you are the best thing that's ever been mine

di Carrie B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** the story of my life ***
Capitolo 2: *** alive ***
Capitolo 3: *** strong ***
Capitolo 4: *** the brand new day ***
Capitolo 5: *** don't forget where you belong ***
Capitolo 6: *** more than words ***
Capitolo 7: *** through the dark ***



Capitolo 1
*** the story of my life ***


Mi chiamo Sophie Kathrine Gilbert, ho 17 anni, vivo a New York, Stati Uniti, ma sono nata a Wolverhampton, Inghilterra, dove ho vissuto per la prima parte della mia vita. Quando avevo 6 anni i miei genitori divorziarono, “differenze inconciliabili” dissero, ma io lo sapevo che continuavano ad amarsi. Mamma decise di mettere un oceano tra noi e lui così, dopo vari spostamenti, ci stabilimmo a nyc. Dal divorzio non vedo più tanto spesso mio papà, solo due o tre volte l’anno, quando si ricorda di avere una famiglia, prima eravamo molto uniti, poi tutto il mio mondo è crollato e io in un certo senso mi sentivo responsabile, ero arrabbiata con lui per avermi lasciato, per essere rimasto dall’altra parte del mondo, ma dopo un po’ capii che quello che provavo, i miei sentimenti non facevano alcuna differenza, era meglio tenermi le mie emozioni e i miei pensieri per me. I continui trasferimenti di mamma non ci hanno permesso di fare molte amicizie, o almeno non durature; abbiamo praticamente vissuto ovunque Parigi, Toronto, Orlando e adesso New York, dove mamma ha incontrato Tom, un avvocato e 5 anni fa si sono sposati. Ho due fratelli di sangue, sono più grandi di me James ha 19 anni e frequenta la Brown University, Emily invece ha compiuto 18 anni e si è trasferita a Londra, frequenta l’accademia di ballo, io sono la terza ed infine ci sono i miei fratellini, figli di mamma e Tom, Sam di 8 anni e Charlie di 6 anni. Io frequento il liceo, l’ultimo anno, sono una delle più brillanti del mio corso sin dalle medie arrivo sempre tra le finaliste della gara di scrittura alla quale partecipa la mia scuola, l’anno scorso il mio racconto ha vinto il primo premio. Oltre a questa mia passione per la letteratura, sono una ragazza normale, altezza nella media, abbastanza magra, ho gli occhi chiari e i capelli castani, lunghi.
Amo lo sport, competere, la scarica di adrenalina è talmente intesa quando gareggi che ti dà alla testa, è una sensazione incredibile, ti fa sentire viva, invincibile, come se niente e nessuno possa ferirti, proprio per questo pratico molto sport, equitazione, nuoto e pallavolo. Amo la musica, suono il pianoforte da quando sono molto piccola e la chitarra. L’unico mio problema è farmi degli amici, non sono mai stata molto brava a legarmi alle persone, potrei dare la colpa al divorzio dei miei genitori o ai continui spostamenti a causa del precedente lavoro di mia mamma, visto che è difficile farsi degli amici quando sei sempre e costantemente la “ragazza nuova”, ma la verità è che ho sempre preferito stare con i miei fratelli forse perché ero certa che non mi avrebbero mai lasciato.
Ok, con questa descrizione sembro proprio una sfigata secchiona con la fissa per lo sport e la musica. Cancelliamo!
Io frequento il liceo, l’ultimo anno, sono una delle più brillanti del mio corso, sin dalle medie arrivo sempre tra le finaliste della gara di scrittura alla quale partecipa la mia scuola, l’anno scorso il mio racconto ha vinto il primo premio. Oltre a questa mia passione per la letteratura, sono una ragazza normale, altezza nella media, abbastanza magra, ho gli occhi chiari e i capelli castani, lunghi. Amo lo sport, competere, la scarica di adrenalina è talmente intesa quando gareggi che ti dà alla testa, è una sensazione incredibile, ti fa sentire viva, invincibile, come se niente e nessuno possa ferirti, proprio per questo pratico molto sport, equitazione, nuoto e pallavolo. Amo la musica, suono il pianoforte da quando sono molto piccola e la chitarra. L’unico mio problema è farmi degli amici, non sono mai stata molto brava a legarmi alle persone, potrei dare la colpa al divorzio dei miei genitori o ai continui spostamenti a causa del precedente lavoro di mia mamma, visto che è difficile farsi degli amici quando sei sempre e costantemente la “ragazza nuova”, ma la verità è che ho sempre preferito stare con i miei fratelli forse perché ero certa che non mi avrebbero mai lasciato.
Così va meglio.
Ciao, sono Sof.



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Capitolo 2
*** alive ***


La mia vita è iniziata circa l’anno scorso, quando tutto è iniziato a crollare, ero stufa di fare sempre la ragazza perfetta, di fare tutto quello che DOVEVO e che GLI ALTRI volevano che facessi, ero stanca di non essere mai abbastanza brava o abbastanza bella, ma allo stesso tempo ero troppo dentro per uscirne da sola, non so ancora se dire che sia stato un bene o no, ma circa un anno fa, conobbi Jesse, il ragazzo più fico e pericoloso della scuola. In realtà fu lui a trovarmi, un pomeriggio in biblioteca si sedette di fronte a me, da lì iniziò la mia rovina. Inrealtà non è mai stata solo colpa di Jesse, l’unica colpevole ero io, che mi facevo trasportare in un mondo che non mi apparteneva, un mondo in cui marinare la scuola era all’ordine del giorno, in cui gli adolescenti fumavano e bevevano, in cui tutti facevano quello che volevano.
Diciamo che non conoscevo le vie di mezzo, da perfetta ragazza tutta “casa e scuola”, solitaria e senza amici ero diventata proprio come Jesse e tutti i suoi amici, a scuola i miei voti erano pessimi, non suonavo più, non andavo agli allenamenti, ero senza controllo. Ero consapevole di non essere quel tipo di ragazza ribelle, ma per un secondo, un dannatissimo secondo mi sentivo viva, sentivo il mio cuore battere, mi sentivo respirare e non trattenere il fiato come ogni volta che varcavo l’atrio della scuola, sapevo che il tempo stava scorrendo, ma quando gareggiavo o frequentavo Jesse, credevo di poter fermarlo, anche solo per un istante. Se pensavo che il mio mondo fosse già a pezzi.. mi sbagliavo. Tutto si “sbriciolò” una sera quando arrivo una telefonata dall’Inghilterra, mio padre stava molto male a causa di una malattia ai polmoni respirava a fatica, così due giorni dopo io e James partimmo, Emily era già lì, arrivammo giusto in tempo per salutarlo un’ultima volta. Odiavo gli ospedali, odiavo il loro odore di malattie, di morte, entrammo uno alla volta, io per ultima. Papà era lì, sdraiato e aveva gli occhi chiusi, sembrava così debole, così indifeso, non lo vedevo da anni, tre o quattro circa, da quando decisi che non l’avrei mai perdonato, ma adesso non era più il “cattivo” che mi ero immaginata mille e mille volte, era un uomo, un essere umano che come tutti commetteva errori, era mio padre. Mi avvicinai al letto e presi la sua mano tra le mie, lui aprì gli occhi. «Sof.. » sussurrò lievemente. « Bambina mia..» disse infine. «Ciao Papà» sorrisi. Chiuse gli occhi e mentre la barra del monitor accanto al letto diventava piatta e il “bip” prolungato invase la camera, mio papà gemette per un’ ultima volta « vivi ». I medici fecero irruzione nella stanza, un’infermiera mi staccò da lì, ero in lacrime e urlavo. I miei fratelli mi abbracciarono, il mio cuore era a pezzi. Avevo perso mio papà due volte, la prima a sei anni e la seconda ora, a 17, solo che questa volta sapevo che era per sempre e il dolore mi lacerava nel profondo.
Al funerale c’erano tantissime persone che non conoscevo, tantissime persone che non vedevo da tempo, io ero davanti, vicino ai miei fratelli, vicino a mia mamma che piangeva tra le braccia di Tom. Dopo la funzione andammo in quella che era stata la nostra casa, dove tutti i parenti si riunirono. Mia zia Mary venne da me e mi disse di ricordare mio padre come era stato e non come l’avevo visto negli ultimi momenti della sua vita. Io ero distrutta, non avevo mai affrontato bene le perdite, non ero come i miei fratelli. Mi chiusi in quello che era il suo studio, mi sedetti dietro alla scrivania, dove appoggiate vi erano molte foto nostre, sia di quando eravamo piccoli, sia recenti, credo che mia mamma gliele abbia inviate nel corso degli anni. Una in particolare mi colpì, una mia e sua, mi ricordavo bene quel giorno come se fosse appena passato, quel giorno mi aveva insegnato a cavalcare su Drizzle, la vecchia cavalla alla fattoria dei nonni. Quando ero piccola passavamo molto tempo insieme, amavo stare con la mia famiglia, amavo le giornate alla fattoria, amavo la mia vecchia vita, poi mi venne in mente l’ultima parola di Papà “vivi” ed era esattamente quello che avevo intenzione di fare. Tornati a nyc, smisi di frequentare Jesse e la vecchia compania, ma d’altra parte non potevo neanche più tornare a essere la perfetta figlia, la perfetta studentessa. Ero in bilico, non sapevo più cosa sapere.
Un giorno tornata da scuola, andai in camera e sul letto trovai una lettera, una lettera di mio padre.


