Stava tornando indietro.

Riprese conoscenza, ma continuò a tenere gli occhi chiusi, riabituandosi alla sensazione di essere vivo, e sentendo un peso piacevole sopra il cuore. Ma poi qualcosa di caldo gli piovve su una guancia, e quando si rese conto che era una lacrima aprì lentamente gli occhi.

Sakura era china su di lui, una mano sul suo petto nudo e bendato, le palpebre serrate come a voler frenare il pianto che invece inumidiva implacabile le sue ciglia. Lui la osservò a lungo, poi sollevò piano un braccio e portò una mano su quella che Sakura teneva sul suo cuore. Gliela strinse delicatamente mentre si sforzava di bisbigliare alcune parole.

«Non avevo mai visto una guerriera piangere.»

Vide che la ragazza trasaliva; poi si specchiò nei suoi occhi verdi. Sakura lo fissò con l’espressione di chi assiste a un miracolo.

«Shaoran… Tu… Io…»

Il giovane le sorrise.

«Una parola alla volta, figlia degli Angeli.»

Sakura non cercava più di trattenere le lacrime. Lui sentì che stringeva la mano dentro la sua. Per qualche secondo si guardarono in silenzio, poi Sakura cercò di nuovo di parlare.

«Ho avuto paura…»

Shaoran smise di sorridere. Aveva avuto paura per… per lui…? Quasi non riusciva a crederci. Sakura non sembrava conoscere la paura; gli era sempre sembrata forte, molto più forte di lui. Invece adesso… Il ragazzo sollevò l’altra mano e, sentendo il bisogno di toccarla, le asciugò le lacrime, senza distogliere gli occhi dai suoi. Sakura si irrigidì, forse sorpresa dal contatto, da quel gesto così inusuale in lui; ma non si sottrasse.

Sentì che si stava perdendo in quel verde… E in quel momento trovò il coraggio di farle la domanda che lo tormentava fin da quella mattina.

«Perché sei cambiata?»

Si pentì all’istante delle proprie parole, soprattutto quando vide l’espressione di Sakura indurirsi.

«Come?»

Shaoran allontanò la mano dal viso di lei. Ma ora doveva andare fino in fondo… Prese fiato, e continuò a voce molto bassa.

«Ieri eri distante, silenziosa, diffidente, irraggiungibile… Poi ci siamo parlati liberamente di noi stessi, e da allora hai iniziato a sorridere, a parlare, ad avvicinarti… Perché? Davvero adesso… ti fidi di me?»

Sakura si ritrasse leggermente, allontanando la mano dalla sua, dal suo petto. Rimase inginocchiata al suo fianco, ma all’improvviso era tornata fredda. Proprio come prima. Shaoran si rese conto di colpo che temeva ciò che lei stava per dirgli.

«Io sono così, Shaoran. Non c’è nessun perché, nessuna spiegazione. Sentivo di volermi aprire, e l’ho fatto, ecco tutto. Non credo di poterti spiegare, non credo che qualcuno possa capirmi… Io sono… come il vento. È difficile che sia stabile, è impossibile afferrarlo e averne la piena consapevolezza. Io sono così.»

Shaoran la guardò. Era sicuro che lei gli stesse nascondendo qualcosa, che ci fosse dell’altro. O forse lo sperava soltanto… Sperava che lei avesse voluto cambiare perché si era resa conto che c’era un legame forte ad unirli… E poi, non aveva risposto alla sua domanda. Non gli aveva detto se si fidava di lui…

Sospirò profondamente, sentendo una fitta al petto. Chiuse gli occhi sforzandosi di ignorare il dolore, ma in quel momento non gli importava del male fisico; importava solo il fatto che senza la mano di Sakura sul cuore si sentiva… incompleto.

Dopo qualche istante, si sentì calare addosso una sorta di torpore, di placida sonnolenza. Tenne gli occhi chiusi, ma presto ebbe sentore di un respiro sul volto. Si sentì avvampare all’istante, ma non aprì gli occhi; poi Sakura gli parlò piano all’orecchio.

«Ad ogni modo, cavaliere, grazie ancora per avermi salvato la vita…»

Shaoran rimase immobile, mentre le labbra della ragazza incontravano la sua guancia, posando un bacio leggero nello stesso punto in cui i suoi occhi avevano lasciato cadere una lacrima. Gli sembrò che il cuore gli si fermasse, ma dopo un istante riprese la sua folle corsa.

Mentre sentiva che Sakura allontanava il viso, Shaoran iniziò a scivolare nel sonno, e un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra.

 

«Si è addormentato?»

Ancora immersa nel guardare i lineamenti di Shaoran distesi nel sonno ristoratore, Sakura trasalì al suono della voce di Tomoyo. Poi annuì, senza spostare lo sguardo da lui.

La Dama degli Elfi tornò ad inginocchiarsi accanto al giovane.

«Bene. Ora posso fare in modo che guarisca subito. Domattina si chiederà come sia stato possibile, ma perlomeno non avrà scoperto chi sono e cosa stiamo per fare nella terra degli Angeli.»

Sakura annuì di nuovo, guardando le sue mani tornare a posarsi sul petto di Shaoran ed emettere un flusso di una sorta di energia luminosa. Gli occhi chiusi, l’espressione grave e concentrata, Tomoyo intonò una strana nenia, che penetrò fin nell’anima di Sakura… Poi la luce svanì, e la Principessa tacque e iniziò a scostare le fasce sul petto del cavaliere. La guerriera si ritrovò a fissare il punto in cui prima c’era la spaventosa ferita: ora la pelle era intatta, ad eccezione di una lunga cicatrice bianca. Sakura si disse che avrebbe dovuto stupirsi per quel prodigio, ma si sentiva stranamente neutra.

Mentre Tomoyo ripuliva la pelle di Shaoran dal sangue, gli occhi della guerriera vagarono di nuovo sul viso ora sereno di lui. Non riusciva a pensare a nulla: né a ciò che si erano detti in quei pochi minuti in cui era stato cosciente; né al perché non fosse riuscita ad ammettere che sì, ora si fidava di lui; né a ciò che aveva provato quando aveva visto che le sorrideva, sano e salvo, destinato a vivere.

Solo alcune parole erano impresse in modo nitido nella sua mente, come marchi a fuoco, inferti con delicatezza.

Il modo in cui Shaoran aveva pronunciato quelle parole con cui l’aveva chiamata…

Figlia degli Angeli.

 

 

 

Bene, lo so che questo capitolo è un po’ confuso, e so anche che magari Sakura non si è comportata come avrebbe dovuto, con Shaoran (io personalmente gli avrei detto BEN ALTRO…), però se non altro ora c’è della sintonia in più: non puoi sperare di restare indifferente ad una persona che ti ha salvato la vita, o viceversa, ad una persona che hai salvato dalla morte… Vedrete che le cose si evolveranno… prima o poi! ^^

 

Ringraziamenti:

Yumemi: Grazie mille per la tua recensione! Ebbene, purtroppo non sbagliavi, la ferita di Shaoran era piuttosto seria… Spero però che apprezzerai il ruolo di Tomoyo in questo capitolo! Quella ragazza probabilmente un giorno diventerà santa! Un bacione

Evans Lily: Ciao, collega, e mille grazie per il tuo commento! Sono davvero contenta che la storia continui a piacerti e spero proprio di sentirti presto… Anche per il nostro piccolo progetto! ^^

Sakura182blast: Oh, sorellina, sapessi quanto mi manchi! Hai ragione, quella sera è rientrata mia madre, fortuna che non mi ha beccata, però ho fatto una corsa tremenda per riportare il cavo al suo posto senza che lei se ne accorgesse! Fifa blu! Scusami per la prolungata assenza da MSN ma come ho già detto ora posso solo aspettare che lei non ci sia… Comunque, a parte tutto questo, ti ringrazio tantissimo per la recensione… Ma no, non ti preoccupare, mi conosci, Shaoran non corre più alcun rischio! ^^

Kia85: Accidenti, le tue recensioni mi confondono, mi sembra davvero che tu sia un’esperta di queste cose e sono sempre più contenta che continui a seguirmi! Hai ragione, a volte sono un po’ cattiva per quanto riguarda la suspense… Spero che nel frattempo questo non abbia danneggiato nessuno, non vorrei davvero avervi sulla coscienza! ^///^

Ichigo_91: Non ti preoccupare, Ichigo, non farei MAI E POI MAI del male a Shaoran, e di certo non lo farei morire solo per aver salvato Sakura! Ehm, sono un po’ gelosa, si nota? ^///^ Comunque grazie mille per la recensione, spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

Sakura Bethovina: Lo so, lo so, ci mettono un po’ prima di innamorarsi davvero, però vedrai che… ^^ Grazie per le tue puntuali recensioni, sono davvero felice che tu mi segua sempre!

 

Vi aspetto nel prossimo capitolo (spero il più presto possibile, ma purtroppo non posso assicurarvi niente…), dove le cose si faranno ancor più interessanti: ebbene sì, stiamo arrivando nella terra degli Angeli!

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Tra gli Angeli ***


Aamyan degli Elfi

Ecco pronto per voi il nono capitolo! Come promesso, e come vedrete dal titolo, siamo finalmente giunti alla meta… Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che il senso di questa storia strampalata si definisca del tutto… Nell’attesa, spero che gradiate questa nuova tappa del viaggio…

Buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

9

Tra gli Angeli

 

Shaoran dormì di un sonno lungo e senza sogni. Quando si svegliò, il sole era già abbastanza alto nel cielo, e gli feriva gli occhi come una lama. Sollevò un braccio per ripararsi lo sguardo e abituare la vista alla luce, e così facendo si rese conto che il petto non gli recava più alcun dolore. Si era aspettato di sentire qualche fitta; invece era come se non fosse mai stato ferito.

Perplesso, il cavaliere adolescente si puntellò su un gomito e abbassò lo sguardo sul proprio torace. Ricordava che quando si era svegliato durante la notte si era scoperto il petto nudo, e che aveva pensato, con vago imbarazzo, che le due ragazze avessero dovuto privarlo dei vestiti nella parte superiore del corpo per fasciargli la ferita; adesso, invece, si scoprì rivestito. Si spostò gli indumenti, per ispezionarsi la fasciatura apportata dalle sue compagne di viaggio, ma con sua grande sorpresa non la trovò. La sua pelle era priva di bende e stranamente integra: solo una cicatrice manifestava la ferita quasi mortale infertagli il giorno precedente, confermando che era successo davvero, che non era stato un incubo.

Shaoran si sfiorò il segno bianco sulla pelle, sempre più confuso. Com’era possibile che le cure di Sakura e Tomoyo fossero bastate a far rimarginare la ferita in così breve tempo? Forse avevano usato il cataplasma creato da Clow… Ma anche in quel caso, era impossibile che nel corso di una sola notte…

Un movimento improvviso nelle vicinanze lo fece sobbalzare. Si sistemò di nuovo i vestiti, sollevando lo sguardo e vedendo Sakura. La guerriera era in piedi di fronte a lui e lo scrutava con espressione indecifrabile.

«Sei sveglio», constatò, distaccata. «Come ti senti?»

Shaoran alzò le spalle.

«Bene. Ma…»

«Perfetto.» Sakura bloccò sul nascere qualsiasi sua domanda e si diresse verso il suo cavallo, continuando a parlare, ma senza più guardarlo. «Presto, dobbiamo metterci in marcia. Abbiamo già perso troppo tempo. Ci vorranno giorni per valicare le montagne…»

Shaoran si alzò lentamente, con cautela. In quel momento vide avvicinarsi Tomoyo, già in sella al suo cavallo bianco. La fanciulla dai capelli d’ebano lo guardò e gli sorrise.

«Ben svegliato, cavaliere. Mi auguro che tu non senta più dolore.»

Shaoran scosse la testa.

«No, in effetti… Ma mi sembra incredibile di essere ancora vivo.»

«Siamo state brave», sorrise ancora Tomoyo.

«Già. Devo ringraziarvi. Vi devo la vita.»

Sorridendole vagamente, Shaoran raggiunse il proprio destriero e montò in sella.

Sakura gli sfilò accanto sul suo cavallo bruno, sempre senza guardarlo.

Il ragazzo si sentiva profondamente scosso. Gli tornarono alla mente le parole che si erano scambiati quella notte: che Sakura avesse preso male le sue domande, decidendo di allontanarsi di nuovo? Ma non aveva senso… Lui non aveva intenzione di farla arrabbiare o altro… Perciò per quale motivo lei era improvvisamente così fredda, persino più di prima?… E pensare che subito dopo quella discussione lei gli aveva dato un bacio… Si sentì arrossire per quell’ultimo pensiero, di gran lunga meno serio dei precedenti.

Il cavallo di Tomoyo si affiancò al suo. Come era accaduto altre volte, la ragazza sembrò leggergli dentro.

«Non pensare male di Sakura», mormorò, in modo che solo Shaoran la udisse. «Ha qualche difficoltà nel manifestare le proprie emozioni… Un po’ come te, del resto… Ma ti assicuro che è stata davvero in ansia per te. Ti è rimasta accanto per tutta la notte, e non credo che abbia dormito molto.»

Shaoran tornò a guardare Sakura, che gli dava le spalle. Non sapeva più cosa pensare. Era vero, anche lui tendeva a rinchiudere le proprie emozioni, ad evitare di darle a vedere; ma lui non aveva di quegli improvvisi cambiamenti di atteggiamento… Proprio non la capiva. Ma forse era lei a non volere che gli altri la capissero. Era come se fosse preda di strani demoni che la inducevano a non mostrarsi mai uguale a se stessa, in modo che nessuno potesse mai riuscire a guardarle dentro e magari a legarla a sé. Forse. Non era sicuro di niente, ormai…

Non credo di poterti spiegare, non credo che qualcuno possa capirmi…

In quel momento, Sakura si voltò verso di loro.

