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di Vulpix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In Dante la sua firma... ***
Capitolo 2: *** Io venni il luogo d'ogni luce muto... ***
Capitolo 3: *** Vuolsi così colà dove si puote... ***
Capitolo 4: *** Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore... ***
Capitolo 5: *** E poi che la sua mano a la mia puose... ***
Capitolo 6: *** Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire... ***
Capitolo 7: *** Amor, ch’a nullo amato amar perdona... ***
Capitolo 8: *** Lo viso mostra lo color del core... ***
Capitolo 9: *** Temer si dee di sole quelle cose c' hanno potenza di fare altrui male... ***
Capitolo 10: *** Mirate la dottrina che s ‘ascombe... ***
Capitolo 11: *** Io venni in loco d’ogne luce muto... ***
Capitolo 12: *** "...Quel giorno più non vi leggemmo avante". ***
Capitolo 13: *** Tant’è amara che poco è più morte... ***
Capitolo 14: *** Ed elli a me, come persona accorta... ***
Capitolo 15: *** ...la somma sapïenza e ’l primo amore. ***
Capitolo 16: *** Lo giorno che costei nel mondo venne... ***
Capitolo 17: *** Allor fu la paura un poco queta... ***
Capitolo 18: *** Per me si va... ***
Capitolo 19: *** E lo spirito mio, che già cotanto tempo era stato... ***
Capitolo 20: *** Oscura e profonda era e nebulosa... ***
Capitolo 21: *** Che non possa tornar, l'etterno amore... ***
Capitolo 22: *** ...infin che ’l mar fu sovra noi richiuso. ***
Capitolo 23: *** Tu sentirai, di qua da picciol tempo... ***
Capitolo 24: *** La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento... ***
Capitolo 25: *** La mia letizia mi ti tien celato, che mi raggia d'intorno e mi nasconde ***
Capitolo 26: *** Amore, acceso di virtù, sempre altro accese... ***
Capitolo 27: *** Era già l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core ***
Capitolo 28: *** Già eran quasi che atterzate l'ore... ***
Capitolo 29: *** Veramente a così alto sospetto non ti fermar, se quella nol ti dice... ***
Capitolo 30: *** Taci, maladetto lupo! Consuma dentro te con la tua rabbia... ***
Capitolo 31: *** Io mi sentii svegliar dentro a lo core... ***
Capitolo 32: *** ...perché appressando sé al suo disire,nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. ***
Capitolo 33: *** Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova... ***
Capitolo 34: *** Amor che ne la mente mi ragiona cominciò elli allor sì dolcemente ***
Capitolo 35: *** ...che dentro al core nasce un disio de la cosa piacente; e tanto dura talora in costui, che fa svegliar lo spirito d'Amore... ***
Capitolo 36: *** Dal dì che vidi quella bianca mano ogni altro amor dal cor mi fe' lontano ***
Capitolo 37: *** E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva... ***
Capitolo 38: *** Amor sì dolce mi si fa sentire, che s'io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente. ***
Capitolo 39: *** E mantenente cominciai a pensare,e trovai che l'ora ne la quale m'era questa visione apparita... ***
Capitolo 40: *** Amor mi mosse, che mi fa parlare. ***
Capitolo 41: *** Nel suo profondo vidi che s’interna legato con amore... ***
Capitolo 42: *** Felice insieme e miserabil mostro... ***
Capitolo 43: *** Poi mi parve vedere a poco a poco turbar lo sole e apparir la stella... ***



Capitolo 1
*** In Dante la sua firma... ***


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Il sole era da poco sparito dietro l'orizzonte, lasciando che il buio della sera scendesse su New York.
La fioca luce della luna illuminava le strade più isolate dello stato e il traffico cittadino stava diventando sempre meno caotico.
Le luci dei lampioni erano le uniche ad illuminare quei palazzi che di giorno brulicavano di persone, voci e mille computer accesi, televisioni che trasmettevano gli ultimi notiziari, poliziotti e detective affaccendati nel loro lavoro.
Quella sera, una sola luce illuminava i lunghi e silenziosi corridoi. Tutto l'intero palazzo era vuoto, ad eccezione di quella stanza al quarto piano illuminata da una piccola lampada poggiata in un angolo della grande scrivania.
Il silenzio regnava sovrano, interrotto dal ritmato e profondo respiro dell'unico occupante dell'edificio.
Dal corridoio s’intravedeva la mano di un uomo che spuntava da dietro l'enorme schienale della poltrona, rivolta verso la vetrata opposta, illuminata da un piccolo fascio proveniente dalla lampada.
Un uomo solitario che, come ormai molte sere a quella parte, aspettava che il mondo spopolasse quel luogo e lui potesse restare solo, in silenzio a riflettere con un bicchiere di scotch in mano.
Quella sera, più di molte altre, aleggiava una strana aria cupa. L'uomo aveva poggiato il bicchiere sulla scrivania, girandosi appena con la sedia e aveva allungato la mano per afferrare la semplice cornice che raffigurava sei persone che sorridevano felici. 
La portò più vicina a se e chinò la testa leggermente di lato, mentre passava l'altra mano sul vetro. 
Apparentemente poteva sembrare che stesse portando via la polvere accumulatasi in tutti quegli anni, ma i suoi occhi lucidi e l'espressione pensierosa, tradirono i suoi gesti.
Erano trascorsi quasi sei anni, ormai, da quando lo stralunato scrittore era approdato al distretto, nella sua squadra e l'aveva resa un vero e proprio gruppo, affiatato e fraterno... 
Da quando aveva sconvolto l'esistenza della sua migliore detective e portato una ventata di aria fresca al 12th.
Strinse a pugno la mano, in un gesto quasi istintivo. Scosse la testa, leggermente da un lato all'altro e poi ispirò profondamente.

“E' passato fin troppo tempo.  Non posso permettermi che ne trascorra ancora. E' arrivato il momento di agire! Devo farlo... per me, per lei e per tutti loro...” 

D'improvviso, riaprì il pugno e portò la mano più in la, sulla scrivania. Depositò la cornice sul tavolo afferrando con una mano la cornetta, mentre la portava all'orecchio, con l'altra mano, digitò velocemente una sequenza sulla tastiera. 
Un numero di telefono che ricordava ancora perfettamente a memoria, ma che non faceva più da tempo.




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Grazie di cuore
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Capitolo 2
*** Io venni il luogo d'ogni luce muto... ***


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Io venni in luogo d'ogni luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.
(da Inferno, V, 28-30)

 

Erano appena passate le otto di sera, quando l'uomo entrò nel suo appartamento, poggiò il telefono sul mobiletto all'ingresso e si tolse la giacca.
Mentre stava per dirigersi verso il divano e finalmente buttarsi su, il suono del suo cellulare lo fece tornare sui suoi passi.
“Chi può essere a quest'ora?” si chiese.
“Non mi pare che avessi qualche appuntamento stabilito e nessuno sa che sono in città...”
Prese il telefono tra le mani e sgranò gli occhi quando, dopo tutto quel tempo, vide comparire sullo schermo il logo del suo vecchio dipartimento e il nome 'Cpt. Montgomery
- Pronto - si affrettò a rispondere.
Dall'altro lato dell'apparecchio, lo raggiunse la voce stanca del suo vecchio capo.
- Javier - 
Ci fu una pausa e poi ancora:
- Sono Roy, Roy Montgomery -
- Capitano - si affrettò a dire.
Che strano effetto gli faceva chiamare quell'uomo Capitano... 
Improvvisamente fu riportato ad alcuni anni prima, all'ultima volta che lo aveva visto seduto alla sua scrivania...

 

۝§۝§۝

Toc toc…
- Avanti - 
- Capitano posso parlarle un minuto?-
- Certo Esposito, entra... -
Oltrepassò la porta con fare indeciso e con sguardo basso, finché l'uomo seduto alla scrivana, non lo incitò a continuare.
- Di cosa vuoi parlarmi? -
- Vede signore, ci ho riflettuto a lungo... questo posto non è più lo stesso, da quando... -
Ora il Capitano aveva incrociato lo sguardo del detective e sospirando aveva annuito.
-…Ho fatto domanda per rientrare nei corpi speciali! - sparò tutto d'un fiato.
- Quando inizi la missione? - domandò serio Montgomery.
- Come? Lei lo sapeva? - chiese sorpreso il detective.
- Certo! So tutto quello che riguarda i miei uomini... soprattutto se poi, vengo contattato dal Colonnello MacKenze per referenziare la richiesta di trasferimento di uno dei miei migliori uomini! -
- La ringrazio Capitano! - disse l'ispanico, davvero grato per la fiducia concessagli.
- Esposito... Javier, credo davvero che la vostra era la migliore squadra che avessi mai visto, la migliore che avessi mai avuto e potuto desiderare! La mia seconda famiglia! -
Rivolse lo sguardo verso la piccola cornice in bella mostra sulla sua scrivania e poi continuò:
- Negli ultimi tempi è cambiato tutto! Nonostante ciò, sei rimasto al 12th... ma so, che i "corpi speciali" sono la tua grande passione, il tuo più grande desiderio... e come un padre, ho cercato di fare in modo che questo si realizzasse. Ho dato la mia parola al Colonnello, e nonostante le abbia anche detto che mi avrebbe privato del mio miglior detective, ero contento che saresti entrato nella sua squadra... e... che non avrebbe potuto trovare un elemento migliore! -
- Grazie Capitano! Grazie davvero! - disse euforico, poi ricomponendosi:
- Farò onore alle sue parole, glielo prometto! -
- Non ne dubito! ma... sappi che qualora dovessi decidere di ritornare nella mia squadra, la porta è sempre aperta! Ci sarà sempre una scrivania pronta ad aspettarti...!-

۝§۝§۝

           

- Javier, ci sei? - la voce del suo ex capo lo riportò alla realtà.
- Si Capitano, sono qui.-
- Dopo tutto questo tempo, ancora non riesci a chiamarmi Roy? - lo sentì dire facendo trasparire un sorriso nella sua voce.
- Roy... come sta? - rispose imbarazzato.
- D’accordo, direi che posso scordarmi che mi darai del tu... -
Risero entrambi. L'aria era diventata più allegra ma c'era qualcosa che la rendeva tesa e lui non riusciva a capire ancora cosa fosse.
- Senti Javier... so che è un po’ di tempo che non ci sentiamo... sarà da prima che partissi per la tua ultima missione, giusto? -
- Si Ca-Roy... 5 mesi fa! -
Senza saperlo annuirono entrambi, poi con tono serio il Capitano riprese:
- Ad ogni modo, questa non è una chiamata di cortesia... so che sei tornato oggi... sarai stanco e avrai bisogno di riprenderti, ma....-
- Mi dica tutto Capitano! Se posso fare qualcosa per lei, sono a disposizione! -
Lo aveva interrotto subito. Aveva capito dal suo tono che si trattava di qualcosa di serio.
- Javier... hai altre missioni a breve? -
- Ho una settimana di riposo... poi dovrò andare alla base di Fort Hamilton, sono in forze lì... sempre che non mi assegnino nuove missioni! -
- Senti Esposito, avrei urgenza di parlarti di una questione molto delicata... che potrebbe richiedere che tu tornassi a prestare servizio al 12th...-
- Sono disponibile Signore! - lo interruppe - mi dica dove e quando, e ci sarò! - 
- Bene! - rispose l'uomo, lasciando finalmente un respiro di sollievo, prima di tornare a parlare.
- Domani mattina nel mio ufficio! e… puoi contattare anche Ryan? Avrei bisogno del vostro aiuto! Mi servirebbe la mia squadra al completo! Davvero tutta...-
- Certo Signore! Avviso io Kevin! Saremo lì per le 9, le va bene Signore? -
- Perfetto! Buona serata Detective! - 
Scostò il telefono dall'orecchio, tenendolo in mano davanti a se, guardando lo schermo che si era appena oscurato, con un sorriso in volto. “Buona serata Detective” gli aveva augurato il suo Capo.
Montgomery aveva bisogno di lui e della sua vecchia squadra... Lui avrebbe appeso nell'armadio la sua bella tuta nera e indossato al collo di nuovo il distintivo! 
“Detective”... quanto gli era mancato quell'aggettivo!
Era il momento di tornare a casa!
Si, ne era certo... Da li a poco le cose sarebbero potute tornare come una volta!
Sbloccò il telefono e con il gesto meccanico, di un tempo, compose il numero del suo più grande amico, il suo Bro!

 

⌘ * § * ⌘

 
 
Riagganciò la cornetta e prese il suo cellulare dal tavolo.
Smanettò un po’, finche non entrò nei messaggi e selezionò il destinatario.
Con il sorriso sulle labbra, digitò il testo.
 

"Sono riuscito a contattare Esposito...
Domani appuntamento nel mio ufficio alle 9!
Roy"

 
Rilesse e premette invio.
Prima di spegnere la luce, il vibro del cellulare lo raggiunse.
Riprese tra le mani l'oggetto e mentre si dirigeva verso l'ascensore, lesse il contenuto del messaggio:
 

"Ok, ho appena concluso l'autopsia per un caso...
Dovrei essere libera per le 9!
A Domani.
Lanie"

⌘ * § * ⌘

 

Il telefono sul comò continuava a vibrare, facendo tremare l’intera stanza. Adagiò il piccolo nella culla e di corsa si diresse verso il cellulare. Sgranò gli occhi quando lesse l’ID chiamante.
- Hey Bro! Già di ritorno dalla missione?- chiese appena accettò la telefonata.
- Noto con piacere che ti sono mancato! - rispose l’altro, facendo ridere entrambi.
- Scherzi a parte… sono tornato oggi. Ma questa non è una chiamata di cortesia…- disse lasciando per qualche secondo la frase in sospeso.
- Dimmi tutto! - affermò l’irlandese, intuendo al volo la situazione.
Si conoscevano da ormai molti anni, avevano collaborato a stretto contatto, quasi in simbiosi. Bastava il tono di voce ad allarmare l’altro.
- Mi ha contattato il Capitano Montgomery…-
- Che succede fratello? Ancora quella storia? -
- Ryan… non ho idea di cosa si tratta, ma ci ha convocati domani alle 9 nel suo ufficio! -  fece una piccola pausa e poi:
- Io ci sarò! Tu? Puoi liberarti o i tuoi filmini e i pannolini, occupano interamente le tue giornate? - disse a mo di sfottò.
- Javi… lo sai che sono passato al reparto informatico solo perché era la mia occasione per continuare in polizia e poter creare la famiglia che io e Jenny desideravamo! -
- Lo so, fratello! Sto solo dicendo che se Roy ha bisogno di noi, potremmo trovarci nella situazione di ritornare alle nostre vecchie vite! -
- Javi… il 12th e il Capitano sono stati parte importante della mia vita e se Montgomery ha bisogno di me, io ci sarò! Siete stati la mia seconda famiglia, e nonostante tutto… lo siete ancora! -
- Bene! Allora salutami la tua mogliettina e lo scricciolo! Noi ci vediamo domani! Sii puntuale! -
- Sarà fatto! A domani Bro! -
Chiuse la telefonata e avvicinandosi al suo piccolo, che dormiva beato, scuotendo la testa come se il suo amico potesse vederlo, tra se disse:
“Tornare ad essere un vero Detective, lo desidero da un paio di anni… ma quello che vorrei e che con me ci fosse tutta la famiglia del 12th…” 
 




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Capitolo 3
*** Vuolsi così colà dove si puote... ***


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« Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole,
e più non dimandare »
(Inf. III 95-96;  V 22-24)

 

- Ci ha portato in questo posto sperduto... nemmeno il caffè ci sta! - disse Esposito entrando nel grande soggiorno della villa.
- Ecco il caffè! Ho preso anche i cornetti per tutti!- irruppe la Hastings, tutta euforica per la nuova avventura, portando un vassoio con quattro caffè in una mano e un sacchetto nell'altra. 
- Wow grazie! - esclamò Espo, afferrando uno dei bricchi.
- Che hai da dire? E’ un posto bellissimo!- disse Ryan, mentre copiava il gesto del collega.
- Forse per te che eri rintanato in uno sgabuzzino a vedere video! - sentenziò l'ispanico, per poi rivolgersi al nuovo arrivo.
- Tu dove stavi prima? -
- Ero all'informatico - rispose il ragazzo, ma prima che potesse aggiungere altro, Ryan disse:
- È un mio collega! Ne ho parlato con il Capitano e lui è d'accordo che possa esserci utile! -
 
Mentre i quattro si rifocillavano, sopraggiunse il Capitano dicendo:
- Hanno trovato un morto a Battery Park - poi rivolto ai detective:
- Ryan, Esposito, andate! Castle è già li! -
- Castle? - disse Ryan stupito.
- Ma perché, è tornato Castle?- chiese Esposito.
- Si è tornato ieri sera!- tagliò corto Montgomery.
 
Dopo un po', Esposito domandò:
- Lui lo portiamo? – indicando il nuovo arrivato.
- Perché no, così vede di che cosa ci occupiamo! Però per stasera tutto deve essere a posto! - disse indicando il mare di scatoloni che erano stati depositati un po' ovunque.
- Va bene - risposero in coro.
- Fatemi sapere - disse prima di dirigersi nella stanza adiacente, che sarebbe diventata il suo nuovo ufficio.
I detective si avviarono verso l'uscita seguiti dall’agente che, prima d’incamminarsi, chiese quasi tra se:
“Ma chi è Castle?”

⌘ * § * ⌘


Arrivarono sulla scena del crimine e parcheggiarono.
Mentre si avvicinavano al nastro giallo, Ryan rispose alla domanda di Brennan.
- Castle è lui! Fino a quasi tre anni fa lavorava con noi… Beh in teoria era un consulente della polizia. E' uno scrittore di gialli abbastanza famoso, ma non dirgli che non lo conosci...- disse ridendo.
- Ci ha aiutato molto in passato, in molti casi grazie al suo intuito è riuscito a trovare il tassello mancante. Lui segue, guarda, sente, pensa (almeno ci prova)- rise - Sembra che non noti niente e invece gli rimane impresso tutto... Beckett diceva che lui riesce a vedere fuori dal coro...-
Si scambiò uno sguardo carico di tristezza con il suo Bro...
“Kate... dove sarai adesso?”
Uno strano senso di angoscia lo percorse, imprigionandolo nei suoi ricordi.
La voce di Brennan lo portò alla realtà  - Beckett? -
- Era il nostro detective capo! - si affrettò a rispondere Esposito.
- Già... Castle era il suo partner! -
- All'inizio non poteva sopportare l'idea di averlo intorno - scherzò Espo.
- Mhm io credo che quelle fossero tutte scene... credo che non sopportasse il fatto che le fosse stato imposto di “portarselo dietro” -
- Beh di certo non sprizzava gioia da tutti i pori! -
- Questo no... era piuttosto irritata... ma chi non lo sarebbe stato! -
- Da subito ho capito che sarebbero stati una grande coppia! - disse Espo sorridendo.
- Stavano insieme? - chiese Carl.
- NO - risposero entrambi.
- A vederli da fuori ci avresti scommesso...-
-e noi l'abbiamo sempre fatto! Perdendo! - scherzò l'ispanico.
-Erano un duo perfetto, si completavano l’un l’altro! La coppia di partner più magicamente assortita, che avessi mai visto! - terminò tristemente l'irlandese.
- La cosa più forte è che si completavano le frasi a vicenda! -
- Già... uno sguardo e...- schioccando le dita - arrivavano alla soluzione del caso! -
Brennan stava per chiedere altro ma Esposito con un gesto gli fece capire che era ora di 'tagliare' mentre rivolgeva lo sguardo al di là del nastro giallo, in direzione di Castle che girandosi li aveva visti e stava andando verso di loro.
 

⌘ * § * ⌘


Castle era chinato a guardare all'interno dell'abitacolo, quando il medico legale oltrepassò la linea e si avvicinò a lui.
- Ciao Lanie -
- Ciao Castle! Ben tornato.-
Lo salutò poggiando la sua valigetta sul cofano e indossando i guanti.
- Com'è andata in giro per il mondo? - gli chiese.
- Meglio che a lei... Le hanno sparato con una calibro 22...- disse lo scrittore, cercando di far cadere la conversazione.
Suonò strano il suo tono ma, da come aveva imparato a conoscerlo, capì che era meglio tornare al caso.
- Pare di si - disse avvicinandosi e scostando la giacca della donna per vedere meglio il foro.
- Stanotte - continuò lui.
- Almeno 8 ore fa - confermò.
Diede un breve sguardo in giro e poi disse: 
- Sappiamo chi è? -
Lanie fece segno di si con la testa e poi aggiunse:
- Lì c'è la sua patente - disse indicando il cruscotto della macchina, poi scostò di poco la testa e indicando con lo sguardo la borsa sul sedile posteriore - alcune carte di credito… e un po' di soldi...-
Lo scrittore prese il borsello dal cruscotto e iniziò a leggere:
- Johanna Borsquel, 37 anni… -
- Sappiamo altro?- domandò lo scrittore.
- Non c'è altro per ora... saprò dirvi…- stava continuando Lanie, quando Castle, intuendo cosa avrebbe detto, la fermò.
- Ok te la lascio.-
Disse girandosi a guardare al di là del nastro che delineava la scena del crimine e, notando i due detective, con un largo sorriso, si diresse verso di loro.


⌘ * § * ⌘


Attraversarono il nastro giallo e andarono incontro al loro vecchio amico.
- Castle - disse Esposito dandogli una pacca sulla spalla e porgendogli la mano. Quella che si scambiarono non era una stretta formale, come dei vecchi colleghi che s’incontrano per caso dopo tanto tempo. Incrociarono le loro mani in una stretta fraterna, avvolgendole a vicenda fino a ritrovarsi polso contro polso, mentre con l’altra mano si strinsero le spalle, quasi a volersi abbracciare.
- Espo!- Rispose Rick quasi tossendo dalla forza della pacca. Poi voltandosi verso Ryan - Hey amico! Congratulazioni! -
Si abbracciarono e notando lo sguardo stupito di Kevin, aggiunse:
- Jenny è incinta, no?-
Gli si aprì un enorme sorriso e rispose:
- Si quinto mese -
Richard gli diede una pacca sulla spalla e aggiunse sorridendo - Non ti si può lasciare un attimo eh...?-
Scoppiarono tutti a ridere, poi Esposito chiese:
- Montgomery ha detto che sei tornato ieri! Cosa ti ha riportato qui? -
Prima che potesse aggiungere altro, si guadagnò una gomitata nello stomaco dal collega.
Rick sorrise e poi rispose:
- Beh... ho girato il mondo per quasi due anni... Ho raccolto tutto ciò che mi serviva per i miei romanzi...-
- Per scriverne 3 su Nikki non ti sono bastate le informazioni raccolte per i primi 22 romanzi... e i TRE anni che hai seguito Beckett!-
Quest'ultima uscita gli fece guadagnare di diritto una poderosa gomitata nello stomaco, tanto da farlo piegare in due.
Cercando di cambiare discorso Ryan portò l'attenzione su un'altra questione:
- E con la casa come farai? -
Grato all'amico, tornò a sorridere e rispose:
- Beh il mio loft l'ho affittato... Mia madre è partita per le sue tournée, Alexis era al college e io con il mio nuovo incarico ero sempre in giro.-
Si rabbuiò un attimo in viso, preso dai ricordi e poi tornando a sorridere:
- Era un peccato lasciarlo vuoto! Comunque Roy mi ha procurato un appartamento... non è niente di grandioso ma sempre meglio di una stanza d'albergo... tanto non so quanto tempo mi fermerò.-
- Come... non sei tornato per restare? - chiese Esposito.
- Come hai puntualizzato prima, due anni potrebbero essere pochi per scrivere bene... potrei aver bisogno di ripartire!- disse duro e allo stesso tempo triste.
Poi rivolse lo sguardo sulla terza persona davanti a lui.
- Tu dovresti essere... quello nuovo?- gli chiese.
- Carl Brennan - rispose porgendogli la mano.
- Mi ha detto il Capitano che sei un genio dell'informatica - gli disse ricambiando la stretta.
- Genio... beh forse esagera - disse il giovane un po’ imbarazzato.
- No, il Capitano non esagera mai!- rispose serio.
Espo intervenne riportando l'attenzione alla vittima...
- Ok diamoci da fare!- poi rivolto a Ryan, - facciamoci un giro qua in torno!-
Il collega annuì e continuò:
-Noi andiamo a interrogare i passanti, vediamo se qualcuno ha visto o sentito qualcosa!-
- Io passo per casa... mi sistemo e vi raggiungo in centrale!- rispose Castle.
- No, in centrale no! Abbiamo traslocato...- disse un Esposito al quanto imbarazzato.
- Questa mi è nuova... Com'è sta storia?- Chiese lo scrittore.
-Beh, ci sono un sacco di cose nuove...- rispose Espo prima di dirigersi verso il parco.

 
 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore... ***


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« Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore,
tu se' solo colui da cu'io tolsi
lo bello stilo che m'ha fatto onore»
 (da Inferno I 85-87)

 

Le luci fredde a illuminare il lungo corridoio del tunnel di tiro, la sagoma nera del bersaglio distante 50m dalla sua postazione. Indossava la cuffia e gli occhiali, la pistola ben ferma tra le mani e lo sguardo concentrato sul mirino.
Sparò il primo colpo, colpendo il bersaglio in pieno centro, poi, prima di premere ancora il grilletto, si accorse di un movimento alle sue spalle.
Dietro al vetro, vicino ad uno degli istruttori, c'era un uomo che attendeva.
Si voltò leggermente, per raggiungerlo con la coda dell'occhio e poi, tornando a puntare davanti a sè, prima di esplodere l'ennesimo colpo, disse:
- Ciao Capo! -
L'uomo si chinò verso il tavolo e, azionando l'interfono, rispose al saluto.
- Ciao Kate -
 
Un caricatore dopo, la sagoma si stava avvicinando al box di tiro, per mostrarle i suoi colpi ben assestati.
Fece segno di 'ok' con la testa all'uomo ai comandi e si diresse verso l'altra postazione.
Senza nemmeno voltarsi, chiese all'uomo alle sue spalle:
-Tu mi hai fatto trasferire dal Bureau a qui per questo!-
Il capitano che la seguiva nel suo percorso verso il secondo box di tiro, quello dei 100m, rispose:
- Non ti ho fatto trasferire io! Ho solo saputo che ti avevano trasferito qui... Mi sono detto che questo era un segno del destino!-
Si voltò verso di lui, con un'espressione scettica, che si trasformò in sorriso amaro nel momento in cui aveva accennato alla parola 'destino'.
- Senti, mi dispiace, ma io questa cosa non la posso fare! - disse all'improvviso, mentre si posizionava di nuovo all'interno del box di tiro.
- Eravate un buon gruppo, ti ritroverai bene! Mi serve la mia squadra!- rispose l'uomo appoggiandosi alla paratia laterale.
- Come faccio a ritornare come se nulla fosse successo? - gli disse mentre inseriva il caricatore nuovo nella sua pistola.
- Anche così... non puoi nasconderla a lungo... e poi non pensi che...-
- No non penso!- lo interruppe mentre s’infilava la cuffia.
- Fammi finire, però!- provò a insistere il capitano, ma lei infilò gli occhiali e puntando l'arma verso il bersaglio, prima di sparare, concluse:
- Già so quello che mi vuoi dire…!-
 
Quando anche il secondo gruppo di proiettili fu scaricato sulla sagoma, a formare una sorta di cerchio pieno nei dintorni del cuore, quasi in un sussurro si udì la sua voce:  
- Quando è tornato? -
- Due giorni fa...- le rispose rapido - Quando ho pensato a te non sapevo nemmeno che stesse per tornare... è stato via nove mesi dietro alle 'ricerche' per il suo nuovo libro...-
Ora erano uno di fronte all'altra.
- Ha girato un po’ ovunque... ed ha già pubblicato il primo...-
- Come gli è andata?- disse lei, mentre si toglieva cuffia e occhiali.
- Bene... in pochi giorni in Europa è diventato Best Seller - disse mentre un leggero sorriso apparve su entrambi i volti.
- Nei prossimi giorni uscirà anche in USA - terminò prima di seguirla verso la stanza adiacente.
 
- Lo stai facendo solo per riavvicinarci?- gli chiese, mentre estraeva il caricatore della pistola.
- No te lo giuro! -
-Si... me lo giuri...-  disse rialzando gli occhi verso di lui.
 
Passarono alcuni minuti di silenzio, in cui lei era intenta a smontare l'arma per pulirla.
- Cosa vuol dire che sei preoccupato per Castle? - chiese senza distogliere lo sguardo dal tavolino.
- Mi sembra abbastanza grande, non ha mica bisogno della balia, lui! -
Afferrò qualcosa dal cassettino e alzando lo sguardo verso Montgomery
-…e poi preoccupato di cosa? -
Roy era appoggiato con una spalla alla parete e la guardava compiere quei gesti meccanici.
- Mah... non lo so nemmeno io, però sento che c'è qualcosa o qualcuno che...-
Alzò gli occhi verso di lui
- Sai negli ultimi tempi...-
Ora i loro sguardi erano incrociati e poteva chiaramente vedere tutta la sua preoccupazione, -...si era fatto qualche "nemico".-
Annuì, ricordandosi chiaramente a chi potesse riferirsi.
- Un mese fa, mentre era ancora all'estero, qualcuno è entrato di notte nella sua casa...-
Lei, gli fece segno con gli occhi di continuare.
- Qualcuno che non sapeva che Castle quell'appartamento l'aveva lasciato.-
- Potevano essere i ladri? - ipotizzò subito lei.
- Non erano dei ladri...-
- Come fai a dirlo?-
- Beh non si sono portati via niente... Hanno frugato tra le sue cose, sopratutto in un cassetto di ricordi privati, fotografie, lettere, ma non hanno rubato nulla! -
- La porta l'hai trovata scardinata? - chiese riponendo gli utensili nel cassetto.
- No... La persona che è entrata aveva una copia delle chiavi.-
- Castle lo sa? - chiese ancora.
- Si, gliel'ho detto stanotte.-
- Che ti ha detto? -
- Era appena sceso da un volo durato 12 ore... non mi ha detto niente, naturalmente.- sorrise - Si è limitato ad alzare le spalle e ha scherzato dicendo "sarà stato un mio fan"-
- Come al suo solito! - ripose lei scuotendo la testa e afferrando i due pezzi della pistola. 
- Quando ti da la soddisfazione di essere serio?!- disse facendo scattare il click del caricatore prima di dirigersi verso la sua giacca.
 
Arrivata all'attaccapanni, indossò la fondina e infilò l'arma. Prese la giacca e poco prima di uscire dal poligono, abbottonandosela, chiese:
- Se ti dico di si... quando comincio?-
- Subito!- rispose l'uomo.
Annuì e attraversò la porta senza voltarsi indietro, lasciando il capitano sull'uscio con lo sguardo soddisfatto e speranzoso.

⌘ * § * ⌘


Il sole splendeva alto in cielo ad illuminare la piccola contea di Richmond. Si era alzato di buon ora e dopo aver  lasciato Manhattan,  attraverso il ponte di Verrazzano, era giunto a Staten Island.
Aveva percorso rapidamente la circonvallazione esterna che corre lungo tutto il perimetro dell'isola e, nonostante fosse la via di comunicazione stradale più importante, non aveva trovato nessun ingorgo, nemmeno l'ombra del traffico.
Sorrise al pensiero di quanto invece avrebbe impiegato a percorrere la metà dei chilometri se fosse stato a New York.
Il nuovo 'commissariato' era situato in una zona residenziale della piccola collina di Fort Hill. La scelta di quel luogo appartato e così singolare era dovuto ad un unico e solo motivo. Era ben conscio che, agli altri, quello strano trasloco poteva aver destato qualche dubbio, ma per il momento doveva attenersi alla scusa principale... Doveva portarli a ritornare la squadra di un tempo, impegnandoli in quel caso, solo dopo... avrebbe scoperto le carte!
Costeggiò la strada statale e s’immerse nel verde della contea, dal quale di tanto in tanto spuntavano numerose ville monofamiliari in stile Tudor.
Mise la freccia e s’inoltrò nel viale privato. Arrivato nello spiazzo antistante la villetta, prese il telecomando dal cruscotto e azionò l'apertura dei cancelli.
Il 65th Dipartimento del Richmond, come l'aveva rinominato Castle la sera prima, ma che in realtà era semplicemente la villetta al civico 65, spiccava nella sua maestosità.
Sembrava una rocca immersa nel verde. Non aveva nulla a che vedere con il 12th...
Era una villetta monofamiliare, in una zona elegante, ma abbastanza appartata dal centro, tanto che, l’andare e venire di quelle sei o sette persone che l’avrebbero frequentata, non avrebbe dato nell’occhio.
Sembrava fosse stata scolpita nel panorama che le faceva da sfondo.
A livello della strada c’era il garage, sulla cui porta ad apertura doppia, figurava il numero civico. Sulla destra era stata costruita la scala, completamente in pietra e con il passamano in legno, che portava al piano rialzato dove si trovava la casa vera e propria, suddivisa in due piani più il sottotetto.
Alla prospettiva la facciata appariva come composta di tre parti. Il corpo principale, con al primo piano la porta d’entrata e al secondo una finestra, era più avanti del resto della casa e finiva in alto con il tetto spiovente. Il lato sinistro riprendeva la costruzione della facciata, situato un po’ più indietro del corpo principale, con una vetrata al primo piano che si affacciava sul giardino e un’altra finestra sempre al secondo piano. La parte destra era stata costruita in lunghezza con un primo piano soltanto che finiva con il tetto spiovente.
Il tutto recintato da un muro in pietra come la scala e da alberi e piante che contornavano anche il retro della casa.
Un posticino elegante, ma non pretenzioso e soprattutto tranquillo per la rimpatriata a cui aspirava Montgomery.
Dopo aver lasciato la macchina nel garage, si diresse verso il piano superiore della villetta, percorrendo le scale interne.
Sbucò in quello che una volta doveva essere il salone principale, ma che ora era un grande stanzone adornato da una miriade di scatoloni.
“Menomale che avevo detto 'entro stasera voglio tutto a posto'... peccato che l'abbia detto ieri!”
Mentre blaterava tra sè, una voce alle sue spalle lo fece sussultare.
- Buon Giorno Capitano! -
Si voltò di scatto verso l'uomo che, in una delle stanze adiacenti, trafficava con la macchinetta del caffè.
- Buon Giorno Castle! Svegliato di buon ora?-
Disse entrando nella stanza.
- Già... non mi sono ancora riabituato al fuso orario.-
- Vedo che i ragazzi hanno provveduto a istallare la macchina del caffè... nonostante il casino regni sovrano! -
- Su Capitano! - disse sorridendo, poi porgendogli una tazza del liquido nero fumante.
- Sa come sono! Non vivono senza il loro caffè! -
- Grazie.- Rispose prendendo la tazza e bevendone un sorso -…e nemmeno sopravvivrebbero senza il tuo prezioso regalo! -
Sorrisero entrambi.
- Beh - disse lo scrittore - devo dire che è l'unica cosa tecnologica che al momento è in bella vista qua dentro... Sembra di essere in un castello medievale! -
Si accomodarono entrambi al tavolo al centro della stanza e gustarono la loro colazione, ognuno trasportato in un mondo parallelo, forse più lontano del medioevo... un posto pieno di ricordi, pensieri e preoccupazioni.

   


Ed eccoci qua!
Siete contente? Finalmente spero che i vostri animi si siano calmati, visto che ora ci sono tutti!
Ma ne siete proprio sicuri?Li abbiamo ritrovati tutti, abbiamo scoperto cosa hanno fatto in questi 'quasi tre anni' ?
Bene! Ora vorrei solo dire Grazie a Serena per avermi dato qualche dritta (a sua insaputa) su come descrivere il poligono di tiro
e a Rebecca per il suo prezioso consiglio nella descrizione della villetta!
ah se volete vedere con i vostri occhi, dove Roy ha fatto trasferire la squadra, cliccate sulla scritta: 65th Dipartimento del Richmod

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Capitolo 5
*** E poi che la sua mano a la mia puose... ***


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«E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond’io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose.»

 (da Inferno III 19-21)

 

Spense il motore e si guardò in torno. Un grande edificio grigio, composto da più blocchi collegati fra loro, occupava l'enorme piazzale.
Scese e, dopo aver percorso la strada indicata dai cartelli, si trovò di fronte al portone di quello che doveva essere il 'Dipartimento di microbiologia e anatomia patologica'.
Scrollò le spalle, confrontando la scritta con l'appunto che aveva preso quella mattina al telefono con Lanie.
- Javi... che fai lì?-
La voce della donna, proveniente da poco oltre l'ingresso, lo distolse dai suoi dubbi.
Indossava un vestitino blu scuro e sopra il camice bianco del laboratorio.
- Vieni seguimi.-
Percorsero un paio di corridoi di cui lui non aveva assolutamente memorizzato le svolte e arrivarono a quello che doveva essere il suo nuovo 'ufficio'.
- Senti, qua ci sono le impronte del marito.- Le disse appena furono dentro, un po’ per smorzare il silenzio e un po’ perché non sapeva che altro dire.
- Grazie - disse prendendo la busta trasparente contenente il bicchiere che aveva utilizzato il marito della vittima nel corso dell'interrogatorio.
- Le confronto con quelle trovate nella macchina- disse lei, mentre stampava un’etichetta e catalogava la prova.
- Hai fatto l'autopsia?- le chiese.
- Si - disse mentre riponeva l'oggetto e prendeva una cartellina beige con il referto.
- Deve essersi appartata con qualcuno di cui si fidava - gliela porse e continuò il resoconto:
- e aver capito quello che stava per succedere... Infatti stava per fuggire ma deve averla afferrata per un polso... Ho trovato una leggera ecchimosi.-
La seguì nella stanza adiacente, dove dal tavolo prese una foto e gliela mostrò
- Con un braccio l'ha fermata e con l'altro le ha sparato.-
Ci fu una pausa, durante la quale lei alzò il viso guardandolo negli occhi.
- Succede sempre così... lei si fidava e lui l'ha ammazzata!-
- Che ne sai che è un uomo?-
- Infatti non lo so, me lo immagino...-
- Guarda che l'immaginazione non è prevista nelle indagini, sai...?-
- Lo so che voi poliziotti siete senza fantasia... è inutile che me lo ricordi...-
- Ha avuto rapporti?- cercò di sviare il discorso.
- No… Ah c'è un’altra cosa, prendeva dei farmaci.-
Prese l'ennesimo foglio che gli aveva porto.
- Per cosa? -
- Ancora non lo so... l'ho mandato ad analizzare, avremo le risposte domani.-
Poi, lei si sbottonò il camice e se lo sfilò.
- Ah Espo, ha le braccia piene di buchi...-
- Comunque ho scritto tutto qua - disse indicandogli il malloppo di carte che, a mano a mano, gli aveva consegnato.
La vide indossare alcuni oggetti personali.
- Ammazza quanto è bello questo anello! - disse indicando quello che lei aveva appena messo al suo anulare destro.
- E’ nuovo? -
Lei gli sorrise, con uno di quelli sarcastici, proprio come la frase sprezzante che lo seguì:
- Non vi sfugge niente a voi della omicidi...-
Si ritrovò a fare una di quelle espressioni che aveva visto mille volte Castle fare a Beckett.
- Si, è nuovo. E’ un regalo di James...-
Probabilmente doveva aver assunto una strana espressione, perché lei iniziò una sorta di monologo.
- Beh Javi... sono passati due anni...- abbassò lo sguardo sulle mani di lei, per poi rialzarlo quando la sentì continuare il racconto della sua vita.
- In quei due maledetti giorni è cambiato tutto! Prima Kate, poi da lì... dopo un po’ Castle è andato via... giustamente. E da lì... piano piano lo scatafascio! -
Le prese le mani che si stava torturando e le strinse tra le sue.
-Tu sei andato ai corpi speciali, Ryan all'informatico... A me hanno assegnato sempre meno i casi del 12th... alla fine ho avuto l'offerta di trasferirmi qui. Era un salto per la mia carriera e ho accettato...-
- Abbiamo tutti mollato Montgomery...- dissero contemporaneamente.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulle loro mani, lei sfilò le sue e con un sospiro continuò:
- Qui ho creato una nuova vita -
- Anche nuove amicizie - le disse alquanto infastidito.
- Già... E’ un collega dell'università...-
Sentì un morso allo stomaco ma fece finta di nulla.
- Però lui non ha ammazzato nessuno! - le sentì dire e rialzò lo sguardo a incrociare i suoi occhi.
- Tu che ne sai? - disse incatenandoli ai suoi.
- Perché anche gli anatomopatologi fanno fuori la gente...- rispose lei.
- Soprattutto le belle donne...- disse avvicinandosi a lei, poi velocemente, prima di abbandonare la stanza:
- Io te l'ho detto... spetta a te darti una regolata! -
Sparì dietro la porta lasciandola ancora con gli occhi sorpresi...


⌘ * § * ⌘


- Capitano...- 
Una voce proveniente dall'uscio, attirò la sua attenzione.
- Si Hastings? - 
- Siamo tutti nella saletta! Quando vuole possiamo cominciare.-
- Perfetto, arrivo subito!- rispose, prima di recuperare alcuni fogli dalla scrivania e dirigersi verso l'altra stanza.

- Prima che mi aggiorniate sul caso, vorrei informarvi che domani ci mandano un altro uomo in aiuto...-
Disse non appena si fu accomodato a capo del grande tavolo, intorno al quale erano già poggiati o seduti, in maniera casuale, gli altri componenti della squadra.
- A bene e chi è?- chiese Ryan.
- Non lo so... un agente operativo...- rispose l'uomo.
- Bene! Ci sarà una mano in più!- intervenne Castle.
- Sempre a cercare di evitare il lavoro, tu...- lo canzonò Esposito 
- Beh lo sapete che io con le scartoffie non ci so fare...- rispose lo scrittore.
- Si si tutte scuse! Lo diceva anche Beckett!- affermò l'irlandese.
Un gelido silenzio scese nella sala, finché il Capitano esordì con:
- Pare sia una donna... così Ann non sarà in un covo di uomini! - 
Si levò un coro di mugugni e approvazioni. Quello più contento di tutti fu l'ispanico che si beccò anche uno sguardo poco amorevole dal suo capo.
- Avanti iniziamo...- lo redarguì.
- Brennan riassumici il caso! -
- Sissignore! -
Prese una cartellina dal tavolo e iniziò a leggere:
- Johanna Borsquel, aveva 37 anni, un figlio e un buon lavoro… una separazione burrascosa, ma da un po’ le cose tra lei e l’ex marito andavano meglio. Una donna allegra, vitale, con l’ossessione delle diete e la mania di cominciare decine di libri che non portava mai a termine…-
- Si si ok... altro? -
- Si... ieri dall’atelier dove lavorava, prende un vestito non suo e se lo porta a casa, verso sera passa l'ex marito, lei scende e gli consegna il bambino, poi torna su...-
- Poco prima delle undici riceve una telefonata - intervenne Ryan - vero Esposito?-
- Si - 
Si alzò e iniziando a girare intorno al tavolo, prendendo la parola:
- Abbiamo controllato tutti i tabulati! Una sola telefonata alle ore 23 da cellulare a scheda - 
- Che risulta a nome di un vecchietto di 90 anni che sta in uno ospizio - precisò il partner.
- Il numero è taroccato, la scheda è stata attivata dal codice fiscale del vecchietto.- Spiegò ancora lui.
A quel punto, il giovane agente intervenne:
- Esiste un’apparecchiatura per localizzare dove sta il telefono - quando gli occhi di tutti furono su di lui, continuò: - mi sono permesso di richiederla... me la fanno avere domani! -
- Benissimo! - sentenziò Montgomery.

Dopo qualche secondo, Esposito riprese a parlare:
- Johanna dopo la telefonata esce... intorno alle 23:30-
- Un vicino, il signor Franch, dice di aver visto una macchina verde scuro che la seguiva. Lei, però non indossa il vestito preso all'atelier...- li informa Ryan.
- Forse aveva un appuntamento ma non ci è andata subito...- ipotizzò Castle.
- Beh pare sia andata al Comic Bar... Il barista dice che ha preso una coke e si è fermata per una quindicina di minuti. Poi è andata via... verso la mezza - continua il detective.
- Circa mezz’ora dopo, nel parco viene uccisa.- concluse il capitano.
Annuirono e poi ancora tornarono a discutere del caso:
- Nel comò abbiamo trovato un’assicurazione sulla vita con un premio molto alto...-
Montgomery, prendendo il documento che Ryan li stava passando, chiese:
- beneficiario? -
- Il figlio...-
-…e indirettamente ne beneficerà il padre.- sentenziò lo scrittore.
- Nel parco, nessuno ha visto la macchina? In quella zona di notte c'è un giro di droga e li vicino c'è un pulmino di volontari... bisognerebbe rintracciarlo! - chiese il capitano.
- Me ne occupo io! - rispose Ann.
- Bene -
Poi rivolgendosi a Esposito:
- Lanie che dice? - 
- Dice che la donna ha le braccia piene di buchi! Però ci sta ancora lavorando quindi ci fa sapere domani.- Rispose.
Lesse ancora qualche rigo sul suo foglio e poi concluse la riunione.
- Se non c'è altro, potete andare! -
Mentre tutti iniziavano a mettere a posto i loro appunti, disse:
- Castle... tu no, ti devo parlare.-


Quando tutti furono usciti per dirigersi verso le loro case, Montgomery e Rick si sistemarono nella stanza che era diventata il nuovo ufficio del capitano. 
Roy si accomodò alla maestosa poltrona del 'salottino' e lui si lascio cadere, comodo, sul divanetto e, sorseggiando le birre che avevano preso poco prima dal frigo, iniziarono a rilassarsi. 
Ad un tratto, Montgomery, come se avesse appena ricordato il motivo per cui fossero lì, riprese il discorso:
- Ti ho fatto rimanere perché devo parlarti di un altro caso.-
Lo guardò un po’ perplesso, spingendolo a spiegarsi.
- Negli ultimi tempi, in tutta NY, sono stati commessi 5 delitti apparentemente senza movente.- 
Quando lo sentì fare una pausa, alzò gli occhi verso di lui.
- Non so se hai avuto modo di leggere...-
- Si qualcosa, ma la cronaca la saltavo.- 
- Sono delitti diversi ma c'è qualcosa che hanno in comune.- 
Arricciò la fronte curioso. 
-Tutte le vittime sembravano dormire... e tutte venivano uccise senza che su di loro venisse usata violenza.-
Non capiva dove il capitano volesse arrivare, ma lo lasciò continuare senza interromperlo.
- Adesso se ne stanno occupando un po’ tutti... I distretti dei posti dove hanno trovato i corpi delle vittime, il reparto scientifico, la nostra unità anticrimine violento, ma nessuno riesce a trovare nulla! L'assassino non commette errori... e non lascia testimoni.- 
Poggiò sul tavolo la bottiglia e prese la cartellina che gli stava porgendo. 
- C'è un profilo su di lui, fatto da 3 esperti criminologi mandati dal nostro dipartimento. Uno di loro è Italiano...- 
Aprì la copertina ma prima di leggere anche solo un rigo di quanto riportava, non riuscì a trattenersi dal commentare: 
-E c'è scritto... psicopatico, maschio, di circa 40 anni...?- disse come se fosse una cantilena. 
- Più o meno...- annuì il capitano.
- Certo che hanno una fantasia, questi...- continuò alzando un sopracciglio.
- Tu che ne pensi?–
Passarono alcuni minuti in cui diede uno sguardo a quei file, poi Montgomery disse:
- Visto che tu non riesci mai a dormire la notte... credo che dovresti dare un’occhiata a quell'incartamento. Magari come sempre, ti viene un’idea!- 
- Te l'hanno chiesto i piani alti? - chiese provocatorio.
- Lì dentro ci sono verbali, foto, dati... un po’ tutte le informazioni che siamo riusciti a raccogliere. Magari, quando abbiamo un po’ di tempo, facciamo venire quelli dell'anticrimine e confrontiamo le tue opinioni con quelle degli altri...- 
Annuì in segno di sconfitta. Quel caso sarebbe stato interessante! 
Guardò intensamente lo stemma della NYPD mentre nella sua testa riecheggiava una triste constatazione: 
“Sempre meglio che passare le notti a rigirarmi nel letto per i miei incubi...”

 

⌘ * § * ⌘


- Papààà - disse mentre spingeva con un calcio la porta. 
- Shhhh Katie!!!! Joe dorme...- lo vide correre verso di lei, proveniente dalla cucina e con indosso ancora il grembiule. 
- Così presto? - chiese sussurrando, quando le fu dinanzi.
- Era stanca morta... fa piano vieni.- 
Lo seguì nella stanzetta e si avvicinò al letto.
- Oggi c'è stata una festa di compleanno all'asilo... si sono scatenati, così le ho fatto la minestrina e l'ho messa a letto.-
La guardò dormire beata e sul suo viso comparve l'espressione più dolce che potesse esistere.
- Che peccato, guarda che le avevo preso...- disse voltandosi a mostrare il pupazzo di cioccolato che aveva in mano. 
Si chinò verso di lei per darle un bacio e sussurrarle 'notte...tesoro'.
- Shh non me la svegliare!- le disse l'uomo sussurrando e lei, mentre rimboccava le coperte alla piccola, gli disse:
- Papà non ti preoccupare!-

Uscirono dalla stanza e iniziò a sbottonarsi il giubbotto di pelle, quando alle sue spalle il padre le chiese:
- E successo qualcosa...? Hai una faccia! –
- No niente...- 
-Va beh torniamo a non parlare più? Va bene, va bene... a te New York non fa affatto bene! –
- Papà non brontolare - disse sfilandosela e poggiandola sul guardaroba.
- Io? E chi brontola...-
Sorrise a quell'affermazione. Era alle sue spalle e non poteva vederlo in viso ma era certa che avesse assunto quell'espressione tipica della piccola, che lei aveva ereditato da suo padre. 
Scosse la testa per riscuotersi dai suoi pensieri e per tentare di allontanarlo di nuovo dalla sua mente.
- Mmhh che hai cucinato? La specialità della mamma? - chiese svoltando l'angolo della cucina e avvicinandosi ai fornelli.
- La specialità MIA... era tua mamma che ha copiato da me! - le disse Jim prima di rubarle il mestolo dalle mani e assaggiare la prelibatezza che aveva appena preparato. 

 

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Capitolo 6
*** Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire... ***


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« Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire,
or son venuto là dove molto pianto mi percuote. »
(da Inferno V 25-72)

 

 

Erano ore che continuava a rigirarsi nel letto, le coperte ormai a terra e le lenzuola attorcigliate.
Da quando Roy le aveva nominato Castle, tutto le era ripiombato addosso.
Quella pace interiore che aveva finalmente trovato e che a poco a poco, in quei mesi, l'aveva spinta a tornare a prendere in mano le redini della sua vita, quella serenità e gioia incredibile che provava nel vedere quel sorriso e quegli occhi vispi saettare di gioia quando varcava la soglia, quella sensazione di benessere e di calore che provava ogni volta erano spariti di colpo, riportandola indietro di quasi tre anni.
Il solo sentirlo nominare, le aveva messo addosso quel senso di angoscia e tristezza che la caratterizzava molti anni prima, prima che l'uragano Castle entrasse nella sua vita.
Non che in quegli anni, non l'avesse più pensato. Come se lui non fosse stato nei suoi pensieri ogni singolo momento, ogni sua azione da quasi due anni era fatta pensando a lui, a cosa avrebbe fatto, come si sarebbe comportato al suo posto o più semplicemente al “suo fianco”...
Quel pensiero la fece alzare di scatto. Era nervosa! Nemmeno quando aveva scoperto dove si trovasse il 'famoso Drago' e aveva deciso di andargli incontro, era stata così nervosa.
C'erano solo due persone al mondo che riuscivano a farla calmare...
Una di quelle dormiva nella stanza accanto.
Si alzò dal letto e a piedi scalzi, per non fare rumore, si diresse dalla piccola.
Aprì la porta, facendo entrare un po’ di luce, e scivolò all'interno. Si avvicinò al lettino e si sdraiò accanto a lei. La cinse in un abbraccio, stando attenta a non svegliarla e, poggiando la testa sul cuscino, ispirò profondamente accostando il viso ai suoi capelli.
Era bastato quel contatto per infonderle calma e darle la forza di affrontare il nuovo giorno che di lì a poco sarebbe cominciato.
Chiuse gli occhi sorridendo alla dolcezza di Joe tra le braccia e al pensiero che l'indomani avrebbe rivisto Castle...
Le diede un bacio e prima di addormentarsi non poté fare a meno di pensare: “Come sarà rivederti, Rick?”


⌘ * § * ⌘


 
Il sole splendeva in alto nel cielo e un nuovo giorno di lavoro stava per iniziare.
Quel giorno sarebbe stato l'inizio della fine o probabilmente la fine di tutto. Tutto quello per cui aveva continuato a sperare in quei tre lunghi anni. Quel giorno avrebbe potuto segnare il suo fallimento definitivo a ciò che si era ripromesso da nove anni. In quel lungo lasso di tempo aveva tentato in tutti i modi di assolvere il suo compito e c'era stato un periodo in cui credeva di esserci riuscito. Poi però, proprio quello che aveva procurato la sua 'grande colpa', era tornato ancora una volta a distruggere tutto. In quei tre anni, aveva tentato in tutti i modi di riparare a quanto accaduto, ma non aveva avuto molto successo.
Poi... poi si era ritrovato in questo caso. Non era solo per 'compiere la sua missione', ma anche per risolvere quell'enigma e cercare di interrompere quella situazione.
Questa era l'occasione che aveva aspettato in quegli anni... ma ora che stava per accadere, aveva paura.
“Se questo rovinasse definitivamente tutto? La mia squadra è già sfasciata... la sua vita sembrava essere tornata alquanto serena. Se questo portasse ancora una volta a farla cadere nel baratro? Questa volta sarebbe letale!”
 
Come un automa entrò nella sala dove Richard stava preparandosi il caffè.
- Buon giorno Capitano! - lo salutò l'uomo.
- Buon girono Castle! - rispose.
- Capitano, si sente bene? Ha una faccia! - chiese lo scrittore preoccupato.
Lui annuì, pensando che forse quel ragazzo lo conosceva davvero bene, per accorgersi in pochi secondi che qualcosa non andava.
- Ne vuole? - la domanda lo destò dai suoi pensieri.
- No grazie, l'ho già preso a casa, prima di venire.- 
“Sono già abbastanza nervoso... meglio non aiutarmi con la caffeina” pensò tra sé. Poi lo sguardo gli cadde sul fascicolo aperto sulla scrivania, affiancato da una serie di fogli scritti a mano.
Si avvicinò al tavolo e, sedendosi, chiese: 
- Allora che mi dici di questi 5 delitti? -
- Eh non lo so, è una faccenda complicata... non ci sono rituali, non usa sempre la stessa arma... non c'è sessualità, le vittime non le tocca - rispose lo scrittore, accomodandosi sulla sedia accanto al lui.
-E neanche per danaro- continuò.
- No infatti non ruba niente- confermò.
- Poi non lascia messaggi ne prima ne dopo... un segno, una firma... qualcosa che dica "guardatemi sono io", che poi è quello che fanno tutti i serial killer - lo vide bere un sorso del suo caffè. - Da quanto tempo ci state lavorando sopra?- si sentì chiedere.
- Beh non molto tempo... pochi giorni! Anche perché sembrava che ogni delitto andasse per conto proprio, e forse è così…-
- Mhm non sono coincidenze! - lo interruppe.
- E' opera di una mano sola. Hanno visto giusto quelli dell'unità...-
- Hai trovato qualcosa in comune tra i delitti? - si affrettò a chiedere.
- Si… Ci sono almeno tre persone, nostre vecchie conoscenze...-
Mentre prendeva le cartelline che gli stava porgendo, Rick continuò: - questa è una vostra collaboratrice… un commerciante di droga, la direttrice di una banca... dava una mano a riciclare il denaro del racket.-
- E gli altri due? -
- No di quelli niente… non è emerso niente! - 
Dopo una breve pausa, Castle riprese il discorso:
- Poi c'è un'altra cosa che diciamo lega tutto...- 
- Cioè? -
- Cioè il fatto che non gli piace uccidere!-
Lo guardò perplesso e gli fece segno, col capo, di spiegarsi meglio.
- Le tracce rilevate, dicono che lui è rimasto lì, accanto al cadavere, parecchio tempo prima di andarsene...-
- E’ rimasto lì a fare che, scusa? -
- E chi lo sa! - disse alzando le spalle - forse a pregare.-
In quel momento entrarono Ryan ed Esposito, seguiti a ruota dalla Hastings, e lasciarono cadere il discorso.
 
Qualche ora dopo, erano nella sala adibita ad uffici e ognuno era impiegato nel proprio lavoro, mentre Montgomery girava per le scrivanie informandosi sulle novità.
- Capo...-  la voce di Brennan attirò l'attenzione di tutti.
Guardò in direzione dell'agente che era vicino all'ingresso e con un segno del capo gli diede il permesso di continuare.
- C'è il nuovo agente, lo faccio accomodare di là? -
- No, no, fallo entrare.-
Si allontanò un po’, sparendo dietro la porta, e poi tornò dentro.
- Vieni...- disse, facendo strada al nuovo arrivato.
 
- Buon Giorno! - esclamò la donna entrando con un enorme sorriso in volto.
A quella voce così familiare, tutti alzarono lo sguardo nella sua direzione.
 
- Beckett... ma che sorpresa! - disse lui fingendo stupore.
- Ma tu guarda che combinazione, proprio te hanno mandato! -
- Sono felice di rivederti! - disse andandole in contro e abbracciandola.
 
Dopo i saluti, le pose una mano dietro la schiena e facendola avanzare all'interno della stanza disse:
- Ti presento la sezione investigativa di Richmod - poi indicando il nuovo agente:
- Lui è Carl Brennan, esperto informatico.-
-Ciao... Piacere, Kate Beckett - disse lei allungando la mano e il ragazzo, afferrandola, rispose: - Piacere.-
 
Montgomery tornò a parlare:
- Poi il resto della squadra la conosci già!-
- Si - disse lei sorridendo, passando lo sguardo sui suoi due vecchi amici e colleghi.
- Beckett!!!! -
- Kate! -
Dissero in coro Ryan ed Esposito andandole in contro e stringendola in un forte abbraccio.
 
- Detective! - la salutò l'altra donna.
- Ciao Hastings -
Si scambiarono un sorriso di saluto e poi, quando lo sguardo della donna si posò sull'unico che ancora era rimasto fermo nella sua posizione, Montgomery concluse: 
-E in fondo a tutto... Castle! -
 
Solo in quel momento sollevò lo sguardo posandolo su di lei.
- Ciao Kate...- gli uscì in un flebile sussurro.
- Ciao Castle - fu la sua risposta.
- Come stai?- chiese.
- Bene.-
- Bene...- la guardò un po’. Non riusciva ancora a credere che lei fosse di nuovo davanti ai suoi occhi.
- Ai capelli che hai fatto? - chiese, per cercare di far cadere quel gelo che era sceso nella stanza.
- Li ho tagliati...- gli rispose lei, fredda.
- Da quando? - domandò
- Dall'ultima volta che ci siamo visti.- tagliò corto.
- Mi piacevano di più lunghi...- disse quasi in un sussurro, sperando che non riuscisse a sentirlo, ma serafica arrivò la risposta di lei:
- Lo so. -
 

   


 Bene! 
Ed eccoci arrivati finalmente al fatidico incontro! Siete contente?
no? ma come??
Su siate buone, è Natale e ho pure aggiornato alla vigilia, un giorno prima, per farvi un regalo!
Beh che dire... a presto!
BUON NATALE
Baci
Vulpix & S3xkD  

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Capitolo 7
*** Amor, ch’a nullo amato amar perdona... ***


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« Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona. »
   (da Inferno V 103-105)

 
Il rombo di un motore risuonò alle sue spalle. Si voltò e tolse il casco per vedere chi era che a quell'ora aveva varcato i cancelli del 65th.
- Ehy tu...- la voce autoritaria dell'uomo nell’auto lo chiamò.
Spese il motorino e rimise il cavalletto, aspettando che la macchina si accostasse a lui.
- Allora sei sordo? -
L'uomo alla guida fece scendere il finestrino posteriore e il passeggero, dal suo posto, lo chiamò ancora.
Poggiò il casco al manubrio e si avvicinò allo sportello.
- Chi sei? - gli fu chiesto.
- Lei chi è? Si identifichi! - disse.
- Stai scherzando ragazzino?- rispose l'uomo.
Avrebbero continuato quel battibecco ancora per molto, se Esposito non fosse uscito in quel momento e incuriosito si fosse avvicinato.
- Agente Gray -  lo salutò il detective.
- Ah finalmente una faccia nota in questo posto desolato! - rispose l'uomo.
- Cosa ci fa qua? - chiese l'ispanico affiancandosi al finestrino con fare cospiratorio.
- Cercavo Castle! L'hai visto? -
- Si… ma credo sia già uscito.-
Voltandosi verso il giovane chiese: - Castle è dentro? - 
Brennan guardò il detective, sorpreso, quasi a chiedere spiegazioni, ma non ricevette nessun chiarimento né risposta e si convinse a rispondergli:
- No... è uscito presto questa mattina... è andato con il Detective Beckett all'atelier per parlare ancora con la direttrice! - 
- Maledizione! - esordì l'agente, sbattendo un pugno contro il sedile anteriore.
- Problemi Gray? - chiese Esposito.
- Si... Devo assolutamente mettermi in contatto con lui.-
Lo videro esitare qualche secondo e poi disse:
- Fammi un piacere... Digli che lo sto cercando. Io provo a passare più tardi, ma se non dovessi trovarlo, digli di chiamarmi. E’ urgente!-
- Sicuro! - rispose il detective, poi rifletté un momento e chiese: - come ti trova?-
- Rick sa come fare! - disse alzando il finestrino un secondo prima di sparire alla velocità della luce.
 
Rimasti soli, si voltò verso il detective e, prima che riuscisse a chiedere, gli arrivò la risposta:
- Brennan, quello era un agente della CIA, amico di Castle... come pretendevi che s’identificasse? -
- E io che ne potevo sapere? - disse quasi offeso.
- Strano... è davvero strano...- 
- Cosa? - chiese l'agente.
- Che si sia presentato qui, in tutta fretta... chiedendo di Castle... Perchè mai dovrebbe averne bisogno? -  
La domanda era chiaramente retorica ma lui non riuscì a trattenersi dal rispondere al detective.
- Beh... credo proprio che tu indagherai per scoprirlo, non è vero? -
Si guardarono in faccia e si sorrisero.
- Già - rispose Javier prima di salire le scale e tornare al suo lavoro.
Restò qualche secondo guardando verso l'ingresso e la nuova squadra in cui era 'entrato'.
“Era bella!” pensò, non sapeva perché tempo addietro si era sfasciata, ma sapeva che quel Team era stato uno dei migliori e lui era fiero di esserne entrato a farne parte.
“Un giorno forse, come dice il Capitano, torneranno uniti come una volta... e quel giorno ci sarà un elemento in più. Sono sicuro che fino a quel giorno... ma anche dopo, ne vedrò delle belle!”  disse tra se.
Scosse la testa e, ridendo, infilò di nuovo il casco, per poi dirigersi verso una delle nuove avventure.


