Time to live, time to love.

di dawnechelon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jump and touch the sky. ***
Capitolo 2: *** Waiting for the day to come. ***
Capitolo 3: *** Were you ever a dreamer? ***
Capitolo 4: *** In defence of our dreams. ***
Capitolo 5: *** But the beating of our hearts. ***



Capitolo 1
*** Jump and touch the sky. ***


Time to live, time to love.

Quella che sto per raccontare non è la storia di una sola persona, ma la storia di molte di noi, di ogni singola sognatrice là fuori che si è innamorata del proprio idolo, e non se ne vergogna. Ne parla come se fosse l'amore più bello e più reale della sua vita, ed anche se non ha altro amore da raccontare, per lei è questo il migliore, perché è eterno, non morirà, ed ogni volta che ci penserà ne sarà felice perché quell'amore la fa stare bene.

Capitolo 1
Jump and touch the sky.

 
Avete mai sentito parlare dell'adrenalina prima di un concerto? Avete idea di cosa vuol dire sentire lo stomaco accartocciarsi per l'ansia e l'emozione quando si realizza che di lì a poco si vedranno i propri idoli ed il puzzle sarà perfettamente completo? Perché accade questo quando i Thirty Seconds to Mars e gli echelon si riuniscono in un concerto: si incastrano perfettamente ed il puzzle è completo.
Grace stava fissando il suo riflesso allo specchio, tentando di decifrare dal suo volto le emozioni che si muovevano dentro di lei, ma erano così tante che non avrebbe saputo descriverle nemmeno con le parole del più grande degli scrittori. Sul suo volto era dipinto un sorriso incredulo, come quello di uno che per la prima può vedere dopo anni di cecità. Nei suoi occhi verdi, dalle sfumature castane, scintillava un'euforia che provava ogni volta che sapeva di andare ad un concerto della sua band preferita, anche se non le piaceva né definirsi una fan, né definire loro una band.
Era troppo riduttivo, sia per loro che per se stessa, perché era qualcosa che andava ben oltre il classico rapporto tra idolo e fan. Non pensava di poter arrivare a pensare a loro come fossero una fede, un credo religioso, ed invece si trovava ogni volta senza parole di fronte a loro, in una silenziosa devozione che la portava a credere che nulla al mondo avrebbe potuto essere più vero o più eterno.
Non poteva di certo dire di essere una donna vissuta, perché aveva soltanto 19 anni, e si considerava ancora piccola, ancora bambina, ancora con molto da imparare, ma aveva il suo piccolo bagaglio di esperienze, non molte, ma significative.
Stava rimuovendo dal suo viso il trucco di una giornata come le altre, passata ad ammazzare l'attesa con le amiche, a cercare di non pensare troppo all'ansia che sentiva nascere dentro di lei minuto dopo minuto, anche se con scarsi risultati. Quel giorno era inevitabile non pensare a quanto sarebbe accaduto il giorno seguente, era impossibile non infilare loro in ogni discorso, di qualsiasi genere fosse. Avrebbero potuto parlare di cibo, e lei avrebbe pensato a loro, avrebbero potuto parlare di condizioni meteorologiche, e lei avrebbe comunque trovato qualcosa che l'avrebbe riportata con il pensiero a quei tre volti che il giorno dopo avrebbe finalmente rivisto. Era euforica, entusiasta, si sentiva la persona più felice e fortunata sulla faccia della Terra, e doveva condividerlo con tutti. Chiunque l'avrebbe vista, avrebbe riconosciuto su di lei la gioia di vivere, la voglia di vivere, nonostante la realtà difficile, e non sempre favorevole a giovani come lei.
Si scostò una ciocca di capelli dal viso, portandola dietro l'orecchio, e prese un lungo respiro. Si perse in quel riflesso, non tanto per contemplare la propria bellezza - nemmeno considerava un pensiero simile che mai avrebbe potuto sfiorare la sua mente - , quanto per leggersi, per conoscersi.
Era curiosa di vedere quale era l'immagine che dava di sé in un'occasione simile. E riconobbe su di sé la felicità data da una forte passione quale era la sua per quella band, per quella musica, per la forza che erano in grado di infonderle le note e le parole delle loro canzoni.
Non era mai stata una ragazza vanitosa, guardarsi allo specchio era qualcosa di molto profondo per lei in quel momento. Stava andando oltre il suo sguardo, oltre il suo sorriso di tanto in tanto inebetito, per guardare dentro di sé, per ricercare il proprio cuore, ed infatti portò una mano sul proprio petto e prese un respiro lungo e profondo. Isolò anche il più singolo rumore esteriore, come il leggero ticchettio della pioggia fuori dalla finestra, e si concentrò sul proprio cuore, sul ritmo irregolare che aveva preso da qualche minuto. Correva il suo cuore, correva come lei avrebbe fatto il giorno dopo, per raggiungere quella meta tanto sognata e agognata: la transenna, la prima fila. Non era mai riuscita a guadagnarla in tutti quegli anni, forse perché in realtà non aveva saputo osare abbastanza, forse perché non si era fidata abbastanza di se stessa, forse perché semplicemente la paura di non farcela l'aveva schiacciata prima che lei potesse tentare.
Quella volta però era la determinazione a dominarla, e quasi le imponeva che lei quella sera ce l'avrebbe fatta, che lei avrebbe raggiunto il suo sogno, l'avrebbe potuto toccare con le dita, e avrebbe vissuto quella serata così intensamente che le avrebbe cambiato per sempre la vita.
Non sapeva bene da dove provenisse quella forza, non sapeva perché quella sera avrebbe dovuto essere diversa dalle altre volte, ma sapeva che sarebbe stato così.
Chiuse gli occhi, abbandonando il suo riflesso e lasciandosi andare, in caduta libera nel buio della sua interiorità. Sentiva il battito del suo cuore rimbombare in ogni singolo centimetro della sua pelle, come se effettivamente potesse essere così, come se potesse percepirle la propria pelle pulsare, e quel suono irregolare rimbombare in lei, come se fosse la sua marcia, quella che l'avrebbe portata a vincere.
Si abbandonò al sogno di quel momento e la sua mente proiettò le immagini che diverse volte aveva potuto vedere, nei suoi desideri trasformati in sogni. E sentì l'adrenalina scorrere nelle sue vene, i brividi sulla pelle, l'euforia colmarla, e la felicità pizzicare in ogni angolo di sé, la felicità che solo un sogno diventato realtà può donarti.
Aprì gli occhi e tornò a guardarsi allo specchio. Sorrise mentre una voce dentro di lei le ricordava di non smettere mai di sognare, di non arrendersi, e di sognare sempre in grande.
Il sogno che aveva era decisamente grande, era decisamente qualcosa per cui avrebbe lottato con tutte le forze che aveva. Lo aveva sfiorato così tante volt, senza mai riuscire a tastarlo con ogni fibra di se stessa che era arrivata a pensare che forse non meritava di realizzarlo, che forse era giusto così. Lei doveva restare in disparte, osservare, vivere dell'emozione di una sorella o di un fratello che mostrava loro l'infinita devozione e felicità che provava nell'essere in quella prima fila. Poteva gustare l'emozione di amare con lo sguardo i suoi idoli, soltanto attraverso gli occhi di qualcun altro. Si era convinta di questo, e diverse volte si era lasciata abbattere dall'idea di non farcela, ma quella volta doveva farcela, e ce l'avrebbe fatta.
Annuì con convinzione come se dovesse assicurarsi di quanto pensava, e sospirò abbozzando un sorriso. Uscì dal bagno, e andò nella sua camera, che parlava di lei più di quanto lo facesse il suo nome, o il suo volto. La libreria che aveva costruito grazie all'aiuto del padre aveva la forma del suo sogno: la triad. E vi erano riposti i racconti di tanti sognatori come lei, di persone che avevano saputo osare, che si erano affidati al loro sogno, e l'avevano portato a termine, lottando contro le critiche, contro la povertà, contro la guerra, contro mali ben peggiori dei lividi che ti lasciava un concerto. La osservò, e sentì la loro forza scivolare in lei. Chi meglio di scrittori e artisti avrebbero potuto infonderle il coraggio di andare fino in fondo? Dopotutto, anche loro erano nessuno fino a quando non avevano deciso di sognare.
Si mise a letto, e si lasciò avvolgere dal tepore delle coperte che si adagiavano sul suo corpo curvilineo come se lo stessero accarezzando. Chiuse gli occhi e spenta la luce, si lasciò trascinare nella dimensione che aveva costruito tutta per sé. Quella dimensione fatta di tutti i sogni che aveva, di tutta la speranza che una semplice ragazza di diciannove anni aveva nella vita, e nel futuro.
E come ogni volta, pensò a come sarebbe stato tornare in quel letto, a dormire, dopo aver realizzato quel sogno. Come avrebbe potuto affidarsi ad una dimensione che ormai era stata completata? Avrebbe potuto trovare un altro sogno dopo aver realizzato il più grande? E poi, quello era l'ultimo concerto del tour, che avevano deciso di fare proprio nella città in cui si sentivano a casa, e poi si sarebbero presi una lunga pausa. Ne avevano bisogno, e Grace in realtà lo voleva per loro più di quanto loro stessi lo volevano. Se fosse stato per loro, sarebbero andati avanti altri mesi, perché non ne avevano mai abbastanza, perché amavano stare con la loro grande famiglia, quella che loro stessi avevano creato, ma avevano bisogno di riposo e lo sapevano bene. La notizia che quello sarebbe stato l'ultimo per lungo tempo la rattristava, perché sentiva il bisogno di averli accanto a sé, e non solo tramite le casse del suo stereo, o le cuffie dell'iPod. Aveva bisogno di viverli, aveva bisogno della sensazione di appartenenza che provava quando stava in mezzo ad una folla sconosciuta, ma si sentiva perfettamente a suo agio.
E sinceramente, non sapeva come avrebbe fatto per tutto quel tempo a stare senza di loro, affidandosi soltanto ad una compagnia relativa come poteva essere quella della loro musica incisa in un cd.
Ma non voleva pensarci, non era quello il momento adatto. Non aveva tempo per rattristarsi, non aveva tempo per pensare alla loro prossima assenza. Voleva e doveva concentrarsi soltanto sul concerto imminente, sul sogno che aveva a pochi passi da sé e che avrebbe raggiunto con ogni mezzo.
Silenziosamente, sopraggiunse la stanchezza che riuscì a farla addormentare, anche se quella notte dormì ben poco serenamente. Continuava a svegliarsi, ad ogni ora, forse anche più spesso, pensando che fosse giunta l'ora di alzarsi, di prepararsi, di indossare i vestiti che aveva scelto e di correre a vivere il sogno. Ma non era ancora arrivato il mattino, e così tentava di addormentarsi nuovamente, di abbandonarsi al sonno per combattere l'attesa, ma diverse volte vinse su di lei. Finalmente, quando la notte era ormai inoltrata, riuscì ad ignorare l'ansia, o forse più semplicemente la rimandò al mattino, e non pensò più a nulla. La dimensione che la proteggeva dalla realtà l'avvolse, e fino al mattino seguente la tenne con sé. Almeno fino a quando la sveglia non iniziò a trillare, e le ricordò che il sogno, quello vero, stava per cominciare.

