Black, Grey, White, Me

di Creepy Doll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



Entrai in casa lentamente. Ero stanca. Appoggiai la cartella di scuola accanto alla sedia in camera mia e aprii le finestre. Avevo preso un'altro brutto voto.. non ne potevo più.
Mi lasciai cadere sul divano e sprofondai la faccia tra i cuscini. Nella mia testa una malinconica canzone, giusto adatta al momento, non la smetteva di rimbombarmi nel cervello. Era sempre così.. ero abituata.. ma a volte mi faceva venire il mal di testa quella musica assordante nella mente. L'unico problema era che non avevo modo di spegnerla; a meno che mi concentrassi al massimo, cosa che durava poco e che mi faceva solo aumentare il mal di testa. 
Sfortunatamente avevo ben altro a cui pensare in quel momento.. mia madre mi avrebbe ucciso dopo l'ennesimo brutto voto!
Io mi impegnavo al massimo ma certe materie e argomenti proprio non riuscivo a studiarli.. forse il mio cervello aveva una playlist di canzoni così vasta che non c'era più spazio per cose insignificanti come la scuola.. 
Fatto stava che io ero nei casini fino al collo e che, forse, un collo non l'avrei più avuto dopo questo.
Mi diressi in cucina, mi cucinai un pranzo degno di una regina e lo mangiai come se fosse l'ultimo pasto della mia vita. Poi mi preparai come ogni  bravo cavaliere prima di andare a combattere contro il drago e attesi con i nervi tesi l'arrivo della bestia. 
Sentii la porta sbattere e aspettai paziente il momento giusto, ma quella fu più veloce di me e contro il suo fuoco la mia spada non potè nulla.. non era magica..
Persa la battaglia, mi abbandonai nel fiume di grida, insulti e botte dove probabilmente non avrei potuto che annegare.

Quando ripresi coscienza di me era sera, la battaglia era finita e io ero chiusa nella mia stanza. Avevo un libro di fisica in mano, ma probabilmente non avevo fatto altro che dormire ad occhi aperti per tutto il tempo. Appoggiai il libro sulla scrivania e mi massaggiai la testa. C'era qualcosa di strano, ma non capivo che cosa. Non sentivo i passi frettolosi di mia madre che trafficava al piano inferiore, non sentivo il rumore delle auto sulla strada, persino l'orologio scandiva i secondi con un ticchettio così flebile da sembrare inesistente. C'era pace, possibile che il mondo avesse finalmente deciso di stare un po' zitto? C'era silenzio.. 
Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da quella bellissima ninna nanna senza note.. si, una ninna nanna.. una canzone..

CANZONE? ecco cosa c'era di sbagliato! Non sentivo più la musica nella testa! Il silenzio che tanto bramavo.. ma no.. non potevo.. erano anni che non c'era silezio nella mia mente e ogni cosa aveva un suo perchè.. non potevo permettermelo.. non di nuovo..

Una risata. Mi girai di scatto ma non c'era nessuno.
Un'altra risata. Mi girai di nuovo, niente.
Una voce deformata dalle risa parlò

-TU SAI COSA SUCCEDE QUANDO C'È SILENZIO VERO?- 

..Era troppo tardi..



PS: scrivetemi come vi sembra come inizio! spero non sia noioso e pieno di orrori d'ortografia! mi auguro che vi piaccia! grazie ciau

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Un bagliore improvviso, poi il buio. Non c'era altro che buio.
Mi svegliai.

La sveglia stava suonando insistentemente. Allungai la mano per spegnerla ma l'avevo appoggiata troppo lontana dal letto.. dovevo alzarmi. Con un grande sforzo di volontà lasciai il mio caldo giaciglio per.. per cosa? chiusi la sveglia e rimasi un attimo in contemplazione di quella stanza buia proprio come il mio sogno, era silenziosa e buia. 
Mi trascinai verso il bagno e cercai di lavarmi e vestirmi in fretta. Il silenzio era diventato quasi inquietante, anche se sapevo che non poteva durare. Infilai una felpa nera e, mentre sistemavo il cappuccio, scorsi con la coda dell'occhio una figura nello specchio. Mi girai di scatto, cosa c'era adesso? Poi la vidi, era il mio riflesso ma allo stesso tempo non ero io. Lo notavo da quei sottili dettagli come le iridi con impercettibili striature rosse, i capelli leggermente più scuri e quell'aura che trasmetteva solo rabbia e violenza, pura e immotivata. Mossi il braccio e mi sfiorai il viso con le dita, non stavo sognando vero? Lascia cadere il braccio lungo il fianco e il riflesso fece lo stesso. 

