L'occhio di Ainy

di Stanys
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


I fuochi da campo dell'esercito di Ainyu levavano alte colonne di fumo nel cielo del tramonto visibili anche in lontananza, e grazie ad esse Ryn seppe di essere quasi arrivato. Il suo cavallo stava ormai cominciando a protestare e non poteva dargi torto, visto che era stato costretto a cavalcare per diverse ore per poter raggiungere in tempo l'esercito al fronte. Ogni attimo guadagnato sarebbe potuto essere prezioso. Re Gendar, suo padre, gli aveva assegnato l'organizzazione della guarnigione cittadina nella capitale Wanka, in caso ci fosse stata una minaccia concreta. Ryn non aveva accettato di buon grado il compito affidatogli, perché si era sentito in parte escluso dal centro dell'azione, ma soprattutto perché sapeva cosa significava quella scelta: se il Re fosse caduto in battaglia, il regno di Ainyu avrebbe avuto il suo successore al sicuro, e questo pensiero per Ryn era insopportabile. Non voleva nemmeno contemplare quell'ipotesi. Aveva quindi organizzato la guardia cittadina nel minor tempo possibile, senza tuttavia difettare di precisione, ed era partito alla volta del fronte per aiutare. Non gli interessava se era una mossa avventata né di irritare suo padre, sentiva che era la decisione giusta.
Arrivato in cima ad una bassa collina si fermò per far riposare un attimo il cavallo e dare uno sguardo alla vallata: l'esercito di Re Gendar era accampato lungo il fianco della collina fino quasi all'inizio della pianura che a poca distanza era attraversata da un piccolo fiume che scendeva placido dalle montagne poco lontane. Curioso, pensò Ryn, che dallo stesso luogo da cui arriva quel fiumiciattolo innocuo possano venir fuori i Goth.
Già, i Goth: nati dalla roccia, secondo le leggende, erano scesi dalle montagne in bande sempre più numerose, formando piccoli gruppi di comando guidati da elementi fattisi strada nella società Goth con nient'altro che la violenza, fino a formare un vero e proprio esercito con tanto di ufficiali e, stando a quando riportavano alcune fonti informative, un ferreo addestramento. Il loro corpo era basso e tozzo, ed erano dotati di straordinaria forza fisica, unita ad una pelle molto resistente che sembrava insensibile alle intemperie, che consentiva loro di essere equipaggiati con abbigliamento leggero anche in pieno inverno. Erano una società completamente chiusa, le uniche informazioni a disposizione su quella razza venivano dai racconti dei pochissimi sopravvissuti alle loro scorribande nelle pianure di Ainyu comprese tra le montagne e la foresta di Shesemit, oltre la quale non si erano mai spinti, almeno fino a quel momento. Col passare degli anni si sono dimostrati molto più di una semplice orda barbarica, capace di azioni militari di una certa perizia tattica, e questo era stato il campanello d'allarme per gli ufficiali del regno: avevano imparato a combattere. L'ultima offensiva nelle piane di Gormoroth aveva manifestato addirittura l'utilizzo di una sorta di cavalleria, anche se i resoconti hanno parlato di animali più simili a enormi lupi piuttosto che cavalli. Prima che trovassero il coraggio di attraversare la foresta e mettere a ferro e fuoco città più popolose, Gendar aveva deciso di intervenire in forze. Nonostante però lo sforzo in termini di mezzi e uomini, la campagna militare non stava andando come previsto: i Goth si erano dimostrati incredibilmente coriacei e difficili da neutralizzare. Ora, per quanto ne sapeva Ryn, si trovavano a poche miglia di distanza dalla loro posizione, anche se era difficile da stabilire, visto che non formavano dei veri e propri accampamenti per riposarsi, ma stavano poco più che all'addiaccio, pronti a muoversi in qualsiasi momento.
Distolse rapidamente il pensiero da quelle creature e spronò il cavallo per raggiungere l'ingresso del campo.
«Chi va là?» chiese la sentinella alla vista della figura incappucciata a cavallo.
Ryn si fermò e, tolto il cappuccio rispose «Il principe Ryn».
