Between Heaven and Hell

di Jackie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Between Heaven and Hell
 

Prologo
 
“Ti avverto che il mio è un regalo da…egoista. E da presuntuoso, forse. E da checca. Sì, è sicuramente un regalo da checca.” Alex mi guarda con un sorriso da furbetto, sembra avere dieci anni.
Indossa una maglietta a maniche corte dei Pokémon, jeans strappati alle ginocchia e un cappellino alla Ash Ketchum, giusto per stare in tema.
Sorrido anche io afferrando la busta leggera che mi porge ostentando indifferenza, ma glielo leggo negli occhi che non vede l’ora che io la apra.
Il suo discorso mi ha incuriosito, così mi affretto ad aprire la busta e tirarne fuori il contenuto. Osservo il depliant leggermente confusa.
“Una…brochure della tua scuola? Wow…” borbotto senza capire il significato di questo “regalo”.
Alex ride e me lo sfila di mano.
“Camy. Piccola, dolce, Camy.” –dice con voce cantilenante- “Ti sto offrendo un anno nella mia scuola.” Apre le braccia con fare teatrale, enfatizzando l’intera frase.
Alzo un sopracciglio incredula. Non sta dicendo sul serio, vero?
“Scusa?”
Il mio tono di voce cancella immediatamente il sorriso dalla faccia di Alex. Si acciglia anche lui mentre cerca di analizzare la mia reazione.
Rimane in silenzio per qualche istante e si guarda intorno mordendosi il labbro. Seguo il suo sguardo che percorre l’intero parco. È il 30 agosto, il giorno del mio compleanno, e sotto l’ombra di questa enorme quercia non fa poi così caldo. Alex continua a fissare un punto indefinito davanti a lui, riflettendo su cosa dire. Non so perché, ma la sua incertezza mi rende inquieta.
“Ne ho parlato con i miei che hanno parlato con tua mamma e sono tutti d’accordo.” –dice come per giustificarsi e torna a guardarmi- “Finalmente potremo andare a scuola insieme!” conclude velocemente, mangiandosi qualche parola.
Non riesco ad evitare di lanciargli uno sguardo truce.
“Alex, è troppo. So quanto costa la tua fottutissima scuola. Mi stai trattando come una poveraccia alla quale fare beneficienza.”
Sento la rabbia che si fa strada per impossessarsi delle mie facoltà mentali, è come se il sangue avesse preso a scorrermi al contrario. Come osa fare una cosa del genere? Mi sento…umiliata e terribilmente in imbarazzo. Non potrei mai ricambiare un regalo del genere. Cazzo, io al suo compleanno gli ho regalato un poster dei New Found Glory! L’ho pagato 5 dollari e settantacinque.
“No, no, no! Ma che dici? Sei la solita melodrammatica. I miei ti adorano, lo sai. Sei come una figlia per loro e una sorella per me. In più…bè, tua mamma era felicissima quando glielo abbiamo proposto. Non voleva mandarti in quell’orrenda scuola pubblica e onestamente nemmeno io avrei sopportato l’idea di saperti là. È un brutto quartiere, una pessima zona!”
Adesso vorrei tirargli un pugno. Non so se sia perché ha nominato mia madre o perché ha ragione. In effetti l’idea di andare là mi spaventa non poco.
“Non fare il figlio di papà, adesso. La Jefferson è una scuola come un’altra." -mento cercando di mostrarmi sicura di me- "Comunque non posso accettare. E se poi lì non mi piace? Non me ne potrei andare perché tu hai pagato quell’assurda retta.”
Penso anche che ormai le iscrizioni sono chiuse, il che significa che i Gaskarth hanno sicuramente già versato anche la mia quota. Mi sento in trappola. E odio Alex per avermi incastrato in questo modo.
“Ti troverai benissimo, invece. Ci sono io!”
Il sorriso sincero che mi rivolge mi fa calmare un po’. È da quando abbiamo undici anni che vorremmo frequentare la stessa scuola. Ogni anno provavo a convincere mio padre, ma era irremovibile: niente scuse, dovevo andare a quel cazzo di collegio femminile nel New Jersey. Fanculo, adesso lui non è più un problema.
“Hai ragione, sei presuntuoso ed egoista.”
Alex si accorge che il mio tono di voce si è ammorbidito, così il suo sorriso si allarga e insiste approfittando del mio tentennamento.
“Potremo finalmente stare insieme! Non dovremo vederci solo d’estate, Camy. Un anno insieme, cazzo, come fai a dire di no? E poi io ho bisogno di te, non mi va di starti lontano ancora.”
Abbassa la testa a guardarsi le mani, come se si vergognasse di quella dichiarazione d’affetto.
“È adorabile” penso distrattamente mentre sorrido. Questo ragazzo mi ucciderà, gli sbalzi d’umore non sono affatto salutari. La felicità ha preso il posto della rabbia in meno di due minuti e l’unica cosa che riesco a fare è stringere in un abbraccio il mio migliore amico facendogli cadere il cappello.
“Immagino che questo sia un sì!” esclama vittorioso e io lo lascio andare per poterlo guardare negli occhi.
“Diamine, avevi proprio ragione. Stai diventando una checca.”
Lui ignora il mio commento alzandosi in piedi e afferrandomi le mani.
“Andiamo a casa tua, ci sono un sacco di cose da organizzare!”
Vederlo così felice e soddisfatto è bellissimo, mi fa stare bene. Raccolgo il suo cappello da terra e me lo calco in fronte lasciando andare la sua mano.
“Prima voglio un gelato.” Dico convinta. Dopotutto è il mio compleanno, ho il potere di decidere cosa fare, no?
Alex non protesta, anzi, mi sorride ancora una volta e quando pochi minuti dopo mi porge un enorme cono gelato riesco finalmente a lasciargli un bacio sulla guancia sussurrando un “grazie” sinceramente commosso. E non di certo per il gelato. Ma perché ancora una volta mi aveva salvata dall’inferno portandomi in paradiso con lui.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


Capitolo Uno
 
 
Le mie mani stanno sudando da far schifo quando apro la portiera per scendere dalla macchina. Non riesco a credere di essere davvero qui. E ancora non mi è chiaro se aver accettato il regalo di Alex sia stata o meno una cattiva idea.
Lascio che il signor Gaskarth mi aiuti con la valigia e mi scorti fino al cancello d’entrata. Sta sudando anche lui ma credo sia perché è impeccabilmente vestito in giacca e cravatta nonostante ci siano almeno 35°. Ora che ci penso non ho mai visto il padre di Alex vestito in qualche altro modo. Al massimo non aveva la giacca, ma in tutti questi anni che lo conosco è sempre stato inquietantemente elegante.
“Bene, ragazzi, vi saluto.” –dice lasciandomi un bacio sulla guancia e dando una pacca sulla spalla del figlio- “Mi raccomando, Alex. Ci vediamo a Natale.”
E con un ultimo sorriso torna in macchina e ci lascia lì. Vederlo andare via mi fa salire il panico. Non l’ho nemmeno salutato. Inizio a respirare affannosamente mentre combatto il desiderio di correre lontano da quel posto.
“Ehi…” –mi chiama Alex sorreggendomi per il gomito- “Tutto bene?”
Probabilmente ai suoi occhi sembro una pazza squilibrata. Faccio fatica a respirare, so di avere un’espressione corrucciata e posso giurare di star per vomitare.
“Sì…sono solo…un po’ agitata. Insomma, primo giorno di scuola, sai com’è.” Balbetto contorcendomi le dita.
Il fatto è questo: io non piaccio alle persone e le persone non piacciono a me. Preferisco restare in casa da sola a ballare e cantare come un’ossessa nella mia stanza. Preferisco cenare davanti alla tv e commentare ad alta voce i film. Preferisco parlare da sola che avere una vera e propria conversazione. Non saprei spiegare il motivo…credo di avere qualche problema a relazionarmi con le persone, o qualche stronzata del genere.
Alex mi sorride incoraggiante e mi stringe un po’ di più. La sua vicinanza mi fa sentire meglio. Dopotutto la compagnia di qualcuno non è poi così male. Mi correggo: la compagnia di Alex non è affatto male. Sarà che siamo cresciuti insieme, che da bambini condividevamo persino una doccia, ma lui è l’unica persona al mondo con cui mi sento a mio agio. È quando si tratta di fare nuove amicizie e cose del genere che sorge il problema.
Ed è anche il mio più grande segreto. Alex sa tutto di me, tutto. Ma non ha idea di come io mi senta ogni giorno. Mi sveglio la mattina con una tale nausea che mi attanaglia lo stomaco che rimango sempre nel letto dieci minuti in più del necessario pregando che passi in fretta. Non sa che mi vergogno di fare qualsiasi cosa in pubblico o che l’idea di parlare davanti a delle persone mi terrorizza. Non lo so, ho iniziato a credere di essere semplicemente strana.
Perciò sono così terrorizzata. Sto per iniziare una nuova vita in una nuova scuola con nuovi compagni e una compagna di stanza con la quale condividere un anno intero. In più sono sicura che questa divisa mi faccia sembrare incinta. È sicuramente colpa della gonna a vita alta e della camicia che a fatica ci ho ficcato dentro.
“Oh, non ti preoccupare. Oggi è una giornata a metà.”
Lo guardo mordendomi le unghie. Non ho idea di cosa intenda.
“Ah, scusa, non te ne ho mai parlato. Ce ne sono parecchie durante l’anno e in sostanza significa che c’è scuola solo per qualche ora. Il resto della giornata è libero. Per esempio…” –tira fuori un foglio dalla tasca dei suoi pantaloni perfettamente stirati e lo osserva concentrato- “Abbiamo lezione dalle nove a mezzogiorno. Niente di che, dai.”
Cercai di sorridere per non insospettire il mio amico. Chiaramente non aveva capito la natura del mio nervosismo. La mia agitazione non era di certo dovuta dall’idea di passare questo curioso lunedì chiusa in una classe piena di sconosciuti. Bè, non del tutto almeno.
Cerco di autoconvincermi ripetendo quelle parole nella mia testa.
“Non è niente di che. Niente di che.”
Alex mi sorride un’altra volta completamente ignaro del casino che ho dentro e mi lascia andare per afferrare le sue valigie.
Così -sudata marcia, con una divisa che mi fa sembrare grassa, le gambe pesanti perché vorrebbero solo scappare e una gran voglia di vomitare- comincia il mio primo giorno alla Weinberg Highschool.
 
Dopo avermi abbandonata in segreteria per firmare delle strane carte, Alex è andato a cercare i suoi amici e di lui non ho più saputo niente. E ormai sono le cinque del pomeriggio.
La lezione introduttiva di questa mattina non è stata niente di che, gente che parlava e parlava e parlava. La cosa positiva è che ci sono talmente tanti alunni che nessuno sembra aver fatto caso a me. Ne sono felice; per una volta sono risultata davvero invisibile. Credo sia anche merito delle divise scolastiche, siamo un po’ tutti uguali così e nessuno dà proprio nell’occhio. Inizia a piacermi questo completo azzurro e nero.
Decido di andare in camera e magari farmi una doccia, sperando che la mia compagna di stanza sia in giro da qualche parte. Ma la fortuna mi ha abbandonata: apro la porta della stanza 117 e un paio di occhi tremendamente neri si posano su di me.
“Oh, che palle.” Penso distrattamente. Volevo starmene un po’ da sola!
Mi chiudo la porta alle spalle e mi esibisco nel mio miglior sorriso.
“Ciao!” –mi saluta lei porgendomi la mano- “Sono Yuki.”
Le stringo la mano energicamente e anche se mi sento terribilmente osservata non distolgo lo sguardo dai suoi bellissimi occhi a mandorla. Deve essere giapponese.
“Camryn, piacere.”
Parliamo un po’ e con mia enorme sorpresa credo che questa Yuki mi piaccia. Insomma, non è il solito tipo di ragazza consapevole di essere uno schianto e che quindi passa le giornate a tirarsela manco fosse una famosa attrice. No, lei è discreta, gentile, umile e persino simpatica. Cazzo, la vita è ingiusta. Scommetto che lei abbia pure mille talenti, sarà sicuramente brava in tutto.
Ha un buffo accento giapponese e adoro totalmente i suoi capelli. Nerissimi e liscissimi, lunghi fino al sedere. Cavolo, come vorrei dei capelli così lucenti! I miei arrivano giusto alle spalle perché se li faccio crescere si riempiono di doppie punte e ciao, diventano più crespi del fieno. Ripeto, la vita è ingiusta.
In ogni caso mi ritrovo a ridere e parlare con lei che nemmeno ce ne accorgiamo ma si è fatta l’ora di cena. E io non ho nemmeno fatto una doccia.
Ci alziamo per andare in mensa e quando apro la porta trovo Alex con il braccio alzato, pronto a bussare. Mi sorride affettuoso e saluta Yuki con un cenno del capo.
“Ti ho cercata dovunque, Camy.” –dice trascinandomi fuori dalla stanza- “Andiamo a cena con i ragazzi. Viene anche la tua amica?”
La sua sembra proprio essere una domanda retorica perché passo direttamente alle presentazioni e mi lascio guidare attraverso quel labirinto di corridoi.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


