Twisted Mind.

di discord
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** White like Wendy. ***
Capitolo 2: *** His new favourite color. ***
Capitolo 3: *** Carpe Diem. ***
Capitolo 4: *** The Test. ***
Capitolo 5: *** Run, run between the forest. ***



Capitolo 1
*** White like Wendy. ***


                                                 Capitolo 1


                                                                                 White like Wendy.





Possiamo dire che Wendy Hughes, una giovane ragazza albina, l’unica figlia di John Hughes , orfana di madre e quasi di padre, è una ragazza difficile.  Ma dicono sia la vita a trasformare le persone, e dunque, questa vita non era mai stata troppo allegra a parer della psicologa che la seguiva.

John Hughes, un grande uomo che lavorava nel grande mondo dello spettacolo, l’uomo con la capacità di svelare i segreti dei vip più ricercati, con anni di duro lavoro era diventato uno dei più grandi intervistatori del Regno Unito, ma non sconosciuto fuori dall’Europa.

Wendy , la sua amata figlia viveva con lui, o meglio lei viveva a Londra e lui ogni tanto si ricordava che quella era anche casa sua, lei, aveva sempre preferito restare a casa che seguirlo nei suoi viaggia alla ricerca delle “celebrità”.

Infatti fu un caso, che quel giorno non si fosse rifiutata di andare con lui ad una première , a Londra, sarà stata l’insistenza, o la mano fatata del destino.

Quel giorno per Wendy, era un giorno come tutti gli altri, la solita notte in panne, i soliti cereali al cioccolato, e la solita seduta con la psicologa che tanto odiava.

Era chiusa in una piccola stanza, con lo sguardo rivolto verso una finestra, mentre si perdeva nei pensieri.

<< Wendy! Mi ascolti? >>

Odiava la voce stridula di quella donna, che tentava in tutti modi di essere carina con lei, ma non aveva capito che nessuno riusciva ad entrare davvero in lei.  Di fatto il suo nome era “psicologa”, e niente più di questo.

<< Si? >>

<< Hai incubi? >>

<< In che senso? >> Disse lei con lo sguardo ancora  perso aldilà della finestra.

<< Hai detto di soffrire di insogna, ci sono dei sogni che ti tormentano? >>

Ci pensò un attimo e distraendosi un secondo dal paesaggio automobilistico si girò verso quella donna, sfoggiando  uno dei suoi sorrisi beffardi.

<< Signora psicologa, i sogni influenzano quotidianamente la vita degli uomini senza che essi se ne rendano conto, non vedo come possano degli incubi influenzare la nostra vita più di altri. >> E si rigirò verso la finestra. Wendy sapeva essere una persona ”normale”, ma amava divertirsi a torturare quella donna dandole risposte psicopatiche,anche se questo non serviva ad altro che peggiorare la sua situazione.

 Appena tornò a casa c’era suo padre ad aspettarla, come al solito lavorava con il suo inseparabile amico computer. E appena entrò in casa non le diede neanche la soddisfazione di uno sguardo.

<< Ciao tesoro. >>

<< Ciao papà. >> Disse con un tono freddo e distaccato.

<< Com’è andata con Martin? >>

<< Ah, è così che si chiama? Come dovrebbe andare, quella parla, parla, invidio chiunque riesca ad ascoltarla. Credo di non averne più bisogno. >> Ogni giorno la stessa risposta, lei “non ne aveva bisogno”, perché a Wendy non piaceva raccontare di se, e non le piaceva essere costretta a fare cose che non voleva, perché lei era libera. O meglio, avrebbe voluto esserlo

<< Lo faccio solo per il tuo bene. >>

<< Questa è la più vile forma di egoismo che tu possa esprimere nei miei confronti. >>

Il signor John Hughes voleva bene a sua figlia, forse un po’ troppo, anche se il suo modo di dimostrarlo era sbagliato, Wendy infatti provava rimorso verso di lui, e reprimere i suoi sentimenti diventava sempre più difficile.

L’uomo alzò lievemente gli occhiali da vista e si strofinò gli occhi. Non aveva voglia di parlarne, sapeva di doverlo fare, ma preferiva cambiare discorso.

<< Cosa ti metti sta sera? >>

La ragazza sbuffò insoddisfatta. << Mi vesto da Capitan America dato che è la première di The Avengers. >> Disse con un tono misto fra l’ironico e l’antipatico.

<< Sono sicuro che starai bene con la tuta. >>

La ragazza trattenne un sorriso, non voleva dargliela vinta così facilmente. << Si, lo so. Di fronte al luogo dove si terrà la première ci sarà una specie di festeggiamento a cui è stato invitato Patrick, che ha sua volta ha invitato me .. posso? >>

Patrick era l’unico amico di Wendy, nessuno sapeva come lo fossero diventati, ma la pazzia di Patrick poteva arrivare ad equivalere minimante la sua, forse andavano in sintonia solo per questo.

<< E c’è qualcun altro che conosci oltre Patrick? >> Disse picchiando qualche assurdità sul computer.

<< No.. Ma c’è Patrick. Tranquillo, lui ha chiesto se potevo accompagnarlo. E sarebbe un ottimo modo per farsi dei nuovi amici. >>

Mentiva, sapeva benissimo che non si sarebbe neanche sforzata a  parlare con qualcuno, Patrick era il solo di cui si poteva fidare, il solo che la poteva sopportare.

<< Wendy.. >> - Tentò di improvvisare un discorso serio. Una di quelle cose che non era mai riuscito a fare, quello era compito di sua moglie.- << C’è qualcosa.. fra te è Patrick, qualcosa.. di importante e più articolato? >>

La ragazza sbuffò e fece roteare gli occhi, poi strascinò una sedia verso di se e si sedette affianco al padre.

<< Papà, adesso facciamo un discorso importante. Fra me e Patrick c’è solo amicizia, o meglio lui è il mio fratello mancato, dal momento che ti rifiuti di darmi in adozione. E fra le altre cose che ho da spiegarti, c’è anche quella che se anche fosse, e non sarà mai, non è affar tuo. Spero che tu abbia compreso, perché non lo ripeterò un’altra volta. >> E dopo queste parole accennò un sorriso sornione.

Quell’uomo, che non aveva voglia di discutere si limitò ad annuire, non era un uomo di poche parole, ma Wendy, con gli anni aveva imparato ad ammutolirlo. Perché non aveva bisogno dei suoi consigli, perché non ne aveva mai avuti, e poteva continuare così.

Si chiuse in camera sua e si stese sul letto, a fissare il soffitto, mentre tentava di non pensare, come aveva sempre fatto.

Passò delle ore in quella posizione, non sapendo bene cosa stesse facendo, decise che avrebbe decorato quella parte di soffitto, magari con delle foto.

Quando si accorse che il sole stava per tramontare, decise di andarsi a preparare.

Si fece una doccia, e scelse dall’armadio un vestitino vintage con il busto blu e una gonna con dei motivi floreali, il tutto dettagliato da una cintura sottile in cuoio.

Si mise un frontino blu e lasciò che la frangia bianca le cadesse sulla fronte, e solo una volta che fu sicura che i capelli ricci fossero in ordine si poté definire pronta per truccarsi, in modo leggero e naturale.

Il suo albinismo, era una delle tante cause che la rendevano associale, e questo dettaglio, la esternava maggiormente dal mondo in cui viveva. Si era sempre odiato, e la gente che la circondava non l’aveva mai aiutata, anzi l’aveva indotta alla disperazione.

Quando si sentì minimamente presentabile, prese la sua tracolla in cuoio e corse dal padre, che la aspettava davanti alla porta a braccia conserte. 

Non lo guardò neanche in faccia e uscì dirigendosi verso la macchina nera sportiva, l’orgoglio del padre.

Una volta dentro avrebbe voluto abbassare il finestrino ma temeva di scompigliarsi i capelli.

<< Credevo che avresti messo la tuta. >> Disse ironico il signor Hughes, tentando sfacciatamente di aprire un discorso con la figlia.

<< Era a lavare. >> Rispose Wendy, secca e fredda come era solita  essere. Non amava i giochi, non amava il sarcasmo di suo padre, sapeva che non lo faceva per cattiveria, ma lei non voleva sentirlo, le sembrava nient’altro che una sciocca occasione per farsi apparire simpatico ai suoi occhi, perché era consapevole che il loro rapporto era lacerato dal silenzio, dal rimpianto e dal dolore.

L’uomo non ebbe il coraggio di risponde a quel tono, avrebbe solo voluto che le cose si sistemassero, avrebbe semplicemente voluto che tutto quello non fosse successo. Un innocenza di cui si sentiva colpevole.

Arrivarono davanti al retro del teatro dove si sarebbe dovuta svolgere la première e si incamminarono verso la luminescenza della popolarità.

 

<< Fa la brava, stammi dietro e non dare fastidio a nessuno. >> Le aveva detto il padre mentre, dopo aver visto il film, si dirigeva verso le celebrità.

Ma Wendy non aveva mai dato fastidio, i suoi occhi erano puntati dall’altra parte della strada, dove il suo unico amico la stava aspettando.

Osservò il red carpet fra i milioni di flash che lo componevano, dove gente ai suoi fianchi boccheggiava per un solo autografo. Le incuteva timore, ma avrebbe volentieri attraversato quel mare agitato di stelle, pur di seguire il suo amico. Ma per ora era intrappolata in una stanza, per la seconda volta in una giornata, ma sta volta con suo padre.

Guardò l’uomo scherzare con un ragazzo alto, con i capelli biondicci, un po’ ramati. Aveva un accenno di scura barba, ma curata, indossava una suite grigia, le sembrò alquanto elegante.

Camminava da una parte all’altra della stanza con lo sguardo fisso sul cellulare, nel quale leggeva i messaggi di Patrick.

- Basta! Ti vengo a prendere. -

- Ah si? E come intendi entrare?-

- Ti chiamo, passami tuo padre, ci parlo io. -

- Dubito sia una buona idea ;) -


Alzò lo sguardo verso il padre e notò che un ragazzo la stava guardando e suppose che stesse fissando il suo essere così dannatamente bianca, e che il padre gli stesse parlando di lei.

Erano ormai arrivati a fine serata, e l’unica cosa che era riuscita ad ottenere era lo sguardo di uno sconosciuto.

Quando riuscì a prendere coraggio, non tanto di interrompere suo padre, ma avvicinarsi allo sconosciuto, camminò lentamente verso di loro, e picchiettando sulla spalla del padre lo interruppe.

<< Papà perdonami ma- >>

<< Oh Wendy! Ti presentò Tom, un mio amico. >> La interruppe il padre.

Subito dopo alzò lo sguardo verso quel “Tom”, il quale subito dopo averla accolta con un sorriso, le raccolse la mano inchinandosi leggermente, e gli posò sopra le sue rosee labbra.

<< Finalmente ti conosco Wendy, John mi ha parlato a lungo di te. >>

Abbassò lo sguardo imbarazzata e tentò di abbozzare un sorriso, non seppe bene se fu quel mix creato dal suo gesto di galanteria e la sua calda voce o semplicemente il freddo a farle venire i brividi.

Il padre della ragazza sorrise, gli era piaciuto quel gesto galante, e affettuoso, lo preferiva agli abbracci calorosi che si scambiavano sua figlia e Patrick. 

<< Wendy, avevi bisogno? >> Chiese il padre.

<< Oh si! Papà ho aspettato abbastanza! Posso andare al locale dove c’è Patrick ora? E’ una festicciola aperta, seriamente. Ed è qui di fronte!>>

Il padre corrugò la fronte perplesso, non voleva che andasse, temeva per lei, temeva di perdere anche lei.

<< Non lo so Wendy.. magari un altro giorno.. >>

La ragazze mise su il broncio, lei odiava i party chiassosi, ma li c’era Patrick.

<< Papà ho 18 anni. So badare a me stessa. >> Non lo disse in modo da accentuare la sua rabbia,ma con la voce calma e roca, delusa dal fatto che lui non si fidasse di lei.

L’unico spettatore di quella scena teatrale era Tom, la tensione era palpabile, Wendy non avrebbe urlato, lei non lo faceva, ma forse era l’unica cosa che avrebbe voluto fare.

<< Se per te non è un problema John, potrei accompagnare io Wendy, sono stato invitato anche io. >>

All’uomo si illuminò lo sguardo, si fidava di Tom, gli piacevano i suoi modi, era un gentiluomo, un bravo ragazzo.

<< Oh grazie Tom sei molto gentile! >> Disse il padre.

La ragazza non fece a meno di pensare che il padre si fidava di Tom, e non di Patrick, che aveva 23 anni.

E la stava affidando ad uno sconosciuto, a lei, che di intimità ne voleva parecchia.

Avrebbe potuto farle qualsiasi tipo di domande scomode, tutti lo facevano quando la vedevano.

Ma non disse nulla, non aveva la voglia di replicare, sarebbero state solo altre parole perse nel vento, e l’unica cosa che desiderava era vedere Patrick.

Seguì lo sconosciuto fin fuori, lontano dagli abbaglianti flash.

L’uomo le tese un braccio, come invito ad afferrarlo, fermando la  loro lenta camminata. Ci mise un po’ Wendy per rispondere al gesto, avrebbe volentieri fatto a meno di quel contatto, ma non voleva apparire antipatica più di quanto non si fosse già dimostrata.

Fra un passo e l’altro si era formato un imbarazzante silenzio, che  di certo non sarebbe stata Wendy a spezzare.

<< Sei molto bella Wendy. >> Disse quell’uomo, che la faceva sentire tanto piccola confronto alla sua altezza.

Eppure si sentì presa in giro, lo avrebbe colpito se avesse potuto, le sembrò quasi una delle solite battutine che le facevano.

<< Grazie. >> Rispose la ragazza imbarazzata, senza togliere lo sguardo dall’asfalto.

Seguì un altro lungo e insaziabile silenzio.

<< Perché lo hai fatto? >> Chiese lei, senza neanche accorgersene, stupendo se stessa e Tom.

Ma molto probabilmente era una domanda che negli ultimi 7 minuti la stava tormentando, nessun sconosciuto si era mai offerto di fare una cosa gentile per lei.

<< Perché tuo padre è un mio amico. E, non ho saputo resistere al tuo invidiabile broncio. In oltre sono stato invitato anche io, e essendo di passaggio … >>

La ragazza annuì. Arrivati all’entrata del locale, non si sentivano schiamazzi e musica che si poteva udire anche al Polo Nord, al contrario, sembrava tutto abbastanza tranquillo.

All’interno del locale c’era una gruppo di gente ammassata verso un a tavolo, dove, sopra tutti c’era un uomo, sembrava ubriaco. Ma lei andò avanti.

<< Dove vai? >> Chiese il ragazzo.

<< Noi preferiamo la tranquillità, vado nel retro. >> Non fece a tempo a finire la frase che Tom la seguì.

Nel retro c’era un giardinetto, con un tavolo di cocktail al lato.

Appena vide quegli occhi castani e quei capelli riccioluti non fece a meno di sorridere.

<< Oh ce l’hai fatta! >> Le disse in tono scherzoso mentre la ragazza gli saltava fra le braccia.

<< Si, alla fine. >>

<< Ehy tesoro, non vorrei dirtelo ma un uomo di sta seguendo. >>

Wendy si girò un attimo verso Tom e sorrise beffarda. << No, è solo una recluta di mio padre. >>

Patrick strinse la mano di Tom senza la minima delicatezza, ma con il sorriso stampato in faccia. << Piacere Patrick! >>

<< Tom. >> Rispose l’uomo.

