Don't be afraid to love

di MileyPotterWeasley_95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Childhood ***
Capitolo 2: *** Il coraggio di rischiare ***
Capitolo 3: *** Run, run, run ***
Capitolo 4: *** Stay,Forgive me, I Love You.. ***
Capitolo 5: *** I think I wanna marry you ***
Capitolo 6: *** 'Cause I can love you more than this ***
Capitolo 7: *** Over Again ***
Capitolo 8: *** Live While We're Young ***
Capitolo 9: *** After all this time? Always.. ***



Capitolo 1
*** Childhood ***


“Se lo puoi pensare, lo puoi fare”
Questa frase è stata la colonna sonora della mia vita, se così si può definire. Mi sono ritrovata in un gioco senza regole, anzi, una regola. Il coraggio. Tutto è partito da una scatola, o meglio, dal possessore di quella scatola, di quella giostra dei sogni. Era diventata la nostra giostra.

"Charlie va tutto bene?” un bambino mi tese una mano per alzarmi.
“Non dovresti stare con me Louis” lo apostrofai cercando di raccogliere il mio zaino da per terra e salvare il salvabile.
Mi avevano spinta dentro una pozzanghera. Non era la prima volta che nella scuola che frequentavo ora, mi prendevano in giro. Nessuno voleva stare con me, io ero la nuova arrivata, ero quella che tutti volevano evitare, ero quella diversa da loro, io ero l’italiana.
“Nessuno deve stare solo” rispose lui allungandomi una scatola, la più bella scatola che io abbia mai visto.
Era rossa e bianca con disegnata una bellissima giostra dai cavalli d’oro e un cielo notturno di sfondo “Poi però me la presterai.. giochi o non giochi?
Ecco, quelle furono le fatidiche parole che hanno portato me e Louis a cominciare una lotta senza fine.
“Giochi o non giochi?” Mi fece scivolare la scatola fra le mani e saltò sul pullmino della scuola, al comando non c’era nessuno, l’autista mi stava aiutando. Tirò il freno a mano e il pullman cominciò a muoversi da solo. Scese con un balzo scoppiando a ridere contagiando anche me, mentre osservavamo il conducente correre dietro il suo mezzo.
“Io gioco!” confermò lui.
Ero spaesata, ma perché no, quel gioco alla fine doveva essere interessante, infondo siamo solo due bambini di otto anni e questo è solo uno stupido gioco, cosa c’è di male?
Dopo scuola decisi di accompagnarlo a casa, ma al varco c’era suo padre furioso ad aspettarlo. Doveva aver ricevuto la chiamata del preside.
“Cosa ti è saltato in mente?!” sbraitò prendendo Louis per il colletto e alzandolo da terra.
Louis tentò di liberarsi invano e cominciò ad urlare. Dopo tutto quello che aveva fatto per me non potevo stare lì a guardare, ora avevo io in mano la scatola.
“Tranquillo Louis, non ti succederà niente” tentai di liberare Louis dalla stretta del padre, senza ottenere risultato. “Gioco..” sussurrai.
“Ragazzina levati! Sto parlando con mio figlio!” mi urlò contro, rosso dalla rabbia.
“No! Lasci andare Louis!” e in men che non si dica mi arrivò uno schiaffo in pieno volto.

Ora che ci penso, non dovevo stare proprio simpatica al padre di Louis, come a tutto il resto della popolazione di Doncaster.
Da lì iniziò il vero e proprio gioco, un gioco che si è messo in moto da solo. Se Louis aveva in mano la scatola, poteva propormi qualunque sfida, io l’accettavo e riconquistavo la scatola, a quel punto ero io a dover lanciare una sfida. Molti potranno definirlo un gioco da scemi, però, era il nostro gioco.

A forza di giocare un giorno finimmo in presidenza. Louis mi aveva lanciato una sfida ed io non ho esitato a farla: dovevo dire tutte parole che iniziano con la lettera B alla professoressa. No, non parole normali, parole tipo “Baldracca”, “Battona”, “Balle”.. E chi più ne ha più ne metta.
La mia vendetta non tardò ad arrivare e Louis non mi deluse. Bèh diciamo che non gli feci fare proprio una bella figura davanti al Preside.
“Basta! Separate queste due pesti!”
Separarci? A me e Louis? Nessuno era mai riuscito a separarci e infatti le nostre sfide continuarono anche se in classi diverse, e puntualmente ci ritrovavamo dal preside, insieme.
Non facevo altro che sentire urlare la parola “Disciplina!” e mia sorella che mi teneva per un braccio cercando di contenersi davanti al preside.
“La educhi signorina, pensi al futuro di sua sorella, le insegni la disciplina!” continuava ad urlare il Preside “O sarò costretto a richiamare i vostri genitori”
“è inutile, i nostri non parlano l’inglese”
Di tutta risposta il Preside le sbattè la porta in faccia.
“E tu non ridere!” mi rimproverò “Per una settimana scordati di uscire, scordati i cartoni animati e le caramelle”.
Per quanto seria doveva essere la situazione, non riuscivo a non essere felice, pochi metri, accanto a me, anche Louis veniva messo in punizione e continuavamo a scambiarci sguardi complici.

Ci fu il matrimonio di mia sorella.
“Tu cosa vuoi fare da grande?” mi chiese girandosi la scatola fra le mani.
“Vorrei essere un dolce” risposi io, scrutando mia sorella e il suo ragazzo dal nostro nascondiglio, sotto il tavolo.
“Un dolce?”
“Sì un dolce. Un dolce appena sfornato, in vetrina, che viene visto da tutti”
“Geniale, i dolci piacciono a tutti!” disse passandomi la scatola “Giochi o non giochi?”
Guardai la scatola titubante, pensando alla sfida che mi aveva lanciato. Infine accettai.
“Gioco” posai la scatola sul pavimento e mi alzai il vestito.
“Ma non si vede nulla!” obbiettò lui.
Io non direi proprio nulla, visto che stava vedendo una delle mie parti più intime.
“Noi femmine siamo più furbe dei maschi, non lasciamo vedere niente, almeno non subito” dissi tirandomi giù il vestito “e tu cosa vuoi fare da grande?”
“Io voglio rimanere un bambino per sempre”
“Perché?”
“Perché i problemi dei grandi sono troppo difficili, invece, noi bambini siamo spensierati e il nostro unico problema è la scuola.. e da quando sei arrivata tu, andarci è diventato più piacevole”
“Giochi o non giochi?” chiesi sentendo le mie guance arrossire.
Non afferrò nemmeno la scatola dalle mie mani che subito si tirò giù i pantaloni.
“Tutto qui?” dissi “Tanto casino per niente?”
“Ehi! Io non lo chiamerei proprio niente!” Mi sorrise si tirò su i pantaloni e si mise seduto accanto a me.
Lo vidi avvicinarsi sempre di più..
“Forse è meglio rimanere amici” lo bloccai, era a pochi centimetri dalla mia faccia.
Era già sveglio da bambino.
“Tira la tovaglia! Giochi o non giochi?”
E ovviamente anche al matrimonio di mia sorella combinammo uno dei nostri soliti casini facendo cadere la torta nuziale.

Poi andai a trovare Louis in ospedale
“Cosa ci fai qui?” il suo tono non era allegro come al solito.
Sul fondo della stanza, c’era un letto e sopra di esso adagiata una figura femminile. La mamma di Louis.
“Ero venuta a vedere come stai”
“Vattene, tu non puoi capire” mi disse freddo.
“Certo.. io servo solo per giocare”
Ci guardammo intensamente negli occhi, i suoi occhi color ghiaccio sembravano passarmi da parte a parte.. voleva fare l’uomo, ma era solo un bambino.
“La prossima ora a campana, giochi o non giochi?”
Prese la scatola e cominciò a saltare per la stanza.

E infine una telefonata inaspettata.
Dopo la morte della mamma di Louis, il padre chiamò qui a casa.
“Charlie!” sentii chiamare mia sorella.
Mi precipitai nella sua stanza “Charlie, tesoro, ti va stasera di andare a dormire a casa di Louis?”
Ma che domande, certo che mi andava.

“Charlie, dormi?” mi chiese girandosi con la testa verso di me.
“Forse”
“Domani posso venire io a dormire da te?”
“No!”
Ecco questa era una delle poche domande che non mi avrebbe dovuto mai rivolgere. Passiamo la maggior parte del tempo insieme, ma se c’è una cosa che Louis non conosce sono le condizioni della mia famiglia. Mettiamola su questo piano, più stavo fuori di casa, meglio era. Mio padre era violento. Mia madre in preda alla disperazione era caduta in un forte stato depressivo, e mia sorella.. lei, l’unica salvezza, lei che doveva assumersi responsabilità troppo grosse, lei che aveva me a cui badare. “Promettimi che non verrai mai a casa mia” dissi decisa.
Louis non rispose.
“Promettilo!” ordinai alzando leggermente il tono della voce.
“Ok, ok..” sbuffò dandomi le spalle.
“Louis..” cercai di richiamare la sua attenzione.
Emise un verso strano, segno che mi stava ascoltando “Ti sposerai da grande?”
Sinceramente? Non sapevo nemmeno io da dove mi era uscita quella domanda, forse perché avevo visto mia sorella felice durante le sue nozze, veramente felice, dopo tanti anni di sofferenza.
“Non lo so” borbottò con la faccia infossata nel cuscino.
“ 'No' davanti al prete durante il matrimonio.. giochi o non giochi?”
Vidi la sua testa schizzare nella mia direzione e un bagliore nei suoi occhi “Gioco!”

Quella notte io e Louis dormimmo 10 anni, e al risveglio il gioco era diventato serio.


Spazio autrice
Salve a tutti! Questa è la prima FanFiction che pubblico, spero vi piaccia! A breve pubblicherò il secondo capitolo :))

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Capitolo 2
*** Il coraggio di rischiare ***


Allungai pigramente un braccio sul comodino per prendere la fonte del rumore assordante che aveva invaso la stanza, il mio cellulare.
“Merda!” imprecai.
Non ricordo quante volte avevo rimandato la sveglia, ma era decisamente tardi e tra meno di un’ora avevo un test di matematica all’università.  Se il buongiorno si vede dal mattino, non oso immaginare come si presenterà la giornata.
Tentai di alzarmi, ma un peso morto mi teneva attaccata al materasso.
“Louis svegliati!” sbuffai tirandogli uno scalpellotto sulla testa.
Mugolò mettendo la testa sotto il cuscino, tipico.
“Avanti Louis! Almeno togliti di mezzo così posso alzarmi” tentai di allentare la presa delle sue gambe contro la mia e di alzargli il braccio dal mio torace, ma inutilmente.
“Louis.. conto fino a tre e se non ti alzi sono guai. Uno.. due..”
“Tre!” Louis mi anticipò spingendomi fuori dal letto.
“Ti odio!” gli urlai in fretta e furia mentre raccattavo vestiti sparsi per la stanza e i libri di matematica.
“Buongiorno anche a te”  sorrise mettendosi seduto a gambe incrociate sul letto “Cercavi questo?”
Girai la testa verso Louis, fra le mani teneva il mio reggiseno. Mi sporsi verso di lui per prenderlo, ma ritrasse la mano “Giochi o non giochi?”
“Il mio odio verso di te sta salendo sempre di più sappilo!”
Scoppiò a ridere “Allora? Rispondi alla domanda”
Il suo sguardo beffardo mi stava facendo innervosire.
“Non oggi Lou, ho il test io..”
 
