La solitudine dei numeri primi

di iononlosochisono
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***




Come ogni mattina il mio umore era a pezzi; la voglia di scrollarsi di dosso quelle lenzuola verdi, che da sempre mi hanno protetta, era pari a zero. 

Erano le sei e dieci, la sveglia era suonata in orario, ma i miei "dieci minuti di relax mattutino", com'ero abituata a chiamarli, avrei dovuto prendermeli in ugual modo. Controllai i messaggi ricevuti durante la notte, lessi le notizie di facebook e mi soffermai sull'applicazione "what's app", dove i miei amici mi scrivevano abitualmente. 

Da: Harry
Buongiorno principessa, ti sei svegliata di buon umore quest'oggi? Ci vediamo davanti alla tua classe più tardi, devo darti una cosa.

Sorrisi.

Di certo il mio umore non era migliorato in una maniera molto visibile, ma ricevere un sms alle sei del mattino, da un ragazzo bello, sensuale e dolce, come Harry, il figlio della professoressa di economia turistica, avrebbe fatto piacere anche alla persona più apatica di questo pianeta. 

Lo conobbi qualche anno fa quando, arrivata nella nuova scuola, sentendomi inappropriata e fuori luogo, mi posizionai fuori dal cancello principale a scrutare la gente; notai il modo in cui le ragazze si truccavano e si vestivano, l'unica cosa che pareva le gente volesse fare, in quel contesto, era "attirare l'attenzione", ed io di certo non ci sarei riuscita, bassa e bruttina com'ero. Come un angelo mi comparve davanti un ragazzo sui sedici anni, alto e snello, con i capelli ricci, gli occhi verdi ed un sorriso mozzafiato, che porgendomi la mano mi disse: "Sono Harry, Harry Styles, e nulla, mi piace essere gentile con le ragazze carine, quindi ben arrivata in quest'istituto!"
Mi sentii felice, un misto tra l'imbarazzo e la vergogna, ma felice. Da quel momento in poi diventò uno dei miei punti di riferimento più grandi e mi fece conoscere anche gli altri ragazzi che uscivano insieme a lui. Ci scambiavamo idee, opinioni, studiavamo insieme, ci aiutavamo come fossimo due fratelli, due amici dei tempi dell'asilo, andavamo a correre nei momenti di noia e rabbia, ci è sempre bastato uno sguardo per capire le emozioni dell'uno e dell'altro. 

Mi alzai dal letto barcollando e mi diressi con beata calma verso la mia cabina armadio. Fissai le ante chiuse del primo mobile per qualche secondo, fino a quando mi decisi ad aprirlo e a scegliere cosa indossare in quella fredda mattinata di novembre. Pescai un jeans chiaro e la camicia blu, a fiori, che mi aveva regalato un'amica di mamma per il mio diciottesimo. Guardandomi allo specchio potevo vedere il riflesso di una ragazza che non mi apparteneva del tutto, lo sguardo era triste, ma si intravedeva un filo di sicurezza in più rispetto ai tempi passati.  Un po' di trucco, giusto per sentirmi leggermente più protetta e mascherata in questo mondo così strano e via.

Uscii di casa in fretta e in una mezz'ora raggiunsi la scuola, quella scuola che in cinque anni non ha fatto altro che farmi dannare, ma che ancora oggi, risulta la scelta migliore della mia vita. Quando frequentavo la scuola media, vedevo quest'istituto come il migliore del paese, in quanto volevo che il mio futuro si svolgesse in mezzo a tantissime persone, in uno degli areoporti più grandi del mondo. Ero ancora una bambina ingenua, ma la voglia di avere intorno la gente, di ogni etnia, di ogni sesso e di ogni colore, non è mai svanita.

"Megan!" mi sentii chiamare e ritornai alla realtà, voltandomi.

"Che volto pensieroso, hai dormito male?" disse Niall, un ragazzo fantastico del quarto anno che conobbi grazie ad Harry, nell'estate di due anni fa.

Sorrisi e lo abbracciai fortissimo. Non gli dissi nulla, solo lo abbracciai. I suoi abbracci riuscivano a trasmettermi una forza e una carica incredibile. Era una sorte di angelo per me.

"Sto bene Niall, sono solo un po' distratta oggi", risposi, staccandomi dall'abbraccio. 

"Hai per caso visto Harry? Mi ha detto che sarebbe venuto qui, il suo messaggio diceva che mi avrebbe dato qualcosa, non ha specificato", aggiunsi.

"Si, me ne ha parlato! Lo sai che è un ritardatario quel ragazzo, arriverà in una manciata di minuti, vedrai", sorrise misterioso Niall.

"Io corro, ho lezione di biologia e non ho studiato nulla. Ci vediamo piccola!", disse scomparendo poco dopo in mezzo agli studenti della scuola.

Entrai in classe e mi sedetti nel mio attuale posto, aspettando il mio amico, piena di curiosità.

Lo vidi entrare solo pochi istanti dopo, con un sorriso stampato in faccia e una busta bianca in mano.

"La mia dolce Megan! Come stai?", esclamò felice.

