Il segreto dei Davensburg

di momystella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** guai, punizioni e aggressioni ***
Capitolo 2: *** La furia di Cristiane ***
Capitolo 3: *** Athanasios ***
Capitolo 4: *** fuga di notizie ***



Capitolo 1
*** guai, punizioni e aggressioni ***


Durante la notte i borghi della cittadella universitaria si riempivano di gente: studenti, che alla conclusione della loro giornata di studio o di baldoria tornavano nelle proprie case di città o nei dormitori studenteschi, lavoratori, che dopo una giornata di pesante lavoro si recavano nelle locande per incontrare gli amici, giocare d’ azzardo e bere un goccetto, cortigiane, che attendevano i clienti nei rumorosi postriboli, primini, che avevano il severo divieto di uscire di sera ma che infischiandosene erano fuori comunque, nonostante sapessero che nelle ore notturne si potevano fare degli incontri veramente spiacevoli,cercando di non farsi scorgere dai superiori. L’ università era piena di racconti di ragazze stuprate e gole tagliate, per questo i magistri proibivano categoricamente agli studenti al di sotto dei diciannove anni di uscire senza un permesso firmato da un superiore, ma con dei vestiti da uomo si potevano fare miracoli …
Monica  camminava svelta tra gli ampi vicoli nobiliari, dove sorgevano le case di città delle famiglie più antiche ed importanti di tutto il vecchio continente, alla ricerca della casa della sua amica Cristiane, lo sguardo rivolto al pavimento di sampietrini ormai erosi dal tempo ed il cappello ben calato sugli occhi per evitare di farsi riconoscere, nonostante indossasse una maschera. Arrivata a destinazione si fermò e si tolse la maschera per mostrare la sua identità alle guardie della villa che, riconoscendola, la fecero passare immediatamente come secondo gli ordini della sua amica. Superò in fretta il cancello principale e si nascose tra gli alberi che formavano un fitto boschetto per evitare di essere vista dalla balia di Cristiane non che governante della casa, Maria, che aveva la stanza con vista sul sentiero sterrato che portava all’ enorme casa. Aggirò facilmente la struttura di marmo nero levigato ed arrivò fino al lato est, dove era Cristiane, comodamente affacciata alla finestra della sua stanza e già pronta per uscire,con la solita tenuta nera ed il mantello da viaggio di velluto scuro che indossava sempre durante le uscite clandestine. La ragazza con un piccolo salto si calò giù dalla finestra ed atterro a piedi pari davanti a Monica, che la guardava divertita, e sorrise, abbracciando con entusiasmo la sua migliore amica e facendole segno di passare dal cancello sul retro, dove le guardie l’avrebbero fatta passare tranquillamente e non avrebbero riferito nulla a Maria, severissima riguardo al coprifuoco come da ordine dei genitori della ragazza.
Le ragazze attraversarono il lato posteriore del giardino senza problemi e, come previsto vennero fatte passare senza troppi controlli da soldati che non volevano problemi dalla loro piccola signora, dopodiché corsero a perdifiato verso il viottolo più vicino. Appena oltrepassato l’angolo del borgo dei falegnami Cristiane scoppiò a ridere di gusto:-Alla faccia di Maria che mi crede al sicuro nel letto sepolta tra coltri e cuscini- disse compiaciuta a nessuno in particolare, -non sono più una bambina!- .
-È andata bene questa volta- le rispose Monica mentre si levava il cappello e si scrollava i lunghi boccoli rosso fiamma,-ma non possiamo farlo spesso: se ci scoprono rischiamo l’ espulsione-.
-Sempre pessimista Marchesi- esclamò una voce che Monica non riconobbe e che proveniva dall’ oscurità. –Ma in fondo fai bene a ricordarlo a quella sciagurata di mia sorella- disse rabbiosamente Daniel Dennis, posizionandosi al di sotto della lanterna che illuminava il pezzo di strada in cui si trovavano e mostrando il suo volto dall’espressione irata. In lontananza Monica vide i suoi amici che sghignazzavano mentre lo aspettavano.
Cristiane socchiuse le labbra che fino a qualche momento prima erano atteggiate in un sorriso, e guardò il fratello con un misto di sfida e di terrore, ma quando parlò la sua voce era normale:-Insomma Daniel, dovremmo divertirci anche noi qualche volta, non trovi? – gli chiese sarcastica, poi aggiunse- è davvero ingiusto che agli studenti anziani venga permesso di uscire ed ai primini no, infondo abbiamo i vostri stessi diritti.
Daniel guardò la sorella e Monica con espressione divertita, ma la sua voce quando parlò nascondeva dell’ ira repressa:-Devi sapere, cara sorella, che i primini non hanno diritti, ed i tuoi come persona te li darà Maria domani mattina se non fili subito a casa a dormire e domani mattina non ti trova nel tuo letto bella riposata- la rimproverò, poi, con un sorriso che enfatizzava la dolcezza dei suoi tratti esclamò:-e mi sei debitrice di un favore oltre che di un cambio di abiti, almeno potevi sceglierne alcuni di quando ero più piccolo, questi sono enormi per te.-
Quando rivolse lo sguardo su Monica le disse:-E tu Marchesi vieni con me, ti riaccompagnerò personalmente al dormitorio per accertarmi che tu non esca di nuovo.- Detto ciò afferrò il polso di entrambe e le trascinò recalcitranti con sé ed i suoi amici, quindi le fece salire in una carrozza nera senza insegne. Monica si accomodò un po’ a disagio sul morbido sedile di pelle accanto al finestrino e si sfilò il tricorno, lasciando di nuovo liberi i capelli, mentre il cocchiere partiva dopo che tutti furono saliti e che Daniel ebbe battuto la punta del bastone da passeggio sul tettuccio della vettura .
Riaccompagnarono prima a casa Cristiane, che le sussurrò all’orecchio delle scuse per il suo noioso fratello, poi, appena la videro arrampicarsi sull’ albero di ciliegie per tornare nella sua camera, ripartirono, diretti verso il borgo dei dormitori studenteschi. Monica appoggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi, fingendo di dormire per evitare altri rimproveri dai superiori, tra i quali vi erano delle personalità importanti della scuola .
-Monica, ti dovrei chiedere un favore importante- disse Alex con voce tesa, incerto se potesse fidarsi o meno. –Dovresti assicurarti che mia sorella non si cacci nei guai o venga espulsa- continuò quando fu certo di avere la completa attenzione della ragazza che aveva aperto gli occhi e con un cenno del capo lo aveva invitato a continuare.
Monica era molto stupita da quella richiesta, in fondo era una semplice ragazza e non una guardia del corpo di cui era provvisto palazzo Dennis e che Daniel metteva alle calcagna della sorella che riusciva continuamente a seminarle.
-Tribuno Dennis, sono una semplice studentessa e non posso fermare Cristiane- gli rispose, neanche Nostro Signore ci riuscirebbe aggiunse dentro di se, poi, fissandolo dritto negli occhi gli disse: -Ci proverò, ma conoscete vostra sorella e sapete che non si fermerà solo perché glielo chiederò io-
-Si, ma tu  hai ricevuto un addestramento militare non indifferente da tuo padre, uno degli spadaccini migliori del secolo e le tue capacità potrebbero proteggerla se si cacciasse nei guai, visto che riesce a seminare sempre tutti i soldati della sua scorta- rispose il ragazzo a malincuore. –In cambio non denuncerò la vostra scorribanda ai magistri della scuola minore – aggiunse soddisfatto, chiudendo gli occhi e poggiando la testa contro lo sportello,terminando di parlare.
Monica ribolliva di rabbia ma riuscì a mantenere un’ espressione calma e tranquilla ed evitare cosi ulteriori discussioni, era fortunata che Daniel fosse il fratello di Cristiane o la sua insolenza sarebbe stata accolta con più severità.
Arrivata al dormitorio scese dalla carrozza e ringraziò per il passaggio, poi, con il busto dritto come un fuso per la stizza, si incamminò verso il palazzo dove alloggiavano i ragazzi del primo anno della scuola minore.
Il borgo dei dormitori era costituito da sette palazzine di pietra disposte a cerchio, con al centro un bellissimo parco dove si poteva mangiare in tranquillità tra una lezione e l’altra e dove molti studenti ripassavano le lezioni durante la pausa tra il mezzogiorno e le due ore seguenti. In ogni palazzina venivano ospitati gli studenti di un anno, dal primo al settimo, e quelli che come Monica frequentavano il ginnasio minore venivano ospitati nel primo dormitorio, quello che di solito era il più affollato.
Monica entrò nell’ingresso del suo dormitorio e respirò il pungente odore della cera d’ api con cui venivano lucidati i vecchi mobili di legno. Facendo attenzione a non far sbattere i tacchi degli stivaletti sul pavimento di marmo salì le due rampe di scale che portavano al piano della sua nazione e svoltò a destra, verso il lato femminile, poi si fermò  davanti all’ultima porta del corridoio, che aprì con cautela, e svelta ci si infilò dentro. La sua compagna di stanza, Lilion, era ancora sveglia e accese subito la candela che aveva sul suo comodino, mentre gettava le coperte ai piedi del letto e le disse:-Sei già di ritorno, non ti aspettavo prima di due o tre ore dopo la mezzanotte- poi, vedendo la faccia della compagna stette zitta.
-Mi ha beccato il tribuno Dennis, anzi, ci ha beccate: avevamo appena svoltato l’angolo del borgo dei falegnami quando è spuntato fuori da dietro una villa abbandonata- rispose la ragazza, -c’era anche tuo fratello- aggiunse con tono irato mentre si toglieva con rabbia gli abiti e li nascondeva nella profondità del suo cassetto della biancheria, infilandosi subito dopo la camicia da notte.
-Ha riaccompagnato a casa sua sorella ed in seguito mi ha portata qui senza sentire ragioni. Mi stavo vergognando da morire davanti a tutti gli studenti anziani- aggiunse con voce piagnucolosa mentre si spazzolava i capelli, poi si infilò sotto le coperte fino alla nuca.
-In tal caso sono contenta di aver rifiutato il vostro invito-commentò Lilion, che avrebbe persino rifiutato di vivere pur di evitare i lunghi rimproveri del fratello, rinfilandosi sotto le coperte e spegnendo la candela con un dolce soffio.
Monica chiuse gli occhi e come tutte quelle precedenti venne assalita dalla paura: quella notte non avrebbe voluto urlare come tutte quelle precedenti.
Il sonno non tardò ad arrivare e portò il suo incubo perenne:era in una culla con delle tende di seta per proteggerla e due bambini con i capelli biondi le sorridevano, poi ad un tratto un urlo ed una voce che diceva: -lei no, ti prego lei no!- supplicava. Poi il rumore di un colpo di spada ed un volto molto spigoloso che la fissava con odio senza però vederla.
Si riscosse quando qualcuno la chiamò,con voce ferma ma dolce allo stesso tempo, spalancò gli occhi e accorgendosi di urlare chiuse la bocca. Si ritrovò a fissare Lilion che la implorava di tranquillizzarsi e di rimettersi a dormire e, nonostante avesse gli occhi impastati di sonno, le si mise accanto e le accarezzò la testa finché lei non chiuse gli occhi e si riaddormentò, non sognando più, esattamente come tutte le notti.
La mattina venne svegliata dalla campana della chiesa di San Callisto che batteva il mattutino, la sveglia degli studenti. Ci mise un po’ per riuscire ad aprire gli occhi ma alla fine il cervello vinse la battaglia contro il dolce torpore del sonno e li aprì. Tirò le coperte giù dal caldo letto e vi mise fuori prima una gamba e poi l’altra, quindi si stiracchiò alzandosi.
Come al solito dovette svegliare Lilion con molte opere di persuasione perché, come spesso accadeva,la sua amica non sentiva nemmeno il suono assordante delle campane il cui suono si sarebbe udito anche durante una battaglia di armi da fuoco. Il risveglio le lasciò un sapore amaro sulle labbra, come il castigo che avrebbe ricevuto da suo fratello se avesse saltato la lezione senza motivo. Monica chiamò una delle domestiche per farsi portare una tinozza di acqua calda con cui lavarsi ed infine vestirsi, ma più che altro per rilassarsi e dimenticare gli incubi notturni. Si preparò la cartella con i libri delle materie del giorno: grammatica, storia dell’arte,composizione, diritto e medicina e si infilò nella tinozza, godendosi il calore dell’acqua riscaldata. Mentre si lavava non poté fare a meno di ripensare a quella notte: come sempre accadeva, dopo l’incubo non aveva fatto altri sogni, era come se la sua memoria ad un certo punto si offuscasse e lei non potesse più andare avanti per vedere come finisse il suo sogno. Aveva la sensazione che se fosse riuscita a finire di sognare non avrebbe più avuto problemi a dormire e tutti i demoni che la tormentavano si sarebbero dissolti.
Uscì dall’acqua, si asciugò con una morbida salvietta gialla e dopo aver indossato la biancheria tornò in camera per vestirsi.
Indossò, come tutte le mattine, la divisa scolastica dei primini del ginnasio minore: un abito stile impero color rosso porpora con un nastro verde scuro sotto il seno e le maniche lunghe, gli stivaletti di pelle nera al polpaccio ed il mantello nero con il cappuccio, che aveva sulla parte destra del petto il simbolo del ginnasio, una corona di alloro con un libro all’interno, simbolo della conoscenza.
