The story of my life.

di Aleline
(/viewuser.php?uid=288390)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto iniziò da... ***
Capitolo 2: *** Come fermi due corpi scatenati? ***
Capitolo 3: *** PlayBoy. ***
Capitolo 4: *** Finally. ***



Capitolo 1
*** Tutto iniziò da... ***




Questa passione ha lasciato un'impronta nel cuore.
 Ogni volta che salgo su quella sella,su quel cavallo sento qualcosa mai sentito prima, sono come un bimbo davanti a delle caramelle, certo magari avrò subito tante delusioni e sconfitte ma ho avuto anche soddisfazioni, vittorie che non potrò mai dimenticare.
 
Ci sono cavalli che ormai non appartengo più a me, alla mia vita, ma so che quei cavalli comunque mi saranno sempre vicino anche se non li vedo.
Mi fa rabbrividire questa passione, si parla di un vero binomio. Non puoi definirti Cavaliere quando tu non condividi le stesse emozioni con il cavallo è qualcosa che dovrebbe far intimorire tutti, essere sopra a una delle più maestose creature esistenti nel mondo. Creature così speciali lasciano dei semplici umani che li montino, lasciano che dei semplici umani facciano quello che vogliono di loro, farli saltare in gare, farli acchiappare dei vitelli, fare gare di velocità.
 
La mia passione iniziò circa 7 anni fa questo avvenne in Romania.
Ero con mio migliore amico Alex, stavamo giocando come al solito per le vie del paese, quando la nostra attenzione fu catturata dalle canzoni vivaci della festa del patrono, restammo lì a guardare lunghe file di cantanti musicisti o paesani travestiti tradizionalmente...in fondo questa lunga fila c'era una carrozza, era enorme, bianca solo un leggero velo di polvere la copriva rendendola un po più scura, era trainata da un cavallo nero, era possente muscoloso e si faceva strada come un principe tra le pietre schiacciandole con i grandi zoccoli.
 
 Da quel giorno cominciai a darmi da fare per seguire quella passione, quella passione che prima a me era sconosciuta, una cosa normale.
Andai dal mio vicino, sapevo che lui aveva un paio di cavalli e sapevo che lui era la persona giusta a cui affidare una bambina in vena di scoprire quel magico mondo dell'equitazione.
Cominciai ad aiutarlo nella teoria, imparavo ogni giorno sempre qualcosa di nuovo e sempre di più cresceva la voglia d'imparare, volevo montare assolutamente un cavallo, volevo provare quell'emozione di qui tutti ne parlavano.
Un giorno con il vicino andammo a una fiera lì c'erano tantissimi cavalli, uno più bello dell'altro, ma uno che catturò veramente mio cuore fu Pashà. Non era un granchè, un Puro Sangue Arabo manto grigio pomellato, ma aveva due occhi piccoli, accesi e pieni di emozioni sapevo che quel puledro pazzo scatenato poteva diventare un cavallo da far invidia, così pregando il mio vicino con tutte le mie energie lo comprammo, aveva poco meno di un anno e mezzo, certo era scatenato, non si faceva toccare assolutamente a nessuno. Ma ogni giorno che passavo con lui facevamo passi da gigante aumentando sempre di più la nostra amicizia e questo aveva quel non so che di speciale.
 
Lo trattatai come meglio potevo, quando stava male passavo le notti insieme a lui e quando ebbe la bellezza di 3 anni e mezzo il mio vicino decise di farmelo montare era il 25 aprile 2008, dopo un anno e mezzo di teoria avevo asistito alla doma di Pashà, e ne restai meravigliata.
Non lo dimenticherò mai quel giorno eravamo nel campo grande il silenzio ricopriva tutta l'aria avevo paura, paura di non riuscirci, di fallire seguendo la mia passione. Ma un tratto sentì lui: Pashà mi poggiò il muso sul braccio come per dirmi " Ehy di cosa hai paura? Io ti sono accanto e ti aiutero! "
Quel giorno mi sentii come una principessa con il suo principe, finalmente provavo l'emozione di cui tutti ne parlavano, era strano, sentivo le farfalle allo stomaco, ma quella sensazione era davvero bellissima.
Ben presto però dovetti abbandonare questa passione, nel dicembre dello stesso anno, dovetti partire per l'Italia. Pashà rimase con Alex dov'è tuttora, quel cavallo mi aveva insegnato tutto, aveva preso un posto nel mio cuore e non lo avevo più vicino.
Volevo abbandonare quella passione, avevo intenzione di arrendermi alla prima difficoltà...ma ormai l'equitazione aveva segnato il mio passato, il mio presente e il mio futuro. Per quanto volessi cancellarla dalla mente, quella passione rimaneva sempre lì e ogni tanto nelle giornate, usciva fuori frullandomi nella testa e facendomi ritornare in mente che bellissimi momenti passati con Pashà.
Per un paio di mesi smisi di fare equitazione, senza accorgermi, però, il mio cuore si intristiva sempre di più, diventai sempre più scontrosa verso gli altri: non capivo la lingua, non avevo amici che mi aiutassero nei momenti difficili, cominciavo proprio a odiare quel paese chiamato Oulx, era tutto il contrario del mio paese natale, piccolino freddo e quasi sempre privo di vivacità e persone.
 
