sporca come il bianco

di cold_fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** tu lo ami ***
Capitolo 2: *** ... ***
Capitolo 3: *** evviva la positività ***
Capitolo 4: *** tutto ok...? ***
Capitolo 5: *** finalmente ***
Capitolo 6: *** are you ready?! GO! ***
Capitolo 7: *** and the answer is... ***
Capitolo 8: *** questione difficile ***
Capitolo 9: *** You Only Live Once ***
Capitolo 10: *** we escape this town ***
Capitolo 11: *** Lego house ***
Capitolo 12: *** another love ***
Capitolo 13: *** perchèstoquafermaanonfareniente? ***
Capitolo 14: *** Lose Yourself ***
Capitolo 15: *** The power of love ***
Capitolo 16: *** colours ***
Capitolo 17: *** small bump ***
Capitolo 18: *** cruel and beautiful world ***



Capitolo 1
*** tu lo ami ***


capitolo 1

tu lo ami
 

Erano passati cinque mesi da quando Roberto mi aveva tradita con Elisa e io avevo conosciuto Filippo, quattro mesi da quando lui se ne era andato, due mesi da quando Matteo era tornato. E due mesi da quando io ero tornata. Ma non la ragazza solare, la ballerina, quella innamorata. Ero tornata la ragazza che ero quando appartenevo a Matteo. Perché io adesso appartenevo di nuovo a Matteo. Non sapevo che fare. Adesso ero sola contro il mondo, senza i miei amici, senza la mia “famiglia”, senza nessuno. Senza Filippo… che senso aveva la vita? In fondo io e Matteo eravamo già stati fidanzati, io lo avevo amato… che male c’era se tornavamo insieme? Certo… a volte era prepotente e mi faceva del male, ma eravamo comunque fidanzati… più o meno. Ma non era stato lui a costringermi. Io gli ero andata incontro.

-flash back –

Mi girai lentamente e lo vidi… Matteo. Era tornato. E in quel momento realizzai di essere sola e di essere scappata da qualcosa che non potevo evitare. E perché continuare a fuggire? Continuai a guardarlo per un po’ e così fece anche lui. Iniziai a camminare lentamente verso di lui e mi fermai a pochi passi di distanza. Iniziò a muoversi anche lui verso di me. Alzai il volto, ma continuai a guardare il pavimento, con gli occhi fissi su di esso, come fosse una cosa molto interessante. Sentii le sue labbra poggiarsi sulle mie e non protestai. Che motivo c’era? Nessuno…

-fine flash back –

Stavamo camminando mano nella mano per le vie del centro senza parlare. Non parlavamo più di tanto, era uno di poche parole da qualche tempo. Non so cosa gli era successo intanto che era stato via, sapevo solo che adesso parlava di meno e agiva di più. Il giorno in cui eravamo tornati a scuola, dopo le vacanze natalizie, si era subito seduto accanto a me nei banchi in ultima fila.

Non era così difficile… si trattava solo di due parole da ripetere tra me e me, per autoconvinzione. Lo amo, lo amo, lo amo. Non era per niente difficile. Parlavamo così poco che appena potevo me le ripetevo nella mente, e stavo iniziando a pensare che fosse vero. lo amo, lo amo, lo amo. Sono sola, ho solo Matteo che ha volte mi sta a sentire, e a volte fa finta ma cerca di non darlo a vedere. Mio padre è da quattro mesi che non mi parla, se non per chiedermi un misero “come è andata scuola?”. Maria ancora non parlava, e ogni notte pregavo Dio perché quello che sarebbe venuto non dovesse essere il giorno fatidico.

Cindy adesso che la mia vita andava male sembrava accorgersi che esistevo. Un attimo… come?! Ti accorgi di me solo per farti vedere come matrigna premurosa agli occhi degli altri… brutta strega raccattata dalla strada. A volte vorrei avere una stanza tutta mia, piena di cose fragile che si rompono facilmente, e tante tempere, così da poter rompere tutto e sporcare ogni cosa attorno a me, tanto per sfogarmi un po’. È da tempo che non mi sfogo, ho troppa rabbia repressa. Ma per quanto avrei dovuto aspettare? Non lo so, ma l’attesa non sarà lunga. Devi solo ripeterlo. Due parole. ho sentito dire che se ripeti una cosa per 211 volte, questa si avvera. Io non ci credo, ma sperare è l’unica cosa che mi resta al mondo. Lo amo, lo amo, lo amo. Nessuna difficoltà. Niente di più facile. Dirlo non era complicato. Accettarlo sì. Ma prima o poi ci sarei riuscita. Dovevo ripeterlo. E mi sarei convinta.

Forse avrei dovuto modificare i miei gusti, o il mio modo di fare… forse ero io ad essere sbagliata, non Matteo. Forse avevo fatto qualcosa di sbagliato, tre anni prima, e quello che mi accadeva era giusto. Di colpo quella che prima ritenevo ingiustizia adesso era la cosa più naturale del mondo. Mia madre era morta, mio padre si era risposato con una strega, il mio ragazzo mi aveva tradita con la mia migliore amica, avevo conosciuto un nuovo ragazzo a danza, ci eravamo fidanzati, Matteo lo aveva picchiato, poi avevo pensato che Filippo mi tradisse con Ines, la mia amica di danza, ma mi sbagliavo, il giorno dopo che ci siamo rimessi insieme lui si è dovuto trasferire e si era dimenticato di dirmelo, così me lo ha scritto e non mi ha nemmeno dato il suo nuovo numero. In più la mia ex migliore amica è incinta del mio ex fidanzato, che prima che lui mi tradisse con lei era il suo ex fidanzato.
Un po’ ingarbugliato in effetti, ma totalmente meritato.

E da quattro mesi io avevo smesso di vivere, ritornata schiava di Matteo, il ragazzo che mi aveva sempre maltrattata e ogni giorno sognavo di andarmene, di volare via” come farebbero certe eroine. Ma io non sono un’eroina, io non sono nessuno. E lo accetto. La cosa più difficile era accettare Matteo. Ma sarebbe diventato più semplice… devo solo ripeterlo… lo amo, lo amo, lo amo. E ormai iniziavo a crederci davvero… lo amo lo amo lo amo. Sì, è vero. io lo amo. Ma l’immagine di un ragazzo biondo, con gli occhi più azzurri mai visti, mi riapparve in mente. Era lui… il mio Filippo… io DEVO amarlo anche se non è vero, io DEVO amarlo anche se non è vero, io DEVO amarlo anche se non è vero. ecco cosa dovevo ripetere. Perché io lo amo. L’ho sempre amato e non me lo toglierò mai dalla testa. Lo amo, lo amo, lo amo. E forse era sbagliato, ma per me era anche giusto, come quelli che, sapendo di non avere speranze e che stanno per morire, vanno in un “ospedale” apposta dove li aiutano ad andare all’altro mondo senza sentire dolore. E lui era il mio antidoto. Lo amo, lo amo, lo amo. È vero, perché anche se devo amare Matteo…
Io amo Filippo… io lo amo.



È già… io sono ancora qua!
saltra mia FF! yupeeee! XD spero di avere tante visite quante quelle della mia prima storia, e che le persone che la seguivano o che la commentavano o che la tenevano tra preferite/ricordate, continuino a farlo. Sono felicissima che la mia prima FF sia piaciuta. Vi voglio un mondo di bene!!! Ci vediamo al prossimo capitolo,
un bacione dalla vostra Mara

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Capitolo 2
*** ... ***


Capitolo 2


 

La mia vita sembrava non avere più un senso, e forse era proprio così. Quattro mesi passati a non fare niente, occupandomi solo di soffrire il meno possibile e allo stesso tempo senza pensarci per niente. E cosa accade quando l’aria calda incontra quella fredda? Si crea una tempesta, a volte degli uragani che finiscono per distruggere tutto ciò che si trova sul loro cammino. E questo era quello che accadeva ogni volta alla mia vita. Un uragano la stravolgeva e io ogni tanto cercavo di rimettere insieme i pezzi, ma prima che me ne rendessi conto tutto scivolava via dal mio controllo, come l’acqua. Ma la cosa peggiore era quando la mia vita veniva sconvolta quando era ormai quasi perfetta, e io dovevo riiniziare tutto daccapo. E questo, oltre a essere demoralizzante, era anche snervante. Almeno nella prima ipotesi non avevo ancora iniziato niente, quindi il dolore e lo sconvolgimento erano presenti in misura minore. Ma, come disse un vecchio saggio (penso) dopo la tempesta c’è sempre il sole, perché le nuvole non possono durare in eterno.

Ovviamente si può dire anche il contrario, ovvero che dopo il sole c’è sempre una tempesta perché non ci potrà mai essere il sole per sempre, ma una volta tanto voglio provare ad essere positiva. E accadde davvero qualcosa di buono. Era un lunedì sera. Ero chiusa in camera mia a guardare il soffitto senza pensare a niente, come accadeva spesso. Era da qualche mese che non ricevevo messaggi o chiamate da parte di Ines o di qualcun altro, per questo sentire il mio telefono vibrare mi sorprese non poco.

-È successa una cosa stupenda! Ti devo parlare i il prima possibile Claire! incontriamoci davanti alla scuola di danza… adesso! –I


Io, che pensavo di essere stata abbastanza chiara sul fatto che non volevo parlare con nessuno, fui decisamente scossa. Doveva essere qualcosa di importante se pensava che sarei tornata a parlare con qualcuno dopo quattro mesi di pura solitudine, nemmeno fossi un’eremita. Forse meritava davvero di essere ascoltata… in fondo io non le avevo parlato per quattro mesi. Nonostante avessi una vita di merda, un’amica non poteva peggiorarmela. Mi preparai e stavo per uscire quando Cindy mi richiamò –Claire devo parlarti!- disse –adesso non ho tempo, devo uscire- queste parole la lasciarono leggermente scossa. Ma cosa dico? Leggermente?! Era PROFONDAMENTE scossa! –ci… ci vorrà poco… t-te lo giuro…- disse. Io la seguii in soggiorno e rassegnata mi sedetti accanto a lei. Tutto d’un fiato sputò una serie di parole che, per miracolo, riuscii a comprendere. –io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato, ti ho rovinato la vita e questo lo so e me ne prendo tutte le colpe. Ti giuro che non volevo! Il primo giorno quando ci siamo trasferiti non volevo venire a vivere qua perché sapevo che te mi avresti odiata per sempre quindi ho provato a sistemare tutto- si fermò un nano secondo per riprendere fiato per poi riiniziare –poi man mano che i giorni passavano sono peggiorata lo so, poi è nata Maria e ci siamo distanziate ancora di più ma voglio che tu sappia che per te io non ho alcuna intenzione di essere (o di rimanere) la perfida matrigna. Voglio essere qualcosa di più. non dico una madre, ma una specie di amica più grande, una consigliera, qualcuno a cui rivolgersi. Voglio esserci per te! Mi dai questa occasione?- ero stupita, non solo dal fatto che avevo capito tutto il discorso. Non pensavo di poter sentire quelle parole uscire dalla sua bocca. Ma la mia risposta era composta di sole tre parole. Il punto era… quali erano le tre parole? “ok, va bene” oppure “mi dispiace, vaffanculo”.
La seconda era più nel mio stile. Ma non erano queste le parole. –ci devo pensare- le risposi. Ci dovevo pensare davvero, perché tre anni non si possono dimenticare subito. Soprattutto se erano stati QUEI tre anni. Lei mi guardò uscire dal soggiorno e sono sicura che aveva anche sbirciato dalla finestra per vedere la mia reazione. Così prima di esultare aspettai di aver svoltato l’angolo. Il mio telefono vibrò e lessi il messaggio inviatomi da Ines


-senti ti do ancora cinque minuti, per me è importante che tu lo sappia ma se tu vuoi chiuderti in te stessa posso anche andarmene a casa. Io ho una vitaI


Quelle parole mi ferirono non poco, ma non dovevo pensarci adesso. Ci avrei impiegato dieci minuti per arrivare alla scuola di danza camminando, quindi iniziai a correre come una matta.

Tre minuti. Ci avevo impiegato TRE minuti per arrivare alla scuola! Ero senza fiato. Di Ines però, non c’era traccia. Scorsi una figura che si allontanava così urlai –INES!!!- la figura si voltò e dopo quattro mesi rividi la mia amica di danza. Se ancora era disposta ad esserlo. Lei mi corse in contro ma si fermò a qualche passo di distanza. Esitò un attimo, per poi abbracciarmi di slancio. Io ricambiai l’abbraccio, anche se in un modo più composto. Dopo essermi subita per mezz’ora un milione di domande sparate a raffica e alle quali fui costretta a rispondere, mi decisi a chiederle cosa doveva dirmi. –Oh certo! Che svampita che sono! Dovevo dirti… ah è vero!- lei esitò qualche istante –dai, mi puoi dire tutto! Che c’è?- -bè… oggi abbiamo fatto le prove per il lago dei cigni… e sai che io e Chris balliamo insieme, e… bè… alla fine del pezzo… mi ha baciata davanti a tutti!- disse estasiata –OH MY GOD, NON TI CREDO!- saltai in aria io, a sentire quella notizia –eh non è tutto!- disse lei –su continua, sono impaziente!- -negli spogliatoi ero leggermente sconvolta e quando sono uscita ho trovato lui che mi aspettava. È stato stra tenero! Mi ha chiesto se poteva riaccompagnarmi a casa in moto ma gli ho detto che dovevo andare da un’altra parte e lui mi ha trattenuta qua fuori per un po’ e mi ha chiesto se volevo stare con lui!- io mi misi ad urlare come un isterica –non ti chiedo nemmeno cosa hai risposto!- lei tornò seria e disse –ho detto di no- -cosa cazzo hai fatto TE?!- non potevo crederci. Lei mi fissava con aria colpevole per poi mettersi a ridere e dirmi –cosa pensi! È ovvio che ho detto di sì!!! Volevo solo vedere la tua reazione!- in quel momento ebbi lo strano istinto di sgozzarla con i lacci delle scarpe… mi limitai ad abbracciarla molto forte. La stavo per strozzare e per un secondo fui veramente tentata.
La lasciai andare solo quando iniziò ad ansimare. Ero soddisfatta. Passammo il resto del pomeriggio a parlare e parlare e parlare e mangiare gelati e parlare. Ad un certo punto il suo telefono vibrò e quando lo lesse la vidi rabbrividire, nonostante tentava di mascherarlo –chi è?- le chiesi. Lei si riscosse dai suoi pensieri profondi e agitata rispose –ehm, no, non è nessuno di importante, non ti devi preoccupare, niente di che… RIDAMMI. IL. MIO. CELLULARE!- infatti glielo avevo tolto di mano intanto che parlava. Quando lessi chi le aveva scritto il messaggio, il telefono mi cadde di mano e si sfracellò a terra. Non potevo crederci… proprio Ines? La mia Ines? Quella che avevo davanti agli occhi? No… non avrebbe mai potuto… o almeno, non avrebbe potuto farmi una cosa del genere la Ines che conoscevo prima, ma adesso? Ero ancora sicura di conoscerla? Non credo proprio. Il nome di quella persona mi era rimasto in testa per quattro mesi, e ora che l’avevo quasi dimenticato tornava ad assillarmi. Perché? Perché?! Ti prego, rispondimi… perché lei e non me, Filippo?




Eccomi qua! Con il mio ennesimo ritardo spaventoso! Vi avverto, ho provato ad essere positiva, ma non credo di esserci riuscita molto bene… la fine e l’inizio sono catastrofici, però almeno Cindy inizia FORSE a capire qualcosa! Che l’arcangelo Gabriele le sia venuto in sogno? Non lo so nemmeno io sinceramente! XD e poi… EVVIVA INES E CHRIS!!! Questa è una cosa stra positiva! Poi voglio farvi una domanda, secondo voi cosa stava dicendo Filippo a Ines? Di cosa parlavano? Secondo voi, inoltre, c’è qualcosa sotto?  Voglio ricordarvi che il giorno prima di partire c’era stato un certo “equivoco” in cui Claire pensava che Filippo la tradisse con Ines… la cosa si fa strana, no? Rispondetemi in una recensione!Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacione da Mara!!!

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Capitolo 3
*** evviva la positività ***


Capitolo 3

Evviva la positività


Ero sconvolta. Cosa voleva dir tutto questo? Non ne avevo la minima idea. O forse sì… “tu… tu…” iniziai “no, Claire, non capisci!” cercò di giustificarsi “perché non me lo hai detto Ines?!” “perché sapevo che avresti reagito così!” non ci vedevo più dalla rabbia. Un nuovo pensiero mi balzò in mente. E se fosse… no. Non poteva essere. Ok, è vero, lui voleva ballare con lei e non con me nel lao dei cigni, ma poi aveva detto che era perché aveva paura di sbagliare o di emozionarsi.

Bè… due giorni dopo era scomparso senza dirmi praticamente niente, pensando che senza di lui sarei stata meglio. Ma non era possibile, non poteva avermi tradita per davvero con la mia migliore amica. Oppure poteva benissimo tenermelo nascosto…? Non continuai a pensarci. Ero così delusa da Ines… non potevo davvero fidarmi di nessuno? “non è vero, ti sei sbagliata! Non avrei reagito come ora, perché adesso sono arrabbiata, perché tu…” “non dire quelle parole Claire!” ma ormai era troppo tardi “mi hai delusa!” lei si congelò e mi guardò negli occhi pieni di dolore.

Dopo un po’, come se fosse spaventata da una mia futura reazione, sussurrò “io… io volevo dirtelo…” “Ines! È il mio EX FIDANZATO! Potevi scrivermelo per messaggio! Ho aspettato una sua chiamata per quattro mesi! E tu… tu hai il suo numero di telefono!” ero a dir poco sconvolta. Come aveva potuto? Nemmeno immaginava quanto avevo sofferto in quei quattro mesi! “pensavo che… che te lo avesse scritto nella lettera…” “solo cazzate! Chris te lo aveva detto che non mi aveva lasciato il suo numero”.

In quel preciso istante una voce che non sentivo da fin troppo tempo disse “state parlando di me?” mi voltai di scatto e vidi Chris. Appena mi riconobbe mi corse incontro, mi abbracciò e mi sollevò per aria. Io non ricambiai. Non che fossi arrabbiata con lui, anzi ero felice perché si era finalmente fidanzato con Ines, però lei mi aveva anche rovinato la giornata.

“sonofelicedivedertiadessomilasciandare?” riuscii a dire con il poco fiato che mi rimaneva. Lui mi lasciò andare sorridendo come un ebete “per fortuna sei tornata! Sono andate bene le vacanze di natale?” “cosa cazzo centra ora?” chiesi leggermente confusa “volevo solo saperlo” disse fintamente offeso “come pensi che le abbia passate?” sospirai io. Alle mie spalle sentii anche Ines sospirare.

Perché sospirava? Ah… giusto. Mi girai di scatto “torniamo a te” lei trasalì e abbassò lo sguardo ma Chris intervenne di nuovo “che succede?” “succede che la tua cara Ines qui presente è da quattro mesi che si scrive con Filippo, e ha pensato di non dirmi niente, che non mi importava di poter avere il suo numero!” dissi, anzi urlai.

Chris di colpo divenne rosso. Io iniziai a spostare lo sguardo da lui a Ines.

Ok… avevo fatto una cazzata. Come avevo potuto essere così stupida? Anche Chris doveva avere il suo numero! Ero così arrabbiata che non ci vedevo più.

Rimanemmo in silenzio per qualche secondo. Iniziai a sbollire e, dato che non volevo litigare con loro appena tornata “in vita”, decisi di cambiare argomento “comunque… come va a danza? Sta andando bene la preparazione del balletto?” loro parvero sorpresi. Si guardarono e arrossirono. “uff… siamo amici, ci conosciamo da una vita, cioè… tre anni. Ma se siete fidanzati potete anche stare più vicini.” Loro arrossirono ancora di più e si avvicinarono di qualche passo.

“ok, adesso va meglio. Quindi… Cecilia come ha preso il fatto di avermi persa di nuovo?” chiesi come se fosse la cosa più naturale al mondo “non molto bene, a danza è molto più severa e corregge errori dove a volte non ci sono. Stava anche per abbandonare l’idea del progetto del saggio, ma siamo riusciti a convincerla a mantenerla” ero molto sorpresa da quella risposta. Davvero era così di malumore?

Ad interrompere i miei pensieri fu Ines “ma… ma adesso tu tornerai a danza, vero?” o mio Dio! Come facevo a dirle di no? Aveva usato quella voce! Oh mio Dio oh mio Dio oh mio Dio! È troppo tenera quando fa così! Sembra una bambina delle elementari che si mette a piangere perché non può mangiare le caramelle! Troppo tenera! Ahw!!! “certo che torno! Cosa credete? Di sicuro non parteciperò al saggio” “coooosa? E perché no?!” chiese Chris stupito dalla mia risposta “avrete fatto almeno metà coreografia, non posso permettermi di arrivare lì e fare finta che mi sia tutto dovuto! Inoltre non so se hai presente che non faccio danza da quattro mesi! Uno di questi giorni ho provato a fare un pliè ma non ci riuscivo! Non potrei mai ballare al saggio. Seguirò le lezioni, e quando ballerete sarò in platea” spiegai in modo che potessero capire la mia posizione. Loro annuirono comprensivi.

“be, già che ci siamo tutti e tre, cos abbiamo in mente di fare oggi pomeriggio?” chiesi raggiante dopo qualche istante di silenzio. Loro si guardarono, per poi voltarsi verso di me sorridenti.

Era stato un pomeriggio a dir poco stupendo. Mi ero riavvicinata ai miei migliori amici, avevamo parlato di tutto quello che era successo, e a quanto pareva senza di me in quel piccolo paesino non accadeva mai niente.
Figo.

Tanto per concludere al meglio eravamo andati tutti e tre da Frank a mangiare la pizza, alimento di cui non riuscivo nemmeno a ricordarmi il sapore.

Frank ovviamente non aveva fatto altro che prendermi per il culo e fare battutine tutta sera sul fatto che finalmente fossi tornata, dal genere “recitare il rosario tutto il giorno, perché il mio ristorante non chiudesse senza te che spendi tutti i tuoi risparmi” a quello più “Lazzaro, alzati e cammina, perché adesso sei tornato in vita!”. Tanto per farlo contento io mi alzavo dalla sedia, camminavo fino al bancone, lo guardavo male e tornavo al mio posto. Alla faccia dell’ “alzati e cammina”.

Un attimo, ho detto “tanto per concludere al meglio”?
Mi correggo. Tanto per finire male. Già, noi tre eravamo seduti a mangiare tutti tranquilli quando… chi pensa di apparire? La famiglia felice 2! È già: Roberto, Elisa e il suo bel pancione di… quanti mesi era? Cinque mesi circa o poco più. Non avevo la minima idea del perché li evitavo. Elisa era stata la mia migliore amica, Roberto il mio fidanzato e io forse non l’avevo mai amato. Per lui ero stato solo un modo di dimenticarsi Elisa, e lui in fondo per me era stato solo un modo per apparire più grande. Però non potevo stargli vicina, era come se una barriera si fosse creata tra di noi.

Ed eravamo lì nello stesso ristorante, tre contro due. E ci guardavamo, senza dire una parola, senza muoverci, senza accennare nemmeno ad andarcene via, intanto che Frank guardava da dietro il bancone e aspettava di scoprire cosa sarebbe successo.

Sinceramente, io non avevo la minima idea di cosa fare. Guardai Ines e poi Chris che mi fissarono a loro volta. Ok, sarebbe toccato a me muovermi dopo quattro mesi. Sospirai, mi alzai dalla sedia, presi il mio giubbino, andai al bancone e pagai.

Tutto era così silenzioso. Sembrava di stare in uno di quei film western. Mi aspettavo quasi di vedere Frank tirare fuori una pistola dalla tasca!

Mi voltai per guardare Ines e Chris che subito si alzarono e uscimmo insieme dal locale. Roberto ed Elisa non avevano fatto altro che guardarci uscire. Intanto che aprivo la porta del locale sentii una voce urlare dentro di me “cazzo Elisa! Sono qui! Sono la tua amica, Claire!!! perché non fai niente? Perché non mi parli? Ti sei arresa, come tutte le persone hanno fatto con me in questo mondo? Hai forse deciso che non ne valevo la pena? Elisa, io sono ancora qui, ti prego notami!” cercai di reprimerla ma non ci riuscii. A quanto pare le lacrime sono fatte di urla represse, perché io cercavo di contenermi eppure una di esse si formò e mi rigò la guancia.

Cosa avrei dovuto fare? Niente. Dovevo solo continuare a camminare, in una direzione che non conoscevo. Guardavo davanti a me e vedevo solo il buio di quella sera di febbraio. Sentii qualcuno appoggiare una mano sulla mia spalla e mi voltai verso Ines. Ma non era stata lei, così mi girai verso Chris. Nemmeno lui. Chi era stato? mi girai di scatto e notai che i miei due amici mi guardarono straniti.

Adesso però era tutto chiaro. L’avevo vista. Non dovevo rinchiudermi in me stessa, e finalmente l’avevo capito. Sarei migliorata. Avevo pensato per così tanto tempo di essere sola, di vivere nel buio, di camminare nelle tenebre, che mi ero praticamente scordata come era fatta la luce.

Eppure la luce era venuta lì, mi aveva messo una mano sulla spalla per consolarmi. Sarei migliorata, e avrei iniziato la mattina seguente. Dovevo fare una bella chiacchierata con quello stronzo di Matteo. Mi sarei fatta dare da Ines il numero di Filippo e gli avrei parlato. Avrei parlato anche con Elisa e con Roberto. Avrei sistemato tutto. Sarei migliorata.

Perché anche se non mi ricordavo più che la luce lei mi stava aiutando. Avevo pensato TROPPO  a lungo di essere abbastanza forte per vivere nell’oscurità, e adesso mi rendevo conto che io avevo bisogno della luce. Perché mi stava aiutando, perché al contrario di altri, lei aveva avuto il coraggio di mettermi una mano sulla spalla. E adesso vedevo nel cielo, una luna che splendeva più luminosa che mai.



Eccomi qua!!! Scusatemi se ci impiego tanto ad aggiornare ma ultimamente non ho molta ispirazione. Inoltre ho capito il meccanismo della mia scrittura, e questa è una scoperta sensazionale: se sono felice non scrivo, se sono triste invece scrivo in fretta, perché quando scrivo mi sfogo ma se sono felice non ho motivi per cui sfogarmi! Quindi se volete degli aggiornamenti veloci, dovete farmi diventare triste (?) XD. E ultimamente sono molto felice. Di questo dovete ringraziare RiccioLilli che ha deciso di tornare mia amica dopo una litigata che non scorderemo per un po’, e anche per via dell’ultimo fantastico capitolo della sua FF, che mi ha resa particolarmente felice. Se volete leggerla si chiama “don’t wanna be without you”. Consiglio anche tutte le storie di Angy_xX, di Egg_s e di qwertylove.
Ringrazio enormemente la migliore lettrice di sempre: contro corrente! Grazie di tutto, ti adoro, ti devo tutto, sei la migliore!!!!!!!!!!
Adesso a scrivere il nuovo capitolo, ok? Così faccio tutti i pochi lettori contenti!
Un bacione da Mara


 

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Capitolo 4
*** tutto ok...? ***


Capitolo 4

Tutto ok…?