⌘ * § * ⌘


Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva guidato per le strade di New York, e ancora di più da quando aveva ricevuto l'ultimo ordine da Montgomery che la inviava ad interrogare un sospettato.
Erano passati ormai venti minuti da quando aveva rimesso piede in quella macchina, e ora stava attraversando una delle tante vie di Manhattan con a fianco il 'suo' fedele braccio destro.
Quanto le era mancata quella routine...
Senza nemmeno accorgersene, aveva voltato la testa di poco verso di lui, cercando di scorgere la sua espressione in quel momento.
Richard era seduto come di consueto con una mano sul ginocchio sinistro e l'altra penzoloni dal bracciolo dello sportello, guardava fuori dal finestrino e sembrava immerso nei suoi pensieri.
Felice di non aver incrociato il suo sguardo, tornò a prestare attenzione alla strada dinanzi a sé, quando un sussurro la fece voltare, per qualche secondo, verso lui.
- Sai che oggi pensavo... che sono quasi tre anni che non ci vediamo...-
- Davvero, pensi? E da quando? - la battuta le era uscita spontanea, come ai vecchi tempi, e aveva sorvolato sulla seconda parte.
- Sono due anni e otto mesi, per la precisione, che non ci vediamo.- le sorrise ironico, anche se il tono della risposta era più rattristato e serio.
- A si? Non ci avevo fatto caso...- finse, tenendo ben saldo il volante tra le mani, con sguardo diritto di fronte a se.
Calò il silenzio tra di loro, quasi come se ognuno stesse ripercorrendo quegli anni in cui erano stati separati.
- E... durante questo periodo che hai fatto? - le chiese all'improvviso.
- Un sacco di centrini all'uncinetto - scherzò. Negli ultimi periodi insieme aveva preso da lui anche la vena scherzosa, e dato che il serio del momento sembrava essere lui, a lei restava fare la burlona.
- Mariti, amanti, fidanzati... niente? - le chiese, con un tono di colui che freme di sapere ma non vuole sapere.
- Eeeh un sacco! - continuò con tono scherzoso  -...solo di pomeriggio, però! -
Si voltò sorridendogli.
- Beh giusto, uno deve dormire la notte almeno nove ore, fa bene alla pelle, specialmente alle donne...-
Lui, invece, aveva mantenuto lo sguardo fisso davanti a sé, come se volesse evitare di incrociare i suoi occhi. Lo vide sospirare profondamente e, voltandosi verso di lei, chiese:
- Senti... ma di un po'... ce l'hai con me per quella storia... nostra?-
La guardava quasi intimorito, poi notò che attendeva una risposta da lei, incitandola con lo sguardo, ma prima che riuscisse a trovare la forza e le parole adatte, lui disse:
- Io dopo quella sera, non ti ho cercato...- aveva abbassato lo sguardo sulla sua mano sinistra,  -beh non subito. Poi sei scappata...- fece una pausa cercando di mantenere la calma al ricordo - ho provato a rintracciarti... Volevo convincerti, ancora una volta, che stavi facendo una pazzia, ma di questo eri ben consapevole...-
Si girò appena verso di lui, adesso la stava guardando come a volerle scavare dentro.
- Hai fatto di tutto per far perdere le tue tracce... Mi hai tagliato fuori dalla tua vita.-
- Non sono stata io...- disse senza guardarlo in faccia, sapendo di essere per gran parte nel torto.
- Non direttamente, forse... Ma dopo quella sera non mi hai risposto, non mi hai più permesso di starti accanto...-
- Eri stato chiaro. Non avresti cambiato idea...- si voltò verso di lui - e nemmeno io! -
 
“Basta!”
Non riusciva a sopportare oltre quel discorso! Sapeva che la colpa di quanto accaduto era solo sua… Lui era stato una vittima delle sue azioni, prima e delle sue scelte, poi. Ora si stava scusando? Lui?
- Senti non so nemmeno di che cosa parli! - lo interruppe bruscamente.
- La nostra litigata, quell'ultima sera che... siamo stati insieme...- chiuse gli occhi e stringendo forte le mani a pugno - Kate... Io avrei voluto proteggerti. Avrei voluto convincerti a desistere...- espirò rumorosamente.
- Dopo quella sera... Credevo che...-
Lo aveva detto in un fil di voce, puntando su di lei i suoi occhi ancora emozionati a quel ricordo -per me era stato bello! - disse spostando lo sguardo verso il vuoto, accennando un tenero sorriso sulle sue labbra.
- Zitto! - gli intimò lei, poi sbatté le palpebre per un secondo e riprese:
- Nei 3 anni che abbiamo lavorato insieme, ho capito molte cose sul mio mestiere...-
- Ma io non parlavo di quello - la interruppe.
Calò il silenzio, mentre entrambi cercavano dentro di loro qualcosa da dire.
- Senti, tanto per essere chiari... Mh! Lo ricordo a mala pena che io e te siamo stati insieme tre anni fa... nel senso che dici tu...- sparò lei - il che vuol dire che non deve essere stato un granché. E comunque sono passati 3 anni- disse mentre metteva la freccia accostando al marciapiede.
- Considerala come se… fosse stata una notte come una delle tue tante, una notte passata con una qualunque delle tue conquiste! - si voltò verso di lui e terminò la sua sfuriata.
- Fai come se quella notte non fosse accaduto nulla. Consideriamolo un capitolo chiuso… ok!?! -
- Non per me! - fu l'unica risposta dell'uomo, che la gelò completamente.
 
Nell'abitacolo era calato un freddo tagliente. Nemmeno accendendo il riscaldamento a palla avrebbero potuto percepirne il calore.
Stringeva tra le mani il volante, continuando a fissare davanti a se.
- Aiutiamo Montgomery, risolviamo questo caso… poi ognuno per la sua strada, torniamo alle nostre vite! -
A stento riuscì a trattenere il fremito delle sue labbra e a non far trasparire nulla dalla sua voce. Per sua fortuna lui guardava il parabrezza e non era riuscito più a muovere un solo muscolo. 
- Bene... ora che lo so, sto molto meglio! - fu lui a mettere fine a quel discorso che già di per se era terminato da qualche minuto.
- Perfetto! - disse lei, inserendo di nuovo la marcia e ripartendo in direzione dell'atelier. Mai, come in quel momento, aveva desiderato trovarsi davanti a un sospettato, in un interrogatorio, piuttosto che trascorrere altri minuti come quelli, da sola con lui.
   

   


Beneeee che posso aggiungere a questo capitolo?
Rick e Kate insieme come ai vecchi tempi! 
ok ok l'atmosfera è un po' più gelida di quella degli inizi ma... è un po' come i nostri giorni di ora!
Siamo alla fine di un anno e l'inizio dell'altro (anche in base al giorno in cui lo leggerete :p)
Per cui non posso far altro (ed è meglio che chiuda qua) che 
AUGURARVI UN BUON CAPODANNO E FELICE 2014!!!
Ci si vede/legge/rilegge nell'anno nuovo! (se non mi ammazzate [ma poi non leggereste mai la fine])
Baci
Vulpix & S3xkD  

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Capitolo 8
*** Lo viso mostra lo color del core... ***


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«Ciò che m’incontra, ne la mente more,
quand’i’ vegno a veder voi, bella gioia;
e quand’io vi son presso, i’ sento Amore
che dice: "Fuggi, se ’l perir t’è noia".

Lo viso mostra lo color del core,
che, tramortendo, ovunque po’ s’appoia;
e per la ebrietà del gran tremore
le pietre par che gridin: Moia, moia.»
(da Vita Nova XV - 1-8, sonetto VIII)

 
Salì le scale a due a due, era in un ritardo pazzesco. Quella mattina sembrava che il mondo fosse contro di lei. In obitorio aveva avuto problemi per analizzare i campioni, poi al laboratorio i pc erano fuori uso per un guasto alla rete elettrica e aveva dovuto redigere il verbale a mano. Ovviamente lo scanner e l’invio telematico erano fuori discussione e quindi aveva dovuto prendere il suo catorcio e andare in macchina fino a Staten Island per portare a mano i documenti.
Non che le dispiacesse poter finalmente trascorrere qualche ora con il suo vecchio gruppo di lavoro, o meglio, con i suoi più cari amici! Quella del 12th era sempre stata, per lei, come una seconda famiglia e aveva sofferto molto quando si era sfasciata. Quello che le faceva più male era sapere che, di tutto ciò di cui era a conoscenza, o di ciò che aveva supposto e poi scoperto nel tempo, non poteva parlarne con nessuno al di fuori del Capitano. Loro erano gli unici a sapere cosa era davvero accaduto. Aveva promesso che non ne avrebbe fatto parola con nessuno, e in tutto quel tempo aveva mantenuto fede alla sua promessa.
Ancora avvolta nei suoi pensieri, era arrivata a Richmond e aveva parcheggiato nel cortile della villetta.
Arrivò all’entrata, e senza bussare si diresse nella sala dove la stavano aspettando, del resto quella villa la conosceva alla perfezione, l’avevano scelta tra tante possibili location proprio lei e Montgomery.
 
- Eccomi, scusate il ritardo! C’era un traffico bestiale!-
Disse apparendo dietro l’uscio e attirando l’attenzione delle persone nella stanza.
Ancora ansimante per la corsa, puntò gli occhi sulla persona dinanzi a sé, che la guardava sorridendo dal centro della stanza, e quando riconobbe l’esile figura della sua migliore amica, con un sorriso megagalattico, le corse incontro gridando:
- Kate!!-
Nel frattempo anche la Detective si era alzata e ora la stringeva in un fortissimo abbraccio.
- Da quanto tempo! - continuò euforica - Come stai? Quando sei arrivata? Perché non mi hai avvertita che eri a New York?? Che ci fai qui? e… Joe come sta? Quanto mi manca!!! -
Aveva iniziato a sublimarla di domande, una dietro l’altra a raffica, senza darle tempo di rispondere e quasi senza prendere fiato.
- Calmati Lanie! - le disse l’amica, sciogliendosi dall’abbraccio e poggiandole le mani sulle spalle.
- Sto bene, sono arrivata da circa una settimana. Non ti ho chiamato perché volevo prima sistemarmi con mio padre e poi ti avrei cercata, se dal nuovo distretto non mi avessero mandato prima qua...-  disse sorridendole e rispondendo all’interrogatorio che le aveva appena fatto.
  L’abbracciò ancora una volta e poi ricevette la risposta anche all’ultima e più importante domanda.
- Joe sta benone! È euforica per questa nuova avventura… e a entrambe è mancata tanto Zia Lanie! -
L’abbracciò ancora una volta, talmente forte che temette di starla per stritolare.
- Chi è Joe?-
La voce di un Ryan curioso le distolse dalla loro conversazione. L’aveva chiesto ad Esposito, forse un po’ troppo ad alta voce, il quale aveva risposto scuotendo il capo come a dire ‘non ne ho idea’.
Entrambe si voltarono verso i colleghi, vedendo che quella domanda rappresentava un po’ la curiosità di tutti e soprattutto capendo che forse si era lasciata sfuggire qualcosa che non doveva…
Stava per voltarsi lentamente verso Beckett, con un’espressione mortificata, in segno di scuse, ma la risposta della detective la stupì.
- Mia figlia! -
Non riusciva a credere ai suoi occhi, Kate aveva appena confessato, davanti a tutti, uno dei suoi tanti segreti, forse quello che custodiva più gelosamente.
Calò il silenzio. Tutti i presenti in sala, ad eccezione di Montgomery e lei, avevano un’espressione sorpresa.
Beh, anche lei un po’…
Non solo la notizia inaspettata, ma anche l’espressione che lei aveva in viso: era una Kate Beckett del tutto nuova! Radiosa e orgogliosa di dire che quella Joe di cui parlavano era la sua bambina!
Ad interrompere quel silenzio, fu la voce lagnosa di Esposito che, avvicinandosi alla donna, aveva detto:
- E tu ce lo dici così??? Non ne sapevamo nulla! -
- A quanto pare, invece, Lanie si! - incalzò Ryan.
- Su ragazzi, non fate i bambini! - cercò di intervenire lei, mentre Roy se la rideva da sotto i baffi, nel vedere i due “fratellini lamentarsi con la mamma”.
- Ve l’avrei detto appena saremmo rimasti un po’ tranquilli, da soli, mentre avremmo chiacchierato raccontandoci le nostre vite di questi 3 anni.- cercò di giustificarsi lei.
Non sembrava averli convinti, per cui dovette aggiungere:
- Sono arrivata e ci siamo buttati subito sul caso… se non fosse arrivata ora Lanie, a spifferare tutto, ve l’avrei detto stasera davanti a una bella birra, come ai vecchi tempi! -  la detective aveva tenuto lo sguardo puntato sui suoi due colleghi, senza ‘coinvolgere’ le altre persone nella stanza, per poi rivolgerlo, sul finale della frase, verso qualcosa di interessantissimo, sui suoi stivali.
 
- Johanna…- un sussurro, proveniente dal fondo del tavolo, fece si che alzasse lo sguardo verso di lui.
Sentirgli dire il nome di sua figlia le procurò un’emozione indescrivibile. Non sapeva dire se era più di paura o di gioia.
Puntò gli occhi sul suo viso e lo vide ancora con la bocca socchiusa, uno sguardo dolcissimo che la osservava nel modo più tenero che gli avesse mai visto assumere.
Istintivamente un sorriso le si allargò sul suo viso e arrossendo accennò a un si con il capo.
Restarono per parecchi secondi, l’uno perso negli occhi dell’altro, finché fu lui a parlare.     
- Ci avrei scommesso!… sapevo che se avessim…ssi avuto una figlia, le avresti dato il nome di tua madre! -
Quella parola interrotta e il suo tentativo di correggerla, le avevano fermato il respiro.
Distolse lo sguardo dai suoi occhi e tornando a guardare in terra, senza sapere nemmeno perché, disse:
- Le assomiglia, sai…-
- E’ bellissima! - sfuggì a Lanie
- Non ne dubito! - rispose Rick, facendola arrossire ancora di più.
- Quando ci presenterai la nostra nipotina? - intervenne Ryan
Sorrise e stava per rispondere, quando Esposito, dandogli una leggera gomitata, per rendere meno tesa la situazione, disse:
- Beh Bro… considerando che è figlia di ‘nostra mamma’ direi che è più… la nostra ‘sorellina’ -
Peccato però che quella battuta sorbì l’effetto contrario. Sia ‘mamma’ che ‘papà’ si gelarono all’istante. Probabilmente per due ragioni completamente diverse, o forse per la stessa. Questo lei non seppe mai dirlo.
- Può farvela vedere subito, vero Kate? - Lanie cercò di ripristinare la situazione ‘climatica’.
- Cosa? - chiese quando l’amica le poggiò una mano sulla spalla.
- Fagli vedere una foto di Joe, così si quietano e possiamo tornare a lavoro! -
- Uhm si certo - disse cercando nelle tasche dei jeans il telefono.
- Vediamo… - stava armeggiando con la sezione foto, in cerca di una da poter mostrare.
Ryan, Espo e anche la Hastings, questa volta, si avvicinarono a lei incuriositi, mentre Richard sembrava essere rimasto immobile.
- Allora che stiamo aspettando? È tanto difficile trovare una foto? - chiese Esposito indispettito.
- No un momento… sto cercando la mia preferita! -
I due detective si guardarono un po’ stupiti…
Sorrise sapendo cosa doveva star frullando nelle loro teste:  “Lei aveva sempre odiato le foto sui cellulari e ora ‘cercava la sua preferita’ ”.
Un sorriso le uscì spontaneo,  finchè non fu Lanie a spiegare l’arcano.
- Beh ragazzi, vi giuro che la DetectiveIoOdioLeFotoBeckett le ha fatto un vero Book fotografico! E non sto scherzando! -
Alzò lo sguardo, per fulminare l’amica e poi, un po’ rossa in viso, guardò i suoi colleghi e scrollò le spalle.
- Vi giuro che quando vidi il telefono di Castle con tutte quelle foto di Alexis… ve lo ricordate quando tentava di mostrarcele?-  continuò Lanie imperterrita. I due annuirono.
- Beh credevo che nessuno avrebbe potuto superarlo… Mi sbagliavo di grosso!!! Lì dentro – disse indicando il cellulare che Kate aveva in mano – c’è Joe minuto per minuto! -
- Non esagerare!!! - la rimproverò Kate – è vero ci sono tantissime foto! Volevo immortalare tutti i momenti più belli… così un giorno, avrebbe potuto averne un ricordo. - 
“e non solo lei” pensò tra sé…
- Trovata! - esclamò e, mettendola a tutto schermo, girò il telefono verso i tre.
- Vi presento Mia Figlia Johanna! -
Un coro di ‘wow’ ‘quanto è bella’ ‘ti somiglia tantissimo’ ‘che cucciola’ si levò nella stanza.
- Quanto ha? - le chiese Ann
- 23 mesi…-
- E tu ce l’hai tenuta nascosta per tutto questo tempo?... voglio assolutamente vederla e stritolarla di baci! Me lo devi! - disse Ryan.
Anche Esposito si complimentò e avanzò qualche pretesa. Intanto, anche Carl si era aggiunto alla combriccola euforica.
Richard invece era rimasto indietro, quasi in disparte, ad aspettare che gli altri gli lasciassero un po’ di visuale.
- Posso? - lo sentì chiedere in un timido sussurro.
Alzò lo sguardo ad incrociare il suo e sorridendogli annuì. Lo vide avvicinarsi e abbassare lo sguardo sulla foto. Lei seguiva tutti i suoi movimenti che in quel momento le sembravano quasi a rallentatore. Solo quando lo vide sorridere e alzare lo sguardo verso di lei, si accorse di stare trattenendo il respiro.
“Perché stava reagendo così? Non c’era nessun reale motivo di dover stare in ansia per quello che lui potesse pensare di sua figlia! Joe era troppo preziosa per lei per lasciarsi intimorire dai giudizi altrui! Non le era importato nulla fino a quel momento, nemmeno quando aveva detto a suo padre di essere incinta… perché con Rick doveva essere diverso?”
- È davvero bellissima...- la voce le arrivò come un sussurro e la riportò sulla terra.
Un sorriso timido e splendente allo stesso tempo, apparve sul suo viso. Lo ringraziò con lo sguardo e si soffermò sulla sua espressione. Non la stava giudicando, ma con dolcezza era tornato ancora un secondo con lo sguardo su quel visino angelico.
- Ti assomiglia tantissimo! - disse rialzando lo sguardo su di lei. 
Si perse nei suoi occhi azzurri, quando sentì il suo ultimo sussurro: - È stupenda! - 
Tra loro calò l’ennesimo silenzio della giornata. Fu Montgomery a riportare tutti sull’attenti.
- Forza! Se volete vedere presto la piccola, è ora che vi mettiate a lavoro! Prima finiamo, prima tornate a essere Zii, Ziee, Mamma e…-  si fermò per un secondo, poi riprese -…io Nonno! - disse facendo scoppiare tutti a ridere.
 
Nel giro di qualche secondo tornarono tutti seri e si misero a lavoro.
- Ho confrontato le impronte prese nella macchina con quelle del bicchiere da cui ha bevuto il marito... non sono compatibili - disse la dottoressa consegnando al capitano la cartellina con i referti.
- Poi ho avuto il risultato delle analisi - continuò  - i buchi che aveva nelle braccia sono dovuti a una cura...- piccola pausa e consegnò anche a Beckett un foglio.
- Faceva almeno due iniezioni al giorno perché aveva una grave malattia - spiegò
- Come malata? - chiese Espo, ma lei continuò il suo discorso
-...e si stava curando -
- se non l’avessero uccisa, ce l'avrebbe fatta? - domandò Castle.
- Forse si, forse no... 50 e 50% -
- Andiamo a parlare col padre - Beckett mise fine alla conversazione prendendo la giacca dalla sedia.
Come se fosse un gesto normale, ancora un gesto consueto, lo scrittore scattò sull'attenti e si avvicinò a Kate, pronto a seguirla.
 
Poco prima che lasciassero la stanza, Esposito lo richiamò:
- Ah Castle... è passato l'agente Gray, ha detto che se riesce ripassa o se lo richiami tu! Sembrava una cosa urgente.-
- Ok -  rispose Rick prima di correre dietro alla detective.
 
 


   

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Capitolo 9
*** Temer si dee di sole quelle cose c' hanno potenza di fare altrui male... ***


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« Temer si dee di sole quelle cose
c' hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.
»
 (da Inferno II,  88-90)

Infilò nella serratura la chiave, girò ed entrò come se fosse l'ennesima d’infinite volte e non la prima.
Diede un’occhiata distratta all'appartamento. L'ennesimo luogo dove avrebbe vissuto, l'ennesimo posto che non sarebbe stato 'casa'... Lui una casa l'aveva... Una dove aveva vissuto tante avventure, visto crescere sua figlia, dove si era ritrovato a essere di nuovo figlio, dove si rifugiava e dove c'era la scrivania alla quale aveva visto nascere i suoi romanzi, dove aveva scritto di lei, il posto dove aveva scoperto che le canzoni hanno un senso e lui l'aveva trovato con lei.
Quella casa, dove si era rifugiato per scomparire dal mondo, per dimenticarla, prima che fosse lei a sparire dalla sua vita. Quella casa che ora non era più casa... Non lo era da quando, un paio di anni prima, aveva abbandonato la serie su Nikki Heat, quando gli era arrivata per la seconda volta la proposta di scrivere di 'un certo agente segreto' e aveva pensato: “non capita a tutti di avere l'onore di scrivere di Lui. A me l'hanno proposto per ben due volte! Sarà un segno del destino...”
Quando poi aveva capito che nel 'pacchetto' era compreso girare l’Europa per avere ispirazione e narrare le sue avventure, poter essere una 'spia' per un po’... “Quello che è sempre stato il mio sogno!”  si era detto. Poi, quando aveva realizzato che tutto ciò l'avrebbe portato lontano da lì, l'avrebbe tenuto lontano dai suoi pensieri, gli avrebbe permesso di allontanarsi da lei e staccare la spina, non solo 'fisicamente' ma l'avrebbe tenuto impegnato in altro, allora aveva accettato e mollato tutto per immergersi in quella che sarebbe stata la sua nuova vita!
Ed ora, eccolo là... con un nuovo best seller in uscita anche in America, di nuovo a New York e di nuovo a lavorare con lei... Tutto stava tornando come prima, tranne il fatto che nonostante lui non l'avesse mai dimenticata, nulla sarebbe tornato come prima.
Era rimasto fermo a guardare quell'ingresso, così diverso da quello del suo loft, e questo era un altro segno che era tornato ma le cose sarebbero andate in modo diverso...
Chiuse gli occhi e strinse le labbra, confinando in un angolo del suo cuore il suo stato d'animo, e, fingendosi il 'solito', si rivolse ad Ann
- Chi ci abitava qui? -
- Un pentito di mafia... stava nel programma di protezione - rispose l'agente Hasting che aveva avuto l'incarico di introdurlo nell'ennesima nuova vita.
- Le pulizie chi le ha fatte? - chiese vedendo che l'appartamento splendeva più di un gioiello.
- Boh non lo so, ci ha pensato il Capo, ieri ha mandato qualcuno - rispose la donna.
- Di sotto c'è un box e nel soppalco del soffitto hanno ricavato una mansarda adibita a studio... oggi sposteranno qui le cose che avevi nell'altro magazzino. –
- Pure la macchina? - chiese, ritrovando un pizzico di euforia.
- Si, certo!-
- Quel vecchio maledetto ha pensato a tutto! - disse un po’ troppo ad alta voce.
- Si - rispose Ann sorridendo.
Fecero un breve giro d’ispezione, in cui lei gli spiegava dove erano le cose essenziali e mostrava manopole e contatori.
- Va beh... se non hai bisogno di altro io vado! -
- Grazie, Hasting.- Rispose regalandole uno dei suoi magnifici sorrisi.
- No, Grazie! Va pure! -
 
 
Quando la donna richiuse la porta alle sue spalle, fece un nuovo giro nell'appartamento, per poi uscire sull'enorme balcone.
“Beh questo non c'era nel mio vecchio loft... E devo dire che la vista è davvero mozzafiato!”
L'appartamento era l’attico di un palazzone di una decina di piani e l'enorme balcone che lo circondava delimitava una metà dell'intero perimetro, concedendo una magnifica vista della città.
- Salve.-
Una voce proveniente dalla sua sinistra, lo distolse dal suo stato contemplativo.
Si voltò verso l'uomo che lo salutava da dietro a una paratia divisoria in legno.
- Salve - rispose.
- Finalmente torna qualcuno in questa casa - disse l'uomo - la persona che c'era prima di lei era molto simpatica... facevamo un sacco di chiacchierate.-
Continuò mentre stendeva il calzino - parlavamo di tutto! La vita, la morte, Dio, non dio... perché siamo quaggiù...-
- Forse io non riuscirò… a rimpiazzarlo molto bene - disse Rick, tornando a guardare davanti a sé.
- Ah non si scoraggi, non si può mai dire - la voce calda dell'uomo lo fece voltare nuovamente verso di lui.
- Piacere, sono Padre Francis, mi occupo dell'oratorio qua giù - disse facendogli un largo sorriso, infilando una mano tra gli assi incrociati.
Richard fece altrettanto e scambiarono una stretta.
- Piacere Richard - rispose.
-...E lei di che si occupa?-
- Io sono... curatore editoriale.- rispose la prima cosa che gli venne in mente. Montgomery si era raccomandato di mantenere l'anonimato, anche se non sapeva il perché.
- Ah un correttore di bozze...- rispose il prete
- Hey... il mio lavoro è più importante di 'cercare errori' nei libri! - disse, come se l'avesse offeso.
“Ma perché mi scaldo tanto? Non è mica il mio lavoro!!!”
- Allora perché lo dice con quel tono... se ne vergogna? - notando la strana espressione che aveva assunto.
- No, no...- cercò di rimediare.
- Va bene... io qua ho finito! - disse il prete, afferrando il cesto dei panni - la lascio sistemare le sue cose. Buona giornata! - lo salutò e si diresse verso l'interno.
- Grazie, buona giornata anche a lei, Padre.- riuscì a dire prima di ritrovarsi di nuovo solo, su quel balcone, ad ammirare il panorama e a perdersi nei suoi tristi pensieri.


⌘ * § * ⌘


Il telefono era già al terzo squillo, ma lui non sembrava essere intenzionato a rispondere. Gray stava per attaccare, quando sentì: - Castle -
Con un finto tono scocciato gli disse: - Finalmente!  Ma dov’eri? -
 - Ciao Robert, ero sul mio nuovo terrazzo a chiacchierare con il mio nuovo vicino.-
Gli rispose con un tono un po’ troppo sarcastico per il classico Richard.  Poco dopo, però, ritornò il giocherellone e continuò salutandolo con un - come vanno le cose?-
L’agente tirò fuori una delle sue solite battute: -Sei peggio dell'araba fenice- gli disse e si  sentì rispondere, con il consueto torno scherzoso dello scrittore: -Io? e tu invece?-
-Si, si, va beh...- rispose facendo ridere entrambi e poi, cosa strana per il Castle che conosceva, tornò serio e gli chiese:
- Ho saputo che mi cercavi, che c'è?-
Anche il suo tono si fece meno faceto e gli confessò il motivo della ‘premura’:
- Ho bisogno di vederti, però domani non posso... ehm 'mi ha chiamato mia moglie... il bambino ha la febbre'.- inventò la classica scusa, non potendo dirgli che non erano cose di cui parlare a telefono e che l’indomani aveva un ‘impegno riservato’.
Dal suo respiro, capì che Castle aveva compreso e continuò la farsa: - 'sto andando a Bayonne’, ti ricordi no?-
- Si certo...- gli rispose e poi insisté nel chiedergli: - ma c'è qualcosa di importante?-“Ok con Castle non la spunterò…” pensò e si  convinse  ad accennare quello che poteva, per telefono:
- Quelli dell'anticrimine... mi avevano chiesto di vedere se su piazza, c'era qualcuno che sapeva cose riguardo uno che ammazza la gente in giro per lo stato di New York -
Sapeva per certo che Montgomery l’aveva coinvolto nelle indagini per cui, sperando nell’intuito di Rick, provò a buttare lì: - Mi sono dato da fare... ho guardato delle carte, e di quelli, io e te ne conosciamo...-
- Si, lo so! l'ho già detto al Capitano... ha passato le informazioni a quelli che ci stanno lavorando.-
“Come supponevo!”
 Spinto da questa consapevolezza, continuò il discorso:
- Quella che conosciamo meglio è una certa... Dafhne Quan. Per un po’ ci ha fatto da informatrice...-
Lasciò la frase sospesa, sperando che lui non ci si attaccasse.
- Hai guardato anche tu il suo incartamento?- indagò in modo da capire se potevano proseguire ‘sul vago’.
- Si... insomma l'ho letto...-  gli rispose, e allora capì che ne sapeva  più di quanto non dicesse, ma  aveva capito il ‘gioco’ e lo stava assecondando.
- Ieri mi è arrivata una strana lettera... vorrei fartela vedere! Secondo me forse ho trovato un filo.-
“Non voglio sbilanciarmi molto ma so che devo attirare la sua attenzione in qualche modo.”
- Guarda... io però non me ne occupo. Cioè ho solo dato un mio parere... poi il caso non è del Capitano!-
”Si come se non sapessi che ti impiccerai di questo caso…. Ok scrittore vediamo come mi rispondi ora” pensò tra sé, prima di dirgli:
- Eheh, mi sa tanto che dovrai proprio occupartene...-
- Ti ho già detto che, secondo me, da piccolo hai letto troppi libri gialli!-
“Eccolo là, ci hai provato, ma con me non attacca!”
- E’ già cento volte che me lo dici... e ti ho già risposto che ho letto i TUOI libri...-Castle rise e Robert continuò con tono scherzoso, pur sapendo che quella, purtroppo, rischiava di essere la pura verità!
- Comunque... vedrai che ho ragione io!-
L’immaginò storcere il naso in segno di disappunto e poi gli sentì chiedere:
- Va beh, che facciamo? Ci vediamo dopo domani in ufficio? Ah, alla villa intendo!-
- Va bene. Alle 10, fatti trovare!-
- D’accordo!-
Prima di chiudere la telefonata, non riuscì a fare a meno di ‘sondare il terreno’, per cui lo congedò dicendo:
- Bene... ah e salutami la tua bella Detective...-
Qualche secondo prima di riagganciare, riuscì a sentire Richard rispondergli con un flebile -...eh…- seguito da un sommesso sospiro.
Questo gli fece capire che le cose tra loro erano a un ‘punto morto’ e non sapeva se questo potesse essere un bene o un male.
Cercò di non pensar troppo ai suoi casini, concentrandosi su quello che lo aspettava, ma non riusciva a togliersi la sgradevole sensazione di sentirsi come osservato.
Si voltò, per l’ennesima volta in quella giornata, ma non vide nessuno in giro.
“Già come potrebbe esserci qualcuno? Sono negli ‘uffici’ della CIA…” si disse, ma c’era qualcosa che non lo convinceva. Nonostante quel posto fosse ultraprotetto e ultrasegreto, da quando aveva trovato sulla ‘scrivania’ quella lettera, non riusciva più a sentirsi tranquillo.
“Spero solo che Castle riesca a dissuadermi dalla strana teoria che mi è venuta in mente! In fondo quello dalle strampalate ipotesi è lui… magari giovedì ne tirerà fuori una migliore della mia!”  

   

 

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Capitolo 10
*** Mirate la dottrina che s ‘ascombe... ***


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« ‘O voi ch’ avete li ‘ntelletti sani
mirate la dottrina che s ‘ascombe
sotto ‘l velame de li versi strani.»
(da Inferno IX, 61-63)

Un leggero bussare lo distolse dalle sue carte.
- Avanti - disse.
Kate e Rick entrarono e si avvicinarono alla scrivania.
- Voleva vederci Capitano? - chiese la donna.
- Si, accomodatevi e aggiornatemi sul caso Borsquel.-
La detective e lo scrittore si sedettero sulle poltroncine di fronte alla sua scrivania e la donna iniziò il resoconto.
- Proseguendo con le indagini, abbiamo scoperto che era in cura da un medico, il Dr Ector De Glauco -
- che era una sorta di cialtrone. – finì per lei lo scrittore.
- Le aveva prescritto tutta una specie di medicinali omeopatici che dovevano servire per curarla.-
- L’avete interrogato?- chiese il capitano.
- No...- rispose Beckett ma prima che potesse aggiungere altro continuò prevenendolo: - Successivamente anche l’uomo è stato trovato morto nel mezzo di una boscaglia,  l’abbiamo rintracciato grazie a Brennan, utilizzando dei nuovi strumenti informatici per localizzare il cellulare dell’uomo.-
Fece una breve pausa, cercando tra gli incartamenti un referto e continuò:
- Le analisi di Lanie hanno dimostrato che le due vittime erano state nella stessa auto e che entrambi sono morte nella stessa notte-
- con solo 3 ore di distanza, l’una dall’altro.- precisò Castle.
- Parlando con il bambino abbiamo scoperto che spesso gli incontri della donna avvenivano anche a casa, la prima ipotesi che era sorta era che oltre ad essere il suo medico curante, l’uomo fosse diventato qualcosa di più.-
- Quindi il movente potrebbe essere quello della gelosia dell’ex marito?- domandò Roy.
- Si, in un primo momento anche a noi era sembrata la cosa più plausibile, ed era stato proprio il bambino a insinuare il dubbio in Castle, durante uno degli interrogatori, per chiarire l’alibi del padre che la sera dell’omicidio era in casa con lui.-
- Era venuto fuori che la donna aveva un braccialetto con su scritto il nome e la data di nascita del piccolo ma nonostante avessimo ottenuto un mandato di perquisizione e fossimo andati a casa della vittima, non siamo riusciti a trovarlo da nessuna parte. Inoltre l’abito che la donna aveva preso all’atelier era un'altra cosa che non mi quadrava.- spiegò Rick.
- Oltre a questo però c’era la macchina che il vicino di casa l’aveva vista pedinare.-
- Quindi?- domandò Montgomery incuriosito, non capendo dove tutto ciò li stava portando.
- Castle sosteneva che secondo lui, quella era la pista giusta da seguire.-
Un sorriso, che non era riuscito a trattenere, era sorto sul suo viso. Come ai vecchi tempi, Beckett si era fidata dell’intuito di Castle e aveva assecondato i suoi dubbi…
La detective forse aveva notato il cambiamento d’espressione del Capitano e forse intuito i suoi pensieri, perché dopo avergli lanciato una delle sue occhiate assassine,  assunse un’espressione triste, distogliendo lo sguardo.
- Cosa avete scoperto?- chiese riportando l’attenzione al caso.
- Parlando con i volontari nel parco è venuto fuori che la sera dell’omicidio hanno visto due macchine -
- da ricondurre a quelle delle due vittime - precisò Castle
- ferme a qualche metro di distanza dal ritrovamento del cadavere della donna.
All’interno  di una delle due c’erano un uomo e una donna che hanno avuto una conversazione e quando sono ritornati ognuno alla propria macchina e ripartiti in direzioni opposte, i volontari hanno detto che una delle due era seguita da una terza macchina.-
- Che poi sarebbe il maggiolino verde di cui ci aveva riferito il signor Franch - terminò lo scrittore.
- Sappiamo a chi appartiene?- domandò cercando di arrivare al dunque!
“Non ho intenzione di perdere l’intera giornata su un caso risolto! Ho altre priorità!”
- Si signore! Abbiamo scoperto essere di proprietà della direttrice dell’atelier…-
- Siamo andati ad interrogarla ed è stato lì che le cose sono precipitate.- spiegò Rick.
Montgomery corrucciò la fronte, guardando la sua detective che prontamente illustrò quanto accaduto.
- Il marito della vittima ha scoperto l’assassino e si era recato dalla donna in cerca di spiegazioni.-
- Noi siamo arrivati giusto in tempo! Prima che ci fosse un terzo cadavere.- intervenne Castle con espressione retorica.
- Già…- commentò la detective – Il marito aveva trovato nella tasca della giacca il braccialetto e non gli era stato molto difficile fare due più due…-
- Il movente era quello giusto: gelosia…- di nuovo Rick intervenne - solo che l’assassino era l’amante…-
- del marito!- completò la frase di Kate
- cioè la direttrice dell’atelier!-
Roy annuì e si fece spiegare tutti i dettagli, per poter chiudere definitivamente il caso.
“Ovviamente quei due continuano a completarsi le frasi a vicenda e questo mi fa venire una gran voglia di ridere… Una volta mi avrebbe fatto venire su i nervi ma ora, dopo tutto quello che è successo, questa loro connessione che perdura nel tempo, mi riempie il cuore di gioia e mi porta a pensare che c’è ancora speranza!”
 
Mentre era ancora assorto nei suoi pensieri, lo squillo incessante del telefono lo riportò alla realtà. Afferrò la cornetta e rispose:
- Montgomery.-
Ascoltò in silenzio annuendo pesantemente.
- Non fate toccare niente... aspettate che arriviamo!-
Terminata la chiamata, mise a posto la cornetta e fece un profondo respiro mentre portò lo sguardo sulle due persone davanti a lui che lo guardavano perplesse.
Espirò profondamente e guardando Castle negli occhi disse:
- Era l’FBI…-
Gli occhi dello scrittore erano puntati su di lui e quasi timidamente continuò:
- A Jersy City, dalle parti di Bayonne. Hanno trovato Gray... l'hanno ammazzato.-


⌘ * § * ⌘


Il cadavere era stato ritrovato nelle vicinanze del grande Bayronne Park, da una coppietta in cerca di privacy che si era incamminata verso il piccolo parco limitrofo, che era molto meno frequentato, il Richard A. Rutkowoski Park, ma avevano terminato la loro avventura amorosa in compagnia di qualcosa che emergeva dalla riva.
Il trio arrivò sulla scena del crimine in meno di venti minuti e come era stato chiesto per telefono, trovarono tutto delimitato dal nastro giallo ma nessuno aveva toccato nulla!
Anche Lanie era sul posto e, quando Kate e Rick le furono vicini, chiese:
- Te la senti?-
- Non è il primo cadavere che vedo!- rispose l’uomo freddamente.
Le due donne si scambiarono uno sguardo e Kate si avvicinò a lui.
- Rick…-  disse mentre poggiava una mano sul suo braccio.
Quando lui si girò e incrociò i suoi occhi blu, si sentì come morire. Aveva uno sguardo spento, come poche volte gli aveva visto.
- Rick…- provò a dire - lo so che Gray era un tuo amico, non devi per forza attraversare questo nastro.-
- Kate… non mi terrai fuori anche da questa storia! Voglio partecipare alle indagini, voglio trovare chi l’ha ucciso! Devo!-
La detective annuì e spostando la mano sulla schiena dello scrittore l’aiutò ad oltrepassare il nastro.
 
Arrivarono vicino al cadavere e Richard continuava a non emettere suono, sembrava quasi non respirasse.
Lei lo guardava con un’espressione preoccupata, sapeva che nella sua testa qualcosa stava frullando.
Castle s’inginocchiò vicino al corpo senza vita di Gray e lo fissò finché una lacrima non sfuggì al suo controllo.
Anche Kate si chinò, accovacciandosi vicino all’uomo e cingendogli le spalle con un braccio.
Rick, a quel contatto inaspettato, si voltò di scatto verso di lei.
- Kate… mi aveva chiamato più volte! Voleva parlarmi… aveva qualcosa di urgente, qualcosa che l’aveva quasi spaventato e io sono stato capace solo di rimandare. Gli avevo dato appuntamento a domani…-
La modalità detective entrò in azione, sopraffacendo la donna.
- Che cosa ti ha detto?-
- Non so molto… mi ha parlato di un’indagine in cui, diciamo, l’avevano coinvolto!- disse alzando lo sguardo a intercettare quello del Capitano che era sopraggiunto accanto a loro.
- Niente altro?- chiese l’uomo.
- No… solo che credeva che questo caso mi avrebbe ‘interessato’ – disse virgolettando le parole, e poi continuò – Ha detto che il caso mi avrebbe coinvolto! Ma non so nient’altro, se non che riguarda quei fascicoli che mi hai fatto leggere!- disse rivolgendosi ancora a Roy.
Kate li guardò per un attimo in cerca di spiegazioni ma quando Montgomery le fece un gesto con il capo, in segno di ‘te lo spiego dopo’, tornò a guardare Rick.
Quasi senza accorgersene, aveva portato la mano al viso del partner e aveva asciugato la lacrima che lo solcava. Rick quasi istintivamente aveva appoggiato la guancia al palmo di lei e chiuso gli occhi, facendosi consolare da quel contatto che gli era mancato tremendamente in tutto quel tempo.
Un brivido percorse entrambi, facendoli ripiombare alla realtà, riportandoli sulla scena di quell’efferato delitto.
- Aspettate!- esclamò ad un tratto lo scrittore.
Tutti lo guardarono stupiti e lui spiegò: - Mi ha detto che voleva farmi vedere una cosa… Aveva ricevuto una strana lettera! Ha anche detto che oggi sarebbe venuto in Bayonne, ma credevo fosse un altro messaggio in codice. Non credevo sarebbe venuto qua davvero!-
- Quando l’hai sentito l’ultima volta?- chiese Kate.
-Ieri sera… sul tardi.- rispose.
Intanto Lanie aveva iniziato ad ispezionare il corpo, e nel sentire della lettera richiamò la loro attenzione:
- Potrebbe essere questa?- chiese, estraendo dalla tasca una busta da lettere ripiegata, stropicciata e inumidita.
Castle infilò un paio di guanti che Beckett gli aveva passato e prese in mano la busta.
L’aprì ed estrasse il foglio.
Una volta disteso tra le mani, lesse ad alta voce il messaggio:

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Se cliccate su si ingrandisce

   


Beneeee che posso aggiungere a questo capitolo?
Vediamo un po'
Siamo giunti a un nuovo omicidio... Questa volta è ad opera del nostro SerialKiller e la povera vittima è il caro amico della CIA! E ora?
Non mi dilungo su questo ma volevo solo mostrarvi una cosa...
Ho fatto delle piccole ricerche perchè mi serviva un parco, adiacente ad uno più grande ma ben appartato e in quella zona (Bayronne)... Avete notato il nome e la prima iniziale?
Non erano scritte a caso... Su google maps mi è uscita questa:

cliccateci su per ingrandirla

Giuro esiste davvero! Controllate voi stessi!
Potevo mica ignorare i segnali dell'universo? NO di certo! :p

Baci
Vulpix

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Capitolo 11
*** Io venni in loco d’ogne luce muto... ***


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« Io venni in loco d’ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto
(da Inferno V, 28 - 30)

      

Erano passate un paio di ore da quando avevano ricevuto la chiamata del ritrovamento del cadavere di Gray. Eccezionalmente, questa volta, la squadra del 12th era rimasta sul posto per tutto il processo d’isolamento della scena del crimine e raccolta prove, fino a che Lanie non aveva dato l’ok per spostare il cadavere. Montgomery e Kate avevano lasciato che l’anatomopatologa facesse il suo lavoro, spostandosi in un angolo del perimetro del nastro giallo, mentre Rick non aveva voluto sentire ragioni ed era rimasto, per tutto il tempo, accovacciato di fianco al corpo inanime di Gray, con le mani lasciate stancamente cadere sulle sue gambe, spostando lo sguardo da quella lettera al suo amico.
Nella sua testa, per tutto il tempo, aveva continuato a rimuginare sul fatto di non esser stato tempestivo nel contattare l’uomo e cercare di scoprire cosa l’angosciava. Guardò ancora una volta quel foglio stropicciato e il suo pensiero andò a scavare nella sua mente, dove aveva già letto quelle frasi:
mirate la dottrina che s ‘ascombe…
Era assolutamente certo che quella frase nascondesse qualche segreto, che quello fosse un messaggio e che la morte di Robert fosse legata alla lettera e a quel killer seriale di cui Montgomery l’aveva messo a conoscenza.
Solo quando la cerniera del sacco nero fu tirata su e il corpo issato per essere messo sul furgoncino del coroner per essere trasportato all’obitorio, Kate riuscì a far ritornare Richard al presente e piano l’aiutò ad alzarsi. Lo cingeva con un braccio dietro la schiena e lo sorreggeva per quel che poteva. All’improvviso sembrò riprendersi e rincorse i portantini fino al furgoncino.
- Beckett, accompagna Castle a casa e assicurati che non faccia cretinate!- disse il capitano per fare in modo che lo scrittore non stesse più tra i piedi ostacolando il lavoro dei tecnici, di Lanie e della squadra.
Kate annuì e si avvicinò nuovamente a Rick, ma lui, prima che riuscisse a sfiorarlo, si scostò di scatto e rivolgendosi ad entrambi disse:
- NO... io non me ne vado a casa! Parteciperò alle indagini!-
Beckett gli si avvicinò piano, poggiando la mano sulla sua spalla e con un tono dolce gli disse:
- Rick… nessuno vuole escluderti dalle indagini ma sei troppo shockato… Andiamo a casa! –
Lo scrittore fece segno di no con la testa, ma lei continuò:
- Adesso non possiamo fare molto… dobbiamo aspettare che Lanie ci dia i risultati delle analisi e poi potremo iniziare davvero le indagini. -
Castle fissò con sguardo vuoto il furgoncino che aveva iniziato a percorrere il viale, poi rivolse lo sguardo verso Lanie che annuì dolcemente alle parole che Kate aveva pronunciato poco prima.
Quando poi si voltò finalmente verso la detective e incrociò il suo sguardo, con la testa fece segno di assenso e si lasciò convincere a tornare con lei.
- Ryan ed Esposito inizieranno a fare ricerche sulla lettera e sulla pergamena, appena avremo novità ti chiamiamo! Ora torna a casa con Kate e cerca di riprenderti… Devi essere nel pieno delle forze! Domani mattina convocherò una riunione con l’FBI e l’investigativa.- disse il capitano, con un tono che era più un ordine che un consiglio.
- D’accordo!- fu costretto a cedere lo scrittore e a lasciarsi condurre dalla sua partner verso la macchina.  


⌘ * § * ⌘


Durante tutto il viaggio verso casa, regnava un tombale silenzio. Lo scrittore aveva lo sguardo perso nel vuoto e la mente rimuginava su quel messaggio, mentre la detective era apparentemente concentrata totalmente sulla guida, ma in realtà anche lei pensava al messaggio e a cosa avrebbe potuto fare per ‘togliere’ Richard da quello stato catatonico in cui era caduto.
Arrivò all’appartamento e parcheggiò quasi davanti al portone d’ingresso dello stabile.
Scese e andò ad aprire lo sportello del passeggero.
Rick era ancora immobile nella sua posizione, tanto che fu costretta a chinarsi su di lui per slacciargli la cintura e accarezzandogli il viso. Dolcemente lo chiamò per esortarlo a scendere dall’auto.
Lo scrittore la guardò per qualche secondo incatenando i suoi splendidi occhi blu, diventati quasi color ghiaccio, a quelli verdi e spaventati della donna. Poi annuì e, come se finalmente fosse sceso di nuovo sul pianeta terra, si diresse a passo spedito verso casa, lasciando la detective imbambolata davanti alla macchina.
Una frazione di secondi dopo, Kate chiuse lo sportello e inserì l’antifurto, per poi dirigersi verso l’appartamento.
Richard aveva preso le scale e lei arrivò al piano quando lui già aveva aperto la porta ed era entrato.
Per sua fortuna, ancora non nel pieno delle sue facoltà mentali, l’uomo aveva lasciato la porta aperta e si era fiondato verso una libreria ‘improvvisata’.
Entrò e chiuse la porta. Quando si voltò lo vide cercare con furia tra i libri che aveva messo provvisoriamente accumulati su uno scaffale.
- Rick…- provò ad attirare la sua attenzione ma fu un tentativo vano.
Si avvicinò e togliendoli il libro dalle mani lo condusse verso il divano e lo fece accomodare.
S’inginocchiò davanti a lui in modo da essere all’altezza del suo viso e continuò a parlare:
- Rick… fermati! Lo so che hai appena perso un caro amico, ma non servirà a nulla se perdi la calma e ti butti a capofitto nelle indagini!-
- No Kate? Senti da che pulpito viene la predica!-  le disse con un tono aspro.
La detective accusò il colpo ma fece finta di nulla e continuò:
- Rick… calmati. Stacca per un attimo il cervello da quella scritta… perché, non negarlo, so che stai rimuginandoci su da quando sei salito in macchina e anche da prima!-
Lo scrittore abbassò lo sguardo, espirando profondamente, come a volersi calmare.
- Prova a non pensarci per un momento… sfogati, piangi, grida se è necessario, ma lascia fuori le indagini per stasera! Domani a mente lucida, per quanto sia possibile, inizieremo a porci tutte le domande e a tentare di trovare le risposte. Ma non ora! Non puoi, non ce la faresti!- terminò la frase con un tono estremamente preoccupato, ma questa sorbì l’effetto contrario a quello che si sarebbe aspettata.
Castle si alzò in piedi di scatto e quasi aggredendola le sputò in faccia il suo malessere e rabbia, camuffato in quelle parole:
- Davvero Kate? Proprio tu vieni a dirmi questo? Per quel che mi ricordo, sei TU quella che quando si tratta del caso di sua madre non guarda in faccia nessuno e si butta a capofitto! Non venirmi a fare la predica, non TU!  Io… Io ho solo imparato dalla migliore, no? -
- Beh… - fece un sospiro stanco e cercò di calmarsi.
Aveva le braccia lungo i fianchi e le mani chiuse a pugno.
- Io avrei potuto evitarlo!-
- Ma che sciocchezze dici?- lo interruppe lei, - seppure vi foste incontrati prima, che avresti potuto fare? In quella lettera non c’è nessun chiaro messaggio, nessuna minaccia! Niente di niente!-
- Che vorresti dire? Che l’assassino ha inviato quella lettera così? Non aveva niente di meglio da fare? Beh io non credo! Sai non è facile isolare un agente della CIA e ammazzarlo! Quindi credo che aveva il suo da fare!-
Si girò dandole le spalle e proseguì:
- Ed è questo quello che farò… - disse - Scoprire cosa si nasconde dietro quel messaggio. Quindi ora lasciami solo e vattene a casa!-
- Rick… Non me ne vado!-
- Non credere di farmi cambiare idea! -
- D’accordo, allora mettiamoci a cercare questo messaggio ‘nascosto’!-
- No… ho bisogno di restare solo! Per cui, ora, approfitta della serata che Montgomery ti ha concesso e tornatene a casa da tua figlia. – terminò la frase con un tono dolce e senza più la rabbia di prima.
La detective cercò di replicare ma il viso dello scrittore divenne nuovamente duro.
Le prese la borsa ai loro piedi e dopo avergliela data la fece dirigere verso l’uscita.
-Non mandarmi via, Rick… non puoi restare da solo!-
- E’ quello che voglio… ed è quello che farò!-
Erano davanti alla porta, quando lei, quasi in un sussurro disse:
- Non tenermi fuori dalla tua vita…-
- Non sono stato io a farlo per primo!- detto questo afferrò la maniglia e richiuse la porta lasciando la detective fuori dal suo appartamento e ancora una volta fuori dalla sua vita…
 
 

   

 

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Capitolo 12
*** "...Quel giorno più non vi leggemmo avante". ***


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«"...Quel giorno più non vi leggemmo avante".
Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.»
( da Inferno  V , 138-141)  

Il tonfo sordo della porta fece sussultare entrambe le persone che erano nell’appartamento.
- Katie?- chiese l’uomo poggiando sul tavolo il cucchiaio e alzandosi dalla sedia.
- Si papà sono io!- rispose la donna entrando in cucina.
- Mammaaaaaaaaaaaaaa-
L’urlo di gioia del suo piccolo angelo le fece tornare il sorriso e accantonare in un angolo del suo cuore quella fitta dolorosa che provava da quando l’ennesima porta si era chiusa tra loro due.
- Joe tesoro! Vieni a dare un bacio forte alla mamma!- disse chinandosi per essere all’altezza della piccola.
Jim aveva sollevato Johanna e messa a terra subito dopo averle sentito lanciare l’urlo.
La piccola si diresse incontro alla mamma, che l’attendeva a braccia aperte, con il faccino deciso e una corsa traballante.
Quando le fu davanti le si buttò addosso e iniziò a tempestarla di baci.
- Abbaccio fotte titoloso?- le chiese e quando la donna annuì ridendo, la piccola le cinse il collo con le braccine e la strinse forte a sé.
- Si tesoro… la mamma ha bisogno di un abbraccio titoloso- ripeté la detective, facendo ridere anche Jim.
Senza staccarsi dalla piccola, la prese in braccio e si avvicinò di nuovo al seggiolino.
- Allora kitty... che ti ha cucinato il nonno? –
- bleah…- fu l’unica risposta della piccola.
Kate scoppiò a ridere e voltandosi verso il padre, che aveva una faccia ‘finta’ arrabbiata, non poté fare altro che scuotere la testa a quella ennesima scenetta dei due.
- Niente bleah, signorina! È un buonissimo passato di verdure fatto in casa, con aggiunta di omogeneizzato di carne… visto che la signorina non mangia né verdure, né vuole la carne, ma deve mangiarle!-
In risposta il nonno ottenne una linguaccia da parte della nipote che fece scoppiare a ridere Kate.
- Kitty, tesoro… Non si dice Bleah… - disse imitando la piccola – e il nonno ha ragione! Devi mangiare la carne! Per oggi accontentiamoci di questa prelibatezza che ti ha preparato con tanto amore - disse guardando la piccola, cercando di dissuaderla.
- Facciamo un patto! –
Joe si sistemò meglio sul seggiolino, poggiando il gomito sul vassoio e il visetto, con gli occhi attentissimi, sul suo palmo.
Kate sorrise e non riuscì a fare a meno di mordersi il labbro inferiore prima di spiegare il patto:
- Allora… tu mangi tutto quello che hai nel piatto, la mamma ti imbocca e poi ci mettiamo tutte e due nel lettone a farci le coccole! Se fai la brava e senza storie, questa notte dormi con me… ok? Affare fatto?- le chiese, porgendole la mano come si fa per suggellare un patto tra adulti.
- Appae patto!- rispose la piccola, stringendo la mano della donna, con un sorriso a 32 denti ‘sdentato’.
 
 
Un paio di ore dopo e con non pochi capricci di Joe, finalmente la sbobba del nonno era stata spazzolata e loro si erano sistemate comode, una nelle braccia dell’altra, nel lettone della mamma.
Joe aveva voluto che Kate le raccontasse la solita storia per farla addormentare. Quella che da quando lei aveva iniziato a capire il senso delle cose, anche solo in parte, Kate le aveva incominciato a raccontare, e d’allora la piccola non smetteva mai di chiedergliela.
Come ogni sera, la storia della buonanotte le aveva tenute impegnate per un bel po’, prima che la piccola crollasse nel mondo dei sogni.
“Perché mi ostino a chiamarla storia della buonanotte se ti tiene impegnata arzilla e vispa più che mai?” 
Ma come ogni sera, dopo tanti perché e per come, la piccola si era lasciata trasportare da Morfeo in un posto dove forse avrebbe potuto incontrare il protagonista delle storie.
Sera dopo sera, storia dopo storia, avventura dopo avventura, quesito su quesito, Kate era sempre più convinta che la sua piccola kitty, nel sonno, lasciasse il mondo reale per incontrare il suo Super Papà…
Sorrise accarezzando il visino rilassato e tranquillo della piccola. Provò per l’ennesima volta a toglierle dalla bocca, senza successo, il ciucciotto con le stelline, ma nonostante dormisse con le labbra semi aperte era tenuto ben saldo dalla manina.
“Perché mai ti ostini a dormire con quel coso? Di giorno l’hai sempre evitato come la peste! Nemmeno appena nata riuscivo a farti calmare con questo ciuccio… Invece la notte diventa il tuo inseparabile amico!  Sei ostinata peggio di un mulo!”
Spostò una ciocca di capelli che le ricadevano sul visino e pensò “del resto anche io e tuo padre siamo ostinati tanto da fare concorrenza ad un mulo… non è facile farci cambiare idea se non lo vogliamo!”
Sorrise ancora una volta alla piccola, le diede un bacio sulla fronte e poi, poggiando la sua contro la piccola testa di Joe, cercò di seguire anche lei Morfeo nel mondo dei sogni.
 
 
Un paio di ore dopo, un raggio di luce che filtrava dalla finestra la raggiunse.
Aveva dimenticato di chiudere la persiana e ora nel cuore della notte, la luna che spiccava nel cielo blu scuro, l’aveva svegliata.
Rivolse lo sguardo verso la piccola che fortunatamente dormiva ancora beata e poi, come attratta da una forza magnetica, lo riportò fuori dalla finestra.
Come tante altre volte si ritrovò a fissare quell’aurea bianca che illumina l’oscurità.
Il suo pensiero, quella sera, andò immediatamente all’ultima volta in cui si era ritrovata a fissare la luna con quello stato di tristezza misto a rabbia, impotenza e ansia…
Erano passati ormai 3 anni da quando, come quella sera, avevano avuto una furente litigata. Quella notte di 3 anni prima, l’ultima volta che si erano visti, le cose tra loro erano andate quasi come quel giorno, unica differenza era che questa volta le parti erano invertite.
“Sono passati 2 anni, 8 mesi e 15 maledetti giorni… ma ancora una volta, quando ci troviamo in situazioni simili, l’unica cosa che riusciamo a fare è chiuderci nel nostro dolore e allontanare l’altro… Perché Rick? Perché!!!”

 

۝§۝§۝

Si era alzato e diretto verso la cucina.
Aveva preso un bicchiere dalla credenza e mentre stava per aprire l’anta del frigo, la sua attenzione era stata catturata da un cartoncino appeso al di sotto dalla calamita a forma di pistola.
L’aveva trovato così, fermo davanti all’elettrodomestico, fissando quel biglietto di sola andata che ora aveva in mano.
Forse aveva sentito i suoi passi mentre si avvicinava, perché senza che si voltasse la sua voce la raggiunse:
- Cosa significa, Kate?-
La detective si avvicinò a lui e fingendo di non aver capito chiese:
- Cosa?-
Richard si voltò di scatto e puntando gli occhi verso di lei, con furia disse:
- E’ un biglietto di sola andata per Los Angeles… non è nominativo... c’è solo scritto il gates…-
Glielo strappò dalle mani e a passo svelto ritornò in soggiorno, afferrò la borsa e lo infilò all’interno.
- Non sono affari tuoi! -  era l’unica frase che era riuscita a pronunciare.
Si sentì strattonare con forza. Rick le era corso dietro e l’aveva afferrata per un braccio, costringendola a voltarsi verso di lui.
- Non sono affari miei? - le aveva urlato  -  dopo tutto quello che abbiamo passato insieme? Come puoi dire che non sono affari miei? Riguarda la tua vita…-
- Appunto, la mia vita. La mia!! Stanne fuori Castle!- disse, cercando di liberarsi dalla presa.
- Cosa significa questo viaggio a Los Angeles? Perché io non ne sapevo nulla? Kate che sta succedendo!-
Non disse nulla, si divincolò e cercò di tornare verso il tavolino dove erano rimasti altri incartamenti che avrebbe dovuto far ‘sparire’ il prima possibile.
- Kate!!!!- urlò Castle, afferrandola per le spalle e obbligandola a guardarlo.
- Non succede nulla! Devo solo fare una commissione a LA…  Devo per caso informarti di tutti i miei spostamenti?- disse dura.
Prima che lui potesse risponderle in qualche modo, continuò:
 - Non sono mica agli arresti domiciliari, e tu non hai alcun diritto di sentenziare se posso o non posso fare quello che voglio!-
Lo vide ispirare profondamente come a volersi calmare, poi le disse:
- Non prendermi per fesso! Lo so benissimo che è legato al caso di tua madre!-
Alzò lo sguardo a incrociare i suoi occhi e prima di riuscire a fare altro, lo vide girarsi verso il plico sul tavolino e dire:
- L’ho notato già ieri sera… aspettavo che fossi tu a dirmi cosa sono quelli…-
Istintivamente i suoi occhi caddero sul pacchetto che per sua fortuna era ben chiuso e dal quale non fuoriusciva nessun foglio che avrebbe potuto ‘comprometterla’.
Ingoiò la saliva e sfoderando la sua migliore espressione da Detective ‘cattivo’ disse:
- Quel fascicolo non t’interessa! Non riguarda mia madre… e seppure fosse qualcosa inerente al suo caso… come diavolo devo dirtelo che D.E.V.I  R.E.S.T.A.R.N.E  F.U.O.R.I!!!-
- NO! Non posso restarne fuori, Kate! Ci sono coinvolto con tutte le scarpe – le fece un finto sorriso amaro – e sono certo che se andrai avanti a indagare in questo modo, buttandoti a capofitto su qualunque minima traccia ti si presenti, rischierai di farti ammazzare! Non è gente che scherza, Kate… Se non ti fermi e ponderi le mosse, indagando come hai sempre fatto per gli altri casi...-
- Lo sai che non è un caso come tutti gli altri!-
- Lo so! E non solo perché sei emotivamente coinvolta, Kate… c’è qualcosa dietro a tutto questo! Qualcosa di ‘troppo grande’…  non puoi semplicemente correre appresso a ogni pista cercando di trovare il mandante di tutto! Non è così che riuscirai a risolvere il caso e non da sola! Rischierai solo di farti ammazzare e non arriverai mai a loro... saranno loro a trovare te!- le aveva detto, cercando di avvicinarsi a lei.
- Che vengano! Io sono pronta!-
La sua risposta lo fece fermare di colpo e chiederle: - Pronta per che cosa, a morire per la tua causa?-
Rick, puntò gli occhi in quelli della donna e le disse:
- Non si tratta più di un’indagine per omicidio, Kate…  L'hanno trasformata in una guerra.-
- Se vogliono una guerra, allora gli darò una guerra, direttamente davanti alla porta di casa!-
Quella frase gli era arrivata come una pugnalata e lei ne era ben conscia.
Continuava a fissarla, mentre qualcosa lo stava attanagliando e lei lo vedeva chiaramente.
- Beh…- iniziò a dire, come se avesse voluto attirare la sua attenzione  - credo che qualsiasi cosa io dica, non ci sia nulla che possa farti cambiare idea, vero?-
Lei non riuscì a pronunciare parola, ma la sua espressione era chiaramente un NO.
Restarono in silenzio, occhi negli occhi, come se fosse una gara a ‘chi cede per primo’, finché non si decise a dare la stoccata finale:
- Questa è la mia battaglia Rick… -  sfoderando lo sguardo più cattivo che potesse mostrare, esplose: - se non ti sta bene, sai che ti dico Castle? Quella è la porta! Abbiamo chiuso!-
Si voltò verso la finestra, dandogli le spalle e dirigendosi verso la sua borsa poggiata sul divano.
L’uomo non mosse un muscolo, solo lo sentì sbuffare e pronunciare un - Ok, um...- 
Si fermò, intuendo che il loro discorso non era finito. Aveva capito che ci sarebbe stato dell’altro.
- D’accordo… hai ragione, Kate… è la tua vita!- sentì qualche secondo dopo.
Si girò verso di lui mentre continuava a parlare.
- La puoi  buttare via se vuoi, ma io non starò a guardare mentre tu lo fai…  e dato che è questo quello che vuoi… -   
Ora la fissava serio, con uno sguardo determinato.
- Per quanto mi riguarda è finita! –
Lei incrociò i suoi occhi che erano carichi di rabbia, giusto in tempo per sentirgli dire:
- Me ne tiro fuori!- 

۝§۝§۝

           

Un sussulto la riportò immediatamente alla realtà…
Scostò lo sguardo dalla finestra rivolgendolo alla figlia, nella speranza che non l’avesse svegliata. Quando la vide dormire tranquilla, con il visino poggiato sul suo petto, tornò ai suoi pensieri.
Ricordava perfettamente che nello stesso istante in cui lui aveva pronunciato l’ultima parola, si era voltato e a passo svelto aveva raggiunto la porta uscendo dalla sua vita.
Lei non aveva fatto nulla per fermarlo. Del resto, quello era l’unico modo per far si che lui ne stesse fuori… 
Si era accasciata a terra, poggiando la schiena al divano e usando il bracciolo come una sorta di cuscino, aveva voltato il viso fuori dalla finestra e i suoi occhi avevano visto splendere in cielo la luna.
Quella, che nell’oscurità del cielo sembrava perlacea, era stata la sola cosa che le aveva infuso un po’ di pace…
Così come quella sera e tante altre da allora, anche ora, dopo la nuova litigata, sembrava essere una delle poche fonti di ‘serenità’.
- Perché deve essere sempre così difficile? Credevo che dopo quella sera non ci saremmo più rivisti… Ho cercato di cancellarlo dalla mia vita, ma pare che una cosa dietro l’altra faccia in modo che questo sia impossibile! Ora che mi ero rassegnata ad averlo di nuovo tra i piedi… Perché di nuovo un omicidio deve allontanarci? Mamma, perché?-
Aveva sollevato il viso in direzione della luna e, come se parlasse con qualcuno, aveva iniziato a sfogarsi ad alta voce.
Ricacciò indietro la testa sprofondandola sul cuscino e chiudendo gli occhi continuò:
- So benissimo cosa sta provando ora! È la stessa sensazione che ho provato io 15 anni fa! Il motivo principale per cui ho stravolto la mia vita…  Posso immaginare, conoscendolo, che nulla potrà fermarlo finché non arriverà in fondo a questa storia!  Proprio come è stato per me. Ma sai una cosa mamma? Ci sono alcune enormi differenze… Lui non è da solo! Io gli starò accanto e non permetterò che ci affondi dentro, costi quel che costi! E insieme arriveremo alla verità… Non gli permetterò di allontanarmi di nuovo.-
Deglutì quel cumulo di saliva che le si era formato in gola e poi, quasi scuotendo la testa, continuò:
- Ci deve essere un’inspiegabile e assurdo  motivo se, anche continuando a farci del male a vicenda, le nostre vite tornano sempre ad intrecciarsi…-
Chiuse gli occhi di nuovo, ispirò cercando di calmarsi e riappoggiando la testa contro quella della sua bambina esclamò: - Magari è destino!-
Non appena prese consapevolezza di ciò che aveva detto, sgranò gli occhi rivolgendoli al cielo. Poi sorrise e chiudendoli di nuovo cercò di riposare almeno un po’…
La giornata che le si presentava sarebbe stata dura!
Prima di addormentarsi, però, non riuscì a non pensare “come diavolo mi è saltato in mente! Per fortuna che Rick non era qui a sentirmi, altrimenti chi l’avrebbe fermato più!”
Si lasciò travolgere dalla stanchezza mentre una sola parola continuava a ripetersi nella sua testa…
“destino…”
 




Bene che dire?
Avete visto che ho spiegato cosa è successo tempo fa?
okok non vi arrabbiate! Abbiamo rivisto la litigata e quando lei l'ha "chiuso fuori dalla sua porta"...
E che volete che vi dico tutto e subito? 
NO! come faccio poi a fare novantanove capitoli? (scherzo! 99 sono solo i canti della D.C. [ovviamente se consideriamo il prologo, devo contare anche il canto proemiale, per cui saranno 100]):P
Prima di fuggire, vorrei dirvi che vi spiegherò quello che è successo nei 3 anni (cioè le cose importanti) usando dei flashback :D
Detto ciò.... a mercoledì
Buonanotte / Buongiorno! 
;) 

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Capitolo 13
*** Tant’è amara che poco è più morte... ***


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«Tant’è amara che poco è più morte; 
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
 
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte.»
( da Inferno I , 7-9)


Il giorno seguente, di buon ora, si erano trovati tutti al 65th per iniziare a tutti gli effetti le indagini sull’omicidio di Gray.
Dall’analisi della lettera non era venuto fuori nulla, niente impronte, nessun mittente. Gli era stata recapitata da un corriere e a questo era stato fatto un ordine online, come quelli che si fanno per i telegrammi, utilizzando un sito che permetteva di allegare file. Ovviamente non era stato usato nessun account e anche la mail e la carta di credito prepagata, usa e getta, erano risultate fasulle, intestate a un certo Dante Alighieri.
L’unico passo avanti che avevano fatto, grazie allo scrittore, era stato collegare, inesorabilmente, anche questo omicidio ai precedenti imputati al Serial Killer di cui Montgomery aveva messo a conoscenza solo Castle.
Erano passati un paio di giorni e anche l’analisi autoptica aveva portato a poco o nulla. L’uomo sembrava morto per cause naturali, tanto che la scena del crimine, seppure fosse un luogo aperto, era ‘pulita’... Nessuna traccia di colluttazione, nessun colpo di proiettile, nessuna ferita da taglio e nemmeno nessuna iniezione. Il corpo era stato depositato nell’acqua, privo di vita ma in una posa serena, come se fosse morto nel sonno.
Se non fosse stato per quel messaggio, nessuno avrebbe pensato a cause diverse dall’arresto cardiaco.
Nel corpo non c’erano tracce di veleno o qualsiasi altra cosa che avrebbe potuto procurargli un infarto.
Lanie stava ancora aspettando gli ultimi risultati della scientifica e stava ricontrollando centimetro dopo centimetro il corpo dell’agente, in cerca di qualcosa che potesse rilevare le cause della morte.
  