Mia madre cerco di farmi fare tutti gli sport per un'altra passione, ma non ci riuscì, niente era come l'equitazione.
 
Un giorno mi prese senza dirmi niente e mi portò in un maneggio.
Il profumo del fieno, per quanto coperto dal freddo pungente, mi invadeva le narici, fui percorsa da un brivido di piacere.
《La moglie del nostro ex vicino è venuta qui, solo per te!》
Non aspettai altro, corsi intorno al tondino andando a cercare la moglie del nostro ex vicino... e la trovai, stava strigliando un bellissimo stallone. Gli saltai addosso abbracciandola...
Là mi raggiunse anche mia madre.
Lui è Algebra, il tuo nuovo cavallo
Cominciare a ringraziarla piangendo quasi per la felicità.
Algebra era un Holstein Tedesco di 6 anni, era alto 1.85 metri al garrese, mi ricordava Pashà in tutti i suoi movimenti, senza pensarci due volte mi preparai. I pantaloni bianchi attillati e gli stivali in pelle mi mancavano un sacco e nonostante il freddo congelante montai. Le mani fredde facevano scivolare delicatamente le ruvide redini, sentendomi sempre libera, ero un tutt'uno con quel cavallo, faceva tremare il suolo con il galoppo ritmico e veloce, mi stavo perdendo nel vento come uno spirito leggero, ci impiegai poco capire che quel cavallo non era stato creato per calpestare la terra, aveva l'istino per aria e ogni volta che spiccava al volo cercava di lasciarmi lì. 


Continuo.

Angolo scrittrice.
Prima di tutto vi ringrazio di aver letto questo racconto, ringrazio anche Sara_Scrive per il bellissimo banner. Questo racconto l'ho scritto per esercitarmi a un concorso letterario a cui parteciperò, sarei molto grata se mi dareste dei consigli su come scrivere etc...
Grazie mille.
Baci Clara.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Come fermi due corpi scatenati? ***






Ogni giorno superavamo un sacco di ostacoli, il primo fu quello di accettarci a vicenda, eravamo due anime completamente uguali: lui è testardo, io cocciuta, volevo comandare io e lui non voleva sottomettersi. Ma capii che per essere un vero binomio dovevamo adattarci e accettare c tutti i nostri difetti.
E così, ogni giorno, dopo scuola, mi piombavo in maneggio, preparavo Algebra e lo portavo in campo grande, gli parlavo sempre e indipendentemente dal mio umore gli dicevo sempre:
"Quando sono in groppa a te, sono in un mondo diverso, ti amo piccolo."
Gli davo una carezza e poi cercavo di salire sull'enorme bestia, la giornata cominciava sempre con qualche sgroppatina, ma quel cavallo non mi scollava dalla sella.
 
Avevo delle belle doti nel campo equestre, sapevo più cose sui cavalli che della scuola, ero come un'enciclopedia vivente e quando parlavo con un principiante mettendoci tutti i termini precisi restavo un po scioccata quando mi chiedevano "cosa vuol dire?" Ormai per me erano cose scontate...
 