Wendy afferrò uno dei drink sul tavolo e mentre lo portava alle labbra, Tom la interruppe. << Non dovresti bere questa roba.. >> disse con tono preoccupato.

Wendy rise di gusto. << Oh non preoccuparti, ho il mio assaggiatore personale.. Patrick! >>

Il suo amico le prese il bicchiere dalla mano e ne bevve un buon sorso.

<< Roba buona dolcezza. Io ne avrò bevuti 16 e sto bene, insomma, ti sembro sballato? >>

Risero di gusto. << Meno del solito. >> Rispose. Anche Tom non riuscì a trattenere un risolino.





<< Ragazzi, voi siete matti. >> Disse Tom dopo un’ora passata con loro.

Era la verità che traspariva nel più facile dei modi, era l’unico modo che avevano per sopravvivere,era l’unico modo che avevano per giustificarsi del fatto che erano diversi agli occhi degli altri.

<< Oh Tom, questo gruppo è per soli matti, è al quanto esclusivo, tu non ne fai parte. >>  Disse Wendy, che in quel momento era sulle spalle di Patrick il quale tentava disperatamente di fare il giocoliere con tre limoni.

Tom fece un sorriso di sfida, come se fosse un gioco e volesse farne parte. << Ma davvero? Un gruppo per soli matti composto solo da due persone? >>

La ragazza arricciò il naso: gli aveva appena dato degli esclusi? Certe dolorose verità non si mostrano.

Ma represse quel piccolo attimo di nervosismo e trattenne la pazienza.

<< Ergo, è esclusivo. >> Rispose Patrick, tentando di fare una faccia seria.

Rimasero in silenzio per un bel po’, ormai era notte inoltrata, e loro erano ancora li .. a “fare festa”.

<< Patrick! >> Urlò ad un tratto lei, come risvegliata da un momento di riflessione.

<< Spongebob! >> Rispose lui.

<< Mi stavo chiedendo … Cosa stiamo festeggiando? >>

Risero tutti e tre. << Io non lo so! >> Disse Tom, sorpreso di dirlo.

<< Ho un idea! Chiediamolo a chi ha creato il party. >> Rispose a sua volta Patrick, con ancora Wendy sulle spalle.

Rientrarono dentro la sala e si diressero verso “il tizio” sul tavolo.

<< Ehy tu! >> Urlò la ragazza.

<< Dimmi zuccherino! >> Rispose allo stesso modo l’uomo barcollante sul tavolo.

<< Cosa stiamo festeggiando? >>

L’uomo fece una risata affogata nell’alcol, e non rispose istantaneamente, prima dovette pensarci.  Poi passò un bicchiere a Wendy, la quale non se lo fece ripetere due volte e lo afferrò. << Cosa stiamo festeggiando? Stiamo festeggiando … Noi stiamo festeggiando.. Un altro drink dei  bevuti! Festeggiamo ai privilegi che ci porta l’alcol! >> Disse l’uomo alzando il calice, e tutti lo seguirono in quel gesto.

Era così triste, ma apparentemente esilarante, un uomo d’affari come lui, affogava nell’alcol sorridente, e nessuno lo aiutava ad uscire. Questi sono i privilegi della società.

Wendy si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò lo spumante, e appena fecero per andarsene una voce li fermò.  << Ehy aspetta! >> Disse l’uomo che qualche secondo prima era sul tavolo e adesso seguiva Wendy barcollando.

Tom le afferrò un braccio e la porto vicino a se, come per difenderla. Lei ricambiò lanciandogli un’occhiataccia minacciosa.

<< Sei la prima.. >>- Aggiunse l’uomo indugiando. - << Di una settima che sono qui dentro ubriaco.. A chiedermi cosa sto festeggiando. E vedi tutte queste persone? Io non le conosco! Hanno semplicemente sentito le parole “alcol gratis”, e la voce deve essere girata abbastanza velocemente. Così voglio svelarti il segreto di questi festeggiamenti! >> - Continuò ridendo.  E nessuno si affrettava a rispondergli. - << Io sono un uomo vuoto! Lo ha detto lei, la donna che amo, mia moglie. Era da cinque anni che eravamo sposati, ed era cinque anni che lei mi tradiva, ha detto, che lo ha fatto solo per soldi. E io, che non ho mai avuto nessun’altro all’infuori che lei, adesso festeggio alla mia eterna solitudine. >>

La ragazza corrugò lo sguardo e gli appoggiò una mano sulla spalla. << Mi dispiace. >>

<< Non ti ho neanche chiesto come ti chiami … >> Disse l’ubriaco massaggiandosi le tempie.

<< Wendy. >>

A quella risposta l’uomo scoppiò a ridere, e quasi non riusciva a smettere. << Perché ridi? >> Chiese Patrick curioso.

L’uomo allungò una mano verso la ragazza come invito a stringergliela. << Piacere, Peter . >>

Svelato il mistero di quella risata risero tutti di gusto.

Dette queste ultime parole, l’uomo se ne andò nello stesso modo con cui si era presentato.

<< Wendy.. Tre ore fa ho chiamato tuo padre e gli ho detto che ti avrei riaccompagnato io a casa … Ma sarebbe comunque meglio non fare troppo tardi.. >>

Nella mente di Wendy si aprirono le porte dei perché, ma l’unica cosa che sapeva era che avrebbe dovuto chiederglielo prima di agire, era stato un bel gesto, ma nella sua mente lui era troppo “sconosciuto” per entrare nella sua macchina.

E nessuno era mai stato così galante con lei, lei era abituata alle battutine cattive, le spinte, e il doversi nascondere da quello che era  e chi era.

<< Ehm.. Si.  >> Non aggiunse altro, non era da lei contraddire. Non ne aveva voglia di discutere, non aveva senso, ed era probabilmente troppo fragile per replicare.

Tom le accarezzò la testa in modo affettuoso, ma la ragazza non sembrò farci caso, anzi si fece sfuggire uno sbadiglio.

Si diresse verso Patrick e lo abbracciò.

<< Penso che domani verrò a far visita a tuo padre, chissà se si ricorda di me. >>

La ragazza rise di gusto, il signor Hughes non amava vedere sua figlia in compagnia del ragazzo.

<< Allora a domani! >> Disse la ragazza con quel tono di voce dolce, che riuscivano ad avere solo i bambini, quel tono che faceva riscaldare il cuore come in un microonde.

Patrck si abbassò all’altezza del suo viso, e portandolo vicino al suo, le scoccò un piccolo bacio al lato della bocca, entrambi sorrisero amichevolmente.

Tom si avvicinò al ragazzo per stringergli la mano, e salutarlo, ringraziandolo per la bella serata passata insieme, un copione che un gentiluomo usava quasi per abitudine.

Intanto Wendy li guardava a braccia conserte, a causa delle prime correnti di aria gelida che quella notte si prestava a donare.

Si diressero alla macchina in silenzio, nello stesso modo in cui poche ore prime si erano diretti verso il bar, avevano cancellato il tempo passato nel locale, e adesso erano ancora due sconosciuti.

Uscirono dal quel posto, lasciandosi alle spalle i ritrovo dei disperati dimenticati.

Un brivido di aria gelida scivolò lungo la schiena della ragazza, che inevitabilmente si strinse ancora più forte a se stessa.

L’uomo sembrò non curarsene, ma al contrario, si affrettò nel togliersi la giacca nera e a posargliela con cura sulle spalle.

Wendy accennò ad un sorriso, dato con un orai un po’ stanca. << Grazie mille Hiddleston. Ma non potrei mai lasciarti morire di freddo. >>

<< Non preoccuparti. Ma.. conosci il mio cognome? >> Chiese un po’ sorpreso, credeva che la ragazza non avesse mai sentito parlare di lui.

<< Sei l’unico Tom nei registri di mio padre, e inoltre il tuo nome era nei titoli di coda del film, tu sei Loki, e si vede. >> Rispose la ragazza in modo ovvio e esaustivo.

<< Giusto. >>  Disse aprendole la portiera della macchina nera e facendole segno di entrare, per poi richiuderla tentando di non fare troppo rumore.

La ragazza cominciò a scrutare fuori dal finestrino, tentando di vedere nelle finestre dei palazzi, non perché fosse un impicciona, si chiedeva soltanto come le persone normali passassero le domeniche sera.

<< Tu sai dove abito? >> Chiese ad un certo punto, giusto per spezzare quell’imbarazzante silenzio.

Sorrise sornione. << Sono venuto altre volte, ma tu non c’eri. >>

La ragazza si limitò ad annuire, non era mai stata brava con i rapporti sociali, o forse lo era stata, ma adesso era tutto diverso.

Arrivati d’avanti all’abitazione di Wendy, l’uomo scese dalla macchina, e con rapidità aprì la sua portiera prima che potesse farlo lei. La quale ricambiò con un sorriso.

Lei si tolse la giacca di Tom delicatamente attenta a non stropicciarla e gliela restituì. << Grazie mille per tutto Hiddleston. E buonanotte! >>

L’uomo Rise un po’ divertito e un po’ compiaciuto. << E’ stato un piacere Hughes. Sogni d’oro. >>

E sigillò quell’ultimo momento di ringraziamento baciandole la guancia, lasciando in se stesso dei forti dubbi su chi, quella ragazza, potesse essere veramente.

Ma era troppo tardi, lei era già sparita, si affrettava ad andare in camere sua  per dormire, lasciando la finestra aperta, in modo che potessero entrare le stelle.





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Angolo Autrice.



Spero che come primo capitolo vi sia piaciuto, vado avanti solo se mi dite di farlo, perchè non ne sono sicura e non vorrei fare altre cavolate.

Wendy è albina, orfana di madre e associale.. Non so quanto questo personaggio posso essere giusto..

Perciò fatemi sapere se vi ha incuriosito! Vado avanti solo se me lo chiedete esplicitamente, sono alquanto insicura. 

Un bacio

- discord


 

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Capitolo 2
*** His new favourite color. ***


                                        Capitolo 2
                                       His new favourite color.

Come ogni mattina, Wendy si svegliò presto, era riuscita dormire egregiamente quella notte, a causa dell’imprevista stanchezza.
Rimase ancora un po’ nel letto prima di alzarsi, come al solito fissava il soffitto, e quello maleducatamente neanche le parlava.
Quando si sentì pronta appoggiò i piedi sul freddo parchè ed ancora scalza cominciò il suo tour giornaliero della casa.
L’andò a cercare fra le stanze del lungo corridoio  color glicine, sapeva che non l’avrebbe trovata, ma non le importava.
Le esplorò tutte, la quantità di luce che entrava nella stanza, e il loro odore; poi arrivò d’avanti alla candida porta dell’ultima, quella con il manico luccicante, ma non la aprì.
L’accarezzò dolcemente, se sua madre era nascosta li dentro, prima o poi sarebbe dovuta uscire, e lei, non aveva più il coraggio di aprire.
Voltò le spalle alla porta con malavoglia e tornò in camera, per mettersi qualcosa di presentabile.
Una volta essere entrata nei pantaloncini e nella canottiera, non poté più aspettare per il suo ambito tea.
Scivolò lungo le scale in legno coperte da una moquette lilla, emettendo un lieve cigolio ad ogni suo passo.
Quando si ritrovò in cucina, notò che il padre la stava beatamente ignorando, era seduto sul divano con una tazza di caffè in mano, si era girato a guardarla ma fece finta di niente.
Wendy così decise di fare lo stesso, non capiva, non avevano litigato, perché si comportava in quel modo? Non poteva, quelle poche volte che era in casa, svegliarsi nervoso, e non rivolgerle neanche un saluto!
Prese la bollente tazza di tea e, esitando un po’, tornò in camera sua.
Accese il suo computer e cominciò a cercare Patrick sul web. Di solito era sempre collegato da qualche parte.
- Buongiorno Patrick. -
- Ehylà piccola! Dormito bene? ;)-
- Si, quando ci vediamo oggi? –
Scrisse la ragazza facendo scivolare velocemente le dita sulla tastiera per poi portarsi alle labbra la tazza contenente il tea. Le piaceva il rumore dei tasti sul computer, la rilassava era un picchiettare dolce, spesso picchiettava su quella tastiera solo per il gusto di farlo.
- Pomeriggio penso, mia madre vuole che l’aiuti a tagliare l’erba del prato. :c Perché a me?-
- Per lo meno tu l’hai una madre. -

E poi il vuoto, Patrick  non seppe che rispondere.
Per Wendy l’assenza di sua madre, aveva causato un dolore, che nessuno psicologo avrebbe potuto curare.
La sua mente “malata”, non era destinata a guarire.
- Alle 3.00 sono da te. - Quel discorso era peggio di una tazzina di porcellana, tutti non la toccano per paura che cada.
- Pff.. Ok! -
Subito dopo, fu sovrastata dalla voglia dell’altezza, del silenzio e della solitudine. Del vento caldo, data l’estate, dell’odore dell’ossigeno.
Guardò la mansarda in legno, il suo amato soffitto, ma sta volta con uno scopo preciso: il lucernaio.
L’unica via di passaggio per il tetto, l’unica via per soddisfare momentaneamente il suo bisogno di pace.
Fortunatamente per lei il soffitto era basso e con un piccolo salto e la minima agilità presto si trovò aldilà di quella prigione di ricordi.  E preferendo più il fuori al dentro fece uscire anche i piedi.
Era tutto come aveva previsto, il vento soffiava caldo e leggero fra i suoi lattei capelli, poteva vedere tutto il mondo, per un attimo le sembrò piccolo, e per un momento ancora più ristretto si sentì gli occhi di Dio.
I dettagli non potevano sfuggirle, di fatto il suo sguardo cercava solo quelli e tutto il resto,  quel contorno quotidiano così banale, in quel momento avrebbe potuto cancellarlo tutto, ma non lo fece.
Lei voleva solo assaggiare le impavide urla del vento.
Chiuse gli occhi, ascoltò le grida di un mondo in lacrime, poco dopo non sentì più niente, solo il suo respiro, sempre più flebile e lento.
La sua mente era vuota, avrebbe potuto spaziare nei misteri più assurdi dell’universo, ma decise di deviare, e rimanere nel nulla.


Rimase li a lungo, ma non se ne accorse, una volta che arrivi alle porte del nulla il tempo non esiste più.
Era così persa da non sentire neanche  la porta aprirsi.
<< Ehilà. >> Quella voce che risuonò in lei come una terremoto, la spinse a sobbalzare.  Gli occhi le si sgranarono e il petto cominciò a correre così forte da fare male.
Guardò in basso, verso la finestra osservando l’individuo aldilà di quel “hey”. E ci mise un attimo prima di collegare. << Che ci fai qui? >> Rispose lei con un bisbiglio che si mimetizzava col vento.
A differenza sua, Tom, non si era a fatto dimenticato di quei capelli candidi, gli aveva imposto dentro un senso di curiosità di quel che poteva davvero essere quell’esserino  misterioso.
<< Scusa se ti ho spaventata, sono qui per il pranzo, John mi ha invitato..  >>
Inconsapevolmente, nella mente della ragazza si accese un po’ di rabbia, non tanto per Tom, ma per il fatto che il padre non l’avesse neanche  avvisata.  << Ok. >>
Tom corrugò leggermente lo sguardo e allungo le mani verso il lucernaio. << Adesso ti prego, scendi. >>
La ragazza si limitò ad annuire. Mise le magre gambe fuori e quando fece per darsi un piccolo slancio Tom le afferrò i magri fianchi e l’accompagnò leggermente a terra.
<< Grazie. >>  
Prese la maglia da rugby che aveva precedentemente appoggiato sul letto, quella che le aveva regalato Patrick, e se la mise.
Seguì un momento di silenzio riempito dall’osservare di Tom. Non seppe bene come o perché, ma gli sembrò che quella ragazza con gli occhi grigi e i capelli bianchi, avesse dentro un colosso, scatole e scatole di segreti, glielo leggeva negli occhi, era come se ogni sorriso fosse accompagnato da una lacrima. Non che l’avesse vista sorridere tante volte.
<< Giorno Wendy! >> Disse il padre nel vedere sua figlia.
<< Ah, quindi parli. >> Replicò la ragazza.
L’uomo alzò gli occhi al cielo mentre disponeva gli ultimi piatti sul tavolo. Aveva ordinato qualcosa da mangiare, probabilmente cinese. Non era un bravo cuoco senza l’aiuto di Wendy, e quella mattina si era sentito troppo orgoglioso per chiederle una mano.


