Going back and moving forward

di PhoenixOfLight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1 - Nothing left to say now ***
Capitolo 2: *** Day 2 - Dirty clothes and pure hearts ***
Capitolo 3: *** Day 3 - Fugacità ***
Capitolo 4: *** Day 4 - Petali blu ***
Capitolo 5: *** 5. King and Lionheart ***



Capitolo 1
*** Day 1 - Nothing left to say now ***


 

Giorno 1 – Pentimento

 

 

There’s nothing left to say now

 

 

«Caporale! Ci sono quattro Titani che si dirigono nella nostra direzione!» urlò un soldato della Guarnigione. «Due di circa 18 metri, uno di 15 e uno di 10 metri!»
Li avvistarono dopo pochi minuti; i Titani sembravano ignorare tutti coloro che gli stavano attorno. Erano veloci, nessuno riusciva ad avvicinarli.

«Altri anomali?» chiese Hanji, atterrando accanto a lui.
«Già. A quanto pare cercano noi».

«Allora diamo loro il benvenuto come si deve!».

Rivaille non rispose.

Non era la battaglia che lo spaventava. Era in ottimo stato, i sensi da guerriero che lo tenevano all’erta, sensibile a ogni minimo movimento e cambiamento nell’aria. I Titani li avevano attaccati all’improvviso, ma non si era lasciato spaventare.
Eppure, da quella conversazione con Hanji ed Erwin tre settimane prima, addosso aveva una strana sensazione che non riusciva a comprendere. Una brutta sensazione.

Si scrollò quei pensieri di dosso e si diresse verso i quattro mostri che si avvicinavano a loro, Hanji e altri soldati della Squadra con lui.

«Occupatevi di quello più piccolo» ordinò Rivaille. «Io mi occuperò degli altri» e si avvicinò a loro.

«Sempre il solito…» sbuffò Hanji. «Soldati! Assumete le posizioni dell’esercitazione!».
«Sissignore!».

Si divisero e si diressero verso i Titani.

La formazione consisteva nel dividersi: un soldato – il più agile ed esile – avrebbe fatto da esca, mentre l’altro si sarebbe posizionato alle spalle del mostro, abbattendolo.

Levi, d’altro canto, si era già portato lateralmente ai Titani più grandi, così da poter tagliare i loro colli in un colpo solo. Si appoggiò su un tetto, posizionò le spade in modo che la lama fosse rivolta verso i mostri e portò le dita sul meccanismo per attivare le funi del Dispositivo.

In quel preciso istante, i Titani si voltarono verso di lui.

Erano tutti e tre muscolosi e ben piazzati, ma completamente diversi.

Quello di 18 metri aveva i capelli corti e biondi, la bocca aperta in un ghigno e la parte inferiore del corpo senza pelle. L’altro aveva la testa leggermente piegata rispetto al resto del corpo, coperta di capelli neri. Il Titano di 15 metri, invece, aveva un cranio scuro coperto da una zazzera di capelli biondo chiaro, la grande lingua penzolante.

Rivaille, per la prima volta da quando aveva cominciato a combattere contro i Titani. Si bloccò.

Conosceva quei volti fin troppo bene.

Lo avevano tormentato per settimane nei suoi sogni, ogni notte. Li sentiva urlare e piangere. Lo incolpavano di averli abbandonati, di non aver saputo essere un bravo Caporale, di averli portati alla morte, eppure loro si fidavano di lui, si sono sempre fidati di lui, fino alla fine, ma lui li aveva traditi e abbandonati fuori dalle mura, i corpi gettati via dalle carrozze come fossero spazzatura, via da dai loro compagni, da lui, lui che non aveva mosso un dito, non aveva fatto nulla, e ora erano lì davanti a lui, i volti sfigurati in un ghigno malvagio tutto denti e gli occhi privi di qualsiasi emozione-

«Rivaille!» urlò Hanji.

Il soldato sbatté gli occhi, risvegliandosi dal torpore e spostandosi un attimo prima di venire colpito dalla mano del mostro con i capelli biondi.
“No” pensò Rivaille, “non sono mostri”.

Eppure lo erano. Camminavano come dei mostri, urlavano come dei mostri, uccidevano come dei mostri, e loro non avevano ucciso nessuno come dei mostri. Erano gli eroi loro, la Squadra per le Operazioni Speciali di Rivaille, loro, Erd, Gunther, Auruo e-

La corda del Dispositivo si tese improvvisamente e Rivaille si sentì tirare in avanti a grande velocità; l’aria gli mancò dai polmoni, il vento gli sbatteva sulla faccia, e qualcosa di estremamente caldo lo avvolse, rendendogli difficile respirare. Quando le farfalle davanti agli occhi si dissolsero e riuscì a vedere meglio, si rese conto di essere stretto dalla morsa di un Titano.

Lo fissò dritto negli occhi – occhi grandi, enormi, di un denso color miele che prima avrebbe definito dolce, ma che in quel momento sembrava spento e terrificante. La bocca non era piegata in un ghigno, ma Rivaille era certo che nascondesse dei denti pericolosamente appuntiti. La pelle era bollente e dovette fare uno sforzo notevole per rilassare i muscoli e cercare di prendere fiato.

«Ciao… Petra» sussurrò.

Il Titano lo fissò per qualche secondo.

Poi urlò.