Aprii svogliatamente gli occhi quando sentii la sveglia suonare sul mio comodino… un attimo, la sveglia suonava? Io non avevo una sveglia, le avevo rotte tutte! Alzai incuriosita lo sguardo e vidi Cindy che mi sorrideva, con in mano il suo telefono. Probabilmente era la sveglia del telefono. Ma cosa ci faceva Cindy in camera mia? “che vuoi?” le chiesi scontrosa “volevo solo parlarti” “che ore sono?” dissi facendo finta di non aver sentito la risposta “sono le 8.30” “ah… poi è colpa mia se arrivo in ritardo a scuola…” dissi ricacciando la testa sotto le lenzuola “oggi è sabato, non hai scuola- rispose interrompendosi un attimo intanto che mi toglieva le coperte di dosso –e poi ho detto che ti devo parlare” concluse infine. Io aprii prima un occhio e poi l’altro, aspettando che si abituassero alla luce.


Probabilmente Cindy capì che non mi sarei mai alzata, così si sedette sul letto vicino alle mie gambe. La guardai un secondo in silenzio. Probabilmente si aspettava che dicessi qualcosa, anche se io non avevo ben presente cosa. Lei sospirò e lentamente accavallò le gambe, per poi dire “hai pensato a cosa ti ho detto ieri?” all’inizio non capii a cosa si riferiva, ma poi mi tornò in mente la conversazione del pomeriggio precedente. Me ne ero completamente scordata “no” risposi semplicemente. Sembrava sorpresa da una tale risposta “in che senso?” “nel senso che non ci ho pensato, mi sono dimenticata, avevo altro da fare, intendilo un po’ come vuoi!” dissi brusca. La mattina tendevo ad essere un po’ scontrosa, soprattutto se la prima persona che vedevo era Cindy. Lei sospirò dicendo “ok, pensaci quanto vuoi. Se vuoi alzarti la colazione è pronta” poi uscì dalla stanza chiudendo la porta. Io tornai sotto le coperte ma gli avvenimenti del giorno precedente continuavano a venirmi in mente.


Ad un certo punto una cosa in particolare mi colpì, un’idea così strana e così credibile che solo una pazza poteva immaginare. Una pazza come me. Mi alzai di fretta dal letto, mi cambiai, mi lavai e uscii di casa senza fare colazione. Stavo per chiudermi la porta alle spalle quando sentii Cindy chiamarmi da dentro “Claire! dove vai?” chiese “esco, torno dopo pranzo, mi fermerò fuori a mangiare” risposi io. Cindy mi guardò, sorrise e dissi “ok, vai pure” io la salutai con la mano e lei chiuse la porta. Dovevo andare a casa di Elisa, che era però molto distante e io, scossa ancora dal giorno prima e dal risveglio brusco, facevo un po’ fatica a camminare. Decisi di fermare una macchina. Mi sporsi un poco dal marciapiede intanto che una macchina si avvicinava lentamente, accostando. Io aprii lo sportello ed entrai di corsa ringraziando. Chiusi la portiera e solo dopo qualche secondo mi accorsi che la macchina non ripartiva. Guardai il ragazzo alla guida, che mi fissava a sua volta pensieroso. Aveva un’aria fin troppo famigliare “ci conosciamo?” mi chiese. Anche quella voce l’avevo già sentita. Lo guardai meglio, per poi dire il mio nome “io sono Claire… tu?” “Claire?! Non ci credo! Io sono Cristian! Ti ricordi? Circa… quattro mesi fa? Boh” di colpo nella mia mente riaffiorò il ricordo di un ragazzo sulla ventina che guidava quella stessa macchina, che si era fermato per darmi un passaggio poco prima che scoprissi che Filippo se ne era andato, il ragazzo con cui avevo cantato a squarciagola una delle mie canzoni preferite, di cui conoscevo a malapena il testo e non mi preoccupavo di stonare. Insomma, un perfetto sconosciuto, con il quale avevo condiviso cinque minuti della mia vita, per un motivo che solo gli adolescenti conoscono, e forse nemmeno loro.

Quella specie di sentimento di famiglia che nessuno riesce a spiegarsi ma che spinge due perfetti sconosciuti a parlarsi, nemmeno fossero fratello e sorella. Ero a dir poco stupita di averlo rincontrato “non ci credo! Di nuovo te?” dissi facendo finta di lamentarmi “bè, se vuoi puoi fermare un’altra macchina” disse lui tranquillo “uff… scherzavo idiota” lui rise “l’avevo capito. Io sto simpatico a tutti!” “fra un po’starai simpatico al mio pugno” “uh-oh-oh! Fa l’aggressiva!” mi limitai a guardarlo in cagnesco “come va la vita? Non ci vediamo da quattro mesi, devo tenermi informato!”. Io guardai da un’altra parte “allora, risolto tutto con lo stalker?” io mi voltai per fissarlo “vuoi proprio saperlo? No. Il mio fidanzato quel giorno non rispondeva al cellulare perché aveva cambiato numero senza dirmelo, e quel giorno si era trasferito, senza dirmelo. Me lo aveva scritto in una lettera. Anche lo ‘stalker” era scomparso e non lo avevo visto per due mesi. Il giorno della vigilia di natale è tornato e ha deciso che sarei stata la sua fidanzata. Avevo perso i contatti con tutti i miei amici, non uscivo, non andavo a scuola e non andavo a danza. Lui a volte picchia ancora o mi obbliga a… a… fare altro. Siamo ancora ‘fidanzati’ e del mio ex non so più niente” dissi sbuffando, per poi aggiungere “soddisfatto?” lui mi guardò dispiaciuto “scusa non lo sapevo” disse “nemmeno l’ultima volta” risposi io ricordandomi della nostra prima conversazione.


Ci fu qualche istante di silenzio, rotto dalle sue parole incoraggianti… se così si potevano definire “cazzo Claire! devi riprendere in mano la tua vita! Sai cosa fai domani? Vai a parlare con i tuoi amici, il tuo fidanzato, le tue insegnanti sia di danza che di scuola, e metti tutto a posto! Ok?” io lo guardai male “in realtà avevo già in mente di farlo” “si… e quando?” rispose lui scettico “se te accendi questa cazzo di macchina, avevo in mente anche… ORA!” gli strillai in faccia “a si… vero… scusa” cercò di trovare una scusa ma non riuscendoci decise di stare zitto. Accese la macchina e dopo un po’ mi chiese “dove ti devo portare?” cavolo… quale era l’indirizzo? Uff… come facevo a non ricordarlo?! “ehm… non… non mi ricordo l’indirizzo” sussurrai sperando che non mi sentisse. Invece capì, eccome se capì “bè, siamo messi bene! All’incirca dove devi andare?” “a casa di un’amica… tu portami alla scuola di danza, da lì in poi ci penso io andando a piedi” lui annuì e partì diretto verso il centro del paese. Come quattro mesi prima, a rompere il silenzio fu la radio da lui accesa.


Stavolta la canzone era “let her go” dei Passenger.


“questa canzone è stupenda! Alza!” dissi “di nuovo ci troviamo d’accordo, peccato che non sia stardust. Se vuoi però ho qua il suo nuovo album” disse riferendosi a Mika. Io annuii, lui spense la radio e mise il CD. Stupendo. Purtroppo non riuscii ad ascoltare la fine della prima canzone perché eravamo già arrivati alla scuola “bè… grazie di nuovo. Ci vediamo per strada” risi “aspetta” disse lui. Aprì un cassetto e ne tirò fuori una biro e un foglietto. Ci scrisse qualcosa sopra e me lo porse “se hai bisogno di un passaggio da qualche parte questo è il mio numero. Se sono in macchina passo, ok? Ritienimi il tuo taxi personale” presi il foglietto e lo salutai con la mano intanto che camminavo in direzione della casa di Elisa sperando di ricordarmi la strada giusta.


Continuai a camminare e a guardarmi intorno per circa dieci minuti, quando mi ritrovai davanti a casa sua. Eravamo così vicine eppure così lontane. Non ero sicura che lei sapesse di ciò che mi era successo, né di Matteo né di Filippo. Ormai lei non sapeva più niente di me e mi chiesi se si sarebbe ricordata almeno del mio nome. Iniziai a camminare con le mani in tasca quando sentii un pezzo di carta sfiorarmi la mano. Era più grande del biglietto che mi aveva lasciato Cristian, quindi lo tirai fuori per vedere di cosa si trattava, forse solo per perdere tempo e aspettare di cambiare idea. Lessi di fretta:


COSE DA VERIFICARE SE LA VITA DIVENTA UN SOGNO
1)Discussione con Matteo
2)Casa in rovina
3)Cuscini in sezione circolare
4)Roberto ti tradisce con Elisa
5)Zerbino “welcome Gordon”

6)Ballerina de “il lago dei cigni”
7)Pioggia a catinelle


Sorrisi al ricordo di quando avevo scritto quel foglietto. Mi sembrava passato così tanto tempo… eppure tra settembre e febbraio non ci sono molti giorni. O almeno… ci sono molti giorni, ma pochi mesi.
Ripiegai il foglietto e lo rimisi in tasca. Feci un lungo respiro e suonai il campanello.
Fu Elisa stessa ad aprirmi la porta.

 


Ehi ehi ehi!!! Rieccomi!!! Finalmente, vi ho fatte aspettare un po’… scusateeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee! Ultimamente ero troppo felice per scrivere (?) (XD). Allora, che cosa ne pensate del nuovo capitolo??? Spero davvero che vi sia piaciuto perché, anche se potrebbe non sembrare, ci sto mettendo tutta me stessa per scrivere questa FF e spero che possa piacere a qualcuno! ringrazio moltissimo contro corrente che recensisce ogni capitolo, RebelVampire che tiene la mia storia nelle preferite e anche JuOn che tiene la mia storia nelle seguite! Ringrazio tutti lettori silenziosi, tra i quali RiccioLilli che mi ha rivelato di leggere la mia storia ma di non recensirla, e forse nemmeno Dio sa perché XD. Ma, vi do un consiglio, fate quello che faccio sempre io: lasciatela perdere! LOL no dai scherso, rimarrai sempre la mia vicina di casa preferita Riccio, sorella con la mente sincronizzata XD (?) (non state capendo niente, vero? e ci credo!!!).
Va be, adesso vado,
un bacione da Mara
P.S. se volete leggete la sua  FF “don’t wanna be without you”

Byeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!

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Capitolo 5
*** finalmente ***


Capitolo 5

Finalmente



Elisa mi guardò per un attimo, sorpresa di vedermi. Potevo sentire il rumore degli ingranaggi del suo cervello lavorare furiosamente per trovare una scusa plausibile al fatto che ero davanti a lei.


DING DING DING, scusa plausibile trovata! Allarme allucinazione! … vuole spostare l’ipotesi nel cestino? -ok- …  Formulare nuova ipotesi.


Rimanemmo qualche istante a fissarci, anche se in realtà stavamo fissando il vuoto dietro le spalle dell’altra, cercando qualcosa da dire. Ad un certo punto un minuscolo abbozzo di sorriso apparve sul viso di Elisa, per essere nascosto subito da uno sbuffo nervoso.


Elisa spostò il peso dalla gamba destra a quella sinistra e si appoggiò allo stipite della porta di ingresso, per poi, finalmente, parlare “senti, sono incinta. Se vuoi entrare fai in fretta. Sto coso sta iniziando a pesare un pochino” disse ridendo all’ultima frase, mimando con il pollice e l’indice il segno di ‘poco poco’ con un viso a dir poco sarcastico.


Le sorrisi anch’io e la sorpassai, entrando in quella casa dove non mettevo piede da mesi e mesi. Non avevo nemmeno badato alle sue parole ‘sono incinta’ e ‘sto coso’.


Mi soffermai nell’ingresso e potei notare che nella casa non vi erano stati molti cambiamenti. Semplicemente erano scomparse tutte le foto che ci vedevano insieme, che erano molto poche dato che ci conoscevamo da sì e no tre anni.


Elisa mi raggiunse per poi invitarmi a sedermi sul divano, cosa che feci per poi essere subito seguita da lei, che si lasciò letteralmente cadere su di esso.


Rimanemmo in silenzio, lei che guardava la TV spenta con gli occhi fissi nel vuoto più assoluto e io che fissavo la sua pancia e pensavo è incinta, è davvero incinta, e lì dentro c’è un cuore che batte. Non riuscivo a crederci.


Lei si voltò verso di me, aprì la bocca e iniziò a parlare “senti, ho sbagliato. Non ci siamo più parlate e io dovevo dirtelo prima. Il problema è che l’ho scoperto anche io il giorno della festa! Non è una giustificazione… ero invidiosa di te perché stavi insieme a Roberto e il giorno della festa quando mi ero alzata per andare in bagno e sono stata via mezz’ora è stato perché mi ero accorta di non avere le mestruazioni da quasi due mesi ed ero praticamente immobilizzata. E poi il giorno dopo, all’uscita di scuola… ho parlato con Roberto e lui mi ha baciata, e… e sei arrivata tu e ci hai visti ma io ti giuro che te lo avrei detto subito! Ti volevo invitare a casa mia per pranzo e sapevo che l’avresti presa male comunque  ma non saresti stata così male e poi…” ma non le lasciai il tempo di finire.


“sta zitta un secondo. Hai detto… quasi due mesi? Vuol dire che è… è…” “quasi sette messi” “OH. PORCA. PUTTANA!!! Pensavo meno di sei!!! Partorirai fra due mesi e… e… maschio o femmina?” strillai incredula “maschio” io le saltai addosso per baciarla ma con quella pancia di mezzo non mi fu facile e dopo un po’ mi arresi.


“come te lo immagini?” chiesi. Sembrava una domanda strana, ma pensavo che qualche immagine se la sarebbe potuta fare nella mente. O almeno, io l’avrei fatto “uguale a Roberto in aspetto, biondo e con gli occhi azzurri, ma di carattere più simile a me. Solare, allegro, menefreghista, sfrontato, desideroso di indipendenza, stronzo, ma anche gentile, spontaneo e romantico” sorrisi a sentire come si descriveva, per poi rendermi conto che anche io l’avrei rappresentata così.


Soprattutto menefreghista, sfrontata, stronza e spontanea.


“come lo vuoi chiamare?” dissi felice. Lei mi guardò raggiante e disse serenamente “Filippo”.


Cazzo… lei non lo sapeva, lei non poteva averne alcuna idea. Non ci sentivamo da sei mesi, non sapeva cosa mi era successo. Non aveva saputo più niente di me. Sapeva che un giorno di ottobre Matteo era scomparso e quando a dicembre era tornato io uscivo con lui ed ero la sua ragazza, ma lei non sapeva niente di Filippo. Non sapeva niente di quel mese, di tutto quello che mi era successo.


“cosa c’è? Non ti piace il nome? Se vuoi lo cambio, il tuo parere per me è molto importante” disse notando la mia triste smorfia di dolore “no… è che… Filippo… no niente. Tu non puoi saperlo… è una storia vecchia… è successa ad ottobre, niente di che” dissi triste.


Cadde di colpo il silenzio intanto che io sentivo il suo sguardo sul mio volto. Tenni gli occhi bassi sul motivo strano del tappeto del soggiorno di casa sua. “vuoi raccontarmela?” mi chiese.


Io finalmente staccai lo sguardo dal tappeto e iniziai a raccontare quella storia che più di una volta mi fece venire le lacrime agli occhi.


Quando ebbi finito Elisa mi stritolò tra le sue braccia continuando a sussurrarmi nell’orecchio “scusami, non volevo, io non lo sapevo” la lasciai fare per un po’, poi le dissi “non ti devi preoccupare, è storia passata” “se vuoi cambio il nome” disse lei guardandomi negli occhi “no… Filippo mi piace… poi se sarà biondo con gli occhi azzurri, almeno qualcosa mi ricorderà lui” dissi sorridendo.


Passò ancora qualche istante di silenzio, poi lei disse in modo serio “senti… io e Roberto stiamo insieme, e io sono incinta… dovrei dirti una cosa” .


Io la guardai nel modo più serio possibile e quando fu certa della mia attenzione, mi disse “bè… Roberto mi ha chiesto… cioè… ecco… mi ha fatto la proposta…” “… DI MATRIMONIO!” urlai io ridendo, pensando che non voleva dire quello.


Mi ci volle un po’ di tempo per notare che non stava ridendo. Oh… forse non era uno scherzo. Tornai subito seria.


“no… non dirmi che…” dissi io incredula “sì invece… e non è tutto” mi disse sorridendomi. Cosa sorrideva a fare? Un attimo… non era tutto… cosa poteva esserci in più?


Aspettai in silenzio che iniziasse a parlare “vuoi farmi da damigella?” chiese come se avesse paura della mia risposta. E faceva bene.


“CERTO CHE SI!!!!!! Ma cosa pensi? Che tu farei andare all’altare da sola?! E dopo chi ti ricorderebbe tutte le tue figuracce?” dissi ridendo, alzandomi in piedi, saltando sul divano di casa sua e urlando. Probabilmente quel bambino sarebbe nato sordo.


“okokok, adesso basta! Calmati!!!” disse lei. Io mi rimisi ubbidiente al mio posto incrociando le gambe, le scarpe sul divano, i gomiti pure e la testa appoggiata sui palmi delle mani intanto che la guardavo.


“e se non fosse un maschio? Se fosse femmina?” chiesi. Lei mi guardò e iniziò a sorridere “speravo che me lo chiedessi” “su cosa aspetti?! P  - A - R - L - A !!!” strillai io.


“pensavo di chiamarla…” fece un pausa e guardandomi mi sorride. La odiavo quando mi faceva aspettare apposta. “su… come la chiami?!” dissi nervosa.


“be… che ne dici di… Angela?” disse. Il mio cuore perse un battito. Non ci credo… Angela. Sorrisi come una scema. L’abbracciai. O forse fu lei ad abbracciare me… in qualsiasi caso, ci abbracciamo.


“grazie grazie grazie” dissi con le lacrime che mi scendevano sulle guance. Era tanto, troppo tempo che non sentivo quel nome. Tre anni per l’esattezza.


Non ci credo… Angela. Angela Angela Angela. Mi venne da sorridere. Avrei sentito di nuovo il suo nome… il nome di mia mamma. Angela.


I miei pensieri furono interrotti dal suonare del campanello. Elisa fece per alzarsi ma la bloccai “tu stai ferma lì, vado io” le sorrisi e mi alzai dal divano.


Quando andai ad aprire mi trovai davanti un Roberto solare come non mai, il cui sorriso si spense subito appena mi vide.


“Claire” sussurrò. Io lo guardai e gli sorrisi felice. “è tutto ok… è tutto ok…” gli dissi. Lui entrò di corsa nella casa e mi sollevò da terra abbracciandomi “grazie di tutto… mi sei mancata” sussurrò tra i miei capelli.


Mi staccai e gli dissi “la tua sposa è di là che pensa ai nomi per il bambino o bambina.” Lui mi9 guardò, sorrise ed entrò in casa intanto che io chiudevo la porta.




Ehiiiiiiiii!!! Eccomi di nuovo qui! Sono di fretta, quindi I’m so sorry ma sarà uno spazio autrice abbastanza corto. Scusate per il ritardo ma sono stata via e non sono riuscita a scrivere. Scusate per eventuali errori di ortografia. Grazie a RebelVampire che tiene la mia storia tra le preferite, a JuOn e RiiiccccioLilli che tengono la mia storia nelle seguite, a RiccioLilli che ha ricominciato a recensire e a, più importante di tutte, contro corrente, che recensisce sempre e che mi scalda il cuore! Grazie mille a tutte! Spero che il capitolo vi piaccia, adesso devo andare.
un bacione da Mara.
P.S. consiglio come sempre le storie di RiccioLilli, Egg_s, Dark angel xX.

Buona epifania a tutte!!!

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Capitolo 6
*** are you ready?! GO! ***


Capitolo 6

are you ready?! GO!


Quando arrivai in soggiorno Roberto ed Elisa si stavano già baciando e non si accorsero nemmeno di me. Io in silenzio presi un cuscino dalla poltrona e glielo gettai addosso.


Loro spaventati si staccarono di botto.

Che bambini… “ehi, io sono qua per fare pace, non voglio guardare un porno, chiaro? Sono ancora minorenne” risi lasciandomi cadere sulla poltrona.

Loro arrossirono ma continuarono a tenersi per mano. E non mi dava affatto fastidio.

“okok… Claire non mi avevi detto che stavate scegliendo il nome?” disse Roberto “oh, è vero! Posso prendere il tuo PC portatile Eli?” chiesi io e senza aspettare la minima risposta mi alzai e andai in camera sua. Poco dopo tornai con il computer in mano.

“scusa ma a cosa cavolo ti serve il computer?” chiese Elisa “bè, il nome è una cosa importante, così ho deciso che potremmo cercarne uno con un bel significato. No?” Elisa e Roberto annuirono entusiasti all’idea.

Alla fine della giornata non avevamo concluso niente. Filippo voleva dire amante dei cavalli e venne scartato in partenza. Non volendo ricorrere in altri fraintendimenti con nomi maschili ci buttammo sui nomi femminili, anche se il bambino sarebbe stato un maschio. Angela era un idea stupenda, voleva dire messaggera, ma nessuno di noi era veramente convinto. Altre opzioni erano Giorgia, cantante preferita di Elisa, che però venne scartata dato che significava contadina. Provammo con Amanda che voleva dire “degna di essere amata” e venne messa nei ‘forse’. Anche Catherine non era una brutta idea ma voleva dire “pura” e dato che assomigliava più ad una presa in giro nei confronti di Elisa, venne accantonata. Ultima possibilità consisteva in Diana, che voleva dire “divina, splendente”. Elisa la trovò un’ idea ‘splendida’ come disse lei.

Che simpatica la mia amica Lillina bella! Mi fa proprio sbellicare dalle risate. Ah. Ah. Ah. Ok basta. Roberto rise alla sua battuta tanto per farla contenta, ma anche Elisa aveva capito che il suo senso dell’umorismo non era migliorato. Come se non bastasse , nell’aria c’era ancora della leggera tensione, sia per la paura di far andare di nuovo tutto male che per il bambino in arrivo.

Finalmente decidemmo di guardare a dei nomi maschili. OSAI a cercare i nomi che Elisa e Roberto mi suggerivano. Stefano era carino, ma voleva dire “corona” e il significato non piaceva ad Elisa. Kevin era bello e voleva dire “fine, gentile”. Poi Elisa e Roberto iniziarono a discutere perché secondo lui Kevin era un nome da femminuccia mentre Kevan era molto più figo. Io iniziai a godermi le loro discussioni ridendo e tifando per Elisa anche se di nascosto davo ragione a Roberto.

“ti dico che Kevan è più figo! Ho letto da qualche parte che era il nome Egizio di Saturno, l’immensità dell’universo… altro che le tue smancerie di gentilezza e finezza!” “immensità dell’universo? Che c’è vuoi un figlio formato extra large?!” disse Elisa seriamente arrabbiata. Ok, la cosa iniziava a peggiorare. “ragazzi state calmi, deciderete al momento, ok? Poi magari troviamo altri nomi! Adesso dobbiamo parlare di un’altra cosa, moooolto più interessante…”

Elisa aveva già capito di cosa si trattava mentre Roberto era visibilmente confuso. “il matrimonio!!” strillai io saltando in piedi. Per poco non feci cadere il PC. Roberto arrossì. Ok… non voleva parlare di questo… lo avrei costretto.

“oh andiamo! Ne voglio parlare!!!” dissi frignando come una bambina. Elisa sorrise maliziosa. Voleva avere la rivincita su Roberto a tutti i costi… era proprio la mia migliore amica stronza. Sorrisi a quel pensiero.

Passammo il resto del giorno a parlare di abiti, confetti, anelli, chiese, luna di miele, abitini per bambini, damigelle (TRA CUI IOOOOOO!!!), preti, menù e invitati. Volevano fare una cosa in semplice: si sarebbero sposati in una chiesa vicina, avrebbero invitato solo degli amici e i loro famigliari e anche i vestiti erano molto semplici. Erano comunque stupendi, ovvio, li avevamo scelti assieme.

quando decisi che era abbastanza tardi mi alzai dal divano, presi la giacca e la borsa e mi diressi all’ingresso accompagnata da Roberto, contro le proteste di Elisa che voleva alzarsi per salutarmi. Ovviamente l’avevamo zittita in fretta in due modi diversi. Io le scompigliai i capelli mentre Roberto la baciò.

Mi diressi all’ingresso e una volta fuori mi soffermai a salutare Elisa dal marciapiede, dato che le tende leggermente scostate mi permettevano di vedere dentro al soggiorno di casa sua.

Presi il cellulare e memorizzai il numero di Christian in rubrica, per poi chiamarlo. Anche solo per parlare con qualcuno e non tornare a casa a piedi. “pronto” rispose lui “ciao, sono Claire. È il mio taxista privato che parla?” lo sentii ridere dall’altro capo “che vuoi ragazzina?” disse cercando di offendermi “un passaggio a casa. Puoi?” “certo che posso, ma in macchina ho già il mio fratellino e non voglio un altro bambino urlante” “io sono femmina. bambinA” “lo so ma sareste un maschio e una femmina, quindi si dice al maschile. Studia bimba, non saltare le lezioni a scuola.” “boh, non ne sono così sicura, va be… comunque se dici che sono una bambina è tua responsabilità riportarmi a casa” dissi imitando la voce di una bambina di sei anni “ok, ti vengo a prendere in macchina, ma se ti abbandono hai lati di una strada è colpa tu, ok? Dove caz… dove sei?” disse trattenendo una parolaccia “davanti alla scuola di danza. Grazie” dissi e misi subito giù prima che lui potesse aggiungere qualcosa.

Troppo facile.

Dopo un po’ di tempo la macchina di Christian parcheggiò davanti alla scuola di danza e io salii nei sedili posteriori perché davanti c’era suo fratello di dieci anni, che, se avevo capito bene, si chiamava Lorenzo.

“graaaziiiiieeee!” dissi rivolta a Christian. “sta zitta va. Prima devo portare mio fratello a casa” “così te ne stai da solo con la tua ragazza?” lo interruppe per l’appunto Lorenzo “lei non è la mia ragazza, la conosco a malapena” “però le dai un passaggio a casa in macchina” “perché siamo amici” rispose scocciato Christian partendo “ma se la conosci a malapena?” “la conosco ok? E siamo solo amici” urlò infine. Io stavo crepando dal ridere “sisì… tanto lo dico lo stesso a mamma e papà che hai una fidanzata” “oh mamma mia, no! Ti prego! Mamma e papà no!” rispose Christian prendendo in giro suo fratello e staccando pericolosamente le macchine dal volante “LA MACCHINA!” urlai io giusto in tempo “uhm… sì, è meglio che le mani le tengo al volante” rispose lui grattandosi la leggera barba con fare dubbioso “magari… se no la tua ragazza muore” “non è la mia ragazza! Ha… quanti anni hai in meno di me Claire?” mi chiese.