- ma chi vuoi prendere in giro? - parlai guardandomi, o forse dovrei dire guardandola, allo specchio
- non credevo te ne saresti accorta.. volevo giocare un po' con te - sbuffò scocciata
- io e te non ci assomigliamo lontanamente come pensavi di potermi confondere? - le parlavo con un tono calmo
- è qui che ti sbagli cara mia! noi siamo uguali! siamo la stessa cosa! io sono nata perchè tu, e tu sola, mi hai voluto! avevi disperatamente bisogno di me! - mi aveva puntato il dito contro con fare accusatorio
- bhe.. ormai non mi servi più, sparisci - ora la mia voce non era più molto calma
- tu avevi messo quella dannata musica per mettermi a dormire, ma davvero credi di non avere bisogno di me? se è così perchè la musica è cessata? perchè mi hai svegliato? noi siamo solo dei frammenti di qualcosa di troppo grande per essere in grado di ricomporsi.. te lo dissi quando eri piccola e te lo dico adesso, ma forse da bambina avevi più fede in me! poi sei cresciuta e mi hai buttato via come un vecchio giocattolo rotto! mi hai abbandonato dopo tutto quello che ho fatto per te! - ora era davvero arrabbiata. No, ora che guardavo meglio nei miei/suoi occhi leggevo anche qualcos'altro.. delusione.. 
- BASTA! - mi coprii con le mani le orecchie. Stavo urlando, quell'ultimo suo sguardo era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Mi sentivo male, basta.. non avrei retto a lungo.. la calma se n'era andata insieme alla mia convinzione che il vero mostro fosse lei e non io. 

Sentii dei suoni provenire dalla camera dei miei genitori. Non potevano aver sentito.. non dovevano.. uscii dal bagno, presi lo zaino e controllai di avere in tasca il telefono. Deviai la mia corsa verso una via di fuga da quella casa solo per guardarmi nello specchio del bagno un'ultima volta.. il mio riflesso era tornato "normale".

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Mi alzai controvoglia quando la prof chiamò per la seconda volta il mio nome. Mentre camminavo sentivo gli occhi di tutti addosso, era una sensazione orribile. Quando arrivai alla cattedra alzai lo sguardo e tesi la mano verso il mostro. Mi diede il foglio di carta e io tornai al posto. Lessi il voto.. insufficiente.. tanto per cambiare.
Cominciai a fissarla, era un oca con un becco dotato di denti aguzzi; non a caso l'avevo definita un mostro. C'erano diversi tipi di oche: quelle da cortile, e io ne conoscevo tante, quelle dalle uova d'oro, più rare, e quelle carvivore, dei mostri isterici. Il destino, naturalmente, quale mi aveva riservato delle tre categorie? La più mostruosa e orripilante.. quando si dice la fortuna.. 
L'oca mi fulminò e facendo una battuta,di cui non capivo il senso,sul mio "strano" sguardo fece ridere l'intera classe. Adesso avevo davvero tutti gli occhi addosso e con il disagio sentii dentro di me crescere una furia omicida nei suoi confronti. Ovviamente non avevo armi abbastanza potenti per le oche carnivore, per quelle serviva un'ascia di piume con la punta nera come l'inchiostro che doveva essere conservata in grossi libri classici chiusi su di essa e affilata costantemente da parole sempre più taglienti. Armi del genere non erano alla portata di un giovane cavaliere, putroppo. 
Gli sguardi si fecero più intensi e io sentii un forte conato di vomito pronto a risalirmi la gola, sarebbe finita male..

- credo di dover intervenire - disse seria
- no, io credo proprio di no - le risposi risoluta
- vuoi forse metterti a vomitare davanti a una trentina di persone? Stai male ammettilo.. voglio solo aiutare.. - mi chiese quasi gentilmente
- appunto, lasciami stare - non volevo che si intromettesse.. avrebbe creato solo ulteriori problemi
- non costringermi a spingere per uscire.. sai che ti potrei fare un po' male.. sii civile, dai - quella non era una richiesta, era un ordine impartito da una finta voce gentile
- NO - non glielo avrei permesso

Appoggiai la testa sul banco e chiusi gli occhi, come per prepararmi a una tempesta troppo vicina per esere evitata. Come previsto il dolore non tardò ad arrivare; delle acutissime fitte alla testa seguite da una sensazione di nausea e rigetto che, sommate al sapore di vomito che ormai avevo in boca, non mi fecero desiderare altro che fiondarmi in bagno. Alzai la mano per chiedere il permesso di andare ai serivizi, ma feci così tanta fatica a sollevare testa e braccio che dovetti riposarmi qualche secondo prima di mettermi in piedi. Ogni singolo muscolo mi faceva male e l'equilibrio mi era stato tolto come quando a una marionetta vengono tagliati i fili che la reggono. Stava per farcela.. non potevo resistere abbastanza.. la porta era a una distanza così abissale rispetto alla mia posizione.. 
Così mi aggrappai alla mia ultima e disperata opzione: chiusi gli occhi, persi il controllo dei muscoli, caddi a terra e aprii la mente.

