A year of you.

di Sofia_Dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1-prologo. ***
Capitolo 2: *** Tutto inizia così. ***
Capitolo 3: *** Aspettative. ***
Capitolo 4: *** Arrivi. ***



Capitolo 1
*** 1-prologo. ***


Ed anche quel fatidico giorno arrivò. Il giorno del mio esame per essere accettata a quella stupida vacanza-studio di un anno in Inghilterra. Mio padre ne aveva cominciato a parlare da quando avevo iniziato il quarto ginnasio.
Ed eccomi qui, nel bel mezzo di Luglio a ripetere letteratura inglese per passare il test. Non mi era mai passato per la mente di poter studiare letteratura inglese. Beh, la letteratura mi piaceva, ma quella inglese la trovavo abbastanza pesante, e a volte anche monotona. Ma tutto per quel test.
Che poi io non avevo neanche tutta questa voglia di andare a Londra per un anno. Ho 17 anni e voglio stare con i miei amici, passare il resto dell’estate al mare, uscire e magari andare in discoteca, ma in Italia, non a Londra. In Italia sarebbe stato tutto più semplice e normale per me. Il mare, le sere in spiaggia, le lunghe passeggiate e i cornetti caldi presi alle due del mattino, prima di tornare a casa.
E invece eccomi qui, con il libro di letteratura inglese aperta al paragrafo ‘Shakespeare’, con la mia migliore amica seduta di fianco a me, persa in un sonno profondo. 
Mio padre e la sua compagna nei sedili avanti a noi, anche loro addormentati. Penso di essere l’unica sveglia su questo aereo, diretto a Roma, nel bel mezzo della notte. Con il mio borsone pieno di libri, vestiti e una buona dose di ansia sotto il mio sedile.
Non mi sto neppure concentrando su questo libro, ripenso soprattutto a quello che ho vissuto in Italia.
Io, Sofia Russo, 17 anni. Cosa avrei fatto a Londra? Io cosa c’entravo con quella città? Certo, amavo Londra. C’ero già stata un paio di volte, ma non avevo mai pensato alla vita lì.
Mi sarei abituata subito ai ritmi di quella città? O avrei passato un anno pieno di nostalgia e straniamento? Dovrei pensare positivo, ma non ce la faccio.
Avevo in mente di consegnare il foglio del test in bianco, ma non sarebbe stata una buona cosa, e quindi sono costretta a pensare a tutte queste cose, che mi martellano nella mente da settimane.
La testa mi scoppiava e  le palpebre si facevano sempre più pesanti e, pesando, mi addormentai anch’io.





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Ciao a tutti! Comincio col dire che è la mia prima storia qui su EFP. 
Spero che vi piaccia. c: Cercherò di postare al più presto il primo capitolo, dato che questo è il prologo. 
Per eventuali errori, ditemeli nelle recensioni, o non so. AHAH Il prologo non è lungo, ma tranquilli, i capitoli lo saranno. 
A presto. <3 
 

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Capitolo 2
*** Tutto inizia così. ***


Eccomi qui. Di fronte a me si erige imponente l’istituto nel quale terrò il mio test.
C’è un leggero venticello caldo che mi scompiglia i capelli. Luisa, la mia migliore amica, era ferma di fianco a me e la sua testa si muoveva dal basso verso l’altro, lungo tutta la ricca facciata dell’istituto. 
Non potevo negare di essere un po’ in ansia. Le gambe mi tremano leggermente e tenevo stretto al mio petto il libro di letteratura e grammatica inglese.
“Sta’ tranquilla, andrà tutto bene.” Disse Luisa, stringendomi una mano, per darmi coraggio. 
Annuì debolmente e girai il viso verso quello della ragazza di fianco a me.
I suoi capelli color nocciola le ricadevano morbidi sulle spalle. Si girò e i suoi occhi color cioccolato incontrarono i miei verdi.
“Sorridimi.” Disse.
Gli angoli della mia bocca si piegarono e le rivolsi uno dei miei migliori sorrisi, cercando di sembrare il meno in ansia possibile. 
Luisa mi lasciò la mano e prese i libri che tenevo stretti al mio petto. 
“Sono le dieci meno cinque. Devi andare.” Sorrise “Buona fortuna.” 
Mi abbracciò forte e mi schioccò un bacio sulla guancia. 
Le sorrisi e strinsi la mia borsa tra le mani, per poi posizionarla sulla mia spalla destra, e mi incamminai verso l’entrata dell’edificio. 

