Sekai-ichi hatuskoi

di Rebebebe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Case of Onodera Ritsu 1a ***
Capitolo 2: *** Case of Onodera Ritsu 1b ***



Capitolo 1
*** Case of Onodera Ritsu 1a ***


Ciao a tutti. Prima fan fiction, oddio, chissà cosa ne verrà fuori…
Ora come ora non sono molto esperta di questo mondo, ne ho lette parecchie di ff, ma scriverne una è un’impresa ardua, decisamente molto più complicata. Ho pensato di cominciare descrivendo il primo capitolo di Sekai-ichi Hatsukoi con le mie parole, come io me lo sono sempre raccontato nella mia mente. Non c’è bisogno di dire che penso sia il manga migliore che ho mai letto per svariati motivi che spero condividiate: il primo è sicuramente che la mangaka, Nakamura Shungiku, migliora giorno dopo giorno i suoi disegni rendendoli sempre più belli; la storia non è esattamente nuova, ma con il suo metodo di illustrarla la rende originale e innovativa; e il punto che va assolutamente a suo favore è il mischiare più di una storia (addirittura quattro!) in un unico manga non autoconclusivo, decisamente geniale e coinvolgente.
Ora mi sto divulgando decisamente troppo e sto togliendo spazio al racconto che spero possa piacere anche se pieno di errori (lo so che li farò perché traduco i dialoghi dal manga in inglese, e io anche se me la cavo in questa lingua non sono poi così brava) e una scrittura semplice che mi perdonerete, purtroppo non ho grandi capacità nella scrittura.
Vi lascio, ciao.
Ps: ovviamente è un ritsu pov. Se cambierà qualcosa lo indicherò.
 
“L’avevo visto qui vicino, mentre prendevo quel libro che aveva quella strana copertina piena di fiori. Era alla sua sinistra, due scaffali più in alto se non ricordo male. Saga-senpai l’aveva letto la settimana scorsa e non avevo ancora avuto il tempo di vederlo”.
Quando scorsi il suo titolo tra gli altri mi precipitai per prenderlo.
“Quasi non ci speravo di poterlo individuare con tanta facilità”.
Appena sfiorai la costola del libro, la mia mano ne incontrò un’altra, e quando alzai lo sguardo me lo ritrovai davanti. Proprio lui. Proprio Saga-senpai.
Non me n’ero accorto, avendolo sempre guardato da lontano, non mi ero accorto che fosse così vicino a me.
- Saga-senpai…-, mi scappò automaticamente.
La voce mi morì in gola. “Come mai l’ho chiamato? Perché l’ho fatto?”
- N-no…scusa…mi dispiace…prendi pure il libro…-, balbettai abbassando lo sguardo.
Lui m’interruppe, - come conosci il mio nome?-, chiese facendomi arrossire all’istante.
Per gli ultimi tre anni del liceo tutto quello che ho fatto è stato osservarlo. Questo è il quarto anni. Ho deciso…ho deciso ti tenere questi miei sentimenti al chiuso nel mio cuore per sempre, ma una volta che me lo sono ritrovato davanti, i miei sentimenti hanno cominciato a sgorgare fuori. Ho provato a tenermeli, ma sono usciti.
Senpai.
Ti amo.
Ti amo.
Ti amo.
- Ti amo-.
Mi bloccai di colpo.
“L’ho detto?”
“Oddio”.
- No…-, cerco di dire, - um…volevo dire-.
La sua mano s posa tra i miei capelli, me li accarezza. Il cuore mi si ferma.
 
