My protector, Louis Tomlinson.

di BerdisDatronat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo. ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo. ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo. ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo. ***
Capitolo 7: *** Sesto Capitolo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.


Avete presente quando una cosa viene definita brutta, orribile ed ingiusta? Quando tutto sembra che faccia schifo, che sia arrivato all’apice dell’orrore e poi succede qualcosa che ti dimostra che tutto può andare peggio? Che si può sempre cadere più in basso, come un pozzo senza fondo? Quando tutto e tutti ti hanno girato le spalle? Ecco, questa è sicuramente la definizione esatta della mia stupida vita.
Questa è una parte della mia vita. Questo è un pezzo della mia storia. Questa è la realtà dove non sempre c’è un lieto fine, ma ci può anche essere.

Immaginatela come volete, come meglio vi fa comodo, ma immaginatela dal punto di vista di una ragazza che ha nulla, una ragazza totalmente persa, persa in se stessa e nelle sue più oscure paure. Una ragazza persa nel suo stesso passato. Una ragazza comune, che sa sognare, che vorrebbe ma non può. Una ragazza che sa che i suoi sogni possono solo rimanere tali, sogni. Una ragazza come tutte. Una ragazza con un passato crudele, un presente instabile e un futuro insicuro. Una ragazza che neanche ci crede più nel futuro.
Se volete andare avanti col racconto vi narrerò il punto più felice della mia vita, dove ho raggiunto l’apice della felicità, quando nasceva il nostro noi, la nostra storia.

Grazie Lou. Sei sempre stato fantastico, e questo lo sappiamo entrambi.
Scusami Lou se mi sono ridotta così, scusami se sono scappata e ti ho lasciato andare. Mi hai protetta dalle cose più cattive in questi mesi, mi hai protetta da tutte le persone che mi facevano del male. Mi proteggevi da tutti, tranne da me. Ma ti ringrazio di tutto, Louis.

Per sempre mio Romeo,
La tua Juliet.

Commenti D'autore.
Ok, sono qui con una nuova storia. Mi ero ripromessa di terminarla prima e poi pubblicarla, ma sinceramente non ce l'ho fatta quindi eccola qui!
Questo è il prologo, questa volta ci sarà il mio Louis come protagonista, poteva averlo solo lui questo ruolo, nessun altro avrebbe potuto eguagliarlo.
Preciso da ora che in questa storia non ci sarà ne Niall e ne Harry, col tempo capirete perché.
Spero che vi soddisfi, sto cercando di creare una storia con una protagonista semplice, piena di difficoltà. Praticamente una storia molto realistica.
Fatemi sapere cosa ne pensate in una piccola recensione!
Un bacio, Berdis.

 

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Guardate il banner quant'è figo. Posso amarla solo quella che lo ha fatto.
Se mi volete, contattatemi su Twitter: Berdis Datronat

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo. ***


Primo Capitolo


Penso che tutti voi conosciate i classici film come ‘High School Musical’ o ‘17 Again – Ritorno al liceo’ che ti fanno desiderare con tutta te stessa di andare in una di quelle bellissime e fichissime scuole Americana? Di incontrare un Zac Efron, essere la sua Vanessa Hudgens e vivere tutti felici e contenti? Casomai con 10 figli, una tartaruga, due gatti, cinque cani ad un pesciolino rosso?
Beh, la vita Reale non è affatto così. Sinceramente sogno ogni giorno ed ogni notte che diventi così, ma non è mai cambiata. Mai migliorata. Mai.
Le scuole americane sembrano delle giungle dove dominano gli scimmioni più grandi e muscolosi.
Qui se non si è belli, stupidi e fottutamente ricchi non si va avanti! Io di queste qualità ne ho zero. 0/3.
Non sono brutta, su di questo ne sono sicura, me lo dicono i miei lunghi e lisci capelli neri come l’ebano, occhi colore della pece ed un fisico abbastanza accettabile. Ciò che mi rovina sono quei brufoli e i punti neri. Purtroppo non avendo molti soldi non posso permettermi né creme e né scrub. I vestiti poi non aiutano di certo.
La mia felicità dipende solamente dai soldi, una cosa abbastanza snervante.

Oggi il destino ha voluto che le mie presunte amiche, mi usano solo perché io a differenza loro uso il cervello e sono brava a scuola, mi usassero come una barbie per provare i loro cosmetici e creme nuove con la scusa che c’era la partita di Basket che si svolgeva nella nostra scuola. Volevano che io fossi carina per una volta, questo avevano detto, in realtà ero una cavia da laboratorio.

Accettai principalmente perché così avrei potuto sfruttare anche io qualche cosmetico o crema. Infondo anche loro mi sfruttavano per la scuola, lo scambio era equo.

Quest’oggi sarei stata costretta a vedere quei stupidi ragazzi che cercano di prendere una palla e buttarla in un cestino bucato sul fondo. Una noia mortale.

“July, oh il viola ti dona un casino! Dovresti truccarti più spesso, specialmente in viola o oro. Domani sei ob-bli-ga-ta a fare shopping con noi! Comprerai qualcosa di carino, odio vederti così!”

A parlare era Lucinda. Lei era bellissima, perfetta, faceva presto a parlare. Aveva dei capelli col taglio a caschetto color del grano secco, occhi a cerbiatto color ghiaccio, tratti morbidi e delicati, zigomi alti e leggermente colorati di un rosa candido e sempre un ghigno stampato in faccia.
Un fisico mozzafiato, tette enormi e culo disegnato col compasso, sembravano quasi rifatti talmente che erano perfetti, ma era tutta opera di madre natura. O sua madre, anche lei era bella come Lucy. Quasi sembrava una Cheerleader. Per fortuna non lo era. Non era una vanitosa come loro.

“Sono d’accordo con Lucy, July dovresti curarti molto di più! Domani sei di obbligo! Devi abbandonare il tuo stile da vecchia! Ti faremmo comprare qualcosa di bello.”

Lei era Amy. Capelli rossi, folti e riccissimi, quasi come se avesse fatto una permanete, ma era sempre tutto naturale, anche a lei. Il viso a cuore le donava quel qualcosa di praticamente unico. Sul suo viso non c’erano lentiggini o macchie che di solito le ragazze con i capelli rossi hanno.
Il fisico minuto era perfettamente in proporzione col viso. Nulla era esagerato in lei, era perfetta.

Infondo si capiva perché lei e Lucy erano migliore amiche, loro erano così dannatamente belle e… perfette. Ecco erano entrambe perfette. Per questo non credevo che io ero veramente loro amica, eravamo completamente diverse, io non centravo nulla con loro, ero totalmente fuori luogo.

“D’accordo ragazze, verrò. Ho qualche risparmio da parte, comprerò qualcosa sotto vostro consiglio, promesso. Non comprerò nulla senza il vostro permesso.”
“Neanche una cosa?” Disse la rossa.
“Neanche una cosa.” Affermai io sorridendo.

Festeggiarono come delle sceme. In questi momenti sembravano veramente mie amiche, peccato che fra la gente erano diverse. Quando c’era qualcuno io diventavo praticamente zero. Non contavo nulla, diventavo l’amichetta a cui dare la borsetta. L’amica che serve solo per compagnia. Quella su cui fare qualche battutina cattiva. Insomma io diventavo nulla quando c’era qualcuno. Ecco, questo era un altro dei motivi che mi convinceva che non eravamo realmente amiche, la loro noncuranza, strafottenza verso me quando c’era gente.

Dopo i vari festeggiamenti decidemmo finalmente di andare a scuola.
 

*^*^*^*

 
Entrammo nel corridoio che portava alla palestra e lì iniziarono i miei guai. Almeno in quel momento per me erano grossi guai.

Vidi una signora grassa, bassa come non mai, poteva essere scambiata molto facilmente per un folletto irlandese, capelli bianchi quasi viola a mo’ di strega, occhiali più grandi del suo stesso viso con dei vetri più doppi nella parte bassa, una collana di perle che pendeva dal suo rugoso collo, vestito lungo fino ai piedi con decorazione a pois bianchi e neri, scarpe marroni che ormai neanche mia nonna indossava più, che si avvicinava di fretta vicino me agitando le braccia.
Sembrava letteralmente un polipo vecchio e roscido, viscido. Mi squadrò.

“Sei tu Juliet Hill?”
“Sì, sono io signora. Mi dica, come posso esserle utile?”
“La mascotte si è fatta male, non potrà venire a fare il tifo per la squadra. La sostituirai, visto che hai problemi in educazione fisica non puoi rifiutare, almeno ché tu voglia essere bocciata in questa materia, ma non credo che tu voglia perdere un anno così. Vieni con me, così ti cambi.”

Venni trascinata dalla grassona, sotto lo guardo sbalordito delle mie amiche, in uno squallido spogliatoio dove mi obbligò a cambiarmi e, di conseguenza, a mettermi quel stupido costume che puzzava di morto e sudore.
Un-gallo. Siamo seri?
Ridicolissimo. Andiamo, chi vorrebbe una mascotte vestita da Gallo? In che modo poteva incitare una squadra?

Rivolsi uno sguardo disperato alla signora, ma lei mi face un brusco cenno di indossare l’abito da gallo. O il costume. O la mia morte. Non sapevo precisamente come definirlo, ma certamente era qualcosa di osceno.

Mi vestì di quel costume ed andai nel retro della palestra borbottando vari insulti verso quella vecchia signora. Li meritava tutti.

Lì, improvvisamente, qualcuno mi tirò per le spalle. Mi coprirono i buchi della maschera per vedere, quindi mi trascinarono come un sacco di patate. Urtai contro tante cose, trattenni ogni sorta di gemito per il dolore. Qualcuno mi spinse con una delicatezza assoluta a sedere su un sediolino e sentì un motore accendersi. Ero in una macchina. Vidi la morte in pochi secondi. La mia misera vita iniziò a scorrermi avanti gli occhi. Sarei morta così, con un costume da gallo addosso, bella morte dignitosa, eh?
Dove mi stavano portando? Ma soprattutto chi? Cosa volevano? Sentivo che non era una persona, sentivo varie risatine. Ero in pieno panico. Che mi sarebbe successo?

“Scusami sfigato, la delicatezza non fa parte di me oggi, sono molto nervoso, sai? Perché il capitano qui presente ha deciso di farmi stare a riposo, eh? – e sentii una risatina – Quindi non ti conviene affatto far resistenza o quant'altro, almeno ché tu non voglia che mi sfogo su di te, in quel caso fa tutta la resistenza che vuoi, ho proprio voglia di sfogarmi su qualcuno, quel qualcuno puoi anche essere tu.
Comunque dobbiamo portarti via per un bel poco. Sai, oggi non dovevi proprio capitare come mascotte. Avresti fatto bene a non presentarti, saresti stato più furbo. Ti faremo fare dei giri, poi ti porteremo nuovamente nella tua squallida scuola da quattro soldi. Ah, poi non lamentarti durante il viaggio, credimi neanche noi ci divertiamo, anche io vorrei essere alla partita ma devo stare qui.
Ma ora vediamo chi è lo sfigato di quest’anno. Vi ricordate quello dell’anno scorso? Faceva ridere! La macchinetta e le orecchie a sventola, ma vi vengono a cercare per essere così? O ci andate di spontanea volontà? Oppure vi ricordate il grassone! Capitano, a lei l’onore!”

Qualcuno ridacchiò nuovamente.
Stavano parlando, ansi prendendo in giro, di Bob e di Grasso Josh.
Bob anche quest’anno faceva la mascotte, ma oggi aveva deciso di darci buca così, su due piedi. Evidentemente sapeva quello che lo aspettava.
E pensare che neanche mi piaceva il Basket. Lo vedevo solo come uno stupido sport, se così si poteva chiamare, in cui dei tipi tutti pompati si sfidavano per prendere la palla. Era stupido ed insensato.

Mi tirai le gambe stringendomele al petto, quella voce, non sapevo da chi proveniva, mi aveva esplicitamente minacciata. Iniziavo ad avere seriamente paura. Decisi per il mio bene di stare in silenzio, non mi sarei mossa di un centimetro così non lo avrei fatto arrabbiare. Mi immaginavo già chi era quello a minacciarmi, un zuccone tutto muscoli e niente cervello. Un brivido di terrore mi attraverso completamente fermandosi alla testa. Sentivo come se si stesse rompendo, era la tensione a farmi questo strano ed orribile effetto.

Qualcuno mi sfilò la maschera e finalmente respirai aria pulita, pura. Non molta perché comunque il vestito puzzava, ma almeno era più limpida. Costatai che in auto c’erano tre ragazzi, uno seduto alla guida e due dietro con me. Non era un’auto, ma un furgoncino visto che difronte a me erano seduti i due tizi. Aveva dei posti a quattro dietro. Era molto carino per essere un furgoncino. Ma decisamente orribile per essere la mia tomba.

Ad un tratto sentì tutti gli occhi dei due ragazzi addosso. Mi stavano fissando. L’unico che non mi fissava era quello alla guida, per mia fortuna. Almeno non faremo un brutto incidente.

“Capitano, ma è una… ragazza?”
“Una ragazza carina.” Aggiunse quello che doveva essere il capitano. Prese il mio viso tra due dita per osservarmi meglio da vicino. “Come mai una ragazza così carina fa la mascotte?”

In quel momento credo di essere andata a fuoco. Nessun ragazzo mi aveva mai data così importanza. Anche se mi sfiorava solo il mento per me era tantissimo. Io sono quella che viene scartata perché le proprie amiche sono più belle. Ecco, mi ricordai che in quel momento io ero sola, non c’erano le mie amiche. Era solo per questo. Se vedeva Amy o Lucy si sarebbe rimangiato tutto in un secondo e sarebbe corso da una delle due.

Restai in silenzio a contemplare gli occhi color ghiaccio del ‘capitano’. Erano bellissimi. L’azzurro sembrava sposarsi col bianco che ogni tanto dominava a destra e a manca. Erano decisamente color del ghiaccio.
Il suo sorriso vinceva su tutto. Quando sorrideva le guance diventavano più evidenti, i denti perfetti si scoprivano, tutto nel suo viso si illuminava.
I capelli erano perfetti. Più corti sul lato e al centro si allungavano in un ciuffo. Erano marroni, ma quei riflessi di uno o due toni più chiari li rendevano ancora più belli.
Insomma, sembrava uscito da un bellissimo film. Non sembrava reale. Uno di quei modelli che si vedevano sulle riviste di moda.

“Perché non provi a ribellarti poi? Non vuoi sostenere la tua squadra?” Parlò nuovamente e mi accarezzò una guancia. Quel tocco e quelle parole mi riportarono alla realtà lasciando stare i suoi magnifici occhi e pensai una risposta sensata, senza apparire stupida.
“Pensi che io voglia tornare con la testa dentro quella cosa e casomai fare il tifo per dei tipi che sono capaci solo a spingersi cercando disperatamente di prendersi una palla? Pensi che io voglia fare tutto ciò di spontanea volontà? E poi il tuo amico due minuti fa mi ha minacciata, dov'eri?”
Lo vidi ridere, anche l’altro rise evidentemente ripensando a quello che mi aveva detto prima di scoprire che fossi una lei. “Allora perché fai la mascotte? Sembra che tu odia indossare quell'abito.”
“Io non faccio la mascotte! Oggi devo sostituire quel demente di Bob. Ecco cosa si ottiene quando non ti impegni in Educazione Fisica. Ti ritrovi ad interpretare la parte di un gallo. Che poi avranno scelto il gallo per il suo quoziente intellettivo, visto che è ai stessi livelli dei giocatori di Basket.
Dove siamo andando?”
Ora tutti e tre i ragazzi si misero a ridere. Oh, loro ridevano perché non erano loro intrappolati in un costume da Gallo. Non potevano capire quanto puzzava questo orribile costume.
Ancora una volta parlò il capitano. “Non dovresti parlare così male dei giocatori di Basket quando ne hai due davanti. Comunque faremo dei giri in auto fin quando non finirà la partita.”
“Avete benzina da sprecare? Oppure uccidere ancora di più l’ecosistema? Dah, va bene, se proprio dobbiamo girare a vuoto possiamo fermarci in un bagno almeno mi tolgo questo… coso di dosso? Puzza un casino!”

Il capitano divertito face un cenno con la testa al tipo che guidava e dopo dieci minuti accostammo vicino un bar. L’altro ragazzo mi aprì la porta e mi condusse ai bagni. Mi avrebbe aspettata lì fuori.

Tolsi in fretta e furia quel coso da dosso e mi sistemai i capelli.
Finalmente quel cattivo odore era sparito del tutto. Non si era impregnato nei miei vestiti, cioè quelli di Lucy, almeno una cosa buona era successa.

Restai un minuto a fissare lo specchio difronte a me. Lasciai che la paura mi divorasse, mi travolgesse totalmente, iniziai a tremare. Finalmente potevo farmi investire da tutta l’ansia e l’angoscia che avevo in me. Mi pentì subito di come mi ero vestita. La gonna bianca mi arrivava alle ginocchia e la camicia e fiori viola con lo scollo a V non mi rassicurava. Prima non me ne curavo molto, perché sulle gradinate nessuno se ne sarebbe accorto. Nessuno si accorgeva di me!
Subito dopo notai che sulla gamba destra avevo un livido. Me lo avevano procurato quando mi avevano strattonata come sacco di patate. La delicatezza non faceva parte di quei ragazzi.

Uscii lentamente dal  bagno e trovai il ragazzo ad aspettarmi. Quello che mi aveva procurato il livido.

Anche lui era molto carino. Aveva i capelli completamente neri, come i miei. Non avevo ancora trovato qualcuno con lo stesso colore dei miei capelli, era un colore molto raro. Il taglio era molto simile a quello del capitano, solo che il suo ciuffo era incredibilmente più lungo, per lo meno di 3 centimetri. Occhi marroni che riuscivano a rassicurare chiunque, profondi e bellissimi. Il ghigno stampato sul volto gli dava un aspetto da stronzo. Ma le mie varie esperienze mi avevano insegnato a non giudicare mai nessuno dall'apparenza. Il fisico sembrava scolpito, ma in fondo da un giocatore di Basket, poteva essere solo così il suo fisico. Era incredibilmente alto. Mi sentivo una nana da giardino vicino a lui.

“Il capitano aveva ragione, sei veramente carina.” Disse ingrandendo il ghigno sul viso.