Ben presto cominciai a saltare ostacoli. Diamine, ricordo la pelle d'oca che avevo quando feci il mio primo concorso:
"In campo il numero 32 di testiera: Clara e Algebra."
Eravamo all'aperto, il caldo vento estivo mi accarezzava delicatamente la morbida pelle, Algebra era carico, raspava in continuazione.
La campanella suonò. 
Un mare di emozioni mi travolsero, dandomi convinzione e speranza, prima a un piccolo trotto, per poi dare redine libera ad Algebra. 
Sembrava un angelo, volava sopra quegli ostacoli come niente, io mi sentivo un angelo! Sembrava saper cosa fare, mi meravigliava la carica di quel stallone, niente poteva fermarlo.
Anche se erano delle semplici 100, mi sentivo come i grandi campioni, ero euforica. Avevamo fatto il percorso netto, con un tempo a dir poco eccezionale. Ci clasificammo 2º con una differenza di 2 secondi dal 1º classificato, non male come prima gara no? E poi che senso aveva vincere senza divertirsi?
 
Da quel giorno quasi ogni settimana affrontavo una gara, una più emozionante dell'altra, mi divertivo ogni giorno con Algebra a superare i nostri record, di velocità e altezza in salto, ci mettevamo impegno e passione.
Intanto nella mia vita sociale cominciavano a cambiare alcune cose, sapevo molto bene l'italiano, diventando addirittura più brava e precisa di alcune persone, avevo un paio di amici qui e là, pochi ma buoni.
Stavo vivendo un sogno. Avevo scoperto l'essenza di un vero binomio, io e lui, noi eravamo un binomio.
 
 
2010, 17 luglio. (Passerò questo periodo molto velocemente perchè è doloroso ricordarlo)
 
《Clara vestiti subito!!!》 Mi svegliò mia madre preoccupata, diedi un'occhiata all'orologio, le 5.
Le 5??? Che voleva mia madre.
《Cosa c'è?》 Domandai mezza addormentata.
《Marina è morta!》Le parole furono pronunciate con voce cupa. 
Cosa? No no no!
Misi le scarpe da ginnastica e mi borbardai giù dalle scale, con ancora il pigiama addosso, mia madre partì in un battibaleno, e alle 5.20 eravamo in maneggio, ambulanze e carabinieri riempivano lo spazio con le sirene assordanti, corsi preoccupata all'interno del maneggio dove fui bloccata da dei carabinieri. 
《Se non ha il permesso non può entrare》 Replicò uno dei due.
《Ho il cavallo qui》Risposi spingendoli e correndo con tutte le mie forze verso i box.
Davanti al box di Algebra sostavano dei veterinari e un mare di sangue colava dal basso del box, cominciai a pensare al peggio.
《Signorina lei è padrona di questo cavallo?》Domandarono.
《Si e non lo tocchi! Potrebbe staccarvi un braccio o addirittura uccidere!》 Avvisai.
Lo ha già fatto》Rispose un veterinario.
Aprii la porta del box senza pensarci due volte, lì giaceva il corpo di Marina inerte, il collo sanguinava abbondantemente, Algebra era nell'angolo del box.
Crollai a terra nella pozzanghera di sangue, le lacrime cadevano a mai finire e la mia rabbia si manifestava in urla isteriche.
Due veterinari si volevano avvicinare.
《State lontani!》 Urlai 《Arriverete come lei 》
A un certo punto sentii un paio di sirene accendersi di colpo, Algebra si spaventò scalciando e mordendo.
《Spegnete quelle cavolo di sirene, idioti!》
Mi alzai, tremavo come una foglia, sorpassai con coraggio Marina e mi avvicinai ad Algebra.
"Sei stato te?" Sussurrai, lui si tirò indietro, come se mi rispondesse, non feci altro che guardarlo con disprezzo, prendere la capezza e uscire dal retro, aveva una certa paura, sapeva quel che aveva combinato, era il guaio più grosso. 
Mi fermai tra il bosco e il maneggio, vidi arrivare dei veterinari, probabilmente volevano dirmi che dovevano uccidere Algebra e non aspettai altro.
"Ti ho sempre amato cucciolo, non dimenticarti di me." Gli diedi un bacio sul muso e in un rapido gesto gli sfilai la capezza, frustandolo sulla groppa.
Ma non si mosse, perché? Vattene! Scappa che cosa fai qui? Salvati!
Era immobile davanti a me testa bassa che mi premeva contro l'addome in cerca di carezze.
Le lacrime mi solleticarono gli occhi, per poi dare libero sfogo alle emozioni, non sapevo neanche io cosa provavo, un miscuglio tra disperazione e amore, penso che nessuno sapeva quello che c'era dentro di me, forse Algebra si... no, no penso che neanche lui lo sapesse.
 