Mi ritrovai in una stanza grigia. Era un'enorme sala circolare, il pavimento e le pareti non erano ben distinte e il soffitto era troppo alto per poter essere visibile. Due diametri perpendicolari si intersecavano nel centro della grande circonferenza e formavano due lunghi corridoi a ciascuno dei quali estremi erano situati due imponenti troni di pietra. Sui troni erano appoggiati quattro scettri e quattro sfere di pietra nera, bianca, grigia e trasparente. Il primo trono era vuoto; al suo opposto, invece, il terzo era occupato da una figura in ombra, rannicchiata e incappucciata che stava presumibilmente dormendo. Anche nel quarto trono una figura incappucciata dormiva, ma era distesa con più eleganza sull'enorme sedia di pietra. Al suo opposto invece.. al suo opposto c'era colei che mi aveva costretto a tornare in quel luogo. Camminai verso di lei, era sempre la stessa.. La mia copia.. Molti l'avevano scambiata per me, lei era la mia gemella cattiva.. Guardandomi rise. La sua rabbia repressa si poteva sentire a distanza di metri.. 
- quanto tempo che è passato dall'ultima volta! bentornata a casa! - allargò le braccia sorridendo
la guardai fredda - ciao Naga -
 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Si alzò svogliatamente dal trono di pietra e mi squadrò da testa a piedi:
- certo che i bimbi crescono - disse divertita
- e le loro menti anche - ribattei secca
- sono più che d'accordo - sorrise
ora eravamo una difronte all'altra, così vicine da permettermi di sentire i suoi respiri regolari mescolarsi ai miei. Mi accarezzò il braccio e ispezionò la mia pelle così attentamente da far sembrare la cosa molto inquietante. Poi, mi guardò negli occhi e mi sentii come se qualcuno mi stesse scandagliando l'anima; lo vedava, lo sentiva.. era per quello che si era svegliata.
- è stata dura sopportare tutto vero? - mi chiese piegando la testa di lato come per osservarmi da un'altra prospettiva
- posso farcela ancora - risposi sicura di me
- no, non puoi. sei arrivata al limite.. lascia che ti aiuti - la sua voce era gentile e le sue parole vere.. ma come potevo fidarmi?
- sai cosa è successo l'ultima volta? - la guardai dubbiosa
- giuro che non farò più cazzate - mi disse con lo sguardo tremendamente serio
- sento la tua aura, se uscissi non riusciresti a trattenerla - constatai 
- siamo cresciute, ho imparato in un sogno - disse cercando di convincermi
- e come faccio a sapere che non farai casini? - non sapevo davvero che fare
- perchè tutto ciò che ho fatto l'ho fatto per te - mi disse e insieme a queste parole riaffiorò quel ricordo nascosto da tempo: il nostro primo incontro.

*flashback*
 
Era una bella giornata, il sole splendeva sul cortile dove giocavamo dopo pranzo io e gli altri bambini dell'elementari. C'era un grande albero sul lato sinistro, era enorme e il suo tronco era "incorniciato" da un altro gradino di pietra nella parte più bassa come se fosse un vaso. Tutti si stavano radunando attorno a quell'albero, qualcuno aveva appeso una corda con un cappio penzolante e si apprestava a posizionarci il collo. Quella bambina ero io e quelli sarebbero dovuti essere i miei ultimi momenti prima dell' esecuzione, se così possiamo chiamarla. Il suicidio era diventato il mio obbiettivo, per quanto mi rendessi conto che a quell'età poteva risultare molto squallido. Finirla una volta per tutte. Volevo lasciare quello stupido mondo pieno di stupide persone a rendersi conto che era stata solo colpa loro. La mia mente era avvolta nel buio, aspettavo solo il segnale della mia "amica". Volevo che tutti fossero lì a guardare; che quei bimbi snob e viziati mi vedessero nei loro incubi peggiori e si sentissero in colpa per tutti il resto della loro miserabile esistenza. Il buio era totale, il lividi sulla pelle molti e la mia voglia di vivere assente. Avevo gli occhi chiusi, ma riuscivo a percepire la folla attorno a me che cresceva e cresceva, mancava poco. 
Poi nel buio vidi qualcosa, una macchia ancora più nera del buio stesso.
Mi concentrai su di essa cercando di capire cosa fosse e vidi una bambina proprio identica a me, ma con i capelli più scuri e le iridi leggermente rosse. Ora nel buio non ero più sola, c'era anche lei. Ma perchè proprio adesso? 
- chi sei? - le chiesi
- io mi chiamo Naga, ma chiamami come preferisci - rispose prendendomi la mano
- io mi chiamo Grazia! Ma quanti anni hai? Perchè siamo uguali? Cosa ci fai qui? - ero curiosa e non riuscivo a fermare il mare di domande che usciva dalla mia bocca come un fiume in piena
- ora non te lo dico dovrai aspettare! - mi fece la linguaccia
- ma io ora devo morire! Se non me lo dici subito come facciamo? - le spiegai
- se tu muori adesso io rimarrò sola! - cominciò a piangere 
sapevo cosa voleva dire essere soli.. non potevo lasciarla lì.. non sarei stata diversa da tutti quelli che odiavo.
Sentii il segnale e aprii gli occhi con l'immagine della bambina ancora nella mente. Mi guardai in giro e vidi che la maestra stava arrivando. Avrebbe passato grossi guai se fossi morta e non le conveniva. Alzai il piede e feci finta di fare il primo dei due passi che mi avrebbero portato via da quel mondo schifoso, la maestra si mise a correre urlando isterica. Chiusi gli occhi, la bambina stava ancora piangendo, aveva lasciato andare la mia mano ed era caduta in ginocchio.
Mi inginocchiai anch'io di fronte a lei prendendole la mano e le dissi - non ti lascerò sola - 
Lei mi guardò e sorrise - grazie! E io non ti abbandonerò mai - 
Una volta riaperti gli occhi la maestra era lì e mi aveva preso di peso per portarmi alla panchina e mettermi in punizione. Rimasi su quella panchina più a lungo del previsto e quando lei insistette dicendo che bastava così io le risposi che avevo trovato di meglio da fare. Quel giorno parlai a lungo con Naga e lei mi confidò che era nata per me; per salvarmi dalla morte dalla violenza. Da quel momento in poi mi aiutò a sopportare tutto e tutti, diventammo una la salvezza dell'altra. L'unica cosa che non amavo era il fatto che, a volte, non si limitasse a rimanere nella mia mente, ma prendesse possesso del mio corpo invertendo le nostre posizioni e lasciandomi per ore rinchiusa nella mia stessa mente. Lei lo faceva per proteggermi e per sfogarsi e io non mi lamentai mai, non potevo solo pretendere infondo.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Naga