«Sì, certo. E io sono Re Gendar» ribattè la guardia, lanciando un sorriso ironico all'altra sentinella di guardia, che sorrise di rimando.
Tutti sapevano che Ryn era rimasto nelle retrovie, quindi nessuno si aspettava il suo arrivo. Il givane sorrise e, avendo previsto quell'eventualità, si era premunito. Sfilò il guanto da una mano e mostrò alla guardia l'anello che attestava la sua carica di difensore della cittadella di Wanka.
«Vi trovo un po' cambiato, padre» aggiunse sarcasticamente.
Alla vista dell'anello i sorrisi ironici dei soldati si tramutarono in puro stupore, e subito si affrettarono ad inginocchiarsi per salutare il principe e profondersi in confusionarie scuse.
«Ci scusi, altezza...»
«Non eravamo stati avvertiti...»
«Non potevamo sapere...»
«Tranquilli» li interruppe Ryn. «State facendo un ottimo lavoro. Fate bene a dubitare di tutti, tenete gli occhi sempre aperti»
«Sì, mio signore. Grazie» disse la prima guardia, facendosi da parte. Ryn smontò da cavallo e dopo aver consegnato il cavallo ad uno stalliere perché lo premiasse per l'ottimo viaggio concluso, si incamminò nell'accampamento.
Mentre si dirigeva verso la tenda del Re notò di avere diversi occhi puntati addosso. La notizia del suo arrivo si era diffusa rapidamente, e tutte le nuove leve reclutate per questa battaglia che non avevano mai avuto l'occasione d'incontrare il principe erede al trono di Ainyu, seppur in modo discreto, sgomitavano per osservare il giovane appena ventottenne. Del resto, non era un evento comune che il futuro sovrano fosse anche un Elementale: sebbene fosse mediamente diffusa nella popolazione, la capacità di manipolare l'energia vitale degli elementi naturali era un talento che da diverse generazioni era scomparso dalla famiglia reale, e la manifestazione di questo potere in Ryn era stata interpretata dai sacerdoti di Ainy come un segno premonitore dell'imminente avvento di un'era prospera e felice. Il momento attuale non era esattamente in linea con quanto profetizzato, ma la risposta del gran sacerdote Filen era stata: per giungere all'alba, attraversa la notte.
Giunto alla tenda del Re, entrò direttamente facendo un cenno d'intesa alle guardie reali appostate all'ingresso, che risposero mettendosi sull'attenti. All'interno trovò il padre in piedi chino sul tavolo pieno di cartine della zona circostante, affiancato dal generale Ames, amico d'infanzia del sovrano e uomo la cui lealtà e senso del dovere erano poco meno che leggendari, e dal ciambellano Ruthmov, consigliere di palazzo zelante e preciso, come si conviene ad un buon burocrate. I due ai lati del sovrano non avrebbero potuto essere più diversi: una montagna di muscoli e cicatrici sormontata da un ciuffo di radi capelli biondi il generale, mentre Ruthmov era smilzo ed apparentemente innocuo, al limite del cagionevole. Alle spalle dei loro rispettivi superiori stavano due assistenti, che durante le riunioni col Re facevano da "vice", in base alle leggi del regno.
Al rumore dei lembi della tenda che si muovevano, i cinque si girarono e, al vederlo, Ryn scorse esattamente gli sguardi che si aspettava: quattro sorpresi ed uno adirato.
«E tu cosa ci fai qui?» chiese Gendar. «Sono qui per fare la mia parte»
«La tua parte era organizzare la guardia della cittadella»
«E l'ho fatto»
«E perché non sei rimasto in attesa? Non è sicuro per te qui»
«Per i membri del Consiglio invece quanto è sicuro?»
«Loro devono essere qui. Non posso prendere provvedimenti militari senza il Consiglio dei cinque. È la legge»
«Beh, allora diciamo che sono venuto per farti da vice, come in ogni riunione, visto che tutti i membri ne devono avere uno. È la legge, giusto?»