“Io non posso credere di essermi fatta convincere da te!”
Camminavo a passo svelto verso l’aula dove fra pochi minuti avrei tenuto il mio esame, accanto a me, Louis, sghignazzava divertito come del resto, aveva fatto la maggior parte delle persone che mi avevano vista da stamattina. Alla fine avevo accettato la sfida.
Ebbene no, a distanza di anni non è cambiato niente e il gioco continua ad andare avanti come sempre, stesse regole, stessa scatola, un giro di giostra per uno. Solo una cosa era cambiata, il gioco cominciava a farsi spinto.
“Dai, non sei poi così male” ridacchiò.
Vi starete chiedendo cosa avranno tutti da ridere? Beh ero uscita di casa e avrei dovuto affrontare l’esame in biancheria intima. No, no, non solo in biancheria intima, ero vestita.. ma sopra i vestiti avevo indossato mutande e reggiseno.
“Stai zitto perfavore” lo pregai dandogli una leggera spinta.
 
“Charlie Desiderio!”
Mi sentii chiamare e subito mi alzai di scatto cercando di scordarmi cosa avevo addosso.
Sorrisi alla signora che mi aveva chiamato ed entrai senza curarmi del fatto che Louis stava ancora ridendo e tutta la commissione mi squadrò da cima a fondo.
Cominciai l’esame di matematica e pregai che non giudicassero la mia preparazione in base al mio abbigliamento.
Mentre scrivevo una serie di numeri sulla lavagna, lanciai uno sguardo oltre la porta parzialmente di vetro che mi divideva dagli altri candidati e quello che vidi non mi piacque: Louis ci stava provando con una ragazza, e non una ragazza qualsiasi.. La biondona più troia della scuola.
Sentii salire dentro di me la gelosia e persi la concentrazione, lasciai andare un braccio lungo il corpo.
Non posso credere di essere gelosa di Louis Tomlinson, lo stesso ragazzino con qui ero cresciuta.
“Signorina Desiderio tutto bene?”
Scossi la testa e ricominciai a scrivere ma immancabilmente il mio sguardo finiva sempre su Louis, ora la ragazza gli stava sfiorando una coscia, mentre lui le spostava i capelli dietro le orecchie. Ci sapeva fare con le donne, anche se quella non era una donna ma un’arpia, e poi devo ammettere che è veramente veramente bello.
La concentrazione andava man mano spengendosi, non potevo vedere oltre.
“Signorina Desiderio mi dia la soluzione della funzione delta”
Un'altra parola da parte della professoressa e un altro gesto da parte della bionda ossigenata e avrei commesso un omicidio.
Concentrai tutta la calma possibile che in quel momento potevo avere.
“Ehm.. - 3 m2.. ehm.. - 3.. no - 2 m + 1” non avevo la più pallida idea di cosa stavo dicendo.
Girai nuovamente la testa e Louis e la ragazza erano sempre più vicini.
“Signorina Desiderio”
Tirai il gessetto verso la porta e uscii bruscamente richiamando l’attenzione di tutti, la calma non era nel mio DNA.
“Signorina Desiderio, non ho detto che può andare!”
“FDX ha due radici distinte se m è compreso fra – 1 e 3” mi congedai.
Cominciai a camminare a passo svelto per il corridoio, in pochi secondi fui raggiunta da Louis.
“Dove scappi di fretta?” domandò con il fiatone.
“Al lavoro Louis”
“Mph.. com’è andata?” lo sentii trattenersi un risolino.
“è andata che la commissione era troppo impegnata a guardare il mio reggiseno!” brontolai “ma a te che importa, avevi di meglio da fare”
Mi fermai appena prima di fare le scale verso l’uscita, aprii la borsa e gli porsi la scatola.
“Ma nemmeno la conosco a quella!” disse leggermente infastidito respingendo la mia mano “Era solo per passare il tempo"
“Melanì Withmore ha solo due cose buone: è andata a letto con uno dei ragazzi più fighi della scuola e ha un paio di orecchini splendidi. Ecco ora la conosci vai, diveriti” aggiunsi infine sarcastica.
“Ma sei gelosa?”
Mi fermai di botto.
“Ma chi io?”
“Si tu” si morse un labbro inferiore per poi bagnarselo con la lingua.
Non potevo cedere.
“Ma fatti tutte le ragazze che vuoi, io vorrei solo superare l’esame malgrado questo” indicai le mie mutande.
Mi sorpresi quando riuscii a mantenere la calma e non andare in panico su questa domanda, mi conosceva così talmente bene che era facile per lui capire se stessi mentendo o no.
“Ma sentila” ghignò “Sei gelosa, ammettilo” mi sorrise maliziosamente.
“Non dire stupidaggini” sbuffai digrignando i denti “Per quanto riguarda Melanì Withmore fai pure, hai la mia benedizione” ripresi il mio tono sarcastico.
Mi allontanai da lui scendendo l’ultima rampa di scale.
“Charlie.. smettila perfavore”
“No dico davvero, vai è un’occasione da non perdere. Però devi portarmi i suoi orecchini”.
 
“Certe ragazze sono veramente ingenue o semplicemente non sanno resistere al mio fascino”
Louis mi raggiunse dietro il bancone della pasticceria dove lavoravo.
“Togli quella zampaccia da lì o me lo scalano dalla paga mensile”
Lo fermai prima che potesse agguantare un pasticcino al cioccolato, brontolò qualcosa di incomprensibile e lasciò cadere gli orecchini di Melanì sul bancone “Detto fatto”
Quelli erano davvero gli orecchini di Melanì, era stato davvero con lei e nemmeno me la potevo prendere con lui. Infondo ero stata io a incoraggiarlo. Presi gli orecchini e li buttai al secchio
“Ecco, ora non ha più punti a suo favore”
“Dimentichi che è andata al letto con Mr. SonoFigoSonoBelloSonoFotomodello”
“Sì è vero, ma ci sono andata anche io” feci l’occhiolino a Louis che restò di stucco e sparii dietro la cucina.
 
“Sei davvero stata con quel tizio?”
Louis mi aveva aspettato fino all’orario di chiusura.
“Si”
“E ti piace davvero?”
“Bè come seconda scelta sì”
Louis mi fermò improvvisamente prendendomi un braccio e attirandomi a se, i nostri nasi si sfiorarono
“E chi sarebbe la prima scelta?” i suoi occhi color ghiaccio erano fissi nei miei verde scuro
Sentii il battito accellelare, solo una volta eravamo stati così vicini da far sfiorare i nostri visi, da bambini, ed ero stata io a respingerlo.
Spostò il suo sguardo oltre la mia spalla.
“Guarda un po’ chi c’è”
Mi girai e vidi in lontananza Luke, sì il tizio di cui stavamo parlando.
“Tocca a te, tiragli un calcio sui coglioni” mi sussurrò all’orecchio Louis.
Lo guardai indecisa sul da farsi.
 
Camminavamo sulla stessa strada una dal lato opposto dell’altro. Ero furiosa, dopo aver tirato un calcio a Luke, mi si rivolse contro stritolandomi un braccio, che ora era avvolto in una garza per tenerlo fermo, me l’aveva quasi rotto.
“Chiedi scusa!” lanciai un’occhiataccia a Louis.
“Dai che è stato divertente” si giustificò.
“Per te è tutto divertente, tanto poi ci vado di mezzo io! Dì che ti dispiace!” sbottai.
“Potevi rifiutarti di farlo” alzò le spalle aumentando il passo.
Mi avvicinai a lui con fare deciso “Guardami bene stronzo! Stò così perché non ho paura di niente e mi hai lanciato questa sfida, ti sembro una che si tira indietro?”
“Non ti è andata poi tanto male, hai sempre l’altro braccio” rispose con tono severo.
Lo fissai per dieci secondi, guardai la scatola che aveva in mano e tentai di prenderla.
La nostra piccola lotta continuò, lui che si spostava e io che cercavo di afferrare la giostra. I nostri nasi tornarono a sfiorarsi di nuovo, la seconda volta in una giornata, questa volta non avrei resistito.
“Ora baciami..” sussurrai mantenendo il suo contatto visivo “Giochi?”
“Gioco” le sue labbra si incurvarono in un sorriso per poi posarsi delicatamente sulle mie.
Solo in quel momento mi accorsi che eravamo nel bel mezzo di una strada. Spinta dal momento salii sul tetto della macchina che si era fermata a pochi centimetri da noi e continuava a suonare.
“Ho detto baciami” ripetei fermamente guardandolo.
Non so bene cosa mi passasse per la testa in quel momento e cosa volevo fare, l’unica cosa che sapevo è che volevo lui.
Con un balzo mi raggiunse sul tetto della macchina, si avvicinò a me, strinse le sue mani suoi miei fianchi e mi baciò. Questa volta fu un bacio vero. Affondai le mie mani nei suoi morbidi capelli castani, mentre lui mi stringeva di più a sé.
Non ci curavamo di nulla, nemmeno delle numerose minacce che il conducente dell’auto ci stava facendo e di tutte le maledizioni che ci stava lanciando.
Louis si staccò da me, prese la mia mano mi aiutò a scendere e cominciammo a correre. Dove? Non lo sapevamo nemmeno noi, mi lasciavo guidare da lui finchè non arrivammo sotto un ponte, si attaccò con le spalle al muro, mi tirò nuovamente a sé e il bacio continuò più passionale di prima.
“Stringimi..” sussurai..
Lui mi strinse fra le sue grandi braccia.
Presi la scatola e la lanciai a terra, questo non doveva essere un gioco. Questa doveva essere la realtà. Una cosa così bella non poteva essere condizionata, questa volta dovevamo scendere dalla giostra.
Ci staccammo per qualche secondo. I suoi occhi brillavano più del solito, era così bello.
“Amami..” sorrisi
Lui poggiò di nuovo le sue labbra morbide sulle mie
“Gioco” ansimò.
Non potevo credere che l’avevo detto.
Lo bloccai mentre tentava di ribaciarmi.
“è un gioco per te?”
“No.. Una sfida, tu l’hai lanciata”
“Bè se l’ho lanciata, tu non l’hai presa al volo” mi staccai dal suo petto “Mi dispiace, hai perso l’autobus”
Me ne andai cercando di trattenere le lacrime, piangere non era da me e di certo non avrei pianto per lui.