 

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Capitolo 2
*** Waiting for the day to come. ***


Capitolo 2.
Waiting for the day to come.

 
Per la prima volta nella sua vita, il suono della sveglia, di quella stessa sveglia che l'aveva obbligata ad alzarsi per affrontare una banalissima giornata scolastica, non la infastidì. Al contrario, quel suono stridulo quasi le parve piacevole, come se in realtà nascondesse una melodia dolce, che le toglieva le coperte con una raffinata delicatezza, e la sollevava dal letto e poi l'accompagnava in una leggera danza che la cullava come fosse una piuma mentre si preparava per quel giorno.
Ancora sotto le coperte, ed ancora con gli occhi chiusi, sorrise e si rannicchiò su se stessa. Sospirò, e gettò via le coperte quasi con un calcio per poi alzarsi. Se fosse stata una bambina in quel momento si sarebbe messa a saltare sul letto dalla gioia, a correre per tutta casa urlando, ma non era il caso. Non tanto perché avesse diciannove anni - questo non le impediva di gioire spontaneamente, proprio come un bambino -  quanto per non guastare l'umore ai genitori che ancora dormivano e non voleva disturbarli. Aprì le finestre della sua camera, ed inspirò a pieni polmoni l'aria del mattino di Los Angeles e guardò verso l'orizzonte con un sorriso emozionato. Stava nascendo il giorno, e quello sarebbe stato il suo giorno. In quell'istante si sentì quasi protagonista di un cartone animato, e poteva davvero sembrare una scena puerile dato il suo sorriso inebetito che sembrava non voler lasciare il suo volto.
Scosse il capo come se volesse svegliarsi e cercò di trattenere l'euforia che l'avrebbe fatta cantare a squarciagola la sua canzone preferita, come per dimostrare al mondo che la vita era meravigliosa, e che lei aveva deciso di vivere quelle successive ore come se la fine del mondo fosse imminente.
Cominciò a prepararsi, in una serie di gesti talmente veloci ed automatici che in meno di dieci minuti si trovò ad essere pronta. Sapeva bene come affrontare un concerto, e quindi decise di indossare i vestiti più consoni e comodi per quell'occasione: indossò un paio di pantaloni della tuta neri, una canottiera rossa che aveva precedentemente preparato appositamente per quel concerto, scarpe comode, e una felpa, in caso avesse avuto freddo durante l'attesa e dopo il concerto. Su quella canottiera aveva disegnato uno dei tanti loro simboli, la triad, ed aveva scritto una delle sue frasi preferite dell'ultimo album: "in defence of our dreams". Era una sognatrice, forse lo era sempre stata, anche prima di conoscere loro, e sempre, in ogni caso avrebbe difeso i suoi sogni e si era cucita addosso quella frase come se fosse stata scritta per lei.
Non amava il trucco pesante, ed infatti aveva solo dato un po' di tono alle sue guance, a volte troppo pallide, ed aveva marcato il suo sguardo con po' di mascara e niente altro. Non era necessario apparire una stella del cinema, e non ne sentiva minimamente il bisogno, non era da lei. E poi aveva visto molte persone truccarsi al concerto, per riprendere lo stile che avevano loro in alcuni video: era un modo per affrontare l'attesa insieme, per condividere l'emozione, e per fare amicizia, per stringere quel rapporto che esisteva ancora prima di conoscersi che portava a sentirsi fratelli e sorelle nonostante le distanze, nonostante le differenze.
Quello che non poteva tralasciare, seppur non fosse mai stata una grande amante di accessori, erano il ciondolo della triad al collo, e il bracciale rosso che portava i loro simboli.
Una volta indossati anche quelli si sentì davvero pronta, per lo meno fisicamente. Emotivamente non si sarebbe mai sentita pronta, perché dentro di sé muovevano due forze contrastanti: la voglia che arrivasse finalmente l'ora del concerto per gustare l'emozione della loro musica, e allo stesso tempo la voglia di godersi ogni singolo minuto di attesa, perché l'attesa era tanto emozionante quanto il concerto stesso.
L'adrenalina cominciava a scorrere in ogni centimetro di lei che in quel momento era un fascio di ansia ed emozione, ed era arrivata l'ora di raggiungere il luogo che avevano scelto per il concerto, e prepararsi all'attesa. Aveva già detto ai genitori la sera precedente che sarebbe uscita senza svegliarli, così lasciò loro un biglietto sul tavolo della cucina, e presa la borsa uscì di casa.  Aveva deciso di lasciare a casa l'iPod perché sentire anche solo una singola canzone non faceva altro che aumentare l'ansia dentro di lei, ma nella sua mente riecheggiavano le note di quelle canzoni, e quelle parole che tante volte erano state in grado di lenire il suo cuore. Camminava e alzava lo sguardo al cielo, e di tanto in tanto sorrideva: vedeva le nuvole fluttuare leggere e pregustava la sensazione che avrebbe provato quella sera, che non era poi tanto lontana dal volare.
Libertà. Non si sentiva mai così libera di esprimersi, di cantare a squarciagola senza temere di disturbare, di urlare al mondo chi era, chi amava, senza vergognarsi di nulla, nemmeno del più evidente dei suoi difetti.
E provava quella sensazione soltanto quando la sua voce tremante si univa a quella chiara e distinta, talvolta provata, di quel cantante che aveva deciso di mettere la sua anima e il suo cuore nelle parole che scriveva. Accadeva ogni volta che li ascoltava, sull'autobus mentre andava a scuola, circondata da persone così lontane da quella che era la sua natura, da persone che  vivevano freneticamente, meccanicamente, come se fossero non tanto delle persone con passioni e sogni, ma automi destinati a ripetere le stesse identiche azioni ogni giorno, senza tregua, senza darsi l'opportunità di sognare.
Grace si ritrovava spesso a sentirsi sola nella sua stessa cerchia di amici, perché loro erano più vicini alla vita mondana, e lei invece stava sempre con la testa fra le nuvole perché sognava, e sognava, e sognava ancora, e si sentiva molto più vicina ad un Peter Pan che ad una sua coetanea. Grace non si curava di un'unghia rotta, o di quale vestito scegliere per la festa del più popolare del liceo. Da sempre si era sentita diversa, talvolta sola, ma sapeva di avere una storia da raccontare, di avere qualcosa da dare. Era una bomba ad orologeria quando si trattava di emozioni e passava dal ridere al piangere in pochi secondi. No, era ben lontana dall'essere lunatica, ma bastava davvero ben poco per farla scattare. Una foto, una canzone, un dipinto, persino una sola parola bastava per bloccarla, per farla riflettere, pensare. E si perdeva in quei pensieri, si astraeva dalla realtà in cui era collocata. Fisicamente magari era a tavola con i propri genitori, ma con la mente era lontana, rifugiata in un ricordo, o in una speranza, o molto spesso in un sogno. E la cosa bella di un ricordo, è che seppur imperfetto, anche dopo anni può farti sorridere.
Quel giorno sapeva che ne avrebbe creati tanti di ricordi, ed avrebbe collezionarli uno ad uno, rinchiuderli in un'ampolla e conservarli gelosamente come fossero diamanti. I ricordi avevano un valore decisamente più inestimabile di delle semplici pietre scintillanti che si regalavano per convenzione, o per fare semplicemente una bella figura. I ricordi toccavano le corde del cuore, i diamanti toccavano solo il portafogli.
I pensieri come sempre l'avevano trascinata via, lontano dalla realtà terrena, e si era sentita così vicina a quelle nuvole bianche che guardava da lontano quasi da poterne percepire l'ineffabile sostanza. Tornò con i piedi a terra quando riconobbe una canzone che delle voci all'unisono stavano cantando poco distante da lei.
"No I'm not saying I'm sorry, one day maybe we'll meet again. No I'm not saying I'm sorry, one day maybe we'll meet again. No, no, no, no!"
Un ritornello che conosceva bene, e sorrise mentre raggiungeva il gruppo di ragazze e ragazzi che stavano seduti vicino a delle transenne, evidentemente i primi arrivati di quel giorno. Si sentì pervadere da una sensazione di calore, e di affetto e non li conosceva nemmeno, ma sapeva che anche quei ragazzi e quelle ragazze condividevano la grande passione, il grande amore, e l'incredibile devozione per loro e questo la faceva sentire immediatamente meno sola.
Li raggiunse e si sedette con loro, dopo aver chiesto se erano i primi arrivati, e l'accolsero con abbracci e sorrisi che nemmeno nel giorno di Natale ci si scambia. Talvolta si è costretti a stare in famiglia in giornate come il Natale, o il Ringraziamento, ma non ci si sente esattamente in famiglia. La cosa meravigliosa degli echelon, era che quella famiglia la sceglievano loro stessi, ed erano così simili l'uno all'altro nonostante le differenze di età e provenienza, che era impossibile per loro non andare d'accordo. Di certo non era sempre tutto rose e fiori, perché l'invidia e le controversie imperversavano anche tra di loro, e non erano certo episodi piacevoli; tuttavia non era quello il caso.
Conobbe ragazzi e ragazze che venivano da ogni angolo degli Stati Uniti che avevano viaggiato per centinaia di miglia per assistere all'ultimo concerto del tour dei loro idoli. Ed era straordinario scoprire come una band - anche se erano molto di più - fosse riuscita ad unire tante persone in quel modo, quasi viscerale.
Le ore passarono senza che nemmeno se ne rendessero conto, perché si ritrovarono a parlare di loro, a confessare il loro amore, a commentare le canzoni, le interviste più divertenti. C'erano persone che erano al loro primo concerto quel giorno, e sembrava quasi assurdo che fosse il primo e l'ultimo allo stesso tempo.
Speravano tutti che quello non fosse proprio l'ultimo, confidavano molto in un nuovo album, ed in un nuovo tour dopo il meritato riposo. Erano già curiosi di vedere come avrebbero potuto ancora sorprenderli, ed infatti nel corso della giornata formularono diverse ipotesi, anche se finirono più che altro con lo straparlare per l'emozione perché le ore passavano sempre più in fretta e si avvicinava l'apertura dei cancelli.
Arrivavano sempre più persone, e ad un certo orario nel pomeriggio - non ricordava nemmeno con chiarezza che ore fossero - li fecero alzare per preparare bene la coda e fortunatamente la security riuscì a mantenere il controllo, formando una coda ben distribuita lungo la serpentina. Grace si trovava tra le prime trenta persone circa, ed era la prima volta che era così vicina al suo obiettivo, e molti l'avevano rincuorata in quel giorno dicendole che sicuramente ce l'avrebbero fatta, e che tutti insieme si sarebbero presi la prima fila ed avrebbero vissuto pienamente quel concerto. L'adrenalina cominciava a salire, e l'ansia pulsava in lei, e reprimerla era davvero difficile. Controllare il cuore che pareva volerle esplodere nel petto non era facile, semplicemente perché era impossibile essere razionali quando si era ad un passo dal sogno.
Il momento più difficile arrivò quando annunciarono che stavano per aprire i cancelli, e dilagò il caos: urla, spinte, e impazienza. Cercò di mantenere la calma mentre le persone davanti a lei procedevano verso i cancelli, e li vedeva correre, correre verso il loro sogno che stava per realizzarsi e sapeva che lei avrebbe fatto lo stesso di lì a poco. Fu il suo turno, e porse il biglietto al personale addetto a quello specifico momento, che le rivolse un sorriso amichevole e le augurò buon concerto. Rispose con un sorriso a sua volta, quasi urlando un grazie isterico e prese a correre.