“non ne ho idea, se non so quanti anni hai te. Comunque ho sedici anni” “ok… non è la mia ragazza, ha sei anni in meno!” disse Christian rivolgendosi a suo fratello e lui non replicò continuando a guardare fuori dal finestrino con aria pensierosa. Io intanto ridevo sotto i baffi.
Christian mi guardò molto male.
Parcheggiò la macchina vicino al marciapiede, davanti a casa mia. Lo ringraziai, salutai suo fratello e mi incamminai verso casa. Adesso avrei dovuto parlare con Cindy anche se non avevo la minima idea di cosa risponderle. Poi un’altra cosa mi venne in mente che mi fece rabbrividire. Domani sarei dovuta andare alla lezione di danza, ma sarei anche tornata a scuola. E scuola voleva dire Matteo.
Scaccia quei pensieri dalla testa e, con calma, entrai in casa.

 


ECCOMINONSONOMORTANONESULTATEANCORA! Sì, sono viva purtroppo, ma non per molto. Sì, sono consapevole di aver aggiornato… un bel po’ di tempo fa… ma sono dovuta partire e poi con il ritorno a scuola ho avuto otto verifiche in due settimane, senza parlare di interrogazioni e recuperare tutti i compiti che non avevo fatto durante le vacanze (praticamente tutti) e, come se non bastasse, ho avuto una crisi personale e una crisi di ispirazione, infatti questo capitolo fa a dir poco schifo. Dato che non voglio prendere più insulti di quanti già ne riceverò finisco con ringraziare controcorrente, RiccioLilli, JuOn e RebelVampire che tengono la mia storia in preferite/seguite o la recensiscono. Un bacione da Mara

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Capitolo 7
*** and the answer is... ***


Capitolo 7

And the answer is…


Entrai in casa preoccupata cercando di non farmi sentire o vedere da nessuno. Non avevo la minima idea di cosa rispondere a Cindy in caso mi avesse rifatto la domanda, e non volevo passare per una menefreghista.
Purtroppo per me lei mi stava aspettando e si accorse subito della mia presenza in casa, forse anche perché avevo rovesciato il portaombrelli.
“ciao” mi disse con un sorriso a trentadue denti sulle labbra appena mi vide “ciao” risposi io cercando di sistemare il portaombrelli, piena di imbarazzo.
“come va?” “bene tu?” “bene dai… stavo preparando la cena, stai con noi stasera?” io annuii poco convinta ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, nemmeno stessi per andare in guerra…

Salii in camera a cambiarmi per aspettare che la cena fosse pronta e quando Cindy mi chiamò scesi a cenare con il resto della famiglia. Ci sedemmo attorno al tavolo come ai vecchi tempi, quando Maria non era ancora nata, non c’erano pensieri o problemi, avevo ancora dodici anni. E andava tutto bene. Prima anche di conoscere Matteo. Prima che Cindy e Michael si sposassero.

Una volta Matteo era venuto da noi a cena… non si comportava ancora da stronzo. Era gentile, dolce, tenero, premuroso, attento in tutto… mi amava. Mi ricordo che quella serata, per certi versi, era stata catastrofica.


-flash back-


Matteo era arrivato puntuale a casa mia, avevo aperto io la porta e lo avevo presentato a Michael e Cindy, Maria era in  soggiorno che guardava la sua amata (ma da me odiata) peppa pig. Io e Matteo eravamo andati in soggiorno e avevamo iniziato a parlare, Maria si era lamentata perché non sentiva peppa e Cindy l’aveva difesa, seguita a ruota da Michael. E io avevo sofferto in silenzio, di nuovo.

Non avevo fatto notare niente, ma poi era arrivato il momento della cena. Avevamo iniziato a parlare con Cindy e Michael. Matteo era sembrato da subito un bravo ragazzo ed era in sintonia con mio papà, si assomigliavano molto, solo che Matteo ERA meglio.

E poi era successo il guaio. Per cena c’era una misera pasta al pomodoro, unica cosa che Cindy era in grado di cucinare, e Maria, quella stronzetta di bambina, mi aveva il pomodoro addosso intanto che iniziavo a sparecchiare, Cindy , Michael e Matteo erano andati in salotto e non avevano visto niente e io avevo tirato una sberla leggera, un buffetto va, a Maria e lei si era messa a piangere, nemmeno le avessi sparato. Cindy era corsa in cucina e mi aveva vista sporca di pomodoro, e Maria stava ancora piangendo. Adesso, un persona normale avrebbe capito, ma una ‘Cindy’ non ne era in grado. Come sempre capitava, mi cacciò in camera mia. Dato che ero davvero incazzata per la figura di merda con Matteo, prima di uscire dalla cucina gettai a Cindy la pasta sulle tette. Dovevo immortalare la sua faccia, anzi, avrei dovuto fare un video! La sua reazione era impagabile. Prese un tovagliolo e iniziò a pulirsi e io, dato che amavo le uscite in grande stile, le dissi ‘magari ti pulisce Michael, come faceva quando hai concepito sta stronzetta o quando tradiva mia mamma con te’. Lei si bloccò di scatto e riuscii a scappare in camera mia prima di poter sentire le sue urla.

In camera mia mi cambiai la maglietta e sentii qualcuno bussare. ‘avanti’ dissi ed entrò Matteo che mi guardava con un’aria mista a confusione, consapevolezza e immenso divertimento.

‘allora… Cindy è in cucina che si pulisce le tette con un tovagliolo e tuo papà insiste nel volerla aiutare. Inoltre Maria sta piangendo, c’è una confusione pazzesca e se la tua sorellastra saprebbe parlare starebbe bestemmiando come tuo papà e Cindy’ disse e io annuii, facendogli così segno di continuare ‘uhm… fammi pensare… che hai fatto?’ mi chiese ridendo. ‘quella stronza della mia sorellastra mi ha tirato la pasta e io le ho dato un buffetto. Cindy non mi ha creduta e mi ha mandata in camera mia, così io mi sono vendicata’. Sorrisi malignamente a quel pensiero. Lui si mise a ridere e avvicinandosi a me mi abbracciò. Dopo un po’ si sedette sul mio letto e mi fece segno di fare lo stesso, accanto a lui. Io lo feci e lui mi circondò le spalle con un braccio. Passammo il resto della serata a ridere e parlare, più che altro a prendere in giro la mia ‘famiglia’. Anche se ormai era più una famiglia adottiva.


-fine flash back-


Era così bello stare con Matteo… prima che diventasse così, ovvio. Non era sempre stato uno stronzo, ma non sapevo nemmeno cosa era stato a farlo cambiare. Una volta mi aveva persino detto che mi avrebbe voluto sposare. Era stato così tenero, mi erano venute le lacrime agli occhi dall’emozione.


Fui strappata dai miei pensieri quando Cindy mi mise davanti agli occhi un piatto di pasta al pomodoro. Che novità, non era cambiato niente in pratica. In tavola regnava il silenzio. “allora… ci hai pensato Claire?” mi chiese Cindy e la pasta mia andò di traverso. “sì…” “e…?” “non so. Ci sono rimasta male. Posso raccontarti tutto dal mio punto di vista o preferisci di no?” chiesi “fai pure” “ecco, mi hai delusa. All’inizio andava tutto bene poi è nata Maria e sono diventata un mobile, ero insignificante per tutti.
Cazzo siete, anche se non esattamente, la mia famiglia! Piano a piano ho iniziato a distaccarmi, e voi non ve ne siete minimamente preoccupati! Non riuscite nemmeno a capire se sto bene o male. Cindy ti giuro che proverò a riallacciare i legami, ma ci sarà sempre una crepa, una cicatrice. Non puoi chiedermi di dimenticare. Posso andare avanti, ma non dimenticare. E se qualche volta vi devo mandare a tutti a fanculo, non ho problemi a farlo, come non ho problemi ad accettare le conseguenze”.


Cindy era rimasta zitta tutto il tempo insieme a Michael e io ero finalmente riuscita a dire tutto quello che pensavo. “c… c-cla… Clai… Claire…” io mi girai verso Cindy, ma lei guardava sbalordita un punto davanti a se. Mi girai verso Michael. Mi stava guardando, ma fece di no con la testa. Allora mi girai verso… no. Nonono. Non poteva essere! NO! Maria! Non poteva essere… nooooo! Mi stava guardando concentrata e poi si allargò in un sorriso quando notò la mia attenzione. Aveva detto la sua PRIMA parola! Che l’inferno possa iniziare… la prima parola, di tante. Già era fastidiosa quando non parlava, non pensiamo ora!


Poi realizzai quello che era successo davvero. Aveva detto la sua prima parola… il mio nome! E mi aveva SORRISO! Incredibile, davvero… incredibile!
Io le sorrisi a mia volta estremamente felice. Ok, era una vera cazzata che si fosse risolto tutto così facilmente, ma anche io mi meritavo un po’ di felicità, no? Evidentemente no.

Finita cena sparecchiai e diedi una mano a Cindy a lavare i piatti. Salii in camera mia e mi gettai esausta sul letto. Presi il cellulare e notai che avevo ricevuto 134 messaggi di whatsapp. 110 erano stati inviati sul gruppo di whatsapp della mia classe e, come sempre, li ignorai. 14 erano del gruppo di whatsapp che avevo creato con delle mie amiche di danza ed erano 5 foto relative al lago dei cigni e 9 commenti. 8 messaggi da parte di Ines. Dicevano:

-ciao
-cm va?
-tt ok?
-xk nn risp?
-sarai impegnata
-vero è ora d cena
-c sentiamo
-ciao

Non poteva scrivere tutto in unico messaggio quell’idiota?!

Ce n’era uno da parte di Chris

-ciao Claire! Cm va? Volevo sapere solo questo perché dopo ieri sera… sai… va be, ci sentiamo dopo ok, di sicuro starai cenando a quest’ora. Rispondimi appena puoi. Ciao


Adesso mi chiedo, Ines mi scrive 8 messaggi per non dirmi niente e poi arriva Chris che con un messaggio riesce a dirmi tutto. Cosa c’entrano insieme quei due, non ne ho la minima idea. Ancora un messaggio da… Matteo. Leggo.

-ciao tesoro, cm va? Tt ok? Doma t devo parlare, c sentiamo. Notte

Rabbrividisco. Tutto mi torna in mente. O almeno, mi torna in mente che me la sarei dovuta vedere non solo con il ricominciare le lezioni di danza, ma anche con Matteo. Cosa gli avrei detto? Come avrebbe reagito? Cosa doveva dirmi? Mi faceva venire il mal di testa! A volte mi trattava come una prostituta, a volte come un oggetto. A volte invece ero amore, tesoro, cucciola, pasticcina, patatina, dolcetto, zuccherino, e così via. Del tipo da diabete! Sarei morta, ne ero più che certa!
Spensi il cellulare e mi preparai per andare a letto. Nel giro di poco mi addormentai pensando a cosa avrei detto a Matteo.


 

RIECCOMI! NON SONO ANCORA FUORI TEMPO MASSIMO! Spero di non aver aggiornato troppo tardi, sto cercando di scrivere più in fretta. Parto dicendo che questo capitolo non mi piace più di tanto, anche se penso che sia accettabile. Spero che a voi possa paicere, anche se ho fatto tutto troppo facile. Be, adesso siete contente? Ho fatto un po’ di capitoli abbastanza belli e felici, dal prossimo ricomincia la sfiga! Hip hip! Hurrààààààà!!! Ok, la smetto. Ringrazio JuOn, RiccioLilli, RebelVampire e controcorrente che tengono tra le preferite/seguite la mia storia e che recensiscono! Grazie mille ragazze!!! Vi consiglio la storia di RiccioLilli “don’t wanna be without you”, le storie di Dark Angel xX e le storie di Egg_s in particolare “just a game” perché mi sono affezionata tantissimo a quella storia anche se lei non leggerà mai quello che ho appena scritto… va be.
Adesso vado, un bacione
Da Mara

p.s. mi è venuto in mente il finale della storia perfetto e dovete ringraziare solo RiccioLilli e delle mie amiche di instagram XD il bello è che loro non lo sanno nemmeno e RiccioLilli non ha la minima idea di come sarà il finale
vado davvero adesso, così prendo meno pomodori XD

un bacione da Mara (di nuovo)

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Capitolo 8
*** questione difficile ***


Capitolo 8

Questione difficile


La mattina seguente venni svegliata da Cindy “Claire… sono le sette, devi alzarti per andare a scuola…” disse lei. Io mugugnai qualcosa di incomprensibile ma dopo un po’ mi alzai, lasciando il caldo e comodo rifugio delle mie coperte. Scesi in cucina, feci colazione di corsa, andai in bagno, mi cambiai e mi preparai per la scuola. Quando ebbi finito scesi in soggiorno e… erano le sette e dieci. Ma cosa…? “ti sei svegliata alle sette, perché hai fatto tutto di corsa?” mi chiese Cindy “faccio sempre tutto di corsa” risposi io. Allora mi sedetti sul divano e presi un libro di fisica per ripassare la lezione. Strano, non aprivo un libro da non so quanto tempo… la sera precedente non mi ricordavo nemmeno quali e dove erano i libri che dovevo mettere in cartella.

Dopo mezz’ora misi apposto i libri ma… Maria! Mi aveva rubato il libro di latino e stava mordicchiando la copertina! “brutta peste!” urlai inseguendola per prendere il libro. Glielo rubai ti mano, asciugai la saliva nel tessuto del divano, facendo l’indifferente, e lo misi in cartella. Maria scoppiò a piangere “oh… ma stai un po’ zitta” sussurrai. Wow… le cose non erano cambiate per niente. Ottimo.

Ovviamente quando Maria iniziò a piangere arrivò anche Cindy. Ovviamente io le spiegai quello che era davvero successo. Ovviamente lei disse “Maria smettila, stavolta ha ragione Claire”. Ovviamente io… un secondo.  Che?! Cosa aveva detto Cindy?!  Lei… lei… mi aveva… mi aveva davvero difesa?


Non potevo assolutamente crederci. Fu lei a riscuotermi dai miei pensieri “Claire sei pronta? Ti devo portare a scuola” “ok, arrivo” dissi prendendo lo zaino e andando in macchina. Cindy partì e in cinque minuti arrivammo a scuola. Io scesi dall’auto e la salutai. Mi diressi subito verso Elisa e Roberto che si stavano baciando. Non vedevo l’ora di interromperli. Loro non mi avevano notata, così mi avvicinai all’orecchio di Roberto e urlai “CIAO!” lui balzò in aria spaventatissimo. Avrebbe avuto la pressione alta per un bel po’ di tempo. Quando capì quello che era successo e che ero stata io, mi guardò molto male, così come Elisa. Io scoppia a ridere. Amavo la mia capacità di scoppiare a ridere dei momenti più inopportuni, ma a volte rompeva il cazzo. Dopo un po’ anche loro si misero a ridere e al suono della campanella entrammo a scuola. Io mi diressi nella mia aula e loro si separarono da me per andare in quinta. Non riuscivo a credere che l’anno successivo avrei potuto non vederli più. Loro sarebbero andati all’università, avrebbero conosciuto nuove persone e… va be, non dovevo pensarci.



Entrai in classe e mi misi al solito primo banco, pronta per seguire la lezione. Avrei dovuto recuperare molto, anche se ovviamente non sarei riuscita a passare l’anno. Il che un po’ mi dispiaceva, dato che avrei voluto davvero passare per provare l’ammissione alla scuola di danza della Scala. Be ci avrei potuto, anzi avrei DOVUTO provare ugualmente… e infatti ci provai. In quel momento decisi che mi sarei impegnata, anche solo per uscire con un misero sei. Appena entrò la professoressa la classe la salutò, io compresa. La profe si sorprese.


Dopo un po’ iniziò a spiegare e io prestai molta attenzione. Capii solo metà delle cose che diceva, ma ovviamente avrei dovuto recuperare tutto. Dopo quelle due ore di algebra di cui ne capii solo una, avremmo avuto francese, arte e, finalmente, italiano.


Preparai sul banco il libro di francese e attesi che l’insegnante entrasse in classe. Prima che ciò potesse essere possibile, venni però chiamata dall’insegnante di algebra. Uscii dalla classe e in quel momento entrò l’insegnante di francese. Guardò me e poi la Manni (la professoressa di algebra), per poi lasciarmi uscire.


Dopo un po’ la Manni iniziò a parlare “Crisalba, finalmente è a scuola con la testa! Ho visto che ha prestato attenzione alla lezione, finalmente. È successo  qualcosa?” “non si preoccupi professoressa adesso è tutto ok” dissi io, non capendo dove volesse arrivare “ecco, vede… è come se lei sia stata assente per quattro mesi, semplicemente è venuta a scuola” io annuii senza capire davvero e lei andò avanti “è dura. Molto dura. Ma i voti, la condotta, le medie… è scontato che dovrà ripetere l’anno” disse infine.



Quello fu il colpo finale. Era ovvio. Mi aveva appena detto che non avrei superato l’anno. Avrei dovuto ripetere tutto. Di nuovo. Con nuovi compagni di classe e gente che non conoscevo.


Per mia fortuna non era finita lì “comunque sia…” continuò la Manni “ sei sempre stata una ragazza… uhm… come dire… passabile. Non sei il genio della classe, ma metti sempre impegno in ciò che fai. Sappiamo che è stato un periodo difficile, forse la tua è stata una reazione un po’ esagerata, ma, noi professoresse che, detto tra me e te, ai vostri occhi sembriamo le stronze di turno, in realtà siamo qui anche per aiutarvi” io non avevo detto niente e continuai ad annuire. La prof mi guardo per un po’ e poi aggiunse, indecisa se parlare o no “senti Claire… sono girate delle strane voci… io non so se sono vere o no…” io alzai lo sguardo e la fissai negli occhi “…c-che voci…?” chiesi titubante “…riguardano te e… Matteo…” disse. Io abbassai lo sguardo, quando il ricordo della conversazione che avrei dovuto tenere con lui mi balenò in mente. Ci fu un istante in cui le mie forze e la mia sicurezza vennero meno “Matteo è il mio fidanzato… che c’è di male…?” dissi titubante “be, ecco Claire…” “mi scusi ma si tratta della mia vita privata, adesso se non le dispiace vorrei seguire la lezione di francese” e così dicendo aprii la porta dell’aula e andai al mio posto. Qualche banco più in là, Matteo mi guardava preoccupato.


Anche l’ultima lezione, quella di italiano, finì e io ce la misi tutta per impiegare il più tempo possibile nel rifare la cartella. Mi avvicinai anche alla prof per chiederle una spiegazione, pur di far passare il tempo.


Ma non servì. Matteo mi aspettava fuori dalla porta. Uscii dalla classe, gli sorrisi e feci per andarmene, ma lui mi prese per un braccio, e guardandomi serio disse “ehi, bentornata a scuola. Che hai?” “n-niente…” dissi io incerta “dai Claire… parla…” era preoccupato, ma sembrava anche tenero…? Naaaah… impossibile. “senti Matteo… dobbiamo parlare…” dissi, un po’ più sicura delle mie capacità. Lui abbassò lo sguardo. Aveva capito tutto. “mmh…” disse tenendo lo sguardo basso. Quando si accorse che non continuavo alzò gli occhi e mi guardò, togliendomi circa il cinquanta per cento della mia sicurezza iniziale. “io… io… no-non… voglio… non voglio più… essere la t-ua… non voglio più essere la tua fidanzata…” dissi preoccupata della sua reazione. Lui abbassò di nuovo lo sguardo. Sembrava calmo, rilassato. Ma mi sbagliavo.
Aveva serrato la mascella e stringeva i pugni il più forte possibile, cercando di trattenersi. Nei corridoi non c’era più nessuno. Io indietreggiai di un passo, spaventata, pronta a scappare via di corsa. Lui se ne accorse e mi bloccò un polso. Mi guardò con gli occhi iniettati di sangue, uno sguardo che avrebbe potuto far tremare il terreno sotto i nostri piedi. “cosa credi di fare?” sussurrò evidentemente arrabbiato. Io non risposi “vuoi scappare? Be, cara, non puoi!” disse. Io stavo tremando dalla paura. Mi spinse contro il muro. Ero in trappola “pensi davvero di poter venire da me e dirmi certe cose? Lo pensi davvero?! Be apri gli occhi! Questa vita non ci da una scelta, e dovresti essermi grata, perché io te ne ho data una! Potevi scegliere se stare con me o continuare a piangerti addosso! Ho cercato di trattarti meglio e penso che tu te ne sia accorta!” era vero. Ci aveva provato a trattarmi meglio. Se voleva qualcosa da me, me lo chiedeva. Mi aveva anche fatto il regalo di Natale, quel giorno al centro commerciale. Ma io non lo amavo, e questo lui non voleva capirlo. Finalmente trovai il coraggio di parlare “sei… sei cambiato…” lui si bloccò. “cosa intendi?” disse freddo “ieri sera… io… mi è venuto in mente… ho ricordato… quando eri venuto a cena da me… due anni fa…” dissi abbassando lo sguardo. Lui disse freddo “sì, sono cambiato” “ma perché?! Cosa è successo?!” dissi io forse troppo forte, fissando i miei occhi nei suoi. Lui non rispose “Matteo, cosa ti è successo…?” dissi rischiando di scoppiare in lacrime. Lui stette zitto. Mi guardo. E se ne andò.


Lo fissai andare via, uscire dalla scuola. E io ero da sola in quel corridoi deserto, senza più riuscire a trattenere le lacrime.
E di nuovo scoppiai.

 



Ok, lo so. Sono una merda, è ufficiale. È passato più di un mese! Vi giuro so che mi merito bestemmie, insulti, ecc… ma vi prego no. Non fatelo. È un momento difficilissimo per me. Ho la scuola che mi opprime, quest’anno ho gli esami. Ho avuto molti problemi con delle amiche. Molte persone mi hanno fatta soffrire. Ho visto persone entrare nella mia vita, mi sono legata a loro, e poi sono sparite, nell’arco di una settimana. Sto malissimo. Ho anche avuto un problema con gli insegnanti e con la mia famiglia, perché hanno scoperto che mi taglio… mi dispiace tantissimo ragazze, è stato u n mese un po’ così… sì, mi taglio, ma da una depressa del cazzo come me, cosa vi potevate aspettare? Tutto… potevate aspettarvi tutto, ma non questo, e io ho un talento nel deludere le persone.
Mi sento malissimo.
Ringrazio tutte le persone che tengono la mia storia tra seguite/preferite/ricordate o che la recensiscono. Un particolare grazie a controcorrente e ha ricciolilli. Grazi eragazze. Grazie  anche hai lettori silenziosi, che hanno fatto andare il primo capitolo della mia prima storia “una vita sulle punte” (il prequel di questa) a 1000 visualizzazioni. Grazie mille, a tutti voi. Non sapete come mi rendete felice.
Adesso vado subito a scrivere il prossimo capitolo
Scusate ancora
Un bacione
Da Mara

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Capitolo 9
*** You Only Live Once ***


Capitolo 9

You Only Live Once


(il nome del capitolo non c'entra niente con il contenuto del capitolo in se. è semplicemente dedicato a voi, ragazze. non leggereta mai questa storia, nessuna di voi apparte RiccioLilli e, forse, AngelCruelty. volevo solo dedicarvi qualcosa per me importante, ovvero la mia scrittura. questo capitolo, questa storia, queste parole sono per voi e solo per voi. non dimenticatele mai, ok? questo è per voi amori miei!!! Amy, Riccio, Aly, Didy, Semmy, Ele, Cathe, Marika e Anna. siete la mia vita e questa storia non avrebbe senso senza di voi)
(scusate per la lunga parentesi, eventuali lettori/lettrici)


Sentii dei passi, prima lenti poi sempre più veloci, venire nella mia direzione. Ancora in lacrime alzai lo sguardo e vidi Elisa e Roberto corrermi incontro. Lui si fermò a qualche metro di distanza da me mentre lei mi abbracciò di slancio. Io la tenni stretta e… be, avete presente quella stupenda sensazione quando stai abbracciando qualcuno, e quel qualcuno ti stringe più forte? Ecco, è quello che provai. “cosa è successo? Chi è stato? Perché piangi quando? Alla fine delle lezioni? Da quanto tempo sei qui?” iniziò subito Elisa con le sue solite raffiche di domande. Roberto avanzò di un passo “Eli, lasciala respirare” disse. Elisa si staccò da me e fu il turno di Roberto ad abbracciarmi. Lui non disse niente. Ci staccammo.


“che è successo Claire?” chiese Elisa intanto che uscivamo dalla scuola “è stato… colui che penso…?” aggiunse Roberto stringendo i pugni. Elisa non capì. Io annuii “qualcuno mi spiega?” fa lei “Matteo” disse seccato Roberto, guardando arrabbiato un punto davanti a se. Sapevo a cosa stava pensando, sapevo cosa stava ricordando. Quel maledetto giorno, all’inizio della scuola. Quel maledetto giorno, prima che tutto finì. Quel maledetto giorno, durante il quale, mentre andavo a danza, quello stramaledetto idiota di Matteo, mi aveva… come dire… presa di mira, in un certo senso. Mi aveva baciata e mi aveva fatto male. Molto male. Ma non un male superficiale. Un male più profondo. Mi aveva colpita direttamente al cuore, e dentro di esso mi aveva intrappolata, chiudendomi in me stessa. L’ho chiamato bacio della morte. Mi aveva uccisa, e lo stesso aveva fatto Filippo circa un mese dopo.


Al mondo ci sono dei parassiti, degli animali brutti, schifosi, che salvano le loro prede, le proteggono. E poi le uccidono in modo spietato.
Ora, io non so se esistono davvero animali del genere, ma se così fosse Matteo e Filippo erano di questa specie. L’unica differenza era che a Matteo avevo rinunciato, mentre in Filippo ancora ci speravo. Capivo comunque che, ormai, speravo in troppe cose e troppo poche ne realizzavo.


Accompagnata a casa da Roberto, Elisa e da un silenzio palpabile, riuscii a trovare conforto in quelle parole non dette. Era il silenzio migliore di tutti, quello. Quel silenzio che trafigge il cuore, brucia le menti, corrode il corpo e racchiude (o rinchiude, dipende dai casi) l’anima. Perché è in questo momenti di silenzio che l’anima si rinchiude nel corpo, senza riuscire a sfogarsi, ed è sempre in questi momenti, in questo silenzio che si racchiude una parte dell’anima di ognuno.
Ripeto che penso troppo.


Arrivammo a casa e loro due se ne andarono, senza dimenticarsi di abbracciarmi prima.
Salii al piano superiore e in fretta mi preparai per danza, senza mangiare. Non avevo fame.
Dato che mi rimaneva tempo decisi di fare un po’ di stretching, tanto per riscaldarmi e non arrivare a lezione del tutto impreparata.
Provai qualche pliè e qualche grand pliè, notando con orrore di non riuscire più ad ottenere un perfetto en - dehors. Avrei dovuto esercitarmi parecchio.
Feci una piccola pausa e ne approfittai per guardare il cellulare. Notai che mi era arrivato un messaggio. Matteo.


Ehi baby, cm va? Spero che tu non sia triste. You Only Live Once, so live... maybe with me... -M


Non risposi.


Dopo un po’avvisai Cindy che sarei uscita per danza e mi diressi verso la scuola. Ero a dir poco agitata per ciò che mi aspettava, così iniziai ad immaginare cosa sarebbe successo. Immaginare in senso realistico, ovviamente.