Si pettinò i capelli, legandoli in una coda alta, quindi si allacciò il nastro che le legava il mantello sulla gola ed afferrò la cartella, poi, dopo aver aspettato Lilion uscì dall’edificio, travolta da tutti gli studenti che si affollavano sulle scale per trovare un tavolo libero in mensa. Monica e Lilion non si affrettarono:loro in quanto primine avrebbero potuto mangiare solo dopo aver adempiuto al loro compito di schiavette degli studenti più grandi. Ciò molto spesso significava saltare il pasto perché si rischiava di arrivare tardi a lezione e gli insegnanti erano soliti assegnare moltissimi compiti a tutto il corso in caso di ritardi, ovvero determinare una grande antipatia  da parte degli studenti verso il povero malcapitato.
La mensa era una grande sala e si trovava nei sotterranei del dormitorio del primo ginnasio. Tutti gli studenti universitari più giovani, quelli del ginnasio e coloro che frequentavano il ginnasio minore avevano l’ obbligo di cenare li, pena un turno extra in biblioteca per catalogare e spolverare i libri per almeno due settimane, una cosa per nulla gradevole se si conta che la biblioteca universitaria era la più fornita dell'intero continente.
Quando arrivarono in mensa le due ragazze videro che come ogni giorno i più grandi si approfittavano dei più piccoli e li obbligavano a servirgli il latte o il tè. Cristiane, già arrivata dalla sua casa con lo stomaco pieno, stava servendo la torta alle noci agli anziani della schola di lettere, la classe superiore del ginnasio, poi venne chiamata al tavolo di legge, dove Monica stava già tentando, con scarso successo, di restare calma davanti a Royce Klein, che la stava provocando deliberatamente, facendo appello al suo notevole senso del pudore, e che, notò Cristiane, stava per beccarsi una sonora sberla sulla guancia destra se non avesse concluso il riassunto della sua mirabolante notte con una cortigiana della cittadella entro pochi minuti, poiché la sua amica odiava le volgarità quali i racconti delle avventure galanti dei gentiluomini o dei presunti tali. Daniel, probabilmente capendo che stava per rovinare il bel viso del suo amico, decise di intervenire:-Grazie Monica, puoi andare-le disse, cercando di restare serio e nascondendo un sorriso divertito dietro una cucchiaiata di dolce. Quella fu una giornata infernale:Monica si aspettava qualche richiesta da parte del superiore, ma non che tenesse sia lei che la sorella impegnate tutto il santo giorno ad aiutarlo con faccende che riteneva indispensabili, come spolverare tutti i libri di casa Dennis, poiché la servitù aveva altri ordini a cui obbedire, o rifornire la cucina delle spezie che Maria aveva dimenticato, il tutto tenendole separate, cosi che non avessero il tempo di studiare strategie per svignarsela o di combinare qualche pasticcio e farsi cacciare dal ginnasio. Furono libere solamente durante le lezioni, a cui arrivarono in ritardo, provocando quasi una rivolta per tutti i compiti in più, e durante il tirocinio obbligatorio all’ospedale che dovevano seguire tutti gli studenti ginnasiali come volontari per aiutare il ginnasio maggiore ed il corpo dei medici.
All’ospedale fu una giornata piuttosto tranquilla, di quelle che si avrebbe tanto voluto avere di notte per poter dormire qualche ora ed evitare di essere simile ad un cadavere la mattina seguente. Le uniche note stonate furono le medicazioni post- sutura che Monica dovette fare sulle ferite di un gruppo di litiganti, una media di cinque punti a testa, per degli uomini appartenenti alla comunità degli osti e dei vinai per l’aumento del prezzo del vino che i primi ritenevano ingiustificabile. Prima di poterli medicare però dovette farsi aiutare da Luke Benton,uno studente del terzo anno abbastanza corpulento,a dividerli in stanze diverse perché stavano continuando la rissa in ospedale.
Monica non sapeva se ridere o piangere, perciò mantenne un’espressione neutra e fece il proprio dovere sotto gli occhi vigili del responsabile del pronto soccorso, magister Collins, un omino che sembrava dovesse spirare da un momento all’ altro data la sua anzianità,  che tuttavia era uno dei medici più abili del continente: con un solo intruglio preparato con chissà cosa egli riusciva a riportare in vita i morti e, secondo qualche malalingua dell’università, aveva provato quella tisana su sé stesso, per questo era rimasto in vita così a lungo.
Alla fine del turno, poco prima del tramonto,lei e Cristiane decisero di andare a bere una tazza di tè nella vicina locanda, il cervo ubriaco, quindi si incamminarono lungo il borgo dei cocchieri, dove si erano raggruppati diversi gruppi di persone, fino a formare una folla discreta che le inghiottì e le fece perdere di vista. Monica si ritrovò da sola e venne spintonata in un vicolo cieco dove una mano inguantata di nero le tappò la bocca ed il naso per impedirle di urlare e avvertì una lieve pressione sulla gola, all’altezza della giugulare, ma prima che potesse solamente gemere di dolore venne spinta a terra e batté la testa. Vide solo delle figure vestite di nero e, pensando che fossero compari del suo aggressore diede un calcio all’uomo inginocchiato vicino a lei, che ululò di dolore per il colpo. Monica poté solo gioire di avergli fatto almeno un briciolo del male che il suo amico aveva fatto a lei, poi perse i sensi a causa dell’ intenso dolore alla testa. 
Si risvegliò in un letto grande e comodo e la prima cosa che vide furono le pareti color avorio della stanza, arredata in modo semplice ma con gusto, con mobili scuri che creavano contrasto.
Voltò la testa verso sinistra e gemette di dolore, la testa le pulsava ed il dolore era insostenibile, svegliando così la figura minuta raggomitolata su una poltrona al lato del letto. Monica vide Cristiane destarsi di colpo e spalancare gli immensi occhi blu notte mentre con voce impastata le parlava: -Monica, finalmente ti sei svegliata dormigliona!- esclamò con voce dolce,contenta di vederla sveglia, tanto che Monica si chiese per quanto tempo avesse dormito. –Come stai? Ti ho visto sbattere la testa e svenire-le disse con voce preoccupata, poi si aprì in un sorriso:-A proposito, bel calcio- aggiunse iniziando a ridere.
Monica sorrise ma smise subito a causa di una violenta fitta alla nuca.        –Dove sono? Non ricordo nulla. Cosa è successo? – chiese all’ amica cercando di nascondere il dolore.
Proprio in quel momento nella stanza entrò Daniel, con una spalla fasciata ed un braccio al collo, che quando la vide sveglia le sorrise. –È successo che sei stata aggredita da dei mezzi demoni che per poco non ti hanno uccisa e quando sono venuti a salvarti tu hai aggredito i tuoi benefattori. Per rispondere alla tua domanda  sei a casa mia, ti abbiamo trasportato qui perché era lo stabile più vicino e lady Kristen ti ha già visitata mentre dormivi, poi ha aiutato Cristiane a metterti il pigiama-le disse,-ora se permetti vado a richiamare il medico per farti visitare di nuovo- detto questo uscì e si chiuse delicatamente la porta alle spalle.
La faccia di Monica divenne più rossa dei suoi capelli quando si accorse di indossare una camicia da notte di Cristiane, più minuta e meno formosa di lei. Quel minuscolo pezzo di stoffa non le copriva molto, soprattutto data la profonda scollatura e mostrava ciò che lei era solita nascondere sotto una quantità indefinibile di sciarpe e mantelli.
-Io ero li e che tu ci creda o no sono riuscita a trafiggere uno degli assalitori con un’ asta di legno che qualche sciagurato aveva lasciato per strada-disse compiaciuta la ragazzina bionda,-purtroppo però ho colpito anche la spalla di mio fratello, che ora è costretto a stare con un braccio appeso al collo per due mesi. Comunque quelli che ti hanno salvato sono gli amici di mio fratello, dei perdigiorno dico io, ed il fratello minore di uno di essi con cui Daniel ha un conto in sospeso per via di una offesa che ha rivolto in pubblico a Lucan e per la quale sono quasi finiti alle armi. Tra l’altro è quello a cui tu hai dato un calcio, poverino, dopo che aveva spazzato via con un pugno uno dei mezzo demoni-esclamò, troppo dispiaciuta per essere imparziale come dovrebbe essere uno spettatore disinteressato. Monica nascose il viso tra le lenzuola proprio mentre la porta della camera si apriva e ne entrava una ragazza di media statura con lunghi e lisci capelli neri ed un fisico esile che Monica già conosceva per il tirocinio in ospedale, Kristian Davensburg, studentessa del primo anno di medicina, che le controllò la vista e la massaggiò in alcuni punti strategici, le tempie e la nuca, le auscultò il respiro e spalancò i grandi occhi scuri quando vide la piccola voglia a forma di foglia che aveva poco al di sotto delle costole sinistre, ma riprese subito la sua espressione tranquillizzante.
Alla fine la aiutò ad infilarsi nuovamente il busto della camicia da notte, salutò ed uscì in uno svolazzare di gonne bianche, tipiche della facoltà di medicina.
-Lady kristen sembrava avesse ricevuto una pugnalata: è sbiancata e credo stesse per svenire-disse Monica un po’ frastornata ed interdetta per la reazione della ragazza e da quella della sua amica, che aveva distolto lo sguardo dal suo viso e sembrava fissare il panorama al di fuori della finestra.
-Lady Kristen ha un buon motivo per sbiancare davanti alla tua voglia, Monica - commentò Cristiane con tono basso:-Sua sorella Ellen, che morì  qualche anno fa, la notte del demonio, aveva il tuo stesso segno, come del resto tutte le dame Davensburg: è il segno distintivo della famiglia … -iniziò a spiegarle la ragazza, ma non riuscì a finire la frase perché venne interrotta da Monica, leggermente infastidita:-e cosa centro io con questa storia? È solo un caso che io abbia quella voglia, un semplice accumulo di melanina, piuttosto comune nelle persone che hanno la pelle molto chiara come la mia -rispose Monica, -che motivo aveva di sbiancare, vorrei tanto saperlo!-
Cristiane intervenne nel suo monologo con voce stizzita: -Se eviti di interrompermi tutte le sante volte te lo spiego-disse la ragazza esortando la sua amica a fare silenzio. –Diciotto anni fa circa, lady Ellen Davensburg sposò il duca di Clayton, che morì durante un attentato contro la sua persona mentre la moglie era incinta. Poco tempo dopo avrebbe dato alla luce due maschietti. Due anni dopo si sposò di nuovo ed un annetto dopo, durante una congiura di palazzo vennero uccisi lei, il marito ed uno dei bambini, dell’altro non si sa più nulla, è sparito insieme alla figlia di due anni di lady Arianna, in visita presso la casa della sorella e salvatasi miracolosamente poiché in quel momento non era in casa- le spiegò pazientemente Cristiane.- Lady Kristen avrà solo avuto dei ricordi spiacevoli riguardo quella terribile tragedia, dopotutto si è portata via diversi membri della sua famiglia: per questo è diventata strana- ipotizzò, poi, aggiungendo un pizzico di ironia aggiunse:- o magari avrà pensato che tu fossi la figlia di sua sorella che è miracolosamente tornata in vita dopo quattordici anni- .
-In tal caso lady Kristen non sa fare di conto: io ho quasi quindici anni e la figlia di lady Arianna aveva due anni, come tu hai ben precisato, quindi ora dovrebbe avere circa diciassette anni,è più grande di me ed anche se dimostrassi qualche anno in più, e cosi non è, sarei comunque una studentessa del primo anno-ginnasio- ribatté Monica, non lasciando punti di appiglio per la teoria di Cristiane. La testa aveva ricominciato a dolerle, così Monica si sdraiò nuovamente, chiuse gli occhi e diede la buonanotte all’amica:-vai in camera, adesso sto bene, se domani mi chiami vengo a scuola con te- disse a Cristiane, lasciando intendere che svegliarla era d’obbligo. Sentendo la porta che si chiudeva piano si addormentò, mettendo da parte tutti i dubbi che aveva negato con Cristiane.
Quando suonò la campana della chiesa di San Callisto Monica si svegliò rilassata dopo che per la prima volta da quando ne aveva memoria non aveva avuto incubi, né aveva urlato nel cuore della notte. Animata da un insolito buonumore si alzò dal letto, la testa non le faceva più male, e dopo essersi lavata e pettinata indossò la divisa pulita del ginnasio, si allacciò gli stivaletti neri ed afferrò lo zaino già pronto che qualcuno, sicuramente Lilion, le aveva portato dalla sua stanza mentre dormiva. Legò in una treccia i lunghi capelli rossi e sperò che le sue lentiggini nascondessero il piccolo livido che durante la notte le si era formato sullo zigomo. Proprio mentre si apprestava ad uscire, Cristiane entrò nella stanza con ancora indosso la camicia da notte:
-Buongiorno, vedo che come al solito sei già vestita- commentò Monica con tono ironico, poi, davanti allo sguardo sbigottito di Cristiane in seguito ad un suo sorriso:- per la prima volta non ho sognato-si giustificò.
Cristiane, ancora con gli occhi impastati di sonno bofonchiò di scendere a colazione mentre lei si vestiva, quindi se ne andò, addormentata come quando era venuta.
Monica seguì il consiglio della sua amica e scese le massicce scale di legno per recarsi in sala da pranzo per approfittare della colazione,una delle poche volte in cui riusciva a farla. Lì era già seduto Daniel, al contrario della sorella, già ben sveglio e vestito, i capelli biondi ancora bagnati in seguito al bagno.