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Capitolo 3
*** Were you ever a dreamer? ***


Capitolo 3
Were you ever a dreamer?

Correva, correva veloce come il vento, con un sorriso ebete stampato sul volto e l'adrenalina in circolo in ogni angolo del suo corpo. Sapeva quale era il suo obiettivo, e voleva con tutta se stessa raggiungere quella tanto agognata transenna, poter percepire il ferro freddo contro il proprio petto una volta raggiunta e guardare al palco e sapere di essere lì, in prima fila.
Seppure non  aveva molte persone davanti a lei, non voleva illudersi, e non ci avrebbe creduto fino a quando non sarebbe stata là. Quella folle corsa sembrava una scena al rallentatore: le sue gambe erano pesanti, l'aria attorno a lei lo era, ed ogni tanto si guardava indietro per vedere quante persone aveva alle spalle. E nel momento esatto in cui si ricordò di quanto aveva sognato quel momento, non si voltò più. Guardò avanti e la scena si sbloccò, e sembrò tutto procedere più velocemente. Correva, correva sempre più veloce ed il suo traguardo sembrava quasi venirle incontro. E più si avvicinava più non le sembrava possibile, le sembrava di essere in uno dei suoi sogni dove tante volte aveva sfiorato quell'occasione ma non ci era mai arrivata.
Ed invece in quel momento era tutto reale, e l'adrenalina continuava a salire mentre il respiro cominciava a farsi affannoso e dopo una lunga corsa - che le parve davvero interminabile - raggiunse la transenna e vi si aggrappò saldamente quasi andando a sbatterci contro. Si bloccò in quella posizione, mentre recuperava il fiato e si guardò accanto sorridendo alle persone che aveva vicino, che anche se non conosceva personalmente, sapeva sarebbero diventati i compagni di quella serata indimenticabile.
Ce l'aveva fatta, era aggrappata alla transenna con la stessa speranza con cui ci si aggrappa ad un sogno, ma in quel caso tutto era reale, tutto era vero. Ce l'aveva fatta, e se lo ripeteva incredula, talvolta ad alta voce, fino a quando il ragazzo accanto a lei le diede un buffetto sulla spalla e lei si voltò verso di lui.
«Yes, you made it! We made it!» - le disse sorridendole e l'abbracciò energicamente per condividere l'emozione di quel momento. Grace ricambiò quell'abbraccio con tutta la forza che le restava in corpo, perché in quel momento era la persona più felice del mondo ed il suo sorriso lo dimostrava, e le sue lacrime di gioia che le bagnarono per un attimo gli occhi lo dimostravano.
La prima fila era sua, era attaccata a quella tanto sognata transenna e ne era così felice da non riuscire a smettere di sorridere. Si sciolse da quell'abbraccio e si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Si voltò per un attimo a guardare quanta gente accorreva, e quanta già stava dietro di lei e per un attimo ebbe paura. Conosceva bene le dinamiche dei loro concerti, e sapeva che tendenzialmente non si stava fermi neppure per un attimo ed avrebbero potuto spingerla fino a schiacciarla contro quella transenna, e la cosa un po' la spaventava. Ma a che serviva preoccuparsi ancora prima che ciò accadesse?
Portò gli occhi quindi al palco, che guardò con meraviglia. L'enorme triad era posizionata sul palco, e così anche la batteria di Shannon e accanto al palco, in un angolo a sé stavano diverse chitarre. Ed al centro l'asta con il microfono. Mancavano solo due ore al concerto che le avrebbe sicuramente cambiato la vita.
In realtà diceva ogni volta così, ed ogni volta si stupiva di quanto loro potessero conquistarla sempre come fosse la prima volta. Era meraviglioso poterli sentire ed emozionarsi come se li sentisse per la prima volta.
Cominciava a realizzare che era veramente lì, che mancava davvero poco e li avrebbe visti, li avrebbe vissuti e quel concerto le sarebbe entrato nel cuore e nell'anima, e l'ansia si faceva sentire. Lo stomaco si accartocciava, e il cuore batteva sempre più forte, tanto che poteva percepirlo pulsare nel proprio petto anche se immersa nel caos. L'attesa da quel momento sarebbe stata ancora più lenta, almeno apparentemente, quasi straziante, ma era sicura che ne sarebbe valsa la pena. Per loro, valeva sempre la pena.*

                                                                                                            
         [...]
 