«Siete pronti, voi due? Andiamo, dobbiamo iniziare la scalata.»

Sospirando, scuotendo la testa, Shaoran spronò il cavallo e la seguì, imitato da Tomoyo.

Mentre si avvicinavano tutti e tre ad un sentiero che si inerpicava tra le rocce, il giovane si rese finalmente conto che al di là di quelle montagne c’era il paese degli Angeli, dove avrebbero trovato gli Elfi, e con essi lo Specchio. Capì nello stesso istante che negli ultimi tempi, ossia dal primo vero confronto che aveva avuto con Sakura, aveva pensato allo Specchio sempre meno. Ma ora il vero scopo del suo viaggio gli si profilava di nuovo di fronte, e lui non sapeva più a quale pensiero dovesse dare la priorità.

 

Erano passati due giorni da quando avevano definitivamente abbandonato la Terra della Luce, inoltrandosi sulle montagne, verso la regione abitata dagli Angeli. I cavalli erano esausti; avevano dovuto costringerli ad attraversare passaggi angusti e ad arrampicarsi sempre più in alto, lungo gole e valichi quasi inaccessibili, ed era diventato sempre più difficile trovare tracce di vegetazione adatta al loro nutrimento. Sakura aveva intuito che la Principessa degli Elfi, quando lei e Shaoran non erano in vista, provvedeva a sfamarli grazie alle sue facoltà magiche, che le permettevano di generare praticamente dal nulla ciò di cui necessitava; ma ormai la stessa Tomoyo appariva affaticata dal lungo cammino.

Avevano dormito pochissimo, non sentendosi al sicuro in quei luoghi impervi. Sakura non ne poteva più. Alla stanchezza fisica, oltretutto, si aggiungevano i soliti pensieri che la assillavano incessantemente: non riusciva a spiegarsi perché si ostinasse a trattare Shaoran con tanta freddezza, dopo l’ultima volta che avevano parlato sul serio. Si dava della stupida, perché sentiva che non c’era motivo di tornare a mascherarsi, dopo che lei stessa aveva voluto esporsi con lui; ma, nonostante quei rimproveri a se stessa, continuava imperterrita a distogliere lo sguardo ogni volta che Shaoran la guardava, ad evitare di restargli accanto troppo a lungo, a dargli sempre le spalle nelle rare e brevi occasioni in cui si distendevano a riposare. Non capiva cosa le stesse succedendo. Sapeva solo che, quando Shaoran le aveva dimostrato di aver capito ciò che lei aveva voluto trasmettergli, quando cioè era diventato evidente che loro due non sarebbero mai più stati estranei l’uno all’altra, lei si era improvvisamente ritratta, come impaurita dall’evidenza di quella consapevolezza. E si odiava per ciò che stava facendo, per la confusione che vedeva sul viso di Shaoran quando lui riusciva ad incontrare i suoi occhi; ma non riusciva a smettere di infliggergli quella confusione, senza nemmeno sapere il perché.

Fu perciò con sollievo e con gioia che in quel terzo giorno Sakura reagì alla vista della landa che si apriva dinanzi alle montagne.

«Ci siamo», disse, rivolta ai due compagni di viaggio. «Questa è l’ultima vetta, l’ultimo monte da percorrere prima di giungere dagli Angeli. Dobbiamo solo scendere da questo crinale.»

«Finalmente», sospirò Tomoyo al suo fianco.

Sakura vide che era molto pallida, più del solito. Ma probabilmente si trattava di tensione, rifletté; del resto, la Dama degli Elfi stava ormai per mettere in atto la propria decisione. Era assai improbabile che fosse davvero stanca: in varie occasioni aveva dimostrato di non temere la fatica e le difficoltà.

Il cavallo di Shaoran si affiancò a quelli delle due ragazze. Per l’ennesima volta, e sempre in preda allo stesso contrasto interiore, Sakura evitò gli occhi del cavaliere e spronò la sua cavalcatura per discendere dalla montagna.

Mentre osservava la terra degli Angeli avvicinarsi inesorabilmente, Sakura sentì crescere in sé un moto di emozioni. In parte era turbata al pensiero che lì, se alla fine Tomoyo non avesse cambiato idea, insieme allo Specchio fatato col nome di Aamyan sarebbero morte probabilmente tutte le speranze del Regno di veder finire la guerra che andava avanti da più di un secolo; ma era soprattutto un altro pensiero a rimescolarla dentro. In quei luoghi era vissuto suo padre, un essere appartenente ad una stirpe evidentemente superiore all’Uomo, l’Angelo dal cui seme lei era stata generata, e che quasi certamente aveva dovuto soccombere agli stenti dell’esilio. Proprio come doveva essere accaduto a sua madre, nella terra che lei si era appena lasciata alle spalle…

Prima che Sakura potesse rendersene conto, il suo cavallo già poggiava gli zoccoli su un terreno pianeggiante, e i monti si ergevano ormai alle loro spalle.

Per un po’ i tre giovani rimasero immobili al loro posto, gli occhi fissi sul paesaggio esteso fino all’orizzonte. Sakura poteva quasi percepire la sua stessa concentrata emozione effondersi dai suoi compagni.

La regione degli Angeli, così rinchiusa dalle montagne che la circondavano in tutta la lunghezza dei suoi confini, presentava ai loro occhi terreni perlopiù pianeggianti, e tutto era quasi innaturalmente verde. Verde l’erba alta e incolta che ricopriva il suolo come un manto morbido; verdi le rade colline lontane all’orizzonte, verso la costa a settentrione; verdi persino le guglie di quella che sembrava una città, che si profilava dinanzi a Sakura dandole un senso di minacciosa efficienza. La guerriera si guardò intorno, attonita. Era difficile credere che in quella terra tanto lussureggiante ci fosse da qualche parte un lago di lava, il luogo arcano in cui era stato forgiato Aamyan.

«Quella è la Corte degli Angeli», disse improvvisamente Tomoyo, rompendo il silenzio, indicando la città. «Dobbiamo recarci là per poter conferire con… con gli Elfi», concluse voltandosi verso Shaoran.

Sakura non sbirciò l’espressione del cavaliere. Si chiese invece se e quando Tomoyo gli avrebbe detto la verità circa le sue intenzioni, e se gli avrebbe davvero dato una possibilità di dimostrare di poter usare lo Specchio…

«Beh, muoviamoci», disse alla fine, tirando le briglie del cavallo e inducendolo a muoversi al piccolo trotto.

Tornarono a cavalcare di buona lena, diretti alla città dai riflessi color smeraldo.

Arrivarono alle sue porte solo a pomeriggio inoltrato. Si fermarono, esitanti, di fronte ai possenti cancelli in legno ricoperti d’edera, e smontando da cavallo si guardarono intorno.

«Cosa dobbiamo fare per poter entrare?», mormorò Shaoran.

Sakura vide che Tomoyo stava per rispondergli, ma in quel momento una voce risuonò nella pianura, vicina eppure lontana, chiara eppure indefinibile.

«Chi siete voi, stranieri, e quale intrepido scopo vi ha mosso fin qui?»

Sakura si voltò, turbata, e non avrebbe saputo dire se piacevolmente o sgradevolmente. Dinanzi a loro era comparso dal nulla un essere indescrivibile, i cui contorni sembravano sfumare nella luce del sole. Lunghissimi capelli candidi come neve ricadevano alle sue spalle fino a perdersi nell’erba ai suoi piedi, e il suo corpo era coperto da un leggerissimo abito altrettanto lungo e bianco. La ragazza capì che l’Angelo era di sesso maschile solo quando si soffermò sul suo viso. I suoi occhi, di un colore tendente all’azzurro pallido, in quel momento erano fissi su Tomoyo, ma quasi subito scorsero su Shaoran e infine su di lei, che se ne sentì trapassata.

E mentre la guardava, l’espressione dell’Angelo cambiò.

«Io so chi sei», disse semplicemente, in tono duro, senza più attendere una loro risposta.

Sakura sostenne il suo sguardo, sentendosi addosso gli occhi di Tomoyo e di Shaoran.

«Io, invece, non lo so», ribatté, per poi stupirsi del suo stesso ardire.

L’angelo si avvicinò, si chinò su di lei e le sollevò il mento. La sua mano era tenue come il tocco dell’aria pura, ma al tempo stesso era estremamente tangibile e tiepida sulla pelle della ragazza. Per qualche istante Sakura si perse nei suoi occhi chiarissimi, ma il modo in cui l’essere straordinario la guardava era tutto fuorché rassicurante.

Poi, senza preavviso, l’Angelo citò alcune parole altisonanti.

«E l’ignominia tornerà tra noi, essa che avrà in sé la vita e la morte: e il suo ritorno sarà infausto per la natura di suo padre, e prospero per la natura di sua madre, poiché essa porterà la nostra morte e la loro vita.»

Sakura rimase immobile, ancora prigioniera delle sue dita, senza capire.

Improvvisamente l’Angelo si allontanò dal suo viso e giunse le mani, e la ragazza poté vedere un bagliore liberarsi tra le sue dita contratte. L’istante successivo, la creatura brandiva quella che sembrava una spada fatta di luce.

«Tu sei l’ignominia», proruppe nuovamente l’Angelo, «figlia di uno di noi e di una delle creature più ignobili di questo mondo. Vedo in te la vita e la morte, la dualità che non sai spiegarti, l’alternarsi delle qualità delle due razze che ti concepirono… E come era scritto, sei tornata oggi per spodestare la stirpe di tuo padre, affermando il predominio di quegli insignificanti Esseri Umani, il Popolo della donna che ti diede alla luce. Ma io, Yue, guardiano della Corte, non ti permetterò di compiere la profezia.» Sollevò la lama di luce al di sopra del capo. Ora gridava, e in lui non c’era più nulla di etereo. «Andate via da questi luoghi, tornate indietro, tu e la feccia dei tuoi compagni… E non tornate mai più, o troverete la morte!»

Stordita, Sakura si ritrasse, e senza nemmeno pensarci saltò di nuovo in sella al suo cavallo.

Prima di realizzare a fondo ciò che stava succedendo, si ritrovò a galoppare, al fianco di Tomoyo e Shaoran, di nuovo verso i monti, mentre adesso tutta una schiera di Angeli li inseguiva urlando maledizioni…

«Non possiamo certo andarcene», sentì che boccheggiava Tomoyo. «Abbiamo un compito qui. Non ci lasceremo abbattere così in fretta… Alle pendici delle montagne ci sono delle caverne: cerchiamo rifugio lì.»

Incapace di prendere iniziative proprie, Sakura si accodò al cavallo bianco della Dama degli Elfi. Nelle orecchie le risuonavano ancora le parole dell’Angelo che aveva detto di chiamarsi Yue. Ma per quanto ci pensasse, non riusciva a trovarne il senso.

 

Ormai si erano lasciati gli Angeli alle spalle, distanziandoli di molto, quando Tomoyo li guidò in una delle caverne che avevano notato scendendo dal crinale.

La grotta era vasta e vuota, echeggiante dello stillicidio di migliaia di minuscole gocce d’acqua dalle stalattiti sul soffitto. Benché in quel punto l’altitudine non fosse molto elevata, l’aria era ugualmente fredda; o forse era lui a percepirla tale.

«Riprendiamo fiato», mormorò Tomoyo nella penombra.

Shaoran smontò. Diede una lieve pacca sul dorso del suo cavallo, ringraziandolo e benedicendolo mentalmente per le fatiche che aveva accettato di sopportare nelle ultime due settimane, ossia da quando lui era voluto partire per quel viaggio che, oltre che assurdo, si era rivelato più pericoloso del previsto. Poi il giovane si voltò a guardare le due ragazze.

A giudicare dall’espressione di Tomoyo, lei sapeva da un pezzo la verità sulle origini di Sakura. La fanciulla dai capelli neri osservava infatti l’amica con gli occhi di chi sa e aspetta solo che l’altro si faccia una ragione di se stesso.

Sakura, al contrario, aveva l’aria di chi è appena precipitato dalle nuvole. Le parole dell’Angelo dovevano averla profondamente scossa; forse non aveva mai sentito parlare di quella profezia su di lei, o forse non ne conosceva l’esito. Spodestare gli Angeli e affermare il predominio degli Uomini… Sembrava inconcepibile persino allo stesso Shaoran, che pure era sempre stato scettico riguardo l’effettiva esistenza degli Angeli e la loro presunta superiorità rispetto agli altri Popoli del Regno.

Eppure in quel momento ciò che più lo turbava delle parole di Yue era un aspetto ben più umano. L’Angelo aveva detto che Sakura aveva in sé una dualità che non sapeva spiegarsi, e che ciò era dovuto alle diverse qualità degli Angeli e degli Esseri Umani presenti in lei… Sapeva che questa, in confronto a tutto il resto, era certamente la rivelazione meno sconcertante; ma non riusciva a fare a meno di pensare che in fondo aveva visto giusto: Sakura era davvero così enigmatica per via della sua natura. Allora forse lei non voleva trattarlo così freddamente, forse era solo l’imporsi di una parte di lei sull’altra, quella che invece era disposta a schiudersi per lui…

Shaoran scosse la testa. Sakura era a pochi passi da lui, sconvolta da ciò che aveva appena appreso circa il suo destino e il suo ruolo, e lui riusciva solo a pensare a come lei lo trattava. Decisamente infantile, se non patetico.