Tutto era puro a quel tempo, ma adesso, dieci anni dopo, io, Onodera Ritsu, 25 anni, sono diventato un adulto decisamente irascibile.
- Cosa?!-, proruppi con una faccia scocciata, - sono stato assegnato al Sezione Shoujo Manga?!-, il mio cervello ci mise un po’ a collegare il tutto: io, proprio io, l’antisentimento in persona che si occupa del dipartimento editoriale più sdolcinato e melenso di tutti? Per non parlare del fatto che è un manga, non può nemmeno essere definito un libro, o almeno, non del tutto, - aspetti un secondo, l’ho specificato molto bene durante il colloquio. Mi occupavo di letteratura nel mio precedente lavoro, e voglio continuare a lavorare lì!-, sbotto contro questa povera ragazza che a dire il vero non ha nessuna colpa.
- Capisco…-, balbetta, - ma i miei superiori sono gli unici a poter prendere queste decisioni, non io…-.
Io la interrompo senza ritegno, - potresti controllare un’ultima volta? Potrebbe esserci stato un errore da ì ad ora!-.
- Ma queste decisioni sono prese immediatamente-, provai a protestare ma lei mi interruppe subito con un sorriso che aveva molto di falso, - dice: “Onodera-san, deve essere assegnato al sezione shoujo manga della Marukawa Shoten”, è così-, afferma indicando il punto in cui ha letto parola per parola ciò che c’è scritto, - forza-, prorompe alzandosi, - ti porto là-.
Che fastidio!
Com’è potuto succedere?! Ho appositamente cambiato lavoro per potermi occupare di letteratura! Perché i manga?! Io non li leggo nemmeno! Specialmente non gli shoujo!
- Chiedo scusa-, domando attirando l’attenzione della ragazza in divisa da lavoro, - mettere un uomo nella sezione degli shoujo manga non è come assumere un lavoratore inutile?-.
Lei sorride spostandosi la frangetta bionda che le ricade sugli occhi, - questo non è assolutamente vero, lo so che può sembrare uno sgabuzzino, ma da quando l’attuale editore capo si è unito a noi, è diventato il dipartimento editoriale numero uno, ha persino ricevuto un premio dal presidente.
Ah sì?
- In più-, aggiunge con le guance rosse e uno sguardo sognante mentre usciamo dall’ascensore, - tutti gli editori sono degli uomini molto affascinanti-.
Gli occhi mi si sgranano dalla sorpresa, - sono tutti uomini?-.
- Esatto, molte donne qui hanno gli occhi puntati su di loro. Ci sono molti feromoni nell’aria alla fine del periodo-, poi borbotta qualcosa tra sé e sé che mi è suonato come un, - lo vedrai una volta arrivato lì-.
Periodo? Sbuffo sonoramente. Quanto vorrei licenziarmi ora, ma non posso proprio ora. Comunque aspetterò due settimane e poi troverò una ragione per andarmene. Se sto per mollare, probabilmente è una buona idea incontrarmi con gli editori. Dopotutto, di solito, non puoi tornare sui tuoi passi dopo un anno.
Arriviamo alla Emerald, il nome che danno alla sezione Shoujo.
Abbasso il capo con rispetto, - piacere, lavorerò con voi d’ora in poi, il mio nome è Onodera…-, mi zittisco. Non per chissà quale motivo. Forse perché ciò che mi trovo davanti non ha una spiegazione che riesco a dare con chiarezza. L’unica cosa che vedo è un insieme di scrivanie ammassate tra di loro con un cumulo di manga e fogli su di essi che potrebbero tranquillamente superare il metro d’altezza. Per non parlare delle tre persone abbandonate completamente sulle sedie con gli sguardi che non puntano da nessuna parte se non nel vuoto.
La ragazza sussulta e indietreggia di qualche passo, - chiedo…chiedo scusa! È la fase sbagliata del periodo-, e senza dire nient’altro, scappa via dicendomi di fare del mio meglio. Non riesco nemmeno a chiamarla che è già sparita nel corridoio.
Sembra che nemmeno la gente di passaggio sia disposta a parlarmi.
Perché mi stanno evitando?
Cosa c’è di sbagliato qui? E perché c’è puzza di chiuso?
Decido di chiedere spiegazioni a uno dei tre uomini e mi avvicino a quello sula destra, - …um…sono Onodera-, dico sfiorando con la mano la sua spalla, ricavandone solo uno shock quando cade a terra con un tonfo sordo.
- Cosa…?-, chiede tirandosi su sui gomiti.
“Cosa…?”, è quello che dovrei chiedere io.
- Da oggi lavorerò qui con voi-, comincio io.
Lui si guarda intorno fino a poggiare gli occhi stanchi su di me, - era oggi?-, poi si porta una mano alla bocca e alza notevolmente il volume della voce, - Takano-san, il ragazzo nuovo!-, non ricevendo risposta urla ancora più forte, - Takano-san! Takano-san! Sei sveglio?-, quasi non ne può più di sbraitare, - Boss!-.
Ma lui viene interrotto dal suono di un piede che viene sbattuto sul tavolo, e io mi giro appena i tempo per vedere il cotale “boss” che gli intima di stare zitto, - ti ho sentito la prima volta-, gli fa notare sbuffando.
Questo?! Sarebbe questo qui il famoso boss? L’editore capo che ha portato l’Emerald al successo? Non è possibile. Voglio dire, ha la faccia di uno assolutamente inaffidabile e scapestrato. Ha un ammasso di capelli corvini talmente scompigliati che non si capisce né il capo né la coda dei ciuffi. Per non parlare degli spenti occhi neri nascosti da degli occhiali di una spessa montatura, scura come i capelli.
- Quindi?-, chiede con una calda voce roca, - che cosa fai? Partime?-.
Non ci posso credere che sia capitato proprio a me.
- No, sono un tempo pieno, sotto contratto-.
- Il tuo nome?-.
- Onodera Ritsu-.
- Ah è vero-, borbotta sbadigliando rumorosamente, - ho sentito che stava arrivando qualcuno come te, piacere di conoscerti-.
Cosa?!
“Qualcuno come te” cosa vorrebbe dire?!
Lui continua per niente disturbato dalla mia faccia decisamente scocciata, - non ero al colloquio ma ho sentito che hai esperienze nell’edizione-.