Ryn sostenne lo sguardo ammonitorio del padre che sembrava cercare di dare un senso logico alla sua rabbia. Infine tornò a studiare le sue carte commentando solo con un «sei un maledetto folle».
Ryn poteva ritenersi soddisfatto, era andata meglio di quanto pensasse. Evidentemente, come aveva immaginato, suo padre non poteva essere del tutto irritato per la sua presenza: averlo vicino in fondo gli faceva bene.
Si avvicinò al tavolo e cominciò a studiare le tabelle per i turni di approvvigionamento, quando fece capolino nella tenda il quarto membro del consiglio dei cinque, il delegato delle gilde Zashev. Era un uomo di mezza età di corporatura snella, accompagnato dalla sua vice, la primogenita Amber. La ragazza era di una bellezza conturbante, coi suoi capelli neri come la notte e due occhi più verdi di un prato in primavera. Ryn le dedicò il solito sguardo con cui la osservava ogni volta che la incrociava, ricordando il periodo in cui aveva pensato di avvicinarla per corteggiarla, attirando però il dissenso del padre che lo aveva dissuaso dall'eventualità di un simile legame che avrebbe generato non pochi malumori.
«Scusate il ritardo, mio signore» esordì Zashev «ma ho avuto problemi nell'organizzazione del foraggio per i cavalli. Quelle bestie mangiano davvero troppo»
«Ne avremo bisogno per sconfiggere i Goth, quindi è meglio che siano in forze» rispose con una punta di acidità Ames.
«Sì sì, va bene. Cominciamo?» tagliò corto Zashev. Il suo senso della praticità prevaleva sempre su tutto.
«Manca il reverendo Filen» intervenne Ruthmov.
«E ti pareva. Principe Ryn, voi cosa ci fate qui?»
«Cambio di programma, Zashev» rispose quello laconicamente.
«Ma...» cominciò Zashev. «Non sia agitato, Zashev» disse Ames, mentre si accomodava al tavolo e porgeva degli appunti sulla disposzione delle ultime tende delle truppe al suo secondo, che le avrebbe fatte pervenire ai sottoposti.
«Certo che sono agitato invece. I Goth potrebbero attaccare da un momento all'altro e noi non abbiamo un piano di battaglia»
«Sì che lo abbiamo invece» rispose Ames «e tra poco lo conoscerà».
Ryn colse l'occasione di un momento di relativa calma nell'ambiente per avvicinare il padre e parlargli in disparte.
«Padre, vi chiedo perdono per avervi contraddetto, ma in tutta onestà non sarei sopravvissuto all'angoscia dell'attesa. Avevo bisogno di essere qui»
«Lo so, figlio» rispose Gendar, guardandolo negli occhi. «E sono contento che tu ci sia. Il consiglio aveva deliberato il tuo spostamento nelle retrovie, e io non ho avuto il coraggio di contraddirli, visto che il loro ragionamento era del tutto legittimo. Ma ora che sei qui...mi sento più sereno.»
Gli mise una mano sulla spalla con fare amorevole. «Vedrai, anche Etif sarà contenta di vederti.»
Vero, sua sorella Etif. Non aveva avuto ancora il tempo di salutarla.
I pensieri di Ryn vennero interrotti dall'arrivo del gran sacerdote Filen. Un uomo indecifrabile, secondo Ryn: portava la classica acconciatura dei seguaci del culto di Ainy, un'unica lunga treccia dietro la nuca per il resto completamente pelata, che gli dava un aspetto ascetico. D'altra parte, la sua pacatezza nei modi e nella voce sembrava dissimulare ottimamente l'intelligenza che i suoi profondi occhi color ghiaccio rivelavano. «Perdonate il mio ritardo, altezza ma, come sa, gli impegni del culto non hanno orari». Il sovrano con un lieve cenno della mano invitò l'anziano prelato ad accomodarsi. Sedutosi, il reverendo alzò lo sguardo verso Ryn e commentò «Ah, vedo che abbiamo anche il principe con noi, una piacevole presenza inattesa. Lo considererò un buon auspicio».
«Che possa esserlo davvero» osservò Gendar.