2012.
Mi mancavano tanto le urla di Marina riguardo all'assetto, mi mancava lei, spesso restavo sveglia la sera e guardavo le stelle, mi ricordo benissimo il giorno in cui è morta, avevano proprio ragione che quando una persona muore una stella si aggiunge al celo notturno, quella sera, potevi dire che le stelle si erano triplicate nel corso di un giorno. 
Siamo passati in tanti tribunali, ma io ed Algebra eravamo legati, nessuno ci poteva dividere.
In questi due anni ebbi l'appoggio di una sola persona, Mirko, il mio migliore amico, pazzo e scatenato, ma era anche sensibile e dolce.
Avevo cambiato una decina di istruttori in quell'anno, nessuno mi soddisfaceva.
Infondo... come potevi calmare due corpi scatenati? L'adrenalina ribolliva dentro le nostre vene, il coraggio e la speranza veniva condiviso, come se ci fossero tanti fili piccoli che ci collegano, anche gli angeli e i demoni potevano avere paura di noi, la mia forza insieme alla sua, era in grado di squarciare un'albero, partendo lentamente dalle radici, e fermandosi a ogni difficoltà avuta, come se volesse tornare indietro, ma poi arrivava l'orgoglio e la soddisfazione e come un uragano lo distruggeva velocemente.
L'amore non lo trovi spesso, magari nelle favole lo incontri, ma io l'ho incontrato nella realtà, ed eravamo come una tempesta, una tempesta perfetta.

 
Può un semplice umano legarsi a una creatura cosi potente? Nessuno ha detto che è impossibile.
 
Continuo. 
Ringrazio moltissimo i lettori di questa autobiografia, non è il massimo, ma giuro che mi sto impegnando tantissimo, la sto scrivendo con tutto il mio cuore, andando a toccare le sconfitte più tristi e le vittorie più emozionanti che ricordo.
Grazie Sara_Scrive per il bellissimo banner.
Baci Clara.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** PlayBoy. ***





Molte furono le difficoltà superare e molte furono le gare perse, ma devo dire che molti furono anche i momenti di orgoglio e gioia, vittorie che ancora adesso stanno attaccate nella mente.
Ma, tutte le cose belle finiscono, in un modo o nell'altro. Mia madre cominciò ben presto ad avere problemi economici, non aveva nessun appoggio, mio padre non mi ha acettata fin da piccola, lui voleva un maschio... e una ragazza come me, ovviamente non ne era all'altezza, così dal giorno in cui sono nata lui è sparito, sembrava lo avesse mangiato il terreno, non si è fatto più vivo.
Dovetti vendere Algebra, esatto, quel cavallo che mi ha segnato un passaggio nel cuore, doveva allontanarsi da me. Lo vendetti al mio migliore amico, Mirko, dove sta tutt'ora, ma fa sempre difficoltà a montarlo.
Mi sembra ieri, il giorno in cui l'ho venduto andai nel suo box, la targhetta con scritto "Algebra" era appesa a un filo, un filo così debole che pareva spezzarsi e infrangersi come il ghiaccio, in tante piccole particelle chiamate ricordi.
 
 
Il 14 giugno 2013 si aprii un nuovo maneggio, ero euforica all'idea di scoprire nuove persone con la mia stessa passione, gente a cui potevo parlare liberamente dell'equitazione. 
Questo nuovo maneggio si chiamava Lucky Ranch, e lì conobbi Emanuela, ovvero Manu, una donna molto simpatica, era incaricata specialmente dei cavalli, forse lei è la prima con cui ho avuto più confidenza e colei con cui ho fatto più amicizia.
 
