High School Musical : The Story of Us

di Mr Efron
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thinking to You ***
Capitolo 2: *** Eye to Eye ***



Capitolo 1
*** Thinking to You ***


Troy stava sdraiato sull’amaca in giardino e ascoltava il dolce soffio del vento che gli accarezzava il viso. Aveva la testa fra le nuvole, respirava tenendo la bocca semiaperta. In quel momento la sua mente pensava solamente ad una persona: Gabriella.
Avrebbe voluto averla accanto, sentire il suo profumo, toccare i suoi capelli.
Una partita di basket li aveva tenuti lontani per soli due giorni eppure a lui sembrava di non averla vista da un’ infinità di tempo.
Tirò un sospiro immaginandosi il suo viso e ripensando al loro primo bacio. Decise di alzarsi, di fare due tiri a canestro. Così fece scivolare la palla vicino a sé e la afferrò con una mano alzandosi in piedi. Cominciò a correre palleggiando sul campo da basket che avevano fin da quando lui era bambino. Sollevò le braccia e tirò facendo canestro. Era raro che non centrasse l’obiettivo, gli succedeva solo nei momenti di rabbia. Fece un secondo giro del campo e fece un tiro in entrata ma questa volta la palla batté  sul tabellone del canestro, cadde sull’anello girandogli per una frazione di secondo intorno e ricadde a terra senza essere entrata nella rete.
Troy accelerò, prese la palla al rimbalzo e si portò verso il centro del campo. Si fermò, fece un lungo sospiro, poi saltò lanciando le braccia in avanti e facendo un tiro libero. Anche questa volta però la palla non sfiorò la rete.
Lui la riprese e palleggiò guardando fisso il tabellone con quei suoi occhi azzurri come il ghiaccio. Dopo alcuni secondi si decise e tirò di nuovo ma la palla sbattendo contro il tabellone cadde a terra rimbalzando. Sentiva il cervello andargli in fumo, stava sudando. Lasciò che la palla rotolasse sul campo e si stese sull’erba.
Amava sdraiarsi sull’erba e guardare le stelle, anche se quella sera lo aveva fatto involontariamente. Chiuse gli occhi e pensò alla voce di Gabriella, l’unica cosa che avrebbe voluto sentire in quel momento.
Immerso nell’immaginazione sentì suonare il suo cellulare. Era un messaggio di Gabriella.
“Ti penso. Buonanotte”, aveva scritto lei.
Troy sorrise e si affrettò a rispondere. “Non sai quanto ti amo” scrisse scorrendo rapidamente le dita sui tasti del suo cellulare.
Inviato il messaggio si mise in tasca il cellulare e stese le braccia aperte sull’erba, come per imitare una stella.
Ora che aveva ricevuto quel messaggio si sentiva meglio. Guardò il cielo, scorse quelle piccole luci bianche che esaudiscono i desideri, che proteggono i sogni. Guardava le stelle come se fosse la prima volta. Si sentiva protetto, come se fosse stato sotto una coperta calda in una notte gelida. Sorrideva pensando a lei. Si sollevò i capelli dalla fronte.
“Troy, perché non vieni dentro?” lo chiamò suo padre dall’ingresso.
Lui volse lo sguardo verso quest’ultimo continuando a sorridere. “Vengo subito!” rispose. Si alzò e si incamminò verso l’ingresso di casa.
“Allora, come ti senti?” gli chiese il padre quando lui raggiunse la soglia di casa. Troy lo guardò con il suo sorriso splendente. “Spero che domattina arrivi presto” disse. “Ti manca Gabriella?” chiese il padre. “Non puoi nemmeno immaginare quanto” rispose Troy. Jake Bolton accennò una risata. “Ti posso capire. Quando si ama una persona non si può mai fare a meno di lei” replicò il padre. Troy riprese a sorridere. “Beh, forse è meglio se ora mi vado a fare una doccia e poi mi metto a letto” disse Troy. “Allora a domattina!” rispose il padre. Troy annuì con la testa e sorrise nuovamente. “A domattina” disse.
Poi attraversò velocemente il salone e salì le scale entrando in bagno. Si spogliò togliendosi i vestiti leggermente bagnati dal sudore e entrò nella doccia aprendo l’acqua calda. Respirò pesantemente espirando con la bocca e sentendo l’acqua scaldargli la schiena. Si mise le mani tra i capelli e li strinse forte, poi li sfregò vigorosamente.
“Living in my own world” cominciò a intonare. “Didn’t understand…that anything could happen…”. Si sentiva come se Gabriella fosse lì con lui. “When you take a chance”. La sua voce echeggiava nella doccia. Raccolse un po’ d’ acqua con le mani e si bagnò il viso. Chiuse l’acqua e tirò l’ennesimo sospiro. Uscì dalla doccia e prese un telo bianco strofinandoselo sul viso e sui capelli. Si asciugò in fretta e lasciò il telo nella vasca. Prese i vestiti e entrò in camera. Si cambiò infilandosi una maglietta senza maniche e un paio di pantaloncini. Poi spense la luce e si infilò nel letto.
Chiuse gli occhi. Quanto avrebbe desiderato baciarla, guardarla negli occhi in quel momento. Pensò che li separavano solamente poche ore.
Si girò nel letto ma, non poté fare a meno di pensare alla sua voce. La amava troppo. Era un amore indescrivibile, immenso. Sapeva di aver trovato la sua metà mancante in lei. Non aveva la minima idea di cosa avesse fatto quando l’avrebbe rivista davanti alla scuola; se l’avrebbe baciata, se l’avrebbe stretta forte tra le sue braccia fino a farle mancare il fiato o se l’avesse sollevata da terra fino a quando il suo corpo avrebbe retto. Di una cosa però era inevitabilmente certo: la amava come nessun’altra cosa al mondo.  
 

