Incomprensioni

di Tempie90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao =) Premetto col dirvi che questa storia non ha senso XD
E' stata scritta in più momenti perchè l'ispirazione ultimamente mi fa brutti scherzi: ogni volta che iniziavo a scrivere fiduciosa, alla fine mi bloccavo non sapendo bene come continuare la storia, ma dopo tanti sforzi ce l'ho fatta! XD
Non voglio, come si dice dalle mie parti, 'mettermi il ferro dietro la porta' ma davvero non so come mi è venuta fuori e se abbia realmente un senso. Tra tutte quelle che ho scritto, questa è sicuramente la FF che non mi piace per niente e ancor meno mi convince ma Ange99 è sempre lì in agguato e alla fine, gira e rigira, riesce a farmi pubblicare XD

La storia è già scritta e se dividerà in due capitoli, tre con l'epilogo!
Spero di non deludervi o di proporvi una storia banale.
Buona lettura!
Tempie. =)

                                     Incomprensioni

Capitolo 1


‘Castle ma che ti è saltato in mente? Come minimo Burket sparirà e addio caso!’ Beckett era furiosa.
‘Che mi è saltato in mente? Kate quel verme ti ha deliberatamente provocato, offesa e poco ci voleva e ti avrebbe anche picchiata!’ Rispose altrettanto furente lo scrittore.
‘Castle era una copertura se avessi corso davvero un pericolo sarebbero intervenuti gli agenti…’
‘L’ho fatto io visto che nessuno si è scomodato a farlo!’
‘Evidentemente sapevano che sarei stata in grado di difendermi! Maledizione Castle eravamo a tanto così da incastrarlo, avere prove sufficienti per accusarlo di prostituzione e spaccio di droga. Tanto così.’ Beckett mostrò una breve distanza tra il pollice e l’indice. ‘E ora grazie a te, non solo ci toglieranno il caso prendendoci per incapaci ma d’ora in poi sarà praticamente impossibile provare il suo giro. Gran bel lavoro Castle, davvero un ottimo lavoro!’ Concluse furibonda.
‘Effettivamente Castle non è stato una mossa astuta.’ Confermò seppur con un tono più pacato Esposito. Mentre Ryan si limitò ad acconsentire col capo mostrandosi d’accordo col detective.
‘Mi dispiace ok? Ma lui stava per…insomma voleva…’ Castle non riuscì a finire la frase scosso dagli eventi: ricordava ancora i rumori provenienti da quella stanza in cui era stata condotta Beckett per essere messa alla prova. Tutti si aspettavano che le avrebbero proposto di tirare un po’ di coca e quindi che il malvivente la tirasse fuori dando il via all’irruzione, invece a quanto pareva, volevano prima mettere alla prova le parti del suo corpo così aveva tentato di spogliarla. Quando però la detective aveva posto resistenza, aveva tentato di prenderla con la forza; fu in quel momento che Castle non ci aveva visto più. La sua donna stava quasi per essere violentata e nessuno pareva intervenire, eppure sentivano tutti i lamenti e i tonfi dall’auricolare.
Era sceso all’improvviso dal furgone ed era corso a salvare Kate, riuscendo a toglierla dalle mani luride di quel verme. Non appena aveva spalancato la porta e aveva visto Beckett a terrà sopraffatta dall’uomo si era scaraventato su di lui  alzandolo di peso e gettandolo dalla parte opposta della stanza, poi come una furia gli si era avvicinato e l’aveva colpito ripetutamente fino a farlo svenire. E avrebbe continuato se non fossero entrati gli uomini della polizia a fermarlo.
Ma tutto questo aveva ovviamente mandato all’aria l’operazione ed era evidente che Burket avrebbe agito con molta più discrezione divenendo addirittura invisibile.
‘Avrei potuto cavamela. Se solo mi avessi dato un po’ di tempo invece di crederti Mike Tyson. Sarei riuscita a difendermi. Invece adesso hai mandato tutto all’aria e non possiamo neanche denunciarlo per aggressione perché quest’operazione non doveva spuntare da nessuna parte finché non l’avessimo arrestato. Hai idea in che problemi si troverà ora la Gates? Dovrà spiegare molte cose…IO dovrò spiegare perché un consulente della polizia stesse partecipando ad un’operazione così delicata e l’abbia mandata all’aria per correre a salvarmi. Mi sentirò mortificata. Tu mi farai mortificare. Tu mi fai sentire in imbarazzo!’ Concluse con foga. Si accorse solo dopo delle parole appena pronunciate: nel momento in cui Castle si irrigidì e i ragazzi sgranarono, più o meno discretamente, gli occhi per lo stupore.
Cercò di dire qualcosa per rimediare la situazione ma fu interrotta dalla voce alterata della Gates che la voleva nel suo ufficio.
Guardò l’uomo davanti a sé, ancora rigido con la mascella serrata, distogliere lo sguardo ferito e si diresse, malvolentieri, verso l’ufficio del capitano per fare rapporto.
Quando la porta si chiuse dietro di lei i bro si avvicinarono allo scrittore.
‘Ehi bro, non penserai mica che abbia detto sul serio?’ Cercò di consolarlo Esposito.
‘Ma no dai sarà stata la rabbia del momento, appena le passa vedrai che verrà a scusarsi subito.’ Diede manforte Ryan.
Ma Castle non li ascoltava nemmeno troppo sconvolto e ferito dalle parole di Beckett. Non si aspettava una sfuriata del genere. Lui era intervenuto per salvarla, non l’avrebbe fatto se non ce ne fosse stato bisogno. Aveva reso vani gli sforzi per quell’operazione ma l’avrebbe rifatto cento volte se significava salvarla da gente come quella. Poteva capire la sua rabbia per l’operazione non riuscita ma dirgli che si vergognava di lui…La metteva in imbarazzo. Non se l’aspettava. Non credeva di farlo. Forse con il suo comportamento fuori le regole e le sue teorie assurde l’aveva fatto e lui non se ne era mai reso conto.
Si sentì ad un tratto ridicolo, ferito e pensò di non essere all’altezza della situazione. Forse quelle parole volevano essere un modo per dirgli che aveva cambiato idea, che non voleva più sposarlo perché le avrebbe reso la vita imbarazzante.
Mille pensieri assurdi passarono per la sua testa tra i tentativi inutili di tirargli su il morale da parte dei bro e il momento in cui Kate uscì dall’ufficio del capitano.
