Elementary, My Dear Natsuki

di DezoPenguin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


NDT: Questa è una traduzione. Potete leggere l'originale qui. Lasciate una recensione, se vi va, così potrò mandarla a DezoPenguin.

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Note dell’autore

Alcuni di voi sapranno che non sono un fan sfegatato degli AU. Sì, li leggo, ed alcuni di essi sono nel novero delle mie storie preferite, ma credo che la maggior parte di questi racconti, anche i migliori, ricadano in quella categoria in cui gli AU sono interessanti e ben scritti, ma i personaggi canonici potrebbero benissimo essere protagonisti originali che per caso hanno i nomi e l’aspetto di facce che già conosciamo. Mantenere l’equilibrio tra la storia originale e la nuova ambientazione è una faccenda delicata e nella maggior parte dei casi non funziona.

Allora vi chiederete perché diavolo ne sto scrivendo uno, o ancor peggio, perché la mia prima storia in questo particolare fandom sarà un AU? E, ancora peggio, perché questa sarà la addirittura la prima di quello che si propone essere un gruppo di sei o sette storie brevi?

Onestamente, parte del motivo è che tutto quello che potrei dire riguardo questi personaggi nel loro solito universo è già stato scritto, ed è stato scritto meglio di quanto io potrei fare. Ci sono delle bellissime Shiznat in questa sezione. Ed in parte l’ho fatto perché l’idea è saltata fuori dal nulla, mi ha morso il sedere e non ha voluto mollarmi. E poi, ehi, Mai Hime ha già due universi alternativi canonici, vale a dire Otome e Destiny, giusto?

Quindi, o farò un buon lavoro e vi divertirete, o farò schifo e potrete segnarmi a dito e ridere di me… quindi vincete in entrambi i casi.

Un paio di note:

1. Anche se ho allegramente saccheggiato i cognomi dei personaggi di Otome perché si adattano meglio allo scenario, la versione dei personaggi che troverete qui è quella di Hime.

2. Di proposito, ho regalato a Londra una comunità giapponese più estesa e vivace di quella che, per quanto ne so, esisteva lì alla fine dell’ottocento. Allo stesso modo, anche se una Sherlock Holmes di sangue misto mi avrebbe dato terreno fertile per un’interessante esplorazione dei pregiudizi sessuali e razziali nell’Inghilterra vittoriana, questi problemi saranno ignorati per far funzionare la storia. Potete far finta che il famoso sorriso di Fujino e l’Occhiata della Morte di Kuga uccidano detti pregiudizi ancor prima che si manifestino.

3. Anche se il modo di parlare non sarà del tutto moderno, non userò il modo di esprimersi pseudo-vittoriano che adopero per i miei racconti gotici. Scrivere mantenendosi nel personaggio è già abbastanza difficile così com’è.

4. Un bonus per ogni citazione o cameo da ‘Uno studio in rosso’ che vi riuscirà di trovare!

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Elementare, mia cara Natsuki-Capitolo 1

La mia amicizia con lei cominciò in un modo tanto ordinario e prosaico che a malapena riesco a credere che sia accaduto così. Dopotutto, un avvenimento che cambiò la mia vita… no, che cambiò me… in modo così profondo, avrebbe dovuto essere chiaramente sottolineato e celebrato.

Con dei fuochi d’artificio, forse. O una parata. Sarebbe stato giusto così.

Ma non accadde in questo modo. Invece, mi prese alle spalle. La vita è così, fa sempre del proprio meglio per cogliermi di sorpresa.

Anche lei è fatta così. Forse questo spiega tutto.

Nella tarda estate del 1898 mi ritrovai ad affrontare una serie di inconvenienti finanziari. A quanto pareva mio padre aveva deciso che diciannove anni trascorsi a mantenere la figlia della sua defunta amante erano stati più che sufficienti. Negli ultimi quattro anni avevo avuto un proficuo accordo con la preside del collegio femminile che avrei dovuto frequentare: mi dava subito tre quarti del denaro che mio padre le inviava per il vitto, l’alloggio, l’istruzione, gli abiti oltre ad una grossa somma per le spese personali – ad essere sinceri, Gerhart Kruger era stato molto generoso finché si era trattato di aprire il portafoglio invece del suo cuore – mentre lei intascava l’ultimo quarto e mi concedeva di fare quello che volevo. Non era stata nemmeno costretta ad inventarsi entusiastici rapporti sui miei progressi negli studi, visto che nessuno si era preso il disturbo di farle domande su di me.

Questo accordo aveva portato vantaggi ad entrambe. Sfortunatamente, l’albero del denaro aveva perso la sua ultima foglia.

Come probabilmente vi aspetterete, un’adolescente di scarso giudizio con un bel po’ di denaro a disposizione tende a farsi sfuggire le cose di mano. Tuttavia non si trattava solo di procurarmi lussi e libertà; una buona parte delle mie attività richiedeva denaro. Specialmente quando ero più giovane, soldi ben spesi mi avevano tenuta al sicuro finché non avevo sviluppato le capacità e il cervello per farlo da me.

Non ero stata una completa idiota, naturalmente, avevo risparmiato qualcosa qua e là ed avevo reinvestito il mio capitale. C’erano moltissime persone a Londra che avrebbero ucciso per una rendita di undici scellini e sei pence al giorno. Per quanto mi riguardava, comunque, avevo bisogno di ridimensionare le mie spese quotidiane.

La spesa più onerosa era costituita dal fatto che risiedevo in un piccolo hotel che offriva comodità, affidabilità ed un plotone di camerieri efficienti che si occupavano delle faccende di ogni giorno. Questo doveva cambiare; avevo bisogno di un appartamento ad un prezzo conveniente.

Mi stavo lamentando di questo fatto con Mai, cuoca e proprietaria del mio ristorante giapponese preferito. A dire il vero è l’unico ristorante giapponese che frequento, visto che preferisco la cucina occidentale. Comunque, mi fa piacere rendere omaggio al mio retaggio culturale almeno per quanto riguarda la gastronomia ed il cibo di Mai è dannatamente buono. Inoltre, lei è una dei miei pochi, veri amici.

"Sai, non sei la prima persona che mi dice una cosa del genere, oggi," rispose Mai. "A pranzo una giovane signora stava dicendo che è un vero peccato che non riesca a trovare una coinquilina per un appartamento che vorrebbe prendere in affitto."

Una testolina scura fece capolino da dietro il bancone.

"Dovresti parlarle!"

"Mikoto! Se hai tempo per chiacchierare, porta questo ordine al tavolo tre.”

"Sì, Mai," cantilenò la ragazzina e prese il vassoio con le ciotole di ramen che Mai le porgeva. Come sempre, Mikoto ignorò il tono di rimprovero della sorella adottiva. Da quanto ne sapevo, Mikoto era stata mandata in Inghilterra a vivere con suo fratello, solo per scoprire che era scomparso, forse morto. Sarebbe senz’altro finita a vivere per strada se Mai non l’avesse presa con se’. Nonostante il suo tragico passato, ogni volta che la vedevo Mikoto aveva un sorriso allegro sul viso. Ma comunque non sapevo da dove venisse, quindi forse vivere con Mai e tutto quel ramen da mangiare per lei era stato un miglioramento.

"A dire il vero, Natsuki, Mikoto ha ragione. Forse dovresti provare. Potrei presentarvi."

Mai era fatta così. Esprimerle i tuoi sentimenti poteva essere pericoloso, perché avrebbe cercato di rimettere a posto quello che non andava.

"Non lo so. Dividere la casa con un’estranea, inciampare nella sua roba o svegliarmi di soprassalto quando torna a ore strane, domande insistenti su che cosa faccio…"

Mai rise, per nulla impressionata dalle mie lamentele.

"Semplicemente non vuoi nessuno tra i piedi, Natsuki. Sai essere così chiusa, a volte."

"Hai paura che ti rubi la tua collezione di lingerie?" cinguettò Mikoto mentre tornava indietro.

"Mikoto!"

Sorbii la mia zuppa, mentre arrossivo fino alle orecchie. I bambini riuscivano sempre a trovare il modo di metterti in imbarazzo. Mai, d’altra parte, aveva colpito nel segno. I miei affari erano, stranamente, affari miei. Dico ‘stranamente’ perché la maggior parte della gente pareva dissentire. Ficcanasare e spettegolare era un lavoro artigianale.

Comunque Mai aveva ragione anche da un altro punto di vista. Se volevo un posto ragionevolmente comodo, allora sarei stata costretta a trovarmi una coinquilina. E ripensandoci, questa persona che Mai aveva menzionato sarebbe sempre stata meglio di un'estranea qualsiasi. Dopo tutto, almeno avevamo qualcosa in comune. E Mai l'aveva definita 'una giovane signora', non 'una donna', questo doveva pur voler dire qualcosa.

"Va bene, Mai," cedetti. "Presentaci pure."

"Fantastico! Allora voltati."

Battei le palpebre, sorpresa, poi mi voltai. Sulla soglia c’era una ragazza alta vestita, figurarsi, con un tradizionale kimono giapponese, viola pallido e ricamato di glicini. In contrasto con il suo abbigliamento i suoi capelli erano castano chiaro, quasi biondi, ed i suoi occhi erano rossi-non come quelli di un albino, ma rosso intenso, scarlatti quanto i miei erano verdi.

"Signorina Viola," la salutò Mai. "Bentornata. Sono sorpresa di vedervi qui due volte nello stesso giorno."

"Beh, non ho ancora trovato una nuova casa, quindi non è facile fare una buona cena. Il mio hotel non serve cibo giapponese.” La sua voce aveva un lieve accento, come una cantilena.

"Per la cena possiamo certamente aiutarvi e forse abbiamo una soluzione anche all’altro vostro problema."

"Ara, mi avete trovato una coinquilina?"

"Esattamente! Signorina Shizuru Viola, questa è la signorina Natsuki Kuga."

"Ehi," buttai lì.

"Sii gentile, Natsuki."

"Sono lieta di conoscervi," brontolai, tendendo la mano alla nuova arrivata. I suoi inquietanti occhi rossi mi studiarono, mentre lei mi prendeva la mano e la stringeva. Ovviamente stava prendendo nota del fatto che indossavo una camicia da uomo, pantaloni e stivali invece che un abito da donna, anche se ben presto avrei scoperto che lei, di me, non vedeva semplicemente la superficie.

"Altrettanto… Natsuki."

Rimasi sopresa dal fatto che avesse deciso di chiamarmi per nome. Forse perché Mai si era rivolta a me a quel modo? Il suo sorriso tranquillo, perfino sereno, non corrispondeva affatto al tono lievemente provocante della sua voce.

"Natsuki stava giusto dicendo che sta cercando un alloggio a buon prezzo," disse Mai.

"A buon prezzo lo è di certo. Il posto che ho trovato è una suite in Baker Street, piacevolmente arredata, ma un po’ troppo costosa per un solo affittuario. Per due, invece, la somma è abbastanza economica. Questo dovrebbe far piacere alla vostra frugalità tedesca. Anche se spero non facciate pratica con le armi da fuoco dentro casa? Il fumo è una cosa, ma credo che la polvere da sparo in casa dovrebbe limitarsi al tè."

"Un attimo, come-?"

Il suo sorriso diventò malizioso.

"La struttura del vostro viso mi ha suggerito le origini tedesche, anche se c’è sempre l’immigrazione da considerare. Il resto me lo ha detto la vostra mano." Sollevò la mia. "Visto? Tracce di polvere da sparo sul dorso delle dita e macchie di nicotina sulle punte."