28 Marzo 2013

Mia Adorata Sof,
So già che quando riceverai questa lettera io me ne sarò andato, ma ti scrivo con la speranza che tu stia bene. Voglio che tu sappia che mi dispiace, mi dispiace di avervi lasciato andare, di averti perso, non solo una volta, ma parecchie volte. Tra i tuoi fratelli sei quella che mi somiglia di più, sei una ragazza meravigliosa, ma sei orgogliosa, proprio come me, ami gareggiare e lo fai solo per vincere. So bene che sei arrabbiata con me e hai tutte le ragioni di esserlo, ti ho lasciata, ho lasciato tutti voi,ma devi sapere che avevo appena scoperto della mia malattia e preferivo lasciarmi odiare pensavo scioccamente che in questo modo non avreste sofferto più di tanto dopo la mia dipartita. Siamo essere umani, per definizione imperfetti, è normale sbagliare. Non sto cercando di giustificarmi, anzi so bene di averti deluso e ti conosco talmente bene che so anche che stai facendo di tutto per attirare la mia attenzione su di te, tutti quei premi scolastici, tutti quei bei voti e di recente ho parlato con tua mamma che mi ha informato del tuo cambiamento. Ma non lo vedi che la vita è troppo breve per essere qualcun altro?! Deve vivere, ma non come stai facendo, devi essere te stessa, devi godertela la vita, perché non c’è niente di più bello al mondo. Ti ricordi quando ti insegnai a cavalcare, mi dicesti che ti sembrava di volare e che era così bello, il tuo cuore batteva così forte. Voglio che tu e i tuoi fratelli e tua mamma siate felici, vi meritate tutto il bene possibile. Vi voglio bene, sempre stato e sempre sarà. Sii te stessa e tutto andrà bene, te lo prometto e ricorda che l’unica vita che vale la pena di essere vissuta è quella che ti fa battere il cuore, io sarò sempre con te.
Papà.


Le lacrime mi rigavano il volto, dentro quella busta c’era una catenella con un ciondolo, con scritto:
vivi
Dentro c’erano due foto, una di tutta la famiglia e l’altra era quella sopra la sua scrivania in Inghilterra, io e mio papà sopra Drizzle, la cavalla con la quale avevo imparato a “volare”.
Misi la catenina al collo, era lunga in modo che il ciondolo arrivasse sino al petto, vicino al cuore, non importava più la rabbia, il dolore, il rancore, mio papà avrebbe sempre avuto un posto nel mio cuore.



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Capitolo 3
*** strong ***


Dentro ero distrutta, non volevo più mangiare, non parlavo con nessuno, passavo il mio tempo a piangere e a ripensare a tutti quegli anni e tutte quelle energie che avevo impiegato ad odiare mio padre. Nei miei confronti tutti erano sempre molto gentili e comprensivi, non facevano altro che preoccuparsi per me e chiedermi come stavo, a nessuno interessava veramente ottenere una risposta sincera, mi vedevano solamente come un caso disperato, come un piccolo cucciolo di cui prendersi cura. Mamma mi obbligò ad andare da una psicologa, ma dopo due o tre sedute, non ci volli più andare, non aveva senso sprecare delle ore intere se tanto non riuscivo a parlare, ad esprimere quel vortice di pensieri che mi tormentava giorno e notte. Avevo paura a chiudere gli occhi, ed addormentarmi, nei miei incubi c’ero io che precipitavo nel vuoto, avevo paura di essere dimenticata, intorno a me tutti andavano avanti con la loro vita, era tutto tornato alla normalità, ma nessuno si rendeva conto che una persona era morta, mio padre non c’era più e niente me l’avrebbe restituito. Dopo qualche settimana dal funerale, circa alla fine di Aprile, mamma entrò in camera mia mentre io ero sdraiata sul letto ad ascoltare le musica con le cuffiette. Si sedette sul letto e mi fece segno di spegnere l’ipod.
«Hey tesoro, come stai? » disse sorridendomi.
Voleva davvero sapere come stavo? Stavo malissimo, ecco come stavo! Odiavo il mondo intero! Odiavo me stessa per aver odiato una persona così tanto tempo e odiavo il fatto che ormai non avrei mai più potuto porvi rimedio..
«…» non risposi, la guardai con un’espressione interrogativa, perchè era lì?!
«Allora..circa due settimane fa, tua zia, Brenda, la sorella maggiore di papà, mia ha chiamato, mi ha detto di averti vista parecchio sconvolta al funerale e voleva sapere se ti eri ripresa.. le ho raccontato un po’ di come stai e mi ha proposto una cosa..» Io la stavo fissando, ma in realtà non mi interessava minimante.. come pretendevano le persone che stessi bene? Avevo perso mio padre! Non stavo per niente bene. Subito sentii il bisogno di sicurezza e la mia mano veloce arrivò al petto, ecco, lo sentivo, sentivo il ciondolo di papà, tutto andava bene.
Lei continuò, credendo che la stessi ascoltando «.. vedi, tesoro, zia Brenda mi ha chiesto se ti faceva piacere andare a stare un po’ da loro in Inghilterra.. Partiresti quest’estate, subito dopo il diploma, e puoi rimanere lì tutto il tempo che vuoi..So bene che tutto questo può essere spaventoso, ma non ti devi preoccupare, non sarai sola, Emily studia non molto lontano da lì e poi ci sono sempre Kyle e El, i tuoi cugini, per non parlare quel ragazzo con cui eri tanto amica da piccola. Come si chiamava? Liam? Non sarai mai sola» Sentire pronunciare quel nome per me fu come un tuffo al cuore, Liam, Liam,.. Liam era il mio migliore amico a 6 anni, era come un fratello per me, neanche da piccola non ero molto brava a farmi degli amici, Liam era il figlio dei nostri vicini di casa, i Signori Payne, aveva solo due anni in più di me, ma eravamo davvero inseparabili da piccoli. Un giorno stavo giocando in giardino con mio papà, quando un bambino biondo, un po’ più alto di me, mi si avvicino timido e mi chiese se poteva giocare con me. All’inizio ne rimasi sorpresa poi gli porsi la palla e dopo 5 minuti era già il mio migliore amico. Dal quel momento, Liam divenne parte di me, ci vedevano praticamente sempre, passavamo le giornate a ridere e a giocare. Quando i miei divorziarono iniziai a vederlo sempre meno, fino a quando ci trasferimmo dall’altra parte del pianeta, poi smisi di andare da mio papà per le vacanze e così gli dissi addio un’ultima volta, avevo circa 12/13 anni, era inutile continuare così a vedersi una due volte l’anno e far finta di avere lo stesso rapporto che avevamo da piccoli, dopo quella volta non ebbi più sue notizie e non sentì mai più pronunciare quel nome, almeno fino ad ora.
Mi resi conto che mia mamma mi stava fissando, speranzosa.. «Ok..»
«Ok? Ok! Perfetto! Allora vado subito a chiamare zia Brenda. Non sai quanto sono felice, starai bene! Ti farà bene, vedrai!» era contenta. Era bello vedere come era facile per certe persone essere felici, come quando si è piccoli e il tuo buonumore dipende da una caramella, una sciocchezza, ma per i bambini una caramella è tutto! Come avrei voluto essere felice. Passarono i giorni, le settimane e i mesi, passarono gli esami finali e le cerimonie del diploma, il tempo scorreva inesorabile e finalmente arrivò il primo luglio, il giorno della mia partenza. Qualche giorno prima avevo spedito alcune delle mie cose così da non portare con me troppa roba, il mio aereo partiva alle 10, quindi dovevo essere in aereoporto alle 8, più o meno. Mi accompagnarono tutti, Emily e James erano tornati a casa per le vacanze, tutti erano lì, mamma piangeva e anche i miei fratellini erano tristi, io ero normale, non sentivo niente, non mi rendevo minimamente conto che tra poco sarei stata da sola. «Tranquilla tesoro, non ti preoccupare che andrà bene.. eccoti il biglietto, stai serena, non ti agitare, allora.. ti viene a prendere zia Brenda, ok? Ok! Appena puoi chiamaci e per qualunque cosa ricordati che puoi sempre tornare a casa, non c’è problema. Mi chiamo e io corro.. ehm prendo l’aereo.. vabbè hai capito!.» va bene, mia mamma era più agitata di me, l’abbracciai, dovevo cercare di essere forte e se non ci riuscivo per me, dovevo riuscirci per loro. «tranquilla mamma, starò bene!.» le sussurrai all’orecchio. Con tutto il mio cuore speravo che sarei stata bene. Salutai tutti e prese le mie valigie mi avviai.
Non sapevo cosa mi aspettarmi dall’ Inghilterra, ma tanto non avevo più niente da perdere, le mie certezze si erano sbriciolate e non avevo più niente che mi legasse a Ny, a Wolverhampton invece c’era tutto, c’erano i ricordi, quella città era mio papà in un certo senso, quello è sempre stato il posto dove sono stata più felice in assoluto e non so perché ma sentivo che questo era un nuovo inizio.