                                 ∞
Era già un po’ che mangiavano, Wendy non aveva fame, allora assaggiava lentamente, in modo da non darlo a vedere. Non aveva parlato per niente, però ascoltava le conversazioni con la stessa attenzione con cui sarebbe riuscita prenderne parte, ogni tanto sorrideva a qualche sguardo di Tom, e il padre sembrava esserne orgoglioso.
<< Io e il signor Hughes ci conosciamo dai tempi di Thor. Credo che sia il primo giornalista che dopo un intervista mi abbia invitato a prendere un tea ..L’unico. >>
Wendy sorrise, anche se non si può dire che nella mente non abbia pensato al  fatto che suo padre sapesse essere così cordiale con tutti tranne che con lei. Forse semplicemente si vergognava di sua figlia, lo aveva sempre  creduto Wendy, doveva essere questo il motivo per cui non gli piaceva che avesse una vita sociale amplia. Era troppo diversa agli occhi degli altri, ai suoi.
<< Nah, mi sei stato simpatico fin dal primo momento, se no altro che tea.  Wendy, non hai fame? >>
Chiese poi il Signor Hughes notando la figlia giocare con la forchetta nel piatto.
<< No, a dire il vero.. >>  Rispose lei con un tono di voce basso, quasi bisbigliato, che non aveva mai mutato.
L’uomo si portò due dita sotto gli occhiali, schiuse le labbra per dire qualcosa, ma poi si fermò.
<< Fa come senti. >> 
Le loro conversazioni infondo erano sempre state monotone, e quando la signora Hughes morì, ebbero un discorso in comune, ma comunque preferirono tacere lasciando che il peso insopportabile di quei silenzi diventasse ogni giorno più carico, ricco di risentimento, rabbia e tristezza.
<< John, a che ora hai detto che hai quell’appuntamento? >> Chiese Tom per aprire una nuova conversazione.
<< Alle tre. >>
<< Vai via? >> Chiese poi Wendy.
<< Si ho avuto un imprevisto con il lavoro.. >>
<< Ok. >> Rispose lei, tentando di mascherare la sua gioia al riguardo.
<< Se per te non è un problema , John, potrei restare a far compagnia a Wendy, sarebbe un peccato lasciarla in solitudine di domenica pomeriggio. >>  Si  intromise Tom alternando lo sguardo fra John e Wendy, la quale lo guardava un po’ allibita.
<< Sarebbe grandioso Tom. >> Rispose il signor John illuminandosi, aveva tanta stima di quel educato ragazzo del Elton Collage.
<< Si certo, c’è anche Patrick, ci divertiamo. >> Disse la ragazza provocando il padre trattenendo qualche risolino ogni tanto, per evitare di sembrare antipatica.
<< Devi proprio? >> L’uomo si mise una mano sulla fronte e scuotendo la testa appoggiò il gomito sul tavolo.
<< Vedi Tom, a mio padre non piace Patrick. >> Continuò lei ridendo.
<< Oh, mi è sembrato un bravo ragazzo ieri. Si è prendeva cura di Wendy egregiamente. E’ molto premuroso nei suoi confronti. >>
La ragazza rise guardando il padre e poi si girò per ringraziare Tom, il quale ricambio con uno dei suoi bellissimi sorrisi.
<< E’ così strano, è troppo grande per te, fuma.. >> Disse l’uomo arrangiando qualche gesto con la mano.
<< Ma papà, non devo mica sposarlo. E se dovessimo vederla dallo stesso punto di vista, anche tu fumi, e sei molto più vecchio di Patrick. >>
Tom, spettatore di quella scena non fece a meno di ridere.
<< Io ci rinuncio. >> - Disse sbuffando, poi si alzò dal tavolo, e prese un pacco di sigarette dalla tasca. - << Vado a fumare. >> Aggiunse. I due annuirono divertiti e lo osservarono andarsene verso il giardino borbottando qualcosa. << Sposarlo, ci mancherebbe altro. Poi vecchio io, bah.. >>   
Appena il padre se ne fu andato, Wendy cominciò a raccogliere i piatti intenta a sparecchiare la tavola, e subito Tom l’aiutò.
<< Grazie mille Tom. >>  
Non rispose, molto probabilmente non ci riuscì, sorrise, perché se c’era una cosa che gli avevano da sempre insegnato a fare è che quando sei in difficoltà nulla ti può aiutare più di un sorriso. Due educazioni distinte le loro, e se dovessi fare un paragone, potrei affermare con certezza che il sorriso di Wendy non era diventato altro che un insensato  arcuarsi delle labbra, un abulico e accidioso gesto.
<< Vado a salutare John. >> Disse girandosi di spalle, ma appena fece un passo la ragazza lo fermò allungando una mano verso il suo braccio, che comunque non sfiorò.
<< Ti volevo chiedere scusa per ieri sera, non era mia intenzione essere scortese, ero un po’turbata.. Non – non avrei dovuto.. >> Ed ancora una volta quelle parole suonarono lo stesso canto del vento.
Guardò il pavimento schiacciandosi i piedi da sola, non riuscendo neanche a alzare lo sguardo per l’imbarazzo.
<< Chiedermi scusa di cosa? >> Disse corrugando lo sguardo in una smorfia che, se avesse visto dato che aveva la sguardo basso, avrebbe riso.
<< P- P- Per aver..- >>
L’uomo continuò a farla sillabare ancora per un po’, la trovava al quanto adorabile, ma poi decise di essere meno crudele del personaggio che interpretava.
<< Un uomo sconosciuto, con la barba.. Si offre di accompagnarti ad una festa in piena notte. Io non avrei neanche accettato. >> Disse ridendo appoggiandole una mano sula spalla e sorridendo come mai aveva smesso di fare.
Wendy riuscì ad alzare lo sguardo, sentendosi un po’ troppo bassa confronto all’altezza da torcicollo del suo interlocutore.
Le arrivò un messaggio:
- arrivé mou ! -  Riebbe il coraggio di ridere.
<< Mi piace la tua barba, man. >>
Risero di gusto. << Allora gli darò il tuo nome. “ The moustaches: Wendy.” >>  disse facendo il segno dei titoli come se si trattasse di un possibile film.
 
Non c’erano nuvole nel cielo ceruleo, dove minuscoli aerei segnavano linee che parevano fatte con dei gessetti.
I suoi occhi cenerei,  la porta di mille rimpianti, osservavano il mondo da spettatore, senza mai arrischiarsi a farne parte; ogni tanto batteva le palpebre lentamente, mettendo inconsapevolmente in risalto la parte delle ciglia lattee sfuggite al mascara.
Suo padre se ne era andato da poco, e lei e Tom erano rimasti nel giardino sul retro, sotto l’ombrellone con motivi floreali posto nel centro di un tavolino da giardino bianco in ferro.
A parte il cinguettare dei passerotti fra loro vigeva un inequivocabile silenzio,Tom avrebbe voluto parlare ma era intento nel sperimentare Wendy, sperava che se avesse taciuto, prima o poi, avrebbe incominciato un dialogo da se, voleva che fosse lei la prima ad iniziare, per una sorta di curiosità che gli poneva dentro.
<< Così.. Sei il Dio delle malefatte. Non deve essere un caso che mio padre ti abbia ospitato oggi, magari sta arruolando un esercito contro Patrick. E tu, per passare inosservato, l’hai difeso. >> Disse abbozzando un sorriso quasi riuscito bene e dando un’occhiata veloce all’uomo accanto a lei.
Lo sentì ridere ma non s’arrischio a guardarlo. << Quanta fantasia! >> Avrebbe continuato, ma qualcosa, o meglio qualcuno, non avesse sollevato Wendy dalla sedia ed, a grande velocità, l’avesse spinta via con se.
Non si può negare che inizialmente ne fu spaventato, ma poi sentì la sua risata provenire dietro un albero di limoni. Era una gradevole melodia. C’era solo una persona che poteva farla ridere così naturalmente, spontaneamente, e connesse che doveva trattarsi per forza di Patrick.
Si alzò di scatto  e camminò verso l’albero di limoni, appoggiò la mano sulla ispida corteccia e si sporse curioso verso di loro.
Quella fu la prima volta in cui capì di starla guardando per davvero, quello che era, quella perfezione che faceva paura.
Una distesa verde smeraldo,che le faceva da sfondo e su cui era sdraiata, le risaltava la pelle diafana. I lunghi e candidi capelli gli diedero una sensazione di tutto ciò che poteva essere puro.
Era bellissima. La guardò: era piccola, gracile, avrebbe potuto farle del male anche un semplice soffio di vento. La guardò ancora, era bellissima. I suoi tratti tenui donavo profondità al suo sguardo luminoso.
Ma tutto quel pallore, non faceva altro che delineare le sue labbra, anch’esse sarebbero state pallide, ma il sangue le rendeva scure e rosse, non era giusto che le mordesse a tal misura, ma la rendevano ancora più avvenente, era un dettaglio che la racchiudeva in un stato di perfezione. Si era proprio questo, il mondo è in una costante ricerca della perfezione, a tal punto che quando la incontra la discrimina nel peggiore dei modi.
Fu così che decise: il bianco doveva essere per obbligo il suo nuovo colore preferito.
<< Mmh che bella maglia, chi te l’ha regalata? >> Urlò il ragazzo mentre, letteralmente sopra di lei, la solleticava ben attento a non schiacciarla.
<< Tu! >> Disse con la voce soffocata in una risata.
Poi smise di muovere le dita e la abbracciò in modo appassionato, come aveva sempre fatto, ma accentuò il tutto una volta resosi conto di avere Tom al suo fianco.
<< Suvvia Tom. Non guardarmi così, Wendy è single. Infondo.. Puoi chiedere ad una sorella di amarti come suo uomo e non come suo fratello? >>
Tom rise. << Buon giorno anche a te Patrick. >>
<< Ma che diamine hai detto? >> Chiese Wendy in un espressione che li fece sorridere entrambi.
<< Ah, Tom ha capito. Perchè lui non ha semplicemente UNA sorella, ne ha addirittura due, ed è per giunta quello di mezzo. >>- Bofonchiò alzandosi e sbattendosi le mani sporche di terra. - << Due sorelle che, se posso permettermi, sono molto carine. Ti ho cercato su Google. >> Aggiunse, aiutando Wendy a rialzarsi.
 
                                     ∞
Decisero di fare una passeggiata ad Hyde Parck, tanto per non sprecare una domenica calda e soleggiata come quella.
Il parco, specialmente in quella stagione pullulava di gente: turisti, bambini e sorveglianza. Vicino al lago artificiale diversi bambini giocava a far rimbalzare sassolini sulla superficie dell’acqua, ma in pochi ci riuscivano davvero.
E in tutto questo groviglio di gente l’unica a sentirsi osservata e giudicata era Wendy, poteva perfino sentire le voci delle persone che la guardavano, i bambini che la indicavano e i rumore della sua autostima logora caderle sotto i piedi a frantumarsi.
 << Sei bellissima. >> Le sussurrò Patrick nell’orecchio avendola notata nascondere il suo viso abbassandolo.
<< Questa gente non la pensa come te. >>
<< Questa gente deve essere stupida. >>
Sentì un disperato sospiro della ragazza fuoriuscire dai suoi polmoni, lo stesso suono che si ha quando si sradica una pianta dalla sua radice.
Tom non voleva sentire, ascoltò per caso, e non poté che provare una certa pena, si avvicinò alla ragazza appoggiandole una mano sulla schiena. << Vi va un gelato? >>
<< Sempre. >> Canzonarono.
Patrick e Wendy corsero verso la gelateria giocando a prendere i piccioni, la voglia di Tom di aggregarsi era infinita, ma una vecchia impronta di una rigida educazione glielo impediva.

Discussero a lungo sul gusto dei gelati, come se avesse avuto un importanza rilevante.
Wendy notò che una bambina li stava osservando. Poteva aver avuto su per giù sei anni, aveva i capelli di un arancione acceso, la pelle chiara, il naso coperto da lentiggini e due piccoli e vispi occhietti color nocciola.
Quando la ragazza si dimenticò dell’esserino, sentì qualcosa tirarle la mano, abbassò lo sguardo e la vide.
Per un attimo  tacquero e sorrisero. Di solito i bambini della sua età non si avvicinavano, la temevano, era la strega che non li faceva dormire la notte.
<< Ciao! >> Disse con una vocina alta e goffa, rivolta verso Wendy.
<< C- Ciao.. >> Disse confusa, abbassandosi comunque all’altezza della bambina e inarcando le labbra.
<< Ma tu sei.. La fata della neve? Perché.. perché.. tu sei bella proprio come lei.. >>
Sussultò un attimo, non ci credeva, di solito i bambini ridevano alle sue spalle. Ma quella bambina l’aveva immaginata come la fata della neve, ed era l’appellativo più bello che le avessero mai dato.
Sorrise spontaneamente. << Sarò tutto quello che pensi io sia. >>
La bambina sorrise saltellando un attimo. << Lo sapevo! Lo sapevo che esistevi! Da grande voglio essere bella come te, anche i miei capelli saranno così. >>
La ragazza appoggiò una mano sulla spalla della bambina e sorrise. << Ma tu sei già più bella di me adesso, non cambiare mai. >>
Qualcuno in lontananza chiamò la bambina, lei si girò a guardare e poi abbracciò la ragazza e allontanandosi sorrise. << Adesso devo andare, fai nevicare tanto questo inverno! >>
<< Farò il possibile. >>
E in quel momento si sentì un carico in meno sullo stomaco.

Quando Tom tornò con i gelati Patrick e Wendy si sussurravano nelle orecchie e ridevano divertiti.
<< Ragazzi di che parlate? >>
Si voltarono di scatto, guardarono l’attore e notarono i gelati.
<< Oh Tom, scusa, ma sono segreti del club. Grazie per i gelati! >>
Ognuno prese il proprio gelato, per quanto in due giorni Tom si fosse “affezionato” ai due si sentì escluso dalle loro conversazioni, ogni parola o espressione accendeva un lui senso di mistero incredibile, a cui sentiva di dover entrare a farne parte.
<< Io, penso di voler far parte del vostro club. >>
Entrambi sorrisero, ma non capirono la serietà delle sue parole.
Ed ancora una volta si senti un passo indietro al segreto del suo colore preferito.




