A volte bisogna saper perdere per sapere che si è vinto

di Lux_daisy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1-Una scommessa sfortunata ***
Capitolo 2: *** #2-Appuntamento ***
Capitolo 3: *** #3-Al Luna Park ***
Capitolo 4: *** #4-L’unica cosa sicura della fortuna è che essa cambierà ***
Capitolo 5: *** #5-A nessuno la fortuna pare tanto cieca quanto a coloro che non ne sono beneficiati ***
Capitolo 6: *** #6-La fortuna guida dentro il porto anche navi senza pilota ***
Capitolo 7: *** #7-Il destino mescola le carte e noi giochiamo ***
Capitolo 8: *** #8-La fortuna ama le persone non troppo sensate ***
Capitolo 9: *** #9-L’amore è come la fortuna: non gli piace che gli si corra dietro. ***
Capitolo 10: *** #10-Se non ti aspetti l'imprevisto, non lo incontrerai ***



Capitolo 1
*** #1-Una scommessa sfortunata ***


Ciaossu a tutti <3 eccomi tornata con una 8059 - non so neanch'io perchè, ma mi andava u.u beh, forse il fatto di essermi arenata con la mia XS mi ha spinto a pubblicare questa storia che avevo iniziato a scrivere quest'estate... non so che fine farà e non so se sarò in grado di portarla a termine, ma intanto ho deciso di iniziare a postarla per testare i gusti del pubblico :3
buona lettura e ci ritroviamo alla fine ;)


 

Una scommessa sfortunata



Il fastidio dei muscoli indolenziti dopo un intenso allenamento, il respiro affannato, persino il sentire la divisa incollata alla pelle a causa del sudore erano per Yamamoto sensazioni a cui non avrebbe mai rinunciato. Gli davano la piacevole consapevolezza di aver fatto del suo meglio per la squadra e gli mettevano la coscienza apposto. Per questo i momenti trascorsi giocando a baseball erano i suoi preferiti in assoluto: la mente si svuotava, il corpo agiva da solo, come se non avesse fatto altro in tutta la vita. Anche quando combatteva con la spada si sentiva allo stesso modo, ma il suo baseball era di sicuro più divertente e soprattutto non era costretto a fare del male a qualcuno. Quel giorno però qualcosa era andata diversamente.
<< Ehi, Yama-kun! >>. Il moro si voltò verso Tamamura-senpai, il suo capitano e lo raggiunse in pochi passi. Il ragazzo, alto quanto lui e con corti capelli rossicci, gli mise una mano sulla spalla, sorridendo divertito. << L’allenamento è finito e tu hai perso la scommessa, Ya-ma-kun  >>.
Sembrava trovare la faccenda molto divertente e Yamamoto si costrinse ad abbozzare un sorriso. Sicuro di sé, aveva ingenuamente accettato una scommessa proposta dal senpai: riuscire ad eseguire venti home-run di fila senza sbagliarne uno prima della fine delle attività del club di quel pomeriggio. Era riuscito a farne diciotto, ma a quel punto la spalla, ancora dolorante per via della ferita riportata nell’ultimo scontro, gli aveva mandato una fitta lancinante che aveva attraversato tutto il braccio, facendogli sbagliare la 19esima battuta, con la conseguente perdita della scommessa. Sapeva che adesso avrebbe dovuto mantenere fede alla parola data e, visto che non avevano scommesso soldi o oggetti di valore, spettava al capitano e agli altri senpai scegliere il “pagamento” per la sconfitta.
<< Ehi, ragazzi, venite qua! >>. Senza liberare il moro dalla sua presa, Tamamura chiamò gli altri membri della squadra, quasi tutti senpai di Yamamoto, a eccezione di due che erano del suo stesso anno. << Dobbiamo decidere la punizione di Yama-kun >> annunciò gongolante, guardando uno per uno i suoi compagni.
<< Cosa potremmo fargli fare? >> chiese uno allegro.
<< Qualcosa di imbarazzante! >> propose un altro, ghignando.
<< Sì, sì >> convennero gli altri in coro.
<< Ehm, ragazzi… >> provò a dire Yamamoto, ma venne fermato dal capitano, che continuava a sorridere divertito.
<< Eh, no, no, Yama-kun >> disse, scuotendo la testa con fare teatrale, << hai accettato la scommessa e con essa le conseguenze. Non puoi rifiutarti >>.
Takeshi sospirò sconsolato: non aveva vie d’uscite. Forse quella era la punizione per essere stato tanto arrogante da pensare di vincere la scommessa, pensò. Fu proprio in quell’istante che una voce fin troppo familiare lo fece voltare.
<< Ehi, idiota del baseball! Ne hai ancora per molto? >>. Si trovavano ancora sul campo, le divise sporche addosso e da quella posizione potevano vedere chiaramente – tale era la vicinanza – la cancellata d’ingresso. E proprio lì, con indosso un jeans nero ornato dalle solite cinture e catene, una maglietta bianca con un grosso teschio sul davanti e un giubbotto rosso di sopra, Gokudera fissava Yamamoto con la solita aria scocciata.
<< Ciao Gokudera! >> lo salutò il moro con un sorriso, facendogli un cenno con la mano.
<< Ciao un corno! >> replicò l’altro, buttando la cicca della sigaretta per terra, << ti ricordo che abbiamo da fare, quindi non stare lì a perdere tempo con gli altri idioti del baseball! >>.
I ragazzi della squadra si risentirono e lo guardarono con malcelato fastidio, ma la fama di Gokudera li fece desistere dall’attaccar briga con lui.
<< Hai ragione. Il tempo di farmi una doccia e arrivo >> rispose Yamamoto, sapendo quanto l’italiano odiasse aspettare.
<< Sarà meglio per te o andrò avanti da solo >> dichiarò gelido Gokudera, per poi allontanarsi.
Takeshi stava per liberarsi dalla presa di Tamamura, quando quello avvicinò il viso al suo e con un sorriso sornione disse: << Dove ve ne andate di bello, tu e il teppista? >>.
<< Abbiamo appuntamento a casa di Sawada >> spiegò sincero, evitando di commentare il fatto che non gli piaceva il modo in cui aveva chiamato Hayato.
Avevano deciso di vedersi a casa di Tsuna e Yamamoto era riuscito a convincere Gokudera, grazie all’intercessione del piccoletto, ad aspettarlo alla fine degli allenamenti per fare la strada insieme. Se l’avesse fatto attendere troppo, avrebbe dato all’altro un motivo per odiarlo ancora di più ed era l’ultima cosa che Yamamoto desiderava.
<< Ah già, Dame-Tsuna. Voi tre siete sempre insieme, eh? >> continuò il senpai, senza muoversi di un solo centimetro dalla sua posizione. Nella sua mente stava già prendendo forma il “pagamento” che il suo kohai avrebbe dovuto portare a termine.
<< Sono miei amici >> dichiarò risoluto il moro, per quanto fosse abbastanza convinto che Gokudera non lo vedesse affatto come un amico.
<< Ma tu e il teppista non sembrate andare molto d’accordo >> gli fece notare il rosso, come a leggergli nel pensiero, << sicuro di essere suo amico? >>.
Yamamoto sgranò gli occhi per un secondo e non seppe come rispondere, così si limitò a ridere nervosamente e a dire: << Gokudera ha un carattere un po’ difficile, ma è un bravo ragazzo. Anche se può fare paura qualche volta… >>.
<< Mmh >> mugugnò Tamamura e si fece riflessivo per alcuni secondi, finché, scuotendo energicamente il moro per la spalla, esclamò allegro: << Ci sono! Ho appena deciso la tua punizione per aver perso la scommessa! >>.
Gli altri ragazzi si misero in ascolto curiosi, come i soldati che attendono gli ordini del loro comandante. Takeshi ebbe d’un tratto un brutto presentimento e le parole che uscirono dalla bocca del senpai lo confermarono orribilmente.
<< Caro Yama-kun >> iniziò quello con un ghigno, << dovrai chiedere un appuntamento a Gokudera, portarlo in un posto carino, uno di quelli dove di solito vanno le coppiette, tipo al karaoke o al luna park e, cosa più importante dovrai portarci delle foto come prova. Ah, e non provare a fare il furbo raccontandogli della scommessa: devi fargli credere che sia tutto vero. Mi sono spiegato? >>.
Takeshi non fu il solo a rimanere sconvolto per quelle parole; anche i volti degli altri membri della squadra si fecero perplessi e confusi.
<< Tamamura-san, non ti sembra un po’ troppo? >> domandò uno di loro, dando voce ai pensieri di tutti, << insomma, non si tratta neanche di una ragazza… >>.
Il rosso lanciò un’occhiataccia al tipo che aveva parlato, per poi riportare l’attenzione su Yamamoto, il cui volto era l’incarnazione dell’incredulità. << Hai fatto una scommessa con me e me soltanto, Yama-kun e hai dato la tua parola che avresti accettato le conseguenze se avessi perso. Hai perso e io ti ho appena esposto le condizioni del pagamento. Sei forse il tipo di persona che non tiene fede alle promesse fatte? >>.
Il moro lo fissò ancora scioccato e nel notare la sua espressione seria, dove ogni traccia di ghigno o sorriso era sparita, sentì il cuore scendergli fino alle ginocchia. Non riusciva a credere che il suo senpai gli avesse appena chiesto di fare una cosa simile. Avrebbe preferito di gran lunga correre nudo per tutta la scuola, beccandosi pure la punizione di Hibari piuttosto che dover fare quello.
<< Hai tre giorni di tempo per portare a termine il compito. Se non lo farai, potrei anche decidere che non sei più idoneo a frequentare il club di baseball >> lo avvertì poi il capitano, lasciandolo finalmente andare e allontanandosi di qualche passo.
I volti degli altri si fecero indignati di fronte a un simile comportamento e qualcuno stava pure per dire la sua, quando Tamamura annunciò la fine dell’allenamento e si diresse verso le docce, lasciando tutti senza parole. Senza sapere cos’altro fare o dire, i ragazzi tornarono allo spogliatoio. Del resto, era una regola non scritta, ma assodata quella che affermava che bisognava sempre dare ascolto a un senpai quando questi diceva di fare qualcosa. Ma si doveva farla valere anche in una situazione simile?

Perché? Perché è andato a finire tutto così? Era solo una stupida scommessa! Io… io non posso fare una cosa del genere… Gokudera… non posso fargli questo… non a lui…
Takeshi rimase lì, immobile, le spalle chine, la mazza impugnata debolmente che toccava terra e gli occhi fissi nel vuoto. Solo dopo un tempo che gli sembrò un’eternità si riscosse e si trascinò verso gli spogliatoi. Dopo essersi fatto una doccia veloce ed essersi vestito, uscì di fretta dal campo sapendo che Hayato lo stava ancora aspettando. Nella mente gli risuonavano ancora le parole del capitano: lo avrebbe davvero buttato fuori dalla squadra se si fosse rifiutato di fare quello che gli era stato chiesto? Era vero che avevano un allenatore, ma Tamamura gestiva il club come se fosse lui il capo e il coach teneva in grandissima considerazioni le sue opinioni, tanto che il 99% delle volte lasciava che il rosso mettesse in atto le sue decisioni. C’erano enormi possibilità che, se si fosse messo in testa di mandarlo via, Yamamoto non avrebbe potuto fare niente per impedirglielo, nonostante i suoi successi in campo.
Ma era davvero in grado di compiere un simile gesto, per di più nei confronti di Gokudera? Come minimo, si sarebbe beccato tutti i candelotti di dinamite che il Guardiano della Tempesta fosse stato in grado di lanciargli. Cosa doveva fare? Provare a far cambiare idea a Tamamura era fuori discussione: quando si metteva in testa qualcosa, sapeva essere più testardo e orgoglioso di Gokudera.
L’unica speranza era escogitare un piano che gli permettesse di “pagare” la scommessa senza ferire l’altro.
Una volta deciso questo, con un sorriso si affrettò per raggiungere Hayato, che lo stava ancora aspettando fuori dalla scuola. Non avrebbe permesso a nessuno, neppure al suo senpai, di rovinare il rapporto, già di per sé precario, tra lui e Gokudera.
<< Ce ne hai messo di tempo, idiota del baseball! >> lo rimproverò quello non appena lo vide, << stavo quasi per andarmene >>.
<< Scusa, scusa, scusa! >> esclamò Yamamoto, congiungendo le mani davanti al volto, << c’è stato un piccolo problema >>.
L’altro inarcò un sopracciglio e sbuffò. << Come se mi importasse dei tuoi problemi. Sbrigati, piuttosto, invece di stare là come uno stoccafisso! Non voglio far aspettare il Decimo >>. Detto questo, si incamminò a passo sostenuto e il moro fu costretto ad affrettarsi per affiancarglisi. Doveva trovare al più presto una soluzione.



Precisazioni dovute: #1 non capisco niente di baseball, quindi non so se una cosa come 20 home-run di fila sia possibile o comunque verosimile, ma facciamo finta che lo sia u.u
#2 nuovo personaggio, Tamamura: posso dire che è il motore della storia e che ovviamente tornerà più volte, spero solo che non lo odiate, anke se è un tipo bello arrogante ^^
la trama di questa storia credo mi sia ispirata da qualche manga yaoi che ho letto, ma non ne sono sicura X) comunque il prossimo capitolo chiarirà un pò di cose ;)
concludo dicendo che purtroppo - causa impegni uni - non so come, quando e se potrò adempiere agli aggiornamenti... T.T è probabile che i tempi siano lunghi, ma mi auguro che questa storia vi appassioni <3 più avanti sarà avvicente - spero :3
come sempre, i commenti, anche solo poche righe, sono super-super gradite :D un bacione a tutti!


 

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Capitolo 2
*** #2-Appuntamento ***


Appuntamento




 
<< Mi stai prendendo in giro? >>. La faccia di Gokudera avrebbe potuto essere paragonata al famoso quadro “L’urlo di Munch”, mentre a occhi e bocca sbarrati fissava Yamamoto in piedi davanti a lui.
Dopo aver trascorso il pomeriggio a casa di Tsuna, i due Guardiani si erano incamminati verso le rispettive case, ma Takeshi aveva fatto fermare l’altro in una tranquilla stradina, dicendogli di dovergli parlare di una cosa importante. Già il fatto che dalla bocca del moro fossero uscite le parole “parlare” e “importante” aveva lasciato Gokudera palesemente perplesso e infastidito, ma a questo si aggiunse la decisamente strana serietà fuori luogo con cui si era espresso. Il bombarolo non riusciva davvero ad immaginarsi cosa Yamamoto potesse volergli dire di tanto importante da dovergliene parlare addirittura in privato e, nei secondi che trascorsero prima che l’altro parlasse, nella sua mente passarono diverse ipotesi, una più assurda dell’altra in effetti, tipo quella che il Guardiano della Pioggia volesse sfidarlo apertamente per il ruolo di braccio destro del Decimo.
Ma ciò che venne fuori dalle labbra di Takeshi lasciò Gokudera stordito e confuso per lunghi secondi.
<< Non puoi chiedermi davvero questo, stupido idiota del baseball! Ti sembro il tipo di persona che fa certe cose? >> sbraitò Hayato, sollevando un pugno in aria e fissando l’altro in cagnesco. “Ha per caso ricevuto una palla in testa che ha ucciso quei pochi neuroni che gli restavano?”

Yamamoto si sforzò di sorridere, ma venne fuori qualcosa più simile ad una buffa smorfia. “Sapevo che avrebbe risposto così, ma non posso lasciarlo vincere; non stavolta. Dovrà accettare la mia proposta”. << E dai, Gokudera, non ti ho mai chiesto un favore prima d’ora! È solo un appuntamento! Non dovrai fare niente di particolare… >> insistette il moro, congiungendo le mani in segno di preghiera.

Hayato gli lanciò un’occhiataccia con la quale avrebbe sperato di incenerirlo sul posto, ma per sua sfortuna non funzionò e si ritrovò costretto a fissare l’espressione quasi patetica dell’altro, mentre nella sua testa si chiedeva cosa avesse fatto di male nella vita per dover sopportare un tale folle idiota.
<< Non ho intenzione di andare a nessun appuntamento, soprattutto per fare un favore a te! >> replicò rabbioso. Si accese una sigaretta e se la portò alla bocca, aspirando un lungo tiro.
<< Potrebbe essere divertente. Non puoi saperlo se non ci provi >> continuò Yamamoto.
Per tutta risposta Gokudera sbuffò sarcastico. << Divertente? Cosa potrebbe mai esserci di divertente nell’uscire con te? >>.
Takeshi si paralizzò per un istante, ma poi si ricordò della bugia che era stato costretto a raccontargli. << Beh, con me e con due ragazze. Sarà un appuntamento a quattro! >>.
<< Un dettaglio irrilevante. Che poi, si può sapere che c’entro io? >>.
Questa volta fu il turno del moro di sbuffare. << Te l’ho detto, no? La ragazza a cui ho chiesto di uscire ha accettato solo a condizione che io porti qualcuno per la sua amica >>. Yamamoto odiava le bugie e ancora di più odiava doverle raccontare ai suoi amici, ma quella era l’unica idea che gli era venuta in mente. Aveva già ideato un piano e tutto sarebbe filato liscio se Gokudera non fosse stato… beh, Gokudera.
<< Questo già dimostra che la tipa con cui vuoi uscire è un’idiota >> gli fece notare l’altro, dopo aver aspirato un altro tiro, << e poi perché proprio io? Perché non hai chiesto a quell’esaltato di Sasagawa? >>.

Era una domanda legittima, ma Takeshi non poteva rispondere. << Nessun motivo in particolare. Ho solo pensato a te >>. La frase risuonò strana alle sue stesse orecchie e infatti Gokudera lo fissò come se fosse completamente impazzito. Di sicuro era quello che pensava.
<< Beh la prossima volta pensa a qualcun altro. Io non voglio saperne niente >> dichiarò risoluto. Buttò la cicca a terra e la schiacciò col piede per poi voltarsi; fece per andarsene, ma venne fermato dalla mano di Yamamoto che gli strinse il polso.
<< Se mi fai questo favore, farò tutto quello che vuoi in cambio >>. A quelle parole Hayato si voltò e lo fissò incredulo. Era davvero così importante per lui uscire con questa ragazza, chiunque essa fosse?
Strattonò il braccio per liberarsi dalla presa. << Qualsiasi cosa? >> gli chiese conferma. Se le cose stavano davvero così, si sarebbe fatto venire in mente un paio di punizioni per convincere Yamamoto a non chiedergli mai più niente per il resto della sua vita.
<< Qualsiasi >> rispose serio l’altro, fissandolo dritto negli occhi.
L’idea di poter far fare qualcosa di imbarazzante e umiliante all’idiota del baseball fu davvero troppo forte per rifiutare, così finse un sospiro rassegnato e disse: << Va bene, ma ricordati che qualunque cosa ti chiederò di fare in cambio, non potrai rifiutarti >>.
Il viso dell’altro si aprì in uno dei suoi soliti sorrisi a trentadue denti. << Grazie! >> esclamò allegro e per un momento provò il forte impulso di abbracciarlo, ma si trattenne. Non poteva rovinare tutto proprio ora che aveva ottenuto un “sì” da Gokudera. << Allora ci vediamo domani alle cinque >> continuò il moro.
<< Sì, sì, smettila di gongolare e di sorridere come l’idiota che sei >> replicò l’altro stizzito, << non l’ho fatto per te: ho i miei buoni motivi >>. “E di sicuro il dolce gusto della vendetta è un ottimo motivo” concluse nella sua mente, già pregustando il momento in cui si sarebbe divertito a spese di Yamamoto. Sarebbe stato un piacevole passatempo.
 
 
 
“Il luna park… che scelta banale” pensò Gokudera mentre osservava l’insegna luminosa del parco giochi di Namimori e le persona in fila per fare il biglietto; c’erano famiglie con bambini, coppie di tutte le età e amici in gruppo, tutti allegri e sorridenti.
L’orologio segnava le 16:45. Alla fine Hayato era arrivato con un quarto d’ora d’anticipo.
Si portò una sigaretta alle labbra e l’accese, aspirando a fondo il primo tiro. Buttò fuori il fumo e l’osservò disperdersi nell’aria in minuscole nuvolette che scomparvero quasi subito.
“Che cavolo, ora mi tocca pure aspettare l’idiota del baseball!”. Non avendo niente di particolare da fare, aveva iniziato a prepararsi con calma, ma non essendo una ragazza, si era ritrovato lavato e vestito in dieci minuti. Aveva anche camminato a passo volutamente lento, prendendo la strada più lunga, ma era comunque riuscito ad arrivare prima di quanto avrebbe voluto.

Per tutto il tempo aveva continuato a chiedersi come fosse finito in una situazione del genere e si era anche domandato se il desiderio di rivalsa su Yamamoto fosse sufficiente per costringerlo a passare un pomeriggio con l’idiota del baseball e due ragazze che non conosceva e neanche voleva farlo.
Che poi, da quando Mr. Sorriso era interessato al gentil sesso? Era vero, entrambi erano popolari con le ragazze della scuola: lo dimostravano le dozzine scatole di cioccolatini ricevuti a San Valentino e le dichiarazioni fatte da ragazzette tremanti, ma nessuno dei due aveva mai risposto positivamente. Gokudera per il semplice fatto che il suo unico interesse era diventare il perfetto braccio destro per il Decimo: non aveva né tempo né desiderio per altre cose, incluse le ragazze. E Yamamoto probabilmente, a parte il baseball, non era in grado di pensare a nient’altro: o almeno era quello di cui il bombarolo era sempre stato convinto, ma adesso non sapeva bene cosa pensare. Era stato addirittura lui a chiedere ad una ragazza di uscire! La cosa non poteva non lasciarlo perplesso e confuso. Chi poteva essere quella che era riuscita a conquistare Yamamoto?

“Di sicuro una senza cervello” si rispose convinto, gettando a terra la cicca di sigaretta. Guardò nuovamente l’orologio: segnava le cinque meno dieci e Gokudera era già stufo di aspettare. Si sedette su una panchina vicina, buttò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.

Appena li riaprì, la prima cosa che vide fu un sorriso fin troppo familiare, seguito da un paio di occhi castani che lo fissavano allegri. “Troppo vicino!” pensò Hayato, notando che l’altro aveva abbassato il busto verso di lui.
<< Ehilà, Gokudera! >> lo salutò il moro, sollevandosi un po’, << è da molto che aspetti? >>. Indossava un paio di jeans chiari, una polo bianca e un giubbotto nero sportivo che ben si intonava ai capelli e alle scarpe. Osservandolo nell’insieme, aveva un look semplice che però su di lui sembrava diventare speciale.
Il Guardiano della Tempesta si riscosse dalla sorpresa e gli lanciò un’occhiataccia gelida. << Sono solo arrivato un po’ prima >>.
<< Ah, bene. Oggi è proprio una bella giornata! >> esclamò continuando a sorridere.
<< E questo che cavolo c’entra adesso? >> sbottò Gokudera, alzandosi in piedi. Se c’era una cosa che odiava erano le frasi e i commenti buttati lì a caso solo per fare conversazione.
Ormai abituato alle risposte dell’amico, Takeshi non lasciò che il sorriso abbandonasse il suo volto . << Niente. Era tanto per dire >>.
<< Già, immaginavo… piuttosto, dove sono le due scocciature? >>.
<< Scocciature? >> gli chiese l’altro perplesso. Poi, capito di cosa stesse parlando, riprese a sorridere. << Dovrebbero essere qui a momenti >>.
Il bombarolo sbuffò scocciato. << Meglio così. Prima inizia questa pagliacciata, prima me ne potrò tornare a casa >>.
Yamamoto annuì, ma una parte di lui si sentì tremendamente in colpa per quello che stava facendo. Ci aveva rimuginato su dal giorno prima, continuando a ripetersi che lo faceva per non ferire Gokudera e, anche se era vero, non era l’unico motivo. La verità era che non voleva farsi odiare da lui. Sapeva già di non stargli particolarmente simpatico, ma erano comunque riusciti a stabilire una sorta di strano rapporto e, nonostante tutto, Takeshi era felice di poter stare al fianco di Hayato. Per questo aveva deciso di mettere in atto un piano che gli avrebbe consentito di risolvere la situazione senza creare problemi a nessuno.

Dopo una decina di minuti d’attesa, durante i quali Gokudera non aveva fatto niente per nascondere la sua irritazione, Yamamoto schiacciò un paio di pulsanti del cellulare che teneva nella tasca dei jeans e finse di aver ricevuto un’e-mail. Vide l’altro inarcare un sopracciglio e fissarlo curioso, mentre lui osservava lo schermo del telefonino, atteggiandosi in un’espressione contrita.
<< Che succede? >> volle sapere il bombarolo, ormai al limite della sua decisamente poca pazienza.
Il moro sollevò lo sguardo dispiaciuto e lo puntò su Gokudera. << Beh, ecco… non ti arrabbiare, ma le ragazze ci hanno appena dato buca >>.
<< Cosa?! >> sbraitò quello, che ormai la pazienza l’aveva persa tutta, << mi prendi in giro? >>.
<< Dice che ha avuto un problema improvviso in famiglia e dato che non può venire, la sua amica non se la sente di venire da sola. È molto dispiaciuta, ma purtroppo sembra essere una faccenda seria >> mentì Yamamoto, fingendo un pari dispiacere che in realtà non possedeva.
<< Non ci posso credere! Dopo che sono venuto fin qua e ho anche dovuto aspettare! >> continuò Gokudera, sempre più arrabbiato.
<< Su, su, calmati >> provò a dire il moro, sorridendo come al suo solito.