Capitolo Due
 
Ascolto passivamente il discorso che Alex ha intavolato con Yuki mentre attraversiamo l’enorme cortile per raggiungere la mensa. Invidio entrambi così tanto per come riescono a chiacchierare con tale disinvoltura che il mio umore scende sotto i piedi. Vorrei solo essere un po’ più spigliata invece di preoccuparmi sempre di quello che gli altri potrebbero pensare di me. Mi sento sempre come se fossi sotto esame e ho la perenne sensazione di essere al centro dell’attenzione e che tutti siano pronti a cogliere una mia figuraccia. È terribile. E adesso sento una strana agitazione se mi fermo a pensare che sto per conoscere quegli splendidi amici di cui Alex mi ha sempre parlato durante l’estate. Sento come una strana pressione, come se io dovessi per forza piacere a quei ragazzi.
Decido di non pensarci e mi concentro sull’enorme edificio nel quale stiamo entrando.
“Qui c’è la biblioteca, l’auditorium, la sala conferenze e gli alloggi di alcuni professori.” Spiega Alex rallentando il passo.
“E la mensa è proprio qui dietro. Gli altri dovrebbero già essere qui.”
Yuki mi si fa più vicina –o forse è una mia impressione?- mentre Alex tiene aperta la porta per entrambe. L’idea che anche la bella giapponesina al mio fianco sia intimidita da tutte quelle persone mi rassicura un poco.
La mensa è gigantesca. La parete di fronte a noi è circolare ed è inframmentata da moltissime finestre che lasciano entrare l’ultima luce del giorno. La stanza è divisa in tre grandi navate da molteplici colonne e non ho idea di quanti tavoli possano esserci. Questo posto è emorme!
Il cibo viene servito a buffet lungo tutta la parete circolare e il mio stomaco grugnisce alla vista di tutto quel mangiare. Diamine, sto morendo di fame!
Alex ci fa strada camminando sicuro attraverso quel labirinto di tavoli e si ferma solo per tirarsi su i pantaloni.
“Ho decisamente bisogno di una cintura…” borbotta confusamente e io lancio un’occhiata sorridente a Yuki che sembra divertita e affascinata da questo posto.
In effetti piace molto anche a me. Il campus ha la forma di un pentagono ed è formato da quattro edifici: quello in cui siamo ora, il dormitorio femminile, quello maschile, la scuola con le aule, la palestra e la piscina. Al centro vi è un parco immenso, tanto che per passare da un dormitorio all’altro (si trovano esattamente di fronte) ci vogliono almeno quindici minuti. Ed è anche per questo che ogni studente è munito di biciletta. Mi chiedo solo come faremo a spostarci d’inverno o quando c’è brutto tempo.
Alex mi distrae dalle mie riflessioni spingendomi leggermente in avanti e capisco che siamo arrivati al tavolo dei suoi amici.
“Ragazzi, vi presento Camryn e Yuki!” –esclama lasciandosi cadere su una sedia libera -“E non ho voglia di fare le vostre presentazioni, quindi arrangiatevi.”
Lancio un’occhiata furtiva ai cinque ragazzi e noto che stanno tutti sorridendo amichevolmente. Mi lascio andare anche io ad un sorriso e accenno un saluto con la mano.
“Oh, oh! Io ho un’idea! Ognuno potrebbe dire il proprio nome e una parola per descriversi! Per esempio, io sono Vinny. E…no, cazzo, una sola parola è difficile. Facciamo due o tre. Anzi, una frase è meglio!”
“Guarda, io una parola per te ce l’ho: taci!” –il ragazzo di fianco a Vinny alza gli occhi al cielo e poi porta l’attenzione su di noi- “Io sono Rian, piacere.”
“Perché? Era un’idea carina!”
“Ma smettila, Vinny. Certe cose si fanno all’asilo! Ah, io sono Matt.”
“Jack. E sicuramente una parola non basterebbe per descrivermi.”
“Oh, invece credo di si!” –interviene Alex- “Sfigato mi sembra più che appropiato!”
Jack non si scompone mentre gli altri sghignazzano, ma si rivolge a me e Yuki facendoci un occhiolino.
“L’invidia è una brutta bestia, ragazze!”
“Bè, sedetevi pure. Rian e Matt hanno preso talmente tanta roba che non avrete bisogno di andare al buffet. Io sono Zack, comunque”
E l’ultimo ragazzo della combriccola ci porge due piatti di plastica e due bicchieri stracolmi d’acqua. Mi chiedo distrattamente come abbiano fatto a portarli fino al tavolo senza versarne nemmeno una goccia.
Devo ammettere che come prima impressione questi ragazzi mi sembrano…infantili. Sì, tremendamente infantili, però simpatici.
“Quindi tu sei la famosa Camryn, eh?” –chiede Jack addentando una pannocchia- “Come mai hai aspettato l’ultimo anno per raggiungerci?”
Bevo un po’ d’acqua per prendere tempo. Quella è una delle domande alle quali non vorrei mai rispondere. Cosa dovrei dire? Che Alex mi ha pagato l’intera retta per un anno? Raccontare di mio padre? Non mi sembra proprio un buon inizio.
Per fortuna Alex viene in mio soccorso. Quando ho accettato il suo regalo gli ho fatto promettere di non dire a nessuno che aveva pagato per me e spero ora se ne ricordi.
“Ve l’ho già detto, finalmente siamo riusciti a convincere i suoi genitori.”
“L’ho chiesto a lei, tappo! Sono sicuro sappia parlare!”
I due si dedicano reciprocamente un’occhiataccia, ma so che questo Jack è il migliore amico di Alex. Si sono conosciuti il primo anno e da allora non si sono mai divisi un attimo.
“E tu, Yuki?” –chiede Matt ignorando completamente gli altri due- “Sei nuova di qui?”
La mia nuova amica annuisce lasciando andare la fetta di pane che sta mangiando.
“Mi sono appena trasferita nel Maryland con la mia famiglia. Vivevamo in New Jersey prima. Terribile.”
“Non ti piaceva? Perché? Io ci sono stato un paio di volte, ma non mi sembrava così male.”
Matt e Yuki iniziano una discussione sui pro e i contro del New Jersey e io mi perdo completamente nei miei pensieri. Adesso sono un po’ più rilassata, questi ragazzi mi mettono a mio agio. Credo sia perché non è nell’indole maschile osservare, giudicare e criticare. Voglio dire, tutte le mie ansie nascono dalla paura di essere giudicata male da chiunque incontri, ma adesso che ci ragiono credo sia prevalentemente una prerogativa femminile. Essere cresciuta in una scuola femminile mi ha fatto decisamente male. Tutte quelle ragazze che ti osservano dalla testa ai piedi per vedere se le tue scarpe si abbinano alla maglietta. Io non sono mai stata quel tipo di ragazza, mi piacciono le felpe e le sneakers. Trucco? No, grazie.
“Ah, ragazzi, cazzo! Mi sono dimenticato di dirvi che prima ho incontrato Evan e stanno organizzando una festa di inizio anno. Alle dieci.”
Tutti e cinque annuiscono convinti con un sorriso sulle labbra e la cena continua tra prese in giro, risa e tanto, tanto cibo.
 



Author's corner
Ciao! Sì, lo so che questo capitolo è decisamente palloso, ma siamo all'inizio e non mi va di fare tutto veloce, perciò questo è un capitolo descrittivo e introduttivo, presto succederanno tante belle cose!
A presto! 😊
 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