«Dovevo immaginare che saresti tornata» commentò lui, le orecchie che fischiavano leggermente. Faceva troppo caldo in quella morsa, non riusciva a respirare, ma doveva tenere duro e parlarle. Poteva divorarlo in qualsiasi momento, perciò doveva preservare ogni singolo attimo.

Il volto del Titano-Petra gli copriva la visuale, impedendogli di vedere gli altri tre.

«Certo, speravo che potessi finalmente riposare in pace. Mi avevi sempre detto che volevi una vita tranquilla. Ma hai deciso di diventare un soldato e la vita tranquilla è andata a quel paese».

Il Titano emise un suono cupo, come un ringhio, continuando a fissarlo come se ne volesse comprendere il valore.

«Speravo che diventassi almeno un Titano attraente, ma a quanto pare non hai avuto così tanta fortuna» disse con il suo solito tono indifferente, le mani sudate attorno alle spade.

Il Titano-Petra rispose con una serie di ringhi, più brevi e rauchi dei precedenti.

«Mmh? Cos’è, stai ridendo o sei stitica? Non  riesco a capire, la tua faccia ha sempre la solita espression-».

«Fermo!».

Rivaille distolse lo sguardo dal Titano solo un attimo, giusto il tempo di vedere un soldato dirigersi verso di loro. Non ebbe neppure il tempo di urlare: «No!», che il Titano-Petra si voltò verso di lui e lo scaraventò via con un gesto della mano.

Rivaille deglutì. Tra poco sarebbe arrivata la reazione rabbiosa, forse un grido, uno scatto omicida improvviso…

Ma il Gigante non urlò.

“Merda”.

La mano del Titano si chiuse ancora di più attorno a lui, stringendolo in una morsa soffocante. Rivaille tentò di prendere quanta più aria possibile, prima di essere inghiottito dall’oscurità.

 

Hanji non riusciva a pensare.

Più della metà dei soldati erano stati uccisi dai tre Giganti, e Rivaille era stato preso dal Titano donna. Tre soldati si affiancarono a lei.
«Cosa facciamo?».

«Qual è il piano?».

«Heichou è stato preso?».

«Non abbiamo speranza, ora!».

Hanji digrignò i denti e strinse i pugni. No, non si sarebbe arresa. Non era arrivata fin lì per niente. I suoi subordinati non erano morti invano

Ma quei Titani erano forti, pericolosi e più intelligenti degli altri. Doveva far qualcosa, e subito.

«Soldati! Distraeteli ed evitate tutti i loro attacchi! Io mi occupo del Titano donna!» ordinò. «E non morite».

«Sissignora!».

Si diresse verso di loro cercando di non attirare l’attenzione. “Dannazione, Rivaille…”.

 

Mi piacciono le tue mani.

Sono troppo esili.

Ma sono belle.

 

«Avevi ragione, Petra… sono troppo esili!».

Si sentì i rumore della carne fatta a pezzi, il veloce movimento delle spade e un urlo disumano.

Rivaille aveva squarciato la mano del Titano, liberandosi dalla sua morsa. Prima che il Gigante potesse reagire, però, aveva già tagliato l’altra mano.

Hanji si bloccò a metà strada, lo sguardo fisso su di lui. Era accaduto tutto così velocemente che aveva fatto fatica a vederlo.

«Allontanatevi! Me la vedo io! Sono la mia Squadra!» ordinò Rivaille ai soldati.

Si portò verso il Titano-Gunter. «Hai sempre avuto problemi nelle ginocchia, eppure riuscivi a destreggiare perfettamente il Dispositivo. Erano quelle che esercitavi di più nelle sessioni. Ma la tua pelle lì è più chiara, quindi…».

Planò verso il basso, si agganciò alle gambe e tagliò la carne sulle ginocchia del Gigante, che ululò dal dolore. Si spostò prima che questo gli cadesse addosso, si portò alle sue spalle e incise un taglio netto e profondo dietro al collo. Il Titano smise di muoversi.

Una mano si accasciò sul suolo accanto a lui, provocando un forte spostamento d’aria e sbalzandolo via. Rotolò a terra, graffiandosi il volto e i palmi delle mani.

Riuscì a spostarsi col Dispositivo prima che un’altra manata potesse colpirlo.

«Ah, Erd… sei diventato più irruento. Ma sei sempre il capo, eh? Sempre il leader, quando io non c’ero. Portavi le responsabilità di tutti sulle tue spalle. Chi lo avrebbe mai detto che proprio quelle fossero il tuo punto debole?».

Rivaille si diresse verso di lui; il Titano cercò di agguantarlo di nuovo, ma non sarebbe cascato di nuovo nella trappola: si spostò dalla traiettoria, gli tagliò le dita e cominciò a correre sul suo braccio.

Sentì un ringhio e un movimento alla sua destra; il Titano Auruo si stava avvicinando a loro. Quando il suo volto fu abbastanza vicino, lanciò la lama nel suo occhio, facendolo fermare e arretrare, urlante.

Corse verso la spalla del Titano-Erd, vi infilzò la spada, staccò la lama che rimase al suo posto, ne prese subito un’altra e tagliò la nuca del Gigante.

«Ovviamente ti sei messo in mezzo, Auruo. Non puoi proprio farne a meno, eh?». Si avvicinò a lui schivando una manata, si appoggiò con i piedi al suo volto e tirò via la spada dall’occhio. «Così come non potevi fare a meno di parlare, anche quando stavamo a cavallo. Ti ricordi cosa succedeva quando stavi a cavallo? No? Lascia che ti rinfreschi la memoria…». Con un colpo deciso gli tagliò la lingua penzolante e il Titano-Auruo urlò, portandosi entrambe le mani alla bocca.