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Angolo Autrice.
Sono torna! Volevo aggiornare prima ma non avevo la connessione.
Questo capitlo è un po' lento e noioso lo ammetto, ma io sono così.. 
Vorrei ringrazziare esplicitamente MusicIsMyDestination, Akane92 ed Eden garden per aver recensito e avermi dato una spinta ad andare avanti; tutti quelli che hanno commentato e messo fra i seguiti/ricordati/ preferiti. 
Anche questa volta vi chiedo qualche dritta, mi fermo se non vi piace ( anche perchè sarebbe inutile continuare). 
Accetto critiche. Vi prego recensite ho bisogno di spinte ahah o non vado avanti manco con il pieno! * Si inchina davanti al loro cospetto* 
Alla prossima, spero di non avervi deluso, un bacio :*
.- discord
 

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Capitolo 3
*** Carpe Diem. ***


                                                                                       Capitolo 3
                                                                                       
                                                                                          
Carpe Diem.
                               

Fuori da quel buco pioveva ancora, la pioggia rigava il vetro emettendo un dolce picchiettare ad ogni singola goccia.
Sembrava che l’acqua volesse disegnare Londra.
Wendy era  ancora bagnata da quando era arrivata, i pallidi capelli gocciolavano sul tappeto dell’ufficio della signora Martin, la quale blaterava  da circa dieci minuti, non che lei l’ascoltasse.
Anzi era persa aldilà della solita finestra, quella pioggia non poteva significar altro che l’estate stava ormai per finire.
<<.. Hai capito?.. Wendy.. >>
Si girò di scatto verso la donna, guardandola come si guarda una persona che ti interrompe mentre fai qualcosa di importante.
<< Ti rendi conto di essere molto distratta? Eserciti fatica nel concentrarti? È un dato importante, le attività scolastiche si stanno per riaprire e.. >>
Inclinò leggermente il capo verso destra. << Oh no Martin, sei tu che mi annoi. >> E’ ancora quel tono immutato colpì nel segno dell’umanità.
La donna sospirò portandosi le dita agli occhi e scosse il capo in disapprovazione.
<< E’ solo che io non ne ho bisogno.  Sul serio. >> La voce, rispetto alla frase precedente, le era diventata più bassa, quasi bisbigliata. Inudibile.
Eppure nulla della frase più veritiera che avesse mai posto convinceva Martin, probabilmente era il suo aspetto diverso a cambiare le cose, la morte della madre le accentuava e le giudiziose parole della gente erano il suo colpo di grazia. Tutti le sembravano giudicarla, Martin non poteva essere diversa, anzi era peggio, voleva insinuarsi nei segreti più oscuri della sua mente, ignorando del tutto quanto fosse contorta.
Si guardarono negli occhi per un piccolo attimo, prima che Wendy si scottasse con quel contatto e abbassasse lo sguardo , poi Martin sorrise sorniona.
<< Ci vediamo lunedì prossimo, Wendy. >>
Ingoiò un altro cucchiaio amaro, prese il giubbotto e si diresse verso la porta, infreddolita, era ancora bagnata.
<< E’ buffo venire qui..- Essere mandati qui per essere ascoltati ed ottenere il contrario. >>
Sentì a mala pena lo sbuffo di Martin prima di chiudere la porta e spingere il pulsante per chiamare l’ascensore.
Quando aprì la porta c’era già qualcuno al suo interno, ma non alzò lo sguardo.
<< Wendy! >>
La ragazza alzò un sopraciglio e alzò lo sguardo.
<< T- T- To- m?  Che fai qui? >>
L’uomo si  abbassò un’altra volta per baciarle la mano, ma ormai Wendy aveva fatto l’abitudine a questo gesto.
Era passato più di un mese da quando era andato a mangiare a casa sua.
<< Oh, io ci abito.  Eri da Martin? >>
Non poteva concepire il fatto che adesso lui sapesse che andasse dalla psicologa, era una cosa che lei stessa non accettava per lei, figuriamoci per gli altri.
<< I-Io? >>
<< E’ una persona adorabile, non trovi? >> La interruppe, ma non si accorse del suo imbarazzo.
Fece per schiudere le labbra ma non rispose.
<< Vieni da me per un tea? >>
La ragazza scosse e il capo e alzò le mani, improvvisando una scusa plausibile per rifiutare l’invito.
<< Oh no, non posso proprio. Scusa.. >>
<< Suvvia Wendy, non puoi proprio rifiutare, ti prego. >>
Quando ricominciò a scuotere il capo, Tom, senza neanche farle dire una parola, la tirò  verso di se, per poi premere il pulsante che li avrebbe portati all’ultimo piano.
Era una  ragazza accidiosa, non avrebbe mai inferito a quella insopportabile presa di posizione dell’uomo.
<< Scusa. >>
 Annuì. << E’ ok. >>
Lo osservò prendere le chiavi dalla tasca destra e portarle nella serratura, con un barlume di speranza che Patrick, forse l’avrebbe salvata.
Si guardò attorno una volta entrata, era un grande spazio.
Aveva due piani, il secondo si affacciava a quello inferiore. I muri erano alti e bianchi, di quel bianco puro che poteva essere paragonato ai suoi capelli, tuttavia non c’erano molti quadri, né la stanza poteva definirsi piena. Il divano nero spiccava, di fronte a questo c’era la tv.
E’ incredibile come le cose vuote possano essere suggestive, e tessere in noi emozioni distinte dai vecchi, irremovibili ricordi di ognuno.
Tutta via era stata la grande vetrata dell’atrio a catturare realmente l’attenzione della ragazza.
Quando Tom le prese la giacca, come i suoi fari galanti erano soliti fare, si diresse lentamente verso di essa, senza levarle per un attimo gli occhi di dosso.
Rimase immobile, ad osservare. La pioggia, le macchine, i negozi, la gente e i palazzi più bassi, era come il suo lucernario, con l’unica eccezione che avrebbe potuto utilizzarlo anche di inverno.
Smise di soffermarsi sulle singole cose e si concentrò sul tutto, e capì perché Tom non aveva quadri sulla sua parete, uno scenario bello e mutabile come quello aveva bisogno di un palco tutto suo.
<< Ti piace? >> Lo sentì urlare dal fondo della stanza, in cucina, non c’erano pareti, ma lo spazio era così amplio che aveva avuto il bisogno di alzare la voce.
La ragazza annuì incamminandosi verso di lui.
<< Sei fortunata, ho i cupcakes oggi. Ti piacciono? >>
Per un momento impercettibile la vede sorridere euforica. << Li amo. >>
<< Non ti prometto nulla, li ho fatti io. Mi sto sperimentando in cucina, adesso che ho un po’ di tempo libero, è una specie di passione, non che sia il massimo.. >>
Rise sedendosi, quelle poche volte che alzava davvero lo sguardo verso Tom, era come un traguardo che lui aveva la foga di raggiungere. << Confido in te come pasticciere. >>
L’uomo appoggiò sul tavolo  la scatola in legno dove teneva ben ordinati i vari tipi di tea e i cupcakes , poi sorrise mettendo in bella vista i denti.
<< Posso? >> Chiese indicando la scatola.
<< Fa pure, è la mia marca preferita, non ne troverai altre. >> Disse l’uomo ridendo. 
Travasò l’acqua dalla teiera alle tazzine in porcellana.
<< Il Twinnings piace a tutti, è anche la marca preferita di me e Patrick. >> Disse la candida afferrando una bustina di english breakfast.
<< Giusto … Come vanno le cose fra voi due … insomma.. >>
Mise tre cucchiaini di tea nella tazzina e poi girò attenta a non far rumore.
Tuttavia solo quando fu sicura che Tom fosse sul procinto di distrarsi, disse ciò che pensava e poteva dire, forse una delle uniche certezze che aveva, ciò di cui era sicura.
<< Sul serio Tom, Patrick, non è il mio ragazzo. Lo conosco da tanto ma non c’è niente. O meglio c’è qualcosa, io lo amo. >> - Su quell’ultima frase gli occhi chiari di Tom la scrutarono da dietro una tazzina.- << Ma è quel tipo d’ amore che non ha bisogno di essere dimostrato né messo alla prova. E’ una consapevolezza. Di non poter essere traditi, probabilmente. Non dico sia di più di quell’amore che tutti preferiscono e da cui amano rimanerne delusi, ma non ho intenzione di sminuirlo.  Non è un “morirei per te”, ma un “moriamo insieme”. Non è un rapporto di parentela, è un patto di sangue. >>
Poi come se quelle parole fossero state nient’altro che aria, riassunse un posa trasparente e si portò la tazzina alle labbra.
<< Single. Più semplicemente. >> Disse l’uomo trattenendo una risata in espressione posta per rompere l’ambiente serio che si era creato.
Lo guardò un attimo amareggiata ma poi rise anche lei. << Si >>



                                                                                   


Passarono il tempo a dare nomi ai cupcakes. Wendy riuscì parzialmente a dimenticarsi del fatto che Patrick avrebbe potuto salvarla da un momento all’altro, e si lasciò andare a qualche sorriso.
<< Toglimi una curiosità Tom, cosa ti ha detto, seriamente, mio padre di me. >>
Chiese Wendy non appena ebbe il dubbio che suo padre potesse aver espanso con Tom argomenti che andavano ben oltre l’ufficialità.
<< Cosa ha detto eh? Cosa.. ha … detto..  >> - si girava intorno in cerca di qualcosa, poi si voltò di spalle e si rigirò con un paio di occhiali da vista sul naso. - << Ah beh, ha detto.. “ Oh Wendy la mia figlioletta adorata - >> Incominciò ad imitare la voce del Signor Hughes << - Le voglio un bene dell’anima caro Tom!... Ma se solo non fosse così cocciuta! E poi c’è quel Patrick che gli ronza attorno e cerca di fare il simpatico con me, ma Dio solo sa cosa non gli farei. In più non posso neanche impedirle di vederlo come punizione! Non fa mai niente di sbagliato! Ma sai com’è… “Gurl”.. >>
Wendy rise fino ad aver mal di pancia, ma l’attore non stoppò il suo show. Ne era del tutto presa.
<< Okkey, sei dannatamente identico a lui, ha detto nient’altro? >>
<< Oh si! Ha detto che sei tutto quello che ha, e gli dispiace di sbagliare qualche tappa …E che sei bellissima, ah no, aspetta. Questo l’ho  detto io. >>
Abbassò subito lo sguardo e si coprì il volto con le mani, consapevole di aver inevitabilmente cambiato colore. E quando una ragazza lattea come lei muta la sua tinta è innascondibile.
<< Wendy.. >> - disse alzandosi e camminando verso di lei - << Togli le mani dal volto.. >> Poi abbrancò con delicatezza i suoi polsi sottili e la costrinse a portarli verso il basso.
Sorrise nobile. << Sei diventata bordò. Com’è che non dici nulla? >> Le accarezzò la nuca e i fini capelli, mentre Wendy ancora fissava il pavimento impacciata.
<< Non sono nel mio territorio. >>
<< Già, sei nel mio.. >>
Il cellulare squillò proprio mentre Wendy non aveva più parole per compensare il suo imbarazzo, Patrick l’aveva salvata.
<< *Pronto? >>
<< *Ehy Sweety! Sei a Westminister, giusto? >>
<< * Yep >>
<< * Ci vediamo davanti alla Harrods >>
<< *10 minuti e  sono lì. >>
Riagganciò il cellulare e si voltò verso di Tom.
<< Devi andare? >>
<< Si.. Patrick mi cerca, ci vediamo alla Harrods. >>
<< Ti accompagno. >>
Allungò una mano. << Oh no, non ce ne è bisogno.. E’ qui vicino.. >>
<< Non permetterei mai di farti inzuppare ancora.. >>
<< Ok.. >>

Si incamminarono sotto un ombrello nero coperti dalla pioggia londinese.
Wendy non aveva inteso all’istante che la gentilezza di Tom nel volerla accompagnare non era una semplice educazione, ma la silenziosa richiesta di essere invitato.
Ma questo era chiaro. Tom Hiddleston era una delle tante impronte permanenti di una rigida educazione, che gli impediva abbattere le formalità. Era per questo che Wendy e Patrick erano diversi, il mondo li vedeva così perché avevano abbattuto questo grande muro.
<< Se ti va, puoi rimanere con noi. >> Disse Wendy a pochi passi dalla destinazione.
<< Non ho impegni.. >> - La guardò e rise. - << Grazie >>
<< Ma dov’è? >> Chiese  la ragazza una volta arrivati, dopo essersi girati attorno senza vedere il ragazzo.
<< Se mi avessi detto che eri in dolce compagnia non ti avrei disturbata. >> Udirono una voce provenire da dietro le loro spalle.
<< Patrick.. >> Disse la ragazze come per frenarlo da quello che stava per dire. Impossibile.
<< Tom! Che piacere! Che sorpresa! >> - Gli afferrò la mano scuotendola, poi si avvicino al suo orecchio.- << L’hai ricattata? >>
<< Peggio. >> Rispose ironicamente l’uomo, rammentando l’avvenuto nell’ascensore.
<< Che si fa? >> Aggiunse poi.
Patrick lo guardò alzando uno dei folti sopracigli che gli mettevano in risalto gli occhi neri.
<< Uuuh quanta confidenza … Non hai paura? >> Disse acquisendo un tono quasi austero.
<< Dovrei? L’ultima volta abbiamo preso un gelato. >> Rispose Tom con sfida.
<< Non ti dimenticare della volta prima. Oggi niente gelato. Si va in spiaggia. >>
Si voltò di scatto. << Dove?! >>
La diafana rise poggiando una mano sulla spalla dell’uomo, sopra la sua testa e rise. << Oh si Tom, lo facciamo ogni anno, quando l’estate sta per finire c’è un acquazzone che si conclude con un temporale. Io e Patrick andiamo in spiaggia. >>