-Buongiorno, dormito bene? –le chiese con gentilezza, poi storse il viso quando provò a muovere la spalla ferita.
-Si,grazie, comunque dovrei scusarmi con voi per quel piccolo ricordino alla spalla- gli disse dispiaciuta,-e grazie mille per l’ospitalità-continuò, poi si sedette. Pochi secondi dopo Cristiane entrò in un frusciare di gonne rosse e verdi e Monica si ricordò che entro dieci minuti sarebbe dovuta essere alla mensa del ginnasio, pena l’ espulsione.
-Scusatemi ma io devo andare- disse allarmata,-devo essere al ginnasio tra dieci minuti in quanto interna, conoscete le regole.
-Ti accompagno, con l’umore di mio fratello questa mattina finirei sgozzata in poco tempo-si intromise Cristiane, che ormai ben sveglia rivolse una occhiataccia al fratello che da quando era entrata si era irrigidito e non l’aveva mai guardata negli occhi. Daniel, che di solito non era cosi evasivo, sembrava essersi innervosito molto velocemente,ma, pensò Monica, forse la sorella ne aveva combinata un'altra delle sue: quel povero ragazzo aveva molto da penare con Cristiane e non era insolito che le tenesse il suo sguardo omicida contro.
-Va bene, ma sbrigati, sono in ritardo: a quest'ora sarei già dovuta essere in mensa-le rispose Monica, molto sbrigativa.
-A proposito Momy, ieri sera, quando ti abbiamo portata qui, è venuta a trovarti anche Lilion e ti ha portato i libri ed il cambio; era molto preoccupata e voleva rimanere ma io l’ho mandata al dormitorio, non era in condizione di assistere nessuno- le comunicò Cristiane e Monica sorrise, pensando alla dolcezza e alla lealtà della sua compagna di stanza, che non l’ abbandonava mai, quasi la volesse proteggere da qualsiasi cosa.
-Hai fatto bene- le rispose Monica,-andiamo ora, al dormitorio la ringrazierò calorosamente-disse, poi, rivolgendosi direttamente ad Alex:
-Vi sono molto grata della vostra ospitalità e vi sono debitrice della vita per ciò che avete fatto con i vostri amici ieri pomeriggio, quindi a quel favore che mi avevate richiesto rispondo di sí, anche se non so proprio come farò- lo ringraziò, poi salutò con un cenno del capo ed uscì dalla stanza insieme alla sua amica.
-Mi toccherà fare gli straordinari- mormorò Alex sottovoce ad una armatura presente  nella sala-. –Se dietro a quella ragazza si nasconde solo un quarto di ciò che penso non avrò nemmeno un attimo per dormire-disse prendendosi la fronte tra le mani.
Si alzò dal tavolo e dopo aver indossato il mantello pesante con l’insegna del tribunato degli studenti uscì da casa mentre le guardie si mettevano come al solito sull’attenti, cosa che lo snervava sebbene ci fosse abituato da quando era nato e, mentre accumulava alla rabbia dovuta a sua sorella e al fastidio della spalla ferita il giornaliero malumore per quella deferenza che non voleva dai suoi compagni dell’esercito, sapeva che il primo che quella mattina avesse combinato qualcosa di sbagliato avrebbe ricevuto da lui ben più della promessa di una rissa. Ed era solo prima mattina.
Decise di recarsi a piedi al campus per smaltire un po’ di rabbia, il che significava uscire da casa prima di subito oppure arrivare a lezione non prima di mezzogiorno perché alle otto in punto, ora dell’inizio dei corsi in cui ogni studente doveva essere seduto al proprio banco, nella piazza centrale iniziava la grande affluenza di coloro che dovevano andare al mercato, e cercare di districarsi da tutti quei banchi nelle viuzze, talmente strette che era un miracolo solo camminarci, era praticamente impossibile. Mentre camminava, perso nei suoi pensieri, gli venne una idea che più che bella era affascinante:non sarebbe andato a scuola, adducendo come scusa il forte dolore alla spalla, e nel frattempo avrebbe cercato di mettere insieme tutte le informazioni in suo possesso su Monica.
             

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Capitolo 2
*** La furia di Cristiane ***


La furia di Cristiane

Ciao a tutti, visto che la volta scorsa sono stata estremamente villana non presentandomi, lo farò ora: mi chiamo Monica, frequento il liceo classico e amo scrivere, credo sia tutto. Vorrei ringraziare tantissimo le persone che hanno letto la mia storia, non posso credere di aver ricevuto più di venti visualizzazioni, stavo per rimanerci quando ho controllato, e non sto scherzando!
Un ringraziamento speciale va a Bennyloveastral che conosco personalmente e che mi ha spronato a continuare nonostante le mie reticenze, e a cui è dedicato il capitolo. Voglio scusarmi per aver tardato così tanto a postare,  ma ho avuto dei problemi che mi hanno impedito di continuare, da ora cercherò di essere più regolare.
Un bacione, la vostra 
                                                         Monica

-Monica Marchesi, mi spiegheresti per cortesia cosa stai leggendo invece di svolgere gli esercizi di matematica?-Le chiese con infinita cortesia ma pochissima pazienza il professor Ortensius mentre le chiudeva sul naso il libro di storia che la ragazzina aveva trovato in biblioteca e che parlava di tutte le famiglie illustri del vecchio continente, tra le quali la sua famiglia adottiva,il ducato Marchesi di Rossiel.
Era sempre stata brava a dire bugie, anche se alla fine aveva la tendenza ad arrossire e a farsi scoprire, ma non le venne in mente nulla mentre dentro di sé malediceva la sua immensa sfortuna, che aveva fatto sì che il professore più distratto del ginnasio e dell' università insieme, più concentrato sui molteplici numeri del numero uno nelle operazioni piuttosto che a ciò che avveniva in classe durante le lezioni, si fosse accorto della sua avida lettura di cose che non riguardavano minimamente i numeri, o meglio, non analizzavano la loro storia ed i loro usi. Afferrò svelta gli esercizi che le porse Cristiane mentre il professore, girato di spalle, leggeva il titolo del libro, molto consumato dall' uso di generazioni di studenti, e glieli consegnò, facendo attenzione che al di sopra delle pergamene non vi fosse scritto nessun nome, e che l'amica, per una volta, li avesse fatti bene.
Il professor Ortensius afferrò il foglio con le sue dita scheletriche e, aggiustandosi bene gli occhiali sul naso, si mise a leggerli con attenzione mentre era costretto a tenere a freno la fedele piuma che da secoli, non per modo di dire, correggeva errori di calcolo o di procedure e, mentre le restituiva il foglio intonso da correzioni, Monica seppe di dovere un grosso favore alla sua migliore amica, che cercava di nascondere un enorme sorriso per vie dell' emozione di non aver sbagliato nulla.
Il magister le confiscò il libro e le assegnò un turno doppio all' ospedale insieme a magistra Lacris, che sicuramente le avrebbe affibbiato i casi più difficili per rendere maggiore la sua punizione che in realtà era un piacere: a Monica piaceva infinitamente il volontariato in ospedale perché non si sentiva mai sola e poteva essere utile a qualcuno, facendo da assistente ai medici o ai tirocinanti. Per lei erano una festa i giorni, pochissimi, in cui aveva il permesso, in mancanza di personale sufficiente o per l' avvicinamento delle verifiche di medicina, di ricucire qualche dito o di rimettere al proprio posto e fasciare qualche braccio rotto, così,quando alla fine dell' ora di studio dovette recarsi a pranzo, invece di lamentarsi rideva tranquilla alle battute di James Lambridge e Chris Heidenberg, due dei suoi più cari amici, che cercavano di metterla di buon umore, senza motivo visto che era già molto allegra di suo. Chris, dopo aver tanto aspettato delle risposte sagaci alle sue battute e non vedendole arrivare,  se ne accorse e cercò di capirne il motivo:
-A quanto pare il tuo soggiorno a casa Dennis ti ha giovato allo spirito se, dopo essere reduce da un' aggressione ed una punizione, hai un aspetto felice- esclamò curioso, poi, tornando serio:-A proposito, come va la testa?-
Ho saputo che hai preso una bella botta ed in più hai quasi rotto un ginocchio a chi ti ha staccato di dosso il tuo aggressore- disse James, piegato in due dalle risate.
 –Personalmente credo che non ti salverò mai, non vorrei ritrovarmi privato di una parte del corpo, soprattutto se anche Cristiane sarà nelle vicinanze- aggiunse Chris, tornando a ridere ma cambiando subito espressione dopo aver ricevuto una sonora librata in testa da parte di quest' ultima, dopo che le ebbe pestato per sbaglio un piede.
Monica si trovò a ridere senza motivo e tentò di ricordarsi se avesse assunto degli alcolici poiché non era proprio da lei, sempre nervosa e tesa, tuttavia a farla ritornare tale pensò l' orologio della piazza quando batté un unico rintocco: l' ora d' inizio delle nuove lezioni, il che stava a significare che lei sarebbe dovuta essere da almeno mezz' ora a scontare la punizione, sostituendo poi Lady Arianna per il suo turno abituale.
Alzandosi così in fretta che quasi non si notò il suo movimento prese il mantello poggiato alla sedia e con in mano la cartellina contenente gli strumenti che le sarebbero potuti essere utili, affidò a Cristiane la borsa con i suoi libri ed iniziò a correre verso le scale con una grazia che avrebbe fatto rabbrividire la sua povera madre, rischiando di tramortire tre suoi compagni di corso che, come lei, si affrettavano verso il Sanatorio degli Innocenti. Dopo aver chiesto scusa uscì a testa bassa dall’atrio dell' edificio e si tirò sul capo il cappuccio del mantello per ripararsi dal gelo improvviso dell' aria, che doveva essersi raffreddata durante il pranzo poiché la mattinata era stata così calda che piuttosto che una giornata di inizio Novembre le era sembrato uno dei piacevoli giorni di Settembre in cui era arrivata nella cittadella universitaria, tremendamente calda rispetto al freddo pungente che già si faceva sentire nelle regioni settentrionali da cui proveniva; continuò a correre a perdifiato sperando in un rallentamento del tempo che non sarebbe mai avvenuto.
Quando iniziò a piovere Monica pensò che qualche Santo ce l' avesse con lei per qualche determinato motivo perché, oltre alla violenza del vento che l'avrebbe lasciata in biancheria intima nel bel mezzo della piazza se non si fosse tenuta le gonne con forza, a causa  delle gocce d' acqua si stava zuppando le vesti ed i capelli ed il gelo iniziò a penetrarle nelle ossa. “Mi ci mancava anche questa, in queste condizioni nessuno mi impedirà di prendermi un malanno” si ritrovò a pensare con stizza proprio mentre svoltava l' ultimo angolo che le avrebbe mostrato l' entrata dell' ospedale e proprio lì entrò di corsa, allagando tutto il pavimento e producendo un irritante scricchiolio con gli stivali bagnati sul marmo bianco dell' androne.
-Marchesi, sei talmente in ritardo che se fossi in te inizierei a dire le mie ultime preghiere-disse severamente la professoressa Delia, uscendo da una delle camerate dove erano ricoverati i malati più gravi.
-Sono spiacente mia signora, recupererò la mezz' ora di ritardo  in un ulteriore  turno dopo i due a me assegnati questa mattina- si scusò tenendo lo sguardo basso per non dare impressione di superbia.
-Ah, mi ero dimenticata dei due turni di punizione, spero che tu abbia imparato la lezione- la rimproverò ulteriormente, poi, addolcendo un po’ il tono della voce le chiese se il mal di testa si fosse fatto meno intenso.
Monica, che a causa di tutto ciò che era successo in mattinata si era completamente dimenticata dell' incidente, si toccò istintivamente un punto dietro l' orecchio destro, quello che le aveva dato maggiormente fastidio durante la notte rispose:- Ora sto bene, ho solo un po’ di sensibilità sulle tempie, per il resto non avverto più nulla-
-Bene, in tal caso vai nella sala delle suture e aiuta Kristen Davensburg a ricucire le dita di tre studenti del quarto anno universitario che hanno provocato una rissa durante un pranzo allo Zuccotto del Cardinale e ci sono stati mandati direttamente dall' oste che li ha cacciati fuori a calci- le ordinò la professoressa con aria esasperata, fornendole nel frattempo tutte le spiegazioni del caso, poi se ne andò verso l' area dedicata alle partorienti, da dove provenivano urli che annunciavano le prime doglie.
Monica sostituì il mantello completamente pregno d' acqua con il camice bianco che doveva indossare per accedere alle varie camere e camminò verso la stanza delle suture, nella quale miss Davensburg tentava, con immensa fatica, di impedire lo sviluppo di una nuova rissa tra due giovani completamente ubriachi.
-Lady Kristen, ha bisogno di una mano?-chiese Monica mentre cercava di impedire a Lee Stephenson di buttarsi addosso a Karl Davensburg, il fratello di Kristen, che aveva una spalla slogata, una cosa piuttosto difficile dato che Lee superava il metro e novanta ed aveva una muscolatura molto sviluppata che lo faceva apparire simile ad un orso.
-Sì Monica, come puoi ben vedere. Cerca di cacciare fuori quell’ indemoniato, gli ho già bendato una volta tutte le dita e non vorrei dovergliele spezzare con le mie mani e poi dovergliele rimettere a posto una seconda- disse Kristen con aria piuttosto infastidita per via del corpo a corpo che stava avendo per tenere fermo il fratello maggiore.