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Capitolo 4
*** the brand new day ***


8 ore, il viaggio era durato 8 ore, sembravano un’eternità, io ascoltai un po’ la musica, guardai un film, “noi siamo infinto”, uno dei miei film preferiti in assoluto, poi mi addormentai. Venni svegliata dal rumore e dalle scosse dell’aereo che atterrava, ero arrivata.
Scesi dall’aereo, presi le valigie e mi diressi verso l’entrata, c’erano tantissime persone il che rendeva difficile trovare mia zia, ad un certo punto davanti a me mi trovai un ragazzo, alto, coi capelli scuri e gli occhi verdi, lo riconobbi subito, gli corsi incontro e lo abbracciai.
«Ciaoooo Sof! .» disse esprimendo la sua sincera felicità nell’avermi lì, Kyle, mio cugino era sempre stato un ragazzo molto socievole, mi ricordava molto mio fratello James. «Heyyy ciaoooo» ero felice di essere lì e di vedere mio cugino. Quando ci staccammo vidi che accanto a lui c’era un altro ragazzo, più o meno alto quanto lui con capelli castani e gli occhi castani, non lo conoscevo, ma aveva un viso familiare. «Sophie questo è Liam, Liam, questa è mia cugina Sophie.» disse Kyle facendo le presentazioni. «Amico guarda che ci conosciamo già!» disse il ragazzo ridendo, si avvicinò a me e mi abbracciò. «Ciao amica! Mi sei mancata.» sussurrò al mio orecchio, dei brividi mi percorsero la schiena.
Ero sotto shock, quello.. quello era Liam? Il mio Liam? Il mio cuore fece una capriola, o meglio un triplo salto mortale all’indietro, lo sentivo battere forte.
Ricambiai l’abbraccio, sentivo il suo profumo, era come se non me ne fossi mai andata.
Ero a casa finalmente.
Quando ci staccammo qualche secondo dopo, Kyle mi disse che la zia era andata un attimo a fare delle commissioni visto che il mio aereo era in ritardo, così erano rimasti loro ad aspettarmi.
Uscimmo dall’aereoporto e iniziammo a caricare le valigie in macchina, Kyle mi chiese come stava la mia famiglie e com’era nyc, dopo una decina di minuti arrivò mia zia Brenda, assomigliava molto a papà, era più bassa e aveva i capelli biondi, ma avevano gli stessi occhi verdi, come quelli di Kyle, simili ai miei. «Tesoro mioo, scusami, scusami tanto, ma tuo zio stamattina si è dimenticato di comprare le spezie per la cena di stasera!.» «Tranquilla zia, non c’è problema..» «Povero tesoro caro, sei stanca vero? Allora vieni che andiamo. Ma quanto sei bella!! Davvero!» volevo bene a mia zia e a tutta la mia famiglia, quella dalla parte di papà, mi facevano sentire speciale, mi prestavano sempre tantissime attenzioni che di solito non ricevevo, forse troppe attenzioni. Kyle guidava, zia Brenda voleva farmi sedere davanti al suo posto, ma per fortuna riuscii a convincerla a mettersi davanti, com’era giusto che fosse. Io e Liam si sedemmo dietro e mentre la zia e Kyle litigavano su la stazione radio da ascoltare, Liam si voltò verso di me.. avevano acceso l’aria condizionata quindi stavo morendo dal freddo, se ne accorse e mi poggio la sua felpa sulle spalle.
«Grazie.» gli sorrisi.
«Figurati..»

Liam’s pov:
Era davvero bella, più bella di tutte le altre ragazze che avevo mai visto, talmente bella da far girare la testa, la cosa sorprendente è che lei per fortuna o sfortuna, dipende dai punti di vista, non si accorgeva neanche dell’effetto che faceva alle persone intorno a lei, dell’effetto che aveva su di me. Erano passati davvero tanti anni dal nostro ultimo incontro, troppi.. allora ero un ragazzino, ma credo che ci sia sempre stato un legame così forte tra di noi, almeno da parte mia c’era. Non ho mai provato l’amore, quello vero, quello che senza l’altra persona non sei completo ed è inutile tentare di esserlo, Sophie era il mio tutto, andare avanti senza di lei era inconcepibile, quando se n’era andata aveva portato il mio cuore via con sé e adesso eccola qui, seduta accanto a me, con lo sguardo affascinato dalla vista di quella che era stata casa sua, casa nostra. Adesso che era tornata non l’avrei mai più lasciata andare via, io e lei ci appartenevamo, eravamo una cosa sola.