Dentro la struttura era più moderna di quanto mi aspettassi. C’era un piccolo atrio, dove c’era un appendiabiti, delle piccole poltroncine e più avanti una scrivania bianca, con un bonsai poggiato sopra. Dietro si intravedevano dei capelli biondi e mi avvicinai. 
“Buongiorno.” Dissi. 
La bionda alzò lo sguardo e mi rivolse un sorriso.
“Salve, è qui per il test, giusto?” disse alzandosi dalla sedia. 
Annuì.
“Bene, seguimi.”
Sorrise di nuovo ed uscì da dietro la scrivania. 
Era una ragazza sui 25 anni. Bionda e con degli occhi sul verde. Portava una gonna che arrivava poco sopra al ginocchio, nera e una camicetta bianca con un colletto.
Arrivammo in un’ampia aula e mi fece segno di entrare. 
“Bene, questa è la stanza dove si svolgerà il test. Il signor Romanis sarà qui a momenti. Prendi posto” 
Mi rivolse un sorriso e ricambiai. 
Mi voltai verso l’interno dell’aula. Era davvero grande, e vuota. A dire la verità faceva un po’ paura. 
Mi sedetti ad un posto nella prima fila. Appoggiai la borsa al posto di fianco a me, presi il cellulare dalla tasca del mio jeans, lo spensi e lo misi in borsa. 
“Buongiorno.” Disse una voce profonda, con uno strano accento. 
“Buongiorno” dissi insicura. 
L’uomo che era appena entrato nella stanza era sulla sessantina, capelli bianchi, e aveva le sembianza di un armadio. 
Non scherzo. Era altissimo, ma anche largo.
“Lei è la signorina…Russo. O mi sbaglio?”
“Sono io.”
“Perfetto.” Si avvicinò e mi mise davanti tre fotocopie e due fogli protocollo. 
“Da questo momento in poi, hai tre ore per completare il test. Buona fortuna, signorina Russo.” 
L’uomo mi sorrise, e io ricambiai. 
Presi la penna nera, appoggiata sul banco, e mi misi a lavoro. 

“Ecco.” Dissi, appoggiando tutti i fogli, adesso compilati, sulla cattedra del signor Romanis. 
“Oh, perfetto.” Disse. “Può andare. Giulia le dirà quando può venire per i risultati” 
Annuì e uscì dalla stanza, salutando cordialmente. 
Probabilmente Giulia deve essere la ragazza che mi ha accolto tre ore fa. 
“Uhm…salve. Lei è Giulia?” chiesi incerta alla bionda dietro la scrivania. 
“Si” cinguettò lei, alzando lo sguardo.
“Oh. Il signor Romanis ha…”
“Per i risultati?” disse sorridendo. 
“Si.”
“Bene. Vieni qui per le cinque e mezzo di oggi pomeriggio. Mi troverai qui, e ti dirò se sei stata presa, o meno.” 
“Grazie mille.”
Salutai Giulia e mi diressi verso l’uscita. 
Appena varcata la soglia dell’edificio una ventata calda mi scompigliò i capelli. 
Presi il cellulare dalla borsa e lo accesi. Era l’una e dieci, meglio chiamare i miei e Luisa, così mi avrebbero raggiunta. 
‘Pronto Sofi?’ disse la voce di mio padre dall’altro capo del telefono.
‘Hey, ciao papà. Sono appena uscita dall’istituto. Mi raggiungete?’
‘Dieci minuti e siamo lì. Devi vedere cosa ti ha preso Daniela. Davvero una cosa carina’
‘Oh..ehm…grazie.’ sorrisi involontariamente. ‘Ci vediamo qui tra dieci minuti’
‘A tra poco’
Chiusi il telefono e mi andai a sedere ad una panchina di fronte a dove mi trovavo. 
Cominciai a fantasticare su ciò che mi avrebbe potuto comprare Daniela. Lei è la compagna di mio padre. Vive con noi da quando ho iniziato il quarto ginnasio, ed è sempre stata fantastica con me. Mi era d’aiuto, mi capiva e quando ci voleva scherzava anche con me. 
Dopo poco tempo vidi i capelli svolazzanti di Luisa in lontananza e mi alzai. 
Vedendomi, cominciò a correre verso di me, e mi abbracciò forte. 
“Allora? Com’è andata? Com’è andata?” 
“Sembra che in Inghilterra ci debba andare tu, per quanta voglia di sapere i risultati hai” risi. 
Le spuntò un sorriso e mi abbracciò di nuovo. Quindi si spostò e mio padre e Daniela mi abbracciarono. 
“Allora, ci dici com’è andata si o no?” disse mio padre. 
“Uhm, è andato tutto bene. Era un po’ complicato, ma avevo studiato, quindi.”
“E i risultati?” chiese con gli occhi pieni di curiosità Daniela. 
“Devo passare oggi alle 17:30, e mi diranno se sono stata presa o no. Adesso possiamo andare a prendere qualcosa da mangiare? Non mangio da stamattina alle sei.” Dissi scherzosamente. 
“Si ma prima…” disse Daniela, porgendomi una busta, sulla quale era scritto in caratteri cubitali ‘VANS OFF THE WALL’. 
Amavo la Vans, e lei mi aveva preso qualcosa lì? Fantastica. 
“Ma…Oh Dio, grazie mille!” dissi abbracciandola. 
“Ma se non lo hai neppure aperta!” rise. 
“E’ della Vans. Sarà di sicuro qualcosa di fantastico!” 
Mi sedetti sulla panchina e aprì la busta. Ne tirai fuori una maglietta bianca, con il logo ‘Vans’ tutto colorato. Era davvero bella, l’avrei potuto mettere a Londra, verso l’inizio di Settembre.
Stavo già pensando a Londra? Beh, in effetti sarebbe stato divertente. Avrei solo dovuto pensare positivo.