- Sì-, affermo, - tre anni alla Onodera Publishing-.
- Cosa facevi? Shounen? Seinen?-, domanda non molto interessato, mentre legge un foglio preso dal mucchio.
- No, mi occupavo di letteratura-, rispondo con una nota acida nella voce.
Si gira verso di me spalancando, seppur di poco, gli occhi, - letteratura?-.
- Si-.
- Quindi con i manga sei nuovo-, deduce non aspettandosi un’effettiva risposta.
C’è qualcosa in lui…no, no, non posso solo basarmi sulle apparenze, ma…
- Inutile-, borbotta poggiando la testa sulla mano come se fosse sfinito e deluso allo stesso tempo.
Questo qui…è il peggiore. Sì, l’abito fa il monaco, ora lo so.
- Takano-san-, lo chiama l’editore con i capelli più chiari, e sicuramente il più massiccio di tutti, - Satou-san è qui con il suo manoscritto di rimpiazzo, è nel salotto-.
- Capito-, dice semplicemente lui alzandosi, - seguimi, novellino-, dice improvvisamente rivolto verso di me, - mostrami che puoi fare il tuo lavoro-.
Usciamo dall’enorme stanza in cui si concentrano almeno cinque gruppi di scrivanie ravvicinate tra loro. Il corridoio è lo stesso di prima, solo molto più pieno di gente che va da una parte all’altra con fogli e schedari in mano.
Decido di dire qualcosa, camminare dietro di lui in silenzio mi da una sensazione di fastidio indicibile, - è il manoscritto di rimpiazzo di questo mese?-, chiedo allora.
Lui bofonchia qualcosa che assomiglia a un si.
- E quando andrà in vendita?-.
- Sette giorni-, risponde sbrigativo.
Quasi mi va di traverso la saliva, - quando hanno cominciato a disegnare?-.
- Tre giorni fa-.
Davvero?!
- Non ci sono abbastanza rimpiazzi tra cui scegliere?-.
- Ne abbiamo parecchi, ma sono tutti delle merde-.
Ciò che sta dicendo non ha molto senso, - in effetti se abbiamo bisogno di rimpiazzi non ci si può aspettare molto-, rifletto ad alta voce.
Lui si gira verso di me e mi scruta con attenzione, - non importa se si tratta di un editore o di un artista, ma una persona che pensa di compensare con dei rimpiazzi, è un idiota. Perché riempire gli spazi vuoti con vecchie pietre quando puoi farlo con dei diamanti? È naturale-. Mentre lo dice ci avviciniamo ad una porta sulla cui soglia si trova una giovane donna con un maglioncino a fiori. Deve essere Satou-san.
Quello che dice potrebbe anche essere vero, ma alla fine, è solo un’illusione.
Comincia a correggere i fogli che la donna gli consegna, una volta seduti comodamente ad un tavolo.
- Grazie per il tuo lavoro. Chiedo scusa, ti avevo detto che era impossibile finirlo in tre giorni ma ci sei riuscita-.
Lei sorride soddisfatta di sé stessa.
- Però-, si corregge subito lui, - questa scena del bacio, potresti renderla più drammatica?-, chiede fissando il foglio con uno sguardo attento e indagatore.
Lui a questo punto le porge il foglio nello stesso istante in cui lei tira fuori dalla borsa un buffissimo astuccio a forma di panda. Da lì prende degli strumenti e si mette a disegnare. Stiamo scherzando?! La fa disegnare qui?! Adesso?!
- Ehm…così?-, chiede lei abbozzando uno schizzo a matita con fare incerto.
Lui scuote la testa non convinto, - prova a disegnarlo da questa angolazione-, consiglia indicando un punto nel foglio che dalla mia posizione e capotavola non riesco a vedere, - no, da questa prospettiva. Hai mai baciato qualcuno?-.
Non so se a essere più sorpreso sono io o lei. Voglio dire, che cosa cavolo chiedi? Queste sono molestie!
Io m’intrometto, - non va bene così? È già disegnato piuttosto bene, e in più non c’è abbastanza tempo-.
Lui no mi degna nemmeno di uno sguardo e continua a fissare il foglio, - possiamo ancora migliorarlo-, penso che non abbia altro da aggiungere ma invece lo fa, e sarebbe stato meglio il contrario, - i dilettanti dovrebbero tacere-.
Dilettanti?!
Satou-san, che ha capito che l’aria tra me e lui si sta facendo pesante, ci interrompe, - ma se baci qualcuno non ti puoi vedere mentre lo fai…-.
Takano-san la guarda senza proferire parola.
- Punto tuo-, dice poi, - ok, ti farò vedere un esempio, quindi disegnalo velocemente-, si alza dalla sedia e io lo imito subito.
- Lo farò io. Vi servono degli esempi, no? andrò a prenderli, dove sono?-, domando rivolto verso di lui.
Ma non mi sta nemmeno ascoltando e continua a parlarle, - disegnalo da un’angolatura dove puoi vedere il mento e aggiungi un tocco allegro al tutto-.
Aspetto che finisca per poi domandargli di nuovo dove posso trovare le tavole, rivolgendogli infine le spalle e dirigendomi verso l’uscita.
Lui però mi prende per un braccio.
Huh?
Mi fissa con i suoi occhi e mi prende il mento con una mano, avvicinando leggermente il volto a mio con una calma plateale.
Cosa?
E poggia le sue labbra sulle mie.
Così, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Come se noi due non fossimo due sconosciuti che si sono visti per la prima volta dieci minuti prima e che si trovano in un luogo pubblico.
Sinceramente vorrei urlare il mio stupore ai quattro venti, ma le sue labbra che serrano le mie morbidamente me lo impediscono. E no ce ne sarebbe nemmeno bisogno perché basta l’esclamazione di Satou-san che abbozza il tutto in un nanosecondo mentre non riesce a staccare gli occhi da noi.
Si stacca da me e si gira verso di lei, - fatto?-, e alla sua affermazione continua, - bene, ora veloce e finiscilo a penna-, dice sedendosi di fronte a lei come prima.
Ma stiamo scherzando?! Questo mi prende in giro!
- Che cavolo era quello?!-, sbotto con il viso più rosso che mai.
Mi guarda confuso, - che vorresti dire? “Quello era lavoro-.
 