Allora… al mio arrivo Cecilia sarebbe stata molto sorpresa, ma avrebbe fatto finta di niente. Mi avrebbe fatto un discorso in privato pochi secondi, poi sarebbe iniziata la lezione. Avrebbe prestata molta attenzione a me perché ero ovviamente la più indietro del gruppo. Mi avrebbe corretta non poche volte e avrebbe chiarito che non avrei comunque potuto partecipare al saggio di fine anno. A fine lezione mi avrebbe fermata e avremmo parlato più approfonditamente.


Eppure, quasi mi sorpresi quando accadde proprio ciò che pensavo…


-a fine lezione-


Uscii dall’aula di danza, dopo il lungo discorso di Cecilia, e ovviamente tutti se ne erano già andati. E ovviamente Chris e Ines mi stavano aspettando. E ovviamente stavano limonando fuori dalla porta degli spogliatoi. Io tossi per farmi notare e loro si staccarono imbarazzati. Io gli sorrisi ed entrai negli spogliatoi per cambiarmi.


Uscii poco dopo e loro erano ancora rossi in volto. In effetti quella situazione era scomoda, soprattutto per me. Forse per la prima volta, mi sentii di troppo. Inutile, sola. Prima, quando li avevo visti baciarsi, non so… era stato strano… più strano delle altre volte… diverso.
Ero… come si può dire… gelosa. Ecco, ero gelosa. Io ero sempre stata un po’ al centro delle attenzioni di tutti… quella nuova, quella che aveva perso la madre, la più brava della scuola di danza, quella con gli amici dell’ultimo anno, quella fidanzata e felice… ero sempre stata in mezzo a tutti, eppure quello che volevo non lo avevo mai ottenuto. Prima Matteo che forse non mi aveva mai amata davvero… poi Roberto, che stavamo insieme ma tanto per stare. E poi… lui… di nuovo quel lui… stop. Dovevo dimenticare. Dovevo dimenticarlo.


E ora vedevo Ines, che quello che voleva lo aveva trovato subito. Perché lei al primo tentativo e io no? Perché io dovevo soffrire sempre? Perché io trovavo sempre le persone sbagliate?


Non ne avevo idea. Sapevo solo che quello che volevo, che io avevo sempre cercato, e che nonostante avessi sofferto e mi fossi impegnata non avevo ancora ottenuto, quel sentimento di pace, di stare bene con il mondo perché hai qualcuno al tuo fianco, ora era di Ines. E non mio, nonostante fosse l’unica cosa che sognavo.


Cercai di pensare ad altro. Cercai di non pensare che quel sentimento io l’avevo provato, con quel lui. Cercai di non pensare che io lo avevo già ottenuto quel sentimento di pace, ma che poi lo avevo perso. Ma soprattutto, cercai di non pensare al fatto che quella che provavo non era gelosia, ma nostalgia. Una fottuta nostalgia di quel lui che forse non avevo nemmeno mai avuto.


Ines mi riportò in fretta alla vita reale “ehi cushiola, che hai oggi? Sembri triste…” io sfoderai uno dei miei sorrisi migliori e risposi “sto bene, non preoccupatevi… stasera non posso uscire, devo tornare a casa. Salutatemi Frank”. Dopo di che me ne andai. Sentii i loro occhi addosso per un tratto di strada, poi girai l’angolo e mi allontanai cercando di non pensare a niente.

Volevo solo tornare a casa

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Dopo qualche minuto arrivai di fronte a casa mia. Rimasi ferma a fissare la porta per qualche istante, prima di decidermi ad entrare.
Stavo per salire in camera mia quando la voce di Cindy mi fermò “ehi Claire! Sei tornata!” io mi fermai “ciao Cindy. Sono distrutta, vado a farmi una doccia e poi scendo per cena” “sisi, volevo solo dirti che prima è passato un ragazzo che ti cercava”. Io, che stavo per poggiare il piede sul primo gradino della scala che portava al piano superiore, mi bloccai e stupita chiesi a Cindy “r-ragazzo… che ragazzo?” “quel tuo compagno di classe, è stato anche il tuo fidanzato! Come si chiamava… cavolo… Ma… Marco…? No… Matteo! Ecco!!! Si chiamava Matteo!” disse. Io la fissai. “e… e co-cosa vo-leva…?” “ti cercava, diceva che aveva bisogno di parlarti… sai, è davvero un ragazzo carino! Quando è arrivato ho notato subito che aveva un pacchetto in mano e dopo ho scoperto che era un regalo per te! Non è dolce? Si è ricordato del tuo compleanno!”. L’avevo seguita attentamente in ogni parola, ma l’ultima mi fece sobbalzare. “co-compleanno?” chiesi “certo sciocca!” disse Cindy ridendo, per poi proseguire “ non ti ricordi? Sabato è il tuo compleanno! Ma dove sei con la testa, mi chiedo a volte…” abbassò lo sguardo e ridendo tornò in cucina. Io la seguii. Prese un pacchetto dalla mensola e me lo porse “ecco, scusa ma non sono riuscita a non curiosare… è stupenda devi indossarla subito!” disse. Io sempre più curiosa aprii il pacchetto e scoprii che si trattava di una collana argento, molto semplice, con un unico ciondolo formato da due ‘C’ brillantinate. Era stato davvero un bel pensiero, ma… perché non me lo aveva portato a scuola?


Non ne avevo la minima idea. “cosa doveva dirmi?” chiesi a Cindy. Lei prese la collana e si mise dietro di me. Io spostai i capelli di lato e lei, concentrata a mettermi la collana, rispose “uhm… non so esattamente… l’ho sentito balbettare a bassa voce qualcosa di simile a ‘mi dispiace’, ‘ho sbagliato’, ‘storia lunga’ e ‘ cocciuta come un mulo’. Sinceramente non ho capito, tu sai cos…” ma non la sentii finire la frase.


Corsi in camera mia con una furia strana, della quale nemmeno io capivo l’origine. Volevo fare tutto a pezzi. La vita l’avevo sempre vista come un foglio di carta, sulla quale viene fatto un disegno. Il destino, ecco cosa è il disegno. Per fare un disegno ci vuole molto tempo, spesso ci sono molte imprecisioni. Ma con la gomma si può cancellare tutto. A volte, però, si colora fuori dai margini. E non si può rimediare a quello. E ti viene voglia di strapparlo, il foglio, in mille pezzi. E prenderne uno nuovo e ricominciare. Ma, semplicemente, non si può.

E nemmeno io, in quell’istante potevo. Non si può mai.

Ero esausta. Stanca di tutto. Non mi cambiai, non cenai, non feci niente. Mi limitai a rimanere sdraiata a pancia in giù sul letto, e ad addormentarmi.


Stanca. Semplicemente esausta.

 


Ehi ehi ehi!!! Ok sarò breve perché vi ho già rotto le palle abbastanza con la mia merda, quindi vado perché stavolta non prendo solo i pomodori ma anche altro (es. bottiglie di vetro, cacche di cani, tanta merda, ecc…) (dite la verità, vi ho appena fatto la lista della spesa, vero?)
Be, spero che il capitolo possa piacervi (ridicolo). Spero di non aver aggiornato troppo tardi. Purtroppo ho una brutta notizia: i miei genitori hanno messo una password al computer e non me la vogliono dire, di conseguenza potrò usarlo solo la sera quando ci sono o vogliono loro, quindi non riuscirò a scrivere molto di frequente. Mi dispiace molto. Vado subito a scrivere il nuovo capitolo, ok?
Grazie a chi tiene le mie storie nelle preferite/ricordate/seguite, a chi recensisce, a tutti i lettori silenziosi e in modo particolare a minnybelieve, RiccioLilli e controcorrente.
Grazie mille ragazze, questa storia esiste grazie a voi!

Un bacione da Mara

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Capitolo 10
*** we escape this town ***


Capitolo 10
We escape this town

 
We start running, running,
we escape this town
we don’t know where we’re going
‘til we turn up
(light me up – Birdy)
 
Aprii stancamente gli occhi e una forte luce li investì, costringendomi a richiuderli istantaneamente. Passarono uno o due minuti prima che potessi abituarmi.
Svogliatamente mi alzai dal letto e mi diressi verso la cucina per fare colazione. Mangiai qualcosa al volo e solo dopo mi accorsi che in casa non c’era nessuno. Chiamai papà e Cindy finché non notai un biglietto attaccato alla porta d’ingresso
 

Io e tua madre Cindy siamo dovuti uscire. Tu vai a scuola. A pranzo non ci siamo. Ti ho lasciato dei soldi sul tavolo della cucina, se vuoi esci.
-papà
 

Quella cancellatura mi fece sentire un’orribile fitta al petto, ma ci passai sopra.

Mi preparai per la scuola, mi truccai e misi la collanina che mi aveva regalato Matteo. Uscii di casa e andai alla fermata dell’autobus.

Arrivata a scuola andai subito in cerca di Elisa e Roberto, ma non trovandoli andai a cercare Matteo, per ringraziarlo del regalo. Cazzo non ricordavo nemmeno quando era il suo compleanno… ah giusto! Il 23 maggio! Che botta di culo…
 

Dopo qualche minuto di ricerche mi arresi ed entrai a scuola da sola. In quel momento, senza nessuno al mio fianco, la massa di gente che andava in tutte le direzioni sembrava più oppressiva.

È brutto non avere nessuno… anche strano, per me che ho quasi sempre avuto qualcuno al mio fianco.

La prima cosa che mi chiesi, quando arrivai in classe, era dove potesse essere finito Matteo e cosa dovesse dirmi di così importante da venire persino a casa mia.
 
Lui non c’era.
 

Non sapevo perché, ma ero stranamente preoccupata.
La profe non era ancora arrivata. Cercando di non farmi notare uscii di corsa dalla classe e superai la sorveglianza dei bidelli e uscendo da scuola.
Non sapevo cosa stavo facendo, ne perché. Mi avevano vista tutti entrare a scuola. Tutti si sarebbero accorti che mancavo. Eppure non mi importava. Stavo scappando. Da cosa non lo sapevo. Perché non lo sapevo. O forse sì. Stavo cercando una delle mie migliori amiche e il suo fidanzato, ovvio… forse… o forse non avevo ancora capito che stavo cercando il MIO fidanzato… non impossibile, io stavo cercando Elisa e Roberto.
Anche se forse erano solo malati entrambi, o avevano avuto impegni, o erano arrivati in ritardo a scuola…


Ormai non ero più sicura come prima riguardo alla mia fuga, ma di sicuro non sarei potuta ritornare a scuola. Il danno era fatto.
Non sapevo nemmeno dove cominciare a cercare. Feci la prima cosa che mi venne in mente e mi incamminai verso il liceo classico, lontano dal linguistico cui ero iscritta. Classico, per me, voleva dire Ines e Chris.
 

Per fortuna non era molto lontano dall’istituto e arrivai nel giro di un quarto d’ora. Avevo comunque programmato di chiedere a mio padre il motorino, dato che il patentino ce l’avevo già.
 
Entrai nell’istituto cercando non dare nell’occhio, per quanto potesse passare inosservata una ragazza di sedici anni che vaga per una scuola a cui non appartiene con almeno venti minuti di ritardo…
 

Mi avviai verso la segreteria “buongiorno” dissi ad una bidella che svogliatamente si girò verso di me, per poi guardarmi incuriosita “salve, posso fare qualcosa per lei…?” mi chiese “ehm… io avrei bisogno di parlare con una ragazza… Ines Isposito, della classe…” mi sforzai di ricordare “ terza F, mi sembra…” risposi poi sorridendo gentilmente alla signora “vado a chiamargliela subito…signorina?” “Clarissa Crisalba” mi affrettai a rispondere. La signora diede un’occhiata rapida all’elenco degli alunni della classe terza F, mi guardò con aria diffidente e si incamminò, lasciandomi da sola nel grande atrio.
 

Ines’ pov
 

Quella brutta stronza della Breda mi aveva appena chiamato per l’interrogazione di inglese. Era ufficiale, mi odiava. Essere interrogati va bene, ma tre volte di fila sempre la stessa persone NO! E che cazzo…
Mi alzai dalla mia sedia svogliatamente quando qualcuno bussò alla porta della nostra classe. “avanti” disse la professoressa e la porta si aprì mostrando la figura della bidella “c’è la signorina Ines Isposito?” chiese “sono io” mi affrettai a rispondere, con un misto di stupore e paura “nell’atrio c’è la signorina… Clarissa Crisalba, che la sta aspettando. Dice che deve parlarle” i miei occhi si spalancarono stupefatti. Mi voltai velocemente per guardare Chris qualche banco dietro di me. La sua espressione era possibilmente confusa tanto quanto la mia.

Mi voltai verso la Breda e chiesi “posso andare?” lei con aria riluttante annuì e io uscii dalla classe in fretta e furia.
La bidella mi guidò verso l’atrio nonostante conoscessi la strada. Quando arrivai scorsi subito la figura dai capelli rossi che poteva appartenere solo alla mia Claire. Mi misi a correre nella sua direzione, contro le deboli proteste della bidella e delle sue raccomandazioni di non fare rumore.
Inutile dire che non la cagai nemmeno.

Subito mi concentrai su Claire “che hai?! Perché sei qui? Cosa devi dirmi? Non hai scuola? Ovvio che hai scuola, ma perché non sei in classe? Un secondo… ma il tuo istituto non è il mio! Come sei venuta qua?! Ah già un quarto d’ora piedi! Non dov…” dissi per poi interrompermi. La bidella mi guardava molto curiosa. Claire, invece, sembrava divertita. “non preoccuparti, ti devo parlare” disse come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Io la guardai intensamente aspettando che parlasse.
“oggi a scuola non c’erano ne Elisa e Roberto, ne Matteo… e non so perché ma ho un cattivo presentimento…” iniziò. Io non fiatai
“ieri sera, tornata da danza, Cindy mi ha detto che Matteo era passato da casa mia e che doveva parlarmi… mi aveva anche lasciato un regalo per il mio compleanno! Mi sono un po’ insospettita perché il mio compleanno è sabato, e oggi a scuola non l’ho trovato e, be… sono molto preoccupata…” disse. Io non sapevo cosa dire. Avevo come la sensazione di essermi persa qualcosa ma lasciai perdere. Dai suoi occhi traspariva un immenso bisogno di abbracci e io decisi di accontentarla senza fare domande. Avremmo chiarito un’altra volta.

La abbracciai tenendola stretta il più possibile a me. dopo un po’ ci staccammo “cosa hai intenzione di fare?” le chiesi. Lei abbassò lo sguardo. Non aveva nemmeno uno stracco di idea “hai provato a scrivergli…?” sussurrai io. Lei alzò la testa di scatto e si mise una mano sulla bocca per non urlare. Come aveva fatto a non pensarci?
Che sbadata che era…

“senti… io ora devo andare in classe se no mi sgozza la profe… dopo mi racconti le tue scoperte okay?” lei annuì.
Io l’abbracciai un ultima volta e mi incamminai verso la mia classe. Non vedevo l’ora che arrivasse l’intervallo per poter informare Chris.
 

Claire’s pov


Ringraziai la bidella per la sua disponibilità ed uscii dall’istituto quasi correndo. Presi il cellulare e dalla fretta per poco non mi cadde di mano. Con le mani che tremavano lo accesi e mi sedetti su una panchina, rannicchiandomi con le gambe e le ginocchia attaccate al busto. Fissai il display aspettando che si caricassero le varie notifiche.
La schermata di blocco non era niente di particolare. Una semplice foto con me, Elisa, Ines e Anna che ci tenevamo a braccetto per strada.
L’avevamo scattata l’estate scorsa. Avevamo costretto Roberto, Chris, Daniele (il fidanzato di Anna) e alcuni nostri amici a portarci a fare shopping in centro. Li avevamo torturati quegli uomini, a forza di pareri e commenti su vestiti, tacchi, trucchi e smalti.

E loro, ovviamente, avevano massacrato noi con le loro inutili discussioni sul calcio per decidere se fosse meglio Milan o Inter. Io non vedevo nessuna differenza: sapevo che erano entrambe d i Milano, e questo mi bastava.
Sorrisi al ricordo di quella giornata.
Diedi una rapida occhiata alle notifiche.

Zero messaggi su whatsapp, una chiamata persa da Roberto, zero notifiche di facebook… come?! Una chiamata persa da Roberto?!
Agitata, composi il suo numero con il telefono tremolante tra le mani. Me lo portai alle orecchie preoccupata.
Uno squillo, due, tre… dopo un po’ mi rispose la segreteria telefonica.
Richiamai. Una, due, tre volte. Come sempre quando andavo in panico lasciavo almeno una decina e passa di chiamate perse.

Quando mi stavo per arrendere, finalmente, una voce maschile, alquanto stanca, rispose dall’altra parte del telefono. “Roberto!” quasi urlai “heey…” disse lui cercando di mostrare un minimo di entusiasmo nel sentire la mia voce “sono così felice di sentirti, perché non sei a scuola? Dove è Elisa? Sei malato? Siete malati? Dove sei…?” “Claire… Claire! Calmati!” disse “sono calma è solo che, be, insomma, ecco… uhm, sai, io… ero preoccupata, cioè…” “sono in ospedale, Claire.” Disse lui semplicemente.

Quelle quattro parole scossero profondamente il mio corpo. Contenevano un significato e non mi ci volle molto per capirlo. Non ero un genio ma nemmeno una ritardata. Ospedale voleva dire Elisa. Elisa voleva dire bambino/a. e questo bastò per farmi mettere a correre disperatamente verso l’ospedale.
 
 
EHI!!! Ok, eccomi di nuovo in ritardo!!! Yeeeeeeeeee… ok, no. Stavolta non ho scuse. Non avevo ispirazione. Ho praticamente buttato giù questa schifezza in un’oretta in seguito ad un improvviso attaccato di idee (?). Ora vado subito a scrivere il prossimo capitolo che è praticamente pronto. Ci sentiamo poi 
un bacione
Scusate ancora.
Ciao da Mara <3
P.S. lo so, lo so. fra un po in ospedale ci finiscomio, scusatemi davvero

 

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Capitolo 11
*** Lego house ***


Capitolo 11
Lego house

 
I’m gonna pick up the pieces,
And build a lego house
When things go wrong we can knock it down

(Ed Sheeran – Lego House)
(so che è una dedica strana, ma questo è per te Egg___S… e per tutto quello che mi hai fatto provare)
(per capire, guardate lo spazio autrice…)
(vi consiglion di leggere il capitolo accompagnandolo a questa canzone, se volete)

 

Claire pov

Arrivai nel giro di pochi minuti ed entrai come una furia. “posso aiutarla?” mi chiese preoccupata una signora, probabilmente una segretaria, da dietro un bancone. Io mi avvicinai di fretta “sì, sto cercando una ragazza… Elisa Ferrarelli, dovrebbe essere qua…” dissi.

La segretaria iniziò a cercare sul computer “oh, sì” disse guardandomi, per poi proseguire “è al terzo piano, sezione H, stanza 351” “grazie mille!” dissi avviandomi di corsa verso l’ascensore più vicino.

Iniziai a sbattere nervosamente un piede intanto che aspettavo l’arrivo dell’ascensore, evidentemente occupato.

Quando le porte si aprirono per poco non andai addosso ad un ragazzo biondo che mi sembrava di conoscere… “oddio!” urlai spaventata quando lo riconobbi “Roberto scusa! Mi hai fatto prendere un infarto!” dissi gettandomi far le sue braccia “cosa è successo?!” gli chiesi preoccupata. Lui si staccò da me e mi guardò tristemente. Poi, non riuscendo a tenere i suoi occhi fissi nei miei, abbassò lo sguardo e mi fece cenno di seguirlo.

Io entrai con lui in ascensore e i pochi secondi che impiagammo per arrivare al terzo piano sembrarono i più lunghi della mia vita.

Finalmente uscimmo e quasi mi sembrò di aver trattenuto il respiro tutto il tempo. Lui continuava a non parlarmi.

Camminammo in silenzio ed arrivammo alla stanza 351, indicata da un grande numero bianco sopra ad una porta verde. Roberto si fermò e mi indicò una specie di vetrata accanto alla porta chiusa da delle persiane che impedivano alla vista di vedere all’interno della stanza.

In silenzio mi avvicinai ad esse e cercai di sbirciare. Ciò che vidi, o che, meglio, riuscii a vedere, fu Elisa che dormiva, sdraiata su un lettino. Aveva delle specie di aghi e fili attaccati al corpo, ma non molti. Uno di questi era collegato ad un monitor e l’andamento regolare di quest’ultimo era l’unica cosa in grado di rassicurarmi.

Mi voltai verso Roberto con gli occhi spalancati “cosa è successo…?” chiesi a bassa voce “i-intanto che venivamo a scuola… ha… ha… ha a-vuto una specie di mancamento…” disse lui in preda a dei singhiozzi semi-trattenuti.

Io lo abbracciai e lo tenni stretto a me “n-non si sa ancora cosa sia s-s-successo… i me-dici stanno cercando di c-capire..” sussurrò quasi piangendo. “ehi, non preoccuparti, ti darò una mano” dissi prendendo il suo volto fra le mani.

“grazie…- disse lui – ma non lo merito, tu lo sai… anche io merito di soffrire…” io lo guardai confusa, non capendo dove voleva arrivare “è che… non ti ho ancora chiesto scusa… per quello che è successo ad inizio anno con Elisa… non immagino nemmeno come tu sia stata male… ti ho lasciata sola con Matteo…” “non preoccuparti, ti capisco… non mi hai lasciata sola, chiaro? Ho incontrato F-Fil… Filippo…” dissi cercando di stare calma e non rattristarmi al suo ricordo “ma poi se n’è andato anche lui… e ora sei di nuovo sola con Matteo…” “Matteo è un ragazzo fantastico” mi affrettai a rispondere trattenendo le lacrime.

Roberto mi guardò negli occhi in silenzio e questa volta fui io ad abbassare lo sguardo. Mi prese il volto fra le mani e mi costrinse a guardarlo.

Lasciò la presa ma i suoi occhi si posarono sulla catenina che avevo al collo “bella la collana… nuova?” “sì… me l’ha regalata Matteo…” lui sembrò sorpreso.
Io abbassai lo sguardo, come se stessi per dire una cosa di cui mi vergognavo “sabato è il mio compleanno…” lui spalancò gli occhi e la bocca “oddio è vero!” disse battendosi una mano sulla fronte. Io cercai di sorridere senza riuscirci molto bene “scusa…” sussurrò lui abbracciandomi “fa niente…” risposi.

Lui si staccò da me e mi guardò negli occhi confuso “ma perché te l’ha regalata… quando?” “ieri” “perché te l’ha regalata ieri se il tuo compleanno è sabato?” io alzai le spalle “non ne ho idea” dissi e gli raccontai brevemente ciò che era successo la sera precedente. Lui annuì e disse “non ho capito un cazzo.” Sorridendomi confuso. Io scoppiai a ridere e lo abbracciai.

“scusate…” disse qualcuno dietro di me per attirare la nostra attenzione. Io e Roberto ci girammo in direzione di un dottore “salve” disse lui. Roberto subito si avvicinò a lui preoccupato “come sta…?” chiese impaziente “non si preoccupi, sta bene, è normale avere dei mancamenti o degli attimi di smarrimento in questo periodo della gravidanza. Deve solo riposarsi un po’ e interrompere le sue attività, ad esempio dovrebbe restare a casa dal lavoro e…” Roberto lo interruppe secco “diciotto anni. Ultimo anno di liceo. Non va al lavoro.” Disse. Il dottore deglutì a disagio e si affrettò ad aggiungere “nel senso, se fa anche dei lavori oltre alle ore scolastiche”. Io strinsi la mano di Roberto. Ovviamente non era facile, non lo sarebbe mai stato.

La gente lo accetterà come si fa con una morte lenta: prima ne sarà scioccata nonostante si sia preparata, poi, pian piano, inizierà ad abituarsi continuando però a provare una specie di repulsione nei suoi confronti, per sempre.

Roberto annuì “dovrebbe quindi interrompere gli studi…? All’ultimo anno?” chiese “sarebbe meglio” confermò il dottore, aggiungendo poi “per il bambino”. Roberto lo fissò e chiese “e lui… o lei… più probabilmente lui… come sta?” “sta bene, non si preoccupi. Come le ho già detto, è una cosa normale. Deve solo far si che…” “non si affatichi troppo, sisi ho capito” disse Roberto.
Io gli tirai un braccio e lo guardai male per fargli capire che aveva risposto in modo sgarbato. Lui mi guardò e alzò gli occhi al cielo. Gliele avrei volentieri date di santa ragione.
 
Il dottore finì di parlare e se ne andò. Io tornai a guardare Roberto “come va?” chiesi “non ne ho idea. So solo che è difficile… è tutto troppo difficile…” disse io cercai di confortarlo e lui mi ringraziò. Ci fu qualche attimo di silenzio imbarazzante e poi lui mi chiese “ma non dovresti essere a scuola?” “sono venuta qua perché mi sono allarmata, non ho fatto niente di male…” “ti ha vista qualcuno…?” io abbassai lo sguardo “circa… tutta la mia classe… ma non la profe e nemmeno i bidelli!” mi affrettai ad aggiungere. Lui alzò gli occhi al cielo ma decise di lasciare perdere, conoscendo il mio carattere testardo “e Matteo… ti ha vista…?” “…non era a scuola…” dissi ritornando a pensare a dove poteva essersi cacciato.

“anche lui? Lo stai influenzando in modo negativo, quel bravo ragazzo…” disse cercando di fare il serio, ma sul finale scoppiò a ridere insieme a me. Fece come per asciugarsi le lacrime agli occhi e sospirò divertito. “no davvero… ora però sono serio… sei sicura che sia tutto ok con lui…?” mi chiese “si Roberto, va tutto bene, non preoccuparti” “sì che mi preoccupo. Solo ieri pomeriggio piangevi per colpa sua… o tutte le altre volte…” disse stringendo i pugni. Io gli presi una mano e cercai di farlo calmare, per fargli capire che stavo bene.

Sentimmo qualcuno correre lungo il corridoio e ci voltammo in direzione delle urla. Ines impazzita correva come una matta e dietro di lei Chris faceva fatica a tenere il passo. Io li guardai stranita “e voi due che ci fate qui?” “li ho avvertiti io” disse subito Roberto “ok, fino a qua ci ero arrivata anche io, ma come avete fatto a uscire da scuola?” Ines mi guardò e fra le risate rispose “ho fatto finta di stare male, Chris mi ha accompagnata in infermeria, abbiamo chiamato i nostri genitori e gli abbiamo detto che una nostra amica stava per partorire! Sono venuti di corsa a lasciarci uscire da scuola e poi sono tornati a casa” disse per poi riprendere fiato.

Io non potei fare a meno di sorridere e abbracciarli entrambi “come sta…?” chiese Ines “abbastanza bene… non mi hanno ancora dato il permesso di entrare… comunque non preoccuparti, non sta per partorire” disse ridendo, anche se con un velo di tensione negli occhi.

Ines si avvicinò alla finestra che dava sulla stanza in cui riposava Elisa.