Capitolo Tre
 
Dopo essere tornate in camera e aver fatto una doccia io e Yuki ci siamo date una pausa: lei ha trascorso una buona ora a parlare al telefono con i genitori e io ho fatto passare il tempo guardando video idioti su YouTube e giocando col telefono. Adesso stiamo aspettando Alex nascoste dietro ad un’orribile quanto inquietante statua di pietra consumata. Dovrebbe essere un’imitazione dell’Apollo e Dafne, credo. Ora come ora mi preoccupa solo il fatto che qualche professore possa vederci qui fuori in cortile dopo il coprifuoco. Essere beccate ad infrangere le regole il primo giorno di scuola non mi sembra proprio il massimo.
“Dove hai detto che la fanno questa festa?” mi domanda Yuki con il suo fantastico accento asiatico.
“Mah, Alex mi sembra abbia parlato di biblioteca.”
Entrambe ci scambiamo un’occhiata scettica e ci stringiamo nelle spalle proprio quando Jack sbuca da dietro la statua facendoci prendere un infarto. Ci è mancato poco che lanciassi un urlo.
“Ciao, ragazze!” esclama con un sorriso divertito e la voce troppo alta.
“Jack, cazzo ti urli? Ci farai sgamare!” lo rimprovera Alex spingendolo via e salutandoci con un sorriso.
“Naah, l’oscurità è mia amica, mi proteggerà!”
Alex scuote la testa e si incammina lungo il perimetro dell’edificio.
“Dobbiamo muoverci perché se chiudono la porta non possiamo più entrare.”
Non capisco bene cosa intenda dire, ma me ne sto zitta.
“Preparati per un terzo grado, Camryn.” –mi dice Jack dandomi una leggera gomitata- “Stasera ho intenzione di conoscerti meglio!”
“Oh, lasciala in pace!” –interviene ancora una volta il mio migliore amico- “Non è ancora abituata a te, non riuscirà a sopportarti tutta la sera!”
Jack per tutta risposta alza gli occhi al cielo e per il resto del tragitto nessuno apre più bocca. Siamo tutti con le orecchie ben tese e concentrati nel fare il meno rumore possibile mentre ci dirigiamo alla biblioteca.
La festa risulta essere in quelli che sembrano proprio dei sotterranei da film. Nel retro c’è una scala che conduce al piano di sotto –al magazzino– chiuso da una pesante ed ermetica porta di metallo.
“Il fratello maggiore di Evan lavora come giardiniere per la scuola. Qualche anno fa è riuscito a rubare la chiave di questa porta e da allora facciamo tutte le feste qui.” –spiega Jack mentre scendiamo i gradini– “Ma il bello è che ci procura un sacco di roba da bere!”
All’interno del magazzino aleggia una pesante aria umida e polverosa, un tavolo al centro è stato ricoperto di bottiglie e bicchieri di carta. Ci saranno una trentina di ragazzi. Mi sento parte di un’élite! O di una qualche strana setta segreta.
Il famoso Evan si illumina quando vede arrivare i due ragazzi e si salutano con uno strano gioco di mani.
“Bene, voi siete gli ultimi!” –dice chiudendo la porta ermetica dietro di noi– “Che la festa cominci! Buon anno a tutti!”
Si sollevano grida di augurio e in un attimo parte un’assordante musica che mi martella nello stomaco. Alex e Yuki sembrano già spariti, Jack è l’unico viso conosciuto che riesco ad individuare in quell’ammasso di adolescenti esaltati per un’orribile festa in un puzzolente magazzino. Alex non me ne aveva mai parlato!
Seguo il ragazzo moro fino al tavolo dei drink e sorrido quando lo vedo versare rum e Cola in due bicchieri. Me ne porge uno e mi fa cenno di seguirlo con la testa. Noto dall’altro lato della stanza Matt, Vinny e Zack e li saluto alzando il bicchiere domandandomi dove diavolo mi stia portando l’amico di Alex. Apre una porta di legno completamente rovinata e immagino di sentirla cigolare sotto la spinta gentile del ragazzo. Questa musica è terribilmente alta, mi vien quasi voglia di tapparmi le orecchie. Grazie al cielo quando la porta di legno si richiude alle mie spalle il rumore si attenua leggermente. Adesso capisco anche la storia della porta ermetica: se è chiusa la musica non si sente all’esterno, per questo non possono riaprirla.
“Sì, è vero, ti ho portata in un ripostiglio.” –sentenzia Jack e solo allora noto la minuscola stanzetta nella quale mi ha trascinata– “Ma non ho intenzione di farti niente di male, parola di Giovane Marmotta!”
Non posso fare a meno di ridacchiare a quell’esclamazione. Anche perché a vederlo questo Jack sembra essere un ragazzo a posto, il mio istinto è tranquillo, nessun allarme o scritta lampeggiante che recita “Scappa!” nella mia mente. Dopotutto è il miglior amico di Alex, no? Non potrebbe mai avere cattive intenzioni.
“Mi piacerebbe solo parlarti un po’, ecco. Oggi a cena c’era troppo casino…” cerca di giustificarsi e io non posso fare a meno di pensare che sia…carino.
“Non c’è problema, possiamo parlare ora.”
Devo ammettere che parlare non sia proprio uno dei miei passatempi preferiti, ma Jack mi incuriosisce e soprattutto non mi mette in soggezione.
Lui sorride e prende un sorso del suo “Cuba Libre”, se così può essere chiamato. Mi allunga con il piede uno scatolone pieno di scartoffie e lo imito sedendomici sopra. Il drink, comunque, è terribile.
“Cosa vuoi sapere?” gli domando interrompendo il silenzio che si è creato.
Lui alza le spalle evitando il mio sguardo e mangiandosi inconsapevolmente le unghie. Deve essere un vizio che ha da molto tempo.
“Da quanto conosci Alex?”
Facile.
“Da sempre. Le nostre madri sono grandi amiche. Si sono conosciute ad un corso pre-parto o qualcosa del genere. Non sono mai stata attenta quando ci raccontavano quelle storie.”
Jack si acciglia per un momento e vorrei davvero sapere cosa sta pensando, ma aspetto pazientemente la domanda successiva.
“So che ti piace il tennis. Seguirai il corso extrascolastico?”
Dio, mi sembra di star rilasciando un’intervista. Davvero non capisco perché Jack ci tenga a conoscermi così tanto.
“Adoro il tennis, ma non so se seguirò il corso. Devo vedere se riesco a gestirmi con lo studio.”
Bevo un altro sorso e questa volta non riesco ad evitare una smorfia che lui ovviamente nota.
“Anche il tuo fa schifo? Scusa.” –ridacchia– “Rian e Matt sono quelli bravi con gli alcolici. Io sono bravo solo a berli!”
Rido anche io perché la sua risata è così limpida e coraggiosa che mi viene naturale imitarlo. Devo ammettere che la sua è la risata più bella che abbia mai sentito.
“Ma no, non è così male.” –mento spudoratamente– “È solo un po’ forte.”
E ho ragione perché dopo averne bevuto appena metà sento già le gambe pesanti e la testa leggera. Okay, è anche vero che io e l’alcol non andiamo proprio d’accordo. Lo reggo quanto lo reggerebbe un bambino di tre anni! Però almeno quello riesce a sciogliermi la lingua. Non troppo, giusto quel che basta per portare avanti una normale conversazione con il migliore amico del mio migliore amico.
“Sai una cosa, Jack?” –dico dopo almeno mezz’ora passata a raccontarci strani episodi della nostra infanzia– “Ho sedici anni e non mi sembra di star vivendo la mia vita. Hai mai questa sensazione?”
Lui annuisce lasciando cadere il bicchiere ormai vuoto accanto alle sue scarpe.
“Credo che il bello debba ancora venire. Insomma, sedici anni sono niente se conti di arrivare almeno ai novanta.”
“Dio, spero di no! Ne ho già abbastanza!”
“Naaah, è il doppio rum&Cola che parla. Sono sicuro che il destino abbia in serbo molte belle cose per te. Se Alex dice che sei una ragazza speciale, lo sei. Lui è bravo in certe cose, ha sempre ragione.”
Sorrido immaginandomi Alex che racconta al suo gruppo di amici quanto io sia speciale e per un momento ci credo davvero. Per un momento, nello sgabuzzino del magazzino nel sotterraneo della biblioteca, con un ragazzo brillo a raccontarmi di quella volta in cui si è tuffato nel lago ghiacciato per recuperare una palla, mi sento speciale. O forse dovrei dire normale. Sì perché ho passato gli ultimi anni della mia vita a sentirmi un’emarginata, una ragazza troppo diversa da ogni standard sociale. E l’unica cosa che mi riesce di fare è ringraziare Jack e dividere con lui l’ultimo sorso di quel pessimo doppio rum&Cola.
“Tu, amico del mio amico, sei l’esempio che le cose possono migliorare. Mi piace la tua compagnia.” Confesso in un lampo di pura sincerità.
È che nemmeno ricordo l’ultima volta che ho riso tanto o che avessi tanta voglia di parlare con qualcuno che non fosse Alex. Non saprei spiegare perché, ma Jack mi piace e anche se ho passato solo un paio d’ore in sua compagnia so di aver trovato un nuovo amico. Per la prima volta da tantissimo tempo mi sento felice. E non è di certo merito del terribile doppio rum&Cola.
Torniamo nel magazzino dove la musica è ancora a livelli illegali e appena metto fuori un piede dallo sgabuzzino vengo travolta da un Alex dall’aria preoccupata.
“Oddio cosa stavate facendo voi due lì dentro?” farfuglia indignato.
“Abbiamo parlato.” –dico alzando le spalle– “È simpatico il tuo amico.”
Alex mi guarda alzando un sopracciglio e porta lo sguardo su Jack in cerca di una conferma. Lui sorride e solleva le mani in segno di difesa.
“Parlato. Giuro.”
“Voi due…” –balbetta Alex e capisco che ha sicuramente bevuto anche lui– “Non innamoratevi. È un ordine!”
Spalanco gli occhi a quelle parole e so di star arrossendo perché sento le guance diventare bollenti. Quelle due ore nel ripostiglio sono state…spensierate. Niente ansia, niente assurdi attacchi di panico, niente di niente. Ero felice e non posso negare che Jack mi piaccia, un pensierino su di lui ce l’ho fatto!
Jack ride facendo una smorfia e maledico quella musica così alta che mi impedisce di sentirlo ridere.
Scopro da Matt che Vinny, Zack e Rian se ne sono andati e hanno riaccompagnato in stanza Yuki che non sembrava proprio divertirsi. Io e Jack non ci eravamo nemmeno accorti di quando hanno fermato la musica per farli uscire.
Così, quando la festa finisce, mi ritrovo di nuovo da sola con Jack. Alex sta praticamente dormendo in piedi (questo è quello che gli succede appena finisce l’effetto dell’alcol, mi ha detto Matt mentre lo reggeva per il gomito) ed è tornato zoppicando al dormitorio affiancato dall’amico.
Mentre attraversiamo il cortile a passo svelto inizio a sentirmi un po’ a disagio. Tutta colpa di Alex che mi ha fatto riflettere troppo sui miei pensieri su Jack imponendomi di non innamorarmi di lui. Okay che era leggermente ubriaco, ma ancora mi domando la natura di quell’imposizione.
“A cosa pensi?” bisbiglia Jack spostandosi i capelli dagli occhi per potermi guardare.
Penso che non vorrei questa notte finisse.
“Era da tanto tempo che non ridevo come stasera.”
“E Alex che diceva non mi avresti sopportato! Sta facendo il geloso.” mi fa l’occhiolino e io sorrido come una bambina.
Cala uno strano silenzio, come se entrambi volessimo dire qualcosa che però teniamo per noi. Volgo lo sguardo al cielo e sospiro lentamente. Vorrei solo stare meglio, sentirmi ogni giorno leggera e serena come in quel ripostiglio.
“Eccoci.” –dice Jack quando arriviamo davanti al portone del mio dormitorio– “Ti spiace se non entro? Ti ricordi la strada per arrivare alla tua stanza?”
Annuisco cacciando le mani nelle piccole tasche della gonna della divisa scolastica.
“Grazie per avermi accompagnata. Stai attento quando torni indietro, non sono così sicura sulla tua amicizia con l’oscurità!”
Lui mi rivolge un mezzo sorriso -che trovo adorabile- e sono consapevole di star già creandomi assurdi film mentali su questo ragazzo dagli occhi neri.
“Buona notte, Camryn. Grazie per la compagnia, ci vediamo domani.”
Accompagna le parole con un gesto della mano e al mio “Buona notte” si volta lasciandomi da sola con mille pensieri contorti e una strana sensazione euforica.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo Quattro
 
Sono passati due mesi dall’inizio della scuola. Pensavo che sarebbe stata dura ambientarmi in una scuola così prestigiosa, ma avevo sottovalutato la presenza di Alex e dei suoi amici. In effetti inizio a ritenermi davvero fortunata anche perché la mia compagna di stanza, Yuki, sembra essere un angelo caduto dal cielo. Ne sto proprio parlando ora con Jack e Alex mentre ci godiamo l’ultimo sole caldo di novembre seduti sul prato.
“È sicuramente merito dell’educazione che ha ricevuto. Dopotutto è cresciuta in Giappone, no?”
I due ragazzi mi guardano e annuiscono dandomi ragione senza un vero e proprio fondamento. Non sono nemmeno sicura di che educazione ricevano i bimbi giapponesi, però le sue buone maniere, il suo sorriso mesto e la sua gentilezza non sono atteggiamenti tipici americani. Purtroppo.
“Inizio a sentirmi un po’ una merda per farmi passare sempre gli appunti da lei.” Borbotta Jack grattandosi la nuca.
“E io perché ancora non le ho ridato la macchina fotografica. Cazzo, ce l’ho da tre settimane ormai.”
“Io cosa dovrei dire, allora?” –mi intrometto con una vocina stridula. Non mi piace la piega che ha preso il discorso, tutti questi sensi di colpa.‑ “Riordina sempre lei la stanza, io è già tanto se mi sistemo il letto. Ma lei lo fa con piacere. Solo, vediamo di dimostrarle che le vogliamo bene perché è una fantastica amica e non perché ci rende la vita più semplice.”
Credo che se l’argomento Yuki stia andando avanti da un’abbondante mezz’ora sia perché ci manca parecchio. Ha contratto la varicella quando i suoi genitori –ignari del fatto che il suo fratellino stava già covando la malattia- sono venuti a farle una breve visita. È da più di una settimana che è confinata in infermeria e ci è permesso farle visita solo un’ora al giorno. Sì, decisamente ci manca.
“Questo posto è bellissimo.” –commento dopo troppi minuti di silenzio- “Com’è che non ci viene mai nessuno?”
Alex si sdraia appoggiando la testa sulle mie gambe e coprendosi gli occhi col braccio per proteggersi dal sole ancora alto.
“Immagino sia per pigrizia.”
In effetti per arrivare in quello che mi piace chiamare “il nostro Rifugio” bisogna scalare una ripida collinetta appena dietro l’edificio dove si trovano le aule scolastiche e attraversare una deliziosa radura. È così che raggiungiamo il piccolo laghetto artificiale che sembra suscitare una qualche emozione solo a noi.
In questo periodo dell’anno, poi, credo sia ancora più perfetto. Il piccolo bosco che circonda l’altra sponda è colorato dalle tipiche sfumature autunnali, la mia stagione preferita soprattutto perché non fa né caldo né freddo. È semplicemente perfetto.
Così chiudo gli occhi e volgo il viso al cielo sentendomi stranamente in pace con il mondo e con me stessa. Una pace che viene interrotta bruscamente da Alex che balza in piedi portandosi le mani ai lati della faccia.
“Cazzo!” –esclama, ma il suo risulta più come uno strano singulto- “Dovevo vedere Sophie dopo le lezioni!”
Sophie. L’attuale ragazza di Alex. Si sono frequentati per un mesetto e stanno assieme da qualche settimana. Tutti (e con tutti intendo Jack, Matt, Zack, Vinny, Rian, Yuki ed io) siamo convinti che lei non sia innamorata veramente di lui, ma piuttosto dell’idea di avere un ragazzo, eppure nessuno gliel’ha detto. L’unica volta che ci abbiamo provato Alex ci ha interrotti praticamente subito e ci ha assillati per un’ora ricordandoci quanto Sophie sia perfetta per lui. Insomma, non ce la siamo sentita.
Io e Jack ci scambiano un’occhiata contrita e non riesco ad evitare di sorridere per l’espressione disperata di Alex. Manco avesse appena ucciso qualcuno!
“Ci vediamo per cena!” strilla come una ragazzina iniziando a correre verso la collina e io mi lascio andare ad una risatina sconsolata.
“Quel ragazzo è impossibile. Credo la sua memoria a breve termine abbia qualche problema!” ridacchia Jack alzandosi in piedi. In effetti non conosco persona più sbadata di lui.
Raccoglie il suo maglione e quello di Alex dall’erba e se li appoggia sulla spalla. È davvero assurdo che il regolamento scolastico imponga la divisa invernale a partire dal primo novembre. Moriamo tutti di caldo sotto la camicia e il pesante maglione di lana!
“Vieni con me, voglio mostrarti una cosa.”
Trotterello dietro di lui in silenzio. Sono assolutamente incuriosita dal sorrisetto compiaciuto che aleggia sul suo viso. Intuisco dove stiamo andando solo quando svoltiamo verso il retro del campus, dove ci sono i campi sportivi. Jack si volta a guardarmi come se volesse soppesare la mia reazione alla vista dei campi di tennis.
“In due mesi non ci sei mai andata.” Afferma storcendo un po’ la bocca. Le sue labbra mi distraggono.
“Te l’ho detto, prima voglio vedere se riesco ad organizzarmi con lo studio. Non voglio deludere la famiglia di…ehm…la mia famiglia.”
Per un momento mi maledico mentalmente. Stavo per tradirmi da sola dicendo di non voler deludere la famiglia di Alex. Per fortuna Jack non sembra dar troppo peso al mio lapsus e si appoggia alla staccionata di legno rivolto verso i tre campi. Osserva distrattamente la coppia di ragazze che sta giocando in quello più vicino mentre io allungo la vista ai quattro che stanno giocando un doppio. L’ultimo campo è vuoto.
“Io invece credo proprio dovresti giocare.”
Non riesco a trattenermi e sbuffo un po’ infastidita. Non capisco perché insista tanto! Nemmeno esprimessi ogni giorno il mio desiderio di tornare a giocare. È vero, il tennis mi manca, ma ora come ora non mi va di allenarmi in mezzo a tutti quegli studenti che non fanno altro che fissare i giocatori. Mi sentirei troppo osservata e messa in mostra, la cosa mi piace meno di poco.
“Perché?” gli chiedo infine, esasperata.
Jack si acciglia e torna a guardarmi. Immagino la sua mente che cerca di elaborare una risposta esauriente e in quell’attesa mi beo della sua espressione pensierosa.
“Perché Alex ha fatto la stessa cosa per me, quando ci siamo conosciuti. È questo che fanno gli amici: ti aiutano a capire quale sia la strada giusta da prendere.”
Non so cosa rispondere, perciò me ne resto zitta. Mi riesce difficile elaborare le sue frasi, così lui continua.
“Ascolta, non voglio importi niente, solo ti ripeto quello che lui disse a me anni fa. Le nostre passioni sono molto più importanti di quello che crediamo. Dobbiamo coltivarle, conceder loro un enorme spazio nella nostra vita perché gran parte di ciò che siamo è definito proprio da quello che amiamo. Capisci cosa voglio dire? E ora ti dico cosa ne penso. Non si tratta solo di praticare uno sport, sono sicuro che dietro ci sia molto di più. E non voglio vederti commettere l’errore di lasciar andare una delle tue passioni. Non capisco perché tu ancora non abbia in mano una racchetta e una pallina e non voglio nemmeno chiedertelo. Però dammi retta. Non abbiamo tutto il tempo del mondo, vivi come vorresti vivere e fregatene di tutto il resto.”
Ancora, rimango senza parole. Il suo discorso mi ha confusa e ha risvegliato in me una strana sensazione, come se di punto in bianco mi fossi svegliata da uno strano torpore e avessi deciso di conquistare il mondo. Non so se chiamarla determinazione sia appropriato.
Allo stesso tempo però credo lui la faccia facile. Ha ragione quando dice che per me il tennis non è solo uno sport, ma c’è quella parte di me, quella Camryn timorosa, insicura e sempre a disagio, che non credo riesca a sopportare tutti quegli sguardi indiscreti.
“Non so, Jack, penso…”
“È proprio questo il problema, Camryn!” –sbotta interrompendomi sbattendo una mano sulla staccionata- “Tu pensi troppo! Per una volta smettila di farti mille problemi inutili e fai solo ciò che ti sembra giusto per te. Vuoi giocare? Gioca! È così semplice!”
Rimango sbalordita dall’impeto della sua voce. Questo ragazzo sembra conoscermi meglio di quanto credessi. E forse ha ragione, se io non mi perdessi sempre in mille pensieri negativi e paranoici probabilmente vivrei meglio. Ma cosa ci posso fare? Sono fatta così.
Mi mordo il labbro rimuginando ancora un po’ sulle sue parole e lui piega la testa di lato con aria contrariata. Cavolo! Sto ancora pensando troppo!
Jack alza gli occhi al cielo e non capisco se sia infastidito come lo ero io pochi minuti prima. Mi afferra la mano e mi trascina verso la casetta di legno dove sono riposte tutte le attrezzature.
“Ehi, che stai facendo?” farfuglio allarmata immaginando le sue intenzioni.
“Giochiamo.”
E la sua voce è tranquilla, quasi serena. Non posso fare a meno di sentirmi sollevata nel sapere di non aver guastato il suo umore sempre allegro. Però…cosa?! Giochiamo? Ora?!
“Ma no, non mi va!”
Il mio sguardo corre a tutti i ragazzi accampati intorno ai campi mentre fanno merenda e chiacchierano amabilmente. Uno dei motivi per cui mi piace il tennis è che nessuno se lo fila. Ma qui alla Weinberg è il secondo sport più popolare dopo il basket. È bastato vincere due campionati nazionali di fila parecchi anni addietro per concentrare l’attenzione di tutta la scuola sul mio sport preferito. Dannazione!
“Sono sicuro che ti divertirai. Anche perché io non so giocare, quindi vincerai di sicuro. E a tutti piace vincere!”
Mi porge una racchetta blu esibendosi in quella risata che mi piace tanto e sorrido di riflesso.
“D’accordo, allora.” Mi lascio convincere e sono quasi sicura sia colpa di quegli occhi stupendamente scuri che mi implorano da dietro gli occhiali.
Firmo con lui il foglio che ci porge il custode e abbiamo il via libera: il campo numero tre sarà nostro per un’ora.
E mentre oltrepasso il cancelletto, galantemente tenuto aperto da Jack, sento che per la prima volta non mi importa davvero di tutti quegli sguardi curiosi posati su di me. Sorrido come un’ebete mentre prendo posizione e faccio rimbalzare la pallina un paio di volte; la sollevo in aria e la colpisco con tutta l’energia che ho in corpo.
Jack aveva ragione su due cose: il tennis mi manca come nemmeno riesco ad immaginare e lui è veramente una frana.
Ma è sicuramente un ottimo amico.
Un amico.