Rivaille saltò verso l’alto, si agganciò alla nuca e incise la carne, di nuovo. Saltò su un tetto e si guardò intorno.

«E ora…».
Il Titano-Petra lo fissava. Non aveva partecipato alla lotta, rimanendo nello stesso posto di prima. Le sue mani erano appena ricresciute ed era più pericolosa di prima.

Rivaille sguainò le spade e si diresse verso di lei.

«Hai ucciso un uomo a mani nude» cominciò Rivaille. «Non avrei mai immaginato di vederti uccidere un essere umano, soprattutto non in quel modo.»

Il Titano distese la mano verso di lui, ma Rivaille si scostò appena in tempo.
«Una volta ti dissi che, per uccidere dei mostri, bisognasse perdere un po’ della propria dignità. E tu mi chiedesti come avremmo fatto a distinguere gli umani dai mostri, a quel punto. Facevi sempre queste domande strane e come al solito non seppi darti una risposta.»
Approfittò di un’altra manata per tagliargli l’intero braccio a metà. Il Gigante urlò e tentò di attaccarlo con l’altra mano, dando la possibilità a Rivaille di fare la stessa cosa con l’altro braccio.

«Ora penso di conoscere la risposta. A quel tempo non riuscivo a vederla, non volevo vederla. Per questo mi annoiavo quando mi porgevi quelle domande.»
Si portò alle sue spalle con una velocità impressionante e le tagliò i tendini, facendola cadere a terra.«»
«Non te l’ho mai detto, ma era bello sentirti parlare. A volte eri una palla al piede, ma gli argomenti che ti interessavano non erano male.»
Atterrò sui suoi capelli rossicci e si diresse verso la nuca.

«E la tua voce dopo un po’ assillava, soprattutto quando continuavi a ripetere “Heichou! Heichou!”, ma ho continuato a sentirla per notti intere dopo-»
Si bloccò, la spada a mezz’aria e lo sguardo basso.

«Avrei voluto dirti tante cose. Vorrei dirtele ancora. Ma non credo che capiresti ormai. Non sei più un umano. Non se uccidi tuoi compagni senza battere ciglio. Sei solo un mostro.»

Sentiva solo la durezza dell’elsa della spada contro il palmo della mano.

«Addio, Petra.»

La lama si abbassò in uno scatto e il Gigante sussultò e si immobilizzò, senza far rumore.

 

Rivaille scese dalla schiena del Titano, grondante di sudore e di sangue.

Avrebbe dovuto lavarsi al più presto, tutto quello sporco gli dava sui nervi.

«Caporale!»

«Hanji, avverti il resto delle truppe che questo lato è tranquillo. Non ci sono altri Titani nelle vicinanze» ordinò Rivaille, lo sguardo fisso davanti a sé.
«Caporale…»

«I corpi verranno raccolti dopo. Date agli altri soldati i nomi dei caduti, così che possano avvisare le loro famiglie.»

«Rivaille…»

«Non c’è tempo da perdere. Muovete il culo e andatevene. Hanno bisogno di rinforzi.»
«Rivaille!» esclamò Hanji, bloccandolo per le spalle.

Lui scostò le sue mani e la fissò, lo sguardo glaciale come sempre.

«Mi disp

Un lampo passò nelle sue iridi. Fu una questione di un secondo, ma bastò a Hanji per farla zittire.

Rivaille annuì.

«Raggiungete le truppe a sud il prima possibile. Vi raggiungo dopo, ci sono cose che devo sistemare qui.»

Il suo tono era perentorio e nessuno osò contraddirlo.

«Sissignore» obbedirono, lasciandolo solo.

Rivaille si voltò verso i resti dei Titani in decomposizione.

 

Forse in ognuno di noi c’è un mostro. Per questo abbiamo così tanta paura dei Titani: sono la reincarnazione di tutto ciò che c’è di orribile in noi.

Come facciamo a distinguere gli umani dai mostri? Quale sarà la differenza, se perdiamo la nostra umanità? Cos’è l’umanità?

Tu vuoi solo sembrare indistruttibile, ma sei umano tanto quanto me. Per questo ti amo.

«Mi dispiace…» sussurrò.

Per la prima volta nella sua vita, il Soldato più forte dell’Umanità si pentì di aver ucciso dei Titani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra dieci minuti sarà il 17 novembre e io posto solamente ora… per un pelo! Meglio tardi che mai, no?

È la mia prima fanfiction in questo fandom e ci tenevo a contribuire! Quando ho letto i prompt della week (che potete trovare qui) si è tipo accesa una lampadina e… beh, eccomi qui!

Spero vivamente che vi sia piaciuta!

Perdonatemi se alcune parti non stanno né in cielo né in terra, ho cercato di mantenermi quanto più IC possibile, ma scrivere dal POV di Rivaille è davvero difficile. È un personaggio estremamente complicato e controverso, quindi scrivere di lui è stata una vera e propria sfida per me.

Spero di aver reso almeno in parte la bellezza del suo personaggio!

 

Ringrazio coloro che mi hanno consigliato le canzoni più angst al mondo, anche se poi ho scritto ascoltando solo due canzoni che già avevo nella mia playlist:

 

- Nothing Left To SayImagine Dragons (che ha ispirato il titolo e la parte finale del capitolo)

- Burial on the Presidio Banks – This Will Destroy You

 

A domani con la seconda shot!

