Walking on Air

di Halloween_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Maybe, one day... ***
Capitolo 2: *** Under the Rain. ***
Capitolo 3: *** Thank you… And goodbye. ***
Capitolo 4: *** Seven years. ***
Capitolo 5: *** Begin again. ***



Capitolo 1
*** Maybe, one day... ***


Walking on Air


Maybe, one day…

Un piccolo “clic” spezzò la quiete irreale di quell’appartamento facendo voltare Shirou verso il contatore dove, in quel momento, brillava una piccola spia arancione. Faceva proprio freddo se il riscaldamento si era acceso, pensò distrattamente.
Tornò con lo sguardo perso nel biancore della città assopita sotto uno spesso strato di candida neve; era stata una nevicata da record quella del giorno prima e pareva volesse continuare all’infinito, fino a inghiottire anche il grattacielo più alto. Ma durante la notte aveva smesso e nel cielo era tornato a splendere il sole; pessima cosa considerata tutta quella neve, feriva gli occhi quella distesa bianca e luminosa.
Riflesso nel vetro della porta finestra, Shirou, colse un movimento dell’altro abitante della casa che l’affiancò nell’osservazione del paesaggio, e sorrise l’argenteo quando notò una tazza fumante stretta tra le pallide dita del compagno. Accettò volentieri il thè fumante perché, pur piacendogli il freddo – che in verità era amato da entrambi-, in quelle giornate sonnolente non c’era niente di meglio che bere qualcosa di caldo e, perché no, in compagnia magari.
«Grazie Suzuno.» prese a soffiare sul liquido bollente mentre osservava quel vapore, evanescente e impalpabile, salire placido verso il soffitto e svanire.
«Sono io a doverti ringraziare, mi hai ospitato.» disse prima di bere un lungo sorso dalla sua tazza, con la coda dell’occhio notò il dolce sorriso di Shirou ma non si voltò. La gentilezza di quel ragazzo lo metteva puntualmente in difficoltà perché non era abituato a ricevere attenzioni, premure o solamente un sorriso amichevole; prima di conoscere Shirou le reputava tutte idiozie, eppure con il tempo erano diventate indispensabili.
Un po’ come respirare.
Fubuki scosse il capo senza abbandonare la serenità dipinta sul suo viso niveo «Lo sai che puoi fermarti qui, a me va bene quindi smettila di farti problemi inutili.» però un sospiro stanco sfuggì inconsciamente dalle sue labbra, quasi come la frase successiva «Ci hai pensato?».
Il volto di Fuusuke si adombrò «Sì, ci ho pensato e lo sai.» cominciò cauto «Ma non voglio e sai anche questo.» buttò giù l’ultimo sorso di thè divenuto ormai gelido abbozzando una smorfia contrariata.
Anche Shirou aveva vuotato la tazza già da un po’ così la posò sul piastrellato fuori portata per i loro piedi «Ha ripreso a nevicare.» pronunciò quelle parole in un sussurro mentre fiocchi lenti scendevano dal cielo nuovamente ammantato di piombo «Fuusuke, hai così paura di rimanere ferito?».
Sbigottito da quelle parole, l’albino decise di voltarsi finalmente. Non aveva mai avuto il coraggio di dar voce ai suoi pensieri, ma l’aveva fatto qualcun altro al posto suo.
Lo stesso che l’aveva inchiodato con un paio di occhi grigiastri colmi di determinazione.
Lo stesso che gli aveva rivolto tante volte un sorriso gentile.
Lo stesso che afferrò il suo braccio, strattonandolo verso sé.
Lo stesso che fece congiungere le loro labbra.
Suzuno rispose d’istinto a quel bacio approfondendolo più che poté spingendo la lingua oltre le labbra dischiuse di un impaziente Shirou; si strinsero disperatamente, aggrappandosi l’un l’altro quasi avessero timore che uno dei due potesse dissolversi come il vapore di quel thè.
Ma loro non erano evanescenti e impalpabili, si stavano toccando, conoscendo a desiderando in modo sempre maggiore dopo ogni istante che trascorrevano intrappolati in quel contatto.
Quando si separarono entrambi con il fiato corto e le gote arrossate, rimasero imbambolati lunghi secondi senza sapere cosa dirsi; qualsiasi frase appariva sbagliata alle menti dei due giovani.
Alla fine Shirou interruppe quel mutismo «Allora? Sicuro della tua scelta?» chiese con una punta di malizia perché dopo quel bacio sperava con tutto il cuore Suzuno accettasse.
L’albino sospirò «Va bene Shirou, verrò a vivere con te…» disse cercando di nascondere il piccolo sorriso in cui si erano andate incurvando le sue labbra.
Non poteva fare scelta migliore.


«Ehi Shirou, grazie…».
«Per cosa?».
«Per tutto.».
«Ti amo Fuusuke.».
«Non sono tipo da sdolcinatezze e romanticherie, quindi non aspettarti niente da me.».
«Sei sempre il solito ghiacciolo, ma mi piaci anche per questo.».
«Lo so… Forse, un giorno io-».
«Cosa?».
«Niente.».