La guardò: seduta contro la parete della caverna, gli occhi persi dietro chissà quali immagini. Avrebbe tanto voluto andare da lei e dirle qualcosa, qualsiasi cosa, per alleviare la confusione che le vedeva in viso… Ma cosa poteva dire? Cosa poteva fare? Quella storia era troppo grande per loro, trascendeva la piccola realtà costituita dai loro sentimenti, e loro potevano solo sottostare alla sorte…

Così, Shaoran si limitò a sedere a sua volta contro la fredda parete, all’interno del campo visivo di Sakura, sperando che quella vicinanza bastasse a farle capire che non era sola, non più, e che mai più lo sarebbe stata.

 

Sakura poteva scorgere sia Shaoran, seduto a poca distanza da lei, che Tomoyo, all’altro capo della caverna; ma non li vedeva davvero. La sola scena che in quel momento le riempiva gli occhi della mente era quella di un lungo, oscuro dedalo di gallerie e di grotte uguali a quella in cui si trovava.

Lo sconvolgimento dovuto all’incontro con Yue era forse stato tanto forte da farla cadere in una sorta di trance?… Cosa diavolo stava succedendo nella sua mente? Se lo chiedeva con l’ultimo barlume di razionalità, ma presto sentì che anche quello si spegneva, mentre una voce profonda le echeggiava nella testa…

«Vieni da me… Vieni da me, figlia dell’ignominia… Vieni da me, giovane Sakura… Ti aspetto…»

Sakura si accorse di tremare.

«Devo… Devo andare…»

Shaoran le fu subito accanto, probabilmente allarmato dal suono della sua voce, che del resto aveva spaventato persino lei stessa.

«Che ti succede? Dove devi andare?»

«Da… Da colui che mi sta chiamando.»

Si alzò cautamente, sostenendosi alla spalla del cavaliere. Chiuse gli occhi e fece alcuni respiri profondi, cercando di acquistare sicurezza; anche con le palpebre così serrate poteva vedere l’intrico di caverne buie…

«Sakura, ma di che stai parlando?»

Senza aprire gli occhi, Sakura si sforzò di sorridere.

«Non preoccuparti, Shaoran. Sento che è la strada giusta… Sento che mi dirà cosa devo fare.»

Sentiva la mano del cavaliere su un braccio. Voleva impedirle di andare? Ma lei doveva farlo, era l’unica cosa di cui fosse assolutamente sicura in quel momento…

«Lasciala andare, Shaoran», giunse, molto lontana, la voce di Tomoyo. «Lascia che segua quella strada. Saprà cosa fare, vedrai… Lei sa sempre cosa fare.»

Sakura sorrise più apertamente, sentendo per la Dama degli Elfi un fiotto di un sentimento terribilmente, piacevolmente, stranamente, molto simile all’affetto.

 

 

 

Ma chissà di chi è questa voce misteriosa?... ^^

 

Ringraziamenti:

Sakura182blast: Sono felicissima che il capitolo ti sia piaciuto, sorellina! Cosa ne pensi di questo? Un po’ enigmatico, eh?... Non vedo l’ora di sentirti per chiacchierare un po’!

Kia85: I tuoi commenti mi fanno sempre piacere! Sono contenta, anzi contentissima, dei tuoi complimenti! Fammi sapere cosa ti è sembrato di questo capitolo, ci conto tanto… A proposito: ops, l’ho fatto ancora, mi sono interrotta sul più bello! Mi spiace, è più forte di me! ^///^

Sakura Bethovina: Grazie mille per il commento! Hai proprio ragione, ora Shaoran e Sakura sono davvero uniti… E vedrai che presto… Eh, eh, lo scoprirai da sola! Spero anch’io di sentirti su MSN ma purtroppo posso starci davvero pochissimo, spero di trovare una soluzione!

Yumemi: Grazie mille per il commento, e scusami se ci ho messo tanto ad aggiornare! Beh, non posso che darti ragione, Tomoyo è unica… Cosa ne pensi degli sviluppi? Spero di sentirti presto!

Ichigo_91: Ebbene sì, hai ragione anche tu, finalmente ci sono delle evoluzioni in corso tra quei due… Del resto anche in questo capitolo Shaoran ha un interessamento molto particolare per la sorte di Sakura, no? Vedrai, vedrai… ^^

 

Infine, ma non per importanza, un ringraziamento anche alla mia amica Evans Lily: so che hai letto il capitolo e ci tengo a farti sapere che il tuo parere mi è sempre molto caro, perciò… spero di non averti delusa, collega! ^^

 

Un piccolo spoiler: nel prossimo capitolo, come avrete intuito, Sakura farà un incontro… Sarà così importante che condizionerà tutto il corso futuro della storia… Ma chi sarà mai?... ^^

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La Tigre e lo Specchio ***


Aamyan degli Elfi

Eccomi di nuovo, stavolta con un po’ di anticipo, grazie al cielo! Allora: come promesso, in questo nuovo capitolo le cose si faranno più interessanti. Sakura farà un incontro fondamentale, mentre Shaoran… Beh, anche lui avrà qualche sorpresa! Chissà di che si tratta…? ^^

Buona lettura a tutti!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

10

La Tigre e lo Specchio

 

La voce la chiamava ancora, ed era sempre più vicina, sempre più vicina…

Sakura si fermò davanti ad una biforcazione. Aveva percorso la galleria che partiva dalla stessa caverna in cui si era nascosta con Tomoyo e Shaoran, inoltrandosi in una strada sempre più scura e fredda, lasciandosi alle spalle la luce del sole e affidandosi unicamente al chiarore delle volte delle grotte che attraversava; era vagamente consapevole di trovarsi all’interno di quegli stessi monti che aveva valicato negli ultimi due giorni, ma non aveva idea di dove sarebbe andata a finire. Continuava a ricevere fulminee immagini di un antro ben più grande di tutti gli altri, e sembrava che la voce profonda e vibrante la guidasse fino a lì… Sakura osservò i cunicoli che si aprivano di fronte a lei, poi si decise ad imboccare quello di destra. Si incamminò senza esitazioni, e continuò senza voltarsi indietro, anche quando il cammino si fece malagevole e lei dovette appiattirsi contro la parete per evitare qui uno strapiombo, qui uno spuntone di roccia, qui un tratto sdrucciolevole…

Chi era a chiamarla? Cosa voleva da lei? Ma soprattutto, avrebbe finalmente capito se stessa e il suo scopo e il significato della profezia? Ed era davvero quella la strada giusta per capire?

Il budello si aprì d’un tratto in una nuova caverna. Sakura entrò con cautela, guardandosi intorno e constatando che qui la luce era molto più forte, e sembrava provenire da un fuoco crepitante nel centro della grotta. Stupita, si avvicinò al falò, chiedendosi come potesse divampare in quel modo e chi lo avesse acceso…

«Infine sei giunta da me, figlia di due stirpi.»

La voce la riscosse di nuovo. Ora era molto più vicina e reale. In quel momento, Sakura distinse una forma non umana dall’altra parte del fuoco, e trattenne il fiato quando la vide avvicinarsi nel raggio del bagliore delle fiamme.

L’animale, perché di un animale doveva trattarsi, fu poi illuminato del tutto, rivelando una figura maestosa e imponente, dal pelo fulvo e gli occhi intelligenti e ben più saggi di quelli del più vecchio e dotto Essere Umano.

Sakura non riusciva a muoversi. Quegli occhi erano incredibili…

«Chi… Chi sei?», mormorò, muovendo a stento le labbra.

La creatura chinò il capo davanti a lei, poi schiuse la bocca e parlò con la stessa voce cavernosa che finora aveva echeggiato nella mente della guerriera.

«Io sono Cerberus, Tigre dei Monti, custode dell’antica profezia degli Angeli. E rendo omaggio a te, mia giovane amica, poiché tu compirai in questa terra la profezia, e poiché il mio compito è quello di aiutarti.»

 

«Credi che sia al sicuro?»

Shaoran percorreva il perimetro della caverna come un’anima in pena, lanciando di tanto in tanto un’occhiata al cunicolo buio che Sakura aveva imboccato già da un pezzo.

«Certo che è al sicuro.» La voce di Tomoyo era ferma, pacata, rassicurante. «Sai bene che non ha nulla da temere.»

Shaoran annuì, senza fermarsi, non del tutto convinto. Sì, sapeva che quella ragazza dagli indecifrabili occhi verdi era probabilmente la persona più forte che lui avesse mai conosciuto; ma ciò non gli impediva di stare in pensiero per lei. Ripensò all’espressione quasi mistica che le aveva visto sul viso quando aveva detto di dover seguire chi la stava chiamando… Maledizione, quella storia stava diventando insostenibile.

«Cavaliere», lo chiamò Tomoyo, «perché non cerchi di rilassarti un po’?»

Il ragazzo si fermò e spostò lo sguardo su di lei. La fanciulla era tranquillamente seduta accanto all’ingresso della caverna, una mano sul dorso del cavallo bianco accucciato al suo fianco, e lo guardava con un’espressione quasi divertita. Shaoran sbuffò.

«Come fai a prenderla così alla leggera?», le chiese. «Siamo nascosti in una grotta, praticamente braccati da uno schieramento di esseri a noi sconosciuti, Sakura è appena corsa dietro ad una voce nella sua mente e non abbiamo idea di dove sia adesso… Come fai a rilassarti?»

Per tutta risposta, Tomoyo gli pose un’altra domanda, facendosi seria.

«Shaoran… Ultimamente non hai più pensato allo Specchio degli Elfi, non è così?»

Il cavaliere continuò a guardarla, sorpreso. Cosa c’entrava ora… E poi, lei come faceva a sapere che…?

«Ascolta», riprese la ragazza, senza aspettare che le rispondesse. «Vieni qui a sederti con me… Devo parlarti di alcune cose.»

Sempre più incerto, Shaoran obbedì. Sedette accanto a lei, nella debole luce del sole proveniente dall’esterno, rendendosi conto all’improvviso che il cielo si stava riempiendo di nuvole. Si voltò a guardare Tomoyo, soffermandosi sui suoi occhi tra il viola e l’azzurro, e sentendosi a disagio per la gravità del suo sguardo.

«Di cosa devi parlarmi?»

Tomoyo sospirò profondamente.

«Di tante cose. Di me, di Sakura… Ma soprattutto di Aamyan.»

 

Sakura fissava il mitico animale senza muovere un muscolo.

«Cosa vuoi dire? Ma cos’è che devo fare? Io non capisco…»

«Io sono qui per aiutarti a capire», riprese la Tigre dei Monti, tornando a chinare il capo.

La ragazza era sconcertata. Quella creatura straordinaria si stava inchinando a lei? Le sfuggiva qualcosa, non c’era alcun dubbio in proposito… Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, e parlò senza più guardare la favolosa bestia.

«Tu puoi aiutarmi a capire chi sono?»

«Sì.»

«Allora… Allora dimmelo, ti prego, perché io non so più niente di me, e quel poco che credevo di sapere ormai non conta più nulla.»

«Non è esatto», tuonò ancora la voce di Cerberus, inducendola a riaprire gli occhi. «In realtà tu sai già molto. La Dama degli Elfi ti ha parlato delle tue origini, e il guardiano della Corte degli Angeli ti ha illustrato la profezia.»

«Ma…» Sakura si passò una mano sul viso, esasperata, rinunciando a chiedersi come facesse l’animale a conoscere tutto di lei e degli esseri che finora aveva incontrato sulla sua strada. «Ma non riesco a comprenderla… Cosa vuol dire ciò che ha detto quell’Angelo? Dovrei davvero dimostrare che l’Uomo è superiore a questa razza? Ma come potrebbe essere anche lontanamente possibile?»

La Tigre si avvicinò ancora, e solo in quel momento, quando le fiamme sfavillarono su tutto il suo corpo, Sakura si accorse di un grande paio di ali ripiegate sul suo dorso.

«Ripercorriamo dunque tutta la tua storia», esordì Cerberus. «Tu nascesti da un’unione proibita, e come tale costituisti da subito una minaccia per gli Angeli, che non riuscivano a tollerare né a concepire che un loro simile fosse giaciuto con una volgare umana… Essi capirono che la tua esistenza avrebbe significato la loro distruzione, e ti avrebbero certamente uccisa se tuo padre non fosse riuscito a consegnarti alle braccia di tua madre, mettendoti in salvo, appena prima di essere imprigionato. Io vidi tutto questo… Io so che tu, giovane guerriera, non nascesti nel peccato come asserisce chi ti teme, ma che vivi come il frutto di un grande amore. Quello stesso amore che inorridì la razza di tuo padre, da sempre convinta di essere totalmente pura e di doversi mantenere tale evitando la contaminazione umana… Ma non capivano, non capivano che l’amore si manifesta improvviso, che non lo si può placare, perché non c’è nulla di più stupido che cercare di dominare il proprio cuore…»

Cerberus si interruppe, e nello stesso momento Sakura si scoprì in lacrime.

«Ti prego, continua», mormorò.

La tigre alata assentì con un movimento della testa.

«Il tuo concepimento generò così negli Angeli tanta paura che nacque allora la profezia che ti elesse figlia dell’ignominia, destinata, come oggi hai compreso, a far sì che l’animo umano si dimostri superiore a quello angelico. Ed è solo questo il tuo scopo, prescelta; non c’è altro che tu debba capire.»

«Ma come… Come…?»