Luci spente. Urla. Emozione. Adrenalina. Tensione. Brividi. Ansia.
Ecco. Stava per cominciare, e sentiva il cuore battere sempre più forte. Le luci cominciavano ad accendersi, ad illuminare la folla in punti diversi, e delle ombre si muovevano sul palco, dietro al grande telo che avevano alzato. Solo un telo la separava da loro, ed un paio di metri, niente di più. Quello era il sogno, ed era vero, poteva percepirlo dentro di sé, e si sentì finalmente a casa.
Riconobbe le prime note di Escape, canzone con cui avevano aperto ogni concerto dell'ultimo tour, da quando avevano per così dire abbandonato la Carmina Burana, ed un po' le dispiaceva. Era decisamente un'intro originale, ma anche Escape era adatta, ed il "this is war" finale cantato in coro da tutti gli echelon era straordinario. Cominciò a cantare, lasciandosi trasportare dalla musica, e sentì le corde vocali vibrare ed il petto gonfiarsi di ossigeno  nuovo, prodotto da quella sensazione di appartenenza.
E proprio su quel "this is war" finale, urlato con tutta l'aria che aveva nei polmoni, il velo venne calato e le luci illuminarono il palco e la folla cominciò ad agitarsi. Non ebbero il tempo nemmeno di reagire a quella vista che iniziò Night of the Hunter e tutti presero a saltare, incitati da Jared che già si muoveva da un lato all'altro del palco, saltando con un'energia che Grace non si spiegava da dove potesse venire dopo quel lunghissimo tour.
Si lasciò andare completamente, cantando a squarciagola, con gli occhi fissi sul palco che si spostavano da uno all'altro, e con lo sguardo pieno di gioia, e di meraviglia, ancora incredula di essere davvero arrivata a vivere il suo sogno. Era incredibile la carica che dava quella canzone, e subito dopo Attack, una di quelle canzoni che ascoltava quando ce l'aveva con il mondo, e voleva urlare la sua rabbia, voleva sfogarla, e sentiva i nervi del corpo tirarsi e l'adrenalina salire e vibrare in ogni angolo del proprio corpo.
E live era ancora più incredibile, ancora più esplosiva, e saltò, ed urlò, cantando insieme alla sua famiglia di echelon quando Jared porgeva loro il microfono invitandoli ad aiutarlo in un certo senso.
E poi Vox Populi, ed in quel momento un brivido percorse più volte il suo corpo, facendole venire la pelle d'oca. Quella era sempre stata per lei una canzone speciale, le era entrata dentro sin dalla prima volta che l'aveva sentita, e la sentiva sua, la sentiva sulla propria pelle, e presto o tardi avrebbe reso tale sensazione indelebile. Voleva con tutta se stessa leggere sulla propria pelle l'amore che provava per loro e mostrarlo al mondo, cosicché sapesse quanto loro fossero importanti per lei, quanto le avessero cambiato la vita, e quanto lei fosse loro riconoscente e devota.
Passarono ad una From Yesterday, seguita da A Beautiful Lie, canzoni della middle school che le ricordavano un periodo in cui era più piccola, quando cominciava ad appassionarsi a loro che la conquistarono dalla prima nota che sentì in radio in un pomeriggio di inverno del 2005.
E giunse il momento di This is war, nella quale riversò tutta la sua energia, e tutta l'emozione in 100 Suns. Quella canzone racchiudeva una sfera emotiva a sé, come se non appartenesse alle emozioni umane, ma rappresentasse qualcosa di più, qualcosa che andava addirittura oltre. Ed i cori che facevano tutti insieme facevano correre il suo cuore ancora più velocemente, e si sentì stretta nel caldo abbraccio di quella famiglia composta da Jared, Tomo, Shannon e tutti gli echelon presenti quella sera. Alla fine della canzone, sulle ultime parole, scrosciò un applauso che sembrava non avere fine e riempì il silenzio che scese nel momento in cui per un attimo sparirono dal palco. Lasciarono posto al momento di Shannon, così per lo meno Grace lo definiva: uscì sul palco con una chitarra acustica e si sedette su uno sgabello che avevano posizionato al centro e cominciò a suonare L490, quella canzone che lui stesso aveva composto e che aveva così tanto di lui, che forse nemmeno lui sapeva.
Gli occhi di Grace ora erano concentrati unicamente su di lui, sulla concentrazione che metteva nel suonare quel breve brano: era come se si lasciasse andare in quel brano che parlava per lui, che di solito era silenzioso, e diceva ben poco di sé. Lasciava che fosse la musica a parlare, e Grace ne era incantata, come se le avessero fatto un incantesimo.
Scosse il capo come per risvegliarsi quando lui alzò gli occhi, scrutando la folla, senza soffermarsi su nessuno in particolare, e poi tornò a guardarlo, e per un attimo, per una minuscola frazione di secondo incontrò il suo sguardo, così penetrante ed intenso che la trapassò completamente, e sentì tutto quello che sentiva lui, come se fosse d'un tratto diventata empatica. Lo guardò almeno con la stessa intensità con cui lui aveva guardato lei e lo osservò mentre tornava alla sua fidata batteria, e tornavano sul palco anche Tomo e Jared.
Proseguirono con una straordinaria Hurricane, ed una Alibi che la fece commuovere perché sentì in quella canzone tutta la sua fragilità, tutte le sue paure che venivano però sconfitte dalla speranza, e dalla realizzazione di avercela fatta.
Stupirono tutti con una R-evolve che nessuno si aspettava, e una The Kill che non era mai passata abbastanza per essere travolgente. Fu la volta di Closer to the edge che era una delle canzoni migliori ai concerti, una di quelle canzoni di cui ti senti parte, che ti fanno sentire quanto il confine tra loro e te sia sottile in quell'ora  e mezza di vita insieme ed in quella canzone incontrò finalmente lo sguardo di Jared che si soffermò per una strofa intera di fronte a lei a cantare. Lei lo guardava con lo sguardo più felice possibile, mentre cantava senza fermarsi, e lui guardava lei e continuava a cantare con quella passione travolgente che coinvolgeva ogni persona presente a quel concerto. Morì nei suoi occhi per almeno tutto il tempo che restò lì e lo seguì con lo sguardo per il resto della canzone, ipnotizzata.
E quando finì la canzone sorrise, guardando il palco con una luce nuova negli occhi, con lo sguardo di chi sta vivendo il proprio sogno più grande. In quel momento Jared esordì con qualcosa di talmente inaspettato che Grace non ebbe nemmeno  il tempo di realizzare e si ritrovò con un uomo della security di fronte che la stava alzando per farle scavalcare la transenna, e l'aiutò a salire sul palco.
Si ritrovò accanto a Jared senza capire come era arrivata lì, e le gambe le tremavano, ed il cuore martellava nel suo petto e tutto quel che riuscì a fare in quel momento fu voltarsi verso di lui, e guardarlo negli occhi, in quel mare blu in cui annegò per un tempo indeterminato.