{Angolo di una Festa}
Sono di nuovo qua, olè!
Premetto che non ho idea se questa crack esistesse già o se l'abbia inventata io -in tal caso non saprei che nome dargli-, ma sono troppo carini assieme! **
Probabilmente sarò l'unica a pensarlo e molti mi daranno della matta per aver pensato ciò però pazienza, me farò una ragione (?).
In ogni caso questa raccolta tratterà di cinque crack Shirou*Sorpresa, ebbe sì perché non ho intenzione di svelare in anticipo chi siano gli altri; altrimenti svanirebbe il gusto della sorpresa.
Ultima cosa: a fine raccolta farò un piccolo annuncio.
Ultimissima cosa: spero di ricevere recensioni, almeno qualcuna, anche se temo mi arriveranno solo minacce di linciaggio x"
Bien, mi dileguo❤
Alla prossima~

Kuro

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Capitolo 2
*** Under the Rain. ***


Walking on Air


Under the Rain.

Diluviava quel giorno e non accennava a smettere, quasi fosse un grave reato cessare di riversare acqua anche solo per cinque dannati minuti.
Colto dalla pioggia improvvisa, aveva fatto appena in tempo a rifugiarsi in un parchetto pieno zeppo di giochi per bambini, e per fortuna aveva rimediato un “tetto” per ripararsi: una casetta di plastica alta metà di lui.
Stringendosi di più le ginocchia al petto in cerca di calore sbuffò, osservando il fiato condensarsi in una nuvoletta sotto il suo naso; sentiva freddo -e non solo perché era bagnato come un pulcino-, ma si gelava in quella giornata piovosa di pieno autunno.
La sera precedente era, finalmente, riuscito a fuggire da quel posto.
Aveva colto al volo l’occasione che gli si era presentata e agito d’impulso senza pensare, come suo solito, però ora come ora si trovava nei casini fino al collo.
Non aveva… Nulla.
«Che ci fai lì?»
Sobbalzò dalla sorpresa e dimentico del luogo fece per alzarsi, ricevendo una sonora capocciata dalla casetta.
«Che male!» sbraitò tenendosi la zona colpita, quando si girò per urlare improperi a chiunque avesse osato fargli prendere un simile infarto, ma rimase senza fiato e scordò ogni arrabbiatura.
Un ragazzo, di circa la sua età, lo fissava con un paio di occhi grandi e grigiastri tanto dolci quanto tristi; sorrideva gentile mentre i capelli argentati erano mossi placidamente dal pungente vento che aveva preso a soffiare.
Doveva avere una faccia da ebete perché poco mancò che lo sconosciuto scoppiasse a ridergli in faccia, ma, comunque, un risolino non gli sfuggì suscitando le ire del ragazzo nella casetta «Non ridere!» disse aggressivo, ricevendo un’altra botta quanto tentò di mettersi in piedi. Di nuovo.
«Ehi, ti sei fatto male?» chiese preoccupato l’albino, ma all’occhiata furente dell’altro tacque; aveva già inquadrato l’orgoglio smisurato e l’impulsività di quel ragazzo dai capelli rossi. Avrebbe potuto tranquillamente paragonarlo a un incendio divampante; quindi alla fine optò per un approccio differente «Io sono Fubuki Shirou. E tu?» chiese.
Il ragazzo studiò con diffidenza quella mano tesa, non si fidava mai delle persone figurarsi di un tizio che vedeva per la prima volta in vita sua! Però, quel sorriso e quegli occhi trasmettevano un tepore così piacevole che lo attirava, spingendolo ad afferrare quella pallida mano protesa verso di lui.
Beh, peggio di così non può comunque andare, si disse mentalmente così strinse l’arto; era fresco e diverso dalle sue mani perennemente calde, un contrasto perfetto.
Avrebbe potuto tenere quella mano per l’eternità, non voleva lasciarla ma tutto ha una fine e così anche quel contatto terminò.
Mise su il sorriso più strafottente di cui era capace, e mascherò il dispiacere, «Nagumo Haruya, diciotto anni, orfano e senza un tetto sulla testa.» fu la sua presentazione.