Quella mattina, Montgomery aveva organizzato una nuova ‘riunione al vertice’.
I rappresentanti di CIA, FBI, Unità Anticrimine, erano approdati al distretto per cercare di fare il punto della situazione e mettere tutti al corrente delle poche cose scoperte.
Dato che ormai, con il caso Gray, anche il loro distretto era stato incaricato ufficialmente dell’indagine, e il Capitano era dovuto uscire allo ‘scoperto’ e aveva dovuto assegnare alla sua squadra quel caso a cui nei mesi precedenti aveva lavorato da solo, in gran segreto e a in cui aveva iniziato a coinvolgere solo Castle.
 
Erano tutti nella grande sala riunioni e uno degli agenti stava illustrando agli altri il pannello trasparente su cui era mostrata una cartina con i luoghi in cui il Serial Killer aveva colpito.
- All'unità anti crimine, abbiamo fatto il punto della situazione... Questi sono i posti in cui ha ucciso: ha cominciato nel New Jersey. Il primo omicidio è avvenuto vicino a Linden, poi è passato a Union City.  Dopo di che c'è stato l'omicidio di Kearny, dell'iraniano proprietario di una ditta d’import export... e siamo a 3...- disse indicando con una penna, i luoghi degli omicidi.
- Il quarto omicidio è stato nelle colline di Hoboken dove ha ammazzato la ricettatrice, poi c'è stato l'omicidio a Financial District, della direttrice di banca e l'ultimo omicidio qui...- indicando il Bayonne sulla mappa- quello di Gray....- si voltò verso i colleghi, in attesa di domande.
Immediatamente, uno degli agenti dell’FBI gli chiese:
- Il primo invece era un medico, no?-
- Si esatto un chirurgo... la seconda vittima Brown, invece era un’infermiera. Qui abbiamo un piccolo collegamento, perché il chirurgo e l'infermiera, anni fa, avevano lavorato insieme.-  rispose l’agente, indicando le foto delle due vittime che erano appese di fianco alla mappa.
Ci fu un attimo di silenzio, finché Montgomery prese la parola:
- Castle ha studiato il caso per due settimane e credo che sia riuscito a mettere insieme qualche cosa…-
Tutti si voltarono in direzione dello scrittore che, da un angolo della stanza, avanzò verso la lavagna, porgendo una cartelletta al Capo dell’FBI incaricato di sovraintendere alle indagini.
- Ecco... qua dentro ci sono alcuni messaggi...-
- Messaggi? Che messaggi?-  chiese un agente - l 'assassino non ha mai mandato dei messaggi!-
- Si invece! A Gray aveva mandato un verso di Dante in cui diceva a lui che era nato a Siena, che avrebbe terminato la sua vita là dove l’abbiamo trovato.-
Aspettò che il Capo aprisse la cartellina e trovasse il messaggio, prima di continuare:
- Il verso dice: “Siena mi fè... Disfecemi Maremma.”-
*
 
- Anche con gli altri, comunque, ha usato lo stesso metodo. Certo, non ha inviato a tutti una lettera… Poco prima dell’omicidio del chirurgo, all’ordine dei medici del New Jersey, aveva inviato una terzina e prima dell’assassinio dell’iraniano ha fatto pubblicare alcuni versi di Dante a pagamento sulla Gazzetta di Kearny City.-
Si voltò indicando con la penna la mappa e continuò: - la ricettatrice, che per altro è stata nostra informatrice per un breve periodo, l’aveva avvertita lasciando un biglietto sul parabrezza della macchina, dove c’erano sei versi del Paradiso. Nella bacheca dove lavorava l’ex direttrice di banca ho trovato appuntato, dietro altri foglietti, tutto il primo canto della Divina Commedia. Per quanto riguarda l’infermiera invece, ha mandato un email al Sbrbn Ortho Med Center, dove sopra c’erano sette versi del Purgatorio e nient’altro.-
-Io vorrei sapere come mai, fin ora, questa cosa di Dante non l’avevamo notata!? - chiese il Capo Jordan, rivolgendosi ai suoi uomini.
- Diciamo che non era facile mettere insieme le cose perché i messaggi ogni volta erano arrivati in forma, come dire… abbastanza indiretta. Infatti, nell’incartamento, l’unica cosa che troverete è il messaggio lasciato sopra il parabrezza e quello trovato accanto a Gray.- intervenne in loro soccorso Castle.
- Quando a Gray sono arrivati quei versi di Dante, evidentemente lui ha intuito qualcosa e forse mi ha telefonato proprio per parlarmi di questo.-
Jordan annuì e poggiando la cartellina sul tavolo rivolse la parola all’esperto che avevano
contattato e incaricato di seguire il caso.
-  Prof. Wilson questi messaggi le suggeriscono qualcosa?-
- No... Per il momento mi sembra di no.- rispose l’uomo esaminando le copie che Montgomery gli aveva fornito.
- Morris, Cruz… ?- chiese Jordan, rivolgendosi ai suoi uomini.
- No... Sinceramente no!- risposero prima l’uno e poi l’altro.
Infine ritornò a guardare lo scrittore: - Castle?-
- No - rispose l’uomo. Poi voltandosi a guardare la foto dell’agente, sulla lavagna, disse: - però in quella telefonata, Gray mi ha detto… adesso non ricordo perfettamente la frase, però…questa storia aveva a che fare con qualche indagine che ha condotto mentre mi aiutava per alcune parti di uno dei miei libri… e sembrava che in qualche modo fossi coinvolto anche io, ma non sono riuscito a capire in che modo… ne avremmo dovuto parlare un paio di giorni dopo.-  sospirò frustato.
In quel momento intervenne di nuovo il Capitano: -Beh… comunque questa è una pista.-
- Si, si certo…- rispose lo scrittore annuendo e nel mentre Esposito prese la parola: -Adesso dovremmo andare a rintracciare tutti gli incartamenti dei casi a cui ha lavorato in quel periodo…-
- Qual è il problema detective?- chiese Morris.
- L’agente Gray era uno dei vostri e noi non abbiamo la possibilità di accedere ai casi…- fece un secondo di pausa prima di concludere la frase  -…riservati.-
 
- Ha ragione- disse rivolto ad Esposito, poi girandosi verso Montgomery:  - Capitano, vedremo di indagare noi e fornirvi quanto è a nostra, come dire… disposizione!-
Tutti gli uomini annuirono e anche Montgomery si mostrò d’accordo.
- Nel frattempo, Castle… Lei dovrà stare particolarmente attento! Ci troviamo di fronte ad un individuo molto pericoloso.- disse con tono serio rivolgendo lo sguardo verso di lui.
- Non sarebbe il caso di pensare ad una scorta?- chiese Cruz.
- No niente scorta!- irruppe Castle, - non ho intenzione di starmene buono a casa… Voglio collaborare alle indagini, come ho sempre fatto! E poi non c’è nulla che faccia pensare che io sia in qualche modo coinvolto o in pericolo- continuò con sguardo fisso verso il Capo dell’FBI.
Quest’ultimo non poté fare nient’altro che assecondare il volere dello scrittore, del resto non c’era alcun preciso motivo che facesse credere che lui fosse in pericolo.
- Se dovesse esserci anche solo un minimo di evidenza, le assegnerò una scorta e non voglio obiezioni! Non posso rischiare che gli uomini del 65th corrano rischi inutili per colpa sua…- disse perentorio Jordan - altrimenti la costringerò a starsene a casa! Chiaro?- terminò con sguardo minaccioso.
Castle deglutì due volte a vuoto, prima di riuscire a trovare fiato e sgranando gli occhi, rispondere:
- Limpido! -  
     
* N.d.A. per ragioni di trasposizione letteraria e coerenza con la storia ho dovuto lasciare Siena e Maremma... per cui prendetele come "licenza poetica"



Buon Mercoledì a tutte!
Questo lo so, è un capitolo un po' di passaggio, noiosetto ma importante!
Visto che ci sarebbe poco da analizzare e visto che siete tutte mitiche detective...
Mi è venuto in mente di fare un giochetto, vi va?
Nelle recensioni molte di voi mi hanno lasciato una lista di domande alle quali io ho dato risposta senza rispondere... D'ora in poi, invece, vi porrò io dei quesiti... (fermo restando che le vostre domande saranno sempre ben accette!)
iniziamo?
Ok...
1. Questa è la mappa delle Scene del Crimine degli Omicidi commessi fin ora dal nostro S3xKD...
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Da voi vorrei che sparaste teorie sulla loro disposizione geografica (se hanno una logica o meno) e se vi va, cercare di indovinare DOVE sarà la prossima vittima!

2. Nel capitolo precedente, avete scoperto della litigata.
Alcune di voi mi hanno fatto delle domande, altre osservazioni.... Ad alcune ho già risposto "personalmente" nelle recensioni... ora vi do' un piccolo indizio per capirci di più!
Se avete prestato attenzione alla litigata nel FB (cioè quella avvenuta 2anni8mesi15giorni "fa") ho inserito due piccoli dettagli ESSENZIALI (ma non so se sufficienti al 100%) per capire la natura della litigata...
Chi mi sa dire quali sono e cosa "rappresentano"/possono significare o aver significato?
La risposta verrà svelata da un altro FB nel prossimo capitolo ma se indovinerete ve ne darò conferma anche prima!

Beh che altro dire.... Credo proprio nulla visto che sta diventando più lungo del capitolo :p
se vi va di Giocare sono qua!
Altrimenti a mercoledì
V & S3xKD

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Capitolo 14
*** Ed elli a me, come persona accorta... ***


 «Ed elli a me, come persona accorta:
Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.»
( da Inferno  III , 13-15)  


Nella tenue luce della luna che, splendendo in cielo, la guidava attraverso l’oscurità della piccola navata, riuscì a scorgere la figura dell’uomo che, curvo su se stesso, sembrava in preghiera. Come tre anni prima, si avvicinò a lui e si sedette al suo fianco.
L’uomo fece il segno della croce e si sedette comodo sulla panchina, passandole una carpetta con dei documenti.
Lasciò che li esaminasse per qualche minuto, poi iniziarono la loro conversazione:
- Hai visto?- le chiese.
- Si- fu la flebile risposta della donna.
- Le vittime non le ha praticamente toccate. Le sequestra, le porta in un posto tranquillo e poi le uccide. Così senza farle soffrire. Sono delle morti semplici…- fece qualche secondo di silenzio per poi guardare il quadro appeso alle spalle dell’altare della chiesa - non come quella…- si girò appena verso la donna, che aveva alzato gli occhi anche lei, - ci hai mai pensato?- le chiese. Senza aspettare risposta - il cristianesimo nasce così… chiodi, sangue, una corona di spine, una madre che piange…-
Si voltò verso di lei e le disse: -io quando non ci capisco niente, vengo qui.-
Solo allora, la donna prese la parola e guardando quei documenti sul suo grembo disse:   
- Cosa c’entrano i versi di Dante?-
- Dentro, a saperli leggere, c’è il nome della vittima, oppure il luogo dove ce la farà ritrovare o ancora il modo in cui la eliminerà.- rispose Montgomery, sospirando frustato.
- Pensi che…- le uscì in un sussurro.
- Si... Io penso che Castle potrebbe essere in pericolo, forse mi sbaglio ma quell’intrusione in casa sua, il fatto che Gray si fosse rivolto proprio a lui, che avesse fretta di parlargli… Tutto questo mi fa pensare che in qualche modo Castle sia coinvolto e non voglio correre rischi! Per questo ho voluto parlare con te.-
Lo guardava con gli occhi quasi sgranati dallo stupore. E per comprendere il motivo di quella richiesta che qualche ora prima le aveva accennato per telefono, chiese: - Perché io?-
- Perché lui non accetterebbe mai di farsi proteggere, mentre tu, invece, potresti stargli accanto...- lo vide voltarsi completamente verso di lei
- Solo tu puoi farlo. Non sa nemmeno dove abiti,  con chi stai o non stai… non sa niente di niente!-
- Non lo deve sapere!- lo ammonì fredda.
- Ma si, si, stai tranquilla.-
Poi, dopo averla scrutata in silenzio per qualche secondo, le chiese:
- Allora? Siamo d’accordo?-
Beckett ispirò ed espirò profondamente, poi, abbandonandosi allo schienale, chiese:
- Che devo fare esattamente?-
- Questa indagine la sente ormai come una cosa sua…c’è di mezzo Gray, erano grandi amici!-
- Quindi?-
Roy si voltò verso di lei e con sguardo severo, come se stesse impartendo un ordine, le disse:
- Devi stargli attaccata, non perderlo mai di vista, mai…-
Detto questo, si alzò e mentre lui percorreva la navata lasciandola sola, a lei sembrava di rivivere un déjà-vu di quello che era successo quasi tre anni prima…

 

۝§۝§۝

Arrivò nel piccolo spiazzale antistante la chiesa, parcheggiò in tutta fretta e dopo aver alzato il cappuccio sopra la testa, guidata da un flebile raggio della candida luna che splendeva nel cielo, si diresse di soppiatto all’ingresso, guardandosi intorno, con la paura di essere notata.
Nonostante fosse ancora notte e in cielo non ci fossero ancora segni dell’alba, le aveva detto di prendere tutte le precauzioni per passare inosservata.
Entrò e subito riuscì a scorgere la figura dell’uomo seduto su una delle panchine laterali della prima fila. Gli si avvicinò piano e quando si sentì al sicuro, fece scivolare il cappuccino e si sedette accanto a lui.
Il silenzio aleggiava nella navata e l’uomo si limitò a passarle un plico giallo, di quelli che si usano per spedire oggetti o documenti per posta. Quelli che hanno all’interno quei fogli di plastica con le ‘bolle’…
Ma non era il momento di giocare, sapeva che quel pacco conteneva del materiale pericoloso, scottante.
Le sue mani estrassero delicatamente quelli che al tocco iniziale credeva essere fogli, ma che invece si rivelarono foto.
Le visionò una ad una, in silenzio, mettendo sotto le altre quella che aveva già visto. Man mano che sfogliava quella sorta di album, il terrore e la paura crescevano dentro di lei.
- Che significa?- chiese ad un tratto, quando era a più di metà di quella storia raffigurata nelle immagini.
L’uomo le mise una mano sulla sua tremante e con tono dolce la chiamò per nome:
- Kate…-
Quel gesto la sconvolse ancora di più di quanto già non fosse. L’aveva chiamata per nome e questo poteva significare solo una cosa: quello che sarebbe susseguito a quel gesto “rassicurante” sarebbe stato davvero spaventoso.
- Perché mi ha chiamato con un ‘numero sconosciuto’ chiedendomi di incontrarla qui… perché tutto questo segreto e perché queste foto? Cosa significa tutto questo, Capitano?-
- Shh…- le fece segno l’uomo, esortando le sue parole con un gesto del viso.
- Roy, chiamami Roy…-
Kate annuì ma non riuscì a dire altro. Il suo sguardo era più che eloquente.
- Kate… ho tentato di tenere tutto questo lontano. Il più lontano possibile!-
L’uomo abbassò lo sguardo sulle foto, non riuscendo a guardarla negli occhi e riprese a spiegare:
- Ti hanno seguita, Kate… Sanno che stai continuando a indagare sull’omicidio di tua madre e… quelle foto sono la loro arma per convincerti a mollare…-
- Non capisco – lo interruppe – cosa c’entriamo io e Castle… cosa c’entra lui? –
Senza dargli il tempo di rispondere alla prima domanda, lo sommerse con tante altre.
- Perché questo Book fotografico con la mia vita, ci sono foto degli ultimi tre anni… le prime riguardano solo me, durante i miei casi… ma poi Roy, poi ci sono foto di mio padre, di Castle, di Martha e Alexis… loro cosa c’entrano in tutto questo?-
- Calmati  Kate… lasciami spiegare e capirai!- le disse accarezzandole la mano con la sua, mentre con l’altra la teneva ben salda per una spalla.
La detective annuì, respirando profondamente e quando lui capì che era pronta per affrontare la verità iniziò a parlare:
- Le prime foto riguardano te… perché Loro ti tengono sotto controllo da quando hanno capito che hai riaperto il caso di Johanna Beckett. Ti hanno controllato, valutando ogni tua mossa, seguito nell’avanzamento delle indagini…-
Lei lo guardava incredula, in attesa che arrivasse al dunque e le spiegasse il collegamento tra sua madre e quelle foto.
- Seguendo te, hanno incrociato tuo padre, la tua vita al distretto e quella privata…-
- Roy…- lo interruppe – in questi anni ho avuto Will, Tom, Josh… non c’e nessuno di loro in queste foto. Perché pedinare anche Rick e la sua famiglia?-
Sorrise e poggiandole la mano tra il collo e la spalla, come farebbe un padre per calmare la sua bambina impaurita, semplicemente le disse: - loro non erano importanti… non lo erano per te!-
Kate rimase a bocca aperta e con il fiato smorzato in gola. Non sapeva cosa dire, avrebbe voluto dirgli qualsiasi cosa, ma tutto quello la metteva in un’ansia tale da paralizzarla.
- Ti sei avvicinata troppo al fuoco e prima che tu possa scottarti, hanno trovato un modo per evitarlo…-
Prese dal gruppo una foto, quasi in fondo al mazzo, e gliela mostrò.
- Hanno capito, prima di voi stessi, quanto foste importanti l’uno per l’altra. Kate… sanno che Castle sta continuando ad indagare da solo, anche senza coinvolgerti… e sanno che l’unico modo per fermare entrambi è minacciarvi!-
- Minacciarci? – chiese lei stupita e incredula – minacciarci di cosa?-
- L’unico modo per fermare Castle è fargli capire che la sua famiglia è in pericolo…-
- No - era l’unica parola che lei riuscisse a dire in quel momento. Si tirò leggermente indietro, cercando di sfuggire al suo tocco e scuotendo il capo.
- Stai tranquilla Kate… siamo qui per un motivo ben preciso…- aspettò che i loro occhi si incrociassero in un solo sguardo e continuò:
- Non chiedermi come, non posso dirtelo… e meno sai, più starete al sicuro…- lo disse con un’espressione facciale che lasciava trapelare la frase ‘siamo intesi?’. Quando lei annuì alla tacita domanda, continuò:
- Hanno seguito Castle per essere pronti ad ogni evenienza, ma sono sicuro che non ci sarà bisogno di arrivare a tanto… Sono certo che capirai quanto sto per dirti ed eviterai di mettere in pericolo la sua vita e quella della sua famiglia!-
Kate annuì. Non sapeva il perché del suo gesto, ma le venne automatico. Sarebbe stata disposta a tutto purché loro non fossero in pericolo.
- L’unico modo per fermare Castle è che tu ti fermi… -
 - Lo farò se necessario!- esclamò di getto.
Lo vide abbassare lo sguardo e seguì con il viso il suo movimento.
- Roy…?- chiese con voce tremante.
- Kate, per Castle sono ancora in tempo… sono riuscito a strappargli un accordo. Ho fatto credere che lui non andrà oltre, che posso tenerlo sotto controllo… ma per te non ho potuto ottenere molto…-
Quell’uomo che aveva di fronte non le parlava più come un capitano, ma come un padre.
- Sanno che non ti fermerai… che prima o poi continuerai ad indagare. Ti minacceranno di ucciderlo se continuerai…-
 Il suo tono, all’improvviso, divenne duro e serio:
- Con il nostro accordo, sono certo che non si avvicineranno a Castle…  Lui non è in pericolo se smette di indagare, ma non sono certo che anche tu possa ritenerti al sicuro!-
Le accarezzò il viso spaventato e prendendo tutto il suo coraggio le disse:
- Ti ho chiesto di venire qui, in estremo silenzio, agendo nell’ombra, perché non sappiano che io ti sto aiutando. Altrimenti non potrò fare più nulla nemmeno per Castle…-
Lei annuì, ancora una volta, senza un reale motivo e attese che il capitano continuasse.
- Per il mondo, tu farai sparire le tue tracce… per tutti, sarai dissolta nel nulla. Per i tuoi colleghi, per i tuoi amici, per la gente, per Loro…  Avrai trovato una pista per quel caso che ti ossessiona e da sola avrai deciso di seguirla… sarai andata via, seguendo il caso di tua madre e facendo perdere a tutti le tue tracce!-
Le disse, mentre la scavava con lo sguardo, in attesa di un assenso. Appena un flebile – si - uscì dalla sua bocca; il Capitano continuò:
- Per tuo padre e per un paio di persone fidate tu sarai stata inserita nel progetto protezione testimoni… Loro ci aiuteranno a far sparire le tue tracce e a crearti una vita nuova.-
Tirò fuori dalla tasca un fazzoletto e glielo porse.
- So che ti sto chiedendo un grosso sacrificio, ma è per il loro bene che lo faccio… e ho bisogno che anche tuo padre sia all’oscuro di tutto! Solo io dovrò sapere il vero motivo e ti seguirò da lontano.-
Stava per dire qualcosa, anche se non ci sarebbe riuscita, ma Roy la precedette:
- Stai tranquilla… mi prenderò cura io di tuo padre e gli dirò personalmente quello che posso. Non lascerò che si preoccupi per te ma lo farò senza metterlo in pericolo! Invece per quanto riguarda Castle… lui deve crederti fuggita, come tutti gli altri. Quell’uomo, Kate, ti seguirebbe in capo al mondo! Ti prometto che lo terrò a bada e lontano dai pericoli e da Loro, ma non deve sapere nulla di tutto ciò!-
- D’accordo Roy… per la mia famiglia farò tutto quello che è necessario!- abbassò lo sguardo per un attimo, per poi rialzandolo, con gli occhi lucidi e fissandolo in volto, gli chiese:
- Dammi almeno un paio di giorni per riuscire a mettere in atto la messa in scena… così all’improvviso non sarei credibile e Ri… Castle, finirebbe per scoprirci e rovinare tutto, mandando all’aria il piano!-
- Certo Kate… ti concedo solo 48h di tempo per sistemare tutto. Anche a me fanno comodo per organizzare la tua fuga, dopo di che, dovrai prendere il volo…-
- Grazie…- gli disse stringendosi a lui in un abbraccio.
Forse non sarebbe stato il caso, visto che era il suo capitano, ma qualcosa le diceva che, da quel momento in poi, sarebbe stato solo Roy… il suo unico amico!
Quando si sciolsero dall’abbraccio, lui riprese le fotografie e le infilò con cura nella busta. Una volta chiusa la sistemò per bene nel grande tascone della sua felpa e le disse:
- Stai attenta Kate…-  richiuse il cappotto e si sistemò il bavero – ci vediamo più tardi al distretto!-
Detto questo, s’incamminò verso l’uscita e mentre lui percorreva la navata lasciandola sola, lei si inginocchio poggiando i gomiti sul bordo dello schienale della panchina e, dopo tanto tempo, si mise a pregare, consapevole che le prime luci dell’alba stavano scacciando la luna che l’aveva accompagnata fin lì e che, una volta uscita da quella chiesa, l’avrebbe lasciata da sola con la sua dolorosa decisione.

۝§۝§۝

           

Come tre anni prima, anche questa volta si mise a pregare. Pregò sua madre di proteggere Castle e se stessa… Fino a quel momento, le sue preghiere erano state esaudite, sperava che anche questa volta lo fossero.  Questa volta, lei aveva qualcuno per cui lottare e tornare a casa. Questa volta non doveva fuggire per proteggere le persone che amava. Questa volta avrebbe dovuto restare! Doveva restare al suo fianco… e questa volta non ci sarebbe stato nessun demone a impedirglielo!
 
 
 

Salve!
Allora... Avete notato che il banner di questo capitolo ha due gif??
Bene! Per quelle devo ringraziare Etta e Sere per avermele fatte e la seconda mi ha spiegato (con molta molta pazienza e assistenza) come inserirle!
Grazie mille Ragazze! <3
Detto questo, veniamo a noi...
Ora vi è chiaro perchè Kate è fuggita? vi è chiaro anche tutto quello che è successo dopo?
si?
allora ditemelo!
altrimenti non mi resta che dirvi a mercoledì
Buonanotte / Buongiorno! 
(le domande "serie" al prossimo capitolo. Per "oggi" mi basteranno le teorie di chi di voi ha voglia/tempo di scrivermele!!)
;) 

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Capitolo 15
*** ...la somma sapïenza e ’l primo amore. ***


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«Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ’l primo amore.»
( da Inferno III , 4-6)

      

- Allora kitty… oggi il nostro super eroe cosa lo facciamo diventare?- disse la donna premendo l’interruttore al muro e lasciando la stanza alla sola luce del carillon sulla mensola al lato del lettino.
- Mhmm non lo to, mamma…- disse la piccola mettendosi un dito davanti alla bocca, nella tipica posa ‘pensierosa’, poggiando il gomito sulle gambette incrociate.
Kate non riuscì a trattenere un sorriso mentre scuoteva piano la testa. Si avvicinò a Joe e dandole un colpetto con la mano la fece spostare di poco, quanto bastava per potersi stendere accanto a lei.
- Vediamo… - disse la donna, mentre allargava le braccia per farsi accoccolare la piccola -… ti va se oggi la mamma ti racconta una storia nuova?-
Joe spalancò gli occhietti e con un sorriso enorme che le illuminava il viso chiese: - nuova? –
Sorrise all’entusiasmo della piccola.
- Si… oggi ti racconto una storia vera… di una persona speciale che ha bisogno di aiuto…-
- Chi è quetta pettona peciale?-
Alla frase della piccola Kate rise di gusto. Non riusciva ad abituarsi a tutte quelle ‘p’ che la bambina metteva nelle sue parole. l’unica parola con tutte ‘p’ che dovresti conoscere è quella che non potrai usare mai…
A quel pensiero, il sorriso sparì dal suo volto, poi tornò a guardare la sua piccola e riprendendo il filo del discorso, rispose alla sua domanda.
- Un amico della mamma… allora sei pronta?-
- Ti cei pue tu in quetta toria?-
- Si...-
-Siiiiiii lacconta mamma lacconta!!!- disse  Joe mettendosi in posizione comoda, accoccolata stretta tra le braccia della mamma, con il visino ad incrociare i suoi occhi e pronta per godersi il racconto.
- Tanto tempo fa, un famoso scrittore di gialli, il cui nome è Richard Castle…-
- Quello dei libbi che hai in camea, mamma?-
- Si tesoro, proprio lui… Un giorno, proprio a causa di alcuni suoi libri, si trovò coinvolto in un’indagine svolta da una detective dell’omicidi…-
- Sei tu mammina?-
- Si...- le sorrise pensando che non sarebbe mai arrivata alla fine di quella storia, la sua piccola Joe avrebbe continuato a interromperla, prevenendola.
Le raccontò di come aveva conosciuto il suo scrittore preferito, non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce e neanche questa volta, nemmeno con la sua creatura era riuscita a rivelarlo. Le raccontò, per sommi capi, come avevano finito per collaborare a decine di casi e di come erano diventati partner ma soprattutto amici.
Non si soffermò sulle storie e le mille avventure che lo scrittore e la detective avevano vissuto, no per quelle ci sarebbero state tante altre sereadesso doveva raccontarle quel presente che era tornato dal passato e che per qualche tempo l’avrebbe tenuta lontana da lei.
Continuò la storia arrivando al presente e a quello che sarebbe avvenuto nell’immediato futuro, almeno lo sperava.
- Fu così che la coraggiosa detective… -  sorrise alla descrizione di se stessa.
 “Se Castle mi sentisse ora…sono certa che mi prenderebbe in giro per i prossimi tre anni, almeno!”
-dovette correre in aiuto dello scrittore per proteggerlo dai cattivi che volevano fargli del male… e per fare questo, non poteva tornare a casa la sera…-
- Nemmeno tu tonni a cata alloa ?-
- No tesoro… la mamma deve aiutare il suo amico. Però ti prometto che ti chiamo tutte le sere e tu quando vuoi, prendi il telefono e mi chiami, come ti ha insegnato la mamma! Ok?-
- D’accoddo…- le disse stringendosi a lei.
Con il visino ancora premuto sul suo petto, le chiese:
- Mamma come finitte la storia?-
- La coraggiosa detective, con la sua squadra di fedelissimi amici, riuscì a trovare il cattivo e a proteggere il suo scrittore…-
Nel momento in cui si accorse di ciò che aveva appena detto, si morse il labbro inferiore, ma poi, vedendo quei due occhietti che la imploravano per conoscere il finale, continuò: - tutti erano salvi e felici… e la detective tornò a casa dalla sua bellissima bambina!-
Joe le fece un megagalattico sorriso, uno di quelli che ogni volta le riempivano di gioia il cuore e la facevano sciogliere completamente.
-Bellittima quetta toria!-
Fu la voce della piccola a riportarla al presente.
- Mmm Bellittima…- le fece il verso, mentre la riempiva di bacetti - però tu adesso devi fare la ninna che è tardi!-
La fece scivolare in modo da poggiare la testa sul guanciale e le rimboccò le coperte.
Le passò un braccio attorno alla testa, accarezzandole le punte dei capelli - ti ricordi quello che mi hai promesso?-
- Non fale allabbiale il nonno...- disse la piccola, accompagnando la frase con il movimento della testa
- e non guardare?-
- tloppa tv…-
- Brava!-
Si chinò su di lei, schioccandole un bacio in fronte. Mentre si allontanava le sentì chiedere:
- Ma tu quando litonni?-
- Io…Io torno tra un po’...-
- Un po’ tanto o un po’ poco?-
- Un po’, pochissimo!- disse baciandola ancora una volta – dai vai giù...- le disse e, sistemando meglio le coperte, si alzò dal lettino. Dopo averle dato un ultimo sguardo, si diresse alla porta, lasciando la piccola addormentata serena.
 
 
- Dorme?- le chiese l’uomo quando varcò la soglia della cucina.
- Quasi…- rispose, avvicinandosi a lui che continuava a mescolare la salsa nella padella.
- Ci ha impiegato parecchio per addormentarsi.- Le disse, quando lei gli fu vicina.
- La storia l’aveva presa…- rispose la donna, appoggiandosi con la schiena al piano della cucina.
- Che ti sei inventata questa volta? Che hai fatto fare al suo super papà?-
- Non ho inventato nessuna storia…-
Alzò il viso ad incrociare i suoi occhi.
- Ma come? Sono due ore che ti sento chiacchierare a bassa voce, con il tono classico che hai quando ti perdi nelle sue storie-
- Le ho raccontato un pezzo della mia storia…- disse tutto di un fiato.
- Che pezzo?-
- L’ultima parte della mia vita a New York prima che tutto accadesse…- terminò la frase abbassando lo sguardo.
Passarono alcuni minuti in cui lei era intenta a fissare il pavimento, persa nei suoi pensieri e Jim fingeva interesse per ciò che stava ancora cucinando.
- Pa, senti… ti devo dire una cosa... mi aspetta un periodo difficile.-
- Sai che novità- disse l’uomo assaggiando il sugo che aveva preparato.
- Pa...-
- Difficile come?- la interruppe voltandosi verso di lei e incrociando il suo sguardo che ora era puntato su di lui.
- Mi mandano da un’altra parte. La sera non posso tornare a casa...-
-Ti mandano in missione.-
- Più o meno...- si voltò appena, come a guardare verso la stanza come se lei potesse sentirla  - a lei ho detto che parto per lavoro… che un amico ha bisogno di aiuto e che la mamma deve proteggerlo.-
Jim rise, cercando di nascondere l’ansia che sentiva crescere in sé.
- Adesso crederà di avere pure una super mamma oltre che un super papà?-
Risero entrambi, scambiandosi uno sguardo complice, come ormai succedeva spesso da un paio di anni a quella parte, quando avevano deciso, tacitamente, di far diventare quella storia surreale, come sarebbe piaciuto a lui.
- Lei sa di avere un super nonno!- disse Kate, strappando un altro sorriso al padre,  -a Joe ci devi pensare tu, pa..- gli chiese con ansia.
- D’accordo… ma non metterti nei guai come al tuo solito!-
- Non lo facevi da anni…- gli sorrise mestamente, inclinando di lato il viso.
- Hai una figlia, Kate… devi pensare a tornare a casa da lei. È questa la cosa più importante!-
- Lo so papà e anche tu…- gli disse seria e allo stesso tempo triste, - sai benissimo che per Joe…-
- Lo so! Ma ora siamo di nuovo qui. Sei di nuovo con la tua vecchia squadra… al completo. E anche se non vuoi dirmelo, sono certo di sapere chi è coinvolto in questa ‘specie di missione’…-
- Pap…- cercò di interromperlo ma fu lui a farlo con lei:
- Si, si lo so, lo so, ‘non fare domande’…-
 Si voltò di nuovo verso le sue pentole e con voce intensa e rassicurante le disse:
- Fai quello che devi… a Joe ci penso io!-
Kate sorrise all’espressione anche un po’ crucciata del padre e, stringendolo in un abbraccio, all’orecchio gli sussurrò: - Grazie! Ti voglio bene papà!-
 
 
Cenarono tranquillamente, come se nulla dovesse accadere da li a poco, ma in lei c’era tutt’altro che calma.
Quella finta sicurezza che aveva avuto in chiesa, poco dopo essere riemersa dai ricordi, era sparita d’un colpo, quando aveva realizzato che quella specie di ennesimo lavoro sotto copertura sarebbe stato il più difficile sotto vari punti di vista.
“In fondo, per più degli ultimi due anni della mia vita, ho vissuto con un’altra identità… Si ok sono rimasta sempre Kate Beckett, ma ho dovuto adattarmi alle ‘conseguenze’. Ora si tratta di continuare a farlo…”
Si disse tra sé, mentre sistemava qualche oggetto personale e pochi indumenti in una sacca.
Passò davanti alla cameretta di Joe e si fermò qualche minuto a guardarla dormire, poi entrò silenziosamente e le lasciò un bacio sulla testa.
Quando chiuse la porta alle sue spalle, trovò Jim ad attenderla nel corridoio.
- Vai via ora?-
- Si… - disse abbassando lo sguardo.
- Non sarà facile per te, tesoro!- le disse Jim, avvicinandosi e stringendola in un abbraccio.
- Lo so papà… ma è necessario!- rispose scostandosi un po’ dal petto del padre e guardandolo seria  - la cosa più difficile sarà stare lontano da lei…- disse voltandosi appena, verso la camera.
- Mhm…-
Kate sciolse l’abbraccio per guardarlo negli occhi con il suo solito cipiglio interrogativo.
- Non sono certo sia la cosa più difficile… Ti rendi conto che stai entrando nella tana del lupo?-
Sorrise dolcemente alla preoccupazione di suo padre e non poté fare a meno di pensare che quell’uomo, nonostante tutto, la conoscesse alla prefazione.
- Non è il demone peggiore che abbia incontrato… - sorrise amaramente - e sono ancora qua, tutta intera!-
Jim annuì e prima di lasciarla andare le disse - spero solo che resterai tale!-
Kate sorrise ancora una volta e prendendo il giubbotto dall’attaccapanni, prima di dirigersi alla porta d’ingresso, si voltò verso suo padre:
- Ci sentiamo domattina.-
- E domani sera, lo so!-
Annuì e prima di chiudere la porta lo salutò con un  - A domani!- sorrise e si avviò verso il suo ‘destino’…
 
 

   

  Salve!
Dopo i capitoli precedenti abbastanza tesi eccovene uno coccoloso!
Quando c'è Joe non può essere altrimenti!!!
Spero che vi piaccia!
Questo è il capitolo 15 (per efp) e quel numero di capitolo mi porta un po' rogna... speriamo che S3xKD sfidi la sorte e vinca.... se è destino (e dai segnali dell'universo pare lo sia) vedrà ancora vita! 
Bacio
<3
ps: grazie a tutte quelle che seguono la storia, chi recensisce e a chi non glinene frega nulla <3

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Capitolo 16
*** Lo giorno che costei nel mondo venne... ***


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  « Lo giorno che costei nel mondo venne,
secondo che si trova
nel libro de la mente che vien meno,
la mia persona pargola sostenne
una passion nova,
tal ch’io rimasi di paura pieno.»

( dalle Rime LXVII, 56-61)  


- Hey… che ci fai qui?- le chiese salendo i primi gradini dell’ultima rampa di scale che portava al suo appartamento.
La detective le sorrise un po’ imbarazzata e, alzando gli occhi ad incrociare i suoi, le disse:
- Avevo bisogno di parlare con la mia migliore amica!-
- Allora sei nel posto giusto!- le disse sorridendo e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Dopo che ebbe aperto, entrarono in silenzio poi le disse: - dammi due minuti che mi cambio e sono tutta tua!- mentre la faceva accomodare sul divano.
Come aveva detto, dopo qualche minuto era tornata in sala e si era seduta vicino all’amica, che ancora non proferiva parola e sembrava persa nei suoi pensieri.
- Allora…. Ahhh.. prima di tutto, come sapevi che vivevo ancora qua? –
- Sono una detective, ricordi?- le disse facendo ridere entrambe  – non hai mai accennato a un trasloco, nonostante mi abbia detto del trasferimento e tutto il resto…-
- Eh già… hai ragione! A volte dimentico che la migliore detective che esista al mondo è la stessa ragazza spaventata che corre da me o mi chiama nel cuore della notte per chiedermi consiglio su cosa fare…- sorrise.
- Beh dottoressa Parish vedo che anche lei a furia di frequentare detective ha sviluppato un buon fiuto investigativo!- le rispose alzando un sopracciglio con fare malizioso, non troppo celato.
Scoppiarono entrambe in una risata liberatoria che sembrò placare un po’ l’ansia della detective.
- Allora Kate, qual è il problema questa volta?- le chiese l’anatomopatologa appena le risate scemarono.
Beckett tornò improvvisamente seria e guardando le sue mani strette fino a far diventare bianche le nocche rispose:
- Rick…-
- E ti pareva… che ha fatto stavolta lo scrittore?-
- Lui nulla…- sospirò e tutto d’un fiato disse: - Montgomery teme che sia in pericolo e vuole assegnargli una scorta, ma Castle ha rifiutato!-
- Che testa di c…-
- Lanie...-
- Scusami tesoro! Secondo te è davvero in pericolo?-
- Non lo so… ma c’è qualcosa che non quadra.-
- C’entra il caso di Gray?-
- Si…-
- Ma non è per questo che sei qui, vero?- le chiese scrutandola a fondo con i suoi grandi occhi scuri.
- Non proprio… Roy mi ha chiesto di fargli da babysitter, diciamo…-
Le stoccò un’occhiata perplessa e Kate continuò:
- Vuole che gli stia dietro, che non lo perda mai di vista… 24h su 24h…-
- e…?-
- e… per far questo devo trovare un modo per piazzarmi a casa sua senza fargli capire che la ‘scorta’ sono io…-
Fece una strana smorfia con le labbra storcendole e poi le disse:
- Beh che mi ricordi, una volta, sarebbe stato più che felice se gli piombavi in casa…-
La vide sorridere e poi risponderle sbuffando:
- Non ho nessuna intenzione di ‘piombargli in casa’… o meglio non quel genere che intendi tu!-
Si scambiarono uno sguardo eloquente e poi continuò:
- Devo solo inventarmi una scusa plausibile per chiedergli di ospitarmi per qualche giorno…-
- Mhm tesoro, non credo di essere la persona più adatta in questo… beh, per assurdo è proprio lui quello che saprebbe inventare la storia più credibile!-
Rispose talmente seria che fece scoppiare entrambe in una fragorosa risata.
- Non è questo il problema principale… qualcosa m’inventerò!-
La guardò in modo interrogativo e chiese: - Allora qual è il problema?-
- Non lo so Lanie… probabilmente non c’è davvero un problema! Solo…-
- Solo?- la esortò a continuare
- Solo non so se sarò in grado di gestire tutto questo!- sbuffò nel dire quella frase.
Le fece ancora un’occhiata perplessa, ma quando capì che Kate non avrebbe detto altro, nell’immediato, le disse: - su tesoro… devo tirarti le cose di bocca con le pinze? I miei cadaveri sono più loquaci e collaborativi di te!-
Quando vide spuntare un sorriso sul suo volto, le prese la mano tra le sue e dolcemente le disse: - Kate… cosa c’è che ti preoccupa esattamente?-
- Un mucchio di cose - rispose sconfitta - dovrò stare lontana da mia figlia… è la prima volta! So che è in buone mani e con il nonno resta tranquilla, ma…- sopirò ancora incrociando i suoi occhi - mio padre mi ha detto che sto entrando nella tana del lupo! – sorrise – credo che in qualche modo abbia ragione!-
- Continuo a non capire…- le disse.
Kate prese un profondo respiro e continuò: - Lanie… sai benissimo che non l’ho mai dimenticato. Come farò a far finta di nulla, dovendo essere la sua ombra? Come farò a stargli accanto, cancellando gli ultimi tre anni delle nostre vite? Come farò a guardarlo negli occhi sapendo che sono sparita nel nulla, dalla sera alla mattina…?-
- Come farai a non perderti dentro quegli occhi, vorrai dire!- la interruppe cercando di farla calmare.
- Anche!- ammise Kate facendo aprire sul suo viso un leggero sorriso.
 
Passarono alcuni minuti di silenzio, in cui entrambe riflettevano su quanto si erano dette e su cosa c’era ancora da tirare fuori, finché Lanie stringendole forte le mani le fece alzare lo sguardo verso di lei. Quando capì che era pronta per sentire i suoi consigli le chiese:
- Ricordi cosa ti dissi all’incirca due anni e mezzo fa?-
Kate non rispose ma continuava a fissarla negli occhi, dalla sua espressione e dal leggero movimento del capo intuì che lo ricordava.
- Ti dissi che dovevi lasciare che le cose accadessero… che gli eventi prendessero il loro corso… -
Kate annuì, questa volta sorridendo appena.
- Mi sembra che non te ne sia pentita, giusto?-
- Per nulla!!! Seguire il tuo consiglio è stata l’unica cosa sensata che ho fatto!-
 

 

۝§۝§۝

Erano più di due ore che continuava ad andare su e giù per il corridoio che collega il bagno alla sua camera da letto, come se potesse aiutarla a prendere la decisione di aprire quella scatola e voler scoprire il 'verdetto'.
Erano giorni che era tentata di chiamare la sua migliore amica, di un tempo, e farla scapicollare lì da lei, per farle da sostegno morale.
Era certa che se le avesse telefonato, Lanie sarebbe salita sul primo volo e corsa da lei.
Non poteva però... E non aveva nessun altro a cui rivolgersi in quella sua nuova vita.
Quando Patrick le aveva chiesto per l'ennesima volta se c'era qualche problema, si era trovata a raccontargli il suo desiderio. Immediatamente, era stato assalito dalla paura, ma, capendo il suo bisogno di avere accanto la sua amica, si era messo subito all'opera per realizzarlo.
Era riuscito a consegnare a Lanie, direttamente in laboratorio, tramite un 'loro' corriere, il pacco contenente il telefono pluribloccato e criptato, in modo che riuscisse ad avere, come unico filo diretto, il collegamento con uno simile in suo possesso. Così loro avrebbero potuto comunicare 'tranquillamente', ma le loro conversazioni e posizioni non sarebbero mai state rintracciate e localizzate.
Lanie la conosceva fin troppo bene per riuscire a nasconderle la sua ansia. Se perfino Patrick aveva capito che lei era tesa come le corde di un violino, per Lanie era stato un gioco da ragazzi! Lei era sparita in gran segreto, dalla sera alla mattina e all'improvviso, dopo due mesi, le aveva inviato quello strano aggeggio e, senza nemmeno darle il tempo di aprire la scatola, aveva ricevuto la sua telefonata.
Ovviamente l'amica non aveva atteso nemmeno un minuto in più, oltre al turno di lavoro ~ per non destare sospetti ~ e si era precipitata in aeroporto, come lei si aspettava!
Finalmente aveva preso coraggio e iniziato ad aprire la confezione, quando il campanello la fece sobbalzare.
Posò il pacchetto sulla credenza e corse ad aprire la porta. Ormai, come d'abitudine, guardò dallo spioncino, ma, quando intravide la figura di Lanie, spalancò la porta gettandosi nelle sue braccia.
 
 
Qualche minuto dopo, aveva fatto mettere comoda l'amica, che ora se ne stava tranquillamente accovacciata su se stessa sui cuscini del divano, appoggiata con un braccio allo schienale mentre le porgeva un calice in attesa che lei finisse di stappare la bottiglia e le versasse quell'ottimo vino rosso.
Era talmente 'concentrata' in quell'operazione che Lanie, per convincerla a sputare il rospo, dovette chiederglielo:
- Allora tesoro, qual è questo spaventoso problema che la dura Detective Beckett non può risolvere?-
Finì di versarle il vino e mentre allontanava la bottiglia dal bordo del bicchiere, rialzò anche lo sguardo su di lei e in un sol fiato sparò: - ho un ritardo!-
Per poco il calice non cadde dalle mani della donna.
- Cosa?-
- Hai capito bene... Credo, insomma penso...-
- Com'è potuto succedere?- disse, avendo capito perfettamente cosa pensava la detective.
Kate le lanciò uno dei suoi soliti sguardi, inclinando un po' la testa - secondo te?-
Ancora shoccata dalla rivelazione non esitò, però, a chiedere:
- Lui chi è? Lo conosco?-
- Uno...- si limitò a rispondere.
- Beh ovvio che sia uno! ok... anche se ne avessi avuti 'molti', sarebbe colpa di uno!-
Sorrise all'amica. Anche in quella situazione era una delle poche persone che riusciva a farla sorridere.
“Come vorrei che anche tu fossi qui... Magari avresti la soluzione migliore da consigliarmi” pensò tra sé, mentre la sua mente andava alle volte in cui era riuscita ad alleggerirle anche le situazioni peggiori.
- No, non lo conosci - disse riprendendosi dai suoi pensieri - e comunque non ha importanza!-
- Come non ha importanza? Non gli hai detto nulla?-
- No, e non deve saperlo! E... In ogni caso è fuori dalla mia vita...-
L'amica metabolizzò la cosa ingerendo d'un colpo il vino presente nel suo bicchiere e poi le chiese: - hai fatto il test?-
Istintivamente si voltò verso la credenza, come a controllare che la scatola fosse ancora li e non fosse andata da nessuna parte. Tornando a guardare davanti a sé, nel suo bicchiere, disse:
- No... Non ne ho avuto il coraggio! Poi.... Stavo per farlo ma sei arrivata tu e...-
- e adesso porti il tuo bel faccino nel bagno e ci togliamo questo dubbio!-
Annuì alzandosi, si diresse al mobile e stringendo lo scatolino tra le mani si voltò verso l'amica - andiamo!-
 
 
Qualche minuto dopo erano sedute sul letto e aspettavano che il test fosse pronto per  poter conoscere l'esito.
Kate continuava a spostare lo sguardo dal tester alla sveglia sul comodino.
- Honey calmati! Continuando a fissare l'orologio, questi 5 minuti non passeranno prima!-
Beckett sbuffò esasperata, alzandosi e lasciando l'astuccio sul letto. Si avvicinò al comò e guardandosi allo specchio confessò all'amica: - Ho paura di non essere pronta per conoscere il risultato.-
- Forza tesoro, apri questo coso e togliamoci il pensiero! -
Tornò al suo posto, prese il blister rigirandolo tra le mani. Inspirò profondamente e quando stava per voltarlo e leggere il risultato, le mani dell'amica la bloccarono.
- Aspetta, aspetta un attimo!-
Guardò perplessa l'amica, non capendo per quale motivo dovesse attendere ancora.
- Parliamone un attimo prima...-
- Con tutto il tempo che abbiamo dovuto aspettare, ti viene in mente ora di parlarne?- disse sempre più agitata.
- Ascolta Kate, voglio sapere tu che cosa intendi fare! E voglio che tu ci ragioni prima di scoprire il risultato!-
- Cosa vuoi che faccia Lanie? Se è positivo terrò il bambino!-
- Ne sei sicura? È davvero quello che vuoi?-
- Non avrei mai voluto trovarmi in questa situazione... Cioè non avrei voluto che succedesse così... -
Lanie le prese la mano libera e la strinse tra le sue.
- Lo so tesoro, ma non sei sola, io sono qui con te, qualunque sia il risultato e la scelta che farai...-
- Non farò nessuna scelta!- rispose seria, fissando lo sguardo nei suoi occhi - se sono incinta... Vorrà dire che è così che deve essere! Se è successo... Ci sarà un motivo!-
- Mi stai forse dicendo che se sei incinta era 'destino'? Sei proprio tu? La mia amica Kate o ti hanno fatto il lavaggio del cervello?-
Sorrisero, anche per alleggerire la tensione.
- Se non c'è riuscito Castle a farmi credere al destino, con tutte le teorie che mi sono sorbita in tre anni, vuoi che questo possa farlo?- disse mostrandole il test.
- Non sto dicendo che è destino... Sto dicendo che se dovesse essere positivo, vuol dire che è così che doveva essere. Ho bisogno di qualcosa che mi dia un motivo per andare avanti e.... Questo potrebbe esserlo.-
Abbassò lo sguardo verso la sua mano e cercò di cacciare indietro il nodo che sentiva in gola.
- Avanti tesoro... Vediamo cosa ti riserva il futuro!- disse Lanie stringendole forte la mano per darle coraggio.  
 
 

Salve come va?
C'è un posto dove Kate ha bisogno di andare prima di incontrare Rick...
Così scopriamo che la sua amica fu essenziale quando più di due anni e mezzo fa Kate si trovò di fronte a un 'dubbio'.
Insieme a Lanie trovò il coraggio di affrontare il test... ma cosa sarà successo dopo?
Il flashback non finisce qui... 
A mercoledì!!!
Ps: questo capitolo lo dedico alle mie nipotine:
LittleG che oggi compie 7 mesi
&
Katia che ha qualche annetto in più! :)
Auguriiiii <3

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Capitolo 17
*** Allor fu la paura un poco queta... ***


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 «Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.»
( da Inferno  I , 19-21)


Kate tirò un profondo respiro e poi girò il test, puntando lo sguardo sul riquadro dedicato al responso.
Nella frazione di qualche secondo, le vide gli occhi farsi lucidi e due piccole lacrime solcarle le palpebre. Aveva ancora gli occhi fissi nello stesso punto e sembrava respirare a  fatica. Le strinse forte la mano e tentò di dire qualcosa, sapendo che nulla di quello che avrebbe potuto dire sarebbe servito davvero.
- Kate, mi dispiace tanto...-
- A me no...-
Incrociò i suoi occhi, molto stupita. Non riusciva a capire le sue parole in relazione al suo comportamento.
Vide Kate alzare lo sguardo verso il soffitto, inclinare all'indietro il capo mordendosi il labbro inferiore per poi inclinare gli angoli in un largo sorriso.
In un gesto inaspettato, si era lasciata cadere, fino a toccare con la schiena il materasso, poggiando le mani sul suo ventre stringendo ancora il test. 
- Non so spiegarti cosa sto provando in questo momento...- disse voltandosi appena verso di lei - ma sono sicura di volerlo...-
Guardando la sua amica che sorrideva mentre timidamente si accarezzava la pancia, provò un senso di dolcezza infinito e istintivamente le sfiorò la guancia facendola voltare verso di sé.
- Sai Lanie... non posso certo dire che è quello che volevo. Avere un bambino non era nei miei pensieri... Non ora, non così.... Non posso negare che negli ultimi tempi, più di una volta ho pensato a come sarebbe stato avere un bambino tutto mio. Non avrei mai voluto fosse solo mio...- provò a fermare una lacrima e il nodo che le si era formato in gola.
- Più di una volta ho immaginato come sarebbe stato avere una famiglia, un figlio, un compagno al mio fianco...- 
- Lo so, tesoro!- non era riuscita a tenere la bocca chiusa e lei aveva capito perfettamente cosa intendeva.
- Si ok... Non posso negare di aver pensato a Castle... ma solo perchè la versione di lui 'padre' è una delle poche cose che mi fa impazzire.-
- Si poche...- risero entrambe.
- Diciamo che il più delle volte l'avrei ammazzato! ma... il padre premuroso e spaventato è molto dolce!- girò lo sguardo verso il vuoto - ed è un uomo così che avrei voluto come padre per...- riportò lo sguardo sulla sua mano, non riuscendo a dire altro.
 
Restarono in silenzio per qualche secondo, fissando entrambe la sua mano che si muoveva delicatamente sul suo ventre, finché non la vide balzare seduta, con gli occhi sgranati e il respiro affannoso, come se si fosse svegliata in quel momento da un incubo.
- Kate che ti succede? Tutto bene?- le chiese preoccupata.
L'unica risposta che ebbe fu solo un energico scuotere la testa.
- Kate...- la chiamò ancora, poggiando un mano sulle sue.
Finalmente la detective si voltò verso di lei, il viso rigato dalle lacrime e un'espressione di puro terrore:
- Non posso farcela... non sono in grado di affrontare tutto questo!-
La guardò stupita dal suo cambiamento, poi cercò di consolare l'amica. Le cinse le spalle con un braccio, mentre la sua mano era ancora su quelle di lei, l'attirò a sé e la strinse forte, facendole poggiare il viso nell'incavo del collo.
- Calmati tesoro... sei la persona più forte che io conosca! Hai affrontato tanti mostri nella tua vita... questa è una cosa bella... sono certa che tutto andrà bene! Molte altre donne, meno forti di te, hanno affrontato da sole una gravidanza e cresciuto un figlio! è questo che ti spaventa, vero?-
Kate rialzò la testa fino a incrociare il suo sguardo.
- Non è solo questo!  Lo so che potrei riuscirci... sono abituata a contare solo sulle mie forze, ma... non so se in questa situazione... se sarò capace! Sarò una buona madre, Lanie?-
Non aspettò nemmeno un secondo e interruppe le paturnie dell'amica:
- Innanzi tutto non sei sola, ci sono io! Non sei costretta ad affrontare il tutto senza il padre!  puoi e devi fare almeno un tentativo...-
- NO!- la bloccò bruscamente - questo... figlio.... è mio, SOLO mio!- disse guardandola fissa negli occhi e bloccandola per le spalle.
- Lui...- deglutì abbassando lo sguardo - lui non ha contato nulla e le nostre vite si sono separate subito dopo... non cambieranno le cose solo perché sono incinta...-
- Kate... è il padre ha il diritto di saperlo...- vide che Beckett stava per alzarsi e mettere fine al discorso e tornò all'argomento principale, quello l'avrebbero affrontato in seguito.
- Ok tesoro! Non vuoi il padre, ma io sono qua... e sulla paura di esser una buona madre... non devi per nulla pensarlo! Tu prendi a cuore le famiglie delle vittime degli omicidi per cui indaghi, con loro ti porgi in un modo unico... quello è una forma di istinto materno e sono certa che questo bambino avrà la madre migliore che io possa immaginare! Devi solo amarlo ed essere te stessa, lasciando fuori le tue paure, aprendoti pienamente...- le sollevò il viso, facendo incrociare di nuovo i loro sguardi - lascia che le cose accadano seguendo il loro corso. Non hai detto tu, poco fa, che se è arrivato adesso è perchè così doveva accadere?-
Beckett annuì e lei trovò la forza per continuare:
- Io questo lo chiamo destino! tu chiamalo un po' come ti pare, ma non remargli contro, non ostinarti a essere forte... lasciati aiutare! Io sono qui per questo!-
- Lo so, Lanie! Ti ho chiamato perché ho bisogno di qualcuno che mi aiuti e l'unica persona che voglio mi stia accanto e che so che lo farà senza giudicare e chiedermi nulla...- disse sfoderando il suo migliore sguardo - so che sei tu! -
Capì che l'amica non aveva terminato il discorso, ma c'era qualcosa in ballo e cercò di farla aprire liberamente.
- Sono qui per aiutarti. Faremo tutto quello che serve per fargli vivere la vita più normale possibile! Ma tu devi arrenderti...- terminò la frase quasi sussurrando.
La detective inspirò a fondo e poi disse:
- Lanie, devo confessarti una cosa...-
Lei, in risposta, le strinse le mani incoraggiandola a parlare.
-...Prima ti ho detto che ho bisogno di un motivo per andare avanti... beh non è completamente vero...- abbassò per un attimo lo sguardo - negli ultimi anni ho perso tutto. Piano piano tutte le cose che ero riuscita a ritrovare nella mia vita le ho perse o ho dovuto abbandonarle. Negli ultimi mesi... tutto è andato a rotoli... fino a qualche giorno fa, credevo di non avere più un motivo per vivere... ma la vita ha deciso di fare in modo che fosse una piccola vita dentro di me, a farmi capire quanto invece voglio continuare a lottare. Non ho perso tutto... ho ancora questo - disse toccandosi il ventre - te e mio padre!-
Alzò lo sguardo verso di lei, cercando di incrociarne il suo e quando lei le sorrise stringendole la mano, sul viso di Kate si dipinse un magnifico sorriso e un'espressione gioiosa.
- E' la cosa più bella che potesse capitare... un raggio di luce nelle tenebre... qualcosa che mi fa ancora sperare!-
- Allora segui quella luce, Kate! Riprendi le redini della tua vita e goditi la gioia che questo figlio può darti!-
Passarono una decina di secondi, in cui Beckett continuava a guardarsi la pancia e ad accarezzarla dolcemente, poi quasi come un sussurro le sentì dire:
- Forse hai ragione... forse è un segno del destino, forse è il 'suo' modo per farmi capire che esiste sempre un motivo per continuare a lottare!-
Si sorrisero e Kate la guardò teneramente. Capì che quelle labbra piegate all'insù erano un modo, per la detective, per esprimerle la sua gratitudine.
- Possiamo farcela Kate...-  le disse dolcemente - Io ti starò accanto, non ti lascerò sola!-
Annuirono entrambe e poi disse: - questo piccino non avrà un padre, ma per certo ha una mamma straordinaria e una fantastica Zia!-
- Mhm... io sono figlia unica!- le disse. Poi, vedendo la sua espressione imbronciata, la detective le fece la linguaccia e scoppiarono a ridere entrambe, mentre si strinsero di nuovo in un tenerissimo abbraccio.

۝§۝§۝

- Kate ci sei?- la voce dell’amica la riportò alla realtà.
- Si Lanie, scusa! Stavo ripensando al nostro discorso… Avevi ragione! Joe è la cosa più bella che mi sia capitata. E seguendo il tuo consiglio… e quelli successivi - le sorrise - ho vissuto il periodo più incredibile della mia vita!-
Di impeto, la strinse a sé in un dolcissimo abbraccio.
- Grazie! – le sussurrò ancora nella stretta.
Lanie sorrise e prima di sciogliere l’abbraccio le disse: - figurati, tesoro! È stato un piacere… e poi ho guadagnato una fantastica nipote!-  terminò facendole l’occhiolino.
Risero entrambe e poi Kate tornò seria.
- Lascia che le cose accadano. Non fare come al tuo solito! Segui il tuo istinto ma non chiuderti a riccio… Quello che deve succedere accadrà, che tu lo voglia o no! Non lottare contro ma cerca di fare in modo di limitare i danni… se ‘danni’ dovessero essere!-
- Come posso fare, Lanie?-
- Quando e se sarà il momento, lo capirai da sola!- le disse portando una mano al suo viso e facendole una carezza.
Kate annuì e lasciò che la dolcezza della sua amica le infondesse l’ultima briciola di coraggio necessario per affrontare ciò che il destino voleva accadesse.
 
 


Bene!
Avete visto? Kate ha avuto la certezza di essere incinta e per un momento ha fregato Lanie...
Non piangeva per la tristezza ma per la gioia!
Lanie allora come ora, si è detta pronta a starle accanto! 
Ma... Solo Kate può trovare la forza, dentro se stessa per affrontare "quello che deve fare"!
Cosa farà? Ora sarà pronta per entrare nella tana del lupo? Riuscirà a rimanerci senza essere sbranata?
Sta a voi, deciderlo... Io posso solo suggerirvi di tornare da noi, mercoledì prossimo!
Un Bacio e GRAZIE per seguire questa follia!
 

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Capitolo 18
*** Per me si va... ***


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« Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente...»
( da Inferno III , 1- 3)

      

“Per me si va nell’eterno dolore…”
Era seduto sul divano del salotto, con il libro tra le mani, passando le dita sulle scritte delle pagine antiche, ripetendo nella sua mente le parole del sonetto, quando il suono del campanello lo distolse dai suoi pensieri.
Si alzò, posando al suo fianco il libro e andò ad aprire la porta.
- Che è successo?- le disse quando apparve la sua intera figura sull'uscio.
- Posso entrare?- chiese risoluta.
Si scostò di poco, il necessario per farla passare, notando immediatamente le due scie che le solcavano il viso.
- Che hai fatto hai pianto?- le chiese, raggiungendola nel salotto.
- Ma che pianto…- rispose lasciandosi cadere sul divano.
- Prego accomodati, fa come se fossi a casa tua...- le disse accomodandosi sulla poltrona di fronte a lei.
- Non mentirmi… ti conosco…- continuò addolcendo il tono.
- Si va beh… ho pianto!-
- Perché?-
- Perché ho litigato...-
- Con chi?- chiese interrompendola.
- Con quello con cui sto.- rispose seria  - L’ho trovato mezzora fa a letto con un'altra…-
- D’altra parte se gli accordi con l’amante sono di vedersi il pomeriggio... le improvvisate di sera, non si fanno!- scherzò, cercando di alleggerire il tono tra loro, che era diventato teso quasi stessero parlando di loro stessi.
- Ma vaffanculo! Castle ti ci metti pure tu!- si passò una mano nei capelli, come era solita fare un tempo, quando li aveva ancora lunghi - ti ci metti pure tu! Non è proprio il momento! C’è mancato poco che lo ammazzassi… gli ho sfasciato tutta casa prima di andar via.- si alzò e iniziò a passeggiare per la stanza - gli ho rotto tutto! Dal televisore, al pc, la macchina fotografica… gli ho strappato pure qualche vestito e distrutto le camicie!- si girò su se stessa e sedendosi sul bracciolo della poltrona libera, sbuffando sconfitta, disse: - soltanto che ora non so dove andare…-
-Tua figlia dove l’hai lasciata?- chiese Castle preoccupato.
- Lei è ancora nella vecchia casa con il nonno. Non sapevo se il mio trasferimento a New York fosse definitivo o meno… non le ho fatto affrontare il trasloco…-
-E…-
- E, cosa?- chiese spaventata da dove poteva portarli quella conversazione.
- Vi siete trasferiti solo tu e suo padre?- disse titubante.
- Chi lo stronzo?- sorrise – no, lui non è il padre…-
-…- Castle non riuscì a proferire parola ma si limitò a fare uno strano verso, simile ad un soffio.
- E’ uno con cui stavo da qualche tempo… Un collega di NY del 69th con cui ho collaborato tempo fa. Siamo rimasti, diciamo, in contatto…-
Un'altra smorfia apparve sul viso dello scrittore, che non sfuggì alla detective.
- E stavi con lui.-
Era una constatazione più che una domanda, ma lei rispose lo stesso.
- Si -
- Era una cosa seria?-
- Poteva…- disse cercando di troncare il discorso.
Castle cercò di metabolizzare quanto appena appreso e un nuovo ghigno gli uscì,  poi, sempre con voce bassa e alquanto tremolante, disse: -Ti eri trasferita da lui, per il momento?-
- Si… Ma avevo preferito lasciare Joe dal nonno… e a quanto pare ho fatto bene.-
Alzò lo sguardo ad incrociare il blu degli occhi dello scrittore e, con voce ferma e risoluta, disse:
- Ora però non so dove andare… non posso e non voglio tornare lì!-
Contrariamente al suo tono, l'espressione della detective era molto insicura.
- Non è che posso stare qua... per un po’?- chiese imitando senza nemmeno accorgersene una di quelle tipiche ‘facce’ dello scrittore - finchè non trovo un'altra sistemazione…- chiese quasi con voce implorante.
Richard non rispose, ma si limitò a guardare la donna, quella che una volta poteva definire  la ‘sua’ detective, con uno sguardo malinconico e imbambolato, del quale Kate si accorse immediatamente. 
- Perchè mi guardi?- gli chiese dura.
- Così, pe…-
- Ti prego sta attento a quello che dici, eh!!- lo interruppe quasi implorante.
-Ti volevo fare un complimento!- disse Rick alzando le spalle.
Kate si alzò dalla sua postazione e iniziò a girare di nuovo per la stanza, sollevando le braccia al celo.
- Ma io non lo so… ma ti pare che stasera io possa essere in vena di complimenti?-
Prima che lui potesse dire nulla, continuò sempre più agitata  - ahhg… da te poi, proprio mai!-
- Senti se ti va, puoi continuare a sfasciare tutto anche qui!- disse Rick, indicando il suo soggiorno – tanto non è roba mia…-
- Guarda che io reagisco così solo con le persone a cui tengo, per cui non ti preoccupare!- rispose seria, tornando al divano e lasciandovisi cadere.
 