"Sto cercando di smettere," mormorai, imbarazzata. Fumare non si addiceva ad una signorina, per questo molte ragazze che non erano soddisfatte del ruolo imposto loro dalla società fumavano. Quando avevo cominciato non l’avevo fatto per motivi politici, ma solo perché cercavo di sembrare ribelle in modo giovanile. Da qui l’imbarazzo.

Gli abiti maschili e le pistole, d’altro canto, erano solo per motivi pratici. Una ragazza deve saper badare a sé stessa, dopotutto.

Tuttavia mi sorprese, e mi preoccupò un po’, che in un paio di occhiate Shizuru avesse capito così tanto di me. Non mi piaceva che la gente ficcanasasse nella mia vita e sembrava che questa donna non avesse nemmeno bisogno di farlo per trovare le risposte.

D’altra parte non mi aveva fatto le domande più ovvie. Non aveva chiesto perché preferissi gli abiti maschili (come stile se non altro, infatti non stavo facendo nulla per nascondere il mio vero sesso) o perché facessi pratica con le armi da fuoco. Erano cose che mi sarei aspettata di sapere riguardo ad un coinquilino, ed erano certamente più importanti della nazionalità.

Quel sorriso simile ad una maschera mi disse che quella era una donna che comprendeva i segreti. Poteva notarli più di molte altre persone, ma non necessariamente avrebbe rivelato quello che sapeva o mi avrebbe dato fastidio.

Meglio lei, pensai, di un’impicciona… anche una troppo stupida per essere più di una seccatura.

"Baker Street, avete detto?"

"Ara, allora siete interessata!"

"A caval donato non si guarda in bocca, eccetera eccetera."

"Allora dopo cena vogliamo andare a visitare le stanze e scoprire se sono di vostro gradimento?"

"Per me va bene," acconsentii.

Le stanze al 221B erano tutto quello che avrei potuto sperare: due camere da letto ed un grande, luminoso soggiorno che offriva una comodità paragonabile a quella del mio hotel. La proprietaria era una donna dai capelli rossi, di origine scozzese, che smentì tutte le insinuazioni solitamente rivolte ai suoi conterranei riguardo il loro attaccamento al denaro, visto quant’erano ragionevoli i termini di affitto. Un po’ del merito andò anche a Shizuru, che con i suoi abili complimenti fece arrossire la signora. Tenni la bocca chiusa in modo da non rovinare tutto. Firmammo il contratto immediatamente e ci trasferimmo il giorno successivo.

Le prime settimane con la mia coinquilina sembrarono confermare la mia decisione nell’accettare il trasloco. Shizuru non mi fece mai una singola domanda riguardo le mie attività, anche quando mi costringevano ad andarmene ad ore strane – nemmeno in quella memorabile occasione in cui arrivai a casa sporca e con gli abiti strappati, dopo che avevo convinto diversi gentiluomini che il mio insolito abbigliamento non si accompagnava con la preferenza per insoliti atti sessuali. Al contrario, Shizuru mi dava il benvenuto quando tornavo, mi salutava quando me ne andavo e durante i pasti chiacchierava piacevolmente di politica o degli ultimi titoli dei giornali o di un romanzo che stava leggendo o di qualsiasi altra cosa a parte i nostri fatti personali.

C’era il rovescio della medaglia comunque, ed era il fatto che, visto che non voleva invadere la mia privacy, lei era altrettanto reticente riguardo se’ stessa. Stranamente, invece di essere confortata da questo atteggiamento, mi sentii provocata. Forse perché c’era già un mistero nella mia vita e non avevo bisogno di averne altri o forse perché ero più curiosa di quanto fossi disposta ad ammettere. Qualunque fosse la ragione, l’enigma che era Shizuru Viola mi affascinava.

La cosa più evidente di lei era che era in contatto con il lato giapponese del suo retaggio molto più di me, nonostante – o forse perchè – il suo aspetto potesse passare per europeo. Tendeva ad indossare kimono quando stava a casa, ed almeno una volta su tre quando usciva. Metà dei suoi libri – e ne aveva moltissimi – erano in giapponese, sulla scrivania teneva un set di penne assieme ad inchiostro e pennello per la calligrafia, ed usava entrambi con la stessa frequenza. La sua scrittura era squisita sia con i caratteri latini che con quelli giapponesi, al punto che capii per la prima volta il perché la calligrafia venisse considerata un’arte e mi vergognai un po’ della mia grafia così sgraziata. E poi c’era il tè.

Nella mia vita non avevo mai incontrato qualcuno che fosse devoto al tè quanto Shizuru. Lo beveva allo stesso modo in cui certa gente assume tabacco o alcol; era sempre presente, un incentivo per leggere o scrivere, o semplicemente per stare seduta e riflettere. In genere era tè verde, bevuto da una tazza senza manico, ma andava ben oltre. Almeno una volta ogni due giorni – o forse più, visto che non ero sempre a casa per assistere – lei officiava la vera e propria cerimonia del tè, con una grazia e una serenità che sembravano trasportare il nostro salotto inglese nella Edo medievale. Questo non era tutto, comunque; perché insisteva che ogni giorno fosse rispettata l’ora del tè inglese e in quei momenti presiedeva al vassoio con tutta l’eleganza di una vera padrona di casa. Una teiera di porcellana piena di Assam o Darjeeling e le varie aggiunte di latte, zucchero o limone erano trattate con lo stesso rispetto per la tradizione con cui teneva il frullino per la cerimonia giapponese del tè.

Personalmente io preferivo il caffè, cosa che sembrava sempre divertirla. Avevo idea che molto di quello che facevo la divertisse. Di tanto in tanto me lo faceva notare e mi prendeva in giro per qualcosa, ma sempre gentilmente e senza cattiveria. Io mi irritavo puntualmente, ma in un certo senso quegli scambi erano quasi affettuosi. Non avevo mai avuto qualcuno con cui condividere il genere di intimità rilassata che lascia spazio a provocazioni amichevoli. Eppure era un’intimità basata interamente su cose superficiali, visto che se avesse cercato di avvicinarsi di più a me con confidenze più profonde l’avrei semplicemente respinta. Spesso mi chiedevo se lo sapesse e se quindi si comportasse così di proposito, o se fosse semplicemente il suo modo di essere.

Comunque, l’aspetto di Shizuru Viola che più mi affascinava era il problema di che cosa, esattamente, facesse per vivere. Innegabilmente era una vera signora vista la sua educazione, quindi era possibile che non ‘facesse’ niente – che vivesse di una rendita proveniente dal patrimonio di famiglia. Tuttavia non riuscivo a crederci. Innanzitutto riceveva visite di persone di ceti così svariati che non riuscivo a dare loro un senso. Un ospite poteva avere la sobria rispettabilità di un uomo della City o la raffinata eleganza di un aristocratico o l’aspetto stazzonato di un commerciante o il sembiante malfamato di qualcuno che non metteva mai piede fuori dall’East End. C’era una donna che vidi almeno tre volte, una ragazza bionda della nostra età con un’espressione perpetuamente scocciata e vestita con abiti costosi e alla moda. Non c’era alcuna regolarità in questi incontri; a volte ne aveva due o tre al giorno, e a volte non vedevo nessuno per una settimana intera.

Di tanto in tanto usciva. Occasionalmente con uno dei suoi visitatori, a volte da sola. Comunque, da quanto potevo capire, passava la maggior parte del tempo nelle nostre stanze, molto più di quanto ne trascorressi io. Fondamentalmente era una persona pigra, ma era anche una perfezionista. Quando agiva, lo faceva con precisione e con l’obbiettivo di eccellere, ma solo quando era costretta, o così sembrava.

Come ho detto, era un mistero.

Anche adesso, ancora non so cosa l’avesse spinta ad attraversare la linea. Forse davvero era stato a causa del motivo che mi aveva detto, anche se ne dubito. No, lei aveva notato la mia curiosità nei suoi confronti – non poteva non notarla, vista la mia mancanza di sottigliezza ed il fatto che Shizuru era Shizuru – ed aveva deciso di darmi delle risposte. Forse ci pensava già da tempo e la lettera di quella mattina gliene aveva dato l’occasione. O forse l’arrivo della lettera le aveva fatto venire quell’idea all’improvviso. I ‘come’ di Shizuru potevano essere impenetrabili quanto i suoi ‘perché’.

Era mattino presto invece che inoltrato quando la lettera arrivò, consegnata a mano da un fattorino. Io ero ancora impegnata con la mia seconda tazza di caffè, quasi pronta ad unirmi alla razza umana, mentre Shizuru si stava godendo il tè dopo colazione. Che la lettera fosse importante fu provato dal fatto che lei mise da parte la tazza mentre leggeva. Aggrottò la fronte mentre rifletteva sullo scritto, poi alzò lo sguardo su di me con espressione contemplativa.

"Questo è un problema," annunciò. "Sembra che debba recarmi ai moli. È un posto pericoloso per una donna sola." Dopo una breve pausa aggiunse, "Natsuki potrebbe venire con me?"

“Che?" fu la mia brillante risposta.

"Natsuki è una persona pericolosa, vero? Mi sentirei più al sicuro se Natsuki fosse al mio fianco."

"Volete che vi faccia da guardia del corpo mentre vi occupate di uno dei vostri affari?”

Shizuru mi sorrise.

"Esattamente."

Il mio primo istinto fu quello di dire "Perché dovrei?" o qualcosa del genere. Ma era la mancanza di caffeina a parlare, perché mi resi subito conto che era un’occasione perfetta per conoscere meglio la mia misteriosa coinquilina.

"Suppongo non ci sia niente da fare," dissi. "Non possiamo permettervi di andarvene in giro a cacciarvi nei guai."

Si alzò in piedi.

"Sarò pronta fra dieci minuti allora. Sarebbe consigliabile chiamare una carrozza.”

Mi spazzolai i capelli per liberarli dal grosso dei nodi ed indossai una giacca che aveva l’unica funzione di provvedere delle tasche per le mie pistole. Invidiavo un po’ i pistoleri americani dei romanzi, che potevano tranquillamente andare in giro con le loro armi appese ai fianchi. Scesi e riuscii a fermare una carrozza nel momento in cui Shizuru faceva la sua comparsa al mio fianco, con indosso un abito da passeggio color lavanda, i capelli raccolti sotto un cappello inclinato ad un’angolatura sbarazzina. Quando aveva detto dieci minuti, l’aveva detto sul serio. Salimmo, lei diede l’indirizzo al cocchiere e partimmo.

 "Allora," dissi, "vi dispiace spiegarmi perché ci stiamo dirigendo verso la parte malfamata della città?"

"Ara, Natsuki è interessata a me?"

"Semplicemente non voglio sentirmi in imbarazzo quando arriveremo, non sapendo che sta succedendo, " negai. Almeno come scusa aveva il valore di essere vera, anche se non era la completa verità.

"Sarebbe fastidioso, vero? Questa è una chiamata professionale."

Le ruote della carrozza sussultavano rumorosamente sulle pietre del selciato.

"Professionale?"

"Per vivere faccio la consulente investigativa."

Un attimo, cosa…?

"Va bene, investigatrice lo capisco” – anche se non ero proprio in grado di figurarmi Shizuru in quel ruolo - "ma ho qualche problema con questa cosa della consulente."