Sakura rinunciò anche a cercare di esprimersi. Chiuse di nuovo gli occhi, sopraffatta. Poi sentì il fiato caldo della creatura sul viso, e la sua lingua lambirle le guance, raccogliendo le sue lacrime in un tocco rudemente gentile. Rimase immobile, sentendosi investire da un flusso di piacevole calore.

«Ti dirò come potrai compiere la profezia», disse Cerberus in tono improvvisamente sommesso. «Devi solo guardare in te stessa.»

Sakura aprì gli occhi e li fissò nei suoi.

«Che cosa significa?»

«Sii sincera, sii vera; non lasciare che nel tuo animo prevalga l’impulsività degli Uomini o la chiusura degli Angeli; sii solo te stessa. Solo così potrai capire. Solo così l’Uomo sarà più grande dell’Angelo. E ora sai. Ora va’, dolce fanciulla del destino, e sappi guardare nel tuo cuore.»

Cerberus si chinò di nuovo al suo cospetto, poi si allontanò da lei e stette immobile presso il fuoco, i cui riflessi danzavano senza posa nel suo manto dorato.

Sakura insistette ancora alcune volte, chiedendo disperatamente cosa doveva fare, come poteva essere se stessa se doveva tralasciare gli istinti di Uomini e Angeli, istinti che comunque facevano parte di lei; ma Cerberus non si muoveva, non la guardava più, e la ragazza capì che non avrebbe ottenuto altro dal custode della profezia.

Alla fine sospirò, si inchinò alla creatura sovrumana e gli voltò le spalle.

Fu a quel punto che Cerberus parlò di nuovo, senza che lei potesse incontrarne lo sguardo.

«Un’ultima cosa devi sapere. Tuo padre era un Angelo, certo, ma un Angelo di basso rango. Tua madre era la Regina della Terra della Luce, madre di Re Touya, signora dell’est.»

 

Shaoran non parlava, non si muoveva, non respirava quasi. Intuiva che Tomoyo stava per dirgli qualcosa di importante, e si chiedeva inquieto perché lei lo guardasse così seriamente.

«Dimmi, cavaliere… Tu conosci il nome della Dama degli Elfi?»

Shaoran annuì lentamente.

«Sì. Tu porti il suo stesso nome.»

Tomoyo gli rivolse uno sguardo strano, che emanava al contempo fuoco e ghiaccio.

«Questo perché io sono lei.»

Calò il silenzio. Shaoran avrebbe voluto ridere, ma guardandola negli occhi riuscì solo a reprimere un brivido.

«Non hai niente da dire?», lo incalzò Tomoyo, senza cambiare espressione.

«È assurdo», soffiò Shaoran, incespicando nelle parole. «Tu… Insomma, non… Non può essere.»

«Invece è.» La ragazza distese le gambe, sedendosi più comodamente sulla fredda pietra, mentre l’abito bianco, ormai macchiato di terra e sangue e delle altre tracce del viaggio, si adagiava intorno a lei. «La mia vera identità è quella di Dama degli Elfi. Ho assunto sembianze umane per andare a cercare una guerriera conosciuta da tutti e che al contempo non voleva farsi conoscere da nessuno, la stessa da cui tu stesso hai imparato a diffidare e poi a fidarti, per chiedere il suo aiuto nel proposito che mi ero prefissa. Perché avevo deciso che ciò che tu desideri, quello stesso Specchio che ormai non dà più speranze ma le disillude, quello stesso Specchio che io detengo in me doveva necessariamente essere distrutto.»

Nei meandri della confusione e dell’incredulità, Shaoran si sentì crollare il mondo addosso.

«Ma poi», continuò Tomoyo, senza permettergli di interromperla, e voltandosi a guardarlo in viso, «sei arrivato tu sulla nostra strada. E ho visto nel tuo cuore che tu eri diverso, che tu non bramavi lo Specchio al punto di uccidere pur di averlo, che tu ne avevi davvero bisogno, in un modo più sincero e umile… Il tuo animo è puro, Shaoran, e non conta quanti uomini tu abbia ucciso, a quanti orrori tu abbia assistito, di quante colpe tu abbia sentito il peso: tu hai la purezza che Aamyan cerca dagli Uomini, perché nonostante tutto sai ancora sognare e amare e rifiutare ciò che è più facile. Sai andare fino in fondo ai tuoi ideali senza mai voltar loro le spalle, senza rinnegarli, poiché credi ciecamente in essi. E per questo io oggi posso dire di non voler più che lo Specchio vada distrutto.»

Nel silenzio più assoluto, Tomoyo si alzò. Allibito, senza parole, Shaoran reclinò la testa indietro per seguire con lo sguardo la sua figura, simile a quella di una divinità scesa in terra. La vide chiudere gli occhi e unire le mani, mentre un’aura misteriosa sembrava circondarla di luci e colori e suoni e armonie.

Poi la Dama degli Elfi parlò di nuovo.

«Nel corso di questo viaggio, cavaliere, ho avuto modo di verificare ciò che da subito avevo compreso di te. Ho visto la dedizione alla causa per cui lottavi, una dedizione che non è mai divenuta avida ossessione. Ho visto la volontà di sperare ancora, di andare avanti, una volontà che hai concretizzato fidandoti di due giovani estranee e aprendo totalmente il tuo cuore ad una ragazza assediata dai propri demoni, rischiando nuovamente di provare sentimenti che avevi imparato a temere, rischiando in virtù della stessa tua speranza. Ho visto il tuo cuore; e ora so, ora non ho più dubbi. Se tu ti specchierai, Aamyan non ti distruggerà come avrebbe fatto con coloro che lo hanno finora bramato. Accetterà di mostrarti il tuo riflesso, perché troverà in te esattamente ciò che si aspetta.» Tomoyo allargò di colpo le braccia, mentre la luce che la circondava sembrava esplodere tutto intorno e poi incentrarsi in una forma aleggiante a mezz’aria. «E adesso, cavaliere della Terra del Buio, io ti offro ciò che tu cerchi.»

Il flusso di energia magica fu tale da scagliare Shaoran contro la parete della caverna. Riparandosi gli occhi dalla luce accecante, il giovane riuscì infine ad alzarsi e a tornare verso la fanciulla, vedendo che al di sopra della sua testa qualcosa fluttuava nell’aria.

Quando fu abbastanza vicino, Shaoran poté finalmente scorgere Aamyan, lo Specchio degli Elfi, la ragione per cui era partito e la ragione per cui ancora sperava.

 

Sakura abbandonò la grotta della Tigre dei Monti per inoltrarsi nuovamente nella galleria buia e stretta, tornando sui suoi passi.

Ormai camminare era diventato solo un effetto involontario, consistente solo nel mettere un piede davanti all’altro, evitando le asperità del terreno in modo automatico. In realtà lei sentiva di non essere lì, non aveva coscienza di se stessa; vagava lontano, tra le mille domande che erano sempre state il mistero e che ora erano la chiave del senso di tutta la sua esistenza.

Non seppe nemmeno lei come aveva fatto a tornare indietro. Ma prima che potesse rendersene conto era già, ansante e spossata come se avesse corso lontano da sé, nella caverna in cui aveva lasciato la Principessa e il cavaliere.

 

«Non avere paura, Shaoran. È tuo, ora. Aspetta solo che tu lo usi per il nobile fine di porre fine alla violenza in ogni parte del Regno. Lui ti ascolterà. Non avere paura.»

Shaoran sentiva le parole della Dama degli Elfi, ma non le ascoltava davvero; vedeva la propria mano tesa verso lo Specchio fatato, ma non la sentiva sua.

Era tutto così irreale… Davvero stava accadendo ciò che aveva tanto sperato? Davvero lui che aveva le mani e la spada sporche di sangue aveva anche il diritto di guardare il proprio riflesso in quello Specchio? Davvero stava per stringere tra le dita la possibilità di cancellare ogni guerra, ogni sofferenza, ogni male presente, pur non potendo fare nulla per lenire quello passato?

La sua mano ormai sfiorava la lucida superficie, stranamente calda, dello strumento magico. Ecco, tra pochi istanti lo avrebbe impugnato, lo avrebbe avvicinato al viso e avrebbe espresso il suo desiderio… Tra poco il dolore che aveva sopportato sarebbe stato solo un triste ricordo, per lui e per il Regno… Pochi secondi, un solo secondo…

Ma le sue dita non raggiunsero Aamyan.

Un respiro affannoso echeggiò infatti nella grotta, e Shaoran, distogliendo lo sguardo dallo Specchio degli Elfi, si voltò per scoprire la ricomparsa di Sakura, i suoi lineamenti sconvolti, il suo sospiro esausto, appena prima che la guerriera si accasciasse al suolo.

 

 

 

Quante rivelazioni tutte d’un colpo, eh?? Ci tengo innanzitutto a precisare una cosa: visto che è un personaggio tanto solenne, chiamarlo Cerberus mi è sembrato più rispettoso che Kero-chan… Comunque ci siamo capiti, no?? ^^

 

Ringraziamenti:

Sakura Bethovina: Ehm, ho ricevuto la tua recensione in modo incompleto… Ma ci tengo comunque a ringraziarti, sono sempre contenta che continui a seguirmi, e spero che ti sia piaciuto questo capitolo!

Pikki SakuraChan: Non preoccuparti, anch’io sono incasinatissima in questo periodo… Ti ringrazio per la recensione e per i complimenti! Per rispondere alle tue domande: sì, la situazione tra i due protagonisti si risolverà, e anche molto presto; e poi ancora sì, fare la scrittrice è il mio sogno, e ora sono contenta perché se anche gli altri me lo suggeriscono vuol dire che qualcosina lo so fare! ^///^ Un mondo di baci!!

Sakura182blast: Tao sorellina!! Spero anch’io di sentirti, anche tramite sms, non sai quanto mi manchi! Sono contentissima del tuo commento e spero proprio che la tua teoria corrispondesse a verità… Fammi sapere! Un bacione, ti voglio bene!!

Evans Lily: Che gioia risentirti, collega! Beh, che dire, i tuoi complimenti mi commuovono, sono felicissima che la storia ti piaccia tanto, soprattutto considerando che l’ispirazione iniziale mi è venuta dalla tua “The Destiny’s Games!! Ah, i capitoli in tutto sono 13… Come vedi non manca molto alla fine, perciò le cose ancora confuse (profezie e roba varia) si chiariranno presto, promesso!!

 

Bene, bene, bene, cosa posso dirvi ancora? Beh, una cosa sì, ve la anticipo: nel prossimo capitolo Shaoran e Sakura saranno mooolto vicini, anche perché il peso di tutte queste rivelazioni deve trovare una “valvola di sfogo”, e cosa c’è di meglio di una fiducia totale dell’uno nei confronti dell’altra, finalmente? Ma basta così, non voglio dire troppo! ^^

Spero di farmi viva al più presto… Nell’attesa, confido che questo capitolo non vi abbia deluso troppo (per me forse è un po’ troppo veloce, nel senso che ogni scena si risolve troppo in fretta; ma mi è venuto così, non sono riuscita a “rallentarlo”!)…

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ciò che ci rende puri ***


Aamyan degli Elfi

Ecco pronto l’undicesimo capitolo! E se vi dicessi che è un capitolo decisivo per i nostri due protagonisti?... ^^

Buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

11

Ciò che ci rende puri

 

«Sakura!»

Sentì una voce calda e dolce, una mano rassicurante sulla spalla, un respiro rovente sulla pelle, e senza vederlo seppe che era Shaoran.

«Sakura, cosa ti è successo? Stai bene? Hai trovato la creatura che ti chiamava?… Dannazione, Sakura, guardami, di’ qualcosa, non…»

La ragazza si sforzò di aprire gli occhi che la spossatezza le aveva chiuso. Si ritrovò stesa sul suolo roccioso della caverna, che sembrava soffusa di una luce innaturale che le pareva di avere già visto una volta, con il giovane cavaliere chino su di lei, a pochissima distanza dal suo viso. Si concentrò sui suoi occhi bruni come le foglie d’autunno e cercò di parlare.

«Sì… Sì, l’ho trovata.»

Shaoran l’aiutò a sollevarsi a sedere e si inginocchiò impacciato al suo fianco.

«Che… Che cosa ti ha detto?», mormorò in tono ancor più preoccupato.

«Mi ha detto… Mi ha detto… Mi ha…»

Sakura cercò di fare chiarezza nei propri pensieri, ma tutto le piombò di nuovo addosso con forza tale da tramortirla: ciò che avevano dovuto subire suo padre e sua madre, colpevoli solo di amarsi; ciò che gli Angeli vedevano in lei, e che era la visione più turpe che di lei potessero avere; ciò che era chiamata a realizzare, lei che aveva sempre creduto di non avere un destino; ciò che lei era in realtà, oltre che una prescelta… Le parole della Tigre dei Monti le echeggiavano ancora implacabili nella mente, e lei sentiva di non poterlo sopportare, di non essere in grado di…

Era troppo. Troppo. Non poteva più sostenerlo. Non sapeva più niente.

Si nascose il viso tra le mani e urlò, lasciando che la propria voce producesse echi atterriti nella caverna.

Fuori, le rispose il rombo di un tuono lontano.

 

Shaoran la guardò, sentendosi impotente, e odiandosi per quel senso di impotenza. Non avrebbe mai creduto che Sakura potesse soffrire tanto, che non riuscisse ad affrontare la propria sorte; gli era sempre sembrata così decisa, intoccabile, irraggiungibile… Ma ora poteva vedere la sua debolezza, poteva guardarla dentro, al di là dei suoi atteggiamenti forzatamente distaccati e al di là dell’apertura che aveva mostrato nei suoi confronti il giorno in cui era rimasto ferito. Ora la capiva per com’era e, pur volendo rispettare quella sua debolezza, non poteva non desiderare di farle forza, di aiutarla, di stringerla a sé… Proprio ciò che si ritrovò a fare.