 

 

PhoenixOfLight

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Capitolo 2
*** Day 2 - Dirty clothes and pure hearts ***


Buonasera! Oggi ho fatto un po’ prima a postare!

Scrivo queste note iniziali solo per darvi alcune delucidazioni che per mancanza di tempo non ho inserito nello scorso capitolo.

Nella presentazione della fanfiction sono state inserite le voci: Raccolta, AU e What If?

Ci sono tanti altri avvertimenti da inserire, ma ho dovuto limitarmi a questi, e vorrei spiegarne il motivo.

AU perché anche uno dei futuri prompt, quindi dovevo inserirlo per forza.

What If? perché, come avete notato, nello scorso capitolo ho inserito un mio personale headcanon, anche se spero che Isayama non diventerà mai così cattivo da farlo sul serio (anche se non mi stupirei più di tanto).

Raccolta perché, pur essendo sette prompt differenti, ho strutturato la storia in modo che ogni shot sia collegata tra loro. Inoltre, la fanfiction procederà “a ritroso”, quindi con ogni storia torniamo indietro nel tempo.

A dopo con le note finali!

 

 

 

 

 

Giorno 2 – Sangue

 

 

Dirty clothes and pure hearts

 

 

Petra si chiuse la porta alle spalle e sorrise all’uomo.

«Sei in ritardo» osservò Rivaille.

«Mi dispiace, ma ho incontrato Gunter lungo il tragitto che voleva chiedermi chiarimenti su una manov

Lui la interruppe con un gesto della mano e lei roteò gli occhi. Si avvicinò alla scrivania a cui era seduto e gli accarezzò la nuca. Rivaille socchiuse gli occhi e le cinse la vita con un braccio.

«L’esercitazione di oggi è stata molto pesante?»

Lei scrollò le spalle. «Era nella norma, rispetto ai tuoi standard» sogghignò.

«Bene, perché domani la difficoltà aumenterà.»

Petra sospirò. «Sissignore» replicò sarcasticamente.

Lui la guardò con la coda dell’occhio, ma non fece commenti.

Si alzò silenziosamente, districandola dall’abbraccio e dirigendosi verso la finestra.

Petra sussultò.

«Ehm… Rivaille

«Mmh

«Hai la maglia sporca di sangue.»

L’uomo si bloccò di scatto e esaminò freneticamente ogni parte del busto che il suo sguardo raggiungeva.

«Dietro la schiena» precisò Petra, avvicinandosi.

Si sfilò la maglia e osservò la macchia rossa come se fosse il più orribile dei Titani.

«Oh… hai una ferita, qui dietro» disse, toccando con un dito un punto accanto alla colonna vertebrale.

Rivaille sibilò e lei scostò le dita.

«Scusa» sussurrò. «Siediti sul letto, prendo qualcosa per disinfettarla.»

Si diresse verso un armadietto accanto alla scrivania e prese delle bende, che bagnò poi in una bacinella d’acqua posta su un ripiano in un angolo.

Tornò da Rivaille e si sedette accanto a lui, sorridendogli dolcemente. «Ecco fatto!»

«Ti piace proprio fare la parte della mogliettina gentile, eh?»

«Quando non devo squarciare la carne di mostri mangia-uomini, sì» rispose, cominciando a tamponare la ferita. «Non è colpa mia se ti metti sempre nei guai.»

«Sono il Guerriero più Forte dell’Umanità, un graffio è il minimo.»

«Pensavo che il grande Rivaille fosse invincibile! Cosa dirà la gente nel sapere che in realtà anche lui perde sangue?»

«Lo raccoglierebbero per poterlo custodire, come se fossi una fottuta divinità.»

Petra rise.

«Perché ridi? Non c’è niente di divertente.»

Lei scosse la testa, ancora in preda alle risate. «È solo che… fai tanto il duro e l’indifferente, ma so che ci tieni.»

Lui fece una smorfia e rimase in silenzio.

«Ci tieni ai tuoi compagni e al popolo» continuò lei, incurante della sua reazione. «Sono sicura che sacrificheresti un ricordo caro, pur di far stare meglio una persona.»

Sfiorò con un dito le cicatrici che gli attraversavano la schiena, provocandogli brividi lungo tutto il corpo.

«Certo, hai sempre quest’aria di indifferenza che ti aleggia intorno, e sei davvero irascibile e violento» tracciò con il pollice una cicatrice recente. «Ma in fondo sai anche essere gentile. Io l’ho visto.»

Tolse la benda dalla ferita, sfiorandola leggermente con un dito. «La tua forza è ciò che dà speranza agli altri. Tu vuoi solo sembrare indistruttibile, ma sei umano tanto quanto me.»

Appoggiò le labbra alla cicatrice e vi lasciò un bacio leggero. «Per questo ti amo.»

Rivaille si voltò e catturò le sue labbra con le sue, rinchiudendo in quel gesto tutte le parole che non riusciva a dire.

 

 

 

 

 

Dopo l’angst di ieri, ho dovuto scrivere un po’ di fluff, giusto per non darvi troppi feels.

Ringrazio DanielaSchiffer per la recensione (perdonami se non ho risposto, non ho potuto per mancanza di tempo!) e tutti coloro che hanno speso un po’ del loro tempo per leggere la mia storia.