-Per favore signore, esca fuori da qui e vada al pronto soccorso dove le medicheranno la ferita sulla guancia- e finalmente Monica riuscì a cacciarlo fuori dalla stanza,chiudendo poi la porta a doppia mandata e buttandocisi contro per impedire che quel gigante la buttasse giù. Dopo qualche secondo, una volta essersi assicurata che non avrebbe avuto altri guai per quel giorno, si staccò dal freddo legno ed andò ad aiutare lady Kristen, che cercava di bloccare la fuoriuscita del sangue da un graffio nel braccio, così, mentre lei si disinfettava la ferita, Monica finiva di bendare il braccio di uno dei più grandi scapestrati che l’ università avesse mai avuto e, dopo essersi accertata che Stephenson avesse lasciato l’ ospedale, buttò fuori senza tante cerimonie Karl, infine tirò un lungo sospiro di sollievo.
-Come va il braccio, lady Kristen?- chiese alla studentessa più anziana, avvicinandosi al catino dell’ acqua pulita ed immergendovi le mani per pulirle e levare l’ odore di disinfettante che le dava fastidio.
-Ha smesso di sanguinare, ma il taglio è abbastanza profondo, me lo dovresti bendare in fretta perché magistra Delia e magister Ligio mi aspettano in sala necroscopie per una lezione- le rispose e la ragazzina si affrettò a ricucire e bendare la ferita.
-Se dovete andare in sala necroscopie significa che è stato ritrovato qualcuno morto, sapete per caso chi sia?- chiese con tono fintamente neutro Monica, incuriosita ed affascinata dallo studio dei cadaveri.
Kristen, conoscendo la passione della ragazzina, alzò gli occhi al cielo, ma le rispose comunque:- Sì, è il custode della villa cittadina dei De La Croix-  mentre si controllava la resistenza della fasciatura, poi, dopo aver ringraziato, prese il suo mantello ed uscì dalla stanza, chiedendole di recarsi nella sala del pronto soccorso dove le avrebbero dato una nuova mansione.
Monica prese il suo mantello ancora zuppo e fece ciò che le veniva detto, ma quando arrivò alla sala del primo soccorso si trovò davanti uno scenario un po’ insolito: Sam Bradley e Louis Johansson, due studenti del primo anno come lei, stavano trasportando all’ interno una ragazza che Monica riconobbe come la sua amica Cristiane, piegata in due dal mal di pancia, ce scagliava imprecazioni poco adatte ad una ragazza di buona famiglia contro l’ oste della coda del diavolo perché le aveva servito del cibo andato a male. In un primo momento alla ragazza venne da ridere, poi, rendendosi conto della gravità della situazione, andò a chiamare immediatamente uno studente più grande per darle un antidolorifico perché senza un permesso scritto non poteva somministrare niente ai pazienti: non era che al primo anno ed aveva appena iniziato a studiare le erbe.
Al suo disperato richiamo accorse subito Paola Harley, tutta sudata a causa dello sforzo di fare da assistente a magistra Louise durante un parto.
La ragazza le fece bere il contenuto rossastro di una fialetta che aveva pescato attentamente dall’ armadio dei medicinali e le ordinò di stare sdraiata sul lettino finché avesse avuto dolore e poi di andare a casa a dormire.
Monica, dato che era un pomeriggio morto e che aveva diverso tempo a disposizione rimase seduta accanto all’ amica, studiando alcune piante velenose mentre Cristiane borbottava cupamente:
-Io lì dentro non ci torno più, per poco non mi hanno avvelenato-disse, cambiando per un istante il suo salve di –non si è mai vista una cosa del genere- Dopo qualche secondo dall’ ultima parola si addormentò e Monica la lasciò dormire per far riposare un po’ le sue orecchie doloranti. La svegliò solamente all’ una di notte, quando alla fine del suo turno di punizione Monica decise di accompagnarla a casa, che era a pochi isolati di distanza dall’ ospedale. Durante il tragitto fu più volte costretta ad impedire all’ amica di cadere perché, assonnata com’ era, non vedeva dove metteva i piedi e poco mancò che si slogasse una caviglia, tanto che chi le vedeva pensava che fossero ubriache. Alla grande villa Dennis bussò forte alla porta e le venne ad aprire Daniel, vestito da sera di tutto punto, probabilmente per uscire, e non appena vide le condizioni della sorella scoppiò a ridere e la aiutò a portarla in camera, ordinando ad una cameriera di prepararla per la notte.
-Ti sono infinitamente grato per averla riportata a casa, se non ci fossi stata tu sarebbe ancora al sanatorio- commentò con il suo solito tono scherzoso, mentre la ragazza usciva dalla porta ed imboccava il viale che l’ avrebbe condotta fuori da quell’ immensa casa.
Dopo aver attraversato a piedi tutta la città animata dalla fervente vita notturna, soprattutto all’ interno di postriboli ed osterie, Monica arrivò al dormitorio che erano ormai passate le due e mezza, quindi andò dritta filata in corridoio, facendo molta attenzione a non inciampare nelle scale poiché a quell’ ora le candele erano tutte spente, ed una volta in camera cercò di non svegliare Lilian, profondamente addormentata. Si preparò per la notte levandosi finalmente la divisa che le si era asciugata addosso ed infilandosi la camicia da notte di colore blu, poi si mise sotto le lenzuola e, non appena posò la testa sul cuscino, crollò come un ghiro.
Quella notte non riuscì a salvarsi dal suo incubo, come le altre notti del resto, ed aprì gli occhi, meravigliandosi del fatto che Lilian non l’ avesse svegliata e consolata come al solito. Le bastarono pochi secondi ed uno sguardo alla finestra per capire che l’ alba era passata da un pezzo e che erano minimo le dieci di mattina, ma non doveva preoccuparsi delle lezioni perché, avendo avuto il turno regolare di notte, doveva partecipare solamente alle lezioni del pomeriggio, fortunatamente. Rimase al letto ancora un poco per rilassarsi, e per caso si ritrovò a pensare agli ultimi tre mesi, che le avevano cambiato in meglio la vita: era riuscita ad iscriversi al ginnasio ed era arrivata in città dopo solo due settimane e da quel momento nulla era rimasto lo stesso, perché, in quanto studentessa non poteva più usare la armi, sulle quali si era basata principalmente la sua educazione; non era più sminuita dagli altri in quanto orfana, anzi, ora era una delle studentesse più brillanti del suo anno, era riuscita a farsi degli amici che le volevano bene ed aveva una stanza grande e luminosa che condivideva con una sola persona piuttosto che con una decina di ragazzine, di cui le più piccole ancora piangevano durante la notte per la mancanza dei genitori, impedendo a quasi tutta la camerata di dormire. In quanto primina doveva fare da servetta agli studenti più anziani e sottostare ai loro ordini, ma nessuno l’ aveva mai trattata male obbligandola a fare cose poco rispettose e che non voleva assolutamente, a parte forse la prima sera, quando aveva ricevuto come tutti i primini l’ ordine di recarsi al letto entro le dieci e mezza e la magistra responsabile l’ aveva alzata, assegnandola come tuttofare  a Daniel Dennis come punizione.
Era stato così che aveva conosciuto Cristiane, una ragazza bellissima e spigliata, sorella di uno dei ragazzi più in vista della scuola, e grande scavezzacollo, tanto da far morire prima o poi la madre per un infarto a causa di qualche bravata. L’ aveva incontrata un giorno mentre serviva il pranzo al suo momentaneo referente e lei lo aveva schernito con una grande confidenza, sghignazzando di non approfittarsi delle poche coraggiose che avevano il fegato di restare alzate fino a tardi.
Monica aveva sorriso involontariamente a testa china e non si era aspettata che la principessa di Erinburgh le rivolgesse la parola, invece  era successo e, dopo aver scoperto di avere diverse cose in comune, non si erano più lasciate e Cristiane si era dimostrata un’ amica davvero sincera, proprio come la sua compagna di stanza che tuttavia frequentava raramente al di fuori del loro alloggio per via del diverso programma di lezioni. Quando suonò la campana delle undici si alzò e, sempre in camicia da notte, iniziò a studiare il quinto capitolo del libro dei veleni che magister Ortensius avrebbe dovuto spiegare nel pomeriggio, ma che lei preferiva studiare prima per evitare di confondersi perché era ben noto a tutti gli studenti che il vecchio professore in questione perdesse spesso il filo del discorso ed iniziasse  a parlare di numeri mentre spiegava i diversi usi delle erbe in farmacia, in quanto riteneva che fossero collegati, anche se Monica ancora non aveva compreso il punto di fusione. –Il mondo è scritto in numeri soleva ripetere il vecchio magister durante le lezioni di matematica che lasciavano Monica piuttosto spossata: i numeri non facevano decisamente per lei, tanto che non riusciva a svolgere un esercizio senza errori e la cosa la innervosiva non poco.
Proprio mentre apriva il libro sulla pianta dell’ aloe, con cui si produceva una crema che calmava il mal di pancia, bussarono alla porta e lei, gettandosi addosso in tutta fretta una vestaglia andò ad aprire, ritrovandosi davanti Lilion e Cristiane, la prima esasperata e la seconda arrabbiata a tal punto che sembrava pronta ad esplodere da un momento all’ altro.
Monica, gettando un occhiata alla finestra e rendendosi conto che era arrivata l’ ora di pranzo, rinunciò allo studio e chiuse il libro con uno scatto che fece sobbalzare Lilion, sedutasi sul suo letto mentre cercava di calmare Cristiane che sbraitava contro di lei come se fosse suo fratello:
-Non capisci nulla, neanche fossi una prigioniera. Ho bisogno di uscire, non mi hanno mai rinchiuso in camera ad Erinburgh, invece tu ti permetti di farlo, neanche fossi già il re e papà avesse già abdicato in previsione delle sue nozze!-gridò, mordendosi subito la lingua-questo non potevo proprio dirlo-borbottò, zittendosi subito dopo per paura di svelare altre cose che dovevano rimanere segrete. Dopo cinque minuti da quando aveva messo il broncio, con la certezza che l’ amica non avrebbe di nuovo preso fuoco come un ciocco di legno, Monica azzardò una domanda, mantenendo sempre un tono tranquillo per non farla agitare:
-Mio fratello non vuole portarmi al gran ballo della rosa che si svolge tutti gli anni l’ otto di Novembre- disse Cristiane,poi, guardando le facce sbalordite delle due ragazze davanti a lei aggiunse:-non ditemi che non sapete che ricorrenza è oggi- alzando gli occhi al cielo con aria esasperata ed iniziando a spiegare che ogni anno, il giorno della data di fondazione, ovvero l’ otto di Novembre, si svolgeva un gran ballo in maschera a cui potevano partecipare tutti gli studenti dal secondo anno in su, ovvero da quando  potevano iniziare ad avere una vita politica, ed i primini potevano accedervi solo se accompagnati ed invitati da uno studente più grande:-ed io avevo chiesto a mio fratello di portarmi con sé, ma lui mi ha spietatamente risposto di no- terminò con voce frustrata.
Monica, cercando di non ridere per via del futile motivo di contrasto tra l’ amica e Daniel,cercò di farla ragionare, ponendole la situazione in maniera diversa:
-Non credi che tuo fratello preferisca essere accompagnato da una sua amica piuttosto che da sua sorella? Io credo che se le parti fossero state inverse tu avresti reagito nello stesso modo-
-Probabilmente sì- ammise la ragazza,-tuttavia poteva dirmelo con un po’ più di gentilezza, e non ti azzardare a difenderlo-disse con un tono di voce più elevato quando Monica aprì bocca.
-Pensavo che stessi dalla mia parte, invece sei proprio come Anna, dai sempre ragione a Daniel- l’accusò ed uscì di corsa dalla stanza, sbattendo la porta alle sue spalle. Monica fece per seguirla ma, ricordandosi di essere in camicia da notte, si lavò e vestì. “In fondo un quarto d’ ora da sola non potrà che farle bene” si ritrovò a pensare mentre si allacciava il bustino dell’ uniforme. Si spazzolò i capelli, si infilò gli stivaletti ed afferrò la borsa con i libri ed il mantello, poi, insieme a Lilion decise di andarla a cercare, quindi, dopo averlo infilato ed aver tirato il cappuccio sui capelli per ripararsi dal freddo, uscì lungo la piazzetta circolare intorno a cui si sviluppavano tutti i dormitori ed entrambe si diressero verso la piazza principale, le lezioni del pomeriggio completamente dimenticate.
Durante la loro ricerca affrettata per tutti i vicoletti della città iniziò a piovere e a Monica cadde di testa il cappuccio, ma talmente presa dalla ricerca non se ne accorse, finendo per zupparsi tutti i capelli.
-Propongo di dividerci- disse Monica,-tu cercherai nei luoghi preferiti di Cristiane ed io vado a vedere se è tornata a casa, il fratello dovrebbe essere a lezione, così non ci saranno conseguenze negative, e speriamo che il Signore ce la mandi buona-continuò e, senza neanche aspettare una risposta, imboccò un vicoletto stretto che l’ avrebbe portata nella zona  nobiliare, ed in poco tempo infatti si trovò davanti alla villa cittadina dei Dennis. Le guardie, conoscendola, la lasciarono passare e lei corse verso la porta della villa, che si spalancò senza che lei avesse bussato.
-Lady Monica, sembri un gatto mezzo annegato-le disse Anna, la balia di Cristiane e governante della casa. –Entra, asciugati, io nel frattempo vado a chiamare Cristiane ed il principe Daniel, attendi in salone, per favore-le disse gentilmente la dona di mezza età.
