My brother di StillAnotherBrokenDream (/viewuser.php?uid=84421)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sex an' Drug ***
Capitolo 2: *** Personal Hell ***
Capitolo 3: *** Like Brothers ***
Capitolo 4: *** I don't wanna die anymore ***
Capitolo 5: *** Still alive ***
Capitolo 6: *** Just an idiot ***
Capitolo 7: *** Just a bitch ***
Capitolo 8: *** But she's beautiful ***
Capitolo 9: *** Hallucinations ***
Capitolo 10: *** Don't go ***
Capitolo 11: *** You know what to do ***
Capitolo 1 *** Sex an' Drug ***
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a/n: Che io sia
fuori di testa, è risaputo ormai. Questa doveva essere una one-shot ma siccome
nella mia testolina la scena è molto lunga, ho pensato di dividerla in capitoli.
Forse due, forse tre, non lo so ancora. Facciamo un salto nell'ipotetico
(ipotetico?) futuro.. come sarà Castiel? Bello sicuramente *__* ma forse un
po'... Spoiler 4° e 5° stagione, ma di brutto XD!! Attenzione: linguaggio
colorito!!
Disclaimer:Visto che adoro questa
immagine, non ho voluto mettere la firma dell'autrice su di essa, ma lo dico
qui. Questa immagine non appartiene a me ma ad
Alexya379 che così carinamente l'ha creata per la mia storia. A lei un
enorme e riconoscente grazie XD! L'immagine apparirà in tutti i capitoli.
Sex an' Drug
Come diavolo si chiamava?
Jenny? Katy? Molly?
Castiel non ricordava
nemmeno il nome di quella donna bionda che si stava rivestendo di fronte a lui,
dopo averci passato la notte.
Beh non proprio passato
la notte, c'aveva solo scopato. Passare la notte implicava, secondo lui, un
rapporto più profondo.
Invece loro si erano solo
accoppiati. Niente più.
Poi si erano
addormentati, o almeno lui si era addormentato, sfinito dal corpo a corpo
e stordito da alcool e pasticche.
Era solo una delle tante
femmine che gli si concedevano in nome di chissà quale congiunzione astrale o
forza superiore.
Ah no, con quella si era
spinto più in là. Le aveva confessato, con grande pathos, di essere stato
un angelo, tempo fa. Ma che era sceso sulla Terra per aiutare gli umani.
Sì, certo.
Sei anni prima, nel 2008,
era sceso sulla Terra con una missione ben precisa: sorvegliare Dean Winchester
e prepararlo al ballo finale, per quando cioè il Generalissimo lo avrebbe
indossato per prendere nuovamente a calci Lucifero.
Ma qualcosa era andato
storto, nella sua testa principalmente. Si era ribellato, era morto,
resuscitato, cacciato dal Paradiso dopo settemila anni di onorato servizio,
inseguito da angeli e demoni, eccetera eccetera.
E ora si ritrovava nel
2014, imprigionato per sempre nel corpo di quel povero scemo di Jimmy, del quale
non sapeva se fosse ancora nella sua testa oppure no, a passare le giornate tra
una caccia al crote e una scopata selvaggia, il tutto condito con whisky,
assenzio e anfetamine.
Hashish, quand’era
particolarmente fortunato e chissà come se ne trovava da qualche parte, com’era
successo la sera prima.
E poi c’erano anche le
ramanzine da parte di Dean.
Eh sì, Dean Winchester,
non avendo più Sam da controllare e sottomettere, si era messo a farlo con
Castiel.
Perché Sam.. wow… aveva
ceduto alla corte di Lucifero! Sì sì, proprio così, quella stupida idea di
dirgli di sì per poterlo imprigionare gli si era ritorta contro, e ora Lucifero
era padrone di un ragazzone di quasi due metri, vestito di bianco e
inquietantemente sempre calmo.
Quindi, Deano
sentiva il bisogno di rimproverare, giudicare, correggere e salvare un’ex angelo
del Signore. Proprio Dean, che si era sbattuto mezzo mondo femminile – tra cui
anche un angelo caduto infischiandosene appunto che fosse pur sempre un angelo –
gli faceva le prediche?
Eh sì, il senso di colpa
per non aver salvato Sammy, lo spingeva a rompere le scatole a lui; perché
diavolo non lo lasciava sprofondare nella depravazione in santa pace?
Lui non era suo fratello,
non erano niente.
Neanche più amici.
Che vita di merda.
Si allungò verso la sedia
accanto al letto che fungeva da comodino, prese la mezza bottiglia di whisky e
ne tracannò un lungo sorso. La gente normale di solito la mattina beve caffè o
the, lui buttava giù spirito già dalle otto del mattino.
Anche se a sua discolpa
si potrebbe dire che era più facile trovare whisky o gin che caffè o the.
“Allora
ci vediamo, Cas.” gli disse quella bionda anonima regalandogli un largo sorriso.
L’ex angelo sorrise
sforzandosi di ricordarsi il suo nome. “Sì… ci vediamo…” corrugò la fronte e la
donna capì.
“Non
ti ricordi nemmeno come mi chiamo, vero?” domandò risentita.
Castiel sospirò pensando
rapidamente a cosa dire. Non che gliene fregasse nulla di quella puttanella, ma
non voleva che andasse a dire in giro che non si ricordava nemmeno il nome delle
donne che faceva urlare nel proprio letto. Gli avrebbe rovinato la piazza,
oscurando la sua fama di guru dell’amore.
Anche se in fondo erano
tutte solo delle troiette ipocrite, davvero volevano fargli credere che si
bevevano tutte le stronzate che raccontava loro? Andiamo, era abbastanza
evidente che facevano finta di credergli per giustificarsi con sé stesse.
Perché gli altri al
rifugio sapevano benissimo che Castiel era diventato solo un imbroglione
puttaniere e nessuno osava mettere bocca sulla questione.
Solo Dean, appunto.
“Scusami
dolcezza” tentò di rimediare alzandosi dal letto “è solo che per me… voi non
siete solo un corpo a cui dare un nome, voi siete anime eccelse e le anime non
hanno nome. Per cui a volte i vostri nomi mortali mi sfuggono ma non perché non
siete importanti per me, solo perché siete molto, molto di più di un nome…”
concluse con un sorriso dolce, confessando a sé stesso di non aver capito
assolutamente nulla delle stronzate che aveva appena detto.
La giovane donna lo
guardò con disgusto e si mise le mani sul fianchi. “Fottiti Cas, non sono così
cretina come credi!” e si avvicinò alla porta a grandi passi, per poi voltarsi
di nuovo verso di lui “e comunque io sono Sally, imbecille!” ed uscì sbattendo
la porta.
L’ex angelo, ormai
pseudo-santone drogato e sessuomane, fece un’alzata di spalle e tornò a letto,
buttandosi a peso morto tra le lenzuola stropicciate.
“La
ipsilon c’era però..” commentò con il viso tuffato in un cuscino.
Il grado di cinismo che
in quattro anni aveva acquistato, era sconcertante. Era un depravato totale, non
arrossiva di nulla e non era raro che si impegnasse in incontri orgiastici con
più donne.
Non aveva pudore, non
aveva vergogna o sensi di colpa. Era senza freni.
Le uniche cose che
non faceva, era stuprare e fottere con gli uomini. Era così delizioso
seppellirsi completamente in una donna consenziente, che non riusciva ad
immaginare altro.
Almeno per il momento.
Sì perché in tutto il
rifugio, che contava non più di trecento persone, le donne che riteneva
scopabili, per aspetto ed età, erano una sessantina.
Se n’era fatto già
quaranta.
Chissà, magari dopo
essersele sbattute tutte – a doppio turno, possibilmente – sarebbe passato agli
uomini. Peccato che Becky fosse morta, pensò, avrebbe apprezzato sicuramente
quell’opzione…
Ridacchiò della sua
ironia macabra e si girò sulla schiena, fissando il soffitto. Che fine aveva
fatto? Cosa era diventato? L’ombra di sé stesso, un pallido e sporco ricordo del
potente soldato celeste che per millenni aveva dato battaglia alle forze del
Male.
Un bastardo, bugiardo,
vizioso e perverso essere umano. Sospirò sfregandosi gli occhi, gli bruciavano e
non sapeva se era il fumo della notte prima o il poco sonno che non gli era
bastato.
Si rialzò stancamente dal
letto e si trascinò in bagno, aprì il rubinetto e solo quando non ne vide uscire
neanche una goccia, si ricordò del razionamento. Si metteva in funzione
l’impianto idrico solo nel pomeriggio, per un paio d’ore.
“Wow…
ottimo periodo storico per diventare umano, non c’è che dire…” borbottò versando
un po’ d’acqua da una tanica in una bacinella di plastica. Si sciacquò il viso
bagnandosi anche i capelli, e si guardò allo specchio.
Incontrò gli occhi
stanchi e spenti di un quarantenne triste, con la barba lunga e le guance
scavate. Stava invecchiando, sia nella barba che nei capelli cominciavano a
comparire ciuffetti argentati. Era diventato umano a trentasei anni, proprio una
bella fortuna.
Niente infanzia, o
adolescenza, o gioventù. Già la mezz’età dietro l’angolo. La cosa positiva era
che sicuramente, lui non ci sarebbe arrivato alla mezz’età vera e propria. Lui
sarebbe morto prima, molto prima.
“Sally
ha ragione” disse alla propria immagine nello specchio “fottiti, Cas.”
Si asciugò il viso e uscì
dal bagno, tornò a sedersi sul letto e bevve un altro sorso di Whisky. Faceva
letteralmente schifo, ma almeno era abbastanza forte da stordirlo quel poco che
bastava a non farlo piangere.
Si massaggiò la fronte,
aveva la sensazione di avere un martello in testa che picchiava costantemente,
pensò che forse avrebbe fatto meglio a prendere un’aspirina, sempre che ne
avesse ancora. Non era esattamente il genere di sostanza chimica che usava
solitamente.
Si alzò con un sospiro e
si avvicinò alla cassettiera, aprì il primo cassetto e rovistò tra le varie
scatole.
“Merda”
imprecò “neanche mezza aspirina.. mi scoppia il cervello…”
“Se
la smettessi di farti dalla mattina alla sera, forse ti farebbe meno male.”
disse qualcuno alle sue spalle.
Castiel sobbalzò e si
voltò verso la voce.
“Porca
troia, Dean” gemette quando lo riconobbe “mi vuoi far venire un infarto?” e
tornò a cercare tra pillole e gocce.
To be continued.
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Capitolo 2 *** Personal Hell ***
Nuova pagina 1
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Alexya379
Personal Hell
Anche Dean era cambiato,
se non nel corpo, sicuramente nell’animo.
Quattro anni prima, Sam
aveva detto sì a Lucifero, pensando ingenuamente di fregarlo. E lui non era
stato capace di impedirglielo. Da allora era successo di tutto e di più, i pochi
amici rimasti erano morti in breve tempo, spazzati via dalla furia dell’esercito
infernale che Lucifero si era creato grazie ai crote.
Gli angeli, quelli che
non erano morti, se n’erano semplicemente andati chissà dove.
Castiel aveva perso tutti
i suoi poteri e non l’aveva presa per niente bene. Per liberarsi dalla
disperazione, aveva iniziato a bere e successivamente a drogarsi tutti i giorni,
esattamente come Dean aveva visto nella sua passeggiata nel futuro.
E non era riuscito ad
evitare neanche questo.
Nonostante la ferrea
resistenza dei superstiti, stavano perdendo la guerra. Non poteva fare nulla se
non combattere fino all’ultimo respiro, sapendo benissimo che se per chissà
quale miracolo fosse riuscito a fare a pezzi Lucifero, inevitabilmente avrebbe
fatto a pezzi Sam.
Dean Winchester non era
più il ragazzo sfacciato, ironico e coraggioso del passato. Adesso era un
trentacinquenne deluso e ormai rassegnato al proprio destino, e furioso con sé
stesso per non aver salvato Sam dalla rovina e per non essere capace di evitare
a Cas di suicidarsi lentamente.
Castiel poteva trombarsi
tutte le donne che voleva, erano gli altri eccessi che lo avrebbero ucciso.
E sospettava che era a
questo che l’ex angelo puntava.
Lasciarsi morire.
La creatura che l’aveva
tirato fuori dall’inferno, che l’aveva aiutato come meglio aveva potuto
facendosi anche uccidere per questo, si stava lasciando andare ad una morte
lenta e penosa, torturandosi giornalmente e sapendo di farlo.
Dean non riusciva ad
impedirglielo perché Castiel non glielo permetteva. Non erano più amici, da
tanto tempo.
E questo era orribile per
lui, perché Cas rappresentava l’ultimo legame col suo passato, l’unica persona
in vita che poteva considerare un amico o addirittura un fratello.
Sì, Dean voleva bene a
Castiel come ad un fratello, ma il sentimento non era ricambiato.
Cas col tempo si era
chiuso in sé stesso, e aveva finito col trattarlo come trattava tutti quanti gli
altri, lì al rifugio: con distacco.
Anche le donne che si
portava a letto in fondo gli erano indifferenti, dopo essersele fatte non le
guardava nemmeno.
Castiel non si era mai
innamorato ed era un gran peccato, perché Dean poteva giurare che almeno tre
donne si erano veramente innamorate di lui, soffrendo poi di fronte alla sua
insensibilità. Cas avrebbe potuto instaurare un rapporto vero e anche se erano
destinati a morire tutti, avrebbe vissuto realmente come un uomo gli ultimi
giorni della sua vita.
Invece si rovinava
l’esistenza con ogni sorta di vizio, facendo terra bruciata intorno a sé.
Isolandosi e allontanando
chi tentava di avvicinarsi anche solo per chiedergli come stava.
“Allora
mio prode eroe” gli disse Cas restando di spalle “qual buon vento? Ti serve
qualcosa?”
Dean sospirò e si
avvicinò all’altro.
“Beh,
ho visto una tipa uscire da qui incazzata nera. Diceva qualcosa a proposito di
un coglione drogato e di quanto fosse
stata stupida ad avergliela data. Lo conosci?” gli domandò in tono
ironico.
Castiel gli lanciò una
rapida occhiata e sogghignò. “Sì,ne ho sentito parlare” affermò sarcastico “e ho
sentito dire anche che con le donne è un fenomeno. Infatti la tipa in questione
ha detto stupida e non pentita.... qualcosa vorrà pur dire, no?”
Dean lo guardò stupito,
non era ancora riuscito ad abituarsi a quel Cas. Cinico e duro, aveva
perso anche quella dose d’ingenuità che, dannazione a lui, lo rendeva
semplicemente unico.
A Castiel di angelico era
rimasto solo il nome, che oltretutto detestava e riguardo al quale aveva chiesto
a tutti di dimenticarne l’ultima parte. Lui era solo Cas, Castiel non esisteva
più da molti anni. Era morto quattro anni prima.
“Ascolta”
sospirò Dean Winchester avanzando verso di lui “tu non puoi… andare avanti
così.”
L’ex angelo si voltò a
guardarlo appoggiando le braccia sul cassetto aperto. “Mmh. Così come? Faccio
tante cose, sai..” sottolineò con una smorfia.
“Parlo
di questo” disse l’altro indicando il contenuto del cassetto “ti stai ammazzando
di porcherie e non tenti neanche di farne a meno. Se vuoi suicidarti dillo, ti
aiuteremo volentieri. Ma smettila di sfotterti il cervello con questa roba!”
concluse piuttosto alterato.
Castiel scoppiò a ridere
e scosse il capo. “Non ti stanchi mai di ripetere le stesse cose, boss?” gli
chiese guardando il soffitto “dovresti cambiare repertorio, comincio a
stancarmi.” e si allontanò chiudendo il cassetto con un gesto di stizza.
Ci siamo, pensò
raggiungendo il tavolo, la strigliata giornaliera.
Dean attraversò
rapidamente la stanza e lo raggiunse, deciso a mettere fine a quel casino una
volta per tutte. Con le buone o con le cattive, Castiel avrebbe smesso di
mandare avanti quel suo maledetto piano di autodistruzione.
C’era bisogno di lui al
rifugio, che gli piacesse o no. Anche se non era più un cazzone alato, era un
ottimo combattente quando non era talmente fatto da non reggersi in piedi.
“Ora
tu mi ascolti attentamente” iniziò vagamente minaccioso “o ti dai una regolata e
la smetti di comportarti come un adolescente ribelle, o giuro che ti do tanti di
quei pugni da rifarti i connotati. Tu ci servi, e ci servi sobrio. Che ogni
tanto ti prendi una sbornia e ti diverti con qualche pollastrella, mi sta bene,
lo faccio io stesso! Ma tu ti fai di roba pericolosa.”
Castiel lo guardò e Dean
notò che i suoi occhi erano… assenti. E non era una questione di alcool o
droghe, era proprio lui, la sua anima che non traspariva dagli occhi come
avveniva solo pochi anni prima. Era come se quel corpo fosse vuoto, una macchina
che continuava a camminare ma senza guidatore.
Castiel era diventato
davvero senz’anima. Un bastardo senz’anima.
“Dean,
so che questa cosa ti piace tanto, ma sul serio, ti imploro di lasciami in pace.
Hai bisogno di aiuto? Okay, benissimo. Se vuoi faccio tre ronde al giorno,
scanno quanti crote vuoi, ma lascia che io mi
fotta il cervello come mi pare!” gli rispose a denti stretti.
L’altro corrugò la
fronte. “Mi piace tanto cosa?”
L’ex angelo ridacchiò.
“Dean.. qui finiamo a botte se dico quello che penso di te.” lo avvertì.
“E
hai paura di me?” gli domandò allargando le braccia “su avanti Cas, sputa il
rospo. Cos’è che mi piace tanto di questa situazione in cui tu ti comporti come
un tossico e io cerco di non farti morire?”
Castiel strinse i pugni e
lo guardò feroce. “Non è che per caso, io ti ricordi Sam quando non poteva fare
a meno del sangue di quella troia” sibilò “e tu tentavi e ritentavi di tenerlo
alla larga da lei? Cos’è, mi vuoi salvare perché non sei riuscito a salvare lui?
Oh Dean, ho una notizia per te” fece una pausa mentre Dean sentiva il sangue
montargli in testa “Dean.. io non sono Sam! Tu non puoi salvare me cosicché tu
posa avere la sensazione di aver salvato lui, perché io non voglio essere
salvato! Io sto bene così come sto, e oltretutto… io non sono tuo fratello! Non
siamo né parenti né amici, io e te! Quindi, lasciami stare e occupati dei tuoi
affari!”
Dean scattò in avanti e
gli tirò un pugno in faccia talmente violento da sentire scricchiolare sia la
sua mano che la mandibola dell'altro. Castiel barcollò e si tenne al tavolo,
sputando sangue su di esso.
“Wow”
mormorò Cas massaggiandosi il mento “che destro. Credo tu mi abbia spezzato un
dente, sai capo? Ora ti senti meglio, suppongo.”
“Ascoltami
bene, bastardo di un tossico” disse Dean in tono aspro “puoi dire quello che
vuoi, insultami, sputami in faccia. Ma non permetterti mai più di tirare in
ballo Sammy, hai capito? Lui non lo faceva perché gli piaceva distruggersi, era
convinto di evitare tutta questa.. merda che ci è piovuta addosso. Tu invece,
piccolo idiota, lo fai deliberatamente!” gli urlò.
“Perché,
non è vero forse?” ringhiò Castiel “Non ti fa sentire meglio tentare di
redimermi? Tentare di evitare che io mi uccida? Avanti Dean, sii onesto con te
stesso, è solo per questo che mi stressi tutti i giorni con le tue prediche del
cazzo!”
Dean si buttò di nuovo su
di lui e lo afferrò per il collo del maglione, strattonandolo con violenza e poi
sbattendolo contro il muro.
“Smettila
Cas, dico sul serio, smettila o ti farai molto male!” lo minacciò con uno
sguardo feroce.
L’altro sorrise,
mostrando i denti insanguinati. “Che paura! Mi vuoi picchiare, per caso? Fallo,
non me ne frega niente.”
Dean serrò i denti.
“Perché mi provochi così, eh? Perché ci tieni tanto a litigare?”
“E
tu perché non la smetti di rompermi le palle?” ribatté Cas “perché non te ne
torni alle tue riunioni tra poveri fuggiaschi e non mi lasci sprofondare nel mio
personale inferno?”
Castiel era più basso di
Dean, più magro e molto più debole. Per il Winchester sarebbe stato
vergognosamente facile spaccargli la faccia, o addirittura ucciderlo a mani
nude.
“Piuttosto
che lasciarti morire a poco a poco” iniziò Dean con una strana luce negli occhi
“ti ammazzo con le mie mani!”
E' finita finalmente,
pensò quello che era stato un angelo del Signore. Forse sarebbe morto in quel
momento.
To be continued.
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Capitolo 3 *** Like Brothers ***
Nuova pagina 1
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Alexya379
Like brothers
No, Dean non voleva
ammazzarlo, era ovvio.
Ma sicuramente voleva
dargli una lezione. Anzi meglio ancora, voleva usare un po’ di quella terapia
d’urto che Cas aveva usato con lui quattro anni prima. E che aveva funzionato,
in un modo o nell’altro.
“Su?
Che aspetti, comandante? Prometti fuoco e fiamme e poi te ne stai lì a fissarmi
con quegli occhioni?” lo provocò l’ex angelo con un sorriso beffardo.
Un terribile pugno colpì
Castiel allo stomaco, cogliendolo di sorpresa. Un conato di vomito gli risalì in
gola e la vista gli si annebbiò. Si piegò in due ma Dean con un colpo in faccia
lo raddrizzò, facendogli sbattere la testa contro la parete di legno.
“Che
ne dici?” gli domandò Dean afferrandolo per il maglione “è più fuoco o fiamme?”
Castiel sorrise di nuovo,
con un labbro che sanguinava copiosamente sul mento e lo stomaco contratto dal
dolore.
“Oh
Dean, tutto qui? Un cazzotto in pancia e un altro sui denti? E io che pensavo mi
avresti fatto a fette!”
Dean digrignò i denti e
lo sbattè con violenza contro la parete, Cas gemette serrando le labbra.
“Ho
solo cominciato” gli fece sapere “il bello deve ancora venire!”
L’altro non ebbe tempo di
replicare, perché altri due pugni lo colpirono, uno dietro l’altro, dritti nello
stomaco, facendogli avere la sensazione che le budella gli fossero risalite fino
alla gola.
“Che
bel…” iniziò, ma Dean non gli diede modo di continuare, perché lo colpì di nuovo
in faccia. Una, due, tre volte, fino a che labbra, naso e sopracciglia non
sanguinarono contemporaneamente rendendo il suo viso quasi una maschera di
sangue.
Ma non accennava a
difendersi. Lasciava passivamente che il cacciatore lo massacrasse di botte,
senza neanche tentare di alzare un pugno in sua direzione.
“Non
reagisci, Cas? Ti piace essere picchiato?” gli domandò dopo l’ennesimo colpo in
faccia.
“Sì....adoro
essere preso a pugni….” rispose ansimando e sputando sangue a terra.
Allora Dean lo staccò
dalla parete per sbatterlo contro un’altra. “Smettila Castiel!” gli urlò in
faccia “smettila di farti del male così! Tu speri di morire in un modo o
nell’altro, tanto che non reagisci nemmeno ad un pestaggio! Sono stanco di
vederti così!”
Nonostante il volto
tumefatto e le labbra lacerate in più punti, Cas trovò la forza, e il coraggio
soprattutto, di scoppiare a ridere.
“Prima
mi pesti a sangue e poi mi… mi dici di non farmi del male? Oh Dean, non avrai
preso anche tu qualche pasticchetta? A chi non è abituato, fa male!” gli disse
in un tono odioso, con gli occhi ridotti ad una fessura per rendere lo sguardo
più duro che poteva.