"La maggior parte dei miei casi mi giunge di seconda mano, per così dire. Sia altri detective privati sia la polizia mi assumono quando hanno esaurito le opzioni, o a volte mandano i loro clienti direttamente da me. Direi che solo in un caso su dieci un cliente mi contatta senza l’intermediazione di altri, per questo dico che sono una consulente.”

"Capisco."

Avevo ancora qualche problema con l’idea che Shizuru fosse una detective. L’immagine di lei inginocchiata per terra ad esaminare impronte con la lente d’ingrandimento si rifiutava di prendere forma nel mio cervello, tanto era stravagante.

"Allora come funziona?" chiesi. "Intendo, cos’è che fate che loro non possono fare?" La frase fu pronunciata con un tono più rude di quanto volessi, ma lei non si offese.

"Osservazione e deduzione."

"Oh?"

"Natsuki ricorda la prima volta in cui ci siamo incontrate?"

"È un po’ difficile da dimenticare."

"È il genere di cosa che faccio per lavoro. Ho molte conoscenze specialistiche che applico ai fatti. Spesso le forze di polizia osservano i dati, ma non riescono a trarre le conclusioni corrette. In questo genere di situazione posso dare loro le risposte senza muovermi di casa. Altrimenti, posso dare indicazioni generali su dove devono cercare i dettagli mancanti, o recuperandoli io stessa o mandando qualcun altro a completare il puzzle."

"Quindi in pratica siete più intelligente di loro."

Shizuru rise dolcemente.

"Questo è un modo… diretto di descrivere la situazione."

"Ma alla fin fine è questo di cui si tratta, giusto?"

"Suppongo di sì," concesse. "Anche se preferirei dire che porto ad un problema un approccio diverso, che a volte può dare soluzioni quando i normali metodi investigativi non possono fare nulla."

Decisi che quella frase avrebbe avuto più senso se avessi saputo quali fossero i ‘normali metodi investigativi’. Considerati quanti crimini irrisolti c’erano a Londra, certamente non avrebbe fatto male.

"E voi riuscite a vivere facendo questo lavoro, eh?"

"Lo spero davvero, altrimenti Natsuki dovrà pagare l’intero affitto il mese prossimo."

"Idiota," brontolai, il che era, davvero, l’unica risposta sensata quando cominciava a canzonarmi a quel modo. "Allora, cos’è successo questa volta, che vi hanno chiamata invece di venire a farvi visita?"

"Secondo la lettera si tratta di omicidio, in circostanze che hanno lasciato confusa Scotland Yard."

La guardai negli occhi. Sfortunatamente, questa volta non mi stava prendendo in giro.

xox

Note del traduttore:

"Credo che la polvere da sparo in casa dovrebbe limitarsi al tè." in originale "I do think gunpowder should be confined to tea within the house."– Shizuru sta alludendo a una particolare qualità di tè nero chiamata Gunpowder, letteramente 'Polvere da sparo'.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Note dell’autore: Mi disturba il fatto che a quanto pare Reito, in Otome, non abbia un cognome convenientemente occidentale che possa usare qui.

 

Elementare, mia cara Natsuki-Capitolo 2

La carrozza ci portò davanti al magazzino di Rotherhithe che apparteneva alla ditta Vamberry e figlio, Commercianti di Vini. Un esemplare particolarmente spiacevole di balordo fissò Shizuru, io lo fissai a mia volta e lui si accartocciò sotto la forza del mio sguardo, scivolando di nuovo nell’angolo buio da cui era uscito.

Shizuru mi sorrise.

"Ara, ho fatto bene a portare Natsuki con me."

Decisi che quella frase non meritava una risposta. Invece chiesi,

"È questo il posto?”

"Sì, Vamberry e figlio. L’ispettore capo Kanzaki dovrebbe aspettarci."

"Dovrei sapere qualcosa di lui?"

"Lui e l’ispettrice Armitage sono gli ufficiali migliori in forza a Scotland Yard. È ambizioso e credo miri a salire molto più in alto della sua attuale posizione. Quindi mi consulta per assicurarsi che non ci siano fallimenti nel suo curriculum."

"Lo odio già."

Shizuru rise, coprendosi la bocca con una mano.

"Natsuki si sente protettiva oggi."

Sbuffai. Quella donna era impossibile!

Attraversammo la strada fino al magazzino, poi girammo l’angolo per raggiungere una porta laterale dove un agente ci stava aspettando.

"Mi perdoni signorina," si portò una mano all’elmetto quando vide Shizuru. "Spiacente ma non posso farvi entrare."

"Sono Shizuru Viola. Il capo ispettore Kanzaki mi sta aspettando, credo?"

"Oh, sì, signorina. Scusatemi. Entrate pure." Aprì la porta e si fece da parte. Lei si diresse verso l’entrata, io non lo feci. L’agente guardò me e poi lei.

"Natsuki è con me," spiegò lei. "Non preoccupatevi; non è affatto sospetta come sembra."

Beh, grazie.

L’invito comunque aveva chiarito almeno una cosa. Qualunque fossero state le sue ragioni per volermi con se’, la motivazione che mi aveva dato era stata semplicemente una scusa. Era altamente improbabile che Kanzaki o uno dei suoi sottoposti non potessero mandare una carrozza a Shizuru, e poi assicurarsi che arrivasse sana e salva prima che venisse aggredita da uno dei predatori naturali del porto. Forse era solo il modo che Shizuru aveva scelto per condividere il suo lavoro con me senza dirlo apertamente? E la mia curiosità nei suoi confronti davvero arrivava al punto da rendermi disposta ad assistere mentre investigava su un omicidio?

Visto che i miei piedi sembrarono muoversi da soli verso la porta, pensai che, sì, ero davvero disposta.

Il magazzino era enorme e avvolto nella penombra, non aveva abbastanza finestre e lucernari per essere illuminato bene. Casse e ceste erano impilate ovunque, rendendo l’ambiente ancora più buio e creando un labirinto da quello che era stato un grande spazio aperto. Un paio di secondi lì dentro furono sufficienti a farmi dimenticare la mattina di sole che stava all’esterno e ad essere schiacciata da un senso di minaccia che sarebbe stato più adatto ad un romanzo poliziesco. Mi si rizzarono i capelli sulla nuca e quasi di riflesso le mie mani si posizionarono in modo da permettermi di estrarre le pistole e sparare in un istante.

Grazie al cielo, c’è una bella differenza fra l’essere pronti ad un atto di violenza e l’esservi coinvolti, altrimenti avrei fatto la figura della stupida una volta arrivate sulla scena del crimine. Sul retro dell’edificio, nella parte che dava sui moli, c’erano cinque uomini in piedi attorno al corpo riverso di un sesto. Due di loro erano agenti in uniforme, mentre un terzo, sulla cinquantina e con una barba brizzolata, era vestito come un operaio.

Gli ultimi due stavano in piedi proprio accanto al cadavere. Uno era alto, bruno e affascinante come l’uomo del destino predetto dalle indovine, ed anche se il taglio dei suoi abiti era pratico ne riconobbi la qualità. Il suo compagno era di qualche centimetro più basso, ma comunque poco più alto della media, con un viso allungato da cavallo ed una chioma di capelli ribelli biondo rame ed abiti che facevano il paio con la pettinatura, stazzonati com’erano.

"Buongiorno, Reito," salutò Shizuru, costringendomi a chiedermi: Reito? Poi ricordai il modo in cui aveva subito usato il mio nome di battesimo quando ci eravamo conosciute, quindi probabilmente quello era solo il suo modo di fare.

"Sergente," aggiunse, rivolgendosi all’altro. Sì, Kanzaki doveva essere la metà elegante e rifinita della coppia. Peccato che non fosse stato il contrario, gli avrebbe dato carattere.

"Shizuru. Grazie per essere venuta." La sua voce si intonava con il suo aspetto: dolce, impostata, senza alcun accento.

Il suo sguardo si posò su di me.

"Posso presentarvi la mia amica, la signorina Natsuki Kuga? Natsuki, l’Ispettore Capo Kanzaki ed il Sergente Tate."

"Piacere di conoscervi, signorina Kuga," disse Kanzaki, con un educato cenno del capo.  

"Grazie," risposi, tentando di essere civile. Non c’era alcun motivo per cui dovessi fare una scenata in presenza di un cadavere. Ma Kanzaki era una di quelle persone che mi ispiravano sfiducia a pelle.

"Devo avvertirvi, è una scena decisamente violenta," disse, lui, poi si fece da parte con Tate per permetterci di guardare bene quello che c’era sul pavimento.

Il cervello riesce a fare brutti scherzi quando viene sottoposto ad uno shock improvviso. La prima cosa su cui la mia mente si concentrò quando vidi il corpo, non fu il volto del morto o la ferita che l’aveva ucciso, ma il fatto che sembrava una sgargiante macchia di colore in quella luce fioca e contro le sfumature grigiastre del legno delle casse: il cappotto verde bottiglia e i pantaloni a scacchi risaltavano ancora di più appunto perché il cadavere era disteso ai piedi di una pila di casse. Tuttavia la mia volontà di non guardare il viso del defunto non durò a lungo. Un lato della sua testa era stato sfondato con una furia selvaggia, aprendo letteralmente il cranio. Visto che la testa era girata da un lato il viso del cadavere era orribilmente distorto, in particolare l’occhio destro dato che l’orbita era stata parzialmente aperta dal colpo. I suoi lineamenti erano carnosi ed il naso bulboso.

Mi venne da vomitare, ma riuscii a controllarmi. La morte violenta non era una vista sconosciuta per me. Questa era solo particolarmente spiacevole ed enfatizzata da quello scenario squallido. Vidi che Shizuru mi stava fissando, stava forse giudicando la mia reazione?

"Un colpo solo, estremamente forte, credo," disse lei.

"Penso che il chirurgo della polizia lo verificherà durante l’autopsia. L’assassino è un uomo forte, ed ha usato un bastone con l’anima di piombo, o un piede di porco."

"E probabilmente ha colpito da dietro e l’ha lasciato dov’era caduto, a giudicare dalle macchie di sangue su quelle casse." Guardò il lungo spruzzo di sangue che imbrattava due delle casse, poi aggrottò lievemente la fronte. "Porta la fede. Vi dispiace girare il corpo?"

Kanzaki annuì, poi guardò Tate. Il sergente si inginocchiò e girò il cadavere e Shizuru, senza alcuna esitazione, cominciò a frugare nelle tasche della vittima.

"Ha un orologio d’oro con catena, un portafoglio contenente… due banconote da dieci sterline, un borsellino con tre sterline, due scellini e quattro pence, ed un portasigarette d’argento."

A quanto pareva il movente dell’omicidio non era stato il furto. Shizuru aprì il portadocumenti.

"Wilson Scott Vamberry, Commerciante di vini ed alcolici, abita a Tottenham Court Road, anche se l’avete già menzionato nella vostra lettera."

"È stato il signor MacLeod ad identificarlo. Ha trovato il corpo quando è arrivato al lavoro stamattina."

Ci voltammo tutti verso l’uomo che stava accanto agli agenti.

"Il responsabile del magazzino," spiegò Tate. "Viene sempre ad aprire alle sette di mattina."

Kanzaki fece un cenno a MacLeod, che si avvicinò.

"Shizuru, questo è il signor Robert McLeod."

"E voi avete scoperto il corpo del signor Vamberry?" gli chiese.