Non calcolai la sua affermazione, sapevo che non fosse vero, ed andai verso l’auto anche se ogni atomo del mio corpo non voleva.

Trovai il capitano e l’altro tipo appoggiati all'auto.
Il tipo che portava l’auto era molto più basso di me. Mi sentii improvvisamente sollevata. Qualcuno era più basso di me, era una soddisfazione in fondo, noh? I suoi occhi erano marroni, ma erano bellissimi come quelli azzurri del capitano. I capelli marroni e corti, molto corti. Aveva anche lui un bel fisico, ma con quella altezza poteva giocare a Basket? Il capitano prima aveva detto che solo due di loro erano dei giocatori, evidentemente quello era un loro amico.

“Zayn ci sono complicazioni, devi andare subito al campo. A quanto pare qualcuno si è fatto male quindi devi dargli il cambio, per tua fortuna, volevi tanto giocare. Ti accompagnerà Josh a scuola. Io resterò con la ragazza qui. Ok?” Disse sorridente.
“Oh, dal viso si vede che ti dispiace molto Capitano.” Disse sarcastico il più basso. A quanto pare lui era Josh.
“Josh accompagnaci al fast-food qui vicino e poi andate. Non ci potete lasciare qui.” Disse col sorriso stampato sul viso.
Entrammo nell'auto e i  due ragazzi ci accompagnarono al fast-food.

“Su, vieni ragazza.” Mi invitò il capitano porgendomi la mano sinistra. Scesi dall'auto aiutata da lui e raggiungemmo l’entrata del fast-food.
Gli altri due misero in moto l’auto e se ne andarono sfrecciando per le strade.
Entrammo e ci sedemmo.
“Allora, vuoi ordinare qualcosa? Dai, offro io, ovviamente. Devo farmi perdonare per il rapimento improvviso e sgarbato. Allora?” Disse sorridendo.

Sentivo il viso andarmi al fuoco ed ordinai un semplice panino microscopico. Non che non avessi fame, in realtà ne avrei mangiati dieci di quei cosi, ma mi sentivo in colpa nel ordinare qualcosa che costasse molto. Non volevo approfittarmi di lui.
Lui, invece, ordinò uno dei miei panini preferiti. Era enorme ed emanava un profumo buonissimo.

“I giocatori di Basket possono mangiare panini così grandi?”
“Teoricamente no, ma sono infortunato, devo nutrirmi!” Disse mostrandomi la mano destra fasciata. “Non so ancora il tuo nome però. E tu non sai il mio. Mi chiamo Louis Tomlinson. Tu?”
“Juliet, Juliet Hill.” Risposi timidamente. Non lo guardavo negli occhi perché mi sarei ripersa nei suoi bellissimi occhi ed era meglio che lui non notasse quel piccolo dettaglio.

Sul viso di Louis si aprì un altro sorriso e sollevò il mio viso con l’indice. Credo che in quel momento io mi persi nei suoi occhi, proprio come se mi trovassi in un labirinto. Lo sentii ridacchiare. Ecco, mi ero tradita. Pochi secondi prima mi ero detta che non dovevo fissare i suoi occhi ed invece ora ero praticamente entrata in loro.

La cameriera ci aveva portato i panini. Subito notai che stava facendo gli occhi dolci a Louis ma lui sembrò non curarsene più di tanto. La biondina non era il suo tipo?

“Allora, dimmi. Mi trovi ancora stupido come un pollo?”
“Gallo. C’è differenza tra i due. Il pollo oltre ad essere stupido è anche castrato.”
“Almeno mi consideri un ragazzo con le palle. È una cosa positiva. – Ridacchio per poi tornare serio – Comunque ti dimostrerò che non sono così stupido. Domani ti va di uscire con me, Juliet? Potrei dimostrarti quel che valgo! Non dirmi di no!”
“Oh, domani devo andare a fare compere con le mie… amiche. Non posso.” Dissi velocemente. Mi lasciai scappare un tono sgradevole quando nominai ‘amiche’. Non erano mie amiche, ne ero sicura.
“Dopodomani! Non puoi dirmi di no ora! La scusa delle amiche l’hai usata già. Dai, non ho neanche gli allenamenti. Voglio solo dimostrati che non siamo tutti stupidi come dei galli, solo questo. Ti vengo a prendere a scuola. Ok?”

Non mi restò che annuire. Non mi aveva lasciato scelta. Sarei dovuta uscire con lui. Fine della discussione.
In fondo dovevo ammettere che non mi dispiaceva più di tanto, lui era molto simpatico e poi un ragazzo si stava interessando a me, era un miracolo!
                                                   

*^*^*^*

 
A fine serata i ragazzi ci vennero a prendere sul lago. Avevamo passato la serata lì, dopo aver mangiato al fast-food. Era stato tutto bellissimo, perfetto. Io e Louis eravamo in perfetta sintonia, amavamo più o meno le stesse cose.

“Capitano, la partita è terminata. Abbiamo vinto noi, ovviamente, cosa si aspettavano? Di vincere? Illusi.
Ma ora portiamo la ragazza a scuola. Avresti dovuto vedere come ti cercavano ragazzina, volevano proprio la loro mascotte.”
Io di certo non li avrei cercati. Ero io quella che doveva indossare quel coso imbarazzante, non loro.
“Bhe, lei ha avuto meglio da fare, è stata con me.” Disse con un sorriso trionfante il capitano per poi avvolgermi con un braccio le spalle. Lo guardai imbarazzata e disorientata.

Erano venuti a prenderci nuovamente Zayn e Josh.
Mi riaccompagnarono a scuola. Louis scese con me dall’auto e  mi accompagnò fino all’entrata.

“Allora ci vediamo dopodomani? Guarda che ci conto. Ora scrivimi qui il tuo numero. Non scrivere uno falso però!”
“Non preoccuparti, sarà il mio numero.”
“So dove vai a scuola, quindi ti conviene. Altrimenti sarò il tuo peggior incubo.” Disse ridendo, si notava il suo tentativo per restare essere serio, ma la cosa non gli riusciva. Mi baciò la fronte e disse che mi avrebbe mandato un messaggio.

Entrai a scuola ed andai verso lo spogliatoio della palestra.

Lì c’erano Lucy e Amy ma nessuna delle due mi salutò. Stavano con due ragazzi bellissimi, erano abbastanza conosciuti nella nostra scuola, chiunque desiderava che loro gli rivolgessero la parola, cosa pretendevo? Cosa mi aspettavo? Non mi avrebbero mai salutata. In fondo io ero la sfigata.

Abbassai il capo e mi fiondai nello spogliatoio. I ragazzi avevano portato lì il costume da Gallo. Presi i miei effetti personali e scappai fuori scuola.
Il telefono squillò, mi era arrivato un messaggio.

Ehy, rispondimi a questo messaggio quando arrivi a casa, ok? Non dimenticartene, altrimenti mi preoccupo!
Scusa se non ti ho accompagnata a casa, ma il furgoncino non è mio, non decido io.
Quando vai a dormire pretendo anche la buona notte, eh!
xxx Louis.

Andai via col sorriso sulle labbra. Ero importante per qualcuno. Sapevo che sarebbe durata poco, ma almeno quel poco tempo sarei stata contenta.

Appena arrivai a casa mantenni la parola, gli mandai un messaggio con scritto che ero arrivata sottolineando poi che gli avevo dato il numero giusto.

“Amore, come è andata la partita?”
“Mamma bene… domani esco con le ragazze, andiamo al centro commerciale. È ok?”
“Certo tesoro.”

Ebbi una piccola conversazione con mia madre e poi sgattaiolai in camera mia. Indossai il pigiama ed inviai un messaggio a Louis.

Buonanotte e sogni d’oro Louis.
xxx Juliet.

Dopo poco crollai in un sonno profondo.

*^*^*^*


Mi svegliai molto presto quel giorno. Erano le sei e trenta. Mi alzai dopo aver provato svariate volte ad riaddormentarmi, tentativi inutili.

Feci colazione e mi preparai con una lentezza assurda.
Decisi persino di truccarmi, cosa che non facevo mai quando andavo a scuola. Solitamente mi truccavo solo per uscire perché, sinceramente, di trucchi ne avevo pochissimi, quindi li tenevo come oro. Ma quella mattina una vocina nella mia testa mi disse che avevo nettamente bisogno di quell’oro.

Dopo aver terminato ogni azione mattutina mi recai a scuola.
Era deserta, non c’era nessuno. Decisi di andare al parco per leggere il mio libro preferito “Il ritratto di Dorian Grey”. Amavo con tutta me stessa Oscar Wilde.
Restai lì fino alle otto meno venti. A quell’ora la scuola si popolava.

Vidi subito Amy e Lucy così mi avvicinai a loro. Mi guardarono sbalordite perché mi ero truccata. Avevo solo un po’ di Eyeliner e Fondotinta. Nulla di sconvolgente, non c’era bisogno di fare le dementi.

Le ore scolastiche volarono in un me che non si dica.
Quando uscimmo di scuola ci recammo a casa per cambiarci. A scuola indossavamo delle uniformi quindi dovevamo cambiarci. Erano veramente imbarazzanti. Gonne grigio topo e camicie bianche, tipo convento.

Al centro facemmo molte compere. Cioè fecero molte compere, io principalmente non comprai niente. Solo un abito da indossare il giorno dopo con Louis.

Raccontai tutto quello che mi era successo il giorno prima alle ragazze e loro erano molto felici per me. A quanto pare lo conoscevano Louis e lui era famoso proprio per le sue storie amorose e la sua strabiliante bellezza. Solitamente i capitani precedenti avevano centouno ragazze in un mese, invece la sua storia più breve era durata cinque mesi e la più lunga nove mesi.

Facemmo tre volte il centro e poi tornammo a casa.



Giunta a casa non mi sentivo a casa. Veramente non mi sentivo neanche nel mio corpo. Mi sentivo fuori luogo e non sapevo neanche più io chi ero. Chi ero? La risposta era ovvia, ero Juliet Hill. Ma chi era Juliet Hill? Mi trovai a fare una lunga riflessione sul pianerottolo di casa mia. Non mi riconoscevo più. Non sapevo neanche più cosa volevo io dalla vita.
Ero felice? No.
Mi ritrovai con tutta la mia vita fra le mani. Le mie mani erano incredibilmente vuote. La mia vita era completamente vuota.
Improvvisamente mi accorsi che non sapevo più niente di me, non ricordavo neanche il mio aspetto fisico. Corsi in bagno e mi specchiai. Tutti i difetti che avevo mi saltarono agli occhi. Quegli occhi che iniziavano a bruciarmi.
Non mi sentivo in grado neanche di andare in giro con Louis, lui era perfetto, io ero l’esatto contrario.

Sentii poi delle urla. I miei genitori erano rincasati. Stavano litigando. Sentivo gli insulti di mia madre rivolti a mio padre. Le bestemmie di mio padre. Scoppiai in lacrime, ero stanca di tutto ciò. Sentì dei passi verso di me, già sapevo chi fosse.

“Tesoro… Perché piangi? È per loro? Non pensarli, dai vieni in camera con me, passerà tutto, ok? Ora smetti di piangere cucciola.”

Era Edward, mio fratello. Eddy aveva i capelli ricci e neri che gli ricadevano in un ciuffo sulla destra della fronte, occhi azzurri come quelli di papà, alto quasi uno e ottantacinque, fisico muscoloso, viso pulito, bello. A prima vista non sembrava mio fratello, lui perfetto, io no.

Piansi ancora di più pensando a quanto Ed fosse perfetto.

Ed c’era sempre nei momenti di sconforto, era perfetto. Molte persone non andavano d’accordo con il proprio fratello. Tra me e lui avveniva l’esatto contrario. Eravamo completamente in sintonia. Mi dispiaceva per chi non aveva un fratello come il mio, si perdevano davvero tanto.

Entrammo in camera sua e ci stendemmo sul letto.
Mi baciò una guancia per poi guardarmi negli occhi. In quel momento mi stava studiando. Cercava di capire cosa mi affliggeva, se le mie lacrime erano dovute solo alla nostra situazione familiare oppure ad altro.

“Chi ti ha fatto soffrire così tanto tesoro mio? Non penso che tu stia così male solo per colpa di quei due coglioni al piano di sotto.”
“Ed sono io! Non mi vedi? Perché devo essere così? Perché non posso essere perfetta come te?”
“Tesoro, tu sei bellissima, perché dici di essere brutta? Sei stupenda così come sei! Le persone farebbero a gara per avere dei capelli come i tuoi! Per averli così lisci e belli. E poi…”

Lui non capiva? Era forse cieco? Mi ritrovai ad urlargli contro tutti i miei difetti.

Ma mi vedi? Dico, sei forse cieco? I miei capelli sono completamente sfibrati e morti, non belli come dici tu.
I miei occhi sono neri, inespressivi. Non potevo avere quelli di papà o i tuoi? Che sono azzurri?
Essendo magra mi ritrovo una pancia che non dovrei avere, come quella dei bambini del terzo mondo! Perché deve essere gonfia? Non può essere normale come ogni essere umano?
Il mio viso! Lo vedi? È quello che più fa schifo! Sono piena di punti neri e brufoloni! Faccio schifo!
Hai visto le mie mani? Fanno schifo, sono storte e i miei due indici sono diversi l’uno dall’altro.
Le mie cosce sono troppo grosse e i miei piedi troppo lunghi. Tra un po’ mi entreranno le tue scarpe!
Sono bassa.
Le mie labbra sono sbiadite e potrei ancora continuare. Ed!


Ero nel pieno di una crisi. Mi odiavo e lo stavo urlando ad Ed. Lui mi fissava con aria amara. Senza parole. Cosa poteva dire in fondo? Stavo affermando solo il vero.

“Non capisco il perché tu pensi a tutte queste cose, o chi te le abbia messe intesta, tu sei bellissima. Non capisco poi perché tu devi preoccuparti di queste cose ora. Tesoro, sei fantastica così come sei, sono sicuro che non sono l’unico a dirtelo. Ora dormi piccola mia che è tardi.”

Mi abbracciò per poi riempirmi di baci sul viso. Restò li a coccolarmi senza proferire altre parole. Ad ogni singhiozzo che fuoriusciva dalle mie labbra lui mi stringeva ancora di più a se stesso. Mi consolava e cercava di capirmi, ma non ci riusciva. Se non ci sei dentro non potrai mai capire.

Commenti D'autore.
Eccomi qui col primo capitolo.
Che ne pensate del caratterino di Zayn? E dell'entrata di Louis? E di Josh? Ok, troppe domande lol.
Vorrei qualche commentino da parte vostra, per sapere come sto andando e se la storia sta diventando noiosa oppure no.
Aggiornerò tra il 25 al 28.
Vi chiedo esplicitamente un commento sulla crisi di identità affrontata da Juliet. Vorrei sapere se sono stata capace di descrivere bene il tutto oppure no.
Se trovate eventuali errori grammaticali vi sarei grata se me li segnalate!
Ok, dopo ciò chiudo!
Un bacio, Berdis. 

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***


Secondo Capitolo.




Mi svegliai nuovamente presto quel giorno. Era come se dentro di me ci fosse una sveglia che mi faceva svegliare così presto. Ma questa volta non fu del tutto una casualità, in fondo. Dovevo vedermi con Louis, ed ero piena d’ansia. Chi non lo sarebbe poi? Volevo essere all’altezza di Louis quel giorno.

Mi liberai dall'abbraccio di Edward ed andai a fare colazione, mangiai poco e niente, solo una manciata di cereali, avevo lo stomaco completamente chiuso. Colpa del pianto del giorno prima.

Mi truccai nuovamente cercando di coprire il più e possibile quegli orribili difetti. Fondotinta ed eyeliner. Ero pronta. Non avrei adottato un trucco più pesante, non mi sarei sentita al mio agio.

Mi recai direttamente al parco e mi misi a leggere. Era troppo presto per andare fuori scuola sarei stata l’unica in quell'ora.

Ero completamente concentrata in quel fantastico libro, ero totalmente innamorata di Dorian. Ovviamente prima che Henry lo trasformasse in quel mostro. Amavo il Dorian che Basil dipinse. Sognavo di incontrare il mio Dorian Gray. Un ragazzo che non conosceva delusioni, dispiaceri. Un ragazzo dal sorriso completamente innocente. Che si interessava all'arte, alla musica senza diventare rude, cattivo. Ma in fondo vivevo nel ventunesimo secolo e non nel diciannovesimo, come il mio Dorian.

Mi persi completamente nei miei pensieri.
Solo alle otto meno venti mi risvegliai dal libro ed andai a scuola che, finalmente, si era popolata.

“July! Oggi è il giorno fatidico! Appena arrivi a casa ci chiami poi, eh! Vogliamo ogni minimo dettaglio dell’appuntamento con Louis!”

Improvvisamente diventai importante per Amy. E dico importante perché era lei che si avvicinò a me, non viceversa come succedeva sempre.
Stranamente parlava in plurale, il che faceva intendere che parlava anche per Lucy. O era diventata del tutto demente, ma non poteva essere così.
Ero diventata davvero importante solo perché dovevo vedermi con Louis? A quanto pare loro lo conoscevano e lo avevano definito il più ‘figo’ della sua scuola. Dicevano che uscire con uno del suo calibro sarebbe stato fighissimo. Poi faceva parte di un’altra scuola e rendeva il tutto ancora più ‘romantico’.
Non capivo il perché di tanta importanza dedicata ad un singolo individuo, ok aveva un aspetto da mozzare il fiato, cioè era bellissimo e suoi occhi lo erano ancora di più, ma davvero la cosa più importante per loro era l’aspetto fisico? Non lo capivo.

“Ok, visto che sei mia cara amica e devi affrontare una giornata in cui la fortuna è fondamentale, July, indosserai questo rossetto quando lo vedrai, come portafortuna da parte mia!”

Cosa? Dov’era il secondo fine?
Accettai il rossetto dubbiosa ed Amy mi disse con gran felicità che aveva comprato uno uguale al suo proprio per me. Le sorrisi. Le ero grata ma non riuscivo a non domandarmi perché lo stava facendo. Ma non capivo, quale erano le sue vere intenzioni?

Le ore a scuola volarono subito.