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Capitolo 3
*** Run, run, run ***


Camminavo per le strade buie di Doncaster, illuminate solo dalla luce fioca di qualche lampione sparso qua e la. Era una di quelle sere che volevo andare via, scappare lontano da tutti, in primis dalla mia famiglia. Era uno di quei momenti che hai bisogno dell’aiuto di qualcuno, ma quel qualcuno non c’è. Dovevo cavarmela da sola, come sempre.
Tenevo un’andatura lenta, erano minuti, forse ore che stavo camminando, ma non avevo nessuna intenzione di tornare a casa. Ennesima discussione. Sapevo che mio padre era violento, ma non aveva mai osato toccare né sfiorare le sue figlie, non fino a quella sera.
Mia madre, nonostante la sua continua depressione lavora, ed è l’unica in famiglia, a parte me, che uso i soldi che guadagno per pagarmi l’università.
Da quando ero piccola ad ora, nemmeno la mia situazione in famiglia era cambiata, e se era cambiata lo aveva fatto di certo in peggio e non in meglio. Papà, come al solito, tornava a casa ubriaco la mattina usufruendo della maggior parte dei soldi che mamma portava a casa. Mamma aveva cominciato a reagire, dopo la violenza di mio padre e ogni volta che lui rientrava si tiravano le prime cose gli passavano sotto mano.
Sono uscita di casa sia per evitare di ritrovarmi un bernoccolo per colpa di quei due, sia perché sono stanca, stanca di tutto, ogni giorno è una litigata continua e l’unica persona di cui avevo bisgno in questo momento non c’era.. ancora non lo avevo perdonato.
 
Stavo tornando a casa scalciando un sassolino che mi sono portata appresso fin dall’inizio della mia passeggiata notturna, arrivata al portone gli dovetti dire addio. Tirai un sospiro e cominciai a salire le scale sperando che avessero finito di litigare, mi bloccai sul pianerottolo di casa.
“Charlie..”
Dopo un anno senza vederlo né sentirlo, Louis era lì, in piedi davanti a me. Le urla dei miei genitori echeggiavano per le scale. Dovrei essere felice nel vederlo, in realtà sono furiosa. Non doveva venire qui, non doveva sentire tutte le maledizioni che i miei si stanno urlando contro, non volevo fargli pena, perché è proprio così che mi guardava, come se avesse compassione per me.
“Cosa sei venuto a fare?” chiesi fredda.
“Ti stavo cercando” tirò fuori la scatola da sotto il giaccone.
Dall’ultima volta era rimasta a lui, anche se in realtà era il mio turno.
“Puoi tenerla, non la voglio”
“Perché non mi hai mai detto niente?” accennò con la testa verso la porta di casa mia.
“Non sono affari che ti riguardano.. Ma adesso che stai sentendo presumo che ti starai divertendo, ora sai tutto no?”
“Charlie, ascolta..”
“Ti avevo proibito di venire qui!” gli urlai contro “Era nel gioco!”
Cominciai a scendere velocemente le scale, lui con un salto mi fermò.
“Me ne frego del gioco Charlie!”
“Io NO!
“Senti.. andiamocene via, io e te, possiamo scappare da soli..”
“Per fare cosa? Non sei il principe azzurro, non voglio la tua pietà fila via da solo!”
“Charlie..” riprese la scatola “Perdonami.. giochi o non giochi?”
“Vattene” scandii le parole con un filo di voce, sentivo le lacrime arrivare.
Finì di scendere la rampa di scale, arrivato all’ultimo gradino si girò verso di me, i suoi occhi color ghiaccio erano spenti. Raggiunse di nuovo il gradino dove ero rimasta immobile, si chinò e lasciò la scatola dei giochi accanto i miei piedi, sussurrò un “mi dispiace” e se ne andò. Mi lasciai scivolare addosso alla parete, finchè non mi ritrovai seduta per terra accanto all’oggetto che aveva provocato tutto questo.
Aspettai di sentire lo sbattere del portone, segno che Louis era uscito dal palazzo, per iniziare a piangere. Non volevo che lui mi sentisse, non volevo che lui sapesse.


Spazio autrice
Buuonasera a tutti! Allora intanto volevo ringraziare le persone che hanno letto, recensito e seguito la mia storia e scusarmi se nel capitolo prima non ho messo lo spazio autrice, stavo facendo i compiti di Tedesco e per la fretta me ne sono totalmente dimenticata! ç_ç
Lo so questo capitolo è un po' corto, vediamo Charlie in crisi con se stessa e Louis che le chiede perdono. Riuscirà Charlie a perdonarlo? E soprattutto dopo quanti anni?
Sarei felice se lasciaste un piccolo commento o una recensione. Cercherò di aggiornare il prima possibile! Stay tuned!

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Capitolo 4
*** Stay,Forgive me, I Love You.. ***


Ci misi due anni per perdonarlo, forse una delle sfide più dure che mi aveva lanciato.
Dopo l’ultima volta che vidi Louis, io e mia madre decidemmo di trasferirci da mia sorella e suo marito lasciando papà da solo che non si è nemmeno scomodato di fermarci.
Oggi dopo due anni, decisi di perdonare Louis. Presi un vestito dall’armadio di mia sorella, bianco con i fiori rossi, leggero, nulla di eccezionale. Non avevo mai indossato un vestito, e questo era un modo per dimostrare a Louis che ero in un certo senso cresciuta, presi la scatola e uscii di casa, non sapevo bene cosa gli avrei detto, solo non vedevo l’ora di rivederlo.
 
Eccomi davanti la biblioteca, a detta di suo padre, doveva essere qui a studiare. Entrai, sembrava la classica biblioteca stile Hogwarts, e passato il grosso bancone all’ingresso cominciai a cercare fra i banchi il mio moro con gli occhi di ghiaccio.
Eccolo, terzo banco a sinistra chino su due, tre libri e di tanto in tanto annotava qualcosa o mordicchiava la penna fermandosi a pensare.
Cominciai a farmi un discorso mentale su quello che avrei voluto dirgli, senza essere né troppo dolce né troppo dura, solo me stessa. Doveva capire che ce l’avevo ancora con lui, ma in realtà l’avevo perdonato un minuto dopo. Il battito del cuore accellerava e la lunghezza del mio respiro aumentava man mano che invece la distanza con lui diminuiva.
Il discorso che mi ero creata andò in frantumi non appena posai la scatola sul banco e alzò gli occhi su di me. Erano spenti come l’ultima volta.
“Ciao” mi salutò freddo.
“Ciao..” risposi con un filo di voce.
Improvvisamente non ero più sicura di niente.
“Louis..” cominciai, ma mi interrompè subito.
“Sei venuta per ripassare?”
“Non immagini quanto..” in realtà non credo di aver capito bene il senso della domanda.
“Non ora”
“Quando allora?”
“Ripassa tra un anno.. Mi dispiace” tagliò corto lui.
“Risparmia i ‘mi dispiace’” a quanto pare dopo due anni non era cambiato nulla, il solito bambino, ma infondo era questo quello che voleva fare da grande.
Presi un libro fra le mani “Ah psicologia, allora ti piace davvero”
“In realtà non abbiamo mai parlato del mio e del tuo futuro” mi tolse il libro dalle mani.
“Il mio e il tuo? Io spontaneamente avrei detto il nostro ma forse il presente mi bastava.. ma si.. io ci vedevo continuare così per anni, un giro di giostra infinito. Che sciocca..”
“Mi dispiace” sospirò e si rimise a prendere appunti dai suoi libri.
“Certo, mi dispiace Charlie, mi pare di averlo già sentito. In realtà abbiamo parlato del futuro una volta.. ricordi?” notai che avevo attirato la sua attenzione “Non ci eravamo poi sbagliati.. tu continui a essere un bambino e io mi preparo a diventare un dolce”
Lo lasciai lì senza dargli il tempo di replicare e da quello che mi era sembrato nemmeno ne aveva intenzione, percorsi il corridoio stretto dell’uscita ma una voce mi bloccò.
“Resta”
“Non ho voglia di farti perdere tempo”
“Non dire stronzate!” mi girò per un braccio attaccandomi al muro.
I suoi occhi ghiaccio cominciarono a scurirsi.
“Vai a studiare, anche io ho parecchi esami da fare” cercavo di mantenere una voce dura e il contatto con i suoi occhi.
Verde contro blu.
“Cosa studi?”
“Studio gli uomini”
“Ah..” boccheggiò appoggiando una mano sulla parete “Hai scelto sociologia”
“Non ho detto l’umanità ma gli uomini” lo presi per il colletto della polo e lo avvicinai a me fino “I maschi.. capisci? E ho molto da ripassare” sussurrai vicino le sue labbra.
“Approfittane, sei in biblioteca, qui puoi imparare molto.. giochi?” mi soffiò sulle labbra per poi sfiorarmele.
“Gioco”
Abbassai lo sguardo solo per vedere dov’era la cintura dei suoi pantaloni per poi sganciarla, vidi Louis che cominciava a guardarsi intorno preoccupato, forse non si aspettava che lo avrei fatto davvero.
“Charlie.. lascia stare, stiamo esagerando” balbettò.
“Perché? È solo una sfida. Dai, torna a studiare” lo spinsi via “Ci vediamo fra un anno”
Me ne andai, questa volta riuscii a raggiungere l’uscita e arrivare quasi alla fermata dell’autobus prima di essere fermata nuovamente.
Mi prese la mano per farmi girare, non bruscamente come prima, questa volta fu delicato.
Silenzio.
“Si?”
Si grattò la testa guardandosi intorno.
“Sai cosa voglio dire”
“No, non lo so. Dillo..”
Avanti Louis, dimmi che mi ami, dimmelo.. Io non oso dirtelo per prima ho troppa paura che tu creda che sia un gioco.
“Non è facile..” comiciò, si guardava nervosamente intorno in cerca delle parole.
“Non può aspettare un anno?”
Non disse nulla, si infilò una mano in tasca in cerca di qualcosa.
“Tieni” disse una volta che aveva trovato ciò che stava cercando "Sii prudente noi tuoi studi”
Mi porse un preservativo.
“Cerchi di farmi male? Lascia perdere, scommetto che non ci riesci
Dovevo essere io la più forte.
Andai verso la fermata dell’autobus, tutto quello che volevo in quel momento era stare lontano da lui.
“Mi aspetterai?” chiese alzando un po’ il tono della voce affinchè io lo sentissi.
“è il gioco?”
“No..” scosse la testa
“Lo saprai tra un anno”
Arrivò l’autobus, sia io che lui avevamo lo sguardo fisso sui nostri visi, aspettai fino alla fine che mi dicesse qualcosa, due stupide parole e io sarei rimasta lì per sempre, ma quelle parole non arrivarono.
 
LOUIS POV
Charlie ti amo! Ti prego scendi!”
Ecco qui, mi ritrovai come un cretino a correre dietro un autobus, che conteneva forse la donna della mia vita, in mezzo alla strada con una macchina dietro di me indecisa se mettermi sotto per porre fine a questa scena patetica o rallentare per vedere come sarebbe andata a finire.
Come vuoi che vada a finire? Male, quelle maledette parole, perché non mi sono uscite prima? Perché adesso mi ritrovo a urlarle ad un autobus che sfreccia per le strade di Doncaster? Come passare dallo studio per un futuro all’errore più grande della tua vita in pochi minuti.
Avrei dovuto urlare quelle cose molto prima, non avrei dovuto aspettare tutti questi anni, non avrei dovuto aspettare che lei salisse su questo fottuto autobus. Gridai con tutto il fiato che mi era rimasto nei polmoni.