«Sono tornato!»
Fece appena in tempo a chiudere la porta che Shirou sentì un peso posarsi –senza delicatezza- sulle sue spalle magre; un attimo dopo una coppia di mani lo fece voltare, mentre un paio di occhi ambrati catturava i suoi grigiastri.
Sorrise sornione il rosso «Bentornato, Shirou.» biascicò prima di spingere il più grande contro la porta dipinta in bianco, carina nella sua tenue semplicità. Nagumo era più alto del Fubuki, quindi gli risultò facile bloccarlo e sfilargli in un gesto secco il cappotto lungo che scivolò a terra accasciandosi ai piedi dell’argenteo.
«Haruya no-».
Parole, parole e parole!
Shirou non faceva altro che parlare in quelle situazioni ma Nagumo era ostinato e maledettamente innamorato. Per questo lo zitti con un bacio, forzò le labbra del più grande per permettere l’accesso alla sua lingua che stuzzicò dispettosa quella di Fubuki; intanto si gustava la sorpresa dipinta sul viso niveo e gli occhi spalancati dell’argenteo mentre i suoi li teneva socchiusi, risultavano quasi taglienti e offuscati dal piacere di quel contatto.
«Haruya!» il rosso fu spinto via da un arrossato –oltre che affannato- Shirou che, rapido, raccolse il cappotto per non incrociare ancora le ambre dell’altro «Guarda! Hai rotto un bottone.» disse sconsolato notando il pezzo di filo penzolante.
Anche Nagumo raccattò qualcosa dal pavimento «Tieni.» porse il bottone che scivolò nella mano fresca dell’argenteo. Non si sfiorarono. Abbozzò un piccolo sorriso colpevole «Se vuoi, posso ricucirtelo io.» si grattò imbarazzato la nuca.
E il sorriso tornò sul viso di Shirou, non sembrava più così arrabbiato come poco prima «Va bene.» abbandonò il capo d’abbigliamento in mano al rosso e fece per andarsene.
«Ehi, dove vai?» domandò stupito Haruya.
«Mi pare ovvio, è ora di cena.» scrollò le spalle «Ah, se non ripari il danno niente cibo.» aggiunse sorridendo candido come suo solito.
Nagumo si mise immediatamente all’opera perché quando voleva Shirou sapeva essere un vero stronzo e maledisse il momento in cui aveva incontrato quel ragazzo. Ma subito si pentì perché non era mai stato così felice come in quei momenti.


«Ahi!».
«Dammi il dito, che ti metto un cerotto. Haruya però potevi anche dirmi che non sai cucire.».
«Ma mi sono punto solo un paio di volte! Che noioso che sei certe volte!».
«Sì, per dito… E porta un po’ di rispetto, io ho tre anni in più di te. Inoltre, per il prossimo anno e mezzo sei sotto la mia responsabilità.».
«Sì, sì, lo so non c’è bisogno me lo ricordi sempre, e comunque non credere che me ne andrò, finito quell’anno e mezzo. Shirou, io non ti lascerò mai.».
«Vedremo…».
«T’innamorerai di me, stanne certo Shirou.».











{Angolo di una Festa}
Buonasera a tutti, gente del fandom di IE~
Ammetto che sono a dir poco felice perché il primo capitolo ha ricevuto ben cinque recensioni e tutte positive, non posso far altro che pregare di andare avanti così e dare del mio meglio *^*
Grazie a tutti coloro che hanno anche solo letto ❤
Passiamo alla coppia di questa seconda shot… Nagumo e Shirou non sono pucci? Andiamo, Nagumo in fondo -molto fondo e si deve scavare bene, bene- può anche essere un tenerone! c":
Piccoli chiarimenti: Nagumo è scappato dal Sun Garden, l'orfanotrofio dove stava e finché non compie vent'anni (diventando quindi maggiorenne per le leggi giapponesi) sarà sotto la tutela di Shirou perché quel ragazzo ha un cuore d'oro.
Spero vi piaccia, sia chiara e che io non abbia scritto cavolate… In caso di errori non esitate a farmeli notare, mi raccomando uwu
La mia idea iniziare era aggiornare dopo una settimana, ma siccome giovedì parto e torno domenica i miei piani sono andati a quel paese -domani devo aggiornare un'altra raccolta-, quindi sono finita a pubblicare oggi ma va bene lo stesso~
Lo studio mi attende a braccia aperte çwç
Alla prossima❤

Kuro

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Capitolo 3
*** Thank you… And goodbye. ***


Walking on Air


Thank you… And goodbye.