Ringrazio anche i Florence + The Machine che, con la loro “Never let me go”, mi hanno ispirata!

Spero che vi sia piaciuta, a domani con la prossima shot!

 

PhoenixOfLight

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Capitolo 3
*** Day 3 - Fugacità ***


 

Giorno 3 – Baci nascosti

 

Fugacità

 

Mantenere segreta una relazione non era facile, soprattutto se si viveva insieme a soldati ficcanaso e amanti dei gossip. Il fatto che si trattasse di un rapporto tra un soldato e un suo inferiore non aiutava di certo. Se si considerava anche il fattore “metà della coppia è il Soldato più Forte dell’Umanità”, le chances di avere un po’ di privacy erano davvero molto basse.

Vivevano di notte e fingevano di giorno; il loro rifugio era l’angolo più buio e isolato, la strada meno frequentata, il terrazzo più vuoto, la sala deserta dopo le riunioni con il resto della Squadra.

Eppure, non importava a nessuno di loro due. Vivevano ogni momento come se fosse l’ultimo, per questo ciascun incontro – anche se casuale – aveva la sua importanza.

Erano soliti sigillarli con baci. Baci nascosti, dati al buio. Baci brevi, lunghi, appassionati, scherzosi, arrabbiati, felici, pieni di dolore, quasi baci, baci che si trasformavano in qualcosa di più. Serbavano il ricordo di ognuno di essi, per avere qualcosa a cui aggrapparsi, dopo.

Ma a questo non ci pensavano; in quei momenti così speciali non c’era posto per il dopo. C’erano solo loro, nel presente, con i loro gesti, le battaglie e i sapori mischiati sulle labbra.

Capitava che, a volte, non ci fosse neppure il tempo di nascondersi per baciarsi.

Chi ne soffriva di più era, sorprendentemente, Rivaille.

Lui, non abituato a nessun tipo di dimostrazioni di affetto, sentiva il bisogno di quei piccoli contatti molto più di quanto volesse ammettere.

Petra se ne accorse subito: sentiva il suo sguardo indugiare più del previsto quando le parlava, anche in compagnia degli altri; era diventato più sensibile al suo tocco; i baci duravano più a lungo rispetto a prima, anche se erano semplici sfioramenti.

Certo, lei non era completamente indifferente alla situazione, ma tentava di contenersi il più possibile. Fu stupita dal fatto che lui invece non riuscisse a fare lo stesso; non se lo aspettava, freddo e distante com’era.

Quando il giorno dopo Rivaille lesse il biglietto spiegazzato trovato nella tasca dei suoi pantaloni, il suo volto era dipinto da un’espressione scettica.

“Bacio sulle labbra. Lungo. Appassionato.”

«Così non sentirai la mancanza dei miei baci così tanto» spiegò lei.

Lui non seppe cosa rispondere, perciò lei continuò a mandargli quei foglietti spiegazzati.

Se li ritrovava ovunque, nei posti più disparati, ma lontani da occhi indiscreti. Aveva imparato a riconoscerli da un angolo leggermente piegato – uno dei difetti di Petra.  Tutti quegli aggettivi all’inizio lo divertivano, ma poi cominciò a farci l’abitudine; non trascorse molto prima che le descrizioni furono più dettagliate, tanto che riuscì a immaginarseli così vivamente da lasciarlo con le labbra secche e il cuore inquieto.

“Bacio sulla palpebra. Leggero. Timido. Quasi impercettibile.”

Bacio sulla nuca. Sorridente. Amorevole.”

“Labbra che sfiorano il mento, che liberano respiri sulla tua pelle.”

“Bacio dolcemente tutte le tue cicatrici, dalla prima all’ultima, per poi passare alla spalla e baciarti e morderti il collo.”

Non era una soluzione molto valida, a dire il vero, dato che ogni volta diventava più bisognoso di prima; ma leggerli durante una spedizione, dove non era possibile neppure sfiorarsi per sbaglio, dava i suoi frutti.

S’incontravano sempre nell’angolo più buio, nella strada meno frequentata, nel terrazzo più vuoto, nella sala deserta. Labbra contro labbra, denti contro denti, lingua contro lingua.

Vivevano di momenti fugaci e biglietti spiegazzati, di sospiri spezzati e risate soffocate, ma andava bene così.

 

 

 

 

 

 

 

Ancora più breve di quella di ieri!

Perdonatemi, ma con questo prompt e questa trama, dovevo per forza scrivere una flashfic, o si sarebbe perso il senso.

Spero però che abbia soddisfatto le vostre aspettative!

Ringrazio gattarista per aver inserito la storia tra le seguite! ^^

 

Canzoni che hanno ispirato il capitolo:

 

Sweet Disposition” – The Temper Trap

Kiss the Rain” - Yiruma

Happiness: We’re in This Together” – This Will Destroy You

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Capitolo 4
*** Day 4 - Petali blu ***


Giorno 4 – Alternative Universe

 

 

 

Petali blu

 

 

Era solita sedersi accanto alla finestra con in mano un pezzo di stoffa, ago e cotone; stava lì a osservare le nuvole per ore intere, o forse solo pochi minuti. Poi ammirava i peschi in fiore e pensava che la primavera stava arrivando e avrebbe dovuto continuare quel ricamo di fiori, così lo avrebbe attaccato al suo cuscino, dando più colore a quella stanza troppo spoglia.