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Capitolo 4
*** In defence of our dreams. ***


Capitolo 4
In defence of our dreams.
«Now.. who wants to come on stage with me? »
Erano proprio quelle le parole che poco prima Jared aveva detto, prima di spostarsi verso di lei e indicarla con la mano. La stava guardando, in realtà in un modo talmente intenso che quasi si sentì studiata in quel momento come se fosse una cavia da laboratorio, e lui stesse valutando se andasse bene o meno.
Il tutto fu talmente rapido, che nemmeno si rese conto del fatto che lui l'aveva appena scelta per salire sul palco, e non era riuscita a reagire a quelle parole. Aveva lo sguardo perso sul suo viso, in un punto non ben definito, ed in quel momento lui la guardava ridendo, perché effettivamente la scena era a tratti divertente.
Era incantata, lo guardava incredula, senza riuscire a dire una parola, e si trovò ad essere aiutata dall'uomo della security a scavalcare la transenna per poi trovarsi sul palco, accanto a lui.
Lui era tranquillo, del tutto rilassato perché era una cosa che faceva ad ogni concerto, e talvolta anche con più persone durante l'intero show. Kings and Queens era un discorso a parte, perché in quel momento, sull'ultima canzone, sceglieva ogni volta almeno una ventina di persone da far salire sul palco per cantare con lui e vivere e condividere quel momento in cui non esisteva più alcuna barriera tra loro e gli echelon.
Ma in quel momento aveva scelto lei, e Grace era ancora nella fase di spaesamento più totale in cui non ricordava nemmeno il proprio nome. Era lì, a pochi centimetri dal suo idolo, che le aveva appena posato un braccio sulle spalle, ed il cuore le era appena balzato fuori dal petto, impazzito, e non sapeva che dire, come se ogni parola fosse superflua, come se non esistesse nulla in grado di descrivere quel momento.
« So, what's your name? » - le chiese voltandosi lievemente con il capo verso di lei.
« Grace.. » - mormorò lei in risposta, voltando a sua volta il capo verso di lui e quando realizzò di essere così vicina a quegli occhi in cui annegava lentamente, e di poter udire la sua voce uscire dalle sue labbra e non dalle casse o dalle cuffie, abbozzò un lieve sorriso imbarazzata.
« Oh, amazing Grace! » - disse lui ridendo.
E la folla continuava ad urlare, emozionata e forse anche un po' invidiosa per quel momento che lui stava riservando a lei. E lei non riusciva a reagire, non riusciva a dire nulla, ed in realtà la cosa più difficile era scollare gli occhi da quello sguardo che passava dal viso di lei alla folla. Probabilmente sarebbe rimasta così in eterno, per infiniti minuti in cui entrava per la prima volta in quell'universo che si celava dietro i suoi occhi azzurri, e lo avrebbe esplorato, avrebbe tentato di conoscerne ogni singola sfumatura, e di fissarla nella sua memoria per tenere sempre con sé quel ricordo, quegli occhi che avevano deciso di incontrare i suoi.
Sbatté le palpebre ripetutamente quando lui le schioccò le dita proprio a pochi centimetri dal suo viso.
« Are you here? Are you ok? » - le chiese scuotendo il capo ridendo,e  Grace annuì.
« Yeah, yeah.. I think I'm alive now.. » - rispose lei con una naturalezza che non seppe bene da dove arrivò.
Fino a poco prima era paralizzata ed in quel momento invece gli aveva risposto con più di un semplice cenno del capo, dicendo qualcosa di apparentemente superficiale ma che nascondeva in sé un significato così profondo che quasi professava il suo amore per loro, e la sensazione di vita che la pervadeva quando era con  loro.
« Do you know which song we're gonna play now? »
Grace scosse il capo in risposta.
« Search and destroy, do you like it? Which is your favourite from This is war? »
« Vox Populi. » - rispose senza esitare, abbozzando anche un lieve sorriso emozionato.
« Yeah that's a great one, it's about you, the echelon! » - disse voltandosi verso la folla indicando tutti quanti che esordirono con delle urla che volevano in qualche modo rispondere con entusiasmo a quanto aveva appena detto.
« Can you sing with me? I need you, because I'm kinda losing my voice.. would you help me? - le chiese guardandola negli occhi e poi si voltò verso la folla - would you help me? » - chiese a gran voce ed ancora una volta la folla rispose con delle urla.
Tolse il braccio dalle sue spalle, e si avviò verso il centro del palco e lei restò esattamente dov'era con gli occhi puntati verso di lui, che si era avvicinato a Shannon che cominciava a suonare Search and Destroy. Ad un tratto sentì un buffetto sulle spalle e quando si voltò riconobbe il sorriso di Tomo che aveva iniziato a suonare e la invitò a fare quello che voleva,  perché forse aveva capito che probabilmente non avrebbe fatto molto, e di certo non era il genere di ragazza che saltava addosso ai propri idoli dato che fino a quel momento era rimasta soltanto a fissarlo. Lei gli sorrise, intimidita e si fermò di fronte a lui a guardarlo ammirata mentre metteva tutta l'energia che aveva in corpo nel suonare quella canzone che Grace considerava una delle più energetiche dell'ultimo album. E di solito quando stava a casa la cantava a squarciagola, talvolta saltellando per casa senza una logica precisa. Per assurdo in quel momento invece era ferma immobile, pietrificata dall'emozione di essere così vicina ai suoi idoli. Si voltò verso il pubblico del quale fino a poco prima aveva fatto parte che sembrava risvegliarsi a nuova vita grazie al potere di quella canzone, e li guardava meravigliata perché si rendeva conto di quanto avessero creato, di che universo gli echelon rappresentassero. Riportò lo sguardo verso Jared che cantava e di tanto si voltava verso dove stava lei e la invitava a cantare, ed allora, in quel preciso momento cominciò a cantare, lasciando che l'emozione trasparisse sul suo volto e mosse qualche passo in direzione del centro del palco, dove stava lui e stava cantando, e lo raggiunse trovandosi di fronte a lui che la guardava negli occhi mentre praticamente cantavano insieme. Per la prima volta poteva sentire la sua voce passare dalle sue labbra - sulle quali si soffermò per una manciata di secondi infiniti - alle proprie orecchie, e scendeva poi, verso il cuore che vibrava e tutto il corpo tremava per l'emozione, e sorrise. Lui tornò a muoversi sul palco da un lato all'altro, e scese poi passando davanti alla prima transenna per cantare con gli echelon e Grace lo guardò con un sorriso ancora più ampio perché quello era un altro dei momenti straordinari che lui decideva di regalare alla propria famiglia.