L’occhiataccia gelida che l’altro gli riservò avrebbe probabilmente fatto scappare chiunque altro, ma Takeshi lo conosceva abbastanza bene da sapere che non era davvero così pericoloso come voleva far credere. O almeno era quello che sperava.
Gokudera sbuffò irritato, ma si sforzò di calmarsi e fece un respiro profondo. << Mhpf, visto come stanno le cose, me ne torno a casa >>.
<< Aspetta! >> lo dovette fermare il moro, dato che aveva già cominciato a muoversi, << visto che siamo qua che ne dici se andiamo lo stesso al luna park? >>.

Il bombarolo si fermò e lo guardò come se avesse appena proposto di buttarsi da un aereo senza paracadute. << Perché diavolo dovrei fare una cosa del genere? Insieme a te, poi? >>.
Yamamoto provò a fare il sorriso più convincente di cui era capace. << Beh, è una bella giornata e sarebbe un peccato sprecarla stando chiusi in casa, no? Possiamo provare qualche attrazione e mangiare qualcosa. Ci divertiremo, dai! >>.

Gokudera lo fissò in silenzio per lunghi secondi, chiedendosi quante botte in testa l’altro avesse ricevuto da piccolo. Era forse caduto troppe volte dal seggiolone? Sarebbe stata una spiegazione logica alla sua totale mancanza di razionalità e buon senso. Gli aveva appena proposto di trascorrere del tempo insieme al luna park, solo loro due?
<< Su, non farti pregare! >> insistette il moro e, dopo avergli afferrato il polso, iniziò a trascinare Gokudera verso l’ingresso del parco giochi, neanche fossero stati una mamma con suo figlio.
<< Che diavolo stai facendo, idiota del baseball? Mollami! >> strepitò, provando a liberarsi della presa del moro. Il rendersi conto di non essere abbastanza forte non fece altro che accentuare la sua rabbia.
<< Lasciami andare! >> gridò e lo fece tanto forte che alcuni passanti si voltarono nella loro direzione. Imbarazzato, Yamamoto si fermò e abbandonò la presa, mentre Gokudera continuava a fissarlo con astio.

<< Mi dispiace >> si scusò il moro, abbozzando un sorriso e passandosi una mano dietro la nuca, gesto che faceva sempre quando era a disagio. Il fatto che Gokudera ne fosse consapevole lo sconcertò. Da quando notava qualcosa di particolare che riguardasse Yamamoto? Scosse la testa, dandosi contemporaneamente dell’idiota e dovette fare uno sforzo titanico per impedirsi di prenderlo a pugni. Avrebbe sicuramente deluso il Decimo se avesse fatto una cosa del genere. Sospirò, rassegnato e superò Yamamoto, dirigendosi verso l’ingresso del luna park.

<< Se osi trascinarmi ancora come hai fatto prima, ti faccio saltare in aria >> lo avvertì minaccioso, ma andò avanti senza aspettare che l’altro lo raggiungesse. Cosa che Takeshi fece rapidamente, affiancandolo e sorridendo come un bambino il giorno di Natale.

Avrebbe voluto chiedergli come mai avesse cambiato idea, ma poteva immaginare che la causa fosse che non sarebbe potuto andare a casa di Tsuna, dato che Reborn aveva esplicitamente vietato loro di disturbarlo durante il pomeriggio di studio. Si disse che, nonostante quell’aria da duro, di chi non ha bisogno di niente e nessuno se non di se stesso, Gokudera potesse sentirsi solo a volte. Non aveva una famiglia a cui tornare quando rincasava e il rapporto con sua sorella era leggermente problematico: per questo cercava la compagnia di Tsuna ogni volta che poteva. Magari aveva pensato che, non avendo niente di meglio da fare quel pomeriggio, avrebbe potuto trascorrere qualche ora in sua compagnia, cosa di cui Yamamoto fu in parte felice, perché così avrebbe potuto portare a termine il suo piano. Ma senza sapere perché, si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto se Gokudera, almeno una volta, avesse desiderato passare un po’ di tempo con lui.





Ciaossu, bella gente! ^^ <3 come state? io sono appena riuscita a liberarmi della sessione d'esami di dicemebre e ho deciso di aggiornare questa fic :D
premettendo che nello scorso capitolo Tamamura è stato odiato all'unanimità XD in questo qua si è delineato il piano di Yamamoto per risolvere la situazione e nel prossimo vedremo i due forse-piccioncini al loro falso appuntamento u.u
riuscirà il nostro eroe a portare a termine la missione? >.<
ringrazio tanto-tanto-tanto chi ha commentato e messo la storia tra le seguite ^^ vi voglio bene <3
se non dovessi aggiornare l'altra mia long entro Natale, ne approfitto x farvi un mare auguri di buone feste! <3 che sia un Natale reborniano per tutti X)
baci-baci

 

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Capitolo 3
*** #3-Al Luna Park ***


Al Luna Park




La prima tappa del loro pomeriggio al luna park fu “La Casa degli Orrori”. Gokudera ovviamente si lamentò, ritenendo l’attrazione una  << scemenza per bambini e ragazzine >>, ma Yamamoto lo convinse ad entrare e il Guardiano della Tempesta, forse solo per non sentirlo parlare, si rassegnò riluttante.
Seguendo piccole luci rosse a terra che segnavano un percorso altrimenti completamente buio, i due ragazzi, insieme agli altri visitatori, attraversarono una casa abbandonata, un ospedale psichiatrico, una vecchia prigione e un cimitero. Ognuno di questi luoghi era arredato nel modo più terrificante possibile, con voci, grida e rumori di ogni tipo che accompagnavano le apparizioni di zombie, assassini con seghe elettriche, infermiere con affilati coltelli, mummie, vampiri e anche Hannibal Lecter. Comparivano all’improvviso, gridando e minacciando i visitatori che non potevano trattenere gridolini di sorpresa e paura. A differenza di tutti gli altri, Yamamoto riuscì a mantenere le sue labbra piegate nel suo tipico sorriso, nonostante i suoi muscoli si irrigidissero ogni volta che uno degli attori faceva la sua comparsa. Gokudera invece, che tanto spavaldo si era mostrato all’inizio, aveva lentamente accorciato la distanza tra lui e il moro e quando Freddy Krueger gli era d’un tratto spuntato a fianco, aveva letteralmente arpionato il braccio di Yamamoto, il quale, dal canto suo, non si era potuto impedire di pensare a quanto fosse adorabile quel suo modo di fare.

Una volta fuori, il bombarolo aveva immediatamente riacquistato il suo solito atteggiamento freddo e scostante. << Come avevo detto io, una scemenza per bambini e ragazzine >> dichiarò arrogante. Al che Takeshi sorrise divertito.
<< Che hai da ridere? >> sbottò l’altro con sguardo truce.
<< Niente, niente. È solo che là dentro ha cominciato a farmi male il braccio a un certo punto, come se qualcuno o qualcosa me lo stesse… beh, stritolando >> insinuò il moro sornione.
Gokudera sbarrò gli occhi per un attimo e le sue guance si colorarono, ma si sforzò di riacquistare velocemente la sua tipica espressione da duro. Sbuffò, fingendosi seccato. << Sarà stata una tua impressione >>.
<< Forse hai ragione tu >> gli concesse Yamamoto, il sorriso che non abbandonava il suo volto. D’altronde vedere Gokudera imbarazzato non era cosa da tutti i giorni.
“Dannazione a quell’idiota con gli artigli! Mi ha preso alla sprovvista!” pensò stizzito, maledicendosi per essersi mostrato debole proprio di fronte all’idiota del baseball.
<< Allora, che ne dici di andare a farci un giro alle bancarelle dei giochi? >> propose allegro il moro, deciso a sfruttare ogni momento di quel pomeriggio.
 

Essere un esperto nel lancio di dinamite ed essere un abile giocatore di baseball si rivelarono abilità fondamentali per vincere tutti i giochi del parco, tra cui “tiro al bersaglio”, “Colpisci la rana”, “Birilli Matti” e simili. La forza e l’ottima mira di entrambi consentirono loro di portarsi a casa diversi premi, quasi tutti peluche, che decisero di regalare ai bambini che incontravano per strada. L’unico pupazzetto che Yamamoto decise di tenere fu la mascotte del luna park: l’avrebbe mostrato a Tamamura come prova.
Dopo una pausa snack, proseguirono con le varie attrazioni fino a quando Takeshi si rese conto che avrebbe dovuto procurarsi altre prove, dato che di sicuro il suo senpai non si sarebbe accontentato di un misero peluche.

<< Facciamo un giro sulle montagne russe! >> esclamò, appena passarono davanti la fila per le “Storm Rider”. Verso la fine del giro, le camere piazzate sul percorso avrebbero scattato loro una foto ricordo: se l’avesse comprata e mostrata a Tamamura, sarebbe stata una prova inequivocabile che lui e Gokudera erano stati insieme al luna park. “Chissà se sarà sufficiente?”
Vide l’altro sollevare lo sguardo verso l’imponente struttura di binari che curvavano e si attorcigliavano su loro stessi e un lampo di esitazione attraversare i suoi occhi.
<< Dai, sarà divertente! >> insistette il moro con un ampio sorriso, spingendo leggermente l’altro verso la fila, << non aver paura >>.
A quelle parole Gokudera si voltò e lo incenerì sul posto con una delle sue occhiatacce più micidiali. << Come se potessi avere paura di una simile stupidaggine! >> replicò stizzito e si sistemò in fondo alla coda, in attesa. L’altro lo raggiunse e lo affiancò, sorridendo.

Dopo circa una quindicina di minuti, trascorsa in silenzio, arrivò finalmente il loro turno di salire sul treno.
Già alla prima discesa l’aria si riempì delle grida eccitate dei visitatori alle quali Yamamoto si unì con quella sensazione di adrenalina e frenesia a cui era difficile resistere. Gokudera, invece, rinforzò la stretta sulla sbarra di metallo che fungeva da protezione e si morse le labbra pur di non urlare, comportamento che lui riteneva inammissibile, persino in una situazione simile.

Dopo ripide salite e discese, curve paraboliche e anche un giro della morte, il treno passò davanti all’obiettivo per scattare la foto che Takeshi acquistò una volta sceso dall’ottovolante: il moro aveva gli occhi chiusi e la bocca aperta in un grido misto a un sorriso, mentre il volto di Hayato era contratto in un’espressione di paura, gli occhi e le labbra serrate, le spalle e le braccia tese, ancorate alle protezioni.
<< Perché diavolo hai speso dei soldi per quella foto? >> gli chiese dopo un po’ l’argenteo, fissandolo scocciato. Si erano allontanati dalle “Storm Rider”, fermandosi in uno slargo vicino ad un chiosco e Gokudera stava compiendo un grande sforzo per mostrarsi indifferente, quando invece aveva l’impressione di non avere neanche un organo al posto giusto.
“Che vergogna! Io, il braccio destro del Decimo, il Guardiano della Tempesta, che si sente male per delle stupide montagne russe!” pensò con imbarazzo, deciso per questo a non mostrare proprio all’idiota con lui il suo stato fisico.

Il moro alzò lo sguardo dalla fotografia e sorrise. << Per ricordo >>. Anche se in realtà avrebbe dovuto mostrarla a Tamamura come prova, gli piaceva l’idea di poter conservare qualcosa che gli ricordasse quel pomeriggio trascorso con l’amico e non poteva fare a meno di sorridere.
L’argenteo sbuffò, irritato, ma non replicò. Non aveva le forza per scontrarsi con l’ottimismo e l’idiozia di Yamamoto.
Avendo visto il pallore sul volto di Gokudera, Takeshi pensò fosse meglio riposarsi un po’, ma sapeva di non poter essere diretto a causa dell’orgoglio dell’altro, così d’un tratto, sempre con un sorriso, disse: << Sto morendo di sete! Vado a prendere da bere, tu vuoi qualcosa? >>.
Hayato scrollò le spalle e annuì, borbottando un grazie.
<< Faccio in un attimo >> esclamò, per poi andare al chiosco là vicino.

Gokudera intanto si sedette su una panchina, sentendosi subito meglio. Non era mai stato sulle montagne russe, ma non credeva lo avrebbero scombussolato così tanto e la cosa che più lo irritava era il fatto che Yamamoto sembrava non averne risentito neanche un po’.
Strinse i pugni e grugnì irritato, ma quando il moro fece ritorno, si rilassò e si godette la bibita. Bibita che l’idiota del baseball insistette per pagare lui, nonostante le rimostranze di Gokudera.
 
 
 
<< Ah-ah-ah, il grande Lambo-san vuole andare sulle montagne russe! >>.
<< Lambo, sei troppo piccolo per quella giostra. Che ne dici di salire sulla ruota panoramica? >>.
<< Noooo! Lambo-san vuole le montagne russe! >>.
<< Lambo! Non fale il bambino capliccioso! >>.
 
 
Non appena alle sue orecchie giunsero quelle purtroppo inconfondibili voci, Gokudera imprecò e maledisse la sorte avversa. Scorse i proprietari ad alcuni metri davanti a lui e, senza pensarci un secondo di troppo, afferrò Yamamoto per il polso e iniziò a trascinarlo il più lontano possibile da quelle calamite ambulanti di guai.
<< Gokudera… >> lo chiamò il moro perplesso, mentre si lasciava tirare dall’altro, << che succede? >>.
Continuando a marciare come un soldato, disse: << Ho appena visto quell’insopportabile scemucca con I-Pin e le loro babysitter >>.
<< Intendi Haru e Kyoko? >>.
<< Ovvio, stupido idiota del baseball! Chi altro sennò? >>.
Un sorriso divertito comparve sul volto di Takeshi, ma Hayato non poté vederlo, dato che gli dava le spalle << E c’era proprio bisogno di scappare? >>.
<< Assolutamente! Non voglio avere niente a che fare con quella peste irritante di Lambo! Quindi vieni con me e non fare storie! >> esclamò irritato. Sentì Yamamoto ridacchiare, ma decise di ignorarlo: l’ultima cosa che voleva era doversi subire le lagne della scemucca. Certi momenti si chiedeva come facesse il Decimo a viverci insieme.
“Beh, lui è il Decimo” si rispondeva, fiero e orgoglioso delle numerose e incredibili qualità del suo Boss.

D’un tratto, notò lo spadaccino, si stavano avvicinando a una di quelle cabine fotografiche dove le coppiette e gli amici si divertivano a farsi immortalare e un’idea gli balenò in mente. Si liberò della presa di Gokudera per poi afferrargli a sua volta il braccio e portarlo verso il suo obiettivo.
<< Ehi! Che cavolo stai facendo? >> si lamentò il bombarlo, ma non oppose resistenza e in brevissimo tempo si ritrovò all’interno della cabina fotografica.
Con l’idiota del baseball.
Nascosti da tutto e tutti.
<< Si può sapere che ci facciamo qua dentro? >>.
L’altro sorrise serafico. << Ho pensato che ci saremmo potuti nascondere per un po’ >>. In realtà non era quello il vero motivo, ma aveva deciso di far suo il detto “due piccioni con una fava”.
Hayato lo fissò con la sua migliore espressione accigliata. << E da quando tu “pensi”? >>.
Il sorriso non abbondonò le labbra del moro. << Restiamo qua solo fino a quando il pericolo non sarà passato >>.
L’argenteo strinse le labbra, palesemente infastidito. << Questa è l’idea più stupida che potessi avere! >> esclamò e fece per uscire, quando udì di nuovo le solite inconfondibili voci, troppo vicine.
 
<< Lambo-san vuole andare sulle montagne russe! >>.
<< Lambo, ti ho già detto che non puoi: sei troppo piccolo >>.
Un pianto disperato e capriccioso fece sobbalzare Gokudera. “Irritante scemucca!”.
 
<< Lambo, basta! >>.
 
<< Ahah, sembra che oggi il piccolo Lambo  sia più attivo del solito >> scherzò Yamamoto.
Hayato sbuffò, irritato. << È l’essere più fastidioso sulla faccia del pianeta >>.
<< È solo un bambino >> rispose il moro con il suo tono calmo e allegro.
 
<< Lambo, se non la smetti di piangere ce ne torniamo subito a casa! >>.
 
<< Merda! Mi sa che dovremmo seguire la tua idea per questa volta >> si arrese il bombarolo con l’ennesimo sbuffo.
Takeshi sorrise ancora e solo allora Gokudera si accorse di quanto lo spazio in cui si trovavano fosse troppo stretto per i suoi gusti. Seduti su un piccolo sedile, i lati dei loro corpi erano praticamente attaccati, dalle spalle alle gambe e nessuno dei due aveva molto spazio di manovra.
Quell’eccessiva vicinanza lo fece sentire stranamente a disagio e il desiderio di accendersi una sigaretta per calmare i nervi divenne quasi insostenibile.
Sospirò di nuovo e tirò fuori il pacchetto di sigaretta dalla tasca del giubbotto: ne estrasse una e se la portò alla bocca, ma si bloccò quando vide Yamamoto inserire delle monete nell’apposita fessura di fronte a loro.
<< Che stai facendo? >> s’informò con voce stizzita.
Il moro cliccò alcuni pulsanti sullo schermo e si voltò a guardarlo con un leggero sorriso sulle labbra. << Visto che siamo qua, approfittiamone per farci qualche foto >>.
La bocca di Gokudera si schiuse per la sorpresa e per poco non gli cadde la sigaretta per terra. << Perché mai dovremmo fare una cosa del genere? >>.
<< Beh, ecco… le faremo vedere a Tsuna! >> rispose l’altro, senza smettere di sorridere.
<< Al Decimo?! >>. Perché l’idiota del baseball aveva tirato fuori il Decimo?
<< Gli farà piacere vedere che noi due andiamo d’accordo, così non si preoccuperà >> disse con voce tranquilla, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 
L’amo era stato gettato, ora bisognava solo aspettare che la preda abboccasse.
 
Le sopracciglia dell’argenteo si aggrottarono. << Che vuoi dire? Il Decimo è preoccupato? >>.
<< Beh, no… cioè, non lo so, forse… insomma, di sicuro non è felice quando noi due discutiamo, ma se gli portiamo una prova del fatto che possiamo passare del tempo insieme senza problemi, sono convinto che si tranquillizzerà >>.
Il bombarolo rimase alcuni secondi in silenzio, riflettendo sulle parole dell’idiota.
Possibile che lui si fosse accorto di qualcosa che riguardava il Decimo, mentre il suo braccio destro no?
Era davvero preoccupato del fatto che loro due non andassero d’accordo? Conoscendo il cuore grande e gentile del Decimo, era un’opzione plausibile.
Ma farsi delle foto insieme a Yamamoto?
 
Alla fine sbuffò, rassegnato. << Lo faccio solo per il Decimo >>.
 
Lo spadaccino sorrise, grato che il suo piano avesse funzionato; del resto, quando si trattava di Tsuna, Gokudera diventava prevedibile e facilmente manipolabile.
 
Si sistemarono sul sedile come meglio poterono e guardarono verso l’obiettivo, Takeshi con il suo tipico sorriso e Hayato con la sua solita espressione annoiata.
Quando d’un tratto il moro gli passò un braccio attorno alle spalle, il viso del bombarolo si fece subito sorpreso e i suoi occhi si posarono su di lui proprio nell’istante in cui la macchinetta scattò loro l’ultima fotografia.
Subito dopo Yamamoto si staccò dall’altro e raccolse dall’apposito scomparto le foto appena stampate che risultarono essere davvero poco romantiche: le guardò alcuni secondi e giunse alla conclusione che non erano per niente romantiche, anche se quella in cui Gokudera lo guardava con aria stupita si sarebbe potuta interpretare come una forma di imbarazzo.
Si chiese se sarebbero andate bene a Tamamura e sperò con tutto il cuore di sì, perché era sicuro che se avesse chiesto altro ad Hayato, le conseguenze sarebbero state spiacevoli.
Si rese allora conto di avere un gran paura che l’altro potesse scoprire la verità sulla scommessa e su tutte le bugie che era stato costretto a raccontargli e la sola idea che Gokudera arrivasse ad odiarlo gli sembrò terribilmente spaventosa.
 
L’espressione seria che comparve sul volto del moro mentre osservava le foto, anche se breve, non sfuggì all’argenteo, che si stupì nel notare come Yamamoto sembrasse completamente un’altra persona quando non sorrideva come al suo solito.
Proprio in quel momento Takeshi si voltò verso di lui e i loro occhi si incrociarono; per un motivo a lui stesso incomprensibile, il Guardiano della Tempesta abbassò lo sguardo, sentendosi quasi colpevole, come se fosse stato beccato a fare qualcosa che  non doveva.
E non poté ovviamente evitare di darsi dell’idiota.
Da quando lui abbassava gli occhi di fronte a Yamamoto?
 
<< Sono sicuro che Tsuna sarà felice di vederle! >> esclamò il moro con tono soddisfatto, sventolando le foto nella sua mano.
Gokudera riportò lo sguardo su di lui ed ecco di nuovo le sue labbra curvate in quel sorriso che sembrava essere parte integrate dello spadaccino. Per un attimo si chiese se la serietà che aveva visto prima fosse stata solo un’allucinazione, ma rinunciò subito a darsi una risposta.
Del resto non era affar suo quello che passava per la testa dell’idiota del baseball.
 
 
 
 
Una volta scampati al pericolo “scemucca”, i due ragazzi uscirono dalla cabina fotografica e continuarono il loro pomeriggio al luna park.
A dispetto delle sue previsioni negative, Gokudera finì per divertirsi davvero tra un’attrazione e l’altra, nonostante continuasse a trovare tutta la faccenda terribilmente assurda.
Stava sul serio trascorrendo del tempo insieme all’idiota del baseball, trovandolo addirittura piacevole?
“Forse sto impazzendo” si ripeté più volte, ritrovandosi a lanciare di tanto in tanto inconsapevoli occhiate all’altro che non sembrava neanche un po’ giù per aver dovuto rinunciare all’appuntamento con la ragazza che gli piaceva.
Anzi rideva e scherzava come sempre, quasi come se non gli importasse di essere al luna park in compagnia di un ragazzo.
“Forse è lui quello pazzo…” si disse alla fine Hayato, rassegnato all’idea di trovare una spiegazione logica a tutto quello.
Almeno su una cosa, poi, doveva dare ragione a Yamamoto: il Decimo sarebbe stato felice di scoprire che loro due sapevano andare d’accordo e in quanto braccio destro, il Guardiano della Tempesta non poteva certo deludere il suo Boss.









Eccomi di nuovo a voi, bella gente!!!! ^^ cavolicchi, ho notato che è da più di 1 mese che non aggiorno questa fic... vi chiedo scusa per il ritardo, ma la sessione d'esami invernale è peggio che essere presi a tonfate da Hibari.... T.T spero che non vi siate dimenticati della mia piccola storiella e che qst cap vi sia piaciuto <3 ci siamo goduti il finto-semi appuntamento dei nostri piccioncini :3 e non so xkè, ma mi è piaciuto immaginare Gokudera un pò deboluccio di cuore e di stomaco XD *perdonami, Goku-chan! ma Takeshi doveva trovarti adorabile* u.u spero che non decida di farmi saltare in aria.... ^^''
dal prossimo cap si entrerà nel vivo della storia e x la vostra gioia tornerà Tamamura X) ringrazio come sempre tutti voi che avete commentato e messo la storia tra le seguite <3 <3 vi voglio bene! un bacione a tutti e alla prossima ;)

 

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Capitolo 4
*** #4-L’unica cosa sicura della fortuna è che essa cambierà ***


Lo so, lo so, sono in un ritardo mostruosooooo!!! Vi chiedo scusa, ma l'ultimo periodo l'ho passato tra gli impegni e l'assoluta mancanza di ispirazione e voglia di mettermi a scrivere.... TWT però sono riuscita a tornare!! Yeah! *lancia stelline e cuoricini* ammesso che ancora questa storia vi interessi - io spero di sì :3 - ecco a voi il quarto capitolo <3

 

L'unica cosa sicura della fortuna è che essa cambierà *

*Wilson Mizner
 

Come erano soliti fare ogni giorno, Tsuna, Yamamoto e Gokudera arrivarono a scuola insieme: il primo preoccupato per il compito in classe, il secondo sorridente e spensierato, il terzo annoiato e già con la voglia di fumarsi una sigaretta.
Sembrava un giorno come tanti altri, una tranquilla mattinata alla scuola media Namimori, ma non appena i tre furono all’interno dell’edificio, si accorsero che qualcosa non andava.
Gli occhi degli studenti erano fissi su di loro.
E non delle semplici occhiate di circostanza, ma dei veri e propri sguardi insistenti, che nessuno cercava di nascondere.
Erano al centro dell’attenzione ed era palese.
Alcuni li guardavano e ridacchiavano, altri li indicavano e bisbigliavano con il compagno accanto e altri ancora si limitavano a fissarli con aria incredula.
<< Che diavolo hanno da guardare? >> soffiò irritato Gokudera, gli occhi verdi minacciosi, ma nemmeno la sua fama da teppista servì a far desistere gli studenti.
Persino Yamamoto sentì il sorriso venire meno e non poté evitare di chiedersi cosa stesse succedendo.
Dal canto suo Tsuna, abituato ad essere preso in giro, capì molto velocemente di non essere lui quello che tutti stavano fissando.