Ero distesa su qualcosa di soffice, tutto intorno a me era buio.. che mi trovassi in qualche strano sogno? 
No.
Ero sdraiata su un letto e ripensandoci avevo semplicemente gli occhi chiusi. Mossi lentamente le dita delle mani per poi cominciare a ruotare il polso, fino a muovere l'intero braccio. Feci la stessa cosa con gli altri arti come un pilota che esegue con pazienza tutti i test necessari prima di decollare. Infine, aprii leggermente una palpebra, ma la chiusi subito di scatto a causa della forte luce accecante. Mi girai nella direzione opposta alla fonte di quel bagliore, che doveva essere una grande finestra, e aprii piano entrambi gli occhi. Ci vollero diversi minuti per abituarmi e gradualmente mi alzai dal letto. Dopo tanti anni passati dormendo non ero più abituata a quel mondo così abbagliante. Mi guardai in giro. Ero nella mia, o forse avrei dovuto dire sua, camera e avevo il pieno controllo del nostro corpo. Più me ne rendevo conto, più mi sentivo euforica ed elettrizzata. Dovevo aver toccato i tasti giusti con quei vecchi ricordi strappa lacrime e ora.. ora ero qui. L'avrei lasciata dentro finché non si fosse ripresa e non avesse accettato che senza di me non poteva farcela. Sì.. era la cosa migliore per entrambe. Io ero fresca dopo anni di sonno.. era venuto il momento che dormisse un po' anche lei. 
Cominciai ridere, ridere di gusto. Essere lì era.. accesi le casse e cominciai ad ascoltare a volume altissimo la playlist degli In This Moment. Tutti mi sembrava bello dalla canzone al semplice fatto di respirare. La prima canzone fu Adrenalize, l'avevo già sentita mille volte nella sua mente e dovevo ringraziare che avessimo gusti simili per quanto riguardava musica e vestiario.
Cominciai a cantarla ricordandomi tutto il testo alla perfezione. La voce della cantante era simile alla nostra e poi.. mi piaceva davvero tanto quella canzone.
Mi diressi verso il bagno con un temperino mal messo in mano.

Come a little bit closer before we begin
Lemme tell you how I want it
And exactly what I need
I'm here for one drug
I'm only here for one thing
So come on and tell me,
Can you fly like you're free
Cause I need to feel
Yeah, I need to say

Svitai del tutto la già instabile vite che teneva ferma la lametta e la disinfettai. 

I must confess,
I'm addicted to lust
Shove your kiss straight through my chest
I can't deny, I'd die without this
Make me feel like a God
Music, love and sex
Adrenalize me

Era già sporca di rosso scuro sulla parte più tagliente.  

I crave excess,
Turning wine into sweat dripping down my neck
I can't deny, I'd die without this
Make me feel like a God
Adrenaline and sex

La prossima strofa era quella che mi piaceva meno di tutta la canzone, così la saltai mentre tracciavo con gli occhi un disegno immaginario sul mio braccio. Una croce! Ecco cosa ci sarebbe stato bene. Alzai l'altra mano e appoggiai la lama sull'incavo del gomito, proprio in quel punto dove anche uno stupido sarebbe riuscito a vedere la grossa vena blu che lo attraversava sotto pelle. 

We have to live before we die
We were born to live before we die
Don't you wanna live before you die?
Let me see you live before you die
Right here, right now, adrenalize me [x3]
Right here, right now
I'm addicted to this

Due grossi tagli orizzontali e due verticali più lunghi. Nei punti in cui si univano formavano un quadrato i cui lati erano usciti miracolosamente tutti uguali. Quattro tagli netti, senza tremori o esitazioni, forse un po' troppo profondi. Il sague scendeva copioso.

I must confess,
I'm addicted to lust
Shove your kiss straight through my chest
I can't deny, I'd die without this
Make me feel like a God
Music, love and sex
Adrenalize me

Perchè a differenza della cantante io non ero dipendete dal sesso bensì da tutt’altro.

I crave excess,
Turning wine into sweat dripping down my neck
I can't deny, I'd die without this
Make me feel like a God
Adrenaline and sex

Questo era l'unico un modo per ricordare a entrambe che non ero solo un sogno pronto a svanire all'alba o un amico immaginario da buttare nel dimenticatoio.
Per far uscire anche se solo un poco la mia rabbia. Tutto quello che per anni avevamo represso. Questa era la mia ossessione: sangue.