"E' tutto ok, sono impaziente, che dovevi dirmi o darmi o comunicarmi o, che ne so, arriva al punto! Cosa voleva dire il tuo messaggio?", gli dissi tutto d'un fiato mentre ci scambiavamo un abbraccio.

"Questa è per te. Non voglio tu la apra ora. Aspetta di arrivare a casa, di distenderti sul tuo letto e di essere tranquilla e rilassata", mi comunicò con un'aria più seria dell'inizio, porgendomi una busta bianca, con sopra inciso il mio nome a carattere corsivo.

"Va bene, ma devo preoccuparmi? Insomma, non mi hai dato nessun indizio, non mi hai spiegato nulla. E' qualcosa di bello o brutto?", dissi fissandolo.

"E' una cosa bella, Megan. Passa una buona giornata e ricorda, non aprirla fino a quando non sarai a casa!", mi ricordò nuovamente prima di mandarmi dei baci nell'aria e correre distratto verso la sua classe.

La mia giornata non passò così velocemente, tra interrogazioni e compiti, sentivo che la mia testa sarebbe potuta scoppiare da un momento all'altro. Eppure il pensiero di quella lettera teneva accesa una forte curiosità in me. Non sapevo cosa aspettarmi, Harry era il tipico ragazzo che faceva sorprese alle persone a cui teneva; ricordo che una volta si presentò sotto casa mia con una scatola di cioccolatini e una collana bellissima che tutt'oggi amo portare. 

Arrivo l'ora del termine delle lezioni e corsi a casa, felice che l'ennesima giornata di studio e compiti era ormai finita. Mamma mi aveva preparato la pasta all'arrabbiata, la mia preferita, forse perché il nome mi ricordava qualcosa, o forse qualcuno, forse perché quel sapore forte e leggermente piccante mi rappresentava. Pranzai e mi diressi verso la mia camera, pronta a scoprire che segreto si nascondesse all'interno di quella busta. Mi sedetti sul letto e cominciai a strappare quel pezzo di carta che conteneva ciò che mi era stato donato. Impaziente e nervosa buttai all'aria i pezzi di carta bianca che non servivano ed estrassi una lettera, molto probabilmente scritta a computer con una scrittura di tipo "Arial". Cominciai a leggere e non mi resi nemmeno conto di che facce buffe stavo facendo, ma sono sicura che se qualcuno mi avesse filmato, avrebbe riguardato il video centinaia di volte, e ancora, alla centesima volta, avrebbe riso a crepapelle. 

Mi resi conto di balbettare a vuoto, nessuno mi stava ascoltando eppure io avevo iniziato a balbettare, blaterando parole senza significato. Mi guardai intorno in uno stato di estasi. Quello che avevo appena letto e ancora stringemo tra le mie mani, sotto i miei occhi, non poteva essere reale. Sembrava una sorte di telenovela o uno di quei programmi stupidi dove i telecronisti portano una busta misteriosa ad una persona, la quale poi dovrà presentarsi in trasmissione.

Mi pizzicai la guancia sinistra e questo gesto mi fece male. Ero viva, quindi, e no, non era un sogno. Presi il telefono e, tremando, digitai il numero di Harry. 

"Pronto?", rispose una voce divertita e sarcastica.

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Spazio autrice.

Ehm, ciao *sventola la manina con un sorriso dolce*
Sono una frana a scrivere e sono una frana ad inventare e storie; diciamo che quando il Signore distribuiva la fantasia, io stavo dormendo.
Però questo è il mio primo capitolo, il primo capitolo di una prima storia. Quindi chiedo perdono a tutti voi ç_ç

Lieta di conoscervi, vi auguro una buona giornata e vi mando tanti baci.
P.s.: se passate di qui lasciatemi un segno, positivo o negativo che sia. Ah, e ringrazio infinitamente @gretasorzato per il banner.

Iononlosochisono
 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***




"Pronto?", rispose una voce divertita e sarcastica.

"Harry, io.. Non so cosa dire, non so come comportarmi, è tutto.. E' tutto dannatamente incredibile", dissi con voce tremolante.

"Stai tranquilla e respira profondamente. Dopodiché avvisa mamma e fai i bagagli. Amsterdam, l'alcool e i Nickelback ci stanno aspettando!", esclamò vibrante il ragazzo dall'altra parte della cornetta.

"Non ci credo, non può essere vero. Proprio un anno fa parlammo di questo concerto, ma non credevo l'avresti fatto davvero, non credevo saresti riuscito a prendere i biglietti", risposi con le lacrime agli occhi provocate dalla forte emozione.

"Niall sarà con noi?", aggiunsi.

"Certamente, ho prenotato per tre persone all'Eden Hotel Amsterdam - Hampshire Eden, alloggeremo sei notti!", affermò, concludendo, Harry.