Si voltò a guardare Shannon che dietro quella batteria sembrava un'anima dannata che si abbandonava a tutta la sua energia costruttiva e distruttiva e vide con quanta passione suonava, così come Tomo, così come Jared si dedicava agli echelon, lasciando cantare loro, soprattutto durante i cori di quella canzone.
A fine canzone Jared tornò sul palco, e si avvicinò a lei e le chiese se andava tutto bene, sussurrandoglielo all'orecchio e lei sentì l'intero corpo percorso da  mille brividi uno dopo l'altro e si limitò ad annuire freneticamente, rivolgendogli un sorriso subito dopo.
« Like I said... I feel alive now. » - mormorò al suo orecchio questa volta sporgendosi lievemente verso di lui e sorrise ancora, mentre le sue guance arrossivano lievemente.
Si scostò da lui mettendosi seduta sul bordo del palco, con le gambe penzoloni e gli occhi fissi su di lui. Non voleva essere d'intralcio ai loro ritmi, e così decise di sedersi lì e restare in una silenziosa osservazione, mentre viveva probabilmente il sogno più grande della su vita.
Terminata la canzone, attaccarono con The Fantasy, una canzone secondo lei sottovalutata che portava invece una frase che lei adorava: "Automatic, I imagine, I believe." , che sembrava voler dire che era automatico credere in ciò che si immagina. Per lei per lo meno era così, ed era un po' la lezione che loro insegnavano: credere in ciò che si voleva, e nei propri sogni che spesso erano aiutati dall'immaginazione e soprattutto dalla creatività e dalla fantasia. E quella canzone parlava proprio della fantasia.
Spostava ogni tanto lo sguardo sulla folla che cantava a squarciagola ogni parola di quella canzone, e poi lo portava sul palco ancora una volta. Non riusciva a credere di essere davvero arrivata lì, di aver ottenuto più di quanto sperava: non solo aveva avuto la sua prima fila, ma era stata scelta tra le tante persone per salire sul palco, accanto a loro, così vicina a loro. La loro musica le entrava dentro, la faceva rabbrividire nonostante fosse accaldata per tutto quel movimento, ed un sorriso era disegnato sul suo volto e non se ne andava mai, se non nel momento in cui lasciava spazio ad un'espressione meravigliata ed allora erano i suoi occhi a sorridere, colmi di una gioia mai provata prima di quella sera.
La canzone terminò, e si unì all'applauso che riempì la sala guardando ai suoi idoli felice, e Jared le fece cenno di raggiungerlo.
« Hey, amazing Grace.. come over here. » - le disse tendendole la mano.
Allora lei si alzò e lo raggiunse e timidamente prese la sua mano, e sentì il cuore accelerare così velocemente che poteva percepirlo martellare nel suo petto. Lo guardò,  così vicino, così reale e sorrise ancora.
« We need some more people on stage.. call whoever you want! » - le disse, invitandola a scegliere le persone da far salire sul palco. Grace si voltò verso di lui con uno sguardo interrogativo, come se gli stesse chiedendo se diceva sul serio. Lui annuì come se le avesse letto nella mente e le sorrise e la invitò a scegliere chi voleva invitare sul palco. Guardò alla prima fila e riconobbe i volti dei fratelli e delle sorelle che avevano passato la giornata con lei, durante l'attesa, quelli che al mattino l'avevano accolta con sorrisi e abbracci e li chiamò tutti quanti, dal primo all'ultimo e poi Jared non contento, ne invitò ancora un po'.
Si trovarono in almeno venti sul palco, e si strinse nuovamente nell'abbraccio di quelle persone da lei scelte, che le sorridevano e le chiedevano come si sentiva, per capire se fosse viva o fosse caduta in uno stato di trance totale - che corrispondeva alla sua devozione per loro in realtà. E lei rispondeva che non riusciva a crederci, e che ora tutti insieme avrebbero vissuto la miglior serata della loro vita. Prese un ragazzo e una ragazza per mano e cominciarono a cantare il coro di Kings and Queens ancora prima che cominciassero con la canzone. Jared si voltò verso di loro e sorrise quasi stupito di quel gesto.
Grace gli sorrise, continuando a cantare il coro fino a quando non finirono e cominciò la vera canzone. Da quel momento fino alla fine, sul palco c'era adrenalina, passione, amore, gioia, emozione, e lo si poteva percepire benissimo. Cantavano con tutta l'anima e tutto il cuore, felici come poche volte nella loro vita, ed erano uniti, stretti nel caldo abbraccio della famiglia che rappresentavano, uniti ai loro idoli.
"In defence of our dreams. We were the kings and queens of promise, we were the phantoms of ourselves, maybe the children of a lesser God, between heaven and hell, heaven and hell."
Sull'ultimo ritornello sentì gli occhi bagnarsi di lacrime, di lacrime di pura gioia che cominciarono a rigare il suo volto silenziosamente, mentre lei cantava con tutto il fiato che aveva in corpo, sorridendo ancora, e ancora, vivendo quel sogno finalmente realtà con tutta se stessa.
E quando terminò la canzone, su quel coro che poco prima lei e gli altri avevano iniziato, sentì l'intero corpo tremare, il cuore battere, i polmoni riempirsi di un ossigeno nuovo, e il viso bagnato da quelle lacrime calde che portavano in sé tutta l'emozione.
Jared ringraziò il pubblico, ringraziò Tomo e Shannon e ringraziò tutti gli echelon che stavano sul palco, e Grace sorrise ancora. In pochi secondi svanirono nel nulla tutti e tre, e si ritrovò tra le braccia di una sorella, a piangere, ancora emozionata, a lasciare andare tutto quello che poco prima aveva contenuto, paralizzata di fronte al suo sogno diventato reale. Era tutto vero, aveva vissuto probabilmente la serata migliore della sua vita, ed era felice, era davvero felice, e glielo si leggeva sul volto. E non avrebbe mai voluto dover tornare a casa, perché si sentiva a casa lì, in quell'abbraccio,  nell'abbraccio di quella sorella, ma più in generale degli echelon, della sua famiglia, e dei suoi idoli che le avevano donato un amore incondizionato che avrebbe sempre tenuto nel cuore.