Gli uccellini cinguettavano e il sole le accarezzava la pelle, e in quel momento una signora sulla quarantina entrò nella sua stanza. Aveva i capelli biondo sporco e gli occhi marrone scuro.

«C’è una persona che vuole vederti» disse.

Sbatté le palpebre e fissò l’uomo che in quel momento attraversò la porta. Era basso, un bastone in una mano, e un libro e un mazzo di fiori in un’altra; il volto era segnato dalle rughe e dall’età, le mani tremanti.

«Ciao, Petra» la salutò lui, avvicinandosi lentamente a lei.

Lei continuò a fissarlo e piegò leggermente la testa di lato.

«Sono Rivaille, ti ricordi di me?».

Lei sbatté di nuovo le palpebre, attorcigliando il pezzo di stoffa attorno alle mani. «Rivaille… Rivaille! Ma sì, certo che me lo ricordo! Ciao!»

Lui sorrise. «Ciao, Petra» ripeté. «Come stai?»

«Bene» annuì. «Sta arrivando la primavera» disse, fissando il paesaggio fuori la finestra.

«È la tua stagione preferita.»

Lei lo guardò, uno sguardo incuriosito. «Sto facendo un ricamo, così lo metto sul cuscino poi. Ricamo dei fiori, i fiori sono belli.»

«Vero? Ti ho portato dei fiori» disse lui, porgendole il mazzo. «Sono i Nontiscordardime, i tuoi preferiti.»

Lei gli sorrise e prese il mazzo, poggiandolo sul grembo e accarezzandone la carta.

«Ci sono un sacco di uccellini che cantano, li senti? Sentili, fanno cip cip cip!»

«Li sento» rispose. Prese il mazzo di fiori e lo poggiò sul davanzale della finestra. Si mosse sulla sedia, raddrizzandosi. «Ho portato un libro, il tuo preferito. Vuoi che te lo legga?»

Il volto le si illuminò. «Sì! Ci sono i fiori e gli uccellini?»

«No, ma ci sono i coccodrilli e i leoni.»

«Mi piacciono i leoni.»

«Sì, lo so.»

L’uomo cominciò a leggere una, due, tre pagine. La donna prese l’ago  e continuò a ricamare il pezzo di stoffa, il pollice coperto dal ditale.

«Petra?» la chiamò lui quando ebbe finito il primo capitolo, ma lei non si voltò. «Petra?» ripeté, sfiorandole un ginocchio con la mano.

La donna sobbalzò e lo fissò con gli occhi vacui. «Chi è lei?» chiese.

L’uomo deglutì, chiuse il libro e le sorrise. «Ciao, Petra. Sono Rivaille, ti ricordi di me?».

«Rivaille… Rivaille! Ma sì, certo che me lo ricordo! Ciao!» rispose lei, sorridendo di nuovo.

«Come stai?» chiese lui.

Lei piegò la testa di lato e sorrise. «Che begli occhi che hai.»

«Grazie.»

«Hanno il colore delle nuvole quando sta per piovere.»

«Lo dicevi sempre» mormorò.

Lei non parve averlo sentito, perché chiese: «È un libro, quello? Di che parla?».

«Di principi e guerriere.»

«Ho sempre desiderato essere una guerriera.»

«Sì, lo so.»

 

 

 

L’uomo tossì nel fazzoletto di seta.

«Tu hai una moglie?»

Si prese un momento prima di rispondere: «Sì.»

«È bella?»

«Bellissima. Non ho mai visto una donna più bella di lei.»

«E la ami?»

«Ogni giorno di più.»

«Me la devi far conoscere.»

«Te la posso presentare anche ora.»

Petra si alzò e si guardò intorno freneticamente. «Dov’è?»

«Vieni» le sussurrò, prendendole la mano e dirigendosi verso l’armadio. Aprì un’anta e portò la donna accanto a sé, davanti a uno specchio.

«Eccola» disse lui, indicando il riflesso.

«Che bella donna» commentò lei. «Buongiorno, signora! È molto fortunata ad avere un marito così bello e gentile.»

«Lei è molto più bella di me» rispose lui, la voce spezzata.

La donna si voltò e si diresse verso la finestra senza dire una parola, lasciandolo solo davanti al suo riflesso.

 

 

 

«Rivaille?»

«Dimmi, Petra.»

«So che ci conosciamo da poco, ma… io sono innamorata di te.»

L’uomo sorrise. «Anch’io sono innamorato di te.»

«Sposiamoci, allora!»

«Già siamo sposati.»

La donna rise, felice. «Davvero?»

«Davvero.»

«E com’è stato il nostro matrimonio?»

«Meraviglioso. Tu eri stupenda. Sei stupenda.»

«Sposiamoci di nuovo!»

«Tutte le volte che vuoi.»
«Per sempre?»

«Per sempre.»

 

 

«Petra… Rivaille non verrà più a trovarti» disse la donna con i capelli biondo sporco, gli occhi lucidi dalle lacrime.

E lei non capiva perché, ma seppe che la primavera non sarebbe mai arrivata.

«Chi è Rivaille?»

 

 

 

«Qui manca qualcosa.»

«Cosa, Petra?»

«Dovrebbero esserci dei fiori qui sopra» sussurrò, fissando il davanzale vuoto.

«E ce li mettiamo! Quali fiori devono starci?» domandò la donna con i capelli biondo sporco.

«Qualcosa di blu…» mormorò tra sé e sé.

«Che fiori devono starci?»