Sperava che Dean lo
uccidesse, non ce la faceva più a vivere in quel modo, non voleva più vivere in
quel modo.
Era stanco, ma non aveva
il coraggio di uccidersi da solo, forse perché temeva di finire all’inferno,
sempre che dopo morto un ex angelo avesse una destinazione, oppure perché era
contro ciò che era stato per millenni. Ma stava di fatto che non riusciva a
farla finita da solo. Sarebbe morto comunque, prima o poi, ma voleva che
succedesse prima.
Dean era pronto ad
uccidere suo fratello: perché non poteva uccidere anche lui?
“Sai
Cas” riprese il cacciatore “quattro anni fa tu mi hai riempito di botte in un
vicolo, te lo ricordi? Io sì, non ero mai stato pestato così brutalmente. E sai
che ti dico? Mi è servito. Se non altro mi hai impedito di consegnarmi a
Michael…”
“Quindi
mi restituisci il favore, eh? Avrei dovuto immaginare che fosse vendetta..”
commentò l’altro.
Dean lo sbattè di nuovo
con le spalle al muro. “Smettila di controbattere con frasi del cazzo!” ringhiò
il cacciatore “sto cercando solo di salvarti!”
Castiel tentò di
ridacchiare, ma quello che ne uscì fu solo una sorta di lamento.
“A
suon di pugni? Ah già.. l’hai fatto anche con Sammy, era questo il vostro modo
di… salvarvi.”
Un altro pugno lo colpì
in faccia facendogli sbattere nuovamente la testa alla parete dietro di sé, poi
lo colpì allo stomaco e questa volta Castiel non resse l’assalto e cadde sulle
ginocchia, tossendo e sputando sangue.
“Ti
ho detto di lasciare stare Sammy!” gli urlò dandogli un altro pugno in faccia
“questa storia riguarda te e la tua vigliaccheria!”
“Vigliaccheria?
Perché voglio farla finita? Oh Dean… se solo tu sapessi che vuol dire essere
stato…. E non esserlo più…” biascicò l’ex angelo, col viso insanguinato e
tumefatto e la voce ridotta ad un sussurro.
“Alzati
in piedi!” gli ordinò, ma Castiel non lo fece. Non ce la faceva e non voleva
rialzarsi.
“Lasciami
stare… puoi anche continuare a massacrarmi così…” rispose senza neanche alzare
la testa.
Dean non si arrese, lo
afferrò per una braccio e tentò di farlo alzare, Cas con uno strattone si liberò
dalla sua presa e lo guardò.
“Ti
ho detto di non toccarmi, bastardo di un umano! Voglio strisciare a terra, okay?
È questo il mio posto ormai, è l’unica cosa che posso fare! Strisciare come i
vermi.. perché è quello che sono!” gridò con tutta la rabbia che aveva dentro,
sentendo come se la testa stesse per scoppiare e con le ferite che gli pulsavano
terribilmente.
Non era ancora abituato
al dolore, dopo anni ancora non riusciva a credere di poter sentire tanto
dolore.
Castiel era sull’orlo
delle lacrime. Ecco perché aveva bisogno di alcool e droghe, per non piangere.
E ora quel maledetto
umano non solo gli stava impedendo di stordirsi a modo suo, ma lo pestava senza
però fargli la cortesia di ucciderlo.
“Avanti
Dean..” disse un momento dopo in tono rassegnato “.. fallo. Uccidimi…”
L’altro sgranò gli occhi.
“Tu non puoi dire sul serio! Mi stai chiedendo di ammazzarti?” gli domandò
inorridito.
Cas annuì lentamente.
“Sì.. per favore. Non riesco a farlo da me, aiutarmi a morire…”
Calò un silenzio carico
di sgomento, Dean non riusciva a credere alle proprie orecchie, proprio lui gli
chiedeva questo? Proprio l’essere che si meravigliava davanti alla sua poca
voglia di vivere, sei anni prima? Quello sfigato di un angelo che anni prima
l’aveva preso a calci e pugni per impedirgli di suicidarsi consegnandosi a
Michael?
No, non se ne parlava
proprio. Castiel non si sarebbe né ucciso da solo né l’avrebbe ucciso lui.
“Su,
alzati da terra e fai l’uomo.” gli disse prendendolo di peso. Castiel tentò di
divincolarsi ma Dean era troppo forte e lui troppo debole.
“Se
non vuoi aiutarmi a morire, allora lasciamelo fare per conto mio…” gli disse
appoggiandosi alla parete.
L’aveva proprio picchiato
per bene, sentiva un dolore molto forte al fianco e allo stomaco, per non
parlare di quanto gli bruciava la faccia.
“Peccato
che la Panic Room di Bobby sia andata distrutta” si rammaricò Dean serio
“altrimenti andavamo dritti là e ti ci chiudevo per minimo un mese, brutto pezzo
di idiota.”
Castiel chiuse gli occhi
e buttò la testa all’indietro. Certo che Dean era proprio uno strazio, un
rompicoglioni di prima classe.
“Mi
stai di nuovo confondendo con qualcun altro, Dean. Io non sono tuo fratello.”
ribadì pungente.
Dean sentì lo stomaco
contrarsi in una morsa di rabbia e non poté fare a meno di dargli un altro pugno
in faccia, riaprendo una delle ferite che sembrava essersi momentaneamente
chiusa.
“Sei
un pezzo di merda Cas, ma giuro che ti faccio rinsavire a furia di botte!” si
fermò per trarre un profondo respiro. “Non siamo fratelli di sangue, è vero. Ma
porca troia…. sei diventato mio fratello! Non lo capisci?”
“Ma
smettila…” borbottò l’altro con un sorrisino ironico.
“Sì
invece, bastardo egoista, sì! Lo sei da quando mi hai tirato fuori da quella
merda di inferno, da quando hai iniziato a starmi tra i piedi anche a
sproposito, salvandomi il culo diverse volte! Da quando ti sei fatto fare a
pezzi per permettermi di correre da Sam ed evitare che Lucifero venisse
liberato…”
Castiel lo ascoltava in
silenzio, rivedendo con gli occhi della mente tutto ciò che Dean gli stava
elencando. Ricordava tutto alla perfezione e ciò non faceva altro che aumentare
il suo dolore. Aveva dato tutto e quello era ciò che ne aveva ricavato. Una vita
infame.
“…
e come non parlare del mio tentativo di
farti andare con una ragazza? Il bordello, ricordi? Non ridevo tanto da almeno
dieci anni o anche venti, chi lo sa! E tante volte… ho avuto l’impressione che
eri più fratello tu di quanto non lo fosse Sammy…”
“Merda
Dean.. smettila..” gemette “questa conversazione è..” ma Dean lo fece tacere
sbattendolo con le spalle alla parete.
“Chiudi
quella fogna, ora mi ascolti invece!” gli urlò esasperato. “Tu sei un egoista di
merda Cas…”
“Ma
che cazzo, Dean!” sbottò l’ex angelo “perché sono egoista? Perché sono stanco di
questa merda di vita che trascino solo in attesa della morte? È questo il mio
egoismo?”
“Sei
un bastardo egoista perché non capisci che tu… sei l’unica cosa che mi rimane
della mia vita passata! L’unico legame con ciò che ero prima che ci scoppiasse
questa bomba sotto al culo! Ho perso tutto, brutto figlio di puttana…” la voce
di Dean si ruppe e le lacrime gli riempirono gli occhi “sono morti tutti, mamma,
papà, Bobby… Sam è uno zombie e quindi è come morto… e so che in qualunque modo
questa guerra finisca, entrambi moriremo! Non c’è scampo per nessuno… eppure
quando ricordo tutte le stronzate che hai fatto, tutte le tue.. uscite
bislacche, io sto meglio. E io non sopporto… di vedere come ti distruggi da
solo, hai capito? Non siamo nati dallo stesso utero, ma tu sei mio fratello e io
ho bisogno di sapere che sei vivo. Quindi fin quando resto vivo io, resti vivo
anche tu, che ti piaccia o no. Ora ripuliremo questa baracca da tutte le
porcherie che ti cali ogni fottuto giorno e ti dai una regolata…”
Inaspettatamente, Castiel
scoppiò a piangere. “Tu non capisci! Tu non puoi capire Dean! Io ero potente,
andavo a passeggio per l’inferno come ora mi aggiro per questa baracca.. io
volavo! Potevo guarire, viaggiare nel tempo, ero utile…. ora non servo ad un
cazzo, sono un inutile pezzo di merda, una nullità abbandonata da tutti.. io non
ce la faccio a vivere… ma mi manca il coraggio di… spararmi un colpo in testa…”
singhiozzò.
Dean si allontanò di
qualche passo, sorpreso da quello scoppio di pianto e da quelle parole così dure
verso sé stesso, ma anche così false.
“Tu
hai problemi di memoria, Cas” gli disse puntandogli un dito contro “tu...spari
meglio di tutti noi messi insieme. Quando non sei completamente fatto, riesci a
far fuori da solo tanti crote quanti ne possiamo far fuori noi in cinque.
Sei smilzo ma ti ho visto picchiare da umano, sei una belva!” si fermò e
guardò il soffitto, pensando a che razza di situazione si era creata: ma tra
tutti i casini che c’erano, doveva mettersi in mezzo anche Castiel e le sue
frustrazioni da ex angelo del Signore?
“Cas”
riprese “io capisco come ti senti, ma non è così che si affrontano i problemi,
non è drogandoti o ubriacandoti ogni mezz’ora che dimenticherai…”
“Tu
non capisci un cazzo, Dean Winchester” lo interruppe l’altro sopprimendo un
singhiozzo “tu non sai nulla di me. Io ero un guerriero immortale! E ora
guardami…” allargò le braccia “cosa sono io? Una larva, niente più!”
“Beh
amico, anche io vorrei avere i miei genitori, mio fratello, una moglie e un paio
di figli.” replicò stizzito Dean “invece sono inchiodato in questo schifo di
rifugio pieno di disperati peggiori di me e te. Ma non è che mi friggo il
cervello per non pensarci come fai tu! Io reagisco e agisco!”
“E
come? Facendo finta che esista un domani?” gli domandò passandosi una mano sulle
labbra martoriate “facendo a pezzi quegli animali là fuori come se non sapessi
che ce ne sono a milioni? Siamo maledettamente fottuti,Dean. Ma di brutto,
quindi se ora ti sei sfogato, io tornerei ai miei vizi.” e detto ciò, fece per
allontanarsi dalla parete, ma l’altro lo spinse indietro.
“Tu
non vai da nessuna parte, Castiel.” gli disse accigliato.
A sentire il proprio
nome, l’ex angelo strinse i pugni. “Mi sembrava di essere stato chiaro” sibilò
“non… chiamarmi in quel modo.”
Dean inarcò le
sopracciglia. “Oh per me posso anche chiamarti Sissy, ma il problema non è
questo, vero? È che tu non hai abbastanza palle per guardare in faccia ciò che
eri e ciò che sei! E per questo che odi il tuo nome, perché apparteneva al
coglione alato di anni fa, no?”
Fulmineo, nonostante le
botte prese, Castiel gli sferrò un cazzotto in faccia, cogliendolo di sorpresa.
Il cacciatore sentì il
sapore del sangue in bocca, Cas se voleva sapeva picchiare ancora duro.
“Tu
non sai un cazzo di me!” ringhiò Cas “tu sputi sentenze su di me da quando ti ho
tirato fuori dagli inferi! Ma tu umano di merda, non sai nulla! Non hai idea di
cosa voglia dire essere… potente e ritrovarsi chiuso in una lattina di carne per
il resto dei tuoi giorni!”
Il dolore al fianco non
gli dava tregua, tutte le ossa gli dolevano, ma la rabbia che gli bruciava
dentro e che lui spegneva con alcool e droga, gli davano la forza di urlare e
picchiare quel bastardo ingrato davanti a lui.
“E
per abituarti ti fotti tutte le femmine che trovi? Bevi qualsiasi cosa ti bruci
lo stomaco e fumi e sniffi tutto quello che ti fa vedere i draghi? Oh bella
mossa, Castiel, proprio da angelo!”
Cas tentò di dargli un
altro pugno, ma l’altro non si fece colpire, parò il colpo con l’avambraccio e
gli diede un colpo nello stomaco. L’ex angelo si ripiegò su sé stesso e cadde
sulle ginocchia con le mani in avanti, tossendo dolorosamente.
“Non
chiamarmi così” mormorò “non chiamarmi così.. non sono Castiel.. non sono un
angelo… non chiamarmi così… ti prego…”
Pianse di nuovo,
silenziosamente, e le lacrime si mischiarono al sangue che colava da naso e
bocca, finendo a terra tra le sue mani.
Dean lo guardò e sospirò,
pensando che non aveva mai visto un idiota come quello. Ma non gli avrebbe
permesso di uccidersi in nessun modo. Si accovacciò accanto a lui e aspettò che
si calmasse un attimo prima di parlargli di nuovo.
“Infatti
non sei più un angelo” convenne con un tono di voce più rilassato “ti si sono
spennate le ali, ti cresce la barba a vista d’occhio e se non fai la doccia ti
scansano come la peste. In poche parole,sei un uomo, Cas. E se solo tu lo
accettassi e la smettessi di distruggere la tua umanità, saresti un grande
uomo…”
Castiel alzò lo sguardo
sul suo ex amico. “Io sono un bastardo Dean.. non sono stato capace nemmeno di
proteggere la famiglia del mio tramite” si fermò e si mise seduto a terra, a
gambe incrociate, nonostante quella posizione accentuasse il dolore al fianco
“avevo promesso a Jimmy di proteggere la sua famiglia… e invece sono morte. Lo
capisci, Dean? Ho lasciato morire la famiglia del mio tramite, sono un
bastardo….”
Dean sospirò
massaggiandosi la fronte: ma stava davvero facendo da psicologo a quel cretino
di Castiel? Pareva proprio di sì.
“Amico,
io ho molti più morti sulla coscienza di quanti ne abbia tu” gli disse “e se… mi
fossi arreso alla mia coscienza, mi sarei appeso ad una trave tanti anni fa.
Dovrei farlo anche adesso, a pensarci bene. Non sono stato in grado di
proteggere Sammy, e questo è sempre stato il mio compito. Essere un uomo è dura,
e che tu ci creda o no, coglione che non sei altro, capisco come ti senti. Tu
potevi sterminare tutta questa gentaglia con un dito, se lo volevi, ora invece
con un cazzotto in faccia cadi steso a terra. Io starei di merda” ammise “ma non
mi ammazzerei. Mi vivrei la vita così com’è, aspettando quello che il destino mi
ha riservato. Sai, ho capito che non si scappa dal proprio destino, per cui se è
scritto che devi crepare oggi, o fra cinquant’anni, ciò avverrà che tu lo voglia
o no.”
Castiel lo guardò con
un’espressione perplessa. “Ti rendi conti che cinque minuti fa mi hai pestato a
sangue, e ora cerchi di tirarmi su il morale?” sottolineò sarcastico, asciugando
le ultime lacrime dagli occhi.
Dean ridacchiò. “Eh sì,
devo ammettere che siamo due pazzi scatenati, ma in fondo.. ci vogliamo bene,
no?”
L’altro alzò le braccia
al cielo. “Oddio che cosa gay che hai detto, Dean! Ora non mi dirai che ti sei
innamorato di me, vero?”
“Ma
vaffanculo” rispose brusco “io parlavo di bene fraterno! Dicevo sul serio prima,
quando ti ho detto che per me sei mio fratello. Quello di sangue non c’è più e
non ci sarà mai più, tu fai un po’ schifo ma come sostituzione non sei così
male…”
Per la prima volta Cas si
sentì un po’ lusingato nel sentirsi chiamare fratello. Gli angeli lo chiamavano
sempre fratello, ma era piuttosto un… titolo, una parola vuota. Tra gli umani
aveva un altro significato, profondo.
“Wow…
sono quasi emozionato” disse ironico l’ex angelo “sono diventato un Winchester.
Però basta picchiarmi, non sono grosso come Sam, mi spezzi le ossa facilmente.”
“Anche
tu se ti impegni picchi duro.” replicò Dean toccandosi il mento.
“Quindi
ora che si fa?” domandò Castiel “mi leghi da qualche parte per evitare che beva
o mi droghi?”
Dean fece spallucce.
“Sarebbe una soluzione efficace, ma credo che per il momento ci limiteremo a
buttare nel cesso quella farmacia che tieni nel cassetto.”
Cas annuì, sentendo una
fitta alla testa. “Sì ma.. vedi di trovare qualcuno che ha un’aspirina o
qualcosa del genere. Mi sembra di avere un gruppo metal nel cervello…” gemette
massaggiandosi le tempie “e un antiacido.. mi hai distrutto lo stomaco…”
“Ma
smettila” ghignò Dean rialzandosi “ti ho solo sfiorato. Su, alza quel culo da
terra.” e gli offrì la mano per aiutarlo a tirarsi su.
Una volta tornato in
piedi, Dean decise di dirgli un’altra cosa.
“Ascolta
Cas” iniziò “io sono il meno adatto a dirti questo, lo so. Se avessi avuto un
figlio da ogni donna con la quale sono stato, a quest’ora avrei un esercito di
piccoli Dean” disse con una nota d’orgoglio nella voce “ma.. devo dirtelo.
Smettila di fare lo stronzo con le donne, se avessimo più prospettive di vita
magari avresti potuto continuare a farlo, ma adesso no. Cercati una ragazza che
ti piace anche fuori dal letto e sta’ solo con lei.”
Castiel lo guardò come se
avesse bestemmiato. “Scusa, credo di non aver capito. Dovrei fidanzarmi? Con la
morte che ci alita sul collo?” gli chiese ridacchiando.
“Dico
sul serio. Tu non hai… provato cosa significa avere una donna che si preoccupa
per te, che ti accudisce. Visto che ormai sono fissato con questa storia
dell’essere fratelli, come fratello sento il dovere di dirti che non puoi
continuare a fartele tutte e a non amarne nessuna. So di qualcuna che… sarebbe
stata disposta a sopportarti per più di una notte, ma tu le hai ignorate.
Pensaci amico.”
Castiel sorrise, per quel
che le ferite gli permettevano ovviamente. “Dean… ti ringrazio per questo…
prezioso consiglio. Ma per quel che ne so potrei morire oggi stesso, non mi
interessa instaurare una relazione.”
A Dean sembrò di
ascoltare sé stesso. “Già, non fa una piega. Anche io la pensavo così, e per
colpa di questa stupida convinzione ho perso molte occasioni. Ecco perché te lo
dico, credo che ti farebbe bene .. senza contare che la povera ragazza mi
solleverebbe dall’incarico di sorvegliarti giorno e notte!”
“Per
me è tardi Dean, ormai sono perduto, non ho nulla da offrire a nessuno. Non
voglio… illudere un altro essere umano.”
“O
non vuoi illudere te stesso?” domandò di rimando Dean.
Cas alzò le spalle. “E’
uguale, visto che ora sono un essere umano. Ora scusami, ma davvero devo
infilare la testa nell’acqua.” e fece alcuni passi verso il bagno.
Ma improvvisamente un
dolore lancinante al fianco lo costrinse a fermarsi, facendolo gemere.
“Cas?
Che c’è?” gli chiese Dean.
L’altro per tutta
risposta urlò di dolore e cadde a terra, rannicchiandosi su sé stesso.
“Oh
merda, Cas!” gridò Dean precipitandosi verso di lui.
“Ehi,
che c’è? Cas? Castiel, che hai? Dov’è il problema?”
Ma non riusciva a
rispondere, dilaniato da un dolore che dal fianco si era irradiato per tutto
l’addome.
Vomitò sangue.
“Oh
porca puttana!” imprecò Dean “aiuto! Chuck! Cas sta male!” urlò a squarciagola
per richiamare l’attenzione degli altri.
“Resisti
Cas… oh merda ma che ho fatto… cazzo, che ho fatto?”
Dean pensò di essere la
causa del suo stato, era convinto di avergli provocato qualche lesione grave e
ora Castiel si contorceva e urlava di dolore.
L’ultima cosa che Castiel
sentì prima di perdere i sensi, fu la voce allarmata di Dean.
“Oh
porca troia, l’ho ammazzato!”
Proprio ora che non
volevo più morire, pensò un attimo prima di svenire.
To be continued
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Capitolo 4 *** I don't wanna die anymore ***
Nuova pagina 1
Disclaimer: Image ©
Alexya379
I don't wanna die
anymore
Quello che al campo
chiamavano coraggiosamente ospedale, altro non era che un vecchio
capannone in precedenza adibito a deposito merci e che poi era stato trasformato
in un ambulatorio di fortuna con annessa stanza per le degenze.
Anche il personale medico
lasciava molto a desiderare, anzi ad essere sinceri faceva schifo. Un
veterinario faceva da chirurgo e due infermiere facevano tutto il resto.
Era davvero un miracolo non
morire sotto i ferri. Infatti Castiel era stato miracolato.
“Allora doc, come sta
quell’idiota?” si informò Dean quando il chirurgo uscì dal capannone dopo un
paio d’ore.
L’uomo, mezz’età e calvizie
incipiente, sospirò togliendosi gli occhiali. “Beh, a parte un’ulcera quantomeno
scontata visto l’abuso di alcool e medicinali che fa, abbiamo dovuto asportargli
la milza.” disse.
Il cacciatore spalancò gli
occhi. “Cosa? Stai scherzando?”
Il dottore aggrottò le
sopracciglia. “Ammetto di essere un tipo spiritoso, ma sulle milze dei miei
pazienti non scherzo mai.” si difese in tono solenne.
“E.. cosa è successo?
Voglio dire, perché l’hai dovuta… asportare?” gli chiese Dean pur intuendo la
risposta.
“Mi dispiace dirtelo, ma i
tuoi cazzotti l’avevano devastata. A dire il vero pensavo peggio, visto il
sangue che aveva vomitato, invece era solo l’ulcera che aveva deciso di
presentarsi.” gli spiegò con noncuranza pulendosi gli occhiali con un fazzoletto
sdrucito.
“Merda…” imprecò Dean
sentendosi fottutamente colpevole.
Lui non voleva certo
ammazzarlo quel coglione e non pensava di esserci andato così pesante. Quando
Cas l’aveva preso a calci e pugni anni prima, non si era fatto così male. Ma
forse dipendeva dal fatto che lui non era un tossico alcolizzato com’era l’ex
angelo.
“Ma starà bene? O ti sei
divertito a giocare all’allegro chirurgo e alla fine ci lascia le penne?”
domandò in tono aspro Dean.
Il dottore si strinse nelle
spalle ignorando quello che, per qualunque altro medico, sarebbe suonato come un
insulto.
“Io ho fatto tutto quello
che potevo, e viste le condizioni schifose in cui ci troviamo, direi di potermi
ritenere più che soddisfatto. Ora vedremo come reagirà all’intervento e se
subentreranno infezioni” sospirò lanciando un’occhiata al capannone
“l’intervento di per sé è andato bene, ma le prime ore saranno cruciali. Direi
che se supera le prime ventiquattro ore, se la caverà.” annunciò con una specie
di sorriso.
Dean inarcò le
sopracciglia. “Ti basi sulla tua esperienza di veterinario, vero?” gli chiese.
Il dottore allargò le
braccia. “Ehi, dopotutto non siamo tutti animali? Il concetto è quello, cambia
solo la specie.”
L’altro si passò una mano
sul viso reprimendo un sonoro improperio contro l’uomo di fronte a lui.
“Sì okay… posso andare a
parlargli o gli hai messo la museruola?”
“Ah ah divertente. Era
ancora anestetizzato quando sono uscito, va’ pure se ci tieni ma credo che lo
troverai ancora nel mondo dei sogni.”
Dean non rispose, lasciò il
medico da solo e si avviò verso l’ospedale.