Sakura era adesso stretta tra le sue braccia, in un abbraccio che mai nessun altro Essere Umano del Regno avesse mai conosciuto, ad eccezione dei genitori del cavaliere, che pure non ricordava quasi più di aver abbracciato; e lui percepì la sua sorpresa, la sentì interdetta e immobile, ma poi sentì anche che si rilassava, che affondava il viso nel suo petto, che sollevava le braccia a ricambiare la stretta, che lo cingeva contro di sé come per non lasciarlo andare mai più. E in quel momento provò qualcosa di indefinibile e incomparabile.

Shaoran rimase a lungo in ascolto del dolore della guerriera, e solo quando lasciò vagare gli occhi nella grotta si ricordò di Tomoyo, delle sue rivelazioni… e di Aamyan, che ancora riluceva e aleggiava, ma che stranamente non gli interessava più…

La Principessa elfica lo guardava attenta. Poi, senza preavviso, l’aura che la circondava svanì, e con essa si dissolse nel nulla lo Specchio degli Elfi.

Shaoran rimase stretto a Sakura mentre Tomoyo si avvicinava e si chinava accanto a loro.

«La pioggia è purificatrice», mormorò, sfiorando i capelli di Sakura, ma rivolgendosi al ragazzo. «Lasciate che scenda su di voi e vi permei. Per questa notte non pensate a nulla. Siate liberi sotto la pioggia, ascoltate solo la sua voce ed il suo canto, dimenticate specchi e profezie. Per questa notte non siate figli degli Uomini, degli Angeli, del destino, ma siate figli della pioggia, siate puri, siate voi. Ne avete bisogno.»

Shaoran la guardò. All’improvviso capì cosa volesse dirgli.

Sciolse gentilmente l’abbraccio di Sakura e la guardò negli occhi verdi colmi di lacrime, sentendo lo struggente desiderio di asciugarle per sempre. Ma si limitò a sorriderle, a prenderla per mano e a rialzarsi con lei per condurla verso l’apertura della grotta.

Fuori, già pioveva sul tramonto.

 

Un animo puro. Questo era ciò che Aamyan esigeva.

Sola nella grotta, la Principessa Tomoyo ripensava a come la mano del cavaliere era giunta fino a toccare lo Specchio e a come si era poi ritratta, totalmente dimentica di tutto il resto, non appena la guerriera era tornata dal suo viaggio verso la comprensione. Il cavaliere aveva pensato prima a lei che ad Aamyan… Dimostrando ancora una volta che il suo desiderio dello Specchio era puro, non sanguinario, non ardente, non violento, non ipocrita, e dimostrando anche dell’altro.

Lui l’amava…

Ed era questo a rendere l’Uomo puro, era questo a renderlo superiore alle altre creature. Era la capacità di alzarsi dopo aver perso tutto, di volersi nuovamente fidare, sognare, amare. Era ciò che c’era nel cuore di Shaoran.

Aveva preso la decisione giusta.

Avvertendo le loro giovani e vitali presenze esattamente su di sé, la Dama degli Elfi sorrise.

Fuori, la pioggia continuava a cadere, purificatrice per tutte le creature.

 

«Hai mai ascoltato la pioggia, Sakura?»

La ragazza si passò una mano sugli occhi, asciugandosi le ciglia; poi scosse lentamente la testa.

«No.»

«Io sì. Lo faccio spesso.»

«E che cosa ti dice?»

Shaoran lasciò scorrere lo sguardo sulla landa estesa sotto di loro. Aveva condotto di nuovo Sakura lassù, sulla montagna; lei lo aveva seguito senza chiedere nulla, accettando con stanca docilità la guida della sua mano. Si erano fermati in un altopiano e si erano seduti sulla dura terra, incuranti dell’acqua che batteva ormai quasi scrosciante sulle loro teste e sui loro vestiti. Da lassù la vista poteva abbracciare gran parte del paese degli Angeli, ora illuminato dalle prime stelle della notte.

«Molte cose. A volte mi sussurra all’orecchio vecchi ricordi. Altre volte mi racconta storie incredibili, storie di sogni, storie di persone che non conosco nemmeno, ma che vivono come me, che sognano come me, che sentono come me, che hanno come me paure e ricordi e desideri e segreti e fantasmi appartenenti al loro passato…»

«Persone come me?»

«Sì.» Shaoran si sentì arrossire, e continuò ad evitare gli occhi verdi di lei. «Persone come te.»

Per un po’ ci fu solo silenzio, ma alla fine Sakura sospirò profondamente.

«Ora capisco perché rifuggi i contatti umani, perché parli così poco con gli altri, perché hai quell’aria distante dal mondo… Tu parli con la natura, e questo ti basta… Vorrei poterlo fare anch’io.»

«Non è poi così difficile.» Shaoran rifletté solo per un istante, poi si decise, e finalmente si voltò a guardarla. «Sai una cosa? Hai ragione. Non mi piace molto parlare… Ma so ascoltare, quando può essere un bene.» Esitò ancora per un attimo, prima di scostarle lentamente dal viso una ciocca di capelli bagnati. «Adesso senti di potermi dire cos’è successo quando sei arrivata alla fine della galleria?»

Sakura sospirò ancora, chiudendo gli occhi. Finalmente iniziò a parlare, dapprima sommessa e confusa, poi con sempre maggior fervore.

Shaoran ascoltò in silenzio quella storia di creature alate, di origini pienamente svelate, di profezie chiarite, di destini impensabili che s’innalzavano all’orizzonte… Quando Sakura tacque, cadde un lungo silenzio pieno di interrogativi condivisi.

Alla fine, senza chiederle nulla di più, il giovane decise di rivelare la sua parte di storia.

«Tomoyo mi ha raccontato… Mi ha mostrato Aamyan.»

Vide la guerriera voltarsi sorpresa verso di lui, dimentica della propria confusione.

«Allora te lo ha detto… Deve avere davvero visto la purezza in te…»

Shaoran si sentì di nuovo arrossire. Poi scosse energicamente il capo, oppresso da tutti quei pensieri.

«Ci ha detto di non pensare a nulla, stanotte. Forse è il caso che ascoltiamo il suo consiglio…»

L’espressione di Sakura tornò subito ad intristirsi. La ragazza si abbracciò le ginocchia, abbandonando il capo sulle braccia, mentre le gocce di pioggia le scivolavano tra i capelli color miele d’ambra.

«Come possiamo non pensare, Shaoran?»

Il cavaliere sentì appena il suo bisbiglio, sovrastato dal rumore smorzato della pioggia tra l’erba della valle sottostante. Eppure poté percepirne tutta la disperazione, la paura, lo scoramento, e se ne sentì profondamente scosso. Lì, seduta quasi sull’orlo di un dirupo, immobile sotto mille gocce d’acqua che tentavano ostinate di purificare il suo spirito così lungamente oppresso, Sakura gli appariva all’improvviso più vera che mai.

La giovane guerriera in preda al passato e al futuro sollevò di nuovo il viso e lo guardò.

Shaoran vide quegli occhi di giada, quegli occhi tormentati, vividi, grandi, per lui fonte di dolore e d’imbarazzo, puri, sinceri, appassionati di vita, quegli occhi da cui aveva diffidato e di cui aveva imparato a fidarsi, quegli occhi che gli erano entrati dentro e che, cupi o ridenti che fossero, sarebbero sempre rimasti impressi nella sua anima. Perché se davvero lui era degno dello Specchio degli Elfi, in quanto capace di andare avanti nel dolore e di sperare ancora e di amare ancora… Se era così, questo tuttavia era diventato evidente solo quando quella ragazza era comparsa sul suo cammino. Forse, se Sakura non gli avesse mostrato se stessa quella notte alla cascata del bosco, lui non avrebbe mai capito l’importanza della fiducia. Forse, se non l’avesse mai incontrata, anche lui sarebbe caduto nell’errore di chi lo aveva preceduto, e il suo desiderio di pace sarebbe diventato con il tempo e con l’insensibilità un puro fanatismo, e anche lui sarebbe diventato indegno di Aamyan. Forse… Se…

Ma lei c’era, lei esisteva, lei era al suo fianco, e solo con lei e per lei il suo cuore aveva potuto dimostrarsi puro e degno… La stessa Dama degli Elfi gli aveva detto che lui aveva concretizzato la sua purezza nel suo legame con la giovane guerriera.

… Aprendo totalmente il tuo cuore ad una ragazza assediata dai propri demoni, rischiando nuovamente di provare sentimenti che avevi imparato a temere…

Di colpo, c’era qualcosa di nuovo, qualcosa che era sempre stato lì, e che lui non aveva pienamente compreso prima di quella notte. Ma ora capiva, sapeva, sentiva dentro di sé che sì, amava, amava, amava quella ragazza, come mai avrebbe creduto possibile, come mai avrebbe immaginato di poter fare…

E fuori, la pioggia gli sussurrava ora una storia nuova.

 

Shaoran la guardava all’improvviso come se la vedesse per la prima volta. Sakura si sentì inspiegabilmente a disagio davanti alla sua espressione; le tornarono in mente i primi momenti che avevano condiviso, i primi sguardi, quelli che le davano quel certo incomprensibile fastidio… Ora, invece, non avrebbe rinunciato a quegli sguardi per nulla al mondo. Ora sentiva la vicinanza tra loro in modo inesorabile. Ora sentiva il bisogno di lui…

Si meravigliò di se stessa. Da quando lei aveva bisogno di qualcuno? Lei camminava lontana da tutto e da tutti, verso una meta sempre ignota e ora minacciosa. Lei era indipendente, sradicata, sola. Era sempre stato così.

Ma si rendeva conto che le cose erano cambiate dal momento esatto in cui aveva letto tra le righe dell’anima del cavaliere. E se ne rendeva conto ora più che mai, ora che lui la guardava così, ora che erano lassù sopra il mondo e cercavano disperatamente di non pensare a nulla se non a loro stessi…

Ma era dura. Era terribilmente dura. Non potevano semplicemente illudersi di rendere le cose più facili in questo modo, limitandosi ad allontanarsene per la durata di una notte. E prima di potersi trattenere, il suo pensiero già correva di nuovo alle rivelazioni di Yue e di Cerberus. Il suo futuro e il suo passato…

Abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia. Sentì che gli occhi tornavano a riempirsi di lacrime, contendendo alla pioggia il possesso del suo viso bagnato, e li chiuse con forza nel solito tentativo di scacciare il dolore nella parte più remota di sé. Ma poi quella mano tornò a posarsi sul suo viso, e quella voce tornò a farsi strada nella barriera.

«Non piangere, figlia degli Angeli.»

Figlia degli Angeli. Di nuovo. E il modo in cui glielo bisbigliava…

Sakura si morse un labbro. Non gli aveva parlato delle sue vere origini. In un certo senso, era come se quella parte della verità non potesse essere vera né credibile, per lei. Ancora temeva la rivelazione più inquietante, quella di essere la legittima erede al trono della Terra della Luce… Non era ancora il momento di pensarci, non ancora…

Si mosse fulminea per guardarlo in viso. Shaoran, intimorito, arrossendo, ritrasse la mano, portandosi via alcune delle sue lacrime; ma lei non voleva allontanarlo, lo voleva solo più vicino…

«Non chiamarmi così. Fa’ come se non fossi figlia di nessuno. Io sono Sakura, nient’altro che Sakura. Guardami per quella che sono io, non per quella che sono in rapporto a tutto il resto. Perché solo tu puoi vedermi così…»

Osservando la sorpresa nel suo viso costellato di lucenti stille di pioggia, Sakura prese di nuovo la sua mano, lentamente, e se la portò al volto, stringendola nelle sue, stringendola come la sua ultima certezza. Il ragazzo avvampò ancora, ma alla fine abbandonò le dita nella sua stretta, contro la sua guancia, e sollevò l’altra mano a passargliela tra i capelli, e poi con un gesto improvviso l’attirò tra le sue braccia, come già aveva fatto nella caverna. Sakura ricambiò con altrettanto impeto, stringendo forte il tessuto dei suoi vestiti bagnati, premendo il viso tra la spalla e la gola del cavaliere, nel punto esatto dove sotto gli indumenti si stagliava ancora quella cicatrice bianca. Se spostava appena il viso, poteva sentire il cuore battergli furiosamente.

Il suo respiro tra i capelli, le braccia strette intorno al suo corpo… Ora lo sentiva davvero vicino, vicino alla parte più intima e vera di sé, e capì che in qualche modo stava seguendo il consiglio di Cerberus: stava tralasciando tutta se stessa per accogliere l’abbraccio di Shaoran così, senza domande, senza pensieri, senza congetture, in modo naturale, non permettendo a nulla di influire in quel momento…

Ma all’improvviso, ben altre parole pronunciate dalla Tigre dei Monti le tornarono alla mente.