Author's corner

Aaaah- questo capitolo mi piace!^^ E se invece a voi non piace, bè...soffermatevi sulla risata di Jack. Davvero, esiste qualcosa di più bello? *fangirleggia alla grande*
Quindi ecco, che questo capitolo vi piaccia o meno vi invito a farvi un giro sul suo profilo di Keek e guardarvi qualche video idiota. Lui e la sua risata sono la soluzione ad ogni male, lo giuro!
E dopo questa vi saluto, un grazie speciale a chi recensisce! A presto!
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"Eating a fish....eating a fish..." (cit. one of his keek's video)

Damn, Jack mi disturba mentalmente.
Scusate, addio.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo Cinque

Adesso che Yuki si è ristabilita il gruppo è finalmente al completo. Bè, più o meno. Qualche giorno fa è scoppiato il finimondo: Sophie, la ragazza di Alex, gli ha detto che durante la lezione di educazione fisica -tenutasi nel campo sportivo- Vinny ci ha provato spudoratamente con lei. Ora, potete capire quanto questa dichiarazione abbia fatto infuriare il mio migliore amico, che è corso da quell’altro poveraccio e senza pensarci due volte gli ha rifilato un pugno sul naso. Si sono immediatamente formati due schieramenti: chi dalla parte di Alex e chi in difesa di Vinny. Le cose stanno così: Vinny sostiene che la ragazza si sia inventata tutto (non è ben chiaro il motivo) e Rian, Matt e Zack supportano la sua teoria. Alex ovviamente non gli crede e, ahimè, Jack, Yuki ed io gli diamo man forte. Ad essere sincera non sono del tutto convinta dell’innocenza di Sophie. Primo perché, benché Vinny sia il tipico dongiovanni, ha dei forti valori che lo terrebbero lontano da certe stupidate. Insomma; mi risulta difficile credere che ci abbia provato con la ragazza di uno dei suoi più cari amici. Secondo, Sophie è una vera… lagna. Okay, forse non è la parola esatta per descriverla, ma rende l’idea. Si lamenta per ogni minima cosa come avesse quattro anni e ho notato un suo forte bisogno di essere perennemente al centro dell’attenzione, il che mi porta a pensare che Vinny possa avere ragione e quella Barbie si sia inventata tutto solo per il gusto di vedere Alex difendere il suo onore. Chi lo sa…

In ogni caso noi del “team Alex” abbiamo detto a Vinny che crediamo molto di più alla sua teoria che a quella di Miss Magnifica, il problema è Alex.
Lui si ostina a ribadire che Sophie non mentirebbe mai, perciò ha costretto i suoi amici a dividersi in due gruppi: chi, giustamente, non si è fatto problemi a dirgli in faccia che è un idiota (team Vinny) e chi, purtroppo, non ha il coraggio di voltargli le spalle per una stupidata del genere (team Alex).
Sì perché noi ci abbiamo provato a farlo ragionare, ma lui è stato irremovibile. Non ce la sentivamo, comunque, di dargli del coglione e lasciarlo a combattere da solo contro il mondo.
“Potremmo provare a parlare con Sophie. Sono sicura che ci sia una motivazione.”
Guardo Yuki di traverso mentre bevo dalla bottiglietta d’acqua. Ho appena finito l’allenamento di tennis e credo di non essere mai stata più disidratata.
“Ma dai, Yuki, vedi solo del buono nelle persone. Ti svelo un segreto: quella è una stronza e l’ha fatto solo per soddisfare il suo bisogno di essere sotto i riflettori.”
La mia amica storce la bocca in una smorfia, ma non mi contraddice. A volte mi sembra così ingenua!
“Comunque Jack ha detto che oggi avrebbe provato a parlare di nuovo con Alex. Magari riesce a farlo ragionare.”
Yuki annuisce e mi segue diligentemente verso il dormitorio.
“Sai che da quando giochi mi sembri più rilassata?”
“Sì, bè, mi scarico parecchio.” E non riesco ad evitare di sorridere pensando che se sto meglio è solo grazie a Jack che mi ha convinta a tornare sul campo.
“E quel sorriso?” –Yuki mi dà una leggera gomitata sorridendo a sua volta- “Cosa mi nascondi?”
Ridacchio come una bambina senza un motivo apparente ed evito accuratamente di guardare la mia amica negli occhi. Non so perché mi sento così… stupida!
È da qualche settimana che mi comporto in maniera strana e non è la prima volta che Yuki me lo fa notare. Sorrido senza motivo, arrossisco quando mi fa l’occhiolino, balbetto quando mi fa qualche domanda personale, sudo e mi agito quando mi stringe a sé con un braccio… e sì, sto parlando di Jack.
“Oh, Yuki… mi sa che sono malata!”
Lei si porta una mano davanti alla bocca e ride elegantemente. Diamine, adoro questa ragazza! È così fine che io in confronto sembro un cavernicolo.
“Non starai pensando ancora a Jack? Sono settimane che non mi parli d’altro! Guarda come cammina, senti come parla, hai visto i suoi capelli? E il suo profumo! Ed è così simpatico!”
Non riesco a credere che proprio lei mi stia prendendo in giro! Mi fermo in mezzo al corridoio per lanciarle uno sguardo di fuoco, ma il suo sorriso gioviale mi fa capire che in realtà sta solo cercando di farmi notare quanto io sia stata asfissiante in questi ultimi giorni. In effetti non mi è ancora chiaro perché, ma ogni mio discorso tende ad avere come soggetto principale proprio lui.
“Okay, hai ragione, sto esagerando, ma davvero non riesco ad evitarlo!”
Sbuffo riprendendo a camminare. Non mi piace quello che sto pensando.
“E sai perché, vero?”
E non mi piace quello che sta per dire Yuki.
“Jack ti piace! E tanto anche!”
Ecco, appunto. Sbuffo un’altra volta perché non trovo né la forza né la voglia di contraddirla.
Ha ragione: Jack mi piace. E tanto anche.