Questo è davvero terribile.
 
Devo resistere solo altre due settimane. Probabilmente non fa per me.
Per ora so che per prima cosa gli editori alla Emerald sono un gruppo di strampalati evitati da tutti gli altri lavoratori dei dipartimenti, e per secondo, sono decisamente troppo passionali quando si tratta di shoujo manga.
Passionali? Oh sì, sono decisamente passionali. Abbastanza da usare loro stessi come modelli. Chi avrebbe mai potuto immaginare che sarei stato molestato il mio primo giorno di lavoro?
Per un attimo la mia testa si svuota.
Mi fa male la pancia.
Voglio occuparmi di letteratura.
È tutto quello che voglio: fare di un libro un’opera d’arte.
Probabilmente è perché mio padre è il presidente di una compagnia di pubblicazione, ma ho sempre amato i libri. L’unica cosa che ho sempre voluto era lavorare nella compagnia di mio padre. Appena ho iniziato, avevo molta pressione lavorando per autori famosi, ma ero felice. Ti prendeva molto tempo preparare le copertine. Dovevi avere il consenso dell’autore e consultare i vari stili con lui. “Che tipo di immagine vuoi? La vuoi con un obi? Un segnalibro? Di che colore?”
Ci ho messo il cuore a fare e vendere i libri ed ero felice ma a quel tempo…
- Il bestseller di questo mese è quello di Onodera-, disse una voce femminile mentre facevo una pausa dal lavoro e prendevo un caffè.
- Stai scherzando? Di nuovo?-.
“Non si sono accorti che sto ascoltando?”
- Sì, ma lui è qui solo per i suoi genitori, quindi per lui è più facile-.
L’uomo con lei le diede ragione, - noi siamo qui da più tempo, ma un novellino come lui si becca gli autori più importanti. Lavoriamo così duramente e invece ci capitano autori da quattro soldi. Non è giusto. E poi i libri sono degli autori, l’unica cosa che fa è mandare il manoscritto alla sezione stampa, e viene comunque lodato. Non ha senso!-.
Lei sospirò scocciata, - è inutile-. Corsi in bagno e mi gettai sul lavandino.
Ma…io non ho mai voluto usare mio padre. Volevo solo dare del mio meglio  con le mie sole forze. Il vecchio me stesso sarebbe rimasto scioccato da tutto , ma a quel tempo ho sentito la mia fatica messa in discussione.
Delle gocce caddero lente sul lavandino, mentre io stringevo sempre di più una mano sul brodo del lavabo, mentre l’atra stava stringendo il bicchiere appena preso, che era quello da cui stava scendendo il liquido. Mi stanno prendendo in giro?! Come osano parlarmi così spudoratamente alle spalle?”
Ecco perché ho deciso di mollare la compagnia per vendere milioni di copie di un libro da solo.
Ma alla fine era solo colpa mia.
Sospirai sedendomi e accasciandomi alla sedia, mentre il bicchiere piene di caffè se ne restava sul tavolo davanti a me, immobile.
È come se avessi perso chi sono. Ma non è per quello ce è successo con il senpai.
Solo nominando il suo nome una serie di immagini cominciò a farsi strada nella mia testa, con calma, una dopo l’altra.
Quando non volutamente gli dichiarai il mio amore.
- Ti amo, Saga-senpai, ti amo-.
Quando mi strinsi a lui la prima volta che lo facemmo…
Da quando è successo, ho cominciato ad aspettarmi il peggio da tutto. Voglio dire, così non è meglio? Anche se finirà male e rimarrai ferito, nessuna delle tue ferite sarà abbastanza profonda…
No! Basta! Smettila di pensare a una persona di cui non ricordi nemmeno la faccia! Adesso devi concentrarti a come poter cambiare lavoro velocemente!
- Hey-, mi sento chiamare da dietro.
Io mi giro stizzito, - che c’è?-, rispondo con una voce più infastidita di quanto vorrei. Mi ritrovo davanti Takano-san con la sigaretta in bocca. – Hai inviato il manoscritto?-.
- Sì, abbiamo finito per questo mese, ho appena parlato coi superiori-.
Cosa? Tutto qui? Non ti vuoi nemmeno scusare per il bacio di prima?!
- Tu sei l’erede dell’Onodera Publishing?-, domanda a bruciapelo, facendomi saltare sulla sedia.
Abbasso il capo, - io e la compagnia non abbiamo nulla a che fare-.
Incrocia le braccia al petto e mi guarda dall’alto al basso, - infastidito dal fatto di non essere stato assegnato a letteratura?-.
Stringo il bicchiere fino a farlo scricchiolare. “Esattamente!”, vorrei urlare, ma mi contengo, - no, più che altro è che gli shoujo manga sono incentrati sull’amore, non è proprio il mio campo; non è che io ne abbia una cattiva idea, è solo che proprio non lo capisco-, cerco di spiegare.
La sua voce mi arriva come una frecciata, dritta e gelida, - se hai intenzione di diventare una palla al piede perché non vuoi, allora licenziati, penso che ci siano parecchie persone in questo mondo costrette a fare come lavoro ciò che non gli piace-.
Mi giro verso di lui stizzito, - questo può essere vero, ma…-.
- Tutti iniziano come novellini-, afferma sbrigativamente per interrompermi, - non c’è possibilità che la tua esperienza in letteratura possa esserci utile-.
Possibile che stia cercando di incoraggiarmi?
- Anche se-, continua soffiando fuori il fumo, - le persone inutili sono inutili qualsiasi cosa facciano-.
Sì, sto per ucciderlo.
- Gli altri se ne sono già andati, fallo anche tu-, mi consiglia mentre spegne la sigaretta e la getta nel cestino.
- Mi chiamo Onodera!-, gli faccio notare con rimprovero nella voce.
Si appoggia al muro e mi guarda intensamente, - un’altra cosa-.
- Cosa?-.
- Ci siamo mai incontrati?-, mi chiede mentre il suo sguardo comincia a farmi sentire un’oppressione addosso che mi da leggermente fastidio.
Lo guardo innocentemente, - non saprei-.
 