Il suo sguardo saettò dall’ispettore a Shizuru e poi di nuovo all’ispettore, come se stesse tentando di decidere quale fosse il ruolo di Shizuru nell’indagine. Visto che ovviamente lei sembrava agire su ordine della polizia, l’uomo si strinse nelle spalle poi rispose.

"Proprio così." Il suo accento era molto marcato, a differenza di quello della nostra padrona di casa. "Vengo sempre qui alle sette di mattina. Ho aperto la porta di lato ed ho chiamato il sorvegliante, ma Fulke non mi ha risposto. Avevo paura che gli fosse successo qualcosa, così ho cominciato a dare un’occhiata in giro, chiamandolo di tanto in tanto. Poi ho trovato questo, così sono uscito e ho chiamato la polizia."

Accennò al cadavere, indicando cosa avesse voluto dire con ‘questo’.

"E non avete visto nessun altro qui nel magazzino?" chiese Kanzaki.

"No, non ho visto niente," disse MacLeod in tono tagliente. Pensai che avesse voluto aggiungere "Non credi che te l’avrei detto se fosse successo, razza di stupido?" alla fine della frase. Mi piacque.

"Il signor Vamberry visitava spesso il magazzino?" chiese Shizuru.

"A volte lo faceva, anche se non ho mai saputo che venisse di notte. In questi ultimi giorni aveva affidato il lavoro a me," disse, orgoglioso, "o mandava suo figlio o il signor Clark. Comunque, sarebbe stato di giorno, non di notte. E poi perché venire qui di notte? Ci si vede poco già così." Il suo accento si fece più pesante mentre cominciava ad agitarsi.

"Suppongo che il magazzino sia chiuso a chiave durante la notte?"

"Aye."

"E chi ha le chiavi?"

"Io, e il signor Vamberry, e il signor Clark."

"Ed il guardiano?" intervenne Kanzaki.

"Fulke? Oh, aye, lui aveva una chiave della porta laterale, ma non del portone che dava sui moli."

"Mancano le chiavi del signor Vamberry," fece notare Shizuru.

"E manca il guardiano."

"Signor MacLeod, avete detto che la porta era aperta quando siete arrivato stamattina. Si trattava solo della porta laterale o anche i cancelli che danno sul molo?"

"Quelli li abbiamo trovati sbarrati e chiusi a chiave," ci informò Tate.

"Oggi non li ho chiusi, anche se lo faccio ogni notte prima di tornare a casa," rispose MacLeod.

"Capisco."

Shizuru premette i palmi delle mani l’uno contro l’altro, in atteggiamento di riflessione o forse di preghiera.

"Avete menzionato un certo signor Clark. Posso sapere chi è?"

"Il signor Clark è il socio di minoranza della ditta."

"Capisco. Vi ringrazio, signor MacLeod. Siete stato di grande aiuto. Ora, un’ultima domanda, cosa sapete dirmi del guardiano?"

MacLeod strinse le labbra.

"Pensate che sia stato Fulke a fare questo?"

"Dobbiamo sapere quanto più possibile riguardo le persone coinvolte. Vi prego di rispondere alla domanda della signorina Viola."

"Lavora per la società da più di vent’anni. Prima era un operaio ma quattro anni fa gli è caduta addosso una pila di casse che gli ha quasi spappolato la gamba. Non puoi spostare pesi con una gamba scassata, anche se sei forte, così gli hanno dato il posto di guardiano notturno."

"Che aspetto ha?"

"Più o meno la mia età. Capelli scuri, ben rasato. Sarebbe alto un metro e ottancinque solo che ha la gamba storta, quindi sta sempre piegato." Ignorando Kanzaki, si rivolse a Shizuru e aggiunse, "Non l’ha fatto lui, signorina. Tante società buttano fuori gli operai feriti che non possono più lavorare, ma il signor Clark l’ha tenuto. Fulke non si sarebbe mai lamentato di Vamberry e Figlio, nemmeno per scherzo, se capisce quello che intendo."

Shizuru annuì.

"Sì, capisco. Anche se troppo spesso le persone finiscono per causare dolore a coloro che amano. Vi ringrazio, signor MacLeod. Potete andare, a meno che l’Ispettore non abbia altre domande, forse?"

Kanzaki scosse la testa.

"No, è tutto. Assicuratevi di annotare il suo indirizzo, sergente, poi accertatevi che il corpo sia portato all’obitorio. Sono sicuro che la ditta vorrà riprendere il lavoro domani."

Tate, MacLeod, e gli agenti si allontanarono per provvedere ai loro incarichi, lasciandoci sole con Kanzaki.

"Bene, Shizuru, di certo avrete capito a cosa mi riferivo nella mia lettera?" 

Lei gli regalò quel suo sorriso placido.

"Oh, sì."

"Se mancassero soldi e gioielli potremmo dire che il guardiano l’ha derubato ed è fuggito. Se non mancasse nulla allora diremmo che ha litigato con Vamberry, o che Vamberry l’ha sorpreso a rubare, quindi Fulke l’ha ucciso ed è fuggito. Ma portar via solo le chiavi e nient’altro? Non ha senso-non in uno scenario così semplice."

Quindi quel bel faccino era capace di pensare.

"Oh, è più complicato di così," fu d’accordo Shizuru. "Anche se, d’altro canto, non lo è."

"Vi piace essere enigmatica."

"E a voi no, Reito? Ma vi darò un suggerimento. La prova sulla terza cassa è quella decisiva." Indicò la cassa di cui parlava, quella accanto alle due macchiate di sangue.

"La terza cassa? Ma non vi abbiamo trovato nulla di strano.”

"Sì, è quello che pensavo." Gli sorrise. "Vogliamo andare, Natsuki?"

Lasciammo Kanzaki a fissare pensosamente la cassa, con la fronte aggrottata. Sarei stata più felice del fatto che Shizuru lo avesse messo in difficoltà se avessi avuto idea di cosa stesse parlando. Odio davvero sentirmi la più stupida del gruppo.

"Allora, cosa c’entrava l’ultima cosa che avete detto?"

"Ara, Natsuki è davvero curiosa oggi."

"Io-" Maledizione. "Beh, se finite col discutere di questo affare davanti a me è più che naturale che finisca per ascoltare."

"Visto che a Natsuki piacciono le storie di detective, forse dovrei evitare di spiegare le cose fino alla fine?"

Presi un appunto mentale per ricordarmi di non lasciare mai più le mie riviste dove Shizuru potesse vederle.

"Lo avete suggerito ad Alto, Bruno, ed Irritante."

"Natsuki ha avuto lo stesso suggerimento che ho dato a Reito."

"Sì, ma lui può guardare le casse per capire che cosa intendevate." Tacqui per un secondo. "Un attimo...Shizuru, non vi siete mai avvicinata alle casse. Come avete fatto a vedere quello che c’era da vedere?"

Scosse la testa.

"No, come ho detto anche a lui, non c’era nulla da vedere. Potevo constatarlo dal punto in cui stavo."

"Non ha senso."

"Natsuki, non era necessaria un’ispezione accurata per vedere che non c’era niente."

Gemetti.

"Va bene, questo è vero."

Uscimmo dal magazzino, oltrepassando l’agente di guardia.

"Mi chiedo se riusciremo a trovare una carrozza qui intorno."

"Prima però dobbiamo parlare con l’amico di Natsuki."

"Con chi?" chiesi, ma lei si era già avviata, attraversando la strada per raggiungere il punto in cui ci aveva lasciate la carrozza, incedendo con grazia come se lo sporco e la polvere della strada non potessero toccarla. Mi affrettai a seguirla, sentendomi un po’ ridicola, e mi accorsi che stava puntando proprio verso l’angolo in cui era seduto il mendicante. L’uomo era ancora lì.

"Perdonatemi," disse Shizuru, "ma posso farvi una domanda?"

Lui alzò lo sguardo su di lei, i suoi occhi arrossati esprimevano un'evidente confusione. Di solito avvicinava le signore ben vestite nella speranza che si sentissero caritatevoli nel confronti di una povera anima. Non erano loro ad avvicinarsi spontanemante a lui. Potei quasi vedere i suoi pensieri mentre cercava di capire perché Shizuru lo avesse chiamato.

"Chissei, ‘na specie di missionaria?" sputacchiò attraverso i denti rotti. Non potevo dargli torto. Il genere di beneficienza che derivava dalla pia certezza di essere migliore di chi riceveva l’aiuto avrebbe irritato anche me. Troppe ‘opere di bene’ erano fatte più per l’orgoglio dei ricchi che per il bene dei poveri.

"Spero proprio di no," gli disse Shizuru. "Eravate qui l’altra notte?"

"Chett’importa?"

"Per voi potrebbe significare mezza sovrana.” Gli mostrò il denaro, tirando fuori la moneta dalla borsetta. Gli occhi di lui si illuminarono come se fosse entrato nella caverna in cui il drago aveva nascosto il suo tesoro. Il che probabilmente era vero, la mezza sovrana probabilmente era più denaro di quanto guadagnasse in una settimana.

"Ero qui." Tese la mano per prendere la moneta, ma Shizuru la allontanò.

"Prima ditemi cos’avete visto davanti a Vamberry e Figlio."

Lui sospirò.

"Vabbè, dormivo qui in strada, quando una carrozza mi sveglia, no? Non ne passano tante di notte. Così do un'occhiata. Esce un tizio e va alla porta sul retro. Penso, embè, e torno a dormire. Dopo però arriva un carro, una roba grossa e che fa un sacco di rumore, e poi si apre il portone e cominciano a caricare roba, vero come il Vangelo."

"Sapete che ora era?"

"Ti sembro uno che ha un orologio?" scoppiò in una risata ansimante.

"Bene, allora, potete descrivere il carro?"

"Manco per niente. Niente lanterne, se capisci quello che dico, così ho fatto il bravo e sono tornato nel vicolo così non mi vedevano.

"Capisco. Vi ringrazio molto." Gli diede la moneta e lui si illuminò. Ritornò nel suo vicolo e noi ritornammo in strada in cerca, presumibilmente, di una carrozza.

"Furto?" chiesi. "O forse contrabbando, merce illegale nascosta tra quella di Vamberry? Ma voi lo sapevate, ve l’aspettavate. Per questo avete parlato a quell’uomo."

"Sì, proprio così."

"Ma come? È stato per via della cassa? È stato quello a mettervi sulla strada giusta?"

Shizuru mi sorrise.

"Ora Natsuki sta cominciando a capire."

"L’unica cosa che sto cominciando a capire è perché riusciate a guadagnare denaro facendo questo lavoro." Chiaramente riusciva a vedere delle cose che io non notavo e questo era un talento che valeva la pena di essere pagato.

Inclinò la testa da un lato come cercando di vedere la cosa da una nuova angolazione.

"Davvero? Ma non è ovvio?"

Arrossii, imbarazzata. Doveva proprio farmi sentire una completa idiota?

"Ho capito che la cassa aveva qualcosa che non andava, il che vi ha rivelato che hanno spostato la roba all’interno del magazzino. Fin lì ci arrivo. Ma quello che non capisco è che cosa c’era esattamente di strano."

"Era la macchia di sangue. Quando l’assassino ha ucciso Vamberry il colpo ha causato uno spruzzo di sangue che ha macchiato le casse. Ma la terza cassa non era sporca nonostante la traccia sulla seconda, dalla lunghezza e dall’angolazione, avrebbe dovuto continuare anche sulla terza. Questo mi ha rivelato che la terza cassa non era stata lì al momento dell’omicidio. O è stata messa lì più tardi o, più probabilmente, è stata messa lì al posto di un’altra."