Era rimasto nella sala break anche quando i due detective si erano allontanati per sveltire delle pratiche.
Si alzò dal divano con un po’ di fatica, si sentiva come se stesse sollevando delle zavorre.
Si avviò col cuore colmo di tristezza verso la porta e la trovò lì, di fronte a lui.
Rimasero un attimo a guardarsi ma prima che lei potesse anche solo accennare a delle scuse, l’uomo distolse lo sguardo.
‘E’ meglio che vada a casa.’
‘Castle…’ Kate cercò di dire qualcosa ma fu interrotta dall’uomo.
‘Ho bisogno di riflettere!’ Disse velocemente prima di sparire per le scale.
Kate non ebbe nemmeno il tempo di fermarlo che lui era andato già via.
Abbassò lo sguardo sentendosi tremendamente in colpa. Gli occhi le si riempirono di lacrime ma si passò velocemente la mano su di esse per evitare di essere vista, poi si diresse verso la sua scrivania con lo sguardo puntato a terra. Non aveva voglia  di incrociare quelli dei due detective né di nessun altro.
Si sedette e cominciò a scrivere il rapporto seppur ancora scossa. Non aveva voluto ammetterlo ma Castle aveva fatto bene ad intervenire, lei non sarebbe stata in grado di difendersi. Quando l’uomo l’aveva spinta a terra si era sentita sopraffatta e non era stata più in grado di reagire. Se non fosse stato per Castle probabilmente quel bastardo avrebbe raggiunto il suo scopo.
Di conseguenza nel momento in cui aveva affrontato lo scrittore, aveva sfogato tutta la sua paura e la rabbia per non essere riuscita a difendersi, cercando di convincere, più se stessa che gli altri, che invece ne sarebbe stata capace.
Cominciò a picchiettare sulla tastiera accorgendosi del tremore delle proprie mani.
Aveva bisogno di lui.
Aveva bisogno di Rick.
Ma lei l’aveva costretto ad andare via con quelle parole così dure, così sbagliate.
Lei era fiera di lui.
Dell’uomo che era diventato per lei e con lei. Avrebbe voluto gridare al mondo quanto l’amasse, che presto sarebbe diventata sua moglie, che non vedeva l’ora che ciò accadesse. Eppure era riuscita ad esprimere il sentimento opposto: “Tu mi fai sentire in imbarazzo!” Ma che diavolo le era saltato in mente??
E adesso lui l’aveva liquidata con un “Ho bisogno di riflettere!” che le diffondeva un’ondata di panico in corpo. Su cosa doveva riflettere?? Su di loro? Sul volerla ancora sposare?
Quelle domande la terrorizzavano: e se lui non la voleva più? Se si fosse reso conto di non volerla al suo fianco?
Ma quello che la preoccupava di più era il fatto che Castle  avrebbe pensato di non essere all’altezza. Di non meritarla. Di non essere abbastanza. 
E se si fosse convinto di questo, l’avrebbe lasciata, lei lo sapeva.
Ma lui era all’altezza anzi era molto di più. Non avrebbe mai pensato di meritare lei un uomo del genere.
Affascinante, generoso, solare, dolce e dal cuore tenero. Era l’uomo della sua vita e non gli avrebbe permesso di sentirsi inferiore. Di avere la sensazione di essere ‘troppo poco’ per lei.
Castle era perfetto per lei.
Doveva a tutti i costi scusarsi, parlargli, guardarlo in quei suoi meravigliosi occhi azzurri e dirgli che lo ama così com’è. Che è il suo eroe, il suo protettore, la sua roccia.
Prese il cellulare di scatto, facendo sobbalzare i due detective, e compose il numero dello scrittore senza minimamente preoccuparsi di essere a portata di orecchie di tutti.
Ma al secondo squillo la chiamata fu rifiutata e il suo stomaco si strinse in una morsa.
Provò ancora, più volte, ma con lo stesso risultato. Alla fine rinunciò, non voleva parlarle e non poteva biasimarlo. Poggiò il cellulare sulla scrivania col morale a terra e continuò il suo rapporto.
Intenta com’era ad affrontare i ricordi di quell’operazione senza scoppiare a piangere non si accorse che si erano fatte già le otto.
“Beckett, noi andiamo!” Disse Esposito strappandola dalla sua personale ‘missione’.
Kate guardò l’orologio spaesata.
“Oh, si fra poco vado anch’io. Finisco il rapporto.” Il detective annuì.
“Bene. A domani allora.”
“A domani. Ciao ragazzi.” Li congedò con un lieve sorriso.
Batté freneticamente sulla tastiera ancora per qualche minuto, diede una veloce controllatina e stampò il rapporto. Si diresse nell’ufficio, ormai vuoto, della Gates e lo lasciò sulla sua scrivania.
Prese il giubbotto e la borsa e si diresse in macchina. Quando vi salì era indecisa se andare al loft da Rick o al suo appartamento. Pensò a tutte le chiamate che l’uomo aveva rifiutato e decise che forse sarebbe stato meglio lasciarlo riflettere come le aveva chiesto.
Accese il motore e si diresse malvolentieri al suo appartamento.
Si preparò un bagno caldo, nel vano tentativo di trovare un po’ di calore in quel modo e dimenticare la giornata infernale appena passata. Il risultato però non fu quello sperato.
Si mise a letto senza cenare; non ne aveva voglia. Si coprì fin sopra la testa afferrando il suo cellulare. Lo osservò nervosamente sotto le coperte indecisa se chiamarlo o meno. Lui non l’aveva chiamata, non voleva sentirla questo era ovvio. Ma le mancava e quel senso di colpa che l’aveva accompagnata tutta la giornata non smetteva di torturarla.
Alla fine decise di inviargli un sms nella speranza che l’avrebbe letto e magari anche risposto.
Digitò affannosamente sulla tastiera, poi cancellò tutto. Non poteva certo scusarsi via messaggio, troppo infantile e persino da codardi. Optò per un messaggio breve, per fargli capire che stava pensando a lui.
Buonanotte, K. <3
Senza indugiare ancora premette il tasto invio e chiuse gli occhi. Pregava che le rispondesse, così da intavolare un discorso, magari sentirsi anche per telefono e chiarirsi. Attese parecchi minuti, stava per perdere le speranze quando lo schermo si illuminò.
Buonanotte.
Ok, decisamente non voleva parlarle ma apprezzò il fatto che le avesse risposto, freddamente e in maniera asciutta, ma non l’aveva ignorata come per tutto il giorno. Era già qualcosa.
Posò l’apparecchio sul comodino e cercò di prendere sonno. Ci riuscì solo alle prime luci dell’alba e non fu uno dei migliori.