«Bene, possiamo aprire il consiglio» disse Ruthmov.
«Che la mano di Ainy guidi le nostre scelte» disse il Re, con la formula di rito per aprire il Consiglio.
«Egli ci salverà tutti» risposero i presenti in coro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


«Allora, questo piano?» esordì Zashev.
Gendar fece un cenno con la mano ad Ames, che si alzò e cominciò ad indicare sulla cartina che raffigurava la zona in cui si trovavano.
«Visto che finora i risultati sono stati magri, abbiamo pensato a qualcosa di diverso» disse Ames.
«Sarebbe?»
«Dunque: noi ora siamo qui, a ovest della foresta di Shesemit, ad un paio di giornate di marcia dai monti Rothian. I Goth sono accreditati più o meno nel mezzo tra noi e le montagne, a poco meno di un giorno di marcia. Ma siccome stiamo parlando dei Goth, è come dire che li abbiamo dietro l'angolo. Come sapete, la piana di Gormoroth presenta spesso collinette come quella su cui siamo accampati noi, non abbastanza alte da essere definite dei monti, ma abbastanza da poter fornire riparo o dare un vantaggio di altitudine rispetto a chi sta più in basso. L'idea alla base della scelta di questa posizione per l'accampamento è quella di attirarvi all'interno i Goth...»
«Alt, fermo!» lo interrupe Ruthmov. «Ho capito male, o ha appena suggerito di far entrare il nemico nel nostro accampamento?»
«Precisamente»
«Ma è una follia! Và contro ogni regola di tattica militare!»
Si inserì Zashev. «Già, perché finora la tattica militare ha portato grandi risultati, vero?»
«Sto solo dicendo che mi sembra un notevolissimo azzardo, che sconsiglio caldamente.»
«L'idea è stata mia» disse Gendar «e vi chiedo almeno di ascoltarla per intero prima di giudicarla. Continui, generale»
«Sì, mio signore. Dicevo, attirando i Goth all'interno dell'accampamento, dopo averlo opportunamente svuotato di uomini e mezzi utili, li costringeremo a risalire il fianco della collina, annullando così quasi del tutto il loro vantaggio in termini di agilità. Cospargeremo l'intero accampamento di olio per lanterne e, al segnale opportuno, daremo ordine agli arceri appostati sull'altro versante della collina di colpire l'accampamento con dardi infuocati, intrappolando l'esercito Goth in una vampata di fuoco. Coloro che tenteranno di fuggire saranno preda della nostra cavalleria. Per questo abbiamo bisogno di cavalli in piena forma.»
«Come persuaderemo quegli esseri ad addentrarsi fin dentro l'accampamento?» chiese Filen con la sua voce piatta.
«Con l'incursione nel loro campo di un piccolo contingente di cavalleria che, dopo averli provocati, farà finta di ritirarsi rovinosamente attirandoli verso la nostra trappola»
«Ad una giornata di distanza? Mi sembra un po' azzardato» rifletté Ruthmov. «Potrebbe non tornare nessuno di quei cavalieri, e a quel punto tutta l'operazione fallirebbe»
«Tutti i partecipanti all'operazione sono volontari. Hanno scelto di servire il regno, e intendono farlo fino in fondo»
«E chi sarà a capo di questa spedizione? È un compito estremamente delicato»
Ames si voltò verso Gendar, che sospirò dolorosamente, rassegnato, chiudendo gli occhi.
«Sarà Etif a guidare l'incursione»
Ryn, fino a quel momento in silenzio, come tutti gli altri vice presenti, ebbe un moto d'ira e scattò in piedi ribaltando la sedia.
«Come sarebbe a dire che li guiderà Etif?»
«Non ho bisogno di ricordarti la perizia di tua sorella nell'arte della guerra, ragazzo» rispose Gendar guardando davanti a sè con occhi vuoti.
«Mandi me nelle retrovie e lei in bocca a morte quasi certa?». La furia di Ryn montava sempre di più.
«Non ho bisogno del "tuo" permesso, chiaro? Smettila di lamentarti! Anche lei si è offerta volontaria!»