Non mi restava che uscire da lì ed incontrare Louis. Mi bloccai. Non volevo farmi vedere da lui con la divisa. Mi ricordai del bellissimo abito che avevo comprato inutilmente. Louis sarebbe venuto a prendermi fuori scuola, a cosa mi serviva quell'abito? Ero la solita idiota. Indossai il rossetto rosso di Amy ed uscii.

Trovai Louis appoggiato al muretto della scuola ad aspettarmi. La sua posizione era proprio come quella dei ragazzi fighi nei film. Schiena schiacciata contro il muro e un piede alzato per poggiarsi sul muro. Chi sa se lo stava facendo solo perché nei film, solitamente, dava quel tocco di fighezza oppure era una posizione spontanea. Sta di fatto che se era per il tocco di fighezza gli stava riuscendo benissimo.

Anche lui indossava una divisa. La camicia azzurra rigata blu era fantastica. Indossava un maglione azzurrino con lo stemma della sua scuola, una tigre bianca. Il pantalone bianco era bellissimo. Noi sembravamo tutti delle suore e dei frati, lui un angelo, perché sì, tutti quei colori chiari facevano risaltare ancora di più i suoi occhi.

Sentivo le varie ragazze bisbigliare su di lui. Tutte si domandavano perché un ragazzo così bello, che non apparteneva alla nostra scuola, fosse lì. Molte dissero che sicuramente stava aspettando qualche ragazza bellissima considerando il suo aspetto. Lo stavano ricoprendo di complimenti e molte lo stavano mangiando con gli occhi.

Mi avvicinai a lui con modo insicuro. Non ero proprio come la ragazza che si aspettavano tutte. Come al solito deludevo le aspettative altrui, ma in fondo io ero fatta com'ero. Non decidevo io come essere.

“Juliet! Vieni!” Urlò col sorriso sulle labbra. Non si vergognava di me? C’erano così tante belle ragazze in torno a noi, e lui urlava per farsi notare da me? Lo raggiunsi con un sorriso a trentadue denti.
“Louis!”
“Juliet, perché non mi hai risposto ai messaggi? Mi aspettavo una risposta. Sei stata molto cattiva, sai?” Disse ridendo e mettendo su un broncio adorabile.
A quella frase presi subito il cellulare in mano e notai che avevo 6 messaggi non letti, erano di Louis. Avvampai subito.
Sentì la risata di Louis, evidentemente avevo decisamente il colore del fuoco.
“Juliet, sei ancora più carina quando arrossisci. – e mi lasciò un bacio sulla guancia. – Comunque ho programmato tutta la giornata, sappilo. Devi decidere solo quale programmi scegliere per oggi, ne ho due.
Allora, McDonald’s, film e poi andiamo su una montagna, un po’ di cammino ma ne vale la pena, credimi, la vista lì è fantastica.
Oppure andiamo a fare un giro al parco, conosco un posto in cui la veduta è bellissima, poi andiamo al ristorante li vicino, pranziamo e poi andiamo sul lago, ma non il punto che siamo andati l’altro ieri, uno più bello. Sappi che sarai costretta a fare anche il bagno poi!
Allora? Il primo o il secondo? Decidi. Se vuoi possiamo fare anche un mix delle due cose.” Il suo sorriso splendeva.
“Ehm… Vediamo… Il primo penso che vada più che bene! Ma se dobbiamo camminare posso andare a casa a cambiarmi? Sai come, con la divisa della scuola… è abbastanza scomoda.” Dissi sperando con tutta me stessa che dicesse di sì.
Lui annuì pian piano col capo. “Dimmi solo dove abiti, andremo in moto. Ovviamente, non ci muoveremo a piedi, vero?” Sgranai gli occhi. Non ero mai stata su una moto, avevo il terrore nel provare qualcosa che non avevo mai provato prima d’ora. “Non guardarmi così! Dai che non andrò veloce, ti stringerai a me. Prometto che mi manterrò sui limiti orari. Allora?”
Ecco, non mi resto che annuire perché mi ero persa nuovamente nei suoi occhi. Erano incantevoli, tipo come se fossero quelli di un incantatore.

Ci avvicinammo alla sua moto e lui mi mise il casco, alzai il mento per facilitargli il lavoro. Ci voleva una laurea solo per indossare quel coso.
Si mise anche lui un casco e si sedette sulla moto, era una Harley Davidson Forty-Eight completamente nera. Era un qualcosa di fantastico. Quella moto costava un casino di soldi, di questo ne ero sicura. Si vedeva già dall'aspetto.
Mi sedetti dietro di lui.

“Stringiti forte a me!” Disse e, dopo che mi ero aggrappata saldamente al suo bacino, partì.
Gli indicai la strada man mano che sfrecciavamo per le strade della nostra città.
Arrivammo subito a casa. E pensare che io la mattina ci mettevo quindici minuti per percorrere tutta quella strada! Ora ci avevamo messo solo due o tre minuti.

“È stato divertente, vero Juliet! Allora, abiti qui?”
“Sì Louis. Entri? Almeno non rimani fuori casa nel frattempo che mi cambio. Altrimenti ti annoierai.” Lui annuì ed entrammo in casa.

Notai che sul tavolino del soggiorno c’era un bigliettino.
Tesoro, io e papà siamo usciti per delle questioni importanti, torneremo stasera tardi.
Per la cena provvederai tu?
Ed non dovrebbe venire per cena.
Un bacio, la mamma.
Oh bene, sarei stata sola a casa quel giorno. Non c’era neanche Ed. Sicuramente era in qualche bar con i suoi amici a far chi sa che.

Louis lesse curioso il messaggio che avevo in mano.

“Louis, ti hanno mai parlato della privacy delle persone?” Dissi ridendo.
Lui socchiuse le labbra guardandomi come perso. Non si aspettava che gli dicessi una cosa del genere. “Oh… scusa hai ragione. Ero curioso perché avevi fatto una brutta espressione. Stasera sarai sola?”
“A quanto pare sì Louis… vabbè, ci sono abituata, ormai. Ora vado in camera a cambiarmi. Accenditi la TV, così non ti annoierai.”
“Ah, -  sospirò -  il tuo 'accenditi la TV' non è rassicurante. Non metterci molto.” E si gettò sul divano di pelle rossa. Si accucciò sul lato accendendosi la TV.

Gli rivolsi una linguaccia e scappai in camera mia. Mi infilai subito il vestito e scesi da Louis. Non volevo farlo aspettare un minuto di più.

L’idiota si era addormentato.

“Louis!” Gli sussurrai vicino all'orecchio. Lui sobbalzo urlando che non stava dormendo mentre si guardava intorno. “No Louis, riposavi gli occhi?” Ridacchiai.

Uscimmo di casa e andammo verso il McDonald's. Presi un menù semplice. Non volevo apparire come quella che mangiava molto. Anche se lo ero.

“Ah Louis. Seconda volta in una settimana al Mc. Tu sei il capitano, non puoi permetterti di mangiare in modo così squilibrato. Cosa succede poi se ingrassi e i tuoi muscoli ne risentono? Se si afflosciano?”
“Che vuoi farci, sono stupido come un gallo! Giusto? Il pollo è quello castrato.”
“Giusto” Dissi ridendo.

Mangiammo completamente in silenzio. Io fissavo i suoi occhi e lui i miei. La differenza era che io ero completamente persa in loro. Lo vedevo sorridere per la mia reazione ma non me ne curai più di tanto. Mi piaceva tantissimo guardare i suoi occhi, quindi perché non farlo?
Vedevo ogni minimo dettaglio che non avevo ancora visto. Come la venatura verde ad esempio. A come le palpebre sembravano stanche, come se non dormiva da giorni, mesi. Aveva le borse leggermente rosse. Era veramente stanco. Mi chiedevo quale fosse il motivo della sua stanchezza.

Finimmo di mangiare dopo mezz'ora. Mangiammo molto lentamente.

Guardammo fuori alla finestra, dove stava la montagna c’erano dei nuvoloni enormi.

“Juliet, guarda il cielo! Sulle montagne ci sono delle nuvole bruttissime! Pioverà lì. Andiamo al lago? È dall’altra parte quindi li non è cattivo tempo! Dai Juliet!”
“No. Non voglio farmi il bagno poi!”
“Non lo farai!” Disse con uno sguardo dolcissimo. “Allora andremo lì.” Affermò senza neanche aspettare un’altra mia protesta.
Non potei che acconsentire risalendo in moto con lui.

Arrivammo subito al lago.

“Juliet, vieni.” Disse porgendomi la mano. Accettai con enfasi la sua mano ed iniziammo a camminare in un vicoletto stretto. Lui mi precedeva attento a non lasciarmi per un secondo la mano.
Il mio stomaco era in subbuglio. Era un turbine di emozioni. Quando Amy raccontava delle sue giornate con Jared diceva sempre, ridendo, di avere gli ‘elefanti’ nello stomaco. Io in quel momento avevo il circo intero. Non mi sembrava affatto normale ciò.
Louis sembrò percepire la mia ansia perché iniziò a stringermi ancora di più la mano. Iniziò ad accarezzarla col pollice, il che mi provocò ancora più ansia.
“Eccoci. Stendiamoci lì.” Disse indicando un prato. Dopo di che corse verso il prato e si getto su di esso. “Vieni!” Disse aprendo poi le braccia.
Mi stesi vicino a lui. “Si sta bene qui Louis. È così calmo. Mi piace.”
“Per questo ti ho portato. È così bello questo posto.” Mi tirò sul suo petto e poi chiuse gli occhi. “Voglio tenerti qui vicino a me.”

Per un po’ tra di noi scese il silenzio. Non era un silenzio imbarazzante ma rilassante. Entrambi persi nei propri pensieri, entrambi in una dimensione propria.

Io pensavo che quel posto sarebbe stato l’ideale se si voleva trascorrere un po’ di tempo isolati. Se si voleva staccare un po’ la spina dallo stress quotidiano. Di compagnia c’erano solo gli uccelli che si tuffavano nell'acqua verdognola. C’era una piccola collina vicino al lago. Si poteva sentire un po’ di umidità nell'aria. Non poteva essere la brezza che proveniva dal lago. Erano passate le 16. Respirai profondamente per riuscire a cogliere l’odore del lago ma si sentiva solo l’odore delle varie piante intorno a noi.

Dopo dieci minuti fu Louis a rompere il silenzio che trionfava in quel momento.

“Juliet?” La sua voce era molto roca. Come quando si era svegliato un paio di ore prima nel mio soggiorno. Mi domandai se non si fosse addormentato nuovamente. Risposi con un mugolio per sentire cosa aveva da dirmi. “Devo rompere la promessa.” Disse alzandosi di scatto. Mi prese in braccio e mi getto nel lago. Mi rialzai subito costatando che l’acqua in quel punto era bassa. Cercai con lo sguardo Louis. Lo vidi salire dopo poco. Era bellissimo.
Capelli bagnati che ricadevano sulla fronte. Gli occhi in perfetto pendant col lago. Si passò una mano fra i capelli per poi rivolgermi la sua attenzione. “Juliet! Dai vieni! Buttati un po’ anche tu.” Iniziò a schizzarmi con l’acqua. Eravamo zuppi dalla testa ai piedi. Lo stavo letteralmente odiando. Il trucco si era sciolto e i capelli chi sa poi che forma avrebbero preso. Decisi di reprimete quei pensieri e divertirmi anche io. Iniziai a buttargli anche io l’acqua.

Visti da un punto di vista esterno potevamo apparire come due bambini che non avevano nessuna preoccupazione. Forse solo una, non arrivare tardi a casa per evitare la sgridata della mamma.
Giocavamo in quell'acqua dimenticando ogni cosa. Io dimenticavo i miei problemi a casa. Dimenticavo delle mie crisi. Dimenticavo delle liti, delle amiche false. Tutto. Eravamo solo io e Louis. Nessun altro.

Ci fermammo dopo ore. Quando ormai le mani erano mollicce.

Louis mi guardò ridendo. “Siamo zuppi. Mettiamoci al sole per asciugarci. Ecco, ti aiuto a sederti.” Mi strinse sul suo petto quando poi alzò il volto al cielo. “Tra un po’ pioverà anche qui. Asciughiamoci per un po’ e poi ti accompagno a casa, ok? Oh, hai il trucco colato sul viso. Non capisco perché voi ragazze vi ostinate a mettervi questa robaccia in faccia.” Stava sfregando i suoi pollici sotto i miei occhi dicendomi che non dovrebbero venderli i trucchi, che sono inutili, che fanno solo male alla pelle.
“Louis, li usiamo solo per farci piacere. Neanche noi ne andiamo fiere, ma senza otteniamo solo smorfie di disgusto. Ecco perché lo facciamo.”
“Che idioti quello che lo fanno. Siete tutte più belle quando siete voi stesse. Anche tu ora sei più bella.” Mi baciò una guancia. “Lo siete tutte senza trucco.” Mi lasciò vari baci sulla guancia. Avevo il cuore in gola, lo sentivo pulsare proprio nella gola.
Ma come al solito ci fu quel qualcosa a rovinare il momento.
“Oh, piove! Sulla moto ci bagneremo! Dovevamo andare prima, diamine! Dai vieni, ti accompagno a casa.”
“Ok Louis.” Sorrisi godendomi la sua espressione.

Ci dirigemmo nuovamente verso casa mia. Nel momento esatto in cui partimmo il cielo decise di dare il meglio di se.
Arrivammo a casa completamente bagnati.

Guardai Louis com'era messo. Sembrava che avesse fatto, nuovamente, il bagno con tutti i vestiti. Scoppiai a ridergli in faccia.

“Cosa diamine ridi? Sei bagnata quanto me! Smettila! Basta, sul serio! Ok, ora mi vendico eh!”

Si fiondò su di me facendomi cadere all'indietro. Inizio a solleticarmi i fianchi e non potei che ridere ancora più forte. Il mio cervello tentava di ricordarmi di non ridere come una foca, come ero abituata a fare. Missione fallita, purtroppo.
Dopo circa dieci minuti smise sottolineando che aveva smesso di solleticarmi solo perché avevo iniziato a piangere per le troppe risate.
Io, come al solito, quando ero troppo nervosa iniziavo a dare notizie stupide, così lo informai che nel medioevo il solletico era una delle torture più utilizzate.
Lui affermò che se doveva morire voleva farlo così. Evidentemente mi stava prendendo per i fondelli, e ne aveva anche il pieno diritto! Me ne ero uscita con una frase più che stupida.

Andammo su in camera mia per asciugarci. I nostri vestiti erano completamente bagnati, dovevamo cambiarci come minimo. Louis sarebbe stato a casa mia fin quando non avrebbe smesso di piovere.

Andai in camera di mio fratello prendendo una maglia ed un pantalone di tuta col cavallo basso che avrebbe potuto indossare Louis. Mio fratello poteva sacrificare i suoi abiti per lui. Glieli porsi ed andò a cambiarsi in bagno.

Io nel frattempo mi cambiai in camera. Era destino, l’abito non potevo tenerlo in presenza di Louis, prima per la divisa poi per la pioggia ed il bagno nel lago. Presi un jeans lungo e una felpa. Faceva freddo per indossare qualcosa di carino.

Louis entrò in camera senza chiedere il permesso. Lo richiamai dicendo che doveva bussare prima di entrare. Fortunatamente mi ero vestita del tutto.
Lui scoppiò in una bellissima risata. “Juliet, sei la prima ragazza con cui esco che mi rimprovera sempre.”
Mi fermai a fissarlo per dieci minuti esatti. Era vero, lo rimproveravo spesso. Diventai completamente rossa.
“Sei rossa!” Disse indicandomi. Restai completamente immobile. La vergogna prese il sopravvento su di me. Si buttò di punto in bianco facendomi cadere sul mio letto. Lui era a cavalcioni su di me continuando a canticchiare sei rossa, sei rossa. Ero completamente imbarazzata. Un ragazzo così carino era praticamente steso su di me.

Il suo viso divenne serio quando si rese conto della nostra posizione. Poi sorrise ed iniziò a baciarmi il collo. Ecco, era come immaginavo, aveva frainteso le mie intenzioni, in fondo aveva anche ragione. Mai invitare a casa un ragazzo quando si è completamente soli a casa. Non mi mossi da quella posizione sperando che lui avesse intuito che io non avevo quelle intenzioni.

“Ehy… Perché hai chiuso gli occhi?” Aprii gli occhi di scatto, quando li avevo chiusi? Non me ne ero resa conto. Lui aveva il fiatone, come se avesse corso per milioni di chilometri. Ridacchiò. “La nostra posizione il questo momento potrebbe farci fraintenderci da tutti.” Riiniziò a baciarmi il collo. Se sapeva che sembrava che stessimo facendo qualcosa che in realtà non volevamo, almeno io non volevo, non si toglieva da sopra di me? I suoi baci divennero più insistenti. Lo sentii ridere improvvisamente. “Non preoccuparti Juliet! Non ho cattive intenzioni. Non farei mai certe cose con una ragazza che conosco da poco. Volevo solo vederti più rossa. Sì, mi diverte” E rise ancora.

Gli sorrisi per rompere la tensione che ormai si era formata tra di noi e poi proposi di scendere in soggiorno, così avremo fatto qualcosa, stare in camera era noioso.

“Che facciamo? Vediamo un film?” Disse Louis sorridendo.
Presi tutti i film che avevamo in casa e glieli posi. Iniziò a vedere ogni film che avevo.

“Visto che devo dimostrarti che non sono un gallo senza cervello vedremo un film più culturale. Uno tratto da un libro famosissimo, Il ritratto di Dorian Grey.”
“Ma dai! Sto rileggendo ora il libro! È il mio libro preferito. E comunque non è culturale solo perché è stato tratto da un libro scritto da Oscar Wilde!”
“Un motivo in più per vederlo! E comunque sono dettagli se lo è oppure no. Lo vediamo.” Disse mettendo il dvd. Accese la tv e si posizionò vicino a me. “Se fossi stata un’altra ragazza avresti messo qualcosa di scollato per farsi notare da me, questo è uno dei motivi per cui mi piaci, sai?”
Lo guardai completamente sbigottita. Aveva detto che gli piacevo. Il mio cuore perse qualche battito. Mi sentì morire in un secondo.
“Oh, finalmente il film è iniziato.” Mi tirò sulla sua spalla. “Così va meglio.” E appoggiò il suo capo sul mio.