Una volta in ufficio constato quanto disordine ci sia nelle scrivanie, è un macello, letteralmente un disastro. Ci poggio sopra una pila di manga che devo leggere e mi siedo cominciando a sfogliarne uno a caso.
Se perdo qui sarà come prima. Se sono inutile dopo aver fatto del mio meglio sarà solo colpa mia, ma essere inutile quando nemmeno ho cominciato è qualcosa che non posso accettare.
Gli farò vedere di cosa sono capace.
 
Takano-san prende la sua giacca e una sua collega lo guarda interrogativamente.
- Vai a casa?-, gli domanda.
Lui nega, - riunione-.
Si accorge che ha dimenticato un documento e quando etra in ufficio mi ritrova al mio posto che leggo in pace il decimo shoujo della pila.
Mi fissa, lo fa con estrema ostentazione. Lo sa che ciò che sta vedendo è qualcosa che ha già visto in precedenza, ma non capisce bene dove. Non ha mai incontrato una persona con un carattere come il mio, almeno non da quanto lui ricordi. Ed è così che se ne va, con il dubbio che lo attanaglia.
 

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Capitolo 2
*** Case of Onodera Ritsu 1b ***


Cantuccio per me:
ok, sono riuscita ad aggiornare prima per chissà quale manna mandata dal cielo. Volevo metterlo sabato sera ma mi sono accorta che ci vuole un sacco di tempo per scrivere un capitolo, ci ho messo ben quattro giorni alternandolo allo studio per poterlo finire. Sono anche rimasta sconcertata perché ho scoperto che faranno una serie su Yokozawa, l’avevo sentito molto tempo fa ma pensavo fosse solo una voce di corridoio, e invece. Anche se probabilmente saranno degli ova (ova), l’importante è avere sempre qualcosa su cui mangiarsi le unghie mentre si aspettano i capitoli che porteranno il nostro ritsu a dire finalmente un “ti amo”; l’ultima volta non ricordo a quanti giorni eravamo, qualcosa più di 100 forse, se non sbaglio era 104, ma non vorrei dire uno scempio. Mi sono messa a parlare di cose senza senso e ho già perso un sacco di tempo, quindi direi di cominciare. Sono arrabbiata visto che non riesco a mettere le gif, non so come si faccia. se qualcuno lo sa fare mi potrebbe per favore mandare un messaggio, andrebbe anche bene inserirlo nella recensione. Sono disperata.
Bacioni e buona lettura.
 