Nella tenda calò il silenzio.
Ryn rimase bloccato, cercando di assimilare la notizia, ma rifiutandola istintivamente. Tuttavia, dopo qualche attimo di smarrimento, riprese il proprio posto e non disse altra parola.
Etif si era offerta volontaria. Certo, nell'intero regno coloro che potevano essere alla sua altezza nel combattimento si contavano sulle dita di una mano, ma...era Etif. Come poteva accettare di correre un rischio simile? Di gettarvisi addirittura contro? Doveva parlarle.
Intanto il rapporto del generale Ames andava avanti con l'illustrazione nei particolari della suddivisione dele truppe nascoste nei dintorni del campo. «...e qui, oltre questa boscaglia ci saranno gli ultimi duecento uomini. Ecco, questo è tutto. Ora, data anche la presenza del principe Ryn» disse facendo cenno al giovane senza notare che fosse del tutto assente, «avrei pensato di disporlo alle spalle della prima carica di fanteria, in modo da manipolare il fuoco nel caso ce ne fosse bisogno. Che ne pensa, mio signore?»
«Sì, è una buona idea» rispose Gendar pensieroso. «Figlio, ti farai trovare in questo punto, vedi?»
«Sì, certo...» rispose Ryn quasi senza pensarci.
«Beh» disse Ruthmov «devo dire che effettivamente come piano è molto ben congegnato. Potrebbe funzionare»
«Deve funzionare» disse Zashev. «Ci stiamo letteralmente giocando tutto qui. Se effettivamente quei mostri verranno messi in trappola, per noi sarà più facile sterminarli.»
«A patto che tutti i Goth si riversino nell'inseguimento, o almeno una buona parte» osservò Filen.
«Lo faranno. A questo ci penserà l'incursione» disse Ames.
«E quando accadrà tutto questo? L'incursione intendo» chiese Zashev.
«Gli incursori partiranno domattina all'alba, per raggiungere i Goth nel pomeriggio circa, e poi farsi inseguire per giungere al nostro campo in piena notte, facendo credere che la calma del campo sia dovuta al riposo delle truppe»
«Mi sembra una saggia scelta di tempo» disse Filen. Ames ringraziò con un cenno del capo. «Detto da voi, ciò mi onora ancora di pù, eccellenza»
«Bene» concluse Gendar alzandosi. «Il Consiglio è concorde?»
«Concorda» risposero in coro.
«Bene. Sia benedetto il nome di Ainy»
«Egli ci salverà tutti» dissero i presenti alzandosi e raccogliendo poi le loro cose per sgombrare la tenda.


Dal momento in cui aveva saputo della missione di Etif, Ryn non aveva avuto altro pensiero in testa che tentare di convincere la sorella a desistere da quel compito. Sapeva perché voleva andare. Non perché avesse bisogno di dimostrare la sua bravura o il suo coraggio, dato che tutto l'esercito faceva affidamento sul suo carisma tanto da renderla, dopo il generale Ames, l'ufficiale più apprezato. Il vero motivo per cui Ryn pensava lo volesse fare era lo stesso che l'aveva spinta alla vita militare, a rischiare la vita continuamente: per punirsi.
Da quando, diversi anni prima, era venuta a sapere insieme al fratello del reale motivo della morte della loro madre, lei non se l'era mai perdonato. Non era stata una malattia a stroncare la vita della splendida Regina Miriald, ma le fatiche per il parto della piccola Etif, nata subito dopo Ryn nel parto gemellare che li mise al mondo, al prezzo della vita della sovrana. Nonostante le sia stato raccontato che la regina sia spirata col sorriso dipinto in volto, per aver consegnato al regno sani e salvi i suoi due figli, e sapendo che il Re li avrebbe cresciuti forti e con onore, Etif non riuscì mai a cancellare dalla propria mente il pensiero quasi assillante che se non fosse stato per lei ora sua madre sarebbe ancora viva, perciò cercava sempre nuovi modi per infliggersi punizioni che non meritava, per espiare una colpa di cui nessuno la accusava. Nei momenti di maggiore disperazione era arrivata a desiderare di non essere mai nata, pur di non privare Ryn di sua madre, il padre di sua moglie, e il popolo della sua Regina. Ryn, dal canto suo, neanche per un istante si era sognato di incolpare la sorella per quello che era successo, lo considerava folle. Provava una gran pena e un senso di frustrazione nel capire che mai nessuno sarebbe riuscito ad aiutare Etif se non sé stessa.