Rimanemmo li a parlare del più e del meno. Roberto era davvero agitato, si alzava ogni volta che passava un dottore. Dopo un po’ arrivo il tentativo giusto.
Un dottore si avvicino a noi e ci disse semplicemente che Elisa stava meglio e stava dormendo, ma che in ogni caso sarebbero potuti entrare solo i famigliari per ora.
Roberto era visibilmente confuso, infatti dopo mi si avvicinò e mi chiese “ma… io sono considerato suo parente?” io risi “vostro figlio non è ancora nato, ma penso che se dici di essere il futuro marito ti lasceranno entrare” lui, in preda ad una ‘crisi di gioia’ (o crisi isterica, è praticamente uguale in questo caso), mi abbracciò e per poco non mi fece cadere. Io risi ancora più forte e tutti i presenti nel corridoi ci guardarono male.
 
Ines prese il telefono e guardando un messaggio che le era arrivato spalancò gli occhi e lo fece leggere anche a Chris, che ebbe la stessa identica reazione. Si guardarono e poi fissarono uno sguardo preoccupato su di me “che c’è?” chiesi “niente!” dissero loro all’unisono “ora noi dobbiamo andare… meglio che troviamo una scusa da dire ai nostri per spiegare il perché la nostra amica non ha partorito… Roberto vieni o resti qua?” “io resto…” disse ma Ines non lo stava già più a sentire “ok, allora Claire vieni con noi o hai intenzione di tornare a scuola?  Mancano ancora due ore alla fine delle lezioni” “vengo anche io, ma mi fermo ancora un po’… voi andate…” dissi confusa. Lei mi guardò indecisa per poi annuire. Si voltò e, prendendo per mano Chris, si incamminò verso l’ascensore.

Io li osservai finchè le porte non si chiusero.

Mi voltai verso Roberto e gli sorrisi gentilmente “cosa c’è?” mi chiese lui “volevo solo salutarti, dato che non ho ben capito l’improvvisa fretta di Ines” ridemmo entrambi. Lo abbracciai per salutarlo lo avvertii di chiamarmi in caso che dovesse succedere qualcosa di nuova. Lui annuì e io me ne andai.

Roberto si sedette su una sedia della sala d’attesa vicino alla stanza di Elisa e scomparve dalla mia vista. Io iniziai a camminare verso l’ascensore intanto che mi guardavo in giro.


Ad un certo punto notai una persona seduta su una sedia nel corridoio.
No. Non poteva essere. Cosa ci faceva li?!
“M-Matteo…?” lui alzò lo sguardo nella mia direzione e spalancò gli occhi “Claire!” quasi urlò “cosa ci fai qua?” “Elisa è ricoverata qua e ho pensato di saltare scuola… e tu invece?!”. Lui abbassò lo sguardo e solo in quel momento notai che aveva gli occhi rossi di pianto. Mi sedetti su una sedia vuota accanto a lui e lo guardai “ehi… che succede?” “niente…” disse asciugandosi una lacrima. Vederlo piangere era… strano. Gli misi una mano sulla schiena per confortarlo. Lui alzò lo sguardo ma non lo puntò su di me. Fissò invece una porta davanti a noi. Mi alzai e andai ad una finestra li accanto. Guardai dentro e vidi una donna, abbastanza giovane, sdraiata su lettino e attaccata e delle flebo. Guardai meglio. Era… molto giovane “chi è…? Tua sorella…?” chiesi. Lui scosse la testa “mia mamma…” “è molto giovane…” ha trentatré anni…” feci un calcolo veloce. Diciotto anni… aveva diciotto anni quando era nato Matteo… e stava per succedere anche ad Elisa  “c-cosa è successo…?” chiesi. Lui sospirò “incidente d’auto… a fine ottobre… è in coma…” disse. Rabbrividii. Incidente d’auto… coma… no. non poteva accadere di nuovo. Non alla madre di una persona a cui tenevo.

Un secondo… io a lui, ci tenevo davvero…?

Forse sì… mi stavo affezionando di nuovo a lui… o forse, ora che eravamo vicini, sentivo di più quell’impronta che aveva lasciato in me due anni prima…
Comunque fosse, non volevo che capitasse a lui quello che era successo a me. Non doveva capitare a nessuno.

Mi avvicinai a lui e mi ci sedetti accanto. Cercai di distrarlo “grazie per il regalo, comunque…” dissi. Lui mi guardò e solo in quell’istante notò che indossavo al catena che mi aveva regalato. La prese tra due dita “ti sta benissimo” “è la collana che è stupenda” lo corressi. Lui ridacchiò.
Restammo in silenzio per un po’ “grazie per essere qui con me…” mi disse “perché, non dovrei?” “dopo tutto quello che ti ho fatto… e non dire, che non ti ho mai fatta stare male, che non hai mai pianto a causa mia… non dirlo…” “ero spaventata, Matteo… mi sono allontanata perché avevo paura” dissi abbassando la voce “paura di cosa… di me…?” sussurrò lui cercai di trattenere un ‘sì’.
“sei cambiato… molto… e in fretta…” dissi “potrai mai perdonarmi…?”. Restai in silenzio a riflettere sulla risposta.
“forse ti ho già perdonato… solo, tu cerca di non spaventarmi più di quanto io sia già…” lui annuì e mi abbracciò.

Era un abbraccio tenero, affettuoso. Uno di quelli rari, da parte sua. “sai che ti ho sempre voluto bene…” disse. io annuii e lo baciai “ti va di uscire e camminare un po’, magari prendere una boccata d’aria?” chiesi “okay” disse semplicemente lui ed entrammo in ascensore mano nella mano.

Arrivammo al piano terra ed uscimmo, con il sole di mezzo giorno addosso.

Iniziammo a percorrere la strada del centro del paese e parlammo un po’ del più e del meno, iniziando e riconoscere l’uno nelle parole dell’altro e viceversa. Era bello, dopo tutto questo tempo, tutti quei pianti, quelle sofferenze, quei momenti… era bello essere lì, vivi, ed essersi riscoperti.

Prendemmo un gelato: io croccandorla e menta (strana come al solito) e lui caffè. Spesi metà dei soldi che mi aveva dato mio padre e che mi sarebbero serviti per pranzo, ma fa niente. Ci avrei pensato poi.

Iniziammo a tornare indietro verso l’ospedale, dato che lui voleva a tutti i costi andare di nuovo a vedere se sua mamma stesse bene.

Eravamo praticamente davanti all’entrata quando riconobbi le figure di Ines e Chris. Ma non erano andati via?

Solo in quell’istante notai che erano in compagnia.

Una moto. Un casco. Dei capelli biondi. Me li ricordavo. Avrei mai potuto dimenticarli? Avrei mai potuto non riconoscerli? Penso proprio di no.

Era lui. Era per forza lui.

Si stava per girare, incuriosito ovviamente dall’improvviso irrigidimento di Ines, che mi aveva vista.

Feci la prima cosa che mi venne in mente. Mi voltai di scatto e baciai Matteo. Lui fu molto sorpreso ma non protestò, ricambiando poco dopo il bacio. Mi circondò la vita con le braccia e io misi le mie attorno al suo collo. Non ci staccammo. Rimanemmo uniti per un po’ di tempo. Quando lo lasciai andare non ebbi il coraggio di girarmi e rimasi stretta a lui abbracciandolo.


Matteo pov


Perché era tornato? Cosa ci faceva li? Mi aveva detto che se ne sarebbe andato, che avrebbe cercato di non farsi vedere… perché era lì, quel bastardo?! Era ovvio che lei lo aveva visto, ma perché aveva reagito così?
Forse… forse lui non le interessava più… e se le fossi interessato io, ora?
La strinsi ancora più forte, guardando dritto davanti a me, dritto verso di lui. E lui sapeva, lui aveva capito. Annuì, giusto per confermare i miei pensieri. Io sorrisi. Lui non faceva più parte della sua vita.
Ma allora perché sentivo il cuore di lei, battere così forte contro il mio?
 

Filippo pov


Faceva male, ma non ero più parte della sua vita.
Mi aveva visto. Mi avevano visto.
E ora, ora potevo solo andarmene da lì, senza lasciare più traccia di me.
 
SPAZIO MEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
Prima di tutto, voglio avvertire che il capitolo è stato scritto con questa canzone di sottofondo, di cui mi sono innamorata: ‘lego house – Ed Sheeran”
La adoro. Ecco il testo intero:
 
I'm gonna pick up the pieces, 
and build a lego house 
when things go wrong we can knock it down 

My three words have two meanings, 
there's one thing on my mind 
It's all for you 

And it's dark in a cold December, but I've got ya to keep me warm 
and if you're broke I'll mend ya and keep you sheltered from the storm that's raging on 

I'm out of touch, I'm out of love 
I'll pick you up when you're getting down 
and of all these things I've done I think I love you better now 

I'm out of sight, I'm out of mind 
I'll do it all for you in time 
And of all these things I've done I think I love you better now 

I'm gonna paint you by numbers 
and colour you in 
if things go right we can frame it, and put you on a wall 

And it's so hard to say it but I've been here before 
and I'll surrender up my heart 
and swap it for yours 

I'm out of touch, I'm out of love 
I'll pick you up when you're getting down 
and of all these things I've done I think I love you better now 

I'm out of sight, I'm out of mind 
I'll do it all for you in time 
And of all these things I've done I think I love you better now 

Don't hold me down 
I think my braces are breaking and it's more than I can take 

And if it's dark in a cold December, I've got ya to keep me warm 
and if you're broke I'll mend ya and keep you sheltered from the storm that's raging on 

I'm out of touch, I'm out of love 
I'll pick you up when you're getting down 
and of all these things I've done I think I love you better now 

I'm out of sight, I'm out of mind 
I'll do it all for you in time 
And of all these things I've done I think I love you better now


Bene, ora vi spiego il perché di questa dedica. Egg___s era la mia scrittrice preferita su EFP. Dico era perché ho scoperto in questi giorni che si è cancellata dal sito, e con se tutte le sue storie a cui tenevo moltissimo, essendo le prime che ho letto quando mi sono iscritta a settembre. Ero particolarmente legata (anche se indirettamente) a lei, alle sue storie e al suo modo di scrivere. Ho deciso di dedicare a lei questo capitolo perché per me è importante.
 

Ora, fine della commemorazione, passiamo al capitolo: è più lungo degli altri perché non volevo dividerlo in due parti facendo passare a Claire tre capitoli in ospedale *se no alla faccia della negatività: ti spari prima*.
Spero che vi sia piaciuto. Ok, se volete potete uccidermi, ma io trovo che Matteo e Claire siano troppo carini insieme, soprattutto ora che hanno chiarito! Secondo voi durerà? Uhm… sinceramente non ne ho idea, ma come ha detto uno scrittore del mio paese “quando crei un personaggio, questo non ti appartiene più: si anima. Magari un giorno esce di scena e poi vi ritorna, senza che tu abbia deciso niente”
Sono pienamente d’accordo, dato che mi è successo lo stesso con Filippo XD
Ve lo sareste mai aspettate? Io no, sinceramente XD
Filippo mi sta antipatico in un certo senso… ma vabbè.
Ci sono stati un po’ di colpi di scena e chiedo scusa a controcorrente e a RiccioLilli se si erano aspettate la nascita di una nuova vita (per RiccioLilli: ti avevo detto che ti avrei delusa riguardo al bambino <3)
Spero che vi sia piaciuto comunque.
L’ho scritto così lungo anche per farmi perdonare dei ritardi. Ora non so più cosa scrivere nel prossimo capitolo, anche se ho qualche idea. Vi avverto che NON SO QUANDO POSTERO’ DI NUOVO.
Ringrazio tutte quelle che leggono la mia storia, quelle che recensiscono e quelle che la tengono tra preferite/ricordate/seguite
Grazie a tutte, davvero!
Un grazie particolare a quegli amori di controcorrente e RiccioLilli, e anche a minnybelieve che sta pian piano leggendo tutta la mia storia dal primo capitolo di “una vita sulle punte”, arrivata al glorioso traguardo del capitolo 6 (XD) e che si incazzerà con me quando verrà a sapere che ho aggiornato (secondo lei dovrei smettere di aggiornare finché non smette di leggere… pft, come se i miei ritardi non bastano XD)
Ora, dopo lo spazio autrice più lungo di sempre, vi lascio
Grazie ancora a tutti/e
Al prossimo capitolo
Un bacione
Da Mara

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Capitolo 12
*** another love ***


Capitolo 12
Another love

 
So I use my voice, I’ll be so fucking rude
Words they always win, but I know I’ll lose
And I’ll sing a song, that will be just us
But I’ve said them all to another heart.

(Another love – Tom Odell)

(dedicato a chi delude e viene deluso dedicato a chi sa cosa è la delusione)
 
Filippo pov

Dopo dei minuti che sembrarono durare un eternità, si staccarono. Io mi voltai, anche se era inutile: mi avevano riconosciuto entrambi. Ines mi fece una specie di cronaca di ciò che avvenne dopo “si sono staccati, si prendono per mano, ora parlano... stanno per entrare, ora si baciano… ehm… lui entra e lei resta fuori e lo saluta con la mano, ora lei si volta… ha fatto un passo verso di noi! Adesso cammina… stai pronto… uhm, a quanto pare no… si è fermata… ora si è girata… se ne va… ha girato l’angolo….” Disse, rattristandosi sul finale.

Io abbassai lo sguardo… infondo, che cosa mi aspettavo?

“Filippo…?” mi chiese Ines “si?” “ora puoi spiegarci cosa ci fai qua?” io sospirai “non resterò a lungo… non preoccupatevi… prendo l’aereo stasera…” dissi. Ines e Chris mi guardarono in modo ancora più confuso “sono in Italia da due giorni… ho un parente malato e sono venuto a trovarlo…” mentii a metà. E loro ci credettero. “SEI QUA DA DUE GIORNI E NON CI HAI DETTO NIENTE?!” sclerò Ines contrariata “cioè, non proprio qua… ero in città e avevo questo parente malato, ma ora sta un po’ meglio e volevo venire a trovarvi…” lei sbuffò alzando gli occhi al cielo “potevi almeno avvertirci! Adesso cosa hai intenzione di fare emerito coglione?!” “cosa intendi?” dissi confuso dall’improvviso cambio di argomento “riguardo a Claire idiota. Cosa vuoi fare?” io abbassai lo sguardo “niente… lei è occupata… e anche io…” dissi cercando di non farmi sentire da Ines.

Evidentemente non ci riuscii, dato che lei spalancò gli occhi e fu solo grazie a Chris (che gli mise una mano sulla bocca) se non si mise ad urlare. Dopo un po’ si calmò e, cercando di non sclerare di nuovo, mi chiese “sei fidanzato…?!” io annuii, già pronto a tapparmi le orecchie in caso di bisogno.

Invece no, lei si pietrificò e mi guardò seriamente “ah.” Fu il suo unico commento.

Strano. MOLTO strano.

Dopo la mia rivelazione ritornammo a parlare normalmente, come se non avessi detto niente, anche se l’aria tra di noi mi sembrava più tesa, come se solidificata. Come un muro.
Non saprei come altro descriverla.
Forse non era l’aria ad essere cambiata… forse era qualcos’altro… peccato, che non me ne accorsi in quell’istante.

Dopo un po’ decisi che quello che doveva essere detto era stato detto. Salutai Chris e Ines, per poi salire in sella alla moto. Misi il casco e mi avviai verso casa di mio zio, che mi aveva ospitato in quei giorni, pronto a lasciarmi quel posto alle spalle.
 

Arrivai e, trovando la porta aperta, salii subito in camera mia. Presi la valigia che avevo preparato precedentemente e andai a salutare mio zio. Ero già fin troppo in ritardo e rischiavo di perdere l’aereo “grazie per avermela prestata… dovevo fare una cosa urgente…” dissi consegnandogli le chiavi della moto “certo… di niente”.
Salimmo in macchina e lui mi accompagnò in aeroporto. Non ci scambiammo una sola parola per tutto il viaggio.

“salutami tua madre, ok? E dille che se dovreste avere bisogno di me per il…” disse lui ma lo interruppi abbracciandolo. Lui mi strinse come per farmi forza. Sapeva come ci si sentiva a lasciare un posto amato. Ci staccammo e intanto che mi preparavo per il check in lo salutai con la mano. Lui si voltò e se ne andò.
 

Poche ore dopo

Uscii dall’aereoporto. Non era stato un viaggio molto lungo rispetto ad altri che avevo fatto, ma era stato certamente il più stressante. Continuavo a pensare a lei, e ai suoi capelli rossi, e ai suoi occhi… e al suo sorriso… sì, soprattutto il suo sorriso, e… no! Basta! Dovevo dimenticarla!

Lei era fidanzata con Matteo. Amava Matteo. Io, invece, stavo con… “Sophie!” dissi prendendo tra le braccia la ragazza che mi era corsa incontro senza che me ne accorgessi. Lasciai l’Italiano e iniziai a parlare con il mio corrente inglese. Odiavo quella lingua, per qualche strana ragione non riuscivo ad andarci d’accordo come con le altre.

“Amore! Mi sei mancato tantissimo!” disse lei “anche tu tesoro, benchè sia stato via solo tre giorni” dissi ridendo e baciandola. Sophie mi piaceva, davvero. Peccato non nel senso di fidanzata… più come migliore amica.

Ma quando, un giorno, si era avvicinata a me con le guance rosse e un sorriso timido, e mi aveva chiesto se mi andava di uscire con lei qualche volta, non avevo saputo resistere. Era la mia migliore amica ormai, la prima persona ad avermi parlato da quando ero arrivato in Inghilterra. Sapevo tutto di lei. Sapevo che era una persona stupenda, e mi bastava. E l’avevo baciata. E sinceramente, non me ne ero pentito… almeno fino a quando non avevo rivisto Claire. Mi era bastato vedere i suoi capelli rossi per capire di aver sbagliato tutto. Mi era bastato vedere lei abbracciata a Matteo…

Ma no, non potevo. Claire non mi voleva più, Sophie non mi avrebbe più parlato, e Matteo… be, con Matteo era tutto okay. C’era un patto. E non riguardava solo Claire.
 
Sophie era stupenda. Fantastica. I capelli castani, le lentiggini, gli occhi azzurri… sembrava la purezza, l’innocenza fatta persona. Il sorriso timido, le guance rosse da imbarazzata e tendenti al rosa in ogni istante… una ragazza così poteva innamorarsi di chiunque e essere ricambiata. Perché proprio io?

Ci staccammo e notai mia madre dietro di lei. Erano molto amiche e, stranamente, questa cosa non mi metteva per niente in imbarazzo. Mia madre mi sorrise ma io la fulminai con uno sguardo. Quando mi ricordai di cosa era successo, mi rabbuiai.

Entrammo in macchina diretti verso casa.

Quando arrivammo nemmeno me ne accorsi, tanto ero immerso nei miei pensieri.
Sophie se ne andò, capendo che ero in uno dei miei giorni strani e che dovevo essere lasciato per conto mio. Era un genio a capire certe cose, e di questo le ero grato.

Entrai in casa e andai dritto in camera mia a sistemare la valigia. Sentii mia mamma salire le scale, ma non volevo parlarle. Si appoggiò allo stipite della porta e io non mi degnai di guardarla. Perché avrei dovuto?

“come sta…” “bene” “non sai nemmeno a chi mi rivolgevo…” disse lei per difendersi “non lo so?! Ti riferivi allo zio, vero? A tuo fratello, vero? Non venirmi a dire che mi hai mandato in Italia perché un mio lontano parente è ricoverato in ospedale e tu vuoi sapere come sta! Non sai nemmeno il suo nome, di tuo cugino di terzo grado! Mi hai mandato in Italia per tuo fratello!” dissi.

Non ero bravo a trattenermi. Per niente. Ma in quel momento non mi importava. Per niente.

Lei abbassò lo sguardo dispiaciuta “Alessandro” dissi “si chiama Alessandro, tuo cugino di terzo grado. Ed è morto il giorno in cui sono arrivato. Sono rimasto in Italia per il funerale. E a tuo fratello ho avuto il tempo di dire tutto, se è di questo che ti preoccupi” Lei annuì. Si staccò dalla porta, entrò nella mia stanza e si mise a sistemare il contenuto della mia valigia.

Io la fermai “Non c’è bisogno che metti a posto. Tanto fra un po’ dovrò farla di nuovo. O sbaglio?” dissi acido. Lei lasciò cadere una mia maglietta per terra e mi guardò cercando di sembrare dura, ma lasciando trasparire tutta la sua debolezza.

Si avvicinò a me e mi disse “Lo faccio per te. Non pensare che io ne sia felice” la guardai arrabbiato ma restai in silenzio “perché fai così? Per Sophie… o per Claire?”.
A sentire quel nome i miei occhi si spalancarono e indietreggiai di un passo “non ti permettere” sussurrai coi denti stretti. Uscii dalla stanza continuando a fissarla, per poi voltarmi e sbattere la porta di casa dietro di me. Ero quasi certo di averla sentita sussurrare un debole ‘non farlo…’ ma non mi importava.
Andai in garage e presi la moto, senza nemmeno preoccuparmi di indossare il casco. Volevo sentire il vento in viso.

Iniziai ad andare sempre più veloce per le strade di Brighton, senza preoccuparmi del suono fastidioso dei clacson nelle orecchie.
Arrivai su King’s road che costeggiava la spiaggia e rallentai per godermi quello che rimaneva dei riflessi del sole sull’acqua. Quella sera non c’erano nuvole.
Non era per niente vero quello che si diceva dell’Inghilterra. Non pioveva sempre, pioveva tutti i giorni. Era diverso.

O almeno, era diverso nel sud dell’Inghilterra. Era diverso a Brighton. Era diverso su King’s road, la strada dei re. Era diverso al molo di Brighton, che ospitava la fiera. Lì, in quel piccolo posto che non mi apparteneva, era diverso. Era diverso lontano da Lei. Era diverso vicino a Lei. Era diversa Lei. Ma non dovevo pensarci.

Mi sedetti su una panchina vicino al molo. Si stava facendo sera e, nonostante fosse ancora inverno, molta gente, soprattutto bambini accompagnati dai genitori, si aggirava per il molo, vicino alle bancarelle oppure indicando le giostre sulle quali desideravano andare, spesso le più pericolose e severamente non permesse.
Tirai fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette, sorridendo scoprendomi a pensare di nuovo a lei. Mi ricordavo la scenata che le avevo fatto qualche giorno prima di andarmene per averla vista fumare. Voleva rovinarsi perché avevamo litigato… pensava che la tradissi con Ines solo perché avevo chiesto di ballare con lei…

No, io non amavo Ines, lei era solo un’amica… ma Claire, Claire non era solo un’amica. Il suo sorriso mi distraeva sempre, avrei di sicuro sbagliato dei passi per via della confusione nel mio cervello. Sarei sembrato un principiante in confronto a lei. Era bravissima, aveva talento… eppure dopo che me ne ero andato aveva smesso di vivere…

Come avevo potuto…? L’avevo ferita…

Comunque ora ero io a fumare, ed ero certo di non essere nel torto. Lei aveva una carriera, una splendida carriera davanti. Non si poteva rovinare nella danza.

Invece lì in Inghilterra, a Brighton, non c’era nessuna scuola di danza ad attirarmi…
O forse, non c’era nessuna scuola di danza con Claire...

Scacciai quel pensiero e sorrisi di nuovo a pensare quanto Sophie e Claire fossero diverse.

Non fumatrice e grande cogliona di una fumatrice. Pallavolista e danzatrice. Cameriera e disoccupata. Famiglia felice e… be… prototipo di famiglia. Sorriso normale e… be… sorriso di Claire…

Mi detti da solo qualche pizzicotto per non pensarci.

Ma se non pensavo a quello, pensavo ad altro. Ad esempio al fatto che fra un po’ avrei dovuto dire addio anche a Sophie. Al fatto che forse le avrei scritto una lettera. Al fatto che forse avrei usato la stessa scusa del mi-dispiace-ma-mi-ero-dimenticato-di-avvertirti. Lo stesso che avevo detto a Claire.
Ma non dovevo pensarci. Non dovevo pensare che mi sarei trasferito di nuovo. Che sarei andato in…
I miei pensieri furono interrotti da un bambino di circa sei anni che mi si era avvicinato e mi stava tirando per una manica. Non me ne ero accorto.

Con gli occhi cercai i suoi genitori ma non trovai nessuno che lo cercava o che lo rincorreva. Lui teneva ancora stretta la manica della mia felpa.

Presi la sigaretta con la mano e lo fissai negli occhi.
Lui me l’aprì e mi prese la sigaretta, buttandola a terra. Poi, con la voce più innocente che avessi mai sentito, mi disse “mamma e papà dicono che non si fa”. Io sorrisi e gli chiesi “e dove sono mamma e papà?” lui si girò e indicò una coppia che ci veniva incontro. Avevano massimo venticinque anni. Mi si strinse lo stomaco.
“e perché non sei da loro?” dissi cercando di sembrare tranquillo “saranno preoccupati” aggiunsi. Lui annuì e corse dai suoi genitori.

Li osservai da lontano. All’inizio sembravano molto preoccupati, poi il bambino si girò verso di me e mi indicò. I genitori mi guardarono e sorrisero gentili, come per ringraziarmi.

Poi si girarono e se ne andarono.
Anche io stavo sorridendo.

Mi alzai dalla panchina. Tirai fuori dalla tasca dei jeans le sigarette e ne accesi una.
Feci una piccola passeggiata sul molo.

Poco dopo tornai alla moto e mi decisi ad andare a casa. Ormai erano le undici e mia madre non sarebbe stata sveglia.
 
 
Okokok sono in ritardo DI NUOVO! Lo so!!! Ma vi prego perdonatemi! Esamiesamiesamiesamiesamiesamiesamiesamiesamiesami!!!! Mancano venti giorni agli esami!!! Oddio devo iniziare a studiare di più.
Non che sarò bocciata, sinceramente non credo di essere un’idiota, ho la media dell’8/9. Ma ci tengo a prendere più di mio fratello, e consiste nel passare col 9.
Pooooooiiii… il capitolo! È il mio preferito, lo adoro e spero che piaccia tanto anche a voi! Ho cercato di mettere un po’ di… come si dice? Mistero? Nah fa troppo da catastrofe… suspence? Nah fa troppo da reality show… be quella roba lì, avete capito! (spero)
 
Poi bè, primo capitolo interamente Filippo’s pov. Io tifo Matteo, ma Filippo è stato il primo… non ho idea di chi possa mettersi con Claire! Secondo voi chi sarà? Uff…
 
Avviso che proprio per problemi riguardanti:
-fine scuola
-verifiche
-esami (orale e scritti O_O)
-mancanza ispirazione

Non aggiornerò fino alla fine degli esami, quindi il 30 giugno massimo. Forse posterò ancora un capitolo ma non ne sono sicura. Butterò giù qualcosa nelle ore inutili di scuola, tipo tecnologia o religione, oppure nelle innumerevoli ore buche.
Ora ho danza quindi vi lascio di corsa
p.s. grazie mille a chi segue/ha nelle preferite o nelle ricordate/ recensisce/legge silenziosamente la mia storia, in particolare a RiccioLilli e controcorrente
un bacione
da Mara
<3
p.p.s. questa è Brighton (il molo e la spiaggia per lo più):

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Capitolo 13
*** perchèstoquafermaanonfareniente? ***


Capitolo 13
Perchèstoquafermaanonfareniente?