Hayato si fermò in mezzo al corridoio e si scrocchiò le mani, segno inequivocabile che la sua rabbia cresceva sempre più. << Mi stanno facendo incazzare! >> esclamò, fulminando tutti quelli su cui i suoi occhi si posavano. Subito dopo sentì una mano sulla spalla e non ebbe neanche bisogno di voltarsi per capire a chi appartenesse.
<< Su, su, Gokudera, cerca di stare calmo >> provò lo spadaccino, ma l’occhiataccia che l’altro gli rivolse gli fece capire che era meglio non aggiungere altro.
All’improvviso due ragazze che non conoscevano si fermarono davanti a loro: gli occhi brillavano dall’emozione, i volti erano arrossati e avevano tutta l’aria di chi si è appena trovato al cospetto di qualche star.
<< S-senpai, noi facciamo il tifo per voi!! >> dichiarò una con voce tremante, ma felice.
<< Sì! N-noi siamo dalla vostra parte! >> aggiunse l’altra con lo stesso tono.
Erano chiaramente su di giri, solo che i due ragazzi non capirono assolutamente di cosa stessero parlando.

Le sopracciglia dell’argenteo si aggrottarono e gli occhi si assottigliarono in due fessure taglienti come lame. Fu la reazione tempestiva del moro a impedirgli di prendersela con le ragazze: Takeshi gli afferrò un braccio e lo tirò indietro prima che il Guardiano della Tempesta potesse scatenare la sua rabbia e spaventare le due studentesse.
L’argenteo stava per replicare a quell’intromissione, ma lo spadaccino lo anticipò.
<< Grazie, siete molto gentili >> disse con un sorriso di circostanza, senza però avere la più pallida idea di cosa dovesse essere loro grato.
Le due ragazze emisero un gridolino acuto e penetrante che somigliava in tutto e per tutto a un incrocio tra un “kyyyyya” e uno squittio, mentre i loro occhi si accesero di una luce che i ragazzi trovarono spaventosamente inquietante.

<< Che ca… >> iniziò Gokudera, ma la confusione gli fece morire le parole in gola e tutto ciò che fece fu guardare le due correre via in preda a qualche attacco isterico. O almeno fu quello che lui pensò, dato che non aveva ancora capito cosa volessero quelle da loro.
“Sono per caso finito in un universo parallelo in cui sono tutti usciti fuori di testa?! No, perché se è così, non ci sarà problema se li faccio saltare in aria, giusto?”.
Le sue riflessioni omicide vennero però interrotte dal suono della campanella che annunciava l’inizio delle lezioni e anche gli studenti che fino ad allora erano rimasti a fissare lui e Yamamoto furono costretti ad andare nelle rispettive classi.
Tsuna e Takeshi, seppur confusi, fecero altrettanto, ma si fermarono appena si accorsero che Hayato non li stava seguendo.
<< Ho bisogno di fumare >> spiegò quello con tono infastidito. Gli altri due abbozzarono un sorriso di comprensione e si allontanarono lungo il corridoio, mentre il bombarolo si diresse sul tetto della scuola, già pregustando la sigaretta e augurandosi di non incontrare quel sociopatico di Hibari.

Arrivato a metà strada, però, sentì delle voci femminili provenire dalle scale e quando fu abbastanza vicino da captare l’oggetto della discussione, si paralizzò.
Quelle ragazze stavano parlando di lui e dell’idiota del baseball!
<< Ancora non ci posso credere che Yamamoto-kun e Gokudera-kun si sono messi insieme! >> stava dicendo una con voce delusa.
<< E dire che non sembravano andare molto d’accordo >> rispose un’altra.
<< Secondo me era tutta una finta per non destare sospetti >> aggiunse una terza.
 
“Che cazzo stanno dicendo?!”. Hayato, nascosto dietro un muro, sgranò gli occhi, incredulo e tese le orecchie.
 
<< Ora capisco perché Yamamoto mi ha respinta quando mi sono confessata a lui: era già innamorato di Gokudera >>.
<< Stesso motivo per il quale tutti e due hanno sempre rifiutato ogni ragazza che si è dichiarata >>.
<< È stato uno shock quando ho saputo che Yamamoto-kun ha portato Gokudera-kun al luna park per il loro primo appuntamento >>.
<< Però sono carini, dai: io lo trovo una bella coppia >>.
<< Voi dite che l’hanno già fatto? >>.
<< Secondo me sì >>.
<< Anche secondo me e sono convinta che Yamamoto è il seme >>.
Una risata si diffuse nel trio.
<< Sì, sì, Gokudera-kun è troppo tsundere per fare l’attivo: di sicuro è Yamamoto-kun a prendere l’iniziativa >>.
Altre risatine.
<< Alla fine non credevo che sarebbero venuti a scuola come se niente fosse… li fissavano tutti! Io sarei morta per l’imbarazzo! >>
<< Ora che sono venuti allo scoperto, però tutti non faranno altro che parlarne e ho già sentito alcuni ragazzi chiamarli “froci schifosi” e anche di peggio >>.
<< Poverini… che male c’è se si piacciono e vogliono stare insieme? >>.
 
La seconda campanella suonò, ricordando ai ritardatari di tornare in classe.
 
<< Che rottura! Sarà meglio andare >>.
<< Uffa! Se quello di letteratura mi interroga, io non so niente… >>.
<< Questo perché avresti dovuto studiare invece di leggerti i manga >>.
 
Le risate delle tre ragazze si persero nel corridoio, mentre Gokudera cercava di ricordarsi come respirare.
Appena aveva capito di cosa stessero parlando, si era sentito come in apnea e il suo corpo ancora non ne voleva sapere di muoversi.
“Questo… questo dev’essere un incubo! No-non può essere vero… tutta la scuola è convinta che io e l’idiota del baseball…”.
Non riusciva neanche a pensarlo! Era una cosa fuori da qualsiasi logica.
“È… è un fottutissimo scherzo, vero? Non ha nessun senso! Come cazzo hanno fatto a pensare una cosa del genere?!”.
 
È stato uno shock quando ho saputo che Yamamoto-kun ha portato Gokudera-kun al luna park per il loro primo appuntamento…
 
“Luna park?!”.
Gli occhi di Gokudera si sgranarono ancora di più.
“Come fanno a sapere che sono andato al luna park con quell’idiota? Nessuno all’infuori di noi due e del Decimo ne era a conoscenza…”
Un flusso dirompete di rabbia lo attraversò fino a farlo tremare e le sue dita si strinsero attorno al pacchetto di sigarette che aveva tenuto in mano tutto il tempo.
 
 
 
<< Gokudera-kun non è ancora tornato… >> disse Tsuna, lo sguardo fisso sulla porta.
Yamamoto seguì lo sguardo dell’amico e forzò un sorriso. << Fortuna che il prof non è ancora arrivato >> si limitò a rispondere.
Tutta quella situazione continuava ad essere strana e senza spiegazione. Anche lì in classe gli occhi di tutti erano puntati su di lui, ma stranamente nessuno osava dirgli qualcosa e lo spadaccino era in qualche  modo spaventato dal fare domande in merito.
La verità era che aveva un brutto presentimento, soprattutto perché era coinvolto anche Gokudera.
Se si fosse trattato di lui soltanto, al moro non sarebbe importato più tanto, ma il fatto che la Tempesta fosse finita in quella faccenda ancora oscura lo rendeva inquieto.
Senza volerlo, la sua mente andò al giorno prima e all’incontro con Tamamura…
 
 
<< E così sei riuscito a portare a termine la scommessa? >>. Il ghigno che il senpai mi rivolge nel farmi la domanda non mi piace affatto, ma mi sforzo di essere collaborativo per poter uscire al più presto da questa situazione.
Siamo negli spogliatoi della squadra di baseball da quasi dieci minuti, solo noi due. Tamamura è seduto a gambe incrociate su una delle panche e in mano tiene ancora le ‘prove’ del mio finto appuntamento con Gokudera: la fotografie e il peluche. Le ha guardate attentamente e a lungo, in silenzio e con uno sguardo concentrato, come se le stesse studiando e mi chiedo quanto lui sia serio in tutta questa faccenda.

Io me ne sto in piedi e cerco di mostrarmi rilassato e sicuro di me, cosa che fortunatamente mi riesce bene, nonostante in realtà mi senta preoccupato.
<< Ho fatto come mi hai chiesto, senpai, perciò la scommessa è risolta, no? >> gli dico con un sorriso che, ammetto, è abbastanza falso. Non sono bravo in questo genere di cose e soprattutto non mi piace rimanerci coinvolto, quindi spero soltanto che si accontenti delle prove e la faccia finita.
Lui però non sembra volerla chiudere là. << Quindi il caro Gokudera ricambia i tuoi sentimenti? >> mi chiede con un tono di voce chiaramente divertito, << che piacevole sorpresa! Non sei contento, Yama-kun? >>.
<< È stata solo un’uscita informale, niente di troppo serio >>. Devo stare attento a quello che dico: non posso assolutamente sbilanciarmi o potrebbe capire che sto mentendo.
<< Mmmh, sì, capisco, ma queste foto non sembrano molto, come dire, romantiche >>. Il suo sguardo fattosi improvvisamente serio è fisso su di me e so che mi sta mettendo alla prova.
Sorrido nel modo più naturale possibile e cerco di sembrare allegro. << Gokudera era solo un po’ in imbarazzo e non è il tipo a cui piace farsi fare le foto. Tutto qua >>.

Lui mi fissa ancora e per lunghi attimi temo che non se la sia bevuta, ma alla fine si alza con un unico movimento fluido e mi sorride, battendomi una mano sulla spalla. È sorprendente la rapidità con cui cambia le sue espressioni facciali.
<< Ottimo lavoro, Yama-kun: la promessa è saldata >>.
Sento un sospiro di sollievo crescermi in petto, ma lo trattengo e rispondo al sorriso. << Quindi è tutto a posto? >>.
<< Ma certo! Anch’io sono una persona di parola. Ah, e queste >>, mi sventola le fotografie davanti al naso, << le tengo io, se non ti dispiace, ma tranquillo: non le mostrerò a nessuno. Puoi fidarti, Yama-kun >>.
Preso in contropiede dalla sua richiesta, scuoto la testa in segno d’assenso senza neanche accorgermene e il senpai mi dà un’altra pacca sulla spalla, per poi superarmi e uscire dallo spogliatoio.
Solo in quel momento mi accorgo che Tamamura ha lasciato sulla panca il peluche mascotte del luna park. Prima di andarmene, lo riprendo e lo poso nel mio armadietto.
 
 
 
 
Proprio in quell’istante la figura di Gokudera che entrava in classe lo riscosse dai suoi ricordi.
Stava per dire qualcosa, ma ciò che vide sul suo volto lo lasciò senza parole e gli provocò un brivido di terrore lungo la schiena. I suoi occhi verdi erano puntati su di lui e lo fissavano con una tale rabbia che Yamamoto se ne sentì oppresso, come se lo stessero fisicamente schiacciando sul posto.
Fu una sensazione terribile che lo paralizzò.
Anche Tsuna capì subito che qualcosa non andava e il suo volto mostrò preoccupazione, ma non ebbe neanche il tempo di pensare o aprire bocca che la Tempesta si avventò fulmineo sulla Pioggia.

Il tempo sembrò rallentare, mentre il pugno di Gokudera si infrangeva con violenza sul volto di Yamamoto, rompendogli il naso.
Una parte del cervello del moro registrò il suono sinistro dell’osso che si incrinava, ma il dolore prese il sopravvento sul resto e la forza del colpo lo spinse all’indietro, facendolo finire contro un banco, sul quale lui stesso si appoggiò per evitare di cadere.

Il resto della classe scattò in piedi, qualcuno gridò e tutti si allontanarono dai due ragazzi che rimasero al centro dell’aula, uno di fronte all’altro.
Yamamoto teneva una mano premuta sul naso per cercare di contrastare l’emorragia, mentre il sangue gli aveva già macchiato l’uniforme e continuava a gocciolare sul pavimento. Guardava Gokudera dai suoi occhi velati di lacrime per il dolore, ma non riuscì a muovere un muscolo.

Con il volto ancora deformato dalla rabbia, il bombarolo si avvicinò al moro, lo afferrò per il colletto della camicia e lo tirò a sé. << Tu… non so che cazzo ti è passato per la testa, ma questa volta hai esagerato. Come hai osato andare in giro a dire che io e te stiamo insieme?! >>, lo strattonò con più forza e, se possibile, i suoi occhi si fecero ancora più furiosi, << che razza di merdoso pervertito sei?! Mi fai schifo! >>.
<< Gokudera-kun, ti prego…! >> provò Tsuna, ma la sua richiesta rimase inascoltata.
Non c’era spazio neanche per la voce e le parole del Decimo nella mente del suo Guardiano, ma solo la furia cieca della Tempesta che travolge ogni cosa.
Sugli studenti intanto era calato il silenzio, mentre i loro occhi erano tutti fissi sui due.

L’argenteo spinse lo spadaccino contro il banco, solo che questa volta Yamamoto perse l’equilibrio e finì per terra, la mano ancora tenuta premuta sul naso che non smetteva di sanguinare. Sollevò gli occhi verso l’altro, ma sia il suo corpo che il suo cervello sembravano aver completamente smesso di funzionare.
Pensieri, azioni, reazioni… tutto era diventato una gigantesca tabula rasa.
Non riusciva a reagire in alcun modo e tutto ciò che poté fare fu guardare Hayato in silenzio.

<< Se provi anche solo ad avvicinarti a me, ti ammazzo >>. La sua voce, glaciale e tagliente come i suoi occhi, fece più male di qualsiasi colpo inferto e Yamamoto si sentì sprofondare inesorabilmente.
La sua paura più grande si era appena avverata: Gokudera adesso lo odiava.
<< Gokudera-kun… >>, a Tsuna uscì poco più che un sussurro, mentre fissava i suoi amici con un terribile senso d’impotenza e sentiva il dolore e la confusione crescergli in petto. “Perché… perché è successo tutto questo?”.
Dopo aver lanciato un ultimo sguardo di disprezzo a un inerme Yamamoto ancora per terra, il Guardiano della Tempesta si voltò e uscì dall’aula proprio nel momento in cui il professore apriva la porta.
Ancora pieno di rabbia, il bombarolo diede una spinta all’uomo per poter passare e si allontanò lungo il corridoio.
<< Gokudera, dove stai andando?! La lezione sta per iniziare, torna subito qui! Gokuderaaa! >>.
Ma il ragazzo ignorò del tutto il richiamo dell’insegnante e proseguì per la sua strada. Non poteva tornare, non dopo quello che era appena successo.
Solo l’idea di rimanere nella stessa stanza con Yamamoto lo infuriava a tal punto da fargli avere paura di se stesso e delle sue azioni.
Come aveva potuto fare una cosa del genere? Come aveva potuto tradirlo e ingannarlo in quel modo?
“Non avrei mai creduto che quell’idiota del baseball potesse arrivare a tanto…”.
Oltre alla furia, un altro sentimento si faceva strada in lui e lo fece sentire ferito.
Delusione.






Povero Takeshi... TWT e dire che oggi è pure il suo compleanno... <3 non gli ho dedicato proprio un bel capitolo, eh? X) però ho approfittato di questo giorno per aggiornare, quindi almeno conta il pensiero u.u diciamo che adesso si entra nel vivo della storia e, come avevo anticipato, Tamamura ha fatto il suo ritorno (per la vostra gioia, visto quanto lo avete amato XD) ed è già finita in dramma.... cosa succederà adesso? bella domanda, a malapena lo so io XD mi sa che un giorno dovrò trovarmi una beta reader... beh, problemi a parte, spero che questo cap vi sia piaciuto almeno un po' e ringrazio tutti quelli che hanno commentato e messo la storia tra le seguite/preferite ^^ <3 mi auguro che continuiate a seguirmi *__* e ricordo che basta lasciarmi due righe per farmi felice :3
un bacione a tutti e alla prossima!

 
 

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Capitolo 5
*** #5-A nessuno la fortuna pare tanto cieca quanto a coloro che non ne sono beneficiati ***


A nessuno la fortuna pare tanto cieca quanto a coloro che non ne sono beneficiati




 


“Che razza di merdoso pervertito sei?! Mi fai schifo!”
 
…mi fai schifo!
 
…schifo!
 
 
La voce furiosa e tremante di Gokudera gli rimbombava ancora in testa. Sembrava quasi divertirsi a spese di Yamamoto, infierendo crudelmente su di lui e non lasciandogli possibilità di risalire il baratro nel quale, in quel momento, si sentiva sprofondare.
 
 
Dopo che il bombarolo aveva lasciato la classe, Tsuna, seppur sconvolto e confuso, aveva aiutato il moro a rialzarsi e l’aveva accompagnato in infermeria, la mente in tesa fibrillazione per cercare di dare un senso a quello che era appena successo.
Avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Yamamoto, ma il ragazzo sembrava aver perso tutte le energie: il volto e la camicia dell’uniforme erano sporchi di sangue, le spalle stavano curve e gli occhi nocciola, di solito allegri e luminosi, fissavano il vuoto davanti a loro.
Tsuna sospirò più volte, sconsolato, mentre osservava Takeshi che se ne stava seduto in silenzio a farsi medicare. Fece diversi tentativi per mettersi in contatto con Gokudera, ma il suo cellulare risultava sempre spento e alla fine lasciò perdere.

Il ricordo della furia dell’amico gli provocò un brivido lungo la schiena. Sapeva quanto il Guardiano della Tempesta fosse abile e agguerrito durante i combattimenti, ma vederlo comportarsi in quel modo con Yamamoto lo lasciava ancora senza parole.
Non l’aveva mai visto così fuori di sé dalla rabbia: era davvero sembrato una Tempesta selvaggia e pronta a distruggere tutto.
E Tsuna aveva avuto paura e si era sentito impotente. Non era riuscito a muovere un muscolo mentre il pugno di Hayato si infrangeva sul viso di Takeshi; non era neanche riuscito ad aprire bocca per tentare di calmarlo in qualche modo.
Non era riuscito a fare niente per i suoi amici e adesso non poteva fare a meno di tormentarsi.
Il fatto poi di non capire la causa di tutto quello non faceva altro che accrescere la sua ansia. Prima di arrivare a scuola non c’era stato niente di anormale, come poteva essersi stravolto tutto in così breve tempo?
 
 
 
L’ennesima cicca di sigaretta cadde per terra, aggiungendosi al mucchietto che si era creato sotto i suoi piedi e che ogni tanto Gokudera colpiva col piede, tanto per muovere qualcosa e cercare, invano, di distrarsi.
Sentiva il suo corpo attraversato da due correnti opposte: una che voleva esplodere e liberarsi di tutta la rabbia e l’altra che voleva solo addormentarsi e dimenticare ogni cosa.
 
Una volta uscito da scuola, aveva pensato di chiudersi in casa, ma l’idea di rimanere dentro quattro mura gli aveva procurato un senso di claustrofobia, così aveva camminato per un po’ e si era fermato nel parco cittadino. Dopo essersi seduto su una panchina, aveva iniziato ad accendersi una sigaretta dietro l’altra e senza accorgersene aveva terminato il pacchetto.
Non riusciva ancora a credere a ciò che era successo: gli sembrava tutto così assurdo da dargli l’impressione di sprofondare in un abisso di dubbi e confusione.
Come aveva potuto quell’idiota del baseball fare una cosa simile?
Come aveva potuto tradirlo e umiliarlo in quel modo, facendolo diventare lo zimbello di tutta la scuola?
Era forse impazzito del tutto? O l’aveva trovato uno scherzo divertente da fare?
Non sapeva darsi una spiegazione.

Era vero, non aveva mai avuto un rapporto particolarmente stretto con Yamamoto, ma aveva sempre saputo di potersi fidare. Nonostante la personalità e il comportamento del moro lo irritassero, Gokudera non avrebbe mai dubitato della sua lealtà e delle sue capacità in combattimento. Sapeva che il Guardiano della Pioggia avrebbe fatto di tutto per proteggere Tsuna e per aiutare la Famiglia: poteva anche essere un idiota patentato, ma Hayato aveva imparato a fidarsi e finora la sua fiducia si era sempre dimostrata ben riposta.
Ma adesso…
<< Cazzo! >>. Imprecò a denti stretti e scattò in piedi, il desiderio di prenderlo nuovamente a pugni che si faceva strada in lui.
 
 
 
 
Quello stesso pomeriggio Yamamoto andò a parlare con Tamamura.
Gokudera non era tornato a scuola e non aveva neanche risposto alle chiamate di Tsuna. Nel frattempo, la notizia dell’accaduto tra i due aveva fatto il giro della Namimori in tempo record e la credenza che stessero insieme aveva già iniziato a sgonfiarsi.
Ma a Takeshi non importava. Che gli altri pensassero quello che preferivano, lui voleva solo sapere la verità e l’unico che poteva riferirgliela era il suo capitano.
Non voleva credere che fosse stato proprio Tamamura a mettere in giro quella voce, ma era di sicuro la spiegazione più plausibile. Tutta quell’assurda storia era iniziata a causa sua e Yamamoto dubitava fortemente che non c’entrasse anche adesso.
 
 
Prima che iniziassero gli allenamenti della squadra di baseball, Yamamoto entrò negli spogliatoi, sapendo di trovarci Tamamura, dato che era solito arrivare al club sempre per primo. Appena gli fu davanti, il capitano smise di sistemarsi la divisa e piantò gli occhi in quelli del suo kohai.
<< Yama-kun, come mai di già qua? >>.
Alla vista di un sorrisetto sul volto dell’altro, Takeshi strinse i pugni e un brivido d’irritazione gli attraversò i nervi. << Volevo parlare con te >> rispose con voce ferma.
Tamamura affilò lo sguardo, consapevole che quel momento sarebbe arrivato, ma non lasciò che il ghigno abbandonasse il suo volto. Ovviamente conosceva bene la causa della garza bianca che copriva il naso di Yamamoto e da quando aveva saputo dell’accaduto, si era detto più volte che avrebbe pagato per poter rivedere la scena.
<< Bene. Parliamo >>.
<< Sei stato tu a mettere in giro le voci su di me e Gokudera? >>.
<< Mmh, dritto al punto, vedo >> commentò il capitano, socchiudendo gli occhi per un istante.
<< Rispondi! >> sbottò il moro e si soprese egli stesso per aver alzato la voce. Non era mai stato il tipo che litigava o che urlava contro gli altri, ma in quel momento sentiva che non sarebbe riuscito a far finta di nulla e a risolvere tutto con una risata.
Faceva troppo male.
Il naso gli lanciava dolorose fitte che gli facevano lacrimare gli occhi e l’intero suo viso era intorpidito e indolenzito.
Faceva troppo male.
Le parole crudeli che gli aveva rivolto Gokudera gli bruciavano ancora, ma più di questo e più del pugno erano state la rabbia e lo shock sul suo volto a lasciargli un dolore sordo e continuo che non voleva saperne di affievolirsi.
Non era in grado, in quel momento, di essere ottimista come al suo solito.
Anche Tamamura sembrò sorprendersi per quella reazione, ma se così fu, durò pochi istanti. << Perché avrei dovuto farlo? >>.
<< Non lo so, dimmelo tu. Sei stato tu a impormi quella stupida scommessa, tu hai voluto che ti portassi delle prove e sempre tu te le sei tenute. E adesso… >>, “adesso Gokudera mi detesta”. Lasciò la frase in sospeso, sicuro che tanto Tamamura sapesse.

Il suo senpai lo scrutò a lungo prima di rispondere, sempre con quel sorrisetto a incurvargli le labbra. << Beh, diciamo che potrei essermi lasciato sfuggire qualcosa con una o due persone, ma ti assicuro che non era mia intenzione creare tutti questi problemi >>.
Yamamoto sgranò gli occhi e schiuse la bocca. Non riusciva a credere alle proprie orecchie: come poteva Tamamura confessare tutto e allo stesso tempo mantenere quell’aria di arrogante falsità e sminuire la faccenda come se fosse stato solo un’incidente?
Per la prima volta in vita sua il Guardiano della Pioggia sentì la rabbia sopraffarlo: si avventò sul senpai e lo spinse contro la fila di armadietti, bloccandolo poi col braccio premuto sul petto.
L’altro incassò il colpo con una piccola smorfia che si trasformò subito nel ghigno di prima. Vedere uno come Yamamoto in quello stato lo divertiva decisamente: il suo kohai, di solito così allegro e sorridente con tutti, che non discuteva mai con nessuno e  che anzi tendeva sempre a fare da paciere, adesso lo fissava con uno sguardo di fuoco e sembrava desideroso di prenderlo a pugni.
<< Ohi, Yama-kun, che intenzioni hai? Vuoi davvero colpire un tuo senpai? >> lo provocò quello con voce divertita, quasi volesse davvero essere colpito.
Takeshi aumentò la pressione del suo braccio, ma restò a fissare l’altro negli occhi.

Mai come ora voleva fare del male a qualcuno. Mai, neanche in tutti i combattimenti, aveva provato rabbia e risentimento nei confronti dei nemici. Li aveva affrontati e sì, aveva combattuto per vincere, perché ne andava della vita dei suoi amici, ma non era mai stata una questione personale.
Ora, invece, si stava convincendo che se avesse sfogato la sua rabbia sul colpevole di tutta quella situazione, si sarebbe sentito subito meglio e sarebbe stato giusto.
A causa sua era stato costretto a fare una cosa che odiava, mentire e a causa sua, Gokudera lo odiava e non voleva più avere niente a che fare con lui.
E tutto questo per cosa? Uno stupido dispetto?
 