- Chi te l’ha detto che stavo qui?- le chiese dopo qualche minuto di silenzio.
- La Hasting...-
- Ah.. Ann potrebbe aprire un agenzia immobiliare!-
A quella battuta, un sorriso si allargò sul viso di entrambi, stemperando un po’ la tensione presente tra loro.
- Insomma… Posso restare qua o no?- chiese Beckett ad un tratto.
- Guarda, se è per poco… già ci stai, mettiti sul divano…- rispose indicandole il suo ‘letto’. Poi si alzò e stando in piedi di fronte a lei, con tono serio:
- Patti chiari eh... Niente sesso!-                  
- Piuttosto mi sparo! Eh!- rispose la detective portandosi una mano alla tempia.
Richard le rispose con una smorfia delle sue e annuendo, si voltò per andare nella sua camera.
Arrivato alla porta che divideva il soggiorno dal corridoio, tornò di un passo indietro, affacciandosi allo stipite.
- Ah senti, se ti va di mangiare qualcosa vai in cucina... puoi provare a farti una pasta o… della pasta… non credo ci sia altro!-
Quando lo vide dirigersi verso la porta, Kate gli chiese:
- Ma si può sapere dove vai?-
- Vado su che ho una mansarda adattata a studio e provo a scrivere un po’… sai, sarebbe il mio lavoro!- rispose lo scrittore, prima di sparire, lasciandola sola su quel divano.
 
Una ventina di minuti dopo, tornò nell’appartamento per prendere qualcosa da bere ed entrando in soggiorno lo trovò vuoto. Un senso di tristezza lo assalì, era una cosa stupida, ma credere di trovare Kate sul suo divano lo faceva sentire al sicuro e tornare un po’ a qualche anno addietro, quando alcune volte, lavorando ad un caso, si erano ritrovati ad indagare nei rispettivi salotti…
Attraversò la stanza con passo mogio quando, avvicinandosi alla portafinestra del balcone, sentì un brusio e delle risate provenire dall’esterno.
Incuriosito si sporse di poco, giusto il necessario per vedere nell’angolo più estremo del terrazzo Kate e Padre Francis chiacchierare.
 
-…e del suo amico che mi dice?-
Kate fece una risata e poi vedendo che il prete era serio, tentò di rispondere: - eh che le dico… è il migliore e il peggiore!-
- Il migliore in che cosa?- domandò curioso.
- Nel suo lavoro! È l’unica cosa che sa fare…- disse sorridendo, alzando gli occhi un po’ verso il cielo, mentre muoveva leggermente il capo.
- Non sapevo che ci fosse una classifica anche per i correttori di bozze.- le disse l’uomo e lei rimase un attimo stupita dalla risposta. Non era a conoscenza di cosa si fosse inventato Rick e soprattutto non credeva che Roy gli avesse imposto di mantenere un basso profilo.
 
- Il peggiore in che cosa?- la voce del sacerdote la riscosse dai suoi pensieri.
- In tutto il resto!- rispose così seria da far scoppiare a ridere il prete, talmente di gusto che ne venne contagiata a sua volta.
 
Richard decise che era giunto il momento di andare in cucina a prendersi da bere e lasciare i due alle loro risate, prima che queste gli rovinassero quel pizzico di felicità che l’arrivo della detective gli aveva suscitato.
 
-Davvero è bravo solo in quello?- chiese il sacerdote appena le risate scemarono.
- No…- rispose Kate tornando seria e voltandosi a guardare lo splendido panorama, - è anche un padre fantastico… un amico leale, sempre pronto a farsi in quattro se qualcuno ne ha bisogno! Fa di tutto per far credere che non sopporta la madre, ma sono certa che quando le è lontano non può fare a meno di preoccuparsi per lei...  La sua famiglia viene prima di tutto!-
D’istinto strinse il pugno in una morsa, mentre le sue parole diventavano sempre più affievolite e il suo tono sempre più incrinato.
Padre Francis se ne accorse e decise che forse sarebbe stato meglio rientrare e lasciare la donna ai suoi pensieri. Si congedò da lei e tornò nel suo appartamento. Kate rispose al saluto e, mentre il suo sguardo ritornava fisso all’orizzonte, al panorama di quella città che ogni volta la incantava come la prima volta, non riuscì a fare a meno di pensare che quelle sensazioni non si sarebbero mai attenuate, così come quelle che ancora sentiva quando le sue parole e i suoi pensieri riguardavano lui.
 
Passarono un po’ di minuti, finchè il leggero venticello le solleticò le braccia e la fece destare dai suoi pensieri.
Tornò nell’appartamento e vedendo la luce accesa in cucina, si diresse verso la stanza. Arrivò all’uscio e notò lo scrittore seduto su una sedia, con le braccia poggiate sul tavolo, mentre con lo sguardo nel vuoto rigirava tra le mani una lattina.
Rimase a guardarlo in silenzio per qualche secondo, poi, temendo che potesse notarla, cercò di attirare la sua attenzione dicendo:
- Senti metterei un po’ in ordine le tue cose di là…le metterei tutte in un armadio…-
- No, niente armadio, tanto sono di passaggio!- rispose l’uomo con voce atona, restando con lo sguardo fisso nello stesso punto.
- Appena finisco di scrivere questo libro, che poi è l’unica cosa che so fare… riparto!-
A Kate spuntò un leggero sorriso e avvicinandosi al tavolo chiese: - mi hai sentito mentre parlavo con Padre Francis?-
- Mhmh- rispose secco -…siete già grandi amici!-
- Ma che… te la sei presa? Per me è un colpo scoprire che tu te la prendi per qualche battuta… non ricordavo fossi così permaloso!-
- È passato tanto tempo… e forse molte cose in me sono cambiate…- portò lo sguardo su di lei fino a incrociare i suoi occhi – alcune frasi fanno più male di altre – distolse di nuovo lo sguardo, stringendo nel pugno la lattina – a volte dipende anche da chi sia a pronunciarle.-
- Ri..- tentò di dire Kate poggiando una mano sul suo braccio, ma lui si ritrasse di colpo, ancor prima che riuscisse a sfiorarlo. 
- Senti sono stanco morto, me ne vado a letto!- disse alzandosi e andando verso l’altra stanza.
- Hai una coperta per me?- chiese Beckett, ma da Rick ottenne solo un secco - no - prima che sparisse dalla sua vista.

   

  Eccoci qua! 
Finalmente Kate ha inventato la scusa!
Che ne pensate? Martha sarebbe fiera di lei? 
In tutte le volte che ha inventato pa.. ehm storie false per proteggersi (da se stessa e dagli altri) e storie per Joe.... ha "ereditato" l'arte dell'attrice!
Ma ha devvero fatto fesso Rick o lui "fa 'o scemo pe nun ghi a guerra" ???
(letteralmente fa lo scemo per non andare in guerra [come chi si faceva riformare... forse solo le più "mature" la capiranno])
bene! che dire? 
a mercoledì!
Grazie mille a tutte!

 

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Capitolo 19
*** E lo spirito mio, che già cotanto tempo era stato... ***


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 «E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato ch’a la sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto,
sanza de li occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d’antico amor sentì la gran potenza.»
( da Purgatorio  XXX , 34 -39)


Erano un paio di ore che continuava a rigirarsi su quel divano. Il piccolo plaid in cui si era avvolta, giaceva ormai a terra. Sospirò, rivolgendo per l'ennesima volta lo sguardo al soffitto cercando di trovare qualcosa che la portasse fuori dalla nuvola di pensieri che le affollavano la testa e non la lasciavano riposare. Sapeva che dormire, con lui a pochi metri da lei, sarebbe stato impossibile, ma l'unica cosa che desiderava era riuscire a chiudere gli occhi e non pensare a nulla... Trascorrere in pace quelle poche ore che la separavano dal nuovo giorno.
Decise che era troppo e si alzò, sperando che fare quattro passi e una sosta al bagno avrebbero potuto calmarla quel tanto che bastava per trovare pace...
Non sapeva quanto quella idea fosse sbagliata.
Lungo l'esiguo tragitto, si ritrovò a passare dinanzi alla camera da letto dello scrittore. La porta spalancata e il suo respiro ritmato non le furono per niente d'aiuto.
Come attirata da una forza magnetica, si ritrovò a scrutarne l'interno, lo sguardo si posò timido sull'uomo sdraiato a pancia in giù, metà corpo coperto dal lenzuolo che dolcemente gli ricadeva sui fianchi mostrando la sua corporatura e con le braccia distese pigramente sui cuscini a contornarne il viso mezzo sprofondato in essi.
Rimase a guardarlo in silenzio per qualche secondo, prima di rendersi conto che, per la seconda volta nella sua vita, la visione di lui in quel modo le riempiva il cuore di una gioia e serenità che poche altre volte aveva provato. Solo vedere la sua bambina dormire le infondeva tale tranquillità.
Si appoggiò allo stipite della porta, lasciandosi trasportare in quelle splendide sensazioni.
Restò a guardarlo dormire per un tempo indefinito. Solo in quel momento si accorse che con gesti automatici aveva afferrato tra le dita la catenina che portava al collo e, facendogliele scivolare intorno, l'aveva portata fuori dalla maglietta e ora stava accarezzando entrambi i ciondoli che da essa pendevano.
Strinse tra pollice ed indice  l'anello che da anni l'accompagnava. Sospirando lo infilò per metà nel dito, fino a fermarlo sulla falange e prese tra le altre il secondo ciondolo.
Portò la mano verso il viso per poter vedere, mentre coi polpastrelli l'accarezzava, quelle quattro maglie dorate, intrecciate tra loro, che da qualche tempo erano incatenate alla sua collana. 

 

۝§۝§۝

Chiuse la porta alle sue spalle, facendo attenzione a non fare rumore per non svegliarlo. Si soffermò sull'uscio, presa dalla visione dell'uomo che per quella notte era stato suo.
Dormiva beato nel suo letto, coperto solo da un leggero lenzuolo che nascondeva a mala pena il suo fondoschiena, lasciando libere le gambe e la sua possente schiena. Quando lei si era alzata, si era girato a pancia in giù e ancora nel sonno aveva abbracciato il suo cuscino sprofondandoci il viso.
Avanzò piano, un passo alla volta, fino ad arrivare al bordo del letto. Si fermò di fronte a lui, guardando dall'alto il suo viso sereno.
Un sorriso le si aprì in volto e il suo cuore ritornò a battere ad altissime frequenze, finché un peso alla bocca dello stomaco le mozzò il respiro e una lacrima scese lungo il suo viso. Il suo cuore si arrestò bruscamente per qualche secondo quando il pensiero di quello che da lì a poco avrebbe dovuto fargli le si materializzò nella mente.
Si accucciò su se stessa, poggiandosi sui talloni e reggendosi al letto con il braccio sinistro. Mise il mento su di esso e si perse ancora una volta ad ammirare l'uomo che amava dormire nel suo letto, mentre portò la mano destra verso il suo viso, sfiorandolo appena con i polpastrelli.
Nonostante il tocco fosse leggero, Rick lo avvertì e le sue labbra si alzarono all'insù.
Kate non riuscì a trattenere un sorriso che le nacque spontaneo, ma che si smorzò di colpo nel momento in cui le sue labbra entrarono in contatto con quelle gocce salate che non si era accorta le stessero solcando il viso.
Sapeva che quello non era il momento adatto, che forse l'avrebbe dovuto dire prima, anche solo qualche ora prima, ma sapeva che, se l'avesse fatto, avrebbe reso tutto molto più difficile. Troppo difficile da affrontare. Forse non avrebbe dovuto farlo nemmeno adesso, forse avrebbe fatto meglio a non ammetterlo nemmeno con se stessa, ma sentiva il bisogno di farlo.
Inspirò a fondo, chiudendo gli occhi. Non sarebbe bastato dirlo fra sé e sé, no, doveva dirlo a lui...
Sapeva e sperava che lui non la sentisse, ma, nonostante tutto, lo guardò con il più dolce degli sguardi e con uno splendido sorriso ad illuminarle il volto e, con voce tremolante per l'emozione, pronunciò quelle parole provenienti dal suo cuore...
- Ti Amo, Rick...-
Sfiorò di nuovo la sua pelle appena increspata da un filo di barba mentre, cercando di trattenere le lacrime:
- Non puoi nemmeno immaginare quanto...- spostò lo sguardo verso il basso e seguì il percorso con le dita - farei qualsiasi cosa...- disse poggiando due dita sulle sue labbra - ti amo... E tu non lo saprai mai...-
Interruppe il contatto nello stesso istante in cui voltò il viso, ormai solcato dalle lacrime - non lo dovrai sapere mai!- disse mentre si asciugava una delle due scie, come a nasconderle, come se lui potesse vederla.
Si voltò completamente, dando le spalle al materasso e lasciandosi andare contro.
In quel momento, un flebile raggio di luna incontrò qualcosa per terra, poco distante da lei, facendolo brillare. Quel piccolo riverbero di luce le apparve nonostante le copiose lacrime, attirando la sua attenzione.
Quasi gattonando, si allungò verso di questo, seguendo la luce e solo quando lo ebbe tra le mani capì che l'oggetto non era nient'altro che il braccialetto d'oro di Rick.
Lo rigirò tra le mani, notando che il gancetto si era lesionato e probabilmente l'anellino della chiusura era fuoriuscito e il braccialetto era caduto in terra.
Si rialzò e mentre stava per poggiarlo sul comodino, una piccola scintilla le balenò per la testa.
Lo strinse forte tra le sue dita, avvicinandolo al petto, poi prese la decisione finale e si diresse verso la sedia dove poco prima aveva sistemato i suoi jeans. Lo infilò nella tasca, assicurandosi che non fosse visibile e che non fuoriuscisse picchiettando con la mano al di fuori della tasca, sorrise alla sua follia e chiudendo gli occhi espirò profondamente.
Si voltò e tornò verso il letto. Si coricò nel lato che solitamente non era il suo e si avvicinò all'uomo.
Poggiò delicatamente la testa tra la spalla e la nuca, avvolgendogli la possente schiena con un braccio e con le gambe cercò quelle dell'uomo, incrociandole con le sue.
Si strinse a lui, cercando di non svegliarlo e, mentre ricadeva nel mondo dei sogni, gli lasciò un tenero bacio sulla spalla.

۝§۝§۝

Un leggero movimento dell'uomo la fece riemergere dai suoi ricordi. Richard si era leggermente girato e nel farlo aveva abbracciato il cuscino.
Quella situazione le sembrò così familiare, le sembrò di essere ritornata indietro nel tempo ma... Molte cose erano cambiate, altre no, ma alcune non sarebbero mai cambiate.
Era ancora poggiata allo stipite della porta, ancora con in mano quel ciondolo particolare...
Quello che una volta era stato il braccialetto di Richard.
Qualche tempo dopo quella sera, l'aveva fatto aggiustare e per alcuni mesi era andato a far compagnia all'orologio di suo padre sul suo polso sinistro. Poi quel braccialetto fatto di maglie incrociate a formare una catena alternata di oro bianco e giallo, con al centro una maglia piatta su cui era incisa una mela, aveva subito un ulteriore cambiamento. L'aveva fatto stringere e messo dove sapeva potesse essere sicuro... Mentre le 4 maglie restanti le aveva fatte diventare un ciondolo facendo scorrere, all'interno di una di esse, la catenina che da anni lei portava al collo.
Così quello che una volta era stato di Rick adesso rappresentava una catena invisibile che l'avrebbe legata a lui.
Guardò di nuovo quelle maglie, accarezzando quegli anelli che per il mondo, intrecciandosi tra di loro a due a due, formavano un 8 con un cerchio bianco e uno giallo, ma che per lei rappresentavano un ∞ simbolo del loro amore.
Appoggiò la testa al legno e chiuse gli occhi cercando di trattenere quella lacrima che nuovamente aveva fatto capolino sui suoi occhi.
Inspirò profondamente e lasciò un ultimo sguardo all'uomo che questa volta non era più suo  e che non lo sarebbe più stato.
Asciugò con la mano la lacrima scappata al suo controllo e ripose la catenina al di sotto della maglia, facendola scivolare tra l'incavo dei seni.
Tornò nella sala, dove il divano e il plaid la stavano aspettando e, coricandosi, la catenina scivolò sul lato sinistro e il ciondolo si posò sul suo cuore... Chiuse gli occhi, tornando a stringere quelle poche maglie, pensò che anche il resto di quel braccialetto fosse vicino a qualcosa di importante ed estremamente prezioso e con un leggero sorriso, appena riapparso sul suo viso, si lasciò cadere nel mondo dei sogni.
 


Ehm ok...
Direi che piano piano ci avviciniamo a scoprire che cosa successe quella "famosa notte".
Beh ho inserito qualche piccolo piccolissimo particolare che potrebbe scaturire domande.
[ Ho già le cuffie :p]
Provate, però, a darvi le risposte! :P
A mercoledì prossimo! <3
 

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Capitolo 20
*** Oscura e profonda era e nebulosa... ***


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«Oscura e profonda era e nebulosa tanto che,
per fissar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa.»
( da Inferno IV, 10-12)


- Ma quanti casi ha seguito Gray mentre aiutava Castle?- Brennan domandò incredulo, scorrendo l'enorme elenco al pc.
- Qui c’è una lista che non finisce più…- disse voltandosi verso Ryan.
- Cerca i casi in cui c’era quell’informatrice…. Deve essere nei casi segretati!- rispose il detective.
 
- Hanno chiamato adesso dalla centrale - irruppe Esposito riagganciando il telefono - vi ricordate quella ragazza scomparsa qualche giorno fa?- domandò avvicinandosi -Purtroppo… l’hanno ritrovata!-
- Dove?- chiese Ryan.
- A Great Kills Park, nei pressi di uno stabilimento abbandonato.-
 
Quando Castle e Beckett arrivarono sulla scena del crimine, insieme, come ai vecchi tempi, trovarono i colleghi già sul posto.
Esposito e Ryan non riuscirono a fare a meno di scambiarsi uno sguardo complice. Quella volta non fu il solito, pieno di malizia e accompagnato dalla risatina nascosta, quella volta i loro occhi brillarono di gioia e il sorriso appena accennato rispecchiava la loro felicità dell'essere tornati tutti di nuovo insieme.
- Che sappiamo della ragazza?- la voce di Beckett li richiamò al presente.
- Si chiama Joia Del Duca, figlia di Giulio Del Duca, un industriale di arredamenti, di origine Italiana. È scomparsa tre giorni fa, dopo una partita di allenamento in trasferta con la squadra del liceo - disse Ryan prendendo il taccuino e leggendo le poche informazioni che aveva raccolto.
- Quanti anni ha?- domandò lo scrittore.
- 17 - rispose mogio il detective.

⌘ * § * ⌘



- Che ci dici?- esordì Beckett entrando nella rimessa.
Quella piccola parola non sfuggì all'anatomopatologa che sorridendo si voltò verso l'amica.
- Che con una giornata come questa, uno se ne dovrebbe stare a casa, sotto le coperte a guardare un bel film…-
 
Castle intanto si era avvicinato alle donne e dopo aver indossato i guanti stava guardando un po’ in giro.
Si chinò per avvicinarsi all’esile corpo della ragazza e sulla caviglia destra notò un tatuaggio a forma di elefantino. Poi distolse lo sguardo e nel farlo ritrovò il portafoglio della ragazza, che giaceva accanto al suo corpo.
Lo prese e lo diede a Beckett che l’aiutò ad infilarlo in una delle buste per reperti.
 
- Non sembra aver avuto paura, sembra quasi che non si sia accorta di quello che le stava succedendo…non vedo segni di violenza…- disse tornando a guardare la giovane.
- No apparentemente, no…- confermò Lanie  - l’ha uccisa con un colpo lì – disse indicandola con la penna che teneva in mano - alla base della testa. Ha un forte trauma nella zona occipitale… però il decesso non è avvenuto stanotte…-
- Il colpo potrebbe essere stato accidentale?- domandò la detective.
- No, non credo!-
Restarono ancora qualche minuto in silenzio, contemplando quella giovane vita spezzata, lasciando che Lanie svolgesse il suo lavoro.
Fu Esposito a riaprire il discorso, arrivando alle loro spalle e dopo aver guardato anch’egli il cadavere disse:  - Ha la stessa marca di jeans che porti tu… - rivolgendosi alla patologa - che costeranno almeno cinque volte questi…- indicando i propri.
Quando lo sguardo interrogativo delle due donne si posò su di lui, sempre guardando Lanie spiegò:
- Io magari in un posto così ci verrei… tu forse no!-
- Dipende con chi…- fu la secca risposta della donna.
 
Castle e Beckett si scambiarono uno sguardo stupito, poi lo scrittore richiamò l’attenzione.
- Senti, questo che cos’è secondo te?-
- Non so, potrebbe essere gesso, vernice…-
- Chi l’ha trovata?- chiese la Detective rivolta ad Esposito.
- Un fotografo che viene qua a fare surf… ho chiamato in centrale e non ha nessun precedente penale… e la notte della scomparsa della ragazza era a Parigi. È tornato stanotte  con un volo Parigi-NY.-
 
- Guarda- intervenne Castle - qua è tutto vecchio, invece questo è nuovo nuovo, l’hanno portato da poco!- indicando due palle scure, legate da un filo  - non c’è nemmeno un filo di polvere.-
- Per farci che?-  chiese Esposito.
- Eh per farci che… sono piombi, per metterglieli addosso e farla affondare… -
Sul viso dello scrittore si disegnò una smorfia di dolore – sai, ci vuole poco… prendi una barca qui fuori, vai a largo… -
- Ma evidentemente ci hanno ripensato.-  lo interruppe la detective.
- Forse perché stanotte c’era mare grosso…- intervenne Esposito.
- E tu che ne sai?- chiese Lanie alzando di nuovo lo sguardo verso di lui.
- Io la notte dormo poco e guardo i bollettini meteorologici…-
- Che allegria!- sentenziò lei.
- La porta di questo magazzino era aperta?- domandò Beckett, riportando l’attenzione alle indagini.
- Si, il fotografo ha detto che l’ha trovata aperta, lui si è accorto del cadavere perché il suo cane ha iniziato a piangere.-
- Qualcuno ha visto niente?-
- In questa zona non c’è mai nessuno...-
Esposito si voltò verso il grande varco del cancello e indicando fuori - c’è soltanto un bar a 2km.-
- Vedete se riuscite a trovare delle tracce qua attorno! – disse rivolgendosi agli uomini della scientifica.
- Con tutta la pioggia che c’è stata è inutile cercarle…- fu la risposta di Castle.
 
 
Una ventina di minuti dopo, Lanie raggiunse il trio all’esterno del capannone.
- Io qui ho finito!-
- Massima priorità mi raccomando!-  le  disse Esposito mentre l’accompagnava verso la sua automobile.
- Si più in fretta possibile!- rispose Lanie aprendo lo sportello della macchina e posando sul sedile posteriore la sua valigetta.
- Certo tra te e Castle, non so chi è più monotono…- disse entrando nella vettura.
Esposito chiuse lo sportello, mentre lei faceva scendere il finestrino.
- Ah un'altra cosa… mi ha dato fastidio quello che hai detto a proposito dei jeans costosi… sembrava ce l’avessi con me!-
- Ti sbagli!- si affrettò a rispondere l’uomo.
- No, non mi sbaglio per niente su queste cose…- replicò Lanie prima di mettere in moto e partire.
- Ciao…- la salutò Espo, ma lei era già lontana.


⌘ * § * ⌘


Rimasti soli, Castle si diresse a passo lento e mogio verso il bagnasciuga.
Quando Kate sopraggiunse, avvicinandosi a lui, iniziò a parlare:
- Chissà com’ero quando avevo 17 anni… cosa pensavo di fare da grande…-
- Forse quello che fai…- rispose lei, voltando lo sguardo verso l’uomo.
- Nooo, no, no… a quell’età non pensi di fare un mestiere come questo!-
Fu lui a voltarsi verso di lei - a quell’età pensi di fare il pilota, l’ingegnere…- abbassò il viso per non incrociare i suoi occhi  - chissà che pensava di fare questa ragazza…-
- Ultimamente ti vedo triste…pare che ti faccia fatica il lavoro…- gli disse dopo qualche secondo di silenzio.
- Non mi sono abituato al male… Hai visto quanto era bella quella ragazza - tornò a incrociare i suoi occhi - così piena di grazia anche se era morta… non lo so…-
Sbuffò.
- Ne ho viste così tante che oramai dovrei esserci abituato…però… no… che sarà? ah?-
- Sarà che ti sei fatto grande…- rispose lei accennando un sorriso.
Rise anche lui, girando il viso verso l’oceano.
- Torniamo in città.- le disse, voltandosi per risalire lungo la spiaggia.
- No… voglio passare prima da quel posto dove l’hanno vista viva per l’ultima volta.-


⌘ * § * ⌘


Impiegarono circa un paio di ore per arrivare alla palestra dove la ragazza aveva giocato qualche ora prima che fosse stata fatta la denuncia di scomparsa.
- Erano le 17 circa - iniziò a raccontare Esposito, percorrendo il lungo campo di pallavolo, mentre sfogliava il riassunto delle deposizioni.
- La partita è finita da poco e le ragazze vanno nello spogliatoio per fare la doccia - si fermò indicando una stanza sulla loro sinistra - Joia entra e dice alle sue amiche che non tornerà con loro. Allora le altre ragazze finiscono di prepararsi e vanno via.-
Attraversò il corridoio, sempre seguito a ruota da Castle e Beckett, mentre continuava a leggere: - Lei si attarda, è l’ultima. Quando finalmente esce.-
Svoltarono per il corridoio, sbucando in una specie d’ingresso.
- Un testimone, il suo allenatore Nicolas Turner, la incrocia ma lei dice che deve fare una telefonata.- 
Si voltò appena, verso la parete - Qua! - esclamò indicando verso il muro.
- Sulla cornetta del telefono sono state ritrovate le sue impronte però dai tabulati non risulta che quest’apparecchio abbia fatto o ricevuto alcuna telefonata.-
Rivolse lo sguardo verso il portoncino aperto: - dopo di che, il pullman parte e la richiesta di riscatto arriva verso le undici di sera.-
- Facciamoci inviare dal distretto che ha ricevuto la denuncia di scomparsa, tutto quello che hanno!- Intervenne Beckett a conclusione del riepilogo.
- Se ne sta già occupando Ryan.-
- Chi è che ha chiuso la palestra?- domandò Castle, socchiudendo la porta alle loro spalle.
- Il custode, ha controllato le porte, le finestre e poi ha spento le luci. Oggi non c’è perché la palestra apre solo due giorni a settimana.-
- C’è altro?- domandò la detective guardandosi, ancora una volta, intorno.
- No, non per ora…-
- Bene allora torniamo in centrale.-


⌘ * § * ⌘


- Ho il verbale del 122th Distretto… sono loro che hanno fatto le prime ricerche!- esclamò Ryan, una mezz’ora dopo, entrando nella grande sala in cui avevano istallato le loro postazioni con le scrivanie e i pc.
- Che dicono?- chiese Beckett, allungando la mano verso il collega, per prendere la cartellina.
- Loro hanno seguito la pista del rapimento… In serata, dopo che la ragazza non s’era fatta viva, qualcuno ha chiamato la famiglia e ha chiesto il riscatto… Nella notte sono arrivate altre due telefonate, poi, la terza poi è stata registrata! Da allora, nessuno s’è fatto più vivo.- rispose il detective, riassumendo quanto riportato.
- D’accordo - disse Beckett, studiando le carte.
- Noi andiamo a fare quattro chiacchiere con i professori - rivolse lo sguardo ad Esposito - Tu prova a vedere se Lanie ha qualche novità.-
- E io che faccio?- chiese Ryan.
- Tu e Brennan fatevi dare le registrazioni telefoniche e cercate di scoprire qualcosa in più!-
- D’accordo!- risposero i tre detective, mentre Kate e Rick prendevano le loro giacche e si dirigevano verso la porta.  




Ehm...
eccoci qua!
Scusate se con un giorno di ritardo ma sono stata impegnata!
Dedico questo capitolo alla Neo Dottoressa Edi!
Congratulazioni... TVB
Un mega Kiss alle Crazy#OMD
A mercoledì prossimo![spero] <3
 

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Capitolo 21
*** Che non possa tornar, l'etterno amore... ***


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«Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde.»
( da Purgatorio III , 133-135)


- Scusa - gli disse arrivando alle spalle e sfiorandolo con una mano.
- Se non mangiavo qualcosa morivo- continua, sedendosi sulla sedia di fronte a lui - stamattina non ho preso nemmeno un caffè.-
Esposito le sorrise e dopo aver atteso che Lanie ordinasse la sua pseudo colazione/pranzo le chiese se aveva delle novità.
- Quello che posso dirti è che la ragazza è morta lo stesso giorno in cui è scomparsa.-
- Questo è sicuro?-
- Sicuro!- rispose lei, addentando la prima forchettata della sua pietanza.
- Allora… - Esposito iniziò a ricapitolare:
- La telefonata con la richiesta di riscatto è arrivata alla famiglia alle 22… in quel momento poteva essere ancora viva?-
- Teoricamente si.-
Prese il cucchiaio e dopo averlo immerso nel sufflè, vedendo lo sguardo ipnotizzato di Esposito, lo avvicinò a lui chiedendogli:
- Voi assaggiare?-
- No ti prego… Grazie! – guardando la posata con una leggera faccia schifata
- Anzi, ti giuro, mi chiedo come fai.-
- Noi medici siamo delle bestie, non lo sai?-
- Che altro mi puoi dire?- chiese cercando di distogliere la sua attenzione su lei che avvolgeva con le labbra il cucchiaio, leccando via il contenuto.
Sorrise all’effetto che ancora provocava nell’uomo. Poi tornando professionale continuò:
- Nelle ore precedenti non aveva ingerito cibo, non aveva cenato e in più ho trovato dei lividi sul corpo ma non sono colpi inferti. Devo ancora capire di che si tratta.-
- E’ tutto?- chiese lui, mentre Lanie ingoiava l’ennesimo boccone.
- No, sul collo aveva un segno e non è traumatico… è tipo argento ossidato, come quello che lasciano i gioielli indiani, però lei al collo non aveva gioielli.-
Terminò ciò che restava nel piatto, si pulì con il tovagliolo le labbra e, riponendolo su di esso, disse:
- Adesso scappo!-
- No aspetta, mi puoi almeno dire una cosa?-
- Ti ho detto già tutto quello che sapevo, devo fare ancora un sacco di controlli.-
Si alzò velocemente dalla sedia, prendendo la borsa che aveva poggiato a terra.
Vide Esposito seguirla con lo sguardo.
- Come fai a sapere che… porto i jeans francesi?- chiese sporgendosi in avanti, sul tavolino.
- Beh li ho visti, ci sta la targhetta.- rispose di getto.
- Quindi…- si chinò verso di lui - vuol dire che quando io mi volto mi guardi il culo?-
- No!- rispose impietrendosi - ti ho detto che ho visto la la…-
- Se hai visto la targhetta, vuol dire di si!- lo bloccò lei.
 - Di la verità, giusto per saperlo.- chiese, ormai molto vicina al suo viso.
- Si… si, sarà capitato.- Ammise balbettando leggermente.
Sorrise e fece per allontanarsi, ma tornò subito sui suoi passi, mettendosi dritta di fronte a lui.
- Passo da voi nel pomeriggio… Fa l’uomo, paga tu!- e, salutandolo con un gesto della mano, andò via lasciandolo solo, ancora imbambolato al tavolino del bar.
- Io questa o la sposo o l’ammazzo!- esordì esasperato, scuotendo a destra e sinistra la testa.
- Che ci guadagni ad ammazzarla, ti conviene sposarla!- la voce del cameriere che stava sparecchiando il tavolo adiacente lo riportò alla realtà.
- Dice?-
- Dico, dico!-


⌘ * § * ⌘


Un paio di ore dopo si recarono di nuovo in centrale a fare il punto della situazione.
Avevano parlato con i professori e dal colloquio era risultato che Joia era una ragazza spontanea, solare.
Il professore di educazione fisica, nonché allenatore della squadra di pallavolo aveva detto loro che le ragazze erano distrutte dalla notizia, che  Joia era una che in campo ce la metteva tutta.
Quando il Capitano aveva chiesto loro di fare un resoconto di quanto sapessero sulle ultime ore della ragazza, Beckett iniziò a rileggere quanto aveva appuntato durante il colloquio con il mister.
- Sono arrivati a Hoboken intorno alle sei del pomeriggio di lunedì e si sono  sistemati nelle camere d’albergo e poi, come era solito fare, l’allenatore aveva portato le ragazze in pizzeria ed erano rientrati verso le ventidue.
Poi le ragazze hanno passato il tempo parlando tra loro, giocando a carte, guardando la TV. Il giorno dopo sono andate a fare un po’ di allenamento per prendere dimestichezza con il campo e dalle 13 alle 15  le ha lasciate  libere ma Joia non è andata con le altre,  è rimasta per conto suo.
Ci ha riferito che Joia ha giocato male, era deconcentrata, sbagliava le battute, non faceva muro, chiamava spesso palla… Alla fine hanno perso.-
- Poi?- la interruppe Montgomery, interessato più a quanto sapessero sul post partita.
- Poi dopo sono rientrati. – Rispose lo scrittore.
- Il Prof e le sue amiche sapevano che lei sarebbe tornata con qualcuno ma non sapevano chi fosse.- dichiarò la detective.
Un sorriso sfuggì a Roy.
Quei due continueranno a completarsi le frasi, qualunque cosa gli possa succedere.
Ci fu qualche secondo di pausa, poi Kate riprese a parlare:
- Una delle ragazze, Laura, l’amica del cuore di Joia era molto turbata… Non se la sentiva di parlare e l’abbiamo lasciata tranquilla. Torneremo a parlarle più tardi.-
 - Mentre parlavamo con il Prof è arrivato il ragazzo di Joia, Ethan Miller.- intervenne ancora Castle.
- Ad ogni modo, tutti i professori parlano bene di Joia, anche se ci hanno detto che forse era un po’ svagata e distratta negli ultimi tempi, si incantava a guardare fuori dalla finestra…-
- Ma non gli avevano dato troppo peso, sono da poco passate le vacanze ed era una cosa quasi fisiologica.- tenne a precisare Kate.
- Una professoressa ci ha detto che il suo comportamento era dovuto al fatto che forse era innamorata. Era da poco fidanzata con Ethan.- disse Beckett, mostrando la foto di gruppo che i professori le avevano dato e indicando il ragazzo.
- Ma…- intervene Caslte - il professore di matematica dice che con Ethan era finita, che erano in crisi.
- Pettegolo!- bisbigliò Kate quasi tra sé e sé ma il labiale la tradì e tutti sorrisero.
Rick fece una delle sue espressioni buffe e poi alzando il dito, attirando l’attenzione di tutti:
- C’è una cosa strana… ho notato sul banco della ragazza un disegno di un elefantino, lo stesso che aveva tatuato sulla caviglia destra.-
- Voi siete andati al bar di cui parlavano i prof?- chiese Beckett, rivolgendosi ai due detective.
- Si.- rispose Ryan.
- Cosa avete trovato?-
- Pare che ci sia un giretto d’erba…- fu la volta di Espo - in oltre, bazzicano due tipi segnalati al casellario per avviamento alla prostituzione.-
- Che bar? Che cosa dicono i prof?- chiese il Capitano, in cerca di delucidazioni.
- Uno dei prof ha supposto che il rapitore possa essere uno di quei… - intervenne Castle - come ha detto?- chiese rivolto a Beckett che, prontamente,  citando il prof di matematica -  “mascalzoni che danno fastidio alle ragazze”-
Annuì sorridendole.
- Chi sono?- chiese ancora Roy.
- Dei tipi che si fanno passare per agenti che cercano giovani per il cinema, per la televisione, la pubblicità. Gli dicono che devono mettere assieme un book, che devono fare delle foto…-
- Ci ha detto che un caso eclatante è successo lo scorso anno e sono stati allontanati - intervenne ancora una volta Beckett - prima giravano nei dintorni della scuola, ma nonostante tutto sono ancora al bar... lì la scuola non può più fare nulla…-  
- Che facciamo, li andiamo a trovare questi mascalzoni?- Domandò Esposito.
- No, ci vanno Ryan e Bennan. Tu vai da Lanie e facci sapere se ha novità…- rispose Beckett.
- Noi invece andiamo a casa della ragazza…- disse rivolgendosi a Castle, prima di afferrare la giacca e avviarsi verso l’uscita.

⌘ * § * ⌘


 
Dopo aver parlato con i genitori di Joia, i quali però erano stati di poco aiuto ai fini delle indagini, poiché non riuscivano a trovare un motivo per quella strana richiesta di riscatto avvenuta nel cuore della notte e poi non avevano ricevuto più nulla fino alla notizia del ritrovamento del corpo della ragazza, avevano chiesto loro di poter entrare in camera di Joia e cercare qualche indizio che potesse essere loro di aiuto.
-Kate, qua dentro guardaci tu…- disse Rick, dopo aver lasciato aperto uno dei cassetti dell’armadio, quello dove era riposta la biancheria intima della giovane.
- Questa è la parte più brutta del mio lavoro!- disse la donna, avvicinandosi a questo - stiamo rubando i segreti.-
- Tu i segreti li hai?- chiese lo scrittore lanciandole una rapida occhiata, prima di aprire il cassetto della scrivania.
- Eh beh… Io si!- rispose senza distogliere lo sguardo, mentre iniziava la sua ricerca.
- E Joia pure…- disse attirando l’attenzione di Rick.
Si avvicinarono l’un l’atro e mostrando una scatolina disse:
- E’ un anticoncezionale…- poi, aprì un foglio bianco, piegato in quattro - questa è la ricetta del medico che gliel’ha prescritta.-
 

⌘ * § * ⌘


-Sei tu Espo?- chiese sentendo dei passi alle sue spalle.
-Si-rispose l' uomo entrando nella stanza e avvicinandosi alla postazione dove si trovava lei.
-Stai pensando di piazzarmi i tuoi denti sul collo come un vampiro?- chiese voltandosi appena, quando lui le fu vicino.
- Chissà… forse è che sono sicuro che poi mi avveleno io!-
- Guarda qui...- disse Lanie, attirando la sua attenzione indicando lo schermo del pc.
- Cos'è?-
- Saggina.-
- Cos'è la saggina?-
- Hai presente le vecchie scope?-
- Quelle di paglia?-
- No di saggina, appunto… - disse Lanie sorridendo. Poi voltandosi appena verso Esposito e incrociando i loro sguardi  - era impigliata nel suo maglione ma nel magazzino tra le sdraio non c'erano scope.-
Quando si accorse dell’imbarazzante vicinanza con il detective, tornò di colpo a guardare lo schermo.
- Forse è stata legata, ho trovato dei piccoli segni attorno ai polsi, alle caviglie  e anche alle labbra. Questo è il fianco sinistro della ragazza - disse cliccando il tasto del mouse, facendo cambiare l'immagine -se fosse caduta nel magazzino e poi non si fosse più mossa, su questa parte del corpo si sarebbe formata un ipostasi…- mosse il cursore sull'immagine.
- Cioè?- chiese il detective.
- Il sangue avrebbe coagulato e si sarebbe vista una macchia simile a un livido… - iniziò a spiegare - vedi qualche segno c'è ma si tratta solo di colpi ricevuti durante la partita.-
Cambiò ancora foto:
- Guarda invece dove sta l'ipostasi -
- dall'altra parte?- domandò Javier.
- Sull'altro fianco, quello di destra.- disse annuendo - E’ stata uccisa da un'altra parte ed è rimasta anche per parecchio tempo sul fianco destro… poi è stata trasportata nel magazzino, forse perché era in un posto dove potevano scoprirla, un posto dove c'era della magnesia. Una polvere bianca, compressa, simile a gesso, che usano gli atleti nelle palestre per non perdere la presa sugli attrezzi.-
- Dell'arma del delitto che mi dici?-
- Un corpo contundente, rigido, non affilato…per ora non so dirti altro.-
 




Salve!
Chiedo scusa per l'immenso ritardo e ancora di più a chi ha recensito gli ultimi due capitoli e sta ancora aspettando le mie risposte!Appena riesco rimedierò!

Volevo chiedervi una cosa importante
Siccome ho iniziato di nuovo a lavorare (ringraziando il cielo), non ho più molto tempo... In realtà, siccome ho cambiato azienda, sto facendo la cosiddetta formazione (in giro per il nord Italia)...
anyway...
Ho ancora un 5/6 capitoli semipronti (manca banner e titoli) ma il resto sono da scrivere....
per questo Vi chiedo di indicarmi (in recensione, in short recensione[che diventa messaggio su efp], in messaggio di efp, nel post su fb, in mp... come preferite che io mi "regolo":
1) Mi fermo qui, aspetto di completare la FF e riprendo a pubblicare.
2) Proseguo fino ai capitoli scritti e quando li termino, mi fermo fino alla fine della scrittura per poi riprendere di seguito.
3) Proseguo con i capitoli che ho.. e man mano che ne ho di nuovi li pubblico, senza sospendere ma "allungando i tempi di pubblicazione".
In ogni caso, pubblicherò il capitolo 21 e nell'angolo vi metterò la scelta che ha avuto la maggioranza
Vi prego però di farmi sapere (anche senza recensione) come volete che proceda.
So che molti di voi leggono e basta e per questo vorrei che anche la vostra opinione sia nella scelta fatta!
Chiedo scusa per l'angolo che è quasi più lungo della ff

Alla prossima![spero presto!]
<3
Baci Vale
 

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Capitolo 22
*** ...infin che ’l mar fu sovra noi richiuso. ***


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«Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
[...]
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso.»
( da Inferno XXVI , 136-138;142)

 

Era seduto su un prato, davanti a un laghetto, nelle vicinanze della villa della famiglia Del Duca.
Avevano deciso di fare una sosta/pausa-pranzo in quella zona, prima di andare a parlare con il fidanzato della ragazza.
- Ho parlato con la ginecologa di Joia- esclama la detective, raggiungendolo alle spalle e sedendosi di fianco a lui.
- Mi ha detto che 4 mesi fa, aveva iniziato a prendere la pillola, prima ancora di avere rapporti.- dice afferrando il panino che lo scrittore le aveva porto e iniziando a scartarlo.
- Era un po’ impaurita.- afferma.
- Anche io la prima volta avevo una gran paura…- disse Castle, con lo sguardo perso davanti a se ad ammirare due ochette che beccavano qualche briciola.
- Seee, ci credo!- esclamò scetticamente Kate, guardando anche lei la scena nel lago.
- Dici così perché non mi conosci!- disse Rick voltandosi verso di lei.
- Dico così perché ti conosco!- rispose incrociando il suo sguardo a quello dell’uomo.
Calò il silenzio per qualche attimo, durante il quale entrambi erano persi nei loro pensieri e rivolgevano lo sguardo all’orizzonte.
-E’ andata dalla ginecologa con il suo ragazzo?- ad un tratto, chiese lo scrittore.
- No da sola.-
- Fammi capire…- si rivolse verso di lei facendo in modo che si guardassero in viso - una a quell’età va dalla ginecologa da sola?-
- Bhe si dipende… se una deve fare solo un controllo, ci va con la mamma…- disse spezzettando il panino con le mani per poi prenderne un boccone.
- Però se ha deciso di fare l’amore con uno e non gliel’ha detto… solitamente si va con un’amica o proprio con il fidanzato.-
-E lei allora perché non c’è andata con il fidanzato?- chiese lo scrittore per poi tornare a guardare il lago.
- Si vede che non voleva fare l’amore con lui…- fu la rapida risposta della detective.
 
Restarono così per un tempo indefinito, continuando a guardare il panorama, perso ognuno nei suoi pensieri…
Quelli di Kate non erano, però, rivolti al caso. La sua mente stava elaborando una situazione simile a quella in cui si doveva essere ritrovata la giovane…

 

۝§۝§۝

Era seduta in una sala di attesa da un tempo indefinito, probabilmente si trattava solo di qualche minuto ma per lei era un tempo sicuramente troppo lungo per i suoi nervi.
Sedeva su una poltroncina in plastica con la base in ferro, una di una serie di sedie sulle quali i pazienti attendono che la porta dell’ambulatorio si apra e che arrivi il proprio turno.
Lei era lì, seduta con la testa rivolta verso il basso, le mani sulle sue gambe e le dita strette intorno alla piega delle ginocchia. Aveva il respiro quasi affannoso, sintomo della sua ansia che quell’attesa di certo non faceva diminuire.
Ad ogni piccolo spostamento d’aria, scattava a guardare in direzione della stanza in cui di li a poco, sperava, sarebbe dovuta entrare.
 -Kate calmati!- la voce profonda e tranquilla di Patrick la riportò alla realtà –Stai tranquilla, non stiamo andando al patibolo ma è solo una visita.-
Alzò lo sguardo sempre timoroso, verso l’uomo al suo fianco, che le aveva poggiato una mano sulle sue e gliele stringeva forte per infonderle coraggio.
-Hai ragione Patrick…- disse liberando una mano e rimettendola sopra quella dell’uomo.
Un labile sorriso iniziava a spuntare sul suo viso mentre il calore e la dolcezza del suo partner le avevano riportato alla mente il vero motivo per cui erano lì. Quella creatura, che da qualche giorno cresceva dentro di lei, finalmente sarebbe diventata in qualche modo reale. Da lì a poco, avrebbe visto in un monitor quello che era la sua unica gioia di vivere.
- Signora Davis?-
La voce di una donna la fece sussultare.
Patrick le strinse la mano e alzandosi disse rivolto alla dottoressa -Siamo noi!-
 




Salve!
Come promesso sono qua a darvi il responso del sondaggio.
Ringrazio chi mi ha detto la sua..
A quanto pare preferite che continuo con i capitoli che ho e appena ne ho di nuovo pubblico!
Questo però non obbliga chi preferiva che aspettassi, a leggerla! Voi potete benissimo fermarvi e quando avrò terminato la scrittura (se prima della fine della pubblicazione, anche se molto difficile, ma non si sa mai) ve lo comunicherò privatamente o sul gruppo di Facebook!

Detto questo, eccomi qua con un capitolo corto ma spero intrigante! :P
Spero di riuscire ad aggiornare in settimana (considerando che giovedì è festa) ma come avete ben visto anche solo aggiornare mi riesce a singhiozzo!

Un grosso grazie a tutte voi
e
TANTISSIMI AUGURI DI BUON COMPLEANNO
a due Magnifiche donne, stelle grandiose e uniche nel loro genere!
STANA e GIORGIA
Dedicato a voi...

A presto!
<3

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Capitolo 23
*** Tu sentirai, di qua da picciol tempo... ***


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«Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai, di qua da picciol tempo,
di quel che prato, non ch’altri, t’agogna.
E se già fosse, non saria per tempo.
Così foss’ei, da che pur esser dee!»
  ( da Inferno XXVI , 7-11)

 

Entrarono in silenzio e Patrick richiuse la porta alle loro spalle.
- Rilassati Kate - la voce della dottoressa la fece sussultare - sei qui solo per un’ecografia, hai affrontato situazioni peggiori.-
La detective sorrise alla donna mentre si avvicinava alla scrivania.
- Accomodati qua - disse indicando la sedia di fronte a lei – facciamo due chiacchiere e poi ti faccio sdraiare sul lettino.-
- Bene se non c’è altro, io direi che è meglio che aspetto fuori. – intervenne un imbarazzatissimo Patrick.
Kate sgranò gli occhi ma poi annuì con un cenno del capo, ma nel momento in cui l’uomo aprì la porta lo richiamò.
- Si lo so… Stai tranquilla, appena arriva Lanie la faccio entrare!-
- Grazie!- rispose Kate, regalandogli uno dei suoi sorrisi pieni di gratitudine. 
 
- Allora Kate, come ti senti?- chiese la donna, appena restarono sole.
- Sono ancora frastornata… Questa cosa è più grande di me… e da sola non credo di riuscire a farcela.- disse abbassando il viso e guardando le sue mani che lentamente accarezzavano il proprio ventre e quella piccola rotondità che non era nemmeno appena accennata.
La donna si era alzata e ora era accucciata di fianco a lei, le aveva preso la mano e con una dolcezza disarmante le aveva detto:
- Kate… non sei sola! Io e Patrick siamo qui con te! Ti aiuteremo ad affrontare ‘questa cosa’ come la definisci tu! – si guadarono negli occhi ed entrambe sorrisero.
- Lo so Katherine… Tu e tuo marito state facendo tanto per me. Io… io, invece sono capace solo di mettere in pericolo pure voi -  disse abbassando lo sguardo e stringendo forte la mano della dottoressa.
- Kate… non voglio più sentirti dire una sciocchezza del genere. Patrick è un Detective della Special Operations, il pericolo è il suo mestiere! Io sono un medico ma sono pur sempre un militare! Stai tranquilla, noi non corriamo alcun pericolo. Sappiamo badare a noi stessi e abbiamo avuto un compito: proteggere te e ora anche il tuo bambino!-
- Kathie… Nascondermi da ‘lui’, aiutandomi a creare una falsa identità e nuova vita, è una cosa… voi mi state ospitando nella vostra casa, quella in cui avreste dovuto abitare una volta sposati… Oggi non sono io a fare questa visita ma tu, anche se non mi è ben chiaro come…-
La dottoressa sorrise e prima che il fiume Kate travolgesse entrambe, ancora con quella storia, le spiegò:
- Ho fatto cambio turno con una mia collega e le ho chiesto di non dichiararlo… Ufficialmente oggi è lei a fare ambulatorio e sempre ufficialmente quella è la mia cartella clinica! Ma non preoccuparti… non ci saranno tracce della tua ecografia… Noi non siamo mai state qua e non vedrai il tuo bambino, ufficialmente!-
Kate fece la sua solita faccia interrogativa e la donna sorrise dicendole - Non preoccuparti, lascia fare a me. Per le prossime volte avremo un po’ più di tempo e riusciremo a organizzarti una visita con un mio collega… mi deve un favore e ti seguirà lui, così potrai registrare la tua creatura nella tua cartella clinica. -
- Grazie - rispose Kate trattenendo le lacrime dalla commozione.
- Allora mammina, sei pronta per vedere il tuo bambino?- le chiese la dottoressa e, quando Kate rispose con un sicuro annuire del capo, l’aiutò ad alzarsi e si diressero verso il lettino.
Beckett si sdraiò e ispirando profondamente si preparò a sollevare la maglia in modo che la dottoressa potesse muoversi sul suo ventre senza problemi.
Katherine prese la piccola sonda poggiata di fianco al macchinario e accese il monitor. Afferrò il flacone di gel e lo scosse energicamente capovolgendolo, per poi comprimerlo delicatamente, facendo scorrere un po’ del suo contenuto sulla superficie della sonda.
Mentre stava per apporla sulla pancia della detective, sentirono delle voci nel corridoio. Kate si voltò con la testa, appena in tempo per vedere spalancarsi la porta ed entrare una Lanie tutta trafelata.
- Ferma lì! – esclamò l’anatomopatologa – non vorrete iniziare senza di me?-
Si avvicinò al lettino, dove Kate era sdraiata e adesso sul suo viso, più rilassato, c’era uno splendido sorriso.
- Adesso che ci siamo tutte – disse la dottoressa, rivolta verso Kate – possiamo iniziare?-
Vide la detective deglutire e annuire mentre dalla sua bocca usciva un flebile – si –
 
Passarono appena un paio di minuti, in rigoroso silenzio, durante i quali la dottoressa si muoveva sul suo ventre, angolando la sonda in modo da avere un immagine ottimale sullo schermo.
- Di qualcosa, ti prego!- fu la voce della detective a interrompere quell’angoscioso silenzio.
- Stai buona Kate- l’ammonì Lanie – lascia lavorare la dottoressa.-
- É facile per te! Non si tratta di avere notizie di tuo figlio!- rispose piccata.
Lanie si voltò verso l’amica – Hai ragione… sei solo la mia migliore amica e quello non è mio nipote…- disse indicando la piccola macchia opaca che era apparsa sullo schermo.
A quelle parole, Kate sollevò un poco il capo, per riuscire a vedere meglio il monitor e senza distogliere lo sguardo dalle immagini le chiese:
- Riesci a capirci qualcosa?-
- Certo! – rispose impettita – sono pur sempre un medico!- poi indicando il monitor, sfoggiò tutta la sua scienza.
- Vedi, quello è un piedino, quella una mano, questa la testa…-
L’espressione della detective, sempre più dubbiosa man mano che Lanie enumerava le cose che erano visibili e attribuiva loro dubbi significati, fece sorridere la dottoressa che dopo un po’ scoppiò a ridere.
Entrambe le donne si girarono verso di lei e quasi a scusarsi iniziò a precisare.
- Sono contenta che riesci a vedere mani e piedi… ok che l’ecografia è molta interpretazione ma forse stai lavorando un po’ troppo di immaginazione.-
Quella sua frase le fece guadagnare un’espressione imbronciata di Lanie ma in compenso fece si che finalmente Kate sorridesse rilassata.
Avvicinò al lettino il carrello con l’ecografo girando bene il monitor in modo che, continuando a muovere la sonda sulla pancia, potesse anche indicare quelle strane macchie sul monitor. Disse a Kate di poggiare la testa sul cuscino che con l’aiuto di Lanie avevano posizionato sul letto e iniziò a mostrare.
- Allora… iniziamo con il dire che è un feto di sei settimane, in ottima posizione e si sta formando… Vedi  - disse indicando una ‘macchia’ che assomigliava a una sorta di palla un po’ allungata – questo è il tuo bambino. Come ha detto Lanie, questi sono i suoi arti e questa è la testa.-
Voltò lo sguardo verso Kate che ammirava lo schermo con un’espressione incantata. Sorrise alla dolcezza che quella donna, che aveva conosciuto come una delle più ‘toste’, dinanzi alla sua creatura abbandonasse tutte le sue difese mostrandosi timorosa, emozionata e ‘tenera’.
- Invece, vedi questa specie di pallina che si muove su e giù? -
Kate era paralizzata, non riusciva a proferire parola ma i suoi occhi le fecero capire che era un ‘si’
- Questo è  il suo cuoricino.-
 Un ampissimo sorriso si aprì sul suo viso. I suoi occhi puntati sullo schermo e il suo cuore aveva preso a battere alla stessa frequenza del velocissimo cuore del suo bambino.
- Sei pronta?- le chiese.
- Per cosa?- rispose appena si fu ripresa un poco.
- Per sentire il suo battito.- rispose sorridendo la dottoressa.
- Si può?- chiese Kate
- Certo che si può!- intervenne Lanie.
Kate cercò la mano dell’amica che era poggiata vicino a lei sul lettino, fece intrecciare le loro dita e senza distogliere lo sguardo dal monitor
- Pronta!-
Vide la dottoressa armeggiare con dei pulsanti e mentre piano muoveva delle manopole, sul video comparvero delle linee orizzontali che si spostavano verso destra oscillando in verticale, un suono dapprima leggero e poi sempre più forte ma veloce si diffondeva nella stanza.
Al suono di quel battito veloce che sembrava quasi un rimbombo nelle sue orecchie, il viso di Kate s’illuminò mostrando tutta la gioia e l’emozione che provava. Una sensazione talmente forte e indescrivibile che non riuscì a trattenere, e mentre le lacrime copiose sgorgavano dai suoi occhi, lei continuava a dirigere lo sguardo su quel ‘cosino’ che sembrava muoversi all’impazzata e il suo cuoricino che batteva alle alte velocità.  
 Fu in quel momento che riuscì a cogliere a pieno ciò che le stava succedendo.
 Portò la mano sinistra a sfiorare la sua pancia e poi l’avvicinò alla sonda, la chiuse intorno alle dita della dottoressa e stringendo le mani di quelle che ormai erano le sue uniche amiche, - il mio bambino - affermò quasi in un sussurro.
 
Katherine lasciò che Beckett si riprendesse dal turbinio di emozioni prima di continuare nella visita e accertarsi che tutto fosse nella norma.
Quando ebbe finito, le passò della carta per ripulirsi dal gel e avviò la stampa delle immagini.
Intanto Lanie andò ad aprire la porta per permettere al povero Patrick di entrare, finalmente.
Mentre la sua amica e il suo partner lavorativo, battibeccavano sulle sue condizioni, sul bambino e sulle immagini che ora Katherine aveva consegnato a Lanie, lei non riuscì a trattenere una risata amara al ricordo di tutte le volte che aveva visto scene molto simili tra l’anatomopatologa e lo scrittore.
Tornò a concentrarsi sulla sua mano che ripuliva il suo ventre dal gel e che contemporaneamente lo accarezzava. Riportò la sua mente al presente e a quel futuro che si stava accingendo a vivere. Sorrise guardando quell’immagine che, anche se fissa, era ancora sullo schermo, il suo piccolino…
 “Mio figlio” pensò e in quel preciso istante capì che sarebbe stata disposta a tutto pur di proteggere quell’esserino. L’avrebbe difeso e nascosto anche dall’amore delle persone a cui lei teneva di più al mondo, da suo padre, da quello che ora sarebbe diventato suo nonno ma soprattutto da quell’uomo che le aveva rovinato la vita, ma che aveva giurato a se stessa sarebbe rimasto solo un fantasma del passato e non gli avrebbe permesso di condizionarle il suo futuro, più di quanto avesse già fatto. A questo ultimo pensiero, un sospiro triste le apparve in volto ma fu solo un attimo… un secondo dopo fu sostituito dalla determinazione… non quella che aveva sempre avuto come detective, ma quella più tipica di una madre pronta a lottare con tutte le sue forze per  proteggere il suo bambino.
- Kate-  fu la voce di Kathie che la riportò alla realtà.
Scese dal lettino e dopo aver gettato la carta nel cestino, si sistemò la maglia e raggiunse gli altri.
Dopo le raccomandazioni del caso, Katherine l’accompagnò fino alla porta e fece accomodare fuori la ‘famigliola’, congedandoli come se fossero dei normali pazienti.
- Andiamo a casa?- chiese Patrick, risvegliando la detective dai suoi pensieri.
- Si, casa!-




Salve!
come va?
So che manco da EFP da un po'... e sopratutto che ho questa ff da completare, ma questo periodo è stato particolarmente di m...
Oggi però ho fatto "pace ca cervella" e ho deciso di pubblicare almeno la fine del flashback, prima che Kate abbia le doglie mentre voi aspettate la prima visita :p
Prometto che cercherò di continuare e terminarla al più presto (sempre che ancora vi interessi...)
Intanto vi ringrazio per avermi seguito fin qua e se avrete la pazienza di aspettarmi (un po' come il nostro amato Rick con Kate) ve ne sarò grata e spero che non ve ne pentirete!!!

Anche se non lo leggerà mai, ne approfitto per dire un enorme GRAZIE a LEI che con il suo sorriso e quello "scambio" di qualche minuto è riuscita a darmi di nuovo un po' di carica, nonostante il resto...
Un altrettanto enorme Grazie va a voi che eravate con me e che ancora oggi rallegrate le mie giornate! Alle mie Scintille <3
Dedicato a voi...

A presto!
<3

Aggiunta postuma:
Salve lettori... chiedo scusa per il tempo che vi sto facendo aspettare ma vi assicuro che piano piano sta procedendo la ff, solo che ho preferito prendere una "pausa" da EFP e tornare appena questa sarà finita, in modo da essere costante nella pubblicazione (e spero anche più frequente della settimanale) così da farvi tenere il filo della storia!
Scusate per l'attesa!
Vostra Vulpix
<3

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Capitolo 24
*** La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento... ***



Salve!
come va?
S3xkD è tornato!!
Sono consapevole che è passto un bel po' di tempo ma ho fatto un riassuntino che potete leggere cliccando qui -> Previously On
Per oggi non ho altro da aggiungere se non Augurarvi Buona Lettura!
Scusate per l'attesa!
Vostra Vulpix
<3



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« La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;
e caddi come l'uom cui sonno piglia.»

  ( da Inferno III , 130 - 133)


Erano da poco rientrati in sede, quando Montgomery aveva convocato una riunione nella sala principale.
Mentre gli altri prendevano posto al grande tavolo centrale, lei si era avvicinata alla lavagna e indicando Ethan disse:
- Dall’interrogatorio del fidanzato è emerso che si erano visti il giorno della partita, prima che Joia iniziasse a giocare. Lui era andato lì per vederla, era arrivato intorno alle due. Dice di aver trovato Joia che passeggiava da sola al mare ma era di cattivo umore e molto nervosa, cosa che capitava spesso negli ultimi mesi.-
- Tra loro le cose non andavano più molto bene - intervenne Castle con un’aria da pettegolo - litigavano ogni giorno e lo ‘faceva diventare matto’ – finì alzando il sopracciglio e imitando la voce del ragazzo.
Kate vide il cenno del capitano di continuare con le cose importanti e riprese la parola.
- Nelle ore successive sono rimasti in spiaggia…-
- A Joia piaceva il mare…- la interruppe Rick
Dopo aver lanciato uno sguardo di fuoco allo scrittore, continuò:
- Prima delle tre è andato via poiché Joia entrava in ansia se lui assisteva alle partite. Almeno questo è quello che ci ha riferito.- fece una  pausa e tornando a guardare la foto del ragazzo per qualche istante riprese:
- In spiaggia hanno parlato del più e del meno, di come sarebbe andata, del fatto che le avversarie erano forti, dell’ora in cui sarebbe dovuta tornare con il pullman…-
Si voltò verso i colleghi che in silenzio ascoltavano il rapporto dell’interrogatorio
- Quando gli abbiamo detto che le amiche sapevano che non sarebbe tornata con il pullman ma che sarebbe tornata con “qualcuno” anche se non sapevamo con chi, ha iniziato ad agitarsi…-
Castle annuì e prese la parola: - Quando gli abbiamo chiesto se sapeva se qualcuno potesse essere arrabbiato con Joia ha negato, poi ha detto che al massimo potevano esserci delle gelosie ma nulla di più. Alla fine siamo riusciti a strappargli che Laura…-
- L’amica del cuore?- chiese Ryan.
-Si - rispose la detective - era un po’ gelosa di Joia -
- e l’oggetto della rivalità era lui!- concluse lo scrittore inclinando il capo verso la foto del ragazzo.
- C’è altro?-  chiese Roy.
- Ha riferito che dopo l’incontro è tornato da solo in macchina e poi è andato al cinema a vedere lo spettacolo delle quattro e mezza. – rispose Ryan.
- Alibi confermato dalla biglietteria.- concluse Espo.
- E dalle 7 in poi è stato in giro da solo perché era nervoso ma non ha incontrato nessuno che possa testimoniare…- terminò Beckett.
 
Passarono alcuni secondi prima che a Castle venisse in mente un particolare.
- Ho notato che Joia aveva un tatuaggio sulla caviglia - disse indicando la foto del ritrovamento della ragazza, mostrando il punto esatto in cui era raffigurato l’elefantino.
Montgomery lo guardava cercando di capire il nesso di quella ‘rivelazione’ e lui si apprestò a chiarire:
- lo stesso tatuaggio l’ho notato alla caviglia di Ethan - si voltò verso Beckett - mentre usciva dalla piscina, quando siamo andati ad interrogarlo. E… un disegno simile era raffigurato, a scuola, sul banco delle due ragazze.-
 
- Che altro sappiano da parte di Lanie?- chiese Montgomery rivolgendosi ad Esposito, il quale riassunse ciò che aveva scoperto al laboratorio, per poi aggiungere:
-Inoltre, i dati dell’autopsia parlano di tracce di argento ossidato sul collo della ragazza.-
- Tipo quelli che lasciano le catenine?- Ryan si avvicinò al monitor che era appeso in bella mostra sopra al camino e, scorrendo velocemente il video, arrivò ad un immagine durante la partita, bloccandolo.
- e questa qui cos’è per voi?- chiese voltandosi verso la platea.
- Una catenina d’argento con una pietra di luna.- Rispose Beckett.
- Ce l’aveva durante la partita, solo che tra gli oggetti che aveva addosso e in borsa non risulta.- fu la volta di Esposito.
- Il controllo l’hai fatto tu, vero?- chiese ad Ann.
- Si, ho fatto l’inventario degli oggetti ma non c’è. Non c’era nulla di particolare a parte questo- disse aprendo una cartellina ed estraendo una bustina da refertazione con all’interno un foglietto.
- Stava nella tasca della tuta.- disse porgendolo a Castle che era tra lei e Beckett.
- Y111454C- lesse ad alta voce.
- Cos’è?- chiese Esposito.
- Potrebbe essere una password - esordì Brennan.
- Certo!- fu la volta di Castle.
Tutti lo guardarono esterrefatti e lui, come se fosse logico, si affrettò a spiegare:
- Di solito te la danno nei locali pubblici oppure nei caffè, nei pub…-
Beckett lo guardava incuriosita, cercando di capire dove volesse andare a parare e lui chiese:
- Mai sentito parlare di connessioni ad internet gratis?-
Un lampo d’intuizione apparve sul suo viso e disse:
- Quelle per accedere ad internet o alla posta elettronica anche se non sei collegato a casa tua!-
Rick annuì e continuò: -Forse Joia se l’era scritta perché, prima o dopo la partita, l’ha usata.-
- Controlla un po’!- disse la detective strappandola dalle mani di Castle e porgendola a Carl.
- Certo!- rispose l’informatico correndo immediatamente alla sua postazione.
 
In quel preciso istante la porta della stanza si aprì e una Lanie trafelata fece il suo ingresso.
- Scusate il ritardo, non riuscivo a trovare il taxi.- disse mentre si toglieva la giacca e avanzava verso la scrivania.
- Che novità ci sono?- le chiese il Capitano.
- Allora… prima di tutto la ragazza aveva già rapporti sessuali.-
- Questo lo sapevamo, abbiamo trovato pure gli anticoncezionali.- la interruppe Castle.
- Si però quello che non sapete è che non li ha usati bene.- disse passando a Beckett il referto che leggendo, constatò: - Era incinta.-
- Di 3 mesi.- rispose. 
 