Petra piegò la testa di lato, spiegazzando un pezzo di stoffa e sfiorando la copertina di un libro che non riusciva più a leggere.

«Non me lo ricordo» rispose.

 

 

 

 

 

Nontiscordardime: ricordo; memoria; amore eterno; fedeltà perpetua.

 

Salve! Dopo due shot non angst, dovevo per forza tornare alla carica con dolore e sofferenza.

In realtà questa storia doveva essere completamente diversa. L’AU a cui avevo pensato era un altro, ma il modo in cui l’avevo impostato necessitava di molti più dettagli a cui non potevo pensare per mancanza di tempo.

Perciò, ho fatto una lista dei vari possibili AU che potevo inserire… e bam! Amnesia!AU

Un po’ cliché forse, ma è stato bello poterlo applicare a questa coppia. Bello ovviamente in senso metaforico, dato che ho sofferto molto più di voi nello scriverla!

Spero che vi sia piaciuta, eventuali commenti sono sempre benvoluti!

A domani con la prossima shot!

 

PhoenixOfLight

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Capitolo 5
*** 5. King and Lionheart ***


Giorni 5&6 – Capitano e soldato || Caffè

 

 

King and Lionheart

 

 

 

 

Levi Heichou.

Quando parlavano di lui, tutti lo definivano “un eroe”. Di ritorno da una missione, il nome che più veniva urlato dalla gente era il suo.

Sulle sue spalle non portava solo le Ali della Libertà, bensì le aspettative di tutta la razza umana.

I soldati lo ammiravano, ma sapevano di dovergli stare alla larga.

Il suo passato era avvolto nel mistero, e nessuno era stato così coraggioso e sconsiderato da porgli domande a riguardo. Solamente il comandante Erwin Smith era a conoscenza della verità, ma lui non aveva mai fatto trasparire nulla.

I suoi nomi erano tanti e diversi. Il salvatore, l’ex criminale, il maniaco della pulizia, il violento, l’incubo dei Titani. Il suo vero nome, però, rimaneva ancora ignoto.

Forse era quello il motivo per cui aveva così tanti soprannomi.

Levi Heichou.

Pochi erano riusciti ad avvicinarsi. Si contavano davvero sulle dita di una mano.

Il Comandante Smith in primis, poi Hanji Zoe, una delle poche che poteva dargli fastidio senza temere di essere uccisa. Anche la sua Squadra, certo, ma c’erano ancora alcune cose che gli tenevano nascoste.

«Il suo caffè, Caporale.»

Levi fece un breve cenno e tornò a osservare le sue scartoffie.

Petra prese una candela e la accese, mettendola sul tavolo accanto a lui. «Così gli occhi non si stancano.»

Il Caporale la guardò per un momento; non accennò a un sorriso, non le lasciò una carezza sulla mano, non le diede un bacio, non le disse grazie.

Eppure Petra sorrise e si sedette accanto a lui.

Raramente le mostrava cosa provasse. Così lei aveva imparato a leggerlo. E aveva scoperto che Levi era tutti quei nomi con cui veniva chiamato. Era l’eroe, l’ex criminale, il maniaco della pulizia, il violento, l’incubo dei Titani. Era freddo, irraggiungibile, scostante, rude, senza filtri.

Era colui che stava sveglio fino a tardi per rileggere i rapporti dei soldati e che teneva una foto dei suoi vecchi compagni in un cassetto di una scrivania – nascosto per bene alla vista di tutti.

Era l’uomo che aveva imparato a conoscere e che si era ritrovata ad amare.

«È tardi, dovresti andare a dormire.»

«Non me ne vado, Heichou

Lui si portò la tazza alle labbra e seppe che la sua era una promessa.

 

 

 

C’erano momenti in cui Levi era così cupo, che sbatteva la tazza del caffè sul tavolo, quando era vuota. In quei casi, Petra si limitava a fare i suoi doveri da soldato, ma la sera faceva scorrere sotto la porta della sua stanza i “biglietti dei baci”.

C’erano altri momenti in cui non sembrava essere arrabbiato, ma la sua espressione era più indifferente del solito, o non scambiava una parola con nessuno. Tutti erano attenti a non avvicinarsi troppo a lui – temevano di essere picchiati, prima o poi – perciò Petra gli portava il caffè, gli sorrideva, intratteneva una breve conversazione con lui e poi si avvicinava agli altri soldati.

Infine, c’erano momenti in cui Levi non sembrava se stesso e quelli erano i momenti più strani che Petra aveva mai vissuto.

Una sera Levi le disse che, anche se il caffè che bevevano era “un orribile miscuglio di acqua sporca e merda di cavallo”, quando lei lo preparava era passabile. Quello fu uno dei primi complimenti che le rivolse e la fece ridere e imbarazzare per la seguente mezz’ora.

In una missione persero quasi la metà della loro truppa, e lui la ritrovò la sera immobile sul davanzale della finestra. La fece avvicinare a sé e la tenne stretta, e Petra riusciva a sentire il suo cuore battere forte. Quella fu la sera in cui le confessò perché l’avesse scelta per la Squadra per le Operazioni Speciali e lei sentì le lacrime salirle agli occhi. Quello fu il giorno in cui il suo migliore amico era morto e lei non aveva potuto fare nulla per salvarlo, e Levi le aveva ricordato il suo vero valore.