Ciao a tutti. 
Eccomi qui con il primo capitolo. Allora, ho deciso che aggiornerò ogni domenica, perché, prima di tutto, la domenica mi fa molto comodo aggiornare, e poi perché così avrete un capitolo a settimana u.u HAHA
Spero di trovare qualche recensione. <3 e ringrazio tutti quelli che leggono la storia. (?)
Ci vediamo al prossimo capitolo. <3

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Capitolo 3
*** Aspettative. ***


Passeggiavamo per le stradone di Roma da due ore, ormai, e i miei piedi cominciavano a risentirne.
Dopo il test ero un po’ stanca, ma un pezzo di pizza mi aveva rimesso in sesto.
Erano quasi le 17:00 ed eravamo già davanti l’istituto per sapere i risultati. Decisi di entrare lo stesso, forse sarei stata fortunata.
“Uhm…buonasera.” Dissi incerta.
“Oh, ciao!” cinguettò Giulia, alzando lo sguardo. “Sono le cinque meno un quarto e tu sei già qui. Sei proprio in ansia” ridacchiò.
Le sorrisi e dondolai un po’ sui talloni, in attesa di una risposta.
“Comunque sei fortunata. Ho già i risultati. Fammi cercare.”
“Oh, perfetto.”
“Congratulazioni!” sorrise.
Congratulazioni? Voleva dire che avevo superato il test.
Un anno a Londra.
“Allora, non sei contenta?”
“Cosa? Oh, certo! Non pensavo di potercela fare.” Sorrisi timidamente.
“Oh suvvia!” rise. “Allora…questi fogli sono per te.” Disse porgendomi dei fogli.
“Oh, si. Certo”
Comincia i leggere qualcosa. Si trattava di tutte le informazioni necessarie per Londra. Li avrei letti più tardi con papà, Daniela e Luisa.
“Dato che sono molti fogli, ti riassumerò le cose principali.
Partirai il primo di agosto da Bari, alle nove del mattino. Sarai a Londra per le 11:30 massimo per mezzogiorno. E ti ospiterà la famiglia Cooper. I dettagli sono lì dentro.” Disse indicando i figli che stavo riponendo in una cartellina.
“Grazie di tutto” sorrisi.
“Di niente. Ciao!” disse agitando una mano in segno di saluto.
Feci lo stesso e chiusi il portone alle mie spalle. Di fronte a me, mio padre, Daniela e Luisa parlavano tra di loro.
Attraversai la strada e in coro dissero: “Com’è andata?”
Porsi la cartellina a mio padre, che la aprì freneticamente.
Lesse velocemente i dieci fogli, alzò lo sguardo e mi sorrise felice.
Sei braccia mi avvolsero affettuosamente e ricambiai la stretta.
“Vai a Londra!” esclamò felice Luisa.
 