Passarono alcuni secondi di silenzio, prima che Lanie riprendesse a parlare:
- La scientifica ha analizzato la terza telefonata, quella che la madre di Joia ha registrato - disse, poggiando un piccolo registratore sulla scrivania e facendo partire l’audio.
 
‘ Pronto ’
‘ vogliamo parlare con suo marito ’
‘ si, ora glielo passo ’
 
 
Uno strano rumore si frappose alle parole ed Esposito sussurrò infastidito - è parecchio disturbato.-
 
‘ non parlate con nessuno o vostra figlia finisce male, chiaro? ’
 
- Avete sentito quel rumore di fondo?- chiese la donna stoppando la registrazione.
- Ascoltate ora - disse premendo nuovamente play in modo che potesse ripartire.
Ci fu ancora qualche secondo di rumore che si sovrapponeva alle parole e poi la registrazione terminava con un ‘ no, vi scongiuro non fatele del male ’.
Il primo ad azzardare un’ipotesi fu Castle: - mah… sembrerebbe un carrello.-
- Un treno?- azzardò Ryan.
- Il laboratorio ha fatto la scansione dello spettro sonoro, è un trenino di un ottovolante.- chiarì Lanie mentre Espo concluse il discorso:
- Montagne russe!-
 
- È come pensavo! È proprio una password!- esclamò Brennan sollevando il viso dallo schermo e girandosi verso il gruppo.
- Joia si è collegata al pc dell’albergo il giorno prima della partita alle 18:29. Il testo è indirizzato ad un certo ‘Ostrich.S’-
 
- Ostrich?- chiese Espo.
- In inglese vuol dire struzzo e S potrebbe essere il nome.- azzardò Castle.
- E il testo che dice?- s’intromise il Capitano.
Carl guardò sul foglio che aveva stampato e lesse:
‘ Vieni domani, ti prego. Sto troppo male, devo parlarti.’
- C’è una risposta?- chiese.
- Si
‘ Va bene, ti riporto indietro io così parliamo.’
 
- E si può sapere chi è questo struzzo?- chiese Castle, provocando la risata generale.
- Non fate battute.- commentò Roy, poi rivolse lo sguardo a Carl, in attesa della sua risposta.
- No, però il computer da cui è partita l’email è un indirizzo IP dinamico collegato ad una rete locale.- fece una pausa e senza attendere la successiva domanda: - È quella della scuola!-
- Cioè la risposta è arrivata da un pc della scuola?- chiese Rick
- Esatto.-
 


⌘ * § * ⌘


La riunione era terminata da qualche minuto e ognuno era impegnato
nei propri incarichi.
Castle e Beckett, ancora vicino alla lavagna, studiavano la timeline aggiungendo i nuovi dettagli, Roy era tornato nel suo ufficio e, sedutosi alla scrivania, lo sguardo gli cadde sul telefono e quel senso di inquietudine che non l'aveva abbandonato per tutto il giorno, lo catapultò a un pomeriggio di quasi tre anni prima.

 

۝§۝§۝

Un suono come ovattato gli arrivò alle orecchie.
Si scusò con i suoi sottoposti, interrompendo la riunione davanti alla lavagna del delitto e corse nell’ufficio.
Arrivò trafelato ma ancora in tempo per prendere la chiamata.
Già il fatto che fosse una telefonata diretta al suo numero, l’aveva messo in agitazione, ma quando lesse sul display ‘numero privato’, una strana sensazione lo pervase. Afferrò la cornetta e rispose:
- Pronto- 
- Roy Montgomery?-
- Si, lei chi è?-
- Non ha importanza chi sono io…- con tono roco e secco, rispose l’uomo dall’altro capo del telefono.
Un brivido gli percorse la schiena, avrebbe riconosciuto quella voce anche se fosse stata camuffata.
- Perché mi ha contattato?- chiese dopo un paio di minuti di silenzio.
Una risata cupa e cristallina risuonò nell’apparecchio, prima che l’uomo rispondesse.
- Vedo che mi hai riconosciuto…- altro ghigno e poi continuò - credevo di essere stato chiaro… ma qualcuno non si attiene ai fatti. Ho deciso di ribadire personalmente il concetto, prima di vedermi obbligato a passare ai fatti… e questo dipende solo da te, Roy!-
- Non capisco di cosa stia parlando. Entrambi stiamo mantenendo la parola data…-
- Se fosse così, lei non sarebbe tanto vicina a me…- lo interruppe bruscamente.
-Eravamo d’accordo: la tua pupilla sarebbe stata al sicuro ma tu l’avresti tenuta lontana dai giochi…-
- È così.- rispose il capitano.
- Balle! Lei e il suo amichetto hanno iniziato ad indagare. Ho lasciato correre perché credevo l’avresti fermata. Sono andati troppo avanti, qualcuno deve fermarli prima che le cose diventino pericolose…-
Trascorse un minuto di estremo silenzio, prima che l’uomo tirando un sonoro respiro, riprendesse a parlare.
- Devi fermarla, Roy… Prima che si faccia del male. Non vorrai mica che un bel giorno la ritrovino da qualche parte, come sua madre?-
- NO - gridò l’uomo, talmente forte da attirare l’attenzione del personale al di là della stanza. Si alzò di scatto e chiuse le tendine, prima di ritornare alla sua poltrona e riprendere la cornetta.
- Bene! Allora sono certo che troverai un modo per farle smettere le indagini, prima che qualcuno dei miei ragazzi trovi lei e il suo amico scrittore…-
- Le prometto che non ci saranno altre intromissioni - rispose serio Montgomery.
- Lo spero…per lei. Ah Roy, ti ho inviato a casa un plico… è giusto per rimarcare il concetto che vi tengo d’occhio. Hai carta bianca, inventati quello che ti pare ma hai una settimana di tempo per insabbiare le cose, oppure sarà qualcun altro ad occuparsene e definitivamente…-
Dopo quelle parole, mise fine alla telefonata lasciando che risuonasse solo il bip della linea interrotta.
Roy portò entrambe le mani davanti alla bocca, stringendo la cornetta tamburellandola sulle sue labbra. Non aveva la minima idea di come avrebbe dovuto muoversi, di cosa avrebbe dovuto fare. La situazione era arrivata ad un punto di non ritorno ma prima che fosse troppo tardi per lei, avrebbe dovuto trovare una soluzione. Si alzò e avvicinò alla vetrata, quella in cui la tendina non era ancora stata calata del tutto e tra le tapparelle la intravide. Ignara di tutto, stava ancora lavorando al caso difficile di cui si stavano occupando. Ignara che da lì a poco la sua vita avrebbe avuto l’ennesima batosta. Certamente non sarebbe stata una passeggiata nemmeno per lui, ma doveva tentare in ogni modo, a qualunque costo, di salvarle la vita. Era una promessa che si era fatto tanti anni prima e che era certo, avrebbe continuato a mantenere.
 

۝§۝§۝

           

Distolse lo sguardo dalla cornetta e guardò la sua squadra che al di là di quella vetrata era impegnata di nuovo in un caso di omicidio.
Sorrise ma lo accompagnò con un profondo respiro carico di quella tensione che sentiva dentro.
Decise che forse era giunto il momento di condividere i suoi timori con l'unica persona che condivideva con lui quel segreto.
Si alzò e lentamente si avvicinò allo scrittore e alla detective, finse interesse a quell'ennesimo scambio di opinioni tra i due e poi chiese a Kate se poteva parlarle per qualche secondo.
 
Entrarono nell’ufficio del capitano e si accomodarono nelle poltrone di fronte alla sua scrivania.
- Kate, volevo parlarti della piega che hanno preso le indagini…- disse rivolgendosi con lo sguardo in direzione della finestra, andando a posarlo direttamente sullo scrittore.
- Capitano… Non si preoccupi, agiremo con il massimo riserbo, come al solito e finchè non saranno provate, per noi saranno solo ipotesi e batteremo tutte le piste!- disse la detective, non curandosi dello sguardo accigliato del suo superiore.
- Aspetta Kate… stiamo parlando del serial killer o di altro?- le chiese con un’espressione che era più interrogativa della domanda.
- Cosa? No! Io parlavo del caso Del Duca!-
- Eh?- rispose l’uomo.
- Il caso di cui la squadra si sta occupando!- disse indicando la stanza adiacente e i suoi colleghi indaffarati.
- Ah già è vero – rispose voltandosi a guardare nella stessa direzione della detective. Si passò una mano sulla testa rasa e tornando a fissarla disse:
- So che siete presi dal caso della ragazza, ma non riesco a togliermi dalla testa quel maledetto Serial Killer…- fece una smorfia di fastidio e sospirò sommessamente, lasciando cadere il braccio sul sedile della poltrona.
- Capitano, che vuole ne sappia io…- sbottò la donna – ha guardato la lavagna!-
- No – la interruppe l’uomo – ho guardato Richard!- disse prima di rivolgerle di nuovo lo sguardo, temendo quello che avrebbe potuto vedere in lei.
- Roy…- fu l’unica parola che riuscì a sibilare.
Non c’era bisogno di parlare, i loro sguardi mostravano la paura che entrambi avevano.
- Kate… L’FBI crede che questo Serial Killer possa avercela in qualche modo anche con Castle. Ti ricordi i miei sospetti sull’effrazione in casa sua?-
- Si… mi ricordo benissimo! Mi stai forse dicendo che già allora hai pensato fosse collegato a questo caso?- Beckett stava iniziando a irrigidirsi.
- No, non subito!-
Lo guardava accigliata con uno sguardo tagliente e si affrettò a spiegarle:
- All’inizio ho avuto paura che Rick avesse continuato ad indagare e LUI ne fosse venuto a conoscenza.- Si alzò e inziò a vagare per la stanza.
- In fondo è stato via tanto tempo con la scusa delle ricerche per il suo libro…- si voltò verso di lei - come potevo essere sicuro che non fossero menzogne o solo una copertura che gli dava la possibilità di indagare senza dare nell’occhio?-
Si voltò verso di lei: - Io non ho potuto stargli dietro nei suoi viaggi…- sospirò - questa cosa mi è ronzata in testa per parecchio, già al tempo, ma poi ho ragionato sul fatto che fosse in Europa e totalmente lontano da Lui…-
Anche Kate parve rilassarsi un attimo e riprese a parlare.
- Però poi ho pensato che magari lì, tra un’indagine e un’altra, avesse potuto incappare in qualcuno che…- sospirò quasi rassegnato all’idea – come al solito tramite le sue conoscenza potesse avergli aperto qualche pista.-
La detective fece uno sbalzo con la testa nella sua direzione e, dalla foga, quasi si sollevò con il corpo.
- Ascolta Kate…- le disse avvicinandosi a lei e accucciandosi di fronte – Una delle ultime volte che ho visto Richard, era un uomo distrutto.-
Le prese una mano tra le sue.
- So che non dovrei dirti queste cose, che non fu colpa tua… e che parte della colpa era anche mia… se io fossi stato più…-
- Roy smettila di colpevolizzarti! Non sei stato tu a costringermi a fuggire! Non hai nessuna colpa! E non conosco nessun altro che si sarebbe preso tutte le rogne che hai affrontato tu per noi!- gli disse, appoggiando l’altra mano sulle loro già unite.
Annuì sorridendole bonariamente.
- Ad ogni modo, Kate, quello che tentavo di dirti era che in quelle sere Rick mi confidò di aver trovato il biglietto aereo… E questo mi ha portato a temere che lì in Europa potesse aver trovato qualche collegamento!-
Fece un passo indietro, sollevandosi e risistemandosi sulla poltrona, senza lasciare la sua mano.
- Per questo ho cercato di riunire tutta la squadra… Ho temuto che lui fosse in pericolo e credevo che con voi potesse farsi uscire qualcosa. In più l’FBI mi ha assegnato quel caso, visto le precedenti collaborazioni e avevo preso la palla al balzo!-
Sbuffò ancora una volta.
- Come potevo immaginare che quel killer potesse tramare anche contro Rick?-
Kate lasciò la presa tra le sue mani e si alzò.
- Ascolta Roy… Non ho la più pallida idea di chi sia e che cosa voglia questo dannato killer… Ma ti assicuro che non è LUI-
- Come fai ad esserne così sicura?-
Adesso anche il Capitano si era alzato e la fronteggiava.
- Fidati Roy…-
- Beckett!- l’aveva chiamata appositamente con il suo cognome. Voleva ripristinare la sua autorità, nascondendo per un attimo il grado di intimità che negli anni si era creato tra loro.
- Non è il suo modo di agire… Lui segue, controlla, minaccia e uccide… Ma lo fa con la persona designata, non ci gira intorno!-
Storse un po’ le labbra in segno di disappunto e lei continuò:
- Se fosse stato davvero Lui, adesso Rick sarebbe una foto sulla lavagna, non un ipotetico bersaglio.-
- Cosa ti fa essere così sicura, Kate?- le disse guardandola negli occhi, e con la stessa espressione che aveva assunto qualche anno prima, quando l’aveva indotta a raccontargli tutta la verità, o almeno così credeva.
- Perchè conosco l’uomo di cui stiamo parlando e non minerebbe mai, così, la sua unica sicurezza!- rispose risoluta.
Non riuscì a proferire parola. La vide mettere fine a quel discorso con quelle parole e dirigersi a grandi passi verso l’altra stanza, verso quella lavagna e quel caso su cui concentrare di nuovo tutti i suoi sforzi.
Quando lei chiuse la porta alle sue spalle, il tonfo che fece lo destò dai suoi pensieri e si diresse verso la sua scrivania.
Si sedette sulla sua poltrona e come tempo addietro, aprì il secondo cassetto della sua scrivania, estraendone la fiaschetta metallica con il liquore.
Dopo aver svitato il tappo, mandò giù un sorso abbondante e, lasciando cadere la mano sul suo grembo, poggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi.
“Ho cercato di tenerti più sotto controllo che ho potuto, ma a quanto pare, qualcosa mi è sfuggito. Cosa mi nascondi, ancora? Cos’è che non mi hai detto, Kate?”
 
 

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Capitolo 25
*** La mia letizia mi ti tien celato, che mi raggia d'intorno e mi nasconde ***


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  « La mia letizia mi ti tien celato
  che mi raggia d'intorno e mi nasconde
  quasi animal di sua seta fasciato. »

  ( da Paradiso, VIII, 52-54 )


- Ho trovato i due zozzoni che andavano davanti alla scuola per rimorchiare le ragazzine.- disse Ryan entrando nella sala comune -Stavano in un magazzino sulla Essex Street, pieno di videocassette pornografiche.-
- Abbiamo sequestrato tutto... hanno due facce che sono tutto un programma- proseguì Brennan che lo seguiva a ruota e che portava uno scatolone in braccio.
Dopo aver appoggiato il materiale sul grande tavolo centrale, si accomodarono anche loro, restando ad ascoltare Beckett che faceva il resoconto di quanto scoperto al Capitano.
- Dal colloquio con il preside è emerso che alle 18:30, nella scuola,c’erano sia lui che i professori perché stavano facendo i consigli di classe nella sala professori e, che quel giorno, c’erano anche alcuni ragazzi perché il giovedì era giorno del laboratorio di teatro.-
Castle si alzò e avvicinandosi alla lavagna degli indizi, continuò:
- Anche Ethan era lì.-
- E’ stato confermato dal preside che si ricorda di aver scherzato con lui perché doveva interpretare il ruolo principale nello spettacolo che stavano preparando.- disse la detective.
- Amleto - intervenne lo scrittore.
- Interrogandoli, i professori ci hanno confermato che erano li  fino alle 18:30 circa -continuò Beckett, dopo avergli lanciato una delle sue solite occhiate - Ad esclusione del prof di matematica che era andato via prima per un impegno e quello di educazione fisica che era in trasferta con le ragazze.
- Per cui l’unico professore maschio era quello di scienze…- disse Rick ma Kate lo interruppe subito.
- Non iniziare a fare congetture! Ad ogni modo, tutti e quattro ci hanno detto di essere sposati…-
La faccia incuriosita di Montgomery fece rispondere Castle:
- Beh Laura, l’amica di Joia, ci ha raccontato un mondo di frottole ma condite con qualche verità…-
- Ha detto che Joia si era presa una cotta per un altro e per questo era entrato in crisi il rapporto con Ethan.- rispose Beckett, chiarendo la situazione. - Ci ha detto che Joia ha sempre voluto tenere segreto il nome di quest’altro. Castle si è convinto che quest’altro sia un uomo sposato.-
- Per forza! Se no per quale motivo non gliel’avrebbe detto alla sua amica del cuore?- Chiese lo scrittore voltandosi verso di lei, come a voler appurare la sua tesi.
L’aprirsi della porta fece interrompere il loro battibecco. Esposito entrò trafelato, scusandosi per il ritardo e mostrando una catenina con un ciondolo disse: -In classe di Ethan ho trovato questa. Era nella sua borsa piena di copioni e testi teatrali.-
- Ethan era lì quel pomeriggio quindi la mail sicuramente era indirizzata a lui.- affermò Ryan.
- Mah- mugugnò Castle storcendo il naso a quell’affermazione.
L’intero uditorio rivolse lo sguardo verso di lui e la sua espressione.
- C’è qualcosa che non mi convince – disse quasi come a giustificarsi.
- L’uso di quel soprannome Ostrich… Struzzo… Non è un termine da ragazzo!-
- Ma sai, anche a un ragazzo di 19 anni gli viene da mettere la testa sotto la sabbia, non appena scopre di aver messo incinta la propria ragazza.- Disse il Capitano. Poi rivolgendosi a Kate: - Avverti il magistrato e se vuole fermarlo, fatti aiutare da Carl.-
Mentre Beckett si accingeva a telefonare, le disse: -Manteniamo il segreto su questa notizia finché è possibile.-
 

⌘ * § * ⌘


Entrò in silenzio e si accomodò su una delle sedie intorno alla grande tavolata.
Beckett era già da qualche minuto alle prese con l’interrogatorio.
- Si lo sapevo che era incinta ma non volevo crederci, era pazzesco. E’ stata una stronzata saperlo così..- Il ragazzo fece un sospiro, portandosi le mani ai capelli - nemmeno il tempo di rendermene conto che il giorno dopo era sparita.-
- Quand’è che te l’ha detto?- chiese la detective con voce ferma.
- Lì al mare, il giorno della partita ma non sapeva nemmeno lei se voleva tenerlo. Diceva che prima doveva risolvere una questione, che c’era di mezzo un’altra persona.-
- Chi?- chiese, questa volta, il detective Ryan.
- Non lo so, non lo diceva.- Sospirò di nuovo e poi lasciando cadere le braccia sul tavolo aggiunse: -Non riusciva a lasciare me ma non faceva che pensare a quell’altro. Giurava che con quello non c’era nulla. Ma non ero più sicuro che quel figlio fosse davvero mio! Non ne potevo più.-
- E così ti è venuta voglia di ammazzarla!- Disse Esposito.
- Si ma non l’ho fatto. L’ho insultata, le ho detto le peggior cose e sono scappato!-
- Non l’hai aspettata?- aggiunse, ancora, Ryan.
- No, ve l’ho detto!-
- Non eri tu che dovevi darle un passaggio fino in città e poi invece, quando è finita la partita, l’hai incontrata e l’hai portata nel posto dove l’abbiamo trovata?- incalzò l’ispanico.
- No! Non è vero, non l’ho più rivista!- Gridò il ragazzo, alzandosi e sbattendo i pugni sul vetro del tavolo.
- Non hai detto prima che volevi farle capire quanto stavi male!- continuò Javier
- Si, ma…-
- Ma cosa? Non hai un alibi, nessuno ti ha visto, nessuno sa dov’eri! Ti vuoi decidere a dire le cose come stanno?- Urlò il detective, avvicinandosi al ragazzo.
- Stanno come vi ho detto! Non l’ho ammazzata.-
Si lasciò cadere di nuovo sulla sedia e prese la testa tra le mani: -Mi ha fatto soffrire, stare male come un cane, l’ho odiata ma non l’ho toccata nemmeno con un dito!- Iniziò a piangere e Beckett si avvicinò a lui.
- Questa l’abbiamo trovata a scuola, in mezzo alle tue cose, nella tua cartella! La riconosci?- gli chiese dolcemente.
- Certo che la riconosco è mia, cioè di mia sorella, è un regalo per lei!-
- Questa catenina è di Joia, l’aveva al collo durante la partita e quando l’abbiamo trovata non l’aveva più!- intervenne Esposito.
- Quella di Joia era un'altra!- urlò il ragazzo. -Ne avevamo prese due uguali su una bancarella!- spiegò tra un singhiozzo e l’altro. -Una per lei e una per mia sorella, solo che a lei ho dimenticato di dargliela!-
Beckett gli mise una mano sulla spalla, cercando di calmarlo e lui, voltandosi verso di lei:
- E’ così mi dovete credere! Ve lo giuro!-
- Si vabbè, ce lo giuri…- furono le ultime parole dell’ispanico.
 
 
 
Venti minuti dopo il magistrato aveva confermato il fermo e due guardie stavano scortando il ragazzo verso la volante che l’avrebbe condotto verso la casa d’accoglienza in cui avrebbe soggiornato fino all’arresto definitivo.
Kate guardava fuori dalla finestra dell’ufficio, quando le si avvicinò.
- Non mi pare che il magistrato abbia alternative... Il ragazzo è il principale indiziato.-
Beckett si voltò verso di lui e continuò:
- D’altra parte stiamo indagando anche sul giro del pizzo per vedere se c’è qualcuno che possa avercela con il padre di Joia. Ma per adesso non è uscito ancora nulla.- le disse poggiandole una mano sulla spalla e cercando di farla allontanare da lì.
 
 
Quando si accostarono al tavolo e lei iniziò a scartabellare i documenti, le chiese: -Tu hai qualche dubbio?-
- Non lo so, Roy, a me sembra sincero.- si sedette alla sedia su cui prima era seduto il ragazzo: - Mi sembra uno al quale hanno tolto la persona che amava. E che soffre molto.-
Alzò lo sguardo verso di lui: -Non finge.-
- Si, d’accordo, ma questo al giudice non importa molto.- le disse.
- Senti del giudice non mi importa nulla! Questa storia fa acqua da tutte le parti!- rispose chiudendo il fascicolo e rialzandosi.
- Perché sei così sicura che ci sia un legame tra la morte di Joia e quell’email che è arrivata sul computer della scuola?- le chiese.
- Non sono sicura di niente! Così come non sono sicura che Ethan sia il colpevole! Domani torno lì in spiaggia e ricomincio tutto d’accapo!- disse infilando la carpetta nel cassetto e chiudendolo a chiave.
Passò davanti alla lavagna e la vide sospirare.
- Che cos’hai?- le chiese.
- Niente - rispose.
- Avanti Kate ti conosco…- disse afferrandola per le spalle e convincendola a guardarlo negli occhi.
- Non ne posso più di tutta questa storia… di occuparmi dei morti… vorrei occuparmi dei vivi!- rispose liberandosi dalla stretta.
- Kate… lo sai che con me puoi parlare- la convinse a sedersi di nuovo e le disse, sussurrando: - conosco ogni minimo segreto della tua vita!- aveva abbassato la voce per non farsi sentire dal resto della squadra.
- Davvero Roy, non c’è nulla di che! Solo non ne posso più di questa storia, di questi segreti e della paura che provo ogni volta che Rick è la fuori da solo!-
- Kate, lo sai…-
- Lo so, per questo non ho voglia di parlarne.- si alzò e afferrò la giacca poggiata sullo schienale della sedia.
Roy restò a guardarla mentre si preparava e poi di colpo si girò a guardare intorno.
- A proposito - le chiese, attirando di nuovo la sua attenzione – Dov’è Castle?-
Lei sorrise e rispose: - Non preoccuparti, è a casa! L’ha accompagnato Brennan, era inutile che restasse qui… È tardi e lui era già abbastanza provato!.-
 
 

⌘ * § * ⌘


Dopo aver salutato tutti, infilò la giacca e si diresse verso l’uscita.
Arrivata ai primi gradini del porticato, si accovacciò e tirò fuori dalla tasca il telefono. Compose quel numero che sapeva a memoria e attese che squillasse un paio di volte.
- Ciao Kitty come stai?- disse appena percepì il suono della risposta.
- Sai che stasela nonno mi ha fatto le patatine flitte?- disse la piccola
- Davvero? Ti stai divertendo con il Nonno?-
- Ti - rispose.
- Tu quando tolni?- le chiese subito dopo.
- Ehm presto…ma tu devi fare la brava, però! Capito?-
- Ti…-
- Senti ma quanti baci mi dai?-
- Temila…-
- Ah si? Io tremilaeuno- disse scherzosamente imitando la piccola e non riuscendo a trattenere un sorriso.
- Io, temiladue!-
- Io, tremilatre!!! Senti Joe mi raccomando, mamma torna presto, però tu fai la brava! Va bene?-
- Ti…-
- Adesso passami il nonno!-
- Ok tao…-
- Ciao Kitty…-
 
- Papà?- chiese appena sentì il rumore del suo respiro.
- Katie, che c’è? Tutto bene?- chiese l’uomo.
- Si Papà… volevo solo sentire Joe- rispose rattristandosi immediatamente.
- Ha risposto lei come sempre, eh!- continuò riacquistando il sorriso sulle labbra.
Ogni volta che pensava alla sua bambina, non riusciva a nascondere quel luccichio negli occhi e a impedire agli angoli della sua bocca di sollevarsi.
Anche ora che già le mancava tremendamente e al pensiero di non poter tornare a casa e vederla anche solo dormire, di poterla accarezzare era tornata la paura e la tristezza, ma quella piccola vocina buffa riusciva sempre a tirarla su di morale.
- Già, è più cocciuta di te! Se si mette una cosa in testa non la smuove nessuno! Le hai detto che la sera l’avresti chiamata? Beh sono due ore che fissa il telefono e, anche se arranca a camminare, si è letteralmente lanciata sulla cornetta!-
Sorrise alle parole del padre.
- Come quando avevo i turni di notte in Bureau? Te lo ricordi?-
- Certo! Come potrei dimenticarmelo!-
Sorrisero entrambi.
- Non credevo potesse esistere qualcuno più testarda di te! Non so proprio da chi abbia preso!-
- Io ne ho una vaga idea, papà…-
- Certo! E forse anche io, dopo tanto…-
- Devo andare… Per qualunque cosa chiamami, capito?-
- Signor si signora!-
Scoppiarono a ridere entrambi e poi lei disse:
-Ti voglio bene papà!-
- Anche io tesoro! Stai attenta e torna a casa tutta intera!-
- D’accordo!-
- Buonanotte tesoro.-
- A domani…-
 

⌘ * § * ⌘


Aveva da poco chiuso la telefonata con la sua bambina ma il sorriso sulle labbra le era rimasto intatto come mentre parlava con lei.
Era entrata in casa come se quello fosse un gesto naturale e lo aveva cercato con lo sguardo. Si era tolta la giacca e solo quando aveva fatto caso all’appartamento che era esattamente come quando l’avevano lasciato quella mattina, una morsa allo stomaco la prese improvvisamente.
Il respiro le diventò affannoso e iniziò a perdere lucidità quando si accorse di un biglietto sistemato sul mobiletto all’ingresso, quello sul quale aveva distrattamente gettato le chiavi.
Nello svuota tasche sistemato nel mezzo di un antico centrino, c’era un post-it dello scrittore. Riconobbe immediatamente la calligrafia e, mentre si avvicinò per prenderlo, il suo cuore prese a battere velocemente. Lesse il messaggio scritto con la sua bella calligrafia e riprese le chiavi prima di chiudersi l’uscio alle spalle. 

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Capitolo 26
*** Amore, acceso di virtù, sempre altro accese... ***


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  «Amore,
acceso di virtù, sempre altro accese,
pur che la fiamma sua paresse fore.»

  ( da Purgatorio, XXII, 10-12)


Salì velocemente i gradini, doveva appurare con i suoi occhi che lui era al sicuro e che quel pensiero fulmineo che le era passato per la testa era solo una sua immaginazione.
Avvicinandosi alla porta della mansarda, sentì il ticchettio dei tasti e il suo cuore rallentò la corsa, così come i suoi piedi. Prese un respiro profondo. Non poteva permettersi di mostrarsi a lui così.
Entrò silenziosamente e si avvicinò alla scrivania con passo lento e fluido.
Solo quando gli fu di fronte, Castle alzò lo sguardo su di lei e le sue dita smisero di accarezzare i tasti del computer.
Lo vide portare un pugno chiuso vicino al viso e poggiarvici su, puntellando il legno del tavolo con il gomito.
Le sorrise.
- Che fai, vieni a mangiare?- chiese incrociando il suo sguardo.
Una morsa allo stomaco la prese improvvisa. Quanto avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente, magari ora sarebbero stati in una casa loro…
La sua voce calda la distolse dai suoi sogni.
- Sai mi hai ricordato il tuo ingresso durante la lettura di Derrick Storm- disse lui alzandosi e iniziando a fare il giro della scrivania.
- Mica sono entrata dicendoti della cena.- disse scherzosamente lei, ma il sorriso le morì sulle labbra quando lo vide così vicino.
- No… ma avremmo potuto andarci…- istintivamente deglutì a vuoto -…se non fossi stato impegnato a scappare dalla tua ira...- disse accompagnando la frase con un gesto teatrale - Se… mia mamma non ti avesse detto il nome della nuova eroina dei miei libri…- terminò appoggiandosi alla scrivania di fianco a lei.
Cercò di calmarsi per qualche secondo, aveva abbassato la guardia e non poteva permetterselo, non più.
- Che fai scendi o ceno da sola?- disse scattando in piedi, spostandosi dalla scrivania alla quale si era appoggiata poco prima.
- Vuoi farmi credere che hai già cucinato? E quando?- chiese canzonandola.
- Stamattina… non riuscivo a dormire e ho cucinato, mentre tu russavi allegramente. – disse facendogli la linguaccia.
- Io non russo!- si difese lo scrittore.
- No? e che ne sai?-
- Lo so!- continuò afferrandola per le braccia e avvicinandola a sé.
 
Il suono prodotto dal battere delle nocche contro il legno li fece destare dal loro gioco. Lei s’irrigidì all’istante e Rick tuonò contro la causa dell’interruzione:
- Chi è?-
- Sono Padre Francis - rispose intimorito il prete - disturbo?-
- No - risposero entrambi ma con intonazioni diverse.
Kate ne approfittò per allontanarsi dal corpo dello scrittore, mentre Rick si alzava e andava verso la porta con un’aria funesta.
Spalancò l’uscio dal quale spuntava la testa del prete, e lo fece avanzare con un cenno del capo.
- Volevo invitarvi a cena da me…- disse ancora più timido.
- E no, mi dispiace, io ho già preparato tutto! È tutto pronto, vieni tu da noi?- disse d’impeto la detective.
Il padre posò lo sguardo su di Rick che molto spontaneamente, dopo aver incrociato quello della detective, disse:
-Vabbè dai, venga da noi, su…-
Poggiò la mano sulla spalla dell’uomo e continuò: -Anzi, vieni da noi… Posso darti del tu?-
- Si come no!- Rispose allegramente il prete.
- Francis, abbiamo tanto bisogno di amici…- continuò lo scrittore, facendo passare davanti a sé la detective per poi rivolgersi a lui.
- Vieni, da questa parte…-
 

⌘ * § * ⌘


- Devo fare i complimenti alla cuoca!- la voce di padre Francis spezzò il silenzio che si era creato.
- Non c’è niente da fare…- continuò rigirando l’ultimo maccherone rimasto nel piatto - Io non voglio discutere le regole, però a noi sacerdoti queste cose mancano.- Si voltò verso i due, seduti uno accanto all’altra, di fronte a sé.
- Una tavola così bene apparecchiata, una pasta fatta con amore…-
- Chi te l’ha detto che è fatta con amore?- scherzò lo scrittore.
- Lo vedo… - furono le uniche due parole del prete.
Alla faccia scettica di Rick, continuò - e non mi dire che non lo vedi anche tu! Perché se è così c’è da preoccuparsi, vuol dire che la coppia ha qualche problema.-
- Ma quale coppia Padre Francis… - scattò subito Kate, alzando lo sguardo dal piatto.
- Noi… siamo… colleghi, amici.- tenne a precisare.
- Ah beh… scusate, io pensavo… vedendovi insieme… Pensavo…-
Il prete era davvero imbarazzato. Anche lui aveva notato quella chimica che nonostante gli anni, gli avvenimenti e i tentativi di sbarazzarsene, andati a vuoto, era ancora rimasta tra loro.
- Allora anche tu, anche tu sei nell’editoria?- chiese portandoli nuovamente sul pianeta terra.
- Eh io più che altro, m’interesso delle trame…- disse imbarazzata la detective.
- Aiuta i giovani scrittori a sviluppare la storia…- intervenne in suo aiuto lo scrittore e quello sguardo complice che si scambiarono, non passò inosservato al prete.
- mhm si si…- commentò  - ah… bello…-
- Si, lei è qui di passaggio…-commentò fuori luogo lo scrittore.
Videro il prete sospirare sconsolato, prima di sentirgli dire:
- E pensare che vi vedevo anche così bene insieme… Intendiamoci eh… ho visto che nessuno dei due porta la fede, però sapendovi in peccato ho recitato anche una piccola preghiera per voi.-
- Una preghiera?- disse quasi ‘ridendo’ lo scrittore.
- È un genere nel quale me la cavo abbastanza bene!- scherzò - Ho pregato il Signore di illuminare le vostre vite, magari inducendovi al matrimonio…-
- Ma… quando lo fai, il Signore, poi ti da ascolto?- chiese un Castle estremamente scioccato.
- Spesso…-
- Beh allora devo iniziare a preoccuparmi?-
- E voi scherzate… Scherzate, però c’è troppo pessimismo nei confronti della vita a due… secondo me è sbagliato, sbagliatissimo! Vivere solo, con gli anni è dura… lasciatevelo dire da un esperto…-

⌘ * § * ⌘


Erano ore che continuava a rigirarsi nel letto, le coperte ormai a terra e le lenzuola attorcigliate.
Decise che era giunto il momento di alzarsi e, come era diventata consuetudine ogni notte, andare a buttarsi sul divano e vedere una qualunque di quelle cretinate che andavano in onda a quell’ora tarda.
Solo con i boxer indosso, si diresse in salotto, attraversò il piccolo corridoio e solo quando varcò la porta della stanza si ricordò dell’ospite che occupava il suo divano.
Poggiò una spalla all’arcata della porta e rimase a guardarla sorridente.
Kate dormiva, rannicchiata sul divano, con indosso una semplice maglia extralarge, che non faticò a riconoscere. Ricordava ancora perfettamente quando era stato lui a dormire sul divano della detective, nella sua vecchia casa, prima che saltasse in aria. Ricordava alla perfezione che sotto indossava un paio di leggins… come avrebbe potuto dimenticarli? Gli tornarono alla mente tutte le battutine maliziose che Esposito e Ryan gli avevano fatto, quando la mattina dopo l’avevano beccato mentre preparava i pancakes e anche le allusioni dell’agente Show.
Una risata gli uscì incontrollata e trattenne il fiato nella speranza di non aver svegliato la donna.
In quell’esatto momento, forse avendo sentito frastuono, si mosse e il lenzuolo le scivolò leggermente verso terra.
Un respiro gli si smorzò in gola, alla vista di Kate che indossava, sotto la maglia, un semplice e striminzito paio di shorts.
Si avvicinò a lei, attratto da un impulso che non era riuscito a controllare.
Nonostante quello che era successo e quanto avesse sofferto per lei, il suo cuore prendeva il sopravvento! Quello che aveva provato per lei, anche prima della loro unica notte, quello che provava ancora per lei, e che era certo avrebbe provato fino al suo ultimo respiro, era qualcosa che andava oltre al risentimento, alla rabbia, al rancore. Era qualcosa di talmente forte, al quale in quei due anni era riuscito a dare solo un unico significato. Due parole: Vero Amore.
Le sistemò il lenzuolo cercando di non farla svegliare, altrimenti sarebbe stato nei guai, e si appoggiò al bracciolo della poltrona dinanzi a lei, restando ad ammirarla dormire beata nel sonno.
"Ah se mi fossi fermato a guardarti dormire anche quella notte! Se mi fossi limitato a quello e non fossi andato a bere... Magari non avrei trovato il biglietto, non avremmo litigato e tutto sarebbe andato diversamente".
Mentre la mente si torturava, tornando ai momenti passati, lo sguardo gli cadde sulla pistola che la detective teneva a terra, poggiata ai piedi del divano, pronta per entrare in azione. Sorrise al ricordo delle mille battute in cui erano presenti minacce, la pistola, lei e lui…
Quel piccolo particolare lo fece destare e scattare in piedi!
Afferrò il libro che aveva appoggiato sul tavolino, quello che stava leggendo prima che lei arrivasse. O meglio prima che gli piombasse in casa e tornasse prepotentemente nella sua vita.
“Questa volta sarebbe proprio meglio che mi prendessi un bicchiere d’acqua! Mi servirà per calmare i bollenti spiriti ed evitare la sua ira funesta!”
Si alzò e, mentre si dirigeva verso la cucina, non poté fare a meno di lanciarle un ultimo sguardo pieno di quel sentimento che sempre era rimasto rintanato nel suo cuore.
 
 
 

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Capitolo 27
*** Era già l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core ***


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  «Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more.»

  ( da Purgatorio, VIII, 1-6)


Il sole era sorto da un po’ e i raggi passavano attraverso i vetri, fino ad arrivare a lei.
Si svegliò stiracchiandosi un po’. Non era più abituata a dormire su un divano scomodo e da quando aveva avuto il suo piccolo angelo, la sua schiena era più sensibile.
In casa, tutto era ancora al buio, come l’avevano lasciato la sera prima.
Si alzò e fece un breve giro in cucina. Al contrario di quanto ricordasse, i piatti erano stati lavati e sistemati accuratamente sul ripiano. Un bicchiere ormai vuoto, era poggiato sul tavolo e, alzando le persiane per far entrare la luce del sole, notò un ombra accoccolata su una sedia sdraio, nel balcone.
 
 
Uscì e lentamente si avvicinò alla sagoma. Lo trovò addormentato, con una coperta avvolta attorno a sé, a creare un bozzolo dal quale uscivano solo le braccia che stringevano un libro.
Piano, si avvicinò e dopo aver sorriso al suo viso addormentato, il ciuffo sbarazzino che fuoriusciva dal cappuccio della felpa, gli sfiorò il viso infreddolito e cercò di togliergli il libro.
A quel gesto, Rick si destò e quando riuscì a mettere a fuoco la sua figura le sorrise, lasciando che lei prendesse l’oggetto.
- Hai passato la notte a leggere Dante?-
- Mhm non proprio tutta la notte.- disse alzandosi e, dopo essersi stiracchiato, si diresse verso la porta-finestra.
- Caffè?- le chiese.
Un sorriso le nacque spontaneo, in ricordo dei bei vecchi tempi. Annuì e si accomodò sulla sedia, mentre lui entrò per prepararne due tazze.
 
 
- Dormito bene?- Una voce la distrasse dal dolce relax che i raggi del sole le stavano donando.
Aprì gli occhi e al di là della staccionata, riconobbe Padre Francis.
- Abbastanza e tu?- rispose alzandosi e avvicinandosi a lui.
Dopo i saluti ‘di rito’ l’uomo le chiese:
- Senti un po’... il tuo compagno, quello con cui hai litigato... avrà anche sbagliato, ma non ti dice nulla che dormi qua?-
- Che deve dire?- rispose la detective, scattando sulla difensiva  - c’è qualche problema? È peccato?-
- No... che peccato...-
 
Per sua fortuna, la voce di Rick che arrivava portandole il caffè le evitò di continuare quel discorso.
- Salve Padre!- disse lo scrittore, dopo aver consegnato la tazza fumante alla detective e aver notato l’uomo.
- Ciao Richard! Noto con piacere che stamattina sei di buon umore!-
- Ahaha- sorrise e scuotendo la testa disse: - No Francis, solo che oggi è una così bella giornata e siamo qui, di nuovo a New York a goderci il sole e il nostro amato caffè!-
 
Li guardò con una faccia che era tutto un programma! Aveva capito che il sole e il caffè non erano il  motivo di quegli sguardi e quei sorrisi, ma cercò di fare buon viso a cattivo gioco.
- Ehm… ho notato che qui vi interessate di Divina Commedia- cercò di ripristinare la conversazione
-Veramente è lui che se ne interessa…-rispose Kate.
- Ah - disse il prete con un cenno di assenso.
- Beh guarda l’ho ripreso giusto ieri…- si giustificò lo scrittore.
- Ma… è bellissimo, Richard, mi fa molto piacere! –
Alle loro facce disorientate, spiegò:
- Eh si… è il libro più misterioso e complicato che sia mai stato scritto… Io, in seminario mi ci sono rotto la testa, mi ci ero fissato!- sorrise al ricordo.
- Solo che poi quando ci entri dentro e scavi in profondità….- li guardò con aria seria e quasi cupa: - Allora è come scoprire l’universo!- 
 

⌘ * § * ⌘


Arrivò di corsa al piano e bussò al campanello.
Senza attendere segni dagli inquilini dell’appartamento, iniziò a bussare con le nocche contro il legno della porta.
Finalmente, dopo qualche minuto che a lui sembrò interminabile, Castle aprì la porta.
- Hai una faccia... a che ora sei andato a dormire?- esordì quando lo fece entrare in salotto.
- Ciao Capo!- rispose l’uomo - Perché sei passato a quest’ora?- 
- Ciao!- la voce della detective li fece voltare.
- C’è qualcosa di grave?- continuò lei appena incrociò lo sguardo del capitano.
- Si...- fece un profondo respiro - Alla centrale investigativa, dopo quello che ci siamo detti all’ultima riunione, hanno messo sotto controllo un sacco di posti e ieri sera, sul tavolo dell’archivio del tribunale in pretura, hanno trovato questo...-disse mentre gli porgeva un foglio.
 

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- Che ci sta dicendo?- gli chiese il Capitano.
- Il tempo e il luogo dove troveremo la prossima vittima.- rispose Castle rigirando il foglio tra le mani - Ci sono dei naviganti, c’è il mare... forse c’è una partenza... c’è una campana che rintocca...-
- L’hai già detto a Morris e Cruz?-
- Si... e loro hanno detto una cosa a me...-  rispose Montgomery - anche secondo loro la pista possibile è quella di Cross.-
Aspettò una reazione in Rick e poi rivolgendosi a lui, chiese:
- Tra i casi che hai ‘seguito’ con Gray, ha attirato la mia attenzione il caso Cross, te lo ricordi?-
- Si è uno di quei casi che ho chiesto di controllare a Brennan...- rispose lo scrittore.
Roy annuì compiaciuto e rivolgendosi a Beckett le spiegò:
- Gray aveva intercettato un piccolo spacciatore, l’aveva messo sotto pressione, e da lì era risalito alla cima, dove a capo c’era Damon Cross.-
- Si… se ricordo bene era un gestore di Night.- chiese Castle.
Montgomery annuì nuovamente prima di continuare.
- Avete fatto un’irruzione e c’è stato anche un conflitto a fuoco…-
- Si…-
Questa volta fu Rick ad annuire ma l’espressione sul suo viso era fin troppo sconsolata - In quel conflitto fu ferita la moglie di Cross.- disse.
- Così all’FBI hanno ripreso in mano tutta la storia, dopo che Gray l’aveva arrestato ci fu un processo e Cross prese 10 anni, ma il punto non è questo... il punto è un altro... la moglie che Gray aveva ferito, ha avuto un danno alla spina dorsale ed è stata operata...-
- Mi ricordo... mi interessai personalmente della cosa, andai anche in clinica!-
- E che cosa ti hanno detto?- domandò Roy.
- I medici mi dissero che l’intervento era perfettamente riuscito.- rispose Castle, non capendo perché era importante.
A rispondere alle sue domande, fu la frase del Capitano
- E invece dopo un paio di mesi c’è stata una ricaduta, ci furono altre operazioni, tutte inutili... è finita su una sedia a rotelle, non parlava più, la imboccavano... insomma era diventata un vegetale.-
- Io non ne sapevo nulla!- disse sorpreso lo scrittore.
- È morta tre anni fa!- concluse Montgomery.
- E questo ha un collegamento con il caso del serial killer?- intervenne la detective.
- Si... il Dottor Stenton.-
- Il chirurgo trovato morto vicino a Linden – chiese Kate.
- Si ed era anche quello che per primo aveva operato la moglie... e che aveva fallito l’operazione.- rispose il Capitano,
poi rivolgendosi di nuovo allo scrittore - sai anche lei come si chiamava di nome?-
- Bea?- disse di getto.
- Bea… era il diminutivo… il nome intero era Beatrice…-




Chiedo scusa a chi ha recensito il capitolo precedente per non aver ancora risposto. Questa settimana sono molto incasinata ma prima del prossimo capitolo recupererò tutte le recensioni passate e nuove (sempre che ce ne siano)
Grazie a tutti per la pazienza e perchè continuate a seguirmi :)

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Capitolo 28
*** Già eran quasi che atterzate l'ore... ***


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«Già eran quasi che atterzate l'ore
del tempo che onne stella n'è lucente,
quando m'apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi dà orrore.»
  (da Vita Nova, 5 - 8)


Una mezz’ora più tardi, Montgomery uscì dal suo ufficio, dirigendosi diretto verso la postazione di Carl.
- Hai chiesto di Cross?-
- Sta arrivando.- affermò l’agente, fissando lo schermo del suo pc.
- Quanto tempo ci mette!- sbuffò il capitano, posizionandosi alle spalle del ragazzo.
- Eccolo qua…- disse Brennan, avviando la stampa del documento che iniziò a leggere dal monitor.
- Damon Cross, traffico di droga e tentato omicidio. E’ stato arrestato e condannato sette anni fa... è stato messo prima nel carcere…-
- Senti voglio sapere dove sta adesso...su!- sbraitò Roy.
Il giovane sgranò gli occhi leggendo quell’informazione.
- E’ stato rilasciato 3 mesi fa…- disse girandosi verso il suo capo.
- Hai anche l’indirizzo?- chiese.
- Si… sta qua in città...- rispose porgendogli il foglio.
- Andiamo Ryan…- si intromise Esposito, avvicinandosi al Capitano e prendendo il foglio che immediatamente gli aveva porto.
  


⌘ * § * ⌘


Arrivarono sotto al palazzo e parcheggiarono la macchina in tutta fretta, salirono le scale a due a due e prima di arrivare alla porta armarono le pistole e bussarono.
 
- Chi è?- rispose una voce dall’appartamento.
- Polizia apri!-
L’uomo aprì di poco la porta, ancora bloccata con il chiavistello e scrutò l’esterno.
- Sei tu Damon Cross? – chiese Ryan.
- Che volete?-
- Apri subito se no la apro io questa porta!- gridò Esposito.
- Che volete da me?-
- Non devi parlare… devi aprire questa cazzo di porta! Apri!!- continuò dando una spallata al legno.
- Leva questa catenella se no ti strozzo!- disse infilando un braccio nell’intercapedine e cercando di afferrargli la gola.
- Levala!- ripeté qualche secondo prima di dare un ultimo forte colpo alla porta.
 
- Mani sulla testa... mani sulla testa!- gridò Ryan, dopo aver placato Esposito e fermato contro il muro il sospettato.
- Non è lui… ci ha preso in giro!- sbraitò Esposito.
- Apri le gambe!- disse ancora Kevin mentre perquisiva l’uomo.
- Pulito?- chiese Javier e lui annuì.
- Guarda qui… sai leggere?- chiese, sventolandogli il suo distintivo davanti al naso.
- Si.-
- Ecco allora visto che sai leggere, non dire stronzate e dicci chi sei!-
- Sono un... amico... di… Damon!- balbettò l’uomo ancora impaurito.
- Si... un amico di Damon!- canzonò Esposito, prima di rivolgersi al collega.
- Portiamolo via.-
- Dai su cammina… mettiti il cappotto, dai forza svelto!- disse Ryan allentando la presa sull’uomo per concedergli un po’ di movimento.
- Dai forza!- lo sgridò ancora Esposito.
- Oh ma che modi sono questi?- chiese il pover uomo, mentre si infilava il cappotto e lasciava con loro l’appartamento.
  


⌘ * § * ⌘


Un paio di ore più tardi, Esposito uscì dalla stanza adibita a sala interrogatori e conferì quanto scoperto.
- Si chiama Aidan Tyson, è un povero disgraziato... strafatto! Fa il musicista, suona in un pianobar di periferia.-
- Di Cross che ti ha detto?- chiese il Capitano.
- Non ne sa niente… dice che l’ha incontrato una volta, quando è uscito di galera e gli ha offerto l’appartamento senza chiedergli neanche un soldo e che poi è sparito.-
- Che facciamo?- chiese Ryan.
- Lo rilasciamo…- rispose Roy, voltandosi verso Ryan e Ann disse:
- Di lui occupatevene voi!-
I due detective annuirono e presero l’uomo scortandolo fino all’uscita.
Poi rivolgendosi ai detective disse:
- Carl è tornato? Ha trovato qualcosa?-
- No Capitano, è ancora in giro per luna-park che abbiano montagne russe, per capire da dove possa essere stata fatta la telefonata.- Rispose Esposito.
- Bene! Visto che qui abbiamo finito, va pure a controllare gli hotel nei pressi del campo di pallavolo! Fatti dare tutti i nominativi e verifica che abbiano registrato tutti i clienti… Speriamo di capire chi aveva appuntamento con la ragazza dopo la partita.-
Esposito annuì e mentre si dirigeva verso la porta per adempiere al suo incarico, Roy gli chiese:
- Beckett e Castle sono alla palestra?-
- Si… Castle l’ha convinta ad andare lì per verificare la cronologia degli eventi.-
Montgomery lo guardò accigliato e il detective rispose: - Sa com’è fatto… per elaborare le sue teorie, ha bisogno di ficcare il naso e Beckett crede che sia utile tornare lì dove è stata vista l’ultima volta!-
- Credi che se ne usciranno di nuovo con una delle loro insopportabili connessioni telepatiche di un tempo?-
- Non ne sono sicuro, ma qualcosa mi dice di si. E questa volta non mi dispiacerebbe!- Esclama Javier, voltandosi verso il Capitano.
- E lei Signore?-
Roy sorrise annuendo e mentre il detective usciva dalla stanza, rispose:
- Ne sarei felice!-
 
  


⌘ * § * ⌘


Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con il custode, facendosi ripetere per l’ennesima volta ciò che ricordava, entrarono nella palestra.
- Joia gioca la partita, ha ancora al collo la catenina con la pietra di luna.- inizia lo scrittore - È tesa, nervosa, gioca male e infatti perdono.-
- Sono circa le 5 del pomeriggio la partita finisce e lei esce con le altre- continua Beckett.
- Da lì - interviene Castle indicando la porta laterale al di sotto degli spalti.
- Vanno verso gli spogliatoi- continua Kate - Fanno la doccia, si cambiano, lei però si attarda e resta qui da sola.-
Controlla la deposizione che ha nella carpetta: - Ad un certo punto il Mister la incontra.-
-Nel corridoio- la interrompe Rick, - Lei dice che deve andare a fare una telefonata-
- Solo che questa telefonata non la farà mai- termina Beckett, avvicinandosi al telefono pubblico appeso in corridoio.
- È qui che è sparita- termina chiudendo la cartellina.
- Ma non è strano che le compagne non siano venute a cercarla?- chiede lo scrittore.
- No, perchè le altre sapevano che sarebbe tornata per conto suo.-
Richard fece un mezzo giro su se stesso e poi indicando disse:
- Questa è la porta dalla quale può essere entrato qualcuno…-
- Quello col quale lei aveva un appuntamento- continuò la detective avvicinandosi a lui.
- E che non doveva farsi vedere dalle sue compagne- disse facendo un passo avanti.
- Lo struzzo…- dichiarò lei bloccandosi appena fece caso alla loro vicinanza.
Castle imbarazzatissimo si voltò ancora e vide una porta nel corridoio.
- Cosa ci sta la dentro?- chiese avvicinandosi.
- È il deposito degli attrezzi, è già stato perquisito dal dipartimento di zona- rispose la detective aprendo di nuovo la cartellina.
- Ma dai verbali non risulta nulla- sorrise alzando la testa e incrociando il suo sguardo.
 
   
 
- Le chiavi sono appese al gancio nella mia stanza insieme alle altre- disse il custode, mentre ritornava verso il magazzino seguito da Castle e Beckett.
- Cosi le può prendere chiunque- asserì lo scrittore.
- Si ma per farci che?- concluse l’uomo.
Inserì la chiave e aprì le porte di quello che era poco più di uno stanzino.
Immediatamente Castle notò che per terra vi era un panetto di magnesio mezzo sbriciolato e, quando si chinò per constatare se ci fosse anche la saggina, il suo sguardo cadde su una scopa.
- Saggina e magnesio…- disse, rivolgendosi alla detective.
- Chiamo subito la scientifica- intervenne lei.
 
 
Aveva da poco riagganciato il telefono e dato direttive ai tecnici che erano arrivati, che questo squillò di nuovo.
- Beckett-
Ascoltò attentamente ciò che il suo interlocutore aveva dirle.
- D’accordo arriviamo!- chiuse il telefono e rivolse lo sguardo a Castle
- Andiamo -
  


⌘ * § * ⌘


- Espo ha trovato qualcosa in una pensione lì vicino- li informò Ryan appena tornarono al distretto.
Beckett si avvicinò alla scrivania e attese.
- Qualcuno ha prenotato una stanza in uno dei motel per la sera della partita-continuò.
- Chi? - chiese la donna.
- Il professor Harris.-
- Quello di inglese!- disse Castle mettendosi le mani davanti alla bocca.
- L’avete convocato?- continuò Beckett seria.
- Sono passato per la scuola, la moglie mi ha detto che era lì e abbiamo fatto quattro chiacchiere.- disse Esposito entrando nella stanza.
- E che dice? – Chiese la detective accomodandosi sulla sua sedia.
- Dice che Ostrich è lui. Che da qualche mese aveva preso una sbandata per la sua allieva. Lei se ne era innamorata durante una lezione e aveva cercato di avvicinarsi, e lui dapprima era lusingato dalle sue attenzioni e poi aveva finito per ricambiare.-
Castle stava per dire qualcosa ma fu preceduto.
- Non è successo nulla tra loro. Solo chiacchiere, passeggiate e frasi amorose.  Quella sera era lui che doveva passarla a prendere perché lei doveva parlargli e non voleva aspettare. In città non potevano incontrarsi e aveva preso quella stanza, ma lei non si è presentata.-
- Probabilmente era già morta.- disse Kate.
Lo squillo del telefono, sulla sua scrivania, la distolse dai suoi pensieri.
- Beckett-
- Detective, sono Carl, credo di aver trovato qualcosa!-
- Aspetta che metto il vivavoce- disse.
Premette un tasto sulla consolle e appoggiò la cornetta sulla scrivania.
- Carl, dicci pure!-
- Dunque dopo aver girato per vari luna-park, credo di aver trovato quello da cui hanno telefonato. Anzi per la precisione credo di essere proprio nella cabina da cui è partita la chiamata. Ascoltate…-
Spostò la cornetta verso l’esterno e proprio in quel momento un ottovolante passò alle sue spalle.
- Si, potrebbe essere!- rispose Kate.
- In più…- continuò Carl – ho fatto anche un giro per capire che altro c’era nelle vicinanze… indovinate un po’?-
- Cosa?- chiese lo scrittore.
- Facendo un controllo incrociato con le abitudini dei ragazzi, la scuola e persino i professori e il preside, ho scoperto che nemmeno ad un isolato da qua c’è la casa di uno di loro!-
Tutti erano tesi nell’ascolto, quando quell’unica parola gelò la sala
- Mister -



Salve!
come va?
Non vi faccio perdere altro tempo appresso a me, ma volevo solo raccontarvi un piccolo aneddoto legato al nome del nostro Serial Killer.
Se vi va di perdere ancora cinque minuti per farvi due risate, continuate nella lettura...

Un po' di tempo fa, quando scrissi questi capitoli, avevo in mente la storia ma mi mancava il nome per questo cattivone. Come al solito ho rotto le scatole alla povera Rebecca.
Visto che io sono una B maiuscola (cit. Reb) non le ho detto cosa mi serviva e perchè ma solo di dirmi un nome e cognome inventato (e menomale che ho precisato)... Beh lei se n'è uscita con Damon Cross.
Io però ho voluto comunque controllare e indovinate un po' che ho scoperto? Esiste eccome! Beh per essere un nome inventato lo è...
Quante possibilità avevamo di beccare un personaggio inventato ma esistente e per lo più un protagonista di una Novel (che poi l'autore si chiama pure Richard..)?
Vi confesso che siamo scoppiate a ridere!
Come se non bastasse poi, presa dalla curiosità sono andata a vedermi la pagina della novel e quando ho visto la copertina con un particolare che già da tempo avevo inserito nel mio banner (almeno nei primi)... 
Beh fu così che ho deciso che quello sarebbe stato il mio Cattivo!
Se siete curiosi eccovi il link: Damon Cross e  Copertina della Novel

Alla prossima
Vulpix
<3



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Capitolo 29
*** Veramente a così alto sospetto non ti fermar, se quella nol ti dice... ***


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«Veramente a così alto sospetto
non ti fermar, se quella nol ti dice
che lume fia tra ‘l vero e lo ‘ntelletto.»

  ( da Purgatorio VI , 43 - 45)


Beckett uscì dalla sala interrogatori, seguita da Castle, lasciando che i suoi colleghi si occupassero dell’uomo.
Arrivò alla scrivania e trovò il Capitano ad aspettarli.
- Ha confessato?-
- Si signore!-
Lo sguardo poco equivoco di Montgomery la indusse a descrivere:
- Era andata a telefonare e il suo assassino l’ha tramortita con la mazza da baseball.-
- Poi l'ha trascinata nel magazzino l'ha legata e messo dei cerotti sulla bocca, polsi e caviglie, poi ha chiuso la porta ed è andato via- la interruppe Castle e continuò per lei.
- Verso le 23 ha chiamato i genitori per chiedere il riscatto.- Disse la detective.
- Poi ha anche richiamato, così, per essere sicuro che loro avessero capito- replicò lui.
Sul viso del Capitano apparve uno sguardo che non riusciva a decifrare se fosse più sorridente o nervoso.
- Non pensava di averla ammazzata, e invece il colpo che le ha dato era molto forte.
Quando è tornato il giorno dopo ha capito e che lasciare il corpo lì sarebbe stato troppo pericoloso.-
- Per cui ha cercato di portarlo via con la barca, ma c'era mare grosso e non ha potuto.- terminò Castle.
Se non fosse stata certa che il Capitano non si sarebbe mai lasciato a tanto, avrebbe potuto dire che in quel momento lui stesse sorridendo divertito.
Mentre finiva di descrivere le ultime rivelazioni, sentì un ticchettio proveniente dal corridoio.
- Salve!- esclamò Lanie
- Hey - lo scrittore si alzò dalla sedia per andarle in contro, mentre gli altri, detective in primis, lo guardavano sospettosi.
- Castle, questo non avrei dovuto farlo…-
- Lo so Lanie e ti ringrazio ma era davvero importante!- le disse.
- L’ho capito e… diciamo che mi devi un favore!- disse consegnandoli una busta bianca, di quelle per documenti.
- Grazie - disse lo scrittore – sono in debito con te!-
- Si può sapere di cosa state confabulando voi due?-
La detective si era avvicinata allo scrittore e cercava di prendergli la busta dalle mani.
- Accompagnami in un posto e lo saprai - le disse.
  

⌘ * § * ⌘


- Come ha fatto a sapere che stavo qua – dice il ragazzo, senza nemmeno alzare lo sguardo.
- Ho pensato che se mi avessero messo dentro ingiustamente, la prima cosa che avrei fatto una volta uscito, sarei venuto qui- dice lo scrittore, sedendosi accanto a lui.
- Mi spiace per quello che è successo.- continuò.
La detective si avvicinò ai due e, quando il ragazzo sollevò lo sguardo verso di lei, gli disse:
- La collana con la pietra di luna dovrebbe essere qui sul bagnasciuga se il mare non se l’è portata via…- gli appoggiò la mano sulla spalla - Il Mister ha detto di averla gettata sulla spiaggia per liberarsene.-
Al cenno di grazie del ragazzo, Castle attirò la sua attenzione.
- Questo è il risultato delle analisi -
Ethan rimase sorpreso ma poi capì che lì dentro poteva esserci il test del DNA. Continuò a fissare la busta, mentre la rigirava tra le mani.
- Beh non lo apri?- chiese lo scrittore, guadagnandosi un’occhiataccia dalla detective.
- Non ho voglia di sapere se Joia mi ha tradito o no.-
Beckett abbassò lo sguardo su Castle e lo vide poggiare con fare paterno una mano sul braccio del ragazzo.
- Io penso invece sarebbe meglio che tu sapessi…-
Ethan dopo aver scambiato uno sguardo con Rick, si decise e aprì la busta.
- Era mio- esclamò con voce incredula e tremante.
- Sai… qualcuno dice che a pensare male si fa bene.- alzò lo sguardo e poi lo riportò ad incrociare quello del ragazzo.
- Io invece penso che sia una stronzata!- disse.
Ethan sorrise prima di rispondere:
- Si ho capito.-
- Sicuro?-
- Sicuro!- rispose.
 
Si alzò e dopo aver lasciato una pacca sulla spalla del ragazzo, in silenzio si avviò verso la strada.
- Che fai lo lasci solo?- disse la detective cercando di stargli dietro.
- Si - rispose senza voltarsi. Poi quando lo raggiunse le disse:- Agli uomini non piace farsi vedere quando piangono.-
Continuarono a camminare in silenzio, uno di fianco all’altro.
Kate aveva un’andatura a passo lento, sembrava immersa nei suoi pensieri, con la testa bassa e il torace che si alzava ritmicamente.
Lui se ne accorse e prese tra le mani l’esile polso della detective e lentamente la condusse verso una piccola duna di sabbia situata in una zona poco distante ma lontana dalla strada.
Beckett, ancora assorta nei suoi ricordi, non oppose resistenza e insieme si incamminarono verso la nuova meta.
- A cosa pensi?- le chiese ad un tratto.
Lei alzò finalmente lo sguardo a incrociare i suoi occhi e con un cenno della testa fece intendere “nulla”.
- E non dirmi niente, perché lo vedo dai tuoi occhi che la tua testolina sta pensando a qualcosa, forse anche qualcosa di doloroso.- le disse prima che lei potesse aggiungere una parola alla sua espressione.
- Beh visto che sei sempre stato tu l’esperto… che credi di conoscermi meglio di quanto sia, allora dimmelo tu a che sto pensando!- gli rispose fermandosi davanti a lui e sfidandolo anche con lo sguardo.
Quello che non si sarebbe aspettata fu la sua risposta:
- Non lo so Kate… Sono quasi tre anni che non lo so… che ho smesso di provare a decifrare cosa passasse per la tua testa, altrimenti sarei impazzito.- l’aveva spiazzata e questo lo riusciva a vedere dai suoi occhi. “Forse c’era ancora qualcosa di lei che riusciva a intuire come un tempo” pensò.
Si sedette sulla dunetta e guardandola dal basso, ma senza cercare il suo sguardo, le disse:
- Hai ragione Kate, credevo di conoscerti ma evidentemente non è così… forse non lo è mai stato!- tornò a guardare il mare in tempesta, proprio come si sentiva ancora una volta lui.
Beckett si sedette accanto a lui e guardando le punte delle sue scarpe affondare nella sabbia gli rispose.
- Non è vero Rick… mi conosci meglio di chiunque altro e nonostante questi tre anni di totale distacco tra noi, nei quali io sono profondamente cambiata, sei l’unico che riesce a decifrare anche solo il mio sguardo.-
Trascorsero parecchi secondi in totale silenzio, in cui ognuno era immerso nei suoi pensieri ma ora fissavano entrambi l’orizzonte.
- Si tratta di Joe vero?-
Kate spostò lo sguardo dal grigio orizzonte a quell’azzurro dei suoi occhi che ora era cupo quasi quanto il tempo.
- Stai pensando a quell’essere immondo? Alla sua reazione quando gli hai detto che aspettavi sua figlia?- si alzò di scatto e iniziò a camminare davanti a lei – Perché uno che rifiuta una creatura così bella e la possibilità di vivere accanto a una donna straordinaria come te, io non so come altro definirlo!-
Beckett aveva alzato il viso fino a incrociare i suoi occhi e ora due lacrime le scendevano lungo le guance, ma lei aveva un sorriso che non sapeva decifrare: dolce e amaro al tempo stesso.
- Non è colpa sua- disse amara tornando a guardare il mare e portando una mano al petto a stringere qualcosa che vi era al di sotto. Lui non sapeva cosa fosse ma ipotizzò che la collana di sua madre fosse ancora al suo posto. Lei si era rifugiata nel suo porto sicuro.
Rimase impietrito davanti a lei, poi calò un silenzio insopportabile e si sedette di nuovo al suo fianco.
- Devi averlo amato molto, per difenderlo ancora, nonostante tutto!- disse con voce più disperata di quanto avesse voluto.
- Si- rispose lei, poi la vide voltarsi verso di lui anche se fuggiva dall’incrociare i loro sguardi –  l’ho amato più di qualunque cosa, anche più di quanto amassi me stessa – fece un respiro tra le lacrime copiose – finchè non ho scoperto di avere in me nostro figlio!-
- Dopo l’hai odiato?- disse di getto lui.
- No- rispose tornando a guardare di fronte a lei e mentre un sorriso le si apriva in volto – l’ho amato ancora di più – esclamò alzandosi – mi ha regalato la mia unica ragione di vita, la cosa che più desideravo al mondo, anche se all’epoca non ne ero a conoscenza.- disse voltandosi verso di lui.
- Ma non l’ha voluta- disse con rabbia lui.
Gli si inginocchiò di fronte e prendendogli le mani gli disse: -No- abbassò lo sguardo e strinse le labbra prima di confessargli – non l’ha mai saputo.-
La fissò con intensità aspettando che lei alzasse lo sguardo verso di lui e quando lo fece si sentì montare dalla rabbia. Si alzò di scatto liberandosi dalle sue mani che poggiavano sulle sue ginocchia e, spostando lo sguardo da una parte all’altra, mentre si muoveva irritato lungo un piccolo pezzo di spiaggia antistante, le disse – Perché Kate? Perché???-
Si voltò verso di lei e pieno di rancore le disse: - Sai benissimo com’è stata la mia vita senza un padre, senza sapere chi fosse! Perché hai condannato tua figlia alla stessa tortura? Perché non sei corsa da lui e gli hai detto che eri incinta? Perché affrontare tutto da sola?-
La detective l’aveva raggiunto e cercava di placare la sua ira ma la cosa lo fece innervosire ancora di più.
- Mia madre mi ha mentito per anni su chi fosse mio padre e io ho vissuto senza sapere chi fossi… perché vivere senza un padre ti fa mancare quel pezzo importante della tua identità- le disse con gli occhi lucidi e guardandola negli occhi.
Per un istante gli sembrò che lei stesse per sfiorargli il viso e fosse tentata di dirgli qualcosa, ma quel momento di dolcezza svanì subito quando il suo sguardo si fece duro e gli posò una mano sulla spalla - So cosa hai vissuto, o almeno la parte che hai condiviso con me, ma credimi per mia figlia ho fatto la cosa migliore!- Lui stava per replicare un ‘no’ ma si ritrovò due dita sulle labbra.
- Forse non è la più giusta per la sua vita ma almeno ne ha una!-
Quella frase lo spiazzò, per una volta in vita sua rimase senza parole.
Kate si allontanò da lui e riprese il percorso che portava alla strada.
Quando la raggiunse era ormai alla macchina.
- Scusa non avevo il diritto di dirti quelle cose! Sei una donna straordinaria e una madre fantastica…- le prese una mano e la fece girare verso di lui, le asciugò una lacrima dal viso - avrei dovuto immaginare che la tua era stata una decisione importante e ponderata, scusami.-
- Già, non avevi il diritto… e spero che non ti intrometterai mai più nella mia vita e in quella di MIA figlia!-
Il suo sguardo era tagliente e duro, in quel momento gli sembrava che la sua Beckett fosse davanti a un criminale e non a lui. “sua… non lo era da tanto e forse non lo era mai stata” pensò.
Ispirò profondamente, annuendo alle parole della donna, come se la sua fosse stata una domanda.
La vide mordersi il labbro e sorridere, prima di sentirle dire:
- E comunque prima... stavo pensando a quando ho fatto la prima ecografia.-
Non riuscì a trattenere un sorriso, non sapeva nemmeno lui perché, forse era il fatto che lei, come un tempo, si stava aprendo a lui.
Si girò verso di lei e appoggiando il gomito sul tettuccio dell’auto, assunse la sua solita espressione da “ascolto” di quando si trattava di una storia del Suo passato.
Beckett cercò invano di trattenere un sorriso che si allargava ad illuminarle il viso e, lasciandosi trasportare dalle emozioni di tutte le volte in cui aveva visto compiere quel gesto, iniziò a raccontare.
Gli descrisse, omettendo alcuni dettagli, ciò che accadde.
Non accennò alla visita sotto copertura, a Lanie che era tesa quanto lei ma si soffermò sulle sue sensazioni e come tutto si annullò e amplificò al tempo stesso nel momento in cui vide quella macchia sullo schermo e sentì il battito del suo cuore.
Gli raccontò anche del piccolo e prezioso regalo che le aveva fatto la dottoressa e di come le era stato di estrema forza e le aveva indotto coraggio ogni volta che se lo ritrovava tra le mani o che lo utilizzava.
Terminò il racconto e dai suoi occhi scese una lacrima che lui prontamente asciugò e, quando si voltò verso di lui per sorridergli, vide il riflesso dei suoi zaffiri nello scintillare di un luccichio umido.
- Torniamo?- gli chiese.
Accennò un si con la testa e le aprì lo sportello, salirono in macchina in silenzio e mentre partirono sulla strada del ritorno, la vide appoggiarsi al finestrino e perdersi nei suoi pensieri che, a giudicare dal suo sorriso, dovevano essere splendidi.
 