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Capitolo 5
*** But the beating of our hearts. ***


Capitolo 5
But the beating of our hearts.

 
Quella sera, una volta terminato il concerto, Grace decise di rimanere ancora un po' con le persone che aveva conosciuto, per condividere quello che restava dell'entusiasmo che sin dal mattino li aveva uniti. Non se la sentiva proprio di andare a casa e tornare ad essere relativamente sola. Aveva ancora bisogno di quell'abbraccio, di quel calore, di quella sensazione di gioia che le pizzicava la pelle e le faceva battere il cuore velocemente. Si sentiva come rinata, ancora sulla dimensione del sogno, e non era pronta per tornare alla realtà, non era pronta a schiantarsi a terra, e realizzare che tutto quello era finito, che forse non avrebbe mai avuto un'occasione simile un'altra volta, che per un po' sarebbe dovuta stare senza di loro, senza andare ad un loro concerto per lo meno. Certo, c'era sempre la loro musica, e per fortuna c'era, perché le impediva di cadere nella noia, nella monotonia, e nella depressione. Ma quella sera la loro musica sarebbe stata la debolezza e la forza, la malinconia e la gioia, e non poteva sopportare tutto quello da sola.
Aveva bisogno di ancora un po' di tempo con la sua famiglia, e così una volta scesi dal palco, ed usciti dal palazzetto si fermarono un po' dove erano stati la mattina, si misero esattamente come erano, seduti a terra, ma Grace invece di restare seduta si sdraiò completamente sull'asfalto e guardò verso il cielo buio, nel quale risplendevano un numero infinito di stelle che, nonostante le tante luci della città, si riuscivano a vedere abbastanza bene. Sorrise guardando verso le stelle e alzò un braccio fingendo di sfiorarle con le dita, e poi riportò il braccio a terra. Non riusciva ancora a credere a tutto quello che le era accaduto, non riusciva a credere di aver vissuto così pienamente il sogno che aspettava da così tanto tempo, e di aver avuto anche più di quanto sperava. Si rimise seduta con le gambe incrociate, e passò lo sguardo su tutti i piccoli gesti che stavano facendo i suoi ormai fratelli e sorelle. Tutti con la stessa espressione sul viso, tutti che in quel momento si sentivano come privati dell'energia vitale che avevano dedicato a quel concerto.
Svuotati, disidratati, senza più forza fisica né entusiasmo. I loro occhi erano fino a poco prima brillanti di gioia, ed in quel momento erano spenti, tutti avevano un leggero velo sul volto che cominciava a scendere lentamente: la consapevolezza. Il concerto era finito, il tour era finito, e non avevano la più pallida idea di quanto tempo sarebbe passato tra quella sera e il prossimo concerto che avrebbero potuto vivere con loro.
E la consapevolezza veniva accompagnata dalla tristezza, dalle lacrime che scendevano silenziose sui volti di alcuni, alle espressioni perse a fissare dei punti nel vuoto, come se non avessero più un vero punto di riferimento, una speranza concreta. Sapevano che li avrebbero rivisti, ma non avevano certezze e questo li spiazzava.
Non riuscì a rendersi conto del tempo che passò insieme agli altri, lì seduti a terra, perché il tempo era deforme, talvolta sembrava infinito, talvolta sembrava passare in un battito di ciglia. Si rese conto che si era fatto davvero tardi soltanto quando decise di tornare a casa, e salutò ad uno ad uno tutti i suoi fratelli e sorelle con un grande e caloroso abbraccio. Li ringraziò più e più volte della meravigliosa giornata e notte che avevano trascorso insieme, e poi si fece forza e riprese il cammino verso casa, anche se non era affatto certa che sarebbe tornata a casa, non mentalmente per lo meno.