Sollevò il braccio destro, pronto a colpire il capitano con tutta la sua forza.
Capite le intenzione di Yamamoto, l’altro chiuse gli occhi senza volerlo. Anche se il suo scopo era proprio quello, sapeva che avrebbe male: si preparò all’impatto e al dolore connesso, ma questi non arrivarono. Sentì invece il rumore di uno schianto alla sua sinistra; riaprì gli occhi e si  ritrovò lo sguardo gelido del moro a pochi centimetri dal viso. All’ultimo istante il pugno aveva cambiato direzione e si era infranto sull’armadietto alle spalle di Tamamura, proprio accanto alla sua testa.
Dopo pochi secondi Takeshi si staccò da lui e fece un passo indietro.
Non gli avrebbe dato la soddisfazione di colpirlo e di passare altri guai per colpa sua.
L’unica cosa importante da fare adesso era chiarire con Gokudera.
 
 
 
 
<< C-ciao, Gokudera-kun >>.
Hayato si fermò davanti al Decimo e sorrise. << Buongiorno, Decimo >> lo salutò cordiale come ogni mattina.
Gli occhi di Tsuna si illuminarono di sollievo e anche le sue labbra si curvarono in un sorriso. Gokudera sembrava quello di sempre.
Dopo tutto quello che era successo, temeva che l’amico non si sarebbe fatto vedere neanche quel giorno o che sarebbe stato ancora arrabbiato e, invece, si stava comportando come al solito.
Forse le sue paure erano state esagerate.
 
I due si incamminarono verso scuola e, nonostante Tsuna fosse curioso di sapere la verità su cos’era successo il giorno prima, evitò di affrontare l’argomento.
Chiacchierarono del più e del meno come sempre e la Tempesta fu lieta che il Decimo non gli stesse facendo domande.
In realtà si sentiva in colpa e in imbarazzo e avrebbe voluto scusarsi per averlo fatto preoccupare, ma allo stesso tempo preferiva fare finta di niente e finché il suo Boss lo assecondava, per lui andava bene.

Quando arrivarono a scuola, però, si imbatterono in Yamamoto e l’atmosfera si fece subito pesante.
Gokudera sapeva che non avrebbe potuto evitarlo. Erano compagni di classe ed erano entrambi i migliori amici del Decimo: qualsiasi desiderio di non incontrarlo sarebbe stato a dir poco stupido, ma rivederlo fu comunque spiacevole e riaccese la sua rabbia.
I loro occhi si incrociarono e subito quelli del moro si sgranarono per un attimo per poi abbassarsi mesti. Si vergognò e non trovò neanche il coraggio di guardare l’altro in faccia.
Voleva davvero risolvere le cose, ma la Tempesta continuava a guardarlo come se volesse prenderlo a pugni di nuovo e Takeshi si sentì pateticamente a disagio.
“Cosa cavolo ha? Che cazzo significa quell’aria da cane bastonato?! Sono io la vittima qua!”. Il bombarolo sbuffò irritato e si allontanò senza una parola.
<< Gokudera-kun! >> provò a richiamarlo Tsuna, ma quello era già entrato dentro e se anche aveva sentito la voce del Decimo, non l’ascoltò.
Sawada si voltò allora verso il Guardiano della Pioggia il cui sguardo era rimasto fisso sul portone d’ingresso della Namimori. << Yamamoto… >> sussurrò con tristezza, vedendo l’espressione affranta e sofferente dell’amico.

Non riusciva quasi a credere che quel volto appartenesse a Takeshi: il suo sorriso contagioso, così come la sua allegria e il suo ottimismo erano sempre stati parte di lui ed erano sempre stati la forza della Famiglia, anche se ancora neanche Tsuna se ne rendeva conto appieno. Ma sapeva che l’avevano aiutato, infondendogli la calma e la sicurezza di cui aveva avuto bisogno.
Adesso invece sentiva di dover essere lui quello che l’avrebbe aiutato: come Boss, ma soprattutto come amico glielo doveva.
Solo che non sapeva proprio cosa fare.
<< N-non preoccuparti per Gokudera! Sai com’è fatto: appena avrà sbollito la rabbia, sarà tutto come prima >>. Si passò una mano sulla nuca e fece una breve risata nervosa, come a voler tranquillizzare l’altro: peccato non credesse nemmeno lui alle sue stesse parole.
E il sorriso triste che curvò le labbra di Takeshi solo per un attimo e che non raggiunse mai gli occhi confermò i suoi timori.
 
 
 
 
<< Bene, adesso vi dividerete in coppie e proverete l’esperimento che vi ho appena spiegato >>.
Alle parole del professore di chimica un brusio si levò tra gli studenti, ma quello li zittì riprendendo subito a parlare. << Dato che non siete qua per chiacchierare e perdere tempo, ma per imparare qualcosa, sarò io a stabilire le coppie >>.
Altri versi lamentosi si diffusero per il laboratorio di scienze, ma l’uomo li ignorò e iniziò a chiamare i nomi degli studenti che avrebbero lavorato insieme per il resto della lezione. << Gokudera, tu starai con Yamamoto e vedi di infilare qualcosa di utile in quella testa vuota del tuo compagno >>.
A quelle parole gli occhi di entrambi i ragazzi si sgranarono per la sorpresa, ma il professore non ci fece ovviamente caso e continuò ad accoppiare gli alunni rimasti che intanto cambiavano posto, andando a sistemarsi ai tavoli per iniziare a lavorare all’esperimento.
Hayato e Takeshi, invece, restarono immobili ai loro posti. Quando il professore se ne accorse, li richiamò all’ordine. << Gokudera, ti ho messo in coppia con Yamamato: perché sei ancora fermo là? Su, forza, non perdere tempo >>.
Il bombarolo si irrigidì ancora di più sul posto e lanciò all’uomo un’occhiata rabbiosa. << Mi rifiuto >>.
L’insegnante si tolse gli occhiali e aggrottò le sopracciglia. << Come, scusa? >>.
<< Non voglio lavorare con lui. Mi metta in coppia con qualcun altro >>.

L’attenzione della classe si concentrò subito su di lui e il brusio dei bisbigli riempì rapidamente l’aria.
L’uomo si rimise gli occhiali e si chinò in avanti, lo sguardo fisso sul suo studente ribelle. << E, di grazia, potrei sapere il motivo? >>.
Gli occhi di Gokudera si affilarono ancora di più e le sue mani si strinsero a pugno. << Mi va bene chiunque altro, ma non lui >> replicò, senza però rispondere alla domanda.
Il professore lanciò un’occhiata a Yamamoto e lo vide con gli occhi abbassati e un’espressione sofferente in volto, che uniti alla garza che gli copriva il naso, gli davano la cosiddetta aria da “cane bastonato”.
Temendo che la situazione potesse degenerare, Tsuna si fece avanti. << Professore, farò io coppia con Gokudera >> annunciò, provocando una profonda ondata di gratitudine nel suo braccio destro che venne però stroncata dalla riluttanza dell’insegnante.
<< Dammi un motivo valido per cui dovrei accontentare la tua richiesta egoista >>.
 
Fu a quel punto che la situazione degenerò davvero, quando una voce maschile, nascosta dietro un finto e banale colpo di tosse, accese la scintilla.
<< A quanto pare, i due piccioncini hanno litigato >>.
Le parole, chiaramente udibili da tutta la classe, furono seguite da risate e bisbigli. Gokudera scattò in piedi in un lampo e si voltò verso lo studente che aveva parlato – di cui aveva riconosciuto la voce - con gli occhi fiammeggianti d’ira. << Che cazzo hai detto? >> sbraitò, avanzando verso il suo obiettivo, seduto due tavoli dietro di lui.
Il ragazzo fece finta di niente, ma non riuscì a trattenere un sorrisetto alla cui vista il bombarolo non ci vide più dalla rabbia. Sollevò il pugno e il tempo sembrò rallentare per alcuni secondi.
Tsuna scattò in piedi e sia lui che il professore chiamarono a gran voce Gokudera, intimandogli di fermarsi, ma fu qualcun altro ad agire rapido, impedendo il peggio.

Proprio l’istante prima che Hayato colpisse lo studente, il suo braccio venne bloccato a mezz’aria e quando l’argenteo sollevò gli occhi per vedere chi aveva osato fermarlo, si ritrovò il volto di Yamamoto a neanche mezzo metro di distanza e la sua mano stretta attorno al polso.
<< Gokudera, fermati >> gli disse con voce ferma come il suo sguardo.
L’altro sgranò gli occhi e rimasero a fissarsi negli occhi per alcuni secondi, prima che la Tempesta strattonasse il braccio per liberarsi dalla presa. << Non toccarmi >> sibilò tra i denti, lanciandogli un’occhiata a metà tra il disgustato e il furioso.
<< Gokudera, che avevi intenzione di fare? >> esclamò il professore, afferendolo per una spalla e facendolo voltare.
Lo sguardo glaciale e tagliente che gli lesse sul volto lo inquietò tanto da fargli allentare la presa per un momento, ma abbastanza perché il ragazzo ne approfittasse per divincolarsi.
<< Al diavolo! >> imprecò l’argenteo, fiondandosi fuori dal laboratorio.

Sentì le voci dell’insegnante e del Decimo richiamarlo, ma si impose di ignorarle. Del professore non gli importava granché, ma la consapevolezza che il suo comportamento continuava a far preoccupare il Decimo lo fece sentire sempre peggio.
Che razza di braccio destro era se creava problemi al suo Boss?
Dopo tutto quello che era successo, dopo che il Decimo era stato così magnanimo da non rimproverarlo per aver aggredito un altro Guardiano, lui che faceva? Dava in escandescenza in quel modo per la seconda volta!
Si vergognò del proprio modo di fare, ma proprio non ce la faceva a restare calmo davanti a Yamamoto.
E lo odiò ancora di più, perché a causa sua, lui stava venendo meno ai suoi doveri come destro del Decimo.
 
Perso nei suoi pensieri, non si accorse che qualcuno l’aveva seguito fuori dal laboratorio e solo quando si sentì afferrare nuovamente per un braccio, fu costretto a fermarsi.
Si voltò e per la seconda volta si ritrovò davanti il volto di Yamamoto e la sua mano stretta attorno al suo polso.
<< Gokudera, dobbiamo parlare >> dichiarò quello col tono di chi non accetterà un “no” come risposta. Non voleva più scappare.
Quella mattina, mentre veniva a scuola, si era detto che avrebbe chiarito con Gokudera a tutti costi, ma quando l’aveva incontrato all’ingresso e aveva rivisto quel suo sguardo glaciale, aveva perso tutto il suo coraggio e non era riuscito a dire niente. Ma quello che era appena successo in laboratorio gli aveva fatto capire che non poteva più restare con le mani in mano, aspettando che il bombarolo si calmasse: Gokudera era talmente testardo e riservato che non avrebbe mai mostrato una singola apertura in cui il moro avrebbe potuto infilarsi.
Yamamoto doveva affrontarlo di petto e rompere lui il muro, altrimenti rischiava di dire addio a quell’amicizia troppo importante.
Se per fare questo, doveva farsi picchiare una, due o anche tre volte, ne sarebbe valsa la pena.

Voleva solo che tutto fosse come prima. Che insieme potessero tornare a divertirsi a casa di Tsuna, che Gokudera sbuffasse e lo chiamasse “idiota del baseball” ma che alla fine gli fosse comunque amico, che lo aiutasse a studiare, anche se i risultati non erano mai quelli sperati, che lo rimproverasse per il suo ottimismo e la sua allegria, ma che poi sorridesse anche lui.
Gli bastava questo: perciò non aveva intenzione di arrendersi.







Oh-oh, ciaossu a tutti, bella gente!! >.< Lux_daisy is back!
XD ok, credo di stare ancora smaltendo lo stress post-esami e forse nn ci sto molto con la testa, ma, ahimè, sopportatemi <3 il fandom mi mancava e volevo assolutamente tornare, così sono finalmente riuscita ad aggiornare questa fic che spero interessi ancora a qualcuno ^^
beh che dire, questo capitolo è un po' introspettivo e un po' di passaggio... Yama è triste, Goku è arrabbiato, Tsuna è confuso e Tamamura è un bastardo (come se non si sapesse già u.u)... insomma, sono tutti messi bene-bene X)
chiedo scusa per non aver risposto alle recensioni dello scorso capitolo *si inchina* ma sappiate che le ho lette e che mi hanno hanno fatto tanto-tanto-tanto piacere <3 <3 <3 prometto che da ora risponderò il prima possibile, quindi se volete lasciarmi un commentino io sono qua :D ringrazio come sempre tutti voi che mi seguite, che mi scrivete e che leggete <3 vi abbraccio tutti e intanto vi auguro buona estate!
PS: cercherò di essere molto più rapida negli aggiornamenti

 

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Capitolo 6
*** #6-La fortuna guida dentro il porto anche navi senza pilota ***


La fortuna guida dentro il porto anche navi senza pilota

 




<< Gokudera, dobbiamo parlare >>
 
La Tempesta fissò la Pioggia per lunghi secondi, le sopracciglia aggrottate e la bocca ridotta a una linea sottile. Erano da soli, immobili in mezzo al corridoio e Yamamoto teneva ancora la mano stretta attorno al polso dell’altro.
Gli occhi verdi furiosi scrutarono quelli nocciola, decisi ma allo stesso tempo supplichevoli.
<< Ti prego, fammi spiegare >> insistette il moro, rafforzando la presa sul braccio del bombarolo, quasi a voler sottolineare l’urgenza delle sue parole.
Gokudera abbassò lo sguardo sulla mano dell’altro per poi strattonare il braccio e liberarsi. << Non ho voglia di sentire le tue stupide scuse >> disse lapidario; si voltò e ricominciò a camminare, ma Yamamoto lo afferrò per le spalle e lo costrinse a voltarsi.
<< Voglio spiegarti cos’è successo. È stato tutto un equivoco: non sono stato io a mettere in giro quelle voci, credimi >> rispose con enfasi, la voce accesa e gli occhi che non perdevano il contatto con quelli dell’altro.

Hayato schiuse la bocca e si disse che voleva credergli, perché, se l’avesse fatto, tutto sarebbe tornato come prima: avrebbero potuto punzecchiarsi e battibeccare e lui avrebbe potuto continuare a fingere che la compagnia del moro lo irritasse e avrebbe smesso di sentirsi a disagio e in imbarazzo sia con lui che davanti al Decimo.
<< E chi altro avrebbe potuto farlo?! >> sbottò invece, << esclusi noi due, solo il Decimo sapeva del pomeriggio al luna park e di certo lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Perciò resti solo tu >>.
Il volto di Takeshi fu attraversato da un’ombra di tristezza e per un attimo il suo sguardo si abbassò.
Gokudera, che interpretò quel gesto come una dimostrazione di colpevolezza, sentì la rabbia crescere nuovamente. << Tsk! Avevo ragione >>.
La Pioggia sapeva che se avesse voluto provare ad ottenere il perdono, avrebbe dovuto confessare tutto quanto, così prese un respiro e parlò. << È stato Tamamura-senpai a far girare quelle voci su di noi >>.
L’altro lo fissò sgomento e confuso. << Il capitano della tua squadra? >>. Cosa diavolo c’entrava lui in tutta questa storia?

Il moro distolse gli occhi per un momento e si morse il labbro, ben consapevole delle conseguenze di ciò che stava per dire.
Una parte di lui non voleva raccontargli la verità, perché avrebbe significato ammettere che gli aveva mentito e l’aveva ingannato a causa di una stupida scommessa. E se Gokudera l’avesse odiato ancora di più? E se non l’avesse più voluto perdonare? Riportò lo sguardo sulla Tempesta e deglutì a vuoto.
Ormai non poteva più tirarsi indietro. Doveva arrivare fino in fondo.
 
Gli raccontò tutto, dalla scommessa che aveva ingenuamente fatto con Tamamura alla “punizione” a cui questi l’aveva costretto, dalla bugia del suo appuntamento con una ragazza alle prove che aveva dovuto raccogliere e mostrare al suo senpai.
Mentre la sua voce tremava e il suo volto si faceva più colpevole man mano che andava avanti nel racconto, gli occhi di Gokudera si sgranavano e il suo corpo si irrigidiva man mano che ascoltava la confessione dell’altro.

Era stato tutto… un inganno? Una gigantesca bugia?
Takeshi Yamamoto, l’idiota del baseball dal perenne sorriso, il tipo dall’animo puro e ingenuo che credeva ancora che quello della mafia fosse solo un gioco, l’aveva guardato in faccia e gli aveva mentito?
Gli aveva raccontato una frottola dietro l’altra, aveva persino organizzato un piano per raggirarlo, e tutto questo solo per una scommessa?
E ora se ne stava lì, davanti a lui, con le spalle basse, gli occhi spenti e un’espressione colpevole e sofferente sul volto.
Non riusciva a crederci. Non voleva crederci.
 
<< Gokudera, mi dispiace. Davvero >> disse alla fine, dopo alcuni secondi di silenzio, << so che ho sbagliato: non avrei dovuto ingannarti in quel modo… ma il fatto è che non volevi ferirti. Pensavo di poter risolvere tutto senza crearti problemi, ma sono stato un ingenuo. E uno stupido e ti chiedo scusa >>. Detto questo, si inchinò e rimase in quella posizione, in attesa. Nella speranza che l’altro gli dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
 
Trascorsero lunghi attimi nei quali Hayato cercò di dare un ordine alla confusione che gli regnava dentro. Si sentì ancora una volta come spezzato in due: da un lato desiderava ardentemente sfogare la sua rabbia colpendo il moro con tutta la forza che aveva, dall’altro si diceva che almeno adesso capiva cos’era veramente successo e che Yamamoto sembrava davvero pentito delle sue azioni.
Poteva perdonarlo così facilmente dopo il modo in cui si era comportato?
Non sapeva davvero cosa fare, ma per sua fortuna, o sfortuna, l’arrivo improvviso di qualcuno lo tolse dall’impiccio.
<< Perché voi due erbivori non siete in classe? >>.
 
Gokudera si voltò di scatto: a pochi metri dietro di lui, in mezzo al corridoio, si stagliava la figura di Kyoya Hibari, gli occhi di ghiaccio puntati su di loro, affilati come quelli di un predatore pronto all’attacco.
Yamamoto si costrinse a risollevare il busto e i tre ragazzi si fissarono in silenzio, finché il Presidente del Comitato Disciplinare non riprese la parola. << A nessuno è permesso gironzolare per la scuola durante l’orario delle lezioni. Spero che voi due abbiate un buon motivo per aver infranto una regola della Naminori >>.
 
“Ci mancava solo il sociopatico”, pensò Hayato con una punta di fastidio.
Fastidio che si attenuò l’istante successivo, quando si rese conto che l’arrivo di Hibari l’aveva appena salvato dal dover continuare ad affrontare Yamamoto. Si infilò le mani in tasca e prese a camminare proprio verso il Guardiano della Nuvola, il quale lo seguì col suo sguardo freddo fino a che l’argenteo non si fermò proprio accanto a lui, le spalle che quasi si sfioravano.
La Tempesta voltò leggermente la testa verso Hibari e lasciò che un’espressione arrogante affluisse sul suo viso. << Stavo andando in bagno; o anche pisciare è contro le regole della Naminori? >>.
Ovviamente non si aspettava una risposta, perciò riprese subito a camminare e si allontanò lungo il corridoio, sparendo poi alla vista degli altri due appena svoltato un angolo.
 
Kyoya riportò allora la sua attenzione all’altro erbivoro rimasto e per la prima volta da quando lo conosceva, si sorprese nel notare come il suo volto, di solito accompagnato da quell’irritante sorriso idiota, esprimesse tristezza, delusione e rassegnazione.
Forse fu proprio quella vista, così insolita e difficile da credere, che lo fece desistere dal tirare fuori i tonfa e dare al moro una bella lezione. << Torna subito in classe prima che decida di farti assaggiare la mia punizione >>.
Detto questo, si voltò e se ne andò, lasciando un imbambolato Takeshi da solo, in mezzo a un corridoio deserto e silenzioso.
 
 
 
 
Alla fine Gokudera in bagno ci andò davvero, anche se non ne aveva alcun bisogno. La verità era che non sapeva dove altro andare e i suoi piedi l’avevano portato là prima che se ne rendesse conto.
Non voleva tornare in classe, ma non aveva neanche voglia di uscire da scuola e andare in giro come un’anima in pena, senza niente da fare. Avrebbe solo voluto annullare se stesso per un po’ e smettere di pensare.
Peccato che, pur essendo chiuso in uno dei singoli bagni e seduto sul water da quasi dieci minuti, non fosse riuscito nel suo intento.
 
All’improvviso il volto sorridente del Decimo gli balenò in mente, fugace come un lampo durante un temporale: lui non gli avrebbe mai fatto passare tutto questo, non l’avrebbe mai ingannato, non gli avrebbe mai raccontato bugie.
Il suo Boss era troppo buono e aveva un cuore troppo grande per tali bassezze. Sospirò, sconsolato e si strinse le gambe al petto, appoggiando poi il mento sulle ginocchia.
 
…il fatto è che non volevi ferirti.
 
“Bella pensata, idiota: ci sei riuscito comunque!”.
 
Momento! Yamamoto l’aveva ferito? Lui si sentiva ferito? Perché?
“Perché me la prendo così tanto? È solo l’idiota del baseball!”.
 
Sgranò gli occhi ai suoi stessi pensieri e non poté impedirsi di sentire un brivido d’angoscia lungo la schiena.
All’inizio aveva provato rabbia e disgusto perché convinto che l’altro avesse messo in giro la voce che loro due stavano insieme, ma adesso sapeva la verità, solo che non era sicuro di cosa fosse peggio.
Lo feriva e irritava il fatto che gli avesse mentito o il motivo per cui l’aveva fatto, una stupida scommessa con il suo capitano?
“Ah, merda! Non ci capisco più niente!”.
 
 
Proprio in quell’istante udì le voci di due ragazzi che entravano nel bagno: non avrebbe prestato loro attenzione se, tra le loro parole, non avesse colto i nomi “Yamamoto” e “Tamamura”.
Rimase immobile sul gabinetto e tese le orecchie.
 
<< Quindi alla fine Yamamoto non ti ha colpito? >>.
<< Tsk, quel pivello ha voluto fare il superiore >>.
<< Ahah, Tamamura, sei proprio incredibile! Hai messo in piedi questa sceneggiata solo per far incazzare Yamamoto e spingerlo a picchiarti, così da poterlo buttare fuori dal club! Io non ci avrei mai pensato >>.
<< Perché non pensi abbastanza in grande, Kojida. Dovevo sbarazzarmi di lui, ma non potevo certo convincerlo a lasciare il club. Quell’idiota non l’avrebbe mai fatto, così ho pensato di divertirmi a sue spese… >>.
<< Ma il tuo piano non è riuscito, Tama-chan. Nonostante il casino che hai creato, Yamamoto non ha fatto niente di male e non puoi buttarlo fuori dalla squadra. Che farai adesso? >>.
 
Trascorsero alcuni secondi di silenzio, interrotti solo dallo scrosciare dell’acqua dei rubinetti.
<< Non lo so ancora, ma qualcosa mi inventerò. Però ti posso assicurare che la faccia di Yamamoto è stata semplicemente impagabile >>, il tono di voce si fece subito divertito, << avresti dovuto vederlo: era così incazzato e frustrato all’idea che il suo piccolo amico teppista lo odiasse che, se non fossi stato io a mettere in giro quelle voci, giurerei che c’è davvero qualcosa tra di loro >>.
 
Gokudera sentì i due scoppiare a ridere e strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nella carne. Immaginò se stesso spalancare la porta, afferrare le teste di quei due e fracassarle sul lavabo; invece, rimase fermo al suo posto finché non sentì le loro voci e risate affievolirsi fino a scomparire del tutto, segno che erano andati via.
Solo dopo lunghi momenti si portò una mano al petto e si ricordò di respirare, mentre la rabbia per ciò che aveva appena ascoltato e che gli aveva ovattato tutti i sensi cominciò lentamente a scemare, ma senza sparire del tutto.
 
Per quanto avesse vissuto nell’ambiente della mafia fin da piccolo e fosse abituato alle persone false e doppiogiochiste, un simile comportamento gli sembrò assolutamente assurdo e infantile.
Come poteva il capitano di una squadra cercare di sbarazzarsi di un compagno con mezzi tanti infidi? Come si poteva scendere così in basso per una cosa del genere?
 
La Tempesta si alzò lentamente dal water e altrettanto lentamente uscì dal bagno. Una volta fuori, si diresse verso il tetto della scuola.
“Fumare. Ho bisogno di fumare”.
Se lo ripeté come un mantra per tutto il tragitto e quando aprì la porta con il cartello “Vietato l’ingresso”, tirò subito fuori il pacchetto di sigarette e ne estrasse una.
Se la portò alla bocca e l’accese, ma per poco non gli cadde dalle labbra quando si accorse di non essere solo.
 
Dalla parte opposta rispetto a lui, con la schiena poggiata alla ringhiera che delimitava una parte del tetto, Yamamoto se ne stava seduto per terra, le gambe incrociate e lo sguardo perso nel vuoto.
Gokudera si sentì trattenere il respiro e lo osservò per alcuni secondi prima di decidere che no, non voleva rimanere là con lui, solo loro due.
Il fato o la dea bendata però non sembrarono condividere la sua idea, perché una folata di vento più forte fece chiudere la porta con un rumore violento che risuonò per tutto il tetto e spinse Yamamoto a sollevare lo sguardo, incrociando così quello dell’altro.
 