L’auto imboccò il vialetto di casa, appena scesi arrivarono El e Tyson, il cane della famiglia, seguiti a ruota dal signor Harrison, il papà di Kyle e Eleonor. «Sophie che bello sei qui! Sei arrivata» una ragazzina dai capelli rossi e gli occhi verdi mi abbracciò, mia cugina, Eleonor aveva circa 15 anni ed eravamo sempre state molto unite, era come una sorellina piccola per me, purtroppo quando me ne ero andata non avevo detto addio solo a Liam e a mio papà, ma anche a tutta la sua famiglia e all’Inghilterra. « Siamo tutti molto felici di averti qui con noi, sof » disse mi zio Robert. «Anch’io sono felice di esserci» gli sorrisi. Ero sincera, non erano neanche passate due ore e stare in Inghilterra mi faceva stare bene, non mi sentivo oppressa dal ricordo di mio papà, anzi lo sentivo più vicino che mai.
Liam mi porse la mia borsa e mi sussurrò «Preparati» «a cosa?.» gli chiesi confusa.
«a una grande festa di benvenuto in tuo onore» disse ridendo alla vista della smorfia di disappunto sul mio volto.
Zia Brenda disse ai ragazzi di portare su le mie cose e El mi mostrò la mia camera, avevo passato l’infanzia tra quelle quattro mura, era un po’ come se fosse casa mia.
Al piano terra c’era la cucina, la lavanderia e il salotto, dove da piccoli montavamo le tende e facevamo finta di essere degli esploratori, al primo piano c’era la camera dei miei zii, una camera degli ospiti e lo studio dello zio, al secondo piano c’era la camera di Kyle e altre due camere, una di El e una la zia l’aveva preparata per me, ed infine al terzo piano c’era la mansarda.
Salimmo le scale, sulla parte sinistra del secondo piano c’era camera di Kyle e a sinistra c’era la camera di El con affianco un’altra porta, camera mia. I ragazzi posarono le mie cose per terra ed uscirono, Io ero rimasta sullo stipite della porta.. . La camera era davvero grande, più grande della camera a nyc, era davvero molto luminosa, c’era un’enorme finestra e un balcone che dava sul retro della casa. Le pareti della camera erano rosa antico, un letto a due piazze dominava la stanza, c’era un comò, una toilette, delle mensole, una libreria, una scrivania e due porte, una della cabina armadio e una del bagno che condividevo con El. «I tuoi scatoloni li abbiamo messi nella cabina armadio, stai tranquilla, nessuno li ha aperti, mamma è andata con Kyle e Liam a casa di.. a casa di…» «tranquilla puoi dire il suo nome, sto bene» le dissi sorridendole dolcemente. «a casa tua e hanno preso delle cose che pensavano ti avrebbe fatto piacere avere, ma comunque se vuoi prendere dell’altro ti accompagna qualcuno di noi» era vero, sul comodino erano delle vecchie foto della mia famiglia, della mia infanzia, quanto mi era mancato tutto ciò, per anni avevo cercato in vano di dimenticare per paura di soffrire, ma alla fine la cosa più facile e che mi faceva stare meglio erano i ricordi «Allora come ti vesti? Mamma ha dato una festa di benvenuto» disse El eccitatissima.
«Non lo so.. pensavo di rimanere così» dissi guardando allo specchio i miei jeans arrotolati, la mia maglietta dell’hardrock e la felpa di Liam ancora addosso. «Vieni dalla capitale della moda, dal posto più fico in assoluto e vuoi rimanere in jeans per la tua festa?» chiese incredula. «ahahah ok ok.. senti adesso guardiamo un po’ tra i miei vestiti e troviamo qualcosa da metterci, ok? » dissi sorridendole, la sua espressione alle mie parole era impagabile, l’avevo resa la ragazzina più felice del mondo.
Dopo un po’ di ricerche trovammo entrambe qualcosa da metterci, era estate, faceva caldo anche se era l’Inghilterra, così Eleanor si mise un mio vestito verde a fiori e io scelsi dei pantaloncini corti e una camicia bianca. Posai la felpa di Liam sul cuscino, andai in bagno a farmi una doccia, mi asciugai i capelli, mi vestii e scesi. El si stava rimirando allo specchio con il vestito addosso. « Ma guardati sei davvero cresciuta! Non sei più la ragazzina con le trecce che mi ricordavo» alle mie parole El mi sorrise. Sulla porta aperta c’era Liam «senti chi parla.. e tu non sei più quella bambina che si trascinava quello stupido orsacchiotto ovunque..» rise.
«Certo.. solo perché quello stupido orsetto l’ho regalato a te» gli feci la linguaccia. «Ragazze fareste meglio a scendere, El la mamma ti sta cercando» disse Kyle affacciandosi dalla porta. In giardino c’erano tantissime persone, persone che credevo di conoscere e persone che non avevo mai visto in vita mia, Zia Brenda mi presentò ad alcuni amici, molti di loro mi abbracciarono, baciarono, non facevano altro che dispiacersi per la mia perdita e bla bla bla.. che ne sapevano loro? Io risposi sempre cordialmente, dopo circa un’ora andai a prendere da bere, mentre mi versavo un po’ di the freddo nel bicchiere scorsi una cosa, tra gli alberi, la casetta, la casetta che avevamo costruito tutti insieme una delle poche estati che avevo passato con papà dopo il divorzio, sentii l’irrefrenabile bisogno di evadere. Salì sull’albero ed entrai , lì c’era Liam che si voltò verso di me, aveva il sorriso più bello del mondo. «Ce ne hai messo di tempo, eh? Mi domandavo giusto quanto ci avresti messo a scappare»
«...» non risposi, non ero capace nelle relazioni con le altre persone e anche se era Liam ogni volta che aprivo la bocca rovinavo sempre tutto.
«è assurdo, non trovi?» disse dopo un momento di silenzio «a cosa ti riferisci?»
«a tutte quelle persone, la maggior parte di loro non conosceva tuo papà, non ti conoscono.. eppure fingono di essere tristi per mostrare agli altri che gran cuore hanno.. lo trovo patetico.» disse amareggiato.
«A volte le persone non lo fanno di proposito.. credono solo sia loro dovere mostrarsi tristi e compassionevoli.. non dico che mi piaccia la cosa, ma non ci posso fare niente..» Silenzio. Non c’è mai stato bisogno di parlare tra noi, l’assenza di parole era confortevole, perché entrambi sapevamo quanto un tempo ognuno di noi aveva tenuto all’altro e quanto neanche gli anni trascorsi lontano avessero intaccato il nostro legame.
«mi sei mancata..» disse Liam interrompendo il vuoto. «All’inizio non vederti era maledettamente doloroso, odiavo l’arrivare dell’estate, i compleanni, le feste di Natale perché nonostante tutto speravo di vederti arrivare con tuo papà, ma nel profondo sapevo che non saresti più tornata»
«mi dispiace, ma anch’io sono stata malissimo e veder..» la mia voce era spezzata, Liam mi prese il viso con le mani e si avvicinò a me. « hey sof, stai tranquilla.. va tutto bene! Sei qui adesso.. è questo quello che conta veramente»
Mi abbracciò,tra le sue braccia mi sentivo a casa, mi sentivo protetta, mi sentivo amata, forse avevo finalmente trovato il posto alla quale appartenevo, non era una città, un paese o una casa, era una persona.
Dopo un po’ che eravamo sull’ albero a chiacchierare, decidemmo di scendere, la maggior parte degli invitati se n’era andato per fortuna, erano le undici di sera circa con indifferenza io e Liam raggiungemmo gli altri ospiti.
Probabilmente Kyle ed El si erano accorti della nostra assenza e quando ci videro tornare insieme erano entrambi piuttosto sorpresi, noi d’altra parte sorridemmo solamente. Poco un po’ salutai tutti e andai in camera, sul mio letto c’era un oggetto familiare, un orsacchiotto, il nostro orsacchiotto. Il biglietto accanto diceva:

Questo era tuo, quando te ne sei andata mi avevi chiesto di prendermene cura, adesso te lo restituisco. Bentornata a casa.
Liam xxx


Ero stanca morta, ma ero felice, come non lo ero da tanto tempo.