Quando io e Yuki arriviamo in mensa sono già tutti lì: il Team Alex al completo. A quanto ne so Jack non ha ottenuto alcun risultato discutendo con il mio migliore amico e per tutta la cena nessuno parla, fatta eccezione per quella biondina che blatera in continuazione delle cose più stupide. Nemmeno Alex sembra ascoltarla.
Mi irrigidisco quando Yuki, Alex e Sophie si alzano contemporaneamente per prendere il dessert. Né io né Jack ci muoviamo e l’idea di stare da sola con lui mi innervosisce. Ho appena ammesso a me stessa di essermi presa una cotta colossale per il ragazzo che mi siede accanto, quindi si, sono agitata.
“Alex è proprio un deficiente, io ci rinuncio.” Sospira Jack dopo qualche istante di silenzio.
Io non so che dire. Ho paura di fare la figura della stupida perciò credo che starmane zitta zitta a fissare il piatto vuoto davanti a me sia un’ottima idea.
Lui continua.
“Tutta questa storia mi ha stufato. È da idioti e da bambini. È da più di una settimana che non parlo con Vinny e gli altri, ti pare? Alex è un deficiente, l’ho già detto?”
Dio, come mi piace la sua voce quando è irritato! No, a dirla tutta la sua voce mi piace sempre. E non riesco a credere di star pensando delle cose del genere, sono disgustata da me stessa! Sto sudando melassa.
“Camy?” –Jack mi chiama posandomi una mano sul braccio- “Stai bene? Mi sembri strana.”
Finalmente trovo il coraggio di alzare lo sguardo su di lui e mi lascio andare ad un sorriso. Devo smetterla di comportarmi in questo modo assurdo, non voglio che lui intuisce qualcosa!
“Sì, sì, sto bene. Sono solo stufa anche io, come te. Vorrei un po’ di pace.”
Soprattutto perché dentro di me si è scatenata una tremenda tempesta ormonale dovuta a quello sguardo e a quel dannatissimo sorriso.
“Pace, eh?”
Jack lancia un’occhiata al tavolo del buffet e poi, improvvisamente, mi afferra la mano saltando in piedi.
“Vieni, andiamoceme!”
Non ho nemmeno il tempo di replicare che lui mi sta letteralmente trascinando fuori dalla mensa con un sorriso furbo stampato in faccia. E io riesco solo a pensare terrorizzata che la mia mano sudata gli farà sicuramente schifo.
“Ma… ma… Jack! E Yuki? Alex?”
“Oh, non moriranno mica se li lasciamo da soli! Smettila di preoccuparti!”
In realtà l’unica cosa di cui mi preoccupo davvero è il mio cuore: sta battendo così forte che mi spaventa. Credo sia perché Jack non ha ancora lasciato andare la mia mano.
Lo seguo senza più dire una parola, attraversiamo di corsa l’enorme cortile, ci arrampichiamo su per la collina e poi giù, verso il lago.
Rischiamo di inciampare almeno cento volte, ma non importa perché siamo ancora in piedi e corriamo, corriamo, corriamo finché non raggiungiamo il Rifugio.
Siamo entrambi senza fiato, eppure riusciamo ancora a ridere, anche se non c’è un motivo apparente.
“Quando voglio un po’ di pace vengo sempre qui.” Spiega lasciandosi cadere sull’erba.
Mi sdraio accanto a lui mettendo le mani sotto la testa. Si sta facendo buio e le nuvole che coprono il cielo stanno pian piano assumendo un aspetto minaccioso.
“Sì, sto già meglio.”
Chiudo gli occhi cercando di rilassarmi e di godermi questo momento appieno, ma Jack ha deciso di rendermi difficile l’impresa facendosi più vicino e lasciando che la sua mano sfiori la mia mentre gioca con dei fili d’erba.
Quel leggero contatto, probabilmente casuale, mi sta facendo impazzire.
“Mi trovo bene con te, Camryn.” Sussurra e io arrossisco immediatamente. Ancora non ho aperto gli occhi e non oso rispondere. Cosa dovrei dire, comunque?
“Oggi hai deciso di non parlare, eh?” dal suo tono di voce capisco che sta sorridendo e non posso perdermi un tale spettacolo. Così mi volto su un fianco per poterlo guardare e lui fa lo stesso.
“C’è qualcosa nel tuo sguardo… prima non mi guardavi così.”
Oh, cavolo. Sapevo di essere un libro aperto, ma non fino a questo punto! Mi schiarisco la voce imbarazzata.
“Così… così come?”
Jack mi rivolge uno dei suoi sorrisi migliori e io mi sento sciogliere. Potrei vivere di quel sorriso!
“Come se volessi che io…”
Non finisce la frase, ma capisco le sue intenzioni quando porta una mano ad accarezzarmi i capelli sistemandomeli dietro l’orecchio. Il cuore mi martella nel petto –sono quasi sicura lui possa sentirlo- e quando si avvicina per baciarmi prego ogni tipo di divinità affinché il tempo si fermi in quest’esatto momento.
Lui, con i capelli spettanti che gli ricadono sulla fronte, gli occhi accesi da un sorriso che potrebbe illuminare il mondo, la sua mano posata delicatamente sulla mia guancia e le sue labbra a pochi centimetri dalle mie. Un sogno.
E poi succede: gli occhi si chiudono, le labbra si sfiorano, i cuori ballano ad un ritmo appena inventato e la testa leggera lascia il posto a mille nuove emozioni. Non mi accorgo nemmeno che ha iniziato a piovere.

Nel frattempo, mentre io sono troppo impegnata a imprimere a fuoco nella mia mente questo dolce bacio, Yuki è riuscita a liberarsi facilmente della strana coppia e sta correndo a perdifiato –rimanendo comunque composta ed elegante come al solito- verso il dormitorio maschile dove Rian la sta aspettando a braccia aperte.




 





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Ed ecco un altro capitolo! Scusatemi davvero se vi ho fatto aspettare tanto, ma sono stata molto impegnata in questo ultimo periodo. Grazio mille a chi legge, ma soprattutto a chi recensisce! Vi adoro! :)

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


Capitolo Sei

Sto raccontando a Yuki del magico bacio mentre scendiamo le scale del dormitorio per andare a fare colazione. Sono esaltata, completamente fuori di me dalla gioia!
E pensando che fra poco lo rivedrò ritrovo la luce del Sole. Non desidero altro che vederlo, stargli accanto e lasciare che la sua vicinanza mi pervada e sconfigga tutti i mali che mi hanno sempre tormentata. Perché è così che mi sento quando sono in sua compagnia. Ogni mia emozione prende una sfumatura diversa e la timidezza diventa adorazione, la paura è timore di non essere abbastanza per lui e l’inadeguatezza è improvvisamente forza d’animo. In ogni caso da quando lo conosco ho iniziato ad amarmi. Non saprei spiegarlo, non troverei le parole giuste, eppure la sensazione è proprio quella.
Yuki sembra distratta, ma non ci faccio molto caso, sono troppo occupata a pensare a cosa dirò quando ci siederemo accanto al tavolo della mensa. E poi come dovrò salutarlo?
Varchiamo la soglia di quell’enorme stanza circolare e i miei occhi volano a cercarlo, ma trovano solamente Alex e Sophie che amoreggiano completamente indisturbati. Sento la delusione colpirmi quando capisco che Jack non c’è.
È Yuki a chiedere notizie di lui quando raggiungiamo i due piccioncini.
“Ah, Jack? Ha un po’ di febbre, ha detto che rimarrà a letto.”
Non riesco a trattenere un sospiro di sconforto e Alex mi guarda interrogativo. Lo ignoro del tutto e vado prendermi una cioccolata convinta che questa sia davvero una brutta giornata.
Per i dieci minuti seguenti Sophie non mi scolla gli occhi di dosso e la cosa inizia ad innervosirmi. Che ha da guardare quell’oca? Impaziente di andare, bevo velocemente ustionandomi la lingua più volte e mi alzo dopo aver azzannato il mio croissant.
“Ragazzi, ci vediamo per pranzo. Ho una sessione di allenamenti prima dell’inizio delle lezioni.” Borbotto velocemente e senza nemmeno aspettare una risposta dal trio mi allontano salutando con un gesto del capo Rian, Zack, Vinny e Matt che siedono in un tavolo vicino all’uscita. Vinny e Alex ancora non hanno fatto pace e la situazione sembra assumere sempre più una sfumatura infantile. Non vedo l’ora che si sistemino le cose, mi mancano gli altri ragazzi. E mi manca già Jack. Diamine, ero così felice stamattina pensando di vederlo per colazione e invece… in più la mia paranoia continua a tormentarmi facendomi pensare che forse la sua è solo una scusa per evitarmi.
L’allenamento va uno schifo: non sono concentrata, non ho voglia di correre e credo di non aver mai steccato tante palle in vita mia come in questa mezz’ora. Sorbisco la ramanzina del coach in silenzio e quando finalmente mi lascia libera di andare ho davvero il morale sotto i piedi. Adesso sono persino in ritardo.
Possibile che un ragazzo mi faccia un tale effetto? Ha il monopolio completo della mia sfera emotiva. È assurdo. Forse non dovrei permetterglielo, ma come si fa?
Apro le pesanti porte di legno per entrare nel dormitorio ma una figura mi blocca la strada: Sophie.
“Oh, ciao. Mi hai spaventata.” Ammetto facendo roteare la racchetta nella mano destra. Insomma, le lezioni sono cominciate, non mi aspettavo di trovare nessuno nell’edificio.
Lei ha un sorriso storto che non mi piace per niente, si avvicina squadrandomi da testa a piedi e io indietreggio istintivamente fino a sbattere contro la parete di pietra fredda. Cosa sta succedendo?
“Allora, piccola dolce Camryn…” -comincia lei con la sua vocina stridula- “ho proprio un bel discorso da farti. Stammi bene a sentire, okay?”
Cosa posso fare se non annuire? Il cuore è intrappolato in una strana tachicardia e l’atmosfera che è calata non mi piace per niente.
“Brava bambina.” –devo ammettere che la sua voce così tranquilla mi intimidisce non poco- “So il tuo segreto.”
Quelle parole mi gelano il sangue. Cosa...? Come…?
Sta bluffando.
“È una storia commovente la tua. Una piccola Oliver Twist alla quale viene permesso di frequentare una delle migliori scuole del Nord America perché il suo amichetto la vuole accanto. Non è adorabile? Se poi ci aggiungiamo una madre squilibrata e… come sta tuo padre?”
“Basta!” grido spingendola istintivamente con entrambe le mani, lasciando cadere a terra la racchetta. Lei inizia a ridere e io vorrei solo tirarle un pugno sui denti, ma quello che dice dopo mi immobilizza.
“Rilassati, non c’è motivo di arrabbiarsi. Adesso viene la parte migliore. Se vuoi che tenga la blocca chiusa dovrai seguire delle semplici regole.”
Mi sento completamente in trappola e la confusione che ho in testa non aiuta affatto. Come diavolo fa a sapere tutte queste cose di me?
Sophie si avvicina ancora con quello stupido ghigno stampato in faccia. La odio. Non pensavo di poter odiare qualcuno veramente, ma questa ragazza…dio, la odio!
“Tu e i tuoi stupidi amici non mi sopportate. L’ho notato e anche Alex sta iniziando ad accorgersene. E lui fa tutto quello che tu gli dici di fare, non neghiamolo. Ora voglio tu faccia due più due, pensi di poterlo fare? Io voglio Alex. Alex è influenzato dal tuo giudizio. Cosa pensi significa?”
Prendo un respiro profondo e mi chiedo come sono finita in questa situazione. Poi, stringendo forte i pugni, le do la mia risposta.
“Vuoi che io mi comporti come se tu mi piacessi così che anche lui si convinca che stare con te sia la miglior cosa.”
“Ci sei quasi. Io non ti devo piacere. Tu mi devi adorare. Adorare, chiaro? Così anche quella sciocca Giapponese la smetterà di guardarmi dall’alto al basso.”
Non commento. Tutto quello che vorrei dire sono solo insulti.
“D’ora in poi sono la tua migliore amica. Farai tutto quello che ti dirò di fare, mi darai sempre ragione e non potrai più stare con Alex senza di me. È tutto chiaro o sei troppo stupida per seguire delle semplici regole?”
“La stupida sei tu se pensi che starò ai tuoi ordini. Non me ne frega niente, vai pure a dire a tutti la verità.”
“Credi non farà nessuna differenza? Tutti ti vedranno come una poveraccia che ha rubato un sacco di soldi alla famiglia di Alex, con un padre ripugnante e una madre che non vedeva l’ora di liberarsi di te. Dopotutto, se davvero non ti importa, perché lo stai tenendo nascosto?”
Ancora una volta non rispondo. Ha ragione. Ha fottutamente ragione e io non posso ribattere. Non c’è via di fuga.
“Cosa penserà Jack?”
Sentendo il sul nome esplodo completamente. Deve aver capito che sono innamorata persa di lui e usarlo contro di me è davvero…cattivo.
“Va bene!” –strillo fuori di me- “Va bene, hai vinto! Farò tutto quello che vuoi a patto che tu tenga quella tua orribile boccaccia chiusa!”
Lei sorride amorevolmente e io mi costringo a trattenere le lacrime che mi pungono gli occhi. Questa stronza mi ha fregata per bene. Vorrei strangolarla. O forse potrei tagliarle la lingua…
“Ci vediamo a lezione, allora! A dopo, amica!” mi scompiglia i capelli e zampetta via fischiettando, più allegra che mai.
Voglio scappare. Vorrei dimenticare tutto e tutti e correre il più lontano da qui. Ricominciare una nuova vita, rifare tutto daccapo questa volta evitando tutti gli errori che mi hanno demolita.
E invece dimentico la racchetta per terra e mi dirigo verso la scuola. Cos’altro mi è rimasto? Vivere una vita normale che non mi appartiene, con una migliore amica che preferirei morta e un ragazzo stupendo che sto riempiendo di bugie. Proprio mentre la mia mente è tornata a lui, a Jack, lo vedo saltar fuori dalla statua di Apollo e Dafne che giorni addietro aveva nascosto anche me e Yuki. Ha un sorriso stupendo, i capelli arruffati e lucenti, gli occhi luminosi e la mano stretta intorno al mio polso.
“Camy, finalmente! Sei in ritardo!”
La sorpresa di trovarmelo davanti mi ha fatto andare in tilt il cervello, non riesco a pronunciare mezza parola. E lui è bellissimo. La cosa più bella che mi sia mai capitata. Mi sento scaldare il petto e vorrei solo mi stringesse in un abbraccio perché mi sento male. Il mio mondo è appena stato rovesciato, la mia vita manipolata dalla stronza delle stronze.
“Ma non importa!” –continua lui raggiante- “Oggi non andiamo a lezione. Camryn, questa giornata la dedico a te. Ti prego, vieni via con me!”
Jack solleva l’altra mano e mi mostra una piccola chiave argentata, ma io sono sopraffatta dal suo sorriso. È l’unica ragione per la quale ancora non sono crollata in mille pezzi.
“Ma… ma tu hai la febbre.” È l’unica cosa che riesco a balbettare.
Lui ridacchia piano e mi stringe la mano.
“Ma no, quella è una balla che ho rifilato ad Alex! Non potevo dirgli la verità, sai quanto fa schifo a mantenere un segreto.”
E a quelle parole mi sento svenire. Alex. È lui che ha raccontato tutto a Sophie. È lui che mi ha tradito. Come ho fatto a non capirlo prima?
Jack mi lascia andare la mano per accarezzarmi una guancia, sembra preoccupato.
“Camy? Stai bene?”
Io scuoto piano la testa e scoppio in lacrime.