Tintinnò il bicchiere quando un cubetto di ghiaccio scivolò appena, colpendo quella parete trasparente e facendo ondeggiare il liquido ambrato. Lo stesso che fu ingurgitato avidamente da labbra sottili, già piegate in un sorriso strafottente prima ancora che il bicchiere vuoto incontrasse la superficie del bancone.
Gettò alcune banconote stropicciate sul banco legnoso e graffiato in più punti, poi si alzò e uscì facendo un cenno di saluto al barista intento a confinare i soldi nella cassa malridotta. Non era per niente un bar di lusso quel ridicolo buco confinato in una viuzza laterale, però ad Akio piaceva perché aveva un pregio fondamentale: lì la gente sapeva farsi i fatti propri; se eri un povero depresso in cerca di compagnia, beh, non c’era posto più sbagliato di quel baretto.
Camminava senza fretta sentendo l’afa tipicamente estiva incollarsi al suo corpo, appiccicosa e fastidiosa rendeva Fudou ancor più insofferente del solito in più, come se la calura da sola non bastasse, c’era anche il fastidioso ronzio di un lampione morente.
«Che palle.» borbottò seccato il castano, intanto faceva ruotare l’anello della chiave attorno al dito «Ho la sensazione di aver dimenticato qualcosa…» ragionava tra se ad alta voce, gli occhi puntati al cielo stellato. Fece spallucce, probabilmente non era nulla d’importante poiché l’aveva dimenticato.
Andava sempre a piedi in quel bar e, puntualmente, sulla strada del ritorno si pentiva di non aver preso la macchina, ma poi si ricordava che gli serviva quel mezzo e rischiare di farselo rubare non era una grande idea. Quando arrivò al palazzo che comprendeva anche il suo appartamento si prese tutto il tempo e salì gli scalini con calma, sbadigliano sonoramente arrivato sul pianerottolo giusto. Sbadiglio che morì a metà nel momento in cui vide una figura familiare accoccolata sulla soglia di casa sua, con tanto di uno strano connubio di espressioni sul viso: preoccupazione e un broncio offeso.
«Merda!» esclamò Akio ricordando improvvisamente un piccolissimo quanto importantissimo dettaglio, aveva appuntamento con lui.
La figura sulla soglia si voltò e sul volto diafano, passarono in rapida successione: sorpresa, sollievo e, infine, rabbia. Si alzò con uno scatto portandosi in poche falcate di fronte al castano che lo sovrastava di pochi centimetri.
«Si può sapere dov’eri finito, Fudou?! Ti ho aspettato per tre ore, ho provato anche a telefonarti ma nulla… Pensavo ti fosse accaduto chissà che cosa!» sputò fuori il più basso, lasciandosi andare poi a un sospiro rilassato. Mentre aspettava il compagno, era stato davvero in pena perché di quei tempi non c’era da stare tranquilli, anche se Akio sapeva badare a se stesso, Shirou si preoccupava comunque. Era fatto così.
Fudou a quelle parole scattò come una molla, odiava le persone apprensive perché lui era uno spirito libero e le costrizioni non facevano per lui «Fatti i cazzi tuoi! Va bene che eri preoccupato, ma non puoi pretendere che io ti dica ogni cosa io faccia!» sibilò irritato. Spinse con forza la chiave nella toppa, o almeno provò, ma mancò il buco e il mazzo scivolò dalle sue mani dritto a terra; il suono del metallo rimbombò nella notte silenziosa colmando quegli attimi di muta riflessione.
Alla fine, l’argenteo sospirò passando una mano tra i capelli «Ascolta Fudou,» cominciò cauto, ben conscio del pessimo carattere del castano «io non ti ho detto che voglio sapere tutti i tuoi movimenti, ero solo preoccupato e mi è venuto naturale. Tutto qui.».
Raccolte le chiavi Akio si poggiò alla porta con aria fintamente rilassata, si notava però la sua postura rigida «D’accordo.» borbottò e di certo non si sarebbe scusato «Di cosa volevi parlare?» prese a far girare l’anello del portachiavi sul dito, ancora.
Gli occhi di entrambi erano chiari, dai colori quasi gelidi e s’incatenarono irrimediabilmente come spesso era accaduto in quegli ultimi tre mesi.
«Ho riflettuto e credo sia ora di chiudere.» disse Shirou tutto di un fiato senza mai perdere quel contatto visivo, così poté notare lo sguardo di Akio spalancarsi dalla sorpresa, per un attimo.
Sorrise sbruffone come faceva di solito, anche se un po’ gli dispiaceva.
«Eravamo solo rimpiazzi tanto, no?» disse velenoso, ma quello era solo il suo modo di difendersi dagli altri e Fubuki lo sapeva per questo non badò al tono.
Ma sorrise triste al ricordo «Già. Io il tuo rimpiazzo per Kidou e tu il mio per Shuuya, giusto?» socchiuse appena le palpebre senza però perdere quella sfida giocosa tra sguardi.
A quelle parole cariche di malinconia anche il volto di Akio s’intristì, ma questa volta non fece nulla per nasconderlo «Giusto.» infilò la chiave nella toppa e non sbagliò «Ma è stato bello, Shirou.» soffiò leggero come il venticello che aveva preso a soffiare in quella calura estiva.
«È vero, Akio.»
Si avvicinarono attratti come calamite e scambiarono un ultimo, piccolo bacio a fior di labbra; non somigliava a quelli dei mesi passati così passionali e famelici, quasi disperati per aver perso le persone amate. No, questo era piccolo e dolce come un cucchiaio di miele perché un po’ di amaro c’era comunque in quell’addio, non chiusero gli occhi e quando si sperarono, sorrisero istintivamente con aria complice.
Poi Shirou si voltò avviandosi verso le scale «La prossima volta però porta il cellulare, eh!» gridò, quando ormai l’unica cosa rimasta visibile era un piccolo ciuffo argentato dei suoi buffi capelli.
Akio abbozzò un sorriso storto ed entrò finalmente in casa; il cellulare, abbandonato sul tavolo in sala, prese a vibrare subito così l’afferrò e rispose lì, in piedi nella stanza buia.