Tempie's corner:

Allora? Spero di non avervi annoiato troppo, al contrario di aver suscitato il vostro interesse!
Fatemi sapere!
Tempie. =)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ecco a voi il secondo capitolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate. =)
Oggi sono, inaspettatamente, di poche parole ma il capitolo è più lungo del precedente! =P
Buona lettura!
Tempie. =)

                                                Capitolo 2




Quando il mattino arrivò al distretto, Beckett sperò che Castle fosse già lì, magari ad attenderla con i suoi soliti caffè ma quello che vide non le piacque per niente.
Sulla sedia del suo scrittore vi era l’agente Fuller, colui che aveva diretto l’operazione Burket, battere nervosamente il piede in attesa.
Quando la vide si alzò immediatamente in piedi per salutarla.
“Salve detective..”
“Fuller..” Rispose a mo’ di saluto. “Perdoni la domanda diretta ma cosa fa ancora qui?”
L’agente sorrise. “Abbiamo avuto una soffiata e a quanto pare il nostro uomo farà presto uno scambio di droga al porto. Quindi siamo di nuovo in pista Beckett, certo questa volta dobbiamo agire in silenzio e con maggiore discrezione. E ovviamente noi non ci faremo vedere. Ma andiamo nell’ufficio della Gates a parlarne con gli altri. Aspettavamo solo lei.”
“Oh, mi dispiace. Sarei venuta prima…” Rispose imbarazzata.
“Non si preoccupi detective, siamo noi ad essere arrivati presto!” La tranquillizzò con un sorriso di circostanza.
Si avviarono verso l’ufficio del capitano e proprio in quel momento Castle uscì dalle porte dell’ascensore.
Senza caffè, notò Beckett.
Si bloccò sui suoi passi quando li vide ma non batté ciglio.
“Buongiorno.” Disse senza troppo entusiasmo.
Kate, troppo presa a calmare i battiti del suo cuore per la sorpresa nel vederlo lì, non riuscì a rispondere prontamente come l’agente al suo fianco.
“Buongiorno signor Castle.” Era palese il tono di fastidio e astio nei suoi confronti.
“La riunione è già cominciata? Ho fatto il più veloce possibile.” Chiese lo scrittore.
“Stavano giusto per iniziare. Non sapevo che avessimo bisogno anche di lei. Credo che abbia già fatto abbastanza!” Rispose volutamente provocatorio Fuller.
Castle strinse i pugni lungo i fianchi. Si sentiva abbastanza uno schifo di suo, non aveva bisogno di altri insulti. Quelli del giorno prima erano bastati.
Perciò ignorò la frase ed esclamò con voce controllata:
“Credo che ci stiano aspettando. Sarà meglio avviarci.”
Beckett non era ancora riuscita ad intervenire ma si irrigidì al commento per niente gentile dell’agente. Aveva visto la reazione di Castle, il lampo di rabbia e forse anche vergogna passare nei suoi occhi spenti e tristi, e per un attimo ebbe l’istinto di stringerlo forte a sé. Ma non fece nulla se non seguire con la testa come una palla da ping pong il duello verbale in atto.
Alla fine si avviarono verso l’ufficio della Gates, Fuller li precedette infastidito mentre lei rallentò il passo per affiancare lo scrittore, così da sentire almeno quella vicinanza che da ieri le era venuta  a mancare.
Castle però, si affrettò a superarla e entrare nell’ufficio del capitano; Kate sospirò e infine chiuse la porta.
“Buongiorno signori.” Iniziò la Gates. “ Ho indetto questa riunione perché abbiamo delle novità importanti riguardo Burket. Come potete vedere siamo un gruppo ristretto, questo perché vogliamo che le informazioni e i piani che organizzeremo non escano fuori da questa stanza. E’ un’operazione complicata…”
“Grazie a qualcuno che ha voluto fare l’eroe.” La interruppe Fuller.
Castle si limitò a fissarlo in silenzio a braccia conserte dall’angolo della stanza cui si era posizionato. Kate invece, cercò di rispondergli per le rime ma fu bloccata dalla Gates stessa che, inaspettatamente, non infierì su Castle.
“Agente Fuller, non c’è tempo per certe faccende, dobbiamo concentrarci sull’operazione!”
“Certo, mi chiedo solo perché, vista la delicatezza della cosa, abbiamo di nuovo la presenza del signor Castle tra noi.”
“Come lei ben sa, agente Fuller, chi ci ha dato la soffiata non ha saputo dirci precisamente dove e quando avverrà lo scambio.” Fuller la guardò curioso, non capendo ancora il motivo per cui lo scrittore fosse stato convocato. Anche Ryan, Esposito e Beckett rimasero in attesa.
“E’ anche a conoscenza del fatto, tramite le intercettazioni telefoniche, che i malviventi comunicano attraverso l’uso di versi shakespeariani e il signor Castle ha una grande conoscenza di queste opere, quindi può estrapolare da certi dialoghi l’ora e il luogo dello scambio.” Concluse.
“Abbiamo centinaia di agenti in grado di farlo, capitano!” Rispose apparentemente calmo Fuller.
“Con tutto il rispetto ma non mi fido. Ho più fiducia nel signor Castle che in qualsiasi suo altro agente. E se conoscesse la mia ‘simpatia’ nei suoi confronti, avrebbe la stessa espressione che hanno adesso i miei uomini.” Affermò indicando poi i tre detective pressoché scioccati da quell’elogio e dalla dimostrazione di fiducia nei confronti dello scrittore.
In una situazione completamente diversa, Castle avrebbe mostrato il suo sorriso sghembo e forse avrebbe pure fatto i salti di gioia, ma quella situazione, paradossalmente, non gli andava giù.
In realtà avrebbe preferito starsene fuori dal distretto per parecchio tempo, così da non dover affrontare gli sguardi di disapprovazione degli altri detective e soprattutto quelli della sua musa. Non riusciva ancora a guardarla negli occhi dopo quello che gli aveva detto.
Non perché fosse arrabbiato con lei,  ma perché si era ormai convinto che avesse ragione, in fondo il suo comportamento in quegli anni non era stato proprio conforme ad un distretto. Si vergognava per il fatto di essersene accorto solo dopo la sfuriata di Beckett, aveva dovuto essere ‘sgridato’ in quel modo per rendersi conto di aver superato il limite.
Non poteva più stare al distretto e coprire di ridicolo se stesso e soprattutto lei.
Se fossero davvero rimasti insieme, lui si sarebbe messo da parte, permettendole di svolgere il suo lavoro in tranquillità, senza preoccuparsi di lui e delle sue bravate. E nelle operazioni pericolose, come quella da poco vissuta, l’avrebbe ‘raccomandata’ ai ragazzi. Si fidava di loro e sapeva che avrebbero fatto di tutto per proteggerla. Lui l’avrebbe aspettata a casa, svolgendo il suo lavoro di scrittore.
Ma al momento non era del tutto sicuro del futuro della loro storia, non era molto convinto di essere l’uomo giusto per lei.
Decise di non pensarci e dedicarsi al caso, l’ultimo per quanto gli riguardava.
 
“Bene.” Disse contrariato Fuller. “Non ci rimane altro che discutere dell’operazione.”
Così dicendo iniziarono a parlare dei dettagli e delle loro possibili mosse.
 