Arrivò davanti la porta
ormai arrugginita dal tempo e dalla pioggia e con una smorfia di disgusto – non
riusciva a crederci che quello era sul serio il loro ospedale da campo – la
spinse ed entrò.
L’interno era meno orribile
dell’esterno, nonostante l'arredamento assolutamente spartano, aveva una qualche
parvenza d'ambiente ospedaliero. La luce al neon, che dava l’impressione di
essere sul punto di dire addio al mondo, rischiarava ad intermittenza una stanza
di una decina di metri quadrati con le pareti miracolosamente candide e pulite,
nove letti per gli ammalati e un vago odore di ammoniaca rendevano il tutto
molto simile ad uno stramaledetto ospedale.
Castiel era steso su uno
dei letti, alla sua destra. Sembrava addormentato ma come Dean fece alcuni passi
in sua direzione, aprì gli occhi.
“Vaffanculo” l’apostrofò
l’ex angelo con voce rauca “mi hanno aperto come un maiale per colpa tua.”
Dean si accigliò. “Oh che
gentile, anche io sono felice di vederti sai?”
Castiel spalancò gli occhi.
“Fai pure l’offeso? Dovrei prendere un fucile e spararti in mezzo agli occhi,
coglione di un Winchester. Tu non hai idea di come mi sento…” si lamentò
tentando di muoversi, ma era praticamente impossibile senza levare in aria un
urlo di dolore.
“Ehi ehi amico, ma non eri
tu quello che voleva morire? Mi hai chiesto di ammazzarti, se non ricordo male.”
recriminò Dean sedendosi su una sedia accanto al letto.
“Sì è vero” ammise Cas
guardando il soffitto sopra di lui “ammazzarmi, non spappolarmi le budella e
mandarmi da quel macellaio e quelle due befane insoddisfatte. Mi sento come se
avessi partorito dalla parte sbagliata.. porca troia…” gemette.
Dean lo fissò a bocca
aperta per alcuni secondi, poi scosse il capo decidendo di non chiedergli come
diavolo gli era venuta in mente quella similitudine degna di un film splatter.
“Beh, che posso dire? Anche
se mi hai chiesto di farti morire, non era mia intenzione. Anzi, io volevo
salvarti, pensa un po’!” disse Dean gesticolando.
Castiel sorrise debolmente,
stava ancora molto male, sentiva dolore dappertutto e soprattutto allo stomaco e
alla schiena.
“Pensa se mi volevi morto
che mi facevi” disse “mi avresti fatto a pezzi!”
“Ma smettila, sei tu che
sei diventato così delicato. Da quando ti conosco, hai preso tante di quelle
mazzate da far invidia al pugile più incallito e ora per due cazzotti sei quasi
morto… wow che eroe!”
“Dean… fottiti. Quando mi
usavano come un punchball non ero un semplice fagottino di carne, ora sì. E se
non l’hai notato, tu sei più alto e più grosso di me” fece una pausa e tentò di
trarre un profondo respiro, ma i punti all’addome glielo rendevano quasi
impossibile “ma che mi hanno fatto? Quale pezzo mi hanno tolto? Un rene? Ho la
schiena a pezzi.”
Dean scosse il capo e fece
una smorfia. “No amico, almeno che io sappia i reni ce li hai tutti e due. Ti
hanno tolto la milza e non ho capito bene se sono intervenuti o meno anche su
un’ulcera.”
L’ex angelo alzò gli occhi
al cielo. “Cazzo… la milza non era neanche mia, ma di Jimmy” considerò con
tristezza “se è qui da qualche parte nella mia testa, sarà incazzato come un
toro.”
L’altro non potè fare a
meno di ridacchiare. “Credi che se è ancora tra quei quattro neuroni che ti sono
rimasti, gli freghi qualcosa della milza piuttosto che del fegato o della
prostata?” gli fece notare.
Castiel lo guardò
allarmato. “Oddio, mi ha tolto anche quella? No ti prego, dimmi che la prostata
c’è ancora. Mi sentirei castrato senza.” disse in tono disperato.
“Ma tu pensi a quello anche
in un letto d’ospedale con le budella rattoppate?” mugugnò Dean quasi
scandalizzato.
“Senti da pulpito” replicò
Cas alzando la voce “proprio tu parli che…” fu costretto a fermarsi a causa del
dolore improvviso al fianco.
“Ehi Cas.. tutto okay?” si
affrettò a chiedergli Dean vedendolo sofferente.
Lui annuì. “Sì.. credo.
Devono essere i punti, spero non mi abbiano lasciato qualcosa dentro…” rispose
ansimando “dove diavolo sono quelle vecchie arpie? Ho bisogno di un
antidolorifico o inizierò a gridare da qui a pochi secondi…” aggiunse con un
filo di voce.
“Aspetta, vado a vedere
dove si sono cacciate e te le porto qui a calci nel culo se necessario.” gli
assicurò Dean alzandosi dalla sedia.
“Dean aspetta” lo fermò
Castiel “dovrei.. dirti una cosa.”
Il cacciatore capì, o
meglio intuì, cosa voleva dirgli. “Lascia stare Cas, non..”
“No, fammi parlare” lo
interruppe “perché quando mi rialzerò da questo letto c’è il rischio che io
torni il bastardo autolesionista di poche ore fa.”
Dean annuì lievemente e
tornò a sedersi su quella logora sedia di plastica. “Okay, sotto tutto orecchi.”
“Mi dispiace” iniziò
Castiel senza guardarlo in faccia “ho capito che tu volevi davvero salvarmi da
me stesso, da.. quella voglia di distruggermi che mi perseguita da anni. Invece
di tentare di darti retta, ti combattevo e sprofondavo ancora di più
nell’autodistruzione. A pensarci bene, forse lo facevo proprio per farti un
dispetto, sai?” confessò “perché… non volevo essere salvato, non avevo nulla per
cui valesse la pena evitare di morire e mi infastidiva il tuo comportamento…”
“Perché? Ti fa schifo
l’idea di essere considerato come un fratello da un essere umano?” insinuò Dean.
Castiel scosse il capo. “No
Dean… non è questo. Io sono sempre stato uno dei pochi… pirla alati che ha
sempre amato l’umanità. E mi faceva specie sentire angeli come Uriel insultarvi,
non lo capivo. Pensa che per millenni ho creduto che tutti i miei fratelli
amassero il genere umano, solo in tempi recentissimi ho capito che… ero uno dei
pochi” sospirò e deglutì, aveva la gola secca ma preferiva terminare il concetto
prima di chiedere dell’acqua.
“Io non sono abituato a
sentirmi una nullità, Dean. Per me già solo… essere richiamato all’ordine
costituiva un motivo di profondo sconforto e infinita vergogna. Ora mi ritrovo a
dover vivere una vita mortale, con tutte le conseguenze che porta con sé. Tante
volte ho pensato che sarebbe stato meglio non essere tornato, dopo che Raphael
mi aveva fatto a pezzetti, piuttosto che vivere una vita inutile e degradante.”
Dean si accigliò,
protendendosi verso l’uomo disteso a letto. “Continui con questa storia della
nullità e del era meglio morire da piccoli? Vuoi un’altra scarica di
legnate per caso? Essere un umano è dannatamente difficile, lo so anche io che…
sono sempre stato un fottuto essere umano! Immagino quanto possa essere stato
bello svolazzare di qua e di là infischiandotene dei chilometri e del traffico,
e quanto fosse facile vivere senza doversi preoccupare di mangiare, bere,
dormire, andare al cesso o lavarsi. Ma ormai è così Cas, non ci puoi fare nulla.
E quando dici che moriremo tutti, probabilmente hai ragione. No, hai
perfettamente ragione! Creperemo tutti quanti! Ma non per questo dobbiamo
accelerare le cose, no?” si fermò e si massaggiò la fronte, Castiel aveva il
potere di fargli sempre venire il mal di testa “allora ragazzaccio, vuoi ancora
morire o dici che… possiamo provare ad andare avanti?”
Castiel affondò la testa
sul cuscino e rifletté. In realtà aveva già la risposta, ma voleva fargli
credere di aver bisogno di pensarci.
“Direi che…. forse la
smetterò di agognare la dipartita” annunciò con un tono che voleva essere
solenne ma era chiaramente ironico, poi lo guardò diventando serio “in realtà ho
capito di non voler morire quando ho creduto di stare per morire, lì a terra
riverso nel mio stesso sangue. Mi pentivo di essere stato così stronzo verso..
te e verso me stesso, verso la vita, e mi rammaricavo di non poter più cambiare
rotta. Quindi sì, non voglio più morire Dean. Anche se per quel che ne sappiamo,
può succedere in qualunque momento.” concluse.
Dean sospirò. “Già,
infatti. Non c’è bisogno che tu ti cali tutta quella roba e ti ubriachi fin
dall’alba. Anche sulle donne devi darti una calmata o prima o poi qualcuna di
loro di ammazzerà sul serio.” lo avvertì.
“Su questo non posso
prometterti nulla” ammise Cas con sincerità “la storia del dover trovarmi una
donna sola mi sembra ancora una gran cazzata. Mi ci vedresti tu con una..
fidanzata?” gli domandò con una risatina.
“Non con una fidanzata” lo
corresse “ma con una compagna. Sì, ti ci vedrei Cas, sul serio. Come mi ci
vedrei io, ma visto che te le sei passate quasi tutte tu, ho qualche problema a
relazionarmi con loro.” gli fece sapere.
Castiel assunse
un’espressione affranta. “Oh quanto mi dispiace… se vuoi metterò una buona
parola per te con qualcuna di loro!” lo prese in giro con un sorrisetto
strafottente.
Dean fece una smorfia di
sdegno. “Va’ al diavolo, alle mie donne ci penso io. Tu pensa per te.” disse.
L’altro rise scuotendo il
capo. “Sono un idiota” ammise “sono mezzo morto e… non perdo il mio fottuto
sarcasmo” rimase in silenzio per alcuni secondi, poi riprese “sai Dean, ho avuto
paura di morire ma forse soprattutto, ho avuto paura di finire all’inferno.”
Dean inarcò le
sopracciglia. “Mh… questa sì che è bella. Ma gli ex angeli hanno una
destinazione come noi povere...scimmiette?” gli chiese incuriosito e anche un
po’ spaventato.
Odiava l’idea che il suo
unico amico rimastogli finisse ad arrostire all’inferno.
“Non ne ho idea” rispose
l’altro stringendosi nelle spalle “teoricamente quando si è angeli a tutti gli
effetti, si muore e basta. Ma … io sono un caso a parte. Che mi succederà? Non
lo so Dean… e ho paura. Inoltre non ho la più pallida idea se Jimmy Novak è
ancora qui con me e quindi probabilmente lo trascinerei con me negli inferi,
oppure è già lassù nel suo personale paradiso.”
“Però volevi morire.”
sottolineò Dean.
Castiel scosse il capo.
“Forse credevo di voler morire” affermò “ma quando ho visto la morte in faccia,
ho desiderato di vivere. Merda, sono un caso disperato!” sospirò nascondendo il
viso tra le mani, un po’ per la vergogna e un po’ perché quella luce
intermittente gli feriva gli occhi.
“Tu sei come ero io qualche
anno fa, prima che ci conoscessimo” iniziò Dean dopo un momento “lo stesso
comportamento.”
Cas lo fissò corrugando la
fronte. “Sarebbe?”
Dean sorrise grattandosi la
testa. “In me c’era sempre quella sottile voglia di… farla finita. Quel pensare
ehi, al diavolo! Anche se muoio chissenefrega! Ma se poi ero in pericolo…
beh, mi accorgevo di voler vivere.”
L’ex angelo emise una
specie di mugugno. “Sì, ma quando ti ho tirato fuori da fiamme e zolfo, eri
quasi incazzato! Non mi sembrava fossi particolarmente felice di essere vivo.”
gli ricordò risentito.
Dean allargò le braccia.
“Beh si presenta un fesso in giacca e cravatta che dice di essere un angelo e
che mi ha tirato fuori da lì per conto di Dio, cosa avrei dovuto fare?”
“Essere felice di non
essere più all’inferno?” suggerì l’altro.
“Ehi ma ora sono io quello
sotto accusa? Non stavamo parlando di te?” si schermì il Winchester.
Castiel sospirò chiudendo
un attimo gli occhi. “In realtà siamo stati, e siamo tuttora, entrambi due
coglioni. Forse è per questo che, a parte qualche scazzottata, siamo andati
sempre piuttosto d’accordo. Ho sentito dire che i coglioni vanno in coppia….”
Dean scoppiò a ridere per
la battuta volgare e scema, facendo ridere anche Castiel, seppure questo gli
costava varie fitte di dolore.
“Quest’ago mi sta
letteralmente torturando” si lamentò indicando il proprio braccio “e questa roba
non serve a nulla se continuo ad avere dolori. Ti… dispiacerebbe andare a
cercare chiunque di quei tre mentecatti affinché mi diano qualcosa? Mi viene
anche da vomitare.”
Il cacciatore si alzò dalla
sedia. “Okay, tu cerca di stare fermo perché altrimenti ti si apre tutto,
intesi?” si raccomandò.
“Agli ordini, boss!”
Dean uscì dall’ospedale e
trovò quasi subito una delle arpie, come le chiamava Castiel.
Era una donna sulla
sessantina, molto magra e con un’espressione a dir poco agghiacciante. Ma era
un’infermiera accettabile, anche se spesso le si chiedevano anche cose fuori
dalla sua competenza.
Tornarono dal paziente in
pochi minuti, ma entrambi notarono che qualcosa in lui non andava.
Era paurosamente pallido e
respirava a fatica. Dean si precipitò accanto al letto.
“Cas? Ma che diavolo hai?”
Lui si inumidì le labbra.
“Non lo so…. mi sento male…” mormorò.
L’infermiera lo guardò e
scosse il capo. “Ha la febbre alta” sentenziò toccandogli la fronte “ci sono
problemi.”
Dean la guardò perplesso.
“Ma pochi minuti fa stava.. quasi bene, che è successo?”
La donna fece un’alzata di
spalle. “In questi casi può succedere di tutto in pochi istanti. Vado a chiamare
il dottore.” e si allontanò.
“Sta’ tranquillo amico,
andrà tutto bene…” tentò di rassicurarlo Dean posandogli una mano sulla spalla.
Castiel lo guardò negli
occhi e scosse il capo. “Non penso proprio Dean, non penso proprio…questa
volta.. questa volta non ce la faccio.”
Dean fece per replicare, ma
l’ex angelo lo precedette. “Dean.. per favore, non farmi morire qui dentro,
riportarmi in quella specie di… baracca, oppure fuori a terra… ma non qui…” gli
chiese accorato.
“Non dire stronzate, qui
almeno c’è qualcuno che…”
“No, tu non capisci” lo
interruppe ormai sull’orlo delle lacrime “questo posto… è come… le camere di
tortura ai piani alti. Tutto bianco, asettico, terrificante. Non voglio morire
qui dentro, ti supplico…”
Nel delirio della febbre,
Castiel rivisse le fasi del supplizio che aveva affrontato anni prima, quando lo
avevano strappato dal suo tramite e costretto a giurare fedeltà a suon di
torture varie.
Gli sembrava quasi di
sentirli, i suoi cari fratelli che gli chiedevano… no gli urlavano di
tornare in sé e lasciar perdere quegli aborti umani, esseri imperfetti e
peccaminosi, indegni della benché minima pietà, mentre affondavano le lame dei
loro pugnali nella sua incandescente essenza… oh ecco Zachariah e il suo tramite
calvo…
Aveva le allucinazioni,
significava che stava morendo?
“Fratello, io non voglio
morire” sussurrò a Dean “ma se deve accadere, non farmi morire qui…”
Dean non sapeva cosa dire,
ma sapeva cosa fare.
To be
continued
|
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Capitolo 5 *** Still alive ***
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Alexya379
Still alive
Se
c’era una cosa che Dean Winchester prendeva davvero sul serio, erano le promesse
fatte agli amici. E tentava sempre di mantenerle, ad ogni costo.
Per
cui, nonostante il parere contrario del medico che giudicava una follia il suo
proposito, aveva portato Castiel fuori da quella stanza che gli ricordava una
stanza per le torture.
Cas
era stato torturato, lì sopra ai piani alti come li chiamavano abitualmente. Era
successo quando lo avevano strappato a forza dal suo tramite e spedito a casa
per persuaderlo a tornare al suo posto, lasciando cuocere nel loro brodo quei
poveri vermiciattoli degli umani.
Non
ne avevano mai parlato, ma Dean poteva immaginare benissimo i loro metodi di
persuasione. Infatti il Castiel che era tornato, non era più lo stesso. Anche se
poi aveva disobbedito fregandosene delle conseguenze.
In
ogni caso, dovevano avergli fatto molto male per convincerlo a rinnegare i suoi
amici, e Dean non avrebbe permesso che se davvero stava per morire, l’ultima
cosa che avrebbe visto sarebbe stata una sala di torture angeliche.
Se
l’era letteralmente preso in spalla, aiutato da un Chuck spaventato e incerto
sul da farsi, e l’aveva riportato a casa sua.
Cioè,
non si poteva proprio definire casa, quella baracca in legno. Ma sicuramente a
Castiel infondeva sicurezza e familiarità se era lì che voleva morire.
Era
cosciente mentre lo sistemavano nel suo letto, ma sempre più debole e
febbricitante. Aveva ringraziato Dean per aver esaudito il suo desiderio di
uscire da quel posto di merda, e poi aveva perso conoscenza.
Febbre alta e dolori lo avevano tormentato per almeno quattro giorni, tanto che
ormai tutti, Dean compreso, erano convinti che sarebbe morto. L’ex angelo aveva
ragione, non ce l’avrebbe fatta a superarla. E il cacciatore si era quasi
rassegnato all’idea di perdere un altro fratello.
Invece aveva sorpreso tutti e non era morto.
Nonostante l’infezione, Cas aveva lottato tenacemente e non si era lasciato
sconfiggere, era proprio vero che non voleva morire. E nonostante l’infezione
non fosse stata del tutto debellata, il medico l’aveva dichiarato fuori
pericolo.
In
quei lunghi, interminabili giorni di sofferenza, Dean aveva cercato di tenerlo
personalmente sotto controllo, onestamente non si fidava molto di quel medico
visto che, sospettava, invece di curarlo per bene gli aveva provocato
l’infezione.
Ma
più di due o tre ore al giorno, proprio non aveva potuto essere presente. C’era
stata una terribile recrudescenza di crote e se non era lui a coordinare
le pattuglie e a controllare che qualche nuovo contagiato non entrasse nel
campo, sarebbe scoppiato il caos.
Castiel quando non era strafatto, era un buon coordinatore, ma ora era K.O. per
cui doveva fare tutto da solo.
Così,
quando non gli era stato possibile sorvegliare affinché non lo uccidessero
invece di guarirlo, a controllare la situazione era rimasta una ragazza del
campo.
Eileen inizialmente l’aveva mandato al diavolo, non aveva nessuna intenzione di
fare da babysitter a un idiota come Castiel. Ma poi, dietro le insistenti
richieste di Dean, aveva ceduto purché la smettesse di assillarla. Dopotutto si
sarebbe trattato di pochi giorni: quello lì, o moriva entro poco tempo oppure si
riprendeva.
La
scelta di Dean non era casuale, la ragazza era nota per il suo carattere
quantomeno ostinato e non facilmente malleabile, per di più prima che il mondo
andasse a puttane, stava studiando per diventare infermiera.
Il
cacciatore insomma, l’aveva ritenuta la persona ideale. Poi era anche molto
carina, il che non guastava mai. Era sicuro che Castiel ci avrebbe provato, ma
era altrettanto sicuro che visto il suo caratterino, l’unica cosa che avrebbe
ricavato sarebbe stato, nel migliori dei casi, un sonoro fottiti.
La
donna aveva una pessima opinione di Castiel, era noto il comportamento
assolutamente degenerato che teneva con le donne del campo. Anzi, a dire il vero
era disgustata dal suo modo di fare.
E si
era sempre meravigliata di come le donne ci cadessero una dopo l’altra. Cioè,
non era poi così difficile capire che per lui loro erano solo un modo per
passare il tempo in attesa della morte. L’aveva capito anche lei pur non
avendoci parlato che un paio di volte, perché Eileen lo aveva evitato
accuratamente.
Persone come Cas andavano evitate, già la vita era schifosa di per sé, non c’era
bisogno che ci si mettesse un pervertito egoista come l’amico del gran capo.
Che
poi tanto amici forse non erano, aveva considerato malignamente, se si erano
presi a pugni o meglio Dean aveva preso a pugni l’altro. Non sapeva cosa fosse
successo di preciso, ma a quanto le aveva raccontato Chuck, Dean aveva pensato
bene di farlo smettere di farsi a suon di cazzotti.
Lei
ne aveva visti di tossici, non era certo con le percosse che si
disintossicavano. Nel caso specifico dell’ex angelo, perché lei sapeva tutta la
fantascientifica storia, la terapia d’urto era stata utile solo a disintegrargli
la milza.
Ne
era sicura, appena si fosse rimesso, avrebbe ripreso a fare esattamente ciò che
faceva prima.
Tutto
questo, Eileen Steward lo pensava prima di vederlo.
Quando era entrata in quella misera casupola buia, aveva percepito subito la
sofferenza. Non avrebbe saputo spiegare come né perché, ma il dolore aleggiava
in quella casa.
E
quando lo aveva visto nel suo letto, sofferente e ansante, aveva provato tanta
compassione. Continuava a pensare che fosse un coglione bastardo, ma la
sofferenza dipinta su quel volto pallido e ancora segnato dai colpi infertogli
da Dean, le aveva fatto mettere da parte le sue opinioni e aveva semplicemente
cercato di alleviare le sue pene.
La
febbre aveva più volte sfiorato i quaranta gradi e gli antipiretici si dovevano
dosare accuratamente. Non era l’unico ammalato del campo e le scorte non erano
inesauribili.
Dal
secondo giorno in poi, Eileen aveva tentato di fargli scendere la febbre col
metodo più tradizionale: un asciugamano bagnato nell’acqua fredda. Una volta,
avendo le mani fredde, gliele aveva appoggiate sul viso e sulla fronte.
Immediatamente Castiel si era rilassato, facendole capire che traeva beneficio
da quel contatto fresco.
Poi
la crisi era passata, la febbre era quasi del tutto sparita e non c’era più
bisogno di assisterlo di continuo, come invece aveva praticamente ordinato Dean
Winchester.
Così
la mattina del quinto giorno, mentre Eileen si preparava ad andarsene e tornare
alle sue mansioni giornaliere, Castiel aprì gli occhi.
“Ehi,
allora sono in Paradiso.” esordì appena vide la donna aggirarsi per la sua
camera da letto.
Non
la vedeva bene, era ancora molto stordito e debole, ma era certo che fosse una
splendida donna. Alta e con lunghi e folti capelli castani.
Lei
lo guardò e scuotendo il capo uscì dalla stanza e poi dalla casa, lasciando
perplesso e un po’ avvilito l’ex angelo del Signore.
“Il
tuo amico è sveglio, capo. Il mio lavoro è finito.” disse lei a Dean quando lo
incontrò in quella che chiamavano la sala riunioni.
“Finalmente” rispose lui alzandosi dalla sedia “cominciavo a pensare che
fingesse.”
La
ringraziò e si diresse verso la casa di Castiel, entrò e raggiunse la camera da
letto.
Quando Cas lo vide, alzò le braccia al cielo. “Come non detto, sono
all’inferno!”
Dean
si fermò e tentò di capire che diavolo volesse dire quell’uscita. “Cas, hai le
allucinazioni? Che vai blaterando?”
L’altro lo guardò accigliato. “E me lo chiedi? Mi sveglio e c’è quella creatura
celestiale che mi fa credere di essere finito in Paradiso. Poi va via e arrivi
tu… che cosa deve pensare un pover’uomo?”