۝§۝§۝

 
- Ti ho scritto tutto a penna… non posso farti il referto. In quello ufficiale, di cui una copia resta all’ospedale, scriverò qualcosa per giustificare la visita e inserirò un’ecografia che ho fatto prima che tu arrivassi.- sorrise ai suoi tre interlocutori, poi rivolgendosi a Kate - Qui dentro – le disse porgendole una cartellina – troverai oltre alle immagini che ho stampato, anche un cd con l’intero video di oggi.-
Kate s’illuminò in viso, mentre scostava la copertina e con la mano tracciava i contorni del suo bambino nella foto.
- Prima di fare entrare il prossimo paziente resetto l’apparecchio, così non rimarrà più nessuna traccia e mentre facevo una copia per archiviarla, ovviamente escludendo il tuo esame, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere un ricordo in più…-
- Grazie - fu l’unica parola che riuscì a pronunciare.
Si sorrisero, poi Kate nascose nella sua borsa il prezioso reperto ‘personale’ tenendo in mano e ben in vista il referto ‘ufficiale’..
 

۝§۝§۝

           

Ricordava perfettamente che quando era uscita dall’ambulatorio aveva provato un misto di gioia e tristezza. In quell’ora aveva provato delle emozioni fortissime e si era sentita al settimo celo, finché Katherine non le aveva dato il cd e involontariamente quel gesto, che voleva portare a farle avere un ricordo indelebile di quella visita, si era trasformato in una coltellata in pieno petto. Quel cd le avrebbe ricordato per tutti i mesi avvenire che quel giorno, tra le varie persone con cui avrebbe voluto condividere quella gioia, mancavano le due persone più importanti… e anche se per motivi diversi, nessuno dei due avrebbe mai potuto vedere quel filmino.
Sorrise al ricordo di quando l’aveva mostrato a quel ‘nonno improvvisato’, l’unica persona a cui poteva dire tutto… l’unica persona che almeno per i primi mesi, quando ancora non poteva parlarne con suo padre, ne aveva fatto le veci e che era l’unico in assoluto a conoscere tutto… tutta la verità e tutta la ‘storia’ della sua piccola.  Ricordava perfettamente quando rivedendo il video insieme al capitano, Roy le aveva fatto notare che quel cd un giorno sarebbe potuto essere importante… Sosteneva che un giorno avrebbe dovuto dire al suo bambino, e non solo a lui, la verità e che un giorno, anche se molto lontano, forse l’avrebbe potuto mostrare al padre della sua creatura.

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Capitolo 30
*** Taci, maladetto lupo! Consuma dentro te con la tua rabbia... ***


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« Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia
e disse: "Taci, maladetto lupo!
Consuma dentro te con la tua rabbia...»

  ( da Inferno VII , 7 - 9 )


- Questa ala la stiamo ristrutturando, qua ci verrà il femminile.- disse il Direttore facendo strada - Certo se avessimo saputo prima che volevate vedere la cella... oramai i lavori sono cominciati...-
Dopo che l’interrogatorio si era rivelato un buco nell’acqua, l’unica soluzione per portare avanti le indagini fu fare un passo indietro e andare a parlare con il direttore del carcere in cui Cross era stato detenuto fino al suo recente rilascio.
- Cross stava qui, in isolamento...- continuò - secondo me questa cella andrebbe studiata... a modo suo è un opera d’arte.-
Aprì la porta blindata della cella e prese una torcia.
- Prego- disse facendo strada e illuminando l’esiguo spazio poichè lì, attualmente mancava l’elettricità.
Richard fece passare Kate e poi diede uno sguardo ai muri.
- Ma cosa è?- disse indicando le scritte.
- La divina commedia...- rispose il direttore.
- Quanto tempo c’ha messo?-
- Tre anni!- esclamò.
Castle prese la seconda torcia e illuminò le scritte leggendone alcuni versi. Quando ebbe fatto il giro di 360 gradi, notò la scritta che ricopriva a grandi lettere le lamiere del portellone dal lato interno.
- “e disse: Taci maledetto lupo, consuma dentro te con la tua rabbia”...-
Quando si voltò nuovamente verso gli altri, il direttore disse:
- Quella è l’ultima frase che ha scritto. E quella,-  disse indicando una scritta quasi incisa sulla lastra più sottile che fungeva da portellino - è la sua firma...-
- S3xKD?- chiese lo scrittore.
- Sa cosa vuol dire?- domandò la detective.
- No... l’abbiamo notata solo il giorno prima della sua scarcerazione... Fu trasferito in un'ala protetta ma una settimana prima che uscisse, da protocollo fu trasferito in una cella, in solitaria, per riabituarlo alla vita diurna. Gli furono consegnati dei documenti, alcuni da firmare e dietro alcuni di questi abbiamo trovato la stessa scritta ma sembrava quasi una sorta di logo.-
- Possiamo vederli?- domandò la detective.
- Si certo, ve li faccio portare dal medico...-
- E di questo soprannome nessuno sapeva nulla? Nemmeno in quell’ultima settimana?- chiese lo scrittore.
- No nulla, anche perchè non è così che lo chiamavano al giudiziario-
- Come?- chiesero entrambi.
- Il Lupo!- 

⌘ * § * ⌘


Erano in attesa fuori lo studio medico e aspettavano che il Dott. Lourence finisse di medicare un carcerato che si era ferito durante una partita al pallone.
Castle chiacchierava con il Direttore, che si era rivelato un suo grande fan, quando il telefono della Detective iniziò a vibrare.
Kate vide il nome sul display e sapendo che ci sarebbero voluti ancora alcuni minuti, rispose.
 
- Ciao...che c’è?- chiese con voce preoccupata.
- Scusate un attimo- disse verso i due al suo fianco e si incamminò nel lungo corridoio, per avere un po’ di privacy.
- Dove ti sei nascosta per telefonarmi?- chiese sorridendo.
- In bagno...- rispose la vocina dall’altro capo.
- Non ti sarai mica chiusa vero?-
- No mammina...- disse facendo gli occhietti da cucciolo, anche se la madre non poteva vederla - ho solo chiuso la potta per non fammi vedele dal nonno!- disse con fare cospiratore.
Poi aggrottò le sopracciglia - Non tipleoccupale! Eppoi io nemmeno ciallivo alla chiave...-
Kate non riuscì a trattenere una risata.
- Hai ragione tesoro! Allora cos’è che ho dimenticato?-
- Il compleanno...-
- Il compleanno?- chiese la donna.
- del Nonno!!!!-urlò la piccola!
- Oddio hai ragione! -
La piccola Joe iniziò a parlare a raffica:
- Mamma dovviamo fale la tolta!! Dovviamo complale tutto!!-
- Non ti preoccupare... però adesso ti devo lasciare, non posso stare al telefono con te...ciao tesoro! Ciao.-
Tentò di dire, quando vide che la porta si aprì e Castle si avvicinava a lei.
- Mammaaaa appetta un attimo!-disse la piccola quasi piangendo-accoltami!!!-.
- Certo che ti ascolto...-  disse, poi rivolta a Castle - aspetta un momento- chiese, mettendo una mano sul microfono del telefono.
- Vado dentro...- le disse lo scrittore.
- No aspetta!-
- Fai fai e salutami tanto tesoro- le disse girandosi per tornare dal Direttore, con un ghigno sorridente in volto. 


⌘ * § * ⌘


- Quanto tempo è stato in manicomio?- chiese la detective, appena si accomodarono nello studio del medico.
- Un anno e mezzo, circa.- rispose il dottore, appoggiandosi allo schienale della sua sedia - e dopo l’arresto, quando ha saputo le condizioni di sua moglie era come impazzito. Non si lavava, non si cambiava, stava li tutto il giorno per terra... chiunque lo avvicinava l’aggrediva.... mordeva, urlava.-
Prese la cartellina sulla sua scrivania e gliela porse.
- Perchè tutte queste cicatrici sulle braccia e sulle mani?- chiese Castle mentre ne esaminavano il contenuto.
- Se le faceva da solo. Sono ferite che si infliggeva, perchè diceva di voler andare a casa per stare vicino alla moglie e il giudice ogni volta gli negava il permesso... non c’era verso di fermarlo.-
- La moglie è stata molto male, soffriva molto?- chiese Kate
- La moglie capiva tutto, fino alla fine, ma non poteva parlare, non mangiava, non si muoveva. Quando poi lei è morta, piano piano si è calmato.-
- Calmato come?-
- Era sereno, ha iniziato a stare con gli altri. Poi ha iniziato a scrivere sui muri. Anno dopo anno i versi della divina commedia... tutto quel lavoro che avete visto!-
- E’ vero che lei è stata l’unica persona che per alcuni anni ha parlato con lui?-
- Si... vede, parlavamo di Dante... e un giorno, tanto per fare qualcosa, l’ho portato in biblioteca, sul tavolo c’era ‘La Vita Nova’, l’ha voluta portare nella cella e ha cominciato a leggerla e rileggerla, era diventata una vera ossessione. Finchè poi ha chiesto il Paradiso, l’Inferno, il Purgatorio...e ha cominciato a scrivere sui muri....-
- La ringrazio dottore.- disse la detective, poggiando nuovamente sulla scrivania la carpetta, - senta ho bisogno di tutte le cartelle cliniche, delle analisi e anche i resoconti degli esperti che hanno parlato direttamente con lui.-
- Sta arrivando qui la scientifica, avrò bisogno delle foto della cella.- lo informò.
- Questi li teniamo noi...- disse recuperando i fogli con le firme.
- Si, va bene...-
Si alzarono, prima di congedarsi, apparve sulla soglia di nuovo il direttore.
- Posso sapere perché lo state cercando?- chiese
- Perché un lupo in libertà, può essere un pericolo per le pecorelle che vanno in giro tranquille.- rispose Castle
- E chi sarebbero queste pecorelle?-
- Chiunque...- concluse la detective. 

⌘ * § * ⌘


Quando terminarono la visita al carcere, Castle si attardò a firmare una copia del suo ultimo romanzo alla guardia nel gabbiotto e lei, mentre si dirigeva verso la macchina, ne approfittò per chiamare di nuovo la piccola.
Al terzo squillo la voce di Jim Beckett ruppe il silenzio.
- Pronto?-
- Ciao Papà come va?- disse la donna.
- Noi bene... tu, come mai hai chiamato?- Kate riusciva a intuire la nota di attesa nella voce del padre, che si aspettava gli auguri come di consueto.
- Tutto bene! Senti non posso stare al telefono molto, mi passeresti Joe che devo dirle una cosa?-
- Si certo!-
Passarono un paio di secondi e la voce squillante della piccola le rispose:
- Mammina!!-
- Tesoro, scusa per prima, ma la mamma è a lavoro!-
- Va bene, non ti ploccupale.-
- Senti facciamo così... io cerco di liberarmi ma tu non dire nulla! Va bene?-
- Benittimo! Ma quando vieni?- sussurrò
- Perché sussurri?-
- Parlo piano se no il nonno mi sente!- rispose la piccola
- Si brava! Vengo tra un po’....ciao!-
- Ciao!-
 
Chiuse la telefonata, ancora con il sorriso sulle labbra e mise il telefono in tasca. Quando si voltò verso l’auto, vide Castle che era appoggiato alla macchina, con le braccia sul tettuccio.
- Ma guarda un po’... proprio tu, l’integerrima Detective Beckett che fa una telefonata personale durante il servizio... Non era assolutamente vietato?-
- Lo è ancora... ma a volte è necessario.... e poi si cambia, no?- disse irritata.
- Non l’hai detto tu stesso, ieri?- gli chiese.
Calò il silenzio tra loro, giusto il tempo che Kate estraesse le chiavi dalla tasca e le inserisse nella fessura.
- Chi era?- chiese lo scrittore, non riuscendo più a trattenersi.
- Un’amica..-
- Un’amica che si chiama tesoro?-
- Io sono una ragazza affettuosa, le mie amiche le chiamo tesoro...- disse entrando in auto.
- Ma perchè mi dovete dire tutti le bugie? Eh?- le chiese mentre apriva lo sportello e si sistemava al suo posto. -Lo so benissimo che eri a telefono con tua figlia...-
- Sai... questo non ti rende meno straordinaria... non ti fa perdere la tua forza... agli occhi degli altri resti sempre la donna speciale di una volta, quella che ha ispirato Nikki Heat...- le disse ad alta voce, mentre nella sua mente terminò diversamente la frase  “ancor meno ai miei... anzi...”
 

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Capitolo 31
*** Io mi sentii svegliar dentro a lo core... ***


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«Io mi senti’ svegliar dentro a lo core
un spirito amoroso che dormia:
e poi vidi venir da lungi Amore
allegro sì, che appena il conoscia.»

  ( da Vita Nova XXI , 1 - 4 )


Erano passate un paio di ore dalla visita alla prigione, in cui erano tornati al distretto e Kate aveva riferito tutto al Capitano. Insieme, come un tempo, si erano occupati di aggiornare la lavagna e di attaccare le foto della cella di Cross.
Poi l’aveva vista guardare più volte l’orologio e sospirare sommessamente.
- Perché non vai da lei?-le aveva chiesto.
- Perché sono in servizio, Castle!- era stata la sua risposta secca ma poi aveva abbassato di pochissimo le labbra in una sorta di smorfia.
- Ma qui ora non possiamo fare molto, solo ricercare ed elaborare le informazioni che abbiamo, in attesa di altri risultati della scientifica- aveva fatto il giro e si era avvicinato a lei, che era seduta sulla sua sedia, si era accostato al tavolo sporgendosi in avanti verso di lei e con fare cospiratorio le aveva detto: - Va da Joe… ti copro io con Montgomery.-
Kate aveva sorriso e c’era mancato poco che si fosse morsa il labbro. Probabilmente si era anche trattenuta dal fargli una carezza, ma questo non l’avrebbe mai saputo e soprattutto ancora ora non saprebbe dire se fosse solo un suo desiderio.
Lei si era voltata verso l’ufficio del Capitano e aveva scosso la testa, prima di tornare a volgere lo sguardo verso di lui.
- Come penseresti di coprirmi?- gli aveva detto sorridendo.
- Non lo so… potrei dire che andiamo a fare ricerche da qualche parte e nascondermi, andare a fare compagnia a Carl...-
- A farlo impazzire con le tue domande, vorresti dire!- l’aveva interrotto lei ridendo.
- Non lo faccio impazzire! E tu più di tutti lo sai quan…-
- Appunto perché lo so!- disse lei e scoppiarono a ridere entrambi.
Le aveva fatto un sospiro finto scocciato e poi l’aveva convinta a dargli retta e che Roy non se ne sarebbe accorto. Almeno così credeva, fin quando, dopo essersi alzata l’aveva vista andare nello studio di Montgomery.
“Cosa mi aspettavo da lei? Infrange le regole ma nel modo corretto, sempre!”
Ma quando l’aveva vista tornare con il sorriso sulle labbra e prendere le sue cose, pronta per tornare a casa, lei aveva un viso che poteva solo essere portatore di felicità, tanta la gioia che le si leggeva negli occhi. E lui non voleva nient’altro che infettarsi!
- Montgomery mi ha dato un paio di ore libere…- gli aveva regalato uno dei suoi sorrisi che tanto gli erano mancati, - vuoi che ti accompagni a casa?-
- No... dicevo sul serio prima, vado a fare un giro da Carl e poi aiuto i ragazzi.- le aveva risposto alzandosi e aiutandola a infilare la giacca.
- Allora… io vado- aveva detto lei, ancora troppo vicina al suo corpo tanto da sentirne il calore e la voglia di tenerla stretta a sé.
Poi era uscita e lui sapeva benissimo dove era andata. Era lì con lei adesso, più o meno.
Si era diretto verso la camera in cui lavora Carl e dopo aver scambiato quattro chiacchiere con il ragazzo gli aveva fatto credere che doveva andare a recuperare delle cose a casa e che Beckett non poteva fargli da babysitter. Così il ragazzo era caduto nella sua trama e gli aveva prestato le chiavi del motorino.
Era consapevole che se lei l’avesse scoperto, si sarebbe ritrovato con un colpo in testa, nel caso migliore. Ma non gli importava nulla! Aveva ascoltato casualmente... ok diciamo che per caso era arrivato troppo vicino a lei mentre era al telefono e la voce squillante della piccola era arrivata anche a lui. Si ecco era meglio…
In ogni caso, quella telefonata gli aveva lasciato una curiosità immane, voleva assolutamente vedere quello scricciolo che era capace di far illuminare la sua detective, voleva vedere con i suoi occhi la proprietaria di quella vocina, dagli occhi blu molto simili a quelli della sua bambina e soprattutto non si sarebbe mai lasciato sfuggire la possibilità di vedere quel lato dolce che sapeva essere della sua musa, ma che la detective teneva chiuso dentro di sé e che sicuramente con la piccola Joe lasciava trapelare.
Ora era lì, mezzo accucciato dietro lo scuter, fingendo di riparare qualche guasto inesistente, con ancora il casco ben piantato in testa per non farsi riconoscere, quando la vide uscire dall’altro lato della strada, con la sua piccola tra le braccia.
 
Qualche ora più tardi dopo averle seguite, con estrema cautela e cercando di non farsene accorgere, nelle varie tappe tra la pasticceria dove avevano ritirato una torta, vari negozi dove alla fine avevano comprato un maglione per il caro Nonno Jim, si erano finalmente concesse un gelato al bar del parco che stavano gustando sedute su una panchina in riva al laghetto.
Sorrise pensando che erano nello stesso parco in cui lui e Beckett si erano seduti qualche giorno prima a sbocconcellare un panino e a fare per la prima volta dopo tre anni, di nuovo quattro chiacchiere.
Lui si era appostato dietro un albero e appoggiato al tronco si sporgeva di lato ad ammirare la scena. Kate mangiava un cono e con una mano aiutava la piccola a mangiare la sua coppetta che teneva saldamente tra le manine, mentre guardava ammirata le paperelle che sguazzavano nel laghetto.
L’allegria della piccola era quasi contagiosa, anche se era distante per riuscire a capire cosa diceva, ma la sua reazione nel momento in cui vide un cigno fare una passeggiata con il suo anatroccolocome gli era sembrata la parola pronunciata dalla piccola, per poi essere raggiunto dal compagno lo fece emozionare incredibilmente.
Nemmeno lui stesso riusciva a spiegarsi il perché di tanta emozione provata in quel momento. Non era la gioia della piccola nel vedere la famiglia congiunta o il sorriso disarmante che la madre le aveva rivolto, no, era qualcosa che non riusciva a definire. Era molto più di tutto quello. In quel momento si sentiva come riportato a parecchi anni indietro quando sua figlia faceva le prime scoperte o diceva le prime cose buffe a cui lui scoppiava a ridere. E forse erano quei due occhietti blu così simili a quelli della sua bambina… la cosa di cui lui era più fiero che avesse preso da lui!
La forza di quel pensiero irruppe dentro di sé facendolo bloccare. Era una cosa irrazionale ma per qualche attimo non riuscì nemmeno più a respirare e non sapeva dire se fosse stato per un senso quasi di gioia che quel pensiero gli aveva provocato o di rabbia mista a paura… 

⌘ * § * ⌘

Quel giorno però Richard non era l'unico a vedere quel dolce siparietto.
Qualche metro più indietro, un’altra persona aveva visto tutta la scena. Qualcuno che aveva deciso di avvicinarsi alla villa, ma la fortuna aveva giocato a suo favore e si era ritrovato a pedinare lo scrittore che andava in giro da solo.
Qualcuno che aveva spiato non solo la donna e la bambina, ma anche lui e che stava esaminando proprio come lui qualcosa, ma non riguardava la piccola, bensì la sua reazione. Un ghigno compiaciuto si aprì sulla bocca di quell’uomo.
Per quel giorno aveva visto abbastanza, ora poteva dedicarsi a ciò per cui si era alzato quella mattina e che avrebbe dovuto portare a termine prima della fine della giornata. 




Capitoletto più breve ma intenso :P
A mercoledì!
Vulpix <3

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Capitolo 32
*** ...perché appressando sé al suo disire,nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. ***


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«...perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.»

  ( da Paradiso I , 7 - 9 )


Rimase a guardarle per un bel po', incantato da quello spettacolo dolcissimo, finché il loro movimento lo fece destare dai suoi pensieri e attese che lasciassero il parco, prima di tornare allo scuter e al 65th, ma per tutto il tragitto era come se fosse un automa. Camminava prima, guidava poi, come se la sua mente fosse del tutto scollegata dal corpo e stesse elaborando teorie una più assurda dell’altra alle quali si rifiutava di credere.
Parcheggiò lo scuter nella piazzola antistante il portone di ingresso e mentre inseriva il cavalletto la voce di Esposito lo raggiunse.
- Hey Castle, da dove arrivi?- gli disse avvicinandosi - il Capitano ti sta cercando ovunque!-
- Sono andato a fare un giro- rispose incamminandosi verso l'edificio.
- Da solo?- 
Quando lo raggiunse vide nei sui occhi l'ombra della preoccupazione.
- Si da solo! Avevo bisogno di una boccata d'aria e Ka..Beckett ha chiesto due ore di permesso. Non credevo di aver bisogno del babysitter.- rispose alquanto irritato.
- Scusa Bro! È che questa storia del serial killer ci ha fatto andare tutti un po' in paranoia.-
Rayan aveva visto i due uomini fermarsi a chiacchierare e li aveva raggiunti.
- Che succede?- chiese.
- Ragazzi ho bisogno di parlarvi.- disse lo scrittore senza rispondere e prima che i due detective potessero dire qualcosa, si allontanò andando verso il giardino sul retro della villa.
Dopo qualche minuto anche i due Bro lo raggiunsero.
Si sederono al tavolo da giardino nel piccolo gazebo che un tempo serviva da patio quando la villa era una normale abitazione familiare.
- Cosa succede Rick?- chiese Espo.
- Perchè siamo venuti qui dietro?- continuò Ryan.
Oggi ero nel parco e ho ripensato a Beckett e sua figlia - fece una pausa - ma prima forse è meglio che vi racconti cosa è successo tra me e Kate l'ultima volta che ci siamo visti.- disse con voce seria e sguardo sognante.
Gli raccontò tutto quello che era successo quella notte, iniziando da quando aveva bussato alla sua porta. I due detective ascoltarono attentamente, non riuscirono a nascondere un sorriso e a lanciarsi un’occhiata maliziosa appena seppero che finalmente potevano estinguere la loro scommessa. Purtroppo però quel pensiero giocoso finì subito, non appena realizzarono che quella era anche l'ultima volta in cui si erano visti e in quella sola notte avevano trovato la felicità e al risveglio tutto era andato in fumo con quella litigata.
- Vorrei non essermi svegliato quella notte - disse lo scrittore a mezza voce, riportando la loro attenzione su di sé - sono certo che sarebbe partita lo stesso ma dopo un periodo di rabbia, una volta che lei fosse tornata qui, non ci sarebbe il gelo che ora è tra noi e probabilmente sarebbe più facile ricostruire qualcosa con lei.-
I due uomini non riuscirono a proferire parola perché lo scrittore ricominciò a parlare.
- Ragazzi ho bisogno che facciate una cosa per me!- disse con determinazione.
- Di cosa si tratta?- chiese Ryan curioso.
- Cercare tutte le informazioni che riuscite a trovare sulla figlia di Beckett!- affermò.
- Che cosa?- urlarono insieme i due detective.
- Fatti gli affari tuoi, Castle!- aggiunse Esposito.
- Non mi sto impicciando della vita di Kate...-
- Come no!- lo interruppe Esposito con fare canzonatorio.
- Ascoltatemi ragazzi... Io e Kate non ci vediamo da due anni e circa 9 mesi. Mi seguite?- disse anche se non era una vera e propria domanda - Quando, circa un mese fa, abbiamo rivisto Kate e scoperto che aveva una figlia, ci ha detto che Joe aveva 23 mesi.-
- E quindi?- chiese Esposito.
- D'allora è passato un mese per cui ora ne ha quasi 24, cioè due anni...-
- Non starai mica cercando di dirci che Joe è tua figlia?- esclamò Kevin appena realizzo che il calcolo portasse al risultato esatto.
- Non lo so ragazzi - sospirò - ma è proprio quello che voglio scoprire!- 
- Perché non lo chiedi a lei?- disse Esposito.
- Secondo te mi direbbe la verità? Forse prima ero solo curioso di capire chi fosse quell'uomo tanto fortunato e allo stesso tempo stupido da lasciarsi sfuggire una donna e una creatura straordinarie!-
- Non ti sembra di esagerare? L'hai a mala pena vista in foto- disse Ryan.
- In realtà no - confessò - prima ho seguito Kate.-
- Ma ti sei bevuto il cervello?- sbottò Esposito - Ti rendi conto che oltre ad essere un reato hai rischiato che ti scoprisse e ti uccidesse con le sue mani!?!-
- Vedi...- disse indicando la sua reazione - Credi che chiedendolo a lei possa andare in contro a una fine diversa?-
- Mmm non credo proprio Bro.- disse Ryan.
- Per questo ho bisogno del vostro aiuto ragazzi!- si prese qualche secondo per guardare entrambi negli occhi mostrandogli che diceva sul serio e che la sua non era solo curiosità.
- Quando ho saputo che aveva una figlia ho sentito una morsa e ho anche pensato che se le cose fossero andate diversamente avrebbe potuto essere mia. Poi spinto dalla mia curiosità sono riuscito a strapparle qualche confessione e sapere che suo padre non è con loro e soprattutto lui non sa di avere una figlia. Oggi al parco ho potuto osservare Joe e all'improvviso ho avuto l'impressione di vivere un déjà-vu e vedere Alexis da piccola ma con i capelli biondissimi invece che color carota. É stato in quel momento che ho vissuto delle fortissime emozioni contrastanti e ho preso la decisione che devo arrivare in fondo a questa storia! Non solo per me... ma se Joe è mia figlia non le permetterò di farla crescere senza un padre!-
Ryan annuì immediatamente, essendo genitore s’immedesimò in Castle ipotizzando quale sarebbe stato il suo comportamento in una simile eventualità. Anche Esposito capì quanto quella cosa fosse importante, non aveva figli ma lo era stato e sapeva cosa volesse dire aver bisogno di un padre e soprattutto, in quegli anni, aveva capito cosa avesse rappresentato la mancanza di una figura paterna per Castle e poteva capire il perché del suo interesse iniziale e della sua determinazione per evitate alla piccola Joe di vivere senza di essa, a maggior ragione se quel padre era lui!
- D'accordo - disse - me ne occupo io. Conosco qualcuno che potrà darci una mano a rintracciare informazioni a LA.- si voltò verso il collega - Tu magari cerca il modo di avere qualche informazione, sei un padre e Jenny è attualmente incinta per cui qualche domanda da parte tua potrà insospettirla di meno.-
Quando il collega annuì, tornò a guardare Castle - e tu prova a creare le condizioni necessarie per chiederle se è tua! Del resto è un dubbio più che legittimo con le poche informazioni che ti ha dato e cosa è successo quella sera.-
 
 
In quel momento sopraggiunse Carl sul porticato.
- Non si trova il direttore del carcere- disse attirando l'attenzione - l’abbiamo cercato dappertutto!-
I tre uomini lo raggiunsero e rientrarono nella villa, dove trovarono Roy quasi sulla porta.
- Ho appena sentito il giudice, ha detto che la volta in cui Cross chiese il premesso di uscire per assistere la moglie, lo chiese al direttore e fu lui a impedirgli di uscire!-
- Chiamo il medico del carcere.- disse Esposito correndo alla sua scrivania.
- Io provo ancora a contattare il direttore.- disse Ryan seguendo il collega.
Una volta entrati dentro, Castle ne approfittò per ridare le chiavi a Carl
- Tutto bene?- chiese il giovane vedendo lo scrittore pensieroso.
- Si certo!-
Esposito agganciò il telefono e disse:
- Il dottore dice che ha una barca e nei giorni liberi va lì. È attraccata a Red Hook in una piccola zona situata tra il mare e l’ Erie Basin.
- Ho localizzato il cellulare!- esclamò Carl, confermando che la zona era vicina a quella in cui di solito ormeggiava la barca.
- Andiamo!- disse Espo rivolgendosi al collega.
In quel momento Montgomery si rivolse a Brennan:
- Chiama Beckett e dille di raggiungerci direttamente sul posto.- diede uno sguardo all'orologio e mentre si incamminava rispose alla tacita domanda di Castle.
- Ormai le due ore di permesso sono quasi terminate, è meglio farla venire lì, tu sali in macchina con me!- disse e s’incamminò verso l'uscita.
Prima di attraversare la soglia si voltò verso il ragazzo - ah Carl,- quando ottenne la sua attenzione continuò - prima ho dimenticato di mettere il casco e credo mi abbiano fatto la multa!- disse.
Il ragazzo sbiancò all'istante e con voce tremolante chiese :- credi o sei sicuro?-
- Sono sicuro - disse avvicinandosi a lui e lasciando sulla scrivania la multa - ma sta tranquillo, l'ho già pagata io!-
 
   

⌘ * § * ⌘

 
Arrivarono all'indirizzo che gli aveva dato il medico e chiesero della barca.
Il guardiano li accompagnò verso l'attracco ma ad un tratto si fermò indicando una barca alla deriva, qualche metro più avanti.
Quando riuscirono a raggiungerla ed entrarono al suo interno, sul letto nella cabina padronale trovarono il corpo del direttore.
Qualche istante dopo li raggiunse anche Beckett.
- Al tramonto, come ci aveva detto con i versi di Dante.- disse lo scrittore, non appena lei gli fu vicina.
- Ciao Ragazzi!- li salutò l'anatomopatologa appena sopraggiunta.
- Ciao Lanie- la salutarono.
- Ann, mi ha detto che oggi è il tuo compleanno?- chiese rivolta ad Espo che rimase sorpreso.
Tutti i presenti gli fecero gli auguri e lui ne approfittò per invitarli a cena.
- Sono invitata anche io?- chiese Lanie tornando verso il gruppo.
- Si certo! - rispose.
- Al Delmonico's -
- A che ora?-
- Massimo le 21-
- Ok!- rispose.
- Che ci dici del corpo?- chiese Kate, mettendo fine a quello scambio di sguardi tra i due.
- Per il momento posso solo dirti che non ha fori di proiettile e nessun segno di strangolamento per cui a una prima analisi è stato...-
- Avvelenato.- completò per lei la frase Castle.
  

⌘ * § * ⌘


Dopo che la scientifica ebbe fatto alcuni rilievi preliminari, acconsentirono a far rientrare i detective.
Castle si avvicinò alla scena del crimine, restando sempre un po' in disparte.
Kate non fu l'unica a notare il suo comportamento e anche Montgomery gli si avvicinò.
- Se quella volta lì non mi fossi messo in mezzo - disse con aria afflitta - e Gray non avesse sparato, tutto questo non sarebbe accaduto.-
Alzò gli occhi e invece di incrociare quelli del Capitano, il suo sguardo andò oltre, verso la detective accucciata vicino al cadavere.
- Ti stavi difendendo e Gray difendeva i suoi compagni, dimentica!- disse Montgomery poggiando una mano sulla sua spalla.
- Come si fa a dimenticare?- rispose lo scrittore voltandosi appena e puntando lo sguardo negli occhi del capitano.
 




Salve!!!
Eccomi anche questa settimana, in leggero ritardo, con il nuovo capitolo!
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che leggono, recensiscono e che "mipiacizzano" su fb...
  
Vi auguro una Serena Vigilia e Tantissimi Auguri di Santo Natale
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Anche se nel biglietto vi anticipa anche New Year... Noi ci "leggiamo" settimana prossima!
Vulpix
<3

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Capitolo 33
*** Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova... ***


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«Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte.»

  ( da Purgatorio XXIII, 67 - 69 )


Dal ritrovamento del corpo erano passate un paio di ore. La squadra del 65th aveva lasciato sul posto i tecnici della scientifica per completare i rilevamenti e dopo che il furgoncino del coroner era partito alla volta dell'obitorio, seguito da Lanie, loro erano tornati al distretto.
Castle era stato pensieroso per tutto il tempo e Montgomery lo aveva notato.
Ormai volgeva la sera e al distretto ognuno aveva completato le proprie mansioni e non restava altro che aspettare qualche novità da Lanie, ma sapeva benissimo che ci sarebbe voluta qualche ora e a quel punto sarebbe stato rinviato tutto al giorno dopo.
Si alzò e andò a parlare con il Capitano.
Una decina di minuti dopo tornò alla sua scrivania e iniziò a chiudere alcuni rapporti.
"Quella bambina deve avere qualche potere magico se basta nominarla per far sciogliere il duro capitano Montgomery come burro! Mi ha concesso il secondo permesso in poche ore! Non posso crederci!" pensò tra sé, sorridendo, la Detective.
Si alzò di nuovo e questa volta i suoi gesti furono seguiti dallo sguardo dello scrittore.
- Senti se non hai altro da fare, ti riaccompagno a casa che ho la bambina con un po’ di febbre e ho già parlato con il Capitano.- disse quando gli fu accanto.
- Ha la febbre alta? Posso fare qualcosa per lei?- chiese lo scrittore alzandosi di scatto e prendendo la sua giacca, aiutandola ad infilarla.
- No solo qualche decimo ma vuole che la sua mamma stasera stia un po’ con lei.-
- Devi tornare a LA?- chiese con gli occhi sgranati, provocando la risata della donna.
- No. Mio padre stamattina l'ha portata nella sua vecchia casa, staranno là per qualche giorno- e prima che gli venisse in mente qualunque cosa per smontare la sua finta copertura - non mi va di stare con mio padre, mi tartasserebbe per sapere cosa è successo e sono abbastanza grande per non dovermi sorbire la predica… di nuovo!- disse abbassando la voce sul finale. -Oltretutto è troppo lontano per venire qua ogni mattina. Ma per questa sera posso fare il sacrificio per mia figlia! Non trovi?- gli chiese.
- Nonono, vai va. Joe viene prima di tutto!- esclamò stupendo la donna e anche se stesso. "La gita al parco deve avermi segnato più di quanto credessi" disse tra sé. - Per me non c’è problema, mi darà un passaggio Ann o Carl- aggiunse.
- Sei Stanco dovresti riposare un po’-
  

⌘ * § * ⌘

 - Hey Castle dov’è Beckett? - chiese Esposito rientrando nella stanza dopo aver parlato al telefono con Lanie.
- È andata a casa, la bambina aveva un po' di febbre!-
- Come andata a casa? Non viveva da te?- disse con tono malizioso.
-Si è fatto tardi!- disse indossando la giacca.
- Dove vai? Non vieni alla cena per il mio compleanno?- chiese il detective.
- No mi dispiace tantissimo Espo, ho ricordato di avere un impegno improrogabile!- disse Rick poggiando una mano sulla spalla del detective.
- Hey Carl stai andando in città?- chiese lo scrittore quando vide il ragazzo infilarsi il giubbotto e prendere il casco.
- Si - rispose Brennan. - Vuoi un passaggio a casa?- chiese.
- No prima devo andare in un posto... Mi ci porteresti?- chiese già conscio della risposta affermativa.
- Si certo, ma questa volta indossa il casco, non ho voglia di prendere un'altra multa per colpa tua!- disse il giovane mollandogli il casco.
Castle si scusò di nuovo con Esposito e seguendo Carl uscirono dall'edificio.
In quel momento squillò il suo cellulare e prontamente rispose:
- Esposito.-
- Hey Bro, scusami ma Mike ha la febbre alta e Jenny da sola non può occuparsene e preferisco che eviti di stargli vicino, potrebbe essere pericoloso per il piccolo!- disse Ryan.
- Figurati fratello!- poi con voce più bassa aggiunse - mi stanno dando buca tutti, credo che disdirò la cena!-
- Anche Lanie?- aggiunse il collega, con intonazione maliziosa.
- No lei no. Il Capitano ha il compleanno di sua figlia, Castle altri impegni segreti, Beckett come te ha la bimba malata!-
- Si è periodo di influenze... Ma puoi sempre fare una cenetta romantica con Lanie...-
- Davvero Bro? Dopo il modo in cui ci siamo lasciati, credi ancora che possa esserci qualcosa tra noi? -
- Io dico di si, e dovresti crederci anche tu! Dopotutto siamo tornati a scommettere sul ritorno di mamma e papà, non puoi credere che tra te e Lanie possa riaccendersi la fiamma?-
- Come no! Dopo una bella cenetta in cui mi  riempie di alcol e mi da fuoco!- disse sorridendo fintamente.
- Se non ci credi tu per primo, non potrà mai avverarsi qualcosa di romantico...-
- Credevo di parlare con il mio partner e non con Castle di un paio di anni fa!- lo interruppe l'ispanico.
- Provaci, che ti costa? E non venirmi a dire che non vuoi, perché so che non è vero!-
- Ok non disdico, ma solo perché è il mio compleanno e ho voglia di festeggiarlo finalmente!-
- Ora devo lasciarti! Mi raccomando! Buon Compleanno e divertiti...Domani voglio sapere tutto!-
- Certo! Ma lo sai che sei peggio di una vecchia comare?- 

⌘ * § * ⌘

 - Ok Carl, accosta qui!- esclamò lo scrittore urlando nell’orecchio del ragazzo, per sovrastare i rumori circostanti.
Brennan scalò di marcia e si avvicinò al marciapiede, aspettò che Castle smontasse dalla moto e gli chiese:
- Sei sicuro che è qua che devi andare?-
- Si certo che sono sicuro!-
- Va bene! A me sembra un condominio privato…-
- Secondo te per cenare con un amico dove dovrei andare? In biblioteca?- disse cercando di apparire scocciato.
- Ok Ok!- prese il casco dalle mani dello scrittore e poi chiese: - Vuoi che ti passi a prendere più tardi?-
- No grazie! Dovrei essere abbastanza grande da poter prendere un taxi da solo!-
- Ok ma non ti arrabbiare! Sto solo eseguendo gli ordini!-
- Quali ordini?- chiese ma non ottenne risposta dal ragazzo che pensò bene di accelerare e sfrecciare via, prima di fare altri danni.
Rimasto solo, si cercò un muretto al quale appoggiarsi e da dove poter vedere l’appartamento. Trovò un appiglio proprio di fronte alla finestra di quella che a suo dire doveva essere la sala da pranzo. Era una delle due finestre illuminate su quel lato dell’abitazione e s’intravedeva un via vai di persone, ma la sua attenzione fu catturata da una piccola ombra che sembrava essere dinanzi alla tenda e probabilmente era intenta a guardare fuori, mentre un’altra ombra più grande sembrava le stesse dando da mangiare. Non gli fu difficile immaginare la scena. Una cosa simile era già successa con il gelato, nel pomeriggio e adesso considerando l’ora, doveva essere la cena.
 
- Avanti Joe mangia! Vorrai mica farti trovare dagli amici del nonno mentre la mamma ti da la pappa?-
La piccola non rispose ma si limitò a fare una faccetta disgustata e buffa che la fece scoppiare a ridere.
- Mamma chi è quel tinore?-
- Quale signore?- chiese mentre si voltava verso la direzione indicata dalla piccola.
- Se è un amico del nonno pecchè non enta?- chiese ancora la piccola.
Poggiò il cucchiaio nel piatto e con la mano ora libera, spostò la tenda.
- E lui che diavolo ci fa qui? 

⌘ * § * ⌘

 Salì di corsa i pochi scalini all'ingresso e si diresse verso il concierge chiedendo se fosse arrivata la sua ospite e dove fossero stati sistemati, dopo il cambio di prenotazione fatto con poco preavviso.
Si voltò seguendo la direzione che gli fu indicata e restò senza fiato. Lanie era seduta ad un tavolo per due, il viso illuminato dal riflesso della luce di una candela e rivolta verso la vetrata che divideva la sala ristorante più chic da quella più rustica del  bancone bar con i tavolini a voler ricreare l'atmosfera dei pub.
Quando aveva scelto il posto, gli era proprio piaciuta questa sua duplice veste. Mescolava lo sfarzo del ristorante, adatto ai ricconi o a 'cose serie', con il pub più consono a lui e ai suoi amici.
Non sapeva per quale ragione il maitre avesse deciso che il loro tavolo, ormai per due, fosse destinato alla sala sfarzosa e all'atmosfera romantica della zona in cui era situato.
- Mi dispiace, ci dovevano essere tutti ma all’ultimo momento mi hanno scaricato.- Disse arrivando alle sue spalle e attirando la sua attenzione, mentre faceva il giro per accomodarsi al suo posto.
-Non ti preoccupare, non è la prima volta che esco sola con un uomo.- Rispose Lanie con un piccolo sorriso che non sapeva decifrare, ma che gli era sembrato triste.
- Immagino- rispose ironico.
- E adesso chi sa come faranno senza di te…- scherzò lei.
- Non stanno lavorando...- poi tornando scherzoso - Ma posso sapere perché mi prendi sempre per il culo?-
- Perché ti voglio bene!- disse sorridendo.
 




Salve!!!
Eccomi qui per l'ultimo capitolo del 2015!
Spero abbiate passato un Buon Natale e siate pronti per festeggiare, senza botti, l'arrivo del nuovo anno.
 
Vi auguro Buon Capodanno e un magnifico 2016
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Ci "leggiamo" al nuovo anno... che poi sarebbe settimana prossima! :p
Vulpix
<3

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Capitolo 34
*** Amor che ne la mente mi ragiona cominciò elli allor sì dolcemente ***


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  «Amor che ne la mente mi ragiona
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.»

  ( da Purgatorio, II, 112 - 114)


- Che diavolo ci fai qua, Castle?- gridò dall'uscio della porta.
Appena aveva riconosciuto la figura da lontano, aveva consegnato la bambina e il piatto a Zia Teresa e si era catapultata come un razzo alla porta. Beh dalla rabbia con cui si muoveva era più simile a un missile aria-terra che ora si muoveva in direzione del suo bersaglio.
Lo scrittore restò impietrito quando capì di essere stato scoperto e a lei un sorriso scappò dal suo controllo, capendo i pensieri del suo scrittore che probabilmente stava sperando che lei non avesse una pistola a portata di mano.
- Oh ciao Beckett!- fu il sorpresissimo saluto palesemente finto.
- Non far finta di non aver sentito! Che diavolo ci fai qua?- chiese di nuovo.
- Eh... Sto andando a trovare un amico qui vicino..- cercò di giustificarsi.
- Castle, questa è una via senza uscita, che porta solo alla palazzina di mio padre, a meno che il tuo amico sia Jim Beckett...-
- Ok ok! Non ti arrabbiare!- disse - Hai mica la pistola?- le chiese.
Voleva rimanere impassibile e arrabbiata ma la conferma dei suoi pensieri la fece sorridere di nuovo. Per fortuna si riprese velocemente e tirò fuori di nuovo la sua occhiata.
Lo vide deglutire prima di rispondere: - È vero, stavo andando da un amico ma devo aver sbagliato indirizzo..- terminò la frase con il suo sguardo da cucciolo che tradì la quasi riuscita del suo tentativo.
 
- Katie tutto bene?- una voce alle sue spalle la fece voltare.
Jim Beckett dopo aver assistito all'uscita repentina di sua figlia, non vedendola più tornare si era insospettito ed era andato a controllare cosa stava succedendo nel cortile fuori alla sua porta.
- Si papà tutto bene, rientro subito- rispose voltandosi appena ma facendo l'errore di mostrare il suo interlocutore.
- Signor Castle!- disse l'uomo uscendo da casa e facendo qualche passo verso di loro.
- Signor Beckett- rispose Rick, scansando Kate e avvicinandosi verso l'uomo porgendogli la mano.
- Come mai da queste parti?- chiese mentre prontamente ricambiò il gesto in una stretta.
- Ehm ero qui per una cosa riguardante il caso.- cercò di inventare lo scrittore.
- Successo qualcosa?- chiese l'uomo, alternando lo sguardo su entrambi e soffermandosi sulla figlia, sperando che non dovesse tornare in cittá.
- Niente Papá, sta tranquillo- lo rassicurò capendo il suo timore.
- Non si preoccupi, io tolgo immediatamente il disturbo- disse lo scrittore, pronto a fare i saluti di commiato.
- Non poteva chiamarla al telefono invece di venire fin qua giù?- chiese giustamente Jim.
- Si certo ma ero nei paraggi...- cercò di giustificarsi- sapevo che Kat... Beckett era qui e sono passato prima di tornare a casa!-
- Ti chiamo un taxi- intervenne Kate afferrando il cellulare dalla tasca.
- Non ti preoccupare, posso chiamarlo anche io!- disse Rick fermando la detective poggiando una mano sulla sua.
- Perchè non entra ad aspettarlo in casa?- chiese Jim, guadagnandosi uno sguardo di fuoco da sua figlia.
- Grazie ma non vorrei disturbare- disse guardando l'espressione di Kate, poi tese la mano a Jim prima che potesse aggiungere altro- Ah Buon Compleanno Signor Beckett!- esclamò.
- Grazie mille! Mi chiami pure Jim- strinse la mano e sorrise - Non farmi sentire vecchio!-
Kate aveva ancora gli occhi sgranati e la bocca aperta, lo guardava come a dirgli "che fai, socializzi col nemico?" ma la cosa sembrava solo divertire Jim.
- Allora Signor Cast...-
- Mi chiami pure Rick!- lo interruppe.
- D'accordo Rick, ti va di entrare?-
- Ehm... Non vorrei offenderla Jim ma è la sua festa, e oltre a non aver un regalo per lei perché non lo sapevo, mi sentirei di invadere la sua vita privata!-
- Da quando ti preoccupa questo?- si intromise Kate.
Entrambi gli uomini si voltarono verso di lei, Jim la guardava come un tempo, quando da bambina ribelle si rivolgeva in modo scostumato, mentre Rick accusò il colpo ma rispose: - l'ho sempre fatto, so quando devo fermarmi e se non lo faccio so che è necessario!- rispose duro.
- Non mi sembra che questa tua regola sia valsa con me in passato e nemmeno nel presente!-
Era pronta a qualsiasi cosa pur di difendere ancora una volta la privacy di sua figlia, anche con lui. Avrebbe potuto anche sbranarlo se suo padre non si fosse messo in mezzo.
- Dai Rick entra! Ci sono solo un paio di parenti e qualche amico... Nulla di troppo serio o imbarazzante per te!- assestò uno sguardo a sua figlia e tornò su di lui.
- Mi farebbe piacere!- poi come se non fosse abbastanza, mise una mano sul suo braccio e dopo averlo tirato verso sé, con l'altra dietro la schiena a mo’ di abbraccio, lo condusse verso casa.
- Non importa il regalo, considererò questa serata e il modo per conoscere meglio con chi trascorre le giornate la mia Katie, una sorta di ricompensa!-
A Kate non restò altro che lasciar cadere le braccia lungo il corpo e dirigersi verso l'interno, sperando di riuscire a sopravvivere indenne a quella serata. Sapeva già che sarebbe stata una cosa difficile, soprattutto per il suo cuore.
 
 

⌘ * § * ⌘


I loro battibecchi furono interrotti dal cameriere che venne a chiedere le comande e appena furono soli, Lanie ne approfittò per tirar fuori il suo regalo.
- Ma che è per me? - chiese Esposito emozionato.
- E’ il tuo compleanno!- disse ridendo - Aprilo- concluse regalandogli uno sguardo di attesa.
Prese il piccolo pacchetto e cercando di celare la sua emozione lo scartò.
- Ma dove l’hai trovati?- disse sollevando il cofanetto contenente i tre cd -Questi non li conosce nessuno in America!-
Scartò anche il cellofan e aprì la custodia cercando il libretto.
- Li ho ordinati su internet.- disse facendo spallucce.
- E come fai a sapere che mi piacciono?-
- Lo so perché casa tua è piena di cimeli e cd loro e poi sono uguali a te… incazzati neri, a volte…- disse sorridendo.
- Io non sono incazzato nero, lo sono solo con i medici, non li sopporto!-
- È per la cosa di tuo fratello?-
- E chi te l’ha detto?-
- Nessuno, stavo rimettendo a posto l’archivio e ho trovato la sua scheda...-
- Pure lui è finito in quel brutto posto dove lavoravi tu…- disse Esposito cercando di distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
- C'era scritto che ce l’hai portato tu.- disse subito prima di pentirsene.
- Si l’ho portato io dopo che mi hanno chiamato…- si voltò e finalmente ebbe la forza di incrociare i suoi occhi.
- Non c’era nulla da fare…- la voce di Lanie lo riscosse dai suoi pensieri.
- Dovevo capirlo prima!- disse stringendo un pugno sulla tovaglia.
- Non avresti potuto fare niente!- disse poggiando la mano sopra la sua.
In quel momento il cameriere si schiarì la voce e alla svelta depositò i piatti prima di risparire in cucina capendo di essere di troppo.
- Ti sei incantato? - gli chiese accarezzandogli con il pollice la mano che ora stringeva la sua.
- Che gli racconti al professore?- le chiese, senza sciogliere la stretta.
- A chi?- chiese lei sorridendo.
- A Victor... si chiama così no?-
- Che t’importa che gli racconto!- disse togliendo la mano stretta tra la sua ma con un leggero sorriso in volto.
- Così per curiosità- mentì accompagnando le parole con un gesto del viso.
- Gli racconto che sono uscita a cena con te.- disse a bruciapelo lei.
- E non è geloso?- le chiese.
- Anche lui è geloso, ma sopporta… io invece non lo sopporto più!- disse lasciando cadere la forchetta nel piatto.
- Non sopporti che è geloso?-
- Non sopporto più lui in generale…- la vide alzare gli occhi e incrociare il suo sguardo - Mi dispiace perché è gentile, vigliacco come pochi ma gentile!- sorrise e riprese in mano la forchetta.
- È un anno che dice che vuole lasciare sua moglie ma tanto non lo farà mai!- disse infilzando la pietanza e portandola alla bocca con nervosismo.
Continuarono a gustare la loro cena parlando del più e del meno quando all'improvviso le sentì dire:
- Ho deciso di lasciarlo...-
Alzò lo sguardo verso di lei che continuò la frase: -ma non so come dirglielo...-
- Glielo dico io!!-
 

⌘ * § * ⌘


Oltrepassò la soglia e una ventina di occhi furono puntati su di lui, curiosi di vedere quella persona che aveva fatto schizzare fuori la figlia del festeggiato, seguita poco dopo dallo stesso.
- Accomodati pure!- gli disse Jim appena furono dentro, indicando il buffet sul tavolo laterale e poi anche alle poltroncine o sedie sistemate random per la stanza.
- Grazie-sorrise lo scrittore che per la prima volta in vita sua stava soffrendo di quella cosa che tutti chiamano timidezza ma che lui non aveva mai sperimentato di persona.
Fece un rapido giro con la testa, scrutando la sala e gli ospiti. Notò qualche festone che aveva visto comprare nel pomeriggio a Kate e Joe e poi il suo sguardo passò in rassegna gli invitati. Ricambiò un cenno timido di saluto. “Da quando in qua sono diventato timido?” si chiese mentre riceveva occhiate di vario genere dalle dieci persone presenti nella sala che da quando aveva varcato la soglia, non avevano niente di meglio da fare che guardarlo o fingere noncuranza mentre bisbigliavano qualcosa tra di loro ma in direzione sua.
Finalmente il suo stato d’animo fu consolato dall’espressione della detective che era forse peggio della sua. Il suo sguardo si spostava da una persona all’altra, in un misto di disagio e sguardo di fuoco, mentre le sue gote erano diventate quasi dello stesso colore della scritta Buon Compleanno che si stagliava sulla parete alle sue spalle.
In quel momento un piccolo tornado dai capelli biondi e due diamanti di un blu scintillante irruppe a tutta velocità fiondandosi tra le braccia della mamma che prontamente si era abbassata per  accoglierla.
Quando riemerse dal collo della sua mammina, dopo averla riempita di baci come se fossero passati anni e non solo qualche minuto dal distacco, i due occhietti si puntarono su di lui.
- Chi è?- chiese rivolgendosi alla mamma prima e al nonno poi.
- Un amico della mamma- rispose Jim- che è venuto a fare gli auguri al nonno.- concluse.
Dopo un attenta osservazione, gli occhietti indagatori si rivolsero a lui: - Ma non hai pottato nettun legalo a Nonno?-
Un imbarazzo stratosferico si impossessò di lui, mentre Kate se la rideva sotto i baffi stringendosi alla piccola e Jim cercava una scusa per  Joe.
- L’ho dimenticato a casa.- disse di getto.
-  Ma come?- lo rimproverò- vai alla fetta e ti coddi a casa il legalo?-esclamò con la manine aperte e ben in vista, facendo ridere l’itera sala.
- Hai ragione, sono proprio sciocco!- esclamò
- Non fa niente!-disse Jim, poi rivolgendosi alla piccola-Basta il pensiero!-
- L’hai pottato?-
Tutti e tre la guardarono sgranando gli occhi e lei si sentì in obbligo di spiegare un ovvietà.
- Il pentiero… l’hai pottato?-
Tutti si misero a ridere compreso Jim che sembrava volesse tapparsi la bocca con le mani per non scoppiargli in faccia e mentre lui voleva sprofondare in un buco sotto terra, Kate spiegò alla piccola il perché di tanta ilarità.
Joe la guardava con faccino tra lo spaventato e il dispiaciuto, non capendo cosa avesse detto di male, mentre Kate la stringeva a se e le accarezzava il visino.
“Una scena più bella non avrebbe potuto immaginarsela” pensò mentre le sentì dire:
- No piccola…- le sorrise-  il pensiero non è una cosa che si porta…- fece una pausa cercando le parole adatte e disse: - Vedi Cas… Rick è venuto a salutare Nonno e a fargli gli auguri- la piccola annuì- e quindi ha avuto il pensiero di venire qua!-
- E al nonno basta questo!- sottolineò Jim.
- Però ti prometto che domani porto il regalo al nonno! Va bene?-  intervenne lo scrittore.
-  Ti- sorrise la piccola.
- Affare fatto!- disse l’uomo allungando la mano che fu stretta, o meglio riempita in parte, dal piccolo palmo di quella di Joe.
 




Buona Befanaaaaa!!!
A Mercoledì prossimo!
Vulpix
<3


ps: La storia del fratello di Espo l'ho scritta tempo addietro, prima della puntata dedicata a lui e in cui scopriamo pezzi del suo passato. Quindi.... prendetela come licenza poetica ;p

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Capitolo 35
*** ...che dentro al core nasce un disio de la cosa piacente; e tanto dura talora in costui, che fa svegliar lo spirito d'Amore... ***


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«Bieltate appare in saggia donna pui,
  che piace a li occhi sì, che dentro al core
  nasce un disio de la cosa piacente;
  e tanto dura talora in costui,
  che fa svegliar lo spirito d'Amore.
  E simil face in donna omo valente.»

