Never Say Never

di BloodyMary90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ferragosto con gelato e salvataggio ***
Capitolo 2: *** Dino il carlino e... ***



Capitolo 1
*** Ferragosto con gelato e salvataggio ***


NSN- 1

Agosto – Roma 1978


Ferragosto caldo torrido nel centro di Roma. Le strade erano deserte, l'unica ombra data dal Colosseo e le persone vestite da centurioni stavano sotto i portici appoggiati alle loro lance.
Niente turisti oggi, niente lavoro, solo caldo, sole e cielo terso.
Pochissimi negozi erano aperti, uno di questi era una libreria proprio dietro al Colosseo.
Il cartello diceva che i proprietari erano a pranzo e le serrande erano abbassate.
Dentro però c'erano due ragazze, una di queste era Ginge, arrivata da poco a Roma vivere con la cugina. Era scappata dall'Inghilterra perché non sopportava più la sua situazione familiare.
Stava sfogliando un giornale sventolandosi con un ventaglio.
L'altra era appunto sua cugina Joanna, in quel momento era nel magazzino intenta a fare l'amore col suo ragazzo, un poliziotto di quartiere.
Ginge alzò il volume della radio per non sentire i rumori abbastanza espliciti provenienti dal magazzino.
“ma non potrebbero andare a fare queste cose da un'altra parte? Fanno un casino assurdo” pensò Ginge girando un'altra pagina, senza quasi nemmeno leggerla.
Era lì solo perché doveva fare gli straordinari.
Aveva ottenuto il posto solo grazie alla cugina che aveva ereditato la libreria dopo la morte della madre.
Joanna voleva molto bene alla ragazza e quindi l'aveva assunta e l'ospitava anche a casa sua.
Erano quasi le quattro di pomeriggio quando Joanna sbucò dalla porta del magazzino tutta sudata e con i capelli in disordine e arruffati.
< Ginge, preparati si va a prendere un gelato! Si chiude molto in anticipo oggi> disse con il fiato ancora affannoso.
< e di lui che ne facciamo?> affermò Ginge indicando Gianni che era spuntato, ancora con la camicia sbottonata dalla porticina.
< a lui ci penso io, tu vai a prendere le tue cose!> detto ciò prese Gianni sotto braccio e dicendogli amorevolmente a stasera lo sbatté fuori.
In quel preciso momento arrivò l'altra con la borsa sua e di Joanna.
< ma la zia cosa direbbe a vederti così, che fai l'amore ora con uno ora con un altro, non è che ti fai pagare vero?>
disse uscendo dalla porta.
< ma non hai paura che qualcuno pensi male di te a vedere tutti questi ragazzi che entrano ed escono di qui?> insistette Ginge.
< ma che cosa... in che modo ragioni? Che problemi hai? Nessuno dice niente. Lo sai si vede che sei inglese... così pudica> ribattè Joanna con un tono ironico e tagliente.

Camminarono in silenzio fino ad arrivare ad una gelateria, “Perché no?” c'era scritto su un'insegna di legno, quasi sbiadita. Raffigurato sotto la scritta stava un cono gelato con tre palline di gelato e un'abbondante dose di panna montata ormai quasi scomparso.
< ecco quello che fa per noi! Tu aspetta qua seduta al tavolino, io torno subito.> dicendo così Joanna varcò la soglia della gelateria dicendo buongiorno.
Ginge si sedette ad un tavolino posto sotto l'ombra di un ombrellone multicolore.
Si guardò intorno un po' irritata, non le piaceva stare ad aspettare da sola fortunatamente l'attesa fu breve.
< ecco a te pistacchio, fragola e cioccolata.> sentenziò Joanna tutta giuliva, porgendole il cono.
< grazie> rispose Ginge con un filo di voce.
Era assorta a gustare il cono quando passò di lì un uomo. Era sulla cinquantina, indossava una leggera camicia a maniche corte e dei calzoncini color cachi. < ehi bellezza! Vuoi venire a fare una passeggiata col tuo vecchio?> le chiese con tono strafottente.
Ginge non sapeva se scappare o rimanere dove era.
La salvò l'arrivo di un ragazzo che usciva in quel momento dalla gelateria e che si mise a sedere accanto alla ragazza e rispose < smamma vecchiaccio stai infastidendo la mia ragazza.> lo disse con tono così forte e autoritario che il vecchio se ne andò subito.