Adrenalize me

Leccai il sangue sul braccio e lo succhiai dalla ferita. Quanto amavo il sangue, il suo poi.. sapeva di acqua, fragola e fuoco; li sentivi proprio in quell'ordine. Era il sangue più buono tra tutti quelli che avevo assaggiato nella mia vita. Se non avessimo condiviso il corpo probabilmente quella ragazza sarebbe già morta dissanguata, il suo sangue imbottigliato proprio come un vino pregiato e conservato in una cella frigorifera per le grandi occasioni. 
Indossai una maglietta a mezze maniche lasciando ben esposto il taglio, misi le cuffie e uscii a fare un giro.
La prossima canzone parlava di distruzione.. era proprio quello che avevo intenzione di fare.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Naga

Mentre uscivo di casa avevo preso un pacchetto di sigarette, dal cassetto dove lei li teneva nascosti, un accendino e una cosa simile a una maschera che mi copriva dal mento ad appena sotto gli occhi. Credo l'avesse presa a una di quelle fiere dei fumetti o dei videogiochi a cui le piaceva tanto andare, ma dovevo ammettere che non era affatto brutta. Era tutta nera con disegnate, in bianco, delle fauci mostruose enormi con denti ricurvi e aguzzi. Praticamente il mostro irreale a cui apparteneva quella bocca aveva solo canini di diversa grandezza e ben sedici denti per arcata. Mica male! 
Avrei fumato dopo, ora volevo indossarla. Camminare per il paese con quella addosso mi faceva sentire potente e imbattibile, più di prima almeno. Risi, ma le mie labbra tornarono a farsi serrate sotto la maschera al solo pensiero di lei. Le avevo detto che non avrei fatto casini e, se non avessi tenuto fede alla parola, avrei potuto perdere ogni credibilità e fiducia da parte sua. Non potevo permetterlo. Per quanto odiassi profondamente gli esseri umani, a parte alcune eccezioni che non consideravo come effettivi appartenenti a una così deplorevole specie, lei faceva parte della mia famiglia e io dovevo proteggerla. Sì, dovevo. 
Sbuffai, erano pensieri troppo smielati per me! Ora volevo il mio premietto.. Mi sarei divertita, giusto un pochino. Nessuno avrebbe mai saputo niente e tutto sarebbe andato liscio come l'olio.  
Girai per le vie in cerca di qualche preda per altri venti minuti, ma senza risultati. Fumai quattro sigarette e, quando stavo per accendermi la quinta, le vidi. Non potevo certo scegliere qualcuno a caso.. dovevo trovare gli umani giusti se volevo evitare di essere scoperta da lei. Una strage di massa in centro sarebbe stato troppo.. com'è che diceva.. eccentrico? egocentrico? non mi ricordavo.. non avevo prestato particolare attenzione alle sue lezioni di buone maniere.
Con la maschera sul volto mi avvicinai al gruppetto di tre ragazze, che avevano l'aria gradassa tipica degli umani che vengono definiti dagli altri esemplari della loro stessa razza come "bulletti". Il capo sembrava la ragazza bionda al centro e, molto casualmente, andai a sbattere proprio contro di lei mentre camminavo. Così facendo lei cadde rovinosamente a terra sotto il mio sguardo di sufficienza.

- Guarda dove cammini brutta idiota! - le urlai, con la voce grottesca che quella maschera conferiva, mentre "lanciavo frecce infuocate dagli occhi" alle sue amiche che la stavano aiutando a rialzarsi. 

- Ora leva il tuo culetto ossuto da lì! Devo passare feccia! - ripetei una volta che fu in piedi. 

- Tu non sai con chi stai parlando.. se mi chiedi pietà forse potrei risparmiarti schifosa emo - disse allungando il braccio per toccare il mio taglio. Aveva un sorrisetto che mi fece venir voglia di strapparle la faccia.. letteralmente. 

- Forse se tu che non sai con chi stai parlando - risposi secca afferrandole il polso poco prima che mi toccasse.

- Non dire che non ti avevo avvertito - si liberò dalla mia presa e fece un segno con la testa alle due ragazze che le erano vicine. 

- La cosa è reciproca - sorrisi e la guardai in modo provocatorio - Fatemi vedere che sapete fare schifosi scarti evolutivi - terminai la frase sputando per terra proprio davanti a lei mentre la guardavo negli occhi. 