  ( da Vita Nova XXIX, 9 - 14 )


“Aveva trascorso una buona mezzora” pensò. Da quando suo padre aveva fatto entrare in casa Castle, e il suo cuore non solo era ancora indenne ma era come rinvigorito. In quella casa c’erano le tre persone più importanti della sua vita. Suo padre sembrava andare d’accordo con Rick e anche la sua piccolina continuava a guardare quel gigante buono, come le aveva sussurrato quando si era seduta sul suo grembo a mangiucchiare un pezzetto di dolce proveniente dal buffet, con occhi adoranti.
In quel momento tutto il resto degli invitati sembrava non esistere e lei si perse ad immaginare come sarebbe potuta essere la sua vita se non avessero litigato e se quella meravigliosa creatura fosse stata frutto del loro amore e un loro desiderio, invece che nata da una notte che le aveva ridato la voglia di andare avanti, nonostante tutto. Non era ipocrita, non rimpiangeva nulla di quello che era successo e della gioia che Joe aveva portato nella sua vita, ma quel pensiero era stato più forte di lei e si era ritrovata in quel sogno ad occhi aperti.
Tornò alla realtà e poggiò la ciambella che stava sbocconcellando sul piattino, continuando a tenere lo sguardo verso il basso.
- Tutto bene?- le chiese una voce alla sua destra. Si voltò a guardare il suo interlocutore e gli sorrise.
- Si, tutto bene… non mi ero accorta che eri venuto a sederti.- gli disse.
 - Eri immersa nei tuoi pensieri- le rispose, e quando i loro occhi si incrociarono, confessò-e sembravi così felice e rilassata che quasi non avrei voluto distoglierti da loro.-
- Erano bei pensieri- disse.
- Ma tristi?- le chiese.
Al suo sguardo interrogativo rispose: - Eri felice prima, mentre sembravi essere catapultata in un altro mondo, ma poi al ritorno qui hai assunto un espressione triste e…-
- e…- lo incitò lei girandosi verso di lui e poggiando una mano sul suo ginocchio.
- e avrei voluto fare qualunque cosa per riportarti indietro in quel mondo felice.- Lei gli rivolse un sorriso dolcissimo mentre il suo viso era tornato a splendere di nuovo.
- Papiiiiik-  l’urlo della piccola li fece girare contemporaneamente verso di lei.
Presi da quel dialogo e dallo scambio di sguardi solo loro, non si erano accorti del suono del campanello e del nuovo ospite.
Solo quando si voltarono seguendo la corsa di Joe che terminò tra le braccia del biondo sconosciuto si accorsero di ciò che era accaduto nel mentre.
- Patrick!- esclamò Kate alzandosi e andando incontro all’uomo mentre Rick restò  immobile ma sull’attenti.
- Scricciolino mio! Fatti abbracciare, quanto mi sei mancata!- esclamò l’uomo mentre riempiva di baci il piccolo tornado.
Quando la prese tra le braccia e si fu rialzato, diede uno sguardo sorridente alla donna.
- Splendore, fatti abbracciare anche tu!- le disse, tirandola a sé e stringendo entrambe in un caldo abbraccio. Pure troppo per i gusti dello scrittore.
Mosso da una forza che non capiva da dove venisse, si ritrovò di fianco alla coppia abbracciata, sotto lo sguardo di un Jim Beckett che era un misto tra il divertito e il compiaciuto che fece un finto colpo di tosse e la coppia si separò.
- Signor Beckett, i miei più sinceri auguri di buon compleanno!- disse rivolto all’uomo, porgendogli un pacchetto.
- Vitto Nonno, Papi ti ha fatto un pentiero e anche il legalo!- disse la piccola, ormai a terra, tirando il pantalone di Jim.
Ancora una volta, padre e figlia si misero a ridere ma Jim si riprese subito, accarezzando la testolina della piccola e dicendo: - Si- poi rivolgendosi all’uomo - Grazie Patrick, non dovevi!-
Dopo la stretta formale delle mani, gli mise la sua sulla spalla e disse: - Accomodati pure e per favore, quante volte devo dirtelo, chiamami Jim e dammi del tu… Sei come di famiglia!-
Quelle parole lo gelarono all’istante e solo in quel momento fece caso a come la piccola chiamava l’uomo. “Possibile che sia lui il padre? Possibile che Kate mi abbia detto mille bugie o che suo padre non sappia la verità?”
- Katie, non ci presenti?- chiese il biondo, rivolto alla detective.
- Si certo. Lui è Patrick Devison.- disse rivolta a Rick.
- Patrick- disse poi rivolgendosi all’uomo -lui è Richard Castle.-
- Castle eh?- sorrise l’uomo in direzione della donna, mentre gli porgeva la mano.
- Piacere- disse lo scrittore stringendogliela, troppo piano per quanto avrebbe voluto.
- Piacere mio!- disse Patrick-Ho sentito molto parlare di lei Sgn. Castle!-
Stava per rispondergli per le rime, quando la vocina della piccola lo interruppe.
- Mamma mamma- disse stringendo forte le gambe della donna.
Quando Kate si abbassò alla sua altezza disse: - Ma è lo chittoe…-
Un silenzio tombale piombò sulla piccola. Kate sgranò gli occhi e cercò di dire qualcosa ma non ci riuscì, mentre Rick la guardava incuriosito per spronare la piccola a continuare.
- Ti mammina!! Il tignore dei tuoi libbi!- disse esasperata.
Kate era ancora ammutolita, guardava suo padre e Patrick cercando aiuto e non osava incrociare lo sguardo di Rick.
- Patrick prendi qualcosa da bere?!- la voce di Jim diede a Kate la possibilità di respirare.
- Oh si certo- disse. Poi guardandosi in giro, chiese:- La mia isterica preferita non ci sta?-
- No è ad un altro compleanno!- rispose Jim
- Ma come ha preferito un altro a te? Screanzata!- esclamò sorridendo.
- E si, uno più giovane e bello!- scherzò l'uomo - ma se sapeva di incontrarti sarebbe venuta di certo!- disse iniziando a ridere.
- Ahaha. Quanto mi manca!- disse ridendo.
Mentre l'attenzione fu attirata dal simpatico siparietto dei due, Kate avvicinò a se la piccola e le disse: - No Joe, Rick è un amico della mamma- mentre la piccola stava per riprendere a insistere le disse: - smettila con questa storia, altrimenti fili a letto e niente ‘restare sveglia fino alla torta del nonno’ chiaro?- le disse.
- Ti mamma!- quasi piagnucolò allontanandosi da lei per andare da Patrick.
Castle aveva visto la scena ed era stato quasi tentato di intervenire e l’avrebbe fatto se non avesse temuto la reazione della detective e che avrebbe peggiorato le cose.
Non poté fare a meno di guardarla con disapprovazione e quando lei si rialzò gli chiese: - Che c’è?-
- Nulla…- si diresse verso il tavolo per riempirsi il bicchiere e sussurrò -non sono affari miei!-
 
La serata procedette tranquillamente, aveva scoperto che Lanie e Patrick si conoscevano dai tempi della gravidanza di Kate e che lei aveva verso di lui una sorta di ‘insensata antipatia’, come l’aveva definita Jim, cosa che gli aveva fatto amare l’anatomopatologa! Aveva cercato di indagare oltre, purtroppo senza grosso successo perché il festeggiato sembrava particolarmente grato all’uomo, per cui sarebbe stato inutile tentare di carpire informazioni mentre Patrick era spesso occupato con la piccola e in oltre Kate lo stava tenendo d’occhio.
Ad un tratto, sentì dire al biondino:
- Joe vieni qua!- le correva dietro, uscendo da quella che probabilmente era una delle camere da letto, cercando di impedirle di arrivare in soggiorno.
- Mammaaaaa- urlava la piccola brandendo tra le mani un libro- vedi avevo raddione io!!-
Kate che era seduta a chiacchierare con una sua vecchia tata che non la vedeva da anni, si voltò subito verso la piccola.
- Guadda anche tu, è lui!- disse mettendo il libro sulle ginocchia della mamma, con il retro di copertina verso l’alto e indicandolo.
Trascorse mezzo secondo in cui temette nel vedere la reazione della donna. Non avrebbe saputo dire se aveva più voglia di incendiare il libro, lui o la bambina. Fortunatamente l’istinto materno la fermò.
- Joe dove hai preso questo libro?- le chiese, poi saltando dalla paura - non ti sarai mica arrampicata sulla libreria?- disse guardandola molto arrabbiata.
- No no no, era con me!- intervenne Patrick.
- E tu non avevi altro di meglio da fare che assecondarla e prenderle il libro?- lo fulminò alzandosi.
Quella scena a lui famigliare, questa volta in cui non lo riguardava da vicino, lo faceva sorridere, e se non avesse temuto ritorsioni anche ridere.
- Katie calmati!- intervenne Jim a placare gli animi.
La vide fare un paio di respiri e poi tornare a guardare l’uomo, in cerca di spiegazione.
- Non le ho preso un bel nulla! Ha voluto essere accompagnata in camera a prendere il ciuccio e mi ha detto che ieri avevate dormito insieme per cui era in camera tua.-
Kate incredula guardò la piccola che le ricambiò uno sguardo innocente.
- E dato che anche quando eravate a casa mia avete spesso dormito nel letto grande, le ho creduto e l’ho accompagnata in camera… poi il resto è successo in un attimo!- le disse ancora incredulo per il razzo Joe.
- Johanna- fu la sola parola della donna, rivolgendo lo sguardo alla bimba.
- Ops- disse la piccolo - Mammina è allabbiata.- sfoderò di nuovo lo sguardo angelico e anche quello da cucciolo, non si sa mai.
Kate non riuscì a fare altro che scuotere la testa e chinarsi verso di lei.
- Perché non fai mai quello che dico?-
- Dai Kate, su… non è successo nulla- disse l’uomo, guadagnandosi un occhiata dal basso, ma non per questo meno minacciosa.
- Lo sanno tutti che Rick qua, è lo scrittore…- disse - smettila di prendertela con la bambina.-
Kate si sollevò e stava per rispondergli per le rime ma Rick intervenne.
- Calmati Kate, Joe si sta spaventando, non siamo ad un interrogatorio- le disse prendendole il braccio nella mano e costringendola a guardarlo negli occhi, poi continuò-Se poi vuoi farlo a pezzi, ti do una mano dopo!-
Risero entrambi e lei tornò a mordersi il labbro come aveva fatto tante altre volte.
Si accucciò vicino alla piccola e le disse:- Sai mantenere un segreto?-
Il visino della piccola che era ancora rabbuiato dalla tristezza e dalla sgridata, si illuminò in un secondo.
- TI- urlò
- Shhh- le fece segno con le dita e quando annuì continuò - Si sono io lo scrittore del libro!- e prima che lei potesse dire qualcosa, dato che era già pronta a ricambiare la sgridata della mamma, le disse: - però è un segreto!-
La piccola chiuse la boccuccia e ci portò le manine davanti, facendo ridere  Patrick, la mamma e anche lui.
- Occhei un segleto!-
- Bravissima! Per questo la Mamma si è arrabbiata,- si girò verso la donna, prendendole una mano e facendola accucciare accanto a loro - non vuoi mica far sapere a tutti il nostro segreto?-
- No nooo, cusa!-
- Brava Bambina!- si avvicinò a lei e le diede un bacetto sulla guancia.
- Ora però fate pace!- disse indietreggiando e passando lo sguardo dalla bambina agli occhi lucidi della donna.
Kate lo guardava in un modo che non le aveva mai visto fare. Con gli occhi lucidi e un sorriso accennato ma tutta la sua espressione era chiusa in uno sguardo di dolcezza. Forse solo una volta le aveva visto un’espressione simile, quando parecchio tempo prima le aveva raccontato un pezzetto della storia sua e della sua bambina.
- Cusa mammina- disse la piccola lanciandosi tra le braccia di Kate.
- Scusami tu amore, mamma è un po’ nervosa e mi sono tanto spaventata!-
- Pecchè? Pe il segleto?- le chiese allontanandosi appena, in modo da vederla in viso.
- No amore, mamma credeva che ti fossi arrampicata sulla libreria- poi fece una pausa e vedendo l’espressione di Rick, aggiunse - e si, poi anche per il segreto.-
Mentre loro due stavano per perdersi ancora in un uno dei loro sguardi, la piccola la scosse un po’ attirando la sua attenzione.
- No mamma, ea nel cattetto vitino al lettuccio tuo- le disse.
- E tu come facevi a saperlo?-
- Quando mi sono velliata l’atta sera, quando dommivi ancoa qua, tu tavi legghendo il libbo e poi quando mi hai fatto fale ninna con te, hai metto nel cattetto.- le disse.
- Non ti sfugge nulla a te, vero!?!- poi si ricordò di una cosa e le chiese: - e  con la storia che hai detto a Patrick come la mettiamo?-
La piccola rise e poi, sotto tortura da solletico confessò:- Me la tono invettata e  Papi ci è caccato subito!-
Entrambe scoppiarono a ridere, mentre Patrick storceva il naso. Lui invece, era rimasto ancora alla pugnalata che aveva subito quando aveva sentito la piccola pronunciare la parola ‘papi’.
La voce di Kate catturò nuovamente la sua attenzione. Si era alzata e aveva preso in braccio la piccola, la ridarella si era trasformata in uno sbadiglione.
- Bene Joe saluta tutti che andiamo a fare la nanna!- disse la donna.
- Nooo  io-sbadiglio-non ho-sbadiglio-sonno!- fu la lamentela della piccola che però dovette arrendersi all’evidenza e allo sguardo della mamma.
- Uffa!- sbuffò - vabbene!-
Si sporse verso Patrick e dopo avergli dato un abbraccio gli disse:-Buona notte!-
- Buona ninna!- fu la risposta dell’uomo.
Poi toccò al nonno al quale aggiunse anche -Accoa Buon Companno Nonno!-
- Grazie gioia mia!- le disse baciandole la fronte mentre era ancora stretta nel suo abbraccio.
Dopo un rapido saluto alla sala, si sporse dalle braccia della mamma dicendo:
- Appetta! Vollio salutare lui!- disse indicando Rick.
 Kate sorrise e la mise per terra in modo che potesse correre verso le braccia di Castle.
Quando fu a destinazione, la prese da sotto le braccine e la sollevò facendole fare un volo e un giro intorno a sé, proprio come faceva sempre con la sua Al quando era piccola. La risata cristallina si diffuse per tutta la sala.
- Se dopo non dorme me la prenderò con te!- gli disse Kate appena li raggiunse.
Terminò il giro e appoggiò la piccola al suo petto, stringendola forte e dandole un bacio sulla testa.
- Scusa- sussurrò a Kate prima di ridarle la bambina.
- Mamma mi lacconta la toria della Buonanotte... me la puoi laccontale tu oggi?-
chiese a Rick.
Lui restò un attimo indeciso e rivolse lo sguardo verso la donna in cerca di approvazione ma ricevette uno sguardo del tipo ‘se vuoi’…
- Va bene- le disse sorridendo e allargò le braccia pronto ad accoglierla.
- Dove sono i libri che usa la mamma?- le chiese.
- Nettun liblo… mamma mi lacconta le avventule del Supel Papà!- disse tutta orgogliosa.
Lui si voltò verso la donna che face spallucce, poi con una pacca sulle spalle gli disse: - Inventa Castle… la fantasia non ti manca!-
- Che storia vuoi che ti racconti?- chiese alla piccola.
- Non lo to… sei tu che clivi le torie, laccontami una di quelle! Alla mamma piattiono tanto!-
- Ah alla mamma piacciono tanto le mie storie?- chiese a Joe ma guardando Kate assumere varie gradazioni di rosso senza dire nulla, stranamente.
- Ti… quel liblo- disse indicando quello che prima aveva scatenato il putiferio - lo ha letto tante votte e l’altro gionno ha detto che potevo fare ninna con lei perché il ibblo lo conocce a memoia e poteva mettele di leggele anche oa...-
Le mani della detective non fecero in tempo a zittire la piccola, ma riuscirono solo ad evitare che scendesse in altri dettagli pericolosi e imbarazzanti.
- Niente storie della Cia, Zombie, Fantasmi o quelle cose che piacciono a te!- disse alla volta dello scrittore.
- Non ha ancora due anni e se dovrò portarla in terapia la pagherai tu… se sopravvivrai!-
- Ricevuto!- disse deglutendo - Sono anche io genitore e so cosa raccontare a bambini di questa età!- disse serio- Stai tranquilla è in ottime mani!-
- Lo so- fu la risposta della donna, poi flebilmente disse: -le migliori che conosca…- mentre lui si rivolse alla piccola:
- Allora Joe, saluta mamma che andiamo a viaggiare con la fantasia!-
- Buonanotte Mammina!- disse la piccola stringendo la mamma forte a sé, talmente forte e vicina che face allargare quell’abbraccio a tre.
Dopo un po’ di tempo che non sapeva quantificare, si sciolsero e Kate diede un bacio alla piccola, dopo averle augurato Buonanotte.
- Andiamo...- disse, iniziando a camminare verso la cameretta della piccola, seguendo le sue indicazioni.
 
 




Anche voi siete innamorati di quello scriccioletto?
Io totalmente rapita!
A mercoledì!
Vulpix <3

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Capitolo 36
*** Dal dì che vidi quella bianca mano ogni altro amor dal cor mi fe' lontano ***


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«Dal dì che vidi quella bianca mano ogni altro amor dal cor mi fe' lontano.»
  (Jacopo Sannazaro)


Prende tra le braccia quel frugoletto, la avvolge nella copertina di pail e si dirige verso la finestra dove aziona il mangiadischi che è sul comò.
Nella stanza si diffondono le melodiose note del piano e lei si accomoda sulla sedia a dondolo, con lo sguardo sulla sua piccola, aspettando che sia il momento di intonare le parole della canzone…
 
"Posso venirti vicino?
Riuscirò ad essere come vuoi tu?
Posso venirti vicino?
Io non ho granché da dire
Ma quando ti sto vicino,
tutti i miei pesi spariscono
soltanto a sentirti!"
 
Le accarezza il visino che poggia sul suo cuore e sospira pensando a quanto, quel piccolo esserino sia tutta la sua vita.
 
"Perché ogni canzone che tu canti
è una strada, è un’ala, è una storia
e con il cuore così aperto
mi scordo per un attimo di preoccuparmi,
quando sto vicino a te"
 
Fin da quando era piccolissima, il suono delle sue risate, i suoi gorgheggi, per lei erano come canzoni.  Ma già da prima, sentire quella vita prendere forma dentro di lei, era stato come un segno del destino… Le aveva mostrato la via per non perdersi ancora, l’aveva in qualche modo protetta dal passato e dal presente, le aveva dato l’opportunità di andare avanti e vivere una nuova vita. 
 
"Tu sai che sto cambiando
e ciò che era un problema ora è sciolto
tu sai che io sto cambiando
è tanto il coraggio di cui ho bisogno per comprendere,
e tenere il fuoco nelle mie mani"
 
Non poteva di certo dire che era stato facile, lasciare cadere tutto. Rinunciare alla cosa più importante della sua vita… continuando comunque a seguire quelle tracce che la portavano sempre più nel suo baratro… Finché quelle due striscette rosse le avevano cambiato la vita!
Non era lei ad averne una dentro di se, era stata Joe a riportarla in vita, minuto dopo minuto…
 
"Ora sono tornata sulla terra,
imparando a costruire dall’inizio,
con un cuore tremante mai aspro"
 
Aveva nascosto tutto dentro un angolo del suo cuore e si era lasciata guarire da quel regalo che aveva ricevuto. Quello che per sempre le avrebbe ricordato ciò che significava….
 
"e imparo poi a contenere tutta la ferita e il dolore come un fiore,
ora per ora,
come quando ti sto vicino
e m’immagino
di stare vicino a Te."
 
Chiuse gli occhi, avvicinando il viso a quello di Joe e lasciandole un tenero bacio sul nasino, ispirando quel dolce profumo della loro piccola...

۝§۝§۝            

- Dorme?- chiese l'uomo sopraggiungendo alle sue spalle.
- Dormono - rispose sorridendo la donna.
Da quando erano andati via per leggere la favola della buonanotte, era trascorso più di mezzora e dalla stanza non si sentiva trapelare nessun brusio.
Non che fosse stata tutto il tempo con l'orecchio teso ma a tratti le arrivavano le risate della piccola o le battute recitate dallo scrittore. Invece quando sembrava tutto tacere in uno strano silenzio, dapprima aveva pensato che la piccola si fosse addormentata ma poi non vedendo Castle tornare, si era scusata con sua cugina che continuava ad aggiornarla sulla sua vita sentimentale, di cui aveva ascoltato solo la metà delle chiacchiere, e si era diretta dove la sua mente era stata attratta da tempo.
Adesso se ne stava appoggiata allo stipite della porta della cameretta a guardare la figura dell'uomo pigramente abbandonata sulla sedia a dondolo che avvolgeva con le sue forti braccia il piccolo corpicino della bambina.
- Questa scena mi ricorda qualcosa.- disse Jim sorridendo mentre metteva le mani sulle spalle di sua figlia.
Kate si girò verso di lui, ancora sorridente, aspettando che continuasse.
- Quante volte, quando Joe era più piccola, vi ho trovate a dormire cosi...-
Kate si strinse nell'abbraccio di suo padre che continuò: - la prendevi in braccio per cantarle la vostra speciale ninna nanna e ti sedevi lì a cullarla, ma molte volte crollavi sfinita.-
- Non sono stati periodi facili e averla tra le mie braccia era l'unica cosa che mi infondeva tranquillità. Anche quando si era addormentata continuavo a cullarci dondolando e finivo per cadere in un sonno profondo e tranquillo, finché non arrivavi tu a prenderla per metterla nella sua culletta.-
- Ora invece è diventata una signorina e non vuole dormire se non le racconti la storia del super papà!- disse l'uomo.
- Già... ma almeno mi vuole ancora nel suo letto!-
Jim rise e Kate lo guardò sorpresa e in cerca di spiegazione.
- Niente - sussurrò - è che pensavo che tra ninna nanna e storie non ha mai avuto nulla di convenzionale!-
Scoppiarono a ridere entrambi ripensando al testo della canzoncina e alle storie che lei s’inventava ogni sera.
- Beh almeno hai smesso di cantarle quella cosa depressa! Ancora mi meraviglio come Joe sia così pestiferamente allegra!-
Kate gli diede uno scappellotto sul braccio e tornando a guardare i due dormire, disse: - Vuol dire che dobbiamo ringraziare quel lato del suo carattere che non ha preso da me!-
Suo padre la strinse forte in un abbraccio e le disse: - Tua figlia ha molto più del tuo carattere di quanto tu creda! E anche l'allegria, la vivacità e la forza vulcanica di Joe sono parte della mia piccola Katie...- la fece voltare con il viso verso di lui - che troppe poche volte ho visto in quella adulta!-
Si sporse verso di lui e gli diede un caloroso bacio sulla guancia, mentre lo cingeva in un forte abbraccio.
- E questo?- le chiese mentre appoggiava il viso sul suo petto, perdendosi tra le sue braccia, come quando era bambina - a cosa lo devo?-
- Perché,  non posso semplicemente voler coccolare il mio vecchio?- chiese alzando lo sguardo verso di lui.
- In primo luogo, non sono ancora vecchio e secondo, non me lo aspettavo dalla te adulta! Sono anni che non ti lasci più consolare dal tuo vecchio!-
Risero di nuovo entrambi e poi lei disse:
- Non sai quanto mi è mancato!- lo guardò negli occhi, sollevando un po' il viso - Grazie di tutto quello che hai sopportato e che fai per noi papà!-
- Non c'è nulla da ringraziare! Non esiste cosa che un genitore non farebbe per i propri figli! È un legame che va oltre qualunque cosa!-
Appoggiò la testa sul petto paterno e voltandosi appena per guardare i due all'interno della stanza disse: - Lo so!-
Trascorsero parecchi secondi durante i quali entrambi, ancora abbracciati, restarono a fissare Joe abbracciata a Rick. Poi Kate sollevò di nuovo il viso ad incrociare lo sguardo di Jim.
- Ti voglio bene Papà!-
- Anche io bambina mia!- disse lasciandole un dolce bacio sulla fronte.
- Ora smettiamola con queste smancerie! Non sono ancora così vecchio e ho degli ospiti di là...-
Risero ancora entrambi ma sorridendosi e poi disse: - Metti Joe nel suo lettino e sveglia il tuo scrittore. Poi tornate di là a festeggiare con noi!-
Dopo avergli lanciato uno sguardo di fuoco, si slegarono dall'abbraccio ed entrambi si diressero verso le loro mansioni.
Kate però si prese ancora qualche secondo per ammirare quella dolcissima scena, prima di avvicinarsi lentamente al dondolo e poggiare una mano sulla spalla di Rick mentre si chinava a baciare la fronte della sua bambina che beatamente dormiva sul petto dell'uomo.
 


⌘ * § * ⌘


Uscì dalla cameretta e socchiuse la porta come gli aveva chiesto lei.
Quando tornò nel salone, dovevano essere passate almeno un paio di ore da quando era andato via con la piccola in braccio, perché gran parte delle persone era già andata via.
Si avvicinò al tavolo per versarsi qualcosa da bere e nel prendere un bicchiere nell’angolo più estremo del tavolo, intercettò pezzi di una conversazione.
- Quindi adesso hai terminato la tua missione?- chiese uno dei due uomini.
- Esatto! Ora voglio solo tornare dalla mia Katherine.- disse Patrick.
Un sorso di acqua gli si bloccò nella gola e si voltò di scatto verso la fonte di quelle parole.
Jim aveva notato la scena e con un sorriso che era tutto un programma si rivolse di nuovo a Patrick.
- Sono certo che la tua dolce metà sarà felicissima appena lo saprà.-
Anche Patrick si accorse dello strano ghigno dell’uomo e con la coda dell’occhio intravide la causa di quel gesto, da bravo detective decise di tenere il gioco all’uomo.
- Si, ancora non sa che sono tornato per restare…- fece una pausa aspettando la reazione dello scrittore, che non li fece attendere molto prima di voltarsi palesemente verso di loro, non curandosi più di essere scoperto ma puntando a cercare di capire se quello che aveva origliato fosse la verità e non un brutto scherzo del suo subconscio.
- Ho anche intenzione di chiederle di sposarmi!- disse sorridendo.
- Oh complimenti!! Finalmente ti sei deciso!-
Quell’ultima affermazione di Jim fu la stoccata finale. Lo scrittore si avvicinò a i due e chiese :- Ho capito bene, ti sposi?-
Patrick alzò lo sguardo su di lui, con un’espressione da vincitore e disse: - Non gliel’ho ancora chiesto ma sono più che sicuro che mi dirà di si!-
- Sono certa che quando glielo chiederai ti dirà un SI… è quello che aspetta da sempre!-
La voce di lei, proveniente dalle sue spalle lo fece voltare, a quella frase e al suo splendido sorriso la mano lasciò cadere il bicchiere per terra. Per sua fortuna era di plastica e mezzo vuoto, altrimenti avrebbe dovuto fare i conti con la sua ira. Rialzò gli occhi e quello che vide fu diverso da ciò che si aspettava: lei stava sorridendo si, ma divertita alla sua espressione.
- Io non desidero altro che sposare Katherine e vivere con i nostri due figli-Patrick gli diede una pacca sulle spalle e lui si voltò.
- Du u due figli?- chiese incredulo.
- Si, Jonathan e Katye…- disse estraendo una foto dal taschino interno della giacca porgendola allo scrittore.
- Jon quattro anni- disse indicando il maschietto in foto - l’amore della mia vita Katherine, e la piccola Katye otto mesi.-
Kate si sporse in avanti, avvicinandosi allo scrittore per poter vedere anche lei la foto.
- O Mio Dio è cresciuta tantissimo!-
Patrick rise e poi aggiunse: - si la tua figlioccia si fa sempre più grande, Kat me l’ha mandata qualche giorno fa…-
Poi vedendo la faccia stupita di Castle, gli cinse le spalle con il braccio libero e spiegò: - Devi sapere che la tua Ka… -
Lo sguardo omicida della detective che sentiva su di lui, gli fece alzare per un attimo il viso, per poi ritornare sulla foto e correggersi:
- Hem… Kate, la detective Beckett è colei che ha fatto decidere la mia quasi moglie a voler un secondo figlio e quando abbiamo scoperto di aspettare una bambina volevamo chiamarla come lei, ma Kate ha lo stesso nome della madre di mia figlia, per cui la nostra piccola si chiama Katye, con la ipsilon che è un diminutivo di Ketyline.- spiegò tutto orgoglioso.
 - Detective, scopro ogni giorno qualcosa di nuovo su di te!- disse lo scrittore, cercando lo sguardo della donna.
- Castle… come devo dirtelo che sono come la cipolla!- sorrise ricordando quando aveva già usato quella similitudine in passato.-E comunque non è merito mio, loro mi hanno ospitato in casa durante la mia gravidanza e per un lungo periodo post parto… La voglia di avere un altro figlio gliel’ha fatta venire Joe, non io!-
- In parte ha ragione, - intervenne Patrick- è stata la piccola a farci intenerire e a desiderare un altro figlio, nonostante le difficoltà della nostra vita, ma… - alzò gli occhi per puntarli in quelli di Kate - La tua determinazione, la tua forza nel lottare da sola e ad ogni costo contro tutte le difficoltà senza mai mollare la spugna e senza ricorrere a quell’aiuto che tutti ti imploravano di chiedere… ci ha fatto capire che non potevamo essere così egoisti da chiuderci nelle nostre paure e assecondare il desiderio di Jon che da quando avevamo Joe con noi, ci chiedeva una sorellina!-
Vide due lacrime inumidire gli occhi della detective e il suo primo istinto fu quello di abbracciarla ma dentro di lui c’era una strana sensazione che lo frenava. Non sapeva dire cosa fosse ma quelle parole dette da Patrick gli avevano provocato come un senso di rimorso.
- Si è fatto tardi!- Esclamò il detective - domani ho un volo per Los Angeles che mi aspetta!- disse avvicinandosi a Jim e iniziando così i saluti di rito.
- Sarà meglio che vada anche io!- disse lo scrittore -Tu vieni con me?- chiese rivolto verso la donna.
A quella frase Patrick si girò verso di lei con un’espressione interrogativa.
- Questioni di lavoro!- intervenne Kate ma la sua risposta fece voltare di scatto lo scrittore che però si limitò solo a guardarla negli occhi con un’espressione ‘io e te dobbiamo parlare’.
- No, io resto qua stanotte…- disse in risposta alla precedente domanda di Castle, - Joe aveva qualche decimo oggi pomeriggio mi sen…-
- Allora a domani!- la interruppe Rick avvicinandosi e prendendola per le braccia le diede due baci a mo di saluto, facendola zittire all’istante.
Quando si riprese, si ricordò che Castle necessitava di protezione e chiese:
- Non vorrai mica tornartene in città da solo?-
Patrick notò lo sguardo accigliato della donna e non gli ci volle molto per fare due più due: - Io ho la macchina dietro l’angolo, se hai bisogno ti riaccompagno io in città!-
- Non c’è bisogno che ti scomodi, posso prendere un taxi!- rispose l’uomo.
Beckett stava per intervenire ma Patrick la precedette : - Tranquillo devo andare anche io in città, un po’ di compagnia non mi farà male e mi terrà sveglio!-
- Allora d’accordo!- disse lo scrittore.
Salutarono Jim e Kate e prima di congedarsi da lei, si fece promettere che se la piccola avesse avuto ancora febbre sarebbe rimasta a casa l’indomani e che poteva chiamarlo per qualunque motivo e a qualunque ora. Quando fu rassicurato a dovere, salutò la donna e si diresse verso il detective.
- Andiamo?- gli chiese.
- Si andiamo!-rispose. E mentre percorrevano la strada verso l’auto l’uomo gli disse: - Sai la cosa degli strati come la cipolla? –
Castle annuì.
- Da come ho potuto conoscere Kate, sono certo che lei ne abbia molti… Non ti arrendere, amico!-
Erano finalmente giunti all’auto e prima che l’uomo riuscisse a infilarsi in macchina gli disse: - Patrick… Ho intenzione di scoprirne uno ad uno, fino ad arrivare alla vera Kate che si cela dietro ognuno di loro…-
E mentre entrambi prendevano posto nell’abitacolo pensò,  “Questo viaggio mi servirà per conoscerne almeno uno, grazie a te!”

 

 
Salve a tutti!
Una piccola precisazione... qualcuno di voi ha avuto la sensazione di aver già letto la prima parte?
Bravissimi!
Infatti l'avevo pubblicata tempo fa (quando l'ho scritta) in occasione della festa della mamma anche se era già ideata per questa ff...
Ad alcuni tramite risposta alle recensioni dissi già che avreste capito tutti i riferimenti un po' più avanti (beh... in realtà un po' più di un po' :( sorry)
In ogni caso vi lascio anche il link della shot che pubblicai:
 Near You
Io ora provvederò a sistemare l'angolo anche lì con questa specifica...
Grazie per l'attenzione e la pazienza
A mercoledì!
Vulpix <3

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Capitolo 37
*** E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva... ***


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  «E come quei che con lena affannata
uscito fuor del pelago a la riva
si volge a l'acqua perigliosa e guata,
così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.»

( da Inferno, I, 22 - 27)


- La prima vittima di Cross fu ritrovata vicino a Linden - la voce del Capo Jordan spezzò quel regime di silenzio che si era creato, una volta che tutti si furono accomodati.
- Il Dottor Stenton - continuò puntando l’asta sulla foto - Il chirurgo che aveva operato la moglie, - fece una breve pausa per girarsi a guardare la platea e continuò:
- Colpevole di aver sbagliato l’intervento.-
Spostò la punta verso una nuova foto e disse: - Poi c’è stata l’infermiera della moglie, la signora Brown, colpevole anche lei in qualche maniera evidentemente…-
Si allontanò dalla lavagna passeggiandole dinanzi e disse:  
- Quindi l’iraniano Hesìam, che commerciava con il mediooriente ma in realtà i suoi affari erano la droga.-
L’agente Harris si alzò e andando ad affiancare il Capo dell’ FBI continuò:
- Hesìam conosceva bene Cross perché era a lui che si rivolgeva per lo smercio al dettaglio della droga.-
- Cross deve essersi convinto che all’epoca Hesìam avesse parlato.- affermò il Capo.
- Sbagliava...- intervenne l’agente della CIA - Perché Hesìam a noi non disse una parola!-
- E si sbagliava anche con la dott.ssa Howard, direttrice di banca che riciclava danaro sporco.- la parola tornò a Jordan.
- Non si sbagliava invece con Gwendolen, nostra informatrice.- fu di nuovo Harris a prendere parola - Fu lei praticamente a dirci tutto quanto.-
Si voltò a guardare le foto sulla lavagna e disse: - Poi c’è Gray…- lasciando calare il silenzio.
Fu di nuovo il Capo Jordan a prendere parola: - Gray lo conoscevamo tutti... La sua colpa è stata quella di aver partecipato all’arresto di Cross.-
L’agente annuì.
- Poi l’ultimo omicidio, il Direttore del carcere che gli aveva negato l’autorizzazione ad uscire per andare ad assistere la moglie morente.-
L’agente riprese il suo posto, mentre il Capo rivolse la sua asticella sull’ultima foto appesa:
- Ed eccola qui, la moglie… Bea Cross. Per lei in pochi mesi il nostro uomo ha ucciso sette volte, per vendetta. E secondo i nostri esperti lo farà ancora, per lo meno altre due volte per arrivare a nove.
Che in Dante, si sa, è il numero perfetto!-
Il Capo fece segno al Capitano Emerson di alzarsi e proseguire.
- Abbiamo provato a pensarle tutte. - disse - A vedere se segue l’ordine dei gironi, se uccide lungo luoghi paragonabili alle tappe dell’esilio di Dante, abbiamo anche provato a vedere se c’è qualche nesso, qualche legame fra le lettere che compongono la parola Beatrice e i nomi delle vittime. Però non siamo venuti a capo di niente... Sappiamo solo che quando agisce è perfetto, veloce e molto intelligente.-
Si avvicinò al tavolo e disse:
- I miei ragazzi all’anticrimine hanno ricostruito un po’ la sua storia...- prese una cartellina e iniziò a leggere:
- A 14 anni si è trasferito con la famiglia a New York. I genitori l’hanno mandato in collegio dove ha preso un diploma di maturità con dei buoni voti. Dai venti anni in poi c’è un buco. Si ritrovano le tracce nella seconda metà degli anni 90, quando è tornato con la madre, dopo la morte del padre, ma già allora faceva parte di un brutto giro, era stato segnalato due volte e una volta anche arrestato per detenzione di  una pistola!-
Il Capo Jordan si voltò verso un agente: - Morris a che punto siamo con la ricerca della madre?-
- Sappiamo che da tre anni si è trasferita da Midtown a Elizabeth, poi qualche tempo fa, una mattina presto, ha preso un taxi e di li nessuno l’ha più vista.-
- La madre sta con lui!-intervenne Castle.
- Come fai a saperlo?- il Capitano Montgomery, che fino a quel momento era stato in silenzio ad ascoltare, prese la parola.
- Ho potuto controllare delle sue vecchie cartelle cliniche, la donna non può stare da sola, è cieca...-
- Cieca?- chiese Morris
- Si cieca!-    

⌘ * § * ⌘


Appena la riunione fu terminata, ognuno si diresse verso i propri incarichi e la squadra del Capitano Montgomery si diresse verso le loro macchine.
- Ha chiamato Haustin-richiamò l’attenzione Esposito.
- Che voleva?- rispose Beckett.
- Dobbiamo tornare... –
Erano ormai vicini alle macchine quando Castle chiese: - Io ho bisogno di passare da casa... -
- Kate viene con te...- fu la risposta fredda del Capitano.
- Kate...- pronunciò a fior di labbra lo scrittore - il mio angelo custode... con la pistola...-
- Se non mi vuoi...- rispose Beckett mentre armeggiava con le chiavi della macchina.
- No, no- rispose lui, e fissando i propri occhi in quelli della detective - Ti voglio… non lo sai nemmeno tu, quanto ti voglio!-
Esposito e Ryan si scambiarono uno sguardo, mentre Roy si gustava la scena e l’espressione della detective mentre s’infilava di fretta in macchina, dicendo:
- Andiamo va... Sali!-
- Si ma vai piano… non ho voglia di rischiare la vita... a Los Angeles hai preso una certa velocità! Questa non è mica la mia vecchia Ferrari.- balbettò lo scrittore mentre prendeva posto sul sedile passeggeri e chiudeva lo sportello.
- Bei tempi quando potevo guidarla!- disse lei sorridendo e poi voltandosi verso Castle chiese: - Che fine ha fatto?-
- Non ne ho idea... l’ho regalata...- rispose come se nulla fosse, allacciandosi la cintura.
- Cosa?-
  
 

⌘ * § * ⌘


La fioca luce della lampadina illuminava la stanza di un colore arancione. Lui era seduto al tavolo, con estrema calma e cura girava la manovella di quella vecchissima macchina fotografica. Ricordava il giorno in cui suo padre gliel’aveva regalata quando era bambino. Quell’antica compagna di molte avventure, l’unica che insieme alla sua memoria riusciva a trattenere i ricordi indelebili.
Erano anni che non aveva più provato la gioia di immortalare un momento in uno scatto. Quella mattina l’aveva presa dalla sua credenza e dopo averla ripulita dalla polvere che vi si era depositata, aveva fatto scattare l’apertura e con estrema dedizione aveva infilato il rullino nell’alloggiamento fino a far incontrare l’apposito fermo. Aveva richiuso il coperchio e infilato la tracolla.
Non credeva che quel giorno avrebbe avuto ‘l’incontro’ ma la fortuna era stata dalla sua parte.
Si era appostato dietro una siepe, aveva tolto il tappetto copri obbiettivo e si era messo in attesa, aspettando che la donna accompagnasse la piccola. Poco dopo lo vide comparire sulla soglia della villa e appostarsi anche lui dietro un albero.
Quel gesto catturò la sua completa attenzione, si sistemò in modo da poter  ammirare l’intera scena nella sua completezza. Pronto a dare di nuovo vita alla sua macchina, finalmente avrebbe potuto cogliere nuovi attimi di vita.
Sorrise al pensiero che inesorabile si stava avvicinando il momento della ribalta.
In quegli anni, aveva dovuto intraprendere una strada diversa, più lunga e penosa, attraverso il bene e il male, il suo personale Itinerarium Mentis in Deum.
Dal giorno del loro primo incontro aveva vissuto per anni nell’inferno, aveva bruciato nelle fiamme più orribili, per poter espiare i suoi peccati. Poi un giorno aveva incontrato la sua Beatrice la quale aveva interceduto presso Dio affinché fosse redento. Era passato per il Purgatorio perché attraverso questo viaggio la sua anima potesse risollevarsi dal male in cui era caduta.
Era stata necessaria una grande fede e il ricordo della sua Beatrice per riuscire ad evadere da quella cornice… dove le anime scontano la loro inclinazione al peccato per purificarsi prima di accedere al Paradiso. Ma le anime non vengono punite in eterno, e per una sola colpa. Scontano una pena pari ai peccati commessi durante la vita, prima di varcare la porta del Paradiso.
Poi, finalmente aveva iniziato il «viaggio» spirituale, quello che lo avrebbe condotto verso Dio. Quel percorso, frutto di un’illuminazione divina, che proviene dalla «ragione suprema» di Dio stesso.
Per giungere a Lui, dovevano passare attraverso tre gradi. Avrebbe dovuto lasciare il paradiso, redimersi nel purgatorio e finalmente bruciare all’inferno. 
Da qualche tempo, la sua missione aveva preso forma. Parte dei peccatori avevano già espiato le loro colpe. Non erano loro il suo scopo. Non erano loro che gli avevano fatto intraprendere quel viaggio ma erano state artefici del loro destino, schierandosi contro di lui. Per concludere il suo percorso di purificazione mancavano ancora alcune persone. Una in particolare doveva ancora traghettare lungo le acque del dolore per fare in modo che la sua espiazione fosse completa…
Tuttavia, quel giorno era iniziato il vero trasumanare del suo percorso verso la sua Vita Nuova.
Dopo aver atteso tanto tempo, si era ritrovato dinanzi alla causa di tutto…
Con la sua fedele amica, aveva immortalato quello che poteva essere uno degli ultimi suoi momenti felici…
Più vedeva lo scrittore riempirsi di gioia e il suo sguardo addolcirsi mentre cadeva sulla donna e la bambina, più sul suo viso si apriva un altrettanto grande sorriso sghembo.
Il rumore della manopola, che era arrivata alla fine della sua corsa, lo fece destare dai suoi pensieri.
Fece scattare di nuovo la levetta della chiusura e dislocò il rullino ormai finito.
Aveva dovuto attendere qualche giorno per finirlo completamente e non sprecare la pellicola, prima di trasformare il negativo in positivo.
Sorrise, perché era conscio che da lì a poco la pellicola si sarebbe trasformata in fotografia e la sua vita avrebbe ribaltato quella dello scrittore dal positivo al negativo.
Prese tra le mani il rullino e carezzandolo come se fosse una cosa preziosa, lo mise sulla credenza, dove poggiò la macchina e si diresse verso la finestra i cui vetri erano tappezzati di vecchie fotografie.
Rimase lì a fissare il suo passato, il suo traghettare nel dolore. Prese tra le mani il breviario e il rosario e, come faceva ogni volta, restò del tempo con se stesso, perché ogni ‘atto’ della sua missione doveva essere preceduto dall'intensa ed umile preghiera.
Solo quando sarebbe arrivato all’origine di tutte le sue sciagure sarebbe stato libero da tutti i peccati,  lui sarebbe potuto ascendere al Paradiso e tornare finalmente accanto alla sua Beatrice.
  
 

⌘ * § * ⌘


Entrò in casa e dopo aver fatto passare la detective, chiuse con un tonfo la porta alle sue spalle.
- Castle perché mi hai fatto salire? Andiamo di fretta, prendi quello che devi e andiamo!-
- Siediti -  le disse indicando il divano e sedendosi sul tavolino - dobbiamo parlare!-
Kate lo guardava attentamente, dopo la frase che gli era sfuggita prima, entrando in macchina la sua espressione si era tramutata in seria e quella che aveva ora non prometteva nulla di buono.
- Avevi detto che stavi qui solo un paio di giorni…-
Fu sorpresa da quelle parole, ma riuscì ad arginarlo prima che continuasse.
- Lo so, sto cercando e non trovo niente.- 
- Lo so, solo sarebbe meglio se te ne andassi.-
- Dammi ancora un po’ di tempo….- cercò di dire ma lui sembrava irremovibile.
- Meglio che lo fai subito, anche domani!-
- Ma cos’è tutta questa fretta?- si avvicinò a lui, ma Castle si alzò di scatto e si allontanò verso il camino.
- Da un momento all'altro potrebbe arrivare qualcuno, suonare a quella porta e ammazzarmi…- disse voltandosi di nuovo verso di lei.
- Perché non te ne inventi un'altra!- fu la risposta che le uscì di getto, non si sarebbe mai immaginata che quella situazione arrivasse così in fretta.
- Vuoi che me ne inventi un altra?- puntò gli occhi nei suoi - l'altra notte mi sono alzato per andare a prendere un bicchiere d'acqua, sono passato e dormivi qui con la luce accesa, mi sono seduto lì- disse indicando il tavolino - e ti ho guardato per mezzora e non lo so come non ho fatto a non saltarti addosso…-
- Perché lo sai che ti pianto un buco in testa!- disse lei guardandolo seria.
- Non l'ho fatto per questo motivo… Kate, ma tu ti rendi conto che io non riesco nemmeno a guardarti negli occhi? Che cerco con tutte le mie forze di tenerti il più lontano possibile da me e allo stesso tempo non vorrei mai separarmi da te?...- 
Aveva preso il via e mentre si avvicinava a lei, le parole gli uscivano come un fiume in piena. 
- Sai che quasi quasi è meglio la storia di quello che entra e ti spara? Dato che tu sei pieno di sentimenti di protezione nei miei confronti allora mi preghi di andarmene…- 
- Ma quale storiella!- si voltò di scatto tornando a girare per la stanza in maniera furiosa.- Chiedilo… Chiedilo a Montgomery e vedrai quello che ti dice!-
- Me l'ha già spiegato Roy!- disse la detective 
- Scusa, ti ha già spiegato cosa?- chiese avvicinandosi e sentendo la rabbia montare in lui.
- Tutto! - fece una pausa e si sedette sul divano, quella conversazione sarebbe durata a lungo. 
- Come l'ha spiegato a me, l'ha spiegato ad Esposito, Ryan,  la Hastings... Io sono qui solo per proteggerti, perché il capitano non vuole che resti da solo né di notte né di giorno.-
Castle era impassibile e la guardava stringendo gli occhi. Non gli aveva mai visto quell’espressione.
- Perché se fosse stato per me, io qua non ci sarei venuta neanche morta. Hai capito?- senza dargli il tempo di reagire disse:
- E poiché se te lo avesse detto, tu avresti rifiutato, io mi trovo qua!-
- Ma voi siete impazziti?- Castle era ormai su tutte le furie - ma che si è messo in tesa quel vecchio? Eh- era arrivato di fronte a lei e l’aveva afferrata per le braccia, facendola alzare.
- E poi perché proprio a te?- le aveva urlato guardandola negli occhi.
- Perché?- la sua furia era stata contagiosa e anche lei alzò la voce:
- Perché è convinto che ti saresti bevuto la mia scusa e non ti sarebbe mai venuto in mente di cacciarmi… Perché lui è convinto che ci vogliamo ancora... e si sbaglia! Ho cercato di spiegarglielo ma lui vive ancora nel ricordo di quello che eravamo tre anni fa!-
- Kate…- cercò di dire, avvicinandosi a lei - Tu hai una figlia, non posso permettergli di mettere a rischio la tua vita.- 
Non era solo quello il motivo per cui lui non la voleva alle sue calcagna, non voleva metterla in pericolo e sebbene quello era il suo lavoro e sapeva che lei era perfettamente capace di badare a se stessa e a lui, nonostante tutte le volte che  erano riusciti a tirarsi fuori dai guai, lui temeva questa volta di essere davvero in pericolo e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di mettere in pericolo la vita della sua Kate e soprattutto far soffrire la sua piccola.
Era ad un passo da lei, cercò un contatto ma Beckett scostò la mano che lui aveva tesa verso il suo viso.
- Senti cerca di avere un po’ di pazienza, prendiamo questo pazzo criminale
dopo di che torniamo alle nostre vite!- disse seria prima di avviarsi alla porta.
- Ultimo caso... - furono le flebili parole dello scrittore.
- Già e facciamo in modo che sia davvero l'ultimo!- disse prima di sparire dietro l’uscio, avviandosi alla macchina e lasciando lo scrittore perso con lo sguardo nel vuoto.
 




Bene!!!
Da questo capitolo iniziamo per bene a fare la conoscenza di questo simpaticone!
Siete contenti? ;P
A Mercoledì prossimo!
Vulpix
<3

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Capitolo 38
*** Amor sì dolce mi si fa sentire, che s'io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente. ***


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  «Amor sì dolce mi si fa sentire,
che s'io allora non perdessi ardire,
farei parlando innamorar la gente.»

( da Vita Nova, XIX, 6 - 9)


In macchina regnava il più completo silenzio, i due occupanti non si rivolgevano la parola e apparentemente anche lo sguardo. In realtà la donna, di sottecchi, rivolgeva lo sguardo all’uomo al suo fianco, approfittando della via libera, di un semaforo, cercando di non farsi beccare. Nella sua testa vorticavano milioni di pensieri, ripercorreva la loro ultima lite e in cuor suo si chiedeva perché ogni volta le loro discussioni si trasformavano in divergenze e sfociavano in lite. Ripensò a tutte le volte che era successo, anni addietro e anche di recente, e rivedendo quei momenti fu colpita dal fatto che ogni qual volta lui faceva un passo verso di lei, lei si ritraeva e volendo o dovendo si barricava dietro al famoso muro e sferrava l’attacco. Era successa la stessa cosa anche pochi minuti prima, era ben conscia che non avrebbe potuto fare altrimenti che andare all’attacco e fingersi di infuriarsi con lui, fingere di essere costretta ad accettare quella situazione.
Un sorriso le uscì spontaneo, in ricordo del fatto che anche all’inizio della loro collaborazione aveva dovuto accettare quell’imposizione e anche allora aveva finto di non volerla. Ora, a differenza di allora, non le era stata imposta ma solo chiesta e lei, temendo per la vita dello scrittore, senza pensarci su due volte aveva accettato. Si voltò verso di lui, sperando che non avesse colto la sua espressione, il suo lieve sorriso e il portarsi la mano alla bocca per nasconderlo timidamente.
Per sua fortuna lui era assorto nei suoi pensieri e guardava fuori.
In realtà, anche lui fingeva di non rivolgerle lo sguardo e, approfittando del fatto di  prestare attenzione anche alla strada davanti a loro, voltava di poco il viso, lasciando lo sguardo vagare su di lei.
Era riuscito nel suo intento, l’aveva portata a confessare ciò che credeva e temeva. Se fosse stata vera tutta la storia che gli aveva raccontato, sarebbe stato più facile tenerla fuori e al sicuro. Avere la certezza che fosse lì per un motivo e che questo fosse un ordine del suo capitano, gli aveva provocato una doppia fitta al cuore. Ma forse, poi aveva pensato che poteva essere un vantaggio… Ora che le cose si erano fatte più complicate e il pericolo imminente, sarebbe riuscito a convincere quel vecchio romanticone ad allontanarla da lui per tenerla al sicuro.
La macchina riprese la corsa dopo l’ennesimo semaforo e lei tornò a concentrarsi sulla guida, lasciando da parte i suoi pensieri.
Quando lui era entrato in macchina, le aveva detto che Esposito l’aveva chiamato e gli aveva dato un indirizzo al quale trovarsi.
La cosa le era sembrata strana. “Perché ha chiamato lui e non me?”, si era domandata, ma poi l’espressione seria del partner l’aveva convinta. Ora guidava lungo la strada, diretta dalle sue istruzioni.
La voce dello scrittore la fece riemergere dai pensieri.
- Ecco adesso qui... - disse indicando il prossimo incrocio - gira a sinistra.-
- Sei sicuro che è qua l’appuntamento?- gli chiese ancora dubbiosa.
- Sisi - disse di fretta.
- Te l’ha dato Esposito?- chiese, notando che quella zona le era familiare.
- Si, si... dai siamo quasi arrivati.- disse lo scrittore senza voltarsi.
- A me questa sembra tutt’un altra zona rispetto a quella di nostra competenza!-
Nella sua mente, un paio di tessere stavano iniziando a formare un puzzle, anche perché lui non le aveva voluto dire la via ma si limitava a farle da navigatore, e ciò che stava uscendo dall’unione dei pezzi, non le piaceva.
- Dai adesso prosegui, arriva fino in fondo...-  si voltò verso di lei - Ecco dai fermati lì,  dopo la cabina telefonica.-
Tese la mano ad indicare un posto auto - Lì all’angolo.-
- È qui l’appuntamento?- stava per perdere la pazienza.
- Si.- 
- E te l’ha dato Esposito?- si voltò verso di lui, con un sopracciglio alzato.
- Si, perché? Cosa ha questo posto che non va?- anche lo scrittore si era voltato e in faccia aveva la sua espressione angelica.
- Che ha questo posto che non va?- ormai il nervosismo stava per dilagare - Innanzi tutto è zona...-
- Shhh - la interruppe Rick - Guarda chi c’è là...-
Sapeva benissimo cosa avrebbero incontrato i suoi occhi, una volta girata, o meglio chi. Sorrise voltandosi.
- Chi è, il nonno, che l’accompagna a scuola quando sei di servizio?- sentì chiedergli.
- Che ne sai che questo è l’asilo di Joe?- disse voltandosi di nuovo verso di lui.
- Lo sai che tu stai parlando con uno scrittore di Best Seller, nonché collaboratore del NYPD e non con un semplice correttore di bozze?-
- Lanie?- disse. Non era una vera e propria domanda ma più un’affermazione.
Lo scrittore non riuscì a sfoderare la sua faccia da poker e capì che ci era andata vicina.
- Javier!!!!- disse capendo perfettamente il giro che aveva fatto quell’informazione confidenziale.
Rick sorrise ma non ammise che aveva mandato Esposito ad indagare dall’anatomopatologa.
Beckett guardava Castle ancora in tralice, quando lui, fissando la bambina al di là delle cancellate, disse:
- E comunque... basta, finito, stop.- si guardarono negli occhi -Tu stasera non torni a casa con me… e dopo parlo anche con Montgomery!-
- Tu non parli proprio con nessuno!- lo minacciò.
- E invece si!- rispose determinato. 
- Io non voglio che tu stia lì a casa mia!-
La detective stava per rispondergli a tono, e se fosse stato necessario anche a tirare fuori la pistola ma lui la prese per le spalle e la voltò.
- Dai... stai con lei.- le disse dolce - Dai su... valla a salutare... io ti aspetto qua...-
Sul suo viso si aprì un sorriso, mentre nel suo cuore si faceva largo un calore che raramente aveva provato, soprattutto negli ultimi anni.
Annuì e scese dalla macchina.
Non fece in tempo nemmeno a chiudere lo sportello, fare il giro della macchina e a dirgli di aspettarla solo cinque minuti, che lo scrittore sedutosi al suo posto, aveva già preso il via, lasciandola impalata sul marciapiede.

⌘ * § * ⌘


Continuò a vagare ancora per qualche minuto, lungo quelle strade, finché non riconobbe la figura di spalle in lontananza.
Si avvicinò in silenzio e attese che terminasse.
L’uomo inginocchiato si accorse di lui e si voltò leggermente, senza cambiare posizione.
- Scusa non ti volevo disturbare - disse Castle - ma avevo una cosa urgente di cui parlare.-
- Come sapevi che ero qui?- chiese il Capitano.
- Esposito mi ha detto dove ti avrei trovato.-
Il capitano si alzò, finendo di sistemare il mazzo di fiori e si rivolse a lui.
- Beckett ha una figlia - disse serio.
Allo sguardo incuriosito dell’uomo, continuò: - una bambina di quasi due anni, si chiama Johanna.-
- Si lo sapevo - lo interruppe - c’ero anche io quando ne ha parlato il primo giorno.-
- Devi togliermi Kate da casa, è troppo pericoloso.- disse. Non era una richiesta ma sembrava più un imperativo.
- Non posso lasciarti solo in questo momento.-
- Cerca di trovare qualcun altro, ormai è questione di giorni, lui si sta avvicinando a noi e noi ci stiamo avvicinando a lui. Lascia dappertutto tracce, fa errori, o vuole che lo fermiamo o, in un modo o nell'altro, sta cercando di risolvere. Quindi ti prego, prendi Kate e portala via perché  è troppo pericoloso!- terminò la frase con la paura che aleggiava nei suoi occhi.
- Va bene troverò un altro.- rispose.
Passò una mano sulla foto nella lapide e si accomodò su una panca di marmo poco distante.
- Ogni volta che vengo qui penso che morire è un niente. Come è successo con lei,
una vena un po’ più grande di uno spillo si è rotta e io mi sono ritrovato solo.-
Alzò lo sguardo al suo interlocutore che era rimasto in piedi e gli fece cenno di accomodarsi.
- Vengo qui il 13 di ogni mese perché a Evelyn piacevano le date, i compleanni, il natale... quelle cose lì.-
Castle si voltò verso di lui ma riuscì a distogliere lo sguardo, prima di fargli notare gli occhi lucidi.
- Mi manca!- disse alzandosi e avvicinandosi alla lapide.
Passò una mano sulla foto e sulla scritta, prima di farsi il segno della croce e incamminarsi.
Quando lui gli fu vicino, riprese a parlare:
- L'ho conosciuta quando ero ragazzo a una festa, avevo da poco imparato il trucco: quando una ragazza non ti guarda vuol dire che gli piaci. Lei non mi guardava mai e io l'ho sposata.- sorrise.
- Appena mi sono laureato, ancora non sapevo che avrei trascorso la vita inseguendo delinquenti assassini, gente col cuore cattivo.-
Si fermò e rivolse verso di lui.
- Sai che sarà per questo che i poliziotti delle squadre investigative sono dei romantici…- sorrisero entrambi.
- Si, perché siamo troppo a contatto con la morte. Per questo ci sposiamo, facciamo dei figli, compriamo un appartamento con il mutuo e sogniamo una casetta al mare.-
Gli diede una pacca sulle spalle e sorridendo disse:
- Non è il tuo caso naturalmente, con tutti i tuoi soldi hai una villa negli Hampton, di proprietà...-
- Tu che ne sai di quello che sogno io?- disse serio lo scrittore.
- Lo so perché ti conosco.-
- Guarda… in questo momento non mi riconosco nemmeno io...- rispose abbassando lo sguardo.
- Perché che ti succede?- domandò l’uomo.
- Non so più cosa ho... Solo quello che voglio - alzò lo sguardo verso un punto lontano - o che avrei voluto.-
Tornò a guardare il Capitano, con un sorriso amaro in bocca.
- Pensa che quando vado sulle scene del crimine, mi verrebbe voglia di scappare…-
- Sei cresciuto...- disse Roy. Era consapevole che avrebbe potuto dirgli qualsiasi altra cosa, che lui non era tenuto ad investigare ma lo faceva per un solo scopo…
E forse, proprio quella sua risposta, richiudeva tutto in sé.
- Forse - rispose lo scrittore - o forse non mi basta più quello che ho...-
Calò per qualche secondo uno strano silenzio, finché Montgomery non fece quella domanda:
- Kate c'entra in tutto questo?-
- Forse…- fu la flebile risposta di Richard.
- Allora posso anche mandarla via… quello che doveva fare l'ha fatto!-
Si avviò verso l’uscita e senza girarsi verso Castle, ben conscio di quello che la sua risposta aveva provocato in lui, disse: - Vieni ti dò uno strappo a casa!-
 

⌘ * § * ⌘


Accostarono poco prima del portone e lui scese dalla macchina, salutando il suo accompagnatore.
- Ciao Roy, grazie!-
- Ciao!- rispose l'uomo, ingranando la marcia e partendo per ritornare a casa.
 
Stava per infilare la chiave nella serratura, quando un rumore alle sue spalle lo fece voltare.
Su una sporgenza, ai piedi del palazzo di fronte, seduto in angolo, scorse la figura di padre Francis
- Quello?- chiese avvicinandosi.
- Sono dovuto scendere perchè stava da un quarto d'ora qua sotto a piangere.- rispose il prete, mentre accarezzava un cucciolo di cane - Deve fargli male una zampa.-
Si sedette di fianco all’uomo e accarezzando il cucciolo chiese:
- Di chi è?-
- E chi lo sa - rispose Padre Francis - Lo vuoi? Sembra pure di razza.-
Rick lo coccolò un po’, prima di rispondere - Bah a me della razza mi importa poco, solo come faccio a prendermene cura, sto tutto il giorno fuori.-
- Già è vero! Vabbè stanotte lo tengo con me e domani cerco qualcuno!- 
Passarono ancora un paio di minuti ad accarezzare il cucciolo, prima che Francis prendesse coraggio e chiese:
- Senti non è per farmi gli affari tuoi, però c'è qualcosa dentro di te...-
- Stai cercando di confessarmi?- lo interruppe Rick.
- È una donna che ti fa penare così?-
- Ehe più di una!- rispose sarcastico.
- Ahi... di solito una già basta e avanza!-
Il rombo del motore di una moto che accostava li fece voltare in direzione del palazzo, il suo conducente scese e solo dopo che ebbe messo il cavalletto e tolto il casco riconobbero chi fosse.
La figura esile della donna con la giacca di pelle, fece trattenere il fiato allo scrittore e sorridere il prete nel vedere Rick imbambolato.
- Ohhh lupus in fabula!- riuscì a dire, trattenendo a stento le risate.
- Buona sera padre!- lo salutò la donna.
- Ciao Kate!- le rispose.
Senza aggiungere altro, si diresse verso le scale, sparendo dalla loro vista.
- No no guarda, non è come pensi tu!- disse Rick, dopo che si fu ripreso, voltandosi verso il prete.
- No no no, io non penso niente, sono i fatti!-
- E quali sarebbero i fatti?-
- Eh... voi due! Fate sempre cane e gatto però state sempre insieme!- si alzò prendendo tra le braccia il cucciolo - Io capisco la soluzione degli alloggi, però...-
Lasciò la frase in sospeso, aspettando che lo scrittore dicesse qualcosa, ma non ottenendo nulla sospirò e avviandosi verso l’ingresso aggiunse:
- Comunque... secondo me, se anche v’invito a cena stasera mi sa che mi dite di no... del resto, stando così le cose...-
- Hah...- disse sarcastico - è che vorrei saperlo pure io come stanno le cose...-
Alzò lo sguardo ad incrociare quello del prete che alla sua frase si era voltato verso di lui.
- Ricordati che... funziona sempre il vecchio metodo! Parlare, dire, chiedere... spiegarsi!-gli disse prima di imboccare l’ingresso dello stabile.
Quando lo scrittore annuì, lo salutò con una - Buonanotte!-
 




Questo capitolo lo dedico a Rebecca!
Tu sai perchè!!! <3
A Mercoledì prossimo!
Vulpix
<3

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Capitolo 39
*** E mantenente cominciai a pensare,e trovai che l'ora ne la quale m'era questa visione apparita... ***


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  «E mantenente cominciai a pensare,
e trovai che l'ora ne la quale m'era questa visione apparita,
era la quarta de la notte stata;
sì che appare manifestamente ch'ella fue la prima ora de le nove ultime ore de la notte»
( da Vita Nova, III, 8 1-4)


Restò seduto su quel gradino per qualche minuto, pensando a cosa avrebbe dovuto fare.
Quando finalmente si decise a salire, la cercò per l’appartamento, finché non la vide.
Aveva tolto la giacca, gettandola sul divano e ora era sul terrazzo, con le mani poggiate sulla ringhiera mentre guardava il panorama persa tra i suoi pensieri.
Le si avvicinò e la vide ispirare.
- Sta arrivando l'inverno?- le disse stringendosi nel cappotto. 
- Già- rispose lapidaria, voltandosi e cercando di entrare in casa.
- Aspetta- le disse, afferrandola per un polso.
- Lasciami- disse cercando di liberarsi dalla presa.
Rick la tirò verso di sé, stringendo anche l’altro braccio.
- Non lo dovevi fare!- tuonò in un misto tra rabbia e pianto.
- Scusami io non so cosa mi sia preso.- Le disse inclinando il viso e cercando i suoi occhi.
- Joe tu non la devi mettere in mezzo! Capito?- continuò lei - Te la devi scordare! Io non voglio che tu la veda!-
- Perchè?-
- Perchè?- 
Era rabbiosa, gli occhi chiusi a fessure  - Perchè Joe non c'entra niente con me e te... non c'entra niente con tutta questa brutta roba con cui noi abbiamo a che fare! Perché io MIA figlia l'ho sempre protetta, capito?- urlò a pochi centimetri dal suo viso.  - Non sa neanche davvero che lavoro faccio!-
Abbassò lo sguardo, sfuggendo a quello di lui.
- L’ho protetta da ogni dolore...- continuò in un sussurro -…e se tu adesso ti metti in mezzo tra me e lei, io ti ammazzo!- 
- Va bene, non mi metto in mezzo!- disse lo scrittore, muovendo le mani sulle sue braccia come per scaldarla e calmarla.
Alzò di nuovo lo sguardo, fino a perdersi nei suoi occhi.
- Perché forse tu non le vedi, ma io sono piena di ferite che sono tutte lacrime che ho versato... anche per te!- strinse le labbra mordendosele - Ma l'avevo scelto io! Erano lacrime mie! Ero grande! Ma lei NO... capito?-
Si mosse repentinamente, cercando di liberarsi dalla sua presa.
- Tu lei non la puoi neanche sfiorare!- finì, prima di voltarsi.
Castle si sporse in avanti, afferrandola per le spalle.
- Aspetta...- le disse, facendola voltare.
- Lasciami.- ripeté, opponendo resistenza.
- Aspetta... vieni non te ne andare...- continuò, attirandola dolcemente ma fermamente verso di sé.
- Lasciami.- tornò a dire, ma senza opporre resistenza.
- Aspetta!- ripeté in un sussurro.
- Domani me ne vado!- disse con fermezza.
- Si, si domani, ma adesso stai qui!-
L’attirò a sé, facendola appoggiare sul suo torso, avvolgendola in un abbraccio.
- Castle...- fu l’unica parola che riuscì a dire.
- Come sei magra...-constatò, approfondendo di più quell’unione.
- Io non voglio più stare male...- disse appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Hai visto il cane che ha trovato Francis?- la strine a sé - È un cucciolo...  perché non lo prendi e lo regali a Joe?-
Kate si scostò dal suo appiglio per guardarlo in faccia.
- Io piango e tu mi parli di un cane?-
- E perché piangi?-
- Piango si... e mi succede soltanto con te, brutto stronzo che non sei altro!- disse iniziando a dargli dei pugni sul petto.
La afferrò per i polsi, fermandola.
- Ce l'hai la pistola?-
- Si- rispose seria, fermandosi, credendo che lui avesse avvertito qualche rumore.
- Allora guarda che dovrai usarla- iniziò a dire, mentre lasciava i suoi pugni e la stringeva di nuovo a sé - perché io adesso...- continuò avvicinandosi sempre più.
- Non ci provare…- gli disse incontrando il suo sguardo.
Non si era mossa di un millimetro e questo gli diede il coraggio di azzardare. Inclinò il viso e fece sfiorare i loro nasi.
Lei lo lasciò fare e lui dopo averle accarezzato il volto, l’attirò a sé, facendo incontrare le loro bocche. Le sue labbra si mossero avide contro quelle di lei, quasi come se avesse il terrore che si smaterializzasse da un secondo all’altro. Solo quando il suo cervello percepì che Kate non si stava tirando indietro ma ricambiava, rallentò il ritmo e la foga, trasformandolo in un bacio lento e dolce. Sfiorò le sue labbra piano, per poi allontanarsi di poco come a lasciarle un bacio a schiocco.
Fu lei a seguire il suo viso, azzerando di nuovo la distanza tra loro.
Sorrisero labbra contro labbra, mentre dalla stretta di prima passarono ad un abbraccio.
Lui le cinse la vita, adagiando le braccia alla sua schiena, mentre lei lasciò la presa ai bicipiti per posare le mani sulle sue larghe spalle e aggrapparsi a lui.
Si persero in un nuovo bacio, carico di tutta la passione che avevano, come per recuperare quei tre anni che avevano sprecato, l’uno lontano dall’altra.
Risalì la sua schiena, sfiorandola dolcemente, fino a infilare una mano tra i suoi capelli ora corti.
Un sospiro infastidito uscì dalle sue labbra, provocando un sorriso nella detective.
Lei invece, facendo leva sulle spalle dell’uomo, mentre gli cingeva il collo con le braccia, si era impossessata delle sue labbra e ora giocava con quello inferiore, stuzzicandolo.
Rick non si fece distrarre e ricambiò il ‘favore’ con quello superiore di lei.
Si separarono per respirare e guardandosi negli occhi, iniziarono a ridere.
Poggiò la fronte a quella di lei, mantenendo il contatto visivo. I loro occhi scintillavano di una luce che entrambi avevano già visto nell’altro, una notte di tre anni prima. Kate si morse il labbro inferiore tornando con la mente a quella notte, che aveva rivissuto nei suoi pensieri talmente tante volte che ne conosceva attimo, dopo attimo.
Rick sorrise, passandole il pollice sulla sua guancia accarezzandole il viso. Scese lungo il collo e la spalla, mentre i loro sguardi restavano incatenati. Si sfiorarono con le mani e intrecciarono le loro dita.
Sorrisero di nuovo e stavolta fu lei a voltare il viso verso l’interno dell’appartamento e condurli verso la camera da letto.
 

 

۝§۝§۝

Era da più di mezzora che si trovava in quella via. Aveva passato la maggior parte del tempo a scrutare la finestra illuminata dalla fioca luce che proveniva dalla lampada poggiata sul tavolino. Nonostante le veneziane fossero abbassate e gli spiragli visibili erano pochi, era riuscito a intravedere la sua figura che pigramente si lasciava cadere sul divano, poi, non gli era stato difficile immaginare che avesse accavallato le gambe l’una sull’altra e stese lungo la penisola a elle che il divano formava.
Il vento freddo, che gli solleticava la faccia, lo fece stringere nella sua sciarpa. Indossava quella che lei gli aveva regalato lo scorso Natale e d’allora non se ne era mai più separato. Ricordava ben impresso nella sua mente il momento in cui si erano scambiati i regali e lei gli aveva chiesto di aprirlo una volta che ognuno fosse andato per la sua strada, verso la propria casa. Una richiesta che gli era sembrata strana, ma poi aveva capito che la Detective non si sarebbe mai mostrata a lui in una veste tanto ‘intima’ e aveva accettato il fatto di doversi accontentare del solo scambio di regali.
Decise che aveva passato fin troppo tempo lì sotto ad aspettare, titubante su cosa fare, su quale fosse la scelta più giusta. Salire e farle capire che qualunque cosa fosse, su lui poteva contare, anche solo come supporto morale. Decise che aveva lasciato passare fin troppo tempo, limitandosi ad essere solo il suo partner, solo il suo braccio destro divertente. Sapeva che c’era qualcosa che la turbava e l’aveva vista cambiare umore e atteggiamenti così tante volte in quegli ultimi due giorni, da farlo convincere che così le cose non avrebbero potuto continuare.
Era conscio che quasi sicuramente, appena avesse intuito il motivo per cui lui si fosse presentato a casa sua a quell’ora tarda, l’avrebbe sbattuto fuori di casa con la prima scusa, probabilmente gli avrebbe detto che non erano affari suoi, e avrebbe avuto ragione. Ma a lui non importava! Era preoccupato per lei, e non avrebbe mollato la presa finché non avesse scoperto cosa fosse successo di tanto grave, da trasformarla così nell’arco di una nottata.
Fissò ancora una volta la finestra illuminata, prese un profondo respiro e si avviò lungo le strisce pedonali che l’avrebbero portato sotto al suo palazzo.
 