Author's corner
Ed ecco il sesto capitolo! Tadaaan! Colpo di scena! Come al solito spero la storia vi stia piacendo ed incuriosendo, ringrazio tutte coloro che leggono/recensiscono e mi scuso se ci sono errori ma non ho potuto rileggere per mancanza di tempo, ma volevo pubblicare comunque perché è passato troppo tempo (e mi scuso per questo).
Alla prossima!

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***


Capitolo Sette

Jack mi stringe in un abbraccio senza dire una parola. Rispetta il mio silenzio e io lo apprezzo infinitamente.
Quando mi lascia andare piano, sorreggendomi per un gomito, mi perdo nei suoi occhi neri preoccupati e riesco a smettere di piangere come una bambina. Dov’è finito il mio contegno?
“Camryn, cos’è successo?” chiede finalmente, troppo curioso per frenare ancora a lungo quella domanda.
Io mi sento una stupida. Ho permesso a Sophie di rigirarmi a suo piacimento dopo che il mio migliore amico ha deciso di pugnalarmi alle spalle. E Jack? No, non voglio che sappia niente di tutto ciò. Dopotutto, è per questo che ho deciso di sottostare al piano della Vipera.
Scuoto piano la testa asciugandomi le lacrime che ancora mi bagnano le guance e prendo un respiro profondo.
“No, scusa, sono solo un po’ sottopressione. La scuola sta diventando soffocante e l’allenamento di tennis di oggi è andato un vero schifo. Scusa, non so nemmeno perché sto piangendo.”
Jack mi guarda circospetto, è chiaro che non si è bevuto la mia storia improvvisata, però ancora una volta non insiste per farmi parlare. Solleva nuovamente la mano e mi mostra quella chiave che avevo già dimenticato.
“E allora scappiamo per un giorno. Solo io e te.”
Sposto lo sguardo da lui alla piccola chiave argentata senza capire che cos’abbia in mente, eppure sorrido perché solo l’idea di passare una giornata con lui mi ha fatto passare tutto il male che mi aveva stretto il cuore poco prima.
“Ti ricordi del fratello giardiniere di Evan? Vieni!”
Ancora una volta mi rivolge uno dei suoi sorrisi più belli e mi ritrovo a corrergli accanto verso l’entrata est del campus. Ci fermiamo a pochi metri dalla porta principale e Jack, che ha preso a sventolare la chiave convulsamente, indica con un cenno del capo una piccola porta di ferro incastrata in mezzo all’edera che copre completamente le mura che delimitano la scuola.
E solo allora capisco cos’ha in mente.
“Non lo scoprirà nessuno.” –mi dice in un soffio, come se volesse convincere anche se stesso- “Ci divertiremo!”
E quando mi fa l’occhiolino non posso che cedere al suo fascino e annuire vigorosamente. Quando sono con lui sto bene. È riuscito, con un sorriso, a portare via tutte le paure e le ansie che mi avevano imprigionata per colpa di Sophie. Jack è un ragazzo speciale, non c’è dubbio.
Vedendo il mio consenso, lui si affretta ad inserire la chiave nella toppa e cigolando non poco la porta si apre. Jack mi tende la mano e sussurrandomi: “Andiamo!” lo seguo fuori dalla scuola.
Sono consapevole di starmi cacciando in un bel guaio. Se veniamo scoperti non oso immaginare quale possa essere la punizione, ma francamente non mi importa. Stare una giornata con Jack non può che valerne la pena.
È giorno di mercato e le strade già solitamente affollate sono un vero e proprio delirio. Jack non lascia mai la mia mano, sembra abbia paura di perdermi in mezzo a tutta questa fiumana di gente. E io non posso esserne più contenta.
Ci fermiamo ad una bancarella poco più in là e rimango affascinata dagli svariati ninnoli che vende.
“Adoro questo genere di cose!” esclamo senza distogliere lo sguardo da un piccolo ciondolo bronzeo. Rappresenta una chitarra e trovo che sia davvero carina, semplice ma carina.
Jack me la sfila delicatamente dalle mani e se la rigira tra le dita.
“Ti ho mai detto che suono la chitarra? Anzi, strimpello.” Sorride e sembra un po’ imbarazzato.
“Allora quella collanina mi piace ancora di più!” gli lascio un bacio sulla guancia e porto l’attenzione alle altre mille cosine che sono in vendita. Ci sono braccialetti dall’aria esotica, anelli che sembrano piuttosto antichi, spille, e altri gingilli che non ho nemmeno idea di come si chiamino.
Poi il mio sguardo si sposta su una bancarella che vende carillon e la vita non mi è mai sembrata più bella. Ho sempre avuto una passione sfrenata per i carillon e qui ce ne sono di tutte le misure, colori e per tutti i gusti, insomma.
Trascino Jack da una bancarella all’altra finché le nostre pance iniziano a ricordarci che è ora di pranzo, così ci dividiamo per fare prima: Jack va a comprare la pizza e io il dolce. Resistiamo all’impulso di non divorare niente almeno finché non raggiungiamo il parco in centro. Per qualche minuto non parliamo, troppo intenti a riempirci lo stomaco, e io ho il tempo di pensare che non passavo una mattina così bella da tantissimo tempo. Non ho mai riso tanto, non mi sono mai sentita così leggera e completamente a mio agio, come se stare qui, ora, con Jack sia la cosa più giusta del mondo. E inizio a credere che sia vero.
“Sai cosa pensavo?” –dice lui tra un morso di pizza e un sorso d’acqua- “La prossima volta che abbiamo una sera libera dovremmo uscire con Rian e Yuki.”
Lo guardo un attimo confusa. Sta pianificando un’uscita a quattro? Quindi noi siamo…una coppia? Oddio.
“Ehm… okay, ma non so se Yuki è d’accordo. Insomma, non sarà un po’ strano?”
Una coppia. Io e Jack una coppia. O forse no, forse intende che dovremmo uscire come amici. Probabilmente gli manca Rian o che ne so!
“Strano? Perché? Io non ci vedo nulla di male.”
Oppure vuole cercare di riappacificare le due fazioni che hanno separato la gang. Dopotutto, Rian è quello più ragionevole del team Vinny.
“Bè, sembra qualcosa di… organizzato. Non so, come se volessi far avvicinare Yuki e Rian!” butto lí non avendo più altre ipotesi.
Jack rimane con la fetta di pizza sospesa a mezz’aria. Ha uno sguardo strano, criptico.
“Cazzo!” –esclama infine- “Possibile che non te l’abbia detto?”
“Che non mi abbia detto cosa? Chi?”
Jack lascia cadere la pizza nel cartone e si siede meglio sulla panchina.
“Camy, Rian e Yuki stanno insieme da… boh, settimane ormai!”
La notizia mi lascia sconvolta e non poco. Yuki, quella che dovrebbe essere la mia migliore amica, mi ha nascosto una cosa del genere? Perché? E perché tutti oggi? Non è nemmeno venerdì 13!
Alzo gli occhi al cielo ritrovando un po’ di quella tristezza che avevo lasciato a scuola. Quindi ora sono sotto il controllo di una stronza, tradita da Alex e completamente tagliata fuori dalla vita di Yuki nonostante io le abbia raccontato ogni singolo dettaglio di ciò che succedeva tra me e Jack. Bene. La vita è ingiusta.
“Ma sai com’è Yuki… così riservata… io l’ho saputo da Rian, eh!” Jack cerca di giustificarla e di giustificarsi, ma io non ho intenzione di lasciare che il morale mi scivoli sotto le scarpe. Voglio ricordare questa giornata come perfetta. Eliminando la prima parte, possibilmente.
“Avrà avuto le sue ragioni.” Sentenzio alla fine afferrando il mini cupcake con gli m&m’s che ho comprato come dessert.
La vita sa essere… buona ogni tanto.
Finito di mangiare e archiviato l’argomento Rian e Yuki, continuiamo a parlare delle cose più stupide senza smettere di ridere un attimo, almeno il mio umore è salvo.
“Da piccolo ero un campione di ginnastica artistica. No, non ridere, era una cosa seria!! A sette anni ho persino vinto una gara regionale! Ero un asso sulla trave! E smettila di ridere! Ecco, questo è il motivo per cui ho smesso: ridono sempre tutti! Non è carino!” lui si finge offeso e io rido ancora di più.
“Scusami è che sto cercando di immaginarti con una tutina scintillante e una fascia per capelli mentre fai la ruota su una trave ed è parecchio… esilarante! Voglio vedere qualche filmino!”
“Mai! Un giorno li brucerò tutti, giuro!”
Così, tra racconti assurdi e divertenti della sua infanzia, Jack mi rivolge una di quelle domande che mi mettono sempre in difficoltà.
“E tu?” dice ancora ridacchiando.
“Io?” non c’è niente che odio di più di parlare di me.
“No, parlavo con quel signore che sta dando da mangiare ai piccioni.”
Gli lancio un’occhiataccia e stringo le braccia al petto.
“È che non c’è niente da raccontare di me. Non ho fatto sport strani, non ho partecipato a concorsi particolari, niente di niente. Per nove mesi vivevo in un collegio femminile e per gli altri tre stavo lontana di casa il più possibile con Alex. Questa è la mia vita fino ad oggi.”
Jack è visibilmente deluso dalla mia poca disponibilità di condividere la mia vita con lui, ma onestamente non mi va proprio di rivangare il passato. È una delle poche cose che non vorrei mai fare.
“E i tuoi? Che lavoro fanno?”
Un’altra domanda che non mi piace. E non ho idea di come evitarla. Così mi alzo in piedi e decreto che è ora di tornare a scuola, se non vogliamo rischiare di essere scoperti.
In effetti manca poco più di mezz’ora alle cinque, il che significa che le lezioni stanno per terminare e sarebbe meglio se noi ci facessimo trovare nelle nostre stanze per quell’ora.
Jack sbuffa piano e mi segue diligente verso l’uscita del parco. Questa volta sono io ad afferrare le sue dita per stringerle nella mia mano.

Arriviamo a scuola sani e salvi, di nuovo nascosti dalla statua di Apollo e Dafne che sembrano essere diventati i nostri protettori.
“Grazie per oggi, Jack. Sei davvero un bravo ragazzo.” Dico un po’ impacciata guardandomi le scarpe.
“Oh, sì! Dopotutto ti ho solo costretta ad infrangere una dozzina di regole della scuola!”
Sorrido imbarazzata e lui mi solleva il viso guardandomi tenendo la testa di lato.
“Non nascondere mai quel tuo bel sorriso, Camy. È la cosa più preziosa che hai.”
Per un momento penso che questa situazione sia troppo sdolcinata persino per me, però diamine, Jack potrebbe dirmi qualunque cosa e io mi sciogliersi in ogni caso. Dannazione.
“Non so perché eri triste oggi ed è palese che non me lo vuoi dire, ma va bene così. È stato bello vederti ridere, era da tanto che non passavo una bella giornata come quella di oggi.”
Io rimango senza parole, sembra quasi che lui mi abbia letto nel pensiero perché ha detto esattamente quello che ho provato anche io. Perciò allungo una mano sulla sua nuca e lo avvicino piano a me rendendo evidenti le mie intenzioni. Il sorriso che vedo sulle sue labbra prima di chiudere gli occhi vale più di qualsiasi altra cosa al mondo e quando mi bacia sento una strana sensazione pervadermi. È come se con questo bacio mi stia dicendo che lui è qui, con me e per me, che non ha intenzione di andarsene e quando mi stringe forte tra le sue braccia sento il nostro desiderio reciproco di sentirci l’uno parte dell’altra.
Credo che nessuno sia mai stato baciato così, altrimenti non si parlerebbe d’altro.
Mi lascia andare con una leggera carezza sulla guancia mentre ha ancora gli occhi chiusi. È stupendo, un sogno.
“Ci vediamo a cena?” sussurra stringendomi un’ultima volta la mano.
Io annuisco e lo saluto sentendomi la ragazzina più felice sulla faccia della terra.