 

E non pensavi che da quell’attimo saresti stato
Quel che sei, tu sei, non sei più quel che eri un tempo
E ora sei quel che c’è di diverso da me
(Negramaro – sei)
 
 
 
COSE DA VERIFICARE SE LA VITA DIVENTA UN SOGNO
 
1)Discussione con Matteo
 
2)Casa in rovina
 
3)Cuscini in sezione circolare
 
4)Roberto ti tradisce con Elisa
 
5)Zerbino “welcome Gordon”
 
6)Ballerina de “il lago dei cigni”
 
7)Pioggia a catinelle
 
 
 
Rimasi qualche minuto a fissare quell’odioso punto 6.
Perché non era ancora diventato realtà? Di quella maledetta lista era l’unica cosa positiva, e tardava ad arrivare.
 
Forse dovevo aspettare ancora un po’… oh ma al diavolo! Ho aspettato quattro mesi! Probabilmente questa era solo una cazzata delle tante! Pensai.
 
Guardai l’orologio, ancora leggermente furiosa. Mi ero trovata in tasca quell’odioso foglietto e vedere che il punto 6 non era ancora stato cancellato mi aveva fatta arrabbiare non poco per non so quale ragione.
 
Mi preparai in fretta per danza, presi la borsa e scesi le scale. Salutai Cindy che però mi fermò “Claire!” “cosa?” chiesi “stasera vieni a casa a cena?” “non so, perché?” “bè, è giovedì: sabato è il tuo compleanno e mi interessava sapere cosa avevi in mente di fare come festa”
Cazzo. Il mio compleanno. Me ne ero completamente scordata!
 
“oh okay, allora penso di tornare per cena… al limite ti avviso, ma ora devo proprio andare” “certo, ciao, buona lezione!” “grazie” dissi uscendo di casa.
Mi incamminai a passo svelto e guardai incazzata i nuvoloni sopra la mia testa oh no, non provateci o vi uccido. Sì! Potrei uccidere delle nuvole da quanto sono incazzata quindi vedete di non provocarmi!
Iniziò a piovere appena entrata nella scuola di danza. Non mi ero bagnata. Ben per loro, li avrei risparmiati.
 
 
Mi sistemai ed andai in aula danza. Cercai Ines con lo sguardo ma non la trovai. Guardai Chris che mimò malata con le labbra. Io annuii per dirgli che avevo capito.
Cecilia entrò in aula e ci salutò “buongiorno ragazzi, scusate nuovamente il ritardo” disse mettendo un cd di musica classica nello stereo e alzando il volume della musica “scusate per il caos” disse. Nessuno di noi disse una parola. Cecilia era simpatica, tutti potevamo dire che fosse una nostra amica (io soprattutto) ma era comunque l’insegnante di danza e quello era uno di quei momenti in cui hai paura di parlare per il rischio sembrare troppo inadeguato, o non so bene come spiegarlo.
 
 
Dopo ancora un minuto, due massimo, la lezione iniziò e in tre quarti d’ora avevamo finito tutti gli esercizi al centro e alla sbarra. Ero davvero curiosa di vedere la coreografia. Nella scorsa lezione di danza non ero riuscita a vederla perché ci eravamo concentrati soprattutto sulla tecnica dato che, da quanto avevo capito, anche gli altri allievi non facevano lezione da una  settimana per via di alcuni imprevisti.
 
Cecilia mi indicò una sedia, facendomi cenno di sedermi per guardare la coreografia. Io feci cenno di no: preferivo restare in piedi. “allora ragazze, oggi Ines non c’è quindi qualcuno deve sostituirla… Nicole, fai te per stavolta. Ho fatto imparare i passi a tutte per ogni evenienza, quindi dovresti ricordarteli.” Nicole ha annuito e si è messa accanto a me insieme ad altre ragazze (n.d.a: nella prima parte del balletto non ci sono ancora i cigni).
 
 
La coreografia è iniziata ed ero davvero sorpresa dalla sua complicatezza, dalla sua bellezza e allo stesso tempo dalla bravura dei miei compagni nel metterla in pratica.
Alla fine del pezzo vi fu quello con i cigni e dopo riuscii anche a vedere l’abbozzo del pas-de-deux tra Siegfried e Odile.
Ero stata sostituita da quella gallina biondo tinta di Anne… che umiliazione…
 
Non era poi così incapace… ma ero comunque triste per non poter essere io.
L’ultima parte della lezione la passai ad osservare Cecilia e che spiegava i nuovi pezzi della coreografia.
 
Provarono un’ultima volta tutto e Anne in pratica sbavava dietro a Chris, anche se non ci ho fatto molto caso.
Certo, se avesse fatto qualcosa in più che semplicemente parlargli le avrei tirato un pugno.
 
 
Finita la lezione andai in camerino e mi sistemai in meno tempo del solito. All’uscita c’era Chris che mi aspettava “ehi” salutai “ehi” disse lui facendomi un cenno con la testa “che ha Ines?” “influenza… spero che si rimetta presto…” disse preoccupato.
Proprio in quel momento Anne comparve davanti a Chris “Ciao!” disse con voce squillante “ciao…” rispondemmo straniti io e Chris all’unisono. Ci fu qualche istante di silenzio in cui nessuno seppe cosa dire “ehm… sei davvero brava a ballare, Anne” disse Chris tanto per dire qualcosa “oh grazie, anche tu sei molte bravo!” rispose lei con il suo solito tono acuto e fastidioso “voi che fate ora? Uscite, andate da qualche parte, tornate a casa?” disse. Oddio quanto mi stava antipatica “dobbiamo tornare a casa” dissi acida. Presi Chris per un braccio e lo trascinai fuori intanto che Anne ci urlava “ciao ci sentiamo” intanto che si sbracciava per salutarci. Io le accennai uno svogliato cenno con la mano e trascinai Chris fino a svariate decine di metri di distanza dalla scuola.
 
 
“ehi, che ti prende?” “che mi prende?! Oddio hai visto come ti guardava quella lì? Chris tu sei fidanzato con Ines! Non hai davvero capito i suoi secondi fini? Voleva chiederti di uscire!” dissi esasperata dal fatto che lui non riuscisse a capire.
 
 
Mi guardò e si limitò ad alzare le spalle come per dire ‘e quindi?’. Mi voltai per evitare di guardarlo ed urlargli in faccia cose poco carine di cui mi sarei pentita subito. “uff… accompagnami a casa e limitati a stare zitto, coglione” dissi. Lui sorrise e si incamminò al mio fianco.
Seguì il mio consiglio e stette in silenzio tutto il tempo.
 
 
Purtroppo non tutto andò bene, dopo.
Arrivammo a casa mia e lo salutai con un cenno della mano prima di incamminarmi per il vialetto, ma lui me la prese, mi avvicinò a se e mi diede un veloce bacio a stampo.
 
 
E io ero lì tipo ‘ci vediamo domani chr- perché mi hai preso la mano? Perché mi avvicini a te? Perché sei così vicino? Perché mi hai baciata? OddioperchecazzomihaibaciataChris?okayquestoèstrano… e ora perché sorridi coglione? Un secondo tu mi hai appena baciata! Non ridere! Tu sei fidanzato con una delle mie migliori amiche stronzo! Perché non ti ho ancora tirato un pugno? Perché non riesco a muovermi? E ora dove cazzo vai bastardo? Ehi guarda che ti sento ridere! Sisi scappa! Perché non ti inseguo? Perché non sto facendo niente e sto ferma qui? Ah già perché sono troppo occupata a parlare con te nel mio cervello coglione’ e cose simili, tutto questo con gli occhi fuori dalle orbite e la faccia totalmente seria.
 
Lui si girò e sorridendo disse semplicemente “è stato un gesto puramente amichevole”.
Io questo lo uccido.
 
 
E invece sono rimasta lì incapace di muovermi per un’altra mezz’ora.
 
 
Ehiiiiiiiiiiiii, ok stavolta dico solo: grazie a tutti! (TUTTI COMPRESI) dato che non voglio distogliere nessuno dal finale. Almeno rimanete sbalorditi da quello e io non vi distraggo.
Un bacione da Mara
<3
 
Ecco qualche foto (non sono così stronza da lasciarvi sole con il finale XD)
 
Questa è Ines (Acacia Clark):

 
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Questa è Elisa (Amanda Seyfried):
 

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Questa è Anne (Elle Fanning):

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E questa è… Claire!!! (Emma Stone) (sì, lo so, Emma Stone ha 26 anni e Claire ne ha 16… infatti ho cercato foto di Emma Stone a 16 anni o comunque dove sembra un adolescente):
 
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Spero vi piacciano! Un bacione
Mara
<3
P.S. sono di fretta e non ho avuto modo di ricontrollare il capitolo, spero non ci siano troppi errori

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Capitolo 14
*** Lose Yourself ***


Capitol 14
Lose Yourself

 

Look if you had one shot, one opportunity,
To seize everything you ever wanted
One moment
Would you capture it or just let it slip?
(Eminem – Lose Yourself)
 

Salii in camera mia cercando di apparire normale e non sconvolta come una che è appena sopravvissuta alla fine del mondo.
Controllai il telefono e c’erano già svariati messaggi di Chris.

Non vi badai e andai subito a fare una doccia per rilassarmi.
Misi poi una canottiera e dei pantaloncini comodi, lasciando cadere  i capelli ancora umidi sulle spalle.
Guardai il telefono prima di scendere a cena.

A quanto pare, i messaggi di Chris si stavano moltiplicando.
C’era anche un messaggio di Matteo
Ehi tesoro, sei libera stasera? –M
Ehiii, scusa ma sono appena tornata da danza e sono sfinita. Ci sentiamo domani a scuola? –C
No vabbe, fa niente. Domani non sono a scuola –M
Perché dove vai? –C
Sai… ehm… -M
Oh… già… scusa… però alla mia festa sabato ci sei, vero?-C
Certo amore, come potrei mancare?! –M
Okay, ti voglio bene –C
Io di più <3 –M
 
Sorrisi debolmente. Adesso con Matteo sembrava andare tutto bene, ma era sempre così: ero come un cieco sulle montagne russe, mi divertivo e mi spaventavo senza mai riuscire a vedere quanto mancava al pezzo in salita o a quello in discesa. Non potevo sapere quando sarebbe potuto arrivare l’ennesimo scontro tra di noi e questo mi preoccupava, dato che già sapevo cosa era in grado di fare. Di farmi.
 

Scesi a cena con mio padre, Cindy e Maria. Stasera Michael aveva ordinato la pizza. Non era quella che si chiama svolta, ma era già un tentativo di non-essere-sepolti-dalla-pasta-al-sugo.
“Allora Claire, hai deciso cosa fare per il tuo compleanno?” mi chiese ad un certo punto Cindy “be… ecco… visto che compio diciassette anni… stavo pensando… di organizzare una cosa tra amici… in discoteca…?” dissi esitando sull’ultima parola. C’ero andata poche volte e mio papà non era mai stato molto contento ma mi aveva sempre lasciata andare, anche se era quando mi credeva ancora la ragazza migliore del mondo, brava a scuola, prossima étoile del Teatro della Scala: la figlia migliore del mondo.

Ultimamente le cose erano un po’cambiate, quindi non avevo la minima idea di quale potesse essere la sua reazione.

Come avevo sospettato, si irrigidì di colpo e strinse la forchetta e il coltello che aveva in mano. Prima che potesse dire qualcosa, Cindy intervenne “oh, andiamo Michael! Compie diciassette anni! È una cosa normalissima, per una sera, lasciarla andare in discoteca con gli amici. È anche il suo compleanno, tesoro… potrebbe essere il nostro regalo, no?” disse cercando di convincere mio padre. Lui restò impassibile per qualche secondo ma poi cedette.
 
Inutile dire che mi misi a saltellare come una matta per tutta la casa. Dopodiché tornai a tavola e riiniziai a mangiare “in che discoteca?” mi chiese Cindy “uhm… stavo pensando all’Edonè…” dissi. L’Edonè era un locale fuori città, ma non molto lontano. Ne avevo sentito parlare di recente: era stato appena aperto. Mio papà ovviamente non lo conosceva, e nemmeno Cindy, ma dato che lei annuì convinta lui non esitò nel darmi il suo consenso “certo, certo… chi hai intenzione di invitare?” “uhm… saremo io, Ines, Anna – la nostra vicina di casa, presente? – (n.d.a. non quella di danza. Quella è Anne. Sì, lo so, ci si può confondere) , forse Elisa – ma non ne sono sicura – , alcune amiche e amici di danza… saremo una quindicina o poco meno” dissi titubante.

Un nuovo pensiero mi aveva assalita e mi stava tormentando: avrei o non avrei invitato Chris? Non sapevo cosa sarebbe successo se gli avessi chiesto di venire, ma se avessi fatto il contrario di sicuro Ines si sarebbe insospettita, avrebbe scoperto qualcosa e lo avrebbe saputo anche Matteo, procurando un bell’occhio nero e qualche livido a Chris.
 

Non mi resta altra scelta pensai lo devo invitare…
 
“uhm, okay… tu vai pure a avvertire i tuoi amici” disse Cindy. Finii in fretta di mangiare e corsi in camera mia, tuffandomi sul letto e prendendo il cellulare per avvertire tutti. Lasciai il nome di Chris per ultimo ed esitai un po’ prima di iniziare a scrivergli un messaggio.

Ehi Chris, volevo chiederti se ti va di venire alla mia festa sabato sera all’Edonè. Avvisami se vieni –Cl
Ignorai tutti i messaggi che mi aveva scritto prima e feci finta che non fosse successo niente fra noi.
Certo che mi va di venire… sono perdonato? –Ch
No. –Cl
Dai perché no??? –Ch
Sei stato un’idiota. Tu stai con INES, la mia MIGLIORE AMICA e mi hai fatta incazzare –Cl
Allora perché posso venire alla tua festa?-Ch
Perché Ines si insospettirebbe e finirei litigandoci –Cl
Che drammatica… era solo un bacetto amichevole… –Ch
Sulla bocca –Cl
 

Non guardai nemmeno la sua risposta.
Decisi di cambiarmi di  nuovo, misi le scarpe e mi accertai di aver messo il telefono in tasca. Avevo bisogno d’aria.
 
“esco!” urlai dalla soglia della porta d’ingresso e me la chiusi alle spalle senza aspettare risposta. Mi misi a camminare sovrappensiero aumentando sempre di più il passo e ritrovandomi ben presto a correre. Non sapevo dove stavo andando e non mi importava, volevo solo correre il più veloce e il più lontano possibile.

uando fui sicura di essere da sola e in un posto dove nessuno mi avrebbe sentita, lanciai un urlo esasperato. Mi immaginai veramente di prendere quell’urlo e lanciarlo, con più forza possibile, fino alla finestra di chi mi aveva fatto meritare tutto quello che mi stava accadendo. Urlai fino a quando non sentii i miei polmoni svuotati di ogni forza, fino a quando anche respirare profondamente divenne difficile. Mi sedetti per terra e mi rannicchiai con le braccia al petto cercando di respirare, di pensare e di non piangere allo stesso tempo. Che, tanto per la cronaca, sembra facile ma non lo è.

Dopo qualche minuto mi alzai e mi allontanai da quel posto. Non avevo nemmeno capito dove ero andata a finire quando, dall’altro lato della strada, vidi un cartello che indicava l’ospedale nelle vicinanze. Senza pensarci due volte lo raggiunsi e andai direttamente nella stanza di Elisa. Dovevo parlarle, anche se non sapevo se ne avrei avuto il coraggio.

Sobbalzai quando sentii una mano sulla spalla. Mi voltai e vidi Roberto. “ehi” lo salutai “ehi… che hai?” mi chiese serio. All’inizio non capii ma poi mi accorsi di avere gli occhi velati di lacrime “niente” mi affrettai a rispondere “non è vero” mi disse. Capiva sempre quando mentivo. “cosa è successo?” chiese fermamente “Chris…” sussurrai. Lui mi guardò confuso, chiedendomi una spiegazione. Scossi leggermente la testa e mi affrettai a cambiare argomento “Elisa? Come sta?” chiesi. Lui lasciò correre “bene… vuoi entrare a vederla? Io sono appena uscito ma non penso si sia già addormentata” annuii e lui mi aprì la porta.

Elisa aveva gli occhi semiaperti ma catturai subito il suo sguardo “Claire…” sussurrò con un sorriso da bambina piccola a fior di labbra “Eli” dissi raggiante “come stai?” “oh bene, per quanto si possa star bene relegata in una camera d’ospedale, tu?” “sto bene, per quanto si possa star bene relegata nel mondo reale fuori da una camera d’ospedale” risi.
“vi lascio sole” disse Roberto chiudendosi la porta alle spalle. Mi sedetti accanto ad Elisa “come ti senti?” “stanca, distrutta, incapace di muovermi… questo tipetto qua dentro è un inferno” disse ridendo e indicando il pancione “lui sta bene” aggiunse poi. Sorrisi. D’un tratto mi ricordai “ehi!” dissi “cosa c’è?” chiese lei allarmata “sabato festeggio in discoteca, riuscirai a venire?” Lei si morse un labbro e mi guardò con aria dispiaciuta. Poi disse “mi dispiace Claire… devo restare in ospedale per un’altra settimana… i medici non si fidano…” “ma hai appena detto di stare bene!” le risposi “ lo so… il fatto è che i medici non vogliono dire niente nemmeno a me…” sospirò. Io abbassai lo sguardo, spostandolo dal suo viso ai miei piedi, e annuii al pavimento.

Quando rivolsi di nuovo la mia attenzione a lei, aveva gli occhi chiusi e il respiro lento e regolare. Si era addormentata.
Mi alzai attenta a non far rumore ed uscii.

“Dorme” dissi a Roberto. Lui annuì. “ti accompagno da basso”. Ci incamminammo verso l’ascensore “non ti chiedo cosa è successo con Chris, ma ti dico solo di stare attenta” sbuffai e lui mi prese per il polso “non sto scherzando” “ a cosa dovrei stare attenta?” “a Matteo” lo guardai freddamente “… lasciami stare” sussurrai cercando di apparire distaccata. Ovviamente non ci riuscii. Mi liberai dalla sua presa e mi incamminai veloce verso l’ascensore. Arrivai al piano terra e letteralmente corsi fuori dall’edificio.
 
 


Ehi okay già lo so, ritardo. Sempre in ritardo. E non ho scuse dato che ho finito gli esami il 28 di giugno e ora che sono in vacanza avrei dovuto dedicare ogni mio singolo istante alla scrittura, ma non avevo la minima idea di cosa fare. Chris mi ha bloccata. Poi ieri mi è venuta un’illuminazione mentre ero in piscina con gli amici, anche se la piscina non ha niente a che fare col capitolo.

E adesso sono di fretta perché devo scrivere il prossimo capitolo e domenica parto e non ci sarò per due settimane. Vado in Inghilterra e non riuscirò a scrivere niente a computer. Durante i viaggi in aereo e in pullman butterò giù qualcosa in cartaceo.

Ho intenzione di finire la storia il 14 settembre e questo vuol dire che dovrò aggiornare ogni due settimane e anche meno. Ovviamente questa volta non riuscirò perché, come già detto, sarò in vacanza, ma so già esattamente cosa scrivere. Vi dico che il prossimo capitolo sarà pov Claire ma inerirò un piccolo pov di Filippo.

Poi, uhm… sono uscita dalle medie con il 9! Yeah! Ok, so già che nelle recensioni la prima cosa che mi dirà ricciolilli sarà “io con il 10!” ma va be. Quella rompipalle… scherzo tesoro! *invece no*

Grazie a controcorrente e ricciolilli che tengono viva la mia storia, grazie ai lettori silenziosi e tutti quelli che seguono o hanno nelle preferite/seguite la mia storia, e devo dire che sono sorpresa perché nonostante la mia inattività siete aumentati. grazie di cuore davvero!

Oraaa le foto! *sì mi diverto

Questa è Ines (Acacia Clark)
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Questa è Elisa (Amanda Seyfried)
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Questa è Anne non-Anna (Elle fanning)
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Questa è Claire (Emma Stone)
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E questa è… la-vicina-di-casa Anna non-Anne! (interpretata da Gabrielle Aplin)
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Grazie mille di nuovo! ci sentiamo nella prossima puntata; dalla vostra narratrice-di-storie-sempre-in-ritardo questo è tutto!
un bacione
Mara
<3

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Capitolo 15
*** The power of love ***


Capitolo 15
The power of love

Il momento da cui “parto”

(è una sorta di sottotitolo. Spiegazione nello spazio autrice)
 
The power of love, a force from above

Cleaning my soul

Flame on burn desire, love with tongues on fire

Purge the soul

Make love your goal

(Frankie goes to Hollywood – the power of love)
 


“Questo ti piace?” chiedo ad Ines “uhm.. non mi convince… il rosso non mi sta molto bene e comunque preferisco qualcosa di più semplice”. Annuisco e rimetto il vestito al suo posto.
Io, Ines e Anna siamo uscite insieme per andare a cercare dei vestiti per la festa.
È sabato pomeriggio e la festa sarà fra poche ore, ma ovviamente quelle due si sono accorte solo quella mattina di non avere un vestito adatto per andare in discoteca.
Che poi mi dico, ne hanno un sacco di vestiti! Dovrà pur essercene uno adatto!
Va bè, lasciamo perdere…

Io comunque sono l’unica ad avere già il vestito e le scarpe, dato che io sono stata l’unica fra le mie amiche ad essere andata a fare compere due giorni prima. A volte proprio mi chiedo cosa abbiano alcune mie amiche al posto del cervello…

Dopo due ore di ricerche, Ines sembra trovare un vestito di suo gradimento e così anche Anna.
Il primo è molto semplice, lungo fino a metà coscia con il corpetto verde chiaro e la gonna che sfumava dal verde al color sabbia mentre quello di Anna è tutto bianco con una fascia nera al centro e dei fiorellini dello stesso colore. Sìsì Ines e Anna, sì sono stupendi. Adesso possiamo muoverci, tornare a casa mia e prepararci? (dato che siamo già in ritardo si dovranno sistemare da me) ma ovviamente non possono mancare… “Le scarpe!” esclama Ines fiondandosi nel primo negozio di calzature che vide, seguita a ruota da Anna.

Sbuffo contrariata e le seguo.

Dopo circa un’ora e mezza di “queste non si intonano al vestito” “queste non mi stanno bene “queste hanno i tacchi troppo alti” “queste mi stanno strette” e altre lamentele l’una più snervante dell’altra, Anna e Ines trovano ‘le scarpe adatte all’occasione’. Entrambe col tacco, per Ines color sabbia e per Anna bianche e nere.
Ormai impaziente le costringo a correre dal centro commerciale (precisamente, dalla cassa del negozio di scarpe) fino a casa mia.


In cinque minuti riusciamo ad arrivare a casa e ci concediamo una pausa per riprendere fiato.
Programmano i turni per sistemarci nel bagno e mangiare mentre io metto a loro disposizione tutto ciò di cui possono avere bisogno.
Ma siamo femmine. Adolescenti, oltre tutto. Cosa vi aspettate? Che siamo pronte in cinque minuti? Invece ci impiegammo due ore e mezza. Non chiedetemi come, ma sono già le dieci e mezza, e dovremo andare al locale a piedi perché mio padre e Cindy non sono in casa. Splendido.

Scendiamo le scale di casa mia quasi correndo, pericolanti sulle nostre scarpe – trampoli-spezza-collo.
Il tragitto da casa al locale è circa cinque o dieci minuti in macchina. Venti a piedi. Trenta sui tacchi. Quaranta se i tacchi li indossiamo io, Ines e Anna.

Spostarsi sui tacchi, per specificare a quelli più pignoli, non può essere definito ‘camminare’, bensì ‘cercare di mantenersi in vita su degli aggeggi infernali ovviamente creati da donne che puntavano a un immediato suicidio’.
Anche se ora mi chiedo perché li sto indossando.
Va bè.


Dopo i quaranta minuti più lunghi e strazianti della mia vita riusciamo ad arrivare “sane” e “salve” al locale.
Fuori c’è gente che fuma e una discreta fila di persone parte dall’entrata e va via via allungandosi, piena di gente che freme per entrare e divertirsi. Mi sento tirare per un braccio intanto che vado a mettermi in fila e quando mi giro vedo Matteo che mi sorride.

Devo ammettere che all’inizio non lo riconosco.

Indossa dei jeans blu scuro non troppo larghi né troppo stretti… semplicemente normali; gli stanno a pennello.
Sopra porta una semplice camicia celeste con i bottoni agganciati male, un po’ a casaccio, ma che gli da un’aria così disinvolta e naturale da renderlo quasi normale.
Un look decisamente diverso dalle sue solite magliette e felpe.
Ma non è per questo che non lo riconosco subito: il volto è cereo e delle occhiaie ben visibili anche al buio fanno capolino sotto a degli occhi rossi (stanchezza o pianto?) quasi da far paura.
Sulle labbra sottili ostenta un sorriso chiaramente forzato, ma apprezzo che si sforzi di dimostrarsi contento per me: questo è un periodo difficile per lui.

“Ehi!” dico abbracciandolo “ehi… auguri splendore” mi sussurra lui in un orecchio “grazie tesoro… stai da Dio d’azzurro, te lo ha mai detto nessuno?” gli dico cercando di farlo sorridere in un modo un po’ più sincero. Sembra funzionare “davvero? Non avevo la minima idea di cosa mettere per la mia bella e sono felice che apprezzi” risponde baciandomi la punta del naso per poi aggiungere “tu invece stai fin troppo bene. Attirerai non poco l’attenzione… anzi, a quanto pare stai già attirando l’attenzione… EHI!
È la mia ragazza coglione, non fissarla o la consumi!” urla ad un ragazzo che mi sta guardando, circondandomi le spalle con un braccio con fare protettivo.
Rabbrividisco al ricordo del suo essere possessivo “ehi… Matteo… calmo…” sussurro. Lui si volta a guardarmi con un’aria sorpresa dipinta sul volto “oh Claire… scusami io… sono solo un po’ stanco… mi dispiace” “ehi tranquillo, va tutto bene” dico accarezzandogli una guancia “che è successo?” aggiungo. Lui abbassa lo sguardo “mia madre… non migliora. Io sto lì, passo ogni singolo giorno con lei… dormo in ospedale… o almeno, passo la notte in ospedale, perché a dormire non riesco. I dottori non si decidono a dare alcuna spiegazione e lei… lei non migliora… e mi sembra tutto così inutile, e… tutto quello che faccio è inutile oppure sbagliato o irrazionale o avventato o impetuoso e io inizio a pensare di essere avventato, impetuoso, irrazionale… inutile… sbagliato.” dice abbracciandomi, cercando di trovare un po’ di conforto e continuando a sussurrarmi che gli dispiace, pensando che la colpa sia tutta sua “no… Matteo… no. Non puoi dire certe cose. Non è inutile, okay? È una cosa molto più utile delle medicine, l’amore. Okay? Non arrenderti mai. Io sarò sempre al tuo fianco” lui mi sorride. Un sorriso vero, che parte dagli occhi e poi si manifesta sulle sue labbra.


Gli do un bacio veloce e poi ci incamminiamo verso l’inizio della fila che ha cominciato a scorrere. Si sente la musica assordante già da fuori. Dopo cinque minuti siamo dentro, ammassati sulla pista e schiacciati contro altre persone che non conosciamo. Matteo continua a tenermi per mano con il timore di perdermi di vista e io non proteso, dato che nemmeno io voglio perderlo. Ci mettiamo a ballare insieme e lui si lascia un po’ andare anche se vedo la sua spossatezza aumentare e farsi sempre più visibile sul suo volto.