                                                           
La pioggia, come previsto, non aveva smesso di battere, anzi prosperava bucherellando la sabbia.
E ancora il vento batteva pesante sulle onde pronunciando lo stesso suono che si sente quando si osserva un quadro.
Da lontano il suono dei tuoni cominciava ad avvicinarsi, segno che era quasi ora.
Il fascino delle spiagge Londinesi, lo si vede quando piove, e Wendy non avrebbe mai potuto esporsi al sole così a lungo da godersi una spiaggia, la sua pelle chiara si sarebbe scottata in meno di un battito di ciglia.
Dopo aver convinto Tom, passarono da casa sua a prendere il necessario.
Quando arrivarono rimasero un attimo in silenzio ad osservare quella bellezza, non c’era nessuno.
Patrick e Tom allestirono qualche ombrellone nel punto preferito da Wendy, dove gli scogli infrangevano la riva. Poi stesero gli asciugamani.
L’uomo fu il primo a sdraiarsi, poi guardò Patrick incominciare a spogliarsi.
<< Che fa? >> Chiese.
<< Credevi davvero che venissimo in spiaggia per sederci? Facciamo il bagno. >>
Sentirono Patrick ridere in lontananza.
<< Vi prenderete un raffreddore. O peggio! L’influenza! >>
Lo guardò sorridendo. << Ed anche se fosse? Ne sarà valsa la pena. Presto il temporale arriverà proprio sulle nostre teste, e sarà bellissimo. Non ti sto costringendo a venire con noi. >>
Patrick si riavvicinò a loro, ormai in boxer da mare con la stampa del volto della regina proprio sul sedere.
<< Tom, ti conviene girarti o Wendy non comincerà mai a spogliarsi. >>
<< Idiota. >>
<< Muoviti. >>
Tom si girò subito e si coprì gli occhi con una mano.
La ragazza si levò velocemente il vestito a fiori. Lasciando che il costume nero spiccasse sul suo bel fisico contornato dal prosperoso seno.
<< Mmh Sexy.. Tom, quindi vieni? >>
<< Pensaci bene Tom. E se questa fosse l’ultima possibilità dell’estate di godersi l’attimo? >> Aggiunse la ragazza.
<< Ok, ok! Arrivo. >> Si alzò cominciando a svuotarsi le tasche dentro la borsa.
<< Noi cominciamo ad andare. >> Dissero simultaneamente dirigendosi verso la riva.
Appena la ragazza immerse le caviglie nell’acqua cheta i brividi le tempestarono il corpo in modo evidente, così fece un passo indietro.
Patrick le afferrò i polsi sottili e, ponendosi di fronte a lei, cominciò ad indietreggiare.
La verità era che loro non parlavano spesso come si credeva, loro silenziavano e lasciavano che il vuoto mostrasse la realtà da se.
Per lui, Wendy era sempre stata una goccia di rugiada, che dopo una tumultuosa notte si impregnava nelle prime luci del giorno; un pezzo delle tenebre immerso nella luce, destinato a dissolversi con facilità. La perfezione della bellezza.
<< Che bel costume.. Chi te lo ha regalato? >> Chiese la ragazza continuando il gioco di Patrick, che rise spingendola verso di lui in modo che si bagnasse.  << Tu! >>
Rimasero incantati da un flash, a loro vicinissimo, e pochi istanti dopo un tuono assordante echeggiò nell’aria, eccolo, il vero ultimo giorno di estate.
<< Sarà il caso? >> Sentirono Tom alle loro spalle.
<< E’ perfetto. Patrick.. Una corsa? >> Si rivolse poi Wendy all’amico.
<< Una corsa. >>
Patrick le afferrò una mano e si girarono verso di Tom speranzosi, lo guardarono senza dire nulla. Poi lui annuì e Wendy gli tese la mano. Quando anche lui si agganciò a quella catena, dimenticarono del freddo, del primo giorno di quella stagione, dell’avvenuto durante l’estate, di quello che la gente avrebbe pensato se gli avesse visti. E corsero verso il grigio orizzonte, come se fossero all’ultimo passo dall’ arrivare alla meta.
Patrick fu il primo ad immergersi del tutto, portando Wendy con se chiaramente, Tom gli seguì, perché ancora non poteva fare altro; guardava il cielo basito, e non sapeva se esserne affascinato o spaventato. Per la prima volta nella grande corsa della sua vita si era reso conto di essere diventato troppo adulto.
Guardò Wendy, quell’essere immune hai colori, che sposata con l’aria tetra che li circondava gli diede l’impressione di essere in una fotografia in bianco e nero.
Lei e Patrick galleggiavano come cadaveri nell’acqua gelida, sorrise, non era da loro essere così seri, adesso dovevano giocare.
Così appena fu sicuro che Patrick fosse completamente rilassato lo spinse verso il fondo e strinse Wendy a se.
Sentì la risata della ragazza schiacciata sul suo petto, e la classificò involontariamente come una delle sensazioni più belle che avesse mai provato.
Patrick riemerse boccheggiando e ridendo allo stesso tempo. << Ammetto che non me lo aspettavo da te, Tom. >>
Wendy rideva ancora e lui non lasciava la stretta. << Ma che fai? >>
Si allontanò da Patrick trascinando Wendy con se. << Tranquilla principessa! Ti salvo io dall’orrido drago! >> Disse improvvisando un accento francese e scuotendo una spada immaginaria.
Patrick non ci pensò due volte e cominciò fare dei versi da drago inseguendo Tom verso la riva.
Quando tornarono a calpestare la sabbia la prese in braccio e, rincorso da Patrick, corse verso l’ombrellone e l’appoggiò su un asciugamano. << Tranquilla principessa ci penso io. >>
Si girò verso di Patrick il quale lo buttò subito nella sabbia cominciando a “lottare” come due bambini.
Dopo una decina di minuti erano ricoperti di sabbia e nessuno smetteva di ridere.
<< FERMO. >> - Ordinò Patrick quasi serio. - << Ti propongo una tregua. >>
L’uomo alzò un sopraciglio. << Ti sto ascoltando >>
<< Perché lottare.. Quando potremmo dividercela? >>
Si sentì la risata di Wendy di sottofondo. Appiattì le labbra e annuì. << Mi sembra ragionevole. >> Poi gli porse la mano insabbiata e strinsero entrambi tentando di superarsi in forza.
Tom camminò verso di Wendy che era avvolta in un asciugamano azzurro, e si inginocchiò di colpo unendo le mani.
<< Adesso ti prego, posso fare parte del vostro club super esclusivo? >> - Lo guardò negli occhi dubbiosa. - << Ti prego, dico sul serio. >>
Rivolse uno sguardo a Patrick. << Non guardare me, sei tu il capo. Però mi sembra un cavaliere ragionevole.. >>
<< Ok, ma dovrai superare delle prove a fare dei riti di iniziazione. Solo se supererai i test ne farai parte. >> Disse infine la ragazza.
Le baciò una mano gioioso. << Ok, ok grazie. >>

Patrick e Tom optarono per andarsi a sciacquare dalla sabbia, mentre Wendy, in lontananza sulla riva leggeva un libro.
<< Così è davvero questo che vuoi? >> Chiese Patrick una volta sicuro che Wendy non li potesse sentire.
<< Come scusa? >>
Sorrise sornione alludendo alle sue intuizioni. << Fare parte del club degli emarginati. >>
<< Si, perché no? >>
Seguì un attimo di silenzio. << Non è facile come sembra, arrivare a lei. E tu, sei chilometri lontano. E’ affascinante no? E’ questo che hai colto, ti incuriosisce, devi sapere cos’è. La vuoi vicino. >> - Osservò l’uomo che aveva corrugato la fronte, ma lui continuò con il suo tono acido. - << Ed io lo so che è così.. ci sono passato. Tutta via sono davvero in pochi le persone come noi, Tom. E mi stai simpatico. Ti aiuterò. >>
Ad un tratto gli occhi chiari dell’attore si fecero interessati. << Che intendi dire? >>
Si scosse i capelli mori per liberarli dalla sabbia. << Che intendo dire? Non si fiderà di te facilmente, e lei si fida  solo di me. Perciò fa in modo che io mi fidi di te. Sii amico mio e lei comincerà a fidarsi. Prima di arrivare a lei devi passare da me. >> 







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ANGOLO AUTRICE

Si, ci ho messo un po' per aggiornare, perdonatemi, ne approfitto per farvi gli auguri di buon anno nuovo solo ora. 
Spero di non avervi annoiato con la stesura di questo capitolo.
Ringrazio ancora una volta chiunque abbia messo fra i preferiti, ricordati, seguiti e abbia commentato o recensito. 
Mi fa particolarmente piacere sapere cosa ne pensate perchè spesso sento di non fare la cosa giusta con questa storia, perciò, come al solito, vado avanti solo se volete. 
PER QUESTO, VI PREGO, VI PREGO, VI PREGO: R.E.C.E.N.S.I.T.E, CRITICATEMI FINO A FARMI SANGUINARE IL CUORE. 
Adesso la smetto, spero in meglio. Sempre con gran umiltà, un bacio
- discord

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Capitolo 4
*** The Test. ***


                                                                                                                                         
                              CAPITOLO 4

                                                        The Test.



<< Da quanto la conosco? Dio, se potessi affermare di conoscerla da prima. >>
Come previsto Tom e Patrick si incontrarono dopo l’ultimo giorno d’estate, e adesso erano seduti nei tavolini color ambra di un qualsiasi pub londinese.
Appoggiò la tazzina che aveva fra le dita affusolate sul piattino in porcellana, poi lo guardò nello sconforto del suo sguardo. No, non aveva ancora imparato a capire quando parlavano sul serio, decisamente.
Si portò accuratamente un fazzoletto alle labbra. << Prima di cosa? >>
<< Della morte della madre chiaramente. >>
Lo disse in modo così naturale e insensibile che quasi impressionò l’uomo. << Oh.  A dire il vero non so molto al riguardo. >>
Patrick si scostò una sola delle moltitudini di ricce ciocche scure che  gi coprivano la piena visuale su Tom e  sospirò nel guaio dei ricordi.
<< Ciò che mi duole sul serio, Tom, è che l’ho sempre avuta davanti a me, ma ci è voluto tanto prima che la notassi. >>
L’uomo sorrise gentilmente.  << Continua. >>
Annuì, non amava parlarne, non lo aveva mai fatto, ma gli sarebbe stato utile sapere.
<< La signora Hughes era una donna eccezionale, perché era la migliore amica di mia madre. Eva Bianchi. Era Italiana. Essendo molto legata a mia madre veniva spesso da noi, o noi andavamo da lei, tuttavia non feci  mai conoscenza con Wendy, sapevo che esisteva, ma era timida e dannatamente riservata ed essendo più piccola di me la trovai infantile e la ignorai.  Poi quando mia madre scoprì che sarebbe venuta nel mio stesso liceo.. Non ricordo che aspetto avesse in quel periodo, la vedevo spesso, ma ho dimenticato. Ho solo un’immagine fissa nella mente. Mi rallegra e mi inquieta allo stesso tempo. Eva e Wendy sedute su un’altalena nel parco vicino casa sua. Alle loro spalle il rossore di un’alba appena accennata cominciava a diffondersi in un cielo più scuro, e le loro ombre diminuivano nell’erba frastagliata.
I capelli scuri di Eva erano legati sulla testa, lo sguardo era rivolto verso di Wendy che guardava verso il basso e rideva. Rideva, Tom. Un suono diverso da quello che conosciamo. Quella fu davvero l’ultima volta in cui le vidi insieme. Pochi giorni dopo, di sera inoltrata, lei venne da mia madre piangendo, la donna più solare del mondo era caduta e non era più mille pezzi. Ma cenere. Era successo qualcosa. Non è vero. Erano successe troppe cose e non aveva mai reagito. Sembrava stare meglio quando uscì dalla porta di casa mia. Ed il giorno dopo la notizia. >>
Silenziarono per lunghi attimi. Trovò buffo il modo solenne in cui Patrick parlava, un ottimo oratore, sapeva rendere il suo discorso la lettura di una storia. Poi l’uomo prese coraggio. << Cosa successe ad Eva Bianchi? >>
Patrick sorrise. Non era un sorriso, era una smorfia fatta per nascondere il vero dolore che affliggeva Wendy da anni, quello che condivideva con lei.  << Vedi Tom, è vero che prima o poi dimentichi il volto dei cari che se ne vanno. Ed è così anche per Wendy, sta dimenticando. Il suono della suo voce, poi i suoi tratti e i momenti. C’è solo una cosa che non si può cancellare: come muoiono le persone. Quel ricordo rimane  per sempre. E si intrufola ovunque, nei rimpianti, nella tristezza e nei sensi di colpa. >> - Si guardarono negli occhi. - << Suicidio. >>
Pian piano che quel sussurro riecheggiava fra le ore orecchie, si potevano notare le loro iridi dilatarsi al pensiero del dolore.
<< E’ per questo che vi siete legati? Condividevate il dolore. >>
Patrick rise ipocritamente.  << No, per una causa più stupida di questa. Quando iniziò il liceo, circa due settimane dopo la morte della madre, lei era li. E aveva perso tutto, l’insicurezza che portava addosso era evidente, e si materializzava in ogni suo singolo passo. E quando George e i suoi “amici” la videro trovarono la loro vittima. I suoi capelli bianchi, quelli erano la causa, lo stesso punto di forza che Eva le aveva costruito era appena stato demolito dagli insulti, e gli spintoni.  E qui entro in scena io.
Mi sentii spavaldo in quel momento, infondo stavo andando contro un ragazzino del primo anno. Ma la loro stazza era niente male, così finimmo entrambi KO. >>
L’uomo trattenne una risata infantile. Tutta via anche a lui dispiaceva, a tutti dispiaceva.  Ma sdrammatizzare è la cosa più facile da fare quando si ha timore che un momento esploda. << Un ragazzino del primo anno? Sul serio? Ti sei fatto battere da un ragazzino del primo anno? >>
Patrick si passò una mano sul volto, come se in quel modo potesse cancellare la sua precedente espressione e poi riprese ad essere l’esilarante ragazzo che tutti conoscevano. << Quel ragazzo era forte e popolare prima ancora che nascesse!.. E non volevo rovinargli la reputazione proprio il primo giorno. Fosse per me non le farei avvicinare nessuno. NESSUNO.  >>
Tom aveva i capelli più corti rispetto al loro scorso incontro,  sembrava che la luce del sole si dilettasse delle sue  ciocche ramate, aveva gli occhi di tutti addosso, forse per la barba incolta che si era lasciato crescere, o forse perché era Tom Hiddleston.  << Perché hai scelto me? Perché permetti che sia proprio io ad avvicinarmi a lei? >> Chiese l’uomo nel supplizio del dubbio.
Gli occhi di Patrick si spensero, come se le consapevolezze lo stessero bombardando, ma questa volta non era colpa sua, il vento stava per cambiare. << Un intuizione, Tom. Io sono tutto quello che ha, senza di me rimarrebbe sola. E tu mi sembri una persona affidabile. Questa stagione è iniziata con la strana intuizione che le cose stiano per cambiare. >>


                                                      
Quella mattina Wendy aveva aspettato che suo padre ripartisse in un altro dei suoi lunghi viaggi di lavoro prima di tirare un sospiro di sollievo e la casa ritornasse sua, come solitamente era.
Solo quando la vasca le affievolì le tensioni allungò il braccio verso il cellulare e digitò il numero di Patrick.
<< Canta per me, oh Diva, e giovami della tua soave voce.. >>
Ridacchiò giocando con la schiuma. << Dove sei? >>
Seguì una pausa, abbastanza lunga per una telefonata. << Con chi sei? >> Aggiunse con tono falsamente indifferente.  Patrick non fu  sicuro di volerle dire che stava cominciando a fidarsi di Tom. Non era ancora pronto a condividerla.
Ma comunque doveva. << Sono con Tom. >>
La fortuna era che non la poteva vedere,  o si sarebbe accorto della sua confusione.
<< Mio padre è andato. Vieni a dormire da me oggi? >>
Sentì un brusio di sottofondo in quella che doveva essere la sua indisturbata conversazione con Patrick, così ne approfittò per immergere ancora la testa  nell’acqua prestando attenzione nel tenere il braccio con il telefono ben sorretto. 
<< Non aspettavo atro! Comunque Tom ha chiesto per quella vicenda dell’iniziazione.. Hai già pensato a qualcosa di abbastanza crudele? >>
Ci pensò su un attimo. << Chiedigli solo se sta notte è libero. Riguardo a te, Patrick.. Ti aspetto fra un’oretta al massimo? Dobbiamo preparare tutto.. >>
<< Ok. Dice che è libero. >>
<< Perfetto. >>


Wendy Hughes non avrebbe mai lasciato, in  nessun modo, che Tom entrasse con facilità nel loro club. Né perché era un attore, né perché glielo aveva chiesto in ginocchio. Anzi avrebbe fatto di tutto per impedirglielo, se quelle prove sarebbero andate male, non avrebbe dato nessuna seconda chance.
Lei non si fidava, Wendy si sentiva tradita dalla vita, da Dio.
<< Che hai in mente? >> chiese Patrick.
Lo guardò preoccupata che fosse dalla parte del presunto novellino, con la paura che lo avrebbe aiutato.
<< Il rifugio. Ecco che penso.  Se troverà il vero motivo per cui è il nostro rifugio.. allora le altre prove saranno gradini facili da superare.  >>
Patrick boccheggiò un attimo. << Il rifugio, Wendy? Potrebbe essere complicata come prova per un uomo inciso dalla società odierna. Insomma,è vero: E’ una delle prime cose che abbiamo trovato nostre, ma non lo so se sia il caso. >>
Arricciò il naso. Si chiese se volesse aiutarlo in qualche modo e soprattutto perché. Era strano da concepire che qualcuno volesse entrare nel loro gruppo. Infondo gli avevano sempre abituati a farsi da parte.
<< No, voglio capisca.  Se fosse come gli altri.. Non avrebbe senso neanche rivederlo. >>
Il fatto che Wendy Hughes non fosse elastica dipendeva, a parer suo, dalla poca elasticità che il mondo esercitava nei suoi confronti.
E allora cosa poteva sembrarle solo un altro uomo in più sulla lista dei dannati?
<< Come vuoi. Ma ce la farà, ne sono sicuro. >>  Poi si girò per andare in un’altra stanza a chiamare Tom per avvisarlo di come prepararsi e a che ora vedersi.
Quando tornò, trovò Wendy distesa sul letto a guardare il soffitto, con le palpebre cadenti e il respiro lento. Si stava per addormentare. Si appoggiò sul letto, proprio accanto a lei e le tirò la spallina della sua canottiera fucsia aderente. Poi si limitò a sorridere e a stringerla a se, lasciando che appoggiasse la testa sul suo caldo petto.  Quello che non avrebbe mai valuto abbandonare.
Quando entrambi avevano ormai calato le palpebre, lei si illuminò come un faro in piena notte, quasi agitata. << Ma tu ci pensi che oggi è l’ultimo Week-end libero prima che inizi la scuola? >> chiese.
<<Il TUO ultimo week-end, Wendy. Il TUO.>>
Subito dopo si addormentarono.