“TI AMO!”
Vidi Charlie girarsi dal finestrino, non vorrei sbagliarmi ma i suoi occhi erano lucidi, la vidi appoggiare una mano sul vetro e fare cenno di no con la testa.
Avrà capito?
Le gambe cominciavano a cedere, ma non potevo rallentare, dovevo tenere duro fino alla prossima fermata, dovevo.. ma non l’ho fatto. Mi fermai in mezzo alla strada con un coglione che suonava interrottamente il clacson.
“Amico non lo vedi che sono disperato?” gli urlai contro, prima di salire sul marciapiede.
Sono un totale idiota. Sono un totale idiota seduto su una panchina con il fiatone.
Tutto questo non sarebbe successo se non avessi cercato di mascherare i sentimenti che provo per lei.
Non sarebbe stato più facile prenderla fra le braccia e sussurrarle tutto quello che sentivo dentro? Dirle che quando la vedo sento il mio cuore battere.. battere davvero? Ma no, complichiamoci la vita, come se non fosse stata già complicata di suo.
Torno a ripetere, che cretino. Avevo di nuovo perso l'autobus.

Spazio autrice
Salve! :) Come state? Io sono distrutta.. la scuola mi sta uccidendo lentamente ç_ç Ma parliamo di cose serie. Allooora devo dire che questo capitolo mi piace, mi sono divertita soprattutto a scrivere la parte di Louis :3
Com'è difficile dichiarare i propri sentimenti.. a chi non è mai capitato? Da soli sembra una cosa così stupida.. poi quando ti ritrovi davanti la persona che ami quell'unico neurone che sembra essere sopravvissuto va a farsi friggere esattamente come gli altri.
Tornando alla storia, riusciranno Charlie e Louis a dichiararsi finalmente o dovranno realmente aspettare un anno?
Cercherò di aggiornare il più presto possibile :)) Intanto volevo ringraziare tutti quelli che continuano a seguire la mia storia e a chi recensisce anche solo con un "ciao" gli regalo un biscotto :3 Ahahah davvero.. Mi farebbe piacere sapere i vostri pareri buoni o cattivi che essi siano :))
Ok scappo che mi sta venendo uno "spazio autrice" più lungo del capitolo e Il Gladiatore sta ricominciando.
Stay tuned. Peace&Love <3 <3

 

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Capitolo 5
*** I think I wanna marry you ***


“Un tramezzino, un cappuccino e una cioccolata calda” ordinò il ragazzo seduto al tavolo
“Basta così?”
"Sì grazie"
Mi diressi dietro al bancone del bar per svolgere l’ordine. Presi un tramezzino e lo misi nel tostapane, intanto iniziai a preparare cappuccino e cioccolata calda. Sentii qualcuno avvicinarsi al bancone.
“Arrivo subito, arri..”
Il mio cuore perse un colpo. Mi ritrovai un paio d’occhi celesti su un viso fin troppo famigliare abbellito da un sorriso sincero e smagliante. Sorrisi.
“Hai un vestito da sera?” mi chiese come se ci eravamo visti qualche ora prima.
“Non ho neanche una sera”
“Bèh ti offro entrambi, devo chiederti una cosa molto importante”
“Che cosa prendi?” feci finta di niente.
Ci pensò “Un caffè e..”
“Un caffè e basta” lo fermai stizzita tornando a fare quello che avevo lasciato precedentemente.
Mi dava fastidio che era venuto qui come se niente fosse, come se non fosse successo niente tra di noi e invitarmi a cena. Non sono un pupazzo che può controllare a suo piacimento e non sono una di quelle ragazze che basta che lui sbatta gli occhioni scuota la chiama e con qualche battutina, la danno via come fosse un pacchetto di patatine.
Mi seguì poggiandosi sul bancone in marmo davanti a me.
“Possiamo parlare?”
“No” risposi secca “Non riesco a parlare con persone che indossano questo paio di pantaloni e queste scarpe.. dai da quando sei così elegante? E.. scusami ma hai fatto un abbinamento orrendo” cercai di perdere tempo dicendo cose senza senso.
“Cosa? Non posso toglierle..”
“Come vuoi, credevo che volessi parlare.." feci spallucce "Sennò il Lunedì finisco alle 19.00 passa più tardi”
Presi il tramezzino dallo scalda toast e lo misi nel piatto mentre aspettavo che la cioccolata fosse pronta.
“Ok, torno più tardi” affermò dirigendosi verso la porta.
“Sì.. No.. scusa no, dopo ho un appuntamento”
Finalmente la cioccolata era pronta.
“Con chi?” mi chiese piegando la testa su un lato.
“Non sono affari tuoi” borbottai mentre portavo l’ordine al tavolo passandogli davanti.
Si lasciò scappare una risatina più simile ad uno sbuffo.
Tornai da lui e ripresi il mio posto dietro al bancone.
“Lasciami lavorare.. io nemmeno ci dovrei parlare con te. Mi decocentri.. soprattutto le tue scarpe e i tuoi pantaloni mi deconcentrano”
Non disse nulla, mi girai per mettere apposto le tazzine che erano state appena lavate dalla mia collega. Quando mi rigirai trovai le scarpe sopra un pantalone arrotolato sul bancone e Louis in boxer. Scoppiai a ridere.
“Non sei divertente” mi tolsi il grembiule, presi le mie cose e mi avviai verso l’uscita.
“Dove vai?” mi chiese incerto.
“Il mio turno di lavoro per oggi è finito” risposi fermandomi sulla porta dandogli le spalle.
“Non hai detto che il Lunedì finisce alle 19.00?” chiese confuso controllando l’orologio.
“Ma è martedì” mi girai facendogli la linguaccia e me ne andai di corsa.
“Charlie fermati dai!” sentii Louis chiamarmi.
Mi voltai verso di lui e lo vidi correre, ancora non si era rimesso i vestiti addosso, com’era buffo.
 
Alla fine mi ero convinta a parlare con lui e dopo una lunga chiacchierata accettai l’invito a cena, ero proprio curiosa di sapere cosa si è inventato questa volta.
Mi aveva portato in un ristorante molto elegante sulle rive del Tamigi a Londra. Mi stava raccontando tutto ciò che gli era successo durante questi anni e io mi limitavo a guardarlo, Dio se era bello. Il viso da bambino aveva lasciato posto ad un viso da uomo con barba e baffi appena accennati, gli occhi ghiaccio, i soliti occhi ghiaccio, i più belli che abbia mai visto e i capelli costantemente spettinati che gli ricadevano sulla fronte.
“Hai qualcuno?” mi chiese all’improvviso.
“Cosa?” scossi la testa.
“C’è qualcuno? Nella tua vita intendo” ripetè.
“O nel mio letto?” alzai un sopracciglio “Perché me lo chiede?”
“Così, per sapere. Una semplice dialettica conflittuale nei problemi di cuore”
“Dialettica conflittuale? Addirittura?” da quando in qua usava questi paroloni “Due chiacchiere non vanno bene?”
Prese in mano il tovagliolo ben piegato sulla tovaglia.
“Allora.. Sei innamorata?” disse con voce calda senza staccarmi gli occhi di dosso.
Sorrisi imbarazzata abbassando lo sguardo.
“Non ci credo.. Charlie Desiderio imbarazzata, mi sono perso veramente tanto in questi anni" si passò una mano fra i capelli "Puoi anche non rispondere se vuoi” aggiunse.
Ok Charlie, mantieni la calma.
“Non c’è nessuno nella mia vita se è questo quello che vuoi sapere” alzai lo sguardo “o almeno nessuno che possa cambiare a mio piacimento”
Quando eravamo piccoli avevo confessato a Louis che mi sarebbe piaciuto diventare un dolce, appunto perché i dolci piacciono a tutti, e così è stato. Quasi ogni settimana cambiavo ragazzo, non sono mai stata con un ragazzo per più di un mese. Non ho mai voluto.. nessuno mi ha fatto perdere realmente la testa, nessuno era in grado di farmi battere il cuore come il ragazzo che ora avevo seduto di fronte. Non lo avevo dimenticato, non sono mai riuscita a dimenticarlo.
“Si chiama Alvin, è un calciatore Americano. L’ho mollato stamattina”
“E da stamattina nessun altro?” mi chiese malizioso.
“Oh.. Il portiere, il suo amico, un cliente del bar, due tre uomini presi a caso per la strada, niente di serio”
Mi guardò sorridendo, non disse nulla, sorrideva solo.
La nostra cena era una provocazione continua.
Mi guardai intorno per un attimo erano tutti vestiti in modo elegante, l’ambiente era ricoperto da una luce fioca e calda allo stesso tempo e una musica soft, pianoforte per la precisione.
“Che posto chic.. Non mi dirai che vuoi corteggiarmi”
Appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse verso di me
“Ti sembra così impossibile?” domandò mordendosi un labbro.
Abbassai il mio sguardo per poi rialzarlo subito e posarlo oltre la spalla di Louis al tavolo di fianco a noi.
"Hai visto quella ragazza? Indossa lo stesso vestito che avevo io l'ultima volta che ci siamo visti. Quanti anni fa? Quattro?”
Annuì sorridendo.
Eh già erano passati quattro anni dopo l’ultima volta, non uno. Eppure stare qui insieme a lui mi sembra così naturale.
“Le sta molto male però, stava meglio a me.. o avevo un’aria da bambinetta anche io?”
“Dai smettila, nemmeno la conosci” questa volta fu lui ad abbassare lo sguardo.
“Nemmeno tu la conosci, che problema c’è?” mi sembrò quasi che si costrinse a curvare la bocca in un sorriso.
“Allora.. tu cosa volevi dirmi? Sei riuscito a laurearti?” cercai di cambiare discorso.
“No..” prese il bicchiere di champagne in mano e io feci lo stesso “Brindiamo a noi, a questo momento e a quello che sto per chiederti”
Appoggiò il suo bicchiere al mio facendolo tintinnare “Sono anni che aspetto di parlartene”
Il battito del mio cuore cominciò ad aumentare, non avevo idea di cosa voleva chiedermi, ma potevo immaginare e quello che immaginavo mi piaceva.
“Di cosa volevi parlarmi?” chiesi bevendo un goccio di Champagne.
“Di me”
“Di te? Non fai altro che parlarmi di te”
“Allora mettiamola così.. volevo parlarti del mio cuore” mi afferrò delicatamente la mano che tenevo poggiata sul tavolo e cominciò ad accarezzarla con il pollice, sentivo le mie guance andare a fuoco.
“Charlie sono innamorato” la sua voce era bassa ma potevo sentirne il calore.
Scossi la testa “Innamorato.. così..”
“No.. non così..” fece una pausa forse in cerca delle parole giuste da dire “Sono anni di silenzio.. vorrei sposarmi”
Istintivamente mi misi la mano libera davanti la bocca per fermare una risata, non potevo fare a meno di ridere imbarazzata come una cretina.
“Ti va bene?”
“Cosa mi stai chiedendo?” presi un altro sorso di Champagne “Se gioco?”
Feci una pausa pensando a quando io e Louis eravamo piccoli.
“Ricordi quano eravamo al matrimonio di mia sorella, ti dissi di dire ‘no’ davanti al prete e tu avevi detto gioco”
“E oggi tu cosa dici?”
“Tu.. tu davvero vuoi sposarti?” balbettai.
“Ho bisogno di te per questo” tutto un tratto si fece serio
Nel ristorante cominciò a fare improvvisamente caldo.
“Giusto.. giusto.. è difficile sposarsi da soli”
La mano libera di Louis cercò qualcosa nella tasca della sua giacca, ne tirò fuori una scatoletta nera di velluto. Stava per chiedermi quello che nessuno dei due aveva avuto il coraggio di dire anni e anni fa.
Mi posò la scatola fra le mani “Te li affido fino al giorno delle nozze”
Aprii la scatoletta, all’interno c’erano due fedi adattate su un cuscino rosso, anch’esso di velluto.
“Senti.. io..” non sapevo veramente che dire, mi aveva lasciata senza parole e non so nemmeno se ero pronta ad affrontare una cosa del genere, ma con lui accanto, forse sarei riuscita ad affrontare il mondo.
“D’accordo?” insistè lui, la sua voce dolce in un sussurro.
Mi limitai a fare cenno di sì con la testa.
Louis si alzò improvvisamente dalla sedia “è d’accordo! Ha accettato!” urlò e diede il via ad un applauso, io ero rimasta seduta cercando di mantenere un certo contegno.
“Sarai la mia testimone di nozze”
Cosa? Fermi tutti, ho sentito bene? Ha detto ‘testimone di nozze’?
Si inchinò su di me, mi mise un braccio intorno al collo e mi diede un bacio sulla guancia.
“Grazie Charlie. Ora ti presento la mia fidanzata.. si chiama Christine, bel nome no?”
“No!” risposi secca e abbastanza incazzata.
“Ha lo stesso vestito che indossavi tu”
Annuii come una stupida.
“Glie l’ho regalato io” mi guardò negli occhi, i suoi color ghiaccio erano diventati scuri e ridotti a due fessure “Hai scommesso che non sarei mai stato in grado di farti male.. Gioco!
Levò il coperchio dal vassoio che avevano appena portato. Conteneva la nostra scatola.
Gurdai quella scatola con tutto il disprezzo che avevo in corpo.
“Regalo.. siamo pari adesso”
Di nuovo verde contro blu.
Era difficile da dire chi dei due in quel momento stesse odiando di più. Mi sentivo una cretina ad essere cascata nella sua trappola una totale deficiente. Ero seduta, incredula, impassibile, incapace di avere qualunque reazione. Mi aveva trafitto, ci era riuscito, mi stava facendo male, i suoi occhi erano come lame di ghiaccio che mi passavano da parte a parte colpendo dritto al cuore, ma non glie l’avrei data vinta. Quanto sono stata stupida, come ho potuto anche solo per un secondo credere che quel maledettissimo gioco iniziato da bambini poteva essere messo da parte, se sapevo che avrebbe condizionato così le nostre vite sarei scappata. Quello che volevo fare in questo preciso istante, alzarmi e scappare, urlare con tutta la forza che avevo in gola. Ma non potevo, dovevo reggere quelle lame.
Arrivò una ragazza tutta di corsa alle spalle di Louis, la stessa ragazza che aveva il mio vestito. Christine.
“Allora ci presenti adesso?” disse abbracciando Louis e rivolgendomi un grandissimo sorriso.
Mi alzai e cercai di risultare il meno falsa e in collera possibile.
“Certo” affermò Louis “Christine, Charlie.. Charlie, Christine. Il mio futuro e il mio passato” sottolineò l’ultima parola alzando leggermente la voce. Come lo odiavo in questo momento.
“Scusatemi un attimo” presi la scatola poggiata al tavolo, afferrai la mano di Louis e lo trascinai fuori.
Mi poggiai alla rindiera e scaraventai il più forte possibile la scatola nell’acqua, la guardai affondare nell acque scure Tamigi illuminato solo dalle luci della notte, guardai Louis con cattiveria, pura cattiveria e me ne andai via a testa alta.
Louis Tomlinson sappi che non finisce qui, arriverà la mia vendetta puoi starne certo.