Guardammo il film commentando ogni singola scena. Lui diceva che era tutto fantastico ed io invece sottolineavo le cose che avevano cambiato dal libro sottolineando che in realtà Dorian Grey nel libro era fantastico, non un bigotto che pensava solo al sesso. Che in realtà era un ragazzo che si dedicava ad ogni tipo di arte, alla musica, al teatro. Avevano stravolto tutto.

Chiunque ci avrebbe visto avrebbe affermato che non c’era niente di romantico in quel momento, invece per noi era la cosa più romantica del mondo. Chiunque ci avrebbe visto ci avrebbe definiti dei vecchi, ma non c’era niente di più bello, vivo e giovane dell’alchimia scatenata tra noi in quell'istante. Chiunque avrebbe considerato noioso quel momento, invece per noi era la cosa più bella e divertente del mondo perché eravamo semplicemente noi stessi e c’eravamo semplicemente noi, nessun altro.

“È stato fantastico, davvero. Non ho mai avuto un appuntamento così con una ragazza prima d’ora. Grazie, sul serio. È stato unico e bellissimo” Disse sorridendo. Mi strinse di più a se facendomi cadere col viso sul suo petto. Si avvicinò a me sussurrandomi all'orecchio un grazie. Divenni di fuoco. In quell'istante un tuono fece rimbombo in casa. Fuori diluviava ancora. Quando Louis udì quell'orribile suono mi strinse ancor di più a se. “Cazzo, diluvia ancora.” Anche io mi strinsi ancora di più in quell'abbraccio. Odiavo con tutta me stessa i tuoni.

Qualcuno girò la chiave nella porta ed io e Louis scattammo l’uno distante dall'altro. Entrambi ci guardammo negli occhi come se stessimo cercando di capire chi fosse nei nostri sguardi. Dopo un po’ qualcuno parlò. Era mio padre con mia madre.

“Tesoro siamo tornati a casa.” Era la mamma a parlare. “Ma sei sola? Abbiamo visto una motocicletta parcheggiata nel vialetto.”
Guardai Louis negli occhi e ricominciai a respirare. Erano i miei. “Mamma sono con un amico!”  Le urlai. Mia madre e mio padre si fiondarono in soggiorno. “Ho detto amico, non assassino.” Dissi sgranando gli occhi. Vidi Louis irrigidirsi. In che razza di situazione lo avevo trascinato, non mi staccava gli occhi di dosso.
Mia madre sorrideva mentre mio padre aveva un viso cupissimo.
“Sai com'è, dovevamo fare un giro per la città ma ha iniziato a piovere quindi siamo venuti qui. Con questi tuoni è pericoloso camminare per strada, lo dici sempre no? Comunque ci eravamo bagnati del tutto quindi siamo tornati… ho dato dei vestiti di Ed a Louis, altrimenti rischiava di prendersi un malanno. E la moto è sua.” Mi sentivo nettamente in imbarazzo. Abbassai lo sguardo quando finii il discorso, a quel punto fu mia madre a parlare. Cercai di buttare la cosa sulle sue varie raccomandazioni, evitando di parlare del lago. Se mia madre o peggio mio padre venissero a conoscenza del fatto che ero stata in un posto isolato con un ragazzo mi avrebbero rinchiusa in casa a vita, e sinceramente non era il massimo.
“Bene! Immagino che tu, Louis, ti fermi a mangiare qui. Fuori piove tantissimo, sei in moto non puoi tornare a casa! Le strade sono totalmente allagate. Per questo siamo tornati prima July, hai visto il bigliettino?” La mamma era fatta così, qualcuno che non conosceva diventava molto nervosa e parlava a sproposito.
“Sì mamma, ho visto il bigliettino. Ora saliamo in camera.” Dissi trascinandomi Louis in camera mia. “Scusala, lei… è semplicemente lei.”
Lo sentii ridacchiare “Ti assomiglia molto, sai? Ha i tuoi stessi occhi, neri e così profondi. Li adoro.” Disse avvicinandosi totalmente al mio viso. I nostri nasi si sfioravano. “Li guarderei per ore. Mi piacciono così tanto.” La sua voce era diventata un sussurro. Mi baciò la guancia destra e poi la sinistra. Il mio stomaco si contorse completamente, ma non perché provavo disprezzo per lui. Era un turbine di emozioni che mi attraversava completamente. Era una sensazione bellissima ma allo stesso tempo avevo paura. Paura di cosa? Che fosse tutto un sogno, che mi sarei svegliata scoprendo che ero sola, che nessuno mi aveva calcolata. Rimanere sola. Era la mia più grande paura, ma credo che sia anche la più grande paura dell’essere umano. Chi non temeva la solitudine? Era così frustrante e cattiva, non portava che tristezza. L’unica cosa positiva che portava era una felicità apparente, una felicità che col tempo sfociava, svaniva. Solo chi non aveva conosciuto la compagnia di qualche persona poteva apprezzare pienamente la solitudine. Eppure io non avevo mai avuto la compagnia di qualcuno, ero sempre stata sola. Ero forse io la classica eccezione alla regola? Quella persona che temeva ciò che aveva, il nulla?

Louis mi riportò alla realtà quando mi baciò un punto preciso del collo. Appena sotto il mio orecchio. A quel contatto sobbalzai, quasi come se mi avesse dato uno spintone che aveva rotto ogni sorta dei miei pensieri. Accarezzai i capelli di Louis mentre mi baciava ancora il collo.

“Amo anche queste reazioni, sai? Le tue emozioni sono imprevedibili. Fino ad ora ti stavo baciando il viso sembravi in trance, non ti muovevi non sbattevi le palpebre eppure il tuo respiro era regolare. Invece anche se solo ti sfioro qui – e tocco con un dito il mio collo – visto? Sei sobbalzata nuovamente. Sei fantastica Juliet. Sei unica.”
“Louis, per piacere, smettila” Balbettai lentamente. Era una richiesta piccola ma esplicita.
“Ecco, quando dicevo che sei unica dicevo anche questo. Qualunque ragazza mi avrebbe già baciato. Anzi, scopato. Intendo prima, quando ero a cavalcioni su di te. Ecco, invece tu, beh, non sei come le altre. No, non intendo che sei frigida, solo che non pensi solo a quello ecco. Sei la prima che incontro così. Sono così felice di averti conosciuta! E pensare che io non volevo neanche prendere in ostaggio la mascotte, pensavo che era una cosa meschina, in fondo lo è ma non ti avrei conosciuto senza.” Disse tutto ad un fiato. Rimasi sbalordita per la velocità in cui disse il tutto. Poi ragionai su quello che aveva detto fissandolo con aria afflitta. Era il primo che era veramente contento di conoscermi, quindi non lo avevo fatto scappare. Sorrisi alle sue affermazioni abbracciandolo e lui tuffo il suo viso nell'incavo del mio collo ispirando fortissimo.

In quell'istante qualcuno aprì la porta. Era mio padre. Giurai di averlo visto nettamente arrossire quando entrò e ci trovò abbracciati.

“Tua madre voleva sapere se il ragazzo si fermava a mangiare qui. Cosa che gli consiglio vivamente perché fuori ha iniziato a grandinare.” Disse con gli occhi bassi.
“Oh sarebbe fantastico” Affermò Louis staccandosi da me. Prese il cellulare e fece una chiamata. Aveva chiamato a casa per informare il padre che si sarebbe fermato a mangiare a casa di una sua amica. “Ho avvisato a casa, resto. Grazie dell’invito!” Disse con un sorriso enorme.

*^*^*^*
 
Scendemmo a cenare. Lì trovammo tutta la mia famiglia. Sembrava un presepe, sinceramente.
C’era anche Ed. Scrutò con aria afflitta Louis. Si alzò porgendogli la mano dicendo un sonoro ‘Piacere Edward’. Il suo viso non mi piacque più di tanto e credo che neanche a Louis piacque. Aveva uno sguardo molto cattivo.

A tavola fecero l’interrogatorio a Louis. Scoprì tante cose. Aveva quasi diciotto anni, era all’ultimo anno. Avevo immaginato che aveva quell’età infatti non mi sorprese. Disse che viveva con cinque ragazze, le sue cinque sorelle. I suoi genitori avevano veramente bisogno di un hobby. E altre mille cose.
Alla domanda di mio fratello “Allora Lou, posso chiamarti Lou, vero? Come hai conosciuto mia sorella?” Intervenni io vedendolo in seria difficoltà.
“Insomma lo lasciate dieci minuti di tregua? Mi ha conosciuto alla partita di Basket, ora basta.”
“Calmati July, non lo stavo mica ammazzando!”
“No Ed, no?”

Cadde il silenzio. Nessuno proferì una parola dopo la mia frase aspra.
Finimmo di cenare e fuori pioveva ancora.
Alla fine Louis restò a dormire a casa mia. Lui doveva dormire nella camera di Ed, sott'ordine di papà. La prevedevo una brutta serata.

*^*^*^*
 
Erano le due ed io non riuscivo ancora a prendere sonno. Nella mia testa c’erano mille domande. E mille dubbi. Quello che più mi premeva era scoprire se Louis era ancora vivo visto che stava in camera con Ed. Non che Ed sia antipatico, anzi è il miglior fratello del mondo, ma quando qualcuno non gli va a genio non gli andrà mai a genio. È difficile che lui cambi idea.

Decisi di scendere giù in salotto, così cercavo di farmi tornare il sonno.

Trovai Louis seduto sul divano. Si girò verso di me appena sentì i miei passi. Mi regalò un sorriso più che unico. Neanche lui riusciva a dormire. Mi sedetti al suo fianco.

“Non riusciamo a dormire, capitano?”
“No Juliet.” Mi avvolse le spalle con un braccio facendomi avvicinare di più a lui. “Credo di non essere simpatico a tuo fratello, sai?”
“Louis non pensarlo, lui è fatto così. Non so perché ti ha preso in antipatia, lui non lo fa mai..”
“È ovvio, sa che sei uscita da sola con me, qualunque fratello sarebbe geloso. Mi guadagnerò la sua simpatia.” La sua voce era diventata profonda. Mi voltai per vedere la sua espressione e mi ritrovai ad un palmo dal suo viso. Sorrideva innocentemente. “Per ora devo conquistare la sorella, però.” Poggiò le sue labbra sulle mie. Mi sentii andare a fuoco per la terza volta in quella giornata. Il mio cuore pulsava un casino di sangue. Sentivo il cervello andarmi in poltiglia. Dovevo calmarmi. In fondo i sentimenti sono tutte pulsazioni del cervello.
Louis mi guardò gli occhi e poi sorrise. Accarezzò il mio labbro inferiore per poi baciarmi le guance. “Juliet, ora usciamo ufficialmente insieme, sappilo.” Mi ribaciò le labbra.
Sentimmo dei passi ed entrambi ci girammo verso le scale. Era Edward.
“Che ci fate qui? Juliet, non devi andare a dormire? Su, vai a letto.” Mi ordinò con un tono più che serio. Da quando lui poteva impartirmi ordini?
“Ed non darmi ordini! E poi non ho sonno ecco perché sono scesa qui in soggiorno.” Dissi guardandolo con odio. Perché era sceso? Solo per rompere il momento? Se ne poteva andare allora.
“E quindi hai cercato il sonno fra le sue labbra? July! Se scendeva papà invece che io? Lo conosci il suo caratteraccio. Ti conviene andare a dormire. E se non hai sonno conta le pecore, eh!”
Calò il silenzio. Dovevo contare cosa..? “Le pecore Ed?” Dissi sottovoce. Sentii Louis sghignazzare. “Eddy, vuoi che io conta le pecore? Sul serio?”
“Non so, preferisci i koala? Conta quelli, basta che vai a dormire!”
“Ok, basta, alzo la bandiera bianca. Vado a contare i cammelli. Ciao e buonanotte.”  Detti un bacio sulla guancia destra a Louis e salii le scale di fretta per non sentire Ed.

Mi tuffai nel letto cercando di chiudere gli occhi senza risultato. Non avevo sonno. Il bacio di Louis mi aveva del tutto scombussolata. Avevo dato il mio primo bacio. Avevo baciato un ragazzo come Louis. Ed ora ci uscivo pure. Era come vivere un sogno. Il più bel sogno di sempre.

Alla fine chiusi gli occhi accompagnata dal pensiero di me e Louis.

Commenti D'autore.
Inizio col dire che ci sto lavorando dal 25. Col lavorare intendo solo a correggerlo.
Penso che questo sia solo un capitolo di passaggio. So che è noioso e compagnia bella però era necessario.
Dal prossimo capitolo vi prometto più emozioni (?)
Bhe, come al solito vi chiedo di lasciare un piccolo commento, è bello sapere cosa ne pensate.
Chiedo scusa per eventuali errori, se li segnalate è ancora meglio, così posso aggiustare.
Aggiornerò tra il 14 e il 19 Settembre.
Un bacio, Berdis.

 

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo. ***


Terzo Capitolo.


Venni svegliata con dei baci sulla guancia sinistra. Aprii gli occhi e vidi che c’era Edward calato su di me.

“Buongiorno principessa!” Disse lui a gran voce mentre mi accarezzava la guancia da lui prima baciata.
“Eddy. I cammelli non c’erano. Ho dovuto provvedere da sola.”

Iniziò a solleticarmi per poi dirmi che Louis stava ancora dormendo e che, se volevo, potevo andare a svegliarlo.
Si vedeva lontano un miglio che lui non voleva che io andassi da Louis, stava facendo un grande sforzo nel dirmi di raggiungerlo. Che poi io ancora non capivo il motivo di tanta apatia verso Louis. Lui era il primo ragazzo che si interessava a me. Era il primo che mi faceva sentire importante e non una merda, come facevano tutti. Il primo che veramente mi voleva. Il primo che mi accettava.

Andai in camera di Eddy buttandomi praticamente sul letto in cui dormiva Louis. Si svegliò di scatto e poi mi guardò. Restò con lo sguardo fermo per uno o due minuti, si stava riprendo dal risveglio improvviso. Dopo che mi riconobbe, mi baciò delicatamente le labbra per poi annunciare a pieni polmoni un sonoro Buongiorno. Successivamente si tolse il cuscino che aveva messo in mezzo alle gambe e si alzò dal letto ed annunciò che andava in bagno a darsi una rinfrescata e poi saremmo usciti insieme a fare colazione.

Andai in camera mia a prepararmi per poi andare da Louis.
Quel giorno faceva veramente freddo quindi decisi di mettere una felpa e dei jeans abbastanza larghi, una sciarpa dello stesso colore della felpa, viola pastello.

Quando tornai in camera costatai che Louis stava ancora nel bagno della camera di Ed.

Questa volta, però, non eravamo da soli, Eddy era sdraiato sul suo letto mentre leggeva uno dei libri di Dan Brown, il suo scrittore preferito, “Il codice Da Vinci”. Era totalmente preso dalla sua lettura. Lui amava tutto quello che era arte quindi non era difficile capire perché stava leggendo con tanta cura quel libro.

Richiamai la sua attenzione. Ci impiegò due minuti per chiudere il libro e sentire quel che avevo da dirgli.

“July, se cerchi Louis sta ancora in bagno. Ci sta da un casino di tempo, non so se era ancora vivo.” Mi tirò sul letto con lui. “July non rimanere troppo tempo con lui, ok? Non mi piace come persona, non affezionarti troppo a lui. Non puoi fidarti di lui, credimi non è come sembra, non è perfetto come fa credere. Non fidarti ciecamente di lui.” Disse con un tono disprezzante.
“Non devi vederlo in questo modo, lui è dolcissimo. Eddy non fare l’antipatico con lui. Poi neanche lo conosci, come fai a dire tutto ciò? Lui è così dolce e gentile. Dovresti conoscerlo un po’ di più.” Dissi dolcemente. Ero sicura di me. Ero sicura del carattere di Louis. Se voleva approfittarsi di qualche ragazza sceglieva una Cheerleader, non una ragazza sotto la media come me. Poteva scegliere qualcuna tutto culo e tette, invece aveva scelto me.

Louis uscii dal bagno e si diresse direttamente verso me.

“Juliet, andiamo? Sei pronta? Ho una fame!” Disse lasciandomi un tenero bacio sulla guancia. “Ehy, Edward vieni con noi a far colazione fuori? Dai che sarà divertente. Più siamo meglio è, noh? Andiamo in un bar in cui fanno dei cornetti buonissimi!” Disse sorridendo.
Edward non rispose alla domanda ma gli rivolse uno sguardo accusatorio e pieno di cattiveria.
Louis si limitò a sgranare gli occhi per poi camminare verso la porta. “Lo prendo per un no. Andiamo?”
Lo raggiunsi sorridendo.

Uscimmo di casa e dopo aver passato due o tre isolati mi avvolse le spalle col braccio destro.
“Allora July andiamo nel mio bar preferito ora. Ora voglio una spiegazione perché July con la pronuncia del mese?”
“Perché sono nata a Luglio. Fu un’idea di Edward chiamarmi così, quando era piccolo mi chiamava sempre così. Ormai tutti mi chiamano così. Pensano che sia un nomignolo carino.” Dissi giocando con le dita della mano destra di Louis.
“Capito… Ecco il bar, entriamo?”
Annuì leggermente col capo.

Entrammo ed una cameriera subito ci venne vicino. Salutò affettuosamente Louis, segno che lo conosceva bene, e poi mi guardò con uno sguardo indagatore.

“Louis lei è la tua nuova ragazza? Oppure è solo un’amica
“Ehy Rachelle, mi offendo ora, sai? Per te cammino così con una semplice amica? Ovvio che è la mia ragazza, non si vede? Juliet lei è Rachelle e Rachelle lei è Juliet.” Annunciò con un sorriso raggiante.

Rachelle mi scrutò dalla testa ai piedi. Lei era veramente bella. Capelli lunghi fino al fondoschiena biondo scuro. Occhi color dell’oro. Fisico da mozzare il fiato. Curve molto accentuate.
Vicino a lei mi sentivo Shrek.
Era bellissima, come tutte le altre, del resto. Non ero ancora riuscita a trovare una ragazza che mi faceva pensare minchia, sono più bella io di lei. Nessuna.
Avvampai nel vedere che lei mi stava ancora fissando.

