La vera storia di Amelia

di Eleninalabelieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia migliore amica ***
Capitolo 2: *** La visita alla clinica ***



Capitolo 1
*** La mia migliore amica ***


Mi chiamo Amelia, ho 17 anni e vivo in un piccolo paese vicino Milano. Sono una ragazza “normale”con i capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo. Sono magra e non tanto alta. Vengo soprannominata corvina a causa dell’ intenso colore dei miei capelli. Sono una specie di biancaneve del mondo di oggi (tranne per gli occhi azzurri). All’ età di 10 anni, i miei genitori hanno divorziato e sono andata a vivere con mia zia. Abitavamo in un piccolo paese lontano da tutti ed è lì che ho capito la ragione delle mie frustrazioni, la mancanza di una madre e di un padre, la mancanza di un amica, la mancanza di qualcuno che mi stesse davvero accanto. Insomma, lì ho capito chi ero e che cosa mi era successo. Cinque anni dopo, mia zia è morta a causa di un tumore al seno e non avendo più nessuno, sono stata portata in un orfanatrofio ed è lì che ho conosciuto una persona stupenda che mi ha insegnato qual’ è il vero valore dell’ amicizia. Questa ragazza si chiama Martina, anche lei come me aveva perso entrambi i genitori ma per cause naturali. Aveva i capelli biondi e dei fantastici occhi verdi. Era alta e magra ed era veramente bellissima. Con il tempo il nostro legame si è rafforzato e siamo diventate sempre più amiche. Il 16 di Novembre, (del 2011) giorno del suo compleanno, le avevo organizzato una festa a sorpresa e lei, mi aveva ringraziata con una lettere dove diceva che mi adorava e che ero la sua migliore amica. Pochi mesi dopo, siamo uscite a fare una passeggiata nel centro di Milano e lì, è avvenuta una catastrofe. Abbiamo preso una stradina che ci avrebbe riportato all’ orfanatrofio ma, ecco che appare un uomo con una folta barba nera e con degli occhi scuri e penetranti. Era alto, magro e con strani tatuaggi sulla pelle. Si è avvicinato e ha tolto da una tasca della grande giacca verde, uno strano oggetto che non avevo mai visto prima … Era una pistola e ce la puntò adesso. Martina, non voleva che mi colpisse e quindi mi spostò e il colpo le arrivo dritto nello stomaco. La vidi cadere a terra e comincia a gridare come mai avevo fatto prima. L’ uomo, spaventatosi, scappò e io ebbi un attacco di panico. Non avevo mai provato l’ esperienza di perdere una persona alla quale tenevo davvero. Mi misi a correre cercando qualcuno che fosse in grado di aiutarmi. Nessuno si fermò ad ascoltarmi ma da lontano vidi una cabina telefonica. Mi fermai e feci il numero dell’ orfanatrofio e dopo 10 minuti arrivarono a prenderci. Martina era svenuta tra le mie braccia e vedevo scorrere il sangue dalla profonda ferita. Provai un dolore immenso e capii che lei ci teneva davvero e aveva rischiato la sua vita per me. Mi addormentai e quando mi svegliai non era più con me. L’ avevano ricoverata in ospedale e mi dissero che non l’ avrei più potuta vedere perché ero solo un pericolo per lei. Una settimana dopo, mi trasferirono in un altro orfanatrofio, molto lontano dal precedente. Persi tutti i contatti con Martina, le lettere che le spedivo, non aveva risposta e l’ unica cosa che mi teneva ancora attaccata a lei era un braccialetto che mi aveva regalato dove era inserita una nostra foto e dove c’ era scritto: << migliori amiche per sempre >>.

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Capitolo 2
*** La visita alla clinica ***


Passarono mesi prima di avere notizie sulla salute di Martina ma un giorno, lo ricordo ancora come fosse ieri, ricevetti una lettera dal mio vecchio orfanatrofio che diceva: << Cara Amelia, volevamo comunicarti che la tua compagna di stanza, Martina, è sopravvissuta nonostante il brutto colpo allo stomaco. L’unico problema è che dopo lo sparo, è caduta a terra e ha pestato la testa e ora ha perso gran parte della memoria. Speriamo che la recuperi in fretta, se vuoi ti diamo il permesso di venirla a trovare qui, nella clinica dov’ è ricoverata. A presto e facci avere tue notizie >>. Dopo aver letto quel messaggio, ho avuto un attacco di panico, sono scoppiata a piangere perché non riuscivo a credere che la mia migliore amica fosse sopravvissuta. Quando l’ hanno colpita, ricordo di aver sentito il dolore che provava lei, dentro di me, è stata un’ esperienza che rimarrà indelebile dentro di me. Poi, mi sono messa a pensare a come sarebbe stato il nostro incontro. Lei aveva perso la memoria ma aveva dimenticato anche il nostro legame e aveva dimenticato anche me? Ero molto emozionata all’ idea di rivederla così mi sono vestita, ho chiesto il permesso di uscire, ho comprato un biglietto per l’ autobus e mi sono diretta all’ ospedale. All’ ingresso c’era una giovane donna con un camice bianco che mi ha posto alcune domande per essere sicura della mia identità. Mi hanno fatto entrare in una stanza tutta bianca e con poche poltrone e mi hanno fatto attendere. Dopo pochi minuti la porta si è aperta ed è entrata la ragazza che ormai conoscevo da tempo. I suoi capelli biondi e quegli splendidi occhi verdi, rimarranno sempre impressi nel mio cuore. Si è seduta e io senza rendermene conto, l’ avevo già abbracciata e avevo cominciato a piangere. Lei, con la sua voce dolce mi ha detto: << Ciao Amelia >>. Non ci potevo credere, si ricordava davvero di me? Oppure ricordava solo il mio nome? Ero molto incerta ma piena di speranza così mi sono fatta avanti e le ho mostrato alcune nostre foto e il nostro braccialetto. Lei, ha spostato la manica del camice blu e sul polso, era ancora agganciato il ricordo della nostra grande amicizia. In quel momento, ho provato un sacco di emozioni, dalla felicità di quel momento alla tristezza di non poterla rivedere. Lei, nei miei occhi ha notato la mia infelicità e mi ha sussurrato all’ orecchio: << Amelia, non ti dimenticherò mai, tu sei la mia migliore amica e anche se non ci vedremo per un po’, sappi che tu sarai sempre nel mio cuore >>. Proprio in quel momento è arrivata l’infermiera e mi ha detto che dovevo lasciare la clinica perché si stava facendo tardi. Io non volevo andarmene e così mi hanno dovuto portare fuori con la forza. Ricordo di aver sentito la voce di Martina che diceva: << a presto >> e poi ho sentito un lieve pianto. Allora anche lei ci stava male come stavo io. Uscita dall’ ospedale, sono tornata all’ orfanatrofio e mi sono ripromessa che sarei andata a trovarla ogni fine settimana ma me lo avrebbero permesso?

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