Spazio Autrice:
Buonasera gente! :3
Intanto voglio condividere la mia gioia con voi. Finalmente dopo cinque e ripeto CINQUE tentativi.. Sono riusciti ad occupare la mia scuola 'yeeeeh'! Cosa vuol dire questo? Vuol dire vacanze anticipate di Natale, relax, dedicare più tempo alla mia e alle vostre FanFiction.. Ah e ovviamente la cosa più importante, con questa occupazione mi hanno salvato il culo da parecchi compiti e interrogazioni.. scusate la finezza :3
Poi avevo in mente la malsana idea di cominciare a pubblicare i primi capitoli di un'altra FanFic scritta anni luce fa e mai finita ahah sarà sempre sui ragazzi, solo che saranno presenti tutti e cinque. Ne avrei anche altre due su Harry Potter ma.. vabbè poi ci penso senza che sto qui a rompervi la fava e iniziare un monologo-
Sulla storia.. l'inizio di questo capitolo l'ho scritto random e non è che sia molto soddisfatta di come mi è venuto. Verso la fine però c'è un colpo di scena *rullo di tamburiii* Louis vuole sposarsiii! Ok no..
Cosa prevederà la vendetta di Charlie? Riuscirà a riconquistare il moro dagli occhi di ghiaccio?
Recensite, mandatemi a quel paese.. In ogni caso continuo a regalare biscotti a chiunque lo farà :3
Stay tuned! Alla prossima xx

 

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Capitolo 6
*** 'Cause I can love you more than this ***


Il giorno delle nozze di Louis era arrivato, e con esso anche la mia vendetta.
Ero la testimone dello sposo, ma poco mi importava, arrivai a cerimonia iniziata, presi il mio posto e poggiai delicatamente la scatola sul mattonato della Chiesa mentre Christine stava per pronunciare il fatidico “sì” che l’avrebbe legata per sempre a Louis, il mio Louis.
Ora ers la volta Louis.
“Vuoi tu Louis William Tomlinson” mi chinai e diedi una spinta alla giostra facendola rotolare fino ai piedi di Louis. Abbassò lo sguardo per poi girarsi verso di me e lanciarmi un’occhiataccia.
“.. per amarla e onorarla finchè morte non vi separi?”
Era ancora girato verso di me, adesso la sua espressione sembrava confusa, gli mimai un “NO” con le labbra compiaciuta.
“Louis, ragazzo!” lo richiamò il prete “Stiamo aspettando tutti una tua risposta”
Si girò verso il prete per poi ritornare a me. Fece un cenno di dissenso e mentre il prete pronunciava la domanda per la seconda volta disse quel fatidico sì.
“Sì.. lo voglio!”
Feci fatica a ingoiare il groppo che mi si era formato in gola, non potevo credere che aveva spezzato il gioco, non potevo credere che avevo perso il mio migliore amico, non potevo credere a niente in quel momento, non potevo nemmeno immaginare Louis al fianco di un’altra donna.
Sentìì Christine singhiozzare, sul suo volto si poteva leggere l’ansia e la paura che provava in quel momento.
“Magnifico!” esultò il prete “Se qualcuno conosce una ragione..”
“IO!” mi alzai in piedi urlando.
Maledetto istinto, non volevo che Louis si sposasse, ma non volevo nemmeno rovinargli la vita. Chiedevo semplicemente di essere amata, chiedevo solo un po’ di coraggio da parte di Louis, quel coraggio che non ha mai avuto.
“Io mi oppongo a questo matrimonio” sentii le lacrime spingere per uscire, ma no, non mi aveva mai vista piangere e non gli davo questa soddisfazione in questo giorno.
Louis e Christine si girarono sconvolti verso di me.
“Louis è già impegnato con me!”
Il padre di Louis cominciò a sbraitare “Non c’è modo di liberarsi di lei! Louis buttala fuori!”
Se prima era solo una supposizione, oggi ne avevo avuto la conferma, il padre di Louis mi odiava.
“Louis.. diglielo” supplicai “Giochi o non giochi.. Louis”
Si avvicinò a me bloccandomi le braccia.
“Louis non hai ancora superato la morte di tua madre, non hai potuto amarla e tuo padre non ti ha mai amato. Quante volte avresti voluto ucciderlo ma non l’hai fatto? Quante volte ti ha messo le mani addosso? Quante volte sei rimasto in silenzio? Ti ha manipolato.. sei solo lo spettatore e non l’artefice della tua vita”
A differenza di me, Louis, si era sempre fatto mettere i piedi in testa da suo padre. Dopo la morte di sua madre, poteva contare solo su di me. Quando eravamo piccoli ogni giorno veniva a scuola con un livido diverso, lui mi raccontava che se li procurava sbattendo ai più svariati oggetti: tavolo, sedie, sportelli.. ma io sapevo benissimo che mi stava mentendo, chi era la fonte del suo dolore. Era forte a suo modo, ma non abbastanza forte da saper prendere delle decisioni tutto da solo. Pensate veramente che la laurea che ha preso sia stata tutta opera sua? Che voleva davvero prenderla? Pensate che voleva realmente sposare questa ragazza? Molto carina, per carità, ma non ero io.
“Adesso basta!” suo padre si stava dirigendo verso di me in modo minaccioso, Louis mi si parò davanti “Papà fermo!”
“Ascoltami bene Louis, guardami bene è l’ultima volta che vedi tuo padre! Mi hai sempre preso in giro.. ma ora è finita! Finiti i giochi, finite le umiliazioni.. a partire da oggi tu non esisti più” sottolineò le ultime tre parole con forza e rabbia prima di abbandonare la Chiesa.
Louis mi oltrepassò, con la testa bassa dandomi una spallata per raggiungere Christine.
“è una bugiarda” sentii dire “è solo una gioco.. uno stupido gioco
Che cretina che sono, mi ero dimenticata che lui era il bambino e io servivo solo per giocare.
 