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Capitolo 5
*** don't forget where you belong ***


Il giorno dopo mi svegliai alle tre del pomeriggio, avevo dormito quasi 15 ore, tra il jet leg e tutto il resto, mi ci volle qualche minuto per comprendere che ero nel mio letto, a casa dei miei zii, in Inghilterra. Accanto a me vidi la felpa verde di Liam, la presi tra le mani, aveva il suo profumo. Mi alzai e scesi in cucina, avevo davvero fame..
«Buongiorno Bell’Addormentata» disse Liam vedendomi entrare in cucina.
«ma tu sei sempre qui?» gli risposi sedendomi su uno sgabello di fronte alla penisola.
«I miei genitori sono andati a trovare mia nonna a Edimburgo e visto che mia sorella e il suo fidanzato occupano casa mia, i tuoi zii si sono offerti gentilmente di ospitarmi» rispose. «ah.. scusa» quand’ero diventata così insensibile?! Davvero avrei potuto partecipare al concorso “la persona con meno tatto del mondo, avrei di sicuro vinto il primo premio.
« tranquilla, non importa.. »disse sorridendo lievemente. «Tuo zio è in ufficio e tua zia è andata con El a fare la spesa.. Kyle invece è da Susan, la sua ragazza. Ho pensato di restare qui, di non lasciarti da sola…Hai fame? Ti ho preparato qualcosa..» Gli sorrisi e iniziammo a mangiare. « Allora.. che si fa da queste parti?!» gli chiesi.
Liam ricambiò il mio sorriso «Dipende tutto da quello che vuoi fare tu, sof»
«Direi che per iniziare un giro della città possa andare bene»
Mi andai a cambiare e quando uscì di casa..
«al volo!» urlò Liam lanciandomi un casco.
«a cosa serve?» gli chiesi.
« andiamo a fare un giro» sorrise. In quel momento notai la moto dietro di lui, era una moto grossa nera, purtroppo non mi intendo di queste cose perciò non riesco a descriverla correttamente o in modo dettagliato.
«Sei mai salita su una moto Sof?»
«Vengo da New York, lì ci sono i taxi e la metropolitana! »
« è come andare a cavallo» disse lui.
Salii dopo qualche incertezza.
«Tieniti forte».
Partimmo.
Mi aggrappai letteralmente a Liam, sentivo il calore della sua pelle, il suo profumo, mi porto in giro per la città, tutto appariva così familiare eppure così sconosciuto, come se fosse stato un sogno, vidi il parco dove giocavamo di solito con papà e i miei cugini la domenica, vidi la scuola elementare dove avevo iniziato ad andare da piccola, vidi il supermercato dove mamma comprava sempre il gelato allo yogurt che ci piaceva tanto, ad un certo punto ci fermammo.. avevamo superato da un pezzo le case, eravamo in un prato, vicino al bosco, conoscevo quel posto, era il nostro posto, mio e di Liam, era abbastanza vicino a dove abitavamo, ma allo stesso tempo sembrava lontano anni luce, lì gli avevo detto addio e adesso era lì dove lui mi aveva portato. Più osservavo quel posto, più mi rendevo conto che era esattamente lo stesso, niente era cambiato, niente eccetto me, io ero cambiata, ero cresciuta, non ero più la stessa ragazzina di 4/5 anni fa, avevo finito il liceo, non avevo più il papà e la mia famiglia era dall’altra parte del pianeta.
Mi voltai verso Liam, era lì immobile ad osservare ogni mia minima reazione.
«è successo qui, vero?» chiesi.
«già.. qui mi hai detto addio una volta per tutte, qui mi hai escluso dalla tua vita » disse, guardando per terra. «sono venuto qui ogni giorno, ogni giorno negli ultimi quattro anni, questo posto mi ricordava te, mi ricordava noi, io non ti ho mai detto addio.. » guardava basso, sapevo di avergli fatto male, ma non fino a questo punto.
Mi avvicinai a lui, presi il suo viso tra le mie mani e lo guardai intensamente.
Era la cosa più coraggiosa che io avevo mai fatto in vita mia, ma era così, quando ero insieme a lui, mi sentivo coraggiosa, mi sentivo protetta, non avevo pensato, non avevo calcolato le eventuali reazioni, avevo agito, per anni mi ero sentita inutile, mi sembrava di vivere la vita di un’altra persona e non la mia, quando papà era morto ero rimasta come pietrificata, il dolore della perdita aveva acceso in me una sofferenza costante, la mancanza di tutto, di mio papà, di Liam, della mia famiglia, dell’Inghilterra e di tutti quegli anni passati a non vivere, ma ora, in questo momento, sapevo con tutta me stessa di stare vivendo, sentivo il mio cuore, eravamo talmente vicini da sentire il suo respiro caldo su di me, da vedere i suoi occhi lucidi, da capire cosa pensava, cosa provava. «siamo io e te contro il mondo, ricordi?» gli sussurrai sorridendogli, mi sorrise a sua volta. Da piccoli me lo diceva sempre, quando ero triste perché mi ero fatta male, quando ero arrabbiata perché mio cugino e mio fratello facevano i prepotenti con me, quando piangevo a causa dei continui litigi tra i miei genitori. Lui era la mia casa, era la mia famiglia, lui era la mia persona.

«Ho bisogno che tu mi accompagni in un posto?» gli dissi. Erano passate le cinque e mezza da un po’, avevo sentito le campane della chiesa suonare almeno una decina di minuti prima, il cielo si stava lentamente dipingendo di arancione. Eravamo sdraiati a terra, tra l’erba, vicini, la mia testa era appoggiata sulla sua pancia, era incredibile come tutti quegli anni non contassero niente, quando eravamo insieme sembrava che non ci fossimo mai lasciati.
Mi tirai su e lo guardai negli occhi, acconsentì. Ci alzammo e andammo verso la moto.
«Un giorno mi devi assolutamente insegnare a guidare questo affare» dissi indicando la moto.
«Forse un giorno lo farò..» mi fece l’occhiolino.
Ci fermammo lì, di fronte a quella che era stata casa di mio padre, casa mia, mi avvicinai titubante alla porta, neanche io sapevo bene cosa fare, non avevo le chiavi, poi mi ricordai che papà lasciava sempre delle chiavi nascoste in una persiana della cucina sul retro perché sapeva benissimo che non sempre mamma si ricordava di prenderle, ed ecco.. erano ancora lì. Tornai dalla porta, Liam era dietro di me, cercava di darmi il mio spazio, ma eravamo stati lontani a sufficienza, mi voltai verso di lui in cerca di sostegno ed ecco, mi prese la mano, strinse le sue dite alle mie, eravamo uniti.
Aprì la porta, era tutto esattamente come era un tempo, presi una scatola dalla dispensa e iniziai a metterci tutto che volevo avere accanto a me, presi qualche libro, delle fotografie, andai di sopra e trovai qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Anche se il funerale si era tenuto lì, nessuno di noi, almeno io no, era salito al primo piano, dove c’erano le camere da letto, mamma aveva insistito per andare tutti in albergo, credo che neanche a lei andasse a genio l’idea di restare lì. Tutto era esattamente come l’avevamo lasciato, c’era ancora la mia cameretta, o almeno quella che era stata, le pareti con i disegni degli animali, qualche gioco, dei libri per bambini, i miei disegni attaccati al muro, delle fotografie. Una lacrima mi scese lungo il mio viso, avevo la certezza che anche mio padre aveva sofferto per la nostra partenza, neanche per lui deve essere stato facile, anzi.. papà non ci aveva mai detto addio.

Tornammo a casa dagli zii giusto in tempo per cena, non parlammo di quanto accaduto, della visita alla mia vecchia casa, non parlammo affatto e forse era giusto così. Quella sera passai un po’ di tempo con tutti gli altri, guardammo un film in televisione, niente di che, ma per qualche strano motivo mi sentivo molto più in famiglia lì che con la mia vera famiglia, forse perché nessuno di loro mi guardava come se fossi uno di quei vasi di ceramica fragilissimi che da un momento all’altro si sarebbe rotto.