Ginge seguì con lo sguardo quell'individuo che le aveva proposto di fare una passeggiate e quando si voltò per ringraziare il ragazzo che l'aveva salvata lui non c'era più, al suo posto c'era Joanna che era tornata dal bagno.
< cosa è successo Ginge? Hai la faccia stravolta.>
< no, no niente. Solo che un signore, che non aveva buone intenzioni mi ha proposto di andare con lui a fare una passeggiata. Tu non c'eri e io non sapevo cosa fare, ma un ragazzo mi ha salvato facendo finta di essere il mio boyfriend, poi se ne è andato e al suo posto c'eri tu!>
< ah! Penso di aver visto il tuo cavaliere ritornare nella gelateria ed uscirne con una bella granita. Era alto, capelli neri e occhi verdi scuro?>
< non lo so... penso di sì. Gli occhi erano verdi scuro, ma il resto non l'ho notato>
< comunque è stata una fortuna che ci fosse lui nei paraggi. Cioè non ti posso lasciare sola due minuti che tutti ti saltano addosso> rise di gusto dicendo ciò.
< bhè, che cosa vuoi fare adesso? Andiamo al cinema?>
<....>
< chi tace acconsente, te lo offro io andiamo!> affermò e prese la cugina per un braccio trascinandola a vedere un noiosissimo film d'avventura e spionaggio, un genere che Ginge non sopportava. Questo Joanna non lo sapeva, ma se ne accorse a metà film quando tutta eccitata per come la trama si stava svolgendo, si volse verso Ginge per dirle wow, questo film è il massimo e la trovò addormentata pesantemente.

Dopo il cinema andarono a mangiare fuori e tornando a casa passarono dal parco che si trovava proprio dirimpetto al condominio.
Attraversandolo notò un ragazzo appoggiato ad un lampione non ancora acceso.
Tutto risplendeva della luce del tramonto. Gli alberi avevano preso un bagliore arancio-dorato.
Il ragazzo era vestito con una tuta da meccanico con le maniche strappate e aveva sull'avambraccio destro un tatuaggio rappresentante il simbolo della pace. Indossava un berretto e da sotto di esso proveniva un sottile filo di fumo.
Ginge rimase affascinata da questa figura. Si sarebbe fermata se la cugina non l'avesse strattonata via.
La ragazza non notò lo sguardo che il ragazzo le lanciò.
Quando si furono allontanate, lui gettò la sigaretta per terra e col piede destro la spense e si incamminò verso casa.


L'appartamento della cugina era composto da tre stanze. Un bagno, una camera da letto e la cucina-salotto. La porta dava subito su questa ultima stanza. Era piccola, ma molto accogliente. Nel salotto c'erano due poltrone, una piccola televisione e una libreria abbastanza fornita, sopratutto di letteratura inglese.
Appena entrata Joanna si accorse che qualcosa non andava, c'era uno strano odore, no non un odore un tanfo terribile.
< Ginge penso che Wiskers abbia di nuovo lasciato un ricordino da qualche parte.> affermò la ragazza con tono seccato.
< oh no, di nuovo, ma perchè non capisce che deve fare i suoi bisogni nella lettiera! Maledetto! Chissà dove l'ha fatta stavolta. Tu comincia ad ispezionare la cucina e il salotto, io guardo in camera da letto e nel bagno.> disse la ragazza, con tono disperato.
< qui non c'è niente, meno male ha risparmiato la poltrona. L'hai trovata?>
< sì, sia il gatto che è nascosto sotto al letto, sia il ricordino nel bidè!> rispose Ginge sbucando dal bagno. < dove sono i sacchetti?>
< sotto al lavello. Senti io esco, ci vediamo domani mattina,probabilmente non torno a casa a dormire. Ciaooooo!> Joanna sparì dalla porta d'entrata sbattendola.
Un minuto dopo ecco il suono della chiave che girava nella toppa e una voce provenire dall'uscio, era sempre Joanna che le diceva con tono frettoloso < Ginge, sono sempre io, senti quando vai a dormire chiudi la porta a quattro mandate, buona notte!>
< ok, notte Joanna divertiti> rispose Ginge alla porta ormai richiusasi.