Il moro sgranò gli occhi, sorpreso, come se fosse stato beccato a fare qualcosa di sbagliato, mentre Hayato distolte subito i suoi e si infilò le mani in tasca, salvo poi ricordarsi che aveva ancora la sigaretta accesa tra i denti.
La prese tra le dita e buttò fuori il fumo.
Il tempo sembrò fermarsi mentre i due ragazzi restavano immobili, senza sapere cosa fare.
 
Alla fine, sorprendendo persino se stesso, fu Gokudera ad incamminarsi verso Takeshi, che continuò a fissarlo con un’espressione che la Tempesta avrebbe definito da “ebete”.
L’argenteo si fermò a pochi passi e gli si sedette accanto.
La Pioggia voltò la testa verso di lui, chiedendosi se per caso si fosse addormentato sul tetto della scuola e quello fosse tutto un sogno.
<< Se non la pianti di fissarmi in quel modo, ti faccio fare un bel volo di sotto >> lo minacciò Gokudera con il suo tipico tono scazzato, senza però guardarlo in faccia.
 
Nonostante le parole dell’altro - o forse proprio perchè gli sembrarono così familiari - Yamamoto non poté impedirsi di provare un pizzico di sollievo e, come conseguenza, le sue labbra si curvarono in un leggero sorriso.
Decisamente no, non stava sognando.
 
Hayato, invece, sentì un velo di preoccupazione ricoprirlo dalla testa ai piedi. “Che diavolo sto facendo? Perché non me ne sono andato subito? Perché mi sono avvicinato? Checazzostasuccedendo?”. Prese una lunga e profonda boccata dalla sigaretta e, sollevata la testa verso l’alto, lasciò scivolare il fumo fuori dalle sue labbra, socchiudendo le palpebre per un istante e sperando davvero che la nicotina riuscisse a calmarlo un po’.
 
Dal canto suo Yamamoto si sorprese ad ammirarlo incantato e solo quando l’altro riaprì gli occhi e lo guardò di traverso, distolse lo sguardo e lo puntò sul pavimento sporco e scolorito.
 
<< Perché non sei tornato in classe? >>. Ancora una volta fu Gokudera a fare la prima mossa, sorprendendo entrambi.
Il moro sollevò di poco la testa e si accorse che l’altro continuava a non guardarlo, rivolgendo la sua attenzione al cielo azzurro e terso sopra di loro.
<< Non ne aveva voglia >>, disse sinceramente, << e poi non ci capisco niente di tutte quelle cose scientifiche >>. La sua voce si fece più allegra, ma il bombarolo capì che si stava sforzando di comportarsi nel suo tipico modo scherzoso.
Di nuovo due flussi di pensieri contrastanti si fecero strada in lui: da un lato provò rabbia perché Yamamoto stava fingendo, dall’altro pensò che vedere l’idiota del baseball senza il suo solito sorriso era stato fin troppo strano e che, in fondo, un sorriso forzato era sempre meglio di quell’espressione da cane bastonato.
“Ma a che cavolo sto pensando?!”.
Non sapendo che dire, si limitò a una specie di grugnito d’assenso e riprese a fumare in silenzio. Prima che se ne rendesse conto, aveva già terminato la sua sigaretta; con uno sbuffo irritato spense la cicca per terra e la lanciò lontana.
La nicotina non aveva fatto molto effetto e lui si sentiva ancora confuso e a disagio, così si alzò in piedi, deciso ad andarsene, ma la voce del moro lo fece fermare.
<< Gokudera, aspetta! Riguardo a prima… >>.
 
La Tempesta sapeva che si stava riferendo alla discussione in corridoio e al fatto che gli avesse chiesto di perdonarlo: voleva ancora la sua risposta.
Risposta che lui però non aveva. O almeno, non aveva quella che l'altro voleva sentirsi dire.
Si voltò verso Yamamoto, ancora seduto per terra, e si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Non credo di poterti perdonare così facilmente. Anche se ho capito le tue motivazioni e anche se ora so che non sei stato tu a mettere in giro quelle voci, sono ancora troppo incazzato per il tuo comportamento da idiota >>.

Lo sguardo della Pioggia divenne un incrocio di confusione e tristezza, ma Gokudera riuscì a leggerci anche qualcos’altro: una piccola, minuscola, quasi irrisoria scintilla di speranza di ricevere il perdono tanto bramato, prima o poi, e per un qualche motivo sconosciuto, l’argenteo non se la sentì di spegnerla. << Dammi un po’ di tempo, ok? >>.
Senza dare all’altro il tempo di dire qualcosa, si allontanò rapido e rientrò dentro, mentre le labbra di Takeshi si curvarono in un sorriso e questa volta, fu un sorriso sincero.
Forse non era ancora tutto perduto…







Ciaossu a tutti, bella gente!! ^^ spero di essere stata abbastanza puntale con questo aggiornamento e che questo capitolo vi sia piaciuto <3
all'inizio volevo tormentare ancora un po' i nostri cuccioli, ma non con questi 2 non riesco proprio ad essere sadica XD -chi ha letto la mia fic Spesso amore e odio vanno insieme sa che posso essere anche tragica con i miei (si fa per dire) personaggi u.u - ma Takeshi e Goku-chan mi fanno troppa tenerezza >.< <3 però in effetti la storia non è ancora finita, potrei sbizzarrirsi nei prossimi cap XD ma non spaventatevi xkè non ho ancora deciso niente: diciamo che sto scrivendo di getto e ancora non so bene come si evolverà la storia...
in questo cap almeno abbiamo scoperto le motivazioni molto poco nobili di Tamamura (che ormai tutti voi vorreste vedere morto e stramorto XD) e Gokudera sembra finalmente essersi calmato e Takeshi ha di nuovo riacquistato il suo sorriso *_* yeah!
ciancio alle bande (?), mi sono dilungata fin troppo: ringrazio come sempre di cuore tutti voi che avete letto, commentato e messo la storia tra le seguite <3 vi vu bi (e ricordate che i commenti sono sempre graditi e fanno bene all'anima u.u)
un abbraccio e alla prossima - che spero sarà presto ^^

 
 
 

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Capitolo 7
*** #7-Il destino mescola le carte e noi giochiamo ***


Il destino mescola le carte e noi giochiamo*

*Arthur Schopenhauer

 



Quotidianità.
Gokudera non aveva mai dato peso a questa parola e a tutto ciò ad essa collegato, semplicemente perché non c’era mai stato niente a cui dare peso.
La quotidianità implicava routine, schemi e azioni che si ripetevano sempre uguali e che proprio per questo loro essere sicuri non destabilizzavano la normale vita di tutti i giorni.
Ma quella mattina qualcosa cominciò a cambiare. Dall’esterno sarebbe potuto sembrare tutto ordinario: Sawada, Gokudera e Yamamoto che entravano a scuola insieme, una vista a cui tutti erano ormai abituati. E anche i tre ragazzi si comportavano come al solito e Tsuna si sentì subito sollevato al pensiero che i suoi migliori amici avessero finalmente risolto i loro problemi.
Takeshi rideva e chiacchierava come al solito, ma un occhio attento avrebbe notato un ombra di imbarazzo e disagio, soprattutto quando i suoi occhi incontravano quelli di Hayato; e alla Tempesta tutto questo non sfuggì.

Per la prima volta si sentì davvero consapevole della presenza della Pioggia vicino a lui: del modo in cui camminava e in cui ogni tanto si accarezzava la nuca in un gesto inconscio, della mano che si stringeva alla tracolla della borsa o delle dita lunghe e affusolate che battevano ritmicamente sulla superficie.
Era una sensazione strana e fastidiosa, che lo portava a chiedersi se stesse osservando l’altro più del dovuto o se quei dettagli li cogliesse senza rendersene conto. Gli sembrava assurdo il suo stesso modo di pensare, ma  da quando gli aveva concesso una tregua, chiedendo di avere più tempo, le cose che sembravano esser tornate come prima, in realtà non lo erano. O almeno non del tutto.
Erano piccole cose, dettagli a cui era difficile fare attenzione, ma erano diversi. Non tanto da diventare gravi, ma abbastanza da destabilizzare la sua quotidianità.
Prima d’ora Gokudera non aveva mai notato come la presenza di Yamamoto riempisse il suo spazio circostante e questo era ormai innegabile.
Così tanto da rendergli quasi impossibile ignorarlo, fingere di non sentirlo.

Come quando una mattina, durante una pausa tra una lezione e l’altra, nell’attesa che arrivasse l’insegnante, la risata cristallina del moro risuonò nell’aula e nonostante le voci e i rumori, l’argenteo si voltò e i suoi occhi si posarono subito su Yamamoto. Era in piedi, appoggiato al suo banco e chiacchierava allegro con altri due ragazzi. D’un tratto uno di questi mise una mano sulla spalla del Guardiano, dicendogli qualcosa che Gokudera non riuscì a sentire, ma che dovette essere molto divertente perché Yamamoto scoppiò a ridere, contagiando gli altri.
Guardandoli, la Tempesta provò un insolito fastidio alla bocca dello stomaco a cui non seppe dare un nome, ma che lo portò ad aggrottare le sopracciglia e a serrare le labbra.
In quell’istante la Pioggia, sentendosi osservato, lasciò vagare lo sguardo per la classe fino ad incrociare quello dell’argenteo; sgranò leggermente gli occhi, sorpreso che l’altro lo stesse fissando, ma non fece in tempo a fare altro perché Gokudera, capendo di essere stato beccato, si voltò subito dall’altra parte e poggiò la testa sul banco.
Nessuno si accorse che era arrossito fino alle orecchie.
 
 
 
 
Imbarazzo.
Gokudera non riusciva a pensare a nessun’altra parola che spiegasse come si sentiva in quel momento mentre camminava per strada con Yamamoto al suo fianco.
Erano ormai passati quasi dieci minuti da quando si erano separati da Tsuna e in quel lasso di tempo nessuno dei due aveva spiccicato parola e la Tempesta non aveva potuto evitare di maledirsi per aver annunciato che dato che sarebbe dovuto passare da una libreria, non avrebbe potuto accompagnare a casa il Decimo quel pomeriggio.
Tsuna avrebbe anche potuto unirsi a lui, se Reborn non gli avesse ordinato di tornare subito a casa dopo la scuola, facendogli temere per la sua vita per il modo in cui gliel’aveva detto. “Sicuramente non sarà niente di buono”, aveva pensato con ansia, ma non aveva potuto fare niente se non salutare i suoi amici.
 
Non prima però di suggerire a Yamamoto di accompagnare Gokudera, pensando che sarebbe stata una buona occasione per stare un po’ da soli e chiarire meglio le cose tra loro. Anche se non aveva detto niente, a Tsuna non era sfuggito il fatto che il comportamento dei due negli ultimi giorni sembrasse normale solo all’apparenza. All’inizio non ci aveva fatto caso, convinto che fosse tutto a posto, ma dopo diversi giorni era stato costretto a ricredersi: anche se chiacchieravano tra loro tre, Yamamoto non parlava direttamente con Gokudera e questi faceva altrettanto, tanto che non aveva neanche più chiamato l’altro “idiota del baseball, come invece era solito fare sempre.
Entrambi davano l’impressione di voler portare avanti una convivenza pacifica senza interagire tra loro, ma semplicemente accettando la mera presenza dell’altro e a Tsuna tutto questo non piaceva per niente. Sentiva che c’era qualcosa di sbagliato, ma non aveva la più pallida di cosa fare per sistemare le cose.
Aveva provato a parlarne con tutti e due, ma sia Yamamoto che Gokudera gli avevano dato la stessa risposta, ovvero che era tutto a posto e che lui non doveva preoccuparsi. Ma questo era ovviamente impossibile.
Magari l’idea di lasciarli da soli non sarebbe servita a niente, ma male non avrebbe fatto. O almeno era quello che Tsuna sperava in cuor suo.
 
 
<< Non c’è bisogno che vieni con me, anche se l’ha detto il Decimo >> disse all’improvviso Gokudera, rompendo il silenzio che si era protratto a lungo, << non mi serve la scorta: non sono mica una ragazza >>.
<< Lo so bene che sai badare a te stesso, ma per me non è un problema accompagnarti >> replicò il moro con tono sereno, << e poi non mi dispiace passare un po’ di tempo con te >>.
Il cuore di Hayato accelerò per un attimo, mandandolo in confusione. << E allora perché te ne sei stato zitto tutto il tempo? >> rispose con voce irritata.
<< Pensavo che ti avrebbe dato fastidio se mi fossi messo a parlare, così sono rimasto in silenzio >>.
Il bombarolo lo guardò con la coda dell’occhio e ancora una volta vide quel sorriso forzato che tanto lo aveva irritato. Stava pensando a cosa dire, quando si accorse che erano appena arrivati a destinazione e ringraziò il cielo per averlo tolto da quella situazione imbarazzante.
 
 
Una volta dentro, Gokudera si diresse al reparto che lo interessava e Yamamoto finì per seguirlo, salvo poi spostarsi verso gli scaffali dedicati allo sport. La sua attenzione fu subito catturata dalle copertine dei libri dedicati al baseball e prima che se ne rendesse conto ne aveva già controllati diversi.
Quando ne notò uno interessante in cima allo scaffale, si tolse di dosso il borsone che lo intralciava nei movimenti e si allungò per recuperare il libro; proprio in quell’istante qualcuno gli passò accanto e rallentò appena gli fu dietro.
Fu un movimento rapido di cui Yamamoto neanche si accorse e quando ebbe il volume tra le mani, lo sconosciuto era già arrivato all’uscita senza dare nell’occhio.
 
Alla cassa Gokudera pagò due libri, mentre Yamamoto, seppur desideroso di acquistarne uno, preferì non spendere soldi, date le spese extra che avevano avuto al ristorante a causa di un guasto al congelatore che era stato sostituito d’urgenza.
“Lo prenderò la prossima volta”, si disse sereno, mentre uscivano dalla libreria.
Ma proprio nell’istante in cui oltrepassarono i rilevatori posti all’ingresso, questi presero a suonare, facendo voltare tutti gli sguardi sui due ragazzi, che a loro volta si scambiarono un’occhiata confusa.
“Sarà un falso contatto”, pensò Gokudera. Lui e Takeshi tornarono indietro e riprovarono ad uscire, ma l’allarme trillò nuovamente e sui volti dei due commessi comparvero delle espressioni sospettose. Chiesero loro di controllare le borse e per quanto infastiditi da quella situazione, soprattutto il bombarolo, acconsentirono alla richiesta, sapendo di non avere nulla da nascondere.

Ma quando uno dei commessi -  un ragazzo di circa venticinque anni dal volto regolare e i capelli scuri corti – aprì il borsone di Yamamoto, i suoi occhi si sgranarono per poi affilarsi e il suo viso si irrigidì all’istante.
<< Avevate intenzione di filarvela dopo aver rubato? >>, proruppe all’improvviso con voce fredda, mostrando ai ragazzi il maltolto: una penna stilografica in edizione limitata dal prezzo di 33,500
¥ (circa 245 € ndr).
A quella vista l’incredulità e lo shock si impadronirono dei due Guardiani. Gokudera lanciò un’occhiata al moro e lo vide impallidire, come se tutto il sangue gli fosse defluito dal corpo; aveva l’espressione di chi era stato appena colpito da qualcosa ma non aveva capito né cosa come.
<< I-io… non capisco… >> disse infatti, la voce un sussurro confuso.
Il commesso aggrottò le sopracciglia. << Fammi indovinare: stavi solamente osservando la penna e, senza sapere come, ti è scivolata in borsa senza che tu te ne accorgessi >>. Parlò col tono infastidito e sarcastico di chi ha sentito scuse del genere fin troppe volte e ci ha ormai fatto l’abitudine, seppur controvoglia.
<< No, no, io non ho fatto niente. Non l’avevo neanche vista questa penna. Non l’ho presa io >> si difese Yamamoto con voce accorata, stringendo i pugni.
<< Ma questa borsa è tua, no? Come lo spieghi allora? >> continuò il commesso, che chiaramente non credeva alle parole del ragazzo.
Lo sguardo di Gokudera si era alternato tra i due, la mente in confusione. Una situazione del genere era a dir poco assurda: non poteva credere che stesse succedendo davvero.

<< Io non lo so… >> rispose mesto Takeshi, che sul serio non sapeva come quella penna fosse finita nella sua borsa. Lui non aveva mai rubato nulla in vita sua, neanche una caramella e come figlio di un commerciante biasimava il furto più di altri. Non aveva alcun motivo per rubare, ma era lampante che i commessi non gli credevano. Del resto come avrebbero potuto? Non era nemmeno in grado di dare una spiegazione. Al loro posto, probabilmente si sarebbe comportato allo stesso modo, ma lui era innocente e lo stavano accusando di un crimine che non aveva commesso.
Gli sembrò di essere finito in una di quelle candid camera che si vedono spesso in televisione e desiderò con tutto il cuore che qualcuno uscisse e gli dicesse con un sorriso che era stato tutto uno scherzo.
Ma nessuno uscì e nessuno sorrise.
<< Molto bene >> disse il commesso con tono piatto, << ora chiamerò la polizia e vediamo se continuerai a negare anche davanti agli agenti >>.
Alla parola “polizia” gli occhi dei due ragazzi si sgranarono ancora di più e Gokudera non ci vide più dalla rabbia. << Non prendetemi per il culo! >> sbraitò, battendo i pugni sul bancone e facendo sussultare gli altri, << questo qui >> disse, afferrando Yamamoto per il polso, << è il ragazzo più ingenuo e corretto che io conosca! Non farebbe mai qualcosa di stupido come rubare! Vi state sbagliando >>.
Gli occhi nocciola della Pioggia si posarono sorpresi sull’amico e per un lungo momento Takeshi si dimenticò della situazione in cui si trovava e riuscì solo a pensare al fatto che Gokudera l’avesse difeso con tanta forza, nonostante quello che era successo tra di loro. Sentì il petto invaso da un senso di sollievo all’idea che l’altro si fidasse ancora di lui.

Sollievo che però si spense quando la voce contrariata del commesso riempì di nuovo l’ambiente. << Bene, se sei così convinto dell’innocenza del tuo amico, spiegaci com’è finita la penna nella sua borsa >>.
Hayato si morse il labbro, incapace di rispondere e pur sapendo che quel tipo stava solo facendo il suo lavoro, dovette trattenere a fatica il violento impulso di spaccargli la faccia.
Credeva in Yamamoto al 100%. Sapeva che non sarebbe mai stato capace di rubare, eppure non c’era niente a cui potesse aggrapparsi per difenderlo. L’unica spiegazione che gli veniva in mente era che qualcuno aveva messo di nascosto la penna nella sua borsa, ma non poteva provarlo in alcun modo e senza una prova di qualche tipo, non aveva la più pallida idea di come uscire da quella situazione ai limiti dell’inverosimile.
Il commesso fece scorrere lo sguardo dall’uno all’altro e interpretando quel silenzio come ammissione di colpevolezza, afferrò il telefono e chiamò la polizia.
 
 
 
 
 
Quel mattina Gokudera arrivò a scuola di pessimo umore. Aveva già fumato tre sigarette da quando si era svegliato, ma come ormai gli succedeva da tre giorni, neanche la sua fidata nicotina riuscì a calmare i suoi nervi.
La sua mente continuava a rivivere quello che era successo alla libreria e lui sentiva la rabbia e il senso d’impotenza invadergli le vene e fargliele ribollire.
 
Dopo l’arrivo della polizia, Yamamoto era stato condotto alla centrale e Gokudera era riuscito a convincere gli agenti a farlo venire con loro.
Non riusciva a dare una spiegazione logica al suo comportamento, ma sapeva di non voler lasciare l’altro da solo. Per tutto il tempo Takeshi aveva tenuto lo sguardo basso e le mani intrecciate tra loro, mentre il bombarolo non aveva potuto fare altro che osservarlo in silenzio, senza sapere cosa dire. Quando poi il padre li aveva raggiunti alla stazione, il volto dello spadaccino era stato trasfigurato dall’imbarazzo e dalla vergogna e Gokudera poté quasi giurare di vedere i suoi occhi farsi lucidi. L’uomo però gli aveva sorriso e gli aveva accarezzato i capelli in un gesto affettuoso e la Tempesta seppe con certezza che, come lui, anche il padre era convinto dell’innocenza del figlio. L’aveva cresciuto lui e lo conosceva meglio di chiunque altro: non avrebbe mai potuto dubitare del suo Takeshi – come più volte l’aveva chiamato.

Dal canto suo Hayato aveva inconsciamente provato un sentimento d’invidia nei confronti di quel rapporto così stretto che lui non aveva mai potuto sperimentare, ma allo stesso tempo si era sentito un po’ sollevato all’idea che almeno a casa sua il moro non avrebbe avuto qualcuno che lo accusava e rimproverava ingiustamente.
Data la minore età del figlio, Yamamoto senior aveva potuto riportarlo a casa e i tre si erano salutati a metà strada e mentre Gokudera li guardava allontanarsi, si disse che la faccenda non era ancora conclusa.
 
 
 
Il giorno dopo era arrivata la notizia della sospensione da scuola di Yamamoto.
Nonostante lui continuasse a dichiararsi innocente e nonostante le condizioni attenuanti, il Preside della Namimori non aveva potuto ignorare la comunicazione delle autorità ed aveva stabilito la sospensione dalle lezioni per due settimane.
La novità non era certo potuta rimanere nascosta e tutta la scuola non faceva che parlare dell’accaduto. Ogni volta che sentiva i pettegolezzi su Yamamoto, Gokudera provava l’istinto di prendere a pugni qualcuno o far saltare in aria qualcosa, ma l’intervento calmo di Tsuna riusciva a placare la sua rabbia.
Il Braccio Destro aveva raccontato i fatti al Decimo, ritrovando ovviamente anche in lui la fiducia nell’innocenza di Yamamoto, ma la preoccupazione di entrambi non si attenuava.
 
Più ci pensava, più Gokudera si convinceva che dietro tutta quella storia ci fosse Tamamura e ogni volta che la sua faccia gli tornava in mente, lo facevano anche le parole che aveva sentito pronunciare a lui e al suo amico giorni prima.
 
Ma il tuo piano non è riuscito, Tama-chan. Nonostante il casino che hai creato, Yamamoto non ha fatto niente di male e non puoi buttarlo fuori dalla squadra. Che farai adesso?
 
Non lo so ancora, ma qualcosa mi inventerò.
 
 
La Tempesta sapeva che quel tipo non aveva ancora abbandonato l’idea di sbarazzarsi di Yamamoto e questo “incidente” sembrava avere avuto un tempismo fin troppo perfetto, considerato soprattutto il fatto che la sospensione da scuola implicava anche la sospensione dalle attività del club di baseball.
Sospensione che sarebbe potuta diventare permanente se Tamamura avesse convinto l’allenatore e la squadra a non riprendere Yamamoto.
“Dannato bastardo!”.
Il solo fatto che il colpevole delle voci sulla relazione tra lui e Yamamoto fosse proprio Tamamura, per Gokudera era un motivo più che sufficiente per odiarlo e per desiderare di vendicarsi, ma tutto quello era più di quanto avrebbe mai potuto sospettare.
Non aveva nessuna prova che il Capitano della squadra avesse incastrato Yamamoto, ma la Tempesta lo sapeva.
Lo sapeva in un modo illogico e inconscio che non riusciva a spiegare a parole, ma che allo stesso tempo gli sembrava fin troppo chiaro per ignorarlo.
Doveva parlare con Takeshi e forse insieme avrebbe potuto organizzare un contrattacco.
 
 
 
<< Che vuol dire che non farai niente?! >>, sbraitò il bombarolo, fissando il moro con aria incredula.
 
Erano nella stanza di Yamamoto e mentre questi era seduto per terra con le gambe incrociate sotto il tavolino, Gokudera se ne stava in piedi, i pugni stretti lungo i fianchi e gli occhi sbarrati.
Come deciso a scuola di mattina, quello stesso pomeriggio l’argenteo era andato a casa di Takeshi e gli aveva raccontato tutto ciò che aveva saputo su Tamamura, condividendo la sua idea su come il suo Capitano fosse il colpevole anche del furto alla libreria.
Si era aspettato una reazione sorpresa, sconvolta, invece, Yamamoto gli era sembrato più che altro ferito. In realtà aveva già avuto un sospetto su quali fossero le intenzioni di Tamamura, ma al posto di rabbia riusciva solo a provare sofferenza e rassegnazione.
 
<< L’hai capito o no che quello stronzo vuole buttarti fuori dal club?! >> continuò Gokudera a voce alta, << e hai comunque intenzione di startene fermo a lasciargli fare quello che gli pare?! >>.
Il moro alzò lo sguardo verso l’amico e pur capendo in parte la sua rabbia, non la condivideva. << Quando sono entrato nel club, il senpai è stato un punto di riferimento per me. Nonostante le cose che può o meno aver fatto, non voglio vendicarmi di lui >>.
L’altro schiuse la bocca e sentì la rabbia stringergli la gola per un attimo. << E quindi lascerai che lui ti faccia passare per un ladro, che ti butti fuori dalla squadra, solo perché in passato è stato gentile con te?! Cavolo, sapevo che eri un’idiota, ma non fino a questo punto >>.
Non riusciva proprio a capirlo! Da quando era diventato il tipo di persona che si arrende senza combattere?
 