LOUIS POV
Ero incazzato nero. Che bastarda, che magnifica bastarda. Come amica è il massimo, ammettetelo è fantastica.
“Louis! Louis ci sei?” gridava.
Ero riuscito a raggiungerla all’esterno della Chiesa, dopo aver tranquillizzato Christine, e l’avevo portata su delle rotaie di un treno. Ora era impiedi lì in mezzo, avvolta nel suo bel vestito rosso porpora con una benda sugli occhi, la scatola ai suoi piedi, mentre io ero seduto poco distante da lei.
È fantastica. Sempre pronta ad affrontare qualisasi cosa, qualsiasi tipo di sfida.
“Dai era solo uno scherzo! Un gioco da bambini!” continuava a gridare.
Ma questo non toglie che ero incazzato nero con lei. Con mio padre. Con il mondo.
“Louis?!” sbuffò “Cos’è un matrimonio infondo? Bei vestiti, la perdita di un sacco di soldi, un po’ di Champagne.. dai metti i dolci in frigo e sei apposto! Io ho fatto così, li ho messi tutti in frigo! Louis?”
La guardai incrociare le braccia.
“Vi amate.. è questo che conta no?” continuò.
Sentii il fischio del treno e lo vidi arrivare in lontananza, lei era proprio in mezzo alle rotaie e non poteva muoversi, era il gioco. Finchè non glie lo ordino io, lei non può muoversi.
“Louis dai! Sarò una testimone perfetta la prossima volta!” implorò con l’innocenza di una bambina.
Non lo era mai stata, nemmeno quando era piccola risultava essere innocente.
A quanto pare ancora non aveva sentito il fischio del treno che avanzava velocemente sui binari.
Il treno fischiò una seconda volta.
“Che succede?” chiese improvvisamente bloccandosi.
Non so come faceva a non perdere la calma.
“Louis mi posso muovere?” cominciò a girare la testa a destra e a sinistra.
Dai Louis, dille che si può muovere, cretino la stai facendo ammazzare! Perché non parli?
Le distanze fra il treno e Charlie diminuivano in fretta.
“Dimmi stop Louis! Non fare cazzate!”
Girai la testa dall’altra parte, perché cazzo non parlo? Non voglio ucciderla, voglio solo fargliela pagare. Vediamo se ha veramente le palle di rompere il gioco.
La vidi portarsi le mani sulla benda, togliersela e voltarsi appena in tempo per vedere che mancavano pochi centimetri e il treno l’avrebbe messa sotto. Si spostò dal binario con un balzo.
Mentre il treno passava mi guardò come non mi aveva mai guardato prima, nemmeno quando le ho annuciato del matrimonio mi ha guardato con tanto odio e disprezzo, il suo respiro era regolare, non lasciava trasparire nemmeno un po’ di paura o di spavento.
“Vai all’inferno!” le dissi duro.
“D’accordo.. ma tu verrai con me” dopo che il treno fu passato tornò sui binari a raccogliere la scatola “Non ci vedremo per dieci anni.. Giochi?”
Fissai i suoi occhi, volevo ricordarmeli, dieci anni era un tempo troppo lungo, ma cosa dovevo fare se non guardarla andare via delusa.
 
CHARLIE POV
Mi stava quasi per ammazzare! Cercai di percorrere quelle maledette rotai il più in fretta possibile per raggiungere una strada a me e famigliare, ma con i tacchi era un’avventura.
L’avevo perso per sempre, dieci anni.
In dieci anni lui si costruiva una famiglia e io? Io non avevo niente, e non volevo avere niente se non era con lui, ma non potevo nemmeno rimanere sola per il resto della vita. Non volevo fare la fine di quelle zitelle con la casa piena di gatti solo per un mio capriccio, la vita va avanti, vuoi o non vuoi devi sempre viverla.
Non mi restò che tornare a casa di Alvin, il calciatore. Con lui avevo una casa, i soldi e qualcuno su cui affidarmi o sfogare le mie frustrazioni e perchè no, potevo anche costruirmi una vita ed essere felice, non si sa mai, dieci anni sono un tempo abbastanza lungo.

SPAZIO AUTRICE
Buuuongiorno b
ella gente! :D Intanto grazie a chi continuare a seguire la mia storia e grazie anche a chi la recensisce *-*
Non ho idee su che titolo dare a questo capitolo.. spero che mi venga in mente mentre scrivo qui ç_ç
Allora cosa abbiamo qui? Come da aspettarselo Charlie ha provato a bloccare Louis, ma altro colpo di scena Louis finalmente rompe il gioco.. doveva essere veramente incazzato per fare una stronzata così colossale, sì io tifo per Charlie (go Charlie gooo!). 
Vi anticipo che il prossimo capitolo l'ho scritto ieri sera e mi piace tantissimo *w*
Continuate a recensire che io continuo a distribuire biscotti e niente.. Stay Tuned! xx <3

 

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Capitolo 7
*** Over Again ***


LOUIS
Gioco.
Uno a zero palla al centro per Charlie. Vinceva come sempre.
Da quel giorno un incubo, niente.. più niente per dieci anni. Più niente per 3652 giorni e 3653 notti. Io e i numeri non siamo mai andati d’accordo come adesso.
Finito il gioco, finito il pepe della mia esistenza. Ho sbagliato tutto nella mia cazzo di vita.
Charlie aveva ragione, non ho fatto altro che guardarla scivolare via senza prendere una fottutissima decisione. Cazzo, tornassi indietro mi prenderei a bastonate.
Sono un uomo, sbaglio, è normale ma non così. Una cosa che dovevo fare non l’ho fatta.
Ve l’ho mai detto che sono un cretino? In caso ve lo ricordo, così, giusto per umiliarmi ancora di più.
“Ci vediamo tra 10 anni”
Con quelle parole Charlie mi aveva distrutto, ucciso, fatto resuscitare e ucciso di nuovo, fregato, rovinato.. Posso continuare all’infinito.
Alla fine mi sono dovuto rassegnare alla mia vita: l’amore, la famiglia, il lavoro, il cane, il gatto, perfino i pesci rossi, l’antenna parabolica rotta, il cesso intasato..
La solita vita di merda.
 
“Louis butta la mondezza!” mi ricordò Christine dalla cucina mentre io uscivo in tutta fretta da casa per evitare di fare tardi al lavoro.. di nuovo.
Avevo quasi raggiunto la mia macchina, quando la voce di Christine mi richiamò una seconda volta.
“Louis la valigetta”
Tornai indietro di fretta per prendere la valigetta.
Appena toccai lo sportello della macchina la voce di mia moglie mi richiamò, di nuovo.
“Louis il bacio”
Ah giusto, la solita routine.
Con Charlie un vaffanculo, detto con amore e già ero andato. Ma lei non era Charlie.
Tornai indietro nuovamente, e stampai un bacio sulle labbra a Chrisitne che era apparsa sulla soglia di casa.
Mi avviai per la terza volta verso la macchina e da dietro al cespuglio del giardino spuntarono due piccole pesti i miei bambini: il maschio Kevin e la femmina.. bèh la femmina Charlie.
Cercai di prenderli in braccio tutti e due, ma con un pessimo risultato.
“Allora.. Chi arriva primo alla macchina.. Pronti? Via!”
Li vidi correre per poi litigare su chi fosse arrivato per primo.
“Siete pari.. oggi porterò un regalo a tutti e due” dissi accovacciandomi alla loro altezza.
“Papà! Papà! Il regalo per la mamma?” chiese Charlie euforica.
“Shh abbassa la voce” presi le mani della mia bambina “è il regalo per l’anniversario di matrimonio.. terrete il segreto?” rivolsi uno sguardo ad entrambi.
Annuirono energicamente incrociando le dita.
Aprii lo sportello della macchina presi un mazzo di fiori dal cruscotto e lo diedi a Charlie.
“Tieni, questo è per la mamma. Glie lo daremo questa sera, non fateglielo vedere”
Prese i fiori in mano e subito insieme a Kevin si precipitarono dentro casa.
“Mamma! Mamma! Non guardare il regalo di papà!” urlò Kevin saltellando cercando di mettere una manina davanti gli occhi di Christine, la quale era rimasta sulla soglia di casa.
Beata innocenza.
Ecco qui, questo era il quadretto, questa era la mia vita a trentacinque anni.
Avevo tutto: una moglie, due bambini, tre amici, quattro stipendi, cinque ferie, sei anni nella stessa ditta, sette ore di lavoro, otto coiti coniugali per trimestre.. volgarmente dette ‘scopate trimestrali’, nove promozioni e dieci anni senza vedere mio padre.
La felicità, una vita da adulto. Il bambino era cresciuto, avevo fatto tutto il contrario di quello che IO mi ero programmato.
Quindi era questo essere adulti.
Devo ammettere che passavo spesso davanti casa di mio padre, davanti la casa dov’ero cresciuto, davanti la casa che racchiudeva mille ricordi. Per fare cosa?
Cercare di parlare con mio padre, ogni volta la stessa storia: telefonavo, lui rispondeva e io attaccavo. All’incirca quaranta fiaschi del genere
Passavo davanti la casa della mia infanzia come un fantasma.
Senza le persone a me più care la città era cambiata, e anche la morte.
Andavo spesso a trovare mia madre al cimitero, le cambiavo i fiori, mi sdraiavo sulla sua tomba e ci scambiavo due chiacchiere. A volte speravo di poter sentire di nuovo la voce di mia madre.. ore attese invano.
 
“Finalmente sei arrivato!” il mio capo mi corse incontro “Volevi presentarti a Natale forse?”
Ero arrivato sul cantiere con dieci anni.. ehm scusate.. dieci  minuti di ritardo.
Mi presentò velocemente a gli altri imprenditori.
“Allora, mostraci queste carte” disse il capo entusiasta.
Aprii la valigetta per prendere il mio progetto.
“Ci ho messo dieci anni”
“Sei mesi” mi corresse il capo.
“Io cosa ho detto?” chiesi stupidamente.
“Dieci anni” rispose frettolosamente.
“Sì.. volevo dire sei mesi.. questo è il progetto” scrollai le spalle cercando di aprire il foglio, ma una forte folata di vento me lo strappò dalle mani.
Ironia della sorte si andò a posare proprio sul cartellone pubblicitario dov’era stampata quella gran faccia da cazzo.. scusate.. quella gran faccia da figlio di buona donna del compagno di Charlie.
Charlie..
Oggi finiva la sfida, oggi finiva il gioco. Erano passati dieci anni. Dieci anni senza avere sue notizie. Dieci anni in cui mi chiedevo cosa sta facendo? Dove sarà? Mi avrà dimenticato?
Io non potevo dimenticarla. Come scordarla quando.. torno a ripetere, avevo quella faccia da culo del compagno proprio davanti al posto in cui lavoravo.
Era diventato l’eroe nazionale. Il più desiderato dalle mogli.
Alvin, il più sexy secondo le riviste femminili, era diventato capocannoniere dell’anno, degli anni.. era sempre in testa alle classifiche. Non ho mai odiato il calcio come ora.. eppure me la cavavo, potevo fargli il culo a strisce quando volevo.
La vita di Charlie potevo immaginarla.
 