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Capitolo 2
*** Dino il carlino e... ***


NSN- 1

La mattina dopo Ginge venne svegliata dalla luce intensa che filtrava dalla porta-finestra del balcone. < ma io ieri l'avevo chiusa la tenda? > pensò la ragazza tirandosi su a sedere.
Mentre si stava stiracchiando per riattivare i muscoli ecco spuntare dalla porta, la cugina con un vassoio in mano. “ buooongiorno principessa! Dormito bene? Oggi colazione a letto.” mentre stava affermando ciò posò il portavivande che conteneva una crepes con panna e cioccolato fuso, un bicchiere di latte e una tazza fumante di tè sulle ginocchia della cugina.
La ragazza la guardò in maniera scettica dopo aver osservato tutto quel ben di Dio e le chiese : “ oggi è solo domenica, non è il mio compleanno né Natale. Sputa, che cosa vuoi? Tu fai questa cosa solamente quando hai bisogno di un favore. Quindi che cosa vuoi?”.
Joanna alzò le mani come a dire, va bene, mi hai beccato e rispose : “ Ok, lo ammetto... mi serve un enorme favore, dovevo portare il cane di Gianni dal veterinario, ma io proprio quel cane non lo sopporto, e poi ho una cosa più importante da fare, mi sono trovata un secondo lavoro, quindi oggi inizio e non ho proprio il tempo di portare uno stupido cane strabico dal veterinario...ti preego, ti ho anche fatto questa meravigliosa colazione... mi fai questo favorone?” disse congiungendo le mani quasi in preghiera.
Ginge sospirò e annuì dicendole con un tono un po' scontroso, ma rassegnato : “ va bene... lo porto io Dino a fare vedere dal veterinario... ma aspetta...secondo lavoro? Quando hai trovato un secondo lavoro?” chiese dopo aver preso un sorso dalla tazza di tè ancora bollente.
La cugina rise a quella domanda e rispose portandosi le mani su fianchi : “ Ti ho mentito ieri, quando siamo andate alla gelateria, non ero andata in bagno, ma a parlare con il proprietario che mi ha concesso di fare un periodo di prova lì alla gelateria e se la cosa andasse bene, lavorerei lì e ti cederei il negozio... ah naturalmente per te i gelati sarebbero gratis e offerti dalla casa...” guardò l'orologio e disse sorridendo :” ma guarda come è tardi, ora devo proprio fuggire, allora lascio tutto in mano tua ciao ciao, a dopoooo!” a queste parole sparì dalla camera e dall'appartamento.


Appena finita la colazione Ginge riportò il vassoio in cucina.
Andò poi in bagno e mentre si lavava i denti alzò gli occhi sullo specchio e fece una faccia annoiata, i suoi capelli nerissimi, corti e mossi erano tutti arruffati e annodati. < mi sa che mi sono rigirata parecchio stanotte, chissà cosa ho sognato > pensò, mentre si stava cercando di chiudere la cerniera sulla schiena del vestito a fiori rossi e gialli che aveva indossato < odio le cerniere sulla schiena, ma le mie gonne sono tutte a lavare > pensò, dando uno strattone alla cerniera che per poco non si ruppe.
Mentre si stava pettinando quell'ammasso informe di capelli suonò il campanello. < cavolo... sono arrivati... veloce, veloce, veloce... > pensò mentre gettava la spazzola andando ad aprire la porta.

Aprì la porta e salutò Gianni e abbassò lo sguardo su Dino, era vero aveva proprio gli occhi strabici, sorrise cercando di nascondere il ribrezzo per quel cane che stava affiorando sempre di più, mentre l'osservava. “ oggi lo porto io dal veterinario, ma penso che Joanna ti avesse avvertito ieri no? Quindi...puoi darlo a me e andare a lavoro ti vedo un po' di fretta, te lo riporto a casa io, chiedo all'inserviente di aprirmi oppure te lo lascio legato al cancello principale...no meglio che lo riporti in casa... sì decisamente meglio, grazie e a dopo allora” disse prendendo il cane, quasi di peso e portandolo dentro casa, richiudendo la porta davanti al ragazzo di sua cugina.