“Davvero Lou? Non sembra proprio il tuo tipo. Solitamente sono tutte come delle fotomodelle, ragazze bellissime. Questa è completamente diversa.”
“Rachelle smettila.” Disse irritato.

Avevo voglia di urlargli almeno non sono una troia come te! La gonna della divisa puoi anche toglierla tanto è come se non l’avessi. Le tue mutande bianche sono fantastiche, comunque. Ma la gola si secco per poi far spazio ad un grappolo formato solo dalla rabbia. Non cambiai la mia espressione, non le detti soddisfazioni. Non le detti la soddisfazione di vedermi offesa, affranta, a pezzi. Anzi, sorrisi alla sua affermazione, nonostante il grappolo e le lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi. Rimasi indifferente.

“Solito tavolo Lou?”
“Sì Rachelle.”

Le due battute furono dette in modo molto freddo, gli occhi di Louis guardavano la cameriera in modo accusatorio. Era arrabbiato per ciò che mi aveva detto.

Ci sedemmo in un tavolo vicino ad una finestra. La temperatura era perfetta, non faceva freddo lì. Louis mi fissava come per capire se mi ero offesa per le parole della sua amica. Gli sorrisi dolcemente per fargli capire che era tutto ok. Non era tutto ok, ma preferivo un Louis sorridente ad uno triste.
Mi sorrise sussurrandomi un sei bellissima, non pensarla, è totalmente stupida, non si vede già dall'aspetto fisico? Mi strinse la mano ed aspettò che venisse Rachelle a prendere le ordinazioni. Louis ordinò per entrambi.

Mangiammo fissandoci gli occhi. Amavo fissare i suoi. Lo sentivo ridacchiare per come lo fissavo ma ancora una volta non me ne curai più di tanto.

Pagammo ed uscimmo da lì.

Andammo nuovamente al lago. Avevo ancora paura della moto, ma mi dovevo abituare.

Questa volta niente bagno. Restammo lì a guardare le nuvole. Restammo lì a stringerci le mani ed a dire le cose più stupide che venivano in mente.

Passammo l’intero pomeriggio lì tra una carezza ed un bacio.

Tornammo a casa per le sette di sera.
Mi lasciò fuori casa ed andò via.

Quando entrai in casa trovai il putiferio. Mia madre e mio padre stavano nuovamente litigando.

Andai direttamente in camera di Ed. Mi gettai fra le sue braccia cercando di non sentire i vari insulti che si lanciavano i miei.
Mi domandavo perché stavano ancora insieme se dovevano solo litigare e menarsi. Ormai erano anni che neanche più si sorridevano. Se lo facevano era solo per fingere davanti agli altri. Tipo prima con Louis. Sapevano fingere benissimo.
Questo era uno dei motivi per cui non mi fidavo più delle persone.

Ed mi strinse a se cercando di farmi stare meglio. Canticchiava le sue canzoni preferite per farmi rilassare. Passammo la notte svegli. Nessuno dei due chiuse occhio. Ci proteggevamo entrambi dalle persone che ci avevano messo al mondo. Dai nostri genitori. Ormai non intervenivamo più nei loro litigi. L’esperienza ci aveva insegnato che era meglio non intervenire.

 
*^*^*^*
                                                                                                                                                
Mi ritrovai seduta fra le braccia di Ed. Guardai l’orario, erano le sei. L’ultima volta che avevo controllato l’orario erano le quattro.

Ed era ancora sveglio. Mi guardò con i suoi occhi stanchi, le occhiaie calcavano i suoi occhi azzurri ormai spenti, segno che aveva pianto durante le mie due ore di sonno. Sorrise debolmente e mi baciò una guancia.

“La lite è finita con papà che sbatteva la porta di casa. Ha detto che andava a vivere dalla nonna. Per te è la volta giusta? Finirà quest’inferno, vero?” Era sull'orlo di crollare nuovamente. Eravamo distrutti da quella situazione, non era facile vivere in quello scenario.
“Cucciolo finirà tutto, ok? Non litigheranno più. Parleremo con la mamma e la convinceremo del fatto che papà non dovrà più vivere con noi. Mai più. Vedrai che andrà tutto bene.” Dissi asciugandogli una lacrima che era scappata dai suoi occhi. Lui sorrise amaramente per poi buttare la sua testa sul mio collo.
Alla fine crollammo entrambi, finalmente, in un sonno profondo.

 
*^*^*^*


Una mano grande mi accarezzò una guancia e mi risvegliai dal mio sonno. Alzai lo sguardo e notai che era Louis. Edward era sdraiato a pancia in su ed io ero stesa su di lui.

“Buongiorno July. È domenica e sono le nove e mezza. Non si può dormire! Non approfittarti del fatto che non c’è scuola! Oggi esci con me, ti faccio conoscere i miei amici.”

Lo guardai disorientata per poi alzarmi definitivamente dal corpo di Edward. Accarezzai il suo volto asciugandolo definitivamente dalle lacrime e poi camminai verso la porta.

Louis mi seguì a ruota, non prima di lanciare uno sguardo indagatore ad Ed.
Edward stava ancora dormendo, non si accorse di nulla in quel momento e, forse, era meglio così.

Entrammo in camera mia e Louis si tuffò sul letto aspettandomi mentre mi cambiavo e truccavo nel bagno. Erano quattro giorni di seguito che mi truccavo. Iniziavo a credere che lo stavo facendo solo per piacere agli altri, per essere migliore, essere accettata.

Una volta terminato di prepararmi mi recai da Louis. Aveva uno dei miei libri in mano. Era Romeo and Juliet.

“Ci pensi Juliet? Tu ti chiami come lei. Tu sei la Juliet americana. Speriamo solo che il finale sia migliore! Posso essere il tuo Romeo? Spereremo insieme in un finale migliore, mia Juliet.” Mi baciò delicatamente le labbra. Accarezzo il mio viso. Si alzò per abbracciarmi e poi, una volta poggiato il libro sul letto, mi prese fra le sue braccia. “Andiamo mia Juliet?” Annuii leggermente col capo. Pendevo dalle sue labbra.
Mi condusse sino alla sua moto fra le sue braccia. Ringraziai il dio che mia madre non ci avesse visto, sarebbe stato imbarazzante.

Dopo un’ora di motocicletta arrivammo fuori una casa. Era una bella e grande casa. A due piani con le parete esterne dipinte di un giallo ocra sporco, sul frontale c’erano tre finestra al piano superiore e due al piano inferiore, colorate di bianco.
C’era un ragazzo sulla soglia ad aspettarci. Sorrise nel vederci avvicinarci, era sicuramente un amico di Louis.
Aveva i capelli rasati, si notava a stento che erano castani. Occhi colore del bronzo. Le braccia erano completamente muscolose. In confronto Louis era completamente fuori forma. Indossava una T-Shirt col collo a V molto profondo nonostante fossimo a novembre, mi domandavo come era possibile non sentire freddo con quella maglia. Indossava anche dei jeans molto larghi e consumati, evidentemente li indossava solo in casa.

Salutò Louis con un’amichevole pacca sulla spalla e poi spostò la sua attenzione verso di me. Iniziò a studiarmi completamente. Smisi di respirare mente mi squadrava.

“Devi essere la nuova fiamma del nostro Capitano. Finalmente qualcuno di normale, Lou! Devi sapere che il nostro Lou solitamente si fidanza con ragazze che sembrano che già abbiano il mestiere fra le mani! Pensa che persino Zayn ha detto che eri perfetta per Louis, e per dirlo lui ce ne vuole, non ha mai accettato neanche una ragazza di Louis, tu sei l’unica. Guarda che è un onore! Ritieniti fortunata.”

Lo guardai con aria afflitta. Non capivo se prenderlo come un complimento o no. Cioè non capivo se mi aveva detto che non sembravo una troia come tutte le altre oppure che rispetto alle altre io ero bruttissima e non meritavo di stare vicino a Louis.

“Ehy ti sei incantata ragazzina? Comunque piacere Liam! Come ti chiami?”
“Oh.. Piacere Juliet, piacere di conoscerti.” Arrossii di botto. Avevo il respiro irregolare per colpa della vergogna, non mi andava di essere osservata da qualcuno.
“Louis, ti sei trovato proprio una bella ragazza. Entrate! C’è già Madison.
Lou, prima che dimentico, dopo verrà anche tua sorella, Lottie. Ha chiamato prima.”


Non l’avessi mai conosciuta, quella troia.


Entrammo, finalmente, in casa. Conobbi Madison, praticamente la dolcezza in persona.

“Piacere Madison.”
“Oh… piacere Juliet.”

Madison era una ragazza semplice.
Indossava una camicia bianca con una gonna beige, ballerine del medesimo colore. Dei capelli lunghi castani leggermente ondulati le ricadevano sulle spalle e si fermavano appena sotto il seno. Aveva gli occhi come un gatto, totalmente sensuali. E lo diventavano ancora di più quando abbassò leggermente il capo arrossendo un po’ quando Liam le sfiorò accidentalmente una mano.
Ma nessuno parve accorgersene.

“Ragazzi venite in soggiorno. Tra un po’ verrà il resto della squadra. Sai tutti ti vogliono conoscere Juliet.” Annunciò Liam.
“Cosa?” Balbettai per poi abbassare lo sguardo. Non mi andava di essere al centro dell’attenzione. Semplicemente io non ero fatta per essere al centro dell’attenzione.
“Ti avevo detto che volevo presentarti i miei amici Juliet.” Mi disse Louis accarezzandomi la nuca e poi avvolgendomi le spalle col braccio destro.

In quell'istante qualcuno bussò alla porta. Liam andò ad aprire e poi sentimmo solo un Buongiorno tesoro mio. Allora, mio fratello è già qui con la sua nuova ragazza? Era arrivata Lottie.

Liam ritornò in salotto affiancato da una bellissima ragazza. Bellissima era a dir poco. Occhi grandi ed azzurri proprio come il fratello. Capelli lisci, lunghi e biondi. Zigomi alti e ben evidenti. Per niente truccata, a stento aveva un po’ di mascara, ma quando si è così belle il trucco è inutile. Indossava un maglione che le si adagiava perfettamente e dei jeans stretti. Non indossava nulla di ché eppure indosso a lei sembrava uno dei capi più pregiati al mondo.

Mi squadrò e poi storse il naso. Louis si stava alzando per andare da lei per abbracciarla ma si fermò di colpo quando sentì le frasi che fuoriuscirono dalle sue labbra.

“Louis, questo è il massimo che sei riuscito a trovare? È bruttissima! Cioè, tu puoi permetterti molto di meglio. Aveva ragione Rachelle al telefono. Lei è mille volte meglio di questa. Da te non mi sarei aspettata questo. Sono del tutto delusa.”


 
Commenti D'autore.
Ok, non avrei voluto aggiornare molto prima, ma il mio cervello mi diceva 'Rispetta la data che hai messo'
Non aggiornerò mai più a distanza di diciotto giorni.
Sul serio, ho sofferto.
Allora:
Vi piace il gioco di parole col nome July? Tipo mi sono sentita un genio quando l'ho pensato lol.
Che ne pesate di Rachelle? E di Lottie?
Vi sto riempiendo di domande, ma non è un caso! Per rispondermi dovete recensire! Sono o non sono un genio del male?
Vabbè dovete sapere che dall'inizio dei capitoli volevo aggiungere sempre una gif ma me lo scordavo sempre. In questo capitolo ci sarà una gif! Perché ora me ne ricordo. lol.

Ok, Non è fottutamente dolce?
Un bacio, Berdis. P.S Aggionerò tra il 26 e il 28

 

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo. ***


Quarto Capitolo



 

Era stata cattiva. Veramente cattiva.

Restai lì con la bocca leggermente socchiusa. Stessa cosa fece Louis. Entrambi sbalorditi per quello che aveva detto Lottie.

Ero ferita nel profondo. Mi stava giudicando solo per il mio aspetto fisico, non mi conosceva neanche, ma in fondo aveva ragione, come aveva ragione Rachelle. Sapevo di non essere abbastanza per Louis, sia esteticamente che caratterialmente, ma non era bello quando gli altri te lo ricordavano.

Poi riprese a parlare.

“Cosa ti ha colpito di lei? Anche l’abbigliamento fa schifo! Cos'è quel pantalone? Da quanti anni lo ha? E poi quella felpa apatica? La fa sembrare grassissima! Che squallore di ragazza!”

Poi sentii solo un rumore. Un suono deciso e diretto. Un ceffone che arrivò sul viso di Lottie. Tutti restammo in silenzio.

Abbassai lo sguardo cercando di non scoppiare in un pianto disperato. Un pianto che ero riuscita a trattenere avanti a quella stronza di Rachelle, ma che non riuscivo a fermare ora avanti alla sorella di Louis.

Louis l’aveva dato uno schiaffo sulla guancia destra. Quando gli rivolsi lo guardo Louis aveva ancora la mano a mezz'aria. Mi sentivo terribilmente in colpa, responsabile di tutto ciò, l’aveva colpita solo per colpa mia. Ma in fondo se lo meritava.

Un braccio mi avvolse le spalle e mi trascinò per le scale. Mi guidò in una stanza. Era Madison.

Mi fece sedere su un letto e poi mi alzò il volto fissandomi con aria affranta. Aveva capito che quelle parole mi avevano fatto più male dello schiaffo che Louis aveva dato alla sorella. Sentì le lacrime rigarmi il viso. Stavo piangendo avanti una sconosciuta, ma in quel momento le lacrime erano l’ultimo dei miei problemi. Le parole di quella biondina mi percorsero nuovamente il cervello, correvano veloci e cattive, il tono sembrava amplificato diecimila volte. Rimbombavano in modo cattivo e meschino.

Sentii le braccia di Madison circondarmi in un abbraccio ed io tuffai il mio viso nell'incavo del suo collo.

Come avrei voluto che Ed fosse lì con me in quel momento a consolarmi. Lui sapeva sempre come farmi smettere di piangere, come farmi ridere. Lui cominciava a canticchiare qualche canzone con la sua voce stonata e non potevo non ridere.

Dopo una manciata di minuti la porta si riaprì. Era Louis. Mi alzai da Madison e lui si fiondò subito da me. Madison ci lasciò completamente soli in quella stanza. La ringraziai mentalmente per ciò.

Louis mi strinse a se mentre mi sussurrava delle scuse. Perché si scusava con me? Era la sorella che mi aveva offesa non lui.
Piansi ancora di più tra le sue braccia.
Credo che lui se ne accorse solo perché la sua maglia si bagnava, perché io non singhiozzavo o altro. Sentii le sue braccia fare più pressione e dei teneri baci che si posavano sul mio capo.

Il mio corpo stava subendo un turbine di emozioni. Ero completamente travolta da loro. Non sapevo come reagire a tutte quelle emozioni.
Erano completamente nuove per me. Ero triste, felice, arrabbiata, emozionata, entusiasta in una sola volta.
Era innaturale provare tutte queste emozioni tanto in contrasto tra di loro.

“Louis?” Disse entrando Liam. “È tutto ok ora?”
“Liam tra un po’ veniamo anche noi.” Louis non sciolse l’abbraccio neanche un attimo.
Liam ci avvisò che il resto della squadra era arrivato ma che potevamo stare in camera fin quando volevamo, avrebbe trovato una scusa con la squadra. Poi ci lasciò nuovamente da soli.

Dopo una manciata di minuti Louis decise di alzarmi il viso. Sfregò il pollice destro sotto gli occhi e poi mi rivolse un sorriso amaro. Lo sentii pronunciare delle parole incomprensibili per colpa del tono bassissimo, più basso di un sussurro.

Madison rientrò in camera per vedere come stavo. Mi sorrise dolcemente dicendomi che avevo il trucco sciolto. Mi fece sedere ed iniziò a truccarmi.
Louis stette lì in piedi ad aspettarci ed osservarci totalmente in silenzio.

Subito dopo scendemmo dai ragazzi.
 
“Ehy ragazzi!” Urlò Louis con un sorriso sghembo sul volto. “Vi presento la mia bellissima ragazza! Vi ho fatto le palle a furia di parlare di lei l’altro ieri, quindi era ora che ve la presentassi!” Disse per poi abbracciarmi da dietro.

Mi presentò l’intera squadra di Basket, ma sinceramente non ricordavo neanche più un nome. Forse solo quello di Zayn, perché l’altra volta era presente anche lui e poi chi si sarebbe mai scordato delle sue minacce fatte prima ancora di conoscermi?

Conobbi anche delle Cheerleader. Stranamente di biondine non ce ne erano. Oltre a Lottie ovviamente.
Una di loro in particolare, Jessy, mi squadrò dalla testa ai piedi per poi sorridermi compiaciuta. Sembrava che avesse appena conquistato l’America o qualcosa del genere. Ricambiai lo sguardo e poi lei si avvicinò a me. Mi scrutò nuovamente ed iniziò a parlarmi.

“Quindi tu sei la nuova ragazza di Louis?” La sua voce era totalmente sensuale. Cioè era qualcosa di indescrivibile. Era dolce e bassa, delicata e appagante. Ti faceva rilassare totalmente. Qualsiasi problema con lei si annullava del tutto. Poteva abbindolare chiunque con quella voce così bella e soave.
Annui a mala pena.
“Sei così diversa dalle altre… Hai un fascino tutto tuo. A vederti chiunque direbbe che non è vero che tu sei la sua ragazza. Sei unica. Spero che Lou stia bene con te e che duri tanto.” Sembrava così sincera e dolce. Forse era sincera.
O forse non lo era.
Louis si avvicinò a noi con passo incerto. Aveva lasciato nuovamente i compagni di squadra da soli.

“Amore, hai conosciuto Jessy!”
“Sì, lei mi ha conosciuta Louis. Come ho già detto a lei, è singolare come tua ragazza. Spero che duri davvero tanto.”
“Anche io lo spero.” Disse disorientato. Non riuscivo a capire cosa non stava andando, infondo ci stava facendo un bel augurio.

Louis mi trascinò via da lei per portarmi vicino a Zayn e Josh. I ragazzi dell’altra volta.

“Capitano alla fine sei riuscito a metterti con lei. Dovevi vedere come ti adulava il capitano quando ti avevamo lasciata fuori la tua scuola! Pensa che noi sappiamo ogni parola che vi siete detti! Era peggio di una ragazzina alle prese con la sua prima cotta.” Disse Zayn mentre sul suo viso nasceva un bel ghigno.
“Ragazzina sei fortunata ad avere al tuo fianco il capitano. Non ti farà mai del male, e se casomai lo farà vieni da noi che lo mettiamo subito in riga.” Disse il più basso mentre scompigliava i capelli a Louis e rideva ad alta voce.