Alle 18:30 precise Tom suonò il campanello svariate volte senza che nessuno desse segno di vita, prima di arrampicarsi sul balcone della camera di Wendy.
Appoggiò il suo naso sul vetro e li vide. Rannicchiati sotto le coperte come due innamorati. Pensò male, malissimo.
Ed inspiegabilmente della rabbia gli affiorò sul sistema nervoso, si sentiva preso in giro, avevano detto che non c’era nulla fra loro. Poi bussò delicatamente sul vetro.
I due aprirono dolcemente gli occhi prima di guardarlo e ridere, consapevoli di quello che stava pensando.
Poi Wendy si alzò con calma e, dopo essersi accuratamente stiracchiata gli andò ad aprire.
<< N- n- non avevate detto che non c’era niente fra voi.. voi..  >>
Gli sorrise.  << Ma noi stavamo solo dormendo. >> Poi guardò Patrick in modo che affermasse.
Ebbe giusto il tempo di sbollentarsi. << Quindi dove andiamo? >>
<< Primrose Hill.  >> Accennò la lattea.
<< Quella che nessuno conosce. >> Si prese la libertà di enfatizzare Patrick.
<< Ok.. Quindi campeggiamo. Dato che mi avete fatto portare la tenda. >>
<< Se ti piace definirla così.. Wendy, Tom.. Andiamo con la mia macchina, guido io. >>
Annuirono, non appena Patrick si voltò, Wendy sussurrò qualcosa a Tom.
<< La macchina di sua madre.  >>
                                                                                                           


                                                                                                                  ̃̃
<< Una casa abbandonata? Davvero ragazzi, mi aspettavo qualcosa di più originale da voi. La mia prova è una  caccia al fantasma? Wow, mi aspettavo qualcosa di più, sinceramente. >>  Beffeggiò l’uomo.
La casa aveva sembianze ottocentesche, non troppo sfarzose. Non sorgeva nessun’altra abitazione, abitata o meno nella zona. Era recintata con delle stecche di legno cedute a causa della pioggia, ma nel lato sinistro sorgeva un bel recinto dipinto di bianco, più nuovo.                                                                   
Tutta via era una casa abbastanza grande, gli infissi erano in legno vecchio. Alcuni vetri erano rotti e il vialetto che conduceva alla porta era dismesso. C’erano pozze di fango ovunque, ma la porta era chiusa.
L’alba attorno a loro rendeva quella casa lugubre e allo stesso tempo affascinante, come se nella continua corsa alla modernizzazione ci si fosse dimenticati dei pezzi.
<< Questa, Tom, è “Il Rifugio”. E’ nostra. Certo, finché qualcun altro la scoprirà. La prima prova consiste nello scoprire perché abbiamo scelto questo posto. Buona fortuna, hai tutta la notte. Se re frattempo vuoi entrare.. >> Disse poi Wendy, ignorando le precedenti parole dell’uomo.
Si avviarono verso la porta tentando di evitare le pozzanghere. Una volta arrivati Patrick diede una spallata leggera alla porta e questa si aprì in un corridoio stretto. C’erano pezzi di tappezzeria che cadevano sul pavimento scricchiolante e un ascia insanguinata appoggiata sul muro,Tom non fece a meno di notarla.
<< E quella? >> Accennò indicandola.
<< Rilassati. E’ per tenere lontani i curiosi. >> Disse esilarato Patrick.
Poi voltarono a sinistra nell’unica via del corridoio e si ritrovarono davanti al resto della casa. Doveva essere stato un posto accogliente per i precedenti abitanti.
Cominciarono a disporsi per la notte. Patrick e Wendy avevano le tende e i sacchi a pelo già nella casa, insieme a molte altre cose.
Tom osservò con stupore i resti di mobili antichi, e ne rimase meravigliato.
Tutte le stanze avevano la porta aperta, tranne una, e sembrava chiamarlo a gran voce. Come se il resto del mondo attorno a lui si fosse per un attimo spento.
Appena fece per sfiorarla Wendy gli afferrò il polso fermandolo. << Questa è la stanza di Higly. >> Gli disse lei, con il suo solito tono delicato.
<< Higly? >>
<< Tu stesso hai affermato di aspettarti dei fantasmi. Credi che questa casa non sia stata mai abitata? >> - Tacquero un attimo, in una pausa che sembrò fargli venire la pelle d’oca. - << Se sei serio, e non farai il buffone, ti farò entrare. Porta rispetto per i morti. >> Aggiunse.
<<  I morti sono morti. Non giocano a fare i fantasmi. >> Assunse l’aria di un maestro, che con aria ovvia spiegava un addizione elementare.
<< Scettico! E’ così affascinante credere in ciò che non si vede! Quindi che fai? >> Lo rimbeccò lei. Solo il fatto che fosse scettico a tal misura  le stava facendo ricredere sulle possibilità che aveva deciso di dargli.
<< Entro. E sarò serio, perché questa è la stanza di una persona che adesso non c’è più. Non la dimora di qualche assurdo fantasma! >>
Aprì lentamente la porta e affaccio la testa prima di farlo entrare.
L’uomo sentì i brividi infestargli il corpo, l’aria era diventata pesante, ed improvvisamente un peso gli sovrastò il cuore. Nessun fantasma, solo una sensazione, che lo fece ricredere perfino su se stesso.
Era probabilmente la stanza più intatta di tutta la casa. Qui i mobili erano sani, addirittura sorgevano degli scrittoi dove erano appoggia diversi libri antichi ed un taccuino, e ciò era strano.
Al centro della stanza un letto, o meglio, un materasso ingiallito. Lugubre.
<< Questa è la stanza di Higly Wilson. Una giovane fanciulla. E dico giovane perché riesco solo ad immaginarmela così. >> Disse ad un tratto la candida.
<< Come puoi dire che si chiama così? >> Wendy notò che non aveva più usato il passato  nei confronti di ciò che definivano un fantasma, e sorrise.
<< Dal suo taccuino, >> - Afferrò il taccuino sullo scrittoio e lo aprì alla prima pagina, mostrandoglielo. - << scriveva storie. Questa è la mia preferita. >> E glielo aprì nella pagina giusta.
Poi lui si schiarì la voce e lesse. <<  “Viveva un tempo una rondine, che con l’arrivo della primavera covò solo tre uova.
Di queste però, solo una si schiuse, e dal quale nacque un piccolissimo volatile.
La rondine, che amava il suo piccolo a dismisura, decise, con il passare dei giorni, che era pronto a volare.
Così la rondinella rizzò le ali e, una volta preso coraggio, si buttò dal detto, dove il suo nido era situato.
Ad un pelo dal terreno riuscì a planare, e se pur a fatica, continuò a grandi salti il suo gracile tentativo.
Quel che ancora non sapeva era, che in quella casa abitava un bambino, figlio di una grande stirpe di ricchi nobili. Che non appena lo vide, approfittò della sua debolezza per catturarlo.
Il giovane lo chiuse poi in una gabbia in giardino, dove lo avrebbe lasciato per i giorni seguenti.
La madre disperata nel vedere la sua creatura ingabbiata,non si perse d’animo, e continuò a portare il nutrimento alla prigione del suo piccolo,  con la speranza che un giorno sarebbe stato liberato.
Fu così per ogni giorno della stagione estiva, e se pur il bambino assistesse alla scena meravigliato, mai  decise di liberarlo.
Quando l’inverno tornò alle porte però, la rondine si rifiutò di migrare verso il caldo, ed un particolare e freddo giorno questa morì lasciando alla sua rondinella il suo ultimo pasto, e  il suo corpicino privo di vita proprio ai piedi della gabbia.
Solo quando il bambino vide il cadavere, il giorno seguente, decise di metter da parte l’avidità, e di liberarlo in modo che sarebbe potuto migrare verso un ‘altra primavera. Lontano dalla sua cattiveria e il freddo che non avrebbe mai riscaldato se stesso.”  >>

Si osservarono in silenzio, primi di ogni parola. Con i brividi sulle braccia.
Fu un urlo terrorizzato di Patrick a interromperli. Corsero subito in un’altra stanza, dove Patrick boccheggiava in un angolo.
<< Higly? >> Chiese speranzosa Wendy.
<< Peggio: un ragno! >>
Sbuffarono entrambi.
<< Avanti Patrick.. Non ti mangia. >> Replicò Tom.
<< No! Tu non capisci! Quello non è un ragno, è un mostro appena evaso da Jurassic Park! >>


Verso notte inoltrata Tom si aggirava ancora per la casa alla disperata ricerca della risposta che gli sarebbe servita a superar la prova.
Ormai aveva perlustrato ogni centimetro di quel piano.
Era il classico posto da Patrick e Wendy: Higly e le storie, una casa abbandonata, un posto isolato.  Ma non bastava, ci doveva essere qualcos’altro. Qualcosa che lui era troppo cieco per notare.
osservò che a differenza sua , Patrick e Wendy, avevano acceso qualche candela, piuttosto della sua modernissima torcia abbagliante . Doveva centrare qualcosa con la risposta pensò, chissà cosa.
Wendy non ci pensava neanche a dare indizi.
<< Abbiamo in progetto di comprare questa casa un giorno, restaurarla un po’ magari. E’ davvero importante. >>
Tom annuì, ma infondo non lo stava ascoltando era troppo preso.
<< Il piano superiore è agibile? >> Chiese. Era l’unica parte della casa che non aveva ancora avuto il coraggio di perlustrare.
Non appena Wendy si allontanò Patrick si avvicinò all’orecchio dell’uomo.
<< Si. Ottima via. Ma quando sarai lassù, spegni la torcia per qualche secondo. Prendilo come un indizio. >>
Si precipitò verso la gradinata pericolante. E quando arrivò notò che era un posto vuoto, una mansarda, una cantina. Spense la torcia e notò che una parte del tetto era crollata in modo evidente.
Come poteva essergli d’aiuto un posto come vuoto come quello? L’unica parte insignificante della casa.
Tornò al pian terreno scoraggiato e si sedette in un angolino da solo a pensare.
Wendy e Patrick non erano materialisti, amavano ciò che poteva essere loro solo nella loro mente.
Wendy, Wendy più di chiunque altro. Patrick era diventato così solo grazie a lei.
Pensò a tutti i posti in cui l’aveva vista. Alla premiere, casa sua, in un ascensore, Hide Park.. Ok..
Si chiese, ma quale posto l’aveva vista amare? La spiaggia! Una spiaggia vuota in un giorno grigio e lugubre come questa casa scura. Ma più di tutto l’aveva vista amare il suo lucernaio, ed era bellissima.
Rise, da solo, ma rise. Perché la risposta era sempre stata davanti ai suoi occhi prima ancora di arrivare.
Lei, che era bianca e atipica pensò, atipico come Wendy ci sono solo le stelle.
Corse ancora verso quella gradinata, sta volta senza la paura di cadere, si dimenticò perfino la torcia.
e quando arrivò lì, si stese proprio sotto la rottura del tetto. Ed eccola là la sua risposta: le stelle.
Non poteva essere altro, pensò. E in effetti non era male. Il cielo si era aperto proprio su quel tetto, quella notte nuvolosa, grazie al cielo.  E se le fortuna avrebbe continuato ad assisterlo, anche Wendy si sarebbe aperta a lui per magia, come quel cielo trapuntato per quel tetto abbandonato.
Fu un dolce picchiettio sulla spalla a risvegliarlo. Wendy.
<< Oh Wendy, ho trovato la risposta! >> - Disse con gran foga. - << Le stelle! >>
Lei sorrise. Ma non disse nulla. Solo si stese accanto lui, e osservò il suo bel quadro.
Con una mano lenta, l’uomo riuscì ad arrivare alla sua nuca senza farsi scoprire, e le accarezzò dolcemente i capelli.  Ed una sensazione così  era meglio di tenerla stretta al petto per un puerile gioco. Stava scoprendo la bellezza delle cose nuove, come del suo respiro irregolare.
<< La vedi quella stella, Tom? >> - Chiese ad un tratto, con la voce ancora più bassa del solito. - << Quella è mia madre. E’ bianca come me, adesso. >>
“ Si, Wendy “ pensò l’uomo “ Tu sei una stella bianca nelle tenebre della notte.”


                                                                   
Il giorno dopo tornarono a casa di Patrick per l’ultima prova di Tom. Che era più che altro un rito di iniziazione.
<< Dato che sei un attore ci sembra giusto farti fare l’attore. >> Dissero.
<< Ah si? >>
<< Non appena arriverà qualcuno, dovrai cominciare a bere questo frullato in modo da convincerlo a berlo, ma solo quando arriverà qualcuno.  >> Spiegarono.
Il frullato era apparentemente invitante, di un colore rosa con una fragola appoggiata sul bicchiere.
In realtà era un mischio di schifezze inimmaginabili, il colore rosastro era dato in parte dalla salsa rosa, ma ero un mix di ingredienti trovati qua e la per la cucina.
Sentirono Alex, la sorella minore di Patrick entrare in casa.
<< Oddio ragazzi! Ho una fame assurda, oggi il torneo è stato incredibile.. >>
Appena arrivò in cucina vide Tom con gli occhi serrati che sorseggiava una sorta di invitante frappè alla fragola.
Non appena riprese coscienza l’uomo ricominciò a sorseggiare il frullato con aria deliziata.
<< Che combinate? >> Chiese Alex.
<< Niente facciamo merenda.. Ti va del frullato? E’ delizioso. Vero Tom? Ne è rimasto un po’ se lo vuoi. >>
Le si stampò in faccia un mega  sorriso. << Oh certo che lo voglio! >>
Patrick le passò un bicchiere, e lasciò che facesse un sorso gigante, prima di avvicinarsi al lavandino per sputare.
<< Se non vi dispiace ragazzi, adesso sputerei anche io.  >> Aggiunse l’uomo.