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Capitolo 2
*** Eye to Eye ***


Suonò la sveglia. Era già mattina, la notte era volata.
Troy non aveva fatto in tempo ad accorgersi di essere sul punto di addormentarsi che il sole era già sorto. Si sfregò gli occhi e tenne per un attimo le mani appoggiate su di essi. Poi allungò le braccia stirandosi. Si alzò a fatica e si guardò attorno come se fosse capitato su un pianeta ignoto. Si precipitò giù per le scale e passato il salone entrò in cucina dove Jake Bolton stava cuocendo del bacon che emanava un profumo intenso in tutta la stanza.
“Buongiorno Troy” disse il padre. “Ciao papà” rispose Troy sbadigliando. “Ti ho preparato la tua colazione preferita: uova e bacon”. “Ma lo sai che sei il padre migliore del mondo?” replicò lui. Suo padre rise. “Allora sei pronto per riabbracciare Gabriella?”. “Eccome se sono pronto. Non vedo l’ora!”. Di nuovo al padre scappò una risata. “La colazione è servita!” disse il padre scherzosamente passando il bacon nel piatto. “La ringrazio cameriere!” rispose Troy. Risero insieme.
Troy si sedette al tavolo e cominciò a gustare ciò che gli sarebbe piaciuto avere nel piatto ogni mattina. “La mamma è già uscita, doveva fare la spesa. Vuoi che ti accompagni in macchina a scuola?”. “No grazie, posso andare a piedi”. “Beh allora io vado intanto. Non dimenticare nulla mi raccomando”. “Ci vediamo ad allenamento” disse Troy. “A più tardi!” rispose il padre scomparendo dietro l’angolo della cucina.
Troy sentì aprire la porta e chiuderla. Mise in bocca l’ultimo boccone, appoggiò il piatto con la forchetta dentro sui fornelli e corse in bagno. Si lavò frettolosamente e volò in camera. Si tolse la maglietta e i pantaloncini e si infilò i jeans e una t-shirt celeste. Si infilò le scarpe e si sedette su letto per allacciarsele. Poi si rialzò e riempì lo zaino con tutto il necessario. Ripensò ancora una volta a Gabriella. Non riusciva a smettere di farlo. Prese lo zaino e scese le scale. Attraversò l’intero salone e prese le chiavi dall’ingresso. Aprì la porta e la richiuse dietro di sé. Diede due giri di chiave assicurandosi che la porta fosse chiusa. Camminò fino al cancello del giardino, lo passò e uscì di casa imboccando la strada per la East High. Non gli sembrava vero. Finalmente stava per rivederla.
Avanzava camminando ritmicamente sul marciapiede. Sentiva il calore del sole di prima mattina sfiorargli la pelle e quella sensazione gli faceva venire la pelle d’oca. Non sapeva come fosse possibile che stesse mettendo un piede davanti all’altro. Era del tutto inconsapevole di quel gesto poiché pensava solamente ad arrivare a destinazione il più in fretta possibile. Avrebbe potuto inciampare e cadere da un momento all’altro ma probabilmente non si sarebbe nemmeno accorto di essere caduto, forse avrebbe proseguito strisciando. Non l’avrebbe distratto niente in quel momento. Era troppo concentrato sulla strada.
Apparve un sorriso sulle sue labbra quando intravide l’immenso edificio della East High dall’altra parte della strada. Continuò a camminare senza rendersi conto che stava alzando il passo.
“Ehi, dove vai così di fretta?” chiese una voce proveniente da dietro di lui. Troy si girò di scatto e vide che Chad gli stava correndo incontro. “Chad! Come va?”. L’amico lo raggiunse . “Beh dopo l’ultima grande vittoria direi alla grande! E tu? ”. “Come mi vedi?” chiese Troy. “Oh direi che dal tuo sguardo posso dedurre che impazzirai se entro un’ora al massimo non rivedi Gabriella”. “Direi che hai indovinato”. A Chad scappò una risata. “Ne ero sicuro” replicò.
“Ragazzi!”. Chad e Troy alzarono lo sguardo e videro Taylor dall’altro lato della strada. “C-ciao Taylor!” azzardò Chad provando vergogna. “Forza, non fare il coniglio!” suggerì Troy. “Non sono un coniglio!” disse Chad. “Andiamo allora!”. Troy prese la mano destra di Chad e lo tirò dietro di sé. Chad si muoveva a fatica guardando Taylor fisso negli occhi. Le aveva chiesto di uscire una settimana prima e lei prima di lasciarlo da solo sul ciglio della strada con lo sguardo perso nel vuoto gli aveva impresso un bacio a stampo sulle labbra lasciandogli un ricordo indelebile di quella serata. Chad era rimasto fermo il tempo sufficiente per metabolizzare che era tutto vero, che non era un sogno. Poi se ne era tornato a casa e da quel momento non faceva altro che pensare a quel bacio.