Non avrebbe permesso però che andasse ad uccidersi in quel modo.
La trovò dove sapeva di trovarla senza dubbio: in mezzo ai soldati.
Aveva sciolto i lunghi capelli biondi che solitamente portava raccolti in una coda e indossava ancora la sua armatura rosso sgargiante dalla quale, quando non era a Wanka, raramente si separava. Non le importava di essere facilmente identificabile dai nemici, diceva che invece era un vantaggio, perché dovevano sapere che lei era lì, ed era lì per loro. I soldati in battaglia erano soliti chiamarla "la fiamma ardente".
Stava allegra e tranquilla intorno ad un fuoco da campo insieme ad altri soldati che bevevano e cantavano come ad una festa di campagna qualunque. Ryn sorrise: ormai quel tipo di scena faceva parte a tutti gli effetti della vita di Etif. La prima volta che assistette ad una scena come quella un soldato mezzo ubriaco cercò di metterle le mani addosso, e lei gli ruppe un braccio. Nessuno ci provò mai più.
«Non dovreste riposarvi?» disse Ryn.
Tutti si misero sull'attenti. Etif, che gli era di spalle, si voltò e lo chiamò.
«Ryn! Cosa ci fai tu qui?»
«Avevo nostalgia della famiglia»
«Immagino!» disse lei ridendo. Un sonoro brindisi accompagnò l'esclamazione della principessa.
«Etif, devo parlarti»
«Parla, dunque»
«In privato»
Etif spalancò le braccia. «Più privato di così?»
«Per favore» disse lui, con una punta di preghiera che Etif non mancò di notare. Assunse un'espressione dubbiosa e, pur a malincuore, si congedò dal focolare con la promessa di tornare subito.
«Ascolta» esordì lei quando a pochi passi ebbero raggiunto la tenda di Etif, «so cosa mi stai per dire, ma ti avviso che sprecherai solo tempo e fiato. Io all'alba parto.»
«Come puoi fare una cosa del genere?»
«Salendo a cavallo e andando verso l'accampamento Goth. Quegli uomini hanno bisogno di me»
«E al regno non pensi?»
«E chi sarebbe il regno, se non i suoi abitanti e i suoi soldati? È e a loro che penso, se voglio seguirli e cercare di dare loro coraggio quando saremo in mezzo a quelle tremende creature. Pensi che riusciremo ad attirare anche un solo Goth se non saremo noi i primi a credere di poterci riuscire? Pensi che io stessa non abbia paura? La maggior parte dei volontari si è offerta perché sapeva che li avrei comandati io. senza di me nel migliore dei casi si farebbero ammazzare inutilmente»
«Io...» cominciò Ryn, ma si accorse che non aveva parole per controbattere. Si sentì all'improvviso profondamente infantile davanti alla scelta così matura della sorella. Aveva dimostrato un altruismo che, seppur tipico di lei, non aveva mai visto espresso a questi livelli.
Lei gli mise le mani sulle spalle e sorrise. «Non lo faccio per me, come avrei fatto qualche anno fa. Lo faccio perché possa poi essere libera di farlo ancora per me»
Ryn sorrise. «Sei una stupida»
«Sono pur sempre tua sorella»
La risata stemperò l'aria.
«Ora è meglio che vai a riposare però» disse il fratello. «Domani ti aspetta una lunga giornata. A domani»
«Hai ragione. Saluto gli uomini e poi vado. Buonanotte» disse lei allontanandosi.
Ryn era già uscito dalla tenda quando Etif si guardò al piccolo specchio appeso ad un palo e si chiese se avrebbe rivisto il fratello.
«La più lunga giornata»

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