Senza spostarsi dalla sua posizione, Yamamoto parlò nuovamente con tono calmo. << Non puoi avere la certezza che sia stato lui. La tua è soltanto una supposizione: come fai a sapere…>>.
<< LO SO E BASTA! >> gridò ancora più forte Gokudera, sorprendendo se stesso l’istante dopo e lasciando l’altro ad occhi sgranati.
Perché se la stava prendendo tanto? Perché non riusciva a darsi pace? La scuola aveva già dimenticato le voci sulla presunta relazione tra loro due e ormai lui non aveva più niente a che vedere con tutta quella faccenda, ma allora perché?
Perché lo faceva incazzare così tanto che Yamamoto non reagisse?
<< Lo so e basta >> ripeté con voce molto più bassa, << e non riesco a credere che tu non voglia neanche difendere il tuo orgoglio. Che razza di Guardiano sei? Stai persino facendo preoccupare il Decimo! E poi non dicevi che il baseball era la cosa più importante per te? E lo vuoi perdere così, senza neanche provare?! >>.
 
No! Non è quello che voglio dire!
 
<< Se devi combattere per gli altri è okay, ma se si tratta di lottare per te stesso, ti tiri indietro? È questo il vero Yamamoto Takeshi? >>.
 
No, stai zitto! Non dire altro!
 
<< Se le cose stanno così, allora meriti davvero di perdere la cosa più importante >>.
 
No, io non volevo…
Vide il volto del moro contrarsi in un’espressione di sofferenza e per un attimo, in un angolo recondito della sua mente, Gokudera provò lo strano desiderio di abbracciarlo e di confortarlo, come nessuno faceva più con lui da tempo e come lui stesso non era abituato a fare nei confronti degli altri.
Fu rapido come un battito di ciglia, ma abbastanza forte da rimargli impresso e questo non fece altro che aumentare la sua frustrazione.
Da quando era iniziata tutta quella storia non riusciva più a mettere ordine nelle sue emozioni che si ingarbugliavano e accartocciavano su  se stesse, rendendogli impossibile distinguere ciò che era normale da ciò che non lo era più. Anche se era passata poco più di una settimana dal giorno in cui gli aveva tirato un pugno sul naso, a Gokudera sembrò che fosse trascorso molto più tempo e che le cose fossero cambiate molto più di quanto volesse ammettere con se stesso.

Se qualcuno gli avesse detto che un giorno lui si sarebbe preoccupato e angosciato così tanto per una cosa successa all’idiota del baseball, avrebbe preso quel qualcuno a pugni senza pensarci due volte. Invece, ora era là, a casa di Yamamoto, tremante di rabbia verso Tamamura perché era un fottuto bastardo, verso il moro perché non voleva reagire e verso se stesso perché se la stava prendendo tanto da sbraitare.
Non era neanche un problema suo, eppure non riusciva a rimanere calmo e a far finta che andasse tutto bene.
Non sapeva neanche cosa lo facesse incazzare di più, se il fatto che fosse proprio lui quello a prendere più a cuore tutta quella faccenda o il fatto che fosse il moro a non prenderla abbastanza a cuore.
Sapeva solo di essere abbastanza infuriato da non avere intenzione di starsene  con le mani in mano mentre Tamamura gongolava e Yamamato si autocommiserava.
 
Rimasero in silenzio per lunghi momenti, senza neanche guardarsi in faccia, mentre quella stanza sembrava essere diventata d’un tratto troppo piccola.
La Tempesta prese un profondo respiro e lasciò che la rabbia si trasformasse in determinazione.
<< Fa’ come vuoi >> sputò con stizza, per poi voltarsi verso la porta. Posò la mano sulla maniglia e si fermò: sentiva lo sguardo dell’altro su di lui, ma quando parlò di nuovo, non si girò e continuò a dargli le spalle.
<< Se hai intenzione di rimanere qua a piangerti addosso, sono affari tuoi, ma io non resterò fermo a guardare. Se non vuoi salvarti da solo, allora lo farò io per te >>.
La sua voce fu salda e controllata, ma lo stesso non si poté dire del suo corpo e delle sue emozioni. Imbarazzato e confuso dalle sue stesse parole, Gokudera uscì rapido dalla stanza e si precipitò fuori dal ristorante, le guance color porpora e il battito del cuore che gli rimbombava nelle orecchie.








Ciaossu a tutti, bella gente! ^^ innanzitutto mi scuso per il ritardo (anche se spero che non sia troppo) e per non aver risposto alle recensioni dello scorso capitolo... gomen *si inchina* ma in queste settimane sono finita in una sorta di stato semiletargico in cui oltre ad andare a mare quando potevo, non facevo altro che mangiare e dormire, soprattutto dormire XD insomma, ero diventata peggio di un bradipo... poi colpita dall'ispirazione, mi sono ritrovata a scrivere questo capitolo in 2 giorni e come sempre spero che vi sia piaciuto :D come avete visto, i problemi non sono ancora finiti... questa volta sarà Gokudera l'eroe che salverà Takeshi? u.u
devo dire che sto scrivendo qualcosa di diverso dal solito e mi sta piacendo abbastanza, quindi se mi riesce questa storia continuerà per altri capitoli, anche se non sarà molto lunga... ma forse dovrete aspettare 1-2 cap per qualcosa di più yaoi diciamo >.<
ringrazio di cuore musa07, Maki Chrome, Isle e Kyoite per aver commentato lo scorso capitolo <3 e tutti voi che leggete e seguite la mia storia ;D vi abbraccio tutti e vi auguro buone vacanze (anche se quest'anno il tempo è proprio pazzo...)
un saluto e alla prossima XOXO

 

 

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Capitolo 8
*** #8-La fortuna ama le persone non troppo sensate ***


La fortuna ama le persone non troppo sensate*


*Erasmo Da Rotterdam



 
 
Gokudera sospirò e si sistemò il cappello in testa, calandosi meglio la visiera sugli occhi, nascosti da un paio di occhiali da sole. Allungò il collo e sbirciò dietro l’angolo della strada al quale si era fermato.
“Finalmente ci siamo” pensò con trepidazione, scrutando Tamamura che si incontrava con altri ragazzi, di sicuro suoi amici.
 
 
Dopo aver deciso di voler aiutare Yamamoto, aveva iniziato ad osservare Tamamura con estrema attenzione. Qualcuno avrebbe potuto contestargli che lo stesse praticamente stalkerando, ma per Gokudera quello era l’unico modo per scoprire le sue mosse e i suoi punti deboli.
“Conosci il tuo nemico” era il primo passo verso la vittoria e la Tempesta aveva tutte le intenzioni di vincere.
Non sapeva neanche perché si fosse tanto arrabbiato per quello che era successo al punto da decidere di scendere in campo, ma si disse che non aveva più molta importanza.
 
Semplicemente non era riuscito a sopportare la vista di Yamamoto in quelle condizioni.
Doveva fare tutto ciò che era in suo potere per salvare l’idiota del baseball. Il perché lo volesse non gli era ancora chiaro, ma aveva comunque deciso di non interrogarsi oltre.

Del resto era anche una questione personale, dato che Tamamura, per sbarazzarsi di Takeshi, aveva coinvolto anche Hayato.
Una volta sistemato il senpai, avrebbe messo ordine anche dentro di sé.
 
E così, eccolo là, camuffato e nascosto, a pedinare Tamamura per il quarto giorno consecutivo. Per quanto all’inizio, complice la rabbia, avesse optato per una linea d’azione decisa, ovvero picchiarlo a sangue finché non avesse confessato, con la razionalità venuta fuori con la calma aveva capito che in quel modo non sarebbe arrivato da nessuna parte, anzi, avrebbe solo rischiato di peggiorare le cose.
 
Tamamura era un tipo più falso e subdolo di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, quindi per sconfiggerlo, bisognava essere più furbi di lui e ripagarlo con la stessa moneta.
Da qui, la decisione di pedinarlo per scoprire qualsiasi cosa potesse essere utile. Doveva trovare le prove della sua colpevolezza, anche se in effetti non c’era nessun indizio che Tamamura fosse coinvolto nel furto alla libreria, se non la certezza assoluta da parte di Gokudera.
 
 
Per i primi tre giorni non era successo niente di rilevante e Hayato aveva cominciato a dubitare di se stesso: Tamamura si era comportato normalmente a scuola, non aveva parlato di nulla di compromettente e anche fuori non aveva fatto alcunché degno di nota, tanto che spiarlo era quasi diventato noioso.
Poi però era giunto quel quarto giorno e Gokudera si disse che finalmente quella poteva essere la volta buona.
 
Uscito da scuola, Tamamura si era diretto verso il centro-città e si era incontrato con altri tre ragazzi: si erano salutati e si erano incamminati verso la loro meta che la Tempesta scoprì essere una sala giochi.

Sempre nascosto da occhiali e cappello e stando ben attento a non farsi notare, lo vide entrare e lo seguì, rimanendo in osservazione.
Quando vide che la via era libera, entrò ed osservò il suo bersaglio con la coda dell’occhio: lo vide mettersi a giocare a “Death’s Game”, mentre gli amici si divisero. Gli si avvicinò e fingendo di urtarlo per errore, gli sottrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
 
Non per vantarsi, ma fin da ragazzino era sempre stato un abile ladro: aveva dita lunghe, mani veloci e una prontezza di riflessi eccezionale.
Si scusò senza fermarsi e per sua fortuna Tamamura era troppo concentrato sul gioco per accorgersi di qualcosa. Gokudera si allontanò rapido e appena fu al riparo da occhi indiscreti, si mise a controllare il telefonino.
 
Non sapeva cosa ci avrebbe trovato né sapeva bene cosa cercare, ma pensò che un tentativo non avrebbe certo fatto male. L’idea di sottrargli il cellulare, poi, gli era venuta l’istante in cui pochi minuti prima aveva visto l’altro controllarlo e rimetterselo in tasca e una vocina dentro di lui gli aveva anche dato dell’idiota per non averci pensato prima.
 
Non che si aspettasse chissà quale ribaltamento della situazione, ma quella poteva essere la prima pista sensata, dato che finora non aveva ottenuto nulla di utile.

Ispezionò innanzitutto le sezioni dei messaggi e delle chiamate; in quest’ultimo trovò il nome “Yoshida Izuki” ripetuto diverse volte fino al giorno del furto: non gli avrebbe dato importanza se non avesse visto un sms ricevuto subito dopo l’incidente alla libreria.
“Ho fatto come mi hai chiesto. Ora voglio il resto del compenso. Ci vediamo al solito posto tra 20 minuti”.
 
Per un momento l’intero corpo di Gokudera si paralizzò, ma la mente prese a lavorare frenetica.
Possibile che Tamamura fosse stato tanto stupido da non cancellare le prove? E possibile che Gokudera fosse stato così fortunato da trovare proprio quello che cercava?
 
Certo, quel messaggio non poteva essere definito incriminante, ma se le cose stavano come il bombarolo pensava –ovvero che Tamamura aveva pagato quel Yoshida per mettere la penna nella borsa di Yamamoto- allora voleva dire che era davvero vicino a trovare le risposte che avrebbero salvato l’idiota de baseball.
Sentendo una piccola scarica di adrenalina attraversagli la schiena, Gokudera si concesse un sorriso di soddisfazione.
 
Uscì rapido dalla sala giochi e, spacciandosi per Tamamura, inviò un messaggio a Yoshida chiedendogli di vedersi nella piazzetta centrale del parco.
All’inizio il contatto si dimostrò riluttante, ma quando Gokudera gli scrisse che gli avrebbe pagato il nuovo lavoretto il doppio dell’ultimo, Izuki cambiò rapidamente idea e accettò l’incontro.
 
 
 
Hayato guardò l’orologio per l’ennesima volto e sbuffò, irritato. Yoshida era in ritardo di quasi mezz’ora e la Tempesta aveva già esaurito la sua poca pazienza. Proprio quando stava per mandargli un altro messaggio chiedendogli dove diavolo fosse finito, sentì dei passi in avvicinamento e pochi istanti dopo, nella piazzetta illuminata solo dai lampioni data l’ora, comparve la figura di un ragazzo che si fermò proprio nel cerchio di luce gialla.
 
Gokudera, nascosto dietro un albero, lo osservò: indossava dei jeans neri decorati con alcune catene, una felpa bianca con una stampa geometrica nera e un paio di sneakers consumate. Il tutto gli dava un’aria abbastanza comune, ma il bombarolo non si lasciò ingannare.
 
Yoshida si guardò attorno e sputò a terra. << Aaaah! Quel bastardo di Tamamura prima mi dice di sbrigarmi e poi non si fa neanche vedere! Che pezzo di merda! >> sbottò a voce alta, non curandosi che qualcuno potesse sentirlo, anche se in effetti, a quell’ora, il parco era completamente deserto.
 
La Tempesta si allontanò dal suo nascondiglio e si avvicinò all’altro che lo fissò con aria confusa e guardinga allo stesso tempo.
Gokudera portava i capelli completamente nascosti sotto un cappello scuro e il cappuccio della felpa che indossava gli copriva parte del volto. Se quello che aveva di fronte era davvero il colpevole del furto alla libreria, di sicuro aveva visto sia lui che Yamamoto: non poteva rischiare di essere riconosciuto.
 
Osservandolo meglio, Hayato notò i capelli biondi tenuti su col gel e le orecchie ricoperte di piercing: gli occhi erano abbastanza grandi per essere quelli di un giapponese, mentre il naso aquilino e la labbra sottili gli conferivano un’aria cattiva.
<< Chi cazzo sei? >> lo apostrofò, affilando lo sguardo.
Gokudera si avvicinò fino a ritrovarsi a pochi passi da lui e si mise le mani in tasca. << All’ultimo momento Tamamura non è potuto venire e ha mandato me >>.
 
Yoshida lo fissò per alcuni istanti. << Che gli è successo? >>.
L’altro scrollò le spalle. << Problemi in famiglia >>.
<< E perché sei conciato in quel modo? Che hai da nascondere? >>.
<< Non voglio rimanere coinvolto negli affari sporchi di Tamamura. Sono qui perché gli devo un favore, ma la mia identità non è affar tuo >>.
 
Il biondo storse la bocca in un sorriso freddo. << Okay, amico, non ti scaldare: non mi fotte niente di te. Mi interessano solo i soldi. Allora, qual è il lavoro questa volta? Se è disposto a pagarmi il doppio rispetto all’ultimo, dev’essere qualcosa di grosso; o è un’altra cazzata? >>.
 
Il bombarolo mise su uno sguardo confuso, solo per poi ricordarsi che l’altro non avrebbe potuto notarlo. << Un’altra cazzata? Intendi il lavoro alla libreria dell’altro giorno? Sei stato bravo >>.
 
Quello si atteggiò in un’espressione trionfante e Gokudera seppe che aveva abboccato all’amo. Conosceva fin troppo bene i tipi come quel Yoshida: dietro l’arroganza e l’ostentata sicurezza nascondevano solo il desiderio di essere ammirati e rispettati.
 
<< Già, proprio quello. È stato fin troppo facile: ho solo dovuto seguire uno di nome Yamamoto, un tizio con una faccia da idiota, mettergli quella costosa penna nella borsa mentre era distratto e bam! I commessi del negozio hanno fatto tutto il resto >>. Concluse il tutto con una risata soddisfatta e Gokudera dovette reprimere l’impulso di farlo saltare in aria.
 
Non era il momento. Doveva continuare a farlo parlare.
Si impose di curvare le labbra in un ghigno allegro. << Hai fatto davvero un ottimo lavoro: Tamamura ha fatto bene a rivolgersi a te. Tanto per curiosità, quanto ti ha pagato? >>.
 
 
Il biondo allargò il suo sorriso compiaciuto. << 14000 pezzi (circa 100€ ndr). Anche se non ho chiesto i dettagli, sembrava proprio che volesse sbarazzarsi di quel tipo a tutti i costi. Tamamura è decisamente un bastardo coi fiocchi: meglio non averlo come nemico >>.
 
<< Sono d’accordo: è decisamente un bastardo. Ma presto avrà quello che si merita >>.
Yoshida aggrottò le sopracciglia, confuso. << Che vuoi dire? >>.
<< Non ti riguarda >> rispose l’altro lapidario, poi si voltò e prese ad allontanarsi.
<< Ehi! >> sbraitò il biondo, << dove cazzo stai andando? E il nostro accordo? Ehi! >>.
 
La Tempesta si fermò e voltò leggermente la testa verso l’altro ragazzo. << È appena saltato. Ho tutto quello che mi serve adesso >>.
Il biondo lo guardò allontanarsi con un’espressione di rabbia mista a perplessità stampata in faccia, senza neanche sapere cosa pensare. Una parte di lui avrebbe voluto fermare quello sconosciuto e chiedere spiegazioni, ma qualcosa gli disse che sarebbe stato meglio non fare domande.
 
Tirò fuori una sigaretta dal pacchetto e se la portò alle labbra con un scatto rabbioso. << Fanculo! >> imprecò tra i denti. Non solo aveva perso l’occasione per farsi soldi facili, ma per venire a quel cavolo di appuntamento aveva pure saltato la messa in onda del film Crows Zero, il suo preferito.
“Che serata di merda!” pensò avviandosi verso casa.
 
 
 
 
Stranamente quella mattina Tsuna arrivò puntuale a scuola.
Si sedette al suo banco e voltò uno sguardo triste verso il posto vuoto di Takeshi. Sospirò sconsolato, mentre come ancora una volta una sensazione d’impotenza si impadroniva di lui.
 
Non sapeva cosa fare per aiutare il suo amico e neanche Reborn era stato di qualche utilità. L’unica cosa che gli aveva dato un po’ di speranza erano state le parole di Gokudera di pochi giorni prima: “Non ti preoccupare, Decimo: sistemerò tutto io”.
 
E quella mattina neanche l’italiano si era ancora visto. “Chissà che fine ha fatto…” si disse Tsuna con una punta di apprensione.
Il flusso dei suoi pensieri pieni di preoccupazione fu interrotto da una musichetta proveniente dagli altoparlanti della scuola.
 
<< Buongiorno, Namimori! Qui è Tatsuda Haruka che parla e, come ogni mattina, vi comunico gli annunci della giornata >>.
Tsuna si sorprese per alcuni istanti, prima di ricordarsi che a parlare era un membro del club di giornalismo che si occupava di diffondere le notizie e gli appuntamenti della scuola tramite i diffusori presenti in ogni aula.
La sua sorpresa derivava dal semplice fatto che, arrivando quasi sempre in ritardo, si era  sempre perso gli annunci.
 
<<… e per quanto riguarda l’assemblea di domani… ehi! Chi sei? Non è permesso entrare qua! C-che fai: fermati! >>, un forte trambusto proruppe dagli altoparlanti, lasciando l’intera scuola in confusione.
Dopo alcuni secondi di silenzio totale, le trasmissioni ripresero, ma quello che l’intera scuola media Namimori poté sentire non ebbe niente a che vedere con le notizie del giorno.
Anche se, in effetti, fu un vero e proprio scoop.
 
…è stato fin troppo facile: ho solo dovuto seguire uno di nome Yamamoto, un tizio con una faccia da idiota, mettergli quella costosa penna nella borsa mentre era distratto e bam! I commessi del negozio hanno fatto tutto il resto.
Tamamura ha fatto bene a rivolgersi a te. Tanto per curiosità, quanto ti ha pagato?
14000 pezzi. Anche se non ho chiesto i dettagli, sembrava proprio che volesse sbarazzarsi di quel tipo a tutti i costi. Tamamura è decisamente un bastardo coi fiocchi: meglio non averlo come nemico.
 
Tsuna sgranò gli occhi, incredulo. E come lui, tutti quelli che avevano appena ascoltato la registrazione che incastrava Tamamura e scagionava Yamamoto.
Subito dopo però sorrise.
Non capiva bene cosa fosse successo, ma era sicuro che ci fosse Gokudera dietro tutto quello.
Si sarebbe fatto raccontare tutto per filo e per segno, ma adesso la cosa davvero importante era una sola: Yamamoto sarebbe finalmente tornato tra loro.
 
 
 
 
Takeshi si avvicinò al tavolo con un sorriso e depose le ordinazioni dei clienti; i due signori ringraziarono e presero subito a mangiare con gusto.
 
Il ragazzo si allontanò e tornò al bancone. Il padre lo osservò e sospirò sconsolato: da quando il figlio era stato sospeso da scuola non aveva fatto altro che aiutarlo al ristorante di giorno e allenarsi con la spada di sera e per quanto gli avesse detto di non sforzarsi troppo, Takeshi aveva continuato a fare di testa sua.
 
Sembrava che volesse tenersi occupato in tutti i modi e non era difficile immaginarne il perché.
 
Yamamoto senior stava per dirgli di andare a riposarsi un po’, quando qualcuno fece il suo ingresso nel ristorante e le labbra dell’uomo si curvarono in un sorriso.
 
<< Takeshi! >> lo chiamò, << servi il nuovo cliente >>.
Il moro, che era di spalle intento  a pulire, si voltò e i suoi occhi si puntarono su Gokudera per poi sgranarsi.
Da quando avevano avuto quella discussione alcuni giorni prima non si erano più visti e la Pioggia non si sarebbe mai aspettato di vederlo proprio là, a casa sua, con un’aria seria e determinata.
 
La Tempesta si avvicinò al bancone. << Devo parlarti >> gli disse fissandolo negli occhi.
Il padre del moro gli mise una mano sulla spalla. << Prenditi una pausa. Qua ci penso io >>.
 
Yamamoto annuì e salì al piano di sopra, seguito dal bombarolo. Quando furono nella sua stanza, chiuse la porta e si tolse il grembiule dai fianchi, buttandolo sulla sedia.
 
Hayato lo osservò: indossava un paio di jeans chiari abbastanza stretti da fasciargli le gambe magre ma atletiche e una maglietta bianca a maniche corte che non nascondeva assolutamente le linee dei muscoli del petto e delle spalle.
L’italiano deglutì a vuoto e d’un tratto gli sembrò che facesse davvero caldo in quella stanza. Che cavolo gli era preso?
 
Approfittò della scusa di prendere qualcosa dalla borsa per distogliere lo sguardo dal moro che intanto si era seduto sul bordo del letto e lo guardava con aria confusa.
<< Sono venuto per portarti questi >> disse, allungandogli alcuni quaderni. Fu costretto ad avvicinarsi per consegnarglieli, ma appena quello li prese, Gokudera si allontanò di diversi passi, sempre evitando di fissarlo direttamente.
 
Yamamoto abbassò gli occhi sui quaderni e la sua confusione aumentò. << Cosa sono? >> chiese, risollevando lo sguardo verso l’altro.
<< Gli appunti delle lezioni e i compiti per domani: ti serviranno >>.
 
L’altro aggrottò le sopracciglia. << Di che stai parlando? Ti sei forse scordato che sono stato sospeso? >>.
Un angolo della bocca di Gokudera si curvò verso l’alto. << Dovrebbero chiamarti a momenti per dirti che la tua sospensione è appena stata annullata >>.
 
Takeshi si alzò in piedi e lo raggiunse in poche falcate, costringendo Hayato a sgranare gli occhi. << Gokudera, che cosa hai fatto? >>.
 
Il bombarolo si impose di guardarlo negli occhi. << Ti ho salvato il culo, idiota. Dovresti ringraziarmi >>. Poi tirò fuori il cellulare con il quale aveva registrato tutta la conversazione con Yoshida e fece partire play.
Ascoltarono in silenzio, ma mentre il viso della Tempesta era impassibile, su quello della Pioggia si dipinse incredulità, sorpresa e sofferta consapevolezza.
 
Il silenzio che si venne a creare una volta finita la registrazione fu talmente pesante da spingere Gokudera a parlare. << Questa mattina tutta la scuola l’ha ascoltata e il Preside ha già preso provvedimenti contro Tamamura: dicono che potrebbe anche essere espulso. Beh, direi che se lo merita, visto quello che ha fatto. E comunque avevo ragione io: sapevo che era lui il colpevole >>.
 
Yamamoto rimase zitto per altri secondi mentre la sua mente elaborava tutte le informazioni. << Quindi sei stato tu? >> domandò alla fine.
 
Gokudera affilò lo sguardo, infastidito: non gli piaceva il modo in cui l’altro lo stava guardando, come se lo stesse accusando di qualcosa. << Ho fatto quello che tu non hai avuto le palle di fare. Ho ripagato quel bastardo di Tamamura con la sua stessa moneta e, tanto per essere chiari, non mi sento assolutamente in colpa, anzi! È stata la cosa giusta: quel figlio di puttana meritava anche di peggio. Se non vuoi ringraziarmi, non fa niente >>, si allontanò e si spostò verso la porta, << l’ho fatto solo perché non volevo che il Decimo continuasse a preoccuparsi. Vedi di tornare a scuola e di scusarti con lui >>.
 
Stava per aprire la porta, quando si sentì afferrare per il polso. Si voltò verso il moro e lo fissò, incapace di comprendere il significato del suo sguardo. Era serio, ma allo stesso tempo sembrava che qualcosa stesse trattenendo una sorta di felicità.
<< Aspetta. Non… non  è che non ti sono grato per quello che hai fatto, è solo che… >>.
 