Monica,che a quelle parole si sentì gelare: se il principe Daniel fosse venuto a saper che sua sorella si era persa l’ avrebbe divorata viva; non poteva comunque impedire alla governante di andarlo a chiamare, dopotutto la sua amica poteva essere veramente in camera ed essersi già calmata. “O cielo, sono tutta bagnata” pensò, accorgendosi di grondare acqua da tutte le parti e rimanendo dov’ era per non bagnare ancora il pavimento.
Quando vide scendere Daniel le si fermò il battito cardiaco: Cristiane non era in casa e con lui c’ era anche il fratello maggiore di Lilion, il capo della facoltà di lettere della scuola. Aveva davanti due persone con talmente tanto potere che avrebbero potuto farla cacciare dagli studi.
Marchesi, cosa ci fai qui? Mia sorella non è in casa, è a lezione, lo stesso luogo in cui dovresti essere tu-disse con tono fintamente calmo che la fece deglutire a vuoto.
-Io … ehm … sono venuta su ordine di magister Ortensius perché Cristiane si è attardata nel prendere un libro qui, dovrebbe essere in biblioteca- mentì lei, sperando con tutto il cuore che per una volta non le si leggesse in faccia la verità, ovvero che era terrorizzata per la sua amica: era quasi buio e lei non sapeva dove fosse, in più pochi secondi dopo bussarono alla porta e, quando Monica aprì, si ritrovò davanti Lilion, bagnata fino al midollo e con i capelli lunghi e neri appiccicati al viso e lei sbiancò quando l’ amica scosse impercettibilmente la testa, allorché Monica si precipitò fuori nella bufera, correndo alla cieca nell’ oscurità alla ricerca della sua amica, incurante delle urla di Daniel.

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Capitolo 3
*** Athanasios ***


Nel frattempo Lilion cercava di calmare tutto il trambusto venutosi a creare: -Buonasera tribuno Dennis, tutto bene? -chiese educatamente, tentando di non farlo arrivare alla porta d’ ingresso. -Sì Lilion, grazie, ora puoi spiegarmi per quale motivo quella incosciente della tua amica stava mentendo così spudoratamente? Io ero in libreria e ti assicuro che mia sorella non è mai passata di lì o me ne sarei accorto, cosa mi state nascondendo? Dimmi che Cristiane non ha combinato qualche altra sciocchezza perché credo che potrei strangolarla- le chiese con voce implorante, passandosi una mano tra i capelli biondi, ma proprio mentre la ragazza stava per aprire bocca bussarono alla porta e Daniel andò ad aprire, sperando che fossero sua sorella e la sua amica, e trovandosi davanti Cristiane con le braccia al collo di Lilion, che presentava il braccio dell’ uniforme strappato ed un brutto taglio sanguinante leggermente verdastro, simbolo che chi l’ aveva aggredita aveva imbevuto le sue armi nel veleno, quasi sicuramente in un tipo poco efficace, adatto più che altro per stordire l’ avversario, non per ucciderlo. Daniel fece correre diverse volte lo sguardo dalla prima alla seconda Lilion, afferrando poi una spada dall’ armatura più vicina e chiamando a gran voce i suoi compagni con cui era in riunione nella biblioteca. -Lo chiederò una sola volta, dopo di che inizierò ad attaccare, chi di voi è la vera Lilion- urlò, mentre cinque ragazzi coetanei a lui si precipitarono giù dalle scale, formando un cerchio che impediva alle ragazze di fuggire. -Tribuno Dennis, sono io la vera Lilion-esclamò quella che era arrivata da sola, prontamente zittita dall’ altra che urlò: -Sono io la vera Lilion, quello è un demone che ha preso le mie sembianze aggredendomi nella piazza della città proprio mentre venivo qui. Daniel aveva già capito quale fosse la vera ragazza, avvicinandosi così alla Lilion zuppa di pioggia che sorrise mettendo in mostra due canini più sviluppati del normale, segno inequivocabile che quella che avevano davanti non era un essere umano, o almeno, non più, bensì una creatura che aveva votato la sua anima al male, vendendone una parte al demonio pur di continuare a vivere per sempre con le sembianze di un’adolescente. La creatura non si era accorta che dietro di sé si era spostato James, che le puntò la spada pregna di incenso contro le scapole, e ghignava a Daniel, che nel frattempo aveva estratto la sua e gliel’ aveva puntata alla gola, pronto per ucciderla. Esitò solamente per porle un’unica domanda: -Dov’ è lei? - chiese con il suo tono autoritario, facendo scoppiare a ridere la non morta, ben sapendo che il bamboccio viziato che giocava a fare l’eroe si stesse riferendo alla sua padrona, anzi, allo spirito che si era impossessato di ella da qualche tempo. -Se te lo dicessi non ci sarebbe più il divertimento di farvelo scoprire, vostra altezza, io non tradisco chi mi fa del bene- rispose con una punta di acredine che Daniel decise di ignorare, infilzandole la spada nel collo, dal quale non sgorgò nemmeno una stilla di sangue, facendolo bruciare a contatto con la lama benedetta e facendo sparire l’ espressione divertita della creatura, che tuttavia morì con il sorriso sulle labbra, mormorando una sorta di litania diretta alla sua padrona, per avvertirla che non l’ aveva tradita. Daniel ritrasse la spada, completamente pulita, con un unico colpo e si girò a guardare le due ragazze che, se avessero potuto, avrebbero rimesso sul pavimento persino la colazione del giorno prima, con uno sguardo che avrebbe fatto resuscitare anche il cadavere scomposto sul loro pavimento. -Qualcuno ha la decenza di spiegarmi per quale motivo una Triesine si è introdotta in casa mia e per quale motivo avete ignorato gli avvisi dei superiori di rimanere chiuse in casa o in dormitorio durante la notte della fondazione dell’università? - chiese mentre i suoi compagni riponevano le armi, facendo loro segno di tenerle ancora sguainate. -E’ colpa mia, non prendertela con loro- rispose Cristiane con un filo di fiato mentre un’espressione di dolore balenava sul suo viso, ma Lilion la interruppe: –Non c’è tempo per i rimproveri, Monica è lì fuori in pericolo, è a lei che vogliono arrivare! - esclamò arrabbiata, la sua amica era fuori nell’ unica notte in cui non poteva e loro erano tranquillamente lì a portare avanti un processo su chi fosse colpevole e chi innocente. Daniel cercò lo sguardo del suo migliore amico per comunicargli silenziosamente di rimanere con le due ragazze durante tutto il tempo che ci darebbe voluto per trovare la ragazza che, alla fine di quella lunga notte, avrebbe provveduto lui stesso a punire per la sua incoscienza. Dopo aver ricevuto il consenso del ragazzo chiamò Maria, chiedendole di portargli una fialetta di acqua santa con cui bagnare la spada, poiché le creature della notte manifestatesi come ombre potevano essere sconfitte solamente con qualcosa di benedetto. Non appena la domestica comparve con quanto richiesto spruzzò la sua arma e, con uno scatto fulmineo arrivò alla porta, scomparendo nella notte buia e tempestosa, cercando di salvare quanto di più caro avesse la sua amica Kristen, che altrimenti lo avrebbe scuoiato vivo. Nel frattempo Monica era in una situazione ben poco rassicuranti: si trovava nel giardino abbandonato della famiglia di una delle tante famiglie nobiliari estinte, quando aveva sentito delle urla molto simili a quelle di Cristiane, e, con il cuore in gola per la preoccupazione di ciò che potevano averle fatto, aveva iniziato a seguirle, notando che diventavano più intense a mano a mano che si avvicinava alla piazza principale della città, dove si era accorta che provenivano da una sagoma nebbiosa distinguibile solo a tratti, quando assumeva la forma di un grande avvoltoio con il lungo corpo teso per consentire all’ aria di arrivare maggiormente alle corde vocali, ed il becco ricurvo spalancato. La nebbia era calata più fitta del solito quando l’avvoltoio aveva emesso per due volte uno stridio più acuto degli altri, e Monica si accorse subito che non era un semplice fenomeno atmosferico, bensì l’intera armata delle creature della notte ad averla circondata, rendendo impossibili i suoi movimenti e graffiandola da ogni parte disponibile. Era caduta in una trappola e non sapeva come uscirne, e l’ansia di veder arrivare verso di lei una sagoma gigantesca con due paia di braccia non migliorò la situazione, soprattutto quando il mostro emise una sorta di ruggito e lei capì di trovarsi davanti al leggendario combattente della notte, una creatura con il corpo di orso e la testa di serpente che stonava notevolmente con l’impotenza del tronco. Aveva letto che aveva un ottimo udito ma la vista pessima, tranne quando era circondato dalla nebbia, il suo elemento costituente, che lo guidava con i suoi sussurri verso la preda designata, che, ignara di tutto, veniva stritolata tra le possenti braccia del mondo, morendo soffocata. Ad un tratto l’avvoltoio riprese la sua forma originaria di ombra e, veloce come solo una scheggia poteva essere, si tuffò in picchiata verso di lei, entrandole nel petto, proprio all’altezza del cuore, che cominciò ad anestetizzarsi ed a battere più piano, mentre una voce stridula le si diffondeva nella testa, provocandole fitte insopportabili che la fecero cadere a terra in ginocchio e nascondere la parte offesa tra le braccia, mentre sentiva il pavimento di sanpietrino della piazza tremare sotto il peso dell’ essere, ed un risolino serpentino -Ma guarda chi abbiamo qui, ho come l’impressione che la regina sarà contenta-sibilò il mostro inumidendosi spesso le labbra squamose con la lunga lingua biforcuta con cui leccò la guancia della ragazza lasciandole una profonda ferita sporcata di verde, sicuramente avvelenata, mentre nella testa l’ avvoltoio intonava una strana litania nella lingua della magia che la fece cadere in uno stato di incoscienza, pronta per obbedire agli ordini di una donna che, lontana dal campo di battaglia, attendeva la sua preda con il sorriso sulle labbra e dava ordini a distanza dai suoi soldati fedeli. Aveva il capo nascosto da un velo bianco ed un vestito rosso molto articolato e con molte trasparenze, tipico di quelle che il volgo chiamava streghe e che erano note per nutrirsi dell’anima delle persone e di assoggettarle al proprio potere. Strega. Che nome volgare per lei che era capace di creare creature dalla primordiale oscurità, materia di cui erano costituiti anche gli uomini, da questo la sua facilità nel controllare le loro mosse. Athanasios non era umana, si capiva subito grazie alla sua perfetta bellezza, agli occhi color cremisi ed ai bellissimi e lunghissimi capelli color rame, così simili a quelli di Monica da poterli confondere, eppure riusciva a leggere e comprendere le menti di quegli esseri troppo sentimentali meglio di chiunque altro, capacità che lei aveva deciso di sfruttare a suo vantaggio. Era una creatura vecchia di millenni, nessun essere vivente era mai riuscito a trovare la formula adatta per ucciderla, e lei era immensamente divertita da tutti quegli sforzi che, la facevano sentire molto importante e potente, più di quanto già non fosse: conosceva ogni singolo incantesimo che fosse mai solo stato pensato ed era in grado di eseguirlo senza sbavature, aveva avuto talmente tanto tempo per esercitarsi che non lo ricordava neppure. Il suo sorriso si spense all’ improvviso, quando sentì risuonare anche nella sua testa l’urlo di dolore dell’avvoltoio, contrastato dalla ferrea volontà della ragazza che stava richiamando a sé alcuni incantesimi che le avevano insegnato in convento per sconfiggere gli spiriti maligni, gli unici contro cui lei non poteva nulla perché formulati propriamente per combattere le tenebre ed efficaci solamente nella notte del diavolo. Eppure era sicura che la ragazzina non stesse agendo completamente da sola, sospetto che venne confermato dalla potente voce femminile che incitava Monica a richiamare Elider, il pugnale dall’ elsa serpentina e la lama ricurva d’argento, che, se conficcata al di sotto della gola del vendicatore avrebbe potuto mettere fine ai suoi giorni, e questo lei non poteva permetterlo perché aveva ancora bisogno di quello stupido gigante. -Ibrido, ritirati- gli ordinò silenziosamente, quando si accorse che la ragazza era riuscita aa ancorarglisi sulle spalle muscolose. -Mia regina, non temete, posso farcela, non sssarà certo una mocciosssa ad uccidermi- le rispose la creatura, ma lei fu irremovibile. -Ritirati ho detto! L’ alba si sta avvicinando e stai perdendo potere, obbedisci!- contrattaccò, sentendosi più debole ogni secondo che passava e pensando che probabilmente una ragazzina stava per riuscire dove migliaia di uomini avevano fallito. Daniel era arrivato nella piazza principale a scontro iniziato, proprio quando Monica aveva evocato il pugnale dal nulla, rimanendo molto sorpreso da quanti progressi avessero fatto le arti magiche di una ragazza così giovane, ma non poté rimuginare a lungo poichè delle ombre iniziarono a ribollire e ad assumere la forma di animali ibridi dal corpo di lupo e la testa di tigre con cui dovette lottare strenuamente, poiché per ogni bestia caduta ve ne erano tre o quattro pronte a prendere il suo posto, instancabili, feroci ed estremamente forti, riuscirono a metterlo in difficoltà ma lui, che amava le sfide, non si fece battere, ferendone una dopo l’ altra e rispedendola dal suo luogo d’ origine mentre dentro di sé prometteva di non fare mai arrabbiare Monica perché, se era così potente da riuscire a richiamare tutti quei mostri, non voleva immaginare cosa avrebbe potuto combinare se avesse perso il controllo delle sue abilità magiche. Dopo un’ora gli dolevano le braccia a causa della spada non bilanciata, forgiata evidentemente per qualcuno più muscoloso di lui, e i movimenti più lenti gli avevano causato parecchi graffi sul torace e sulle spalle. Si terse il sudore dalla fronte con un lembo del mantello e riprese a menare più fendenti di prima, fino a quando non sentì un urlo che gli ghiacciò il sangue e che portò una ventata di luce e calore capace di disintegrare tutte le belve con cui stava combattendo, che si riformarono un attimo dopo, non appena terminò l’effetto. Riprese fiato e si preparò a rigettarsi nella battaglia quando le ombre iniziarono a ritirarsi e lui potè vedere la sagoma di una donna con le mani tese, pronte per assorbire le tenebre, eppure dopo pochi secondi la persona era scomparsa, veloce come un miraggio. Si accorse che era arrivata l’alba e non si fermò a chiedersi chi fosse quella strana creatura, correndo immediatamente incontro al corpo di Monica disteso a terra per lo sforzo. Le tastò il polso, rallegrandosi del fatto che fosse viva, poi la prese delicatamente tra le braccia ed iniziò a correre verso casa sua, con la speranza di non incontrare nessun conoscente tra le persone che, dopo aver scampato il pericolo nei locali, ritornavano a casa, tuttavia la sua preoccupazione primaria era accertarsi che la ragazza stesse bene e che ricevesse immediatamente un addestramento magico così da non esplodere come un proiettile. Athanasios era furiosa con sé stessa e con il suo esercito, ma soprattutto con il ragazzino viziato che aveva intaccato il suo piano che avrebbe previsto il rapimento della ragazza. Si rammaricò di non averla lì con lei per poter attingere alla sua giovinezza, lei che si sentiva così stanca dopo l’attacco di quella notte che era riuscita solamente ad esporla e non aveva portato nulla di buono. Ben presto però l’ avrebbe avuta tra le sue mani ed avrebbe così potuto finalmente riabbracciare la sua sorellina, che si era divertita a prendere possesso del corpo di una ragazza che effettivamente somigliava molto al suo di quando era in vita. Non vedeva l’ora… Angolino della serpe: Dopo due settimane sono riuscita a postare un nuovo capitolo, per me è un vero record, e spero che anche questo avrà successo come i primi due. Pregherei chi legge di lasciare un piccolo commentino che mi renderebbe molto felice e mi farebbe capire quanti tengono veramente a questa storia che mi sto divertendo molto a scrivere. Tengo a ringraziare BennyloveAstral, Ale_Van_Alen e SerpeOrtica per le loro recensioni, sperando che decidano di continuare a leggere la mia storia, e le centoundici persone che hanno semplicemente letto, grazie di cuore, non avrei mai pensato che il mio racconto potesse riscuotere così tanto successo. Con la speranza che vi piaccia, la vostra Momy vi manda un affettuosissimo bacio.