Uscendo dall’ufficio quasi a ora di pranzo, la squadra decise di staccare un attimo la spina, riposando le menti e andando a pranzo fuori. La Gates non ebbe nulla da dire, a patto che fosse stato un pranzo di 45 minuti massimo. Avevano del lavoro da fare!
“Che ne dite se andiamo da Bobby? Fa dei panini buonissimi, vero bro?” Propose Ryan.
“Hai ragione, bro! Io voto per Bobby!” Rispose Esposito.
Fuller si limitò ad un’alzata di spalle come assenso. E Kate annuì affamata.
“Ragazzi io passo.” Castle fece voltare sorpresi i detective: lui amava andare da Bobby.  Kate lo guardò allarmata e dispiaciuta.
“Amico, dovrai pur mangiare. Non abbiamo toccato cibo da stamattina, non puoi mica andare avanti respirando solo aria…” Scherzò Esposito.
Castle sorrise lievemente.
“Prenderò qualcosa alla macchinetta. Preferisco concentrarmi sul caso.”
Fuller sbuffò nascondendo una mezza risata sarcastica. Kate lo fulminò con lo sguardo, l’avrebbe preso volentieri a pugni. Poi si rivolse allo scrittore:
“Ti faccio compagnia. Non ho molta fame.” Mentì. Sarebbe stata un’ottima occasione per parlare, scusarsi e stare un po’ sola con lui.
“Non preoccuparti, sarò nell’ufficio della Gates ad esaminare le ultime intercettazioni. A quanto pare hanno smesso di comunicare quindi il luogo e l’ora dello scambio è stato già stabilito. Dovrò studiare le trascrizioni per capirci qualcosa. Mangerò una cosa veloce mentre li leggo.” Rispose con voce piatta.
Kate ci rimase parecchio male ma non lo diede a vedere. Anche se i ragazzi avevano capito che non avevano ancora risolto i loro problemi. Si limitarono ad annuire così come Kate mentre Fuller era già davanti l’ascensore.
“A più tardi allora.” Disse la detective prima di entrare nella cabina. Castle annuì per poi allontanarsi e andare verso l’ufficio della Gates. Non aveva molta fame.
 