Gokudera liberò il braccio con uno strattone e lo guardò in cagnesco. << Stai ancora difendendo Tamamura per caso? Dopo tutto quello che ha fat… >>.
<< Non è questo! >> lo interruppe il moro, << non si tratta di Tamamura >>.
<< E allora cosa? >>.
<< Si tratta di te >>.
L’altro sgranò gli occhi, sorpreso, ma Yamamoto riprese subito. << Ero… preoccupato per te. Avevo paura che facessi qualche pazzia, tipo pestare a sangue Tamamura e… non volevo che ti mettessi nei guai a causa mia. Eri già stato coinvolto con tutta quella storia delle voci su noi due e temevo che ti succedesse qualcosa >>.
 
Una parte di Hayato avrebbe voluto prenderlo a pugni per così tanta idiozia, mentre l’altra ebbe quasi voglia di scoppiare a ridergli in faccia.
Quell’idiota del baseball si era davvero preoccupato così tanto per lui?
Alla fine prese un profondo respiro e si impose di non insultarlo come al suo solito. << Sto bene, okay? Sono stato attento e non mi è successo niente, quindi smettila di avere quella faccia da funerale: è irritante. Ti preferisco quando sorridi come un ebete >>.
 
Si pentì di quelle ultime parole già mentre le pronunciava e quando vide Yamamoto sgranare gli occhi e poi sorridere imbarazzato, sentì il volto andargli a fuoco.
<< Non dicevi che anche il mio sorriso è irritante? >> scherzò il moro, mettendo Gokudera ancora più a disagio.
 
<< Infatti è irritante anche quello! >> sbottò, distogliendo lo sguardo, sperando che non si notasse il rossore delle sue guance, << ma il tuo comportamento di questi giorni è stato peggio, perciò se devo scegliere, scelgo il male minore >>.
 
Takeshi scoppiò in una breve risata liberatoria e Hayato ebbe l’impressione di essere tornato indietro nel tempo, quando quel suono era parte integrante delle sue giornate, ma lui era sempre stato troppo impegnato a criticare e sbuffare per riuscire ad apprezzarlo.
Gli sembrò molto più bello di allora, il suono che più di ogni altro identificava Yamamoto, che era parte di lui e si imbarazzò ancora di più per aver avuto certi pensieri
 
<< Bene, visto che sei tornato l’idiota sorridente di sempre, ora posso anche andarmene >> dichiarò con voce tremante e affrettata.
Improvvisamente voleva allontanarsi il più possibile dall’altro ragazzo: c’era qualcosa nel suo cuore e nel suo stomaco che stava pulsando dolorosamente e per quanto assurdo, la sua mente gli stava dicendo che la causa era la vicinanza del moro.
 
Si voltò nuovamente, deciso ad uscire da quella stanza e da quella casa, quando venne fermato per la seconda volta: solo che non fu il suo braccio ad essere bloccato, ma l’intero suo corpo.
Strabuzzò gli occhi appena percepì le braccia di Yamamoto cingerlo da dietro e stringersi sul suo addome, mentre la sua schiena aderiva al petto dell’altro.
Takeshi poggiò la testa sull’incavo del suo collo e Gokudera sentì il respiro caldo solleticargli la pelle.
 
<< C-che cazzo stai facendo? >> sbottò la Tempesta con voce incerta, il corpo rigido sotto quell’abbraccio confortevole.
<< Fammi restare così per un po’ >> gli rispose la Pioggia e, come a dare forza alle sue parole, lo strinse più forte, abbracciando i suoi fianchi con goffa dolcezza.
 
Se possibile, gli occhi di Hayato si sgranarono ancora di più e il suo cuore iniziò a ringhiargli tra le costole, come una mandria di bufali inferociti.
La sua mente si annebbiò per alcuni istanti, incapace di fargli muovere un muscolo qualsiasi: una parte di lui gli stava gridando di liberarsi subito da quella stretta e magari ringraziare l’idiota del baseball con un bel pugno sul naso, ma l’altra gli stava sussurrando con voce soave di rilassarsi, anche solo per un momento, anche se era tutto strano e assurdo, anche se aveva l’impressione di avere il corpo in fiamme.
 
Perché era così piacevole stare là, stretto tra le braccia di un ragazzo che credeva di detestare? Lui, che pur essendo italiano non tollerava il contatto fisico non richiesto, si stava davvero lasciando abbracciare da Yamamoto in quel modo?
 
Socchiuse gli occhi e buttò fuori l’aria che non si era accorto di trattenere, mentre Takeshi sentiva il corpo dell’altro rilassarsi e le proprie labbra curvarsi in un leggero sorriso.
Se gli avessero detto che abbracciare Gokudera sarebbe stato così bello non ci avrebbe mai creduto: il suo corpo era magro ma caldo e i suoi capelli profumavano di qualcosa che non riusciva a riconoscere ma che gli stava inebriando il cervello.
 
Mosse leggermente la testa e la sua guancia sfiorò la pelle dell’altro: d’improvviso provò l’irrefrenabile desiderio di poggiarci le labbra per scoprire che sapore avesse e sentì la gola farsi secca.
Non sapeva cosa fosse quello che stava avvertendo: non aveva mai provato niente di simile  per nessuno e non aveva la più pallida idea di cosa fare.
 
<< H-hai finito? >> gli chiese d’un tratto il bombarolo, dato che quell’imbarazzante situazione andava avanti da circa un minuto.
<< Ancora un po’ >> disse l’altro dopo alcuni secondi, una leggera nota divertita nella voce.
 
Proprio l’istante dopo la porta della stanza di Yamamoto si spalancò di colpo e i due ragazzi non ebbero alcun modo di muoversi dalla loro posizione mentre il padre del moro bloccava la sua avanzata e li fissava con aria sorpresa.
Rimasero tutti e tre immobili per lunghi secondi, Takeshi che ancora abbracciava Hayato e questi che fissava l’uomo con l’espressione di stava osservando un fantasma.
<< Pa-papà! >> esclamò d’un tratto Yamamoto junior lasciando andare l’altro.
 
Gokudera ne approfittò per allontanarsi rapido di alcuni passi, come se si fosse scottato e tenne lo sguardo basso, le guance in fiamme.
Il moro si accarezzò la nuca e abbozzò un sorriso, chiaramente imbarazzato. << Papà, che…che succede? >>.
 
L’uomo lasciò vagare lo sguardo confuso tra i due ragazzi per altri secondi prima di parlare. << Ha appena chiamato la scuola: dice che hanno trovato il vero colpevole del furto e che la tua sospensione è finita. Domani puoi tornare a frequentare >>.
 
Concluse il tutto con un enorme sorriso, a cui il figlio rispose allo stesso modo. Anche se Gokudera l’aveva già anticipata, la notizia ufficiale non poté che togliergli un grosso peso dal petto e renderlo felice.
 
Finalmente sarebbe potuto tornare a scuola e nessuno avrebbe più potuto dargli del ladro.
<< È una notizia stupenda e bisogna festeggiare! Perché non inviti i tuoi amici a cena? Sono sicuro che saranno tutti felicissimi >> propose l’uomo allegro.
Takeshi sgranò gli occhi per un istante, ma alla fine annuì: quando suo padre si metteva in testa qualcosa, era impossibile fargli cambiare idea.
<< Ottimo! >> esclamò quello, dando una pacca sulla spalla del figlio. Poi lanciò un’occhiata all’altro ragazzo che era rimasto in silenzio tutto il tempo e decise che era meglio tornare di sotto.
<< Beh, ora è meglio che vada: il ristorante non si gestisce certo da solo! Voi… continuate pure >> disse allegro; poi uscì rapido dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
 
I due ragazzi fissarono il punto in cui un attimo prima c’era stato l’uomo e solo dopo alcuni secondi si resero entrambi conto del significato nascosto dietro quelle ultime parole.
O forse lo colsero perché si sentivano colpevoli. Fatto sta che Gokudera si sentì talmente imbarazzato da desiderare di sprofondare in una buca e Yamamoto abbassò gli occhi, un sorriso nervoso a curvargli le labbra.
 
<< Scusa per prima >> iniziò la Pioggia voltandosi verso l’altro.
Il bombarolo si sforzò di ricambiare lo sguardo, nonostante la confusione di emozioni che sentiva dentro di sé; scrollò le spalle, fingendo disinteresse. << Non importa. Ora devo andare >>.
 
Takeshi lo guardò mentre si spostava verso la porta. << Ci sarai questa sera? >>.
Hayato si fermò sull’uscio e voltò leggermente la testa. << Se viene il Decimo non posso certo mancare >>. Poi uscì fuori e non vide il sorriso che si allargò sul volto dell’altro.







Ciaossu a tutti! ^^ sono in un dannato ritardo, lo so: perdonatemi <3 questa storia si è allungata più del previsto e ammetto che per un po' non ho avuto nessuna idea nè voglia di scrivere.... ma avevo promesso che non l'avrei lasciata in sospeso, perciò eccomi qua :D
spero che qst capitolo vi sia piaciuto. all'inizio volevo metterci più azione e magari anche un pestaggio ai danni di Tamamura -so che tutti voi lo aspettavate XD- ma alla fine ho deciso per una vendetta più sottile e silenziosa....
abbiamo anche finalmente un po' di yaoi u.u yeah! è ancora poco, ma la storia non è finita.... cmq questo potrebbe essere il penultimo o il terzultimo capitolo, perciò diciamo che siamo cmq quasi alla fine...
come sempre ringrazio tutti voi che leggete, commentate e che seguite la mia piccola creatura u.u vi abbraccio tutti e alla prossima <3
PS: il film Crows Zero citato da Yoshida è uno dei miei film preferiti: ci sono azione, combattimenti, ragazzi fighi e una colanna sonora rock da sballo <3 vi consiglio assolutamente di guardarlo! non ve ne pentirete ;)

 

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Capitolo 9
*** #9-L’amore è come la fortuna: non gli piace che gli si corra dietro. ***


L’amore è come la fortuna: non gli piace che gli si corra dietro*

 
*Théophile Gautier

 

YES, I'M BACK!! Oddio quanto tempo, gente! Innanzitutto vi devo chiedere scusa: ormai mi avevate dato  per dispersa, vero? XD è passato un bel pò dall'ultimo aggiornamento, mi dispiace...ma sono stati mesi difficili e la mia voglia di scrivere si era trasferita alle Bahamas... ma avevo promesso che non avrei lasciato questa storia incompleta e così eccomi qua! ^^ spero che non vi siate dimenticati di me nel frattempo... ho davvero storie da recuperare e recensioni da scrivere, perciò vedrò di tornare ad essere una presenza in questo fandom che mi è mancato tanto <3 <3 <3 <3 <3
Vi chiedo ancora scusa e vi lascio al penultimo capitolo ^^ (tranquilli: l'ultimo arriverà a breve)








Di andare a scuola Gokudera non voleva saperne niente. Non quella mattina almeno. Non dopo la festa a casa di Yamamoto della sera prima. Avrebbe sicuramente preferito affrontare da solo un intero esercito piuttosto che rivedere il moro.

Il solo pensiero di come lo avrebbe guardato o di quello che avrebbe potuto leggere sul suo viso gli torceva le budella. Aveva paura, non poteva negarlo. Ed era confuso, arrabbiato, infastidito ma soprattutto era stanco.

Stanco del trambusto assurdo che gli aggrovigliava i pensieri, lasciandolo stordito e senza la più pallida di cosa fare o pensare.
Imprecò più volte di quanto ero solito fare di prima mattina e mai come quel giorno il tragitto verso la scuola gli sembrò troppo breve.
 


Una parte di lui sperò che Yamamoto non si presentasse, ma sapeva bene quanto fosse vana e assurda come speranza. Solo il giorno prima l’imbroglio di Tamamura era stato smascherato e il moro si era visto revocare la sospensione, con tanto di scuse ufficiali del Preside e della polizia: quella mattina non se ne sarebbe certo stato a casa.
 
Lo rivide nel corridoio della scuola, circondato da ragazzi che gli parlavano e gli davano pacche sulle spalle e ragazze che ridacchiavano e gli facevano gli occhi dolci.
Gokudera ebbe l’impressione di trovarsi di fronte a un gruppo di fans che assediano il loro idolo: mancavano solo i flash delle macchine fotografiche e gli urletti isterici delle fangirls.
Sbuffò infastidito ma prima che potesse fare altro, sentì la voce del Decimo accanto a lui.

<< Sembra che tutta questa storia di Tamamura abbia reso Yamamoto molto popolare >>.
La Tempesta si voltò verso il suo boss e vide il suo sguardo sereno fisso sull’altro Guardiano, le labbra curvate in un leggero sorriso.
<< Già…>> si limitò a dire con voce monocorde, riportando gli occhi sul moro.
<< Gokudera-kun, è tutto a posto? >> gli chiese subito Tsuna, l’espressione fattasi preoccupata.

“Dannato super intuito dei Vongola!” si disse il bombarolo che proprio in quel momento non voleva far preoccupare ancora il Decimo, ma soprattutto non voleva che lui si accorgesse del suo stato d’animo.
<< Certo, Decimo. Finalmente è tutto risolto >>.
 
Tsuna aprì la bocca, pronto a replicare a quella risposta lapidaria, ma Gokudera prese subito a camminare, allontanandosi lungo il corridoio. Dovette superare la folla che aveva circondato Yamamoto e proprio in quegli istanti Takeshi spostò inconsciamente lo sguardo nella sua direzione. All’improvviso gli esplosero in mente le immagini della sera prima e non riuscì a distogliere gli occhi dal ragazzo che si stava allontanando da lui.
 
 

Mentre si dirigeva verso l’aula, Gokudera fu costretto a bloccarsi di colpo appena vide Tamamura comparirgli davanti dopo aver svoltato un angolo. Si fissarono negli occhi: il volto dell’ex capitano della squadra di baseball era una pesante maschera di rabbia, odio e disprezzo, alla vista della quale Hayato non poté trattenere un sorriso di soddisfazione.
Il pensiero di avergliela fatta pagare senza che lui avesse una minima idea di come era potuto succedere era l’unica cosa che migliorava l’umore di Gokudera e non si curò di nasconderlo.

Affilò sguardo e ghignò, compiacendosi nel vedere l’espressione di Tamamura contrarsi ancora di più, come se avesse ingurgitato un’intera cassa di limoni.
Pochi istanti dopo alle sue spalle apparve un uomo in completo scuro e osservandolo meglio, la Tempesta notò la somiglianza tra lui e il ragazzo.
<< Daito, andiamo via. Muoviti >> disse subito l’uomo con voce severa e senza neanche guardare il figlio, lo superò a passo spedito.
Gokudera lo osservò allontanarsi con la coda dell’occhio e proprio in quel momento si accorse di Yamamoto a pochi passi dietro di sé. Vide lui e Tamamura guardarsi negli occhi e come si aspettava, il volto del moro era serio ma non arrabbiato.
 
Il senpai distolse lo sguardo per un momento per poi riprendere a camminare ma appena passò accanto a Yamamoto fu fermato dalle sue parole.
<< Perché l’hai fatto? >> gli chiese con voce grave, voltandosi verso di lui. << Quando sono entrato nella squadra tu mi hai aiutato più di chiunque altro. Eri il mio capitano e io ti ammiravo davvero. Perché sei arrivato a tanto solo per sbarazzarti di me? >>.
Tamamura sgranò gli occhi, forse sorpreso da quella domanda così diretta. Ora che era tutto finito, che lui era stato incastrato ed era anche stato espulso, Yamamoto gli chiedeva spiegazioni.

“Che razza di idiota…” pensò e un sorriso amaro gli curvò le labbra.
<< Non è importante… Hai vinto tu, no? >>.
<< Io non ho mai combattuto contro di te. Non ho mai voluto farlo e non ho vinto assolutamente niente. In realtà stavo anche per perdere qualcosa di molto importante, ma non ho mai pensato a te come ad un nemico. Mi fidavo di te >>.
 
Gokudera sentì il suo cuore accelerare alla frase “stavo anche per perdere qualcosa di molto importante” ma si diede subito dello stupido e si odiò, perché era ovvio che il moro stesse parlando del baseball. Per quale motivo avrebbe dovuto riferirsi a lui? E perché mai questa consapevolezza lo fece sentire deluso e triste?
 
<< Sei sempre stato troppo buono, Yama-chan. E troppo ingenuo >> rispose Tamamura con tono freddo e strafottente. Ormai non aveva più senso mentire: tanto non avrebbe mai rivisto né lui né gli altri della squadra né quella stupida scuola. << volevo sbarazzarmi di te perché eri un pericolo per la mia posizione di capitano. Piacevi fin troppo all’allenatore e il tuo onnipresente sorriso idiota mi stava proprio sulle scatole >>.
 
Yamamoto strinse i pugni talmente forte da ficcarsi le unghie nella carne, ma non reagì in alcun modo.
Non sapeva neanche cosa pensare o come rispondere. Che avrebbe dovuto dire a qualcuno che lui aveva sempre ammirato e che invece lo detestava così tanto da volerlo buttare fuori dalla squadra? Solo per invidia? Temeva davvero di perdere il ruolo di capitano a causa sua?
 
<< Se ti fossi impegnato di più nel baseball piuttosto che a sbarazzarti di Yamamoto, forse non ti saresti preoccupato così tanto >> replicò Gokudera al posto della Pioggia, guadagnandosi un’occhiata sorpresa dagli altri due.
Tamamura schioccò la lingua e lanciò loro un ultimo sguardo di odio prima di allontanarsi per il corridoio e sparire per sempre dalla loro vista.
 
<< Tsk! Finalmente se n’è andato >> sputò fuori la Tempesta prima di ignorare nuovamente Yamamoto e rimettersi a camminare.
Il moro lo osservò allontanarsi e un sospiro sconsolato gli uscì fuori dalle labbra.
Forse aveva perso davvero questa volta e la colpa non era di Tamamura.
 
 

Quando finirono le lezioni, Gokudera avrebbe voluto correre via e non sentire più la presenza di Yamamoto vicino a sé, anche se il moro non aveva fatto assolutamente nulla per metterlo a disagio.
Solo che la Tempesta a disagio ci si sentiva già dalla sera prima e più si sforzava di non pensarci, più la sua mente ritornava sempre a quei pochi secondi che avevano cambiato tutto e che gli facevano desiderare di potersi fare una lobotomia per dimenticare tutto.
 
Nonostante tutto, raggiunse Yamamoto e Tsuna fuori dall’aula e insieme si incamminarono verso l’uscita.
Fecero il tragitto in silenzio con solo il Decimo che cercava di intavolare una qualche discussione, ottenendo però scarsi risultati.

Cosa stava succedendo adesso? Con la fine dei guai e il ritorno a scuola di Takeshi, Tsuna era convinto che tutto sarebbe tornato alla normalità e che gli unici altri problemi sarebbero stati causati da Reborn e da tutta quella storia della mafia.
Invece i suoi due migliori amici sembravano essere ancora più distanti di prima e lui non sapeva proprio cosa pensare.

Eppure alla festa di ieri sera si erano divertiti tutti e anche Gokudera era sembrato di umore abbastanza buono. Per quanto uno come lui potesse sembrare di buon umore. Possibile che avessero litigato di nuovo quando erano rimasti soli dopo che lui se n’era andato via con Kyoko, Ryohei e tutti gli altri?
Perso nei suoi pensieri, si riscosse solo quando Gokudera lo salutò: erano arrivati al bivio dove erano soliti dividersi per tornare nelle rispettive case.
<< A domani, Gokudera-kun >> gli rispose con un lieve sorriso.
 
Il bombarolo fece un rapido e quasi invisibile cenno con la testa a Yamamoto e si allontanò lungo la strada, desideroso di mettere finalmente distanza tra lui e l’idiota del baseball.
Peccato che il suddetto idiota non sembrasse essere della stessa idea perché dopo neanche due minuti se lo ritrovò accanto che cercava di fermarlo.
<< Gokudera, ti prego, potresti fermarti un momento? >>.
<< No. Non ho niente da dirti >>.
<< Beh io sì. Almeno ascoltami >>.
<< Non voglio né parlare con te né ascoltarti. Vorrei anche non dover guardare la tua faccia, perciò tornatene a casa >>.
 
In un impeto di rabbia e frustrazione, Yamamoto lo bloccò afferrandolo per le spalle e lo spinse verso un muretto a pochi metri da loro.
<< Che cazzo fai? >> esclamò il bombarolo, << mollami! >>.
<< Lo farò quando mi ascolterai >>.

Si guardarono negli occhi e Gokudera si sorprese della serietà che scorse in quelli nocciola del moro. Per di più le mani che lo tenevano fermo tremavano leggermente e il suo respiro sembrava essersi fatto d’un tratto irregolare.
<< Lasciami andare >> insistette la Tempesta a voce più bassa, sforzandosi di sostenere lo sguardo dell’altro.
<< Non ho intenzione di farlo. Se ti lascio andare, tu continuerai a scappare e ad evitarmi >>.
<< Non sto scappando! >>.

Yamamoto rafforzò la presa sulle spalle dell’altro e si morse un labbro. << Invece sì! Stai scappando da quello che è successo ieri sera >>.
Gokudera sgranò gli occhi e sentì il cuore saltargli in gola. Perché stavo di nuovo tirando fuori quella storia? Perché non lasciava perdere? Perché non la smetteva di confonderlo e turbarlo in quel modo?
 
 
 
La festa in onore di Yamamoto si è ormai conclusa e tutti i suoi amici hanno da poco lasciato il ristorante per tornare nelle loro case. Tutti tranne Gokudera.
Il moro gli ha chiesto di rimanere un altro po’; non sa perché l’ha fatto, così come Hayato non sa perché ha accettato. Non c’è alcun motivo per rimanere, tranne la scusa di Takeshi di farsi aiutare a rimettere a posto per lasciar riposare suo padre.
Scusa che non regge, soprattutto quando l’uomo insiste che può benissimo farlo da solo e Yamamoto è quasi costretto a spingerlo su per le scale, un sorriso imbarazzato a riscaldargli il volto.
 
Il moro decide di accendere la radio per paura del silenzio che potrebbe crearsi tra di loro e i due iniziano a sistemare la sala.
Dopo pochi minuti si ritrovano allo stesso tavolo: la Pioggia sta sollevando una sedia così che la Tempesta possa pulire per terra, ma non si accorge della chiazza d’acqua creatasi durante la cena e in una scena che potrebbe sembrare comica, vi scivola sopra.

Inconsciamente si aggrappa alla cosa stabile più vicina, ovvero il braccio di Yamamoto, ma il proprietario dell’arto non è così stabile come sarebbe dovuto essere e in una sequenza confusa durata pochi istanti si ritrovano entrambi a terra, il tonfo della sedia che intanto rimbomba per tutto il ristorante vuoto.

Se avessero dovuto replicare la scena, di sicuro non ci sarebbero riusciti, tale era stata la veloce goffaggine dei loro movimenti, ma intanto, alla stregua di un cliché da shoujo manga, era successo e troppo tardi i due ragazzi si accorsero di quello che stava succedendo.

Perché, oltre ad essere caduto ed essersi trascinato il moro nella caduta, Gokudera si ritrova con le labbra attaccate a quelle di Yamamoto.
In una situazione normale, le loro teste avrebbero dovuto cozzare o al massimo la testa dell’argenteo sarebbe dovuta finire sulla spalla dell’altro, invece, in una scena ancora più irreplicabile, i volti e le labbra si sono incastrati perfettamente in un contatto che nessuno dei due avrebbe mai immaginato.
 
Nei pochissimi secondi che hanno impiegato a percepire la bocca dell’altro, Yamamoto si accorge anche delle sue braccia che cingono i fianchi di Gokudera e questi sente un flusso enorme di calore affluirgli alle guance e mandargli a fuoco la faccia.

L’istante dopo sgranano entrambi gli occhi e si separano nello stesso momento. Se qualcuno li avesse visti in quel momento, avrebbe notato le loro espressioni identiche: un misto di shock, confusione e imbarazzo.
Rimangono a fissarsi in quel modo per altri secondi finché, non potendo più sopportare quella situazione, Gokudera scatta in piedi e corre via senza dire una parola.
<< Gokudera, aspetta! >> grida il moro, ma l’altro ha già lasciato il ristorante.
Smettendo di pensare e lasciandosi guidare dall’istinto, Yamamoto si lancia al suo inseguimento.

Per sua fortuna lo ritrova quasi subito e con uno scatto riesce a raggiungerlo e a bloccarlo, afferrandogli con forza le braccia.
<< A-aspetta… ti prego… >> gli dice col fiato corto. Senza mollare la presa, solleva lo sguardo su di lui e si sorprende nel vedere il suo viso rosso come un peperone e gli occhi ancora sconvolti.
“Può essere che… merda! Sto per diventare pazzo!”. Seguendo ancora una volta l’stinto, Yamamoto lo attira a sé, stringendogli i fianchi e lo bacia.
Vuole farlo. Non gli importa che sono per strada e che qualcuno potrebbe vederli, così come non gli importa che Gokudera potrebbe prenderlo a pugni.
Era stato così cieco fino a quel momento… il desiderio di averlo vicino, di potergli essere amico, di non ferirlo, la paura che lui potesse odiarlo, la felicità di quando lui aveva smascherato Tamamura solo per aiutarlo… era davvero un’idiota. Come ha fatto a non capirlo prima?
 