… Non capivano che l’amore si manifesta improvviso, che non lo si può placare, perché non c’è nulla di più stupido che cercare di dominare il proprio cuore…

Turbata, Sakura capì il senso di quel lampo repentino nella sua mente e nella sua anima, e inizialmente cercò di sottrarsi, di negarlo, di rifiutarlo in nome di un’antica autonomia, di dimostrarsi fiera e forte e sola come sempre era stata; cercò di ignorare ciò che l’abbraccio del cavaliere scatenava in lei, cercò di resistere alla consapevolezza del legame che li univa davvero, ma era tutto inutile: non aveva appena ripetuto a se stessa, attraverso le parole di Cerberus, che non serviva a nulla cercare di controllarsi? Lei sapeva, lo sapeva ora e probabilmente lo aveva sempre saputo, quel che c’era in quegli sguardi, in quella comprensione, in quella vicinanza, in tutto ciò che lei e il giovane dagli occhi cupi avevano timidamente condiviso, loro che si erano annullati da tempo ma che non si erano mai arresi davvero, loro che insieme avevano iniziato a lottare più forte e più convinti

E mentre iniziava a cedere, sentì il sussurro di Shaoran tra i capelli.

«Sakura… Voglio che tu sappia una cosa.»

La ragazza ascoltò la nota di dolce impaccio nella sua voce, il tono di decisione ancora imbarazzata, e seppe in quel momento che, se fosse vissuta altre mille e mille volte, avrebbe sempre cercato quell’impacciata dolcezza e si sarebbe sempre incantata in una tale imbarazzata decisione. Tutto era chiaro, ora che lei era se stessa, ora che non pensava a null’altro, ora che senza neppure volerlo o accorgersene aveva fatto ciò che le avevano suggerito di fare la Tigre dei Monti e la Dama degli Elfi.

«No, Shaoran, voglio che tu per primo sappia una cosa.»

Si sciolse dalla stretta, raggiunse con le mani il suo viso, sfiorò le sue guance ancora in fiamme, lo avvicinò a sé, e si tuffò nei suoi occhi di quel caldo marrone, solo per un attimo, appena prima di chiudere i suoi e di raggiungergli le labbra con le labbra.

Shaoran rimase interdetto, trattenne il fiato, non reagì inizialmente in alcun modo; ma Sakura, ormai certa che era questo ciò di cui lei aveva più bisogno, non si ritrasse, non si fermò, e presto lo sentì ricambiare con trasporto, e gioì intimamente del gusto delle labbra del cavaliere.

E il bacio fu lungo e intenso e capace di tener fuori tutto il resto.

Solo dopo molti e lunghi istanti di eternità Sakura abbandonò la bocca di Shaoran, restando vicinissima al suo volto, sorridendo finalmente, dopo tante lacrime, e sentendosi in pace con se stessa. Si scostò solo per dirgli le parole che si sentiva esplodere dentro… Ma lui la precedette.

«Ti amo, figlia di nessuno…»

Sakura lo attirò a sé mentre si distendeva sul terreno bagnato, ridendo, riconoscendosi di colpo come una bambina felice. Shaoran la seguì docilmente e si fermò su di lei, con i gomiti puntati a terra.

«Credevo di esserlo», mormorò la ragazza, rabbrividendo al tocco dei capelli di lui sulla fronte. «Credevo di non poter appartenere a nessuno. Ma ora so di appartenere a te.» Sorrise all’espressione di Shaoran, ai suoi occhi sorpresi, come se non riuscissero a credere a ciò che lei gli stava dicendo, e innamorandosene all’istante ancor più di quanto non fosse già. E sfiorandogli le labbra di cui ora conosceva il meraviglioso sapore, gli disse ciò che lui le aveva appena tolto di bocca. «Ti amo, cavaliere del Buio…»

Shaoran la baciò di nuovo, mentre l’imbarazzo e lo stupore scemavano rapidamente, lasciando emergere l’amore e la gioia di poterlo provare e di vederlo ricambiato…

Sakura lo strinse a sé. Ora sapeva di poter fare ciò che detto da Cerberus le era sembrato impossibile. Ora, attraverso gli occhi di Shaoran, poteva vedere se stessa, nuda di tutto, pura e vera. Ora sapeva di essere davvero forte, perché non era sola, no… Ed era certamente questa la grandezza dell’Uomo, la stessa grandezza di cui parlava la profezia degli Angeli, che non avevano saputo comprendere l’amore… Ma lei si abbandonò totalmente a quel sentimento, scoprendone la bellezza insieme a Shaoran, trovando finalmente il senso di tutto, che era già dentro di sé…

E fuori, la pioggia complice bagnava quell’emozione nuova.

 

Le energie che avvertiva al di sopra del soffitto della caverna si intensificarono. La Dama degli Elfi sorrideva. Infine tutto sembrava chiarirsi.

Shaoran aveva compreso il senso della purezza del proprio animo.

Sakura aveva compreso il senso di ciò che poteva rendere l’Uomo superiore all’Angelo.

Non restava molto da fare, ormai.

Ben presto la profezia sulla guerriera sarebbe stata compiuta, e il cavaliere si sarebbe di nuovo trovato di fronte allo Specchio, e allora il destino del Regno si sarebbe inscritto nelle stelle; perché il Regno aveva bisogno di entrambi, perché loro erano legati indissolubilmente, perché era già scritto.

Ma c’era ancora tempo per questo. Ora c’era ciò che i due ragazzi stavano scoprendo insieme, lassù sulla montagna, e c’era il flusso ormai incontrollabile del loro giovane amore appena compreso, e c’era ciò che li rendeva superiori, e c’era ciò che li rendeva puri.

E fuori, anche la pioggia sapeva.

 

 

 

E allora? Vi ho soddisfatto? Spero proprio di sì! Del resto era pure ora che tra quei due accadesse qualcosa del genere, no?? ^^

 

Ringraziamenti:

Kia85: Non preoccuparti se è saltata una recensione… ^^ Grazie come sempre per i tuoi commenti, sono fin troppo lusingata! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo come il precedente!

Lady Maryon: Eh eh, e allora? Hai visto che alla fine si sono baciati?? Andiamo, non potevo fare una fic su CCS senza che Shaoran e Sakura si baciassero!! ^^ Mille grazie per la recensione!

Sakura Bethovina: Come sempre ti ringrazio per i complimenti… Eh sì, ora Shaoran ne sa decisamente di più, e come hai visto, questo riguarda anche i suoi sentimenti! ^^

Ichigo_91: Ciao, Ichigo-chan! Sono contentissima che tu abbia trovato interessanti i capitoli precedenti, e spero che questo ti sia piaciuto almeno quanto a me è piaciuto scriverlo! Un bacio e grazie mille per il commento…

Sakura182blast: Ciao, mia carissima sorellina, che te ne pare di questo capitolo? Come avrai intuito Sakura alla fine del capitolo precedente è crollata per il peso di tutte le rivelazioni… Però io direi che si riprende bene, non trovi?? ^^ Grazie mille per il commento, non vedo l’ora di sentirti!!

 

Eccoci qui con l’appuntamento per il prossimo capitolo… Beh, che dire, tra poco l’interesse dovrà necessariamente spostarsi su Aamyan e sulla profezia, così finalmente potremo districare qualcosa nella matassa che è questa storia… Spero mi seguirete ancora! ^^

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La profezia ***


Aamyan degli Elfi

Evviva, anche stavolta riesco a pubblicare con un po’ di anticipo! Del resto mi sembra anche giusto darmi una mossa: ci stiamo inesorabilmente avvicinando al gran finale, e quindi non voglio assolutamente farvi aspettare troppo prima di spiegarvi tutte le incognite di questa storia…

Come sempre, vi auguro buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

12

La profezia

 

Uscendo dallo stato a metà tra il sonno e la veglia, quello in cui regnavano incontrastati i sogni dell’inconscio, Sakura aprì lentamente gli occhi. Il cielo dell’alba era terso, purificato dalla pioggia notturna. Sentiva uno strano languore; i suoi sensi erano piacevolmente intorpiditi. Poi scoprì di essere distesa su qualcosa di caldo e vivo e mosse piano la testa, ritrovandosi tra le braccia di Shaoran.

Il cavaliere era ancora addormentato, ma la teneva stretta a sé nel sonno, e il suo petto si alzava e si abbassava dolcemente al ritmo del suo respiro sereno. Sakura si sollevò ancora un poco, soffermandosi sul suo volto, sui capelli castani scomposti sulla fronte, sugli occhi chiusi e sulle labbra sottili… Allontanando una mano dall’addome del giovane, sfiorò quelle labbra che quella notte si erano confuse con le sue. Sorrise, quasi amaramente. Possibile che a lei fosse dato di meritare quel dono?

Avvicinò il viso al suo, lasciando che i loro respiri diventassero uno. Nella mente le vorticavano le immagini della notte appena trascorsa. Non le rivelazioni, non le domande, no, niente affatto… L’unica cosa che vedeva chiaramente erano lei e Shaoran, sotto la pioggia e le stelle, e tutto ciò che era stato tra loro. E non riusciva ad impedirsi di pensare a come, poco prima di addormentarsi nel suo abbraccio, gli avesse rivelato anche l’ultima parte di verità, rinunciando finalmente a tutte le paure.

«Mia madre era la Regina della Terra della Luce…»

E lui non aveva detto nulla, non aveva voluto irrompere in quella paura, non l’aveva turbata ancor di più; si era limitato a stringerla più forte, a baciarla ancora, e ancora, e ancora, trasmettendole in quei suoi baci tutta la comprensione e la fiducia e la condivisione che lei non aveva mai conosciuto.

Davvero lo meritava? Meritava quell’amore?

Sentì Shaoran muoversi lentamente sotto di sé. Non si scostò da lui. Lo vide aprire gli occhi, e per l’ennesima volta si perse nel colore delle foglie d’autunno. Il cavaliere ricambiò il suo sguardo, ancora un po’ assonnato; poi le sue guance si tinsero di una tonalità intensa di rosso, mentre lui sorrideva lievemente.

«Buongiorno», le disse in un sussurro che le sfiorò le labbra.

Sakura non rispose. Si limitò a scendere piano a baciarlo.

Le labbra di Shaoran erano ancora languide del sonno, sebbene entrambi avessero dormito pochissimo, e il suo fiato non fosse pesante. A Sakura piacque quel torpore. Ad un tratto, però, lo sentì distaccarsi leggermente; riaprì gli occhi e lo fissò, cercando tracce di esitazione, ma vide solo uno sguardo un po’ smarrito.

«Che cosa c’è?», gli chiese, incerta.

«Niente…», sussurrò Shaoran, sollevando le braccia e stringendola piano a sé. Poi sospirò. «Ho paura.»

Sakura continuò a guardarlo, sempre più confusa.

«Paura di cosa?»

Il ragazzo portò una mano fino alla sua guancia, scostandole i capelli.

«Di non meritarlo.»

Era… Era esattamente ciò che pensava lei. Se questo non era un segno… Sorridendo, Sakura lo baciò di nuovo, fremendo al suo tocco.

Per un altro po’ di tempo si dimenticò di tutto. Ma ora che c’era di nuovo la luce del sole, la realtà tornava ad essere visibile, e con essa tutti i dubbi e le domande rimasti in sospeso. Così, quando tornò ad abbandonare il viso sulla spalla di Shaoran, inevitabilmente fu come svegliarsi da un sogno.

Per un po’ ci fu solo silenzio. Alla fine, però, Shaoran parlò piano, esitante, in tono sommesso.

«Perché non volevi parlarmene?»

Senza capire, Sakura voltò lentamente il volto verso il suo, aspettando che continuasse.

«Voglio dire…» Le gote del cavaliere erano ancora vagamente color porpora. «Sai, delle… Delle tue vere origini. Di tua madre. Quando… Quando me l’hai detto… ho avuto l’impressione che non volessi farlo. Perché?»

Sakura ci pensò su per qualche istante.

«Forse, semplicemente, non volevo che mi guardassi con occhi diversi.»

Vide Shaoran voltarsi verso di lei. Ancora una volta, proprio come la notte precedente, non ci furono parole inutili; quegli occhi tacevano e dicevano tutto. Sakura seppe all’istante che lui non l’avrebbe mai guardata altrimenti che così, con quello sguardo bruno, caldo, rassicurante, solido, imperscrutabile… e innamorato.

Si dispose di nuovo sul suo petto e lo baciò per l’ennesima volta.

Questa volta passarono alcuni lunghi minuti prima che, con estrema riluttanza, si decidesse a riscuotersi.

«Sarà meglio che torniamo da Tomoyo», mormorò contro le labbra del cavaliere adolescente. «Dopotutto, dobbiamo ringraziarla per il suo consiglio.»

Shaoran sorrise. Annuì quasi impercettibilmente.

«Hai ragione. Però…»

«Però…?»

«Però, lasciamola aspettare solo un altro po’…»

Sakura lo guardò, poi scoppiò a ridere. Era quello il ragazzo cupo che aveva fatto irruzione nella sua vita da un momento all’altro con la sua disperazione e la sua chiusura al mondo intero? Quando era cambiato? E perché, poi? Per lei? Scuotendo la testa, quasi incredula, accolse ancora una volta la sua bocca con un nuovo trasporto.

 

Shaoran camminava lentamente sulla dura terra del fianco della montagna, ma si sentiva ad un palmo dal suolo. L’unica cosa di cui era pienamente conscio era la mano di Sakura, morbida e tiepida nella sua.

Ancora non riusciva a crederci. A partire dal momento in cui, al tramonto, lei si era rifugiata tra le sue labbra, tutto diventava incredibile. Eppure sapeva che era vero, era successo davvero; la ragazza che discendeva dalla montagna, sorridente, al suo fianco, era la prova che quella notte lui aveva scoperto ciò che gli era sempre mancato, che non era stato solo un bellissimo sogno.

Senza riuscire a smettere di sorridere, Shaoran strinse ancor di più la mano di Sakura.

Quando giunsero in vista del dedalo di gallerie, però, il peso di una realtà più dura lo investì di nuovo.