Sembra di essere lì solo da pochi minuti ma quando usciamo dalla pista per andare a sederci su uno dei divanetti scopriamo che è già passata poco meno di un’ora. Sono le undici e mezza e secondo le regole di mio padre devo essere a casa prima delle quattro o chiama la polizia ma se voglio posso anche passare la notte fuori (con la sola condizione di chiamarlo, spiegarli perché, con chi, dove e a che ore tornerò).


In lontananza vedo Ines in un angolo appartato che parla al telefono evidentemente elettrizzata… oppure è solo l’alcool. Sarà una brava ballerina in danza classica ma per quanto ne so non è molto agile sui tacchi e se va in discoteca è meglio che stia seduta, anche se con delle converse ai piedi: probabilmente ha passato tutto il tempo al bancone del bar con Chris, e quando c’è lui non fa fatica a mandare al diavolo le regole della brava ballerina.

Ad un certo punto si volta e vede che la sto fissando. Sul volte le si forma quel sorriso, quell’espressione che meno vedi e più a lungo vivi: quella che vuol dire “ho un’idea pazza ma voglio distruggerti. Inizia a correre”. Io mi immobilizzo quando mi fa segno di avvicinarmi, continuando a parlare al telefono. Dopo qualche istante di esitazione indico Ines a Matteo per spiegargli che vado da lei un secondo. Lui annuisce con aria stanca e mi sorride.

Mi alzo e lentamente mi incammino verso di lei. Quando sono abbastanza vicina la sento dire “ sisi ora te la passo! No non protestare, lo faccio per te! Dai cosa sarà mai… sì sono ubriaca, ora te la passo ciao!” e mi passa il telefono. Io lo guardo allibita mentre mi dice “io tengo occupato Matteo, tu fai quel che devi!” e si allontana. Mi porto il tekefono all’orecchio mentre la guardo trascinare Matteo in pista. Lui la guarda confuso e le parla. Mi immagino che le chieda cosa succede con chi sto parlando. Il che non è poi così sbagliato.

Quasi non mi accorgo del silenzio dall’altro capo del telefono.
Mi allontano un po’ dalla musica prima di parlare. Ho un brutto presentimento “pronto?” chiedo. Qualche istante di silenzio e poi “eeehi…” dice una voce maschile, palesemente in imbarazzo. Mi si ferma il cuore, metaforicamente parlando. Magari potessi morire sul colpo! Potrei diventare un fantasma e perseguitare Ines per il resto dei suoi giorni. “Filippo.” Sussurro “Clarissa…” dice lui di rimando. Sentire il mio nome per intero mi fa sussultare. “ehm… uh…come va…?” chiedo un po’ goffamente “uhm… io sto bene e tu…? A giusto, ehm… auguri per il tuo diciassettesimo compleanno!” “ehm, grazie… comunque anche io sto bene… uhm… mi senti?” chiedo titubante.


Cazzo Claire, è il tuo ex! Non ci parli da mesi, ti ha fatta stare malissimo e tutto quello che riesci a dire sono delle stupidi frasi di circostanza?! Dovresti tirargli il mondo addosso, Cristo Santo! mi sussurra una vocina.

“In realtà non molto bene… si nota che sei in discoteca” nelle sue parole si sente una parvenza di timido sorriso “io sono in aeroporto…”. KABOUM .
“ah… ah sì?” dico cercando di non tremare “uhm… bello… stai andando in vacanza o stai partendo per un piccolo viaggio?” “in realtà… nessuna delle due…” dice evidentemente in preda al panico.
Si trasferisce. Di nuovo. In un’altra parte del mondo.
Non ho il coraggio di chiedergli dove… non voglio saperlo.


Alzo gli occhi e dall’altro lato della pista vedo Matteo che mi fissa e Ines che cerca di trattenerlo dal correre da me. Non resiste molto a lungo. Matteo si ritrova in pochi
secondi a una decina di metri da me. “ehm… devo andare… ci si sente… uhm… ciao Filippo” dico mentre vedo le labbra di Matteo muoversi. Non sento cosa dice ma di sicuro si tratta di un commento poco carino sul mio interlocutore…
“ehm… Claire… tutto okay?” “sì ciao!” “okay cia-” metto giù prima che possa finire.

Matteo mi sta venendo incontro ma non rallenta nemmeno quando allontano il telefono dal mio orecchio. Inizio ad indietreggiare fino a che non mi ritrovo con le spalle al muro.

Lui mi prende per i fianchi ma non mi fa male, mi tiene semplicemente stretta fra lui e il muro, costringendomi a guardarlo negli occhi.
“Claire” inizia serio “chi era?”. Non rispondo, ma il mio silenzio vale più di una risposta. Una conferma ai suoi timori più profondi.
Lui allenta un po’ la presa e si allontana leggermente da me, con lo sguardo basso.

Anche se ora non lo vedo negli occhi so esattamente cosa ho visto poco prima, e non era rabbia.
Era paura.
Paura di vedermi portata via di nuovo.
E ora lo vedo.
Lo vedo il momento in cui il suo essere possessivo mi ha spaventato quando cercava di proteggermi. Quando il suo volermi bene mi ha fatto più paura del solito e l’ho lasciato. Lo vedo quando ha cercato di dimenticarmi con altre ragazze perché io mi ero messa prima con Roberto e poi con Filippo.
Lo vedo, quel sentimento.
Non possessività.
Paura.

Dopo qualche secondo di silenzio gli sussurro “amo te”.
Lui alza lo sguardo su di me, come un bambino che si è dimenticato che è Natale e si ritrova un sacco di regali sotto l’albero.
Non dice niente. Nemmeno una parola.
Semplicemente avvicina il suo volto al mio e sussurra “anche io… non ho mai smesso… grazie” “per cosa?” chiedo di rimando “per essere… così” sento le lacrime salirmi agli occhi per la commozione.
Purtroppo non facciamo in tempo nemmeno a far sfiorare le nostre labbra che il telefono di Ines riprende a suonare.


Io guardo perplessa il nome sul display. Roberto.
Guardò Matteo negli occhi prima di portarmi il telefono all’orecchio e rispondere “pronto?” “Claire!” mi giunge la sua voce dall’altro capo del telefono “ho provato a chiamarti ma hai il telefono spento allora ho chiamato Ines perché io sono qua da solo e non so cosa succede, cioè so cosa succede ma non so cosa fare e Elisa-” inizia a dire tutto d’un fiato ma lo interrompo “Chris! Fermo. Dimmi, che succede ad Elisa?”. Ho paura di sapere la risposta.


Lui prende un respiro profondo e dice

“è entrata in travaglio un po’ in anticipo rispetto alla tabella di marcia”.
 
 
Allora, spiegando il sottotitolo, questo è il capitolo da cui inizia la storia al presente come avrete notato. Provo a chiarirmi: nella prima storia il primo capitolo è ambientato quando Claire ha sedici anni ed è al saggio di danza di fine anno, ovvero prima dell’estate. Poi ci sono due capitoli “flash back” di quando aveva dodici anni. Infine la storia ritorna ai suoi sedici anni dopo l’estate al riinizio della scuola, ma, nel caso non l’aveste notato, è sempre narrata al passato. La storia è un semplice resoconto di ciò che è successo prima del giorno del diciassettesimo compleanno di Claire. Semplicemente è come se Claire si ricordasse di tutto ciò che è successo quando il presente, i fatti, la colpiscono all’improvviso il giorno del suo diciassettesimo compleanno. Non so se sono stata chiara, non sono mai stata un asso nelle spiegazioni, quindi se avete bisogno di maggiori chiarimenti scrivetemelo in una recensione.
Comunque! Eccomi qua, è già! Sono tornata da due settimane e aggiorno ora, ma spero comunque che il capitolo vi abbia soddisfatte. L’ho anche fatto un po’ più lungo del solito e spero davvero che vi sia piaciuto anche perchè ieri sera sono stata sveglia fino all’una di notte per finirlo (lo posto solo oggi perché non avevo connessione internet).
Probabilmente o domenica o lunedì posto quello nuovo (già quasi finito, scritto stamattina appena sveglia alle 7.30, tanto per farvi capire quanto mi dispiace per i ritardi).
Inoltre, mi scuso perché vi avevo promesso un pov di Filippo. L’ho messo nel prossimo capitolo perché se no risultava troppo lungo.
Ringrazio  Crazy_2, martina836 e RebelVampire che tengono la mia storia nelle preferite,  AngeliEDemoni che tiene la mia storia nelle ricordate, 0_0martolla0_0, 3Giulystella007, BabyIWillLoveYouForever, PulCece, RiccioLilli e valeriaros85 che tengono la mia storia nelle seguite e RiccioLilli, controcorrente e booksmydrug per lasciare delle recensioni stupende.
Ovviamente grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Uhm, mi sembra di non aver dimenticato niente quindi adesso vi lascio alle foto
Un bacione
Mara
<3



Claire (Emma stone) – vestito e scarpe
 
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Ines (Acacia Clark) – vestito e scarpe
 
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Anna (Gabrielle Aplin) – vestito e scarpe
 
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È tutto
Al prossimo capitolo
Mara
<3

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Capitolo 16
*** colours ***


Capitolo 16
Colours

 
And suddenly a light appears inside my brain
And I think of my ways, I think of my days and know that I have change
It’ the colours you have
No need to be sad
It really ain’t that bad
(Grouplove – Colours)
 
 

Ci impiego dieci minuti a trovare Anna e il suo ragazzo Luca che ballano sulla pista affollata. Li trascino entrambi in un angolo tranquillo e spiego la situazione ad Anna, che decide di accompagnare me, Ines e Matteo all’ospedale.

A quanto pare Luca non la prende molto bene ma in questo istante è l’ultimo dei miei problemi.
In quattro ci avviamo verso l’uscita quando vado a sbattere contro un ragazzo biondo.
Mi ero dimenticata di lui.
“ehi, dove state andando?” chiede Chris. Con non molto tatto gli rispondo “in ospedale da Elisa. È entrata in travaglio. Vieni o no?”.

Lui sembra un attimo sorpreso (eh, ci credo!) ma poi si riprende, annuisce e ci segue fuori dal locale.
L’ora che segue è a dir poco straziante.
L’ospedale è dall’altra parte della città e non sappiamo come arrivarci.
Matteo, che abita vicino al locale non ha preso la moto e per noi ragazze camminare è sconsigliato.
Mi lascio sfuggire un urlo di disperazione ma, senza lasciare a nessuno il tempo di confortarmi, mi tolgo le scarpe e tenendole in mano inizio a correre disperata. Con la coda dell’occhio noto che Anna e Ines mi hanno imitata e così anche Chris e Matteo.

L’asfalto mi procura dei graffi sui piedi ma non ci faccio troppo caso, con il vento che mi sbatte in faccia e le orecchie come ovattate che mi isolano dal mondo.
Sul marciapiede vado addosso a numerose persone ma non mi fermo a chiedere scusa.
Ad un certo punto sento qualcuno urlare il mio nome “Claire” dice ma non mi giro a guardare chi è e continuo a correre “Claire!” urla stavolta più forte.
Non riconosco la voce ma sento il mio passo rallentare.
Qualcuno si mette a correre e si avvicina a me.

Mi giro di scatto e mi trovo davanti un ragazzo sulla ventina
“Christian!” dico “oddio Claire! Che succede?!” chiede lui evidentemente preoccupato “scusa ma non ho tempo per le spiegazioni! Si tratta di una mia amica e io devo correre e” “Claire calmati” dice fermamente. Chris, Matteo, Ines e Anna ci guardano straniti. Non hanno la minima idea di chi sia Christian.
Io faccio qualche respiro calmo e tento di tranquillizzarmi “dove devi andare?” chiede “all’ospedale… c’è una mia amica che sta per partorire e noi…” “sisi capisco. Tranquilla. Vieni ho la macchina nel parcheggio” lo dice con una tale disinvoltura che c’impiego un po’ a comprendere le sue parole e seguirlo assieme agli altri.
Entriamo in un parcheggio dove riconosco la sua macchina. Lui apre la portiera e ci fa salire: io in braccio a Matteo con accanto Chris e Ines mentre Anna è seduta davanti al posto del passeggero.

Christian mette in moto e parte in direzione dell’ospedale “allora… come mai vestite così? State tornando da una festa?” chiede “ehm… dalla mia festa…” lui mi rivolge uno sguardo confuso dallo specchietto retrovisore “compio diciassette anni oggi…” spiego. Lui mi guarda sorpreso “davvero?! Auguri Claire!” “grazie…” dico sorridendo.
Matteo si schiarisce la gola e chiede “be, penso che sia ciò che tutti  vogliono sapere… ehm… tu chi saresti?”. Christian ride “io sono Christian, un amico di Claire. Ci siamo conosciuti grazie a due auto-stop e una fortuna sfacciata. Tu invece… uhm… biondo e occhi azzurri… non sei Filippo perché lui è in Inghilterra, ma se sei Matteo ti faccio scendere in questo istante a calci in culo. Quindi chi sei?” io guardo Matteo e sorrido nel vederlo trasalire “tranquillo Fido” dico ridendo “è Matteo ma ora è okay”.

Entrambi mi guardano senza capire. “Matteo ti spiego dopo… Christian ti spiego al prossimo auto-stop. Comunque loro sono Anna, Ines e Chris” dico concludendo le presentazioni. Quasi mi sono dimenticata del fatto che stiamo andando all’ospedale quando scorgo un cartello che indica che manca poco.
Ad un tratto la macchina si ferma, noi apriamo le portiere e scendiamo “grazie mille Christian. Non hai idea di cosa…” “tranquilla. Non dovresti andare?” chiede lui sorridente e poi aggiunge “auguri” “grazie” dico grata e mi incammino con gli altri all’interno dell’ospedale. Mi fermo un secondo per mettermi le scarpe ed entro in ascensore.

Saliamo al terzo piano e ci dirigemmo verso la sezione H.

Stringo forte la mano di Matteo quando passiamo davanti alla stanza in cui si trova sua madre e noto con la coda dell’occhio che continua a fissarla finché non svoltiamo nella sala d’aspetto davanti alla stanza 351. Guardo attraverso la finestra. Non c’è nessuno.
Dal fondo del corridoio sbuca la figura di Roberto palesemente sconvolta “l’hanno spostata in sala parto. Venite”. Nessuno dice  niente: ci limitiamo a seguirlo.

Arriviamo nella sezione maternità e ci sediamo in sala d’aspetto. Io rimango in piedi e abbraccio Roberto.
“come va?” sussurro “come vuoi che vada…? Sono leggermente sconvolto” dice sorridendo. Ci stacchiamo ma quando vede Matteo trasalisce “che ci fa lui qui?” chiede freddo. Non faccio tempo a rispondere che Matteo è già intervenuto “non posso stare qua? L’ospedale non è tuo Roberto” “intendevo… cosa ci fai in questo reparto, e perché sei qui con Claire?” oddio, qui si mette male… “Roberto…” cerco di dire ma vengo subito interrotta “bè, sono qua con Claire perché è la mia fidanzata e sono in questo reparto perché una delle sue migliori amiche sta per partorire. Non mi sembra ci sia niente di strano, o di sbagliato” dice Matteo tranquillo “no non c’è niente di strano. Tranne che per il fatto che lei non è la tua fidanzata”. Non riesco a credere a quello che ho appena sentito. O meglio, non riesco a capirlo. Finalmente riesco a parlare “certo che sono la sua fidanzata!” gli dico, alzando forse un po’ troppo la voce “infatti” aggiunge Matteo “perché non dovrebbe essere la mia fidanzata?” “perché non ti ama. Non può amarti” dice Roberto semplicemente.

Oddio non ci credo “senti Roberto. Non capisco cosa stai dicendo, nè perché. Io sono già stata fidanzata con Matteo e sono già stata innamorata di lui, quindi perché non potrebbe essere ancora così?” “ma non capisci come ti ha trattata, come ti tratta? Non ti ricordi quanto hai pianto, o quanto ti ha fatta stare male? Ti ricordi quanto ti faceva paura?” risponde lui. Guardo Matteo preoccupata.
Quello che ha detto Roberto è vero, ma non voglio che Matteo ci resti male, men che meno voglio che pensi che sia ancora così. Lui mi guarda accigliato “ti facevo paura…?” io annuisco leggermente ma mi affretto ad aggiungere “ma ora non più, ora non mi fai paura…” “Claire! Cristo Santo, ti ha fatta stare malissimo! Ti ha fatta piangere! Come puoi perdonarlo?!” dice Roberto.
Seccata, rispondo “se ho perdonato te perché non dovrei perdonare lui?”.
Mi giro e me ne vado.


Non so dove sto andando, ma quando mi trovo davanti a quella porta la apro senza pensarci due volte, entro e mi siedo su una sedia ai lati della stanza.
Dopo un po’ sento dei passi veloci in corridoio.
La porta si apre ed entra Matteo. Il suo sguardo è decisamente stupito “cosa ci fai qua?” chiede. Chiude la porta, si siede su una sedia accanto al lettino e prende sua madre per mano. “questa stanza è il primo posto che mi è venuto in mente…” sussurro.
Lui si alza, lascia la mano di sua madre e si siede accanto a me.


Il silenzio si fa sempre più pesante.
“tuo padre?” chiedo ad un tratto.
Lui alza lo sguardo su di me, stupito.
“lui… era in macchina con mia madre il giorno dell’incidente… anche lui è finito in coma ma… lui è già… lui è…” …morto. Non c’è bisogno che lo dica, si capisce cosa è successo. Cerco di abbracciarlo ma lui si scosta.

Lo guardo confusa “che c’è?” chiedo. “ti ho tenuto nascoste molte cose da quando ci siamo rimessi insieme…” dice “non ti seguo…” “riguarda la mia famiglia… e la famiglia di Filippo… e il motivo per cui era in Italia quel giorno… e poi c’è il patto che abbiamo fatto…” inutile dire che non capisco di cosa stia parlando. “Matteo… cosa stai dicendo? Non ti capisco…” “è che… ti ricordi quel giorno? Quando l’hai incontrato fuori dall’ospedale? So perché era lì… o almeno, penso di saperlo…” lui si ferma e mi guarda, come in cerca di un incoraggiamento per andare avanti. Non so se lo trova, ma dopo un po’ riinizia a parlare senza più fermarsi.

“il giorno prima c’era stato il funerale di mio padre… e ho incontrato lui… abbiamo parlato. A quanto pare io sono un suo lontano cugino… fa ridere, no, come situazione?” io lo guardo in attesa. So che non è tutto. “ma nemmeno così ti sto dicendo la storia per intero, e tu lo sai. Bè… prima che partisse per l’Inghilterra… esattamente il giorno prima… te lo ricordi?” certo che lo ricordavo, come facevo a dimenticarlo? Avevo passato la notte in una casa abbandonata e la sera ero uscita con Matteo pensando che fosse Filippo. E il giorno dopo scoprii che se ne era andato. Come dimenticare quel giorno? Annuii “quella sera, prima che io venissi a prenderti fingendomi lui, Filippo suonò alla porta di casa mia. Aprì mio padre. Era mezzo ubriaco, con una bottiglia in mano. Mia madre era rannicchiata in un angolo della stanza, che piangeva. Mio padre mi chiamò e io mi affrettai a scendere. Anche io avevo paura di lui. Quando vidi Filippo fuori dalla porta di casa che mi guardava con compassione, non ce la feci. Aveva visto più di quanto chiunque altro avesse mai visto di casa mia. Aveva visto troppo. E aveva te. Lo presi per il colletto della felpa e lo spinsi in giardino cercando di prenderlo a pugni ma mi bloccò i polsi. ‘cosa vuoi, lurido bastardo?’ gli dissi quasi ringhiando. ‘non odiarmi’ replicò lui calmo. Avevo così tanta rabbia da sfogare, così tanta voglia di… non so… di prendere qualcosa a pugni, di distruggere tutto… ma lo ascoltai. Mi disse che si sarebbe trasferito in Inghilterra il giorno dopo, ma che non aveva avuto il coraggio di dirtelo. Che ti aveva scritto una lettera, cercando di farti pensare che non gli importavi, per farti stare meno male. Voleva che continuassi la tua vita. Disse che ti amava, ma che sapeva che sarebbe stato impossibile continuare una relazione. Disse che se volevo potevo provare a conquistarti. Disse che io ti importavo ancora. Mi disse che lo aveva capito da come mi guardavi. Disse che tu non odiavi me, ma il fatto che non riuscissi ad odiarmi. Disse che potevo fare quello che volevo. Io non gli credetti allora facemmo un patto. Lui non sarebbe più entrato nella nostra vita e io mi sarei tenuto alla larga da lui e avrei iniziato a trattarti meglio. Poi se ne andò. Due giorni dopo, i miei ebbero l’incidente. Ero solo, non sapevo cosa fare. Mio padre aveva un sacco di debiti e scoprii che, anche se i miei non fossero finiti in coma, non saremmo durati a lungo. Iniziai a lavorare e lasciai la scuola per due mesi, giusto il tempo di rimettere tutto in ordine. E poi tornai. Il resto lo sai. Mio padre morì due settimane fa e ora mi resta solo mia madre. Filippo venne al funerale e il patto fu infranto il giorno dopo. Non capii perché fosse venuto in ospedale. All’inizio pensavo che fosse perché aveva scoperto che eri lì. Quella sera lo chiamai e mi disse che era venuto a trovare mia madre, nella speranza di parlarmi. Mi disse che aveva capito di aver sbagliato a venire e che non dovevo preoccuparmi perché si era fidanzato e che non ti amava più, ma non ci credevo. Non ci credo nemmeno ora. Era stampato nel suo timbro, il suono della menzogna. ma lasciai correre… e ora, bè, ho pensato che tu dovessi sapere la verità”.


Sono… arrabbiata, confusa, irritata, sconvolta. La verità, penso, non fa affatto bene.
Tutto quello che riesco a fare è alzarmi dalla sedia e avvicinarmi alla madre di Matteo.
Le prendo una mano e mi concentro su quella “hai fatto un figlio stupendo” sussurro piano.
Lascio la sua mano e le accarezzo i capelli.
Sono rossi come i miei.

“è la seconda, nella classifica delle persone stupende che conosco” sussurra piano Matteo, probabilmente pensando che io non riesca a sentirlo.

Chiudo gli occhi. Non voglio vedere niente, mentre inizio a piangere.
 
 
 
Filippo pov.

Spengo il telefono con rabbia, non l’ennesimo tentativo di chiamare Matteo. Guardo mia mamma davanti a me, visibilmente in ansia, e poi rivolgo la mia attenzione a Sophie che, al mio fianco, cerca di non scoppiare in lacrime. Siamo in aeroporto, in  fila per il check in.
Sophie ha insistito per accompagnarci fin lì, poi tornerà indietro.
Sophie è lì che sta per scoppiare in lacrime e io non sto dicendo niente. Potresti non rivederla mai più. È questo il pensiero che mi fa muovere. Mi giro e l’abbraccio “non ti dimenticherò mai, okay? Ti voglio bene Soph” le dico in inglese. “vorrei dirti che ti amo, ma so che tu ami lei… si capisce, Filippo, ma non preoccuparti, sono stata bene con te… amico” l’ultima parola la dice in Italiano. Sono immobile, sconvolto, mentre lei si allontana dalla fila del check in piangendo.
 
 
Mezz’ora dopo

Io e mia madre abbiamo raggiunto il gate d’imbarco numero 39. Guardo un tabellone sopra la mia testa. Il volo parte fra dieci minuti. “sei pronta?” chiedo a mia madre “lo sono sempre, tesoro. Tu?” mi limito ad annuire tristemente. Non sono affatto pronto.
Alla fine non mi trattengo e l’abbraccio, molto forte “ti voglio bene mamma” “anche io tesoro”. Ci stacchiamo, mentre ad un altoparlante una voce femminile dice “i gentili signori del volo diretto a New York, sono pregati di presentarsi al ponte d’imbarco”.
 
 
 
Eccomi quaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, con un giorno di ritardo, però ci sono!
Questo è il mio nuovo capitolo, e non ho molto da dire a riguardo tranne che spero vi sia piaciuto.
Adesso dovrò semplicemente cercare di pensare cosa accadrà nel prossimo capitolo.
La storia è agli sgoccioli, secondo i miei calcoli, accurati o meno, mancano circa, uhm… tre capitoli. Sempre che non mi vengano degli improvvisi colpi di testa.
Sì, accadranno tante cose in questi capitoli. Penso.
Bé, finita la storia posterò ancora una OS riguardante… uhm, non velo dico. Anzi, ve lo dirò alla fine della storia.
Sì, vi voglio tanto bene. cari/e
un grazie a chi tiene la storia in seguite/preferite/ ricordate, a chi la recensisce e anche a chi legge silenziosamente stile stalker (O.o)

Adesso devo proprio andare
Un bacione
Mara
<3

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Capitolo 17
*** small bump ***


Capitolo 17

Small bump


You’ll might be left with my hair, but you’ll  have your mother eyes
I’ll hold your body in my hands as gentle as I can,
An now your scan on my unmade plans
With a smile like hers and a dimple beneath your chin,
Finger nails the size of a grain of rice and eyelids closed to be soon opened wide
(Small bump – Ed Sheeran)


Roberto Pov


00.54

In alto, sulla parete della sala d’aspetto, c’è un orologio. Molto semplice. Rotondo, bianco con i numeri, le frecce e la cornice neri. Ho chiamato Claire circa un’ora fa appena Elisa è entrata in travaglio, ma adesso il tempo passa inesorabile e ci avviciniamo sempre di più al gran momento.

Per fortuna Elisa era già in ospedale da qualche giorno o sarei di sicuro andato in panico all’inizio del travaglio e non sarei riuscito a chiamare nessuno. Sette mesi, poco meno di otto… che fretta ha di venire al mondo, quel bambino?! O bambina… oddio, sarà maschio o femmina? E il nome? Oddio non abbiamo scelto il nome maschile, Kevin o Kevan?! E se è femmina??? Bè quello abbiamo scelto Angela, ma le ecografie dicono che sarà maschio e le ecografie non sbagliano mai. No un secondo… tutti pensavano che mia sorella Andrea sarebbe nata maschio invece è nata femmina, e dalla confusione è saltato fuori un nome che andava bene sia maschile che femminile, ma Kevan non va bene al femminile come Angela non va bene al maschile! Bè possiamo sempre chiamarlo Angelo… oddio no devo calmarmi penso dirigendomi verso un distributore d’acqua, anche se non ho sete, solo per muovere un po’ le gambe.


00.58

Sto aspettando l’arrivo dei miei genitori. Mario e Laura, i genitori di Elisa, sono già arrivati e si tengono forte la mano, in silenzio, sulle sedie della sala d’aspetto. Non dicono una parola. Niente. Zero di zero.
Mi lasciano da solo a combattere il silenzio caotico che c’è nella mia testa. Anche Ines, Chris e Anna sono seduti su delle sedie e non dicono niente, ma i loro sguardi mi seguono preoccupati.