Ho evitato di raccontare a Yuki la mia splendida giornata, dicendole solo che mi sentivo poco bene e non avevo voluto partecipare alle lezioni. Lei, discreta come sempre, non ha fatto domande ma piuttosto si è interessata sul mio stato di salute. Ho preferito non raccontarglielo perché ho capito che forse, ogni tanto, tenersi dei bei ricordi per sé li rende semplicemente più preziosi. Lei, d’altronde, non mi ha ancora accennato nulla della sua storia d’amore con Rian. Me ne sto facendo una ragione.
Quando scendiamo a cena troviamo già tutti al tavolo, stanno discutendo animatamente di qualcosa che non riesco a capire almeno finché non mi siedo nel posto che Sophie ha gentilmente riservato per me.
“Che succede? Perché siete tutti così esaltati?” chiedo infilzando una carota.
“Hanno annunciato la data per il Talent Show! È esattamente fra tre mesi!” mi aggiorna il Traditore.
“Quest’anno dobbiamo vincere!” –si unisce Jack- “Abbiamo pronta una canzone che è assolutamente perfetta! Tu e Yuki potreste fare le coriste! Cazzo, Alex, se la riarrangiamo con delle seconde voci sarebbe uno spettacolo!”
Sophie si schiarisce la voce e tutti ci volgiamo a guardarla.
“Mi spiace rovinare i vostri piani, ma Camryn ed io abbiamo già deciso che parteciperemo insieme.”
La forchetta mi cade rumorosamente nel piatto. Cosa sta dicendo questa squilibrata?
“E che fate?” chiede Jack guardandomi confuso.
Sento gli sguardi di tutto posati su di me, come se si aspettassero una spiegazione.
“Noi…canteremo un duetto!”
Per almeno trenta secondi nessuno dice niente, è Jack a ritrovare la parola.
"Che storia è questa, Cam?"
Io sposto nervosamente lo sguardo da lui a Yuki ad Alex e infine a Sophie che mi rifila un calcio da sottoil tavolo mentre mi sorride giuliva.
"Io...emh...noi..." -balbetto completamente in difficoltà- "Sì, è così. Io e Sophie canteremo insieme."
Mi sento avvampare. Non ho idea del guaio nel quale mi sto cacciando. Io non so nemmeno cantare!

 





Author's corner
Ciao ragazze!! Pensavate vi avessi abbandonate, eh? Invece mi sono goduta pienamente le vacanze di Natale, mi sono riposata e divertita e quindi ho lasciato un po' da parte la FF. Pardon, mea culpa! Spero che anche il settimo capitolo vi piaccia, aspetto un vostro parere! Sono curiosa di sapere cosa ne pensate della storia! A presto!
P.s. avete presente il video di Coffee Shop Soundtrack, vero? Ecco, perché io Jack che fa ginnastica artistica me lo immagino così ahahah che nuota sulla trave ahahah Vabbè, vado che è meglio, adiossss!

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


Capitolo Otto

Sono letteralmente fuggita dalla cena.
Dopo che Sophie ha annunciato il nostro duetto non ho avuto altra scelta: non riuscivo a sopportare gli sguardi indagatori di tutti i miei amici, ma soprattutto quello di Jack. Avevamo passato tutta la mattina a parlare di quanto terribile sia quella ragazza, di quanto stia cambiando il nostro Alex in peggio e di quanto poco volevamo avere a che fare con lei. E ora quella strega mi sta facendo passare per una falsa ai suoi occhi, come se avessi detto tutte quelle cose brutte per far credere a lui che ero totalmente d’accordo con lui. Oddio, sembro una vera e propria doppiogiochista. In che guai mi sto cacciando?
Con una scusa ho lasciato il tavolo senza aver mangiato praticamente nulla e mi sono rifugiata in camera nella speranza di trovare una soluzione a tutto quel casino. Dieci minuti dopo però la mia fallimentare ricerca viene interrotta dall’arrivo di Yuki. Sono ancora arrabbiata con lei, per questo quando si siede accanto a me sul letto volgo lo sguardo oltre la finestra.
“Cam, che succede?” mi domanda dopo un attimo di silenzio, ma io mi limito ad alzare le spalle.
Lei sospira piano e si fa più vicina, per niente intenzionata a lasciar cadere la conversazione.
“Dopo che te ne sei andata è successo il finimondo.” –dice e questa volta attira la mia attenzione- “Sono arrivati al tavolo Matt e gli altri e hanno molto teatralmente dichiarato guerra ad Alex e Jack al Talent Show. A quanto pare loro hanno sempre partecipato assieme, ma visti gli ultimi avvenimenti quest’anno si sfideranno come se si vincesse chissà quale premio.”
La guardo sorpresa e preoccupata mordendomi piano il labbro.
“Ma non ha senso! E poi sono terribilmente squilibrati! Alex e Jack contro Matt, Rian, Vinny e Zack? Che razza di competizione è?”
Yuki si stringe nelle spalle e assume un’espressione pensierosa.
“La cosa brutta è che avrebbero potuto sistemare questa situazione una volta per tutte e invece hanno preferito comportarsi come dei bambini e peggiorare le cose. Non li capisco. E onestamente non capisco te, Camy. Da quando ti allei con la Vipera?”
Sapevo che questa domanda sarebbe arrivata prima o poi e onestamente non ho la forza per continuare a fare la bambina offesa, ma non posso rivelare a Yuki la verità. In più se penso a quanto lei mi stia tenendo nascosto perché io dovrei sempre spifferare tutto?
Così mi alzo di scatto dal letto e le rivolgo un’occhiata di ghiaccio.
“Sai una cosa, Yuki? Lei sarà anche una Vipera, ma almeno non mi taglia fuori dalla sua vita!” sbotto innervosita nella speranza che lei colga la frecciatina. E invece sembra solo più confusa di prima.
“A che ti riferisci? Non siete mai state grandi amiche voi due. Anzi, non siete mai state amiche. Non ti è mai piaciuta!”
Io continuo la mia recita e incrocio le braccia al petto alzando il mento.
“Mi riferisco a te e Rian. Quando pensavi di dirmelo?” finalmente sputato il rospo mi sento più leggera.
Anche Yuki si alza dal letto e mi si fa vicina guardandomi con un sorriso affettuoso che quasi mi fa scoppiare in lacrime.
“Oh, no, Camy, lasciami spiegare! Non te ne ho parlato semplicemente perché…bè, ogni volta che ci provavo tu iniziavi a parlare di Jack ed eri così felice che non mi andava di interromperti. Lo so che sembra una scusa banale, ma non volevo oscurare quello che stava crescendo tra voi due parlandoti di Rian. Non lo so, non mi sembrava appropriato. Scusami, non ho mai avuto una vera amica e a volte non so come comportarmi.” Lei abbassa lo sguardo intrecciando le mani e io istintivamente la abbraccio.
“Sei un’amica fantastica, Yuki!” –sussurro stringendola forte- “E, cavolo, ogni tanto dimmi di tacere! Adesso voglio sapere tutto!”
E due ore dopo, quando finalmente Yuki mi ha aggiornata su tutto io le racconto della magica giornata che ho passato con Jack fuori da scuola e sono così felice di condividerla con lei che almeno per qualche ora riesco a dimenticarmi della Vipera e di tutti i problemi che mi sta causando.


La mattina seguente io e Yuki ci stiamo dirigendo verso la mensa per fare colazione e ora che abbiamo parlato e chiarito quel piccolo disguido mi sento più felice e determinata ad affrontare un’altra giornata. Ma tutte le mie forze vengono sbaragliate da un Jack dallo sguardo torvo che ci blocca la strada.
“Camryn, ho bisogno di parlarti.” Dice con un tono così freddo che mi fa tremare il cuore.
Yuki mi guarda solidale, mi stringe piano la mano e dopo aver salutato Jack si incammina da sola verso la mensa.
Per quanto mi riguarda, non ho il coraggio di alzare lo sguardo per incontrare quello di lui. Mi invita a sedermi su una panchina lì accanto e ci rimango un po’ male quando noto la distanza che ha preferito mantenere tra di noi.
“Hai l’aria colpevole…” Borbotta con voce delusa e io mi sento male.
Lui è l’unica cosa della mia vita della quale vado fiera. L’unico al mondo del quale mi importa e sentirlo così deluso da me mi fa sentire un fallimento, come se avessi sbagliato ogni cosa. E probabilmente è proprio così; non posso ricominciare daccapo?
“Non dici niente?” –continua davanti al mio silenzio- “Sono confuso, Cam, sul serio. Noi la odiamo questa ragazza. Eravamo d’accordo su quanto sia stronza, di quanto stia manipolando Alex e tutto il resto. E adesso mi dici che canti con lei all’evento più importante della scuola? Avevamo deciso che avremmo parlato con Alex, insieme, cercando di farlo ragionare! Cosa diavolo è successo?”
La verità? Sophie mi sta ricattando perché sa cose di me che non vorrei sapesse nessuno, primo fra tutti tu, quindi sì, preferisco cantare una stupida canzone piuttosto che rischiare di perderti per colpa del mio passato.
“Ho solo scoperto che lei non è poi così male…”
“Non è così…!” –Jack non riesce nemmeno a finire la frase. Sembra piuttosto arrabbiato.- “E quando lo avresti scoperto? Ti ricordo che solo fino a ieri pomeriggio la pensavi come me e a cena invece ci hai dato la bella notizia. Non capisco, ti credevo diversa… Ne ho incontrate a milioni di ragazze così false, ma tu… Dio, sono un idiota.”
E senza dire un’altra parola se ne va scuotendo la testa e mi lascia lì da sola, con il desiderio di scomparire per sempre perché io, a quanto pare, non so vivere. Sono solo brava a creare casini.
Mi impongo di non piangere e quando raggiungo gli altri al tavolo per la colazione l’atmosfera è terribile: Alex e Sophie sghignazzano fregandosene di tutto e di tutti, Jack ha un’espressione tetra e apre bocca solo per mangiare, Yuki continua a lanciare occhiate al tavolo dove è seduto Rian rendendo così evidente il suo desiderio di lasciarci per andare da lui (ma è troppo educata per farlo) e io prego di strozzarmi con i cereali e farla finita.
Le cose, insomma, non potrebbero andare peggio. Almeno finché Alex non apre bocca.
“Cam, dopo ti va di andare al Rifugio? È da un po’ che non passiamo un po’ di tempo solo io e te, mi manchi!”
Ah, il traditore! In un altro momento avrei davvero apprezzato quella proposta perché prima di tutto sotto sotto il mio amico mi manca da morire e poi adoro andare al Rifugio, ma ancor prima di poter rispondere si intromette Sophie con la sua solita vocetta stridula.
“Spiacente, tesoruccio! Oggi pomeriggio io e Camryn iniziamo le prove!”
Ecco, adesso le cose non possono davvero peggiorare.