"E perché questa sarebbe più probabile?"

 "Bè, dubito che là dentro si siano svolte attività lecite dopo l’assassinio del proprietario. Dei criminali non avrebbero alcuna ragione di mettere una cassa in uno spazio vuoto, ma potrebbero sempre rubarne una e metterne un’altra al suo posto, in modo da nascondere l’importanza di quella mancante. Ed anche se all’interno del magazzino si notasse uno spazio vuoto, questo sarebbe nel punto in cui si trovava la cassa nuova, confondendo le idee su cosa sia stato effettivamente rubato."

"Ci sono! Se si fosse trattato di contrabbando, la polizia avrebbe pensato, per esempio, che la merce fosse nascosta in una spedizione danese per John Doe invece che in una spedizione francese per Richard Roe, e avrebbe sprecato tempo facendo indagini su una persona innocente. Ed hanno portato via la cassa perché sapevano che l’omicidio avrebbe dato inizio ad una perquisizione che avrebbe portato alla scoperta di qualcosa di importante."

"Ora Natsuki sta cominciando a capire," disse Shizuru, sorridendo di nuovo.

"Per questo si sono presi le chiavi di Vamberry! Dovevano aprire il portone che dava sui moli perché la cassa non sarebbe passata dalla porta secondaria, poi hanno richiuso tutto per lo stesso motivo che avete detto, per nascondere il fatto che qualcosa era stato spostato," continuai, trasportata dal concatenarsi delle idee. Accidenti, questa faccenda era davvero interessante. L’avrei quasi definita divertente, se non fosse stato per il tizio che in quel momento giaceva nel magazzino col cranio fracassato.

"Fulke! Lui era la talpa per quelli del carro, così avrebbe potuto aprire la porta permettendo ad altri ladri o contrabbandieri di entrare nel magazzino."

“Bè… questo lo vedremo."

"No?" dissi, pentendomi immediatamente di non aver saputo trattenere la delusione nella mia voce.

"Potrebbe essere, ma stiamo correndo troppo. Forse ci faremo un’idea più precisa quando incontreremo gli altri attori del nostro dramma."

Vide una carrozza e sollevò il braccio; la vettura si fermò quasi all’istante. In un quartiere come quello, anch’io mi sarei fermata per far salire una signora vestita come lei. L’indirizzo che diede al vetturino ci avrebbe portate di nuovo verso casa, ma non a Baker Street. Invece, eravamo dirette verso Tottenham Court Road, agli uffici di Vamberry e Figlio.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Elementare, mia cara Natsuki-Capitolo 3

Vamberry e Figlio, commercianti di vini, aveva un’aria di vetusta solennità. Era un edificio vecchio e solido e l’intonaco un po’ scrostato dei muri, invece di farlo sembrare decrepito, gli dava carattere. Sembrava uscito direttamente da un romanzo di Dickens però da quanto aveva detto Shizuru l'omicidio aveva avuto le sue origini proprio da lì. Questo mi ricordò nuovamente che una facciata di rispettabilità poteva nascondere segreti e corruzione quanto una baracca di Whitechapel o di Seven Dials.

Un giovanotto elegantemente vestito, con pantaloni e panciotto scuro ed una camicia di un bianco abbagliante, ci diede il benvenuto con un sorriso.

"Chiedo scusa, posso parlare con i proprietari?" chiese Shizuru, porgendogli il biglietto da visita che aveva estratto dalla borsetta.

"Mi dispiace signorina ma il signor Vamberry non è qui stamane ed il signor Clark-"

Un altro giovane, biondo e con baffi sottili, uscì da una delle stanze sul retro.

"Hawkins, dove diavolo è il vecchio-" cominciò ma si fermò immediatamente quando si accorse di noi. "Imploro il vostro perdono, signorine. Non avevo intenzione di disturbare."

"Queste signorine sono qui per parlare con vostro padre, signore," intervenne Hawkins. Ricordai che MacLeod aveva detto che il morto aveva un figlio; a quanto pareva era lui. Il biglietto di Shizuru fu passato a Vamberry che lo lesse con curiosità. Aprì la bocca per parlare ma alla fine decise di non esprimersi e la chiuse.

"Volete accomodarvi da questa parte per cortesia, signorina Viola e signorina-?"

"La mia amica, la signorina Kuga."

"Signorina Kuga."

Lo seguimmo oltre la soglia, dall'entrata dell'edificio negli uffici veri e propri. Una porta laterale ci condusse in quello che sembrava lo studio di un impiegato.

"Ora, signorina Viola, vi sarei molto obbligato se poteste essere così gentile da dirmi cosa, esattamente, sia una 'consulente investigativa' e in che modo questa cosa abbia a che fare con mio padre." Era sulla difensiva, sembrava che ci avesse invitate a seguirlo per evitare di fare scene di fronte agli impiegati. Ma comunque, se quello era il suo ufficio, forse anche lui era semplicemente un membro dello staff.

"Signor Vamberry, siamo giunte qui dal magazzino della vostra ditta a Rotherhithe," gli disse Shizuru con gentilezza. "Mi dispiace, ma abbiamo tristi nuove per voi. Vostro padre, il signor Wilson Vamberry, è morto."

"Cosa? Mio Dio, non è possibile! Che a che razza di gioco perverso state giocando?"

Mi irritai a quell'insinuazione, ma potevo capire quell'atteggimento. Shizuru mantenne il suo contegno calmo e comprensivo.

"Mi dispiace molto, ma è la verità."

"Ma non è possibile, vi dico. Mio padre godeva di perfetta salute!"

Shizuru chinò la testa.

"Vi capisco ma… questo è legato all'altra vostra domanda. Stiamo aiutando la polizia a condurre le indagini su quanto accaduto. Mi dispiace che non ci sia un modo facile di esporre la questione, signore, ma si tratta di omicidio."

"Buon Dio!" Il suo viso, che aveva cominciato a illividirsi, diventò mortalmente pallido. Tremando, afferrò il bordo del tavolo per sostenersi. "Dev'esserci un errore. Un incidente-?"

Shizuru scosse la testa.

"È stato un attacco violento, signor Vamberry. Non c'è altra spiegazione possibile."

"Buon Dio," ripetè. Ondeggiò leggermente e sprofondò nella poltrona. "Perdonatemi, io… queste notizie..."

"Naturalmente," disse Shizuru con gentilezza. Mi chiesi se Vamberry non stesse recitando. Sembrava abbastanza sincero ma se aveva appena ucciso suo padre di certo avrebbe finto di struggersi dal dolore, no?

"Questo ucciderà mia madre," mormorò, poi impallidì quando si rese conto delle implicazioni di quanto aveva detto. Shizuru decise di distrarlo continuando con altre domande.

"Signor Vamberry, riuscite a pensare ad un motivo per cui vostro padre potesse trovarsi al magazzino ieri notte?"

"Ieri notte? Santo cielo, no. Non è andato quasi mai al magazzino in questi ultimi anni e di certo non di notte. Da quando ho cominciato a lavorare nella ditta non si è quasi mai occupato dei problemi di spedizione e confezionamento."

"Quindi questi sono compito vostro?"

Vamberry annuì.

"Sì, di tanto in tanto. Altrimenti chiedeva al signor Clark di occuparsene, quando si trattava di faccende che richiedevano l'autorità di un socio. Mio padre seguiva principalmente le vendite e cose del genere oltre alla gestione generale degli affari."

"E i vostri doveri?"

"Impiegato e contabile." Indicò la stanza con un gesto della mano.

"Quindi, visto che avete questo ruolo, lo sapreste se la società andasse bene?"

"Sì, è decisamente prospera, e lo è sempre stata negli ultimi anni."

"E non ci sono state perdite recenti o inaspettate?"

"No, affatto. Le entrate sono state costanti e la ditta ha continuato a crescere. Non c'è mai stato nulla che potesse… intendo."

 Shizuru annuì.

"Capisco, signor Vamberry, e vi abbiamo imposto la nostra presenza fin troppo a lungo. Ora potremmo parlare con il signor Clark?"

"Sì. Sì, certo. Controllerò se-" Tacque all'improvviso ed alzò la testa di scatto. "Il signor Clark! L'avevo quasi dimenticato, ma lui e papà hanno avuto un terribile diverbio ieri prima di pranzo!"

"Di cosa si trattava?"

"Non lo so; la porta era chiusa e tutto quello che sono riuscito a sentire erano le loro voci, alterate, non ho potuto distinguere le parole. Comunque, sono andati avanti per circa un quarto d'ora."

"Questi alterchi accadevano spesso?"

"No, affatto. Entrambi sono uomini provvisti di grande tranquillità di spirito e vanno sempre molto d'accordo." Notai il suo uso del tempo presente. "Come ho detto gli affari vanno bene; non riesco ad immaginare che il signor Clark possa avere qualcosa a che fare con questo. È impensabile."

Uscì dalla stanza. Ancora una volta dimenticai immediatamente di comportarmi in modo freddo e disinteressato.

"Pensate che davvero abbia ricordato quella lite all'improvviso o che semplicemente se la sia inventata?"

"Me lo chiedo…" mormorò Shizuru. Non lo disse come se ci stesse riflettendo sopra, ma in quel suo tono provocante che sembrava dire 'Ho un segreto'.

"Un attimo- Shizuru, voi lo sapete già, vero?"

"Non posso dire di 'saperlo'. Però lo sospetto. È un caso abbastanza semplice e credo che Reito si sentirà in imbarazzo per avermi chiamata."

"L'imbarazzo non può che far bene ad un tipo del genere," ribattei. Stavo per chiederle quale fosse, secondo la sua opinione, la soluzione del caso –sempre che avesse voglia di dirmela- ma non ebbi l'occasione di farlo perché Vamberry ritornò.

"Per cortesia potete seguirmi, signorine? Il signor Clark vi riceverà immediatamente."

Ci accompagnò nella stanza più Dickensiana che avessi mai visto fino a quel momento, un ufficio con le pareti rivestite di legno scuro, con scaffali che si piegavano sia per l'età che per il peso dei libri e tende e tappeti sbiaditi dal sole. Clark era un uomo grassoccio sulla quarantina con un viso liscio e rotondo e un paio di occhialini in bilico sul naso. Sembrava un elfo sorridente, in equilibrio sulla linea che sta fra il gioviale e il grottesco.

"Prego, signorine, accomodatevi," ci fece un cenno con la mano. "Sono Jeremiah Clark, socio di minoranza della Vamberry e Figlio. Mi dispiace così tanto che abbiate dovuto portare così tristi notizie; non credo sia stato facile per voi." Guardò Vamberry. "Arthur, forse dovresti prenderti una giornata libera? Tua madre..."

Vamberry annuì.

"Capisco, grazie."

Uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Era una porta massiccia, pesante, era comprensibile che una lite non si potesse udire bene dall'esterno. Ora che il giovane se n'era andato, Clark si rivolse a noi.

"Ora, signorina Viola e signorina Kuga, da quanto Arthur mi ha detto ho capito che voi due rappresentate la polizia?" disse mentre ci invitava ad accomodarci su quelle che, a quanto pareva, erano le poltrone destinate ai clienti. Sedemmo, i cuscini rossi erano sbiaditi fin quasi a diventare rosa ma erano ancora confortevoli, rispecchiando l'atmosfera dell'ufficio.

"Lavoriamo con l'Ispettore Capo Kanzaki," lo informò Shizuru.