Con un sorriso che mi faceva il giro della testa cinque volte, corsi in cucina dove trovai mia madre che stava lavando i piatti nei quali avevamo pranzato, con uno sguardo distratto e molto probabilmente sovrappensiero. La guardai, fermandomi sull'uscio della porta e vidi una donna piena di forza, una donna che, nonostante l'età che avanza, di giorno in giorno, combatte per mantenere acceso il suo sorriso e la sua forza di volontà. Tutte le persone che ho conosciuto nel corso dei miei diciott'anni mi hanno sempre detto che, se un giorno mi fossi smarrita, chiunque mi avrebbe riportato a casa, considerata l'evidente somiglianza tra di noi. Stessi occhi, stesse labbra, stessa voglia di fare, di scoprire e di conoscere, stesso fisico, stessa altezza, stessa taglia di seno e di piede, stessa cellulite nelle cosce, ahimè, e stesse gambe, un po' troppo formose vista l'altezza non così sviluppata. 

Mi si formò un sorriso sulle labbra al pensiero di quanto abbiamo combattuto insieme per sconfiggere e saltare ogni ostacolo; poi mi avvicinai velocemente e l'abbracciai da dietro.

"Amore, che succede? Come mai così felice?", mi disse lei, chiudendo il rubinetto e voltandosi mentre si asciugava le mani lisce e morbide.

"Mamma, ricordi il concerto di cui ti parlai l'anno scorso? I Nickelback, il mio gruppo preferito, saranno ad Amsterdam nel weekend ed Harry ha trovato tre biglietti, per me, lui e Niall. Ha anche già prenotato un hotel li nei paraggi, per sei notti, giusto per visitare anche la città. Un'esperienza così non capita tante volte nella vita, mamma", affermai tutto d'un fiato mentre lei mi guardava radiosa e sorridente com'ero io.

"Posso? Ti prego, userò i soldi di nonna e di nonno che mi hanno regalato al compleanno. Lo sai quanto io ci tenga ad ascoltare i Nickelback dal vivo, è un sogno che conservo da quando ero piccola", aggiunsi, sbattendo velocemente gli occhi in modo da risultare più dolce e tenera.

"Mi fido di te. Hai diciott'anni e hai la testa sulle spalle, Megan. Divertiti anche per me", rispose mia madre.

Ci abbracciammo solamente. La strinsi forte e pensai a tutte quelle volte che, da piccola, mi concedeva di fare delle cose, ricordandomi quanto io fossi matura, rispetto agli altri bambini, e quanto si fidava di me. Avrei voluto dirle che il bene che provavo nei suoi confronti era direttamente proporzionale alla nostra forza messa insieme. Ma non ci riuscivo. Non ci sono mai riuscita. Esprimere i miei sentimenti, ciò che provo, è sempre stata una cosa difficile per me. Così chiusi gli occhi e continuai ad abbracciarla, fino a quando persi la condizione del tempo.

Si avvicinava il giorno della mia partenza, avvisai amici, professori, parenti che non ci sarei stata per una settimana, che non sarei nemmeno stata raggiungibile (al di fuori di mamma), in quanto, quelli, sarebbero stati i giorni più belli ed emozionanti della mia vita. Harry e Niall erano eccitati quanto me; ci trovavamo tutti i pomeriggi, una volta a casa di uno, una volta a casa di un altro, per preparare le valigie insieme. Dovevamo partire per Amsterdam, non per l'America, eppure avevamo pantaloni sopra pantaloni, maglie sopra maglie, portai gonne, leggins, calze, scarpe con i tacchi, scarpe da ginnastica, ballerine, cappelli, sciarpe, calzini, occhiali da sole, trucchi, elastici colorati, mollettine di tutti i colori, cerchielli, ciglia finte e tantissime altre cavolate che, molto probabilmente, nemmeno mi sarebbero servite. 

Il giorno prima della partenza dormimmo tutti da Niall. La sua casa era enorme, si sviluppava su tre piani ed era anche dotata di una piscina e una palestra. I suoi genitori lavoravano bene e guadagnavano alla grande; il padre era un pilota, mentre la madre faceva la stilista. Erano due persone adorabili e per niente montate e vanitose nonostante la ricchezza! Harry passò la notte davanti al computer per ripassare i testi delle canzoni, mentre io e il padrone di casa, distesi nel materasso più grande, ci addormentammo alle ultime note della canzone "How You Remind Me".

"Never made it as a wise man 
I couldn't cut it as a poor man stealing 
Tired of living like a blind man 
I'm sick of sight without a sense of feeling 
And this is how you remind me 
This is how you remind me 
Of what I really am 
This is how you remind me 
Of what I really am".


"Megan, Niall! E' ora di svegliarsi e di correre in contro all'avventura, dormiglioni!"

Furono le ultime parole che sentii prima di cominciare a vivere veramente, prima di cominciare un'esperienza che, di certo, mi avrebbe cambiato la vita.
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Spazio autrice.

Ciao ragazzi *sventola la manina come la scorsa volta*.
Ho già inserito il secondo capitolo della nostra storia. Non è un granché ed è anche molto corto, per questo mi scuso con voi. 
Avete già qualche idea per quello che succederà nel terzo capitolo? 
P.s.: ricordatevi che se recensite mi fate un piacere enorme. Le critiche sono sempre ben accette, lo ricordo!

Un bacio grande a tutti voi,

Iononlosochisono

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