01.06

Sento dei passi affrettati in corridoio. Mi volto e vedo mia sorella che mi corre incontro e mi abbraccia. Io, colto alla sprovvista, impiego un po’ a ricambiare “ehi! Dove sono mamma e papà, Andrea?” “sono appena scesi dall’aereo, stanno prendendo un taxi. Mi hanno avvisata solo mezz’ora fa e sono venuta qua correndo perché il motorino ce l’ha Marisa quindi non sono riuscita a fare in fretta e scusa se ti ho fatto aspettare da solo, mi dispiace!” dice in preda alla disperazione. Avrà anche quindici anni ma si sconvolge facilmente “ehi tranquilla, fa niente, adesso sei qui e fra un po’arrivano mamma e papà. Però mi dispiace di aver interrotto il loro viaggio di lavoro in Francia…” “che cazzo dici Roberto?! Erano comunque già in aeroporto per tornare a casa e stavano per salire sull’aereo quando li hai chiamati. Stai per diventare padre e ti aspetti che loro se ne stiano in Francia per un misero incontro lavorativo?! Ehi… uhm… tutto okay? Perché sei così agitato? Oh… già… la parola con la P… Uhm… siediti e respira, stai calmo… ci sono novità?” faccio segno di no con la testa.


01.12

Un dottore esce dalla sala parto e chiama il mio nome. Io mi alzo e gli vado incontro. Il dottore mi dice qualcosa ma non lo ascolto attentamente. O meglio, lo ascolto senza capire. Sono abbastanza stordito e… non capisco. Non ci sto capendo più niente. Mia sorella mi prende per le spalle e dice “Chris? Ehi Chris! È tutto okay, davvero, è tutto okay. Non è niente di grave. Anche la mamma ha fatto il cesareo con me, non è niente di strano è tutto normale. Andrà tutto bene okay?” non la ascolto “voglio vederla” dico fermamente “mi dispiace signore ma durante l’operazione e durante il parto non è possibile visitare…” “devo vederla.” Dico incamminandomi verso la porta ma il dottore mi blocca, proprio mentre si sente un urlo provenire dalla sala. Il sangue mi si gela nelle vene e un’infermiera esce per chiamare il dottore che rientra veloce in sala, senza dimenticarsi di lanciarmi un’ultima occhiata eloquente. Non posso entrare. Mi rassegno e mi lascio andare su una sedia.


01.24

Altri passi in corridoio. Sono Claire e Matteo.
Mi dimentico persino della discussione di poco prima, mi alzo e abbraccio Claire. “novità?” chiede lei ansiosa di risposte “le faranno il parto cesareo. Da quello che ho sentito, dato che non ci ho capito molto, il bambino è troppo piccolo e rischia di diventare troppo doloroso sopportare un parto naturale. Rischierebbe persino la morte. Non ho capito bene chi dei due…” sospiro e rabbrividisco allo stesso tempo. Lei annuisce, come se se la fosse aspettata.
Restiamo in silenzio, non abbiamo niente da dire.


01.36

Altri passi in corridoio e anche delle voci agitate, una maschile e una femminile. Mamma e papà. Quando li scorgo con la coda dell’occhio gli corro incontro per
abbracciarli. Non fanno altro che dire parole agitate, chiedermi novità, stupirsi, agitarsi di più, farmi agitare come se già non lo fossi abbastanza. Quando finalmente pensano di aver avuto tutte le informazioni possibili da me sembrano notare i genitori di Elisa e si siedono davanti a loro, per poi iniziare a parlare sommessamente. Non voglio sapere cosa stanno dicendo, non mi importa. Ho bisogno di stare solo a pensare.
Non solo ad Elisa, ma anche a mio figlio… o figlia.

Secondo la genetica nascerà biondo, ma avrà i miei occhi o quelli di sua madre? E i lineamenti? Gli zigomi? E il suo nasino? E il carattere? Sarà più come me o come sua madre? Oddio… presto saremo madre e padre… Ce la caveremo? Cioè, le nozze sono fissate per il 17 maggio, ma dopo la nascita del bambino? Dopo le nozze? Dovrà ripetere l’anno scolastico e io mi prenderò un anno sabbatico prima di vedere o no se andare all’università e nel frattempo impegnarmi nel lavoro per mantenerci. Le nostre famiglie ci aiuteranno, o almeno così hanno detto. Abbiamo già visto anche alcuni piccoli appartamenti in centro, ma dobbiamo impegnarci nel lavoro per permettercene uno. Poi dovremo pensare alle cose per il bambino… e poi ci saranno i pianti, le notti insonni, i pannolini… oddio i pannolini, non oso nemmeno pensarci… e tutti i vestiti? E la cameretta? E quando inizierà l’asilo? Chi si prenderà cura di lui? Chi farà da mangiare? E tenere pulita casa? Chi lo farà quando noi saremo al lavoro o a scuola? E i nostri sogni, i nostri desideri? Non usciremo più a divertirci, o almeno non con la stessa frequenza. E il primo anno di matrimonio, quello che dicono sia il più difficile? Litigheremo o saremo una coppia pacifica e fra noi andrà tutto bene? E le scelte importanti? Vorremo fare di testa nostra o continueremo a fidarci l’uno dell’altra? Oddio sembra tutto così troppo vicino quando invece abbiamo appena iniziato quest’avventura.


01.38

Quando le avevo chiesto di sposarci eravamo a casa sua, seduti sul divano abbracciati a guardare la tv, e di punto in bianco le parole mi erano uscite di bocca senza nemmeno che le stessi pensando; “sposiamoci” avevo detto e lei mi aveva guardato ridendo. Poi di colpo aveva visto che ero serio. Aveva smesso di ridere. E mi aveva baciato. Così, un bacio a stampo, veloce. Si era staccata e aveva detto di sì. E poi avevamo ripreso a baciarci. E il giorno dopo ero andato a prenderle un anello. In argento, normalissimo, con una pietra azzurra al centro a forma di rosa. Ero tornato a casa sua per dire ai suoi della nostra scelta, e quando aveva aperto la porta ero entrato come niente fosse. L’avevo abbracciata e avevamo parlato con i suoi che erano stati molto felici della cosa e avevano iniziato a parlare di progetti e dettagli, e cerimonie e varie cose che mi facevano venire il mal di testa. Poi l’avevo presa in disparte un secondo e le avevo dato l’anello come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lei si era guardata la mano confusa e poi si era illuminata come una candela. Un bagliore seppur tenue, in grado di rischiarare il buio e di scaldare. Un bagliore così potente da poter accendere un fuoco. Un incendio.
Era stato questo suo calore ad avermi fatto capire che la amavo, che stavo facendo la cosa giusta.
Dio quanto l’amo.


01.46

Non ho idea di cosa fare, mi sto annoiando a morte. Questo posto è così bianco e silenzioso, così… inespressivo. Non ho voglia di parlare con qualcuno ma non so cosa dire. L’attesa è snervante. Mia moglie è la dentro e sta per partorire. Non so cosa fare. Spero solo che non stia soffrendo anche se sotto anestesia. Non deve essere facile. Mi sento così maledettamente impotente.
Vorrei fare qualcosa, qualsiasi cosa.


02.13

Dovrebbe mancare poco. Hanno iniziato l’operazione circa un’ora fa. La mia pelle è come elettricità


02.26

Delle infermiere sono uscite di corsa dalla sala parto. Cosa è successo? In mano avevano una salvietta azzurra. Ho sentito un suono… come un bambino che piangeva.
È stato come se il mio cuore avesse riiniziato a battere.
Mi alzo di scatto dalla sedia. Un’infermiera si gira a guardarmi e mi sorride “lei è Roberto?” chiede con tono gentile e pacato “sì… sì sono io… quello o quella è…” la voce mi si strozza in gola. L’infermiera mi sorride “sì, sì quello è suo figlio. È un maschio. Complimenti, è diventato padre” dice sorridente.
Mi giro e noto che tutti nella sala d’aspetto si sono alzati. I primi ad abbracciarmi sono i miei genitori e mia sorella. Mi dicono anche qualcosa, delle congratulazioni presumo. Non ci sto capendo più niente. Sento come un peso che si toglie dal mio cuore.
Poi arriva Claire che mi stringe forte e poi anche Ines e Chris mi da una pacca sulla spalla. Per un attimo mi dimentico delle nostre avversità e stringo la mano che mi porge Matteo, facendomi le congratulazioni. Il padre di Elisa mi da una pacca sulla spalla mentre sua mamma mi da due baci sulle guance, evidentemente commossa.


D’un tratto mi giro verso l’infermiera che è ancora dietro di me.
Una domanda mi attraversa la mente “dove lo state portando?” chiedo “oh non si preoccupi. Il bambino è prematuro e debole, inoltre pesa solo un chilo e mezzo. Dovremo tenerlo un po’ sott’occhio nell’incubatrice. Poi passerà alle culle termiche e infine a dei normali lettini. Ci vorrà un po’ prima che possa andare a casa, ma sarà una durata di tempo dell’arco di un mese massimo. Fra quattro o cinque giorni potrà anche prenderlo in braccio… non si preoccupi, so che è appena diventato padre e vorrebbe davvero abbracciare suo figlio, ma per la sua salute è meglio di no. Sua moglie è ancora in sala parto. Le stanno pulendo e ricucendo la ferita dovuta al parto cesareo ma fra un po’, se non sarà troppo stanza, potrà entrare e scambiare qualche parola. Adesso se vuole, anche se so che la risposta è scontata, potrebbe venire a dare un occhiata a suo figlio…” dice in tono pacato lei, sorridendo gentile. Cerco di stare fermo immobile e di non farmi prendere dall’ansia. È una cosa normale, mi dico, accade alla maggior parte dei bambini nati prematuri. Starà bene.

Mi giro verso i miei amici, la mia famiglia, e la mia famiglia acquisita. Claire, Ines, Chris e Matteo mi guardano sorridenti mentre Laura, Mario e i miei genitori mi guardano come per dire “sei tu il padre, vai prima tu”. Mi volto verso l’infermiera, annuisco nervosamente e quando si incammina per il corridoio la seguo.
Prendiamo l’ascensore e andiamo al piano inferiore, nel reparto di patologia neonatale. Attraverso una finestra riesco a vedere, delle infermiere che tengono in braccio e puliscono un piccolo bambino, grande quanto un bambolotto, avvolto in un asciugamano azzurro. Ha pochi capelli, tutti biondi. Gli occhi sono azzurri come quelli di Elisa, con una piccola sfumatura verde. Anche la cornea è leggermente azzurra, come in tutti i neonati.


Quello è mio figlio.
Mi sento come se stessi camminando a tre metri da terra, senza però aver paura di poter perdere l’equilibrio o cadere. Senza pensare al futuro. Sto semplicemente volando e penso al fatto che quello è mio figlio, che è il frutto dell’amore incondizionato e inarrestabile che provo per sua madre. Sento un nodo allo stomaco, ma non è scomodo. Anzi sono quasi felice che ci sia. Penso che qui non sto più giocando, che dovrò prendermi cura di quella persona. Penso al fatto che sto vivendo la mia vita in prima persona, che ora tocca a me. Che d’ora in poi avrò delle responsabilità. E ne sono felice.
Non so se devo ridere o piangere e sono così felice che nemmeno mi accorgo di star già facendo entrambe le cose.
Quello è mio figlio.

 
02.33

Sto risalendo al piano superiore, da solo. Dire che sono in estasi è dire poco.
Busso piano alla porta della stanza dove Elisa sta riposando. Non ricevo risposta ed entro.
Elisa ha gli occhi socchiusi ma quando mi vede entrare li apre di scatto “ehi…” le dico con le lacrime agli occhi. Lei sorride e stende le braccia. Senza dire niente, l’abbraccio, felice che lei sia li con me. “ehi” sussurra lei piano. È decisamente stremata, quindi non cerco di iniziare una conversazione. Lei si limita a guardarmi sorridendo mentre le accarezzo i capelli. Quando si sta per addormentare, qualcuno bussa alla porta “avanti…” sussurro. Entra un’infermiera, che sorride quando ci vede “scusate se vi interrompo, ma prima ci siamo scordati di chiedere una delle cose più importanti” “ovvero?” chiedo confuso “ehm… il nome del bambino… qual è?”. Io mi irrigidisco. Merda. Guardo Elisa in cerca di aiuto. Lei fa un debole tentativo di alzare gli occhi al cielo, e prima di chiudere gli occhi sussurra con aria rassegnata “Kevan”. Io sorrido. Me l’ha data vinta, questa volta.
Ripeto a voce più alta il nome all’infermiera, che sorride ed esce dalla stanza, mentre io sto lì fermo a guardare la mia futura moglie.
 

 
 
Okay andrò a punti:
1) Amo questo capitolo
2) Scusate se ho aggiornato così tardi ma volevo aggiornare l’11
3) Oggi è un anno che sono iscritta a EFP!
4) Questo è il penultimo capitolo
5) Ho voluto approfondire una coppia di cui non ho parlato molto nel resto della storia, e spero che il capitolo vi sia piaciuto
6) Chiedo a scusa a booksmydrug se le ho fatto pensare che alla fine del capitolo il bambino sarebbe morto per un malore. Ho provato a darti un indizio riguardo al tema del capitolo e ti ho fatto pensare che sarebbe finito male. In realtà avevi ragione te, il capitolo parlava solo del bambino e non del fatto che sarebbe morto. Ti voglio bene <3
7) Questo capitolo è dedicato a: Alice, Denise, Amanda, Catherina, Elena, Samantha, RiccioLilli, Booksmydrug, Anna e Marika. Vi voglio bene, a tutte voi. Chi più chi meno. Grazie di tutto
8) Grazie a chi tiene la mia storia tra preferite / ricordate / seguite, a chi la recensisce costantemente sin dal primo capitolo (Controcorrente, grazie di tutto), alla nuova arrivata (booksmydrug) e alla solita rompipalle scassacoglioni a cui voglio un mondo di bene (RiccioLilli).
 

Be è tutto, ci vediamo all’epilogo… spero di non farvi incazzare sul finale.
Un bacione
Mara
<3

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Capitolo 18
*** cruel and beautiful world ***


Epilogo

Cruel and beautiful world

 
Beh… quindi eccoci qua all’epilogo. Pensavo che questo momento non sarebbe mai arrivato… questo capitolo è dedicato ad una persona, che non conosco, e che probabilmente non ha la minima idea di ciò che ha fatto per me o di quanto mi ha aiutata. Grazie di tutto, questo capitolo, quello secondo me più importante di tutti, lo dedico a Controcorrente.
 
 
It's been too long since I've been myself, and my eyes can't see anymore
And there's a song inside of this hard of mind, and I'd like to sing it to you
Cause there's an earthquake shaking inside my country
Now what am I gonna do?
Cause it's a cruel and beautiful world



(grouplove – cruel and beautiful world)
 
 
 
 

Cinque mesi prima…
 
 

Roberto Costa ed Elisa Maltini
Annunciano il loro matrimonio
17 maggio 2014 – ore 12.30
Parrocchia di San Bartolomeo
 
Roberto ed Elisa
Dopo la cerimonia
Saranno lieti di festeggiare con parenti e amici
Presso il Castello di Cavernago
 
R.S.V.P.

 
 
 

Il 17 maggio…
 
Claire’s pov
 
Il vestito era stupendo, rosa pallido, senza spalline e lungo fino ai piedi. Si intonava benissimo alla chiara carnagione di Elisa che, in soli tre mesi di dieta ed esercizio fisico, era riuscita a tornare al suo peso normale giusto in tempo per il fatidico giorno.
Il bouquet era bianco, composto da calle e mughetti, molto grazioso. Io, Ines e Anna avevamo fatto testimoni e damigelle, tutte con un vestito color verde smeraldo lungo fino a mezza coscia.

Anche Roberto era stupendo, nel suo smoking semplice nero e bianco.

I suoi testimoni erano stati suo fratello maggiore, Chris e… Matteo.


Dalla sera in cui era nato Kevan lui e Roberto avevano iniziato a frequentarsi più spesso (colpa mia e di Elisa) e avevano imparato prima ad accettarsi, poi ad andare d’accordo, e infine ad essere addirittura amici!
Kevan è nato il 14 febbraio, il giorno dopo il mio compleanno, oltre che il giorno di San Valentino. Diciamo che Elisa e Roberto si erano fatti davvero un bel regalo.
Elisa era stata dimessa dall’ospedale cinque giorni dopo, ovvero il 19, e si era data da fare per dimagrire. Il bambino era andato a casa (erano riusciti a prendere in affitto un piccolo appartamento in centro) il 12 Marzo. Passando praticamente ogni singolo giorno diviso fra i nonni materni e i nonni paterni, Elisa e Roberto erano riusciti a preoccuparsi per le nozze.

Ovviamente la madrina Clarissa ha aiutato.
Eh già. Madrina.
Beh, forse non a tutti gli effetti dato che non sono maggiorenne, ma è il pensiero che conta.

Il battesimo era stato celebrato il 12 maggio e Kevan non faceva altro che piangere e frignare.
Ha preso da sua mamma.
Oddio sto parlando come se fossi una vecchia!


Comunque… la cerimonia del matrimonio era andata bene. Avevano ingaggiato come musiciste un quartetto d’archi tutto al femminile, ed avevano suonato benissimo.
La sposa era arrivata, come tradizione, in ritardo di venti minuti. E le damigelle, come tradizione, volevano strozzarla, ma poi è andato tutto bene. Né Elisa né Roberto avevano sbagliato le parole, ma forse ci avevano dato un po’ troppo dentro nel bacio.
Il prete aveva una faccia, non so, estremamente esilarante.


E in più Kevan era stato zitto, in braccio alla nonna materna. Certo, quando anche Laura era scoppiata in lacrime non c’era stato molto da fare per impedire la reazione a catena, ma abbiamo limitato i danni dando Kevan in braccio alla zia Andrea.

Appena usciti dalla chiesa c’era stato l’ordinario lancio del riso e lo scoppio dei petardi.

Kevan, ovviamente, aveva riiniziato a piangere.


Dopodiché era partita la processione di macchine verso il ristorante.
Appena arrivati c’era stato subito il brindisi agli sposi e il pranzo. Avevo mangiato un piatto di pasta alla carbonara, dei ravioli nostrani, due secondi di cui non so nemmeno di cosa si trattava e tanti pasticcini e dolci vari, senza contare l’innumerevole quantità di ‘finger food’ prima dell’inizio del pranzo, tra cui sushi, varie creme con formaggi o frutta, tartine al salmone o con un paté di non-so-cosa e tante altre cose strane e deliziose.


Avevo cercato di stare lontana dagli alcolici, almeno per un po’.

Ovviamente Matteo aveva continuamente cercato di farmi bere. Idiota.


In questi tre mesi il nostro rapporto si è visibilmente rinforzato, e anche se so che abbiamo 17 anni, e che è decisamente probabile che non sarà lui l’uomo che porterò all’altare, posso dire con certezza che lo amo, e che lui ama me.

Verso le sei e mezza c’è stato il taglio della torta, ed Elisa si è visibilmente commossa.


Io avevo una paura marcia di ingrassare.
Insomma, era una torta a tre ‘piani’, con vari strati di crema al cioccolato all’interno, coperta con la glassa blu e decorazioni fatte con la panna, con in cima degli sposini di zucchero. Chi non avrebbe avuto paura?
Elisa e Roberto avevano chiamato due fotografi per realizzare l’album di nozze, e te li trovavi davanti che cercavano di fare foto a tutto quello che vedevano.
Una volta non mi sono accorta di averne davanti uno, e il flash inaspettato mi ha fatto cadere il bicchiere di mano.


Il lancio del bouquet… beh… quello è stato strano.
Diciamo che Elisa non ha mai avuto una buona mira, quindi invece che lanciarlo nel gruppetto di ragazze dietro di lei, il bouquet è finito nelle mani di… beh, nelle mani di Matteo.
In realtà gli è finito in testa, dato che non stava prestando attenzione e che non se l’aspettava.
Poi è caduto ai suoi piedi e l’ha raccolto sorpreso.
E infine si è messo a fare l’idiota saltando contento come una femmina.
Sorpassiamo sui dettagli…


Alle sette sono arrivati i musicisti, con due ore di ritardo.
A quanto pare, invece di capire diciassette, avevano capito sette.
È stato molto divertente. In pratica c’erano questi poverini che mettevano su la musica, e cantavano anche benissimo sia in inglese che in italiano, ma nessuno andava a ballare perché, si sapeva, dovevano essere gli sposi ad aprire le danze, e questi ultimi erano impegnati a intrattenere tutti gli ospiti robe varie.


Durante il pranzo continuavano a passare tra i tavoli e ogni due minuti c’era un brindisi agli sposi o una richiesta stile folla che urla “Bacio! Bacio! Bacio!”.
Ad un certo punto Elisa, con i piedi martoriati per via delle scarpe col tacco alto, aveva iniziato ad andare in giro a piedi nudi.
Sto seguendo un ordine un po’ sparso, lo so, ma vi racconto come mi vengono in mente le cose.
Alle otto c’era stato il primo ballo, seguito da molti altri.
Le canzoni erano prevalentemente o in inglese (sia house che pop) oppure italiane degli anni novanta, messe a caso.
Ad esempio, potevi ascoltare “50 special” dei Lunapop  cantando a squarciagola “ma com’è bello andare in giro con le ali sotto i piedi! Ed una vespa special che…” e così via e subito dopo ti capitava e Eminem che non riuscivi nemmeno a stragli dietro con le parole.
Invece i cantanti erano bravissimi, davvero, una cosa stupefacente come riuscivano a passare da una canzone all’altra senza difficoltà e contemporaneamente intrattenere gli ospiti parlando. Ed erano in due.


Ad un certo punto, verso le nove e mezza, c’era stata una pausa e c’avevano detto di uscire dal castello e andare fuori sulla riva del lago perché c’era una sorpresa per gli sposi. E infatti quando eravamo usciti tutti e avevamo raggiunto la riva, dall’altro lato del lago erano iniziati i fuochi d’artificio.
Elisa e Roberto non avevano badato a spese, a quanto pare.


Erano durati cinque minuti e poi erano arrivati dei parenti di Roberto con quattro sacchetti bianchi e si erano messi a chiedere se qualcuno aveva un accendino.
Una volta trovata risposta avevano aperto i sacchetti e avevano iniziato a tirare fuori… delle lanterne.
Stile quelle di carta, giapponesi o cinesi o non so cosa, che se accendevi una piccola fiamma al loro interno, volavano via.
Ce n’erano per tutti.
Un volta accese tutte le lanterne, ci hanno detto di esprimere un desiderio e poi lasciarle andare, e noi le abbiamo fatte volare tutte insieme, con un alto rischio di incendio.
Mi chiedo se gli sposini avessero chiesto il permesso al comune per fare un cosa del genere, sia le lanterne che i fuochi d’artificio.


Verso le dieci siamo rientrati nel castello e un po’ di gente, ovvero i più anziani, hanno iniziato ad andare a casa, tra cui papà e Cindy con Maria. Io sarei tornata a casa in moto con Matteo, sempre che non fosse troppo ubriaco per guidare.
 
Ora è mezzanotte, quasi l’una, e siamo rimasti solo noi giovani. Il fratello e la sorella di Roberto con i rispettivi fidanzate e fidanzati, gli sposi (ovviamente), gli instancabili musicisti, io, Matteo, Ines, Chris, Anna e Luca (il suo nuovo fidanzato, quello della discoteca).
Hanno messo un lento e siamo tutti a coppie a ballare nel cortile, all’aria aperta e fresca della notte con le stelle che risplendono in cielo insieme ad uno spicchio di luna. In lontananza, le luci della città.
“sei stupenda stasera, te l’ho già detto?” mi sussurra Matteo all’orecchio. Io sorrido “almeno sette volte dopo il pranzo e cinque prima. Otto con questa” “beh, lo sei” risponde baciandomi. Io sorrido sulle sue labbra.
 
 
Sento dei passi che scricchiolano sui sassolini del cortile ma non ci bado molto, finchè una voce non mi fa staccare di colpo da Matteo. “posso ballare anche io con te, oppure non sono più il benvenuto…?”. Mi immobilizzo all’istante e noto che tutti ci stanno guardando. Lancio un’occhiata ad Elisa ma lei alza le spalle con fare rassegnato e con lo sguardo mi indica Ines che ha un sorriso dispiaciuto e ‘innocente’ sul volto.
Lentamente mi giro e confermo la mia più grande paura.
È tornato.
Filippo.
 
 



E finisce così. Vi voglio tanto bene.
Vi avverto subito che non posterò nessuna OS sulla storia. In teoria l’OS doveva essere sul matrimonio, ma poi mi sono detta “perché non fare il matrimonio nell’epilogo?” ed eccolo qua. L’epilogo.
Penso che sarete sorpresi o anche solo confusi, quindi se avete domande chiedete pure nelle recensioni. Ho una risposta a tutto tranne che a “cosa accade dopo?” perché quello non lo so nemmeno io.
Come ho già detto questo capitolo è dedicato a Controcorrente.
So che è un po’ corto, ma ho cercato di farlo breve in modo da avere un certo impatto sul finale. E in più perché se no non sarei riuscita a postare oggi, e voglio postare oggi perché… è UN ANNO che ho iniziato questa storia su EFP!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia tra cui:
 
Chi la segue
- 0_0martolla0_0 
- 3Giulystella007 
- BabyIWillLoveYouForever 
- PulCece 
- RiccioLilli 
- valeriaros85 
 
Chi la tiene nei preferiti
Babba_Pieghetta 
Crazy_2 
martina836 
RebelVampire 
 
Chi la tiene nelle ricordate
AngeliEDemoni 
 
Chi la recensisce:
-booksmydrug
-RiccioLilli
-Controcorrente
 
E un grazie speciale va soprattutto a Controcorrente. Davvero: grazie!
 
Grazie anche a chi tiene nelle seguite/preferite/ricordate anche “una vita sulle punte” e a chi legge in silenzio e fa aumentare le visualizzazioni in tutte e due le storie.
Siete tantissime e non me l’aspettavo, grazie davvero di cuore a tutte/i!
 
Ora vi chiedo invece scusa per il finale e perché non saprete mai chi sceglierà Claire, se Filippo o Matteo. E non date niente per scontato, se volete provare ad immaginarvelo. Non sono una da risposte scontate.
Se vi fa sentire meglio, neanche io saprò mai chi sceglierà Claire. Non pubblicherò più niente su di loro e sulla loro storia, e tanto meno scriverò qualcosa. Mi porterò l’immaginazione nella tomba.
Oppure sul letto di morte. Magari quando starò per morire forse dirò qualcosa, ma non aspettatevi niente.
Del tipo, scena da film. Okay questa parte è tutto fumo e niente arrosto. Sono una a cui piace ingigantire le cose per darsi da sola anche solo l’impressione di star facendo una cosa speciale quando invece non si ricorderà mai niente nessuno.
Beh grazie a tutti per avermi prestato attenzione.
Mi sto dilungando, non riesco a credere che questo è l’epilogo, ma devo essere forte.
Quindi uhm… finisce così.
È tutto…
Uhm, non so se scriverò altro, non ho ispirazione… non so se tornerò mai a scrivere su questo sito, forse leggerò soltanto…
Bene vado a segnare questa storia come completa.
Au revoir care
Grazie mille di tutto
Un bacione
Mara (Cold_Fire)
<3

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