Volevano veramente bene a Louis. Sicuramente si consideravano tutti e tre migliori amici. Il loro rapporto era così bello e travolgente, qualcosa di puro, così puro da fare invidia a chiunque.

Scoppiai in una timida risata mentre i tre giocavano tra di loro. Tutti e tre si voltarono verso di me sorridendo.

“Ragazzi, comunque anche io sono fortunato nel aver trovato una ragazza come lei.” Disse Louis sorridendomi dolcemente per poi stamparmi un bacio delicato sulle labbra. Mi sentii in un minuto andare a fuoco.

“Ehy Louis vieni a fare qualche gioco con noi! Jimmy sta ancora aspettando la rivincita per la gara del Rum, non lo puoi lasciare così su due piedi!” Disse Jessy passandosi una mano fra i capelli. “Andiamo capitano” La sua voce era sempre sensuale e travolgente.
“Jessy io passo, oggi voglio stare solo con lei. – e mi indicò – Non voglio ubriacarmi.”
“Andiamo capitano, non si tiri indietro!” Lo incitò Jessy dandogli una pacca sul braccio.
Louis mi guardò come per chiedermi il permesso. Io gli sorrisi leggermente. Non volevo essergli di ostacolo, non volevo impedirgli di divertirsi, anche se sinceramente avevo da ridire sul modo in cui lui si ‘divertiva’. “Va bene, ma non fatemi ubriacare come al solito.” Disse ridendo.

Si alzò e si sistemò vicino ad un tavolino. Di fronte c’era un ragazzo abbastanza muscoloso. I capelli erano rasati come quelli di Liam, ma sinceramente a lui non stavano proprio bene quei capelli. Sono in pochi che si possono permettere quel tipo di taglio e quel ragazzo non se lo poteva permettere. Indossava una maglia da basket e dei pantaloni molto larghi, come quelli di Liam, l’unica differenza era che quelli erano più nuovi. Sorrideva sghembo mentre diceva a Louis che stavolta avrebbe vinto lui. Louis rise ed iniziarono a mandar giù quel liquido marroncino che tanto puzzava per me.

Non so quante bottiglie svuotarono, ne erano tantissime, ma alla fine il vincitore fu Louis.

Louis era completamente ubriaco. Si alzò dalla sedia per poi ricadere su di essa come un peso morto mentre rideva come un non mai. Non ce la faceva neanche a stare in piedi. Mi domandavo cosa ci trovavano di divertente. Lui non riusciva a mettere due parole in riga, riusciva a far nulla. Lo vidi barcollare verso di me mentre si aggrappava alle varie cose che lo circondavano. Vidi Liam che lo avvicinò e si mise un braccio di Louis intorno alle spalle.

“Lo porto in una camera, almeno si riprende dalla sbronza. Tra un paio di ore sarà come nuovo. Certo questo non vale per Jimmy. Però il capitano è uno tosto. Si riprenderà subito, Juliet.”
“Vengo con voi. Gli sto vicino. Sta male, non posso non stare con lui.” Disse guardando il viso di Louis. Forse non stava così male in quel momento, ma ero sicura che dopo una decina di minuti sarebbe stato ancora più male.

Liam sorrise e poi ci condusse in una camera con un letto matrimoniale. Era la camera dei genitori di Liam. Fece stende Louis su letto ed uscì dalla stanza.

Mi stesi vicino a Louis ed iniziai ad accarezzargli il viso.

“Devo farti schifo in questo momento. Sono completamente ubriaco, scusami amore.”
Lo zittì con un sussurro e poi gli baciai le labbra. Sapevano terribilmente di alcool “Louis non alzare la testa, ti passerà prima. Ti faccio portare un po’ di acqua calda e del cibo, così passa subito.”

Uscii dalla stanza avvicinandomi a Josh che in quel momento era solo. Zayn stava ballando in modo molto provocatorio con Lottie.
Chiesi a Josh le cose che mi servivano in quel momento e me le procurò in un me che non si dica. Mi chiese anche esplicitamente di non dire a Louis di come stava ballando Zayn con Lottie, altrimenti si sarebbe arrabbiato e non poco.

Mi recai in camera e feci bere lentamente il bicchiere d’acqua calda a Louis, nonostante le proteste di lui. Lentamente lo feci anche sgranocchiare qualche biscotto.

Mi accucciai sul suo petto e lui iniziò ad accarezzarmi i capelli. Le sue carezza però erano violente, ma non credo che Louis se ne accorse, lui credeva di coccolarmi quando invece mi stava facendo male.

“Scusami mi sono ubriacato come uno sciocco.”
“Non preoccuparti amore, sono abituata a tutto ciò. Ora chiudi gli occhi e riposa.”
Ed in fondo era vero, io ero abituata a quello schifo, ma tu Louis non lo sapevi ancora. Forse se lo avessi saputo non mi avresti accarezzata in quel modo, forse non ti saresti neanche ubriacato quel giorno, forse mi avresti dato maggior protezione.
Ma in fondo già me ne davi tanta.
Sentii Louis fermarsi con le carezze. Era crollato in un sonno profondo. Successivamente crollai anche io.
 
*^*^*^*
 
Venni svegliata in modo delicato da Liam. Alzai lo sguardo e lo vidi tutto sorridente che mi porgeva un cellulare. Il mio cellulare.

“Penso di aver fatto un casino rispondendo, è tuo fratello.”

Sgranai gli occhi e iniziai subito a parlare con la persona che c’era all'altro capo del telefono, mio fratello.
Passai una mezz'ora a convincerlo che non era successo nulla di che. Sarei andata a scuola con Louis. Gli ripetetti varie volte che non avevamo fatto nulla di ché. Alla fine staccò non convinto del tutto.


Commenti D'autore.
Ve gusta? A me no. La sto scrivendo e mi sto dicendo che se dovessi leggerla io non la leggerei.
Sto cercando di affrontare molti argomenti difficili, come i pregiudizi. Sto cercando anche di renderla più realistica che mai, ma sinceramente diventa noiosa se mi attengo troppo alla realtà.
Il prossimo capitolo sarà con qualche colpo di scena in più. Sarà interessante perché scopriremo qualcosa di più su Louis, in fondo non si sa un cacchio di Lou lol.
Vi chiedo il vostro parere sull'amicizia dei ragazzi e sul comportamento di Jessy e Lottie.
Aggiornerò tra l '8 al 10
Vi lascio ora con una piccola gif <3
Un bacio, Berdis.

 

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo. ***


Quinto Capitolo


Ricordo ancora il nostro primo bacio appassionato Lou. Arrivò al nostro primo mesiversario. Arrivò la prima volta che conobbi la tua famiglia, era così diversa ma così perfetta. Capii anche tante cose di te, tante cose che neanche immaginavo.
Ma del resto era stato tutto così bello. Sul serio, ancora ora mi domando se eri reale. Lo eri vero?
Ogni gesto che compievi sembrava che fosse scritto da uno dei più grandi scrittori dell’ottocento, uno dei più stimati. Ricordi vero che io amo l’ottocento? Ovvio che lo ricordi, te l’ho detto così tante volte.
Ora mi sembra tutto così lontano… Mi manchi Lou.
Eri il ragazzo perfetto, mio Lou. Mio Romeo.


Sentii una mano accarezzarmi leggermente la nuca ed aprii gli occhi. Era la mano di Louis mentre mi sorrideva dolcemente e tornava ad accarezzarmi con delicatezza la nuca.

Era venuto a casa mia senza preavviso. Ormai lo faceva spesso. Era già un mese che stavamo insieme, un mese dall'inizio di un bellissimo sogno.

“Lou, quindi non sei solo un sogno? Sei reale?” Dissi toccandogli una guancia e poi la fronte. Tormentavo i suoi capelli con le dita, amavo farlo.
“Sì amore mio. Sono reale e rimarrò qui per un bel po’, sai? Non ti libererai facilmente di me cucciola mia.” Disse stampandomi un dolce bacio.

Ora mai mi ero abituata a quel turbine di emozioni. Era come bere un thé freddo alla pesca e subito dopo una cioccolata caldissima. Qualcosa di incredibilmente dolce ma che comunque ti scottava e freddava subito, dove dolore e piacere non si distinguevano mentre ballavano tutt'uno. Non potevi difenderti da tutto ciò. Potevi solo goderti quelle emozioni e tranne solo il meglio.
Era come trovarsi improvvisamente in Siberia senza potersi difendere dal freddo se non con un suo caloroso abbraccio.
Era un qualcosa di cui avevi bisogno e basta. Senza un come o un ma o un perché. Neanche uno dei più grandi filosofi in questo strano ed idiota mondo poteva trovare un perché. Era come spiegare il senso della vita. Era come spiegare l’infinito e l’impossibile. Non c’era spiegazione. Ne avevi bisogno e basta. Dovevi solo accettare quella dipendenza.

“Amore mio vieni a pranzo a casa mia? Oggi facciamo un mese, amore mio, devi conoscere i miei genitori, è arrivata l’ora sai? Ho parlato tanto di te a loro e babbo vuole conoscerti” Disse con gran entusiasmo. Aveva un sorriso a trentadue denti ed i suoi occhi imploravano solo un sì, erano colmi di speranza.
Sorrisi per poi soffermare lo sguardo sul suo sorriso speranzoso. Non sapevo cosa rispondergli, se dirgli sì ed allacciargli poi le braccia intorno al suo collo oppure digli di no perché avevo una fifa assurda. Così indugiai. “Louis, io… non so…”
“Amore mio non puoi dirmi di no! Io conosco i tuoi, ormai sto qui quasi tutti i giorni, sono di casa qui, tua madre mi conosce benissimo, anche tuo fratello, anche se lui non mi sopporta un granché. Quindi ora tocca a te, tu conosci solo Lottie, ora ne restano altre quattro! I miei genitori poi non vedono l’ora di conoscerti.”
Non mi restò che annuire.


 
*^*^*^*


“Amore, sei bellissima!” Sussurrò lui sul mio collo.
“Non è vero Lou. Quello che indosso ora è inappropriato, troppo serio. E poi quello è troppo da sciatte. Nulla va bene, cazzo.”

Ero nel pallone ormai. I vestiti in realtà erano gli ultimi dei miei problemi, mi stavo aggrappando a quella minima parte dei miei problemi per non vedere il resto, la massa che c’era dietro a quel minuscolo problema. Lo ingrandivo così il resto appariva nullo. In realtà il problema principale ero io. Avevo paura. Paura di non essere accettata dai genitori di Louis. Paura di non essere accettata dalle altre sue sorelle. Paura di non essere abbastanza. In fondo non lo ero mai. Né per gli altri né per me stessa.

Andai nuovamente in bagno e mi provai un altro capo. Non andava neanche quello. Aveva ragione Lottie, la roba che avevo faceva schifo. Vidi l’abito che comprai per il mio primo appuntamento. Ora mi sembrava così ridicolo. Lo era, assolutamente. Lo presi e lo gettai sul letto, era assolutamente da scartare.

“Amore indossa questo” Aveva in mano proprio quell'abito. “Lo indossasti anche la prima volta che siamo usciti insieme. Cioè lo hai indossato per poche ore, ma era comunque bellissimo, ti stava d’incanto. Dai metti questo e non cambiarti più, di questo passo sarai pronta per l’ora di cena.” Mi baciò le labbra per poi condurmi in bagno lasciandomi cambiare da sola.

Uscii indossando l’abito e mi posizionai avanti lo specchio. Ero orribile. Il problema non erano i vestiti, ma io. Chiunque sarebbe stata bellissima con quegli abiti, come riusciva Lottie con qualsiasi cosa, come ci riusciva Rachelle, come ci riusciva Jessy, ma io non riuscivo ad essere accettabile. Come potevo essere così orribile? Dio mio se mi odiavo.
Sentii gli occhi bruciarmi e la testa scoppiarmi. Non ero pronta a tutto. Non ero pronta ad un altro rifiuto. Non ero pronta. Volevo solo morire, scomparire. Così smossa dalla rabbia sferrai un pugno verso lo specchio.
Vetri erano infranti, come la mia sicurezza, se esisteva in me.
Il sangue scorreva giù dalla mia mano destra, come le lacrime che uscivano, ormai, dai miei occhi.
Louis mi abbracciò portandomi lontana dai cocci di vetro. I cocci di me stessa. Perché non avevo colpito il vetro, ma me stessa, il mio riflesso. Volevo che quel che vedevo spariva quindi lo avevo distrutto. Volevo solo eliminare il problema. E lo avevo fatto in parte. Avevo distrutto quella cosa orribile, rivoltante, inutile.

“Amore calmati ora, per piacere. Ehy. Perché hai colpito lo specchio? Amore guardami. Juliet, per piacere guardami.”

Aveva il mio viso fra le mani. La voce era tremante, ma era comprensibile. Non sapevo cosa dire o fare, in fondo non avevo fatto una cosa normale, ma non me ne pentivo, anzi, ne andavo fiera in quel momento.
La porta si spalancò improvvisamente. Edward aveva gli occhi spalancati. Notò solo due cose, lo specchio rotto e me in lacrime.

“Cosa diamine hai fatto Louis” Soffiò subito.
“Non centro io, lo giuro. Ha colpito lo specchio ma non so perché lo ha fatto. Non lo capisco neanche io. Amore mio non piangere, ti prego. Ehy cucciola, cosa ti succede, fammi capire almeno.” Era totalmente sconvolto. Ma, cito, in fondo chi non lo sarebbe?

Louis mi stava accarezzando la schiena mentre cercava di calmarmi. Ormai ero nel pieno di una crisi di pianto, il che era orribile. Non riuscivo a smettere di ansimare, non riuscivo a respirare o anche solo a parlare. Mi staccai con violenza da Louis per cercare un po’ d’aria. Posai le mie mani alla gola, volevo strappare quella corda che la legava. Non avevo nessuna corda, eppure sentivo qualcosa che mi stava uccidendo lentamente. Aprii la finestra, spalancai la porta per far entrare più aria e possibile. Niente. Qualcosa mi impediva di respirare.
Delle braccia mi circondarono per poi farmi stendere sul mio letto.

“Ehy respira. Un bel respiro profondo piccola, va tutto bene, va tutto bene.”

Louis era nuovamente venuto in mio soccorso. Era fatto d’oro. Nascose ogni tipo di sentimento. Cercava di essere più calmo e dolce possibile. Mi accarezzava lentamente la schiena lasciandomi piccoli baci sulla guancia.
Ed mi stava medicato la mano nel frattempo.

Avevo perso il controllo di me stessa.

“Scusatemi, non so cosa mi sia passato per la mente. Scusa Lou.” Cercai di scusarmi. Sapevo cosa mi era preso ma, semplicemente, non volevo dirlo. Non volevo accettarlo.
“Amore mio non scusarti. Se non vuoi venire a casa mia non fa niente, avviso i miei che non andiamo più. Non volevo che succedesse questo. Chiamo subito a casa, scusami amore mio, non eri pronta, scusa. Sono stato stupido, avventato, ho insistito senza considerare cosa provavi tu, scusami piccola.”
“No Lou, vengo a casa tua, non scusarti.”

 
*^*^*^*
 
Dopo circa venti minuti arrivammo a casa di Louis. Era grande. Non grande come quella di Liam, ma comunque grande. Entrammo al suo interno e subito ci venne ad accogliere un ragazzo di poco più venticinque anni. Era una vera bellezza naturale. Occhi azzurri come il mare, ero sicura che se li osservavo bene vedevo anche le onde. Capelli come fili d’oro che cadevano dolcemente sulla fronte, se li intrecciavo potevo ottimamente fare degli anelli. Alla luce brillavano proprio come oro. Pelle diafana. I lineamenti erano del tutto diversi da quelli di Louis.

“Babbo! Lei è Juliet, la mia ragazza.”

Babbo. Babbo. Era suo padre. Fermai il mondo intero per due secondi, il tempo di assimilare che quel ragazzo era il padre di Louis. Louis aveva quasi diciotto anni, quindi quell’uomo come minimo doveva avere trentacinque/trentasei anni.

“Sembrate suo fratello o cugino in realtà.” Dissi sbigottita. Diedi vita ai miei pensieri in un secondo. Sembrava un ragazzino, non poteva essere vero.
Lui rise per poi rivolgermi lo sguardo. “Ho trentatré anni, non sono così piccolo, sai?” Ridacchiò ancora. “Comunque piacere, Justin.” Disse con un sorriso raggiante.

Qualcuno in quell'istante bussò alla porta. Louis si girò ed aprì. Sbucò un uomo sulla trentina.

“Papà!” Disse Louis.

In quell'istante io caddi in un silenzio totale. Non capivo nulla. Mi aspettavo che uscisse un terzo padre da un momento all'altro. Poi capii.

Justin si avvicinò verso quell'uomo lo abbracciò e gli baciò delicatamente le labbra.

“Chi è questa ragazza?” Disse mentre scioglieva l’abbraccio con Justin.
“Papà lei è Juliet”
“Oh, finalmente ti conosciamo! Louis ci ha parlato così tanto di te.” Disse guardandomi con fierezza.

Era anche lui un bel uomo. Capelli neri leggermente alzati, occhi azzurri, ovviamente con tonalità del tutto diverse da quelle di Louis o Justin, ricordavano il ghiaccio. Il suo fisico era ben curato. La barba era leggermente accennata sul volto. Sul suo viso dominavano delle lentiggini.

“Piacere Angel” Disse porgendomi la mano. Gliela strinsi accennando un sorriso.
“Noi due andiamo in camera mia, ci chiamate per il pranzo poi?” Disse Louis per poi prendermi per mano e trascinarmi su per le scale.

Incrociammo una delle sorelle di Louis. Si chiamava Georgia. Ci dedico solo un secondo poi scappò dai suoi genitori.

“Amore, visto che non è andata male? Ora devi conoscere le mie sorelle, le conoscerai tra un po’.” Mi baciò le labbra e poi si stesse sul suo letto. Batté delicatamente la mano due volte sul letto per mimarmi di raggiungerlo.
Lo vidi armeggiare con le cuffie ed il cellulare.