C’erano così tante cose rimaste in sospeso… La vera natura di Sakura, la vera identità di Tomoyo, lo Specchio che la Dama degli Elfi aveva voluto affidare a lui… Per quella sola notte si era illuso di poter lasciare tutto fuori, rinchiudendosi nella felicità cieca di un amore appena svelato; ma non si poteva semplicemente rinnegare la realtà.

Tomoyo era immobile, in piedi di fronte all’apertura della grotta in cui i tre giovani si erano rifugiati, il giorno precedente. Guardava verso di loro, e sorrideva. Shaoran si sentì ancora una volta smascherato dai suoi occhi che, ora ne aveva la certezza, non erano davvero umani.

«Bentornati», li accolse la Principessa elfica, quando furono abbastanza vicini. «Mi auguro che abbiate trovato insieme la pace interiore necessaria per portare a compimento il vostro destino.»

Shaoran abbassò lo sguardo. Sentì Sakura stringergli forte la mano. Sì, avevano trovato una loro pace, una pace riservata solo a loro due, perché era stato impossibile trovarla nel mondo circostante; ma ora? Ora cosa sarebbe successo?

«Comprendo tutti i vostri dubbi», mormorò ancora Tomoyo. «Presto tutto finirà. Vi prego, venite con me, voi che avete in mano la sorte del Regno.»

Il ragazzo sollevò di nuovo gli occhi, in tempo per vederla voltare loro le spalle e incamminarsi lungo le pendici delle montagne, verso occidente, percorrendo il tragitto opposto a quello che doveva aver condotto Sakura dalla Tigre dei Monti.

Capendo che qualcosa di definitivo stava per succedere, Shaoran si voltò a guardare Sakura. Vide nei suoi occhi verdi la sua stessa improvvisa decisione. Sentì crescere in sé un’emozione ormai ben nota, quando la guerriera ricambiò il suo sguardo; poi si scosse, e si avviò insieme a lei seguendo i passi di Tomoyo.

Camminarono a lungo, sempre tenendosi accostati alla catena montuosa, evitando di addentrarsi troppo nella terra degli Angeli nel timore di essere nuovamente messi in fuga.

«Dove stiamo andando?», si azzardò a chiedere ad un tratto Sakura.

Tomoyo non si voltò, ma rispose con la solita pacatezza.

«Avevo intenzione di conferire con gli Angeli prima di prendere questa decisione. Ma ora capisco che in effetti non ce n’è alcun bisogno, perché dipende tutto da Shaoran.»

Il giovane fissò smarrito i lunghi capelli neri della fanciulla che gli camminava davanti.

«Da me?»

«Esatto, cavaliere. Da te.»

Shaoran aprì di nuovo la bocca per aggiungere qualcosa – cosa, non avrebbe saputo dirlo – ma in quel momento Tomoyo si fermò. Lui e Sakura fecero altrettanto, trattenendo il fiato.

A qualche iarda da loro, a nord, vastissimo nella landa verde, si stendeva il lago di lava da cui era nato Aamyan.

«Siamo arrivati alla nostra meta», mormorò ancora la Dama degli Elfi.

Shaoran deglutì, interdetto. Avvertì la stretta di Sakura intensificarsi sulla sua mano.

Da quel momento in poi, fu di nuovo come vivere in uno stato mistico. Non si rese conto di aver ripreso a muoversi, non fu consapevole dei propri passi; seppe solo, all’improvviso, di essersi ritrovato sulle sponde del lago.

Scuotendosi, Shaoran concentrò la propria attenzione sulla sua superficie, sotto di sé. Il celebre lago lavico sembrava colmo di lingue di fuoco, fluenti come acqua. Era una scena indescrivibile. Rimase a lungo assorto nella contemplazione, ma alla fine si rassegnò a cercare lo sguardo di Tomoyo.

«Che… Che cosa vuoi che io faccia?», mormorò, esasperato.

La ragazza si voltò verso di lui. I suoi occhi inumani lo trapassarono, scavando fino al suo cuore; poi le sue mani si congiunsero, e la luce degli Elfi tornò a circuirla, mentre la sua voce risuonava come un canto profetico.

«Il tempo è giunto, cavaliere della Terra del Buio. Il tempo della scelta è finalmente giunto. Ora sta a te decidere della sorte di Aamyan.»

La luce si fece intensissima. Shaoran socchiuse gli occhi.

«Decidere della…? Cosa vuoi dire?»

«Lo Specchio è pronto per il tuo riflesso», proferì ancora Tomoyo. «Ma devi essere tu a volerlo. Devi essere tu a formulare il tuo desiderio. Altrimenti, lo Specchio dovrà cessare di esistere. Perché esso ha scelto te, ma non potrà più vivere se tu non sceglierai di usarlo.»

Shaoran fu costretto a coprirsi gli occhi con un braccio. La mano di Sakura si allontanò dalla sua, ma il ragazzo poté udire la sua voce, in un punto imprecisato ma molto vicino.

«Ora sta a te…»

Per alcuni istanti ancora, il giovane non riuscì a guardare a viso aperto ciò che gli si prospettava di fronte. Ma alla fine si costrinse ad abbassare il braccio e a riaprire gli occhi. La luce era ancora forte, ma più tollerabile.

Dinanzi a lui, tra le braccia aperte della Principessa, proprio come il giorno precedente, fluttuava Aamyan, Specchio degli Elfi.

Shaoran respirò profondamente, cercando di tranquillizzarsi, ma l’adrenalina scorreva ormai inarrestabile in lui, mentre finalmente, per la seconda volta, tendeva le dita e toccava il motivo del suo viaggio fino a lì.

E così, infine, aveva davvero la possibilità di usarlo. Così come aveva sperato, ora avrebbe potuto specchiarsi, perché Aamyan lo reputava degno di tale gesto, e avrebbe potuto desiderare la rinascita, la fine di ogni male, la purificazione di un mondo corrotto e sporco di sangue… Avrebbe riscattato se stesso, avrebbe reso onore a ciò che aveva perso, avrebbe fatto sì che tutto potesse essere come era stato, di nuovo, oltre il dolore del ricordo infranto…

… Ma non potrà più vivere se tu non sceglierai di usarlo…

Si fermò, già con le dita strette intorno alla cornice intarsiata. Senza nemmeno accorgersene, aveva iniziato a riflettere sulle parole di Tomoyo. E da lì ebbe modo di pensare anche a molto altro.

Quel viaggio gli era servito. Molto. Non solo perché aveva incontrato la guerriera figlia di un Angelo e di una Regina, l’unica persona di cui sentiva di potersi fidare, l’unica persona che sapeva di poter amare. No, nel corso di quel lungo cammino aveva imparato anche qualcos’altro. Ad esempio, che la guerra era davvero ovunque, e che la violenza era insita nell’animo umano, e che non c’erano buoni né cattivi… Ripensò all’occasione in cui aveva dovuto fronteggiare dei soldati della sua stessa terra, alla locanda della Terra della Luce. Come aveva detto a Sakura, non aveva provato alcun rimorso nell’ucciderli. Perciò allora era già consapevole dell’inevitabilità del male. Ma non si era soffermato su quel pensiero.

Ora, però, ad un passo dalla possibilità di cambiare finalmente le cose…

Shaoran esitò ancora, senza voltare lo specchio per guardare la propria immagine riflessa.

Forse, in fondo, non aveva alcun senso desiderare la fine di ogni guerra.

Se nell’Uomo coesistevano bene e male, alla fine questo sarebbe riemerso comunque. Come brace e cenere, da cui al minimo soffio scaturiva nuovo fuoco… Così una magia non poteva durare per sempre, non poteva soffocare il corso già segnato della natura. Non sarebbe servito a nulla, sarebbe stato solo un prolungamento dell’attesa di un nuovo dolore, di una nuova inevitabile degenerazione…

Ma allora? Doveva rinunciare ad Aamyan? Giunto a stringerlo tra le mani, stava abbandonando tutti i suoi propositi? No, questo non era giusto, sarebbe equivalso a voltare le spalle al passato che lo aveva indotto su quella strada, ai ricordi che ancora gli dolevano nel cuore, alla voce implorante di sua madre…

Sospirò, e in quel momento, in un impulso incondizionato, il suo sguardo vagò fino a posarsi su Sakura.

La ragazza lo fissava seria, nei suoi abiti ancora impregnati di pioggia e sangue rappreso, le braccia lungo i fianchi, una luce chiara e nuova negli occhi del colore delle foglie d’estate.

E solo allora Shaoran capì. Capì che tutto ciò che avrebbe potuto desiderare, l’aveva già ottenuto.

Deciso, senza pensarci ulteriormente, strinse la presa sullo Specchio degli Elfi.

… Ma non potrà più vivere se tu non sceglierai di usarlo…

Lo impugnò, portò il braccio indietro, serrò gli occhi, e lo scagliò lontano.

Aamyan tornò a fondersi nella stessa lava fluida da cui era sorto.

 

La scelta era stata fatta. E ciò non determinava solo il destino del Regno, ma anche l’esito della profezia. Anche se loro ancora non potevano saperlo…

Tomoyo, Dama degli Elfi, sorrise al cavaliere e alla guerriera. Dopodiché chiuse gli occhi e riassunse la sua vera forma, abbandonando le sembianze umane e tornando figura elfica.

Mentre la luce della sua stirpe l’avvolgeva totalmente, lasciando affievolirsi i colori spenti che avevano finora ammantato la sua vera essenza, e tornando ad essere energia vitale delle piante e delle acque e della natura intera, un alone violento si sprigionò dalla sua metamorfosi, investendo per miglia e miglia la landa abitata dagli Angeli.

La Principessa riaprì gli occhi, tornati ora del loro vero colore, tendente al perla, e fissò Shaoran e Sakura, che si riparavano gli occhi dalla luce. Quando questa scemò, il cielo azzurro comparve solcato da migliaia di soffuse sagome candide.

«Gli Angeli stanno abbandonando questa terra», mormorò Tomoyo. «La scelta del cavaliere ha dimostrato la superiorità dell’Uomo. Attraverso la distruzione dello Specchio, anche la profezia della guerriera si è compiuta. Il cerchio è finalmente chiuso.»

Sorrise di nuovo.

Di fronte a lei, Shaoran e Sakura sollevarono lentamente gli sguardi attoniti. Nei loro occhi c’era stupore, meraviglia, soggezione, paura, confusione.

«Tomoyo?», mormorò Sakura, esitante.

Lei si limitò a sorriderle.

«Io… Io non capisco», continuò la guerriera, crollando in ginocchio, mentre il cavaliere adolescente si portava al suo fianco. «Tu… La scelta… Lo Specchio… La profezia… Non capisco.»

«Allora ascoltami attentamente, amica mia», disse la Dama degli Elfi, dolcemente, avvicinandosi ai due. «Shaoran ha compreso. Ha compreso che il suo desiderio di porre fine alla guerra, pur realizzandosi, non sarebbe durato a lungo. E ha scelto di non desiderare altro, di non approfittare di Aamyan.»

Lo sguardo di Sakura si posò lentamente su Shaoran.

«Perché?», sussurrò semplicemente.

Il cavaliere la guardò, avvampando. Osservandolo, Tomoyo sorrise ancora.

«Perché ha te, Sakura.»

Vide che anche le gote della guerriera si tingevano di rosso. Nonostante il momento di tenerezza, decise di continuare con le spiegazioni.

«Shaoran ha scelto di distruggere lo Specchio perché sentiva che non gli sarebbe più servito per il suo primo scopo, e perché non aveva altro da desiderare. Questa scelta è nata dunque anche dai suoi sentimenti per te, Sakura. E così il suo destino si è legato indissolubilmente al tuo. Dimmi, guerriera, sai adesso cosa rende l’Uomo superiore all’Angelo?»

Senza distogliere lo sguardo da Shaoran, Sakura annuì lentamente.

«L’amore…», mormorò. «L’amore senza freni, quello che non tiene conto delle differenze, delle convenzioni, di tutto il resto… Quello che gli Angeli non sanno concepire.»

Tomoyo annuì.

«Esatto. Ed era questa la conclusione cui tu dovevi giungere, e che ti avrebbe permesso di compiere la profezia, di annullare totalmente la supremazia degli Angeli sugli Esseri Umani. Ma questa tua conclusione, Sakura, ha influito sui sentimenti di Shaoran, e poi nel suo gesto, così che la profezia è nata con te ma si è manifestata in lui.» Si chinò al suolo, sulle sponde del lago lavico che aveva appena ingoiato lo specchio che aveva creato, guardandoli con affetto, dall’uno all’altra. «So che per voi è difficile capire. Vi basti sapere che avete trovato voi stessi. Vi basti sapere che il vostro amore ha fatto sì che il cerchio si chiudesse.»

Per la prima volta, fu Shaoran a parlare.

«Ma… Com’è possibile?»

«Cosa?», sorrise ancora la Principessa. «Che il vostro amore fosse già scritto? Che si legasse alla sorte dello Specchio e a quella degli Angeli? Immagino che non lo sapremo mai. Ma ora c’è dell’altro cui pensare.»

All’unisono, i due si voltarono a guardarla, negli occhi la stessa confusione, ma anche una luce di fierezza.

«La rinuncia ad Aamyan», disse Tomoyo, tornando seria, «non deve necessariamente significare la fine di ogni speranza di pace per il Regno di Tomoeda.»

Gli sguardi del cavaliere e della guerriera si fecero ancor più intensi.

Lei respirò profondamente.