Ci devo ritornare. Mi sa proprio di sì. Ma chi ha voglia di circondarsi di miriadi di fogli gettati a caso su scrivanie sporche, una puzza di chiuso che solo uno sgabuzzino della palestra di una scuola riuscirebbe a ottenere e persone mezze morte accasciate sulle sedie…
Mentre entro nell’ufficio mi coglie un colpo di sonno. Sono così stanco, forse leggere 100 shoujo manga non è stata una buona idea; e se penso che devo passare l’intera giornata in quella discarica di dipartimento, il mio stomaco comincia già a dolermi.
- Buon giorno-, saluto abbassando il capo.
- Buongiorno, Onodera-kun-, dicono in coro due persone del trio che mi si presenta davanti.
A sinistra si trova un uomo con i capelli lunghi e castani e un maglione di lana a girocollo color panna. Non mi ricordo di lui.
A destra uno che quasi scambio per un universitario, è giovane, ha un viso terribilmente fresco e androgino. No, non ricordo nemmeno lui.
In fondo intravedo quello che sembra il più maturo e anziano del gruppo, che mi guarda con fare serio.
Rimango a fissarli per un tempo che gli deve essere sembrato interminabile, finchè non mi giro, - scusate, devo aver sbagliato posto, il dipartimento Emerald…-.
Vengo trattenuto per il braccio dal giovane ragazzo dai capelli neri che ridacchia divertito, - ma cosa dici? È proprio qui-.
Mi giro e controllo l’ambiente: pupazzi, fate, bambole e il colore rosa, tanto, troppo rosa. Siamo sicuri che questo sia lo stesso posto di ieri? Voglio dire, io me lo ricordo decisamente più trasandato.
- Ti chiediamo scusa per ieri-, comincia il giovane, mentre l’uomo con il girocollo finisce la frase, - abbiamo finito i bozzetti, quindi ora è tutto ok. Ho sentito che questa è la tua prima volta con i manga, ma non preoccuparti-, alza il pollice con fare sicuro, - ti insegneremo i trucchi del mestiere-, concludono insieme i due.
Non so cosa ribattere, a dire il vero nemmeno cosa dovrei pensare, - scusate-, dico allora, - devo andare in bagno-.
Corro via e mentre mi dirigo verso i servizi prendo con me un ragazzo preso a caso tra la folla che si era creata lì intorno ad ascoltarci.
- Fermati! Io non faccio parte del team Emerald!-, grida disperato.
Una volta dentro lo lascio andare e mi accosto al suo orecchio, - lo so, scusami, ma devo assolutamente chiedertelo. Io  ci vedo bene, ma che diavolo era quello?-.
Lui comincia a sudare, facendo finta di non capire.
Allora continuo, - se ricordo bene, ieri quel posto era una discarica, ma oggi è pulita. Questa parte ancora va bene, ma non capisco come quegli zombie si possano essere trasformati in uomini vitali! Cosa diavolo è quello scintillante officio rosa?!-.
Lui indietreggia di qualche passo e si poggia con la schiena al muro, tirando un sospiro e guardando altrove, - ha quello è perché sono arrivati alla fine del ciclo-.
I miei occhi gli fanno capire benissimo che non capisco, - ciclo? Che cos’è?-.
Prende fiato e comincia, - lo sai dei venti giorni della rapa? Che se ne pianti un seme lo devi raccogliere dopo venti giorni? Loro sono così-.
Io continuo a non capire.
- Di solito creano un libro in venti giorni. Più o meno va così: all’inizio sono tutti energici e se la prendono con calma, ma quando arriva la scadenza dei venti giorni, perdono ogni energia e finiscono col diventare ciò che hai visto; e quando è tutto finito, ritornano ad essere perfetti-.
Ok, posso dire di aver capito, più o meno, a dire il vero poco, - e l’ufficio è rosa perché…?-, provo a chiedere.
Lui risponde prontamente, - sai come si dice, no? “Quando sei a Roma comportati come i romani”. Takano-san ha voluto così per potersi immedesimare di più nei pensieri femminili-.
Comincia a sudare di nuovo, ma questa volta in maniera incredibile, e per parlare deve schiarirsi la voce, - è un ottimo dipartimento, ben organizzato. Anche se ci sono delle leggende che circolano-.
- Leggende? Tipo?-, domando innocentemente.
Perde le staffe e si mette ad urlare con la faccia tra il paonazzo e il violaceo, - non farmelo dire!-. SI dirige verso l’uscita e prima di imboccarla si gira nuovamente verso di me, - dovresti comunque fare del tuo meglio, ma sappi solo che li chiamano il “dipartimento delle fanciulle”-, e detto ciò esce.
…“fanciulle”?
Lo sapevo.
- I testi devono essere messi così-, mi mostra Mino-san, uno dei miei colleghi, quello che per farla semplice ha il girocollo, facendomi vedere come dovrei svolgere il lavoro, - devi mettere la base della carta sul retro e tagliarla, quando ci sono ci sono delle parole da inserire sulle figure, usa una carta da ricalco prima di inserire il testo-.
Voglio andarmene.
- Anche se-, continua mentre proseguo in autonomia il lavoro, - i manoscritti digitali sono di uso comune al giorno d’oggi, questa è una delle cose che devi saper fare-, sta zitto per un po’ ma quando sto per sbagliare mi ferma subito, - stai attento lì alle linee-, mi ammonisce, - bravo, così-.
Kisa-san, l’altro collega trentenne che di trentenne a ben poco, sembra più giovane di me, s’inserisce nella conversazione mentre mi osserva dalla sua postazione affiancata alla mia, - si dice che “chi non sa rimanere tra le linee, ha un cuore che anch’esso rimane fuori da esse”-.
- Kisa-, lo interrompe Hatori-san, il terzo e ultimo editore dell’Emerald, - l’altro giorno sei uscito dalle righe-.
Lui si gira sconvolto, - cosa? Dove?! Davvero!?-.
Hatori-san alza un plico di fogli e lo sventola mentre si va a sedere, - articolo di questo mese, pagina 12, terza cornice. La prima vignetta era storta di almeno un millimetro verso destra-.
- Ma se te ne sei accorto prima perché non l’hai detto prima di andare a stampare?!-, lo riprende.
Io più che ascoltarli mi concentro sui fogli, c’è qualcosa che non mi convince in ciò che vedo, mi lascia perplesso…
- Qualcosa non va?-, mi chiede gentilmente Mino-san sporgendosi verso di me.
Io mi risveglio dai miei pensieri, - no, stavo solo pensando se l’autrice fosse di fretta o cosa…-.
- Perché?-, mi domanda.
Io indico il punto che stavo osservando poco prima, - le due pagine precedenti sono tutte bianche, e in questa cornice invece usa solo il toner con le parole scritte direttamente sopra, sembra quasi sia malfa…-.
Prima di poter finire la parola “malfatto”, mi arriva un righello dritto nella guancia destra con una potenza tale da farmi quasi perdere l’equilibrio sulla sedia.
- Idiota!-, sbotta Takano-san.
Io mi alzo tenendo la testa dolorante, - che stai facendo?!-.
- Quella è una scena da batticuore!-, mi rimprovera puntandomi un dito contro che sa tanto di accusa.
Rimando un tantino perplesso, - batticuore?-.
- Sì, guarda!-, mi intima indicando i fogli che prendo subito in mano, - questa è la scena dove la protagonista e il suo partner confessano ognuno i propri sentimenti dopo averlo evitato per tanto tempo, è facile per i lettori immedesimarsi nell’eroina se lei parla in prima persona, per questo è importante lasciare che il lettore sappia che “sta arrivando il momento” e lasciar anticipare la scena. Per esempio, possiamo allargare il testo dandogli maggior rilievo, e quando i lettori non riescono più nemmeno a stare nella loro sedia..sganci la bomba-, termina mentre io finisco di seguire le sue parole con le vignette che culminano con il “ti amo” della ragazza innamorata.
Kisa-san prende il foglio e lo alza con un sorriso compiaciuto, - lo capisci questo sentimento?-, mi domanda mentre anche Mino-san assume la sua stessa beata espressione.
Nemmeno un po’. Vorrei dirlo chiaro e tondo, ma no mi pare il caso. Insomma, capisco ciò che stanno dicendo, ma perché in questi tipi di scene abbiamo sempre lo sfondo bianco e perchè fanno sempre un uso abbondante del toner? Non capisco nemmeno perché debbano sempre far volare capelli e vestiti quando non c’è un filo di vento o perché debbano far splendere i personaggi così tanto. Perché mai i personaggi con i capelli neri se li ritrovano chiari? Non lo capisco proprio. Tra l’altro lo so che è solo un manga, ma com’è che i protagonisti ottengono la felicità così facilmente? Forse ciò avviene proprio perché è solo un manga. Forse vedo le cose da una prospettiva del genere perché non ho mai avuto una vera e propria relazione?
Ho sempre creduto nelle parole: “se fai del tuo meglio verrai sempre ricompensato” e “i tuoi sentimenti verranno ricambiati un giorno”.
Non dovrei essere felice di aver capito che questi sono solo detti o no?
Capire ciò vuol dire essere “adulto”? lo so che non è una cosa tanto brutta, eppure è davvero deprimente.
Oddio, non che io sia pessimista, vado solo avanti senza voltarmi indietro.
Mente penso a tutto ciò sento qualcosa passarmi tra i capelli, e ho appena il tempo per accorgermi che è la mano di qualcuno, che Takano-san fa voltare il mio volto verso il suo per guardarmi meglio, - lo sai, ho proprio l’impressione di averti già visto da qualche parte, ma non riesco a ricordare dove-.
Io mi libero dalla presa con la mano arrossendo un po’. Non toccarmi come se niente fosse.
- Viviamo nella stessa città e lavoriamo nello stesso ambiente, probabilmente ci siamo visti in giro, come potrebbe essere alla stamperia-, provo a dire, senza esserne nemmeno io tanto sicuro, sono sicurissimo di non averlo mai visto, nemmeno per caso.
Lui se ne esce con un semplice, - sì, probabilmente hai ragione-, e se ne va di nuovo verso la sua scrivania, voltandomi le spalle e scrollando pensieroso i capelli.
- Ricchan, cosa fai con la lista dei manga della compagnia?-, mi chiede Kisa-san allungando gli occhi sui fogli che ho in mano.
Io ci metto un po’ a rispondere, collegando con troppo ritardo la testa alla bocca, - visto che questa è la mia prima volta con i manga, pensavo di memorizzare i titoli dei manga che abbiamo pubblicato-.
Strabuzza gli occhi scioccato, scattando sulla sedia come punto da degli spilli, - davvero?!-, prorompe, - lo sai che la nostra compagnia ha pubblicato centinaia di libri, vero?-, domanda come se quello che dice fosse ovvio.
Io gli sorrido ingenuamente, - a dire il vero sto leggendo tutti i volumi, non sto solo memorizzando i titoli-.
- Oddio! Non c’è possibilità che io possa farlo-, afferma infine.
Mi scappa una lieve risata, - quando andavo a scuola ero solito leggere tutti i libri della biblioteca. Era il mio hobby-, dico giustificandomi.
A nemmeno metà frase Takano-san si blocca sul posto, come se si fosse congelato, e solo una volta terminato di parlare si gira verso di me con una faccia scioccata, come se mi vedesse per la prima volta in vita sua.
- Che c’è?-, gli chiedo senza capire.
Resta a fissarmi e solo dopo alcuni secondi distoglie del tutto lo sguardo, - niente-, dice semplicemente, incamminandosi verso la sua postazione.
Ma che cos’ha? Probabilmente pensa che sia una cosa normale memorizzare i titoli o qualcosa del genere. Non mi aspetto chissà quale elogio e non penso nemmeno di doverne avere uno.
Penso che sia un grande handicap per me fare da editore per manga quando io stesso non ne leggo e sono pienamente consapevole che devo sviluppare le mie capacità. Ma penso comunque che questo sia meglio che non fare nulla, non voglio che la gente pensi che sono inutile. Specialmente Takano-san.
E proprio mentre penso, quest’ultimo mi osserva attentamente, scandagliandomi come uno scanner.
 