«Pronto? Cosa c’è Shirou?».
«Mi sono dimenticato di dirti una cosa prima.»
«Cioè? Su, muoviti che è tardi!».
«…».
«Shirou! Guarda che riattacco.».
«Akio?».
«Eh?!».
«Grazie.».
«Mpf, fiato sprecato se pensi io contraccambi.».
«Ahaha, forse hai ragione. Beh, buonanotte.».
«’Notte… Shirou?».
«Dimmi.».
«Grazie.».
«Di nulla, Akio.»











{Angolo di una Festa}
E sono di nuovo qua, con l'ennesima stranezza obbrobriosa che partorisce il mio cervellino, si vede proprio che la scuola mi fa male… Del resto sono stanca morta, come molti immagino çwç
Tra le crack della raccolta ammetto che questa era quella che mi ha stranita di più, sin da quando l'ho decisa in un attimo di follia, ma è stato belle scrivere su di loro benché sia un po' strano accostarli come amanti c":
È stata una settimana terrificante questa con la bellezza di sei verifiche però ringrazio chi recensisce o anche solo passa a leggere; a chi ha recensito risponderò appena possibile promesso.
Devo confessare che ci sono rimasta un pochino male a vedere solo due recensioni per la seconda shot, contro le cinque della prima è un piccolo abisso, ma non importa perché sapere che qualcuno ha voglia di prendersi la briga di lasciare una piccola recensione mi rende felice… Anche se mi farebbe piacere sentire tanti, tanti pareri. Non mi offendo se criticate, purché siano costruttive.
Adesso mi devo dileguare che domani ho l'ultima verifica e poi un po' di vacanze, alleluia! c":
Alla prossima❤

Kuro

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Capitolo 4
*** Seven years. ***


Walking on Air


Seven years.