"Capisco." Sedette sulla sua poltrona e congiunse le punte delle sue dita corte e tozze. "In tal caso, credo sia appropriato dirvi tutto quello che posso. Arthur mi ha detto che è accaduto ieri notte nel nostro magazzino, vero?"

"Sì. Avete idea del motivo per cui il signor Vamberry avrebbe potuto trovarsi lì?"

Clark scosse la testa.

"No, non riesco a immaginarlo. Wilson non si recava quasi mai al magazzino, non da quando aveva assunto Arthur nella ditta tre anni fa."

"Era una cosa mi ero chiesta," intervenni io. "Questa società si chiama Vamberry e Figlio, ma voi siete il socio di minoranza e Arthur Vamberry è un impiegato." Quel dubbio mi aveva dato il tormento fin da quando ero arrivata lì.

"Credo che il defunto Wilson Vamberry fosse il 'figlio' nel nome della società," disse Shizuru.

"Proprio così, signorina Viola. La ditta fu fondata da suo padre, Edmund Vamberry, nel 1843."

Oh, beh. Almeno questo spiegava l'aspetto dell'ufficio. Cercai di non sembrare troppo imbarazzata mentre rispondevo, "Capisco. Vi ringrazio."

"Natsuki ha sollevato un ottimo argomento, comunque. Vi spiacerebbe spiegarci come siete diventato socio della ditta?"

"Affatto. Vamberry e Figlio è un nome rispettato, ma cinque anni fa ha affrontato alcune difficoltà finanziarie. In quel periodo avevo una società mia, molto più piccola e cercavo di espandermi mentre Wilson era in cerca di capitale. Ho comprato una quota, associando il mio nome alla reputazione dei Vamberry, mentre il mio investimento ha aiutato la società a superare il suo momento di difficoltà. Tutti noi ne abbiamo ricavato dei vantaggi." Tacque, poi aggiunse, "Suppongo che ora Arthur succederà a Wilson."

"Quindi il vostro rapporto come soci era amichevole?"

Clark annuì, con la testa che ondeggiava su e giù come se fosse montata su una molla.

"Oh sì, sì, molto amichevole. Andavamo molto d'accordo; a dire il vero Wilson andava d'accordo con chiunque. Era quel genere di uomo, alla mano e di buon carattere. Non dico che non fossimo mai stati in disaccordo come di solito accade fra due persone, ma mai con animosità o rancore."

"Nemmeno ieri?"

Clark sussultò lievemente nella sua poltrona. Shizuru l'aveva detto con disinvoltura, quasi distrattamente, senza che il suo sorriso comprensivo venisse meno, ma la sua domanda aveva colpito nel segno con la stessa forza di una sfida aperta, il che sarebbe stato il mio modo di affrontare la faccenda.

"Si prendono più mosche con una goccia di miele" non era mai stato il mio motto, ma sembrava che per Shizuru quell'approccio funzionasse.

"Avete sentito-? Ah, Arthur ve l'ha detto, naturalmente." Tacque, tamburellando con le dita sul ripiano della scrivania, poi sembrò aver preso una decisione. "Molto bene, ma cercate di capire che questa è una questione privata. Ve ne parlo a causa delle circostanze, ma mi aspetto che che non venga rivelata."

"Questo dipende se abbia o meno attinenza con l'omicidio. Posso dire di non aver alcun interesse nel curiosare in affari privati"-un attimo, non era proprio quello in punto della sua professione?-"e che tratteremo qualsiasi informazione ci darà con la maggior discrezione possibile."

"Molto bene, capisco, anche se non posso certo dire che mi piaccia." Clark fece una pausa, come se si stesse convincendo che avrebbe davvero dovuto parlare, poi continuò. "La verità è che abbiamo discusso di Arthur. Come la signorina Kuga ha notato, lui lavora qui come impiegato. Wilson voleva introdurlo negli affari facendolo partire dal gradino più basso. Però negli ultimi due mesi aveva cominciato a cambiare idea. Forse Arthur stava diventando impaziente ed aveva cominciato ad insistere, ma dire una cosa del genere sarebbe fare un torto al ragazzo. Forse Wilson ha semplicemente cambiato parere con il passare degli anni."

"E voi eravate contrario?"

"Ieri Wilson ha annunciato la sua intenzione di rendere Arthur un socio a tutti gli effetti. Per la precisione, io possiedo un quarto della Vamberry e Figlio, e Wilson era proprietario del resto. Aveva proposto di dividere la propria quota con Arthur, il che signicava che ciascuno di loro sarebbe stato titolare di tre ottavi della ditta. Ammetto che non mi piaceva l'idea di diventare improvvisamente il socio di minoranza di un uomo che non consideravo pronto per questo genere di responsabilità. Inoltre ero irritato perché mi era stata promessa l'opportunità di comprare un'ulteriore quota se gli affari avessero continuato a prosperare ed invece è successo questo."

Sospirò, poi andò avanti.

"Alla fin fine il sangue viene prima, suppongo. Se avessi avuto un figlio, avrei capito meglio la sua posizione. Ed ora, naturalmente, Arthur erediterà tutto, l'intera quota che era stata di suo padre."

"Capisco. Vi ringrazio, signor Clark; so che non può essere facile discutere in questi termini dell'uomo che è diventato il vostro nuovo socio."

Lui annuì.

"Sono lieto che comprendiate."

Prese una scatola di legno intarsiato e ne tolse una sigaretta.

"L'odore del fumo offende voi signore?"

"No, affatto," risposi prima Shizuru potesse aprire bocca. "se non vi dispiace, fumerò anch'io."

Tirai fuori un portasigarette ed accesi un cerino. Shizuru arricciò il naso al vedere i due fili di fumo che uscivano, rispettivamente, dalle labbra mie e di Clark. Mi sentii un po' in colpa, però accidenti, non avevo fumato per tutta la mattina.

"Cosa sapete dirmi del guardiano del magazzino, signor Clark?"

"Adonal Fulke? Un uomo affidabile. Un ex operaio della ditta che ha avuto un brutto incidente."

"Potebbe averne avuto un altro. È scomparso."

Clark spalancò gli occhi.

"Scomparso? Fulke?"

"Quando il signor MacLeod è arrivato al lavoro stamattina, ha trovato morto il signor Vamberry e nessuna traccia del guardiano."

"Allora credete che lui-No! Non posso accettarlo. Fulke non è un assassino."

Il caso sembrava essere pieno di gente che non poteva assolutamente credere che qualcuno fosse colpevole.

"Ci sono diverse possibilità," disse Shizuru.

"Allora una di esse dev'essere vera. L'idea che Fulke abbia derub-"

"Oh, il movente non era il furto. Gli averi del signor Vamberry erano ancora al loro posto."

"Bene, allora! Avete visto?"

"Perché avete tanta fiducia nel signor Fulke?" insistette Shizuru.

"È un dipendente affidabile. In verità, era grato in modo quasi patetico per il fatto che avessimo deciso di tenerlo. Ridicolo, naturalmente; non si volta la schiena ad un bravo lavorante solo perché ha avuto un po' di sfortuna."

Lui aveva detto così, ma la verità era che la maggior parte delle ditte avrebbero buttato fuori Fulke senza il minimo pensiero. Capivo la sua gratitudine.

"Sapete se aveva una famiglia?" chiese Shizuru.

"Una famiglia? No, non ne ho idea." Fece cadere la cenere della sigaretta in un posacenere di cristallo intagliato. "Come probabilmente vi aspetterete, non socializzavamo."

"No, suppongo di no."

Shizuru si alzò all'improvviso, costringendo Clark ad alzarsi educatamente a propria volta.

"La ringrazio molto, signor Clark. Questo è tutto, anche se sono certa che l'Ispettore Kanzaki passerà per raccogliere la sua dichiarazione."

"Spero di essere stato d'aiuto."

"Forse," disse lei in tono enigmatico, "ma la strada per la verità è lunga." Si rivolse a me. "Vogliamo andare, Natsuki?" Mi affrettai ad alzarmi e spensi la sigaretta, sospettando che Shizuru avesse deciso di andarsene così in fretta per sfuggire al fumo.

Nell'ufficio esterno andammo quasi a sbattere contro il giovane signor Vamberry, che aveva indossato soprabito e bombetta, a quanto pareva aveva deciso di seguire il consiglio del suo anziano socio di minoranza e di andare a casa. Shizuru lo avvicinò.

"Signor Vamberry, posso farle un'ultima domanda?"

"S-sì, certo."

"Visto che siete un impiegato dovreste essere in grado di rispondere. Chi era il miglior uomo d'affari, vostro padre o il signor Clark?"

Sussultò, e pensai che fosse una risposta sufficiente, ma poi il giovane si riprese e decise di metterla in parole.

"Suppongo che non sia opportuno nasconderlo. Le transazioni condotte dal signor Clark sembravano sempre fruttare di più. Qualche anno fa c'è stata una crisi di mercato che è costata a mio padre una grossa somma di denaro ed è stato il motivo principale per cui papà ha preso un socio. Le cose sono cambiate da allora e gli affari di papà erano regolarmente remunerativi, ma il signor Clark di tanto in tanto riesce a realizzare vendite più favorevoli, cosa che mio padre non è mai stato in grado di eguagliare."

Shizuru annuì.

"Vi ringrazio, so che non dev'essere stato facile per voi."

"Io… apprezzo la vostra simpatia."

Ci accompagnò fuori dall'ufficio poi fermò una carrozza. Shizuru sorrise soddisfatta mentre lo guardava allontanarsi.

"Sembrate felice."

"Non dovrei? Il caso è chiuso."

La guardai stupefatta, come una spalla comica in una commedia.

"Aspettate. Cosa?"

"Beh, dal mio punto di vista lo è. Reito sarà costretto a scavare per portare le prove in tribunale, naturalmente, ma le forze di polizia sono più adatte a fare questo genere di lavoro e poi lo farà sentire utile."

"Quindi, sapete chi ha ucciso Vamberry? E perché? E cos’è successo al guardiano? E chi erano gli uomini sul carro?"

"Credo di sì, sì, molto probabilmente e sì."

"E siete riuscita a capirlo semplicemente ragionando sulle stesse cose che anch’io ho ascoltato fino adesso?" Nella mia voce c'era una nota stridente di incredulità e quando la notai quasi arrossii. Non avevo mai incontrato una persona come Shizuru, capace di mettermi in imbarazzo così spesso e con una tale facilità!

"Natsuki è stata con me tutto il tempo," mi fece notare.

"Si, ma non è possibile che ci fossero abbastanza-" sospirai, interrompendo qualla frase evidentemente sciocca. Se Shizuru l’aveva capito, era chiaro che c’erano abbastanza informazioni. E poi, perché mi stavo comportando così? Questo era il suo lavoro, non il mio. Se trascinarmi con lei la divertiva per me andava bene, ma perché me ne importava? Certo, mi piacevano i polizieschi quando leggevo per rilassarmi, ma quella era finzione. Queste erano persone vere e fino a quel momento la mia opinione nei confronti della razza umana era stata questa: non mi importava se i suoi componenti fossero felici, tristi o se cadevano in un pozzo e annegavano. Di certo non ero stata commossa dalla disgrazia che aveva colpito la famiglia Vamberry. Quindi quello che provavo verso il primo mistero stava diventando un secondo mistero.

E Shizuru non era d'aiuto.

"Va bene, ascoltate, ditemi semplicemente quello che sta accadendo."