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Sophie e Liam

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Capitolo 6
*** more than words ***


I miei primi giorni a Wolverhampton non furono niente di speciale in confronto al pomeriggio del primo giorno con Liam, passavo gran parte del mio tempo con mia zia ed El, mio zio lavorava ancora, mentre Kyle e Liam uscivano quasi sempre i loro amici. Mi avevano chiesto di uscire con loro svariate volte, ma per un verso o per l’altro non me la sentivo ancora. Nessuno di loro conosceva la vecchia me e nemmeno la ragazza delle feste, non sapevo se riuscivo a controllarmi, non avevo vie di mezzo, alle feste attiravo guai e forse era meglio se per un po’me ne stavo alla larga.
Una sera però incoraggiata dai miei zii accettai l’invito. . Dopo cena mi misi un paio di jeans strappati stretti, una maglia bianca, una felpa grigia aperta davanti, la giacca di jeans e le all stars, mi truccai e mi feci la coda. Kyle venne a bussare alla mia porta: «sei pronta?» «si, quasi» dissi prendendo il cellulare «ora sono pronta» sorrisi. «Io vado a prendere Susan a casa, tu vai con Liam, ci vediamo dopo» mi sorrise. Quando scesi, salutai gli zii ed uscii, Liam era in garage, in sella alla moto.
«Hey Sof » mi lanciò un casco, ormai quella era diventata un’abitudine?!
«Posso sapere dove andiamo» dissi salendo sulla moto.
«Non posso dirtelo, è un segreto, ma fidati, ti divertirai» Partimmo. Avevo passato la città da un po’ quando Liam rallentò, eravamo vicino ad un lago, fermò la moto. C’erano davvero tantissime persone, tanti ragazzi della mia età più o meno, vidi che Kyle e una ragazza davvero molto carina si stavano avvicinando a me e a Liam.
«Sophie, lei è Susan, la mia ragazza, Susan, lei è mia cugina Sophie» disse Kyle.
«Piacere di conoscerti» le porsi la mano.
«Il piacere è tutto mio » disse abbracciandomi. Ok, non ero abituata a tutte queste dimostrazioni d’affetto. «Finalmente ti conosco, Kyle e Liam non fanno altro che dire quanto tu sia simpatica» aggiunse sorridendomi.
Mi piaceva Susan, sembrava davvero molto gentile e insieme a Kyle formavano davvero una coppia carina.
«Andiamo a prenderci da bere, Gilbert» disse Liam indicandomi un pick up con nel cassone delle bottiglie di birra. Alle persone con le quali si fermava a parlare Liam mi presentava come “Sophie, la cugina di Kyle” non che mi dispiacesse, ma ero molto di più, ero la sua migliore amica, cavolo! Mentre stavamo prendendo da bere, Susan venne da me e mi prese per un braccio, tirandomi. «vieni con me» disse. Voltarmi verso di Liam in cerca di aiuto fu del tutto inutile poiché lui mi sorrise e mi incoraggiò ad andare.
Susan mi portò verso un gruppo di ragazze che se ne stavano per i fatti loro, sembravano giusto quel tipo di ragazze che se la tirano e che pensano solo a se, ai vestiti alla moda e a trovare un ragazzo, esattamente il mio opposto, evviva! «Ragazze, lei è Sophie, la cugina di Kyle» disse Susan, io mi limitai a sorridere, mentre una ad una le ragazze si presentarono. Rimasi lì con loro per un po’, poi io e Susan andammo verso il pick up a prenderci qualcos’altro da bere. Lì vicino c’era un gruppo di ragazzi, Liam era tra loro, mano nella mano con un’altra ragazza vicino a lui. «Ciao, io sono Danielle, la fidanzata di Liam, piacere di conoscerti, tu devi essere Sof »
Non la conoscevo neanche, ma non mi importava, io e quella Danielle non saremmo mai state amiche, non perché stava al mio posto, mano nella mano con il ragazzo che mi piaceva, il mio migliore amico, ma nella sua voce e nel suo atteggiamento nei confronti delle persone intorno a lei capii che non le piacevo neanche io e che si considerava superiore alla maggior parte degli altri ragazzi. «Dani, non sei la mia ragazza, ci siamo lasciati te lo ricordi? Mi hai lasciato, eri la mia ragazza, adesso ci stiamo solo rifrequentando.. con calma » disse Liam chiaramente in imbarazzo.
«Piacere mio » sorrisi e le strinsi la mano.
Mentre stavamo parlando del più e del meno, a noi si avvicinò un ragazzo, un bellissimo ragazzo con gli occhi azzurri.
«Sof, lui è Carter, gioca a calcio con tuo cugino e Liam » disse Susan.
«Ciao, piacere di conoscerti » gli porsi la mano. «Il piacere è tutto mio » invece di stringermi la mano, me la baciò. Ma sto qui da che epoca viene?! Comunque subito dopo caso strano tutti avevano qualcosa di meglio da fare, stranoooo.. avevo capito benissimo che volevano lasciarci soli, l’unico che non voleva andarsene era Liam, ma Danielle lo trascinò via. «Allora.. sei di new york?» mi chiese Carter.
«Si.. » poverino, non gli prestavo molta attenzione, ma non mi interessava.
«Sei fidanzata? »
«come prego? » gli chiesi con sguardo interrogativo, ma chi era sto qui?!
«non vorrei provarci a vuoto»
«si, volevo dire, no »
« bene, meglio per me» sorrise.
«perché scusa? » chi si credeva di essere?! Chissà perché mi ricordava Jesse, il suo stesso atteggiamento da duro, da figo che tanto odiavo e che tanto mi aveva affascinata la prima volta che l’avevo visto.
«perché qui tutti ti stanno morendo dietro.. »disse serio. « no, non è vero.. figurati se con tutte le belle ragazze che ci sono qualcuno si è accorto di me?!» dissi, ero sicura di quello che dicevo, nessuno mi aveva mai notata e nessuno l’avrebbe mai fatto, non avevo niente di speciale, ero come tante altre ragazze.
«A no? Vedi la cosa brutta delle piccole città è che tutti conoscono già tutti, qui tutti ci frequentiamo da anni, tu sei una novità, una novità niente male.. » mi guardò come se avesse la vista a raggi x, questo ragazzo mi iniziava a spaventare.
Continuò. «..per questa ragione Danielle ha chiesto a Susan, che è la sua migliore amica dalle medie di presentarti a me, dopo aver visto il modo in cui Liam ti guarda, il modo in cui parla di te.. detto sinceramente vuole togliere un ostacolo al suo rimettersi con il tuo amico.. »
«Quello che stai dicendo è assurdo! Non te ne rendi conto? Io e Liam siamo amici, non c’è mai stato niente tra noi»
Me ne andai, ero davvero infuriata sia per il suo atteggiamento che per le sue parole, io e Liam eravamo amici e per quanto mi piacesse lui era impegnato, non avrei mai e poi mai messo a repentaglio l’unico legame sicuro della mia vita, solo per un’ inutile speranza, se c’era qualcosa che avevo imparato dalle relazioni era che l’amore non dura per sempre, le persone si stufano e si feriscono a vicenda, niente è eterno. Camminavo senza meta, era come essere a new york, mi sentivo persa, vidi mio cugino e gli andai incontro.
«Kyle, scusa se ti disturbo, ma vorrei andare a casa, non credo di sentirmi molto bene..» era vero, mi girava la testa, avevo freddo, davvero molto freddo.
«ti accompagno io a casa, piccola» no, di nuovo lui no, mi voltai e vidi Carter che con il suo sorriso seducente mi circondò le spalle con una mano, mentre Kyle rimase lì, fermo, senza dire una sola parola.

Stavo male, tremendamente male, mi doleva la testa e il mio cuore si stava spezzando. Non avevo mai avuti il cuore in frantumi prima di allora, almeno non per un ragazzo, ma vedere Liam insieme ai suoi amici, insieme a quella Danielle la sera prima, mi aveva fatto realizzare che ero sola e che era tutta colpa mia, io avevo rinunciato a lui, io me ne ero andata perciò mi meritavo il dolore, mi meritavo tutto, solo che non pensavo che mi avrebbe fatto male ogni singola parte del mio corpo. Carter mi aveva accompagnato a casa, era stato gentile da parte sua, poco importava se l’aveva fatto in vista dei suoi secondi fini a me ancora sconosciuti, ma l’avevo apprezzato. Passai l’intera giornata a guardare film d’amore strappalacrime, per distrarmi, per evadere dalla realtà, ma l’idea risultò avere l’effetto contrario,mi sentivo ancora peggio; ovviamente di tanto intanto entrava qualcuno a vedere come stavo, El, mia zia, Kyle, ma non lui e questo fu la cosa che mi fece più male di tutte.
Il giorno dopo decisi di reagire, avrei dovuto restare in Inghilterra ancora per un bel po’, così era meglio mettere subito le cose in chiaro, quando mi alzai, mi preparai e scesi giù per fare colazione. In cucina trovai tutti, eccetto mio zio che poverino era ancora costretto a lavorare per una settimana, mentre stavamo mangiando, capii che non potevo più uscire con i gruppo da sola, Kyle aveva Susan, Liam aveva Danielle, così agii nell’unico modo che conoscevo.
«Kyle, hai mica il numero di Carter? »
« Carter? Carter Mason? Quello che gioca a calcio con voi? » chiese El sbalordita
Annuì.
«wow! È il ragazzo più fico in assoluto » continuò lei estasiata. «certo» rispose Kyle incurante dei commenti della sorella. «Perché ti interessa avere il suo numero?» chiese Liam, cercando di far finta di niente.
«Così è davvero molto carino ed è stato gentile con me l’altra sera»sorrisi noncurante del male che stavo facendo di proposito a Liam.