Quando i ragazzi tornarono lo trovarono ancora intento a studiare quei fogli sul divano dell’ufficio del capitano.
Kate lo osservò: era così concentrato che gli si era formata una ruga al centro della fronte e con quegli occhiali da lettura era dannatamente attraente. Sorrise spontaneamente a quel pensiero. Gli sarebbe saltata addosso se non si fosse trovata al distretto e lui nell’ufficio della Gates, e non avessero delle questioni in sospeso e se….Insomma i fattori di impedimento erano un po’ troppi!
Sospirò e bussò alla porta. Castle alzò il viso stanco dalle carte togliendosi gli occhiali quando la donna entrò.
“Ehi, novità?” Chiese timidamente.
Castle la osservò un attimo come se la stesse focalizzando.
“No, nessuna.” Rispose stropicciandosi gli occhi con una mano. Aveva un gran mal di testa e inoltre, cercare di decifrare versi shakespeariani presi da diverse opere del poeta/drammaturgo per estrapolarne il senso dato da dei malviventi, non era così facile.
Kate gli si sedette accanto e gli posò titubante una mano sul ginocchio.
“Dovresti riposare un po’ gli occhi. Sei stanco, si vede.” Gli disse dolcemente.
Lo scrittore si alzò interrompendo quel contatto che per Kate pareva vitale.
“Non posso. Non riesco a capire il messaggio e non ho molto tempo. Non sappiamo nemmeno se stanno già effettuando lo scambio mentre io sto ancora cercando di capirci un acca.” Rispose esasperato.
“Castle, calmati. Vedrai che ci riuscirai, hai solo bisogno di staccare un attimo. Vieni con me, prendiamo qualcosa da mangiare alla macchinetta. Sono più che sicura che non hai neanche pranzato.”
Si alzò dirigendosi alla porta e comunicandogli implicitamente di seguirlo. Ma l’uomo non si mosse.
“Non posso! Devo risolvere questo rebus. Devo venirne a capo. Ho già fatto abbastanza danni, devo recuperare in qualche modo. Devo riuscire a capire dove avverrà lo scambio così che voi  possiate prendere Burket e impedisca di ricoprirvi di ridicolo più di quanto non abbia già fatto!” Esclamò disperato.
Kate si bloccò con la porta semi aperta e si voltò sconvolta. Lo vide passarsi una mano sul viso e risedersi sul divano con la testa tra le mani.
Chiuse gli occhi come a cercare di controllare il senso di colpa per averlo fatto sentire responsabile e motivo di imbarazzo per lei e per il distretto.
Chiuse la porta decisa a chiarire una volta per tutte quella situazione che stava distruggendo entrambi.
Si inginocchiò davanti a lui, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con forza, incurante del luogo in cui si trovassero. Castle sussultò non aspettandosi quel gesto. La detective si staccò dalle sue labbra dopo qualche secondo e si ritrovò lo scrittore con occhi sgranati e completamente sconvolto. Se non fosse stato per la situazione critica gli avrebbe riso in faccia, ma quella richiedeva serietà.
Lo guardò negli occhi e un fiume di parole cominciarono ad uscirle dalla bocca.
“Ascoltami bene. Non devi sentirti responsabile del fallimento dell’operazione Burket, se non fossi intervenuto tu avrei richiesto esplicitamente rinforzi. Ho mentito, non sarei stata in grado di difendermi. Sono stata sopraffatta da quell’uomo, ho avuto paura e non riuscivo a reagire. Quando sei entrato e lo hai trascinato via da me mi sono sentita più leggera. Quando mi hai guardata preoccupato e con ancora il respiro affannato per la corsa e per i pugni…E forse anche per la paura che ti sei preso, ho ricominciato a respirare. Avrei voluto alzarmi e correre tra le tue braccia ma un pensiero mi ha colpito: non ero stata in grado di cavarmela da sola, sei dovuto intervenire tu affinché non mi facesse del male e…” Si fermò per soffocare malamente un singhiozzo, non si era accorta che tutto quello che le era successo l’aveva spaventata. Poggiò la fronte a quella dell’uomo chiudendo gli occhi mentre questi le osservava il viso bagnato dalle lacrime “ Quella consapevolezza mi ha fatto sentire debole. Ho sempre contato su me stessa, non ho mai fatto affidamento sugli altri mentre adesso… Insomma adesso quando ho paura, sono in pericolo o mi sento sola, penso a te. Spero di vederti arrivare in mio soccorso e tu lo fai. Lo fai davvero e questo mi destabilizza. Anche fuori dal lavoro, mi sono resa conto che non riesco più a fare qualcosa senza pensare cosa faresti tu, se vorresti farla con me. E ti vorrei accanto, sempre. Mi sono resa conto che io dipendo da un’altra persona, dipendo da te!” Affermò sconvolta da quella rivelazione, guardandolo negli occhi.