Il
cacciatore ridacchiò avvicinandosi al letto. “Sei il solito idiota, bisogna
ammazzarti per farti cambiare” si fermò e lo guardò attentamente “stai di merda,
amico. Senza offesa eh!”
“No!
Sul serio? Perdinci, ora non mi inviterai più al ballo!” commentò sarcastico.
Intanto Dean si era seduto accanto al letto. “A parte gli scherzi Cas” iniziò
serio “come stai? Te la sei vista brutta e in tutta onestà, mi sembri ancora
ridotto male.”
Castiel sospirò e tentò di muoversi ma sentiva ancora dolore in varie zone. “Non
lo so come sto, Dean.” si fermò perché aveva la gola secca, guardò alla sua
destra e vide una bottiglietta d’acqua. “Ti dispiace passarmela? Proprio non ce
la faccio a muovermi.”
Dean
annuì e si alzò raggiungendo la sedia che Cas abitualmente usava come comodino e
sulla quale Eileen aveva lasciato dell’acqua. L’aprì e la passò all’altro, che
ne bevve quasi metà in un unico sorso.
“Ti
ringrazio.”
“Di
niente. Almeno ogni tanti assaggi qualcosa di diverso che non sia alcool.”
rispose Dean ironico posando la bottiglia di nuovo sulla sedia.
“Mi
fai sembrare un alcolizzato dicendo così” si lamentò l’altro “in realtà… ogni
tanto mi faccio un goccio, tutto qui.”
Dean
ridacchiò. “Oh sì, un goccio della misura di un barile. Tu hai problemi con
l’alcool Cas, e devi risolverli…”
Castiel alzò una mano per fermarlo. “Sì ho afferrato il concetto, mi è bastata
una scarica di botte, non ne voglio più” si schiarì la voce e riprese “che mi è
successo? Voglio dire, ho la sensazione di essere stato incosciente per giorni,
cos’ho avuto?” domandò tentando di tirarsi su.
“Ti
sei beccato una bella infezione, amico mio” gli fece sapere “che ti ha arrostito
per bene per quattro lunghi giorni. Anzi tre, visto che già ieri la febbre aveva
iniziato a scendere.”
L’ex
angelo scosse il capo. “Porca miseria… mi chiedo come ho fatto a non tirare le
cuoia, visto lo schifo in cui nuotiamo da anni.” commentò sorpreso.
“Suppongo che tu volessi vivere sul serio, tutti noi avevamo iniziato a credere
che saresti morto. Chuck dopo i primi due giorni non è più venuto a vedere se
eri vivo o meno. Ha detto che gli era bastato vederti crepare una volta, e che
ha ancora gli incubi” disse Dean.
“Che
coraggio da leoni” commentò Castiel ridendo “stupido cazzone che non è altro.”
“Ehi
è di un profeta che stai parlando!”
Chuck
aveva fatto capolino dalla porta della sua stanza, Eileen gli aveva detto che si
era ripreso e aveva trovato il coraggio di andare a trovarlo.
Cas
lo guardò e corrugò la fronte. “Bell’amico che sei” iniziò sdegnato “ti sei
fatto vedere solo quando hai saputo che non sarei morto!”
L’ex
profeta fece spallucce e si avvicinò. “Cerca di capire, Cas. Non è che io e i
morti andiamo molto d’accordo… e poi eri esanime, non ti saresti accorto della
mia presenza!” argomentò serio.
“Lo
dici tu, avrei sentito la tua cara vicinanza.” lo prese in giro, suscitando le
risate di Dean.
Chuck
incrociò le braccia sul petto. “Ah si? Allora ti sei accorto che Eileen è stata
qui quasi notte e giorno?”
Castiel restò sorpreso: era Eileen Steward quella donna?
“Ehi
cas, sembri scioccato” gli disse Dean. Sembrava quasi sconvolto.
“Dovevo essere proprio in coma” disse “per non essermi accorto che quella
bellezza si aggirava attorno al mio letto.”
Gli
altri due si guardarono scuotendo il capo.
“Lasciala stare, Cas. Quella non è per te.” osservò Chuck con un tono di chi la
sapeva lunga.
Castiel lo guardò e inarcò le sopracciglia. “Non mi dire che sta con te! Scusami
ma.. non lo credo.”
“Cas,
quella tipa non sta con nessuno,” intervenne Dean “non è come le ragazze che…
riesci a fregare. Eileen è tosta.”
L’ex
angelo accennò un sorriso. “Adoro le sfide, soprattutto quelle sfide.”
“Fa
come vuoi amico” chiosò Chuck sorridendo “ma ti assicuro che non caverai un
ragno dal buco con lei. Okay ragazzi, torno di là. Pare che dalle scorte sia
sparita una cassa di fagioli in scatola, e dobbiamo capire chi è stato e dove
l’ha nascosta.”
“Dì a
tutti di stare in silenzio, prima o poi qualcuno non riuscirà a trattenerli e
scopriremo chi è stato a mangiarli!” propose Dean con un sorrisetto
strafottente.
Castiel scoppiò a ridere tenendosi il fianco, mentre Chuck sembrò pensarci sul
serio prima di scuotere il capo e uscire dalla stanza mormorando qualcosa.
In
realtà Cas si sentiva ancora male, era indolenzito e stordito, ma sapere di
avercela fatta nonostante tutti lo dessero per spacciato, lo faceva stare
meglio.
“Credi che potrei alzarmi da questo cazzo di letto?” domandò a Dean “non ce la
faccio più a stare sdraiato.”
Dean
scosse il capo. “Non sono un medico, per mia fortuna, ma direi che dovresti
starci ancora un po’. Cas, hai rischiato di morire, devi riguardarti” fece una
pausa e lo fissò accigliato “non vorrai riprendere le vecchie abitudini vero?”
L’altro rifletté per un momento, poi sospirò e scosse il capo. “Non voglio
prendere quella roba” gli assicurò “e non voglio ubriacarmi. Vorrei solo poter..
alzarmi e farmi una doccia. Sto da schifo e credo che dopo mi sentirei meglio.”
Ma senza volerlo, lanciò un’occhiata in direzione del cassetto dove teneva la
sua dispensa fatta di pillole e stupefacenti più o meno forti.
Dean
capì che dopo la milza e tutto il resto, sarebbe iniziato un altro problema. Una
persona non può semplicemente decidere di non prendere più ciò che l’aveva reso
dipendente, Cas doveva disintossicarsi lentamente e andava controllato.
“Ascolta amico” gli disse avvicinandosi di più “resisti un altro po’ e poi
potrai fare quello che ti pare. Fino a ieri eri con un piede nella fossa,
potresti avere una ricaduta. Sai benissimo dove ci troviamo, se sei riuscito a
salvarti la pelle una volta, non è detto che la storia si ripeta.”
Castiel si massaggiò la fronte e sospirò. “Okay okay… agli ordini capo, farò
finta di aver subito un parto cesareo e di aver bisogno di stare a riposo.”
Dean
lo fissò stranito. “Cas… ma per caso hai qualche recondito desiderio di
maternità?”
Cas
sorrise. “Magari il mio tramite in un’altra vita è stato una donna.” rispose.
“Esiste la reincarnazione? Sul serio?” gli domandò Dean interessato.
In
effetti era una cosa che non aveva mai capito. Non credeva agli angeli e tadan!
Gli angeli puntualmente si erano palesati. Uno di loro, o meglio uno che era
stato uno di loro, ora giaceva in un letto più morto che vivo. Magari era vera
anche la storia del Karma.
“Un
giorno ti racconterò un po’ di cose Dean, ma non adesso. Vorrei dormire un po’.”
Era
vero, si sentiva stanco e aveva bisogno di riposare.
“Okay” annuì Dean “ma un giorno di questi devi davvero raccontarmi qualcosa.”
“Sì
amico, faremo un po’ di catechismo, promesso!”
Lo
mandò simpaticamente a farsi fottere e lo lasciò da solo.
Castiel lentamente si addormentò, pensando che dopotutto, nonostante stesse
ancora abbastanza male, era felice di essere vivo.
Una
volta uscito, Dean cercò di nuovo Eileen.
Il
suo lavoro non era finito, anzi forse iniziava proprio in quel momento.
Sospettava che Castiel una volta tornato in piedi, avrebbe ripreso coi suoi
soliti vizi, e non gli era stato addosso per vederlo sprofondare di nuovo nel
baratro della dipendenza.
“Eileen, scusa. Dovrei parlarti” la fermò prima che si allontanasse.
La
donna si voltò e attese che si avvicinasse, presagendo altre rotture di scatole.
“Ascolta, so che per te sarà una scocciatura, ma dovrei chiederti di…”
“Di…?” lo incoraggiò lei.
Dean
si massaggiò il mento. “Di tenere d’occhio ancora per un po’ Cas. Solo qualche
giorno e poi non ti romperemo più le scatole” precisò quando la vide alzare gli
occhi al cielo.
“Senti Dean, a me dispiace molto per quell’idiota, davvero. L’ho visto soffrire
e umanamente mi dispiace. Ma ora è fuori pericolo e non occorre che gli stiamo
accanto giorno e notte.” sottolineò seria.
L’uomo annuì. “E’ vero, e non è per la febbre o quant’altro successo negli
ultimi giorni.”
“E
allora per cosa?”
“Non
voglio che Castiel riprenda a farsi dalla mattina alla sera” le disse “ed è
quello che farà se non lo controlliamo. Ora so che per te è solo un coglione e
che quindi vivo o morto che sia non te ne frega nulla. Ma per me è come… un
fratello, sul serio. E dato che non posso controllarlo io di continuo, così come
non può Chuck che è suo amico, ho davvero bisogno del tuo aiuto. Per favore
Eileen, fallo come un favore personale a me, non a Cas.” concluse.
Lei
ci pensò un po’ su: che doveva fare? Lasciarsi di nuovo convincere dallo
sguardo supplichevole del gran capo e fare nuovamente da balia al bastardo, o
mandare tutte e due farsi fottere e tornare alle sue faccende?
Infine decise. “Okay, va bene” rispose alzando le mani “ti aiuterò ad evitare
che tuo fratello acquisito muoia di overdose.”
Dean
sorrise e le posò le mani sulle spalle. “Grazie, lo apprezzo molto.”
“Non
c’è di che. In fin dei conti, non ho poi molto da fare qui. Sarà un passatempo.”
Dopo
essersi salutati, Eileen si diresse nuovamente verso la casa dell’ex angelo,
entrò e lo trovò addormentato.
“Mh…
la bella addormentata colpisce ancora.” mormorò uscendo dalla sua camera da
letto.
Andò
in quella piccola cucina e si sedette al tavolo. Sbuffò dandosi della stupida:
perché diavolo era lì? Ora che doveva fare? Aspettare che la fanciulla si
ridestasse dal sonno?
No,
proprio no.
Ebbe
un’idea e si chiese come fosse possibile che nessuno ci avesse ancora pensato.
Tornò nella camera da letto e lentamente si avvicinò alla cassettiera. Aprì con
cautela il primo cassetto e trovò subito quello che cercava.
Santo Dio, questo è un arsenale farmaceutico,
pensò vedendo il numero abnorme di ogni sorta di sostanza chimica.
Lanciò un’occhiata a Castiel che continuava a dormire e poi iniziò a togliere
tutta quella roba.
Se
doveva disintossicarsi, bisognava far sparire tutto.
Sorrise, suo malgrado, nel pensare allo shock che avrebbe avuto una volta
realizzato che il suo tesoro non c’era più.
Poco
male, prima la smetteva di essere un tossico, prima quella stupida situazione
sarebbe finita per lei.
Raccolse tutto e lo portò in cucina, più tardi l’avrebbe bruciato.
To be continued
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Capitolo 6 *** Just an idiot ***
Nuova pagina 1
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Just an idiot
Quando Castiel si svegliò, fu molto felice di trovarsi da solo. Aveva
assolutamente bisogno di alzarsi da quel letto, togliersi di dosso quegli abiti
e farsi una lunga doccia, razionamento permettendo.
Buttò di lato coperta e lenzuolo e tentò di alzarsi di scatto, ma alle
prime avvisaglie di dolore decise di essere più cauto e di non strafare. Si
distese nuovamente e dopo aver preso un grosso respiro, si alzò lentamente e si
mise in piedi, per la prima volta dopo giorni.
Infatti vacillò e fu costretto a sedersi sul letto per non cadere.
Imprecò e si rialzò, lanciando un’occhiata in direzione della vecchia
sveglia sulla cassettiera. Segnava le cinque e almeno che non avesse dormito per
un giorno e mezzo, erano le cinque del pomeriggio. Circa mezz’ora prima dovevano
aver riaperto l’impianto idrico per permettere ai rifugiati di riempire taniche
e vasche.
“Per una volta sono fortunato” mormorò iniziando a spogliarsi e a
buttare a terra i vestiti che indossava.
Raggiunse il bagno completamente nudo e dopo aver fatto pipì ed
essersi tolto la fasciatura, controllò che avessero immesso nelle tubature anche
l’acqua riscaldata, sorrise quando si accorse che effettivamente c’era e si
infilò sotto la doccia.
Un profondo sospiro di sollievo gli sgorgò dal petto non appena l’acqua
calda iniziò a scendere lungo la sua schiena. Era un autentico sollievo e
sarebbe stato sotto l’acqua per ore se non fosse che il tempo era tiranno e da
lì a poco più di un’ora, avrebbero richiuso i rubinetti.
Prese il sapone dalla mensola e si lavò con cura, stando attento a non
strofinare sulla ferita dell’operazione che già gli aveva fatto buttare in aria
qualche invettiva mista a lamenti di dolore.
Forse non era il massimo farci andare acqua e sapone sopra, ma non
gliene fregava niente. Aveva solo bisogno di lavar via quell’odore di sangue e
tintura di iodio che sentiva appiccicato addosso.
Dopo essersi lavato per dieci minuti buoni, chiuse l’acqua ed uscì
dalla doccia, afferrò un asciugamano e si asciugò sommariamente, per poi
avvolgerselo intorno ai fianchi. Ma nel fare quel gesto, sentì l’ennesima fitta
al fianco, abbassò lo sguardo e vide che stava sanguinando.
“Oh merda, non ne posso più” gemette vedendo le striature di sangue
arrivare all’asciugamano e impregnarlo.
Come diavolo l’avevano rattoppato se dopo diversi giorni ancora
sanguinava?
“Quel figlio di puttana” imprecò pensando al dottore “un veterinario
che non sa nemmeno cucire bene una ferita. Siamo proprio in buone mani.”
Aprì l’armadietto accanto allo specchio sul lavandino, sperando di
trovare della garza o qualcosa del genere. Non voleva rivolgersi di nuovo a
quegli animali che si spacciavano per sanitari, e inoltre voleva nascondere la
ferita il più presto possibile. Aveva dato la sua parola a Dean che non si
sarebbe ancora alzato e invece l’aveva fatto e la ferita si era riaperta.
Sì, perché in fondo sapeva che la colpa era proprio sua e non del
dottore, anche se quello era un idiota.
Sospirò nel constatare che non aveva assolutamente nulla per tamponare
il sangue. Non era una perdita copiosa, forse con un semplice fazzoletto avrebbe
risolto il problema.
Tornò in camera da letto e trovò un fazzoletto di stoffa pulito, lo
spiegò e lo premette sulla ferita. Faceva male ma non come temeva, magari era
normale perdere un po’ di sangue tra un punto e l’altro.
“E tu che diavolo ci fai in piedi?” tuonò una voce femminile sulla
porta.
Castiel sobbalzò alzando la testa di scatto. Eileen Steward lo stava
guardando con aria minacciosa.
“Uno spogliarello” rispose sfrontato l’ex angelo, pensando di risultare
simpatico.
Eileen invece scosse il capo facendo una smorfia di disgusto. “Idiota”
mormorò attraversando la stanza per raggiungerlo.
Aveva in mano una valigetta di ferro, ammaccata in più punti, che
conteneva tutto il necessario per il pronto soccorso. Se l’era portata dietro
nel caso avesse dovuto cambiargli il bendaggio, e guarda caso a quello stupido
gli si era riaperto il taglio dell’operazione.
Castiel la guardò avvicinarsi non capendo cosa volesse fare, che ci
faceva ancora in casa sua quella donna? Eppure stava meglio, non doveva certo
badare che non tirasse le cuoia senza che Dean lo venisse a sapere.
“Non farti venire strane idee” gli disse seria “se nel trovarti
seminudo non scappo subito, è solo perché devo rimediare al casino che hai
combinato con quella ferita.”
Cas accennò un sorriso malizioso. “Un’infermiera personale? Quale
onore...”
Lei lo fulminò con lo sguardo. “Togliti dalla faccia quell’espressione
da seduttore, ti assicuro che con me non attacca.”
L’uomo restò sorpreso, non perché aveva appena affermato che lui non le
piaceva, ma per la forza con la quale l’aveva detto. Era maledettamente seria e
di un’aggressività notevole.
La conosceva solo di vista, sapeva che parlava con poche persone e se
ne stava molto sulle sue, ma se ne sentì terribilmente attratto.
Peccato per quell’acredine nei suoi confronti, avrebbero potuto
divertirsi insieme. Di solito quelle combattive in piedi, lo erano anche
sdraiate…
“Hai finito di fissarmi?” gli domandò fermandosi di fronte a lui
“dovrei fasciare quella lacerazione, prima che saltino tutti i punti.”
Castiel si scosse dai suoi pensieri a sfondo sessuale e corrugò la
fronte. “Guarda che non è saltato proprio niente, ho fatto una doccia e dopo ho
cominciato a sanguinare” spiegò togliendo il fazzoletto dal fianco.
“Ah no?” ribattè lei indicando il suo fianco “allora perché sanguina
sempre di più?”
Lui guardò attentamente e si rese conto che in effetti, qualcosa non
andava. Tamponò immediatamente la ferita e sospirò, guardando la giovane donna.
“E ora?” le chiese.
Eileen scosse il capo e gli indicò il letto. “Stenditi” gli disse in
tono asciutto “la medicherò per bene e non ci sarà bisogno di altri punti. E
tieni stretto quell’asciugamano!”
L’uomo sospirò ma obbedì senza replicare, si distese sul letto
offrendole il fianco ferito. Il riferimento all’asciugamano lo fece sorridere,
ma evitò di fare commenti, almeno fino a quando non l’avrebbe curato.
Sicuramente lei sarebbe stata più dolce del veterinario o delle due
arpie.
La donna posò la valigetta del pronto soccorso sulla sedia e l’aprì,
poi tolse il fazzoletto intriso di sangue buttandolo a terra e guardò la
situazione. In effetti gli era saltato un punto, ma uno solo e in una zona non
importante. Probabilmente non era stato applicato a dovere.
Neanche lei stimava molto quel dottore ma sapeva che senza di lui le
cose sarebbero andate peggio.
“Sei fortunato” commentò prendendo della garza e imbevendola con un po’
di tintura di iodio “ti è saltato un punto in una zona della ferita poco
importante. Sta’ fermo!” gli intimò quando, a contatto con la soluzione,
sobbalzò leggermente.
“Parli bene tu, la pelle non è tua” replicò caustico.
Infastidita dal tono, sfregò con più forza, facendolo gemere a denti
stretti. “Scusa, Castiel” disse fingendosi dispiaciuta.
L’uomo le lanciò un’occhiata in tralice. “Cas”
Eileen alzò un sopracciglio. “Credi di spaventarmi con quello sguardo?”
gli domandò mentre posizionava una garza pulita sulla ferita “beh, se è così ti
sbagli. E Cas è un diminutivo ridicolo. Castiel è migliore, per quanto lo possa
essere un nome del genere…”
Castiel piegò un angolo della bocca in un sorriso quasi maligno.
“Quello che pensi tu, ragazza, non mi importa. Ma ti pregherei di rivolgerti a
me chiamandomi semplicemente Cas.”
“Ora non comincerai con il tu non sai chi sono io, vero? Perché
è esattamente come per lo sguardo in cagnesco che mi hai fatto prima, non
sortisce nessun effetto su di me”
“Al contrario” obiettò lui “è proprio per non ricordarlo che vieto di
chiamarmi… col nome per intero.”
“Vieti? Credi di comandare, qui?” gli fece notare lei con una risatina,
mentre strappava un pezzo di cerotto per fissare la garza.
Cas sospirò. “No, non comando niente. Ma della mia vita sì… ma che sto
facendo? Perché diavolo sto parlando con te?” disse a sé stesso scuotendo il
capo.
Questa volta fu la donna lanciargli un’occhiata da far rabbrividire una
statua di marmo. “Allora chiudi quella bocca, idiota. Tra un attimo ho finito.”
Gli dava fastidio essere trattato in quel modo, soprattutto da una
donna. E il fatto che fosse molto bella acuiva il suo disagio.
“La colpa è mia” riprese l’ex angelo fingendo di ignorare il suo
commento aspro “di solito con le donne come te io ci scopo, non ci faccio
conversazione. Non so che mi è preso, forse sono stato troppo tempo senza
parlare e ingenuamente ho pensato di poterlo fare con te”
Sarebbe stato meglio se avesse tenuto la bocca chiusa.
La giovane accanto a lui alzò lentamente la testa, puntandogli in
faccia uno sguardo feroce. Castiel ebbe la sensazione che se non avesse avuto
conseguenze, l’avrebbe ucciso.
Senza staccare gli occhi da quelli dell’altro, Eileen strappò un altro
pezzo di cerotto e lo appiccicò con violenza su pelle e garza, per poi colpire
la zona appena coperta con il dorso della mano, di proposito.
Castiel saltò e imprecò, posandosi una mano sul fianco e contorcendosi
per il dolore.
“Ma sei pazza?” disse con un filo di voce.
Lei non rispose, si alzò dalla sedia e chiuse con violenza la
valigetta, poi rialzò lo sguardo sull’uomo ancora steso sul letto con
un’espressione di sofferenza dipinta sul volto.
“Forse sì, visto che sono qui a curare uno stronzo come te!” inveì
collerica “e per inciso, tu una donna come me puoi solo sognartela” e con questo
si voltò per andarsene facendo ondeggiare i capelli.
“Ti credi di essere la donna più bella del reame?” replicò cattivo lui
mettendosi seduto.
Eileen si fermò e si girò a guardarlo, scoccandogli uno guardo
glaciale. “No, sono la più dignitosa. Perché una donna che si riduce a venire a
letto a con te, è solo una povera idiota senza amor proprio né dignità.”
“Oh ma davvero?” ribattè Castiel “allora la quasi totalità delle donne
del campo è priva di dignità e amor proprio, visto che me le sono fatte tutte!”
Lei annuì leggermente e abbozzò un sorriso. “Probabile, oppure sono
delle gran puttane che si sono divertite alle tue spalle. Sei sicuro che le loro
grida siano sincere, eh? Che si divertano davvero a letto con te? Tu scopi le
donne, Castiel, ma non le conosci, te l’assicuro.”
Cas era sconvolto, chi era quella? Dean con le ovaie? Come diavolo si
permetteva di insultarlo così, senza conoscerlo? Voleva calpestare la sua
dignità di uomo?