"Ara, ara, che diritto ho di rovinare il divertimento di Natsuki?"

"Divertimento?"

"Natsuki può pensarlo come un gioco, controllare se è in grado di dedurre la verità da sola prima che la rivelino i giornali con i loro articoli sull’arresto."

"Non faccio questa cosa nemmeno quando leggo i polizieschi, Shizuru. Metà delle volte salto tutto per leggere direttamente il finale e poi tornare indietro."

"Impazienza," disse Shizuru tristemente. "Naturalmente, se Natsuki fosse stata disposta ad aspettare prima di accendersi una sigaretta allora sarebbe stato più facile per lei dire che questo non è un gran difetto."

Sussultai.

"Avrei dovuto sapere che prima o poi mi avreste fatto pagare per questo."

Shizuru mi sorrise.

"Però io pagherò la cena da Mai per celebrare questa nuova saggezza!"

"Certo, sbattetemelo in faccia. Ma perché da Mai e non, ad esempio, da Simpson?"

"Natsuki non vuole celebrare la prima indagine svolta assieme nel posto dove ci siamo incontrate?"

"Natsuki non può mettere la maionese nel cibo giapponese," ammisi.

"Mi chiedo se ci sia un motivo per cui tutte le dipendenze di Natsuki siano così… aromatiche," Mi prese in giro Shizuru, facendomi arrossire di nuovo. Osservazione e deduzione le avevano di certo detto dove stavano i miei punti deboli. "Non preoccupatevi; passerò il resto del pomeriggio a scrivere il mio rapporto per Reito, così all'ora del tè potremo chiedere alla signora Hudson di preparare dei sandwich con tutta la maionese che Natsuki desidera."

"Mi aspetto che onoriate la vostra promessa," dissi, e per un attimo sul volto di Shizuru si materializzò un'espressione molto strana. Non avendo idea di cosa si trattasse e immaginando che se gliel'avessi chiesto non me l'avrebbe detto, misi da parte quel dubbio e gridai per fermare una carrozza.

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Note dell'autore: Vamberry e Clark sono indicati come 'soci' in varie occasioni, ma chiaramente è solo un termine colloquiale; chiunque abbia un minimo di conoscenza di legislazione commerciale saprebbe che una 'partnership' ai tempi dell'Inghilterra vittoriana sarebbe stata sciolta con la morte di una delle due controparti, per questo motivo durante la conversazione Clark sottolinea che si tratta di una società a responsabilità limitata ("Vamberry e Figlio, Ltd.").

Mi piacerebbe anche dire che Natsuki in questa storia fuma perchè negli ultimi anni del 1800 qualunque donna tosta e Bohemienne quanto lei probabilmente avrebbe fumato, ma non è così. In realtà Natsuki è una fumatrice perchè così potrò inserire una scena divertente (suggeritami dalla mia amica RadiantBeam) più avanti nella serie. Ma questo dà anche a Shizuru materiale per tormentarla, quindi va bene anche per questo. 

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Capitolo 4
*** 4 ***


Elementare, mia cara Natsuki-Capitolo 4

"Continuo a pensare che avreste dovuto prendervi il merito di aver risolto il caso,” dichiarai. Ero sdraiata sul divano nel nostro salotto, con i piedi appoggiati su un bracciolo, una posizione che avrebbe indignato mia madre… o la mia insegnante di portamento, o la nostra padrona di casa, a pensarci bene. Mentre il Times non aveva dato molta risonanza al caso, lo Star era stato più sensibile alla portata di quell’avvenimento.

“Scotland Yard smantella un’attività di contrabbando”, il titolo occupava metà della prima pagina. L’articolo celebrava Kanzaki, l’uomo dietro le eroiche indagini che avevano portato all’arresto dei criminali che avevano usato Vamberry e figlio come copertura per i loro traffici, traffici che avevano portato nel paese merci di contrabbando per migliaia di sterline.

"Tutto quello che ha fatto il Signor Spocchioso è stato seguire le vostre istruzioni."

"Suvvia, Natsuki, Reito ha fatto ben più di questo. Dopotutto, è stato lui ad esaminare uno per uno i registri della Vamberry e Figlio per identificare le transazioni sospette. E lui e i suoi uomini hanno fatto una perquisizone approfondita del magazzino per determinare con esattezza cosa i contrabbandieri avessero rubato, incluso il difficile lavoro di scoprire cosa era stato davvero rubato e cosa no, visto che i criminali avevano spostato le cose, come ad esempio quella cassa sul luogo del delitto." Shizuru prese un sorso di tè.

"Sì, ma solo perché glielo avete suggerito, e perché una squadra di agenti può occuparsi del lavoro meglio di lui solo." E perché Shizuru era una persona pigra che avrebbe sempre trovato il modo di scaricare il lavoro sugli altri-se fosse stata sicura che lo avrebbero fatto alla perfezione.

"Allora tutti quegli agenti che si sono impegnati non meritano i nostri complimenti? Sono state quelle prove che hanno portato tanti arresti e strappato tutte quelle confessioni."

"I criminali hanno tentato di far passare i loro atti per crimini comuni, ma grazie agli sforzi ispirati dell’ispettore capo Reito Kanzaki, le loro macchinazioni sono state sventate'" dissi, leggendo ad alta voce una frase che mi aveva colpito. "Shizuru, come fate a starvene lì seduta sorridendo a quel modo quando tutto il merito è andato a lui?"

"Sono lusingata che Natsuki abbia un’opinione così alta del mio lavoro da spingerla a correre in mia difesa."

"Niente prese in giro finché non ho bevuto la mia prima tazza di caffè, maledizione," grugnii.

"Oh, molto bene. Sapevo che Reito avrebbe reclamato il merito perché è parte del nostro accordo, e non posso certo lamentarmi di condizioni che ho già approvato."

"Tra ‘non posso lamentarmi’ e ‘sono soddisfatta’, c’è una bella differenza Shizuru."

"Vero, ma ho un motivo per essere felice. Innanzitutto, Reito mi ha spedito il suo assegno e la banca l’ha incassato."

Stavo per protestare dicendo che non avevo mai sentito di un ispettore di polizia che pagava una dilettante per risolvere un caso, quando mi resi conto che mi sbagliavo su due fatti. Per prima cosa, era assurdo pretendere che un investigatore privato lavorasse ad un’indagine senza prendersene il merito e senza ricavarne profitto. Secondo, in uno dei polizieschi più famosi del mondo, ‘La Lettera Rubata’ di Edgard Allan Poe, il prefetto di polizia aveva pagato Dupin per aver risolto il caso e l’aveva pagato profumatamente. Shizuru già riusciva a prendermi in giro senza che io le mandassi un biglietto d'invito.

"Allora, l'articolo dice il nome del capo dei contrabbandieri? Come ha fatto Natsuki a dedurre la verità?"

Lei mi sorrise dalla sua poltrona e sorseggiò il suo tè.

"Natsuki, come voi sapete molto bene, non ne ha la più pallida idea."

Shizuru scosse la testa.

"Ma questo non è vero. Gli indizi erano tutti lì. Si tratta solo di trarre le giuste conclusioni."

"Cosa che ovviamente non sono brava a fare. Quindi vi dispiace spiegarmi le cose un passo alla volta?"

"Ara, se Natsuki lo desidera. Vi ho già spiegato la prova delle casse insanguinate, che ha portato alla scoperta che nel magazzino si era tenuta un'operazione su larga scala."

"Ehi, io l’avevo detto che era contrabbando," mi difesi. "E voi mi avete risposto che stavo correndo troppo."

"Non parlavo di quello, ma delle chiavi di Vamberry. I contrabbandieri avrebbero potuto rubarle o per aprire la porta che dava sui moli, o perché volevano nascondere il fatto che in realtà non ne avevano bisogno. Clark e MacLeod avevano le loro chiavi. Arthur Vamberry no, ma è ragionevole pensare che avrebbe potuto fare una copia delle chiavi di suo padre, quindi si poteva includere nel gruppo. Fulke, naturalmente, non aveva una chiave.

"Se il crimine fosse stato un furto," continuò, "Fulke sarebbe stato il primo sospettato. In qualità di 'infiltrato' avrebbe potuto aprire la porta sul lato del magazzino per far entrare i ladri e le ore passate lì da solo gli davano un'ottima opportunità di identificare la merce che valeva la pena di rubare. Avremmo potuto ipotizzare che Vamberry avesse ispezionato il magazzino senza preavviso e che per questo lo avessero ucciso. Le sue chiavi, comunque, avrebbero dato ai ladri la possibilità di usare il molo sul retro per portar via più roba. È uno scenario completo, come Natsuki stessa aveva suggerito."

"Ma voi non ci siete cascata."

"Che vantaggio ne avrebbero ricavato dei ladri a spostare le merci nel magazzino per nascondere quello che era stato rubato? Quello era la prova decisiva che il crimine non era certo stato compiuto una volta sola e che l'origine di quelle merci era una cosa che i criminali dovevano nascondere."

"Avrebbero potuto usare questo metodo solo per nascondere il furto."

Shizuru scosse la testa tristemente.

"Che c'è?" protestai.

"Natsuki, non si sono dati pena di nascondere le prove di un omicidio. Se davvero avessero voluto occultare tutto, avrebbero portato via anche il cadavere di Vamberry."

Maledizione. Era stato davvero stupido da parte mia non pensarci.

"C'era anche una remota possibilità," continuò, "che ci fosse un piano a lungo termine per sottrarre delle merci, ma Arthur Vamberry ha cancellato questa ipotesi quando ha detto che non c'erano state perdite insolite e che gli affari andavano bene. Avrebbe potuto mentire, ma l'esame dei registri fatto da Reito ha confermato le sue affermazioni, ed io ero già convinta che avesse detto la verità."

"Perchè?"

"Consideriamo i fatti. Poniamo che nel magazzino di Vamberry sia in atto un qualche piano criminale, sia esso furto o contrabbando. Questo necessita un qualche livello di connivenza da parte dei lavoranti del magazzino. Siamo venuti a sapere che le attività si svolgono di notte. Questo significa che Fulke, il guardiano, o faceva parte del piano o era stato corrotto perché tacesse."

Gemetti, finalmente avevo capito.

"Fulke era stato messo lì da Clark," dissi. "Non era stato un atto di pietà permettergli di rimanere al lavoro; lui ha comprato la sua lealtà con un atto di gentilezza. Da una parte Fulke sarebbe rimasto sulla strada, un menomato in cerca di lavoro, e dall'altra c'era Clark che gli offriva un'occupazione e probabilmente anche un piccolo extra. E il contrabbando non è come il furto; chiedetelo ad una persona qualsiasi e probabilmente non si renderà conto che dal punto di vista morale è un crimine, visto che si tratta di rubare all'agente delle tasse, che tutti odiano."

"Anche se ogni cosa buona che fa il governo richiede il denaro delle tasse per continuare a funzionare," notò Shizuru. "Però, ovviamente, vale anche per gli sprechi. Quando un cittadino vede i propri soldi scivolare via, è difficile convincerlo che i vantaggi, diretti e indiretti, derivati da strade ben tenute che rendono possibile un commercio fiorente a supporto di un'economia stabile e della vita di tutti, hanno un valore più grande di quello che paga in tasse."

"Avreste un bel daffare a convincere di questo anche me."

Ripiegai lo Star, lo buttai sul tavolino da caffè e mi alzai a sedere. Se davvero stavamo per trascinare delle teorie economiche dentro questa storia avrei avuto bisogno di caffeina per tenermi sveglia ed odiavo berla mentre stavo distesa. Tesi la mano verso la tazza e Shizuru rise.