                                                                                                                     [...]

Novembre.
Era passato un mese e qualche giorno da quella serata incredibile, da quella notte in cui si era sentita più viva che mai, ed in una giornata uggiosa come quella, la nostalgia le faceva da compagna.
Ascoltava le loro canzoni ogni giorno, perché non riusciva proprio a farne a meno, ma alcune riuscivano a toccarla più profondamente di altre, ed una di queste era proprio Alibi. Sentiva in quella canzone qualcosa di incredibilmente profondo e straordinario che sarebbe sempre riuscito a commuoverla, anche a distanza di tempo.
"I fell apart but got back up again." , le parve quasi di sentire la voce di Jared vicino al suo orecchio, tremante mentre pronunciava quelle parole, rivelando un po' di sé discretamente. Forse quella canzone non era legata solo alla sua fragilità, ma anche a quella di lui.. o almeno, lei ogni tanto pensava così.
Bastava sapere quanto avevano dovuto combattere prima che uscisse This is war che non aveva un titolo casuale, ma rappresentava la dura lotta che loro avevano dovuto affrontare. E sarebbe stato plausibile se avessero avuto momenti di sconforto, di delusione, di vulnerabilità. E lei la sentiva in quella canzone, che le dava i brividi e la portava sempre a versare qualche lacrima. Non era poi così strano per lei, anche perché era da sempre stata una persona molto emotiva, ed ipersensibile ed anche la più piccola cosa riusciva ad emozionarla, e quando era un'emozione forte spesso le sfuggiva qualche lacrima.
Se si trattava di loro a maggior ragione, ogni sua emozione era amplificata perché l'amore e la devozione per loro, per ogni singola cosa creassero, era totalizzante. Loro erano l'emozione per lei, e non poteva non viverli pienamente, con ogni fibra del suo essere, lasciandosi travolgere da tutte le sensazione che le facevano provare.
Era diverso viverli attraverso video e foto, era ben diverso sentire la loro musica dallo stereo piuttosto che live, in un concerto che le toglieva il fiato e le asportava un po' di vita, ma doveva pur accontentarsi. Non poteva pretendere di avere un loro concerto a settimana, nemmeno al mese, e poi ormai il tour era concluso ed avevano preannunciato una pausa che sarebbe durata un bel po'. Sapeva che era giusto così ma non nascondeva che gli sarebbero mancati come l'aria. Tuttavia, più ripensava a quella serata, e più le sembrava surreale. Le sembrava di ricordare qualcosa che non le apparteneva, qualcosa che aveva vissuto un suo surrogato e non lei stessa personalmente. Perché il tempo fa questo: il tempo porta via lentamente i ricordi e le sensazioni provate, e lascia solo ricordi vaghi. Talvolta era semplice per lei ricordare il battito del proprio cuore quando incontrò il mare di blu che era negli occhi di Jared quando salì sul palco, ma altre volte sembrava davvero impossibile. Tutto sembrava così lontano nel tempo e nello spazio, offuscato dalla lieve presenza dell'oblio che incombeva sui suoi ricordi come un  maleficio. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di recuperare quel ricordo nella sua versione più pura e nitida, sperava di sognare quel momento, ma ciò non accadeva. Nemmeno nei sogni riusciva a recuperare quel momento. Le sfuggiva, così come sfuggivano altre sensazioni sempre legate a quella sera. Ed in momenti come quelli ringraziava di tenere un diario che salvaguardava gelosamente ogni suo ricordo ed ogni sua sensazione.
Infatti, proprio in quel momento prese il suo diario e si sdraiò prona sul proprio letto. Lo aprì dove il nastrino rosso teneva il segno e scorse indietro nelle pagine, ricercando la data di ottobre che racchiudeva quei ricordi. Sorrise, rileggendo e ripercorrendo attimo dopo attimo ogni istante di quel ricordo, e socchiuse gli occhi per un attimo per scivolare completamente in quel ricordo, come se avesse potuto davvero gettarsi in quel mare d'emozione ancora palpabile ed annegarci completamente. Se solo fosse stato possibile l'avrebbe fatto, si sarebbe rifugiata volentieri in quella notte, ed avrebbe lasciato perdere il noioso susseguirsi di giornate presenti, perché in quel ricordo c'era la sicurezza che nel presente non aveva.
L'insicurezza la tormentava, spesso la mandava in paranoia e non le faceva affatto bene. Si chiedeva che stessero facendo, se stessero lavorando ad un nuovo album, quando l'avrebbero pubblicato, se si sarebbero fatti vivi prima di quel momento, se stessero bene, se Jared avesse recuperato la sua voce pienamente, e mille altre cose che le passavano per la mente quando pensava a loro. E dire che abitava nella loro stessa città, ed erano davvero vicini a lei, a differenza della distanza che poteva esserci tra loro e l'Asia o l'Europa.
Grace poteva quasi dire di conviverci, eppure le mancavano. Le mancavano da morire.
Si affidò alle parole che lei stessa aveva scritto, ed una volta terminata la lettura, prese il diario e lo strinse al petto. Si mise di fianco, rannicchiandosi un po' su se stessa e chiuse gli occhi. Strinse quel diario come se potesse in quel modo assorbire ogni emozione che ci aveva racchiuso, ed il sonno ebbe la meglio su di lei.
La cullò, accompagnandola in uno dei suoi tanti sogni, che spesso non riusciva nemmeno a comprendere, e la tenne con sé in quella fredda notte autunnale.

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