“E non voglio conoscerle! Appena aprite bocca dite una marea di
stronzate! Cosa vorresti dire, che le donne vengono a letto con me per prendermi
in giro? Oh questa sì che mi è nuova, non sono gli uomini di solito a farlo?”
fece una pausa e sorrise “ah… forse ho capito. Ti comporti così per renderti
ancora più desiderabile? Bella mossa, ma ti avverto, se continui così finirai
per spegnere il mio interesse nei tuoi confronti”
La donna scoppiò a ridere e scosse il capo. “Mi fai pena, dico sul
serio. Tu credi di essere interessante… per cosa, esattamente? Seriamente,
perché credi che le donne siano attratte da te come le mosche dal miele? Perché
sei particolarmente bello, o simpatico, o rassicurante?” si fermò aspettandosi
una replica, ma Castiel tacque, quindi riprese “no, mi dispiace amico, non è
così. Le donne sono attratte da ciò che eri, amano pensare di avere fatto sesso
con un angelo, o meglio quello che ne resta. Di tutte le tue fandonie non sanno
che farsene, potresti benissimo mettere una biglietteria fuori dalla porta con
Dean che vende i biglietti alle femmine del campo! Entrano, si fanno un giro nel
suo letto e poi vanno via, senza bisogno di parlare! Non cambierebbe nulla,
credimi, a loro interessa solo poter dire io c’ero!, del resto non gliene
importa nulla. Tu per loro sei e resterai per sempre Castiel, l’angelo del
Signore. Non vedranno mai l’uomo, anche perché non c’è nessun uomo. Solo una
pallida imitazione…”
Se il suo intento era quello di ferirlo, c’era riuscita alla grande.
Parole dure, violente, ma fottutamente veritiere. Lui lo sapeva benissimo,
nessuna di quelle donne stava con Castiel perchè era attratta da lui come uomo,
ma solo perché… era l’angelo che aveva tirato fuori Dean dall’inferno, tutto
qui.
Non lo trovavano interessante per nessun’altra cosa, e Cas era
consapevole di tutto ciò ma non gliene importava un bel niente. Per lui
l’importante era non pensare, immergersi in ogni sorta di vizio e, quando ce la
faceva, uccidere quanti più mostri ambulanti in giro per la città.
Ma quella donna che ora lo guardava con aria di sfida, non poteva
permettersi di dirgli che non era un uomo.
Lui lo era, ben al di là della sessualità. Lo era stato quando aveva
scelto da che parte stare buttando alle ortiche millenni di militanza celeste,
scegliendo le persone invece dei suoi fratelli. E cosa aveva avuto in cambio?
Nulla.
Aveva perduto tutto quanto per non avere nulla come contropartita, si
sarebbe accontentato anche di una normale vita da umano. Quella invece non era
vita, barricato in una specie di campo profughi, alloggiato in una baracca
fatiscente e circondato da persone che detestava, a parte Dean e Chuck.
E quella stronzetta si permetteva di sputare sentenze su di lui, sulla
sua vita?
“Parli così perché non siamo stati insieme” disse lui con un sorriso di
scherno “altrimenti sapresti se sono uomo o meno. Ma chissà, magari cambierai
idea su di me e… comprerai anche tu un biglietto per entrare nel mio letto!”
I grandi occhi verdi della donna si ridussero ad una fessura quasi
nera, sollevò la valigetta all’altezza del proprio petto e la scagliò in
direzione di Castiel, col chiaro intento di colpirlo. Ma lui, per sua fortuna,
la schivò. La valigetta finì a terra con un tonfo metallico, aprendosi e
spargendo il proprio contenuto.
Cas si voltò a guardare l’oggetto e poi tornò a guardare lei. “Tu sei
completamente fuori di testa!” urlò indispettito “potevi ammazzarmi!”
“Era quello l’obiettivo” rispose Eileen digrignando i denti “avrei
fatto un favore al mondo! Va’ a farti fottere, pezzo di merda!” ed uscì
praticamente di corsa, andando quasi a sbattere contro la porta.
Proprio in quel momento, Dean stava tornando da una ricognizione
intorno al campo, fermò la jeep e saltò giù non appena vide la giovane uscire
come un razzo dalla casa di Castiel, e le corse incontro.
Per un attimo pensò che Cas stesse male, magari una ricaduta o qualcosa
del genere, ma quando vide l’espressione di Eileen, capì che c’era dell’altro.
“Ehi ehi, frena” le disse afferrandola per le spalle “che diavolo
succede? Perché corri così?”
Lei lo guardò torva, divincolandosi dalla sua presa. “Castiel è solo un
pezzo di merda” disse ripetendo quello che aveva appena detto all’uomo in
questione “e se lo consideri davvero un fratello, occupatene tu. Io me ne chiamo
fuori, che viva o muoia a me non importa nulla!”
“Ma che è successo? Che ti ha fatto?” le chiese ancora, non riuscendo
ad immaginare cosa potesse essere successo durante la sua assenza.
“Mi ha fatto pentire di essermi presa cura di lui quando le sue puttane
lo ignoravano” rispose sincera, poi agitò una mano in aria “lascia stare Dean,
tu sei in buona fede, è lui il bastardo. Ora scusami, ma ho di meglio da fare,
come contare le formiche sotto il tavolo delle riunioni!”
Dean la guardò allontanarsi con occhi sgranati, che cazzo aveva
combinato Cas? Non poteva averle messo le mani addosso, non ne aveva ancora la
forza! E anche se l’avesse avuta, poteva metterci la mano sul fuoco che non era
capace di molestare una donna.
Sospirò e si massaggiò la fronte, era stato un pomeriggio stressante e
ora ci si metteva pure quel coglione di ex angelo. Ma doveva capire cos’era
successo, Eileen era stata fin troppo gentile ad accettare di badare a lui
quand’era in fin di vita e lo era stata ancor di più quando aveva accettato di
sorvegliarlo affinché non riprendersi il suo cammino di autodistruzione
volontaria.
Si incamminò in direzione del tugurio di Castiel, con il presentimento
che ci sarebbe stata una nuova discussione.
To be continued
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Capitolo 7 *** Just a bitch ***
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Alexya379
Just a Bitch
“Stronza psicopatica” mormorò Castiel a denti stretti, mentre apriva un
cassetto e ne tirava fuori un paio di boxer, dei jeans e una camicia.
Quella Eileen Steward aveva dei grossi problemi, pensò mentre si
vestiva, altrimenti non si spiegava perché avesse quegli scatti violenti.
Una pazzoide, magari era una croatoan in incognito. Scosse il capo e
buttò a terra l’asciugamano bagnato, poi levò le lenzuola dal letto per metterne
di pulite visto che quelle erano sporche di sangue e sudore.
Buttò tutto a terra e in quel momento entrò Dean.
“Ehi ehi, che cazzo fai? Le pulizie di primavera?” esclamò il
cacciatore raggiungendolo a grandi passi.
Cas lo guardò e sorrise. “Non sai che sono una perfetta casalinga?”
rispose ironico “il mio letto ha proprio bisogno di essere cambiato. E non
preoccuparti, non mi succederà nulla. Sono stato appena medicato da una
pseudo-infermiera psicolabile.”
“Pseudo-infermiera psicolabile?” ripeté incredulo “che diavolo è
successo tra te ed Eileen? L’ho vista uscire da qui come una furia
apostrofandoti con deliziosi aggettivi, vengo da te e la chiami psicolabile, che
è successo?”
Castiel si strinse nelle spalle. “Niente di particolare, ha solo
tentato di ammazzarmi tirandomi in testa la cassetta del pronto soccorso” gli
raccontò.
Dean inarcò un sopracciglio. “E tu che le hai fatto, o detto, per
costringerla ad attentare alla tua vita? Ci hai provato?”
L’altro sembrò offeso. “Che le ho fatto io? Lei ha iniziato a trattarmi
male, a prendermi in giro, a dirmi che non sono un uomo!” sbottò stizzito “mi ha
anche dato un colpo con la mano sulla ferita, con l’intento di farmi male! E poi
sono io quello che ha fatto qualcosa a quella stronza?”
“Cas, Eileen Steward non è una stronza” obiettò Dean “delle donne qui
al campo, è quella meno stronza credimi. E tu le hai sicuramente detto qualcosa
che l’ha fatta incazzare. È stata per giorni a vegliarti, a cercare di farti
scendere la febbre. È una brava ragazza perché non era tenuta affatto ad
accudirti così intensamente, mentre le tue amichette, non sono venute neanche a
vederti sulla porta.”
Cas lo guardò incuriosito, mentre un lieve sorriso ironico si affacciò
sulle sue labbra. “Ma guarda… avrei dovuto immaginarlo che con un caratterino
come il suo, non poteva che far colpo sul gran capo. Complimenti Dean, è stronza
però è molto sexy, sicuramente ti dà del filo da torcere ma deve essere
gratificante, alla fine” disse spudorato, pensando che tra i due ci fosse una
relazione, per lo meno sessuale.
“Cosa? No ti sbagli” replicò l’altro “sì in effetti è molto carina, ma
non c’è proprio niente tra di noi.”
“Sì certo” disse ironico l’ex angelo “e allora perché la difendi
tanto?”
“Perché se l’hai tratta di merda, come suppongo o meglio come sono
sicuro tu abbia fatto, mi sento responsabile. Io le ho chiesto di tenerti
d’occhio quando non potevo farlo io” spiegò Dean alzando la voce.
Castiel lo guardò accigliato. “Ma porca troia, Dean!” esclamò “io non
le ho fatto proprio niente! È lei che mi ha insultato dicendomi che non sono un
uomo!”
“E ti sei sentito colpito nella virilità?”
“No” rispose cupo “nella dignità. Sono stato talmente uomo da preferire
te, tuo fratello e l’intera umanità al posto dei miei fratelli, del mio mondo e
della mia stessa vita, quando avrei potuto benissimo sbattermene le palle di
tutti voi e fare il bravo soldatino, guadagnandoci anche qualche medaglia.
Quindi quella stupida umana non può venire a dirmi che non sono un uomo ma solo
una pallida imitazione solo perché decido di andare a letto con chi mi pare. Lei
non mi conosce e non deve osare giudicare chi sono o cosa faccio!” concluse
rabbioso.
Dean tacque, se davvero Eileen aveva inteso dire questo, beh aveva
ragione Castiel. Per quanto stronzo fosse diventato, in passato era stato leale
e coraggioso, e si era sacrificato per gli altri quando, appunto, avrebbe potuto
infischiarsene del mondo intero.
Eppure sentiva che c’era qualcos’altro.
“Ascolta Cas” iniziò “nessuno mette in dubbio la tua risolutezza, e
credo che lei si riferisse al tuo essere… un libertino. Sono certo che non abbia
una buona considerazione neanche per il sottoscritto, ma in quanto a
cialtroneria, tu mi batti amico, lasciatelo dire.”
Castiel sbuffò. “Non me ne frega niente Dean, è solo che nessuno deve
rivolgersi a me come ha fatto lei, soprattutto se non mi conosce. Se poi il
problema per lei è quello di non essere una delle mie amiche, beh
possiamo rimediare quando vuole” aggiunse.
“Le hai detto questo?” volle sapere Dean, allarmato.
L’altro annuì con un sorrisetto compiaciuto. “Sì, lo ammetto. Ci ho un
po’ provato con lei. D’altronde l’ho detto che nonostante sia una stronza, è
sexy, no?” ammise senza pudore.
Dean sospirò, chiedendosi che diavolo ci stava a fare ancora lì con
quell’idiota drogato invece di andare a riposarsi dopo il giro di ronda.
“Sei proprio un coglione, Cas” gli disse guardandolo in faccia “avresti
dovuto proprio limitarti, almeno con quella ragazza.
“Ma guarda che non ci sta. Quindi è tutta tua, non l’ho sfiorata
nemmeno un dito” gli assicurò Castiel.
“Eileen ha ucciso un crote…”
“Wow che coraggio” commentò sottovoce Cas, non trovando la notizia così
sensazionale.
“… questo crote… era il suo fidanzato” continuò Dean ignorando il
sarcasmo dell’altro “che non riuscì ad infettarla solo perché prima gli venne in
mente di tentare di usarle violenza…”
A quelle parole, Cas lo guardò corrugando la fronte, ma non disse
nulla.
“… fortunatamente non riuscì a farlo e lei lo uccise sparandogli un
colpo in faccia. Capirai che dopo un’esperienza del genere, soprattutto
ritrovandosi poi in una situazione come questa, qualsiasi riferimento sessuale
le dia particolarmente fastidio.”
Castiel si sentì di merda. In effetti farle quei discorsi non era stata
una mossa molto da uomo, ma in fondo lui come poteva immaginarlo?
“Tu come lo sai?” gli chiese buttando un cuscino sul letto.
Dean sospirò. “Me l’ha detto Chuck, lui a differenza nostra, ci parla
con le donne. E una di loro gli ha raccontato cosa le è successo.”
L’ex angelo restò in silenzio per un po’, sistemando alla bell’e meglio
una coperta. “Beh mi dispiace per lei” disse infine “ma non avevo idea del suo
passato. Se l’avessi saputo avrei evitato di… dirle certe cose.”
“Dovresti chiederle scusa, sai?” gli suggerì Dean serio.
“Scherzi? Non le devo nessuna scusa, non potevo immaginare cosa le
fosse successo e mi rincrescere di essere stato indelicato, ma non per questo ho
cambiato idea sul suo essere solo una…”
Una cosa? Era abbastanza ovvio reagire bruscamente davanti ad un uomo
che si è prodotto in profferte di tipo sessuale soprattutto se il tuo ragazzo,
dopo essere diventato un mostro demoniaco, ha tentato di abusare di te per poi
contagiarti.
Ecco perché quell’odio e quella violenza.
“Comunque non devo chiedere scusa a nessuno” ribadì lasciando cadere il
precedente discorso “e ora va’ a riposarti Dean, sei appena tornato dalla ronda
e hai una faccia da far paura. Io starò bene, ormai sono fuori pericolo.”
Dean scosse il capo. “Tu hai bisogno di quella ragazza, studiava da
infermiera prima che il mondo impazzisse e ti servirà averne una accanto, nei
prossimi giorni.”
Cas ridacchiò. “Cosa? Dean… guarda che sto bene, adesso. Me la sono
vista brutta ma sto molto meglio. Non mi serve la balia per riprendermi del
tutto.”
Mi serve un bicchiere di
gin, pensò, ma lo
tenne per sé.
“Io sono convinto che il peggio debba ancora arrivare” insistette il
cacciatore “e io non posso sorvegliarti giorno e notte.”
“Sorvegliarmi?” ripeté incredulo l’altro “di che cazzo parli?
Sorvegliarmi per cosa?”
Dean sospirò. “Tu sei un drogato, Cas” gli disse senza mezzi termini
“un fottutissimo tossico, ti ubriachi di prima mattina e non te ne frega delle
conseguenze. Non mi freghi amico, avrai anche deciso di vivere ma sono certo che
il tuo primo pensiero è stato quello di farti un bicchiere e calarti qualcosa.
Eileen è l’unica che si è interessata alle tue sorti pur avendo una pessima
opinione su di te” continuò alzando la voce “quindi ora tu vai da lei e le
chiedi scusa per la tua stronzaggine e la smetti di fare il coglione. Hai
bisogno di aiuto.”
Castiel lo guardò allibito, non sapendo se ridere o mettersi ad urlare
contro quello che credeva fosse un amico invece era l’ennesimo stronzo che
voleva dargli ordini.
Erano al punto di partenza? Credeva ancora che Cas fosse Sam?
“Grazie per l’interessamento, fratello” disse a denti stretti “ma so
gestire bene la situazione, non ho bisogno né della tua sorveglianza, né tanto
meno di quella della dolce Eileen. Ti dispiace lasciarmi solo, adesso?”
“Cas, credevo avessi superato la fase autodistruttiva.”
“Infatti” gli assicurò “ma ciò non significa che mi puoi manovrare come
un burattino. Decido io come e quando smetterla con i miei… vizi. E lo farò, ma
secondo le mie regole. Ora per favore, lasciami da solo.”
“Cas, sono stanco. In tutti i sensi” confessò Dean in tono spento “lo
sappiamo entrambi che qui gli unici in grado di organizzare qualcosa che somigli
anche solo vagamente ad un esercito, siamo tu ed io. Perché siamo soldati, tutti
e due, e se tu continui così non mi servirai a niente. E, per quanto ci tenga a
te come ad un fratello, mi servi anche come soldato. E devi essere lucido.”
Dean aveva ragione e Castiel lo sapeva, ma lui aveva bisogno di
annebbiarsi la mente per non pensare. E sì, non voleva più fare lo sbandato
rischiando di ammazzarsi, ma qualcosa Dean doveva concederglielo.
Non sarebbe riuscito ad andare avanti altrimenti, perché lo sconforto
l’avrebbe annientato.
Si passò una mano sul viso, cercando un modo per spiegargli la
situazione.
“Dean” iniziò a bassa voce “senza qualcosa io… non ce la faccio.”
L’altro alzò un sopracciglio. “Non ce la fai a far cosa?”
“Ad andare avanti” rispose guardandolo in faccia “bastano cinque minuti
di lucidità e il cervello si mette… ad elaborare per conto suo, a pensare al
passato. E non mi riferisco solo agli ultimi sei anni, durante i quali sono
morto un paio di volte e mi hanno anche torturato, no. Io ti parlo di millenni.
Non posso farcela, e bere qualcosa o prendere un calmante per dormire o un
antidepressivo per non impazzire, mi aiuta ad andare avanti. So bene che
lamentarmi proprio con te è da idioti, ma credo che in qualche modo tu possa
capirmi. Quindi, ti prego Dean, lascia che mi aiuti da solo come posso. Giuro
che non mi vedrai più strafatto e ubriaco,” aggiunse sincero “ma non giudicarmi
se mi vedrai bere o ingoiare qualche pillola. E soprattutto, non pestarmi a
sangue.”
Gli dava fastidio dover ammettere le proprie debolezze, soprattutto
perché farlo gliele ricordava. Ma era l’unico modo per far capire a Dean perché
si comportava in quel modo. Non era certo per divertimento o per ribellione, ma
perché non poteva fare altrimenti.
Non ce la faceva, appunto.
Dean scosse lentamente il capo, poi sospirò e annuì. “Okay Cas” disse
alzando le mani “fa’ come… credi sia meglio per te. Se ti dico queste cose, è
solo per il tuo bene. E per il mio, ovviamente. Ma ricorda che ti terrò d’occhio
e se mi accorgo che stai rifacendo le stesse stronzate, saranno guai” lo avvertì
puntandogli contro un dito.
“Ricevuto” gli assicurò Cas.
“Buon per te. Comunque ora vado sul serio… sono stanco morto e stressato.”
“Problemi?” si informò Castiel, preoccupato.
Dean annuì. “Sì. l’altro ieri… due dei nostri sono stati presi mentre
erano di ronda con l’altro gruppo” gli raccontò.
“Maledizione” imprecò l’altro “stiamo cadendo come mosche…”
“Già. Ecco perché mi servi, quindi rimettiti presto e torna a fare il
tuo dovere” rispose Dean in tono autoritario, poi si voltò ed uscì.
Rimasto solo, Cas rifletté a lungo sulla situazione e capì di essersi
comportato come un’egoista incosciente.
Per la miseria, erano in piena guerra e lui che faceva? Si buttava a
peso morto nei vizi come se fosse un fottuto hippie? Come se non gli
interessasse nulla?
Beh si, in effetti non gli interessava niente di niente. In fondo
aspettava solo morire.
Ma ora le cose erano cambiate, aveva visto la morte in faccia e non
voleva arrendersi così. Anche se non era la prima volta, quella volta era stata
più devastante delle altre, forse perché al contrario delle altre, in
quell’occasione aveva avuto modo di rendersene conto.
O, come aveva confessato a Dean, era stato per la paura di finire
all’inferno. Ci sarebbe finito ugualmente, ma voleva ritardare il momento.
Si girò a guardare verso la cassettiera, lì dove custodiva il suo
tesoro chimico. Dean aveva ragione, doveva smetterla.
Decise di buttare la maggior parte di quella roba e di tenere solo
qualcosa per i momenti più bui.
E pensare che era stato proprio Dean, anni prima, ad iniziarlo a quella
roba, dandogliene da prendere una scatola intera dopo la sua prima colossale
sbronza.
Sorrise, anche se il ricordo era tutt’altro che divertente.
Si era ubriacato dopo aver scoperto che suo Padre non li avrebbe
aiutati, lasciandoli al loro destino.
Si avvicinò alla cassettiera e aprì il primo cassetto.
E quando guardò all’interno di esso, impallidì.
Dove diavolo era finita la sua roba? Non c’era più nulla, niente!
Neanche le scatole vuote.
Passò la mano sul fondo del cassetto, fino agli angoli, incredulo e sul
punto di esplodere dalla rabbia.
Chi si era permesso di mettere le mani lì? Qualcuno del campo aveva
rubato in casa sua mentre stava per tirare le cuoia?
Poi l’illuminazione: Dean!
Ma non era possibile, si era preso la briga di buttargli le pillole
mentre stava morendo? No, non poteva essere. Dean era decisamente occupato e non
aveva tempo per certe sottigliezze, e inoltre non gliel’avrebbe mai fatto così a
tradimento.
“No” mormorò, pensando ad un’altra persona.
Era stata lei? Aveva pensato che buttando tutto avrebbe risolto i suoi
problemi?
Chi diavolo era quella femmina per prendersi quelle libertà in casa
sua?
Richiuse con violenza il cassetto, ignorando la fitta di dolore al
fianco, e uscì come una furia.
Se non era stato Dean, era stata Eileen, ne era sicuro.
Solo lei, pazza com’era, poteva pensare di mettere le mani nelle sue
cose come se fosse la padrona e distruggere l’unico suo modo per tirare a
campare.
Oltre le donne, ovviamente.
Ma senza un po’ del suo personale oppio, non sarebbero bastate neanche
quelle.
Chissà dove diavolo era, pensò guardandosi intorno. Ma a costo di
rivoltare tutto il campo, l’avrebbe trovata.
To be
continued
|
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Capitolo 8 *** But she's beautiful ***
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But she's beautiful
“Ehi Cas! Come va?” lo
salutò Chuck vedendolo finalmente in piedi.
Castiel però non rispose al suo saluto, lo
raggiunse a grandi passi nonostante i punti che tiravano e gli fece una domanda
ben precisa.
“Dov’è quella
stronza?”
Chuck lo guardò allibito, sbatté le palpebre
rapidamente e sorrise. “Ehm… stronza è un po’ generico, a chi ti riferisci?”
L’altro sbuffò spazientito. “Dov’è la signorina
Eileen Steward che ha osato mettere le mani sulla mia roba mentre stavo
crepando? Così va meglio?” disse sarcastico.
“Sì.. ora ho capito”
commentò l’ex profeta, estremamente a disagio di fronte a Castiel quando era
incazzato “non ho idea di dove sia, credo nel capanno che divide con…”
Ma non fece in tempo a finire la frase, perché
Castiel ripartì nella direzione indicata da Chuck.
Ignorò tutti quelli che lo chiamavano, soprattutto
le donne che gli regalavano grandi sorrisi.
Puttane, pensò Cas, superandole senza
degnarle di uno sguardo.
Dean fortunatamente non si vedeva, altrimenti
sarebbe stato un grosso problema.
Era ovvio che avesse un debole per occhi-verdi, se
avesse capito che stava andando da lei per dirgliene di tutti i colori, lo
avrebbe fatto a pezzi.
Eileen abitava, insieme ad altre donne, in un
prefabbricato piuttosto grande, adatto ad ospitare almeno dieci persone.
Si diresse direttamente verso la porta,
continuando ad ignorare chiunque gli rivolgesse la parola.
Spostò bruscamente la tenda ed entrò, trovandosela
davanti.
“Proprio te cercavo”
esordì stizzito “ti sei divertita a distruggermi?”
La donna, intenta a sistemare alcuni vestiti in
una cassapanca, lo fissò per alcuni istanti senza replicare, poi si raddrizzò
buttando i capelli indietro.
“A me sembri tutto
intero, dunque di che diavolo stai parlando?”
Cas si avvicinò di qualche passo con un’aria quasi
minacciosa.
“Tu ti sei permessa di
mettere le tue manine affusolate tra le mie cose, hai raccolto tutto e te lo sei
portato via. Vorrei sapere chi ti ha dato una tale autorità” le disse a denti
stretti.