“Odio il calcio” ripetevo a denti stressi seduto sul divanto mentre guardavo la partita e i miei figli mi legavano come un salsicciotto. Odio il calcio.
“Papà lo sai fare questo? E questo? E questo?” Kevin non la smetteva di parlare e saltellarmi davanti.
Lo presi per un braccio perdendo la pazienza “E tu sai mandare all’aria un matrimonio? Sai vivere una vita che non è la tua? Una vita che ti fa schifo? E tacere dieci anni..”
Kevin terrorizzato e smosso dalle mie parole corse in camera sua.
Ecco mia moglie che entra nella stanza e comincia a parlare, parlare, parlare.. Per me è solo un blablabla sentito e risentito, le stesse lamentele, gli stessi pettegolezzi, le stesse storie.. Da dieci anni. L’ho ascoltata solo i primi cinque minuti di questi anni passati insieme.
“Non mi stai ascoltando.. vero amore?” richiamò la mia attenzione.
“No” balbettai mentre cercavo di slegarmi dalle corde.
“Guarda ti è arrivato un pacco”
Presi il pacco fra le mani e grazie al cielo suonarono alla porta.
‘Perché qui e non al lavoro?’ pensai mentre scartavo il pacco.
Per dieci anni avevo vissuto in apnea, una costante attesa. Avete presente quando il cane piscia dove non dovrebbe pisciare e aspetta di essere preso a calci per lo sbaglio che ha fatto? Ecco, io aspettavo di essere preso a calci.
“Sono venuta per i vostri dieci anni di matrimonio”
Sentii una voce provenire dall’ingresso. Possibile che?
Mi alzai lentamente dal mio posto, gli occhi mi erano diventati lucidi, a stento trattenevo le lacrime, il cuore si fermò per un istante, il petto cominciò a far male.
Ecco i calci che stavo aspettando.
Mi affacciai all’ingresso sempre lentamente e vidi una donna di spalle.. Sembrava, poteva essere?
“Louis guarda chi è venuta a trovarti” chiocciò Christine euforica.
“Charlie..” sussurai.
Si girò.. infatti non poteva essere.
“Ah ciao Cloe” balbettai deluso “Scusatemi..”
Che ingenuo. Che fottuto ingenuo. Come ho potuto pensare anche solo per un secondo che lei venisse qui, bussasse alla porta di casa mia.
Notai lo scatolone che mi era arrivato, rovesciato sul tavolo. Il mio sguardo si illuminò, quel pacchetto conteneva la giostra, la nostra giostra. Una nuova partenza, un nuovo inizio dei giochi.
Spostai leggermente lo sguardo, allegato alla scatola c’era un biglietto.
“Giochi o non giochi? Charlie.”
Quattro semplici parole e un indirizzo.
Mi inventai una scusa con mia moglie, e dopo una serie di storie riuscii finalmente a uscire di casa.
Volevo raggiungere Charlie il più velocemente possibile.

SPAZIO AUTRICE
Penso che questo sia il capitolo che mi è riuscito meglio fino ad ora! *-* *si sente soddisfatta*
Come potete vedere è interamente dedicato a Louis e.. KEVIIIIIN! Scusate ma non potevo non chiamare suo figlio così ahahah
I giochi si riaprono, nuova sfida.. Cosa si sarà inventata quella pazza scatenata di Charlie?
Ah volevo dirvi che alla fine mancano due.. massimo tre capitoli. Quindi.. il tempo stringe. Riusciranno questi benedetti ragazzi a trovare un punto d'incontro?
Continuo a ringraziare chi continua (?) a seguire e recensire la mia storia.. a breve vi arriveranno di biscotti :3
Volevo dire un'altra cosa ma mi sono dimenticata.. stupida vecchiaia >.<
Continuate a recensire.. non mi offendo mica! :3
Stay Tuned! xxx <3 

 

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Capitolo 8
*** Live While We're Young ***


CHARLIE POV

Non potevo lamentarmi, avevo una vita fantastica.
Una casa di lusso, i soldi, un compagno bello, premuroso e gentile, il più amato in tutta l’Inghilterra, il più invidiato di tutta l’Inghilterra. Alvin Morrison, capo cannoniere del Manchester Und.
Cos’era andato storto? Gli ultimi dieci anni.
Una vita fantastica non vuol dire necessariamente una vita felice. Non fraintendetemi con Alvin sto benissimo: regali, coccole, carezze.. In realtà un po’ una palla. Non sono mai stata fatta per tutte queste smancerie e lui lo sapeva. A volte pensavo anche che lo faceva apposta a darmi sui nervi.
Io sono più una tipa d’azione, ogni giorno, in ogni ora e ogni minuto devo fare qualcosa di diverso. Bisogna godersela la vita, non sai mai quando potrebbe finire. Come le persone bisogna viversele finchè ci sono, non sai mai quando potrebbero andare via, quand’è l’ultima volta che le vedi.
Non mi mancava niente.
Allora perché ogni notte prima di addormentarmi sentivo un vuoto dentro lo stomaco?  Un vuoto nell’anima.
Stavo vivendo una vita che non era la mia, stavo vivendo con un uomo che non era il mio.
Oggi scadevano i famosi dieci anni più piatti della mia vita e il primo pensiero fu rivolto ovviamente a Louis. Chissà cosa stava facendo con la sua bella moglie adesso? Avrà avuto dei bambini?
Sinceramente non ce lo vedo come padre.
Mi avrà dimenticata? Io di sicuro no.. dovevo trovare qualcosa alla svelta per innaugurare questi dieci anni, per fargli capire non avevo mai smesso di pensarlo, nemmeno un attimo.
Mi venne un’idea geniale.
Alvin era fuori per lavoro, sarebbe tornato stasera sul tardi e i suoi manager potevano darmi una mano. Presi la scatola dei giochi, la infilai in un pacco postale e scrissi un biglietto. Dopo un paio di telefonate sapevo esattamente quale fosse la via di casa Tomlinson.
 
Cominciai a cronometrare il tempo che Louis ci mise per arrivare da me. Nulla di nuovo, cronometrare il tempo era diventato il mio passatempo.. avevo speso dieci anni della mia vita facendo il conto alla rovescia.
Nell’attesa mi misi un vestito lungo rosso da classica bomba sexy, era il vestito più bello ed elegante che avevo. Infine mi sistemai comodamente sul divano con il telefono in mano in attesa..
Cinque minuti dopo sentii il rombo di una macchina parcheggiarsi all’esterno di casa mia e..
Voilà ecco apparire Louis sulla porta che avevo lasciata aperta. Entrò senza dire nulla.
Era bellissimo, esattamente come me lo ricordavo, i suoi occhi splendevano anche al buio.
Cominciai a digitare un numero e feci cenno a Louis di stare zitto mettendomi un dito sulla bocca.
“Pronto polizia?” presi fiato “Il maniaco è di nuovo tornato  è qui a casa mia e…" *TUU TUU TUU* attaccai senza finire la frase.
Louis non disse nulla, mi scrutava attento ad ogni mio movimento.
“Ho preso il tempo.. Ci mettono un minuto per arrivare”
 
LOUIS POV
59
Allora non mi aveva dimenticato. Era così bella avvolta nel suo vestito rosso.
Scoppiai a ridere. Ridevo davvero dopo dieci anni, la risata più sincera che ho mai fatto.
Scoppiai a ridere contaggiando anche lei. Mi ero dimenticato di quanto fosse bella quando rideva.
40
Che sfida che mi aveva lanciato. Una pazza. La mia pazza.
35
Come mi era mancata, come mi erano mancate tutte queste cose.
30
Il tempo scorreva. Cominciai a camminare per la stanza, buttando a terra tutto quello che mi capitava a tiro.. un perfetto maniaco.
20
“Sono lunghi dieci anni”  mi disse con un sorriso che non le avevo mai visto. Sembrava quasi dolce.
15
Vidi le sirene rosse e blu risplendere sul suo volto. La polizia stava arrivando, non volevo andarmene, volevo rimanere lì a ridere con lei per tutta la notte.
10
9
8
7
6

Al diavolo, avevamo una vita intera ancora per ridere insieme, scappare dalla polizia era la cosa più eccitante che mi fosse successa negli ultimi dieci anni.
E via..! Prima che la polizia potesse raggiungermi.
Un ultima occhiata complice a Charlie e scappai verso la mia macchina, giusto il tempo di farmi vedere dai poliziotti.
 
Grande Charlie, il gioco era ricominciato a tutto gas.
Felicità allo stato puro, bruta, primitiva, vulcanica, magnifico.
Il meglio del meglio.
Meglio della droga, dell’eroina, meglio delle canne, coca, crack, mariuana, cannabis, exstasi.
Sfrecciavo nelle strade notturne con dietro la polizia.
Meglio del sesso, delle orgie, massaggio tailandese.
Sempre più veloce.
Meglio della cioccolata, il mont blanc, la banana split.
Meglio di tutta la trilogia di George Lucas, delle puntate del Muppet show, di Lara Croft.
Meglio di un assolo di Hendrix, dei primi passi sulla luna, le montagne russe, i festoni natalizi.
Meglio della libertà. Meglio della vita.
Sempre più veloce. Veloce. Veloce.
Mi girai dietro, li avevo superati.
Quando guardai in avanti era troppo tardi, l’impatto con il camion fu inevitabile.

SPAZIO AUTRICE
Seeera :3 
Prima che qualcuno di voi me lo chieda NO non mi drogo, non ho mai provato nulla di tutto quello che ho scritto lì sopra crack, coca.. ahah Mi è semplicemente sembrato appropriato metterli visto che chi ne fa usco dicono che sia molto meglio della realtà.. Quindi ecco un bel mix! Non spaccio tranquille :3
In realtà non mi piace nemmeno la banana split ma bo.. mi ispirava quando l'ho scritta xD
Charlie e Louis si sono rincontrati dopo 10 anni.. E le sorti di Louis?
Ah.. sennò mi dimentico, questo è il penultimo capitolo, quindi il prossimo sarà il gran finale!
Ovviamente continuo a ringraziare tutti coloro che leggono la storia <3 <3 

Stay Tuned xxx

 

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Capitolo 9
*** After all this time? Always.. ***


“Pronto? La signorina Desiderio? Parla l’ospedale Doncaster Royal Infirmary il signor Tomlinson ha avuto un incidente”
 
Avevo chiamato Alvin con l’ordine di sbrigarsi a rientrare a casa e accompagnarmi in ospedale, la macchina ce l’aveva lui e a quest’ora di notte i mezzi di sicuro non stanno ad aspettare me.
Appena arrivò non lo salutai nemmeno e mi precipitai in macchina.
 
“è il mio migliore amico! Se non vuoi capire lascia perdere.. puoi anche tornartene a casa” eravamo arrivati a destinazione in tempo record e ora camminavamo svelti, discutendo mentre cercavamo la stanza di Louis.
“Lo conosco dalle elementari”
“Quale migliore amico? Non me lo hai mai presentato” chiese Alvin scettico.
“Io non conosco i tuoi amici eppure tu li vedi tutti i giorni. Non mi pare che ti creo problemi” ribattei nervosa.
“Apetta.. Lo vedi tutti i giorni?” domandò alzando la voce.
“Abbassa la voce, siamo in un ospedale”
“Charlie cazzo!” mi bloccò per un braccio facendomi voltare “Lo vedi tutti i giorni? Guarda che io l’ammazzo!”
Strattonai il mio braccio per liberarmi dalla presa “Sembra che non ce ne sia bisogno”.
Finalmente avevo raggiunto la stanza dov’era ricoverato Louis, il momento della verità era arrivato. Per la prima volta nella mia vita non avevo il coraggio di sapere, di guardare. Non volevo affrontare la realtà.
L’infermiera mi aprì la porta, scrutai l’interno della stanza e sul comodino riconobbi la nostra scatola dei giochi. Il letto era stato ricoperto da una tenda.
“Se la sente signorina?” la voce mortificata dell’infermiera non prometteva nulla di buono.
Annuii senza dire una parola.
Entrai lentamente, con lo sguardo basso, non avevo il coraggio di scostare quella tenda bianca.
Feci un respiro profondo, allungai una mano tremante e spostai la tenda.
Mi portai le mani sulla bocca trattenendo il respiro.
Quello che stavo vedendo non poteva essere il volto di Louis. Il suo bel viso rovinato dalle bruciature, pezzi di pelle che si staccavano, pezzi di pelle viva, rossa. La sua bellissima chioma non esisteva più, completamente bruciata. Presi la scatola, annerita dal fuoco e la strinsi forte al petto.
Non potevo sopportare oltre.
 