“Amore, ascolta questa canzone, è bellissima.”

Presi la cuffietta che Louis mi stava porgendo e la misi nell'orecchio destro.
Conoscevo già quella canzone. Love Story – Taylor Swift. Chi non conosceva quella canzone? Era bellissima. Io l’amavo.
Sentii le mani di Louis insinuarsi sul mio collo, mi tirò verso il suo viso. Mi sorrise dolcemente per poi dirmi “Sembra che questa canzone parli di noi, verso Juliet? Sei la mia Giulietta.”
Diventai una fiamma. Sentii, poi, le labbra di Louis premere sulle mie. Avvampai ancora di più quando avvertì la lingua di Louis. Stava approfondendo il nostro bacio. Perché sì, oggi compievamo un mese insieme ma non avevamo mai approfondito un nostro bacio.
La musica che ci accompagnava col bacio era fantastica, perfetta. Erano partite altre due canzoni nel frattempo, ma sinceramente non prestai molta attenzione a tutto ciò. Le parole non riuscivo a capirle, a stento captai la musica di sottofondo.
Nulla in quel bacio, però, diventò volgare. Tutt'altro. Era tutto così romantico, perfetto. Perfetto era parola più adatta a quel momento.
La mano destra di Louis che mi accarezzava dolcemente il collo e la mano sinistra nei miei capelli. Mi massaggiava lentamente la nuca. Ero completamente rilassata e vulnerabile tra le braccia di Louis.
Le mie barriere sparita, le spade ripose, le lance rotte.
Louis aveva fatto breccia nel mio cuore ed io non avevo fatto qualcosa per evitare tutto ciò, anzi, lo avevo quasi aiutato posando la spada ed usando quelle lance contro le mie mura, distruggendole completamente, creando un varco per farlo entrare.

 
*^*^*^*
 
Qualcuno bussò alla porta della camera di Louis. Ci separammo subito e successivamente qualcuno entrò in camera. Era Angel.

“Ragazzi il pranzo è a tavola. Scendete? Aspettiamo voi per iniziare a mangiare.” Disse con voce cordiale ma sempre con quel portamento fiero.
“Sì papà scendiamo subito.”

Angel chiuse lentamente la porta marrone lasciandoci nuovamente soli.

“Allora che te ne pensi dei miei genitori, piccola?” Disse baciandomi la nuca ed accarezzandomi il collo con la mano sinistra.
“Bhe, sembrano simpatici, Louis.”

Non sapevo che dire oltre ciò. Mi aspettavo di trovare la classica famiglia americana:
Una mamma apprensiva che coccolava sempre i suoi pargoletti. Gelosa dei suoi cuccioli, mai nessuno doveva toccarli, altrimenti li avrebbe uccisi. Una madre che si sarebbe fatta uccidere per loro. Una madre che anche quando si alzava di notte per andare in bagno dopo faceva il giro di controllo nelle camere dei suoi figli per vedere se avevano la coperta addosso oppure no. Una madre che si svegliava presto la mattina per preparare il pranzo a sacco per la famiglia, che se aveva problemi li teneva per se, trattenendo ogni sbalzo d’umore. Una mamma che in realtà era più simile ad un supereroina.
Un padre che non ha mai un minuto per tutto, ma quando ne trova uno lo dedica semplicemente ai suoi bambini. Che li ama e li adora.

“Sai, non presento a tutti i miei genitori. Non potrebbero capire. In pochi conoscono entrambi i miei genitori. Alle riunioni a scuola viene sempre babbo, cioè Justin, quindi quelli della squadra, eccetto Zayn, Liam e Josh, conoscono lui. Papà, Angel, non viene perché il suo lavoro lo impegna spesso e poi ritengono che non tutta l’America sia pronta ad una famiglia con genitori omosessuali, io dico che non me ne frega un cazzo, anzi se dicessero qualcosa li menerei uno ad uno.
Molti si aspettano di trovare sempre una mamma che prepara le torte ed un padre che lavora sempre, che faccia sempre viaggi di lavoro, tipo tuo padre. Invece a me è totalmente diverso, ma giuro che non li cambierei per nulla al mondo. Li amo così come sono.” Disse con aria di adorazione verso i suoi, li adorava per davvero.

Rimasi totalmente in silenzio quando disse ‘tipo tuo padre’, Louis non sapeva che in realtà mio padre se ne era andato di casa per la milionesima volta e che, molto probabilmente, a giorni sarebbe ritornato. Me ne uscii con un “Non vedo l’ora di conoscerli meglio. Specialmente le tue sorelle, Lou.” e poi lo abbracciai. Quell'abbraccio era formato solo dal mio egoismo ed il mio dolore silenzioso. Avevo solo bisogno di qualcuno che mi abbracciava nell'illusione che mi avrebbe aiutato. Magari se sapeva tutto poteva aiutarmi. Magari.
E magari se avessi saputo che comunque avresti saputo tutto successivamente non ti avrei mentito, scusami Lou.
“Ora scendiamo a pranzare piccola” E mi stampò un bacio.

Appena entrammo in cucina sentimmo i risolini da parte di Angel e Justin.

Ecco, il modo in cui Louis li considerava mi era ancora sconosciuto. Angel lo chiamava papà e Justin babbo, credo che quello era il modo che usava per distinguerli.
Non riuscivo a capire neanche il loro modo di vivere. Ridevano e scherzavano anche mentre facevano la cosa più banale di questo mondo. Ogni tanto si sforavano furtivamente le mani per poi ridacchiare nuovamente. Si prendevano in giro con nomignoli stupidi per poi stamparsi un bacio e ritornare a preparare il pranzo. Dov’erano le liti? Dov’era il dissenso totale? Dov’erano i vari insulti? Non ero abituata a tutto ciò. Sembrava di guardare una fiction in tv, sembrava di guardare una normale coppia, due semplici sposi che si amavano, una famiglia felice, una di quelle che io avevo sempre sognato, bramato. Una famiglia dove nessuno si picchiava, nessuno si offendeva, nessuno ti insultava, nessuno ti diceva che eri inutile, nessuno sottolineava i tuoi difetti. Nulla di tutto ciò.
Sentii gli occhi iniettarsi di lacrime, ma resistetti, non potevo piangere avanti a tutti, che mi sarei inventata? Dovevo semplicemente tacere, come sempre. Ero abituata a tacere e tenermi tutto dentro, perché se ti esprimevi sinceramente finiva sempre male, era un concetto da non dimenticare.

“Amore lei Felicite, Fizzy, ed ha tredici anni.” Disse Louis indicandomi una delle ragazze. “Lottie, purtroppo, già la conosci. Lei è Georgia, l’hai vista prima per le scale, ha quattordici anni. Loro due sono Phoebe e Daisy, sono le principesse della casa, hanno sette anni, inizialmente ti sembrerà impossibile distinguerle ma col tempo ti ci abitui. Beh, loro sono le mie sorelle. Non ne uscirà un’altra dal cassetto, non preoccuparti.
Ragazze – riferendosi alle sorelle ora. – lei è la mia ragazza, si chiama Juliet.”

Risi alla battuta per poi guardare tutte le sorelle. Mi domandavo se c’erano veramente legami di sangue fra di loro, perché si somigliavano. Soprattutto Lottie e Louis, avevano gli stessi occhi, solo che li utilizzavano in modo del tutto differente:
Louis li utilizzava per far sorridere la gente, per incantare chiunque, per farti innamorare con uno sguardo dolce.
Lottie per ucciderti, per trafiggerti con uno sguardo freddo come il ghiaccio, per ingannare chiunque con uno sguardo malizioso e cattivo, come quello che utilizzava quando ballava con Zayn. Perché ormai avevo capito che Zayn e Lottie stavano insieme anche se lo nascondevano a Louis.

“Loulou ma lei è la tua fidanzata, fidanzata? Cioè come lo era Jessy? Le dai anche i bacetti sulla bocca? State sempre vicini come facevi con lei?” Domandò una delle due gemelline. Non mi concentrai su chi delle due era, ma su quello che aveva detto. Mi sentii mancare il terreno da sotto i piedi, mi sentii cadere in un baratro profondo metri e metri.
Mi voltai verso Louis, ma lui aveva già abbassato lo sguardo concentrandosi sulle sue scarpe. Sussurrai un Lou ma nessuno sentì il mio sussurro.
“Ma come Boobear non hai parlato di Jessy alla tua July? Non eravate la coppia perfetta, come dicevi tu? Perché gliel’hai nascosto? Nasconderle la storia d’amore più importante della tua vita, è così meschino da parte tua.” Disse con voce apatica, crude ma allo stesso tempo divertita. Divertita nel vedermi stare male. Era composta solo da cattiveria quella ragazza.
I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime, mi costrinsi ad abbassare il capo per non piangere avanti a loro.
Lottie, smettila ed non immischiarti in affari che non sono tuoi. Non hai il diritto di metterti fra loro due.” Disse tassativo Angel. Lo ringraziai mentalmente, mi stava letteralmente salvando dalla cattiveria di sua figlia.

Rimasi ferma ed in silenzio a riflettere sul perché non me lo aveva detto. Perché nascondermelo? Non sarebbe stato più facile dirmelo? Ora mi sembrava tutto più chiaro. Gli auguri stupidi che mi faceva ogni qualvolta ne aveva l’occasione. Gli sguardi freddi che si scambiavano, le battutine. Mi sentivo presa in giro da tutti. Mi sentivo distrutta, lacerata nel profondo, e stupida. Immensamente stupida. Ricordavo tutte le avvertenze che mi faceva ogni giorno Eddy, possibile che ora mi sembravano tutte reali?
Ti mentirà solo July. Lui ti vuole solo usare, piccola, non uscire con lui, ti ferirà. July, sai a quante ragazze mente? Non fa per te, lui non ti merita.
Volevo scomparire.

Lottie mi guardava con soddisfazione, era soddisfatta nel farmi soffrire sempre. Per lei era come trovarsi sul campo di battaglia, io ero il suo bersaglio. Si divertiva nel vedermi soffrire, nel trattarmi in modo malsano. Si divertiva a, semplicemente, distruggermi. Ormai ero stata presa di mira da lei, senza saperne il perché.

“Allora – disse con decisione Justin – che classe frequenti Juliet? Louis mi ha detto che non avete la stessa età.”
“Frequento il nono.” Balbettai pian piano. Justin mi metteva totalmente a disaggio, e non sapevo perché. Forse era perché era così dannatamente perfetto.
“Allora avete tre anni di differenza.”
Annui in silenzio. Louis allungò la mano verso la mia per poi stringerla. Non ricambiai la stretta, ero ancora ferita. Gli volevo parlare il prima e possibile, forse era meglio non andare a pranzo da loro.
“Hai fratelli? Com'è composta la tua famiglia?” Disse voltandosi verso me. Si sedette affianco a Lottie, che si trovava avanti a me, e iniziò a guardarmi negli occhi. I suoi occhi assomigliavano veramente al mare, ora ne vedevo ogni sfumatura. Erano capace di annebbiarti la testa in niente.
“Sì, ne ho uno. Si chiama Edward, ha la stessa età di Louis. Poi c’è mia madre, lei è un tesoro.” Disse senza farmi incantare dai suoi bellissimi occhi, non potevo sembrare stupida avanti a loro.

Sorrisi pensando mia madre, era veramente forte ma allo stesso tempo stupida.
Forte perché nonostante tutto lei comunque amava mio padre. Nonostante le botte, nonostante gli insulti, nonostante tutto. La mamma lo diceva sempre Se lo faccio entrare è perché lo amo. Da lui ho avuto tutti e due, i miei bambini. Non posso lasciarlo andare. Io lo amo.
Stupida perché nonostante il suo amore immenso lei aveva commesso quell'errore. Perché lo apriva ogni giorno. Perché lo amava. Infinitamente stupida.

“E tuo padre?” Chiese Justin con uno sguardo curioso.
Non avevo nominato mio padre. Cosa gli avrei detto? La stessa cosa che avevo detto a Louis.
Stavo per risponderlo ma non feci in tempo che un “Justin!” interruppe la conversazione. Angel aveva ripreso suo marito. Lo stesso che ora era diventato rosso come un peperone.
“Scusa” Balbettò. “Forse sono stato molto invasivo… non ne avevo il diritto… forse a te non va di parlarne.”
“Non si preoccupi! Mio padre è semplicemente in viaggio per lavoro. Tornerà a giorni. Prima non l’ho nominato per distrazione, non altro” Dissi per poi abbassare lo sguardo e ricambiare, finalmente, la stretta di Louis. Ne avevo bisogno, più che mai avevo bisogno di lui, la mia droga. Avrei voluto abbracciarlo in quel momento, sapevo che lui mi avesse stretta a se stesso per poi consolarmi e baciarmi delicatamente la fronte. Mi avrebbe accarezzata il viso per poi schioccarmi un bacio sulle labbra per poi sorridermi. E sarebbe andato tutto bene perché io mi sarei persa nei suoi occhi azzurri e lui avrebbe riso sottovoce. Come sempre.
“Ora mangiamo” Disse Angel iniziando a servire i piatti a tavola.

 
*^*^*^*


Il pranzo passò in fretta. Chiacchierammo e scherzammo tutti insieme. Venimmo interrotti solo dal mio cellulare che suonò, per fortuna, alla fine del tutto.
Eddy <3
Cosa voleva Ed da me? Sentii un brivido attraversarmi la schiena, qualcosa in me suggeriva di non rispondere, ma non avrei mai ignorato una chiamata del mio fratellone.

“Scusate è Edward, mio fratello.” Mi alzai per poi andare nel salotto a rispondere.
Juliet. Disse con voce affannata. Dove sei ora?
“Ed sono da Louis, che succede?” Che diamine succedeva? Ero tremendamente preoccupata fin quando non sentii un urlo. Papà era a casa.
Bene, passami Louis. Juliet passamelo ora. Non perdere tempo a protestare July, per piacere passamelo. Altro urlo. ‘Aprimi brutto bastardo, ti faccio pentire di quello che hai detto, fatto. Sfondo questa porta di merda, aprimi!’ Urlava papà. Lo sentivo bestemmiare ed imprecare, voleva che Ed lo aprisse, pregai che non lo facesse.
“Ed perché vuoi che ti passi Lou? Che succede? Ed rispondimi diamine!” Stavo alzando troppo la voce, ero nel panico. Doveva tornare proprio oggi? Non dovevo uscire. Ed era a casa solo con papà e la mamma. Non poteva reggere il tutto.
Alzai lo sguardo ed incontrai un paio di occhi azzurri che appartenevano a Louis.
“Amore perché sei così sconvolta? Perché Eddy vuole parlare con me?”
Cazzo Ju passamelo! Sfonderà la porta tra un po’ ti prego.
Ma non feci in tempo nel dissentire perché Louis mi strappò il cellulare ed iniziò a parlare con Eddy.
“Edward sono Loui.. Che diamine sta succedendo? Ed! Cosa sono queste urla?! Ok, ti ascolto. Ok. Lo farò. Te la saluto io, ma tu.. Ha staccato!” Mi guardò sconvolto. “Ora mi spieghi cosa sta succedendo.
Commenti D'Autore.
Un mese di ritardo. Se nessuno seguirà più questa storia vi do ragione. Non ci sono scusanti. Vi chiedo scusa.
Ok, dopo le scuse che dovevo fare passo col analizzare il testo.
I genitori di Lou. Inizio col dire che ho voluto affrontare un discorso molto delicato con loro. Amo Justin ed Angel come li ho creati e scritti. Vi dico che Justin è ispirato al mio amore, Justin Taylor in Queer As Folk, Randy Harrison nella realtà. L'aspetto che ho descritto non è molto coerente con lui, ma dovevo dare un tributo a lui, perché Randy è un grande.
Allora, c'è il bacio, il bacio perfetto dal mio punto di vista. Chi non lo sogna uno così? La canzone di Taylor si sposava con i due.
Poi chi è veramente Jessy. Una cosa veramente meschina da parte di Louis, eh?
Il ritorno del padre di July. Le bugie hanno le gambe corte, la verità salterà fuori.
Non so quando aggiornerò ma cercherò di farlo il prima e possibile.

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Guardate il banner quant'è figo. Posso amarla solo quella che lo ha fatto.
Se mi volete, contattatemi su Twitter: Berdis Datronat


Vi lascio con questa gif.
Un bacio, Berdis.

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Capitolo 7
*** Sesto Capitolo. ***


Sesto Capitolo.


 
“Ora mi spieghi cosa cazzo sta succedendo.” Disse lapidario Louis con occhi sconvolti.
Avevo iniziato a piangere silenziosamente.

Papà era tornato, ora avevo seriamente paura. Quando lui ritornava i primi giorni erano sempre quelli più difficili da affrontare. Non si dimostrava mai pentito per quello che ci faceva ogni giorno, ma si impegnava a farci credere che fosse colpa nostra e ci ripeteva sempre quando noi fossimo sbagliati, quanto noi lo avessimo tradito, quanto noi fossimo inutili, quanto principalmente noi avessimo sbagliato. Sottolineando un noi che non sapeva di noi, perché c’era nessun noi nella nostra famiglia, non esisteva un noi.

“Lou, papà, lui” Singhiozzai per poi gettarmi sul suo petto. Louis mi strinse a se con una forza inaudita, sentivo che tra un po’ sarei diventata tutt’uno col suo petto. La cosa non mi dispiaceva, mi sentivo incredibilmente protetta fra le sue braccia muscolose.
Lo sentii digrignare i denti per poi parlare con un tono basso ed incredibilmente spaventoso. “Amore mio cosa hai, ti prego. Tu non hai sentito l’urlo che ha dato Ed prima di staccare. Juliet!” Iniziò a tremare, era molto spaventato. Il suo petto si alzava ed abbassava seguendo un ritmo tutto suo. L’affanno aumentava e gli occhi erano iniettati di sangue e paura.

Sentii dei passi, Angel ed Justin ci avevano raggiunti. Louis aveva alzato il capo per poi guardare disperatamente i suoi genitori, stava chiedendo silenziosamente soccorso.