Adesso che era nel club si sentiva realizzato.  Wendy e Patrick erano la sua caccia ai momenti.
Non poteva avere voglia di altro se non ripercorrere qualche passo indietro, non si era mai sentito così comune.
<< Buona fortuna per domani, Wendy. >> E la baciò sgraziatamente la fronte,  finalmente  poteva, e lei si fidava più di lui.
Adesso che non era più soltanto un’altro attore intervistato da suo padre.
L’avrebbe rivista più spesso, ora che era un po’ più vicino all’essere sua, ma la sua chiarezza, il suo essere così limpida e atipica, la sua purezza, il dolce suono delle sue parole gli sarebbe mancata in qualsiasi modo nella solitudine delle ore affollate.




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ANGOLO AUTRICE
Ehilà! Non sono sicura di quanto ci abbia messo, ma penso che sia passato un bel po’ di tempo.
Perdonatemi, ho una nuova scusa: L’ hard disk del mio computer è andato in coma farmacologico, così ho dovuto ripristinare tutto, o non si accendeva, così ho perso ogni tipo di file.
Sono andata in crisi e avevo deciso di smettere di scrivere. Poi mi sono ripresa.
Cooomunqueee! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è un bel passo avanti per Tom. E no! Lui non è innamorato, è solo attratto.
Comunque pensavo di fare  qualcosa di più, ma poi ho pensato che avrei annoiato.  Spero che vi piaccia.
Come al solito, vado avanti solo se mi date la conferma, perché è inutile che aggiorni se la storia non piace a nessuno.
Come sempre e solo io, un bacio
- discord

P.S. Per qualsiasi curiosità ho scritto nelle mie bionote come contattarmi.





 

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Capitolo 5
*** Run, run between the forest. ***


               Dal capitolo precedente..
Adesso che era nel club si sentiva realizzato.  Wendy e Patrick erano la sua caccia ai momenti.
Non poteva avere voglia di altro se non ripercorrere qualche passo indietro, non si era mai sentito così comune.
<< Buona fortuna per domani, Wendy. >> E la baciò sgraziatamente la fronte,  finalmente  poteva, e lei si fidava più di lui.
Adesso che non era più soltanto un’altro attore intervistato da suo padre. L’avrebbe rivista più spesso, ora che era un po’ più vicino all’essere sua, ma la sua chiarezza, il suo essere così limpida e atipica, la sua purezza il dolce suono delle sue parole gli sarebbe mancata lo stesso.



                                  CAPITOLO   5
                                        Run, run, between the forest.

Perdonami,
la tua nascita non ha fatto altro che tardare questo giorno, la mia vita era già irrecuperabile prima di te.
Ti amo, credimi, mi dispiace di aver distrutto anche la tua.
Ti prego, prometti che farai della tua vita ciò che io non ho fatto della mia. E’ strano che sia io a dirtelo, ma a quanto pare non sono una brava madre. Perdonami, ti amo, per sempre. Perdonami
                                                                                                                                                               
                                                                                                                                                             - Mamma




Ed è inutile dirlo, la gente disperata, quella veramente rotta dalle malignità della vita, perde il suo senso poetico, quello che da speranza e forma alle illusioni. Tutto quello in cui credeva era stato cancellato e l’ultima prova della tragedia era scritta su quel pezzo di carta. Si chiese perché la gente che decide da se di andarsene lasciasse un oggetto su cui rimuginare i momenti perduti per sempre, e ‘per sempre’ è una parola che pesa più di altre.
Quel foglio era mutilato di cicatrici, lasciate dalle lacrime di una figlia che non avrebbe più respirato affetto per anni.
Wendy si era costruita dei riti, quella lettera era uno di questi, perché ci si costruisce delle banalità, dei punti di riferimento, per continuare ad andare avanti quando una corda stretta al collo ti lascia i piedi ad un pelo del pavimento.
Per fino il primo giorno di  scuola era diventato un rito, che ogni anno si ripercuoteva nella sua losca mente, e lasciava che i pesanti flagelli della sua esistenza venissero nascosti da un cappuccio sugl’occhi, pregando che la sfortuna non la riconoscesse.
Loro tutti le erano sempre sembrati così lontani, tanti punti colorati che si divertivano in modi stupidi.
Doveva essere questo il motivo per cui la odiavano, pensò, loro si dilettavano di sfavillanti tinte, e lei non aveva neanche un colore.  Questa società non accetta gli individui con una divisa diversa, bisogna essere davvero uguali in questo mondo per esserne riconosciuti abitanti.
Il suono della prima campanella la fece riemergere dai pensieri mentre una mano stretta al fianco la strattonò verso di se.
<< Ci vediamo dopo le lezioni. >> Per quanto non lo avesse guardato riconobbe subito il ghigno divertito di George. Ad ognuno la propria nemesi.

Delle prime lezioni infondo non c’è molto di cui preoccuparsi, i professori ti lasciano il tempo di riadattarti lentamente alla realtà, certo lentamente rispetto il solito.
<< Per Mercoledì voglio un tema su una persona che avete conosciuto quest’estate. Dato che è il primo giorno di scuola, lascio a voi libero arbitrio sulla quantità delle parole. >>
Il volto dell’indifferenza giacque su di lei fino alla fine delle lezioni, sarebbe stato così per i nove mesi seguenti, e le cose non sarebbero cambiate.
Patrick l’aspettava fuori, come ogni primo giorno dalla sua assenza, proprio dietro l’edificio, affianco ai campi da baseball ancora desolati.
Il  corridoio si faceva sempre più corto sotto i suoi passi scaltri, sperava di non incontrare George. Sua madre le aveva sempre ripetuto un proverbio italiano:’ il buongiorno si vede dal mattino’, così se lo avesse evitato, non sarebbe dovuta imbattersi in lui per tutto l’anno.  O almeno le sarebbe piaciuto pensarlo, ma ci si può fidare delle parole di una suicida?
Il destino ha un piano per tutti noi, ma del tutto crudele e colmo di infima sfortuna. << Non ti sarai dimenticata di me, latticino. >> Una voce apparentemente dolce e candida, creata a nascondere la più abbietta delle personalità, un ragazzo curato e dal fisico scolpito, ma se solo avesse ereditato la classe dai suoi genitori..
‘ Ignoralo ‘ – pensò, continuando per altri tre passi contati da lei stessa prima che la sua mano pesante le afferrasse il cappuccio, e con se i capelli.
Giusto il tempo di udire una risatina proveniente dai suoi  ‘amici’ privi di personalità ( Patrick gli aveva sempre chiamati i 3 magi e la cometa) prima di ritrovarsi faccia a faccia con il nemico.
242 stimoli al suo istinto difensivo, ma solo teoria niente pratica.
Si guardarono negli occhi in un tempo indefinito, magicamente le sopraciglia corrugate del ragazzo si rilassarono, lasciando che una mano arrivasse alle sue pallida guancia.
<< Rimani sempre la solita bambina abbandonata, per sempre sola, mai amata. >> Di certo la rima era un cliché. Non le importava, per quanto tutto ciò che dicesse fosse così ipocritamente reale, sperava che tutto fosse finito in fretta, in modo da raggiungere Patrick alla macchina.
<< Lei ha me. >> Esordì Patrick dopo un breve silenzio. Avrebbe riconosciuto la sua voce in un concerto heavy metal, peccato che questo intervento  Holywooddiano non rientrasse nei loro patti.
<< Millward, credevo che ti fossi estinto da un pezzo ormai. >> Un ghigno malefico si formò sul volto di George, un impulso proveniente dalla voce di Patrick lo portò a lasciare Wendy e dirigersi verso di lui.
<< Credo che se dovessimo stendere un grafico sulle estinzioni ci troveremmo nel mettere alla base le tue capacità intellettive. >>
<< Ok, basta. >> Intervenne la ragazza prima di ogni altra possibile reazione.
Il resto dei seguenti attimi non seguirono alcun filo logico preciso, una lista di azioni svolte a difendere una paura, non ancora chiara in quel periodo.
I magi afferrarono il ragazzo per le braccia in modo da renderlo indifeso, e nel pieno della sua ramificata debolezza George cominciò a tirargli una raffica di calci e pugni.
E Wendy, che odiava dover stare a guardare, per quanto nella sua mente l’amico meritasse la sua punizione per essersi intromesso, dopo due richiami, afferrò nei limiti della sua delicatezza la spalla del bullo che, preso dalla furia si girò di scatto per darle un pugno in piena faccia. Un colpo feroce, che la scaraventò al suolo mentre i suoi sensi collassavano. Ebbe giusto l’opportunità concessa dalla sua mente di contare fino ad otto prima che il suo conscio cominciasse a riprendersi dall’urto, lasciando che i nervi ricominciassero a rilasciare impulsi provenienti dal suo udito.
<< Wendy, mi vedi? >> 
<< Levati idiota! >> - Lo rimbeccò lei, mentre si rialzava. - << Dove sono andati? >> Aggiunse guardandosi intorno con il timore di un attacco a sorpresa.
<< Se ne sono andati non appena il disagiato ti ha colpita. >> Poi abbassò gli occhi nel vedere lo zigomo latteo della ragazza immancabilmente arrossato e il suo labbro inferiore sanguinante. E non disse nulla quando Wendy gli lanciò un’occhiata fulminante e proseguì scocciata verso la macchina.


<< E’ solo che non sopporto il solo pensiero che possano farti qualcosa, senza neanche un motivo preciso, Wendy. >> Esordì Patrick, dopo essere tornati a casa della ragazza muti e in collera.
<< Non hai fatto altro che prolungare i fatti, se fossi rimasto in disparte qualche secondo in più la situazione non sarebbe comunque precipitata. >> Rispose cauta ma inevitabilmente innervosita.
<< Come puoi permettere che continuino dopo tutti questi anni? Qualsiasi altra persona sarebbe pronta ad ammettere che quel ragazzo è adorabile. E lo è, con tutti tranne che con te. >>
Lo guardava  con uno sguardo truce mentre maneggiava del ghiaccio. << C’è solo una persona che George odia più di me, e quello sei tu. Credi sia stata una buona mossa? Ti sbagli. >> Rimbeccò la ragazza lanciandogli la quarta borsa del ghiaccio addosso.
<< Tu avresti fatto lo stesso per me. >> Disse amareggiato appoggiando sul ginocchio sinistro il ghiaccio.
Wendy inarcò un sopracciglio scioccata,  si alzò di scatto e si piazzò davanti a lui. << Da quando in qua sei diventato così sentimentale? >>
Patrick fece una smorfia, di quelle amare e deluse che solo lui era in grado di fare. << E io credevo che fossimo dalla parte di buoni. >>
Il tono della ragazza si mutò in roco, sempre basso, ma più profondo, la sua faccia, adesso segnata da un labbro gonfio, era concisa in un'espressione amara.  << Ah, ho capito. Volevi fare l'eroe, Patrick? Beh, gli eroi non esistono. In questo mondo per sopravvivere o si è cattivi o indifferenti. >>
<< E noi che siamo? >>
<< Per ora tentiamo di essere indifferenti. Pur di non essere come loro. >>
Quando Patrick riuscì a sorriderle fu più che altro per il pensiero di passare una giornata acida a suo fianco, pensò che forse Wendy aveva ragione, riguardo all’indifferenza: perfino l’un l’altro si comportavano indifferentemente  davanti ai loro sbagli reciproci, pur di non litigare.
<< Batman ha voglia di un po’ di cookies? Sta per iniziare Spongebob in tv. >> Riemerse  lei dopo troppi attimi di silenzio.
Patrick rise di gusto, un po’ più malamente di quanto si aspettasse tutta via, dato il dolore alla bocca dello stomaco dovuti  ai pugni ricevuti poco prima. << Di tutti i supereroi che potevi scegliere, perché proprio Batman? Avresti potuto scegliere uno degli Avengers! Infondo abbiamo un Loki. >>
La ragazza si sedette accanto lui, spingendosi sempre più vicino, temeva fosse ancora un po’ scosso per la precedente discussione, così gli appoggiò la testa sulla spalla e passò lui i biscotti.
A Wendy piaceva l'odore di Patrick, e quella posizione non faceva altro che amplificarlo. Sapeva di fumo e di qualcos'altro di indecifrato  che riconduceva al suo essere. Quando suo padre non c'era gli permetteva di fumare in casa, il fumo passivo era un dolce profumo per lei, che le entrava lentamente nei polmoni e la soffocava dolcemente. Ogni tanto, in determinate giornate, chiedeva lui qualche tiro, ma solo quando ne sentiva il bisogno. Altre volte, invece, chiedeva lui di lasciarle qualche sigaretta, prima di andarsene, probabilmente quando si sentiva più strutta, e lui, non rispondeva mai, si limitava al lasciarle il pacchetto sul davanzale e ad andarsene, al suo interno lasciava solo due sigarette, mai di più. Patrick aveva covato il terrore che lei potesse morire dopo aver visto ciò cosa era successo alla madre della ragazza. Ma Wendy non aveva niente in comune con Eva, ne con suo padre, Wendy era un colore a parte.
<< Perché Batman? >> - Accennò lei ironica - << Devono essere i tuoi capelli corvini. E poi non ti ci vedo in nessuno degli Avengers. Pensaci: troppo gracile per Hulk, DECISAMENTE;  Non abbastanza egocentrico per IronMan; e non sei affatto uno stratega adatto per poter essere Capitan America, Neanche una ciocca bionda per Thor.. e decisamente non letale quanto occhio di falco e la vedova nera. E poi non abbiamo un Loki, non abbiamo neanche un Tom se è per questo. >>
Rise compiaciuto, forse perché se l’aspettava, una reazione del genere da Wendy, gli venne un dubbio, Wendy aveva sempre capito tutto,  per quanto se ne tenesse alla larga le persone e la loro psiche le erano del tutto familiari e facilmente esplorabili, e se lei avesse visto qualcosa in Tom? Qualcosa di profondamente sbagliato che una mente semplice come la sua non fosse riuscito a vedere, se mai avesse dovuto aver bisogno di qualcun’altro a suo fianco come poteva sapere se lui fosse la persona giusta?
<< Cos’ha che non va il novellino? >> Disse stringendole i capelli alla nuca.
<< Cos’ha di speciale? E’ solo.. come tutti gli altri.. >> Fece per aggiungere qualcosa e si fermò, non voleva dirlo a Patrick, non avrebbe mai osato condizionarlo.
<< E?.. >>
<< E non capisco cosa - ..perché sei così ostinato nel volerlo insieme a noi. >> Farfugliò lei, sembrava che lo avesse detto quasi per sbaglio.
<< Non sono ostinato, - spiegò – mi sembra solo una brava persona. >>
La ragazza gli diede ancora di più le spalle, chiudendosi maggiormente in se stessa.  Non durò molto, perché lui la travolse subito, la guardò negli occhi, prima di rendersi conto del come uno dei suoi zigomi leggermente scolpiti fosse violaceo, e stampare un lungo e possessivo bacio sulla parte ferita.
<<  Non ti sostituirei mai, come potrei?  >> Subito dopo averle fatta mugugnare qualcosa per il dolore, prese a solleticarle la pancia. Wendy rise fino a non respirare.
Fu un suono familiare a catturare le loro attenzioni. Si guardarono tutti e due straniti, si sentirono colti in fragrante, nella loro testa balenò il pensiero che il signor Hughes potesse essere tornato in anticipo, ma non accadeva mai, al massimo sarebbe tornato in ritardo.
<< Aspettavi qualcuno, sweetie? >> Chiese il ragazzo.
La candida fece spallucce. << Sarà il postino.. >>
<< Il postino a quest’ora? >>
Alzò un sopracciglio scocciata. << Ma che ne so! Facciamo così vecchietto, tu rimani pure qui a leccarti le ferite io vado ad aprire.  >> Poi si diresse alla porta , raccolse un cappellino da baseball e se lo mise in modo da nascondere i danni di quel maledetto pugno. Sperò con tutta se stessa che avrebbe funzionato, come nei film.
Quando aprì la porta, e la luce fioca, oscurata dalla vanità delle nuvole, entrò in quella casa con così tanta naturalezza le sembrò che fosse arrivato da chissà quale luogo lassù di irraggiungibile. Ma poi si accorse che la naturalezza non esiste, la luce non era altro che un effetto ottico e Tom non era un Dio.
<< Niente paura, - sogghignò - è solo la tua fidanzata  >>
Lo sguardo di Hiddleston era torvo, tentava di scrutare lo sguardo della ragazza da qualche parte sotto quella visiera in modo così meticoloso, che quasi non si rese conto della battuta.
<< Wendalina Moira Hughes! >> Sentì urlare l’uomo dall’interno del salotto prima di scoppiare a ridere, come il bambino che si era dimenticato di essere stato. << Aspetta. Aspetta. Aspetta. Wendalina Moira?! >>
La ragazza mise su il broncio per un’indecifrata volta durante la giornata. << Ah. Ah. Ah. Ti pare che qualcuno possa scegliere il nome con cui nascere, Thomas William Hiddleston? >>
Patrick rideva come un matto. << No, no. Thomas William… non c’è paragone con Wendalina Moira. >>
L’uomo si soffermò un attimo sul cappellino che le copriva il volto in modo così esagerato, ne fu così infastidito da costringerlo a trovare una scusa. << Il cappello? Non c’è sole! >> Blaterò mentre le strappava via dalla testa quell’impiastro.  Fu diversa  la sua  reazione nel vedere quello zigomo sgargiante sul pallore della pelle di Wendalina.  Si voltò verso di Patrick con uno sguardo che non chiedeva altro che spiegazioni, ma quando si rese conto che il ragazzo era in condizioni altrettanto peggiori… << Che diamine è successo? >>
<< Quel simpaticone di George si è dedicato alla chirurgia. Non vedi? >> Sdrammatizzò il moro, con un cenno della mano.
<< Tu non centravi niente sorta di imbecille. >> Lo rimbeccò ancora la piccola del gruppo.
Tom si girò verso di Patrick in cerca di spiegazioni, il suo volto era sconvolto.
<< Si è arrabbiata perché l’ho difesa da George. Non le va a genio che mi metta in mezzo.  >> Chiarì poi.
Wendy accennò ad una falsa risata, alzando le braccia. << Certo, infatti non ha fatto altro che prenderle, se non fosse stato per lui, non avrei questo coso in faccia. >>
<< Ancora con questa storia? Dovresti prendere provvedimenti, o meglio, dovresti denunciarlo in presidenza, sarà meglio che John vada a parlare lui stesso … >>
Patrick poté vedere la ragazza lottare contro l’istinto di tirargli un pugno, ma Wendy era si diversa e strana, ma comunque composta.  Così non fece altro che accennare ad un << Ma sei scemo? Vuoi la terza guerra mondiale?! >> .
L’uomo sospirò rumorosamente, teneva un pugno saldo, che ogni volta che guardava la ragazza stringeva ulteriormente.  << Allora gli andrò a parlare Io! >> Insisté ancora.
Per sua fortuna ci pensò Patrick a placarlo, a ricordargli che Wendy ancora non si fidava, che ci sarebbe voluto tanto prima che potesse accettare qualsiasi sua opinione al riguardo. Adesso era solo un pazzo che tentava di chiudersi in una gabbia di matti. E questo sapeva di stupido.
<< Suvvia Tom, non vorrai mica metterti in mezzo alle bambinate? Scaramucce, dico io. Per fortuna Wendy colleziona borse del ghiaccio vintage.  >>
Quando l’attore proferì uno sguardo al ragazzo non riusciva a credere a cosa stesse dicendo, non per ciò che affermava, questo era dannatamente da loro due, ma per le condizioni in cui era ridotto, riusciva a malapena a muoversi. Si limitò a scuotere il capo.
<< Io non colleziono borse del ghiaccio vintage. Mio padre le colleziona, dovresti vederlo montare le mensole, o gli addobbi di natale.  >>