Ogni giorno, mi svegliavo pigramente verso le 13-14, mangiavo qualcosa e poi montavo sulla bici dirigendomi vivacemente nel nuovo maneggio, dove venivo accolta da Manu e stavo li fino alle 20-21. Era un maneggio della monta Americana ed è lì che cambiai monta, avevo trovato la perfezione dei maneggi, un clima socievole e simpatico, pieno di gente che sa il fatto suo, a dir poco eccezionale!.
Nella mia prima lezione fui seguita da Manu, ed ero in sella a Okie Chex Smart oppure S.J. una bellissa Quarter palomina. Ma tutte le altre lezioni le affrontai con Raffaele, o Lele, sempre in sella a PlayBoy.
Dire che quel istruttore è fantastico è dir poco, potrei definirlo come "l'uomo che mi ha messo sulla sella americana" in un'ora di lezione mi insegnava molto e devo ringraziarlo per questo, devo ringraziarlo di avermi sopportato quando non riuscivo a fare delle cose che erano semplicissime, come passare nello spazio molto ristretto dei conetti, grazie di avermi messo un pò sulla giusta strada, anche se ho ancora un'infinità di imperfezioni.
 
Quando una lezione magari non era andata al massimo mi sembrava di deludere Lele lo so che lo facevo, ma quando cominciava a dirmi "Brava oggi hai lavorato bene." Mi sentivo come Dio disceso in terra, ritornavo a casa e lo raccontavo a mia madre, spesso anche molte volte, senza rendermene conto, ero così felice quando riuscivo a strappare un "Brava" da Lele, mi sentivo realizzata.
 
Ho sempre avuto un timore reverenziale verso di lui, ogni volta che c'era tacevo mettendomi in disparte, per paura di dare fastidio. Ormai quel maneggio era diventata la mia seconda famiglia.
In tutta l'estate sono mancata solo una settimana, e mi sono sentita malissimo quando l'ho fatto, mi mancava qualcosa, era diventata una droga.
Dire che avevo tanti amici dell'età compresa tra i tredici e i diciotto e dire davvero molto, a dir la verità non avevo nessuno. Solo Manu, Lele, Marta che solo nell'ultimo periodo ci feci amicizia, anche verso di lei avevo timore reverenziale, ma appena conosciuta un pò scoprii che è una persona a dir poco scatenata, il sorriso ce l'ha sulle labbra in ogni istante, forse ero io che non volevo avvicinarmi a lei per paura di essere di troppo, ma mi sono solo sbagliata, anche molto. Poi a volte incontravo sempre Emiliano di cui so davvero poco e lo vidi sempre più di rado negli ultimi giorni.
 
Uno dei cavalli che amavo più al mondo fu PlayBoy, un paint horse di dieci anni, con due pezzi di cielo al posto degli occhi.
Non so cosa ci trovavo di bello in lui, aveva problemi nel camminare ed era testardo, ma era il cavallo perfetto che ti insegnava tutto.
Lo tiravo fuori un'ora prima della lezione, lo strigliavo, poi facevo a lui delle graziose trecce, a dirla tutta, le trecce normali non gli stavano per niente bene, dava l'aria da sfigato poi con i suoi movimenti maldestri a causa dello scarso allenamento inciampava sempre e questo aumentava l'aspetto da stupido.
Decisi di fare un patto con lui, io mi impegnavo nella sua estetica e nel suo allenamento, lui invece si impegnava nell'eseguire gli esercizi senza farmi dannare.
Sembrava mi avesse ascoltato. Ogni giorno io facevo nuove trecce mentre pensavo a nuovi esercizi, mentre lui era tranquillo e buono.
Affrontavo una dura preparazione, cominciammo ad allenarci ai conetti come primo esercizio, poi a mano a mano che diventavamo più bravi costruivo veri a propri percorsi.
Ogni giorno si vedevano i cambiamenti, le fasce muscolari donavano un corpo massiccio e resistente, ore intense di solo trotto perfezionarono quel movimento e a furia di back e redini corte il suo collo formava un dolce arco.
 
Era diventato un principe. Il mio principe dagli occhi azzurri.
 
Devo ammetterlo, lui è il cavallo che mi ha fatto impegnare di più, spesso nelle lezioni quando provavo una cosa e non ci riuscivo dopo migliaia di tentativi mi passavo la mano sulla faccia, cercando di nascondere la voglia di scoppiare a piangere dalla rabbia e ci riuscivo sempre a trattenermi, almeno... Lele non mi ha mai beccata.
 
Ma nonostante tutto non riuscivo ad arrabbiarmi a tal punto di lasciar perdere quel cavallo.
 