Nel pomeriggio, finite le lezioni, siamo tutti sfiniti e annoiati. Sia io che Yuki siamo inoltre giù di morale per come stanno andando le nostre relazioni con i ragazzi. Lei mi ha informata del fatto che Rian non vuole rendere pubblica la loro storia perché ha preso molto seriamente la lite che ha diviso la crew. Insomma, la sua testolina bacata di ragazzo gli suggerisce che uscire con Yuki, schierata dalla parte di Alex, venga considerato alto tradimento, perciò non vuole che nessuno lo sappia.
I maschi sanno essere stupidi, ecco. Ma a Yuki non importa più di tanto, le spiace solo che non possono stare insieme liberamente ma debbano vedersi in segreto. In effetti non è affatto una bella situazione.
Per quanto mi riguarda, Jack non mi ha degnata di uno sguardo per tutto il giorno e non posso che dargli ragione.
“Se vuoi provo a parlarci io.” Mi propone Yuki mentre ritiriamo i libri nell’armadietto.
Le rivolgo uno sguardo speranzoso accompagnato da un sospiro. Non so quanto possa servire, ma che male ci sarebbe? Dopotutto Yuki è brava con le parole e ormai non ho niente da perdere.
“Digli che lo aspetto al Rifugio questa sera prima di cena, alle sette.” Aggiungo pregando tutti i Santi del Paradiso affinché lui si presenti.
Così lei mi fa un occhiolino e corre via alla ricerca di Jack. Non ho idea di cosa voglia dirgli o se riuscirà a convincerlo, ma almeno mi dirigo verso la stanza di Sophie con un po’ più di vita.
Le prove che lei aveva in mente non sono altro che due ore interminabili di una sfilata di moda. Io seduta a gambe incrociate sul pavimento con la schiena appoggiata al letto e lei che prova almeno una ventina di vestiti diversi.
Solo allora capisco che in realtà lei non aveva programmato alcuna prova, ma semplicemente voleva tenermi lontana da Alex perché uno dei suoi divieti era proprio quello che mi impediva di vedere Alex da sola.
Ah, al diavolo! Un pomeriggio assolutamente sprecato.
Alle sei me ne vado senza troppe cerimonie, faccio una doccia veloce e con una nuova determinazione in corpo corro verso il Rifugio.
Ho pensato intensamente a cosa dirgli e onestamente non sono giunta a nessuna conclusione.
Non posso confessargli che la Vipera mi tiene in pugno, ma allo stesso tempo se continuo a mentirgli peggioro solo la situazione.
Non riesco a pensare ad altro perché il mio cuore si ferma quando vedo la sua figura in cima alla collina. È fermo immobile, probabilmente mi sta guardando, e mi sembra che il mondo si sia fermato. Poi, d’un tratto inizia a scendere piano la collina e il mio cuore adesso è vittima di una preoccupante tachicardia.
Ha le mani in tasca, la cravatta della divisa allentata, la giacca mossa dal vento e i capelli spettinati. Non mi è mai sembrato più bello.
“Ciao…” –sussurra con un cenno del capo- “Finalmente hai qualcosa da dire, eh.”
Tutto di lui mi distrae. La voce, il profumo, quella bocca che ha baciato la mia… rende le cose ancor più difficili.
“Ti prego, non essere arrabbiato con me.”
“Arrabbiato? Cam, non sono arrabbiato. Sono profondamente e terribilmente deluso. Sai, ad essere sincero credo di essermi innamorato di te ancor prima di conoscerti. Tutte le cose che Alex mi raccontava di te, delle vostre estati passate assieme…ogni volta aggiungeva un particolare e la tua immagine che si era creata nella mia testa diventava sempre più perfetta. Poi sei arrivata in questa scuola e quell’immagine ha preso vita perché eri esattamente come ti avevo sempre figurata nella mia mente: perfetta.
E poi rovini tutto. In fondo credo sia anche colpa mia, ti ho idealizzata e non ti vedevo per quella che eri. Solo…non me lo aspettavo”
Il suo discorso mi spezza il cuore e mi lascia senza parole. Non sono come lui mi ha descritta: né perfetta né una falsa ipocrita volta bandiera. Come posso farglielo capire? Non voglio perderlo…
“Stai esagerando, Jack… dopotutto canto una stupida canzone ad un dannatissimo Talent Show, che importa con chi la canto?”
“Importa a me Camryn! Non è il fatto che ci canti una canzone assieme, è il problema di fondo che mi ha dato fastidio e tu nemmeno lo vedi! Fino a due ore prima la insultavi e adesso è la tua migliore amica! Come faccio a fidarmi di te, me lo spieghi? Chissà cosa dici di me appena volto le spalle! Odio questi atteggiamenti, non li ho mai sopportati e onestamente ti credevo più matura.”
Ancora una volta non so cosa rispondere perché lui ha assolutamente ragione e davanti al mio silenzio colpevole lui si passa una mano sul viso prendendo un respiro profondo.
Sono sicura che anche lui abbia interpretato il mio silenzio come un’ammissione di colpa.
Quando torna a guardarmi ha uno sguardo così triste che mi trafigge e senza nemmeno accorgermene inizio a piangere piano.
“Mi dispiace, Cam.” –dice con voce ferita e mi prende la mano lasciandoci cadere qualcosa- “Avevo intenzione di dartela dopo cena, ma poi hai deciso di diventare la migliore amica di quella là e allora ho cambiato idea. Ma ora come ora non la voglio, puoi tenerla.”
Quando mi lascia andare la mano vedo appoggiata candidamente al mio palmo la collanina col ciondolo a forma di chitarra che tanto mi era piaciuta al mercato e i ricordi di quella magnifica giornata mi feriscono come mille spade.
“Dopotutto Alex mi aveva detto di non innamorarmi di te. Per una volta avrei dovuto dargli retta.”
E ancora una volta se ne va senza darmi l’occasione di aggiungere altro.
Ancora una volta mi ritrovo da sola a piangere per i miei errori.

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***


Capitolo Otto

Le settimane passarono in fretta; cambiarono solo i giorni sul calendario.

Mi preparo al servizio. Faccio rimbalzare la pallina un paio di volte accanto al mio piede sinistro, la sollevo in aria e la colpisco con tutta la forza che riesco a canalizzare nel braccio.
Fallo.
Scuoto piano la testa innervosita, passandomi il polsino sulla fronte per asciugare il sudore.
È un momento decisivo: vantaggio esterno e la mia avversaria potrebbe vincere game, set e match con questo punto. La pressione mi rende difficile concentrarmi, osservo il punto dall’altra parte del campo nella speranza che basti visualizzarlo nella mia mente per rendere la traettoria reale. Lancio la pallina in aria e tenendo lo sguardo fisso sul campo la colpisco.
Qualche millesimo di secondo e un coro di “NO!” gridato con forza segna il mio doppio fallo.
Cado in ginocchio, sfinita e delusa, e quando alzo lo sguardo la mia avversaria mi guarda con un sorriso beffardo.
“Ho vinto io, Camryn!” esulta Sophie esibendosi in un ghigno.
È in quel momento che mi sveglio di soprassalto. Ho il fiato corto e la terribile sensazione che quella Sophie tennista (grazie a Dio era solo un incubo) avesse ragione. Aveva vinto. Mi aveva completamente stracciata ad un gioco al quale pensavo di saper giocare, ma la realtà è che lei dettava le regole e teneva il coltello dalla parte del manico.
Sono ormai tre settimane che non parlo con Alex da sola, che rimango in camera quando gli altri vanno a divertirsi al Rifugio. Sono tre settimane che Jack non mi rivolge la parola.
Mi metto a sedere sul letto stringendo al petto le ginocchia per nascondervi il viso. Non ce la faccio più, odio questa situazione, eppure non so come uscirne.
“Cam…stai bene?” la voce dolce di Yuki mi distrae dai miei pensieri, ma non rispondo né mi muovo.
Sento il rumore leggero delle coperte che vengono spostate e in pochi secondi è seduta accanto a me e mi circonda affettuosamente con un braccio.
“Cosa sta succedendo? È per via di Jack?”
Annuisco piano e non riuscendo più a trattenermi inizio a piangere. Sollevo lo sguardo sulla mia amica e i suoi occhi addolciti e preoccupati abbattono ogni mia difesa.
Sophie ha vinto.
“Non è solo per Jack…” –comincio tirando su col naso- “È per colpa di Sophie…”
E a quel punto non riesco più a fermarmi. Le racconto tutto, ogni singola cosa, a partire dal giorno del mio compleanno quando avevo pregato Alex di tenere segreto il fatto che la sua famiglia avesse pagato per me.
Le racconto di come lui mi ha tradito raccontando tutto alla Vipera; di come lei mi abbia incastrata obbligandomi a recitare la parte della sua migliore amica se non volevo che rivelasse a tutti il mio segreto. Le racconto di come Jack mi crede una bugiarda e di come non ho idea di cambiare la situazione.
Yuki mi guarda impassibile, senza dire una parola. Aspetta pazientemente che io mi sfoghi e finisca il racconto. Poi mi abbraccia.
“Ah, Camy, non avevo idea che quella dannata Sophie potesse arrivare a tanto! Su, non piangere…le cose non sono così gravi come sembrano. Innanzitutto non vedo perché tu voglia tenere nascosta una cosa del genere ai tuoi amici. Ti vogliamo bene, che importa chi ha pagato la tua retta?” dice con tono gentile passandomi una mano sulla schiena.
Non so cosa risponderle. Non ho mai analizzato troppo il motivo che mi ha spinto a omettere un tale particolare della mia vita, ma credo sia stato perché temevo di venire…discriminata.
All’inizio dell’anno conoscevo solo Alex, ero spaventata e intimidita da tutti quegli eredi milionari e finii per sentirmi un’emarginata ancor prima di mettere piede nella scuola.
Poi automaticamente realizzo la verità.
“Perché io stessa un tempo davo importanza a certe cose.” –le confesso abbassando lo sguardo- “Qualche anno fa non avrei avuto alcun problema a permettermi questa scuola. Frequentavo un collegio femminile davvero prestigioso, guardavo tutti dall’alto al basso, ma poi… mio padre è stato arrestato per frode, così io e mia madre ci siamo ritrovate sole e senza un soldo.
So cosa pensano i ragazzi ricchi dei poveracci con un passato come il mio alle spalle. Lo so perfettamente perché anche io ero una di loro. Quindi sì, me ne vergogno.”
Questa volta Yuki non dice niente, si limita a stringermi la mano dandomi silenziosamente ragione.

Nel pomeriggio il mio umore è migliorato notevolmente: aver raccontato tutta –ma proprio tutta- la verità a Yuki è un sollievo, non mi sento più così sola (anche se la mia amica non mi capisce totalmente).
Il suo tentativo di convincermi a confessare a Jack le ragioni del mio strano comportamento inizia a ridarmi una certa speranza. Forse lei ha ragione, dopotutto Jack non mi è affatto sembrato quel tipo di ragazzo. Per quanto infantile sotto certi (molti) aspetti, sa essere maturo e dai valori forti. Me lo ha dimostrato decidendo che non voleva avere nulla a che fare con una bugiarda come me.
Probabilmente avrebbe capito, mi avrebbe perdonata e tutto sarebbe tornato come prima.
Sì, il mio umore è decisamente migliorato!
L’incubo di quella notte, comunque, è tornato a tormentarmi, ma questa volta Sophie non c’entra nulla.
Fra una mezz’ora cominceranno le selezioni per il torneo regionale di tennis delle scuole e l’idea di poter partecipare mi affascina e terrorizza allo stesso tempo. Non so se sono all’altezza, ma un tentativo voglio farlo. Devo dimostrare a me stessa che valgo qualcosa, il tennis riesce sempre ad aiutarmi in qualche modo. Ma non vi dico che pressione! Almeno metà scuola si è riunita intorno ai campi per poter osservare i cinque dei trenta studenti che rappresenteranno l’istituto alle regionali.
“Buona fortuna, Camryn!” mi saluta Yuki con un veloce abbraccio e corre sugli spalti prendendo posto accanto ad un Rian sorridente che mi fa il segno “okay” con la mano.
Inspiro ed espiro lentamente, cercando una concentrazione che so non troverò.
Cinque su trenta. È impossibile che io ce la faccia.
Avrei proprio bisogno, ora come ora, dell’unica persona che è riuscita a farmi credere nuovamente in me stessa.
Però…probabilmente Jack non è nemmeno venuto.
Stringo più forte la racchetta ed entro in campo per la prima partita.
Sono partite flash per fare più in fretta, ma sono più…letali. O la va o la spacca. Perdi un solo set e sei fuori.
A metà pomeriggio sono sfinita, ma –non so come- sono arrivata in finale. Esatto, sono una dei dieci. Non saprei esattamente spiegare come sia successo, probabilmente un misto di fortuna e rabbia repressa che mi permetteva di colpire la palla così forte che quasi non mi sembrava possibile.
In ogni caso, sto iniziando ad elettrizzarmi, vedo la possibilità di partecipare al torneo sempre più vicina, riesco quasi a toccarla. Un’ultima partita, un solo set da vincere.
Così mi lego i capelli in un’alta coda ed entro in campo con una nuova determinazione. Forse, se mi impegno, posso davvero farcela.
Mi volto verso gli spalti per cercare lo sguardo d’incoraggiamento di Yuki che pazientemente è rimasta lì seduta per ore e in quel momento lo vedo.
Jack, qualche gradino più in alto della mia amica, sta sorridendo. Quel sorriso meraviglioso che mi ha catturata fin da subito. È venuto a vedermi? È bellissimo e non posso che sorridere di riflesso, sentendomi finalmente bene dopo tre lunghissime settimane.
Almeno finché il mio campo visivo non si allarga. Non sta sorridendo per qualche scemenza detta da Alex come mi era subito saltato in mente, no. Sta sorridendo ad una ragazza dai capelli rossi che non ho mai visto. Le sta sorridendo come sorrideva a me e… la sta baciando come baciava me.
La racchetta mi cade accanto ai piedi e rimango immobile per qualche interminabile secondo. Il mio allenatore si avvicina preoccupato, raccoglie la racchetta e me la mette in mano chiedendomi se sto bene.
Io sposto lo sguardo su di lui e con un sorriso amareggiato bisbiglio: “Ho perso.”





Author's corner
Eccovi il nono capitolo appena sfornato! Che ne pensate? Di certo non sono capitolo proprio allegrissimi... ma che ce volete fa'! Un ringraziamento speciale a Layla e Nikl_ATL che sono gentilissime e recensiscono sempre sempre!** Eccovi un muffin :3 E voialtri!! Prendete esempio!! ;)
Grazie per aver anche solo letto,
alla prossima!

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