In quel week-end dicembrino adornato da una distesa grigia e spessa di nuvole ammassate, la gente per le strade era molta, davvero troppa in certe zone cittadine. I negozi erano pieni, l’affollamento in quei tratti dalla “troppa gente” era tale che, persino passarvi attraverso, pareva un’impresa degna delle migliori epopee antiche; questo era uno dei motivi per cui la coppia di ragazzi, che stava zizzagando rapida per sfuggire alla folla non spezzava, nemmeno un istante, l’unione delle proprie mani.
Oltre al dettaglio, non propriamente trascurabile, che erano fidanzati, ovviamente.
Quando, finalmente, fuggirono a quell’ammasso di corpi avvolti in spessi cappotti e strati di stoffa, l’aria fresca che l’investì in pieno sembrò a entrambi una mano santa per i polmoni e il viso accaldati.
«Troppa gente.» decretò l’albino, prendendo un avido respiro di aria gelida, ma pur sempre non odorosa di calca umana «Non sono mai stato spintonato così tanto in vita mia.» ridacchiò dopo, tanto valeva prenderla con filosofia e buttarla sull’ironia.
Il compagno sospirò passando la mano libera tra i capelli rossi e all’insù «Immaginavo ci fosse tanta gente, infondo siamo sotto Natale ma così è davvero eccessiva.» sistemò meglio gli occhiali scivolati sul naso.
Ripresero a camminare ma poco dopo deviarono in una stradina secondaria, per evitare l’ennesimo ammasso di gente a caccia degli ultimi regali prima della festa. In Giappone il Natale non ha mai avuto nulla a che spartire con la religione, semplicemente è un’occasione per scambiarsi regali e trascorrere del tempo in compagnia di amici e familiari, o della persona amata.
«Ci sarà gente, però la città addobbata è meravigliosa!» diceva Shirou mentre con lo sguardo vagava estasiato tra il connubio di luci colorate disposte tra i palazzi; le vetrine rilucenti erano una più bella dell’altra e sembrava facessero a gara di sfarzosità. Le luci erano talmente intense che, seppur nascosto dalle nubi del cielo plumbeo, pareva brillasse proprio lì con loro il sole, in tutta la sua sfolgorante presenza.
Hiroto affondò il viso nella sciarpa crema, soffiando aria calda che solleticò il naso infreddolito «Hai ragione.» sorrise senza però voltarsi, solamente strinse maggiormente la mano del Fubuki nella sua.
A nessuno dei due, però, sfuggirono le occhiate rivoltegli da una coppia anziana che passava dall’altro lato della strada, e nemmeno quelle di un gruppetto di ragazzi poco più giovani di loro mentre gli sfilavano accanto: ribrezzo, compassione, pietà, disgusto… Sempre le stesse espressioni.
E Hiroto non mancò certo di notare l’espressione sofferente dell’albino. Nel grigio-verde dei suoi occhi non c’erano rabbia o odio, solamente tanto rammarico per l’ignoranza che dimostrava la gente con quegli sguardi. Le persone erano stupide, vivevano con paraocchi e soffocavano le proprie menti in minuscole scatolette fatte di congetture e sentito dire… Un bel problema, la ristrettezza mentale.
Sia Hiroto sia Shirou erano abituati a quello, ma con una differenza: il rosso ignorava e passava oltre, mentre l’albino non riusciva a evitarsi di rimanere male per il modo in cui era fissato.
Di conseguenza, anche il compagno s’intristiva vedendo l’amato abbassare lo sguardo nel grigiore del cemento; con un pesante sospiro, Hiroto deviò in un'altra stradina trascinandosi dietro un alquanto sorpreso albino che impiegò un minuto buono a riprendere il passo e affiancare nuovamente il rosso.
«Dove andiamo?» chiese, titubante Shirou; si fidava del compagno però quella deviazione così brusca l’aveva lasciato un po’ confuso, e anche la strada che stavano percorrendo gli pareva familiare, eppure non ricordava dove portasse.
Hiroto sorrise furbescamente ben conscio che l’altro non poteva vederlo sicché aveva la sciarpa tirata fin sotto il naso, «Mi spiace, ma devi aspettare finché non arriviamo.» con la coda degli occhi acquamarina osservò la bocca di Shirou storcersi in una piccola smorfia «Non manca molto.» aggiunse quindi.
Anche l’albino sorrise e si godette la passeggiata. L’aria fredda li sferzava saltuariamente facendo frusciare i rami spogli degli alberi, e il cielo andava scurendosi con lentezza mentre i primi lampioni prendevano ad accendersi con piccoli ronzii: era una serata magnifica.
Il rosso svoltò di nuovo, questa volta però entrò in un piccolo parco giochi e si fermò difronte a un gioco ben preciso «Siamo arrivati.» disse, con la massima tranquillità nonostante lo sguardo confuso dell’albino. Questi faceva scorrere gli occhi grigio-verdi tra il volto arrossato dal freddo di Hiroto e le due altalene abbandonate, non c’era nessun bambino a quell’ora e solo il vento teneva compagnia a quelle attrazioni.
«Ehi Shirou, da quanto tempo stiamo insieme?» proseguì dolcemente Hiroto, ma la strana domanda confuse ancor di più l’albino, che comunque rispose «Sette anni e mezzo, mi pare.».
Il rosso parve soddisfatto, «Con oggi sono esattamente: sette anni e sette mesi.» precisò «Il sette porta fortuna.» sorrise, andò a tastare per l’ennesima volta la consistenza soffice della scatola che soggiornava nella tasca del suo cappotto dall’inizio di quella giornata.
Shirou annuì, ma era pensieroso e rimuginava, scavava nei ricordi alla ricerca delle altalene che stava osservando: era certo di averle già viste, non era la prima visita in quel parco... «È successo qui!» esclamò all’improvviso, voltandosi per essere di rimpetto al compagno.
Hiroto era soddisfatto per davvero, quindi fece accomodare l’albino su l’altalena e s’inginocchiò così da trovarsi alla medesima altezza; Shirou avrebbe potuto giurare che le guance del fidanzato fossero più rosse che prima, non era solo il freddo a imporporarle.
«Shirou…» cominciò il rosso, incatenando gli occhi del compagno nei suoi «Vorrei dirti tante cose, fare un bel discorso o qualsiasi cosa per rendere speciale questo momento; ma non farò nulla, adesso che mi trovo qui davanti a te, ho la mente completamente vuota.» abbozzo un sorriso perché si sentiva un vero sciocco, però non si sarebbe tirato indietro quindi estrasse la scatolina di un vellutato color notte, «Vuoi sposarmi?».
Shirou sentì il respiro mozzarglisi in gola e le guance divenir roventi; non trovava parole adatte, si sentiva un bambino che inizia ad articolare le prime frasi della sua giovane vita; per ovviare lasciò che il corpo agisse da solo, percepì le braccia arpionare le spalle del rosso affondando nel tessuto morbido e lo tirò a se.
Fu un bacio dal sapore salmastro per le piccole lacrime di pura gioia che fuggivano dagli occhi di Shirou, alcune appartenevano a Hiroto ma si mescolavano gioiosamente in quella vicinanza, nessuno avrebbe saputo dire quali erano le lacrime di chi. Si separarono istanti dopo creando nuvolette di condensa con i respiri leggeri, le fronti a sostegno l’una dell’altra e gli occhi chiusi, a loro bastava tutto quello; anche gli sguardi che tanto infastidivano Shirou svanivano in momenti così unici.
«Sì.»


«Ora che ricordo… Non mi hai mai detto perché eri triste.».
«Hm? Triste? Quando?».
«Quel giorno di sette anni fa, in questo parco. Avevi una faccia da funerale…».
«Sinceramente? Non ricordo.».
«Non mi sorprende, infondo è passato del tempo, anche se un po’ mi dispiace perché ero curioso.».
«Però una cosa la ricordo: fui davvero felice quando ti vidi comparire all’ingresso del parchetto, sette anni fa.».