Eppure mi dicevano "Lascia quel robetto, ne uscirai solo pazza!" Ma non lo abbandonai mai e i risultati si vedevano ogni giorno, mi sentivo come realizzata, potrei dire che quel cavallo era cambiato solo grazie a me, anzi a noi, se non ci fosse stata la passione, l'amore e l'impegno eravamo ancora lì a provare inutilmente di capirci.
La mia estate fu passata interamente tra i cavalli, dire che imparavo tanto è dire poco! Mi divertivo un casino ad aiutare, preparare un cavallo per una lezione, mentre Manu magari ripuliva un box e Lele seguiva una lezione, mi sentivo parte di qualcosa.
 
 A volte vorrei ritornare indietro a guardarmi tutti gli errori, chiedere scusa a Play per tutte le giornate in cui giustamente si ribellava alle redini corte o ai back, impazziva completamente ritornava a essere puledro, allora io lo spronavo al galoppo fino a quando le gambe tremavano e non aveva la minima forza di ritornare neanche nel box, lo lasciavo riposare a mal appena dieci minuti e poi continuavamo a lavorare nonostante lui fosse stanco morto.
Scusami angelo se ti ho trattato male puntando alla perfezione, senza rendermi conto che ce l'avevo proprio sotto i miei occhi, la montavo ogni giorno, cercando di tirare fuori quello spirito selvaggio ma allo stesso tempo docile e leggiadro. Ma tu non hai preso in considerazione questo, magari qualche volta mi punivi anche te facendomi incavolare, ma non c'era giorno che tu non mi facessi scendere dalla sella senza l'elemento più bello che una ragazza possa indossare: il sorriso.
 
La mia vita era confusa, come tanti pezzettini di carta rotti vicino a un ventilatore accesso, un pò sparsi qua e là, ma quando sto con lui, tutto sembra avere un senso, come se qualcuno avesse raccolto i pezzi di carta spegnendo il ventilatore.
DIAMINE, QUANTO SONO INNAMORATA.
 
Quanto sono innamorata di lui. PlayBoy.

Continuo.


Ecco alcune Foto di PlayBoy raccolte in un collage 


Angolo Scrittrice
Ho ritardato nel pubblicare questo capitolo per mancanza di ispirazione, spero vi sia piaciuto, se avete consigli, ovviamente recensite!!!
Baci Clara.
Ho tardato un p

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Finally. ***


Amo la mia passione a quattro zoccoli. Specialmente se mi perdo nel vento con loro: i cavalli.

È tutto così mirabolante! 

Eppure ho avuto molti ostacoli, alcuni non ancora superati! Ma ogni volta che torno in sella, mi sembra la prima volta. Mi piace sognare.

 

 

Oltre a Play provai altri cavalli, una di quelle fu Missis Dunnit Princess, Dorothy per gli amici.

 

È la cavalla di Emanuela. 

Aveva quattro anni, una Quarter Americana, manto isabella. Lele mi aveva consigliato di montarla perché Play, ormai, mi aveva insegnato quel che bastava. Mi trovai malissimo. Era delicatissima, al tocco delle gambe partiva subito. Tutto il contrario di PlayBoy.

E lo dirò sempre, potrei anche urlarlo al mondo, quella cavalla mi ha fatto blasfemare in tutte le lingue. 

Ma si sa... Questa non è una passione fatta per tutti, se fosse stata facile chiunque l'avrebbe fatta, ma riguarda solo un ristretto gruppo di persone, chiamati cavalieri, persone che sono disposte a rischiare, rischiare di cadere e rialzarsi sapendo di essere più forte di prima.

Ogni difficoltà che si ha nel mondo dell'equitazione è una piccola goccia di un oceano enorme, un cavaliere può passare anche nell'inferno, nel purgatorio e nel paradiso, ma lo troverete con le redini in mano.

 

 

La prima cosa che impari quando lavori con questi animali è che i sogni esistono eccome! Solo che per essere esauditi devono essere pagati, proprio il termine giusto, ma non con soldi veri, con il coraggio. 

Poi a mano a mano che passi più tempo con i cavalli, cambia proprio tutto il tuo stile di vita, e non sono mica bugie! Guardi il mondo con occhi diversi, cambia anche il modo di parlare quando ti rivolgi a queste creature.

Una frase che io tengo particolarmente al cuore è "Potrebbe andarsene, essere libero e non lasciarsi domato dallo spirito umano, ma perde tempo con me, ad ascoltarmi... anche quando non parlo."

È dannatamente perfetta, mi rappresenta in pieno, anzi credo rappresenti tutti i cavalieri di questo mondo.