LOUIS POV
A dire la verità ero veramente arrabbiato con Charlie, mi ero ripromesso di vendicarmi con qualche colpo di genio, ma poi si sa, con il tempo si perdona, si finisce con il riderci sopra, dopotutto è solo un gioco. Urtai un uomo che correva verso la sua ragazza nel corridoio dell’ospedale.. e sapevo benissimo chi erano. Alvin e Charlie, ma il gioco era questo. Charlie non aveva visto il vero me.. vediamo dopo quanto ci sarebbe arrivata.
“Louis ti ho cercato da per tutto” mi richiamò la voce di Christine.
“Sono andato in bagno, scusami”
“Stai bene?”
Se stare bene vuol dire avere uno sfregio sul sopracciglio, una guancia bruciata, tutte le singole ossa nel corpo che ti fanno male e avere tutta la camicia bianca sporca di sangue, beh allora sì sto bene.
E il bello arrivava ora dovevano mettermi cinque punti sulla fronte, un male assurdo, non ho mai sopportato il dolore.
Continuavo a ridere come un cretino, mentre sentivo mia moglio parlottare.
“Serata al pronto soccorso, bell’anniversario di matrimonio”.
E ridevo.
“Le faccio male?” mi chiese il dottore.
“Nono si figuri, non è niente”
E continuavo a ridere.

CHARLIE POV
Continuavo a piangere e la pioggia non aiutava.
Ero in macchina con Alvin con la testa rivolta verso il finestrino , le dita di una mano tamburellavano sulla mia coscia mentre l’altra la tenevo davanti la bocca per cercare di fermare i singhiozzi.
“Mi dispiace per prima” continuava a ripetere Alvin.
Mi dispiace. Mi dispiace. Quante volte l’avevo sentita? Così talmente tante che risultava non essere più credibile. Mi dispiace. Che parola stupida.

LOUIS POV
E ridevo ridevo ridevo.
Che cazzo ti ridi imbecille! Renditi conto di cosa hai fatto.. hai fatto credere alla tua migliore amica, alla tua anima gemella, alla tua più grande fonte di adrenalina che sei morto e questo perché? Per un fottutissimo gioco!
“Charlie..” sussurrai.
Improvvisamente mi fu tutto più chiaro, basta giocare, era il tempo di andarmi a riprendere ciò che in realtà è sempre stato mio.
Tolsi le mani del dottore dalla mia fronte e cominciai a correre come un forsennato fuori dall’ospedale.
Pioveva, mi fermai all’entrata urlando il suo nome. Spero solo di non averla persa per sempre.
 
CHARLIE POV
E poi mi fu tutto chiaro. Era il gioco, c’era la scatola lì. Era un’altra maledetta sfida. Porca miseria Louis, questa volta l’hai fatta veramente grossa. Ma che cretina.
Scoppiai a ridere sotto lo sguardo incredulo di Alvin, mi starà sicuramente prendendo per una fuori di testa. Ma sì, infondo ero sempre stata un po’ fuori di testa.
“Riportami all’ospedale” ordinai ancora ridendo.
“Charlie sicura di stare bene?” domandò Alvin sconcertato.
“Riportami in ospedale” urlai.
 
Scesi dalla macchina con la scatola in mano. Pioveva ma non me ne fregava niente.
Louis era lì in piedi davanti a me. Il sollievo fu grande quando vidi solo un graffio sulla sua fronte e qualche bruciatura, inutile dirvi che era bellissimo anche così.
Mi avvicinai e lui mi sorrise. Era così bello quando rideva.
“Gioco” dimmo all’unisono.
Il battito del mio cuore aumentò i suoi occhi brillavano, ma non quel bagliore furbo che non lo aveva mai abbandonato, brillavano per brillare. Brillavano come quando parli di una persona che ami, come quando la vedi.
Alvin mi raggiunse tirandomi via per un braccio e puntando il dito contro Louis come per minacciargli un ‘sta attento a te’
“Louis io sono qui!” gridava Christine nel frattempo.
“Dillo Louis! Ti prego dillo!”
Cazzo Louis, o adesso o mai più dillo! Di quel maledetto “Ti Amo” Louis non guardarmi con quella faccia da imbecille dì qualcosa!
“Charlie..” sussurrò appena il mio nome.
“Charlie..” di nuovo e poi ancora e ancora e ancora e sulla sua bocca si disegnò un sorriso bellissimo.
Mi liberai dalla stretta di Alvin per corrergli incontro.
Alvin e Christine cominciarono a urlare, richiamarci e mandarci a quel paese, ma non mi fregava niente, in realtà nemmeno sentivo le stronzate che stavano dicendo
Mi accarezzò una guancia, continuava a sussurrare il mio nome. Com’era dolce quando usciva dalle sue labbra ora così vicine alle mie..
Alvin arrivò come una furia colpendo in pieno viso Louis scaraventandolo a terra.
“Ma sei impazzito?” gli urlai contro cominciando a dargli dei cazzotti sul braccio muscoloso per poi accovacciarmi accanto alla figura di Louis immobile.
“Louis” gli presi la testa fra le mani “Per favore svegliati” cominciai a singhiozzare “Non mi lasciare sola, Louis ti prego” cominciai a scuoterlo “Dai svegliati adesso, svegliati apri gli occhi.. apri gli occhi ti supplico Louis”
Le lacrime avevano cominciato a scendere e la mia voce era sempre più spezzata dai signhiozzi.
“Non mi lasciare sola”
Gli poggiai delicatamente la testa sull’asfalto bagnato e mi sedetti vicino a lui.
Non so con precisione quanto tempo fosse passato, so solo che aveva smesso di piovere.
Presi la scatola che avevo lasciato di fianco al copro di Louis e l’alzai in aria.
“Non mi lasciare, giochi o non giochi?”
Louis non accennava a muoversi.
“Giochi o non giochi?” ripetei alzando la voce.
Ancora niente.
“Louis! Louis lo so che mi ascolti!” cominciai ad urlare come una pazza “Louis torna indietro! Giochi o non giochi?!”
Finalmente respirò, fece un profondo respiro per poi dare due o tre colpi di tosse.
Mentre io tirai un sospiro di sollievo, soddisfatta.
Alzò una mano per asciugarmi una lacrima che mi ero lasciata sfuggire.
“Stai piangendo.. Io.. In trentacinque anni non ti ho mai vista piangere” sussurrò con quel poco fiato che gli era rimasto.
“Vieni” lo aiutai ad alzarsi.
 
Potevamo osservare il cielo limpido anche a cinque – sei metri sotto terra. Infondo in tutti questi anni è questo che avevamo fatto, ci eravamo scavati la buca da soli.
E ora tutti e due fissavamo il cielo per l’ultima volta, uno sguardo verso l’alto come se stessimo aspettando qualcosa, come se nella nostra vita non abbiamo poi aspettato così tanto.
“Non ci lasceremo più?” domandai a Louis.
“Mai più” rispose stringendomi in un abbraccio.
Per vincere questo gioco ci vuole una bella scatola, un migliore amico e soprattutto tanto coraggio.
Il resto non conta.
Adesso che ci penso, la buca doveva essere più alta di cinque – sei metri perché mi sembrò che il cemento ci mise una vita ad arrivare a noi.
Lo strinsi forte a me.
I nostri respiriri si fecero affannati, avevamo paura, ma non importava. Eravamo noi due.
“Ci sono due o tre cose che non mi hai chiesto e mi dispiace” disse lui mettendomi le mani sulle spalle “Ci sarei riuscito”
“Tipo?” sorrisi io.
“Mangiare formiche.. Rovinare uno spettacolo al teatro dell’opera.. Amarti come un pazzo..”
I suoi occhi si fecero lucidi, il ghiaccio si stava sciogliendo ma non aveva perso quel bagliore che io amavo tanto. Stava piangendo e io piangevo insieme a lui.
Lo baciai. Dio quanto avevo desiderato quelle labbra.
Il cemento saliva, sempre più su.. da lì in meno di due minuti ci avrebbe comletamente ricoperti.
Lo baciai assaporando per bene le sue labbra, non c’era niente di più buono del sapore delle sue labbra, non c’era niente di più luminoso del bagliore dei suoi occhi, non c’era niente di più bello di quell’alone da bambino che non aveva mai abbandonato il suo viso, nonostante la barba e i baffi, non c’era nessuno al mondo come lui e adesso sarebbe stato mio per sempre ed io sarei stata sua per sempre.
Siamo stati così stupidi da bambini, così egoisti da non capire di appartenerci, così orgogliosi, ci siamo dovuti perdere.. perdere per dieci anni prima di capirlo. Si ha il coraggio di fare le cose più estreme, più rischiose, più imbarazzanti, arrivando al punto quasi di uccidere o di far credere di essere morti e non si trova il coraggio di dire due parole, due semplicissime parole che se pronunciate possono cambiarti una vita intera.
È così che si conclude il gioco. Insieme. Felici.
E la infondo al cemento abbiamo condiviso il sogno della nostra infanzia. Il sogno di un amore senza fine.

SPAZIO AUTRICE

Buuonasera! Come state? Oggi è 8 Dicembreeee *-* In quante avete fatto l'Albero?? Anche se ho un cucciolo distruttore di 7 mesi a casa ho preteso di avere un albero anche piccolo u.u Sì, come si può capire amo il Natale *w*
Allora allora, questo è l'ultimo capitolo della storia.. Non odiatemi se ho fatto suicidare così i personaggi, era per racchiudere il concetto di amore eterno e blablabla.. No in realtà mi piaceva un finale così :3
Vorrei ringraziare tutte quelle che hanno seguito la storia fino alla fine e l'hanno recensita, grazie <3 <3. Come già detto è stata la prima fic che ho pubblicato e non mi aspettavo tutto questo "successo" quindi, veramente grazie grazie grazie <3 
Detto ciò non pensate di esservi liberate di me perchè vi aspetto con l'altra mia FanFiction "Teenage Dream" completamente diversa da questa, sempre sui ragazzi.. Quindi continuerò a rompervi la ciospa comunque muahahah
Penso di aver detto tutto, in caso ci vediamo dall'altra parte.. Chi mi ama mi segua! Ahahah
No scherzo, se volete andatela a leggere :)) posso farvi una torta invece che darvi i biscotti ahah (Mio padre è cuoco quindi vi conviene :3)
Se volete potete anche lasciare una recensione, un puntino, un "ciao" a questo capitolo anche un "Sei una testa di cavolo, un'assassina perchè hai ucciso Charlie e Louis" va bene :)) Come al solito mi sono prolungata una cifra ahahah 
Peace&Love <3 <3 <3

 

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