"Ma Natsuki sta illustrando perfettamente il mio punto di vista! Viste le circostanze sarebbe stato molto facile da parte di Clark reclutare Fulke. Avrebbe semplicemente dovuto far entrare degli uomini di notte perché portassero via le merci contrabbandate nascoste tra quelle legittime, come un doppio fondo in una cassa di bottiglie di vino o una borsa impermeabile in una cassa di bottiglie di brandy o qualcosa del genere. E i contenuti di ogni spedizione erano tutti presenti e accuratamente segnati nei registri, sotto l'insegna di un'azienda rinomata con decenni di storia alle spalle."

Strinse le labbra, pensosa.

"In un certo senso, il piano era ancor più astuto di quanto avevo pensato. Reito ha scoperto che invece di portare fuori semplicemente la merce, la sostituivano. Una cassa che conteneva sedici bottiglie di vino munita di un doppio fondo veniva rimpiazzata da un’altra cassa identica con bottiglie identiche. In questo modo, MacLeod e gli operai non avrebbero mai notato nulla di strano nell’inventario del magazzino. La notte dell’omicidio, naturalmente, sono stati costretti ad agire senza questi preparativi perché non c’era stato tempo, il che ha permesso a Reito di trovare più di prove di quelle che altrimenti avrebbe scoperto."

"Allora era questo? Avete scoperto che Fulke doveva essere colpevole e che la traccia conduceva a Clark?"

"Quello è stato solo l’inizio. Ma ciò che Vamberry e Clark ci hanno detto riguardo le condizioni finanziarie della compagnia l’ha confermato."

"Cioè che gli investimenti di Clark facevano più soldi?"

"Proprio così. Non era che la sua quota della ditta avesse permesso all'azienda di cambiare stato economico o che le condizioni del mercato fossero cambiate. Gli affari di Vamberry continuavano a perdere denaro ma i profitti derivati dal contrabbando venivano dirottati all’interno degli affari della compagnia per giustificare la loro esistenza."

Questa cosa la capivo. Un grosso problema delle operazioni illegali è inventarsi un modo per nascondere il fatto di essere venuti in possesso di una grossa somma di denaro. Clark aveva dirottato una parte dei guadagni della sua attività attraverso la Vamberry e Figlio per ‘riciclarli’, giustificando così la sua crescente ricchezza. Come effetto collaterale aveva portato prosperità al suo innocente socio, la cui rispettabile ma modesta attività era stata una perfetta copertura per il crimine.

"Finchè Vamberry non è diventato troppo curioso," disse Shizuru, continuando il suo discorso e, ironicamente, anche i miei pensieri. "Naturalmente, Clark gli raccontò una sequela di bugie a proposito dell’argomento della loro discussione. Vamberry probabilmente aveva intenzione di dare a suo figlio una quota della società, ma la vera lite era stata scatenata dal fatto che Vamberry aveva finalmente capito che qualcosa negli affari non tornava."

"Come l’avete dedotto?"

Lei mi rivolse un'occhiata perplessa.

"Non l’ho fatto. Era nella sua confessione." Indicò il giornale.

"L’avete già letta?"

"Natsuki dorme troppo; non dovrebbe stare alzata così tardi la notte se vuole essere la prima a leggere i giornali del mattino."

"O forse è più probabile che sia il tè che tiene voi sveglia tutto il giorno."

"Forse," assentì lei, senza che il suo sorriso venisse meno.

"Allora ci credete?"

"A cosa?"

"Alla parte che dice che sia stato Fulke ad uccidere Vamberry. Secondo me, sta solo cercando di risparmiarsi un viaggio in galera."

"Forse," ripetè.

"Un attimo, Shizuru, gli credete?"

"Vi ricordate cos’ha detto il mendicante? Un uomo arrivò da solo-avrebbe potuto essere sia Vamberry che Clark. Più tardi è arrivato il carro. È possibile che sia arrivato Vamberry, e che sia stato ucciso da Fulke quando ha cominciato a ficcanasare in giro. Anche se zoppo, Fulke era un lavoratore robusto, ed aveva a portata di mano l’arma adatta, cioè il suo bastone, che aveva l’anima di piombo ed era quindi utile per difendersi dai ladri. D'altra parte Clark potrebbe essere arrivato prima o potrebbe aver specificamente ordinato l'omicidio. Comunque sia andata, passerà molti anni in prigione."

"Meglio di quello che è successo a Fulke."

Secondo quanto scritto sullo Star, era stato accoltellato da uno dei contrabbandieri e buttato nel Tamigi in modo che non potesse testimoniare alla polizia. Visto che era proprio lui l'unico uomo che la polizia avrebbe senz'altro interrogato, quella precauzione aveva perfettamente senso. O forse il giornale stava solo spacciando bugie e Fulke era semplicemente fuggito. Era difficile provare un omicidio senza il cadavere e se uno dei contrabbandieri aveva raccontato quella storia, probabilmente non era stato lui ad aver piantato un coltello nel cuore di Fulke, ma aveva accusato qualcun altro per ottenere clemenza. Non c'era onore fra i ladri.

"Maledizione, mi dà proprio fastidio," decisi dopo averci pensato.

"Oh? Che cosa?" chiese Shizuru, accorgendosi che c'era un salto logico tra mia lamentela e l'ultima cosa che avevo detto.

"Fulke. Non sapere. Sta fuggendo, cercando di stare un passo avanti alla legge? O si è rinchiuso in qualche scantinato per nascondersi? O forse è cibo per i pesci in fondo al fiume? Il caso è chiuso, ma non abbiamo tutte le risposte!"

Shizuru rise, coprendosi educatamente la bocca con una mano.

"Natsuki, questo accade più spesso che no. Non è possibile ricostruire tutto con esattezza, a parte nei casi più semplici."

“Beh, dovrebbe esserlo," dichiarai, illogicamente.

"Ara, in futuro cercherò di far meglio per non deludere Natsuki."

"Sapete, se saremo ancora qui per Natale vi regalerò un pronome di seconda persona. Perché non vi rivolgete a me usando il ‘voi’?”

"Perché Natsuki è così carina quando la prendo in giro!"

Carina. I cuccioli sono carini. I coniglietti e i pulcini sono carini. Io sono molte cose, alcune delle quali non si addicono ad una compagnia rispettabile, ma carina? Neanche per idea. Dio, speravo di no, almeno. Carina.

Forse perché si era accorta di quanto fossi mortificata, lei mi regalò un’apertura. O due, dipende da come stavo contando.

"C'è qualcos'altro che volete che vi spieghi?"

Scossi la testa.

"No, penso di aver capito tutto. Ma vi ringrazio per avermelo spiegato nel dettaglio." Era stato come un indovinello ma avevo fallito miseramente a risolverlo ed anche dopo che la soluzione era uscita sui giornali per tutta la settimana mi sarei tormentata senza sapere come aveva fatto Shizuru ad arrivarci.

Lei scosse la testa.

"No, io… mi sono divertita. È stato bello mostrare a qualcun altro quello che faccio e condividere il mio lavoro. Quindi, ookini, Natsuki."

"Ochini? Che significa?" sì, lo ammetto, quella mia uscita rovinò completamente l’atmosfera, ma davvero non avevo capito cosa mi avesse detto.

E… non ero certa di trovarmi a mio agio con quell’idea. Non avevo molti amici e nessuno di loro mi era davvero vicino.

"Ookini. Significa ‘grazie’."

"Ma che lingua è?"

"Giapponese, naturalmente."

Il mio giapponese è orribile. Mia madre mi parlava in inglese quando crescevo in Germania ed anche se avevo mantenuto il mio livello di tedesco il mio giapponese era abbastanza decente per leggere la pagina non tradotta del menu del ristorante. Anche in quelle condizioni, avrei dovuto conoscere una parola di base come ‘grazie’.

La mia confusione doveva essere evidente, perché Shizuru sorrise.

"Mia madre viene da Kyoto, perciò quando mi ha insegnato la sua lingua lo ha fatto nel dialetto di laggiù. L’inglese è la mia quarta lingua, così di tanto in tanto scivolo.”

"Oh, capisco." Battei le palpebre. "Un attimo, quante lingue parlate?"

"Cinque. Italiano, giapponese, francese, inglese e russo. Mio padre era un diplomatico, quindi conosceva molte lingue ed ha sempre esaltato il valore di impararne molte.”

"Vedo che avete seguito il suo consiglio."

"Oh, sì. È stato molto utile nel mio lavoro."

"Posso capirlo."

"Forse se avrò bisogno di tradurre dal tedesco Natsuki potrebbe aiutarmi? Sempre che per lei dedicarmi il suo tempo non sia un disturbo…?"

"N-no, va bene."

Un momento – come faceva a sapere che parlavo tedesco? Dovevo cominciare a fare più attenzione. Ora che sapevo di cosa Shizuru fosse capace, i miei segreti erano più a rischio di quanto avessi creduto la prima volta che l’avevo incontrata. Una o due parole di troppo e la mia storia sarebbe stata per lei un libro aperto.

Anche se una voce dentro di me cominciò a sussurrare con insistenza: questo sarebbe davvero un male?

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Note dell'autore: come molti scrittori di apocrifi di Sherlock Holmes, ho preso l'idea per questa storia (come ho fatto per la mia fanfiction su Sherlock Holmes in the 22nd Century, "The Disappearance of the Cutter Alicia") dai casi non raccontati che Watson nomina di tanto in tanto in diversi racconti. "Vamberry il mercante di vini" viene nominato in "Il rituale dei Musgraw."

Devo ammette che all'inizio ero preoccupato perchè questa storia non include un confronto drammatico tra Shizuru e l'assassino. Sfortunatamente, la natura del crimine così come l'avevo pianificata implicava che per trovare le prove necessarie sarebbe stato indispensabile perquisire il contenuto del magazzino, controllare le bolle di spedizione e i registri contabili dell'azienda: un lavoro lungo e noioso fatto dagli agenti prima degli arresti. E difficilmente Reito avrebbe permesso a Shizuru di calare "il colpo finale" dopo tutta la fatica fatta dalla polizia. Mi consolo pensando che questo genere di finali non sono rari nel canone sherlockiano, fra essi abbiamo: "I cinque semi d'arancia," "L'avventura di Wisteria Lodge," "L'avventura del pollice dell'ingegnere," "La 'Gloria Scott,'" e "Il paziente interno". Comunque, solo perchè funziona per Conan Doyle non significa necessariamente che funzioni per me, quindi non aspettatevi che diventi un'abitudine nelle storie future di questa serie. 

Rigraziamenti extra a mia moglie, Tarma Hartley, che mi ha fatto da beta per questa storia. Grazie, tesoro!

Mi piace il fatto che in questa storia posso includere i frammenti del Kyoto-ben parlato da Shizuru che il fandom di solito lascia in lingua originale...visto che i personaggi parlano inglese, non giapponese, quando lei dice qualcosa in giapponese, viene narrato con naturalezza perchè è quello che dice effettivamente.

Una cosa che mi dispiace di non aver potuto includere è una bella scena d'azione per Natsuki! Dovremo aspettare la prossima storia, in cui un avvenimento nel passato di Natsuki e un fantasma le cui apparizioni stanno portando alla pazzia un militare in congedo, costringeranno la nostra coppia a partire per Dartmoor...

 

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