Castle deglutì cercando di dire o fare qualcosa che potesse tranquillizzarla ma tutto ciò che poté fare fu guardarla negli occhi, incapace di proferire parola. Questo permise a Kate di continuare.
“Ecco perché ieri ti ho detto quelle cose. Avevo bisogno di tenerti a distanza, non perché non ti volessi al mio fianco ma perché volevo mostrare a me stessa e agli altri che potevo cavarmela anche senza il tuo aiuto. Il fatto è che non è possibile, ormai sei parte di me, Rick. Sei la persona più importante della mia vita. Sei l’uomo della mia vita.  Tu non m’imbarazzi, Castle. E non metti in imbarazzo il distretto. Non mi vergogno di te. Io sono fiera di te. Per come sei, per quello che fai. Ti amo e voglio passare il resto della mia vita con te. Non ho cambiato idea su questo, non lo farò. Voglio sposarti…” Fissò gli occhi in quelli emozionati del suo uomo.
“Sempre se…Se tu vuoi ancora sposare me…” Sussurrò incerta.
Castle continuava a guardarla come se non la conoscesse. Chi era quella donna che gli aveva appena confessato il suo amore nel bel mezzo del distretto? Addirittura dentro l’ufficio di chi, apparentemente, non avrebbe approvato quella relazione.
Chi era quella donna dal viso bagnato dal pianto che si era appena aperta con lui mostrandosi fragile e vulnerabile?
Era sorpreso e ancora una volta sconvolto, ma anche paradossalmente divertito per la scarsa capacità della detective di considerare i luoghi adatti per poter fare un discorso simile.
Kate lo vide sorridere ma non smise di guardarlo preoccupata, impaziente di ricevere una risposta.
“ Mi chiedo se riuscirai mai a esprimere i tuoi sentimenti in situazioni più…come dire…normali. Ti rendi conto di dove siamo?”
Kate lo guardò stralunata non capendo dove volesse arrivare.
“ Siamo nell’ufficio del nemico!” Sussurrò. “ Potrebbe attaccarci da un momento all’altro dopo averti sentito e ci coglierebbe impreparati visto come siamo messi.” Alludendo alla loro posizione.
Beckett era ancora in ginocchio col viso di Castle tra le mani, mentre lui era seduto e proteso in avanti dopo che lei l’aveva tirato a sé, e aveva le braccia ancora poggiate sulle proprie gambe.
La donna si osservò e rise. Aveva ragione erano messi un po’ strani.
“Oltre al fatto che abbiamo una schiera di accaniti osservatori al di là delle tendine.” Continuò divertito. Il sorrise le si spense di botto quando si voltò allarmata verso le porte a vetro dell’ufficio. Vide un Esposito a bocca spalancata, un Ryan sconvolto, Fuller alzare gli occhi al cielo e la Gates impaziente di entrare nel suo ufficio.
Kate sgranò gli occhi.
“Oddio!” Esclamò lanciandosi su Castle nel buffo tentativo di nascondersi.
Lo scrittore scoppiò a ridere sentendola rifugiarsi imbarazzata nel suo collo.
“Dimmi che non hanno capito una sola parola di quello che ti ho detto!” Sussurrò allarmata.
“Ti risulta che l’ufficio abbia i muri insonorizzati?” Scherzò Castle.
Kate sprofondò ancor di più nel suo collo mugugnando qualcosa che divertì parecchio lo scrittore.
“Castle smettila di ridere.” Lo colpì sul petto cercando di nascondersi meglio. Ma Rick non riuscì a trattenersi e scoppiò in una nuova risata.
“Castle smettila!” Ripeté Beckett colpendolo ancora ma questa volta ridendo contagiata dall’uomo.
Quando si calmò, Castle le carezzò i capelli e disse:
“ Si, Kate!” Backett alzò la testa non capendo cosa volesse dire. Castle le sorrise felice.
“ Si, ti voglio ancora sposare.” Kate sorrise raggiante. “Nonostante il tuo bruttissimo carattere!” Prima di imbronciarsi offesa suscitando l’ennesima risata del suo uomo.
Lo osservò ridere.
Avrebbe fatto ancora figure imbarazzanti davanti i suoi colleghi se sarebbe servito a farlo ridere e divertire in quel modo.