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Capitolo 4
*** fuga di notizie ***


Sono tornata, chiedo scusa per il ritardo e spero che mi perdonerete. Ci rivediamo giù con il mio solito angolino, ora vi lascio alla lettura. Tengo a ringraziare tutte le persone che leggono ma soprattutto che recensiscono, se la storia va avanti è perchè sono molto soddisfatta dei vostri commenti, grazie anche a chi mi ha inserito tra i preferiti ed i seguiti, vi voglio bene.

Stava sognando di essere nuovamente all’ orfanotrofio, cosa che non accadeva da quando aveva otto anni ed era stata adottata dalla famiglia Marchesi. In particolare era tornata al giorno in cui una bellissima donna dai capelli rossi le aveva fatto visita, uno dei giorni più belli del tempo trascorso all’ orfanotrofio. Sorella Reina l’aveva mandata a chiamare appena dopo la fine delle lezioni del sabato, quando iniziavano i colloqui per i frequentanti del collegio, e gli altri dovevano rimanere in camera, assistendo alla contentezza di chi ritornava nella camerata con un grande sorriso per aver ricevuto una carezza dai suoi genitori oppure l’ espressione triste di chi era stato rimproverato per un comportamento scorretto. A Monica facevano malissimo quelle visite perché, sebbene fosse trattata come una principessa e non le mancasse mai nulla, desiderava anche lei avere qualcuno di esterno con cui parlare, di essere persino rimproverata da una persona che le avrebbe comunque voluto bene per sempre, invece non le era concesso. Quella volta aveva sperato che i suoi veri genitori avessero deciso di assumersi le loro responsabilità e fossero venuti a prenderla, così si era messa il vestito dell’uniforme più nuovo che aveva, senza rammendi, di un grigio tendente all’ azzurro, si era sistemata bene le lunghe trecce ed era scesa nel salone di ricevimento, venendo però indirizzata verso il parlatorio, luogo in cui di solito avvenivano gli incontri con delle famiglie interessate ad adottare gli esposti. Quando era entrata era rimasta molto delusa perché non erano i suoi genitori che la stavano aspettando, bensì una bellissima donna dai capelli rossi che batteva impaziente la mano sul grande tavolo di legno intagliato. Doveva essere sicuramente una donna nobile ed importante, di buona fama, altrimenti le sorelle non l’avrebbero mai fatta avvicinare ai bambini per paura che li potesse condurre sulla strada del demonio, cosa che prevenivano con lunghe sedute di preghiera che lei non riusciva a sopportare perché l’inginocchiatoio di legno era troppo duro ed ogni volta che si alzava le facevano male le ginocchia.
Si avvicinò con un po’ di timore a quella figura sconosciuta, torturando la manica del suo vestito, allentandola leggermente, facendo attenzione a tenere gli occhi bassi in segno di rispetto, proprio come le veniva insegnato nelle lezioni di buone maniere, e si sedette sulla punta della sedia per riuscire a toccare il pavimento con le punte dei piedi.
-Buongiorno mia signora, in cosa posso esservi utile?- fu la prima cosa che chiese, proprio come le avevano insegnato, sempre tenendo gli occhi bassi per non avere la tentazione di fissare i suoi. La donna mosse un braccio, foderato di velluto rosso sangue, verso di lei, producendo un debole fruscio, e le sfiorò la guancia con una tenera carezza.
-Non chiamarmi signora, Monica, non sono ancora sposata- le rispose dolcemente la donna, continuando ad accarezzarla per prendere bene contatto con la sua mente e poterla sentire meglio.
-Puoi alzare lo sguardo se vuoi, non mi dà fastidio essere guardata negli occhi, anzi, lo preferisco perché di solito so leggere molto bene lo sguardo delle persone- commentò, e solo allora la ragazzina si decise a sollevare i grandi occhi castani, perdendosi in quelle bellissime pozze color smeraldo della donna che nel frattempo stava analizzando i suoi pensieri.
-Come fate a sapere il mio nome e perché avete voluto vedermi?- domandò la bimba, un po’ intimorita da quell’ insolito affetto.
-Nulla mia cara, solo chiederti se volessi venire a vivere con me- rispose la donna, tranquilla come se stesse parlando del tempo e non di uno dei più grandi desideri della persona che aveva davanti. –Riguardo al tuo nome non preoccuparti, mi è stato riferito dalle suore che mi hanno consigliato te come dama di compagnia in quanto sei molto educata-
Monica non si sentiva rassicurata, anzi, sentiva nella sua mente una voce che le ordinava di non fidarsi delle parole pronunciate durante quel colloquio, così non si sbilanciò più di tanto:
-Sarebbe un piacere per me mia signora, voi mi vorreste bene, vero?- mormorò, nel frattempo la donna aveva avuto accesso a ciò che desiderava e lasciò andare il suo sguardo, facendola cadere in una sorta di torpore e facendole dimenticare ciò che era accaduto dall’ inizio dell’incontro, sparendo poi nel nulla e lasciandola molto confusa, priva del ricordo di quel giorno fino a pochi attimi prima.
-Monica, tesoro, svegliati- mormorò Cristiane, del tutto ignara del fiume di ricordi che stava investendo la sua amica. –Daniel, non si sveglia, che   facciamo?- chiese la ragazza allarmata, cercando di guardare suo fratello negli occhi per ricevere un consiglio. Era da quando era tornato a casa con Monica svenuta in braccio che si era appostato vicino alla finestra della sua stanza, dove avevano messo la ragazza, rinchiuso in un silenzio tombale come se tutto quello che era accaduto fosse colpa sua.
Daniel si decise ad alzare lo sguardo, puntandolo verso la sagoma immobile nel letto che ogni tanto emetteva mormorii senza senso, come in preda ad un grande dolore. Kristen gli aveva chiesto di tenerla d’ occhio affinché controllasse se i suoi sospetti, risvegliati da una piccola voglia sotto le costole destre, fossero fondati, e lui ne era stato incapace, non era ancora in grado di avere sulle spalle la responsabilità di un popolo, non se non riusciva a proteggere una sola persona quando avrebbe dovuto proteggerne migliaia.
“Monica ti prego, apri gli occhi” si ritrovò ad implorare silenziosamente, ignaro del fatto che la ragazza volesse tornare cosciente ma non vi riuscisse a causa di un piccolo frammento di buio che la tratteneva nel mondo dei sogni. La porta si spalancò con un fastidiosissimo cigolio ed una moltitudine di gonne color zaffiro si avvicinò al letto dove in quel momento riposava la bella addormentata.
-Dimmi che non sto per perderla di nuovo, ti prego- singhiozzò Kristen, e lui, mai come in quel momento, seppe che se fosse successo qualcosa alla ragazza, il suo cervello non sarebbe stata l’unica cosa pronta a distruggersi a causa dei sensi di colpa.
-Non posso dirtelo Kristen, ma mi auguro anche io di tutto cuore che si riprenda- le disse, mettendole un braccio attorno alle spalle, proprio come se fosse stata sua sorella, perché era solamente questo che legava i due ragazzi, una solida amicizia che con il passare del tempo si era trasformata in fratellanza, ma niente di più: lei non avrebbe mai avuto il suo cuore come lui non avrebbe mai avuto il suo, al contrario delle voci che si erano diffuse a causa della loro grande familiarità. Il cuore di lui era già occupato dalla persona che giaceva nel suo letto e che lottava contro la morte.
-Il fuoco no, vi prego il fuoco no- urlò la ragazza addormentata, facendo gelare ad entrambi il sangue nelle ossa per l’implicazione che portava con se quella frase, e lasciando piuttosto stupita Cristiane, che non aveva mai assistito ad uno degli incubi della sua migliore amica, più volte descritti da Lilion. Fu un solo momento di attesa, poi Daniel chiamò Maria e le ordinò di tenere lontana dalla stanza Cristiane anche a costo di rinchiuderla in uno degli armadi, poi sbatté la porta in faccia alla donna e la chiuse a doppia mandata. Allungò una mano davanti a sé, estraendo dal nulla un lungo fioretto d’ argento con la lama in ardesia e muovendo a mala pena una mano per far comparire un fuoco bluastro di medie dimensioni. Kristen estrasse dalla sua valigetta degli attrezzi un mozzicone di gesso blu e si affrettò a disegnare sulla fronte della ragazza un piccolo pentacolo che divenne di un brillante verde smeraldo, provocando la fuoriuscita di una nuvola di fumo grigio che si diresse immediatamente verso il ragazza, lasciando fuoriuscire un risolino da lui ben conosciuto che lo fece irrigidire poco prima di trafiggerlo con la spada, facendo urlare e dissolvere nel nulla la sagoma deforme.
La ragazza smise di urlare contro un inesistente incendio, continuando a dormire mentre si girava su un fianco, segno che il pericolo era passato. Kristen volse lo sguardo pieno di terrore verso il suo migliore amico: ormai non aveva più dubbi, quella voglia non era apparsa sulla pelle di Monica solo per caso, anche lei come tutti i suoi antenati sarebbe stata costretta a rischiare il rogo ogni giorno a causa di tutta quell’ energia che all’ interno del suo corpo si trasformava in qualcosa che poteva far avverare i desideri più bui dell’animo umano e addomesticarli come se fossero docili cani, qualcosa che aveva la stessa forma della magia ma che poteva arrivare ancora più a fondo di essa, il controllo della notte e di tutte le sue creature.
-Cosa succederà adesso se persino i suoi poteri si sono risvegliati?- chiese Kristen, guardando sua nipote riposare tranquilla, ignara del terrore che stava attanagliando la ragazza più grande.
-Dovremmo aspettarci attacchi su tutti i fronti, sia da quelli politici che da quelli magici, dopotutto se non l’avessi vista padroneggiare il pugnale della tua famiglia con i miei occhi penserei anche io che lei non sia chi pensiamo: un’ erede al trono non compare dopo quattordici anni dalla scomparsa-rispose Daniel, zittendosi immediatamente quando vide Monica sbattere le palpebre e sbadigliare, mettendosi subito seduta, ignorando un capogiro.
-Dove sono? Dov’ è Cristiane? Dobbiamo andare a prenderla, questa notte non è sicuro uscire-urlò a pieni polmoni, prima di accorgersi di essere sdraiata in un letto a lei sconosciuto e di avere davanti un medico e di avere urlato contro uno studente anziano.