Eileen capì e sorrise. “Ah ho capito, parli del
tuo eldorado chimico” disse ironica “beh sai, Dean mi ha detto di… aiutarti a
disintossicarti da tutte quelle porcherie che ti cali e suppongo quello sia il
modo più rapido. Dovresti ringraziarmi” concluse mettendo le mani sui fianchi.
“Tu sei pazza, lo
sai?” commentò Castiel incredulo “Dove hai messo la mia roba?”
“Se c’è un pazzo qui,
quello sei tu” replicò lei “e se cerchi la tua roba, sta ardendo là fuori
insieme alla spazzatura” e indicò un punto alla sua sinistra, oltre la finestra.
Cas guardò e vide una densa nuvola di fumo.
Sgranò gli occhi e dopo averle scoccato uno
sguardo a dir poco terrificante, corse fuori.
Si avvicinò al piccolo falò allestito poco
distante da alcune costruzioni e guardò a terra, riconoscendo alcune scatole di
antidolorifici.
Si mise le mani nei capelli e fissò costernato le
fiamme che, già sul punto di spegnersi, avevano incenerito il suo oppio.
“Quella stronza l’ha
fatto per davvero!” gemette furioso.
Dopodiché si voltò e riprese a camminare
velocemente in direzione della casa di Eileen.
Quella donna non aveva idea di cosa gli aveva
fatto, aveva distrutto l'unico modo che conosceva per non pensare a quanto
miserabile fosse diventata la sua vita.
Non aveva più niente.
La trovò sulla porta, con un sorrisetto
strafottente sulle labbra.
“Tu sei una vera
stronza, lo sai?” esordì l'uomo guardandola con odio.
Eileen si strinse nelle spalle. “E' una tua
opinione, me ne farò una ragione” commentò rientrando seguita dall'altro.
Cas respirò a fondo per calmarsi, chiuse un attimo
gli occhi e li riaprì puntandoli direttamente in quelli della donna.
“Tu non hai idea di
quello che mi hai fatto” ringhiò “tu mi hai ucciso!”
“Ma smettila” sbottò
lei “sei troppo drammatico. Troverai un altro modo per stordirti e non capire
nemmeno chi ti porti a letto!” ridacchiò
Castiel strinse i pugni e fece alcuni passi verso
di lei. “Tu non avevi nessun diritto di farlo!” tuonò minaccioso.
La giovane trasalì, indietreggiò ed afferrò
qualcosa dal tavolo, che brandì contro Castiel.
Un coltello.
“Fai un altro passo e
te lo pianto nel petto!” lo minacciò con un leggero tremore nella voce.
L'ex angelo si fermò all'istante, alzando le mani
mentre fissava quell'arma nelle mani incerte di Eileen.
“Ehi... 'sta calma.
Non ti basta avermi ucciso indirettamente? Vuoi ammazzarmi sul serio?”
Lei non accennò ad abbassare il coltello. “Se ti
avvicini ancora, sì” gli assicurò.
Il furore per il torto subìto, aveva fatto
dimenticare a Castiel il passato della donna di fronte a lui e solo quando lesse
la paura nei suoi occhi, lo ricordò.
Si era sentita aggredita, rivivendo forse
l'aggressione subìta dal crote che aveva poi tentato di violentarla.
Ed era proprio così, Eileen vedendolo avvicinarsi
velocemente aveva avuto paura.
Non si fidava più di nessuno, soprattutto non
degli uomini.
E sicuramente non di Castiel.
Si guardarono negli occhi per alcuni secondi, in
silenzio, quasi sfidandosi a chi si muoveva per primo.
Poi alla fine Castiel abbassò le mani e sospirò.
“Non volevo
spaventarti” mormorò “ma resta il fatto che hai rovinato gli ultimi giorni della
mia esistenza.”
Lei abbassò il coltello, tenendolo sempre in mano.
“Quella roba ti stava
uccidendo” ribatté seria “è un bene essertene liberato. E anche ammettendo che
il metodo è stato... poco ortodosso, non me ne pento. I casi come il tuo vanno
affrontati di petto.”
Senza riuscire a fermarsi, lo sguardo di Cas
scivolò sull seno.
Era più che coperto, ma era evidente che fosse
tondo al punto giusto.
Eileen se ne accorse e fu tentata di incrociare le
braccia sul petto, ma si trattenne per non dargli soddisfazione.
“I casi come il mio?”
ripetè l'uomo smettendo di fissare le sue forme “e sentiamo, quanti casi di ex
angeli tossico-dipendenti hai affrontato? No perchè sai, mi interesserebbe
capire come fare ad uscire dalla nera disperazione in cui cado ogni volta che
l'effetto delle pasticche finisce!” sbraitò esasperato.
Per un attimo Eileen ne ebbe compassione, pensando
che forse aveva sbagliato davvero a bruciargli la sua farmacia.
Ma ricordò i suoi commenti maschilisti e osceni e
la compassione sparì.
“Forse dovresti
semplicemente reagire e smetterla di piangerti addosso!” gli suggerì.
Cas aggrottò le sopracciglia. “Oh” disse annuendo
“già, non ci avevo pensato. Beh sì è facilissimo, che ci vuole? Mi siedo al
tavolo e ragiono su quanto io sia fortunato ad essere passato da uno stato di
Grazia, letterale, ad uno stato di merda, letterale anch'esso. Sì, lo farò cara
ragazza, ti ringrazio di cuore!”
“Se per te essere un
umano significa sentirsi nella merda, sparati un colpo in testa e tornatene da
dove sei venuto!” gli disse cattiva.
Lui annuì. “In effetti credo che finirà così... tu
non hai idea di cosa voglia dire essere stato una creatura immortale e
ritrovarsi intrappolato in un corpo mortale, soggetto a tutte le sue leggi...”
si fermò e ridacchiò di sé stesso scuotendo il capo “ma perchè diavolo ti
racconto i cazzi miei, proprio non lo capisco! Tu sei mentalmente limitata, come
tutti gli umani del resto, non puoi capire nemmeno se ci provi con tutte le tue
forze.”
La donna ridusse gli occhi ad una fessura. “Beh
allora ti conviene uscire subito da qui” lo avvertì “perchè questa limitata
potrebbe lanciarti un coltello in pancia.”
L'altro non aggiunse niente, si voltò raggiungendo
la porta.
“Comunque” aggiunse
prima di uscire “se vuoi difenderti da un uomo, impara ad usare le armi da
fuoco. Se avessi voluto farti del male, si avrei disarmato in pochi secondi” e
con questo la lasciò sola.
Eileen, letteralmente indignata per il commento
finale, sbattè il coltello sul tavolo.
“Brutto pezzo di
merda!” inveì rabbiosa.
Chi diavolo credeva di essere per dirle quelle
cose?
Si sentiva superiore perchè una volta aveva le
ali?
Beh forse come angelo era stato un bell'esemplare,
ma come umano faceva proprio schifo.
Si passò le mani nei capelli chiudendo gli occhi.
“Tesoro, stai bene?”
le disse una voce di donna.
Aprì gli occhi e si ritrovò di fronte la signora
Clark, una delle sue coinquiline.
“Sì” rispose
sorridendo “tutto bene”
L'altra donna si avvicinò. “Sicuro? Ho visto
uscire Castiel da qui... cos'è successo?”
“Nulla Ann, davvero.
Era venuto per ringraziarmi delle mie cure” disse ironica.
Ann sorrise, capendo che era una battuta.
“È passato come una
furia tra le... sue ragazze e non le ha degnate di uno sguardo... non aveva
l'aria di uno particolarmente grato...”
“Ma davvero? Le sue
ragazze saranno distrutte dal dolore!” commentò ridendo “quell'uomo è un idiota
sessuomane, capisce solo una cosa...”
“Come la maggior parte
degli uomini!” aggiunse Ann.
“Già, esattamente”
convenne Eileen.
“Andiamo tesoro” le
disse prendendola sottobraccio “è pronta la cena, dobbiamo sbrigarci altrimenti
non troveremo più niente.”
Eileen annuì con un sorriso ed uscirono per
recarsi nel capannone che fungeva da mensa collettiva.
Eppure sapere che Castiel aveva ignorato le sue
amichette, le aveva dato un'inspiegabile sensazione di trionfo.
*****
Cas tornò a casa sua furibondo, entrò e sbattè
talmente forte la porta che uno dei cardini si allentò perdendo due delle
quattro viti.
“Stupida arrogante
stronzetta” mormorò “chi diavolo pensa di essere? È solo una stupida...”
Aveva iniziato a sudare e non era un buon segno.
Sperava con tutto il cuore che fosse solo rabbia e
non una crisi d'astinenza in piena regola.
Raggiunse uno stipite e l'aprì, sospirando di
sollievo quando trovò la bottiglia di gin al suo posto.
La prese e ne bevve un po', sperando di sentirsi
meglio.
Non sentendo differenze, ne bevve ancora... fino
ad ubriacarsi.
Sì, ora stava meglio.
Si trascinò verso il letto e ci si buttò sopra,
affondando nel materasso.
Fuori la luce diventava sempre più debole e la
notte avanzava creando ombre sul soffitto e sui muri.
Non riusciva a pensare a niente, per fortuna,
nemmeno al dolore al fianco che si era risvegliato lanciandosi a peso morto sul
letto.
Non gliene fregava niente della ferita, in realtà.
Adesso aveva solo bisogno di dormire.
Scivolò nel sonno, dimenticandosi del resto.
*****
Doveva proprio essere impazzita, si disse.
Davvero stava andando a casa di quel figlio di
puttana per portargli da mangiare?
Sì, Eileen Steward dopo averci litigato e averlo
minacciato con un coltello, si stava dirigendo verso la casa del famigerato
Castiel, ex angelo del Signore, con un piatto tra le mani.
Si fermò davanti alla porta e si accorse che era
socchiusa.
Fece spallucce e la spinse, entrando con
circospezione.
Non si era portata nessuna arma, ma credeva che
non ce ne sarebbe stato bisogno.
Anche se era una specie di pervertito, non
sembrava uno che saltava addosso alle donne contro la loro volontà.
Sicuramente non secondo ciò che dicevano le donne
del campo che ne tessevano le lodi come amante, descrivendolo generoso e
appassionato...
Scacciò dalla testa certi pensieri inopportuni e
posò il piatto coperto sul tavolo, posandovi sopra il biglietto di saluti che
aveva preparato in mensa.
Dean si proclamava suo amico, ma non aveva fatto
una piega nel vedere che Castiel non si era presentato in mensa.
Sospirò scuotendo il capo, pensando a quanto
fossero coglioni certi uomini.
Si chiese se stesse dormendo, probabilmente era
così altrimenti si sarebbe presentato in cucina.
Fece alcuni passi in direzione della camera da
letto ma poi si fermò, pensando che era una pessima idea.
Le venne in mente il vecchio proverbio non
svegliare il can che dorme.
Anche se per Castiel sarebbe stato meglio non
svegliare l'erotomane che dorme.
Sorrise al proprio pensiero e si voltò per
andarsene, in silenzio così com'era arrivata.
*****
Castiel si svegliò alcune ore dopo, con un bel mal
di testa e un bruciore allo stomaco.
Si mise lentamente seduto e sfregò gli occhi.
La casa era immersa nel buio e solo dall'esterno
filtrava un po' di luce grazie alle luci da campo sistemate un po' ovunque.
Si alzò, accorgendosi che lo stomaco brontolava
minaccioso.
Beh ne aveva ragione, erano giorni che non
mangiava.
Raggiunse la cassettiera e accese la lampada ad
olio poggiata su di essa, la prese e si spostò in cucina, dove accese qualcuna
delle candele sparse in giro per la stanza.
Solo quando ci fu molta luce, notò qualcosa sul
tavolo.
Piegò leggermente la testa e guardò il piatto con
sospetto, poi con curiosità.
Si avvicinò e per prima cosa, prese il biglietto.
Lo aprì e dovette leggerlo almeno tre volte prima
di afferrare il concetto.
“Non è cibo
avvelenato, né avariato. È il cibo della mensa. Giusto per farti sentire amato,
nessuno si è interessato a te, nemmeno Dean, il tuo fratello acquisito.
Strozzati, idiota.”
Non sapeva se ridere o mandarla a farsi fottere.
Rimandò qualsiasi reazione e si interessò al
piatto.
Sollevò quello che fungeva da coperchio ed esaminò
il contenuto.
Riso bianco, stufato di carne secca e una manciata
di fagioli.
L'odore era buono e la fame era tanta.
Decise di fidarsi, magari era stronza ma non
credeva fosse un'assassina.
Prese un cucchiaio dal cassetto e si sedette al
tavolo, iniziando a mangiare.
Era pressoché tutto freddo o vagamente tiepido,
però era buono.
Era la prima volta che qualcuno si preoccupava per
lui portandogli del cibo.
Sicuramente, era la prima volta che una donna si
preoccupava per lui.
Però era abbastanza surreale, prima lo aveva
minacciato di morte e poi gli aveva portato da mangiare.
Era tutta matta quella donna.
Però era bella.
Mangiò con gusto, dimenticando per un po' la sua
tragedia personale.
To be
continued
|
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Capitolo 9 *** Hallucinations ***
Disclaimer
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Sweet Madness
Hallucinations
“Basta... basta per favore...”
supplicò Castiel con la testa tra le mani, rannicchiato in un angolo buio della
sua casa di legno.
Non dormiva da giorni, perseguitato
da allucinazioni di ogni tipo.
L'ultima in ordine di tempo era
stata quella dell'Inferno, gli era sembrata così reale che aveva creduto di
essersi ustionato.
Le urla, i gemiti, i pianti...
Non ce la faceva più, era sfinito,
e tutto perché non aveva più niente per alleviare i suoi tormenti.
Tutta colpa di quella stupida
femmina che aveva osato bruciargli la sua roba.
Si sentiva stremato, aveva sempre
mal di testa e piangeva spesso, come in quel preciso momento.
Profondi singhiozzi gli scuotevano
il petto, torcendogli lo stomaco.
“Suvvia Castiel, non fare così.”
L'ex angelo sentì un brivido di
terrore lungo la schiena e quasi smise di respirare.
Lui quella voce la conosceva, porca
puttana se la conosceva. Se era possibile la sua voce umana faceva più paura di
quella vera.
Alzò la testa in direzione del
visitatore e lo guardò con occhi sgranati.
“Zachariah?” mormorò atterrito.
L'altro, col suo bel completo blu e
quel sorriso maligno stampato in faccia, annuì spolverandosi una manica.
“Eh già ragazzo mio, sono proprio
io! Fa pure rima se non l'hai notato!” commentò con un'ironia che capiva
soltanto lui, visto che rise della sua insulsa uscita.
Castiel si alzò lentamente da terra
e nel contempo si guardò attorno, alla ricerca di qualche arma.
Zach lo avrebbe fatto a pezzi e lui
non aveva nessun tipo di potere per difendersi.
Finalmente notò il fucile a canne
mozze poggiato ad una gamba del tavolo e ringraziò la sua buona stella, se mai
esisteva qualcosa del genere.
Di certo non poteva uccidere Zach
con una fucilata, ma l'avrebbe sicuramente rallentato quanto bastava per
permettergli di disegnare un simbolo enochiano col suo sangue e mandarlo a farsi
fottere da qualche parte. Aveva un coltello nello scarpone, poteva farcela.
Ma come cazzo poteva essere lì?
Erano tutti morti o andati chissà dove, possibile che solo quel coglione era
sopravvissuto?
Beh, non aveva tempo per pensarci,
doveva sbarazzarsene.
Non aveva paura della morte, ma
delle torture.
Zach era famoso per questo e Cas
non sarebbe stato il suo pupazzetto da tagliuzzare e ingiuriare come aveva già
fatto in passato.
“Tu non puoi essere qui” gli disse
cercando di distrarlo “sono tutti morti... tu...lurido stronzo, non puoi essere
qui!”
L'essere di fronte a lui ghignò
divertito.
“Io lurido stronzo? Oh andiamo Cas...
posso chiamarti Cas, vero? Certo che posso” disse facendo qualche passo in sua
direzione con le mani dietro la schiena “dicevo... io sarei un lurido stronzo?
Beh fattelo dire amico mio, hai proprio un aspetto di merda! Cosa sei diventato,
eh? Un patetico, piccolo, insignificante ominide senza peli, privi di
qualsivoglia utilità per questo mondo di merda, un parassita dell'Universo che
si crogiola in vizi di ogni sorta.”
Intanto Cas, camminando molto
lentamente, era riuscito a raggiungere il tavolo, attento a piazzarsi davanti al
fucile per evitare che quel bastardo lo vedesse.
“Tu stronzetto inutile, non servivi
a nulla prima, quando almeno avevi le piume, e non servi ad un beneamato cazzo
adesso! Vedi me?” disse allargando le braccia “io sono un vincente! Il mondo sta
andando a puttate, peggio di come fai tu, ma sono ancora qui, bello e forte come
il primo giorno!”
Cas sollevò un angolo della bocca
in un sorriso beffardo.
“Forte sicuramente... bello proprio
no. Anzi, a dirla tutta sei un orripilante figlio di puttana, calvo e
grassoccio. Per scopare il tuo tramite doveva pagare per forza” gli disse mentre
allungava la mano verso il fucile.
Zach ridacchiò, non sembrava
affatto offeso o indispettito.
“Già è vero, il mio ominide non
brilla per avvenenza. Ma in compenso i miei ragazzi sono molto belli...”
Due uomini molto alti e robusti
apparvero accanto a Castiel, lo afferrarono per le braccia bloccandolo e
impedendogli di prendere l'arma che non era riuscito nemmeno a sfiorare
Li guardò ma non li riconobbe, era
impossibile riconoscere un angelo senza sentirne la Grazia.
Lui era solo un inutile umano, non
poteva riconoscere gli angeli, né tanto meno combatterli.
Stava per morire.
“No no Cas” lo rimproverò muovendo
l'indice da sinistra a destra “non si fa così. Volevi sparare allo zio Zach? Che
bambino cattivo che sei!”
Nelle mani di Zachariah apparve il
suo fucile.
“Che stupide armi usate voi
umani” sentenziò guardando nella canna del fucile “questo sarebbe frutto di
millenni di evoluzione? Ma andiamo!”
“Perchè non premi il grilletto?
Così provi in prima persona i millenni di evoluzione” lo provocò Cas, sentendo
la stretta degli altri due aumentare sulle sue braccia.
Zach lo guardò e sorrise. “Magari
lo proviamo su di te, che dici? Sarebbe divertente vedere come un'arma umana
disintegra quel che resta del leggendario Castiel.”
Si avvicinò di più e lo guardò con
disprezzo. “Magari un colpo mezzo agli occhi” disse puntandogli il fucile sulla
fronte, poi lo spostò sul petto “o al cuore. Che dici Cas? Dove devo spararti
per farti morire più dolorosamente?”
“Se tu avessi una madre” rispose
prontamente Cas “ti direi tra le sue chiappe.”
L'angelo di fronte a lui rise,
poggiando la canna del fucile sulla propria spalla.
“Ah Cas, devo dire che l'umanità ti
ha regalato un po' più di sense of humor” gli disse suonando come un complimento
“ma ti ha reso molto più idiota. Invece di supplicarmi di risparmiarti, cosa che
potrebbe allungarti la vita, tu che fai? Mi insulti? No Castiel, così non va...”
Castiel strinse i pugni.
“Supplicarti? Avanti, sparami e
finiamola! Sai bene che non lo farei mai!” gridò risoluto.
Zachariah scosse il capo
sogghignando.
“No mio caro ex fratellino, così è
troppo facile. Devi soffrire un po' prima di avere il riposo eterno...”
L'ex angelo non ebbe il tempo di
realizzare il significato della frase, che lo scenario attorno a lui cambiò.
Una luce accecante lo avvolse
costringendolo a chiudere gli occhi e solo dopo alcuni istanti riuscì a
sollevare le palpebre e a guardarsi intorno.
Un'enorme stanza bianca, senza
porte né finestre.
Solo un tavolo di marmo al centro
con incastonati quattro grossi anelli di ferro.
Gli sembrò di morire all'istante.
“No... per favore no...” gemette
terrorizzato.
“Oh sì invece!” esclamò Zach,
apparso alle sue spalle in compagnia di altri due uomini, diversi da quelli di
prima “devi imparare l'educazione ragazzo mio, poi metteremo fine alla tua
squallida vita.”
I due uomini lo afferrarono per le
braccia, sollevandolo da terra, mentre Cas cercava disperatamente di liberarsi.
Riuscì a tirare un calcio nei
genitali di uno di loro, ma ovviamente non sortì alcun effetto se non quello di
farlo infuriare ancora di più.
Lo sbatterono letteralmente sul
freddo marmo, lo immobilizzarono bloccandogli polsi e caviglie dentro i grossi
anelli di ferro e gli strapparono la camicia.
Terrore e rabbia lo scuotevano fin
dentro l'anima, mai avrebbe pensato di finire di nuovo sul quel fottuto tavolo,
mai avrebbe immaginato di morire torturato.
Le aveva già subite quelle torture
ed era sopravvissuto solo perchè...era un angelo.
Ma ora non ce l'avrebbe fatta, non
poteva farcela.
La cosa più logica da fare era
rassegnarsi, ma non ce la faceva e temeva di mettersi a piangere per la
disperazione.
Inghiottì la propria saliva più e
più volte, cercando di ricacciare indietro le lacrime, mentre Zachariah e i due
uomini, sorridendo beffardi, gli giravano attorno già armati dei loro strumenti.
“Dunque Cas” iniziò Zach guardando
la punta del suo pugnale “preferisci petto o coscia?”
Castiel lo guardò con disprezzo e
sputò in sua direzione.
“Va' a farti fottere, bastardo!”
gli urlò pieno di rabbia e frustrazione.
Per tutta risposta, uno degli altri
due lo colpì alla coscia destra con un punteruolo.
L'uomo steso sul tavolo levò in
aria un urlo straziante, poi digrignò i denti e guardò il suo carnefice.
“Brutto pezzo di merda...” sibilò,
mentre la sua fronte si imperlava di sudore.
“E non hai visto niente” gli
promise estraendo l'arma dalla sua coscia, facendolo urlare di nuovo.
Si avvicinò anche Zacharia, che
aveva assistito alla scena da un po' più lontano, e gli posò la punta del
pugnale sul petto.
“Tanto strepitio per un graffietto?
Ti facevo più uomo Cas, sai?” e fece scorrere l'arma sulla sua pelle,
lacerandola.
Si morse la lingua per non gridare
di nuovo, chiuse gli occhi sperando di perdere i sensi e non accorgersi più di
niente.
“Se credi che sverrai ragazzo mio”
gli disse Zach petulante “hai fatto male i tuoi calcoli. Ti vogliamo bello
sveglio, altrimenti non ci divertiamo.”
Castiel riaprì gli occhi, fissando
il soffitto di quel bianco accecante e si preparò al peggio.
Non era giusto, non voleva morire
così per mano di Zachariah.
Ma sarebbe successo.
“Dio mio...” sussurrò come in una
preghiera, invocando suo Padre per la prima volta dopo anni.
“Dio? Allora non hai capito proprio
niente!” intervenne Zach “non c'è nessun Dio, sono io a decidere se vivi o muori
e... mi dispiace darti questa brutta notizia, ma per te il mio pollice è rivolto
a terra!”
Come avvoltoi, tutti e tre
piombarono su Castiel, immobile e inerme sul tavolo della tortura.
*****
Le urla di Castiel attirarono
l'attenzione di diverse persone, ma solo Chuck ebbe la prontezza e anche il
coraggio di andare a vedere cosa stesse succedendo al suo amico.
Ritenne superfluo bussare e cercò
di entrare in casa sua, ma la porta era chiusa dall'interno.
“Cas? Ehi amico, che succede? Apri
la porta Cas!” lo chiamò bussando con violenza.