{Angolo di una Festa}
Buona sera a voi, abitanti del fandom! c:
State passando bene le feste? Mi auguro di sì, tra poco è l'ultimo dell'anno… Ah, come passa il tempo! c":
La raccolta è quasi al termine perché la prossima One-shot sarà l'ultima; ci sono scommesse sull'ultimo compagno del nostro dolce Shirou?
Spero tanto questo capitolo vi sia piaciuto; nonostante fosse al di fuori delle mie intenzioni, qui mi sono avvicinata a tematiche un po' delicatine, almeno credo. In ogni caso spero l'abbiate apprezzata~
Nel caso di errori fatemeli notare senza problemi.
Invito a lasciare un parere perché io ci tengo, non obbligo nessuno però sapere cosa pensa il lettore di ciò che scrivo mi farebbe davvero piacere! Anche critiche costruttive sono ben accette, aiutano a migliorare secondo me e di strada ne ho ancora tanta da fare per diventare una brava autrice.
Ah, smetto di annoiarvi e mi dileguo~
Alla prossima❤

Kuro

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Capitolo 5
*** Begin again. ***


Walking on Air


Begin again.

Non aveva mai apprezzato gli occhiali da sole, ne riconosceva l’utilità, quello sì, ma non gli piaceva indossarli semplicemente perché non li trovava adatti a lui; quella mattina però aveva fatto un’eccezione. Il sole di agosto era insopportabile nonostante fosse mattina e nemmeno tarda, poiché l’orologio nei pressi della stazione ferroviaria segnava appena le 10:10.
«Che orario.» sussurrò; aveva sentito che quando capitavano orari del genere si doveva esprimere un desiderio. Non che ci credesse, però gli parve una cosa carina e si prese una manciata di secondi -scanditi dalla lancetta più piccina- per chiedere che quel piccolo desiderio divenisse realtà. Infine riprese la sua strada con meta il combini vicino la stazione; non era il più prossimo a casa sua ma certamente il meglio fornito, perciò preferiva andare un paio di quartieri dopo ed essere sicuro di trovare tutto ciò che gli serviva piuttosto che percorrere qualche metro per comprare metà delle cose di cui aveva bisogno.
Sciolse la coda divenuta molle e la rifece in pochi, meccanici gesti dettati da anni di “esperienza” nel legarsi i capelli color pistacchio; la calura estiva l’aveva costretto a tornare alla coda alta abbandonando per un po’ la crocchia, tutto per pura pigrizia perché la prima richiedeva meno tempo.
Varcò la soglia del combini godendosi l’immediato refrigerio dato dall’aria condizionata, resa ancora più fredda dalle bollenti goccioline di sudore che colavano su collo e tempie; afferrò il manico plasticato di un cestello e prese a girare per gli scaffali.
Ponderava bene cosa acquistare, la marca, il prezzo ed eventuali offerte; viveva da solo quindi era stato costretto a imparare a districarsi nel complesso mondo degli acquisti, anche perché non poteva certo dilapidare il suo stipendio a caso sicché c’erano anche affitto e bollette da pagare.
Ormai poteva considerarsi un’ottima “donna di casa” se si parlava di fare la spesa; dopo si diede mentalmente dell’idiota per essersi definito “donna di casa” da solo. Il caldo faceva più male al suo cervello del previsto.
Scosse la testa frustando l’aria con la coda; nello scaffale opposto notò qualcosa di familiare e quando quel qualcosa si voltò verso lui, ne fu certo.
Quegli occhi dalla tinta chiara e dall’espressione serena risvegliarono in lui ricordi che pensava sopiti, rimossi dal suo cuore e rinchiusi in un cassetto a vita. Invece no, non era per niente così. Ritornarono come una diga che crolla liberando l’acqua prima trattenuta dalle sue mura; prima che potesse assimilare appieno, aveva già aggirato lo scaffale portandosi a fianco della fonte di quei ricordi. Era indeciso se parlargli, oppure far finta di niente.
«Fubuki Shirou?» domandò involontariamente, non aveva fatto in tempo a bloccare quell’infida della sua bocca che aveva parlato.
L’interpellato si voltò con lo stupore dipinto in volto, «Si?» chiese, ma bastò un’occhiata un po’ più accurata per identificare il ragazzo che aveva di fianco, «Midorikawa!» esclamò quindi con slancio.
«Come stai? Sono anni che non ci vediamo.» alzò lo sguardo verso l’altro -più alto di qualche centimetro- sorridendo cordiale; quell’incontro di occhi fece imporporare leggermente le guance di entrambi, memori degli anni di scuola superiore che li avevano visti come una coppia. Almeno finché non si erano lasciati e Shirou non aveva deciso di tornare in Hokkaido; dopo di allora non si erano più rivisti.
Sino a quel momento.
Anche il Fubuki sorrise «Bene, e tu?».
Chiacchierando del più e del meno, nemmeno si accorsero di aver fatto la spesa, pagato ed essere arrivati in fondo alla via del combini. Ryuuji doveva andare dritto per tornare a casa, ma non sapeva che strada doveva prendere l’ex compagno, quindi buttò lì la strada per cui doveva incamminarsi.
«Ti accompagno.» propose Shirou, e allo sguardo interrogativo del verde fece con tono innocente «È da tanto che non ci vediamo, quindi mi piacerebbe chiacchierare ancora un po’; poi posso arrivare a casa mia anche passando davanti alla tua.» e s’incamminò senza aspettare risposta.
Ryuuji non protestò, anche perché era felice di rivedere l’albino e poter passare un po’ più di tempo in sua compagnia lo faceva sentire felice, come quando stavano assieme. Scoprì che Shirou si era trasferito per un periodo indefinito. I due giovani si raccontarono aneddoti sulle proprie vite, finendo a volte con il rivangare vecchi ricordi del periodo in cui aveva giocato a calcio assieme.
«Beh, io sono arrivato.» disse un po’ a malincuore Midorikawa fermandosi davanti al cancello di una palazzina dal tenue color crema, «È stato un piacere rivederti Fubuki.».
«Anche per me, Midorikawa.».
Ma nessuno dei due pareva volersi muovere da quell’angolo di strada deserto e tranquillo, mentre il sole continuava a brillare imperterrito nel cielo privo di nuvole.
«Non ti ho mai dimenticato Ryuuji.».
Era come la scintilla in un barile di polvere da sparo. I loro corpi come calamiti si attrassero facendo scontrare le loro labbra in un bacio, leggero come le ali di una farfalla; era passato tanto tempo, erano cresciuti ma nessuno dei due aveva dimenticato quell’anno e mezzo passato da coppia, le difficoltà dell’essere entrambi ragazzi assieme alla felicità delle ore che trascorrevano assieme. Persino la convinzione che sarebbe durato per sempre quel rapporto non era mai svanita del tutto; anche ora che erano adulti, una parte fanciullesca radicata in entrambi voleva disperatamente crede in quel “e vissero per sempre felici e contenti” tipico delle favole.
Quando si staccarono, riuscirono solo a mettere assieme un breve e sconnesso saluto, poi Ryuuji fuggì in cerca del conforto delle mura di casa sua; chiuse la porta e si accasciò contro la superficie liscia, diretto al pavimento. Sentiva caldo e non solo perché era estate, sentiva le guance bollenti e il cuore gli palpitava così forte nel petto, temeva sarebbe schizzato fuori.
C’impiegò minuti a calmarsi, o meglio s’impose di togliersi da lì quando ricordò di avere una scatola di ghiaccioli nella borsa; per impegnare un po’ la mente sistemò la spesa. Quand’ebbe finito rigirò tra le mani il secondo scontrino che aveva trovato nella borsa: sul retro c’erano un numero di telefono e un indirizzo.
Forse aveva realizzato il desiderio, voleva dare una svolta alla sua vita… Magari era l’occasione per ricominciare, quell’incontro casuale.