Justin si avvicinò a noi e mi stacco delicatamente dalle braccia di Lou per poi abbracciarmi dolcemente. “Ehy va tutto bene, ok? Risolveremo tutto. Ora non piangere e dicci cosa succede. Parlarne ti farà solo bene piccola, ok?” Prese il mio viso fra le mani ed iniziò a sfregarmi i pollici sotto gli occhi. “Centra tuo padre? E per lui piangi?” Mi fissava negli occhi dolcemente. Mi accarezzò delicatamente la schiena e subito mi calmai. Presi a respirare normalmente. Annuii fissando i suoi occhi dolci. “Allora, ti va di sederci tutti e quattro sul divano e parlarne? Se non spieghi a Louis cosa sta succedendo impazzirà.” Sorrise dolcemente per poi accompagnarmi sul divano.
Mi sistemai vicino Louis.
“Papà è tornato a casa. Era andato via quasi un mese fa. La mamma aveva avuto nuovamente il coraggio di cacciarlo di casa, ma ora lo ha fatto rientrare.
Non ho detto la verità a Louis o a voi prima perché non volevo trascinarvi nei miei drammi familiari.” Presi una pausa per voltarmi verso Louis e guardarlo negli occhi. Mi aspettavo che mi guardasse con disprezzo per la bugia detta, mi aspettavo che si fosse arrabbiato con me, invece stava lì con uno sguardo curioso e dolce. Mi sorrise dolcemente intimandomi di andare avanti.
Justin poggiò una mano sul mio viso per far in modo che lo guardassi in faccia. “Guarda che sia io che Angel avevamo capito che quella era una bugia. Per questo prima lui mi ha ripreso. Non avevi neanche nominato tuo padre, non lo avevi considerato. Si vedeva che non volevi parlarne.” Disse spossandomi un ciuffo dal viso. Li guardai con profonda ammirazione, avevano capito già tutto, senza che io parlassi. “Ti va di dirci ora cosa stava accadendo a casa tua? Cosa stava succedendo a tuo fratello? Dobbiamo andare da lui? Juliet se gli serve aiuto lo devi dire ora, altrimenti non sapremo cosa fare.”
“Io… non so cosa dire”
“Allora parti dall’inizio, da perché tuo padre si comporta così, come si comporta e quel che sta accadendo.”



Otto anni prima

“Ehy, July a chi arriva prima a casa! Chi vince sceglie cosa vedere in TV!”
“Eh? Ma non è giusto, Ed! Tu sei più veloce di me, lo sai!”
Partì la corsa per chi arrivava prima a casa. Inutile dirlo che a vincere fu Ed, a soli dieci anni era già velocissimo, ed io, misera bambina di sette anni, non potevo molto contro lui.
“Guarderemo i Power Rengers! Papà, mamma siamo a casa!” Annunciò Ed col fiatone mentre si dirigeva già verso il salotto a grandi passi.
“Filate in camera vostra. Non voglio sentire dei ma o dei perché.” Disse papà con un tono che lasciava intendere che non voleva proteste.
Perché era stato così scontroso con noi? Lui solitamente non lo era mai con noi.
“Ma papà! Non abbiamo fatto qualcosa, facci vedere la TV, per piacere.” Disse Ed mettendo su un piccolo adorabile broncio.

Se solo avessimo capito cosa stava succedendo, cosa veramente si celava dietro quella voce. Se solo avessimo avuto l’età di ora, forse le cose sarebbero andate diversamente.

“Amore di papà – disse inginocchiandosi per raggiungere la nostra altezza – la mamma ed il papà devono parlare di cose serie ora. Dopo vedrete la TV, ma andate in camera vostra ora. Dopo vedrete tutti i cartoni animati che volete voi.” Parlò con dolcezza mentre accarezzava la guancia del più grande.
Ed annuii in silenzio per poi prendermi per mano ed andare in camera sua.

“Shh, July tra cinque minuti scendiamo e guardiamo i cartoni. Papà non dirà di nuovo no, vedrai. Metterò su il mio broncio speciale, nessuno dice di no a quello.”

Ed esattamente dopo cinque minuti scendemmo in salotto.

“Papà urla, perché?” Chiesi curiosa ad Ed. Stava urlando degli insulti e delle parole che per noi erano sconnesse, ma che col tempo per noi assunsero un significato ben preciso ed orribile.

Sei solo una stronza! Una troia! Cosa aveva lui più di me? Dimmelo! Ti scopava in modo diverso per questo sei andata con lui? Anche lui aveva famiglia?
“No” Disse flebile mia madre “Non ha famiglia lui.”
Bene, almeno hai distrutto solo la nostra famiglia, perché hai distrutto una famiglia. Basta, io vado me ne vado da questa casa. Non ci vivo sotto lo stesso tetto di una troia come te.” Urlò più forte papà.

Io ed Eddy ci guardammo in faccia e corremmo vicino alla porta. Ci sedemmo ai piedi della porta. Vedemmo papà avanzare verso la porta e poi ci notò.

“Cosa ci fate qui? Avevo detto in
Camera Vostra. Correte subito in camera vostra e lasciatemi uscire. Non fate i bambini cattivi!” Sputò con una cattiveria assurda. Non avevo mai sentito un tono più cattivo di quello.
“Non andiamo, altrimenti tu te ne vai da qui. Papà non andartene” Disse piangendo Eddy. Lui capii più di me la situazione in cui ci trovavamo.
“Non andartene” Feci eco io ed iniziai a piangere senza un perché. Lo feci perché anche Ed piangeva, ma se mi avessero chiesto un motivo non sapevo che dire, sarei rimasta in silenzio.
Toglietevi dai coglioni.” E ci spinse con violenza dalla porta per poi uscire. Sentimmo la macchina partire e poi solo i singhiozzi di mamma. Nulla. Il tempo sembrava fermo su quel momento, congelato. Come se Freeze
1 fosse passato di lì ed avesse deciso di congelare tutto, per dispetto.
Mi alzai da terra ed abbracciai Edward con tutta la forza che avevo nel mio gracile corpo.

Sentimmo la mamma avvicinarsi verso di noi mentre piangeva. Sembrava che nei suoi occhi ci fosse una tempesta. Un fiume in piena o qualcosa del genere, non avevo mai visto tante lacrime sgorgare dagli occhi di qualcuno.
Anche se con gli anni avvenire scoprii che degli occhi potevano contenere anche il doppio delle lacrime che ora mia madre stava versando.

“Mamma, papà tornerà, vero? Era solo un po’ arrabbiato, ma tornerà!” Disse con voce infantile Ed.
“Amori miei, papà tornerà, non preoccupatevi. Vogliamo guardare un bel film ora? Basta che smettete di piangere amori miei.” La mamma iniziò ad asciugarci le lacrime per poi andare tutti insieme in salotto.
“Mamma ma tu non piangere più, ok? Papà tornerà.” Disse Edward mentre le baciava una guancia.

La mamma ci prese fra le sue braccia mentre mise un film per me ed Edward. Ci addormentammo lì tutt’e tre.

 
*^*^*^*

Erano verso le quattro di notte sentimmo un tonfo proveniente dall’ingresso. La mamma si svegliò di scatto svegliando, di conseguenza, anche noi. La vedemmo correre verso l’ingresso per controllare chi era.

“Amore mio sei tornato. Ma... tu barcolli… Sei ubriaco? Tesoro.”

Papà iniziò a colpire la mamma. Io ed Edward rimanemmo basiti. Riuscimmo a scappare quando lui avanzò verso di noi.





“È così dall’ora. Non è mai cambiato. La mamma l’ha cacciato varie volte di casa, ma poi lui ritorna e lei come una demente lo apre sempre la porta di casa. Non se ne va mai definitivamente. Se la prende con noi, ci picchia ogni qualvolta che si ubriaca, praticamente ogni sera. È lui che sceglie di ritornare a casa, però. Lui bussa sempre alla nostra porta, non lo obblighiamo noi a ritornare a casa, se volesse, potrebbe anche andarsene a casa.”

Avevo parlato per tantissimo tempo. Non mi ero mai fermata, nemmeno per prendere fiato. Avevo lasciato che i ricordi mi inondassero la mente, trascinandomi in un posto fatto solo di memorie, mi ero totalmente dimenticata del mondo esterno, ero chiusa nella mia mente. Ricordi che avevo seppellito da anni, ormai, erano riemerse più limpide di prima. Ma dopotutto erano sempre state lì. Non avevo mai pensato seriamente di gettarle vie per sempre, dimenticarle, le volevo con me, perché in fondo avevo bisogno di rivederle, forse per masochismo, forse per creare una richiesta d’aiuto, forse per ricordare e basta. Mi servivano per ricordare che tutte le cose brutte hanno un inizio ma difficilmente una fine. Che non si deve mai dare troppa fiducia a qualcuno, e ciò Louis me lo aveva dimostrato anche prima a tavola, quando una delle gemelle aveva innocentemente detto della storia che c’era stata fra Louis ed Jessy.

Ci misi un po’ di tempo a realizzare che delle braccia mi stringevano. Delle braccia forti mi stringevano le spalle, un petto comodo ospitava il mio capo, un petto che emanava un profumo bellissimo, profumo di buono, di gentile. Justin mi stava abbracciando dolcemente.

“So che ti sembra tutto difficile ora, cucciola, lo so, ma si risolverà tutto, te lo prometto. Se volete che si risolva il tutto potete farlo, senza temere. Dovete denunciarlo, non potete sopportare tutto ciò!” Disse con voce rotta. Alzai lo sguardo e costatai che stava piangendo. Si preoccupava per me? Mi sembrò di vedere lo sguardo di Edward in quello di Justin. Lo stesso blu in quel momento. Gli stessi occhi sofferenti. Che vorrebbero aiutare chiunque. Gli stessi occhi con un passato crudele. Vedevo solo una differenza in quei occhi, e la notai solo quando Justin si voltò verso Angel per chiedere conferma per il discorso che aveva fatto precedentemente. C’era una luce che sapeva tanto di speranza. Angel era la sua ancora di salvezza. 

“Dobbiamo andare da tuo fratello ora. Dobbiamo aiutarlo. Quell'uomo lo farà solo del male.” Continuò poi.
Scossi la testa con voracità. “È inutile andarci. Non aprirebbero mai la porta di casa. Dovrei essere a casa ora, vicino Edward. Non dovevo lasciarlo solo. Mi sento così vile nei suoi confronti. Torno a casa da lui, ho deciso.” Mi alzai dal divano ed iniziai ad incamminarmi verso la porta, ma una mano mi blocco il polso, costringendomi a rimanere fissa sul posto. Solo all'ora notai che Lottie era sulla porta della cucina e ci fissava mentre, in silenzio, ascoltava il tutto che io stavo dicendo.
“Non andrai via da qui. L’ho promesso ad Ed. Non puoi andartene via da qui, stanotte dormi qui. Per piacere Ju non protestare e non guardarmi con quegli occhi. Vorrei andare io per primo da quel vile, ma non possiamo. Dai cucciola, ritorna qui sul divano. Per questa notte tu resterai qui, l’ho promesso ad Edward.” Disse Louis guardandomi fisso negli occhi. Che meschino, sapeva che io a quei occhi color del ghiaccio non avrei mai detto di no. Infatti la risposta che soffiai subito dopo mi costò tutta la forza che avevo nel mio corpo.
Ma cosa ne potete sapere voi? Cosa ne potete sapere voi? Non potete capire cosa significhi avere una vita come la mia! Cosa ne potete sapere voi cosa voglia dire avere una famiglia che cade a pezzi? Vedere due genitori che urlano e si menano ogni giorno? Qui la vostra famiglia sembra la copia esatta di Modern Family, se non migliore! La vostra vita è perfetta, per ognuno di voi.
Louis, tu non sai cosa vuol dire essere completamente soli, aver nessuno al proprio fianco. Non essere appoggiato nei propri sogni ed ambizioni, non essere ascoltati o considerati. Non sai che vuol dire essere rinnegato dai propri genitori. Non hai nessuno che ti urli in faccia che sei un aborto non portato a fine, nessuno che ti dice che avrebbe fatto meglio ad abbandonarti. Nessuno che ti picchia solo perché sei nato, che ti ritiene responsabile del fatto che la sua vita va a rotoli. Hai una vera famiglia alle tue spalle.
Tu non sai che vuol dire non avere amici? Che vuol dire doversi alzare la mattina senza un apparente motivo? Ed ora, finalmente ne avevo trovato uno, tu, scopro che neanche sei sincero con me. Neanche tu! Louis, dio mio, tu non sai neanche come sia difficile sopravvivere ormai.
Se due ore fa mi avessi chiesto perché la mattina mi alzo dal mio letto ti avrei risposto che mi alzo solo per vedere le gemme di calcedonio che hai al posto degli occhi. Se un mese e mezzo fa mi avessi chiesto perché la mattina mi alzo dal mio letto ti avrei risposto che non c’è un motivo. Mi alzo perché va fatto, ma preferirei mille volte non alzarmi. Ora, sono di nuovo di quell’opinione. Ora Lou, per piacere, fammi andare da mio fratello. Non voglio più stare qui.” Dissi tra un urlo ed un sussurro. Avevo urlato tutto quello che avevo nascosto in questi anni a Ed, a mia mamma, mio padre e me. Avevo voglia di scalciare tutto, di picchiare tutti, di trasferire il mio dolore sulla pelle di altri.

Allontanai il mio polso dalla mano di Louis come scottata e sentii le lacrime ritornare e scendere calde sulle mie guance.
Lui arretrò come spaventato dalle mie parole taglienti e cattive.

Ancora una volta delle braccia forti mi strinsero in un abbraccio dolcissimo.

“C’è la sensazione che ogni sguardo cattivo sia su di te? E quella che tutti stiano parlando male e ridendo sotto voce di te? L’ansia si alza sempre di più quando le persone ti circondano, vero? Il tappo alla gola e la morsa nello stomaco? E quella voglia inespugnabile di voler cacciare via ogni dolore? Casomai prendendo a pugni qualcosa – e qui prese la mia mano, quella con cui avevo colpitolo specchio quella mattina – solo per scacciare via un po’ di rabbia. La felicità di quando qualcuno ti parla e poi l’angoscia quando quel qualcuno se ne va? Rimane per sempre quella brutta sensazione che ti provoca la solitudine. È peggio di un pugno nello stomaco, peggio di mille schiaffi e mille pugni. Poi quando inizi a chiedere aiuto sembra che subito parti la gara per chi sta peggio, quando tu, invece, vuoi solo sfogarti con qualcuno per far in modo che ti aiuta.
Per non parlare dei pensieri. Quelli sono ancora più spietati. Sono sempre lì a ripeterti quanto tu ti senta inutile, quanto tu ti senta inadatto, quanto tu ti senta vulnerabile per questo mondo. Ma non ti ricordano mai che sono solo tue paranoie.
Tesoro, c’è anche la sensazione di vomito, vero? Sono sicuro che in questo istante la stai provando – ed era vero. E mi lasciò dei baci sulla nuca – So che ti stai sentendo malissimo ora. Lo so benissimo. Lo so perché ci sono passato io per prima. So che ora ti senti sola e credi che nessuno ti possa capire. Sono sicuro che il tuo pensiero principale è se non ci sei dentro non puoi capire, anche io lo pensavo. Ma credimi, verrà quel giorno che qualcuno ti tenderà la mano e tu – ridacchiò – magari la rifiuterai un paio di volte quella mano, ma col tempo noterai che quella mano, nonostante tutto, è ancora lì che vuole aiutarti. Vedrai sempre quel sorriso che splende solo per te. Vedrai sempre quegli occhi che guardano solo te e capirai che n’è valsa la pena. Non dico che scorderai tutte queste sensazioni, le ricorderai per sempre, ma, alla fine di quella gigantesca montagna, troverai la vetta, e potrai solo ammirare il panorama. Sarai sempre cauto nel non cadere giù, perché avrai paura di rotolare giù per la montagna, ma nel frattempo ti goderai la bellissima vista.

Juliet, smettila di singhiozzare ora. Non sei sola, ci siamo noi. E non ti lasceremo sola. July, so che hai mille dubbi che ti ballano per la mente, ma non far vincere loro. Cerca di andare avanti nonostante tutto. Ricorda cosa diceva Shakespeare ‘I nostri dubbi sono i nostri peggiori nemici’ non dimenticarlo mai.”

Rimasi lì, cullata dall'abbraccio di Justin per tantissimo tempo. Non so quanto tempo restammo lì, ma era un‘infinità di tempo. Quando sciogliemmo l’abbraccio vidi che anche lui aveva smesso di piangere. Sentii improvvisamente una voglia pazzesca di scoprire cosa era accaduto in passato a Justin, ma sapevo che non era ancora il momento.

“Amore, ora saliamo in camera mia, ti spiegherò tutto.” Disse Louis riprendendomi per mano.
Mi guidò lentamente nella sua camera. Mi fece sedere sul suo letto e poi mi abbracciò di getto.

La giornata passò subito, tra un bacio, un abbraccio ed una carezza.

Cenai ancora una volta con la famiglia di Louis e notai che Lottie mi fissava sempre.

Louis mi prestò un suo maglione ed un suo pantalone vecchio per usalo come pigiama. Non chiese a Lottie perché sapeva che la risposta sarebbe stata negativa. Disse che indossare i suoi abiti era una cosa romantica e carina. Mi promise anche che la mattina dopo mi avrebbe parlato di Jessy, era un argomento molto complicato e voleva prima dormirci su per darmi una spiegazione razionale. Acconsentì solo perché capivo che quella briciola della mia storia lo aveva totalmente sconvolto.

1Uno dei cattivi in Bat-man Begins.
Commenti D'Autore.
Eccomi! Ho aggiornato dopo anni, lo so, ma davvero, è stato un parto!
Ho descritto la situazione di tutte. Chi sono si sente come Juliet? O come Justin? Io sempre.
Justin sarà un pilastro fondamentale per ora, lui è l'esempio da seguire. Anche Angel.
Il passato di Juliet si fa vivo, delle memorie che non voleva rivelare sono state rivelate.
Tra un po' capirete anche la funzionalità di Ed. E taante altre cose.
Ho paura di aver fatto degli errori grammaticali, ultimamente la mia grammatica se ne andata a quel paese! Quindi se ne trovate vi pregerei di segnalarmeli così posso aggiustare il tutto. Ve ne sarei veramente grata.
Gradirei una vostra recensione.
Vi lascio con questa giff.



Un bacio, Berdis.



 
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