“Wildcats! Come procede?” chiese Taylor non appena i due amici si trovarono davanti a lei. “Piuttosto bene” replicò frettolosamente Chad.
Ci fu un attimo di silenzio. “Non imparerai mai!” sbuffò Taylor rivolgendosi al ricciolino. “I-io non capisco…” balbettò Chad. “Questa è una scuola non un’arena sportiva signor Danforth!” esclamò Taylor imitando la signora Darbus. A Troy sfuggì una risata. “Lo sai che non posso rinunciare alla mia palla da basket tesoro!”. Quella frase gli uscì di getto. Troy spalancò gli occhi sorpreso. “M-mi hai chiamata…tesoro? M-ma…”. Chad fece un passo in avanti e prese le mani di Taylor. “Si Taylor, ti ho chiamato tesoro. Quella sera mi hai fatto provare sentimenti che non avevo mai provato. Ecco, io non pensavo che tutto questo sarebbe successo perché…beh tu sei una ragazza intelligente, simpatica, dolce e io…io…”. C’era un tratto di indecisione nelle parole di Chad e Taylor lo notò. Gli portò una mano sulla sua bocca. “Tu sei il ragazzo più sensibile che io abbia mai avuto”. Chad si sentì tremare. “M-ma noi…”. Taylor lo interruppe: “Si Chad, io voglio essere la tua ragazza”. Troy era rimasto fermo a guardare con le braccia conserte di fronte a loro. “I-io…” accennò Chad girandosi a guardare l’amico per un attimo. “T-tu…”. “Sh…” bisbigliò Taylor. In una frazione di secondo si annullò la quasi già assente distanza tra le loro labbra. “Io credo che tutto questo sia…”. “Oh si, è semplicemente meraviglioso...” concluse Taylor.
“Scusate io non vorrei interrompere questo vostro momento estremamente romantico ma…”. “Gabriella sta arrivando” annunciò Taylor troncando la frase di Troy a metà. “Oh, fantastico” rispose lui mettendosi una mano in tasca.
“Quindi posso dire che sei la mia ragazza?” riprese Chad. “Certamente” gli rispose Taylor. Chad sorrise.
Passarono pochi secondi prima che Taylor volgesse lo sguardo verso la strada vedendo arrivare in lontananza il bus scolastico. “Oh no…stanno arrivando le cheerleader!”. “Insieme al resto dei Wildcats” aggiunse Troy. Il bus si fermò sull’altro lato della strada e Chad cominciò il conto alla rovescia: “Tre…due…uno…”. “WILDCATS!” sentirono gridare le cheerleader che erano scese dal bus e avevano cominciato ad urlare a gran voce accompagnate dal resto dei membri della squadra di basket. “Come on! Come on! W, I, L, D, C, A, T, S ! WILDCATS!”. “Io ho sempre odiato le cheerleader!” sbuffò Taylor. Attraversarono la strada saltando e cominciarono ad eseguire un’ordinata coreografia davanti alla East High. “WILDCATS!” continuarono.
In mezzo a quella confusione Chad scorse un’automobile rosa che accostò davanti all’ingresso”. “La regina di ghiaccio sta per fare il suo trionfale ingresso alla East High” disse fissando l’auto.
Da quella vettura alquanto disgustevole alla sola vista uscì un uomo che indossava un paio di guanti bianchi, una giacca nera che ricopriva la camicia, un paio di pantaloni indiscutibilmente eleganti e un papillon. L’uomo sulla cinquantina si affrettò ad aprire la portiera posteriore sinistra.  Un sandalo violaceo dal tacco sufficientemente alto si poggiò sull’asfalto e dall’auto uscì Sharpay passandosi una mano tra i capelli biondi. “Signorina Evans” disse l’autista. Sharpay non ci fece caso e si spostò i coloratissimi occhiali da sole sul capo. L’uomo fece il giro dell’auto e spalancò l’altra portiera. Ryan uscì con disinvoltura non curandosi delle cheerleader e di tutto quel frastuono che si era creato. “Signorino Evans”. Lui odiava essere chiamato in quel modo.
I due si fecero largo in mezzo alla folla e immediatamente Sharpay squadrò Troy da capo a piedi. “Ehi Troy!” lo chiamò Sharpay. “Ho saputo della vostra vittoria!”. “Oh si…siamo stati grandi” rispose Troy annuendo scocciato. Sharpay storse il labbro inferiore mordicchiandoselo.
“Ehi Wildcat!”. Troy si girò, conosceva quella voce come le sue tasche. Guardò in ogni direzione e non si curò di Sharpay che lo guardava sospettosa. Poi la vide; in mezzo alle grida delle cheerleader e alla loro solita coreografia colse il dolce sguardo di Gabriella.
 
 

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