Appena sentì che Gianni se ne era andato, guardò di nuovo il cane e gli disse : “ Dino aspettami qui che io devo finire di prepararmi e poi ti porto dal dottore, anche se non mi sembra che tu stia così male... “ per tutta risposta il cane starnutì fragorosamente, sporcando di muco il pavimento.
< ieri il gatto oggi il cane questa casa non sarà mai pulita... che schifo.. a volte mi fate proprio ribrezzo> pensò andandosi a chiudere in camera, per finire di truccarsi, un trucco leggero e fresco, anche perchè con la calura d' agosto non si poteva permettere mascheroni, se non voleva grondare di sudore, i suoi occhi blu risaltarono come zaffiri incandescenti a contrasto con i colori caldi del vestito. Uscì dalla camera e la chiuse a chiave, così il gatto non avrebbe incontrato il carlino, prese il guinzaglio in mano e uscì dirigendosi con il cane dal veterinario, ogni tre passi il carlino si fermava e starnutiva, Ginge rise e gli disse allegramente : “ sai sembri la versione brutta e ammalazzata di Hansel, solo che lui non lasciava tracce di muco per terra, ma sassolini.”.


Quando arrivarono l'ambulatorio era deserto, c'era solo la segretaria. Appena entrò la ragazza alzò gli occhi dalla rivista che stava leggendo e la squadrò da capo a piedi storcendo la bocca alla vista del carlino e Ginge arrossì, quasi a dirle mentalmente, ma guardi che si sbaglia il cane non è mio.
Si sedette e fece sedere in malo modo il cane che starnutì per l'ennesima volta, mentre la ragazza ossrvava a sua volta la segretaria, doveva avere sui trent'anni, capelli castano scuro e occhi neri e profondi, che non esprimevano che noia e sdegno per quel lavoro.
Mentre stava osservando attentamente i gesti della donna la porta dell'ambulatorio si aprì e ne uscì prima una vecchietta con un gatto in braccio che salutò gentilmente il giovane dottore che la stava seguendo, conducendola gentilmente verso l'uscita.
Il ragazzo salutò con la mano la donna anziana e girandosi chiese alla segretaria, con un enorme sorriso sulle labbra : “ Dèmetra chi è il prossimo?”. La segretaria alzò la penna e senza proferire parola indicò la giovane seduta davanti a lei.
Il ragazzo la guardò e poi fece una faccia sorpresa, quando le strinse la mano salutandola disse : “ ma tu sei la ragazza di ieri... non ti ricordi? Alla gelateria dove quell'omaccione ti ha importunata? Sono io che sono venuto in tuo soccorso...ma guarda come è piccolo il mondo.” rise e proseguì indicando lo studio medico vero e proprio. “ prego da questa parte”.
Ginge rimase sorpresa di aver rivisto così presto il suo salvatore, lo seguì e appoggiò Dino sul tavolo.
“ Allora vediamo che problemi ha il tuo cane” asserì lui e cominciò ad auscultarlo.
La ragazza disse : “ lui non è il mio cane, è il cane del ragazzo di mia cugina... ma entrambi lavorano quindi io ho dovuto portare qui Dino... è grave? Ah grazie per ieri... sei stato molto gentile”. Ora che lo osservava per bene, il giovane dottore era davvero bello, proprio il suo tipo.
Sulla tasca del camice ci era scritto Francesco. < Francesco eh? Che bel nome... è anche bello i suoi occhi verdi sono così... calamitanti... ma che vai pensando Ginge... un po' di contegno. > pensò mentre il dottore le scriveva le pillole per quella creaturina malata e debole di Dino.
Francesco le stava per dare il foglio quando la porta si aprì sbattendo ed entrò un altro ragazzo, più giovane e meno aitante del dottore, ma che doveva conoscerlo molto bene perchè gli disse con fare altezzoso :” Dammi un po' di grana, tu guadagni più di me, che ho finito le cicche e non ho un soldo!”. Il dottore sbiancò alla vista del ragazzo: “ Enrico! Quante volte t devo dire di non venire qui saltando il lavoro solo per chiedermi soldi, lo puoi benissimo fare a casa quando rientriamo, per favore adesso aspetta un attimo e poi parliamo di questa questione ok?” disse cercando di mantenere la calma, ma si vedeva che era arrabbiato e anche parecchio.
Ginge prese il foglio e quando stava per uscire si voltò a guardare un'ultima volta i due ragazzi, e notò la divisa che Enrco portava era da meccanico e strappata sulle maniche... e non poteva crederci, era lo stesso tatuaggio del ragazzo sconosciuto che stava fumando al parco. Richiuse la porta proprio mentre Enrico tentava la tecnica occhioni dolci e lacrimosi dicendo :” dai questa è l'ultima volta promesso fratello! Dai Jam non essere così stronzo... per favore?”.