Ottenuto il numero di Carter, gli scrissi, era come Jesse perciò sapevo abbastanza bene come trattarlo. Iniziammo a frequentarci, in fondo uscire con lui non era tanto male, era divertente vedere le reazioni di Kyle, di Liam o di tutti gli altri ragazzi. A quanto pare Carter aveva la reputazione da duro, da cattivo ragazzo e sebbene io avevo chiuso con la fase ribelle di me stessa, mi piaceva passare il tempo con lui, almeno non ero sola.

Uscivo con Carter da poco più di una settimana e io stavo bene.
Quella mattina ero in camera mia a prepararmi quando qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» dissi incurante.
Liam entrò, mi sorrise.
«Oggi siamo io e te »
« Come prego?»
«Kyle è insieme a Susan, tua zia e tuo zio sono usciti ed El è da Audrey, perciò siamo rimasti soli»
«non ti vedi con la tua fidanzatina?»
«Danielle non è la mia fidanzatina, è fuori città e poi volevo stare un po’ solo con te»
«Mi dispiace, ma io pensavo di invitare Carter, spero che non ti dispiaccia»dissi. Liam fece una smorfia.
«fate sul serio?»
«No, è solo una sorta di divertimento, di gioco» risposi sprezzante.
Non so perché me la stavo prendendo con lui, non era colpa sua, era solo più facile che prendersela con me stessa.
In realtà Carter non mi piaceva per niente, si era bello e devo ammettere che ci sapeva fare, non so come facesse ma sapeva esattamente quello che le ragazze volevano sentire e lui lo diceva, purtroppo però dovevo prevedere che a un ragazzo come lui, così popolare, non bastava qualche bacio, ma voleva di più, solo che io sinceramente non avevo intenzione di dargli quello che tanto desiderava. Ogni volta che eravamo insieme non faceva altro che tentare di togliermi i vestiti di dosso ed io ogni volta non glielo permettevo. Odiavo il suo atteggiamento da duro, non faceva per me, nel frattempo però lasciarlo avrebbe significato rimanere sola e affrontare me stessa e non ero ancora sicura di essere pronta per questo.
«Comunque.. penso che magari oggi potremmo stare un po’ insieme, sai tanto stasera c’è la festa al lago» sorrisi.
Lui ricambiò.
Passammo l’intera giornata a ridere, ormai ero in Inghilterra da due settimane e ancora non avevo messo a posto camera mia, così ne approfittai e mi feci aiutare da Liam, così dopo mangiato, salimmo in camera mia e mi aiutò a svuotare gli scatoloni. Liam stava appendendo una foto, quando notai una cosa, era strano che non l’avessi mai fatto prima, ma a mia discolpa era quasi impercettibile, sul suo polso sinistro, c’era un tatuaggio, una S, piccolissima, ma davvero bellissima. «Cos’è? » gli chiesi quando scese dalla scale, prendendo la sua mano sinistra tra le mie, toccando con un dito quella piccola lettera.
«S di Sophie, l’ho fatto tre anni fa, Ed, il ragazzo che usciva con mia sorella all’epoca, mi ha procurato il documento falso.. mi mancavi troppo» mi spiegò.
«Credo di dover andare..» dissi uscendo di corsa di casa. Mi aveva commosso, ogni suo minimo gesto era per me e adesso volevo dimostrargli io il mio affetto.
Chiamai Carter e gli chiesi di accompagnarmi in un posto. Al negozio di tatuaggi c’erano davvero tantissime persone, di tutti i generi, chiesi a Carter di non aspettarmi, sarei tornata a casa a piedi, non avevo paura, avevo ancora il documento falso che mi aveva procurato Jesse quando ancora uscivamo insieme. Arrivò il mio turno, ero decisa, entrai e mi feci scrivere sulla pelle per sempre una L, simile alla S di Liam, stesso punto sul polso. Non gliel’avrei mostrato fino a quella sera alla festa.



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Capitolo 7
*** through the dark ***


I miei zii erano andati qualche giorno in vacanza e si erano portati El, avevano proposto anche a noi di andare, ma avevamo declinato l’offerta, in fondo avevano bisogno di riposo.
Quando arrivai a casa, non c’era nessuno, solo io, così mangiai e mi preparai, Carter sarebbe passato per le nove e mezza a prendermi.
Ed eccolo, puntuale suonò il clacson, uscì. «Ciao meraviglia » mi sorrise, quando salì in macchina. Al lago c’era una festa, tutti i ragazzi della città ci sarebbero stati. Arrivati Carter posteggiò la macchina, c’erano davvero tantissime persone, come quando li avevo visti circa una settimana prima, ma questa volta non avevo più così timore, questa volta conoscevo la maggior parte di loro e poi non c’era nulla da preoccuparsi, io avevo Carter al mio fianco. Scorsi tra la folla se c’era Liam, volevo fargli vedere il tatuaggio che avevo coperto con un cerotto in modo da nasconderlo.
Susan e delle altre ragazze che conoscevo mi vennero incontro, mentre Carter era andato a prendere qualcosa da bere.

Carter’s pov:
«Credi che un paio di quelle funzioneranno?» chiese John, un ragazzo della squadra di calcio, indicando le pastiglie.
«Ne basterà solo una per renderla incosciente e per fare in modo che io vinca la scommessa fatta con Danielle » risposi sprezzante, facendo ridere la maggior parte dei membri della squadra di calcio.
La prima volta che Sof era stata lì, Danielle e io avevamo fatto una scommessa, se io mi portavo a letto la nuova arrivata, lei avrebbe fatto in modo che io diventassi capitano della squadra di calcio al posto del mio adorato fidanzatino. Adoravo vincere e di sicuro quella sera, l’avrei fatto, in fin dei conti non mi era andata così tanto male, Sophie era davvero una bella ragazza e poi sarebbe stato divertente, solo che purtroppo non se lo sarebbe ricordato..

Finalmente Carter tornò da me con due birre, me ne diede una, avevo voglia di bere, magari mi avrebbe fatto dimenticarew che Liam e Danielle erano a quella stessa festa, insieme. Dopo un po’ Carter mi propose di andare a fare un giro con lui, mi girava la testa, ma accettai ugualmente, un po’ di aria fresca mi avrebbe fatto bene. Mi prese per mano e mi condusse verso il bosco..