 
*1 Agosto*
“Passaporto, libro, valige chiuse, cuffiette, iPod, telefono…Sono pronta!” urlai a mio padre.
“Corri, dai!” mi incitò lui.
Nell’ultimo mese non avevo fatto altro che fare spese per quest’anno a Londra, uscire con Luisa e dirle che non la dimenticherò in Inghilterra, svuotare il mio intero armadio per, ovviamente, i bagagli di Londra.
E’ stato troppo stressante, e ne sto un po’ risentendo.
Pero ‘fortuna’ il viaggio dura un paio di ore, o qualcosa di più e posso riposarmi.
“Sei emozionata?” mi chiede Luisa, facendomi uscire dai miei pensieri.
Beh, non ti vedrò per un anno, lì non conosco nessuno, starò lontana dai miei.
“Mmh, si.” Le sorrido.
“Hey…cosa c’è che non va? Sarà fantastico. Noi ci sentiremo su Skype e tu lì ti divertirai e farai nuove amicizie.”
“Già.” Feci spallucce e mi avviai con una parte dei miei bagagli verso l’interno dell’aeroporto.
“Allora, pronta?” mi chiese Daniela, stringendomi in un abbraccio.
“Si.” Le sorrisi.
“Tra mezz’ora parte il tuo volo, devi andare.” Disse con voce stretta mio padre.
“Hey, papà, non piangere, ci vediamo su Skype.” Gli sorrisi, e guardai Luisa, che prima aveva detto la stessa cosa a me.
“Ti voglio bene, Sofi.” Disse abbracciandomi.
Qualche piccola lacrima bagnava gli angoli dei suoi occhi e devo dire che la cosa era alquanto dolce.
Non ricordo di aver visto molte volte mio padre piangere. Forse solo quando morì mia mamma. Ma lì piansero tutti.
Abbracciai anche Daniela e Luisa, presi a fatica tutti i bagagli e mi diressi verso il gate.
“Mi mancherete.” Dissi.
Delle lacrime rigarono il mio viso, e lo stesso fu per Luisa. La stavo lasciando, eppure era stata lei a spingermi a fare il test. Avrei dovuto essere meno sensibile.
Senza una risposta mi voltai e andai al gate 8.
Dopo una decina di minuti in fila, finalmente mi diressi sull’aereo.
Posizionai la mia borsa vicino ai miei piedi e presi da questa il mio libro preferito, ‘Ricordati di guardare la luna’, di Nicholas Sparks.
Ore 11:35. Atterraggio orribile. L’aereo è saltato un po’ e il mio stomaco è andato sottosopra, ma il viaggio era stato piacevole.
Avevo dormito un’oretta abbondante, e finalmente ero pronta per Londra.
Però, avevo molti dubbi e domande, che solo con il passare del tempo avrei risolto.
Come sarà la famiglia Cooper? Mi verranno a prendere loro all’aeroporto, ma non so chi siano e spero abbiano il cartellino con scritto ‘SOFIA RUSSO’ sopra.
Scendo dall’aereo e mi precipito al nastro dei bagagli.
Recuperati i miei, andai verso il grande atrio dell’aeroporto.
Mi guardai intorno, fino a che non vidi un uomo alto, probabilmente sulla cinquantina, capelli brizzolati e un fisico robusto, aveva in mano un foglio di carta bianca nel quale c’era scritto ‘SOFIA RUSSO’.
Di fianco a lui una donna sulla quarantina teneva la sua mano su quella del marito, presumo, che era sul foglio con il mio nome.
I capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle, e i boccoli le donavano particolarmente.
Sotto di loro due bambine, identiche, pregavano il padre di poter tenere loro il foglio, ma il padre alzava il foglio più in alto, per impedirglielo e ridacchiava sotto i baffi, mentre le due bimbe saltellavano per prenderlo.
Di fianco all’uomo, una ragazza che aveva circa la mia età, sorrideva a quello scenario, e di tanto in tanto scorgeva la testa, per vedere se questa ‘Sofia’ arrivasse.
Identica alla madre. Capelli biondi e boccolosi, ma la ragazza li teneva legati in una coda ordinata. Era davvero bella.
Dall’altra parte, invece, un ragazzo poco più grande di me, diceva qualcosa che non riuscivo a comprendere, a causa del gran baccano che c’era intorno a me.
‘Questa è la famiglia Cooper’ pensai, e mi avviai verso di loro, con un sorriso da bambina sul viso.
Sono sicura che con loro, starei stata bene.
 