Mentre stava portando il cane a casa di Gianni, Ginge si fermò sbiancando e si nascose dietro ad un angolo di un palazzone, sporgendosi un po' per vedere se i suoi occhi non le stessero giocando qualche scherzo, no, non c'erano dubbi Gianni era in compagnia di un'altra donna, più anziana che non era sua cugina. Guardò Dino, per andare a casa di Gianni non poteva che prendere quella strada, quindi l'unica cosa da fare era affrontarlo a muso duro. Prese un enorme respiro e si diresse verso i due.
Arrivata alle sue spalle gliele picchiettò e gli consegnò il guinzaglio, fulminandolo con lo sguardo e disse con tono irato : “ tra poco arriverà Joanna non sarà contenta di sapere che hai una relazione con questa... “ ma non terminò la frase perchè in quel momento, lupus in fabula, Joanna lanciò un urlo di dolore dall'altra parte della strada e corse, piangendo da Gianni, urlandogli insulti.
Ginge disse fulminandolo un'ultima volta con lo sguardo : “ vi lascio soli a parlare di questa faccenda, ma tu non farti più vedere, semmai Joanna decidesse di non mandarti a quel paese”.
Detto ciò si avviò al negozio per stare da sola e in santapace.


Quando tornò la casa era al buio completo, pensò quindi che non ci fosse nessuno e andò ad accendere la luce, stava per pigiare l'interruttore quando una voce disse :” no! Non accenderla, lasciala spenta!” Ginge che non si aspettava di sentire la cugina lanciò un urletto di paura, ma non accese la luce, cercò di arrivare ai divanetti, portando le mani davanti a se e disse appena riuscì a sedersi : “ Joanna non pensavo fossi in casa... tutto ok? Come è finita?”. La cugina tirò su col naso e rispose, si capiva da come parlava, che stava ancora piangendo e forse c'era qualcosa di più perchè sbiascicava : “ Ha dato la colpa a me! Ha detto che sapeva che ero infedele con lui e che se io non lo fossi stata, lui non mi avrebbe mai tradito con una donna più vecchia e con più esperienza... capito, ha dato la colpa a me, si è anche scusato, ma le sue scuse non mi fanno effetto perchè l'ho colto in fragrante, mentre lui dei miei altri amori ed incontri non aveva che dicerie... e la cosa buffa sai quale è? Che io ero solo il ripiego quando LEI non c'era... io non ero nulla solo una da scoparsi quando l'altra sgualdrina becera non era presente, si è messa pure in mezzo mentre piangevo e ha detto che si sarebbero sposati il mese prossimo... lo capisci?! Mi ha solo usata e io come una cogliona ci sono pure cascata! Hanno anche avuto la faccia tosta di invitarmi al loro matrimonio!” ricominciò a piangere, senza riuscire a fermarsi.
Ginge sospirò e per quanto fosse arrabbiata con quell'essere spregevole, non vedeva altro modo se non andare avanti e fare sentire meglio la cugina dandole attenzione e facendola sfogare, raggiunse a tentoni la poltrona dove lei era sdraiata e sentì chiaramente l'odore della birra o di qualcosa di più forte, le toccò la mano, la prese tra le sue e disse piano con tono caldo e accogliente : “ Tu sei una bellissima ragazza, non devi buttarti giù in questa maniera, a me lui non è mai piaciuto, quindi adesso sai che si fa? Accendo la luce e si rimette a posto, e poi vieni nel lettone con me ti sfoghi ancora un po' che ne dici?”. Joanna tirò su col naso e se lo soffiò, prima di rispondere con tono lamentoso ma grato : “ va bene, grazie per essermi stata ad ascoltare, chi ti sposerà sarà davvero un uomo fortunato”.

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