«Sì, ragazzi. C’è ancora un modo per porre fine alla guerra… E non solo. Perché quello che sto per dirvi riguarderebbe non solo gli Uomini, ma tutte le creature del Regno… E ancora una volta, tutto dipende da voi.»

 

 

 

Ehm… Allora, che ne pensate? Finalmente la profezia si è svolta, e anche Shaoran ha preso la sua scelta riguardo Aamyan… Ma chissà cosa possono ancora fare i due per il bene del Regno? Psst, un aiutino: c’entra il fatto che Sakura è figlia di una Regina… ^^

 

Ringraziamenti:

Yumemi: Grazie mille per il tuo commento! Uao, non mi sembra vero che tu abbia letto il capitolo mentre pioveva!! ^^ E di questo, che te ne pare? Comunque non preoccuparti, non sei la sola ad essere impelagata negli impegni scolastici… U_U Spero anch’io di poterti sentire su MSN! Baci!

Pikki SakuraChan: Grazie mille e ancora grazie mille, sei veramente troppo buona, è bello avere una fan sicura per il mio ipotetico futuro di scrittrice!! ^///^ Sul serio, mi hai commossa! Sono davvero felice che la storia ti piaccia tanto… Ma non preoccuparti, ovviamente capita di non notare un aggiornamento; l’importante è che la storia continui a piacerti, ci tengo molto!

Ichigo_91: Grazie mille per il tuo commento, carissima Ichigo! Sono contentissima che tu abbia apprezzato il capitolo precedente (figurati che credevo che la dichiarazione fosse troppo precipitosa! ^///^), e spero solo che tu abbia trovato anche questo degno di nota!

Sakura182blast: Mia dolcissima sorellina, non sai come mi sono emozionata leggendo il tuo commento alla one-shot “A te”… Ehm, ok, passiamo oltre! Ovviamente ti ringrazio moltissimo per la recensione e per tutti i complimenti… Sul serio, mi confondi, sorellina! ^///^ Ma la cosa che più mi fa sentire realizzata è l’essere riuscita a farti apprezzare per la prima volta Cerberus/Kero-chan!! Lo considero un successo personale…!! XD Spero che tu abbia gradito anche questo capitolo… Ah, un’altra cosa… Anch’io ti voglio bene!! ^^

 

Bene, eccoci qui: il prossimo capitolo sarà l’epilogo… Beh, innanzitutto ringrazio in anticipo chi vorrà seguirmi fin lì… Anzi, faccio una cosa che non ho mai fatto prima: ringrazio profondamente coloro che hanno inserito questa fic tra i preferiti, e cioè Evans Lily, Ichigo_91, Kia85, Millennia Angel e Sakura182blast… Mi avete reso felice, ragazze!!… E poi… No, basta, non scrivo altro perché mi sto già commuovendo!! ^///^

Un milione di grazie… Alla prossima!!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Epilogo ***


Aamyan degli Elfi

Eccoci qui… Non mi sembra vero di essere arrivata all’ultimo capitolo… Mi scuso per averci messo più tempo del previsto! Ehm, bene, non vi anticipo nulla perché molte di voi hanno già capito qual è il famoso modo per far finire le guerre… ^^

Per l’ultima volta mi ritrovo ad augurarvi la buona lettura!

 

 

Aamyan degli Elfi

 

13

Epilogo

 

Sakura guardava la propria immagine nello specchio a figura intera, a disagio. La lunga veste che le avevano fatto indossare, di un bianco immacolato, le sembrava assurda, se pensava ai vestiti insanguinati che aveva indossato fino al giorno prima, o agli indumenti ruvidi che si era sempre confezionata da sola, in sedici anni di scorribande nella natura selvaggia.

Le avevano acconciato i capelli, arricciandone le punte, cospargendoli di un’essenza a lei sconosciuta; poi le avevano imperlato le labbra di un colore rosato. La ragazza non riusciva a smettere di guardare sconcertata il riflesso che le rimandava lo specchio della lussuosa stanza. Era davvero lei, la ragazzina senza passato, quella che si stava facendo agghindare a festa nientemeno che in un Palazzo Reale?

Le tre ancelle continuavano a volteggiarle intorno, eccitate e premurose.

«Vi prego, Altezza, provate questo…»

«Altezza, vogliate provare queste scarpe…»

«Altezza, non siate timida, esprimete le vostre preferenze…»

Sakura non riusciva ad abituarsi a quell’appellativo. Altezza. Lei, un’Altezza Reale.

Eppure era vero. Le parole di Cerberus echeggiavano ancora nella sua mente. Era già passata una settimana, ma era come se tutto fosse accaduto solo il giorno precedente.

… Tua madre era la Regina della Terra della Luce, madre di Re Touya, signora dell’est…

Il che faceva di lei una Principessa.

E adesso era lì, alla Corte di Touya, in attesa di incontrare il Re suo fratello. La sola aspettativa avrebbe dovuto elettrizzarla; ma non sentiva nulla. Come se ancora non riuscisse a realizzare ciò che stava per succedere.

Tuttavia, non poteva ignorare il pensiero di ciò che sarebbe avvenuto in seguito.

Mentre pensava a chi l’attendeva dopo Re Touya, il suo cuore accelerò sensibilmente i battiti.

 

Shaoran guardava la propria immagine nello specchio a figura intera, a disagio. La lunga veste che gli avevano fatto indossare, di un azzurro intenso, gli sembrava assurda, se pensava ai vestiti insanguinati che aveva indossato fino al giorno prima, o agli indumenti semplici da cavaliere cui era stato abituato, in sedici anni di battaglie infinite e di penosi stenti.

Ma non era tanto il suo riflesso a turbarlo, quanto la situazione intera in cui si trovava. Tanto per cominciare, gli sembrava già abbastanza inquietante l’idea di trovarsi come ospite alla Corte della Terra della Luce, che solo fino a poco tempo prima doveva essere sua nemica. E in secondo luogo, ancor più inquietante, c’era ciò che gli sarebbe accaduto lì, ciò che avrebbe cambiato la sua esistenza e quella dell’intero Regno di Tomoeda.

Proprio come aveva detto la Dama degli Elfi, quel giorno lontano, in riva al lago di lava…

… C’è ancora un modo per porre fine alla guerra…

Solo nella stanza, Shaoran sospirò profondamente, cercando di calmarsi.

Tomoyo aveva trovato la soluzione migliore, non solo per la pace del Regno, ma anche per loro, loro che avevano vissuto quella storia sulla propria pelle, e che ora stavano per raggiungere insieme il riscatto che per tanti anni era mancato loro.

In effetti, il suo disagio non era dato dalla paura. Piuttosto dall’aspettativa di ciò che quel giorno sarebbe nato per lui. Sì, per la prima volta i suoi pensieri erano totalmente egoistici: non pensava a ciò che ne avrebbe guadagnato il Regno, ma unicamente alla felicità che sarebbe stata recata a lui. E non si pentiva di quell’egoismo.

Era davvero quello l’unico modo che aveva per poter essere felice…

Mentre pensava a chi lo attendeva in quello stesso Palazzo, il suo cuore accelerò sensibilmente i battiti.

 

Sakura aveva temuto che l’incontro con Touya sarebbe stato formale, persino freddo. Nulla di più sbagliato.

Quando il Re della Terra della Luce l’aveva vista, aveva chiesto alle ancelle di lasciarli soli; poi, con estrema naturalezza, alzatosi dal trono, si era avvicinato a lei, le aveva preso le mani nelle sue, e aveva sorriso.

«Sei mia sorella», aveva detto semplicemente.

E di colpo lei era stata felice di esserlo. Non certo per ciò che questo implicava, non per l’essere Principessa; ma ora ne aveva la conferma, ora aveva un passato, ora non c’erano più dubbi. Aveva ricambiato il sorriso di suo fratello, senza parlare. Non c’era bisogno di dire nulla, tutto era stato già chiarito dalla Dama degli Elfi, che da tempo aveva spiegato tutto a Re Touya. Erano soltanto rimasti intenti a guardarsi, consapevoli di non essere soli.

Ora Sakura stringeva il braccio del Re, e sorrideva, mentre si recava incontro al destino. Un destino che l’aspettava a pochi passi di distanza, concretizzato nello sguardo bruno e raggiante del giovane uomo che lei amava.

 

Shaoran si inchinò rispettosamente a Re Touya, dopodiché sorrise alla ragazza che si era fermata di fronte a lui.

Era bellissima. Come sempre, del resto. Il candore dell’abito esaltava tutta la sua figura, agile, felina, ancora impregnata dello spirito guerriero e nomade che l’aveva mossa per tutta la vita; ma ciò che c’era di più bello in lei, ora, erano i suoi occhi, finalmente privi di demoni. Occhi sereni. Occhi liberi. Occhi che lui amava.

La Principessa della Terra della Luce abbandonò il braccio del Re e si avvicinò, con un sorriso timido, acceso, meraviglioso. Shaoran sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto, fino in gola, mentre tendeva la mano e prendeva delicatamente quella di Sakura per sfiorarla con le labbra.

Non pensava che quel giorno sarebbe stato un nuovo inizio per il Regno. Non pensava che con il loro gesto le due terre si sarebbero finalmente unite, cessando ogni guerra. Non pensava che ora aveva la possibilità di realizzare ciò che non aveva poi voluto fare con lo Specchio degli Elfi.

Pensava solo che quel giorno sarebbe stato un nuovo inizio per lui, e che con quel gesto loro si stavano unendo per sempre, e che ora non c’era davvero altro che potesse ancora desiderare. Pensava solo che lei stava per diventare sua moglie. Ancora egoista, ma felice di poterlo essere.

Sakura gli sorrideva con dolcezza.

«Vorrei che Tomoyo fosse qui», bisbigliò ad un tratto. «Le dobbiamo tanto.»

«Lo vorrei anch’io», mormorò Shaoran. «Ma mi basta che ci sia tu. Mi basta che siamo insieme.»

Lei gli strinse più forte la mano.

«Lo saremo sempre.»

Senza riuscire a placare i battiti del suo cuore, Shaoran la guidò dolcemente attraverso il giardino del Palazzo, verso il tempio dove si sarebbero unite due vite, due terre, due destini.

 

Sorrise. Loro non potevano vederla, ma lei li vedeva chiaramente. Ed era felice.

Riaprì gli occhi e li fissò sui suoi simili, riuniti in un silenzio rispettoso al suo cospetto.

«Gioite, Elfi, perché quest’oggi l’amore trionfa, portando con sé la pace. E anche le Creature Magiche potranno finalmente tornare a vivere tra gli Uomini, poiché oggi gli Uomini tornano ad amare.»

La foresta echeggiò delle grida festose delle creature.

Tomoyo guardò verso occidente, dove il tramonto risplendeva sulla Terra della Luce. Laggiù, lontano all’orizzonte, nel Palazzo Reale di Re Touya, i due prescelti del destino stavano compiendo l’ultimo passo del loro viaggio, del loro compito.

Era giusto così. Sakura era una Principessa; la sua unione con Shaoran non poteva che significare la pace per le due terre in lotta. Era ciò che c’era di più giusto, più ancora che limitarsi a sperare, più ancora che affidarsi ai poteri di uno specchio fatato…

Credevano di doverle tanto. Ma era lei a dovere tanto a loro. Lei e tutti gli altri. Perché solo in virtù del loro amore il Regno stava tornando ad essere un mondo in cui poter vivere in pace.

«Siate felici, cavaliere del Buio e guerriera della Luce», mormorò tra sé la Dama degli Elfi. «E… grazie per tutto.»

 

 

 

E adesso è davvero finita…

 

Ringraziamenti:

Kia85: Sigh, mi mancheranno i tuoi commenti! ^///^ Che ne dici del finale? Spero ti sia piaciuto! Riguardo la tua domanda: qualche anno fa ho preso in prestito dalla biblioteca il libro “La guerra degli elfi”, probabilmente era il primo della serie, ma purtroppo non ho mai letto i successivi! Un mondo di baci, grazie per tutte le tue recensioni, sono state molto costruttive! ^^

Lady Maryon: Ebbene sì, alla fine la soluzione era proprio il matrimonio! Spero ti sia piaciuto il finale! Grazie mille anche a te per tutti i tuoi commenti!

Sakura182blast: Beh, sorellina, tu ovviamente già conoscevi questo capitolo… ^^ Ma io ci tengo lo stesso a ringraziarti per tutte le tue recensioni e a dirti che ti voglio un mondo di bene! Tanti tanti tanti baci!

Sakura Bethovina: Sono felice che gli ultimi sviluppi ti siano piaciuti, e spero tanto che anche la conclusione ti abbia soddisfatto! Grazie mille anche a te per tutte le volte che mi hai recensito!! ^^

Ichigo_91: Eh eh, hai visto a cosa si riferiva l’indizio? Essendo una Principessa, Sakura può sposare chi vuole e anche unire due terre in guerra! Spero ti sia piaciuta questa soluzione… ^^ Grazie mille per tutti i tuoi commenti, Ichigo!

 

Bene, adesso vi dovrei salutare… Accidenti, quanto mi mancherà tutto questo…

Però, la sapete una cosa…?

Avevo deciso di non dirlo, non ancora, per farvi una sorpresa… Ma visto che l’idea sta procedendo, anche se un po’ a rilento, ci ho ripensato e ora ve lo dico lo stesso!!

Alcune di voi già lo sanno… Ma per chi non lo sa, ecco la notizia: probabilmente, anzi MOLTO probabilmente, ci sarà un sequel di questa fic!!

Perciò questo è solo un arrivederci!! ^^

Vi abbraccio tutte forte forte

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=226713