Passarono una buona mezz’ora a guardare i cartoni, non che nessuno dei tre stesse realmente  seguendo qualcosa. Erano tutti persi nei loro pensieri: Patrick nei suoi rimorsi,  Wendy nei suoi rimpianti e Tom, beh, Tom nel fascino di Wendy.   
Ma Wendy era nata bella, il fascino lo aveva acquisito dopo: una macchia scura su tutto quel bianco si era impregnato in lei insieme al dolore, e alla fine non l’avevano mai abbandonata.
Wendy si distrasse dopo essersi resa conto che Patrick si era beatamente addormentato sulla sua spalla.
Stava quasi per svegliarlo quando anche Tom riemerse dai suoi pensieri e le afferrò il polso.  << No, lascialo dormire.. Ne ha bisogno.  >>
La reale domanda era quanto lei potesse averne realmente bisogno. Annuì, ma non lasciò spazio alle finzioni e rimase con uno sguardo incerto.
Conosceva Tom da più di un mese e ancora non si fidava, ed era chiaro, ma perché Patrick si?
Si disse che certamente sua padre aveva ragione, prima o poi tutte le amicizie si perdono per lasciare spazio ad altre e, con il trascorrersi del tempo, anche Patrick l’avrebbe abbandonata.
Dannato il padre, e la sua stramaledetta psiche.
Si alzò senza dire nulla, aprì il la porta e  uscì di casa. E lui la seguì silenzioso, quasi con la paura di farsi scoprire.
La trovò sotto lo stesso albero di limoni a cui si era appoggiato la prima volta che l’aveva guardata davvero, Wendy era ancora Wendy, non era cambiato niente, solo il cielo era più ceruleo. La ragazza sembrava stesse contemplando il tronco, anche lei appoggiata alla corteccia. Lo stavo ignorando.
Ripensò alla macchia viola contrasta dal suo pallore e le labbra sanguigne, e per un motivo che ancora non conosceva, strinse il pugno .
Allungò il braccio verso di lei e le afferrò il braccio spingendola verso di se con forza maldestra, così scoprì che Wendy non lo stava ignorando era semplicemente distratta e ciò che gli era sembrato un semplice modo per avvicinarla l’aveva spaventa, ciò la spinse a spintonarlo via da se con rabbia.
<< Sono felice che perlomeno tu ti sappia difendere, peccato che sia con le persone sbagliate! >>
<< Ma che diavolo vuoi? >>  Gli rispose Wendy superandolo  diretta verso l’interno.
<< Ok, ok. Scusa… - alzò le mani- scusa. >>
Wendy sospirò seccata, ma non fece nulla, da qualche parte, aldilà dei brutti ricordi, si nascondeva ancora la stessa ragazza gentile che Eva aveva plasmato.
<< Voglio solo che non accada.. quello che è successo oggi a scuola. So’ che vuol dire, ci sono passato anche io. E non pretendo che tu gli denunci agli insegnanti, dico solo che potresti difenderti. Io posso aiutarti, per girare Thor mi hanno insegnato la capoeira..- >>
<< Hiddleston – Lo interruppe. – la capoeira è più una danza che un’arte marziale. Per intenderci, non è che mi metto a fare la ballerina di punto in bianco, mentre mi picchiano. >>
Tacque, indeciso sul cosa rispondere, se essere serio o sorridere, e buttarsi sull’ironia.
<< Tieni lottatore. – Disse lanciandogli un paio di guanti da cucina di un giallo acceso.- E’ il giorno della foresta. >>  Ancora una volta, lo aveva preceduto.






Epping Forest, per molti lo spazio più vasto di Londra, era diventato un altro di quei bei riti a cui due emarginati si erano aggrappati anni addietro.
Wendy aveva una vaga reminiscenza di quei tronchi antichi, in cui camminava con sua madre, lasciandosi andare fra gli scricchiolii delle foglie autunnali.
‘Cadaveri’ si disse, ecco cosa erano quei crepiti sotto i suoi piedi, proprio come i protagonisti delle storie che Eva le raccontava.
Il bandito Dick Turpin,  secoli prima si era rifugiato fra quegli alberi, in un’aria che oggi si chiama ‘ Turpin’s Cave’,  in quei momenti, si era perfino riuscita ad appassionare a quelle vicende, ma adesso  che camminava fra quelle stesse fronde, e non faceva altro che pensare ‘le foglie di 5 anni fa, ormai saranno humus dell’humus, e chissà quanti vermi ci avranno scavato dentro’, quelle situazioni avevano acquisito più un senso poetico che l’essenza di un bel ricordo.
Wendy, notò senza stupore, che Patrick si era già messo i guanti, molto probabilmente optava per un attacco a sorpresa.
Quando Patrick la guardò complice, si limitò ad un: << Tienimene fuori. >>
Erano appena arrivati sotto un castagno, nel fulcro del suo splendore autunnale, una quercia enorme, probabilmente più antica della leggenda di Turpin.
Tom sembrava compiaciuto, scattava foto qua e la non sembrava curarsi di quello che Patrick stesse facendo. Era una copertura. 
In realtà consumava le meningi, cecava e ricercava, dentro di se e fra gli alberi, il motivo per il quale lasciasse che quella ragazza gli imponesse simili malinconie.
Notti addietro aveva passato ore a pensarla, Wendy non si faceva dimenticare,  da qualche parte, pensò, doveva fargli particolarmente pena.
<< RiiiiiiccioooooMaaan! >> Disse Patrick prendendo un riccio con i guanti, ben attento  a non pungersi e scagliarlo dritto, verso di Tom.
<< Aih, ma che cos- sei scemo? >> Urlò l’uomo.
<< Patrick, mi vergogno per te. >> Replicò secca l’unica ragazza del gruppo.
Dopo un breve cenno d’intesa fra Patrick e Tom, Wendy si ritrovò a correre via, inseguita da i due con i ricci in mano.
 Corsero a lungo, ridendo, senza mai stancarsi. Si scambiarono battute finché non ne ebbero più il fiato.
Poco dopo Wendy, sparì, e lei era brava a sparire, a nascondersi.
<< Dai Wendy, esci, giuro che non ti tiriamo niente. >>
<< Eh che ci fate con quei cosi in mano? >> Rispose il nulla con voce affannata.
I due si guardarono, si fecero spallucce, si rigirarono indifferenti a scrutare la desolazione poi, inconsapevolmente, si voltarono all’unisono e si lanciarono i ricci addosso  contemporaneamente.
<< FSS- Le spine! >> Tom incolpò Patrick.
<< Non è che quello che mi hai lanciato tu non le aveva. >> contestò il ragazzo.
Quando notarono che Wendy non era ancora spuntata fuori, presero una direzione casuale nel cercarla.
Riemerse con la sua voce bassa dopo sette minuti pieni. << Di qua. >>
<< Ti sembra questo il modo di spa- >>
<< Pensi che sia la Turpin’s Cave? >> Disse la candida indicando un’incavatura artificiale, nel bel mezzo della foresta.
<< La Turpin’s Cave senza turisti? >> Chiese l’uomo.
<< Turisti in periodo scolastico? >> Ribatté Wendy.
<< Pensionati? >> Intervenne Patrick.
<< Non avete capito. Una caverna artificiale nell’Epping Forest, che sia questa o meno quella di Turpin, c’è solo una zona della foresta con questo genere di scavi artificiali. >>
<< No, è impossibile. >> Si rifiutò di ammettere l’uomo.
<< Essex, come cazzo facciamo ad aver corso da Londra fino all’Essex. Il fantasma di Tupin, ci ha spinto fin qui, vuole te, Wendy. >>
<< Smettila, ci siamo solo fatti prendere dall’euforia, qualche scarica di adrenalina, e ci troviamo qui.  >>
<< La corsa del ritorno sarà meno faticosa, sta anche per fare buio. >>
<< Nessuno qui ha intenzione di correre. >> Lo riprese Patrick, mentre frugava nella tasca alla ricerca di un accendino per accendere una sigaretta che gli era magicamente apparsa fra le labbra.
Poi strinse forte la piccola, fredda mano di Wendy, era un altro di quei momenti in cui aveva paura di perderla.
Tom era rimasto indietro a guardarli, scoraggiato, ma abbastanza vicino da notare una foglia gialla dalle venature rosse intrecciata nel pallore dei capelli della ragazza, non aveva mai visto una persona così involontariamente poetica, lei era semplicemente l’opposto della falsità che ormai lui rappresentava, il mondo lo preferiva falso e così sarebbe rimasto, ma come lo voleva Wendy?   
Come terzo in comodo non era male, peccato che consumasse dentro quell’accenno di rabbia nei confronti di Patrick, che lo aveva incoraggiato con i suoi “aiuti” e demoralizzato nelle sue spinte indietro per arrivare a Wendy, sempre con quel dubbio però del perché lo stesse facendo.  
Ma se l’era promessa comunque, un giorno con Wendy sarebbe stato mille passi avanti a lui.




Tornato a casa la passeggiata lo aveva stancato più del dovuto, ma lo avrebbe fatto ancora, perché no? Per raggiungere quel misterioso obbiettivo questo ed altro. Come un bambino fantasticava frastornato, quasi morto sul letto,  sul bel podio dove avrebbe scoperto per cosa aveva gareggiato.
Wendy era quello stimolo a indietreggiare, forse era l’unico che poteva essere salvato dal passato, lei era la possibilità di riemergere dalle falsità che era diventato, il mondo forse avrebbe cominciato ad odiarlo nel vederlo come persona vera, ma a quel punto non gli sarebbe più importato, a quel punto sarebbe stato mille passi avanti a Patrick.

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Angolo Autrice.
Per essere chiari, non mi sono mai dimenticata, in questi troppi mesi, di Wendy, sono stata solo impegnata.
Impegnata in quelle che amo definire 'calamità vitali', ma sono tornata, più pronta a insulti di prima.
Volevo cominciare con lo scusarmi per gli errori che sicuramente ci saranno, ma che non ho corretto perchè se avessi riletto un'altra volta questo capitolo avrei cancellato tutta la storia.
Ah si, ed è per questo, e per il dubbio che dopo tutti questi mesi questa storia faccia schifo ( perchè a me a volte capita, soprattutto a rileggermi)  che vi chiedo di recensire in maniera sbudorata, e dirmi incoraggiarmi un'altra volta ad andare avanti.
Tralasciando l'argomento "suppliche" e oltre a ringraziare chiunque non mi abbia cancellata dai seguiti, ricordati, ecc.. ecc.. e chi mi ha recensita, volevo spiegare  due cose, ho deciso di rendere Tom un poì più vero complessando anche la sua psiche e, delineare, arrotondare, evidenziare l'intensissimo rapporto fra Patrick (che in questo capitolo rivela tutta la sua teatralità) e Wendy (ma Dio! Come la idolizzo!).
Anche questo è un capitolo di transito, perciò, placate gli ormoni, non ho intenzione di emarginare Tom per sempre.
Dopodichè aggiungo che, se mai dovessi riuscire a finire questa storia, ho finalmente deciso come farla finire (di ci tenevo a dirlo a qualcuno). Vi lascio a le critiche e vi ringrazio per la pazienza.
Vostra ( purtroppo)
- Discord


RECENSITERECENSITERECENSITE.

 

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