 
Heeey.
Eccomi qui con il secondo capitolo! Mi dispiace non averlo potuto pubblicare ieri ma ho dovuto studiare per un’interrogazione, e non ho avuto tempo. D: Mi perdonate vero? uu HAHAH
Beh, vi ringrazio tantissimo per le due recensioni. Asdfghjkkl
Siete le mie prime recensioni in assoluto, vi ricorderò sempre. HAHAHAHAH
Mi scuso in anticipo perché il capitolo è un po’ penoso, e per eventuali errori. :c
Vi lascio, spero che il capitolo vi piaccia. Al capitolo 3. <3

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Capitolo 4
*** Arrivi. ***


Il mio battito cardiaco accelerava ogni passo che facevo, e le mie braccia stentavano a tenere tutti i bagagli.
Una delle due bambine che stava cercando di prendere il cartellino con il mio nome si girò verso di me, e si bloccò a fissarmi. Le ammiccai un piccolo sorriso, per poi arrivare direttamente di fronte alla famiglia.
“Oh…salve, ha bisogno di qualcosa?” chiesa la mamma, ovviamente ignara del fatto che io ero la ragazza che aspettavano.
“Mamma, ma cosa dici!” disse la piccola a cui avevo sorriso prima “Tu sei Sofia, vero?”
Sorrisi, e prima che rispondessi le due gemelline erano avvinghiate a me e mi stringevano forte, facendomi quasi perdere l’equilibro, e facendomi cadere dalle mani i bagagli.
“Oh mio Dio! Mi dispiace tanto non averlo capito subito. Vieni qui.” Disse la donna allargando le braccia, e tutta la famiglia mi strinse in un abbraccio caloroso.
Mi sentivo bene, accolta, e mi sentivo a casa.
“La mamma fa sempre questo tipo di gaf.” Ridacchiò la ragazza bionda.
“Oh, ma non vi dovete preoccupare. Anzi, è stato un ‘benvenuto’ bellissimo.” Dissi sorridendo.
“Penso che ci dovremmo presentare.” Disse sorridendo il padre.
Annuì.
“Io sono Alexander Cooper e…”
“Oh caro! Puoi anche dire solo Alexander o Alex.” Disse la moglie, poi si rivolse a me e continuò “Scusalo, è sempre molto professionale in tutto ciò che fa. E comunque io sono Emma.” Sorrise.
“E’ davvero un piacere conoscervi.” Dissi.
“Il piacere è nostro!” disse Alexander.
“Io sono Josh!” sorrise il ragazzo moro, sicuramente il più grande.
“Io sono Cindy, e passerai probabilmente la maggior parte del tuo tempo con me! Abbiamo la stessa età, e spero anche gli stessi gusti.” ridacchiò la ragazza bionda.
A dirla tutta, sembrava una bambola. Si avvicinava moltissimo ad alcuni criteri di perfezione, e a prima vista può sembrare anche una di quelle ragazze snob e viziate.
“Oh, beh, mi fa piacere che ci sia qualcuno della mia età, o che ci si avvicini. Avrò qualcuno con cui condividere le cose.” Risi, e Cindy con me.
“Invece loro sono le piccoline di casa.” Disse Emma, indicando le gemelle, che mi guardavano.
“Io sono Hanna!” disse una.
“E io Lucy!”
Erano identiche, e distinguerle sarebbe stato davvero un’impresa.
“Penso che sia ora di tornare a casa” disse Alexander “Io e Josh ti diamo una mano con i bagagli.”
“Grazie mille.” Sorrisi e presi la mia borsa e il beauty.
Usciti fuori, ci dirigemmo subito al grande fuoristrada della famiglia. Era una macchina grande e blu, di quelle a sette posti e con un bagagliaio enorme, e tirai un sospiro di sollievo quando tutti i miei bagagli ci entrarono.
“Cindy, Sofia, voi ai due posti dietro, okay?”
“Si, papà.”