Battè una volta le nocche contro il legno antico della porta e attese. Provò una seconda volta ma non successe nulla. Solo quando stava per tentare la terza e provare a chiamarla, sentì una voce stanca provenire dall’interno.
Lei aveva annunciato il suo arrivo e prima che potesse fare altro, sentì lo scatto del pomello e vide la porta schiudersi.
Riportò la mano ancora chiusa nella tasca e si preparò a farle il più innocente dei sorrisi.
- Castle!?!-
- Hey-
- Che ci fai qui, è successo qualcosa?-
- Non lo so, Beckett, dimmelo tu!-
L’espressione confusa della detective, si contrapponeva a quella risoluta e tenace dello scrittore.
- Cosa?- chiese.
- Posso entrare?-
- Si certo, accomodati.- gli disse scostandosi dall’ingresso e aprendo la porta.
Entrò indiziando a slegare la sciarpa e quando iniziò a slacciare i bottoni del cappotto, girandosi, vide lo sguardo interrogativo di Beckett.
- Perché sei qui?- chiese di nuovo la detective, ma lui ignorò la domanda.
- Hai già cenato?- disse mentre lasciava cadere l’indumento sullo sgabello della cucina.
Quando Kate rispose “no”, le sorrise e si avviò verso il frigo, aggirando il tavolo - come supponevo…-
Mentre raccoglieva gli alimenti dal frigorifero disse - adesso ci penso io!-. Iniziò ad armeggiare con coltelli e altri utensili che raccolse dalla cucina e cominciò a preparare la cena, sotto lo sguardo attento e divertito della detective che si era accomodata sullo sgabello libero e, dopo aver poggiato un gomito sul ripiano e il mento al pugno chiuso, lo fissava muoversi tra le sue cose, con un sorriso dolce e dopo tanto tempo un espressione serena in viso.
- Che c’è?- le chiese ad un tratto.
 - Nulla…- sorrise - non credo che tu sia venuto fin qui a quest’ora, solo per prepararmi la cena-
- Innanzi tutto non sto preparando la cena a te, ma a noi…-
A quella parola calò un momento di silenzio, trattennero entrambi il respiro fissandosi negli occhi.
Il momento durò poco, poiché entrambi distolsero i loro sguardi incatenati, rivolgendo altrove il loro ‘interesse’.
- Ok... E quindi?- chiese ancora una volta.
- Quindi...- ripeté lui - adesso preparo la cena, ti rilassi, mangiamo e mi dici perché sei stata cosi strana tutto oggi e sei nervosa... Cosa è successo, Kate?-
Prima che lei potesse fare nulla, alzò la mano per zittirla e le disse:
- Mentre io preparo, tu ti fai un bel bagno caldo e ti rilassi, dopo cena ne parliamo!-
Beckett stava per protestare, ma lo sguardo dello scrittore che non ammetteva repliche la fece sbuffare sonoramente.
La vide alzarsi e dirigersi verso il bagno.
Prima che sparisse dietro la porta, le disse:
- Non chiudere la porta a chiave... Dovessi avere bisogno, chiama pure. Sono qua...-
La vide voltarsi e con sguardo truce, rispondergli:
- Certo, Castle...certo! Tu prova solo a varcare la soglia e ti ritroverai una pallottola in testa!-
Lui rise e Kate lo guardò ancora più male, ma la sua faccia fu davvero divertente quando le rispose: -credevo che andassi a dormire con la pistola, te la porti anche in bagno? Stai attenta che se ti cade in acqua come il mio cellulare, poi non funziona più!-
- Stai tranquillo Castle, ho sempre quella di riserva- disse prima di sparire nel bagno, non prima di aver dato due mandate alla serratura.
Rimase a fissare la porta chiusa, con un sorriso in faccia, per qualche secondo, prima di tornare ad affettare i funghi, mentre nella sua testa iniziavano a formarsi immagini poco caste della detective e pensava: "come vorrei essere quella pistola!"
 
Finì di sciacquare anche l’ultimo piatto e dopo averlo riposto sul piano per asciugare, raccolse lo strofinaccio passandolo bene per le mani e lo ripose sul bordo del lavabo, come l’aveva trovato.
Si voltò verso il salone, cercando con lo sguardo il divano dove lei era comodamente seduta.
Dopo che era uscita dal bagno, rigenerata dal tepore dell’acqua, si erano seduti a tavola e avevano chiacchierato del più e del meno. Poi le aveva detto di sdraiarsi comoda sul divano, cosa che lei sembrava aver preso in parola, e dopo un piccolo battibecco era riuscito a convincerla che avrebbe fatto lui i piatti e rassettato la cucina, mentre lei dava ancora una volta uno sguardo a quelle carte, rileggeva ad alta voce le varie dichiarazioni ed esponeva la sua teoria.
Si diresse verso il divano, strofinando su e giù, un paio di volte, le mani sui suoi jeans per eliminare quelle ultime gocce d’acqua che le inumidivano. Solo quando le fu dinanzi, Kate si accorse di lui e si tirò su, per concedergli di sedersi accanto a lei.
Lui però le prese dalle mani il dossier e lo sistemò sui cuscini al suo fianco, per poi girarsi di nuovo verso di lei e incrociare il suo sguardo interrogativo.
- Di quelli ce ne occupiamo dopo.- le disse - Prima devi dirmi cosa c’è che non va?-
- Per prima cosa, non ti devo niente, Castle!- rispose alzandosi e sistemandosi meglio, incrociando le gambe sopra i cuscini. - Poi… non c’è nulla che non vada, sono solo stanca…-
- Ah, e ti sei stancata dalla sera alla mattina? Avanti Beckett non prendermi in giro! Ti conosco troppo bene, so che c’è qualcosa che ti preoccupa…-
- Beckett... wow devi esserne davvero convinto e anche arrabbiato!- cercò di dirgli sorridente, ma poi notò il suo sguardo serio e la sua espressione tesa, mentre gli poggiava una mano sul ginocchio le sentì dire:
- Castle, stai tranquillo, non è successo nulla ieri…- spostò lo sguardo oltre lui e ispirò prima di proseguire -sono solo tesa... per delle questioni... private.-
- Kate…- le disse prendendole la mano e stringendola tra le sue.
- Rick- rispose incrociando il suo sguardo e stringendo la mano.
D’istinto portò l’altra al suo viso e le scostò una ciocca di capelli, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Passarono una quindicina di secondi durante i quali rimasero a fissarsi intensamente negli occhi, poi Kate fece una cosa che non si sarebbe mai aspettato.
Si avvicinò a lui, piegandosi sulle ginocchia e con la mano ancora stretta nella sua gli cinse la vita, attirandolo verso di sé mentre con un leggero sussurro gli chiese:
- Ti prego Rick, abbracciami.-
Lui, dopo un primo momento di stupore, rispose alla stretta, facendole poggiare il viso nell’incavo del suo collo, mentre con la mano che ancora aveva sul suo viso, l’accarezzava.
- Kate…- le disse aspettando che lei alzasse lo sguardo verso di lui - adesso non dirmi che non è successo nulla…-
- No… avevo solo bisogno si questo! Sto bene…- disse allentando la presa al suo busto e tentando di sciogliere l’abbraccio - è stato solo un momento! Non doveva succedere!-
Era quasi riuscita a svincolarsi, quando lui l’afferrò saldamente. Erano quasi nella stessa posizione in cui si erano trovati qualche tempo addietro, sotto copertura. Questa volta però le loro mani destre erano poggiate dietro la sua schiena e incrociate l’una sull’atra.
Nel momento in cui riuscì a farle alzare lo sguardo, entrambi tornarono a quella notte… Si fissarono per un decimo di secondo negli occhi, e questa volta fu lei ad avvicinarsi a lui e a far toccare le loro labbra. Il contatto durò qualche secondo, si allontanò da lui, come era già successo, mantenendo il contatto visivo.
I suoi occhi, l’intensità del suo sguardo e la luce che intravedeva, gli diedero il coraggio di rischiare. L’attirò di nuovo a sé, spingendole il viso contro il suo e lasciando che le loro labbra si sfiorassero, dapprima, che si cercassero, poi, per fondersi in un bacio che levò il fiato ad entrambi.


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Capitolo 40
*** Amor mi mosse, che mi fa parlare. ***


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  «Vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.»
(da Inferno, II, 71-72)


Sentiva qualcosa di soffice e caldo sotto la sua mano e percepiva che l’altra stringeva tra le dita qualcosa.
Era ancora troppo assonnato per riuscire a capire cosa fosse e ormai troppo abituato a ricordare quella sensazione, che credeva fosse ancora una volta uno dei suoi sogni.
Mosse la mano destra, liberandola dalla presa e se la portò al viso, strofinandosi gli occhi, poi li aprì.
Solo in quel momento, vedendo il corpo della donna stretto al suo, il viso tra la sua spalla e il collo e la mano sul suo petto, capì che dopo quasi tre anni quello non era un sogno ma la realtà.
Riportò la mano su quella di lei e dopo aver riunito le loro dita, l’avvicinò alle sue labbra, lasciandovi dolci baci.
Poi voltò il viso verso Kate che dormiva beata e rilassata tra le sue braccia.
“Perché abbiamo dovuto aspettare tanto tempo, Kate? Lo so e l’ho sempre saputo che quello che è successo quella notte non l’abbiamo dimenticato, nessuno dei due. Per quanto mi sia sforzato di odiarti in questi anni, non è stato abbastanza intenso da superare l’amore che provo per te!
Perché hai voluto tenermi fuori dalla tua vita? E ora? Ora ho il permesso di entrarci o domani fingeremo che non sia successo nulla?” 
I suoi respiri erano diventati irregolari, la tensione stava riaffiorando in lui e quei pensieri di certo non l’aiutavano.
Decise di aver bisogno di bere qualcosa e prendere una boccata d’aria.
Cercando di non svegliarla, non sarebbe stato pronto ad affrontarla, l’aiutò a sistemarsi su un fianco e si allontanò dal suo abbraccio.
Indossò i suoi boxer e, prima di uscire dalla stanza, si voltò e appoggiò allo stipite della porta. Rimase ancora un po’ ad ammirarla dormire, come non aveva potuto fare la loro prima notte e poi come all’ora, si diresse in cucina. 

 

۝§۝§۝


La fece scivolare dolcemente, fino a farla stendere sul divano, accompagnando il movimento con il suo corpo. Continuarono a baciarsi per diversi minuti. Lui ogni tanto cercava di sollevarsi, per guardarla in viso, oltre che per riprendere fiato, ma soprattutto per capire se quello che stava succedendo tra loro fosse reale. Se lei fosse disposta a portare il loro rapporto ad un livello superiore.
Ad un tratto ci fu qualcosa che lo fece fermare di colpo. Aveva appena ricordato uno dei motivi per cui lei non poteva essere sua. Apparteneva ad un altro uomo!
Il suo sguardo interrogativo lo attraversava fino al profondo della sua anima.
Dio solo sapeva quanto desiderava quella donna ma non poteva. Non poteva sfruttare quel suo momento di debolezza e la distanza di quell’uomo che avrebbe dovuto essere al suo fianco a sorreggerla. Per quanto gli facesse male ammetterlo, sapeva che avrebbe dovuto esserci lui al suo posto.
Si allontanò da lei, ritornando in ginocchio e poggiandosi sui suoi talloni, mentre i suoi occhi erano ancora fissi su quelli di lei ma il suo viso iniziava a muoversi oscillando leggermente.
Kate si sollevò sui gomiti e strinse le sopracciglia nella muta richiesta di capire cosa gli fosse successo.
- Non posso!- rispose allontanando le mani da lei e poggiandole sulle proprie ginocchia.
La vide distogliere lo sguardo dai suoi occhi e chiudere le labbra in una morsa, mentre spostava il viso verso un punto indecifrato.
- Non posso farti questo, Kate… Non è da me e tu non lo meriti!-
- Farmi cosa, Rick?- chiese riportando lo sguardo verso di lui.
- Non sarò io a farti tradire il tuo uomo! Probabilmente non lo ami, forse ti stai solo lasciando trascinare dalla situazione, dal tuo momento di debolezza di questi giorni… Ma non posso fare l’amore con te… Non…-
Vide di nuovo comparire sul suo viso quel sorriso che tanto amava, e che gli era mancato negli ultimi giorni, e non riuscì a trattenere le sue labbra dal sollevarsi e ricambiarlo.
Kate sollevò un braccio verso di lui, fino a sfiorargli il viso e posare due dita sulle sue labbra.
- Rick…- disse, fermando il fiume di parole dello scrittore.
- Non preoccuparti per questo… Ho lasciato Josh due settimane fa!-
Un sorriso si allargò sul suo volto e le baciò le dita ancora sulle sue labbra. Spostò la mano fino a sfiorare quella di lei e coprendola le portò entrambe a contatto con la sua guancia.
- Perché?- le chiese poco dopo.
- L’hai detto tu poco fa… Non l’amavo!-
Ancora una volta restarono incatenati ai loro sguardi persi uno negli occhi dell’altro.
- È molto dolce quello che hai detto ma…-
- Ma?- le chiese, trattenendo il fiato.
- Ma non sono in crisi… non ho bisogno di un contatto con il tuo corpo solo per sentirne il calore. È quello che voglio!- disse spostando la mano verso la sua nuca e cercando di convincerlo a riavvicinarsi a lei.
Sebbene il suo cuore volesse crederle cecamente, c’era qualcosa in lei, in quei giorni, che lo faceva ancora titubare.
- Rick… non c’è più nulla che m’impedisca di farlo, nessuna ragione per cui nemmeno la parte più razionale di me potrà convincermi che questa sia la cosa più sbagliata da fare… Per una volta ho bisogno di essere me stessa! -
Lentamente si chinò di nuovo su di lei, occhi negli occhi, fino a far incontrare le loro fronti. Si sorrisero labbra sulle labbra e dopo averle dato un bacio veloce, iniziò la scesa lungo il collo, fino ad arrivare al bordo della maglia.
Tornò a fissarla negli occhi, mentre faceva scivolare lentamente una mano al di sotto dell’indumento, accarezzandole il fianco.
Solo quando Beckett iniziò a sbottonagli la camicia, capì che entrambi lo volevano davvero e che niente avrebbe potuto più fermarli. Senza perdere un secondo di più, fece risalire la maglia fino al collo e lasciò che lei lo aiutasse a toglierla.
Approfittando di quel breve momento in cui si erano separati, saltò giù dal divano e le prese le mani, facendogliele cingere intorno al suo collo, poi le passò una delle sue sotto le gambe.
Tornarono a baciarsi e nell’esatto momento in cui le loro bocche entrarono in contatto, la sollevò prendendola in braccio. A Kate sfuggi un gridolino di sorpresa e lui non riuscì a reprimere un sorriso.
  Arrivò nella sua camera e l’appoggiò con delicatezza sul letto. Continuarono a spogliarsi lentamente, guardandosi negli occhi ad ogni ‘passo’, assaporando quel momento magico tra loro. Si baciarono ed amarono con ardore, passione e allo stesso tempo tutta la dolcezza di cui erano capaci. Fecero l’amore finchè non gli cedettero le forze. Si addormentarono l’una nelle braccia dell’altro, scambiandosi piccoli baci e tenere carezze.

 

۝§۝§۝

   
Sentì dei passi alle sue spalle, si strinse nella coperta continuando a fissare l’orizzonte, senza voltarsi.
- Hey - le sentì dire, mentre si accovacciava sul gradino dietro il suo e gli allacciava le braccia al collo.
- Ciao- fu la sua risposta, forse un po’ troppo fredda.
La sentì allentare la presa e percepì con la coda dell’occhio che lei si era trattenuta dal baciarlo ed ora lo fissava.
Voltò lo sguardo per un secondo, poi tornò a guardare di fronte a sé.
- Mi sono persa qualcosa?- chiese nervosamente, mentre portava una mano sulla testa, spostando il ciuffo che ribelle le ricadeva sul viso -Ho fatto qualcosa? -
La sua voce era un soffio tremolante e lui non poté fare a meno di voltarsi verso di lei e attirarla a sé.
Le diede un bacio sulla fronte.
Kate fu spiazzata da quei gesti e lo guardò con il suo solito cipiglio indagatore.
- No... Non è successo niente- le sorrise e la vide rilassarsi per un secondo, ma poco dopo la vide guardarlo come a volergli scrutare l’anima.
Si alzò dagli scalini e incominciò a camminare. Si avviò verso la ringhiera ma ad un tratto tornò indietro da lei, che era ancora seduta sui gradini della portafinestra del soggiorno.
- Scusami Kate, non so che cosa mi sia preso, è solo che...-
- Fa ancora male.- lo interruppe lei.
- Si- rispose, sedendosi di nuovo sul secondo gradino, questa volta era rivolto nella sua direzione, poggiò un piede sul marmo e incrociò entrambe le braccia sui loro ginocchi, per poi posarvici il mento.
Lei iniziò ad accarezzargli il viso. Il silenzio regnava tra loro, nessuno dei due trovava il coraggio per affrontare l’argomento, per rivangare il passato ed entrambi avevano paura di dove li avrebbe portati quel discorso.
- Si Kate, fa male!- fu lui a parlare, alzando lo sguardo e incrociando il suo. –Fa male…- distolse lo sguardo, volgendolo al panorama e poi continuò-Fa male perché non so il perché!-
Senza lasciarle modo di rispondere o fare qualcosa, si alzò di nuovo, si rivolse a lei e dall’alto le disse:
- Non riesco a capire perché mi hai tagliato fuori dalla tua vita-si voltò-non riesco a capire perché sparire per quasi tre anni, senza una parola, senza una traccia!- camminava su e giù furiosamente-Non hai preso le distanze solo da me, da noi…-
- Rick calmati- cercò di dire lei, alzandosi e avvicinandosi a lui.
- Lasciami finire-le disse e poi allontanandosi dalla sua mano che tentava di raggiungerlo –Non mi toccare...-
Kate si sedette di nuovo sugli scalini e questa volta attirò le gambe a sé e le cinse con le braccia, prima di rivolgere lo sguardo verso di lui.
- Ti rendi conto di quello che ho passato? Sei sparita nel nulla! Nessuno sapeva che fine avessi fatto… Potevo capire se dopo la nostra litigata avessi voluto tagliare i ponti con me… ma quello che mi ha fatto stare male tutto questo tempo sai cos’è?- si avvicinò a lei e si accovacciò in modo che potesse vederle negli occhi.
Al suo no, continuò:
- Sapevo benissimo cosa significava quel volo a Los Angeles, della tua corsa disperata alla ricerca dell’assassino di tua madre… Ma quello che mi ha fatto stare male è stato sapere che non hai avuto fiducia di noi… Non ti sei fidata della tua squadra! Nessuno sapeva che fine avessi fatto, se fossi viva…-
- Io…-
- Si lo so… Roy…-
- Cosa?-chiese alzandosi di scatto.
- Ho sempre immaginato che lui sapesse qualcosa, che ti tenesse sotto controllo… Il tuo far perdere le tracce così, da un giorno all’altro doveva aver avuto un complice! E chi se non il Capitano?-
La detective sembrò espirare profondamente e si sedette di nuovo. Sul suo viso un timido sorriso gli fece capire che aveva ‘visto giusto’.
- Ma…-
Lei alzò il viso a incrociare i suoi occhi.
- Quello che non capisco è perché non hai avuto fiducia in me?-
Prima che potesse rispondergli le mise due dita sulle labbra e continuò.
- Si lo so, so quello che ho detto quella…- fece un attimo di pausa –mattina.-
Sul suo viso apparve un dolce sorriso e a lui si scaldò il cuore, sentiva che la rabbia stava scemando.
-Quella mattina ho trovato la carta d’imbarco… Tu avevi già programmato tutto e mi avevi escluso.-
- Rick…-
- Sai quali sono state le due domande che mi sono sempre fatto in questi anni e alle quali non ho mai trovato risposta?-
- No -
- Se io non mi fossi alzato, come questa notte, per andare in cucina a bere, la mattina dopo cosa sarebbe successo? Te ne saresti andata senza dirmi nulla?-
- Rick -
Si alzò e cominciò a camminare.
- Vedi, ho trovato il biglietto, ti ho chiesto spiegazione e abbiamo litigato. Ma se non fossi andato in cucina, se fossi rimasto nel letto con te, ci saremmo alzati, avremmo magari fatto colazione- si voltò verso di lei-e poi non ti avrei rivista mai più?-
Kate non sapeva cosa rispondergli e questo era ben visibile. Si avvicinò ai gradini e si lasciò cadere in ginocchio.
- Non lo so… Sapevo benissimo cosa mi avresti detto, che era una pazzia e sono certa che me lo avresti impedito. Volevo solo andare a LA e cercarlo… dovevano essere un paio di giorni, una settimana… E soprattutto non avevo previsto che saresti venuto a casa mia quella sera!-
- Ecco…-
- Cosa?-
- Non avevi previsto che ti scoprissi, che litigassimo furiosamente e che facessimo l’amore!- le disse con un tono aspro ma con gli occhi che lo tradivano.
- No, Rick… Credevo di poter ‘sparire’ come hai detto tu, di poter volare a LA, trovarlo e ritornare…- disse le ultime parole abbassando lo sguardo.
- Kate...- le mise un dito sotto al mento, cercando i suoi occhi-adesso viene la seconda domanda, quella di cui ho più bisogno di sentire la risposta, ma che temo di più di ogni altra cosa.-
- No, Rick. Non sono venuta a letto con te per dirti addio, perché credevo che potesse essere la nostra ultima occasione o perché sapevo che non ti avrei più rivisto!-
Gli prese il viso tra le mani e continuò-Quella notte abbiamo fatto l’amore. E’ successo perché lo volevamo entrambi, credo…-
- Certo che si! Come puoi solo pensare che io non l’abbia voluto quanto te?-
Sorrise mentre una lacrima le iniziava a solcare il viso e lui gliel’asciugò.
- Non posso negare che nei giorni seguenti, abbia pensato che fosse stato un errore, una mia debolezza, che non avrei dovuto lasciarmi sopraffare da quello che sentivo… ma quella sera, tu eri lì davanti a me, con la tua dolcezza, preoccupato perché qualcosa mi turbava… Avevo bisogno solo di un abbraccio ed era quello che ho cercato - abbassò lo sguardo e voltò il viso verso l’orizzonte.
- Nemmeno io avrei mai pensato che quella sera sarebbe successa la cosa più bella della mia vita. E Kate, credimi, nonostante in questi due anni abbia cercato di odiarti, ne sia stato persino convinto, quando la mia mente e il mio cuore andavano alla notte trascorsa tra le tue braccia, non ricordavo più un solo motivo per portarti rancore.-
Lei si girò ad incrociare il suo sguardo e sollevò la mano ad asciugargli la lacrima che era sfuggita al suo controllo. Anche il viso della donna era rigato del liquido salino e lui fece il suo stesso gesto. Si guardarono e sorrisero.
- La nostra unica, anzi prima notte insieme è una delle due… Tre cose più belle che mi siano capitate nella vita!-
- Tre?- gli chiese curioso.
Lei sorrise e gli spiegò-Quella notte, Johanna e questa notte…-
Un sorriso timido e un po’ di rossore sulle guance la rendevano ancora più dolce.
Le si avvicinò e la baciò con trasporto, dimentico di tutta la rabbia che aveva provato, conscio che ora la cosa più importante era che lei fosse di nuovo li con lui, che gli avesse appena detto che la loro notte insieme era stata importante anche per lei, che…
“un momento… si è corretta, ha detto unica notte e poi prima… ha detto che è stata importante e che lo è stata anche questa notte….”
Lei lo guardava scrutandolo, cercando di capire che cosa gli passasse per la testa e lui intuì la cosa.
- Pensavo…- disse afferrandola per la vita e avvicinandola a sé.
- A cosa?- gli chiese, mentre allacciava le sue braccia intorno al collo.
- Hai detto che quella notte fu la prima… questa la seconda…-
- Si Rick… ho intenzione di incrementare le cose belle della mia vita!- sorrise e appoggiò la fronte alla sua, mentre i suoi occhi, ne era certo, avevano iniziato a scintillare.
- Sai che questo vuol dire che hai appena accettato il fatto che non ti libererai più di me?-
Scostò il viso, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
- Vuol dire che non ho nessuna intenzione di liberarmi di te! Ora che ti ho ritrovato non ti lascerò sfuggire!-
Riuscì solo a sorridere, prima di ritrovarsi le labbra sulle sue.
Quando il bacio terminò, ancora labbra contro labbra, non riuscì a trattenere la battuta amara.
-Non sono stato io a fuggire...-
- Lo so…- rispose lei, separando i loro visi e guardando verso l’esterno.
 - Scusa...- le chiese.
Si voltò verso di lui e sfiorò il viso con l’esterno della mano.
- Hai ragione. Ti ho fatto del male… Spero solo che mi perdonerai.-
- Non importa il passato, Kate-le disse prendendole la mano nella sua –quello che conta è il presente e il futuro. Io voglio viverlo con te!-
Lei sorrise.
-Anche io!- si fissarono negli occhi e poi lei riprese-Per cui, se non vuoi che sia breve perché muoia congelata, che ne dici di tornare in casa?-
Solo in quel momento si accorse che lei era uscita in terrazza solo con il pigiama, probabilmente si era svegliata e non trovandolo era andata in cerca per la casa, come era successo la loro prima volta.
Questa volta però lui, dopo aver bevuto, aveva preso il plaid dal divano e se lo era messo addosso, prima di uscire in terrazza per schiarirsi le idee.
-Hai ragione, è notte fonda e fa freddo! Scusami non avevo visto cosa avevi indosso.-
- Tu non hai freddo? Hai solo gli boxer sotto la coperta!-
-Uhhh tu invece hai fatto caso a cosa ho…-
- Inutile che fai quello sguardo malizioso… Quando non ti ho trovato a letto, ho cercato con lo sguardo in camera. I tuoi vestiti erano dove li avevamo gettati… Mancavano solo i boxer… Ti ho cercato in giro, poi ho capito che non potevi essere andato lontano.- disse sorridendo e facendogli la linguaccia.
-Dove volevi che andassi? È casa mia, fino a prova contraria!-
- Lo so… per questo, quando ti ho trovato qua, la tua reazione mi ha spaventata. Credevo ti fossi pentito.-
-No, mai!- disse attirandola a sé e stringendola in un abbraccio –Mai! Avevo solo bisogno di un po’ di tempo per riflettere... e una boccata d’aria!-
-Ora possiamo tornare dentro?-
- E’ quasi l’alba, ti va di aspettarla insieme?-
Lei lo guardava ancora senza parole e lui immaginò che avesse freddo. Si sciolse dall’abbraccio e diresse verso i gradini.
Si sedette sul più alto e allargò le braccia.
-Vieni qui… ti riscaldo io!-
Kate non se lo fece ripetere due volte, si avvicinò a lui, si sedette sul secondo gradino e si  accoccolò a lui, facendosi accogliere nel suo abbraccio e scaldare dal suo corpo e dalla pesante coperta che li avvolgeva entrambi.
Fu così che attesero il sole sorgere, aspettarono il nascere del nuovo giorno e quello che sarebbe stato un nuovo e primo giorno della loro vita insieme.  
 

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Capitolo 41
*** Nel suo profondo vidi che s’interna legato con amore... ***


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« Nel suo profondo vidi che s’interna 
legato con amore in un volume, 
ciò che per l’universo si squaderna…»
 (da Paradiso XXXIII, 85 -87 )

 

La luce del giorno trapelava dalla finestra aperta e arrivò fino a lei, che stava placidamente dormendo, dopo la lunga nottata trascorsa finalmente, di nuovo, tra le braccia del suo scrittore.
Mosse leggermente il braccio sul lato del letto dove sapeva di trovarlo, ma la sua mano tastò solo il materasso e il cuscino vuoto.
Si sollevò, voltandosi verso il lato in cui si era addormentato Richard e ai piedi del letto, dal suo lato, trovò il cucciolo di cane.
Si sistemò il lenzuolo che le stava scivolando di dosso e si avvicinò a lui e solo dopo avergli fatto qualche carezza, notò il biglietto sotto la sua zampa e lo prese.
 

 Per Joe
Con amore.
       Zio Ricky

 

Passò le dita sulla frase scritta nella bella calligrafia dello scrittore mentre leggeva nella sua mente le parole, non riuscì a trattenere le lacrime che copiose scendevano dai suoi occhi e che ormai si erano infrante sulla sua bocca, piegata in un sorriso.
Si infilò la camicia di lui che giaceva a terra e fece un rapido giro per la casa. Arrivò in soggiorno e recuperando il cellulare, notò che aveva un messaggio non letto.
 

Scusa se non ho aspettato il tuo risveglio ma avevo una cosa urgente da sbrigare…
Oggi è sabato, porta Joe al parco e dalle il mio regalo (spero che per te vada bene).

Ci sentiamo appena mi libero
Ti amo

R.  

⌘ * § * ⌘


Il sole splendeva in alto nel cielo limpido di quella splendida mattina d’inizio settembre, il tempo era ancora mite e, tutto intorno a sé, sembrava rispecchiare quella sensazione di benessere, calore e allegria che da quella mattina l'accompagnava.
Si stese sull'erba fresca, mettendosi in modo da poter tenere sotto controllo il suo angioletto che giocava con il suo nuovo amichetto.
Erano anni che non se ne stava placidamente stesa a pancia in giù e gambe all'aria, le braccia incrociate sul telo appena steso e il viso poggiato su di esse. Un sorriso splendeva sul suo viso e fu così che la trovò Lanie.
- Hey- le disse mentre si sedeva al suo fianco.
- Hey- le rispose, cambiando posizione e sistemandosi come l'amica.
- Come mai mi hai buttato giù dal letto stamattina e mi hai chiesto di raggiungerti al parco?- tentò di dire ma prima che potesse concludere l'intera frase, un ciclone dagli occhi blu e dai boccolosissimi capelli biondo scuro la travolse.
-Ia Eniiiiii- il piccolo tornado si era lanciato sulla dottoressa e l'aveva placcata a terra, sommergendola di mille bacetti.
Quando la donna iniziò a rispondere all'attacco, facendo il solletico alla bimba, la sua risata cristallina fu coperta dall'abbaiare di un cane.
 - Ti piace il mio canniolino Ia?- le chiese la piccola, vedendo la faccia sorpresa della donna.   
Quando Lanie si girò verso di lei, con una faccia a cui mancava solo un grande punto interrogativo sulla fronte, Kate disse: - è un regalo!-
La sua faccia, poco entusiasta della cosa, fece voltare l'amica verso la bambina.
- È bellissimo, tesoro di Zia. Ora però fammi vedere come giocate con la palla, mentre io parlo con la mamma e poi andiamo a comprare un bel gelato!-
Quando la piccola si allontanò, vide l'amica voltarsi verso di lei e, prima che la sommergesse di domande, disse:
- Non le ho comprato io il cane. L'abbiamo trovato ieri sera sotto casa...-
Lo sguardo di Lanie era ancora più inquisitore.
 - È un regalo di Castle!- sparò di colpo.
Lanie aveva gli occhi letteralmente fuori dalle orbite.
- Dai su Lanie, non ti ho mica detto che è sua figlia!..-
- No...-sorrise l’amica- Ricordo perfettamente quando l'hai fatto!-

 

۝§۝§۝

 
Uno strano suono le arrivò alle orecchie come se provenisse da molto lontano.
In un primo momento non riuscì a capire di cosa si trattasse, ma appena mise a fuoco che quello era lo squillo del suo nuovo telefono, quello che da qualche mese aveva preso a suonare sempre più spesso, ma mai a quell'ora della notte, scattò in piedi e saltando giù dal letto si precipitò a rispondere.
 - Che succede, tesoro, sentivi la mia mancanza? Erano quasi due settimane che non ti sentivo in preda al panico...-
Disse scherzando nel momento in cui accettò la chiamata, ma la voce che le rispose all'atro capo, la fece bloccare di colpo, in preda all'ansia.
- E’ successo qualcosa? Dov'è Kate?? Perché mi chiama lei, Capitano???-
Di tutte le persone che avrebbero potuto inoltrarle quella chiamata, Roy Montgomery era l'ultimo a cui avrebbe pensato e di cui avrebbe voluto sentire la voce. L'ansia si era velocemente trasformata in puro terrore e l'aveva sommerso di domande.
- Calmati, Lanie… fammi parlare!-
La voce perentoria dell’uomo sorbì immediatamente il suo effetto e la donna si sedette sul letto, aspettando di conoscere le risposte alle sue domande.
- Stai tranquilla, è tutto ok! Ti chiamo io, perché Kate è… momentaneamente impossibilitata!-
- Si spieghi, la prego… non mi faccia stare in ansia!-
- Siamo in ospedale, Lanie…-
- O mio dio! Che cosa le è successo, PARLI- scattò di nuovo in piedi e si precipitò verso la sedia, pronta a recuperare i suoi vestiti, tenendo il telefono ben fermo vicino all’orecchio.
- Dicevo…- riprese Roy con tono spazientito - il bambino…-
- No la prego! Non mi dica che è successo qualcosa al bambino!-
- Mi lasci finire???- tirò un sospiro nervoso-Il bambino deve aver preso il bel caratterino della mamma! Ha deciso che si era stufato di restare lì dentro e che vuole nascere!-
- Wow… ma è stupendo!- Lanie aveva iniziato a saltellare di gioia mentre s’infilava i jeans.
- Lanie, ti chiamo non per annunciarti la lieta novella, ma perché la tua amica è davvero cocciuta! Non ha intenzione di collaborare e sta tentando in tutti i modi di ritardare il travaglio! Io e Jim siamo qua da almeno un’ora e solo da dieci minuti siamo riusciti a trascinarla in ospedale… ma non ha intenzione di entrare in sala parto se tu non sei qua!-
- Cosa? Ma è impazzita? Me la passi!-
Un frastuono le arrivò alle orecchie, proveniente dall’altro capo del telefono, probabilmente il capitano aveva passato il telefono a Kate.
- Lanie-disse la voce stanca e tesa della detective.
- Niente ‘Lanie’… TU ora entri in quella stramaledetta sala e dai alla luce la tua creatura… io corro in aeroporto e mi precipito da te… ma per l’amor del cielo Beckett  non fare cazzate!-
- Fai presto Lanie, ho bisogno di te… Mio padre e Roy sono più agitati di me e io da sola non posso farcela!-
- Certo che puoi, tesoro! DEVI… e non sei sola, un intero reparto è lì con te! Io sto arrivando!-
Chiuse la telefonata e si precipitò a prendere le ultime cose necessarie per poter raggiungere la sua amica…
- Sto arrivando tesoro… non mi perderei per nulla al mondo la sua nascita!-
Chiuse la porta e lasciando la sua casa alle spalle, corse verso la sua macchina con un solo pensiero in testa “tieni duro Kate, io sto arrivando da te… sto arrivando… beh diciamo che cerco di arrivare!”   
                                                                                                                         
 
Dopo sei ore e imprecazioni varie, raggiunse finalmente l’ Eisner Pediatric & Family Medical Center, dove ad attenderla all’ingresso, c’era Patrick.
- Finalmente!- le disse appena l’ebbe di fronte.
- Scusa se abito solamente a quasi 5000km da qui! Ho appena affrontato un viaggio in macchina, 5 ore di aereo e 20 minuti di taxi…-
- ok ok… calmati stavo scherzando! Sei quasi peggio della tua amica lì dentro!-
- Ancora nulla?- chiese mentre si dirigevano all’interno dell’ospedale, svoltando un paio di corridoi fino ad arrivare all’ascensore.
- Ma che! Sembra che siano giunti ad un accordo… Kate non ha nessuna intenzione di collaborare e non so per quale assurdo motivo, sembra che il piccolo le abbia concesso una tregua.-
- Che intendi dire?- chiese preoccupata.
- Sono almeno otto ore che Kate è in travaglio ma dopo la prima ora, in cui sembrava che stesse addirittura per partorire a casa, dopo che siamo arrivati qui, il piccolo sembra aver cambiato idea…-
- E quindi è un falso allarme?- chiese ancora più stupita e leggermente alterata.
- No… L’allarme c’è tutto… ma...-
- Ma che cosa??? Santo celo Patrick vuoi farmi capire che cavolo sta succedendo?-
- Guarda tu stessa!- le disse, aprendo la porta e facendole segno di entrare.
 
- Lanie…- fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Erano… non sapeva più quante ore che stava lì dentro a cercare di gestire le fitte e ad aspettare che quel piccolo esserino si decidesse, se voleva uscire o restare ancora dov’era.
- Kate!- disse la donna, correndo verso di lei e stringendola in un abbraccio.
- Come stai tesoro?- le chiese.
- Una meraviglia!- esclamò stizzita-è più cocciuto di un mulo!-disse accarezzandosi il ventre.
- Mi ricorda qualcuno!-scherzò Lanie, facendo ridere tutti, compresa Kate che accennò un sorriso mentre tratteneva una smorfia per l’ennesima fitta.
- Ci ha fatto precipitare qui e poi continuo ad avere fitte ma i medici dicono che non è ancora il momento!- sbuffò
- Ma scusa tesoro, il tuo termine non era fra due settimane?-
- Si… ma forse lì dentro non ha il calendario!- rispose stizzita.
- In genere i primogenito se la prendono con comodo, il più delle volte nascono dopo che sono passati alcuni giorni dal termine.-
- Si vede che era curioso di scoprire che ci sta qua fuori!- scherzò Patrick-poi ha sentito Kate sbraitare e ha cambiato idea-le disse facendole la linguaccia.
- Spiritoso!- esclamò la detective.
- Forse stava spettando Zia Lanie, vero piccoletto?- intervenne, mettendo le mani su quelle dell’amica e accarezzando anche lei il pancione.
- Beh… ora che ci siamo tutti, che ne dici di deciderti?- esclamò Kate, rivolta alla sua creatura.
Come se il piccolo l’avesse sentita, iniziò a dare segni d’impazienza e finalmente anche i medici diedero il permesso di trasportare la paziente nella sala parto.
 


 To be continue....

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Capitolo 42
*** Felice insieme e miserabil mostro... ***


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« Felice insieme e miserabil mostro;
in cui convinc’ognor l’incendio cresca
al dì ch’io vidi l’amoroso sguardo,
ove ancor ripensando aghiaccio et ardo»

 (da Arcadia di Jacopo Sannazaro)

 

Mezz’ora dopo, Kate era in ‘postazione’. Accanto a lei, c’erano uno Jim Beckett ultra agitato e dal lato opposto la sua amica che le teneva la mano.
- Forza tesoro, manca poco, ancora qualche spinta e ci siamo.- le disse.
- Avanti Kate… alla prossima contrazione, spingi più forte che puoi!- confermò l’ostetrica.
- Ancora più forte? No no, io non ce la faccio! Fatemi scendere!- esclamò la detective, ormai in preda al panico.
- Su bambina mia, puoi farcela!-
- No papà!- si voltò verso la ginecologa-Ho cambiato idea! Fatemi il cesareo!-
- Mi dispiace Kate, ma è ormai troppo tardi… ti basta ancora una spinta ed è fuori! Vediamo già la testa!-
Stava per dire altro, si voltò verso l’amica, quando una contrazione la pervase.
Fu davvero fortissima e mentre si contorceva sul lettino, stringendo la mano di Lanie, alzò gli occhi al cielo e tutto d’un fiato disse:
- Dove diavolo sei?? Proprio ora che ho più bisogno di te…-
Sia Lanie che Jim seguirono il suo sguardo, per poi posarlo su di lei, con un pizzico di tristezza. Entrambi pensarono che quelle parole fossero per sua madre, pensarono giustamente che mentre stava dando alla luce la sua bambina, la lontananza di Johanna fosse tornata forte. Ma non sapevano quanto si sbagliavano.
Le parole le si smorzarono in gola quando alla contrazione seguì la spinta forte e la testolina della sua piccola fu fuori.
- Eccola l’ho tra le mani- esclamò l’ostetrica.
- Bravissima Kate! Ora riposa e prendi fiato. Non spingere finché non te lo diremo noi!-
- Qualche problema?- chiese immediatamente.
- No tesoro, stai tranquilla - intervenne Lanie-devono controllare che il cordone non sia attorno al collo e poi alla prossima spinta potrai far nascere il piccolo!-
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, cercando di mettere in atto quanto aveva imparato al corso pre parto ‘casalingo’.
Una nuova contrazione la fece tremare, strinse forte la mano di Lanie e l’altra attorno al lenzuolo.
- TI ODIO CASTLE! Questa me la paghi!- sbraitò puntando la testa contro lo schienale.
- Castle? Che c’entra Castle adesso?- chiese Lanie cercando di non farsi stritolare la mano.
- Secondo te? Se sono qui adesso a chi lo devo? Eh????- rispose Kate furibonda, indicando la sua situazione.
- Cosa?- esclamarono in contemporanea Lanie e Jim.
- Forza Kate, alla prossima spingi! Facciamo nascere questo piccolo!-
Non ci fu più il tempo per altro, tutto avvenne in una frazione di secondo, una contrazione forte, un’ultima spinta e il dolce suono del pianto del suo bambino che era finalmente giunto da loro.
Si lasciò cadere contro lo schienale, chiuse gli occhi e si godette quel momento.
- Eccolo qui- esclamò l’ostetrica.
- Bravissima Katie- disse Jim, accarezzandole il viso sudato.
- Sta bene?- fu l’unica cosa che riuscì a chiedere.
- Si sta benone!- rispose la dottoressa, avvicinandosi a lei.
- Kate, ecco la tua piccolina.- le disse, mentre le metteva tra le braccia quel fagottino.
Appena la piccola sentì il calore della sua mamma, smise di piangere.
Kate la guardava con le lacrime agli occhi.
- E’ una bambina bellissima!- esclamò Lanie emozionata.
- Bellissima, tesoro!- le fece eco Jim avvicinandosi a darle un bacio sulla fronte.
- Una bambina!- disse Kate, come a chiedere conferma alla dottoressa, poi chinando il viso su di lei e avvicinandola per baciarle il nasino arrossato -Ciao piccola! Benvenuta tra noi!-
Strinse a sé il suo più grande tesoro, mentre tornò a guardare per un attimo verso l’alto chiudendo gli occhi e sospirando. Quando riportò lo sguardo verso la sua piccola, che ora dormiva tranquilla tra le sue braccia, uno splendido sorriso si aprì sulle sue labbra. Chiuse per un secondo gli occhi e mordendosi il labbro, per fermare il tremolio e le lacrime che copiose avevano iniziato a scorrere sul suo viso, non poté fare a meno di dire nella sua testa “Grazie Rick”.  

۝§۝§۝

           

Scoppiarono entrambe a ridere.
- Siamo stati insieme, Lanie...-
Quella frase così seria fece fermare di colpo le risate della sua amica che ora la guardava in cerca di spiegazioni.
- Stanotte, è successo di nuovo... Ho ceduto- disse abbassando lo sguardo.
- Non è stata una debolezza- le disse la donna- voi due vi amate e nonostante tutto non avete mai smesso di farlo!-
Abbassò lo sguardo ma nel farlo annuì leggermente e questo non sfuggì all'amica.
- Certo che tu hai proprio tatto nel dare notizie shock!!- scherzò l'amica, facendo ridere entrambe.
- Mah dai... Almeno il nome di Joe non è stato così male!- disse la detective con finta espressione angelica.
- No certo che no... Ero solo troppo sciolta dal tenero momento per capire quel secondo nome!-
 

۝§۝§۝

           

Quando la dottoressa le aveva preso dalle braccia la sua piccola, aveva preteso che Patrick restasse di piantone. Riponeva un'enorme fiducia in quella donna, ma il costante timore di essere in pericolo, non l'aveva mai abbandonata. Nonostante adesso sapesse di essere al sicuro e che lo fosse anche la sua bambina, preferiva non correre alcun rischio.
Continuava ad agitarsi nel letto, in attesa di riavere tra le braccia la sua creatura. Quando gliel'avevano poggiata sul petto, aveva provato delle emozioni indescrivibili. Era bastato il contatto con la pelle della sua bambina per riscaldarle il cuore. In un istante si era sentita inesorabilmente legata a quell'esserino che non dipendeva più da lei, ma ora che l'aveva stretta tra le sue braccia si era finalmente resa conto di ciò che insieme avevano creato.    
Il leggero bussare alla porta attirò la sua attenzione, e un enorme sorriso le apparve in volto appena intravide Patrick entrare con la sua piccola tra le braccia.
- É permesso? Qui abbiamo una splendida signorina che cerca la sua bellissima mamma!-
- Hey - esclamò felice - entra pure e ridammi immediatamente la mia piccola!-
- Questo ė il ringraziamento? Prima mi obblighi a restare in sala parto, poi a seguire le operazioni nella nurse. Anche le infermiere mi hanno mollato la piccola e spedito qua, perché stanche delle tue urla... E nemmeno un grazie!- disse con finta aria shoccata. -Hai  capito signorina, come mi trattano?- chiese rivolto alla piccola, che intanto gorgogliava felice, mentre avanzava, a passo svelto, verso il letto.
- Grazie - fu la dolcissima risposta della donna, quando riebbe la sua piccola tra le braccia. Poi fece una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato, si sporse verso di lui e gli scoccò un bacio sulla guancia.
Jim, Lanie e lo stesso Patrick la guardarono sorpresi, mentre lei, rispose al loro muto interrogativo, mostrando semplicemente un sorriso, alzando le spalle.
La piccola, che ora emetteva degli strani versetti di felicità, tra le braccia della sua mamma, attirò la sua attenzione.
Restò per un po' a fissarla mentre, spinta dal classico istinto naturale dei neonati, cercava di attaccarsi al suo seno. Alzò lo sguardo verso i presenti, come a chiedere, silenziosamente, se poteva.
A salvare i presenti da una risposta che non avrebbero saputo darle, fu la piccola e paffutella infermiera.
- Salve signora Beckett!-
- Oh salve... Rebecca! Arriva proprio nel momento giusto! Sembra che Joe sia affamata- disse Kate indicando con lo sguardo la piccola.
- Chi sa da chi avrà preso?!- si lasciò sfuggire Lanie, guadagnandosi un’occhiataccia dall'amica, che subito dopo continuò:
- Posso già allattarla?- chiese rivolta all'infermiera.
- Certamente! - rispose allegra - Anzi avrebbero dovuto farglielo fare già poco dopo la nascita.-
- Si infatti... Solo mi chiedevo se fosse il caso di allattarla di nuovo, dopo cosi poco!-
- Se la piccola ha voglia, non ci sono impedimenti particolari. Vuol dire che è una mangiona!-
A quell'affermazione, un mugolio sfuggì alla dottoressa, che cercò di non proferire parola, nonostante Beckett la guardasse di nuovo male, intuendo i suoi pensieri. Lo sguardo torvo però durò poco, giusto il tempo di sistemare comoda la piccola che iniziò immediatamente a ciucciare.
Tutti, compreso l'infermiera che era abituata a tali scene, rimasero qualche istante a contemplare quel miracolo della natura.
Kate ammirò, stupita, la sua bambina che istintivamente sapeva già cosa fare e ora avidamente aveva iniziato la poppata.
Un' espressione felice riempiva il suo viso e nel momento in cui i suoi pensieri coincisero con quelli della sua amica, si ritrovò a sorridere, notando che in fondo aveva ragione.
Ad un tratto, l'infermiera interruppe quel momento di contemplazione, avvicinandosi al letto.
- Ohh, quasi mi dimenticavo il motivo per cui sono qui!-
Tutti la guardarono in attesa che continuasse.
- Dovrei registrare la piccola. Ė arrivato il momento di darle un nome e cognome ufficiali...-
- Ecco appunto! - irruppe impetuosa Lanie, interrompendola e rivolgendosi con fare quasi minaccioso all'amica - Kate, di grazia, vorresti farci sapere come diavolo hai intenzione di chiamare questo angelo? O dobbiamo aspettare che se lo scelga lei da grande!? -
La povera Rebecca sgranò gli occhi, mentre Jim e Patrick scoppiarono in una fragorosa risata.
Anche la piccola Joe parve essere curiosa di scoprire il suo nome, tanto che smise di mangiare, iniziando a fissare la mamma e facendo un versetto che sembrava chiederle 'eh già!'.
Tutto ciò fece ridere anche la neomamma, che tra una risata e l'altra, rivolgendosi alla piccola, disse:
- Hai ragione Kitty...- alzò lo sguardo davanti a sé e dopo averlo passato sui presenti, fermandosi per ultimo su suo padre, in attesa di un suo assenso, si rivolse all'infermiera.
- Il suo nome è...- fece una piccola pausa ad effetto e tornando a guardare sua figlia - Johanna Alexander Beckett.- 

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- See... Come se in altro momento lo avresti capito!- la derise la detective.
- No in effetti... Ma solo perché non lo sapevo. L'ho capito dopo.-
- Capito...- la canzonò - se mi hai assillata finché non ti ho detto a chi appartenesse quel secondo nome!-
- Touché-
Risero per l'ennesima volta e poi Kate riportò il discorso sul serio:
- Come faccio a guardarlo in faccia e continuare a nascondergli la varietà?- chiese.
- Non farlo, digli che è sua figlia- rispose guardando in direzione della bambina che allegra giocava con il cane.
- Non la prenderà bene- sussurrò.
- E tu raccontagli tutto... La vera e assoluta verità!!-
 
Passarono un paio di minuti in cui entrambe guardarono la piccola giocare, poi Kate sì alzò.
- Puoi portare tu Joe a casa da mio padre?- chiese.
- Si certo. Le compro un gelato e li riporto a casa...-
Prima che potesse aggiungere altro, Kate la interruppe:
- Grazie, io devo andare a parlare con una persona!-
Chiamò la piccola dicendole che sarebbe rimasta con Zia Lanie e sarebbe tornata a casa con lei, perché la mamma doveva fare una cosa importante. Ma quando raccolse le sue cose, Lanie la interruppe prima che riuscisse a salutarla.
- Vai da lui?- fu la domanda.
- No, prima devo parlare con un'altra persona- si girò verso di lei - l'unica che saprebbe cosa dirmi.-
E allo sguardo interrogativo di Lanie, prima di incamminarsi, rispose:
- Martha.-
 
 


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Capitolo 43
*** Poi mi parve vedere a poco a poco turbar lo sole e apparir la stella... ***


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  « Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella…»
(da Donna pietosa e di novella etate – D.A.)


Entrò lentamente nella stanza e richiuse la porta alle sue spalle, accompagnandola nel suo percorso con la mano.
La luce proveniente dal neon rosso, al di sopra dello stipite, colorava la stanza rendendo a mala pena visibile il tavolo da lavoro.
Si avvicinò e accostando lo sgabello si sedette, poggiando entrambi i gomiti sul piano rovinato della scrivania e, facendo scattare la piccola levetta della sua macchina fotografica, iniziò a riavvolgere il rullino.
Era trascorsa a mala pena una settimana ma aveva riempito anche questo nuovo rullino.
Mentre con gesti automatici lo toglieva dal suo alloggiamento, sollevò la testa per scorgere quelle foto che erano ancora appese ad asciugare. Anche se la luce era molto tenue, riusciva ad intravedere la figura di un uomo e di una donna, o solo l’uno o l’altro, delle persone che uscivano da una villa o che salivano su una macchina.
Scostò lo sguardo alla ricerca delle altre pellicole, pensando che presto anche questo rullino sarebbe diventato una serie di negativi appesi e i loro positivi sarebbero state foto.
Spense la piccola luce rossa che illuminava appena la stanza, e fece scattare il coperchio della macchina fotografica.
Sfilò dal suo involucro il film fotografico e avvolse tutta la pellicola nella spirale, eliminando la parte finale coperta dal nastro adesivo. La inserì all’interno della tank e avvitò il coperchio a tenuta di luce.  Tutto pronto per iniziare lo sviluppo.
Procedeva nella sua opera con molta calma, tutte le fasi dovevano essere seguite alla flebile luce dell’impianto d’illuminazione della camera oscura e ognuna di queste aveva bisogno della giusta temperatura per permettere alla chimica di fare la sua opera.
Non aveva nessuna fretta, anzi, compiva tutte le operazioni con molta molta calma, come se fossero scandite dal ticchettio dell’orologio.
Introdusse agenti di sviluppo attraverso il foro aspettando il suono della sveglia che era poggiata lì accanto.
Raccolse nuovamente tra le sue mani la tank e la agitò capovolgendola lentamente a intervalli regolari; la sua grandissima esperienza faceva in modo che sapesse perfettamente per quanto tempo è quanto forte dovesse agitarla per ottenere il giusto risultato.
Trascorse i minuti necessari allo sviluppo mirando i capolavori che  avevano preso vita dal suo obiettivo nelle settimane precedenti. Quando il suono della sveglia, che indicava la fine del procedimento, lo distolse dai suoi pensieri introdusse il bagno di arresto per terminare lo sviluppo.
Una volta inserito anche il bagno di fissaggio, prese le pellicole e le sciacquò in acqua corrente per alcuni minuti. Un sorriso soddisfatto apparve sul suo volto, ma pian piano si trasformò in un ghigno: sulla pellicola apparvero chiaramente quelle immagini che lui aveva ancora fissate nella sua memoria dal momento in cui le aveva immortalate su di essa.
Prese delle mollette dal cestino poggiato sulla scrivania e ad una ad una appese la nuova pellicola.
Si guardò intorno soddisfatto e si diresse verso la porta lasciando che quelle immagini si fissassero definitivamente sulla pellicola e pregustando il momento in cui avrebbe rivisto quei soggetti immortalati. Lasciò l’angusta stanza chiudendo la porta alle sue spalle.

⌘ * § * ⌘


Le parole di Martha ancora ronzavano nella sua mente mentre con passo svelto raggiungeva l’edificio.
- Kate… aspetta!- una voce alle sue spalle la fece voltare.
- Capitano - esclamò vedendo l’uomo appoggiato a una delle colonne del porticato.
- Posso rubarti un minuto?- le chiese.
La sua aria seria la misero subito sull’attenti.
- Certo… - rispose avvicinandosi.
- Che succede Roy?-
- Castle ha capito che ti ho messo lì come scorta.- sparò Montgomery.
- Lo so… - rispose. Poi vedendo il suo cipiglio interrogativo aggiunse - gliel’ho detto io.-
- Cosa?- le fece cenno di sedersi sui gradini.
- Ieri, quando ha voluto essere accompagnato a casa, ha fatto salire anche me e ha tirato fuori la storia del ‘troppo pericoloso’- disse accomodandosi di fianco al capitano.
- Da lì, abbiamo degenerato in una specie di litigata - disse alzando leggermente le spalle e mostrando un sorriso angelico.
Montgomery aveva un’espressione che era un misto tra il rimprovero e la faccia di uno che cerca in tutti i modi di non scoppiare a ridere. Lei sapeva benissimo che cosa stesse pensando il suo superiore, l’aveva pensato anche lei che quel gesto era così tipicamente dei Castle…
- Quindi?- le chiese.
- Quindi ho dovuto dirgli la verità- ammise stringendo le labbra e alzando gli occhi come per scusarsi.
- Bene! Voi due non riuscite proprio a non litigare, vero?- sorrise scuotendo leggermente la testa.
- Mi ha chiesto di allontanarti….- le disse a bruciapelo.
- Ma… - tentò di dissuaderlo.
- Sta tranquilla - intervenne prima che potesse dire altro - Non lo lascio solo, abbiamo sistemato tiratori scelti attorno alla casa e due macchine civetta girano continuamente da quelle parti. E ha accettato di sostituirti con uno degli uomini di Gray… Avevano già collaborato insieme.-
- Non me lo avevi detto che proprio alla fine mi avresti  rispedito a LA…- furono le sue uniche parole.
- Ma scherzi? Chi lo tiene a bada!- risero entrambi ancora una volta.
- Ho ricostruito la mia vecchia squadra e non la lascerò separare di nuovo! Continuerete a lavorare tutti insieme! Se ti va.- disse serio.
- Certo che mi va. Siete la mia famiglia!- dei rumori alle loro spalle li fecero voltare di scatto, quando capirono che erano soltanto Ryan ed Esposito che come al solito litigavano per l’ultima ciambella, rincorrendosi come dei bambini.
Voltandosi di nuovo verso il suo Capitano disse:
- Dove li trovo altri come questi?-

⌘ * § * ⌘


La stanza era immersa in un’atmosfera cupa, non poteva vedere con gli occhi ma tramite gli altri sensi aveva una percezione delle cose che la circondavano. Dai piccoli rumori generati dai movimenti attorno a sé, era riuscita a capire che la situazione era cambiata, qualcosa di molto importante era accaduto e in cuor suo sapeva che presto lui avrebbe agito ma faceva di tutto per non prestare attenzione a quel presagio.
Alzò la mano e sentì che i passi erano diventati veloci, bastava quel gesto a farlo accorrere al suo fianco.
- Come stai?- le chiese mentre sicuramente si era accucciato ai suoi piedi.
- Io bene.- disse-Ma tu, come stai?-
Al perdurare del silenzio, scalfito solo dai suoi respiri che erano leggermente trattenuti, continuò:
- Tesoro, so che qualcosa non va, lo sento dai tuoi gesti.-
- No mamma, stai tranquilla...- un breve silenzio e poi tornò a parlare:
- Ho sentito della musica prima, cosa stavi ascoltando?-
- Haydn - prese tra le sue la mano di suo figlio che era poggiata sul bracciolo della poltrona e voltandosi appena verso di lui precisò: - Le sette ultime parole del nostro redentore in croce.-
Sapeva che suo figlio aveva capito cosa volesse dirgli ascoltando quel brano, il senso di pietà per la sofferenza che domina la scena ma anche la leggerezza della musica che racconta la morte imminente quasi in modo programmatico.
Lei aveva capito che dietro al comportamento solitario del figlio c'era qualcosa di oscuro, qualcosa che ancora si rifiutava con tutta se stessa di accettare.
Un ricordo le venne alla mente, da quando era tornata con lui, nei giorni passati aveva sentito suo figlio comportarsi in maniera strana. Usciva nel cuore della notte, quando credeva che lei dormisse o la mattina presto e quando tornava in casa le sembrava più felice. Si muoveva stranamente in casa, continuava a chiudersi in quella stanza e ne usciva ore dopo, oppure si sedeva alla scrivania e lei sentiva il rumore dello sfogliare di pagine e il passaggio delle sue dita sui fogli, come se non avesse bisogno di leggere le parole per recitare le frasi.
- Leggimi qualcosa - gli chiese.
- Cosa vuoi che ti legga?- rispose il suo ragazzo, alzandosi e lo sentì andare verso la scrivania.
- Quello che leggevi tu!- rispose.
Dopo poco lo sentì riavvicinarsi a lei e sentì il rumore del tessuto che sfiorava il legno del pavimento. Lui si era inginocchiato ai suoi piedi come quando era bambino e le aveva poggiato il libro sulle gambe.
- E' una vecchia copia della vita nuova di Dante.- le disse.
- Della biblioteca.- rispose lei, riconoscendo la ruvidità dell'etichetta apposta sul dorso del libro.
- E queste parole sottolineate?- chiese quando poggiò le dita sulle pagine aperte.
- E' il passo in cui Dante, dopo la morte di Beatrice, scrive che lui si era chiuso da solo in una stanza e delirava…-
- Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella;
cader li augelli volando per l’are,
e la terra tremare;
ed omo apparve scolorito e fioco,
dicendomi: “Che fai? Non sai novella?                
morta è la donna tua, ch’era sì bella”.-
Man mano che lui leggeva, sentiva la sua voce incrinarsi per lo sforzo di trattenere le lacrime.
- La pensi ancora?- chiese quando un singulto gli smorzò il respiro.
- Sempre!- rispose prima di scoppiare in un pianto liberatorio.
- Quando andremo via da qui, vedrai, starai meglio- gli disse - ma quando sarà?-
- Presto mamma, presto!- e anche senza vederlo capì che sulla faccia di suo figlio era apparso un ghigno che un po' la spaventava.

⌘ * § * ⌘


Quel lunedì mattina era iniziato fin troppo presto per i sui gusti. Certo una volta, quando lavorava per la NYPD faceva levatacce anche peggiori ma almeno c’era la vera scusa di un omicidio e una vittima da analizzare. Oggi invece si era dovuta scapicollare, e perfino senza nemmeno il suo amato rottame a quattro ruote, verso gli uffici dell’anticrimine.
“Non facciamo la figura dei poveracci” le aveva detto Javier stamattina al telefono.
Ma lei non era un detective, solo una scienziata ora, e quella era la macchina che poteva permettersi, figure di niente o meno.
Per non andare incontro all’ira di Montgomery aveva preso la metro ed era arrivata al quartier generale.
Avevano passato lì tutta la giornata, con una minima pausa pranzo, analizzando i campioni repertati nei vari omicidi. Beh lei analizzava, Javier, beh lui le stava intorno come un mastino. Non che la cosa, molto buffa, non le facesse piacere, soprattutto perché non ve ne era motivo se non il fatto che lì all’anticrimine tutti la stavano adulando e probabilmente avevano scatenato la gelosia del detective.
In ogni caso, aveva sprecato il suo giorno libero per lavorare instancabilmente e all’insaputa di tutti, tranne che di Esposito e del Capitano, a quel caso che rendeva tutti molto apprensivi.
Roy le aveva chiesto di passare al microscopio ogni piccolissimo, microscopico appunto, indizio che poteva ricavare da tutte le scene degli omicidi imputati al SK.
Fino ad ora, tutti erano stati analizzati e studiati come casi a se stanti, prima della lettera a Gray, e quindi credeva che rianalizzandoli da un nuovo occhio come un unico caso, si poteva giungere a nuove conclusioni.
Chi poteva farlo meglio di lei che aveva lavorato con Castle e Beckett, insieme, e che conosceva anche altri piccoli segreti?
Aveva capito che il Capitano temesse che dietro a questo pazzo ci fosse un altro ben più mostruoso essere.
Però alle 5 del pomeriggio non era riuscita a ricavare nulla. Esposito aveva convenuto che non fosse più necessario che stessero lì, una volta finite le analisi, e che l’indomani avrebbero iniziato a indagare, insieme, su quanto ricavato, prima di coinvolgere anche Detective e Scrittore.
- Ti do uno strappo.- disse Esposito quando uscirono dal quartier generale.
- Cosa hai per me macchina o moto?- gli chiese.
- Secondo te?-
- Non ho il casco.- rispose scuotendo la testa e pensando che in fondo lui era sempre il solito Javier.
- Te lo do io.-
Mentre s’incamminavano verso la sua Honda, gli disse:
- Lo sai che mi hai fatto perdere una giornata di shopping?- come se la colpa fosse sua
- Si eh?- disse per nulla sorpreso.
- Per rimediare dovresti almeno portarmi al cinema. E’ un’invenzione del secolo scorso, però funziona perché la gente ci va per baciarsi.- disse con aria al quanto maliziosa.
- Senti, ti accompagno in studio, a casa, o…- disse deglutendo. Non sapendo se la sua fosse la reazione per il cinema o per quello che poteva concludere la frase.
- A casa - gli rispose cercando di rimanere neutrale.
- Casa tua? Fino a là?- chiese senza voglia di farsi i km per poi lasciarla sulla porta di casa e tornarsene a Richmond.
- Si, è l’unica casa che ho.- disse finendo di allacciarsi il casco.
- Invece che un anello diamanti e zirconi potevi farti regalare un appartamento in affitto, un po’ più centrale!- continuò togliendo il cavalletto alla moto.
- Per più centrale intendi verso Richmond?-
Sorrisero entrambi.
- Io non lavoro più con voi!-
- Però collabori…- le disse, aiutandola a sedersi a cavallo della moto.
- Comunque la mia casa è in una buona zona per il mio lavoro, anche se è un po’ piccola ma per una persona sola va bene.-
- Che è successo non sei più…-
- Già - rispose reggendosi a lui che intanto aveva messo in moto.
- Eh… Mi dispiace - disse mentre si avviavano verso la strada.
Nessuno dei due, però, poté vedere che non era il solo ad avere un sorriso sul volto.

⌘ * § * ⌘


Sentiva un’energia scorrergli nelle vene, il momento di vedere i suoi capolavori era quasi arrivato e lui fremeva dalla voglia di trasformare quei quadri felici che erano le sue foto, in meri ricordi e di far precipitare nel baratro con lui i suoi protagonisti.
Entrò nella camera oscura portando con sé un macchinario che aveva recuperato nell’antico sotterraneo dove tutto era iniziato.
Per tutte le stampe precedenti aveva usato un metodo naturale che suo padre gli aveva insegnato fin da bambino, ma questa volta era speciale. Questa volta non doveva esserci nessuna sbavatura. Più che una semplice foto, quella che stava per realizzare era una sorta di fotoincisione che doveva rimanere nitida così com’era, di certo sarebbe certo sarebbe stato il canto finale di tutta quella faccenda.
Sistemò il bromografo su un tavolo che aveva preparato giorni addietro e aprendo quella specie di scatola si apprestò ad iniziare la nuova fase: l’esposizione.
Con ritmata precisone seguì tutte le fasi che portavano alla fotografia, così come nella vita stava procedendo per fasi. Le stava seguendo tutte e presto, dopo essersi esposto, avrebbe iniziato a sviluppare la sua foto.
Nel mentre si sarebbe accontentato di imbattersi in quei sorrisi fissati su quello che, per ora, era solo un pezzo di carta ma che presto si sarebbe presentato in tutta la sua potenza.
Appese quell’ultima stampa ormai pronta per l’ultima sua fase, l’asciugatura, e si sedette ad ammirare ancora una volta il capolavoro della scienza. Fissava quelle foto, mirandone i soggetti e gioendo della potenza della chimica che trasforma una pellicola senza sfumature in una foto dai tanti colori e che presto ne avrebbe lasciato spazio ad uno solo: il rosso !
 




Salve!
Questa settimana con un pochino di ritardo....
Purtroppo ho un po' di problemi personali per cui non so quando potrò aggiornare di nuovo.
Vi prometto che cercherò di farlo nel più breve tempo possibile!
Scusate per la probabile attesa!
Grazie per la pazienza
Vulpix
<3

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