Si rese conto improvvisamente che lei e la propria felicità dipendevano da quello scrittore squinternato ma anche che lui e la sua di felicità dipendevano da lei. E non c’era nulla di male anzi, quella consapevolezza la riempiva di una sorprendente gioia.
L’idillio fu interrotto dall’ingresso nell’ufficio del capitano, fintamente contrariata dalla scena. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, era felice che quei due tontoloni avessero risolto, erano un’ottima risorsa per il distretto, lavoravano maledettamente bene insieme. Ma quello non era l’unico motivo,  si era affezionata ai suoi uomini e di conseguenza si preoccupava anche della loro vita privata.
“Se avete finito vorrei essere aggiornata.” Disse bruscamente rivolgendosi allo scrittore.
Beckett scattò in piedi come scottata mentre Castle ritornò subito in modalità ‘scrittore dalle grandi conoscenze shakespeariane.’
“Purtroppo non sono riuscito ancora a capire dove e quando avverrà lo scambio. Ma sono convinto che l’informazione sia data in questi versi.” La donna si avvicinò per leggere il foglio che lo scrittore le stava porgendo.
“Vede qui? Citano dei versi di un sonetto e subito dopo le prime battute del monologo di Hamlet. Non hanno un senso.”
“Che vuol dire non hanno un senso? Hanno sempre comunicato così, per versi!” Chiese Fuller appena entrato nell’ufficio, seguito da Ryan ed Esposito.
Castle allora spiegò.
“ In tutti i loro messaggi in codice hanno utilizzato sempre i versi di un solo sonetto o parti di un’unica opera, questa volta Burket ha citato prima un sonetto poi Hamlet. Non hanno alcun nesso tra loro eppure sento che è qui la chiave!” Disse convinto.
Nell’ufficio calò il silenzio. Ognuno perso a riflettere sulle parole dello scrittore.
Ad un tratto Castle si illuminò.
“Aspettate un attimo!” Disse precipitandosi verso la scrivania del capitano in cui vi erano numerosi libri riguardanti Shakespeare. Ne prese un paio, uno dietro l’altro, cercando affannosamente qualcosa.
I presenti lo guardarono incuriositi finché non lo videro alzare il viso e guardarli sorridendo.
“Ho capito. Ci sono. Questo sonetto è stato scritto nel 1595 mentre Hamlet risale al periodo di massima scrittura del drammaturgo, ovvero il 1600.” Disse concitatamente. Osservò le loro facce confuse. “Ci siete?” Chiese.
Ottenendo solo sguardi inceneritori, si prestò a continuare.
“Ok. 1595, proviamo a scomporlo in decine: 15, è il numero sul muro dell’entrata del porto. 95, potrebbe essere il molo 95, esiste no? 1600 è l’orario dello scambio, le 16 appunto.”
“Sono colpito signor Castle ma abbiamo un piccolo problema: il giorno! Lei ci ha fornito, senza offesa, in maniera azzardata, il luogo e l’orario ma a noi servirebbe anche il giorno!” Disse cinicamente Fuller.
Castle gli sorrise e Kate notò che quello era uno dei sorrisi che Rick sfoderava quando sapeva già la risposta che avrebbe messo al suo posto quell’idiota.
“ Se mi avesse lasciato continuare…” Rispose criptico.
Fuller gli fece segno con la mano di proseguire, incrociando le braccia al petto.
“E’ vero che la stesura di  Hamlet risale al 1600 ma l’opera è stata pubblicata per la prima volta, in quarto, nel 1603. 16.03: lo scambio avverrà al molo 95 del porto di New York alle 16.00 del 16 marzo, cioè domani pomeriggio.” Concluse soddisfatto. Kate fu invasa da un misto di orgoglio e divertimento nell’assistere al duello verbale tra Fuller e Castle, proclamando quest’ultimo vincitore assoluto.
In quel momento incrociò gli occhi ora brillanti del suo partner e ricambiò il sorriso, comunicandogli con lo sguardo quanto fiera fosse di lui.
“Bene. Darò disposizione ai miei uomini di infiltrarsi tra i lavoratori del porto così da non destare sospetti e domani riusciremo ad arrestare quel farabutto.” Disse l’agente con una punta di fastidio per essere uscito sconfitto da quella specie di guerra fredda. Battuto da uno scrittore, sbuffò tra sé, ineccepibile. Girò i tacchi e se ne andò a snocciolare ordini ai suoi sottoposti, i quali il giorno seguente riuscirono finalmente a mettere dietro le sbarre Burket e la sua banda.
Castle aveva fatto un ottimo lavoro.