“Allora, Sofia, com’è stato il viaggio?” chiese Emma durante il tragitto.
“Uhm, tranquillo. Ha fatto qualche minuto di ritardo, e l’atterraggio non è stato uno dei migliori, ma sono riuscita a riposare.”
“Oh, bene. Eri mai stata a Londra?” Chiese Alexander.
“Si, ci sono stata due volte. Una volta quando avevo 14 anni, con mio padre e la sua compagna, un’altra al mio sedicesimo compleanno, e venne anche la mia migliore amica. Ma di sicuro un anno qui sarà completamente diverso da una settimana.”
“Come si chiama la tua migliore amica?” chiese Lucy, o Hanna. Insomma, una delle due.
“Si chiama Luisa.” Sorrisi
“Ci parli di lei?” chiese l’altra gemellina.
“Oh, beh…Luisa è una ragazza d’oro. Ci tengo molto a lei, e penso che mi mancherà molto.
Ci siamo conosciute in  prima media, che per voi corrisponde al sesto anno di scuola. Inizialmente non eravamo così legate, ma ora siamo come sorelle. Le voglio molto bene ed è una persona importantissima per me.”
“Oh come per Cindy sono Daisy e Jessy!” esclamò Lucy.
“Si, Hanna.” Rispose Cindy.
Oh, fantastico. Non le distinguerò mai.
Nell’auto calò un silenzio imbarazzante, e mi voltai per guardare fuori dal finestrino.
Lo scenario era stupendo. La campagna inglese mi ha sempre affascinata, e le piccole case che a tratti si vedono sono bellissime, e, vedendole solo nei film, è una bella sensazione avercele di fronte.
“Ehm, Sofia?” disse incerta Cindy.
Mi girai verso di lei e aggrottai le sopracciglia, come per chiederle ‘cosa c’è?’
“Che musica ti piace?”
“Oh, in realtà non ho dei gusti ben precisi. Ascolto un po’ di tutto. Tu?”
“Lei adora i The Script.” Intervenne Josh, con una piccola punta di disgusto nel pronunciare il nome della band.
“Anche a me piacciono molto.” Risposi, con un sorriso.
“Davvero? Ti va di ascoltarli?” Cindy mi porse una cuffietta che aveva attaccato al suo iPod, e io la presi gentilmente e la infilai nel mio orecchio.
Partì ‘For the first time’.
Questa canzone aveva un significato particolare per me. Era la prima canzone della band che ascoltai, e mi calmava, e lo fa tutt’ora, nei momenti più tristi. La sua melodia, il ritornello, le parole.
Si susseguirono diverse canzoni della stessa band, fino a quando, nel bel mezzo di ‘Nothing’, la macchina si bloccò di fronte ad una casa. La loro, anzi, la nostra, casa.
“Io e papà porteremo i tuoi bagagli, tu entra a vedere la casa. Vai tranquilla.” Disse Josh, ammiccando un sorriso.
Entrai nella grande casa con Emma, Cindy e le piccole gemelle.
La casa era grande e aveva due piani.
Nell’ingresso c’era un appendiabiti e una cassapanca.
“Allora tesoro, adesso io e Cindy ti mostriamo la casa.”
“Certo.” Sorrisi.
Ci incamminammo verso il salotto.
La stanza era grande e spaziosa. Due divani messi ad angolo si notavano subito, e di fronte la TV sulla parete, e sotto un tavolino con tutte le foto.
Mentre Emma parlava, mi piegai a prendere una foto.
Erano al mare, tutta la famiglia, e sorridevano. Erano felici, per davvero.
Si percepiva da qualunque elemento di quella foto. Il sorriso di Cindy, che teneva per mano Hanna.
Lucy al lato opposto in braccio a Josh, ed Emma e Alex al centro, in una stretta calorosa.
Era davvero una bella famiglia. Appariva così semplice, felice, senza problemi. Mi sarebbe piaciuto avere anche per me una famiglia così: felice e senza problemi.
Riposi la foto, e seguì Emma e Cindy nella stanza di fronte, la cucina. Mi ero persa una parte del salotto, ma poco importava. Avrei vissuto un anno intero qui dentro. Ancora non ci credo.
La cucina è di normale grandezza, e al centro un isola riempie lo spazio.
Salimmo le scale e c’è la zona notte.
“Allora, qui c’è la camera mia e di Alex” disse Emma, indicando la prima porta, chiusa.
“Qui c’è un bagno, ma noi lo facciamo usare agli ospiti, questo.”
Annuì, e proseguimmo più avanti.