-Stai calma Monica, sei a casa di Cristiane e lei è qui con noi, al piano di sotto con Maria- spiegò Kristen, fingendo una tranquillità che non provava solamente per non spaventarla.
-Posso vederla?-chiese un po’ titubante, ma allo stesso tempo decisa ad accertarsi della verità della risposta che le era stata fornita.
-Meglio di no, adesso devi riposare, poi ti dovremo spiegare alcune cose abbastanza importanti- rispose lei, mettendole una mano sulla fronte per addormentarla di nuovo e facendole posare la schiena sul materasso.
-Abbastanza importanti? Sai che quando si saprà la tua famiglia precipiterà in uno scandalo di immani dimensioni e che la sua vita non sarà più la stessa, vero?- domandò Daniel sputando sarcasmo, facendo alzare gli occhi al cielo all’ amica:
-Colgo per caso una nota di preoccupazione nella tua voce?-ribatté lei con un sorriso furbesco.
Daniel sorrise a sua volta: -Sei migliorata molto nello sviare i discorsi incresciosi, ora se non ti dispiace vado a dormire, sono due notti che non chiudo occhio, ti faccio accompagnare all’ ingresso da Paul-disse, uscendo poi dalla stanza con una camminata simile alla corsa, chiamando a gran voce il maggiordomo
“Non sarò mai brava come te, fratello” pensò Kristen.
***
Monica aveva sempre amato guardare il cielo, fin da piccolissima aveva trovato all’ orfanotrofio un piccolo rifugio nel tronco scavato di una delle querce millenarie e di notte, dopo il giro di controllo delle sorelle, quando tutte le candele venivano spente, lei si alzava piano piano dal suo letto per non fare rumore e si calava dal finestrone della camerata attraverso il tronco di un albero di ciliegie, fino a toccare terra e raggiungere così il suo piccolo posticino. Anche nella casa dei suoi genitori adottivi aveva trovato un nascondiglio nella legnaia, fredda e umida, insospettabile proprio perché lei odiava l’ odore di legno bagnato, anche se crescendo aveva dovuto accontentarsi di sdraiarsi sull’erba in un punto isolato del cortile e sperare che nessuno si accorgesse di lei. Da quando era arrivata in città aveva scoperto che poteva osservare tranquillamente le stelle sdraiandosi sulla riva del fiume che attraversava la campagna poco al di fuori della cittadella, nel borgo degli allevatori, ed era proprio lì che si trovava quel giorno, con i piedi, liberi dalle calze e dagli stivaletti, immersi nell’ acqua gorgogliante, tiepida nonostante Novembre fosse entrato da ormai dieci giorni. Aveva l’ orlo dell’ abito della divisa bagnato ed i capelli, lasciati liberi dal nastro con cui erano solitamente legati, erano sparsi sull’ erba ancora verde del prato, gli occhi chiusi, in quella che appariva come l’ immagine della tranquillità e della spensieratezza.
-Sei sicura che non ci dicano niente se mai dovessero vederci?- Le chiese Cristiane, guardandosi continuamente alle spalle e rimanendo in piedi per paura di sporcare di verde il suo abito da passeggio preferito.
-Non lo so, ma da quando ti importa delle regole?-rispose Monica che aveva bisogno degli ultimi attimi di normalità prima dell’ annuncio ufficiale di una promessa che le avrebbe negato per sempre la normalità. Da quando aveva saputo la verità-di essere l’erede al trono di uno dei regni più importanti dell’intero continente-aveva deciso di godersi gli ultimi attimi di tranquillità e libertà, proprio come le avevano suggerito Daniel e Kristen. Ancora non riusciva a credere che Kristen fosse sua zia e che avesse sempre avuto una famiglia piuttosto numerosa, soprattutto se ripensava ai giorni solitari trascorsi all’ orfanotrofio prima che i suoi genitori adottivi l’accogliessero in casa. Sarebbe dovuta ritornare a casa entro due o tre giorni, accompagnata da Kristen che avrebbe provveduto a spiegare tutto con quei particolari che lei aveva omesso via lettera. Sperava che i suoi genitori si opponessero e che continuassero a farla vivere come aveva sempre fatto, senza obblighi né costrizioni, che le dicessero che era tutta una bugia e che non avrebbe dovuto avere la responsabilità di tante, troppe persone sulle spalle non appena avesse compiuto la maggiore età.
-Non mi importa delle regole, ma ho freddo e Kristen angoscerà mio fratello che poi se la prenderà con me, se non rientri a casa prima delle sei del pomeriggio- commentò Cristiane, porgendo la mano alla sua amica per aiutarla a rialzarsi.
-Hai ragione, sono troppo suscettibile in questo periodo, dovrei calmarmi e non sfogarmi su di te- e Monica si mise in marcia, subito seguita dalla fedele compagna che stette in silenzio per tutto il viaggio di ritorno. Arrivarono alle porte della città quando l’ orologio della piazza iniziò a battere il primo dei sette rintocchi che annunciavano l’ arrivo della sera, e la ragazza si batté una mano sulla fronte, ricordandosi del suo turno all’ ospedale, dove l’attendeva sua zia, le riusciva ancora difficile pensare a Kristen come tale.
Iniziò a correre, seguita dalle urla di Cristiane che ignorò per evitare uno spaventoso ritardo, rischiando più volte di cadere a causa delle crepe nei sanpietrini ed evitando per molto poco di travolgere due dei ragazzi che meno sopportava in tutto il ginnasio, dimenticandosi accidentalmente di scusarsi.
Arrivò davanti all’ ospedale che aveva il respiro mozzo a causa della fatica e grondava di sudore, e pensò che una strigliata a dovere non gliel’ avrebbe risparmiata nemmeno sua madre, soprattutto lei!
-Monica, si può sapere per quale motivo ti ostini ad ignorare l’ orologio, come se non facesse già abbastanza rumore?- domandò Kristen, spuntandole alle spalle e facendola trasalire dallo spavento, perché, sebbene fosse di diversi centimetri più bassa di lei, la ragazza li recuperava con l’ autorità.
-Mi dispiace, non succederà più- borbottò lei, notando che un’ occhiata assassina si era diretta verso una macchia di fango fresco sulla gonna provocata da una pozzanghera che aveva attraversato durante la sua folle corsa.
-Lo spero, adesso seguimi, questa sera farò da assistente al tuo insegnante e mi augurò che non passerai tutto il tempo a lamentarti come hai fatto la volta scorsa-continuò, e Monica desiderò sprofondare sotto il pavimento mentre mezzo ospedale, richiamato dal soave tono di sua zia, la guardava compassionevolmente: nessuno poteva interferire con Kristen Davensburg se non voleva avere guai, in quanto diretta sottoposta della direttrice del pronto soccorso.
-Monica, gradirei che fino all’ annuncio ufficiale tu venga a vivere a casa mia, avrai tutta la tranquillità che vorrai ed io starò più tranquilla avendoti sott’ occhio- disse Kristen, abbassando la voce fino a farla diventare un sussurro, appena udibile da Monica che le camminava vicino.
-Sconvolgereste ancora di più la mia vita, vi prego di non lasciarmi abbandonare tutto quello che conosco a favore di una nuova vita-controbatté la ragazzina, che non voleva assolutamente ritrovarsi in una casa a lei estranea durante un periodo in cui la sua identità era in crisi.
-Devi capire che la tua vita non ti appartiene, appartiene solamente alla corona, è così per tutti gli eredi di un regno- cercò di spiegarle la studentessa più grande, alternando un tono aspro ad uno più morbido e trasmettendole ciò che le era stato insegnato fin dalla nascita.
-La mia vita rimarrà solo e solamente mia, non perderò mai la mia libertà, altrimenti appena entrata in possesso della corona abdicherò in favore di qualcuno propenso a lasciare la sua vita in mano ad altri-
-Potresti conoscere la tua famiglia, senza contare che sono veramente spaventata da quello che sta succedendo, tre aggressioni in due settimane, non so se ti rendi conto che non è un risultato di cui andare fiera-pronunciò Kristen, continuando il suo monologo dopo uno sbuffo della nipote:- e ancora non si è venuto a sapere che sei la futura sovrana di Briesel. Dovrai imparare a farti accettare dal popolo che all’inizio ti considererà un’estranea, capisci che dovrai fare tutto da sola, senza aiuto, e che per di più dovrai proteggerti? Permettimi almeno di toglierti il peso della sicurezza, te ne prego- la implorò, e Monica, seppure restia ad accettarlo, capì che lady Kristen teneva veramente a lei, e decise di compiacerla, anche se a malincuore.
-Se accettassi, mi promettereste che non vivremmo all’ ambasciata insieme a tutti i parenti bensì nella vostra casa privata?- sussurrò la ragazzina e le labbra di Kristen si distesero in un grande sorriso, pronunciando poi delle parole che la tranquillizzarono un po’:
-Certamente, però dovrai sorbirti mio fratello, se fossi in te preferirei una moltitudine di cugini a lui- ridacchio e nel  frattempo iniziarono a scendere le scale dirette ai sotterranei, stringendosi di più nei mantelli per evitare di rabbrividire a causa dell’ aria gelida proveniente dalle camere di conservazione alimentate continuamente con il ghiaccio per impedire il deterioramento dei cadaveri da studio, immerse ognuna nei propri pensieri.
Continuarono il tragitto in silenzio, con Monica che si malediva in tutte i dialetti che conosceva per aver ceduto alla richiesta della ragazza più grande, convinta che sotto il suo suggerimento vi fosse il brillante cervello di Daniel Dennis che la considerava fragile come la porcellana più fine, o pericolosa come un proiettile pronto a scoppiare da un momento all’ altro. Arrivò per prima davanti alla sala autopsie, dove i cadaveri in migliori condizioni venivano analizzati  dagli studenti del ginnasio che dovevano apprendere i primi rudimenti del corpo umano per poter essere ammessi allo studio della medicina avanzata dopo i due anni di preparazione generali, e aprì la pesante porta di legno intarsiato e leggermente tarlato, ringraziando qualsiasi entità superiore esistesse per averla fatta arrivare prima del magister e per averle fatto evitare un lungo rimprovero, quando, dopo aver respirato l’ odore dolciastro che producono i liquidi corporei in deterioramento, aveva perlustrato la stanza rendendosi conto che la cattedra era vuota, Non aveva però fatto i conti con la sua sfortuna, infatti pochi secondi dopo sentì tossicchiare alle sue spalle e girandosi si ritrovò davanti il vecchio insegnante, leggermente sordo e rimbambito, secondo quello che si diceva nella scuola, a causa dell’ età avanzata.
-Signorina Marchesi, per quale importante motivo è in ritardo per l’appuntamento con queste povere anime?- chiese il magister con la sua solita acidità che avrebbe fatto invidia a quella di un limone.
-Sono spiacente signore, ho avuto un contrattempo- mentì lei, sperando che la cecità dell’insegnante le confermasse la versione.
-Mi auguro che si decida a prendere più sul serio la mia materia o non l’ ammetterò mai ai miei corsi avanzati- commentò il magister andando verso la cattedra e facendole segno di prepararsi per la lezione. Monica andò svelta verso il catino dell’ acqua gelata ed estratto di ortica con cui erano soliti disinfettarsi le mani e si infilò il grembiule bianco ed i guanti in sottilissima e morbidissima pelle marrone, e avvicinandosi all’ unica salma che aveva intorno tre studenti piuttosto che quattro, composto da Lilion, Chris e Elisa, una timidissima ragazza appassionata come lei allo studio della medicina.
-Dov’ eri finita?- le soffiò Lilion, che aveva iniziato ad agitarsi pensando ad un altro attacco.
-Scusa, mi ero dimenticata della lezione e lady Kristen mi tormenta affinché vada a vivere con lei per sedare i suoi rimorsi di coscienza-spiegò Monica, iniziando ad incidere un profondo taglio sull’ addome dell’ uomo che aveva di fronte con un affilato bisturi ed iniziando ad analizzare la gabbia toracica.
-Monica, mi passeresti il secchio per i liquami?- le chiese Elisa con la sua voce flebile, a tal punto che l’ interpellata quasi non la sentì.
-Certo, Elisa- rispose Monica, passandole un secchio di ferro di medie dimensioni che serviva per raccogliere i liquidi che gocciolavano dal carrello traforato dove venivano posti i cadaveri. –Mi passeresti la lente di ingrandimento, per favore?- chiese a sua volta dopo aver notato qualcosa che le sembrava sospetto, tendendo la mano verso la ragazza che le mise in mano l’ oggetto richiesto. –Ti ringrazio- disse ancora Monica, precipitandosi ad analizzare i solchi sul polmone provocati da un appiattimento della gabbia toracica.
“Proprio come credevo” pensò, quando si accorse che i fori erano più grandi delle costole, segno che l’assassino aveva provveduto prima a bucare i polmoni e poi ad incrinare le costole così da rendere meno sospetta la situazione.
-Chris, controlleresti i succhi gastrici, per favore?-chiese, sperando di trovare conferma alla sua ipotesi.
-Nulla di strano, infatti nemmeno lo stomaco presenta altri problemi a parte l’appiattimento- confermò il ragazzo con aria schifata, facendo borbottare uno –schifiltoso- a Monica che decise di esporre la sua teoria mentre Lilion riportava il tutto con inchiostro nero sulla pergamena che serviva per la relazione delle deduzioni effettuate.
-Potrebbe trattarsi di morte per aggressione- Ipotizzò la stessa Lilion, pensando che lei dopo l’anno seguente non avrebbe mai più messo le mani nel corpo di una persona nemmeno per tutte le ricchezze dei sette regni.