Tempie's corner:

Allora? Castle ha 'rimediato' e Kate ha messo le cose in chiaro una volta per tutte!
E Fuller è stato messo al suo posto XD
Spero vi sia piaciuto anche questo secondo capitolo...Ci leggiamo presto per l'epilogo!
Un bacio,
Tempie. =)

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Capitolo 3
*** Epilogo ***


Ed ecco a voi il capitoletto finale.
E' l'epilogo di questa storia che sorprendentemente ha avuto molto 'successo' XD
Vi ringrazio di cuore, non immaginavo sarebbe piaciuta e nemmeno potesse ricevere tante recensioni *_* Grazie!
Ma un ringraziamento particolare va ad Ange che mi sprona sempre a credere in ciò che faccio e a mettere in moto il mio cervello bacato! XD Grazie Angelica! =)
Spero che anche questa breve conclusione sia di vostro gradimento...
Dimenticavo, credo che quest'epilogo vada più sul giallo che sul verde, non ne sono sicura. XD
Buona lettura.
Tempie. =)

 



                                           Epilogo


“Dovremmo farlo più spesso!” Sospirò appagata la donna poggiando il viso sul suo petto nudo.
“Dio Kate, facciamo l’amore praticamente ogni giorno, a volte anche nello sgabuzzino del distretto…” Sorrise sornione. “ E la notte facciamo anche più di due round. Perciò cosa intendi tu per ‘più spesso’?” Chiese leggermente preoccupato.
Kate rise baciandolo all’altezza del cuore.
“Castle io dicevo discutere. Se l’epilogo è rotolarsi tra le lenzuola per la maggior parte del pomeriggio e una buona fetta della notte, beh potrei anche accettarlo.”
Castle la guardò scioccato.
“Stai scherzando! Io odio litigare con te, mi impedisce di prenderti in qualsiasi luogo senza che tu protesti.”
“Ma devi ammettere che dopo un giorno e mezzo senza contatti di nessun tipo, fare l’amore ha un suo perché!” Rispose con gli occhi brillati di luce maliziosa.
“Forse ma non voglio più provare quello che ho provato l’ultima volta. Perciò preferisco di gran lunga fare l’amore con te senza nessun litigio o discussione in mezzo.” Rispose sicuro.
Il sorriso di Kate si smorzò lievemente. Castle la guardò allarmato, aveva ferito i suoi sentimenti?
“Castle, l’altro giorno, nell’ufficio della Gates io non ho fatto in tempo a dirti un’altra cosa…” Aveva abbassato lo sguardo e giocherellava con i pochi peli sul petto dell’uomo, il che rendeva piuttosto difficile concentrarsi vista la situazione.
Kate alzò gli occhi e incontrò quelli in attesa dello scrittore.
“Volevo chiederti scusa per le mie parole. Mi dispiace davvero Rick. Non le penso seriamente. Ti ho già spiegato il motivo per cui le ho dette ma voglio essere sicura che tu non abbia dubbi su quello che penso di te e provo per te.” Concluse con occhi imploranti.
Castle le sorrise sereno, avendo immaginato scenari pessimistici per loro.
“Pensavo che avessimo chiarito tutto l’altro giorno.” Le disse alzandosi su un gomito.
“Voglio solo che tu sappia che ti amo così come sei. E mi piace averti al distretto e lavorare ai casi insieme.”
“E a me piace starti intorno. E poi senza di me la percentuale dei casi risolti calerebbe a picco nel giro di pochissimo tempo.” Disse alleggerendo l’atmosfera.
Kate roteò gli occhi fintamente scocciata dalla sua presunzione.
“L’ego del signor Castle è pregato di darsi una regolata, causa rischio morte per asfissia della detective Beckett.”
“L’unica morte per asfissia che potresti avere sarà quella causata da questo.” Rispose malizioso prima di darle un bacio tutt’altro che casto.
La baciò con così tanta passione che rischiò veramente la morte per mancanza d’aria. Si staccarono ansanti e sorridenti. Castle si mosse su di lei e Kate poté chiaramente percepire quanto quel bacio avesse avuto un certo effetto sullo scrittore.
“Vedo che qualcuno si è svegliato!” Commentò maliziosa.
“Oh credimi Beckett, quando ci sei tu nei paraggi, lui è sempre in allerta.” Rispose spingendo i fianchi contro il bacino della donna.
Kate gemette chiudendo gli occhi.
Approfittò di quel momento per concludere definitivamente il loro discorso. Le accarezzò il viso prima di sussurrarle all’orecchio:
“Anch’io ti amo, Kate. Sono innamorato perso e questo sentimento non cambierà mai  perché tutto di me, ama tutto di te. Anche le tue perfette imperfezioni!” Quando aprì gli occhi, Castle poté scorgere il suo desiderio in quelle pozze verdi.
La donna sorrise emozionata prima di inarcarsi verso di lui in cerca di quel contatto agognato da entrambi.
La mano dello scrittore scivolò tra le sue pieghe e scoprì che era già pronta per lui. Non c’era tempo per i preliminari questa volta, si desideravano ardentemente, immediatamente.
Così con un unico movimento fu dentro di lei, permettendo ad entrambi di gustare la pienezza del possesso.
Si amarono ancora quella notte consapevoli di quel sentimento che li avrebbe uniti per sempre, rendendoli una persona sola.



Tempie's corner:

Spero che la conclusione sia abbastanza simpatica e romantica al punto giusto!
I Caskett hanno chiarito definitivamente e l'assenza dei vestiti ne è testimone. XD
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio,
Tempie. =)

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