“Questa è la stanza di Hanna e Lucy. E questa di fianco è quella di Josh.”
“Questo è un bagno, e finalmente la vostra stanza!” disse Emma, aprendo una porta.
“Wow!” fu l’unica parola che uscì dalla mia bocca.
Era enorme. Due letti ad una piazza e mezzo imponevano nella stanza, distanziati da un comodino con un lume sopra.
Di fronte questi letti c’era una scrivania, con un PC poggiatovi sopra, e delle fotografie di Cindy.
Da un lato della stanza c’era una finestra, alla parete opposta, invece, era appeso un quadro raffigurante New York, e una bacheca con tantissime foto di Cindy e le sue amiche, e tanti post-it.
“Ti piace?” sorrise Cindy.
“Dio, è  bellissima.” Dissi girando su me stessa per osservare tutto a fondo.
“Sono contenta che ti piaccia. Io e la mamma abbiamo modificato qualcosa, ad esempio abbiamo aggiunto quel divanetto vicino la finestra, prima del tuo arrivo, almeno ci sarebbero stati più posti per sedersi, o cose varie.”
“E’ tutto davvero fantastico, e la casa è pazzesca. Non ho davvero parole.”
“Tesoro, non dire così. Il meglio deve ancora venire.” Disse Emma, e ci fece strada di uscire.
Camminammo lungo il corridoio, verso la porta messa alla fine di quest’ultimo.
“Pronta?” disse Cindy, sorridendomi.
Annuì, ed Emma aprì la porta.
Entrai e di fronte a me trovai il paradiso. Migliaia e migliaia dei libri, su milioni di scaffali, che andavano intorno a tutte le pareti, e il centro della stanza era riempito da poltroncine e puff, dove leggere.
“Se non mi trovate, beh, sappiate che sono qui.” Dissi scherzosamente, e mi avvicinai ad uno scaffale.
Sentì Emma e Cindy ridere, e avvicinarsi a me.
“Sono felice che ti piaccia, è la mia stanza preferita.” Disse Cindy.
“Oh, anche la mia.” Risi, e le due  si unirono a me.
“Uhm, ragazze?” ci interruppe Alexander.
“Si, caro?”
“Abbiamo portato le valige di Sofia nella camera. Che ne dite di pranzare? E’ quasi l’una, e prima mangiamo, prima possiamo uscire.”
“Oh, va bene.” Disse Emma “Ragazze, io vado a preparare, voi sistemate le cose di Sofia. Vi chiamiamo quando è pronto!”
Entrate in camera, Cindy chiuse la porta dietro di se, e mi aiutò a mettere qualche maglietta nel cassetto.
“Sono davvero felice che tu sia qui.”
“Oh, grazie mille.” Le sorrisi.
“No, sul serio. Non sapevo cosa aspettarmi da questa italiana. Magari qualcuno che era vanitosa e snob, qualcuno che avrei odiato, qualcuno che mi avrebbe presa in giro, qualcuno che avrebbe potuto mandare all’aria i sistemi della famiglia, e ad essere sincera, avevo paura. Ma quando ti ho vista, oh, è stato un sollievo. Da i tuoi occhi si legge che sei buona, e diamine, sei anche bellissima, Sofi.”
Quelle parole furono, per me, qualcosa che non so spiegare.
Spiegano tutto loro, quello che ha detto, quello che mi ha resa un po’ più forte. Diamine, nessuno mi aveva mai detto cosa più bella, eppure erano tipo tre ore che ci conoscevamo.
“Grazie di tutto. Voglio solo essere felice, e tu probabilmente dai la conferma che qui posso esserlo.”






CHIEDO UMILMENTE PERDONO PER LA MIA ASSENZA. :c
Ci sono state le vacanze di Natale, ed ho avuto una brutta febbre, e in tutto questo Internet non è andato per una settimana. E oggi, dato che ha ricominciato ad adare, eccomi qui. 
Spero sempre che il capitolo vi piaccia, e mi piacerebbe davvero se recensiate. Boh, mi farebbe un sacco piacere vedere cosa ne pensate. <3
Ah, una piiiiiiccola domandina... per caso qualcuno di voi sa come si mettono le foto prima dei capitoli? Io ci ho porvato qualche volta, ma non me le mette. 
Mi sento inguaiataaaaaa. HAHAHAHA :c 

Beh, allora, ci sentiamo con il capitolo 4 la prossima domenica, questa non potrò aggiornare perchè sarò in montagna. 
Mi scuso per il disguido.. :c 


Bye, Sofi. xx <3




 

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