Liam’s pov:
Io e Danielle eravamo appena arrivati alla festa, certo che le ragazze ci mettono una vita a prepararsi.. mentre Danielle salutava le sue amiche/oche, sapevo che Kyle non ci sarebbe stato, mi aveva scritto che passava la notte da Susan, visto che i suoi non c’erano, perciò io andai dai miei amici.. «Dieci pounds che alla fine non ci riesce» disse Matt, un ragazzo della squadra.
«Venti che alla fine lei si addormenta e lui non conclude.. » disse un altro.
«Ragazzi, ragazzi, stiamo parlando di Carter, lui ce la fa sempre e stasera o con le buone o con le cattive sancirà l’accordo» disse un altro ancora.
«Di cosa state parlando?» chiesi curioso. Appena mi videro, il silenzio, nessuno proferì una parola.
«Allora?» insistetti.
«Niente di che capitano..» disse Paul.
«Non importa.. io lo voglio sapere lo stesso» dissi serio, senz’altro doveva essere qualcosa di importante.
«Carter è nel bosco con quella nuova e stasera intende saltarle addosso…»disse uno.
«.. si per una scommessa fatta con D.. » stava continuando ma venne interrotto da Kevin, un ragazzo della squadra, molto amico di Carter.
« Con chi? » chiesi preoccupato, non poteva essere vero.. «Danielle» risposero con la testa bassa.
«Quanto tempo fa si sono allontanati e dove sono andati?» chiesi.
«Nel Bosco, verso le cascate, circa dieci minuti fa» mi rispose qualcuno
Prima di andare verso il bosco, andai a cercare Danielle, dovevo sapere se era davvero lei la causa di tutto questo. «è vero?» domandai furioso
« Cosa?» chiese lei con quel suo visino da finta santarellina. « La storia della scommessa! Allora è vero che dietro a tutto questo ci sei tu? » ero fuori di me dalla rabbia.
« ma dai, amore, è uno scherzo, si divertiranno un po’.. » disse lei ridendo.
« Non chiamarmi amore!» le urlai contro.
« Senti, non ho detto io a Carter di metterle della droga nella birra ok? Io gli ho solo detto di giocare un po’ con lei ok?!» «Ma ti ascolti quando parli? Ti rendi conto che ora Sophie è sola nel bosco, indifesa, perché quel mostro l’ha drogata e la vuole stuprare a causa di una scommessa fatta con te? Mi fai schifo!! Non capisco come ho fatto ha provare qualcosa per te se non ribrezzo.. sei davvero un essere orribile! Cosa ti aveva fatto?! Sei davvero come appari, egoista, viziata.. sei contenta?! Tra noi è finita! Una volta per tutte» le urlai in faccia ciò che realmente pensavo e ormai tutti ci stavano guardando. Di corsa mi diressi verso il bosco, nella direzione dove mi avevano detto di averli visti.
« Vai! Vai a fare l’eroe, sfigato! Non mi stai lasciando te, io ora lascio te, ok?! Ti odio!» urlò Danielle.
Mi voltai « Lei è una persona migliore più di quanto tu sarai mai» le risposi. Non mi interessavano minimamente i suoi insulti nei miei confronti, non mi interessava ciò che le avrebbero detto/ pensato d’ora in poi, l’unico pensiero che affollava la mia mente era Sophie, era sempre stata lei. Corsi nel bosco e li vidi, lei era per terra, con la maglia strappata e sporca di sangue, lui le era sopra, lei si stava lamentando, piangeva, forse troppo stordita dai farmaci per capire cosa stava succedendo e troppo debole per ribellarsi a quel gorilla.
Mi buttai sopra Carter, lo afferrai e lo tirai su, iniziammo a tirarci pugni e calci fino a che non cadde a terra con la faccia sporca di sangue.
«Stai lontano, animale! Non avvicinarti mai più a lei, hai capito?!»
Non aspettai neanche una risposta da parte sua, mi avvicinai a Sophie, l’aiutai a tirarsi su, non riusciva a tirarsi su, la presi in braccio e la portai fuori dal bosco, per fortuna quella stupida di Danielle aveva insistito per venire in macchina perché odiava la mia moto, così adesso non ci sarebbero stati problemi a portarla a casa.
«la ami, non è vero?» mi urlò Carter.
« Si, la amo» strinsi Sophie tra le mie braccia. «finalmente sei al sicuro, siamo io e te contro il mondo, ricordi?!» le sussurrai.
La caricai sui sedili posteriori e le misi la mia giacca addosso, faceva freddo e la sua maglia era stracciata e ricoperta di sangue, la portai in ambulatorio dove lavorava mia sorella come infermiera, era venerdì notte e sapevo che ci sarebbe stata lei perciò non c’erano problemi, nessuno mi avrebbe fatto domande, anche perché non sapevo neanche io come rispondere.
Sara mi aprì la porta e mi fece entrare.
«Non farmi domande, ti prego!» supplicai mia sorella. Appoggiai Sophie sul lettino e le presi la mano tra le mie, mentre guardavo mia sorella toglierle la maglia e medicarle i graffi sul corpo, per fortuna erano superficiali e le ferite sarebbero guarite in fretta e quel maiale non era riuscito nel suo intento. Mia sorella la portò in bagno, la aiutai, poi uscì mentre Sof vomitava, in seguito Sara le tolse i vestiti e la mise sotto la doccia, in modo la svegliarla, alla fine quando uscirono Sophie era bagnata e indossava i suoi vestiti sporchi, barcollava e teneva gli occhi chiusi, Sara mi consigliò di portarla a casa, mi diede delle medicine per medicarle le ferite nei giorni successivi e per il giorno dopo quando Sof si sarebbe svegliata. Mia sorella mi aiutò a caricarla in macchina e così andammo a casa. Kyle non c’era come previsto e non sapevo neanche se parlargli di quanto accaduto quella notte, non sapevo se andare alla polizia, ma poi pensai che non ne avevo alcun diritto, quella era una decisione di Sophie. La portai in braccio fino in camera sua, la feci sdraiare sul letto, lei continuava a dormire, mi sedetti sul letto accanto a lei ed iniziai ad accarezzarle i capelli, sembrava un cucciolo, un cucciolo indifeso nel bel mezzo di un mondo così pericoloso, per questo era mio dovere proteggerla, proteggerla da tutto e da tutti. Mi vennero in mente le parole di Carter “la ami, non è vero?”, quello che mi aveva più colpito era la mia risposta, il mio “si, la amo” deciso, fermo, era l’affermarsi di qualcosa che avevo sempre saputo dentro di me, ora mi sentivo leggero, finalmente l’avevo detto, l’unica cosa che mi rattristava era che lei purtroppo non l’aveva sentito, ma questo non era importante, avrei avuto tutto il tempo di dirle ciò che provavo.
Erano le quattro passate quando mi addormentai, era stata una lunga, lunga notte, ma ora io e Sophie eravamo più uniti che mai, eravamo una cosa sola.

Sophie’s pov:
Quando mi risvegliai ero nel mio letto, Liam stava dormendo accanto a me, ogni singola parte del mio corpo mi faceva male, era come se mi fosse passato addosso un elefante, mi tirai su e vidi che era quasi mezzogiorno, mi alzai e mentre andavo in bagno a cambiarmi, passando davanti allo specchio mi vidi, i miei vestiti erano stracciati e tutti sporchi di sangue ormai secco, il mio corpo era coperto di graffi e tagli.
« Come ti senti?» chiese Liam premuroso.
Mi voltai di scatto, si era svegliato.
«Come faccio ad essere qui? Come ci sono arrivata?» «prima rispondi alla mia domanda e poi io rispondo alla tua» sorrise dolcemente.
«Mi sento un po’ dolorante, ma perché sono coperta di graffi? E perché i miei vestiti sono strappati?» chiesi confusa
«Non ricordi proprio niente di ieri sera?»
Scossi la testa. «no, ero alla festa, con Carter, ho bevuto qualche birra e poi niente.. perché non mi ricordo niente?»
Liam mi fece segno di tornare a sedermi accanto a lui sul letto e con tutta la calma possibile mi raccontò della festa, della scommessa, della litigata con Danielle e dello scontro con Carter, di sua sorella che mi aveva medicato in ambulatorio. Raccontò tutto, o quasi, non parlò solo del discorso con Carter nel bosco.
Io ascoltai sino alla fine senza fiatare, ero incantata dal modo in cui Liam mi guardava, il modo in cui aspettava una mia reazione, un mio pianto, nonostante il mio spavento iniziale, ero calma, il peggio era passato e adesso ero al sicuro. Ero sempre arrabbiata con quell’idiota di Carter e Danielle, ma alla fine erano delle persone spregevoli e non si meritavano neanche la mia rabbia. Alla fine chiesi: « Mi hai aiutato tu?» Liam annuì.
«Perché l’hai fatto?»
«Perché.. ecco.. perché io.. io..ecco vedi io…» Se quella notte Liam era riuscito con tanto coraggio a dire ciò che provava, adesso, davanti a lei non ci riusciva, era come paralizzato. Sophie lo baciò, non ci pensò, fece ciò che le diceva il cuore.


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