Evitai con facilità il suo pugno diretto al mio naso: non era particolarmente forte. Anche le altre due tentarono di colpirmi invano.. illuse, loro erano anche peggio della biondina. Facile, troppo facile. Avremmo potuto chiudere qui la faccenda ma io volevo vedere la loro rabbia arrivare al culmine, sentire il loro odore, vederle concentrate, pronte, studiarle e poi distruggerle.
-  È tutto qui quello che sapete fare? Uno contro tre e non riuscite neanche a sfiorarmi? - dissi ridendo. Vedevo la sua faccia diventare rossa, si mordeva il labbro, voleva rimanere relativamente calma.. bhe io avevo piani diversi.
- A chi è che dovevo chiedere pietà? A un ammasso di vermi come voi? Codarde, deboli e stupide.. - teneva i pugni sempre più serrati, si potevano vedere chiaramente le nocche bianche in netto contrasto con il viso rosso fuoco.
- Siete degli insulti alla vita.. infatti non credo neanche la meritiate - il tono era diventato tagliente. Le diedi le spalle e cominciai a ridere mentre camminavo allontanandomi da loro.
La domanda adesso era: mi avrebbe lasciato andare via così o me l’avrebbe fatta pagare?
Dentro di me la incitavo: forza arrabbiati, colpiscimi, vieni avanti.. Poi non fu altro che qualche frazione di secondo. La intravidi balzare verso di me tentando di darmi un pugno alla testa e se non fosse stato per i miei riflessi, che mi avevano “suggerito” di fare un microscopico spostamento verso destra, forse ci sarebbe riuscita. Il suo pugno colpì l’aria proprio nello spazio sopra la mia spalla, ma mentre lei perdeva tempo ad affondare un “fendente” a vuoto io avevo girato la testa in modo da avere il suo viso a pochi centimetri dal mio. La guardai negli occhi e vidi la rabbia, ne assaporai l’odore.. menta.. vidi i suoi muscoli tesi, i lineamenti del suo viso esprimevano quanto le costasse lo sforzo che stava facendo.. non potevo resistere.
Mi avvicinai al suo orecchio e le sussurrai - GAME OVER -
Vidi le sue espressioni cambiare prima rabbia, poi incredulità, poi sgomento, poi.. paura.
Le diedi un pugno in pancia ben assestato e cadde piegata in due a terra. Una delle sue amiche, vista la situazione potenzialmente rischiosa, tirò fuori un taglierino ben affilato e abbastanza grosso da sembrare un coltello. Io non me lo feci ripetere due volte. Le stortai il polso e con un movimento fulmineo spinsi violentemente la testa della terza ragazza, che mi si era fiondata addosso, contro il muro. Quella cadde a terra senza più dare segni di vita, doveva essere svenuta. Guardai ridendo sadicamente entrambe le “bullette” rimaste coscienti e, senza preavviso, feci un taglio piuttosto profondo sul petto della bionda, che prese a sanguinare copiosamente. L’altra scappò incitata dall’amica a chiamare aiuto. Non avevo intenzione d’inseguirla anche se avrei potuto farlo, non ce n’era bisogno.
Mi chinai, in modo da avere di nuovo il viso a pochi centimetri da quello della ragazza sanguinate.
- Ti avevo avvertita o sbaglio? - le chiesi con aria falsamente seria
- S-sì.. ma ora lasciaci andare.. - non era arrabbiata, era spaventata. Quello non era un ordine, ma una supplica.
- Perché dovrei? Raccontereste tutto a qualcuno.. e poi io cosa ci guadagno? - giocavo con il taglierino mostrandomi palesemente annoiata
- N-non diremo n-niente a nessuno.. giuro! - certo che la disperazione umana poteva creare delle espressioni da fotografia..  ero sempre dell’idea di strapparle la faccia.
-  che noia, che noia, che noia.. adesso sta zitta e muori - presi lentamente la lama e la posizionai sul suo collo
- t-ti p-prego ferma! T-ti daremo t-tutto quello che v-vuoi e n-non diremo n-niente a n-nessuno! - odiavo la gente che balbettava, ma la cosa poteva diventare interessante.
- voglio il tuo sangue - questa era la mia ultima proposta.. e ci stavo anche rimettendo.
- c-cosa?!? - era ancora più spaventata di prima.
- accetti o no? - non avevo certo tempo da perdere io
- s-sì - rispose titubante, ma consapevole che quella sarebbe stata la sua unica chance di salvezza.
- bene allora ricordati il nostro patto, se lo infrangerai ti troverò e finirò ciò che qui ho lasciato in sospeso - detto questo feci sbattere la sua testa contro l’asfalto così da farle perdere i sensi. Poi, feci un taglio profondo sul polso e cominciai a bere. Non era buono, ma neanche così orribile come sapore: ottone, magnete e un retrogusto( molto retro e poco gusto ) dolce. Finita la “degustazione” staccai le labbra a malincuore e mi allontanai portando con me il taglierino.
Stava camminando quando nella mia mente un bagliore bianco scacciò tutti i miei pensieri.
-  Potevi proprio evitare - la solita voce cristallina che con me diventava sempre tagliente.
- Lei dorme ancora? - chiesi ignorando quello che mi aveva detto
- Sì, spera che non scopra quello che hai fatto.. di nuovo.. - quanto la odiavo
- anche se lo scoprisse io, in fondo, non ho fatto praticamente nulla e ora vedi di smetterla di stressarmi - chiusi il discorso facendole capire che non avevo intenzione di stare a discutere con lei
 - E comunque ben sveglia Ika - ora sarebbe stata guerra.

 La terza regina si era svegliata.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Appoggiai la stecca sul tappetino verde del biliardo e diedi una veloce occhiata alle palline. Ne rimanevano solo tre: peccato. Mi incamminai verso la grande sala circolare. Avevo sentito un forte rumore, come due corpi che si scontrano, ma non capivo da cosa fosse provocato. Le uniche sveglie eravamo io e Naga e si dava il caso che lei fosse fuori e io a riposo. Le mie gambe si muovevano da sole, mentre la mia mente era spinta dalla curiosità. Viaggiai con il pensiero fantasticando su cosa potesse essere successo, ma arrivai a una più che plausibile risposta quando non ero nenache a metà strada. 
Accellerai il passo ed entrai finalemente, superando quell'intricato labirinto di corridoi dove era così semplice perdersi per sempre. Una volta dentro confermai la mia ipotesi, quindi mi sedetti sul trono e osservai in silenzio. Al centro due ragazze uguali si fissavano con uno sguardo che sarebbe bastato a uccidere molti. Naga e Ika avevano una bellezza statuaria in quel momento, tanto che dovetti frenare il mio impulso di ritrarle in un disegno. Bianco e nero, gli opposti per eccellenza. Chi tutto assorbe e chi tutto riflette, attacco e difesa, morte e vita. Si poteva sentire la tensione intorno a loro e due potenti auree in forte contrasto rendevano l'atmosfera degna di un anime material arts. Il forte rumore doveva essere stato causato da un veloce botta e risposta tra le due. La situazione rimase in "stallo" per qualche altro minuto, finchè Ika si girò verso di me e mi venne incontro:

- ciao, hai le mani fredde - disse tenendomi per mano
- ciao, le ho sempre avute fredde.. non vedo la novità.. ti sei svegliata ora? - non capivo perchè si fosse soffermata su un dettaglio così insignificante 
- sì e ho trovato un caldo benvenuto - uno sguardo particolarmente eloquente a Naga mi diede un'altra conferma delle mie ipotesi 
- sono contenta che tu sia sveglia, essere lasciata sola con lei è distruttivo - scherzai per cercare di distendere, anche solo minimamente, l'atmosfera
- certo ma.. il tuo corpo.. devi riposare molto di più lo sai? potevi svegliarci prima.. sei così fredda da sembrare.. - glielo vidi negli occhi quello che non voleva dire; non perchè non avesse il coraggio, bensì perchè era preoccupata e non voleva che soffrissi. Le ero grata per tante cose, ma tra queste spiccava il suo, a volte strano, tatto. 
- morta - Naga finì la frase per lei. Ecco.. quella, invece, di tatto non ne aveva neanche un po'. Quando l'avevano distribuito probabilmente doveva essere a dissanguare persone con il conte Dracula. 

Ika la fulminò per l'ennesima volta con lo sguardo e tornò a sedersi sul suo trono. 
Rimasi a guardarla, non curante di quanto avevano appena detto. 
Era bella, ma non bella esteriormente.. bella davvero. 
Eravamo l'una la copia dell'altra ma, come per Naga, qualche particolare differente c'era. I suoi occhi avevano delle striature più chiare, come se l'iride fosse strappata in certi punti così che si vedesse la sclera. I capelli avevano delle ciocche bionde naturali che somigliavano molto ai "colpi di sole", cosa che a me succedeva solo d'estate. Inoltre il carattere, era completamente diverso. Era altruista, carismatica, elegante, aggraziata e per niente violenta.. tutto il contrario di me e Naga, che da quel punto di vista ci somigliavamo molto. Adorava il bianco puro e candido. Era la dama buona della situazione, lei portava vita. 
Detto questo, non era complicato capire che tra la Bianca e la Nera non correva buon sangue e, in effetti, così era sempre stato. Mai una volta si erano trovate d'accordo su qualcosa e adesso, che avevano ricominciato a litigare, sapevo che non sarebbe mancato molto al risveglio dell'ultima regina ancora dormiente. 
Perchè ognuno lì aveva compiti e titoli: Naga serviva la morte e rispettava la vita, Ika serviva la vita e rispettava la morte e la "mancante" serviva l'equilibrio. Era il compromesso vivente della situazione e la sua mancanza si sentiva, ma non sarei stata certo io a svegliarla. 
Canticchiando, cominciai a disegnare sul pavimento due bambole che danzavano sospese sulla mano di una bambina.

- Due principesse sulle punte danzano, candide e leggere nell'aria lor si librano. Dove la luce mai le porterà? Due principesse sulle punte danzano.. - e poi ricominciava e ancora e ancora. Sembrava quasi una cantilena.