Ma dall'interno solo urla e
lamenti, così Chuck decise di tentare di sfondare la porta, ma dopo la prima
spallata capì che era meglio chiamare rinforzi.
“Aspetta Chuck, ci penso io” disse
un uomo appena arrivato.
Tony, più alto e robusto di Chuck,
diede una vigorosa spallata alla porta, poi una seconda ed infine una terza, con
quale riuscì a far saltare la serratura.
Chuck entrò immediatamente, si
guardò attorno ma solo quando abbassò lo sguardo a terra lo vide.
“Oh cazzo, Cas!” gridò correndo
verso di lui.
Castiel era a terra, in preda a
forti convulsioni, con varie ferite al viso e alle braccia.
Si inginocchiò e tentò di
afferrarlo e tenerlo fermo, ma appena riuscì a prenderlo, Cas lo spinse via con
violenza.
Forse involontariamente o forse no,
ma stava di fatto che con una forza quasi disumana scagliò Chuck qualche metro
più in là.
Intervenne Tony che riuscì a
bloccargli le braccia, ma le convulsioni continuavano e anzi aumentavano di
intensità, mentre il suo viso, coperto di sudore, era contratto in una smorfia
di dolore.
L'ex profeta si riavvicinò,
inginocchiandoglisi accanto.
“Cas! Cas, mi senti?” gli disse
prendendogli il viso tra le mani.
Ma gli occhi sbarrati dell'uomo non
si mossero, continuando a tremare rigido e ansante.
Riuscì perfino a liberarsi dalla
presa di Tony e quest'ultimo dovette faticare non poco per riacciuffarlo ed
evitare così di farsi di nuovo del male.
“Devo chiamare Dean, qui succede
male!” annunciò Chuck alzandosi in piedi “tienilo fermo, non lasciare che si
liberi.”
Tony lo guardò accigliato. “Che ci
vuole? Questo qui ha la forza di almeno tre uomini!” disse mentre l'interessato
urlò più forte e sfuggì nuovamente alla sua presa.
Chuck scosse il capo e corse fuori,
raggiungendo l'abitazione di Dean.
Entrò senza bussare e lo trovò
seduto al tavolo che controllava una cartina.
“Dean, devi venire subito...” gli
disse trafelato.
Il cacciatore lo guardò corrugando
la fronte. “Che succede?”
“Cas” gli disse riprendendo fiato
“sta male...ha le convulsioni e non riusciamo a fermarlo. È come... in
trance...credo sia una brutta, brutta crisi d'astinenza.”
Dean si alzò dalla sedia di scatto.
“Merda. Andiamo.”
Uscirono dalla capanna di Dean e si
diressero a quella di Castiel, alcuni metri più lontano.
Trovarono Tony che combatteva
ancora con Cas, sempre più scosso da tremiti.
Dean si avvicinò e si piegò sulle
ginocchia, afferrando l'amico per le braccia.
“Ehi Cas, per la miseria calmati!”
gli disse scuotendolo “cazzo amico, calmati!”
Improvvisamente Castiel diede uno
strattone, liberandosi dalla presa di entrambi, inarcò la schiena e gridò di
dolore.
“Oh Dio del Cielo, aiutami!” invocò
disperato, mentre alcune lacrime scivolarono dagli angoli degli occhi.
Chuck e Dean si guardarono, non
capendo che tipo di allucinazioni stesse avendo.
Forse combatteva? O assisteva a qualche
combattimento?
Castiel respirava a fatica e senza
smettere di tremare, iniziò a tossire.
Sangue.
“Porca puttana, Cas!” imprecò Dean
mentre cercavano di farlo stendere su un fianco, per non farlo soffocare.
Capì che nelle sue allucinazioni,
lo stavano torturando.
Ma erano allucinazioni molto
realistiche, a quanto poteva vedere.
“Che facciamo Dean?” gli domandò
Chuck concitato.
L'altro scosse il capo. “Non lo
so... cazzo, proprio non lo so!”
*****
Eileen si trovò casualmente ad
uscire dalla propria capanna e li vide passare correndo, con un'espressione
preoccupata stampata in faccia.
Si chiese cosa stesse succedendo ma
quando li videro fermarsi a casa di Castiel, capì che c'era qualcosa che non
andava.
Si incamminò percorrendo lo stesso
tragitto di Chuck e Dean ed arrivò davanti la porta di Castiel.
Sentì le voci dei due uomini e poi
un urlo disperato.
“Castiel!” esclamò la giovane
precipitandosi all'interno.
Trovò tre uomini intorno all'ex
angelo, steso su un fianco a terra, scosso da evidenti convulsioni.
Si avvicinò rapidamente e si
inginocchiò a terra, dietro Castiel.
“Che succede?” domandò agli altri.
Dean la guardò arrabbiato. “Non
vedi? Ha una crisi e non sappiamo cosa fare! La tua idea di bruciargli le
pasticche non è stata molto intelligente, sai?” la rimproverò a denti stretti.
Eileen si sentì in colpa, avrebbe
dovuto immaginare una cosa del genere, Castiel faceva un largo uso di medicinali
e droghe e la loro improvvisa scomparsa lo avrebbe devastato.
L'uomo tossì di nuovo, sputando
altro sangue.
“Oh mio Dio!” esclamò lei “ma
questo...non ha senso... perchè sputa sangue?” chiese più a sé stessa che ai
presenti.
Dean la guardò. “Beh mettiamola
così” iniziò “quando un essere di trecento metri rinchiuso in un uomo di un
metro e ottanta ha una crisi d'astinenza, per l'uomo di un metro e ottanta sono
guai!”
Eileen spostò lo sguardo su
Castiel: trecento metri? Allora tutte quelle storie erano vere!
“Lo ucciderà” disse alzandosi di
scatto “così morirà!”
Senza aspettare replica, la donna
uscì di corsa, dirigendosi verso l'infermeria.
Entrò spalancando la porta e corse
all'armadietto di ferro che conteneva i medicinali, ma lo trovò chiuso.
“Ehi ragazza, che fai?” disse una
voce alle spalle.
Eileen si voltò. “Dammi le chiavi”
ordinò all'infermiera o pseudo tale appena giunta.
La donna corrugò la fronte e scosse
il capo. “Esci da qui, quelle medicine...”
“Dammi quelle cazzo di chiavi,
ora!” gridò brutale, avvicinandosi minacciosa.
L'altra restò ferma dov'era, senza
accennare ad obbedire.
“Okay, allora lo butto a terra e lo
apro a modo mio!” minacciò tornando indietro e afferrando l'armadietto per
buttarlo davvero giù.
“No aspetta, maledizione! Romperai
tutte le fiale!” la fermò correndole accanto.
“E allora aprilo tu.”
L'infermiera ubbidì a denti
stretti. “Se cerchi anticoncezionali, non ne abbiamo!” la provocò mentre
infilava la chiave nel lucchetto.
Eileen serrò i pugni ma tacque,
quando l'armadietto fu aperto, prese un paio di fiale di morfina, una siringa e
qualche ago di ricambio.
“Ma che diavolo pensi di fare con
quella roba?” le chiese l'altra, guardandola con un ghigno cattivo.
La giovane la guardò e le sferrò un
pugno sul naso.
“Cazzi miei, grazie!”
Mentre la donna si piegava su sé
stessa col naso sanguinante, Eileen se ne andò, correndo.
Tornò in casa di Castiel e si
precipitò accanto a lui, ancora sofferente.
Ma non urlava più, né invocava Dio
come prima.
Ora si lamentava sottovoce, preda
di un dolore che forse c'era davvero o forse era solo nella sua testa, ma che lo
stava facendo impazzire.
“Cosa fai?” le chiese Dean,
guardandola mentre infilava l'ago della siringa in una fiala.
“Metto fine alle sue sofferenze con
la morfina” rispose tirando il liquido all'interno della siringa.
“Scopritegli il braccio e tenetelo
fermo per favore” chiese agli uomini facendo uscire qualche goccia di liquido
dall'ago.
Chuck gli sollevò la manica della
camicia e gli girò un po' il braccio per mettere in evidenza le vene
nell'incavo.
Punse la vena al centro, facendovi
entrare l'ago più delicatamente che poteva, poi gli iniettò la morfina sperando
che facesse effetto immediatamente.
“Non è un po' troppa?” domandò
Chuck, perplesso per la dose di morfina che gli stava iniettando.
La giovane donna scosse il capo.
“Ad occhio e croce non devo basarmi sull'uomo che vedo, ma sull'essere che c'è
dentro...e anche così non ho la minima idea di quanta ce ne vorrebbe...” rispose
togliendo l'ago dal suo braccio.
Alcuni secondi dopo, il corpo di
Castiel iniziò a rilassarsi, le convulsioni andarono scemando e i lamenti
cessarono.
Un profondo sospiro di sollievo gli
fece alzare e abbassare il torace, poi piegò la testa sul pavimento e chiuse gli
occhi.
Non seppero dire se si fosse
addormentato, ma tutti tirarono un sospiro di sollievo.
Eileen si sedette a terra,
poggiando le spalle al muro.
Era colpa sua.
Che le era saltato in testa? Eppure
quello in teoria, era il suo mestiere lei sapeva benissimo le conseguenze di
un'improvvisa interruzione dell'assunzione massiccia di psicofarmaci e
barbiturici.
Castiel avrebbe potuto ucciderlo.
“Grazie Eileen, ora puoi andare. Ce
ne occuperemo noi” le disse Dean alzandosi, imitato dagli altri due.
La donna, capendo di essere
considerata anche da lui la responsabile di quella situazione, annuì in silenzio
e si alzò.
Poggiò sul tavolo la siringa e le
fiale di morfina, e si voltò a guardare Castiel.
Lo stavano alzando da terra per
portarlo a letto, ora ebbe la certezza che fosse privo di sensi più che
addormentato.
“Se dovesse stare di nuovo male,
dategli altra morfina. Cambiate l'ago o potrebbe prendere un'altra infezione.”
“Okay, grazie” ripetè Dean
passandosi un braccio di Cas intorno al collo.
Lei sospirò ed uscì.
To be
continued
Pubblicità: vi piace l'atmosfera post-apocalittica e un Cas molto meno angelo ma
molto più uomo? Beh, allora potrebbe piacervi questa storia, scritta in
collaborazione con la mia socia
Robigna88:
Una storia dalle tinte forti....
|
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Capitolo 10 *** Don't go ***
Disclaimer
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Sweet Madness
Don't go
Castiel rimase privo di sensi per
diverse ore, sorvegliato a turno da Chuck e Dean.
Temevano potesse avere nuove crisi
e pur non essendo medici, intuivano che avrebbe potuto essergli fatale.
Ma non successe niente, Cass
semplicemente dormì – o più correttamente rimase svenuto – senza quasi muoversi.
“Ehi
capo, va' a dormire, resto io qui col coglione” disse Chuck vedendolo distrutto.
Dean si strofinò gli occhi.
“In
effetti casco dal sonno” ammise “sono stato in giro e poi inchiodato qui a
controllare che non gli prendesse un colpo. Ho decisamente bisogno di dormire.”
Si alzò dalla sedia e si sgranchì
le braccia, poi gettò un'occhiata all'orologio e vide che erano solo le ventuno.
“Ma
tu ce la fai a resistere?” chiese all'ex profeta “la notte è lunga e non
possiamo lasciarlo solo.”
Chuck sospirò e guardò Cas steso
sul letto.
“Cercherò
di stare sveglio il più possibile e quando non ce la farò più, farò un
sonnellino sulla sedia. Sta' tranquillo Dean, per ora non sento stanchezza,
resisterò a lungo.”
Il cacciatore ci riflettè su, era
quasi certo che Chuck si sarebbe addormentato da lì a un'ora al massimo, ma
d'altronde non poteva costringerlo a stare sveglio. Così come non poteva stare
sveglio lui, per forza di cose.
“Okay,
dagli un'occhiata finchè ce la fai” si raccomandò “poi mettiti a dormire,
intesi?”
“Agli
ordini capo!”
Si salutarono e il cacciatore uscì
dalla baracca di Cass, dirigendosi verso la propria.
Era stanco e stressato, le cose si
mettevano sempre più male per tutti e non ce la faceva più a reggere da solo
quel ritmo. E quello stronzo di Cass invece di migliorare, peggiorava.
Sospirò scuotendo il capo, quando
nel buio intravide un'ombra che gli veniva incontro. Gli ci volle un attimo per
capire che fosse una donna e due per riconoscere gli era.
Facile, con quei capelli
lunghissimi che svolazzavano liberi.
“Eileen,
cerchi qualcuno?” le chiese quando ancora entrambi stavano camminando.
La donna si fermò e si mise le mani
nelle tasche posteriori dei jeans.
“No,
non proprio” iniziò “in realtà stavo andando da Castiel. Sai...per vedere come
sta.”
Si sentiva in colpa verso quel
rottame d'uomo.
Era una cosa incredibile anche per
lei stessa ma era così, per quanto lo biasimasse per il suo modo di vivere e
l'assoluta mancanza di criterio, le aveva fatto specie vederlo in preda a
convulsioni incontrollabili.
Le era sembrato...vittima di sé
stesso, intrappolato in un corpo che in realtà non era il suo e che lo stava
soffocando. Era stato orribile, ed era stata colpa sua.
Dean capiva il punto di vista della
ragazza, era ovvio che non voleva ammazzarlo, ma stava di fatto che l'aveva
quasi fatto e che nonostante fosse evidente il suo senso di colpa, forse era
meglio se non si faceva trovare da Cass, al suo risveglio.
“Ascolta,
capisco come ti senti ma credo sia meglio se non ci vai” le disse senza giri di
parole “conosco abbastanza bene quell'idiota da sapere che scatenerebbe un
inferno se ti trovasse accanto al suo letto. Nel migliore dei casi direbbe
qualcosa a sfondo sessuale, nel peggiore potrebbe tentare di ucciderti. Quello
che gli hai fatto è grave, soprattutto per le conseguenze.”
La giovane donna annuì mordendosi
l'interno di una guancia.
“Lo
so, me ne rendo perfettamente conto. E non ho scusanti soprattutto perchè
io...sarei del settore, in un certo senso. Non era mia intenzione farlo andare
in crisi d'astinenza, non immaginavo una reazione del genere” ammise lei
sincera.
L'uomo sospirò. “Lo so, anzi lo
sappiamo tutti quanti, probabilmente lo capirebbe anche Castiel dopo un paio
d'ore e qualche bicchierino di vodka, ma resta il danno. Quello che Cass ha
immaginato, le sue allucinazioni dico, sono ciò che più lo terrorizza e
onestamente spero che al risveglio non ne abbia memoria” disse serio, ma poi
vedendo l'espressione contrita di Eileen, cercò di minimizzare “ma tu non
preoccuparti, quello lì ne ha viste e subite di ogni tipo, tra qualche giorno
sarà come nuovo e tornerà il vecchio alcolizzato bastardo di un tempo.”
Lei abbozzò un sorriso, guardandosi
intorno.
“Sì,
hai ragione, ho commesso un errore e non so nemmeno spiegarmi bene come ho fatto
a commetterlo, avrei dovuto immaginarlo. Cioè, una cosa del genere avrebbe messo
K.O. chiunque, avrei dovuto immaginare che...che uno come lui poteva avere una
reazione ancora più incontrollabile, ma non l'ho fatto. Spero solo che si
rimetta presto, senza altre conseguenze.”
“Sarà
così” la rassicurò Dean fiducioso “è un osso duro, non è facile metterlo al
tappeto, se la caverà come sempre.”
In realtà non ne era sicuro, ma lo
sperava davvero. Per il bene di tutti ma soprattutto per il proprio bene. Cass
era un soldato, e Dean aveva maledettamente bisogno di aiuto.
“Sì,
se la caverà” rispose lei con poca convinzione.
“Ora
scusami ma...vorrei andare a dormire un po', è stata una giornata infernale, in
tutti i sensi. Va' a casa anche tu Eileen, fa freddo qua fuori” la esortò Dean
con fare paterno.
Eileen sorrise ed annuì. “Okay,
scusami tu se ti ho trattenuto qua. Buonanotte.”
Si separarono ed ognuno raggiunse
il proprio rifugio.
***
Luci, musica...dove cazzo era
finito? Merda, un'altra allucinazione.
Prese a camminare guardandosi
attorno sospettoso, dove l'aveva portato la sua follia chimica? Chi sarebbe
apparso questa volta? Raphael? Uriel?
“No
fratello, ritenta”
Si voltò lentamente,
ritrovandosi di fronte ad un uomo che non conosceva ma che conosceva lui. Alto,
vestito elegantemente, di mezz'età.
Lo guardò bene, cercando di
trovare nella sua memoria il ricordo di quella faccia, ma non trovò nulla. Forse
la sua mente aveva creato un personaggio immaginario.
“Chi
sei?” gli chiese.
L'uomo sorrise e avanzò.
“Davvero non mi riconosci? Mi dispiace Cass...diventare umano ti ha fatto
diventare più rincoglionito di quello che eri” lo guardò per alcuni istanti,
come se lo stesse esaminando “in compenso finalmente ti sei tolto quella famosa
scopa dal culo. Però hai un tantino esagerato...”
Castiel strinse gli occhi, quasi
volesse metterlo a fuoco. Poi come un lampo, capì chi era.
“Balthazar?”
chiese sgomento.
“Bingo!”
esclamò l'altro “ne è passato di tempo, vero fratello? Beh per noi in realtà è
un soffio, ma in termini umani sei anni sono tantissimi.”
L'ex angelo lo fissò senza
parole, scioccato nel trovarselo di fronte. Perchè era sicuramente lui, non
conosceva il suo tramite ma quel figlio di puttana non aveva perso la sua
sagacia.
Peccato fosse solo
un'allucinazione e che quel tramite fosse solo una scelta arbitraria del suo
cervello.
“Sì,
è tanto tempo” convenne serio “e vorrei che tu fossi vivo sul serio. Ma non
esisti Balthazar, sei morto in battaglia sei anni fa...sei solo
un'allucinazione...”
Era sul punto di piangere. Se
lassù aveva avuto un vero fratello, quello era stato Balthazar. L'unico se
avesse osato mettersi contro i superiori per difenderlo, l'unico che come lui
veniva a volte assalito dal dubbio.
La sua mente cercava conforto
nel ricordo di un amico.
“Andiamo
Cass, non ti metterai a piangere spero!” lo canzonò con un sogghigno “anche tu
mi sei mancato ma non mi lascio certo andare a sentimentalismi!”
Castiel scosse il capo,
ricacciando indietro quelle lacrime amare.
“Sei
sempre il solito bastardo” lo rimbrottò “non cambierai mai.”
“Proprio
così” confermò Balthazar “non cambierò mai. Non nella tua testa almeno. Lì sarò
sempre il solito Balth...”
“Mi
hanno abbandonato tutti” lo interruppe Cass “se ne sono andati tutti quanti,
lasciandomi qua da solo, a combattere una guerra di merda persa in partenza.”
L'angelo di fronte a lui corrugò
la fronte guardandolo severo.
“E
tu sbattitene i coglioni! Che ti frega di che fine abbiano fatto quei
rammolliti? Alcuni sono morti, altri sono scappati...altri ancora hanno fatto il
salto della quaglia passando al nemico! E quindi? L'universo è pieno di esempi
di tradimento e sconfitta, ma va ancora avanti. Dunque smettila di fare il
tossico depresso e usa le palle in modo più costruttivo” lo spronò con veemenza,
prendendolo per le spalle.
“Io
non ce la faccio...senza...”
“Oh
ma per favore! Ti comporti come un vecchio decrepito, o peggio come un bambino!
Che diavolo ti prende? Smettila e combatti, hai capito?”
“Vorrei,
davvero” si difese Castiel “ma non posso, il peso dei ricordi, le mie paure...”
Balthazar roteò gli occhi. “Sì
okay, tutto quello che vuoi, ma tu sei più forte di tutto ciò. E io ne sono la
prova. Il tuo cervello mi ha creato perchè da solo non riusciva a mandarti gli
input necessari. Tu vuoi farcela, anche se non te ne rendi conti, ma hai bisogno
di qualcuno che ti sostenga. Guardati bene intorno, e troverai quello di cui hai
bisogno.”
“Io
non...”
Ma Balthazar sparì, e tutto
divenne nero.
***
Dean aveva ragione, probabilmente
Castiel avrebbe reagito in modo violento o per lo meno aggressivo, ma Eileen era
una di quelle persone che più si diceva loro di non fare una cosa, più quelle la
facevano.
Così aspettò circa un'ora, affinchè
fosse sicura che il gran capo fosse andato a nanna, e poi andò spedita da Cass.
Non è che le stesse particolarmente
a cuore...cioè le dispiaceva umanamente e si sentiva in colpa, ma non più di
tanto.
Ci andava perchè se non lo faceva
quella notte, avrebbe avuto problemi ad affrontarlo per sempre, e in una
situazione estrema come quella non ci si poteva permettere il lusso di non
parlarsi.
Così senza pensarci due volte,
spinse la vecchia porta di legno ed entrò.
“Chuck?”
chiamò, sicura che ci fosse lui di guardia.
Seguì un rumore di sedia che
strisciava sul pavimento e dopo un momento, l'ex profeta si affacciò dalla porta
della camera da letto.
“Eileen,
che ci fai qui?” le chiese preoccupato.
Anche lui la pensava come Dean, era
evidente.
“Sono
venuta a vedere come sta Castiel...ha avuto altre crisi?” domandò.
L'uomo la guardò interdetto, poi
scosse il capo. “No, tutto tranquillo. Dorme... no, è privo di sensi da
stamattina. Praticamente non si muove” le raccontò stringendosi nelle spalle.
“Capisco...beh
è un buon segno, la morfina ha agito bene e in fretta e ora sta recuperando le
forze. Starà bene” replicò Eileen sorridendo.
“Già,
è quello che speriamo tutti. Okay, io...torno di là, in caso dovesse succedere
qualcosa” disse l'uomo, sperando che lei andasse via.
Aveva sonno, da morire, e sperava
di poter schiacciare un pisolino sulla sedia visto che Cass era tranquillo.
“Sembri
stremato Chuck” rilanciò Eileen seria “dovresti riposarti. Se vuoi posso dare io
un'occhiata al tuo amico, mentre ti riposi un po'.”
Chuck sgranò gli occhi. “Ehm...no
ti ringrazio, sto benissimo...” ma uno sbadiglio non gli permise nemmeno di
finire la frase.
“Ascolta
Chuck, io soffro d'insonnia” iniziò “per cui restare alzata un paio d'ore in più
per me non è un problema, tu invece stai crollando dal sonno. Dammi retta, vai a
dormire un po'. Tra qualche ora verrò a svegliarti io e potrai tornare a
sorvegliarlo. Ti va?”
No, non gli andava per niente. Dean
probabilmente si sarebbe incazzato, per non parlare di Cass se si fosse
svegliato con accanto la donna che l'aveva quasi ammazzato.
“Beh...non
credo sia una buona idea” ammise.
“Come
vuoi” rispose la donna alzando le spalle “volevo solo aiutarti, ma se per te
restare almeno altre... otto ore sveglio non è un problema, buon per te.
Buonanotte, Chuck”
Altre otto ore? No, non poteva
farcela. E Dean avrebbe capito.
“Aspetta”
la fermò prima che se ne andasse “o...okay senti, è vero, non riesco a tenere
più gli occhi aperti e la sedia lì è scomoda come un letto di chiodi. Ho bisogno
di dormire almeno un paio d'ore...ti dispiace dargli tu un'occhiata?”
Eileen annuì seria. “Certo, va'
pure. Tra qualche ora verrò a svegliarti io” gli assicurò.
L'uomo non se lo fece ripetere due
volte, andò a dare un'ultima occhiata a Cass e poi se ne andò a dormire.
Rimasta da sola in quella specie di
cucina, Eileen si chiese se non fosse impazzita completamente, ma in fondo
sapeva bene perchè l'aveva fatto.