Furono invitati a un ballo in un lussuoso palazzo del Muro Sina e lui aveva bevuto un po’ troppo alcool, così la trascinò sul balcone e ballarono un lento senza ritmo e senza musica. Faceva freddo, i piedi le facevano male, Levi sbagliava un passo su tre, e lui le disse che quella sera era bellissima, che era sempre stata bellissima, fin dal primo momento in cui l’aveva vista e che un giorno l’avrebbe sposata.

Lei arrossì solamente e decise di star zitta.

Successivamente Levi cominciò a offendere tutti coloro che incontrava nei modi più originali possibili e lei si ritrovò a ridacchiare sotto i baffi mentre abbandonavano la Sala nello sconcerto totale.

«Perché ridi?»

«Niente, Heichou

 

 

 

 

«Siamo quasi morti, oggi.»

«Appunto.»

«Dovrei leggere i rapporti della missione.»

«Ah-ha.»

«Sei un mio cadetto.»

«Lo so.»

«Ciò che stiamo per fare è illegale.»

«Ne sono cosciente, sì.»

«Non si può più tornare indietro, una volta fatto questo passo.»

«Oh mio- sta’ zitto» esclamò lei tirandoselo a sé e baciandolo con foga.

Lui rispose al bacio con lo stesso ardore e lei soppresse una risata. Levi appoggiò le mani sulla sua vita e Petra fece scorrere le dita tra i suoi capelli.

«Se ci scoprono siamo fottuti» decretò lui quando si staccarono, entrambi con i respiri affannati.

«Un po’» ridacchiò lei.

«Sembri ubriaca.»

Rise e lo baciò di nuovo, mordendogli leggermente il labbro inferiore come punizione.

Levi la avvicinò ancora di più a sé; le orecchie erano piene del battito forsennato dei loro cuori.

«Levi…» mormorò lei, baciandogli la mascella.

Lui la spinse leggermente verso il materasso e lei obbedì; ora l’uomo era su di lei, fissandola intensamente. Le prese le nocche delle mani e cominciò a baciarle una ad una.

«Che fai?»

«Mi piacciono le tue mani» spiegò lui.

«Sono troppo esili» protestò lei.

«Ma sono belle.»

Lei roteò gli occhi e lui le baciò la palpebra destra, per poi sfiorare di nuovo le labbra.

«Forse dovremmo fermarci?»

«Alzati e lasciami qui, se ne hai il coraggio»

Levi non si alzò dal letto per tutta la notte.

 

 

 

 

«Crede che abbia sentito?»

Lei si asciugò le lacrime e lo fissò.

Non l’aveva mai visto così. I suoi occhi urlavano le sue emozioni e lei non poteva far altro che fissarli.

C’era un sincero dispiacere nelle sue iridi, e dolore, ma anche rassegnazione. Quante altre morti aveva visto fino a quel momento? Quante altre volte aveva dovuto partecipare a quella scena? Quanti compagni caduti aveva tenuto per mano mentre morivano?

«Sì. Credo che le sue parole l’abbiano raggiunto. Non vede? Ora sorride.»

E sorrideva anche lei, mentre fissava un cadavere squartato dai Titani, mentre i mostri distruggevano le case e divoravano la razza umana, mentre il soldato più forte dell’umanità le mostrava il suo lato più nascosto.

Sorrideva perché suo padre le aveva insegnato che è nei momenti più bui che bisogna brillare di più, o non si vede ciò che si ha attorno.

Levi fissò il soldato e Petra guardò lui.

Riusciva a vederla, l’altra parte del Caporale. E ne rimase affascinata.

Pensò che, se il destino dell’umanità si trovava nelle mani di quell’uomo, non aveva niente di cui preoccuparsi. Per la prima volta dopo molto tempo, si sentì a sicuro.

Fu quando tornarono dalla missione, sani e salvi nei loro alloggi, che Petra si concesse di pensare all’accaduto e si ritrovò col fiato corto e un sorriso sulle labbra.

Il suo corpo era un miscuglio di emozioni e sensazioni, perciò fece l’unica cosa che riusciva a calmarla in quei momenti: scrivere al padre.

Di solito gli raccontava delle missioni e lo rassicurava; quella volta, invece, aggiunse qualcos’altro.

Sul foglio versò tutto ciò che sentiva, fermandosi di tanto in tanto per sgranchirsi a mano o riflettere su qualche parola.

Quando ebbe finito, un senso di serenità e consapevolezza la avvolse; poggiò la piuma sul tavolo, rilesse la missiva e si accorse, perdendo un battito, di amare Levi più di quanto abbia mai amato in tutta la sua esistenza.

Ho intenzione di dedicare la mia vita a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ehm… oops!

Doveva essere una Rivetra Week, ma penso di aver saltato qualche giorno eheheheh ^^’

Torno un anno dopo – no, ok, un mese e mezzo dopo, con questa one-shot che doveva essere molto più lunga ma che non ha voluto essere più lunga di così.

Non so se soddisfa le vostre aspettative, non so se vi ricordiate ancora di questa raccolta, MA io continuo a postare perché sì!

Se vi state chiedendo quando arriverà l’ultimo giorno sella week… beh, non lo so.

Giuro, non ne ho idea.

Farò di tutto per postarla il prima possibile, lo prometto!

 

La canzone che ha ispirato il capitolo e il titolo: [x]

Grazie mille per le recensioni e per aver inserito questa storia nelle preferite/seguite!

Scusate se non ho risposto alle vostre recensioni, ora lo faccio!

 

A presto!

 

PhoenixOfLight

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