-Io credo che si tratti di altro- sussurrò Elisa, arrossendo quando si trovò puntati addosso sei paia di occhi curiosi.
Insomma, sul fegato sembrano esserci segni di morsi, non credo che un normale aggressore sia in grado di fare una cosa del genere-spiegò, poi si sentì solo il grattare della piuma di Lilion sulla pergamena.
-La lezione termina qui, vi aspetto tra due giorni qui alla stessa ora e ricordo a chi deve cambiare il turno al pronto soccorso di sbrigarsi, non accetto assenze- disse il vecchio magister, facendo poi segno a Kristen di raccogliere le relazioni e trascriverle su un grande libro nero che conteneva le valutazioni degli studenti.
Monica si affrettò a levarsi sia il grembiule che i guanti e li gettò nella cesta del bucato, che quella sera stessa sarebbe stata ritirata per disinfettarne il contenuto così da renderlo utilizzabile per le lezioni dell’ indomani, e si unì al gruppo di studenti che cercava di uscire dalla stanza per respirare aria pulita, solamente per sfuggire a lady Kristen, e proprio per tale motivo accettò di unirsi a Lilion e Chris per la cena in una taverna visto che a causa delle tre ore di corso avevano saltato il pasto al dormitorio.
-Allora, come ci si sente ad essere parte di una delle famiglie regnanti di maggiore importanza?-chiese Chris sghignazzando, sperando di vendicarsi di tutte le volte in cui l’ amica aveva commentato di essere fortunata per non doversi recare a casa una settimana al mese per imparare ad essere un buon sovrano e di non dover sopportare tutti i pettegolezzi presenti solitamente a corte, ma quando la vide rabbuiarsi desiderò solamente picchiarsi molto forte, salvo poi dover essere medicato dalla stessa amica che, oltre a fargli molto molto male con il disinfettante, lo avrebbe anche strangolato con le garze. Non che non si fidasse di Monica, ma era risaputo in tutto il ginnasio che la ragazza preferiva di gran lunga i morti ai vivi e che era incredibilmente distratta, tanto da poter essere lei per prima a ferire il suo paziente più di quanto già non fosse. A Lilion non avrebbe mai chiesto aiuto: lo avrebbe picchiato lei stessa se avesse potuto, lasciandolo poi agonizzante sul bordo della strada pur di non vederlo vicino alla sua cara amica.
-Non molto bene, purtroppo, non credevo che avrei dovuto rinunciare alla mia personalità scavezzacollo- rispose lei con voce tremula, meravigliandosi per prima perché conscia di non essere mai stata un tipo particolarmente sensibile. –Soprattutto non pensavo di dover essere controllata persino durante il sonno, come vuole fare lady Kristen portandomi a vivere con sé-spiegò, non accorgendosi che delle lacrime le stavano bagnando le guance fino a quando Chris non le raccolse con due dita.
-È così, purtroppo, ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine e non si nota nemmeno più-la consolò il ragazzo che si ripromise di non aprire più la bocca per non combinare altri guai.
-Lo spero, perché altrimenti sarà dura vivere come regina di quel luogo a me estraneo- sorrise la ragazza, non smettendo di piangere fino a quando Lilion e Chris iniziarono a battibeccare, come al solito del resto.
-È sempre colpa tua se lei piange, vuoi imparare a chiudere la bocca una volta tanto?- stava dicendo Lilion mentre Chris le dava ragione, e Monica pensò di avere davanti agli occhi il primo segno dell’ Apocalisse perché Chris non aveva mai dato ragione a Lilion prima di quel momento.
Monica scoppiò a ridere e quel suono cristallino sembrò riscuotere gli amici, che si unirono a lei quando videro Cristiane costretta a fare da segretaria al fratello per chissà quale punizione.
“Per fortuna che ci siete voi ragazzi con me!” pensò, prima di prendere Chris sottobraccio ed avvicinarsi alla sua migliore amica che sbuffava imbufalita, mentre, sopra un albero spoglio dalle foglie, un corvo con un occhio rosso ed uno nero li spiava, per riportare alla sua padrona tutti gli spostamenti della ragazza dai capelli di fuoco. Il suo cervello era collegato tramite un antico sortilegio con quello della sua padrona e lei poteva vedere tutto ciò che stava succedendo come se fosse a pochi metri di distanza, quando invece si riposava nel suo laboratorio, seduta su un ricco scranno dove soleva rigenerare le membra appesantite dal tempo, che dopo duemila anni iniziava a farsi sentire, non sull’ aspetto quanto sulla sua resistenza fisica.
Osservò ancora per un po’ quella strana compagnia ridere e scherzare, fino a quando decise di concentrarsi sulla sperimentazione di un nuovo sortilegio e bloccò il suo inconscio così da non avere distrazioni che le impedissero di trovare un modo con cui far uscire da un corpo l’anima di una persona per rinchiuderla in un altro, o solo per indebolirla e distruggerla più facilmente.
***
-Non sono brilla Chris, stai tranquillo- singhiozzò Monica che faceva fatica anche solo a tenersi in piedi, prontamente sorretta dal suo amico che storse la bocca a causa dell’ olezzo di alcool che gli arrivò sotto il naso.
-No, non sei brilla, solo ubriaca fradicia, quante volte ti ho detto che non reggi l’alcool e che non mi devi imitare, testona?- la rimproverò, riflettendo che in fondo era anche colpa sua per non averle tolto il bicchiere dalle mani quando si era accorto che stava esagerando con il liquore all’arancia. Ripensandoci gli parve che avesse bevuto solamente pochi sorsi e che non avesse ritenuto di doversi preoccupare per un goccio di alcool. Se l’avesse raccontato in giro probabilmente l’avrebbero presa in giro fino alla morte, ma ovviamente lui non lo avrebbe mai fatto, teneva troppo alla sua pelle per compiere una sciocchezza di quel tipo.
-Vedo le stelle vicine-ridacchiò la ragazza mentre la testa le girava come se fosse una trottola impazzita ed i suoi occhi si annebbiavano.
“Se Lilion o Cristiane la vedono in queste condizioni vorranno la mia pelle, ed ora che faccio?” si chiese, sperando che per una volta il suo cervello matematico lo assistesse e gli facesse prendere la giusta decisione, poiché se l’ avesse riportata nella sua stanza in quelle condizioni e li avessero scoperti come minimo avrebbero ricevuto un bando dai corsi, e lui avrebbe potuto mettere definitivamente una croce sopra alla schola di legge a cui tanto teneva.
La risposta gli apparve improvvisamente come una luce davanti ad un cieco: l’ avrebbe portata a casa di lady Kristen così che la servitù avrebbe rimessa in sesto a dovere, sperando che la zia non la rimproverasse troppo duramente per il suo comportamento poco consono. Affrettò il passo quando sentì qualcuno camminare dietro di lui, probabilmente una donna dato il rumore di tacchi, e sobbalzò quando una voce molto familiare gli si rivolse:
-Chris, mi spieghi perché Monica giace tra le tue braccia in uno stato di semi incoscienza?- Lady Kristen aveva un tono di voce piuttosto arrabbiato perché il comportamento di sua nipote avrebbe potuto mettere in imbarazzo l’ intera famiglia se si fosse scoperto.
-Nulla lady Kristen. Quando siamo usciti dalla lezione e siamo andati a cenare Monica a scoperto i piaceri dell’alcool, sebbene ne abbia bevuto solamente un sorso-spiegò lui, sperando che gli risparmiasse una punizione in nome della lunga amicizia che legava le loro famiglie.
Inaspettatamente Kristen sorrise e si perse per un attimo nei ricordi, quelli in cui sua madre le raccontava che la sorella non era mai stata un’ assidua bevitrice  perché mal sopportava l’ alcool e che una volta era stata trovata in uno stato poco lucido da quello che sarebbe diventato suo marito, che a lei non andava a genio, e gli aveva lanciato contro così tanti improperi che si era temuto un incidente diplomatico, mai avvenuto perché la giovane era stata costretta a presentare delle scuse ufficiali che non le erano mai andate oltre la gola.
-Può capitare, ora aiutami a portarla a casa mia, non vorrei che qualcuno la vedesse così conciata- esclamò tornando al presente e rimettendo al suo pasto la facciata severa, per cui era nota all’ interno dell’università, con un colpetto di tosse.
Arrivarono nella casa di città dei Davensburg e Monica iniziò a ridere sguaiatamente, costringendo la zia a tapparle la bocca con una mano per evitare di disturbare lo studio del fratello, e si fece aiutare da una cameriera a portarla nel suo bagno privato, dove le buttò sul viso una brocca di acqua gelata, facendole riprendere conoscenza in un modo piuttosto brusco.
-Mio Dio, dove sono, che è successo? -furono le sue prime parole e Kristen rise, vedendola disorientata e bagnata fradicia dalla testa ai piedi.
-Hai preso la tua prima sbronza, di cui discuteremo domani mattina, ora ti asciugo e ti metto a letto, e non un fiato- disse, cercando di risultare arrabbiata quando avrebbe solo voluto ridere come una pazza per l’espressione spaurita della sua protetta. Le tamponò i capelli con un asciugamano asciutto e le fece indossare una sua vecchia camicia da notte, poi la fece sdraiare sul letto, dove la ragazzina si addormentò immediatamente.
***
-Si può sapere per quale motivo mio fratello questa mattina era più nervoso del solito dopo aver pronunciato il tuo nome?-la interrogò Cristiane mentre cercava di seguire il passo dell’amica, stranamente in ritardo per una lezione.
-Forse perché lady Kristen gli avrà raccontato che ieri sera ho dormito da lei poiché mi ha trovata ubriaca fradicia in braccio a Chris- rispose distrattamente l’ interpellata mentre cercava di mandare a memoria due sonetti sull’amor cortese.
-E sei ancora viva!-esclamò scherzosamente la prima, ricevendo in cambio uno sguardo poco gentile.
-Lady Kristen è una brava persona, forse un po’ troppo invadente nei miei confronti, ma solo perché tiene a me- spiegò la seconda, sperando che il discorso venisse interrotto così da potersi concentrare sul compito.
-Io non ho mai affermato il contrario, solamente non capisco perché tu debba trasferirti e abbandonare le tue abitudini-commentò Cristiane, trattenendo l’amica per il braccio destro così da evitare di riaprire una discussione con Aleksey Levin che l’aveva volontariamente urtata per darle fastidio.
-Non lo sopporto, chi si crede di essere per trattare gli altri come feccia?-borbottò Monica, che per disattenzione non si era accorta di un gradino delle vecchie scale marmoree del ginnasio e cadendo in ginocchio.
-Le principesse dovrebbero imparare a camminare prima di parlare male dei loro superiori- ghignò il ragazzo, facendo arrossire Monica dalla rabbia. Strinse forte tra le dita la gonna dell’ uniforme e si rialzò, riprendendo a camminare con l’ espressione neutra ed il passo ancora più veloce di prima, unico segno che denotava il suo nervosismo, superando le grandi porte di legno della sede studentesca.
-Fermati per l’ amor del cielo, non ho le gambe lunghe come le tue-  urlò la ragazza bionda nel bel mezzo del corridoio, facendo voltare molte teste per il chiasso.
Monica continuò a camminare, bloccandosi solamente quando arrivò di fronte alla porta della sua classe, su cui era intagliato il simbolo del ginnasio, un libro scritto da una piuma e circondato da una corona di alloro.
-Non preoccuparti, sa di essere bello e di avere potere, ma tra qualche giorno dovrà smettere il suo comportamento e trattarti da sua pari- la rassicurò l’ amica sottovoce, facendole pensare al viaggio del pomeriggio e riprendendo così il buonumore per l’ imminente rientro in quella che considerava casa.
-Quando ritornerai in città?- Cristiane aveva già nostalgia di lei, nonostante non fosse ancora partita.
-Tra due giorni, ma prima devo fare firmare i permessi, altrimenti non mi muoverò da qui- sussurrò entrando in classe –poi prenderò possesso del mio ruolo e mi verrà assegnato un tutore dall’ assemblea delle nazioni-
Quando terminò la frase si sentì tutti gli occhi della classe puntati contro e si accorse dei mormorii soffocati al suo passaggio. Con un brutto presentimento ripercorse la sua conversazione con il principe Levin, la sua frase spregiativa, soffermandosi sull’ appellativo con cui l’aveva chiamata, e seppe che qualcuno l’ aveva tradita, diffondendo nel momento sbagliato la notizia sbagliata.

Angolino della serpe:
Allora, che ne pensate? Vi è piaciuto? A me no, è stato un supplizio scriverlo perchè mi ero bloccata, ho avuto l' illuminazione la mattina di martedì ed ecco quì il capitolo. Dunque, come avrete visto ho approfondito un pò la figura di Chris, che avevo trascurato, perchè diverrà molto importante nella storia, inoltre ho inserito un nuovo personaggio che provoca scompiglio fin da subito. Cosa succederà non so dirvelo nemmeno io, perchè la storia ha preso un corso un pò diverso dal progettato. Dal prossimo chap. cercherò di rendere la storia più chiara, questi capitoli sono stati volutamente scritti in modo confusionario, so di essere cattiva, ma che volete farci? Anche io mi devo divertire u.u
Spero che resterete soddisfatti, la vostra Momy vi manda un bacione e non si dilunga oltre.
P.S: Nel prossimo capitolo potrebbe comparire un ballo, o forse no!

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