 

Vi chiederete "Cosa centra tutta questo commento con un'autobiografia? " Centra e come! Mi rappresenta in pieno, ogni singola lettera, virgola o spazio.

Ora? Ora sono arrivata a scrivere un racconto sulla mia passione, devo dirlo, l'ho fatto con le lacrime agli occhi.

Pashà, oggi non c'è più.

Se esiste un Dio, beh, Pashà è il suo destriero, sta insegnando agli altri l'arte di essere puledri intoccabili ma allo stesso tempo docili e dannatamente perfetti, eppure guardando nel passato è stato lui a far partire il mio mondo equino, chi sa se mi guarda e se è soddisfatto di me. Penso non lo saprò mai.

 

Algebra, anche lui, il 03.12.13 ha lasciato questo mondo.

Lo sapevo che prima o poi accadeva, quel cavallo era un angelo, si sa che il mondo non è fatto per gli angeli, no? Probabilmente quello spirito indomabile -con tutti i "peccati" commessi- è stato così forte e determinato che l'inferno ormai è passato da un bel pezzo. Forse adesso starà galoppando felice con la sua cavalla amata, Natalia e il suo puledro Gilles, morti entrambi nel momento del parto. Sarei davvero felice di rincontrarli ancora una volta e lasciarmi crollare per piangere dall'orgoglio.

 

PlayBoy e Missis Dunnit Princess, loro sono la parte del mio cuore che mi mancava, il mio respiro, la mia luce nei momenti bui, i battiti del mio cuore. Il mio tutto.

Play, finalmente è arrivato alle stelle.

Si diverte a impressionare la gente quando è in campo. I suoi graziosi e veloci movimenti lasciano a bocca aperta chiunque, i suoi occhi azzurri e accesi, incanta ogni passante, ma appena gli si avvicina qualcuno, si scopre che dietro al suo lato leggiadro c'è ancora il puledro selvaggio che ho sempre amato.

 

 

Doroty invece è sempre rimasta la solita "stronzetta"

Non si guarda, ne si tocca, se no si rischia di innamorarsene ma dopo pentirsene amaramente. Scalcia, morde, fa tutto l'immaginabile per allontanare un "povero" umano che non si rende conto della creatura posta davanti a lui.

 

Emanuela, Lele, Marta ed Emiliano? Loro sono belli che felici a casa loro, si godono il meritato riposo invernale, dopo così tanto lavoro estivo, anche loro, devono avere dei momenti per ricrearsi, dopo tutto... il lavoro da seconda famiglia lo hanno compiuto. Meglio di qualsiasi altro genitore. Tuttora, lo stanno facendo. 

 

 

Spero che questa mia passione, o meglio, questo mio stile di vita, possa tramandarlo ai miei figli, ai nipoti, e a tutte le persone che ho intorno perché può cambiare la vita a chiunque, non sono mica bazzecole, conosco molte persone che dalla depressione, dall'autolesionismo o dalla tossica dipendenza sono arrivate a brillare come stelle. Perché insieme al loro destrieri sono bellissimi. Totalmente diversi tra di loro, ma così diversi da essere perfetti insieme.

Poi beh, comosco anche molta gente che ha perso quel gusto dell'equitazione e l'ansia della competizione in questo sport. Arrivando fino a doppare cavalli, ma con quale scopo? Vincere un'altra medaglia da attaccare alla parete? E poi quando nel futuro penseranno a quelle maledette coppe, coccarde o medaglie, come si sentiranno? Che soddisfazione avranno nel sapere che hanno vinto quella competizione solo grazie alla droga?

 

Ora che ho "concluso" il mio racconto equino, ritorno nel mio paradiso, cercando ancora invano di togliermi il fieno onnipresente dai miei capelli e lo sporco delle mie mani. Prendo gli stivali con gli speroni lucidi, il cappello da cowgirl e la sella americana, salgo in groppa, a uno degli animali più mistici e misteriosi al mondo e mi diverto a sentirmi dinuovo come un bimbo davanti a delle caramelle.

 

Fine.

Angolo Scrittrice.

Ecco! Qiesta è il fortunato racconto a finire in un concorso letterario, spero davvero che sia decente, se avete consigli, perfavore non esitate a recensire, ogni vostro commento è un grosso aiuto.

Baci Clara.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2281902