Era un sogno vecchio, una storia chiusa in un sepolcro di smeraldo. Mi addormentai a terra mentre ancora mugugnavo le parole, ormai presa dalla stanchezza. L'ultima cosa che sentì furono delle mani forti e sicure che mi sdraiavano alla meglio sulla mia sedia di pietra, un'altro paio di mani gentili sistemarmi i capelli e accarezzarmi il viso e.. e.. un occhio che si spalancava.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Aprii l'armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi mentre la piastra si scaldava.
Mi guardai la pancia. Mangiavo sempre poco niente prima di uscire e cercavo di andare in bagno il più possibile per evitare il gonfiore. Se c'era una cosa a cui tenevo era mantenere il mio fisico perfetto dato che il mio viso era un totale disastro. Presa dall' "estro creativo" mi pesai e presi il metro da sarta che tenevo nel comodino.
Quando salii sulla bilancia, però, capii che era stata un'idea orribile: 53.4kg.
Ero in intimo, quindi non potevo accusare i vestiti del mio peso eccessivo. Reprimendo un grido di disperazione presi il metro e mi misurai; prima i fianchi, poi la vita e il seno.
Ispirai ed espirai un paio di volte prima di controllare quanti centimetri fossero, ma era tutto apposto. 90 cm giusti, giusti.. la prima era andata.
Salii di poco e avvolsi il metro attorno alla vita, ansia. Guardai: 64 cm. Dramma. Potevo capire un centimentro o due, ma quattro.. Ingoiai l'amaro boccone e continuai salire.
Il seno di solito era la parte più traumatica di tutte, perchè ero perfettamente consapevole che non sarei arrivata al numero tanto desiderato, ma la speranza è sempre l'ultima a morire giusto? Guardai il metro: 85 cm.
Mi guardai rassegnata.
Non che me ne fregasse qualcosa del pensiero altrui, io volevo che il mio fisico fosse perfetto. Era una mia scelta, forse una delle poche cose di cui ero sicura nella mia vita. Il viso non lo potevo salvare, le lauree in chirugia estetica non cadevano dal cielo così per caso, i capelli forse potevano essere tinti, ma il corpo era nato per essere qualcosa di invidiabile e lo sarebbe stato. 
Mi piastrai i capelli alla velocità della luce intanto che esploravo il mio armadio mentalmente.
Cosa metto? Ero in ritardo.
Cosa metto? Cominciai a rimpire la solita borsa di pelle nera sperando nell'illuminazione divina.
Cosa metto? Lampadina: accesa.
Tolsi il reggiseno in fretta e in furia mentre litigavo con la cerniera laterale del corsetto nero stando attenta a non toccare il pizzo. Una volta riuscita nell'impresa mi accorsi che i pantaloni che avevo indossato prima per evitare di andare in giro di casa in mutande andavano perfettamente bene. Sistemai una delle stecche che mi dava fastidio al fianco, mi sarei truccata in macchina. Non avevo più tempo, la mia amica era già lì fuori.
Controllai che le chiavi fossero in borsa e che tutto fosse chiuso, quindi mi fiondai verso l'uscita pregando di non aver dimenticato il portafoglio.
Le scarpe non le scelsi, chiusi gli occhi sul milione di scatole piene di tacchi, zeppe e quant'altro e indossai il primo paio che toccai. Erano delle decollete classiche nere in pelle, rese straordinariamente comode dal plateau. Ringraziai la mia mano e, indossato il giubbino in pelle, uscii.
Per quanto dovessi ammettere di avere problemi con le persone e i posti che l'umanità frequentava il sabato sera era la mia unica serata di sfogo e quando ero presa da questo bisogno le mie paure si facevano da parte. Quasi mi incoraggiavano dicendo che tanto chi doveva guardare una come me, non c'era il minimo pericolo.
Questo accadeva solo quando ero con i miei amici o in posti dove nessuno mi conosceva o con persone che non avrei visto mai più o quando vedevo qualcuno che aveva bisogno di essere protetto o qualcuno che conosceva paura e dolore come me e altre cose simili. Purtroppo la classe non rientrava in queste e solo a pensare agli sguardi dei miei compagni mi veniva la nausea.
 Il fatto che mi venisse la nausea mentre mi mettevo il rossetto però era contro producente al massimo quindi cercai di non pensarci. Tra i miei amici, che in realtà consideravo la mia vera famiglia, ero abbastanza nota per le mie camminata su tacchi alti, per i vestiti non esattamente.. puritani o convenzionali e altro. Quando scesi dall'auto anche il resto del mondo si accorse di questi due piccoli tratti della mia personalità, che tanto Naga amava.
E accadde esattamente nel momento in cui lasciai scivolare il giubbotto di pelle dalla spalle in modo che mi coprisse solo la parte bassa della schiena e l'avambraccio. Infilai il telefono in tasca mi diressi verso il bancone del bar mentre la musica metal delle mie cuffie lasciava posto a quella della discoteca in cui mi avevano portato. Adesso il giubbotto era sparito del tutto, l'avevo lanciato a un mio amico insieme alla borsa. Erano arrivati prima di noi ed erano già in fila per il guardaroba quindi, se ne sarebbero occupati loro.
Li aspettammo davanti al bancone del bar mentre muovevamo le gambe a ritmo, per così dire, ascoltando la musica. Avevo bisogno di bere, tanto bisogno. 
Una volta arrivati tutti ordinammo, io ero sempre l'ultima se il barista era un uomo perchè ero abbastanza brava a farmi regalare sconti o cocktails fatti "solo per me". Dicono: se hai un dote sfruttala. 
Il primo bicchiere non mi diede problemi, il secondo neanche, il terzo forse un pochino, il quarto era il mio "intruglio" preferito: Daiquiri. I soldi erano finiti. Fumai circa dieci sigarette e in poco tempo mi accorsi di non averne altre. La mente era annebbiata, perfetto. Avevo bisgno di dimenticare della mia fantastica esistenza per una serata e divertirmi, forse più che divertimi distrarmi.. insomma quello che era.. 
Non so che malcapitato mi regalò un pacchetto di sigarette pieno perfettamente nuovo, ancora sigillato. Ne fumai metà mentre qualcun'altro mi affriva altri due bicchieri, troppo pieni problbilmente, di rum liscio. Ora non capivo più nulla davvero, bellissimo.
Andai in centro alla folla che ballava e sentii quasi subito delle mani sui fianchi, quanti morti di fame (per non dire altro) c'erano in giro.. lo vidi con la coda dell'occhio, non era bello, proprio no.. ma io facevo sempre così. Tentò di baciarmi e io non opposi resisenza, la mia bocca andava a scoppio ritardato. Il mio corpo doveva capire che dovevo muovere labbra e lingua ci voleva un paio di scarti per frglielo capire. Da lì in poi, funzionavo alla perfezone. Il quarto ragazzo era carino. Era qualche centimetro più alto di me e, considerando il tacco da 13 cm che indossavo, non era poco. Aveva un viso accettabile e muscoli erano ben evidenti sotto la maglietta. Mi piaceva, poteva andare. 
Con lui fu il primo vero bacio della serata, finimmo sui divanetti ai lati del locale, avevo ricoperto la sua schiena di graffi e le labbra quasi sanguinavano,, doveva fargli male, ma non sembrava dispiacergli. 
Una cosa che amavo dell'alcol è che ti fa dimenticare nel vero senso della parola, il giorno dopo non riuscivo a ricordare cosa fosse successo dopo se non per piccoli inutili sprazzi. La mia mente amava resettare e, per una volta, non potevo biasimarla. 

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