Il semplice contatto con le labbra morbide dell’altro gli spegne il cervello e gli fa schizzare il cuore in gola, contorcendogli le budella e facendogli perdere qualsiasi contatto con la realtà.
Sente Hayato irrigidirsi tra le sue braccia e quando gli sembra di sentirlo rispondere al bacio, dura talmente poco che non potrebbe giurare di non esserselo immaginato.
D’improvviso si ritrova spinto via e non ha il tempo di fare o dire niente che Gokudera gli assesta un calcio allo stinco destro e scappa di nuovo, correndo lontano da lui.
Yamamoto grugnisce per il dolore e quando respira gli sembra che faccia molto più del solito.
“Che cavolo ho fatto…”.
 
 
 
Quello era un dannatissimo dejà vu e Gokudera stava davvero iniziando ad odiare di ritrovarsi sempre nelle stesse situazioni. La sua vita sembrava essere diventata un labirinto che sempre e comunque portava all’idiota del baseball davanti a lui.
E la cosa era ormai sfuggita al suo controllo.

Tutta colpa di quello stupido incidente al ristorante! Perché era corso via in quel modo? Avrebbe dovuto rimanere e scherzarci sopra; invece, scappando gli aveva dato un’importanza tale da spingere Yamamoto ad inseguirlo.
Ed era pure stato baciato! Perché diavolo era successo?!
 
<< Gokudera, per favore, ascoltami. Quello che è successo ieri sera…>>.
<< È stato solo un’incidente. Un errore. Non significa niente, quindi falla finita >> replicò subito la Tempesta, affilando lo sguardo.

<< Non mi freghi, Gokudera >> lo avvertì il moro, uno sguardo così intenso che l’altro faticava a sostenere, << hai ragione a dire che sono un’idiota: Tamamura non si sarebbe spinto così in là se io mi fossi comportato diversamente, ma almeno una cosa gliela devo. Se lui non avesse fatto quello che ha fatto, io non avrei mai capito i miei sentimenti per te. E so che anche tu provi qualcosa, altrimenti non saresti scappato via in quel modo >>.

Gokudera deglutì a vuoto, ma si sforzò di mostrarsi sicuro di sé. << Stai delirando. Non c’è niente tra di noi, ficcatelo bene in testa >>.
<< E allora perché sei fuggito ieri? E perché hai fatto di tutto per aiutarmi? >>.
<< Quello era per il Decim… >>.
<< Falla finita! Lo sappiamo entrambi che stai usando Tsuna solo come scusa >>.
La Tempesta sgranò gli occhi e schiuse la bocca, ma le parole gli morirono in gola. Da quando Yamamoto parlava in quel modo? Quando era diventato così acuto e sfrontato? Non sembrava neanche il solito idiota del baseball…

<< Mi stai davvero facendo incazzare. Mollami o ti costringerò a farlo >> lo minacciò allora, stanco di quella situazione.
Anche se aveva risposto a quel bacio per un attimo e anche se non riusciva a smettere di pensarci, non significava assolutamente niente! E Yamamoto non aveva alcun diritto di parlargli in quel modo!
<< Gokudera, per favore, non fare cos… >>.

Il bombarolo gli afferrò le braccia e lo spinse via; sollevò poi il pugno ma esitò quel secondo che bastò a Yamamoto per bloccare il colpo. Rimasero in stasi per qualche attimo, ma Gokudera usò le gambe per fargli perdere l’equilibrio e ne approfittò per spingerlo a terra e sederglisi di sopra. Lo afferrò per il colletto della camicia e avvicinò i loro volti.
Non gli importava che erano per strada e che qualcuno avrebbe potuto vederli.
Voleva colpirlo, ma una parte di lui voleva anche baciarlo di nuovo e questa sensazione non fece che aumentare la sua rabbia.
<< Perché continui a farmi questo?! Chi cazzo ti ha dato il diritto di scombussolarmi così, brutto idiota del baseball?! >>.
 
Takeshi sgranò gli occhi e in quell’istante comprese. Che, nonostante tutto, Hayato stava facendo di tutto per evitare di affrontare la realtà e che più si sentiva soffocato e sotto pressione più si sarebbe chiuso in sé stesso.
“Non possiamo continuare così…”.
 
Il moro prese un bel respiro e sostenne lo sguardo omicida dell’altro.
<< Non sei l’unico a non sapere cosa fare; non ci capisco niente neanch’io. È tutto assurdo e confuso, ma di una cosa sono sicuro: vorrei baciarti di nuovo. E so che è qualcosa di molto lontano dall’amicizia e non mi importa delle conseguenze, ma non posso forzarti a provare lo stesso >>, fece una pausa e fu grato che Gokudera lo lasciò andare.

Si rimisero in piedi e Yamamoto riprese subito a parlare: non gli aveva ancora detto tutto. << Fra tre giorni ci sarà la mia prima partita come capitano della squadra. Sono stato nominato solo oggi e sarà solo un’amichevole, ma tutti si aspettano molto da me. Sarà un giorno importante: per questo ti aspetto fuori dal campo prima dell’inizio. Se ci sarai, vorrà dire che provi lo stesso e vuoi darmi una possibilità, altrimenti capirò e ti lascerò in pace, lo giuro >>.
<< E tornerà tutto come prima? >>.

Takeshi fece un sorriso amaro. Gli stava forse implicitamente dicendo che non si sarebbe presentato? << Come prima >> confermò, anche se non era sicuro che sarebbe davvero stato in grado di fingere.
Poteva solo aspettare e sperare. Non aveva mai provato niente del genere per nessuno prima d’ora e non aveva la più pallida idea di quale fosse la cosa giusta da fare o quella sbagliata da evitare, ma non era così stupido da non capire cosa significava il suo desiderio di baciare di nuovo Gokudera.
Pregò che la fortuna fosse dalla sua parte.






E rieccomi qua ^^ spero che questo capitolo vi sia piaciuto <3 il prossimo vedrà la conclusione: ci sarà il lieto fine? Chi lo sa...u.u intanto vi ringrazio ancora perchè continuate a  leggermi e seguirmi e come sempre un commento è gradito ;D
alla prossima!


 

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Capitolo 10
*** #10-Se non ti aspetti l'imprevisto, non lo incontrerai ***


Se non ti aspetti l'imprevisto, non lo incontrerai*

*Eraclito

 
 


Giorno della partita – 30 minuti all’inizio
 
<< Capitano! Che ci fai qua fuori? >>.
Nonostante gli facesse ancora uno strano effetto sentirsi chiamare “capitano”, Yamamoto si voltò verso Takiya, il suo vice, che lo stava raggiungendo vicino l’ingresso al campo per gli spettatori. Gli si fermò davanti, la divisa addosso e con l’aria carica di chi è pronto ad entrare in campo.
 
Il moro gli sorrise. << Sto aspettando una persona >> disse semplicemente. A quelle parole l’altro fece un sorrisetto cospiratore e gli assestò una piccola e amichevole gomitata al fianco. << Uuuh, una ragazza, eh? Che fortuna! Ti invidio… >>.
Yamamoto si sforzò di sembrare rilassato, anche se dentro di sé non riusciva a placare l’ansia. << Non sono sicuro che si verrà, perciò potrei non essere così fortunato >>.
 
Takiya sgranò gli occhi un attimo per poi sorridere di nuovo. << Ma che cavolo dici?! Dopo la faccenda di Tamamura sei diventato super popolare con le fanciulle: nessuno ragazza ti darebbe buca. Verrà di sicuro! >>.
Lo spadaccino forzò una breve risata. << Grazie dell’incoraggiamento >>. Il suo vice avrebbe anche potuto avere ragione per quanto riguardava le ragazze, ma purtroppo per Yamamoto non era una di loro ad avergli fatto perdere la testa.
 
In quei giorni non aveva fatto che pensare a quel momento con un misto di ansia, terrore e impazienza, ma ciononostante, si era sforzato di comportarsi normalmente con Gokudera, soprattutto davanti a Tsuna: non voleva destare sospetti né tantomeno voleva farlo preoccupare ancora. Ma più di ogni altra cosa non voleva far sentire a disagio Gokudera, il quale, dal canto suo, sembrava aver trovato particolarmente interessante persino le macchie per terra o i lacci delle scarpe: tutto tranne il volto di Yamamoto che era stato attento a non guardare, se non costretto.
 
Takeshi non sapeva bene cosa pensare, ma si era ripromesso di lasciare ad Hayato quei giorni per riflettere su di loro e sui suoi sentimenti, perciò aveva fatto finta di niente.
Per sua fortuna la nuova nomina a capitano l’aveva tenuto molto impegnato e questo l’aveva allontanato da superflue e possibilmente dolorose riflessioni.
 
E così, tra una cosa e l’altra, quei tre giorni erano come volati e ora, come stabilito, Yamamoto aspettava Gokudera fuori dal campo prima dell’inizio della partita.
Partita che, pur essendo un’amichevole, era comunque l’incontro di debutto del moro come nuovo capitano della squadra e la Pioggia sapeva di non poterla perdere: doveva conquistarsi l’approvazione di tutti se voleva guidare i suoi compagni verso il campionato.
Ma si disse anche che avrebbe rinunciato a tutto quello per avere un “sì” da Gokudera.
 
 
15 minuti all’inizio
 
Quando sentì qualcuno chiamare il suo nome e si accorse che quel qualcuno era Tsuna, si illuminò di speranza e trepidazione, solo per spegnersi l’istante dopo, quando tra tutti quei volti amici, non vide quello di Gokudera.
Tsuna, Reborn, Kyoko e Ryohei Sasagawa, Haru, Lambo, I-pin, Futa e Bianchi: erano venuti tutti ad assistere a quella partita.
<< Ragazzi, siete tutti qua! >> li salutò sorridendo appena si fermarono.
<< Certo! Non ci saremmo persi quest’incontro per niente al mondo >> confermò Tsuna, rispondendo al sorriso.
<< Sarà uno scontro estremo! >> se ne uscì Sasagawa con il suo solito entusiasmo dirompente.
<< Vedi di non deluderci >> lo avvertì Reborn con tono fin troppo serio, << o Tsuna se ne pentirà >>.
 
Il diretto interessato sgranò gli occhi, spaventato e squittì. << Ma cosa c’entro io, scusa?! È Yamamoto il capitano della squadra! >>.
Con la sua solita velocità Reborn picchiò Tsuna e lo fece finire per terra. << Tu sei il Decimo: sei sempre responsabile per i tuoi sottoposti e per i loro errori >>.
Da lì nacque una discussione che continuò anche mentre il gruppo si dirigeva verso gli spalti e che fece sorridere Yamamoto, nonostante sentisse la speranza evaporare ad ogni secondo.
 
 
5 minuti all’inizio
 
<< Capitano! Il coach ti vuole negli spogliatoi. La partita sta per iniziare >> lo avvisò Takiya dopo averlo raggiunto di corsa.
Yamamoto guardò ancora una volta l’orologio e gli spalti occupati.
Non c’era più tempo.
<< Non si è fatta vedere, eh? >> disse l’altro poco dopo , notando l’espressione triste del moro. Gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. << Magari ha avuto un’emergenza e non ha potuto contattarti. Su, andiamo. La potrai cercare dopo la partita >>.
 
No, non poteva e lo sapevano sia lui che Gokudera.
L’accordo era chiaro: se Hayato non si fosse presentato prima dell’inizio, significava che non ricambiava i suoi sentimenti e Yamamoto gli aveva promesso che allora l’avrebbe lasciato in pace e che tutto sarebbe tornato come prima.
Gliel’aveva promesso. Non avrebbe potuto rimangiarsi la parola data.
 
Takeshi lanciò un ultimo sguardo alla strada deserta davanti a sé e sospirò sconsolato.
“Così è questa la tua risposta, eh…”. Forse avrebbe dovuto aspettarselo: non solo erano entrambi ragazzi – e questo implicava tutta una serie di problemi non indifferenti – ma Gokudera non era mai stato molto amichevole nei suoi confronti; anzi, non aveva mai nascosto una certa ostilità.

Poi erano iniziati i problemi a causa di Tamamura, ma Hayato si era impegnato per aiutarlo e alla fine c’era pure riuscito, nonostante tutto.
E allora Yamamoto ci aveva davvero sperato. Dopo tutto quello che era successo nelle ultime settimane e dopo il bacio, aveva pensato di avere una possibilità. Anche solo una piccola.
Ma a quanto pareva, non l’aveva mai avuta.
 
Si lasciò scivolare verso terra fino a sedersi sulle punte dei piedi, le braccia sulle gambe e la testa fra le mani.
Rimase in quella posizione per alcuni secondi ed ebbe quasi voglia di lasciar perdere tutto, ma poi il suo senso del dovere prese il sopravvento. Si rialzò con un sospiro, raggiunse Takiya e insieme si diressero verso gli spogliatoi.
L’unica cosa che poteva fare ora era cercare di vincere la partita, ma per la prima volta entrò in campo senza alcuna voglia di giocare.
 
 
 
 
 
Le grida di gioia dei tifosi della scuola Naminori riempirono il piccolo campo di baseball appena il fischio dell’arbitro segnò la fine della partita e sancì la vittoria della squadra di Yamamoto.
Anche se era solo un’amichevole, era stato uno scontro molto combattuto e il ruolo di Takeshi sul diamante* era stato fondamentale.
Alle urla di vittoria degli spettatori si aggiunsero quelle dei membri della squadra che, dopo aver afferrato Yamamoto, lo portarono in trionfo, dimostrandosi fieri del loro nuovo capitano.
 
La spadaccino era riuscito a non pensare a Gokudera per tutta la durata della partita e a concentrarsi solo sul suo dovere e quando i suoi compagni lo abbracciarono e festeggiarono, sorrise di un momento di vera gioia, che però finì appena si ritrovò da solo nello spogliatoio.
 
Tutti gli altri erano già andati via, felici e sorridenti, mentre il moro era rimasto per ultimo. Si godette quel silenzio assoluto per alcuni minuti, seduto su una delle panchine, la testa tra le mani.
Avrebbe davvero voluto essere felice per quella piccola vittoria e per essere stato accettato come capitano,  ma non riusciva a togliersi di dosso quella tristezza mista a rassegnazione che gli faceva temere le conseguenze di quando avrebbe rivisto Gokudera.
Avrebbe dovuto fingere. Fingere che gli andasse bene così, che non gli facesse male, che avrebbe potuto comportarsi come al solito, sorridere come al solito.
In quel momento gli sembrò impossibile.
 
Ma si disse che non poteva restare a compiangersi per sempre, così, nonostante tutto, si fece forza e uscì, deciso a tornare a casa.
Dovette passare dal lato esterno del campo e si ritrovò di nuovo davanti l’ingresso del campo dove aveva aspettato Hayato.
Rallentò ma non si fermò e prese un profondo respiro.
 

Respiro che però gli si bloccò in gola quando, dopo altri pochi passi, riconobbe la figura di Gokudera stagliata contro la luce del tramonto. A quel punto anche i suoi piedi si bloccarono e lui si ritrovò a fissare l’altro ragazzo che gli veniva incontro con passo calmo.
Appena furono a breve distanza tra loro, si guardarono negli occhi, sgranati quelli della Pioggia e seri quelli della Tempesta.

<< Congratulazioni per la vittoria >> iniziò Gokudera, la voce tranquilla come tutto il suo atteggiamento. Yamamoto si ritrovò a pensare che non l’aveva mai visto così calmo e impiegò diversi secondi prima di rendersi conto che gli aveva parlato.
<< Ah… beh, sì, era solo un’amichevole… ma grazie >> farfugliò in imbarazzo.
 
Hayato annuì in risposta e infilò le mani nelle tasche del giubbotto di pelle nero che indossava. << Hai fatto bene a non perdere >>.
Il moro aggrottò le sopracciglia, confuso. << Ho cercato di fare del mio meglio >> disse soltanto, sorvolando su come si era sentito quando non lui non si era presentato.
<< Di sicuro farai meglio di Tamamura >>.
<< Sei venuto per dirmi questo? >> sbottò però Takeshi, confuso e sorpreso per la presenza dell’altro, << perché se è così, ti assicuro che non ce n’è bisogno >>. Quella discussione non gli interessava assolutamente e non poteva credere che si fosse fatto vedere solo per congratularsi per la vittoria.
 
Gokudera sgranò di poco gli occhi, ma riacquistò velocemente il controllo. << Non sono venuto per questo >>.
<< Guarda che non sono idiota come credi: ho capito che prima non ti sei presentato perché non provi le stesse cose che provo io per te. Non era necessario che venissi a chiarirlo di persona >>.
Quella poteva essere l’unica spiegazione plausibile. Scettico e diffidente di natura, Gokudera si era convinto che Yamamoto avrebbe comunque potuto coltivare qualche altra speranza e aveva deciso di spiegargli la situazione a parole una volta per tutte.
Ma Yamamoto non era stupido fino a quel punto e non voleva la sua pietà o finta comprensione.
 
Il bombarolo accettò l’accusa senza battere ciglio. Aveva riflettuto a lungo in quei giorni, arrivando anche a distruggere diversi mobili del suo appartamento e a spaventare persino Uri. Aveva anche valutato l’idea di darsi alla fuga, ma non avrebbe mai e poi mai potuto abbandonare il Decimo. In quanto braccio destro era suo dovere restare al fianco del Boss fino alla morte.
Ma questo implicava avere Yamamoto vicino e la cosa aveva rischiato di portarlo alla più completa follia.
 
Prima era stato furioso con l’altro Guardiano, poi con se stesso. Dopo aveva provato paura e imbarazzo per quei sentimenti e pensieri che non pensava avrebbe mai potuto avere per qualcuno come l’idiota del baseball. Soprattutto per uno come lui.
Dopo una seconda fase di rabbia e desiderio di distruzione, si era imposto di rifletterci in modo oggettivo e distaccato, ma anche quella fase non aveva avuto buon esito.
Nel frattempo era arrivato il giorno della partita e lui non ce l’aveva fatta a presentarsi.
Non aveva trovato abbastanza coraggio per farlo.
 
Poi però aveva visto il moro impegnarsi nel gioco, vincere la partita e venire festeggiato dai compagni e aveva capito quanto Yamamoto fosse speciale.
Non era esattamente in grado di dire cosa fosse scattato nel suo cervello per fargli pensare qualcosa del genere, ma aveva capito di non voler più scappare.
Non era da lui.
Era il braccio destro del Juudaime, il Guardiano della Tempesta che, impetuoso, distrugge ogni cosa sul suo cammino.
Non poteva comportarsi da codardo.
 
 
Dopo le sue parole, il moro riprese a camminare, deciso ad andarsene, ma appena passò accanto a Gokudera, si sentì afferrare per il polso.
Sbarrò gli occhi e li puntò sull’altro che ricambiò il suo sguardo.
<< Scusa se ho fatto tardi >> gli disse l’argenteo con voce seria ma serena.
 
Takeshi schiuse la bocca ma non uscì alcun suono. Solo dopo qualche secondo si accorse che il viso di Hayato si era tinto di rosso e che i suoi occhi verdi – i suoi splendidi occhi verdi – stavano cercando di comunicargli qualcosa.
Qualcosa che lui non riusciva ancora a dire, ma che voleva far capire.
“Con te non è mai facile, vero?” pensò quasi divertito.
Se tutto quello era solo un sogno, non voleva essere svegliato.
 
<< È tutto a posto. L’importante è che tu sia qui >>. Poi sorrise, di uno di quei sorrisi radiosi e sinceri che avrebbe voluto donare solo e soltanto a lui e desiderò abbracciarlo e baciarlo come se non ci fosse stato niente di più importante, ma si limitò a sorridere e a guardarlo con amore.
Lo vide farsi ancora più imbarazzato e gli scappò una risata, in risposta alla quale Gokudera mise su il broncio e lo fulminò con una delle sue occhiate omicide.

<< Smettila di sorridere come un idiota: è irritante >> lo rimproverò come al solito, per poi tirare fuori una sigaretta.
<< Sorrido perché sono felice: concedimelo, almeno per oggi >>.
L’altro lo fissò con aria scocciata, ma alla fine sbuffò e scrollò le spalle. << Fa’ come vuoi >>.
Probabilmente certe cose non sarebbero mai cambiate.
 
 
 
 
Nonostante le iniziale proteste, Hayato finì col cedere e lasciò che Takeshi lo accompagnasse a casa.
Gli sembrava una cosa un po’ stupida, dato che lui non era mica una ragazza che aveva bisogno di chissà quale protezione, ma non era riuscito a dire di no alla faccia da cucciolo dell’altro.
E poi, anche se non l’avrebbe mai detto ad alta voce, gli faceva piacere trascorrere del tempo con lui.
Giusto un po’, eh. Non si era certo trasformato in un scolaretta romantica e innamorata.
 
Chiacchierarono del più e del meno durante il tragitto e da lontano sarebbero sembrati solo due semplici amici che camminavano insieme, ma ormai amici non lo erano più. Se mai lo erano stati davvero.
 
Quando raggiunsero l’appartamento di Gokudera, Yamamoto pensò che il tempo trascorresse davvero troppo veloce: non era ancora pronto per lasciarlo andare, anche se solo fino al giorno dopo.
<< Beh… grazie per… sì, insomma, per avermi accompagnato… >> disse l’argenteo in preda all’imbarazzo, ma se ne pentì all’istante, perché quella frase gli sembrò cento volte più ridicola e imbarazzante di qualsiasi altra cosa avrebbe potuto dire.
Non ci sapeva proprio fare con certe cose… e il sorriso divertito dell’idiota non aiutava per niente.
 
<< A domani >> aggiunse subito dopo, cercando di precipitarsi su per le scale che l’avrebbero portato tra le sicure mura domestiche.
Il suo tentativo di fuggire dall’imbarazzo però ebbe vita davvero breve, perché Yamamoto lo bloccò afferrandolo per i polsi e dopo avergli accarezzato una guancia con la mano, lo avvicinò a sé e  lo baciò.
 
Come aveva voluto baciarlo prima e come aveva immaginato di farlo da quando aveva compreso i suoi veri sentimenti.
All’inizio fu dolce e casto: solo le loro labbra si accarezzavano piano e senza fretta, cercando di sopperire alla mancanza di esperienza con la passione per quel nuovo inizio.
 
Quando però Takeshi sentì Hayato rilassarsi di più nel bacio e stringersi a lui, facendo avvicinare ancora i loro corpi, non riuscì più a trattenersi e cercò un accesso più profondo.
Gli fece schiudere la bocca e cercò la lingua di lui con la sua.
 
Gokudera si irrigidì di colpo e sbarrò gli occhi: non credeva di essere pronto per quel tipo di bacio, ma l’altro sembrò non essere del suo stesso avviso, perché gli passò una mano tra i capelli e gli impedì di tirarsi indietro.
Cosa a cui l’argenteo rinunciò subito dopo.
Si fece trasportare dal momento e allacciò la sua lingua a quella dell’altro, lasciandosi guidare dall’istinto.
 
Non riusciva neanche a pensare con lucidità e una vocina nel suo subconscio gli disse che era meglio così: del resto stava baciando l’idiota del baseball e lo stava trovando dannatamente eccitante.
Se si fosse fermato a riflettere, avrebbe rischiato di farsi prendere dal panico,  perciò fece quello che non aveva mai fatto in vita sua: si lasciò andare.
 
Si affidò a qualcuno per la prima volta, riuscendo a bloccare quel sottile ma persistente strato di paura che continuava a minacciarlo, perché, in modo assurdo e del tutto irragionevole, capì che per Takeshi ne valeva la pena.
Valeva la pena rischiare e mettere in gioco se stessi, per quanto una parte della sua coscienza non smettesse di dargli del pazzo.
 
Ma probabilmente erano entrambi due pazzi idioti.
 
 
 
Quando si ritrovarono entrambi a corto di fiato, si separarono lentamente e Yamamoto non poté impedirsi di sorridere, felice come mai si era sentito e come non credeva ci si potesse sentire solo nello stare finalmente accanto ad Hayato.
Lo vide arrossire di nuovo e distogliere lo sguardo per un momento e desiderò baciarlo ancora, ma si limitò ad accarezzargli i capelli. Avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per andare oltre i baci e imparare ad amarsi con calma.
Non c’era alcuna fretta adesso.
 
<< A domani >> lo salutò allora senza smettere di sorridere.
Gokudera abbozzò un sorriso imbarazzato e annuì, rendendosi conto di aver perso la capacità di parlare.
Quel bacio lo aveva davvero devastato. “Stupido idiota del baseball e la sua stupida lingua!” pensò sconcertato dalla sua stessa reazione. Raggiunse la porta di casa e anche se non si voltò, fu certo che il moro lo stesse guardando e che non si fosse ancora tolto quel sorriso dalla faccia.
 
A conferma della certezza di Hayato, Takeshi lo osservò finché non si richiuse la porta alle spalle e continuò a sorridere anche dopo essere tornato a casa.







Ed eccoci alla fine-fine! Guardando indietro, mi sono ricordata che il primo capitolo di questa storia l'ho pubblicato a novembre 2013... O.O una vita fa praticamente! E ho pensato "oddio, è davvero passato tutto questo tempo?????" sono rimasta sconvolta, lo ammetto.... ai tempi stavo ancora scrivendo la mia long XS ed adesso sto chiudendo pure questa... che poi tanto long-long non è, solo 10 capitoli XD
btw ringrazio tutti voi che letto, seguito e commentato <3 e mi scuso per avervi fatto aspettare tanto per la conlcusione u.u spero che vi sia piaciuta ^^ se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate ;)
vi abbraccio tutti <3 e alla prossima


 

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