- Cosa?-, sbotta Takano-san al telefono, - non hai ancora finito? Perché? Ieri hai detto che l’avresti consegnato stamattina presto! Quando lo finirai?-, una pausa, - non lo sai? Ma che diavolo! Hai la più pallida idea della fatica che abbiamo fatto per posticipare la scadenza?!-.
Sta parlando con un’autrice, di sicuro, e da come parla sembra proprio che sia nei guai con il manoscritto.
Mi guardo intorno con fare apatico: tutti sono distrutti, accasciati sulle scrivanie che non sono mai state più sporche. Per non parlare del tanfo insopportabile che aleggia nell’aria.
Capisco, quindi questo è il periodo.
Takano-san si alza dalla sedia e prende la sua valigetta, - Onodera, vieni con me. Stiamo andando in casa di quella stupida autrice-, dice incamminandosi verso l’uscita con grosse e pesanti falcate.
- Proprio ora?-, domando girandomi verso di lui.
Non mi ascolta nemmeno e continua a parlare, - prendi gli ultimi dodici fogli, faremo la fotocomposizione là. E porta un cutter, probabilmente finiremo là i toni-.
Io mi alzo in preda al panico, - cosa? Ma io no posso ancora!-.
- Tu sei l’unico libero adesso-, pronuncia uscendo definitivamente dallo studio, - occupatevi delle cose qui-, dice rivolto agli altri mentre io lo seguo a ruota.
Il suo telefono squilla e risponde a un numero che non riesco a vedere, - grazie per il vostro lavoro, sono Takano-san-.
Chissà perché è così di fretta.
Arriviamo all’appartamento e una volta dentro lo spettacolo è lo stesso dell’Emerald.
Perché tutte le persone che hanno a che fare con i manga sembra abbiano una vita così corta?
Una ragazza che sta lavorando in una scrivania separata dalle altre si gira verso di noi in lacrime, - Ta…Takano-san-, balbetta.
Lui le va incontro e una volta davanti a lei la prende letteralmente per i capelli con un’espressione omicida, - perché se ai tempo per piangere non hai rispettato la scadenza?!-, le grida contro.
Lei si arrabbia e gli risponde a tono, - ciò che non è finito no è finito!-, replica.
- Sono io quello che deve essere arrabbiato qui!-, la riprende, - vuoi che ti strangoli?-.
- Non si dovrebbe mai disegnare qualcosa come il tempio Nikko Toshogu per due pagine affiancate e poi presentarlo come il progetto definitivo-, dice prendendo il foglio sui cui stava disegnando e stampandoglielo in faccia.
Lei ricomincia a piangere, - è sempre meglio del Sonjuusan Gendo, no?!-.
A quel punto sono le assistenti a perdere la pazienza, - volete finirla voi due e tornare al lavoro?!-.
E io sono lì in mezzo come un idiota che non c’entra nulla.
- Lo so che sto causando un sacco di problemi-, borbotta allora lei in lacrime, - ma questa pagina è la più importante del capitolo e volevo farla bene, non posso pensare cose come “lo finirò una volta che uscirà il volume”-.
- Ma se non rispetti le scadenze non puoi permetterti di pensarla così-.
Oddio, l’autrice sta perdendo fiducia in sé stessa.
- Lo so benissimo-, sbotta lei ricominciando a lavorare.- Quante pagine ti mancano?-, gli chiede allora lei calmandosi un po’.
Lei tace per poi mormorare un, - cinque pagine-, che manda completamente in bestia Takano-san.
- Scherzi? Sei incredibile. Muoviti e inizia a disegnare-, le intima con severità.
- Lo so non devi continuare a ripetermelo!-.
La guardo bene mentre è tutta concentrata sul suo lavoro. Accidenti, si vede che non dorme da parecchio e sta anche tremando.
Ad un certo punto si blocca di colpo, - ma questo manga è interessante?-, domanda prendendosi la testa tra le mani, senza rivolgersi a nessuno in particolare, - posso ancora migliorarlo? non so nemmeno più se le cose che disegno son interessanti-.
Devo calmarla.
A parlare però è Takano-san, - è troppo tardi per preoccuparsene , stupida!-.
Ma che dici?! Sta diventando ancor più nervosa ora!
Sta letteralmente tremando.
- Penso di volerlo cambiare…-, cerca di dire.
Ma Takano-san la interrompe, - muoviti e basta-.
- Ma Takano, io…-.
- Non perdere energia facendo cose inutili!-.
Devo fare qualcosa. Takano-san, dovresti capire l’atmosfera, è disperata!
Non ne posso più, - scusa-, m’intrometto allora io, - ho comprato il tuo ultimo volume-.
Gli occhi si puntano su di me, tutti, e posso sentire quelli di Takano-san che mi trafiggono la schiena.
- Cosa?-, domanda l’autrice come se avessi detto che un panda sta volando sul soffitto.
- Volevo solo dire che sono appena stato assunto nel dipartimento dei manga e sto leggendo tutti quelli che ha pubblicato fin’ora, ma anche se sono un ragazzo penso che il tuo lavoro sia estremamente interessante. Ho sentito che il tuo ultimo libro è stato pubblicato questo mese e quindi l’ho comprato-.
- Non potevi fartelo dare dalla compagnia?-, mi chiede allora lei un po’ stranita.
Io ci metto un po’ a rispondere, - sì, in effetti, ma di solito compro i libri che mi piacciono per ricambiare il duro lavoro dell’autore.
Alle mie spalle Takano-san interviene nella discussione, - spendi i soldi che la Marukawa ti da per comprare prodotti della Marukawa? Come ti viene in mente?-.
Ci rimango un po’ di sasso. No ci ho mai pensato!
- Te ne accorgi solo ora?-, mi rimbecca lui continuando a mettere i toni.
Sono un idiota. Volevo tirarla su di morale e invece…
- No, volevo solo dire che il tuo manga è molto interessante e che dovresti impegnarti come hai fatto fin’ora-.
Io non me ne accorgo, ma l’autrice improvvisamente cambia la sua espressione. L’unico che non capisce l’atmosfera sono io.
Una mano mi si posa sulla spalla destra e mi giro trovandomi un Takano-san che sorride all’autrice, - anche il nuovo acquisto sa dire certe cose. Ho mai sbagliato quando ho detto che qualcosa è interessante?-.
L’autrice abbassa la testa, - no…-.
- Comunque ho già parlato con la stamperia e hanno posticipato la scadenza a domani mattina-.
Mi giro verso di lui incredulo.
Anche lei è un po’ confusa, - ma non avevi detto che era oggi pomeriggio?-.
- Lo sapevo che non ce l’avresti fatta-, le risponde lui, - no dimenticarti però che cose come questa rovinano la tua reputazione-.
Le si illuminano gli occhi, - lo so-.
Stava contrattando per questo prima al telefono? Quindi lui ha negoziato con la stamperia.
- Allora se lo sai torna al lavoro!-.
Lei salta sulla sedia, - signorsì-.
Anche se non l’avessi tirata su di morale, Takano-san aveva intenzione di farle finire il disegno con calma.
Non riuscirò mai a capacitarmi su quanto questa persona possa sorprendermi, voglio dire, ha un talento naturale.
E dopo che mi è stato chiesto di inserire i toni, che l’autrice abbia finito il tempio e che Takano-san abbia fatto una corsa in stamperia, ci ritroviamo io e lui alla Marukawa sul divanetto del salottino, completamente distrutti.
Non avrei mai pensato che la luce del sole fosse così terribile.
- Sono contento che ce l’abbiamo fatta in tempo-, riesco a dire mentre mi copro gli occhi rossi.
Lui si strofina la faccia, - hai davvero aiutato molto-.
Lo guardo confuso, - cosa?-.
- Solitamente lei non perde la bussola così, ma le cose si sono messe male questa volta ed è andata in confusione. Sembrava rinsavita dopo che l’hai tirata su di morale-.
Mi imbarazzo da morire e abbasso lo sguardo, - no, mi dispiace per quello. Avrei voluto essere più d’aiuto, ma ho finito per farfugliare qualsiasi cosa fosse nella mia testa senza pensarci-.
- Farfugliare, eh?-, si domanda tra sé e sé; prende una delle due lattine di caffè nero che ha preso precedentemente alle macchinette e me la porge, - ottimo lavoro-, mi sorride.
Il mio cuore perde un battito. Quindi anche lui può sorridere?
Un momento, intanto mentre mi sta battendo il cuore?
- Essere schietti è bello-, aggiunge accendendo una sigaretta-, penso che dire cose come “trovo il tuo manga molto interessante” sia stato molto d’aiuto-.
Mi scappa un sospiro, mentre mi accorgo che respirare diventa sempre più fastidioso, - se è così sono contento-.
Forse dovrei cambiare la mia opinione che ho di lui. Ha l’abilità di tirare fuori il potenziale dagli autori, creare qualcosa di bello con loro, e poi vendere i libri.
Lo guardo di sottecchi mentre aspira il fumo.
Lui sta facendo tutte le cose che io ho sempre sognato di fare.
Ed è pensando ciò che il mio cuore comincia a battere più forte, non più velocemente, solo più forte.
Si gira e i nostri sguardi s’incrociano, costringendomi ad abbassare il mio per lo spavento e la sorpresa di essere stato beccato mentre lo osservavo.
Sono un idiota? Perché il mio cuore batte così? È un uomo! Che sia uomo o donna ho giurato di non innamorarmi mai più.
- Sei sempre lo stesso-.
Mi blocco, e con il mio corpo lo fanno anche i mie pensieri. Rivolgo il mio sguardo a Takano-san, che mi sta fissando negli occhi.