Certo, le dispiaceva per Chuck, era
un brav'uomo e meritava di essere aiutato, ma in realtà sperava che Cass si
svegliasse per chiarire quello che era successo.
Lo sapeva, nessuno le avrebbe
chiesto di farlo, ma non voleva passare per un'assassina, lei non gli aveva
bruciato tutta quella roba per ammazzarlo, anche se tutti al campo sospettavano
il contrario.
Trasse un profondo respiro ed entrò
nella sua camera, trovò Castiel addormentato, steso tranquillamente a letto con
addosso solo un lenzuolo, mentre la coperta era stata praticamente buttata a
terra.
Scosse il capo, pensando a quanto
fossero sprovveduti e disordinati certi uomini.
Alzò la coperta da terra e la
sistemò come meglio poteva sull'uomo addormentato, poi andò a sedersi poco più
lontano e si mise ad aspettare.
Lo osservò attentamente in viso, la
barba incolta e il viso emaciato gli davano un aspetto strano. Non era brutto
no, anzi l'esatto opposto, ma era... strano.
L'esatto opposto? Che razza di
ragionamenti stava facendo?
“Sto
impazzendo” mormorò “avere a che fare con questo idiota mi sta facendo
impazzire...”
Sospirò sistemandosi meglio sulla
sedia – Chuck aveva ragione, era scomodissima – e si guardò intorno. La stanza
era spoglia e decadente, un vago odore di muffa a completare un panorama
desolante.
“Tale
casa, tale inquilino” commentò sarcastica.
In effetti quell'ambiente
rispecchiava il suo proprietario, a parte l'odore di muffa. Non l'aveva
frequentato molto da vicino ma le era sempre sembrato un uomo che curava la
propria igiene, per quanto si potesse farlo in quelle condizioni.
A parte la barba incolta, era una
persona pulita. Ironico, se si pensava alle porcate che faceva a letto. O magari
era proprio per questo che ci teneva, visto il numero e il tipo di incontri che
aveva.
Un colpo di tosse la distrasse
dalle sue considerazioni sarcastiche, si girò a guardare verso l'ex angelo e lo
vide agitarsi nel letto.
Temendo una nuova crisi, si
precipitò accanto alla sedia che fungeva da comodino, dove gli altri avevano
poggiato la morfina già pronta. Prese la siringa e si girò verso di lui, pronta
ad iniettargliela.
“Lo
sapevo.. sono all'inferno...” biascicò lui con un filo di voce, guardando la
siringa in mano alla donna.
Eileen sobbalzò e per poco non si
lasciò sfuggire la siringa.
“No,
sei nel tuo letto, a casa tua” rispose lei fingendosi calma.
“Appunto,
sono all'inferno...” insistette Cass con un sospiro, coprendosi gli occhi con
una mano.
Lei restò in silenzio, non sapendo
che dire. Posò la siringa sulla sedia e si rimise dritta.
Cass si massaggiò la fronte, aveva
un forte mal di testa e i suoi ricordi erano confusi. Poi improvvisamente
ricordò Zachariah, le torture, il terrore...
Un moto di orrore lo pervase,
impallidì e iniziò ad agitarsi. E se fossero tornati per finire il lavoro? Come
aveva fatto a salvarsi? Era stato tutto un sogno?
Vedendolo agitato, Eileen si
avvicinò e gli posò una mano sulla spalla. “Ehi calmati...” gli disse a bassa
voce.
“Potrebbero
tornare...siamo tutti in pericolo...” farfugliò guardandosi intorno.
“Non
verrà nessuno, erano allucinazioni, non era vero niente!”
“Ti
sbagli, era tutto fottutamente reale...” le assicurò ansimando.
Il cuore gli batteva talmente forte
che lei poteva sentirlo sotto la mano che gli aveva appoggiato sulla spalla.
“Castiel,
non è vero. Erano allucinazioni, creazioni della tua mente, non c'era nessuno”
ripetè Eileen in tono pacato, guardandolo negli occhi.
Lui parve calmarsi, la fissò
confuso e poi si coprì il viso con le mani sospirando.
“Merda...ho
le allucinazioni...non posso crederci” mormorò esasperato.
Allora tutto quel dolore era frutto
della sua mente? Non ci poteva credere, gli era parso così reale il coltello che
lo tagliuzzava, aveva davvero sentito il sangue scorrere dalle sue ferite, aveva
davvero sentito le risate perversamente divertite di quel fottuto macellaio di
Zachariah.
Invece era stato tutto una specie
di sogno malato. Fanculo.
“Sì,
le hai. Dunque se dovessi vedere altre cose che non dovrebbero esserci, sappi
che non sono reali, ma le vedi a causa dell'astinenza” gli spiegò la donna con
calma.
L'uomo si passò le mani nei capelli
e si schiarì la voce.
“E
tu che ci fai qui? Eri venuta a controllare se eri riuscita ad ammazzarmi?” le
disse in tono acre.
Eccoci, pensò Eileen.
“No,
sono venuta a dare il cambio a Chuck, visto che lui e Dean ti stanno tenendo
d'occhio da stamattina.”
Cass corrugò la fronte. “Che
altruismo da parte tua, il buon samaritano ti fa un baffo” commentò velenoso.
Eileen prese un grosso respiro,
decisa a chiarire.
“Okay,
tagliamo la testa al toro” iniziò gesticolando “mi dispiace aver...distrutto
tutta la tua roba, non avrei dovuto farlo, non completamente almeno. Avrei
dovuto immaginare le conseguenze e non l'ho fatto, è stata mia leggerezza.”
Lui inarcò le sopracciglia. “Wow,
Terminator si dispiace, che gentile. Ora sì che starò meglio, già! Ogni volta da
ora in poi che i fantasmi del mio passato mi prenderanno in ostaggio penserò a
te che ti dispiaci e mi sentirò meglio!”
“Sto
cercando di chiederti scusa, se non l'hai notato!”
“Non
me ne faccio niente delle tue scuse! Ti sei permessa di decidere per me, tu non
sei nessuno e non mi conosci, non dovevi farlo, hai capito stupida umana?” gridò
stringendo i pugni.
La donna lo guardò truce. “Stupida
umana? Perchè, tu cosa diavolo sei, bastardo tossico? Continui con questa storia
della superiorità della tua razza? Sei solo un pov...ma che diavolo sto facendo?
Ti do anche corda? Sei solo un povero idiota, va' a farti fottere.”
Girò sui tacchi e si allontanò,
maledicendosi per essere stata così stupida da aver sentito il bisogno di
scaricarsi la coscienza con quel coglione.
Castiel con uno scatto si alzò dal
letto, ma perse l'equilibrio e cadde in ginocchio con un tonfo.
Lei lo sentì ma non si voltò,
troppo infuriata per l'ennesimo sgarbo subito da quell'uomo impossibile.
“Scappi?
Certo, come al solito, non hai il coraggio di affrontare le situazioni, è tipico
di voi umani!” le urlò dietro rimettendosi in piedi.
“Sei
solo un figlio di puttana, non mi abbasso al tuo livello” rispose piccata
girandosi di colpo “sì, sono umana, gli umani chiedono scusa quando capiscono di
aver sbagliato e io l'ho fatto con te, ma tu sei troppo in alto per capire
questo concetto, vero? Così in alto da non avere il coraggio di guardare in
faccia i tuoi fantasmi e prenderli a calci nel culo una volta per tutte! Sì hai
ragione, non sei umano, sei solo un pagliaccio. Addio, idiota” concluse furente.
Sembrava una tigre, gli occhi
accesi d'ira e i capelli leggermente arruffati le davano qualcosa
di...selvaggio.
La guardò allontanarsi senza
riuscire a replicare, tra lo stordimento e la rabbia, ma alla fine la paura ebbe
la meglio.
“Aspetta”
tentò di fermarla facendo qualche passo, ma lei continuò a camminare, uscendo
dalla camera da letto.
“Eileen,
aspetta!” gridò ancora Cass affacciandosi in cucina.
Lei si fermò e si girò a guardarlo.
“Che cazzo vuoi?” ruggì.
Castiel deglutì a vuoto, guardando
altrove prima di guardarla in faccia.
“Non...non
andare” mormorò a bassa voce.
“Perchè?”
L'ex angelo si poggiò all'anta
della porta, portandosi una mano sulla fronte.
“Perchè
ho paura a restare da solo” confessò in un sospiro “ho paura delle
allucinazioni...ho paura di me. Resta, per favore.”
Eileen credette di aver sentito
male e per poco non scoppiò a ridere.
“Oh
ma davvero? Prima mi accusi di volerti ammazzare, mi dici che sono solo una
stupida umana, e ora vuoi la mia compagnia?” obiettò ridacchiando.
“Credi
che sia facile per me chiedertelo?” le domandò con amarezza “io non avevo paura
di niente e nessuno...e ora sono terrorizzato. Quindi per favore, evita di
infierire...e aiutami.”
Era umiliante per lui,
terribilmente umiliante, ma non aveva scelta. Non voleva restare da solo e anche
se l'aveva attaccata, sapeva che non c'era stata intenzione di fargli del male.
Probabilmente ad un umano comune
non sarebbe successo niente di quello che era successo a lui, ma Cass non era un
umano comune e non lo sarebbe stato mai.
E non voleva restare da solo con
quella parte che non sarebbe stata mai umana, quella parte che poteva ucciderlo.
Eileen lo guardò negli occhi e
lesse paura e smarrimento. Quell'uomo era pazzo, era un coglione e un bastardo.
Tutto quanto, ma stava soffrendo e in parte era colpa sua.
Per cui sospirò stringendosi nelle
spalle e si avvicinò a lui.
“Okay,
resto” annunciò rassegnata “tra qualche ora andrò a chiamare Chuck che prenderà
il mio posto.”
“Grazie.”
“Non
ringraziarmi, non lo faccio per te, ma per me stessa. Non voglio sentirmi più in
colpa nè sentirmi costretta a chiederti scusa” precisò seria.
“Grazie
lo stesso” insistette lui “ora torno a letto...mi gira la testa...”
Cass si girò per tornare in camera,
ma dopo aver mosso solo due passi le gambe iniziarono a piegarsi e sarebbe
caduto se prontamente Eileen non l'avesse sostenuto.
“Sei
un rottame” gli disse ironica, mentre a fatica lo riportava a letto.
“Lo
so...pensa che un tempo volavo” commentò lui stendendosi.
“E
ora ti hanno tarpato le ali, me l'hai già raccontato. Ora chiudi il becco e
dormi. Prima ti riprendi e prima mi allontano da te. Sei nocivo per la mia
salute mentale, Castiel.”
L'uomo le rivolse un sorriso
ambiguo. “Mi verrebbe da fare qualche battuta scabrosa, ma mi tratterrò.”
Eileen sospirò rassegnata,
quell'uomo era incorreggibile ma doveva aver pazienza.
Andò in cucina e tornò con un
bicchiere d'acqua, Castiel lo bevve quasi in un unico sorso, poi si stese di
nuovo e sospirò chiudendo gli occhi.
“Stai
bene?” gli chiese la donna.
“Non
molto, ma andrà meglio.”
Restarono in silenzio, finchè lui
lentamente non si assopì di nuovo, senza altre allucinazioni.
This work is licensed under a
Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.
Non ho mai fatto una cosa del genere, ma mi vedo costretta a
mettere il copyright. Qualsiasi parte, idea o concetto di questa storia, o di
altre mie storie, usate in altre storie senza il mio consenso, è da considerarsi
plagio. E' brutto
accorgersi di essere stata in qualche modo copiata, chi scrive dovrebbe farlo
per esprimere la propria creatività, dunque non capisco perchè copiare. Una
frase, una situazione, una singola parola vi ispira altre storie? Benissimo,
ditemelo! Sarò felice di darvi il permesso di usare quella cosa che vi
ispira per la creazione di una nuova storia. Chi scrive per puro amore mi
capirà. E chi è onesto si atterrà a questa mia richiesta. Man mano aggiungerò
questa postilla in tutti i capitoli di tutte le storie.
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Capitolo 11 *** You know what to do ***
Disclaimer
Note
d'autore: E rieccomi! Sono anni che non aggiorno questa storia, per diversi
motivi. Ma non l'ho dimenticata tanto che mi sono obbligata a riprenderla. Spero
che ci sia ancora qualcuno lì fuori che la legga però! Capitolo strano lo so, ma
necessario. Per la storia e soprattutto per me, che devo rientrarci.
Grazie a Robigna88 per il sostegno e la revisione del capitolo <3
Disclaimer: Supernatural e i suoi
personaggi non mi appartengono, (vorrei che Castiel fosse mio, ma questo è un
altro discorso) ma le storie che mi ispirano sì, per cui si prega i gentili
lettori di non copiare, grazie! Image ©
Sweet Madness (se
ci sei, batti un colpo!)
You know what to do
E ora dove cazzo
era?
Un enorme campo
verde, un sentiero acciottolato, alberi in fiore da tutte le parti. Fottuti
uccelli che cinguettavano tra i rami.
Castiel si guardò
intorno e cercò di capire da dove sarebbe arrivato pericolo. Cos'era quello
scenario da pacifica periferia americana? Un'allucinazione causata
dall'astinenza o lo stupido sogno di un povero disperato com'era lui? Sembrava
di stare in una fottutissima pubblicità.
“Okay cervello di
merda” gridò “mostrami quello che devi e falla finita, mi sono stancato di
questi viaggetti del cazzo!”
“Non eri così
sboccato, un tempo” disse qualcuno alle sue spalle.
L'ex angelo ebbe
l'impressione di essere stato colpito alla nuca. Quella voce non era la sua vera
voce, ma era quella che aveva sentito l'ultima volta. Si voltò lentamente, quasi
avesse paura di ritrovarsi faccia a faccia con lei. Ed era vero, aveva paura di
affrontarla.
“Anna...” sussurrò.
Merda. Era davvero
lei. Anna, il suo superiore. Nascosta nel corpo di una ragazza magra e pallida,
con quei capelli troppo rossi per essere naturali e le mani ossute.
L'allucinazione gli
sorrise e fece qualche passo verso di lui. I ciottoli stridevano sotto i suoi
piedi rendendo quella situazione ancora più reale. Ma non lo era, Cass lo
sapeva. Però faceva male lo stesso.
Quando Anna arrivò a
pochi centimetri da lui, l'ex angelo chiuse gli occhi, sperando che sparisse.
“Vattene per favore, vattene via” implorò.
Anna scosse il capo
e parlò di nuovo. “No Cass, non me ne andrò, non prima di aver parlato con te.
Apri gli occhi e guardami.”
L'altro obbedì e si
ritrovò quegli strani occhi verdi piantati nei suoi. Per un attimo pensò che
avrebbe tirato fuori qualche arma per farlo a fette, o magari era una trappola
per farlo prendere da Zachariah e i suoi burattini. Dopotutto era morta per
colpa sua, avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per ammazzarlo.
“Non sono qui per
ammazzarti, Cass” assicurò lei in tono piatto “anche se volessi farlo, non
potrei. Io sono morta, ricordi? Li hai portati nel passato proprio per questo.
Sono morta per colpa tua.”
Ecco. Se Balthazar
era stata un'allucinazione consolatoria, Anna era una punizione, i sensi di
colpa che prendevano forma. E la morte di Anna era uno dei più grossi.
Cercò di mantenere
la calma, di non mostrarsi dispiaciuto, o impaurito. O qualsiasi altra cosa che
potesse mostrare quanto era grande il suo rimorso. “Eri diventata una stronza
psicopatica, dovevi essere fermata” le disse sperando di suonare risoluto.
Anna sorrise di
nuovo ma le vide stringere i pugni. “Forse, ma avevo ragione. Il problema era
Sam Winchester, andava eliminato, ma tu non me l'hai permesso. Se fosse morto,
tutto questo non sarebbe accaduto.”
Castiel pensò che
aveva fottutamente ragione; se Sam fosse morto allora, se non fosse mai nato,
tutto quello non sarebbe accaduto. Non sarebbero morte tutte quelle persone,
tutti quei suoi fratelli, e soprattutto lui non sarebbe stato un povero tossico
di merda che non riusciva a riemergere dal liquame in cui si era tuffato da
solo.
“Non immaginavo cosa
sarebbe successo” ammise con amarezza “Sam e Dean erano miei amici, non potevo
lasciartelo fare.”
Anna sparì dalla sua
vista dissolvendosi come nebbia. Forse l'allucinazione era già finita, forse si
stava svegliando. Si guardò attorno ma non c'era più, se n'era andata.
“Sì, ma la tua
fedeltà ha ucciso molte persone” replicò lei, riapparsa dietro le sue spalle “e
altri ne moriranno, tanti altri. Il mondo sta finendo, tutto per colpa di un
unico uomo. Tutto questo è colpa tua Cass, tua soltanto.”
Cass l'aveva
ascoltata senza guardarla, poi si girò e si accorse che era diversa. Non
indossava più quella giacca verde e i jeans. Aveva un abito lungo e bianco e i
capelli raccolti. Il suo viso invece era lo stesso, immobile, non c'era rabbia o
rancore nella sua voce, ma la sua lingua tagliava più di un coltello. Era lì per
ferirlo con le parole e ci stava riuscendo alla grande.
“Con che diritto sei
venuta qui ad incolparmi?” le disse con acredine. “Tu te ne sei andata da casa
per occuparti dei cazzi tuoi molto tempo prima che iniziasse questa merda.
Ancora non ho capito come mai improvvisamente sei ridiventata un soldatino
ubbidiente decidendo di far fuori i fratelli Winchester” si fermò e accennò un
sorriso ironico “anche Dean, che mi sembrava ti piacesse un po', o sbaglio?”
Lei non si scompose,
a parte un lampo scuro che guizzò nei suoi occhi. “Davvero mi stai chiedendo
perchè sono tornata nei ranghi? Proprio tu me lo chiedi, Cass?” fece una pausa e
per la prima volta da quando era apparsa, il suo viso si contrasse in una
smorfia di dolore.
“Quando sei legata
mani e piedi su un marmo gelido mentre due figli di puttana ti pungono e
lacerano e tagliano...beh giureresti fedeltà a chiunque purchè la smettano.
Anche questo è stato colpa tua, ricordi? Tu mi hai tradita, mi hai consegnata a
loro.”
Ma che cazzo di
allucinazione era? Che senso aveva lei lì? Non lo consolava e non lo torturava,
che diavolo voleva da lui? Semplicemente ricordargli in mille modi quanto fosse
responsabile di quell'incubo?
“Che cosa vuoi da
me, Anna?” le domandò “Perchè sei qui? Perchè il mio cervello ti ha creata?
Senza offesa, ma tra tutti i rimorsi e i rimpianti che ho...”
“Io sono il più
grande” finì lei.
Cass scosse il capo.
“No, affatto” mentì “non lo sei, non lo sei mai stata. Te ne sei andata su due
piedi piantandoci in asso, te ne sei fregata di tutto e tutti e poi hai deciso
di ergerti a paladina del paradiso seminando il panico nel passato e nel
presente come terminator! Perchè dovrei provare rimorso? Te la sei cercata.”
Sì era così, Anna,
se l'era cercata. Erano ordini e doveva eseguirli? Stronzate! Lui degli ordini
se ne era spesso sbattuto i coglioni e anche dopo che lo avevano fatto a pezzi e
riassemblato, aveva resistito ben poco col guinzaglio al collo.
“E cosa ne hai
ricavato?” gli domandò lei, facendogli capire che poteva sentire ogni singola
parola che scambiava con sé stesso.
Che coglione, era
ovvio. Anna non esisteva davvero, era nella sua mente, era fatta della stessa
materia dei suoi pensieri. Fottutti neuroni impazziti che collidevano producendo
pensieri ed immagini.
“Libertà” rispose
alla propria allucinazione, che rispose scoppiando a ridere.
“Oh sì, bella
libertà la tua, Castiel” commentò, mentre una folata di vento gelido le sciolse
i capelli. “Libertà da cosa? Da chi? Sei libero, Cass?”
Si guardarono negli
occhi per lunghi istanti, l'ex angelo cercava la risposta giusta, ma non la
trovava. Che cosa ne aveva ricavato? Aveva dato tutto per gli uomini, e aveva
sbagliato tutto.
“Vuoi che ti dica io
cosa hai ricavato, Cass?”
“No.”
Anna sorrise e
avanzò di qualche passo. “Invece sì. Tanto lo sai già, ma a volte un ripasso è
necessario” continuò.
Castiel chiuse gli
occhi. Sparisci, sparisci, sparisci.
“Ti era stato
affidato un compito molto semplice, soldato” iniziò l'allucinazione col corpo di
donna “salvare Dean Winchester e lasciare che le cose andassero com'era scritto.
Ma tu hai fatto diversamente. Hai peccato di presunzione, ti sei creduto
migliore di tutti gli altri...”
“No! Non è vero!” le
urlò serrando i pugni.
“...hai disobbedito,
ti sei schierato con loro, nonostante non ti considerassero uno di loro. Ti
chiamavano quando gli servivi, se ne fregavano se stavi male o eri in pericolo,
ma tu continuavi ad essere dalla loro parte...”
“Tu non sai un cazzo,
chiudi quella bocca!”
“...hai ucciso i
tuoi fratelli, hai causato la morte di molti innocenti. Hai ucciso me e
condannato a morte il tuo amico umano, Dean. E ora? Sei la metà di un uomo,
pieno di vizi e soffocato da rimorsi e rimpianti. È questa la tua libertà?”
Con un impeto di
rabbia, Cass scattò verso di lei per afferrarla e farla tacere con la forza. Ma
l'allucinazione si dissolse di nuovo e riapparve alla sua sinistra.
“Come puoi
afferrarmi? Non si può toccare la coscienza” disse lei con un sorriso. Cass si
sentiva sfinito, desiderava solo che quell'incubo finisse al più presto.
Perchè non si
svegliava?
“Perchè sei stanco
fratello mio. Molto stanco.” fece lei posandogli una mano sulla guancia. “E mi
dispiace tanto, non meritavi tutto questo.”
Castiel sospirò
provando molta tristezza. “No, non lo meritavo, io credevo di fare la cosa
giusta” si difese, ormai sul punto di piangere. “Non pensavo che sarebbe
successo tutto questo.”
Anna annuì,
l'espressione finalmente umana, quasi compassionevole. “Lo so Cass, lo so. Tutto
questo è troppo per te, non ce la fai più.”
“No. Sono sfinito.”
“Sì, sei sfinito.
Basta combattere fratello, ormai è finita. Arrenditi, trova la pace.”
L'ex angelo sentì
qualcosa di duro sfiorargli l'addome. Abbassò lo sguardo e vide un pugnale
angelico stretto nella mano della sua allucinazione.
Della sua coscienza.
“Che significa?” le
domandò, convinto che non volesse colpirlo. Anzi, sapeva che non l'avrebbe
colpito.
Lei strinse le
labbra e poggiò la lama al centro del suo petto. “Lo sai cosa vuol dire Cass.
Ora sta a te decidere.”
Castiel prese l'arma
dalla piccola mano di Anna, la guardò, da un lato e dall'altro. Non la vedeva da
molto tempo, aveva perso la sua anni prima e quasi aveva dimenticato com'era
fatta. Era fredda come un pezzo di ghiaccio.
E pesante.
“Tu sai cosa fare,
Castiel.”
Lui annuì. “Sì lo
so.”
Colpì Anna allo
stomaco, un'onda di luce si sprigionò da lei, ma a piegarsi dal dolore fu Cass.
Gridò, mentre sulla sua camicia di allargava un'enorme macchia di sangue.
Anna sorrise. “Buon
viaggio, fratello.”
Cass cercò di
parlare, ma dalla sua bocca uscì solo un sibilo strozzato.
Tutto divenne nero e
non sentì più nulla.
To be continued
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