«Fubuki, secondo te potremo tornare a come quando andavamo a scuola?».
«Chiamami pure Shirou, Ryuuji. Non penso sai? Siamo cambiati ormai.».
«Hai ragione, siamo cresciuti e maturati. O almeno dovremmo esserlo.».
«Ahaha, infatti.».
«Chissà, magari questa sarà la volta buona.».
«Me lo auguro Ryuuji.».
«Anch’io Shirou.».











{Angolo di una Festa}
Ed eccoci all'ultimo capitolo di questa raccolta bizzarra; sono felice sia finita perché seppur non molto lunga è la prima che completo, anche se un po' mi mancherà.
Ringrazio chi ha recensito, letto, inserito tra ricordate e seguite o chi lo farà in futuro. Mi avete resa felice. ❤
Allora, nel primo capitolo disse che nell'ultimo avrei fatto un annuncio, quindi eccolo qui: lascerò il fandom di Inazuma Eleven per un po' di tempo. Questo fandom mi ha dato tanto perché ho potuto conoscere persone fantastiche che sono diventate amiche preziose per me, autrici meravigliose che nessuno può immaginare quanto mi piacerebbe scrivere bene anche solo la metà di loro. Ma ho deciso di lasciare per un po' perché mi mette tristezza come sta diventando; non so quando tornerò a pubblicare, potrebbe essere domani, tra una settimana come tra un mese o più. Si vedrà. In ogni caso continuerò a passare di qui per leggere e, magari, recensire qualcosa. Ringrazio tutti per avermi accolta quando sono arrivata e per aver sopportato i miei scritti; chissà che pazienza tutti! c":
Beh, nella mia bio potete trovare il link per Facebook e c'è anche la bustina in alto piccina per i messaggi: risponderò a chiunque mi contatterà, in caso succedesse.
Che posso dire di più? Niente, direi.
Quindi alla prossima occasione, popolo del fandom di IE e grazie di tutto! ❤

Kuro

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