- Cosa vuoi dire?-, chiedo dando voce alla mia mente.
Strabuzza un po’ gli occhi, ma si riprende subito, assottigliandoli, non ti ricordi di me?-, ma la sua domanda sembra più una constatazione.
- Hai già detto una cosa del genere, ma penso che tu mi abbia scambiato con qualcun altro-, affermo sicuro, - questa è la prima volta che ci incontriamo-.
Vedo la sua espressione agghiacciarsi, e prima che possa dire altro mi ritrovo spinto sul divanetto, completamente .
- Che stai facendo?-, domando.
I suoi occhi mi perforano, - forse se faccio così ricorderai-.
Provo a chiedere qualcosa, ma appena apro la bocca, Takano-san poggia la sua sulla mia. E ne so abbastanza per dire che questo è una bacio. Per i primi tre secondi riesco a sentire distintamente il suo profumo, mischiato a quell’aroma da tabacco che deve dargli la sigaretta. Già, e per poco non rimango immobile, come incanto, ma riesco a riprendermi e mi stacco, - Takano-san, cosa…?-, cerco di domandare, ma lui si riappropria delle mie labbra. Questa volta però non sono preso alla sprovvista e riesco a liberarmi e a scostarmi definitivamente dalle sue braccia, - basta! Ti prego, smettila di giocare, sono un uomo, lo sai?-.
Mi guarda immobile nella posizione in cui l’ho abbandonato, - giocare?-.
Abbassa lo sguardo con un sorriso che di divertito non ha proprio nulla, - sì, per te è solo un gioco, no?-, domanda.
Lo guardo scombussolato, - cosa?-.
- L’atmosfera che ti circonda è un po’ cambiata, ma in fondo sei schietto come sempre-.
Ma cosa sta dicendo? - Non so di cosa tu stia parlando-.
- Tu-, pronuncia quasi come se fosse una bestemmia, - hai detto che mi amavi, no?-, chiede mentre i suoi occhi indagatori mi mettono in soggezione.
Ok, questa volta non so proprio di cosa lui stia parlando, deve essere impazzito o cosa? Io amare qualcuno?
- Deve essere bello essere te. Mi hai mollato e ti sei pure dimenticato di me-.
Mentre si alza la mia testa comincia a scoppiare, - mollato?-.
- Vado in stamperia, tu intanto prova a ricordare-.
- Cosa stai dicendo, Takano-san?-.
Ormai dalla porta e con la mano sulla maniglia, apre la porta.
- I miei genitori hanno divorziato quando ero al liceo e ho cambiato cognome, il vecchio era-, si gira verso di me con sguardo passivo, - Saga Masamune-.
Ed esce. Lasciandomi lì pietrificato.
Saga…Masamune?
La mia mente si svuota completamente e tutto ciò che riesco a vedere è solo buio.
Saga Masamune.
Saga…
Una voce nella mia testa sussurra qualcosa: Senpai…
I ricordi riaffiorano con calma, come se volessero darmi il tempo di digerire il tutto.
Saga…
- Noi usciamo insieme, vero?-.
- Cosa?-.
- Perché, senpai, tu non dici mai nulla…-.
Saga senpai.
Lo vedo, vedo il me stesso di dieci anni fa. Giovane. Rosso per l’imbarazzo. Timido. Innamorato. Debole.
- Saga-senpai, tu mi ami?-.
E poi lo vedo. Vedo lui. Saga-senpai. Mentre si rimette la camicia. La mano gli corre alla bocca. E lo fa. Ride.
Ricordo cosa pensai a quel tempo: cosa?! Sta ridendo di me?! Perché?! È possibile che…stava solo giocando con me?!
Mi precipito fuori dal salottino e corro verso gli ascensori in un impeto di adrenalina che non credevo neanche avrei avuto in vita mia.
- Fermo lì, Saga! Anzi, Takano!-, urlo vedendolo fermo davanti ad essi.
Saga Masamune sarebbe Takano Masamune?
Il primo amore che ho cercato disperatamente di cancellare dalla mia mente?
Perché mai devo incontrarlo di nuovo qui?
E perché deve essere un mio superiore?
- Aspetta!-, gli intimo mentre si gira verso di me, - non dire quello che vuoi per poi correre via! Come puoi dirmi chi sei senza provare nemmeno un po’ di rimorso?! Dopo aver fatto quella  cosa orribile non hai intenzione di scusarti?!-.
Mi guarda stranito, - cosa orribile?-, ripete.
- Sì!-.
- Io a te?-.
- E chi altri? A causa tua io…-.
La sua espressione si corruccia, - non sei tu quello che ha fatto qualcosa di orribile?-.
- Cosa?-. Sta scherzando per caso? Ora la colpa sarebbe mia?
- Chi è dei due che mi ha colpito alle spalle ed è sparito senza dire una parola il giorno dopo?-, e questa volta mentre mi parla vedo benissimo che è tutt’altro che calmo.
- Colpito alle spalle?-, questa volta sono io a ripetere le sue parole con la sua stessa espressine stranita, - di cosa stai parlando? Sei tu quello che è sparito senza una parola-.
- Ma che hai? Hai convenzionalmente dimenticato tutto secondo i tuoi interessi? Sei proprio il peggiore-.
- Senti chi parla!-, sbotto riprendendo di colpo la mia sicurezza, - probabilmente era una sbandata giovanile, ma io ero davvero serio con te. Hai giocato con il mio cuore e poi lo hai gettato via!-.
Alza la voce anche lui, - quand’è che l’avrei fatto?-.
Il solo ricordo mi fa venire i brividi, - quando ti ho chiesto se mi amavi e tu hai riso sonoramente di me!-.
- Non so di cosa tu stia parlando-, è tutto ciò che riesce a dire, - anche se l’avessi fatto ero solo un ragazzino del liceo, probabilmente l’ho fatto per nascondere il mio imbarazzo, no?-.
Rimango senza parole, e allora è lui a parlare.
- Tu…possibile che tu abbia pensato che stessi giocando con te e per questo tu mi abbia lasciato e corso via? E hai continuato ad odiarmi per dieci anni?-.
Arrossisco di colpo. Perché so benissimo che ha centrato in pieno, e anche lui lo sa.
La sua espressione da arrabbiata si assottiglia, fino a diventare qualcosa che somiglia più a una dimostrazione di pietà, - ma sei un idiota?-.
Questo bastardo…
- Sei tu qui l’idiota!-, prorompo io, - io ho…!-.
- Il mistero è finalmente chiarito-, afferma interrompendomi, - in questo caso è ok se ci provo con te, no?-.
E anche questa volta le sue parole bloccano i miei pensieri completamente, senza lasciarmi la possibilità di ribattere.
- Non importa con chi io sia uscito, non sono mai riuscito a dimenticarmi di te-.
Cosa sta dicendo?
- Per questa ragione ti farò dire un’altra volta che mi ami, preparati-.
Sobbalzo visibilmente punto sul vivo.
- Non prenderti gioco di me!-, balbetto mentre le porte dell’ascensore si aprono e lui ci entra dentro, - aspetta! Per colpa tua io…!-, e prima di poter continuare, mi ritrovo la faccia completamente spiaccicata contro l’ascensore chiuso. Mi accascio a terra tenendomi la fronte tra le mani. Che botta.
Il mio respiro è affannato, sono agitato. Calmarmi, devo calmarmi. Che cosa vorrebbe dire? Sono stato io ad aver capito male? Non è possibile! Quella volta ho avuto un tale shock che ho completamente cambiato il mio modo di essere! Questo non è qualcosa che si può spiegare con una semplice scusa come il “ero imbarazzato”. Come ho potuto essere così sbadato dal non accorgermi che era il senpai sin dall’inizio? Il suo taglio di capelli è diverso e sono passati dieci anni, è normale non ricordarsi una persona. Se l’avessi capito me ne sarei andato via subito.
“Non sono mai riuscito a dimenticarmi di te”. Le sue parole mi rimbombano in testa come una campana la domenica mattina, e il mio cuore comincia a battere seguendo il ritmo di questa.
E se…e se quello che Takano-san ha detto fosse vero? E se avessi solo frainteso tutto?
Nella mia mente riaffiorano piano le immagini di un tempo, di quando eravamo insieme, in biblioteca.
 E se il senpai fosse davvero innamorato di me?
A questa immagine si sovrappone quella di Takano-san.
 E se mi amasse ancora adesso?
Se è così, non potrei innamorarmi di lui di nuovo? Sono stato io quello che lo ha amato per primo. Anche se comincia a sembrare sempre di più un manga, se gli dicessi che lo amo, tutto finirebbe con un lieto fine…
Sì, come no!
Anche se l’ha fatto per nascondere il suo imbarazzo non toglie che abbia fatto qualcosa di decisamente fuorviante! Mi odio per quanto queste piccole cose mi mettano sempre in confusione. Come se fossi così stupido da dire: “davvero? Capisco, è andata così?”, e perdonarlo!
No! Questo non è amore! Chi potrebbe innamorarsi di una persona come lui una seconda volta!? Vuole farmi dire che lo amo?!
Col cavolo che lo farò!
 
- Sei stato veloce, sei venuto a confessarti?-.
La mi testa si alza dalla serratura della porta del mio nuovo appartamento per posarsi sulla figura alla mia destra, appena uscita dall’appartamento di fianco al mio. Il numero 1201.
- Cosa stai dicendo?-, dico allora io, - questa è casa mia-. E il mio cuore vedendo Takano-san comincia automaticamente a battere. Perché diamine sta battendo?!
Cerca di resistere, dannazione!
Questo non è amore.
Questo non è amore.
Questo non è amore.
Questo non è amore…
 
Numero di giorni per innamorarsi: 364.
 

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