Abecedario di Betta3x9 (/viewuser.php?uid=38997)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A come Armadio ***
Capitolo 2: *** B come Bicicletta ***
Capitolo 3: *** C come Cioccolata ***
Capitolo 4: *** D come Diario ***
Capitolo 5: *** E come Enciclopedia ***
Capitolo 6: *** F come Fuoco ***
Capitolo 7: *** G come Gatto ***
Capitolo 8: *** H come Hobby ***
Capitolo 9: *** I come Incubo ***
Capitolo 10: *** J come Jogging ***
Capitolo 11: *** K come Kira ***
Capitolo 12: *** L come Limite ***
Capitolo 13: *** M come Mihael ***
Capitolo 1 *** A come Armadio ***
Questa è
la prima oneshort di una raccolta su Matt e Mello; i capitoli saranno
in ordine alfabetico (Ah! Ci sarà da ridere quando
arriverò all'H , o alla Z!).
Magari non tutti i capitoli saranno oneshort, ma potranno essere anche
drabble, chissà! xD
Le lettere sono riferite tutte a degli oggetti, che saranno un
pò il pretesto per rappresentare qualche scorcio di vita dei
due, senza badare all'ordine temporale.
Sono gradite critiche/consigli/commenti.
Buona lettura! ^^
Attenzione:
Spoiler su vero nome di Mello!
A come Armadio
Un bel giorno di qualche anno prima, Mihael Keehl tirò fuori
la valigia dall'angolo delle cose dimenticate e la riempì di
tutto ciò che aveva: vestiti un po' spiegazzati, libri alla
rinfusa, oggetti più o meno importanti.
Ad essere sinceri, in quella valigia ci finì anche un
pezzetto del cuore di Matt, che, con parole rabbiose ed occhi supplici,
ci provò, ci
provò veramente, a tenerlo stretto a
sé ancora per un po', solo
per un altro po'.
Eppure lo vide andar via, trascinando quella valigia troppo pesante per
lui, tra promesse incerte e sorrisi nascosti.
Lo osservò dal vetro della finestra, mentre si faceva
piccolo, sempre più piccolo, puntino nero tra migliaia
d'altri, per poi scomparire.
Non poteva essere vero.
Mello non poteva
essersene andato lasciandolo lì.
Era impossibile.
La giornata era galleggiata via come un sogno.
Fu una cosa stupida a far capire a Matt che, sì, Mello non
era più lì accanto a lui, e che non ci sarebbe
stato più per molto tempo, forse troppo.
Era la mattina seguente, anche se non ricorda più l'ora
precisa, ma non è questo l'importante.
Eppure era un gesto semplice, un'azione
comunissima, spalancare l'armadio.
Non ci voleva poi molto, e le ante cigolarono appena.
E Matt cercava disperatamente
di trattenere le lacrime.
L'armadio, nonostante contenesse tutti i vestiti del rosso, sembrava
vuoto, quasi mutilato d'una parte fondamentale.
I colori accesi dei maglioni di Matt sembravano smorti senza poter
brillare a confronto con il nero dei vestiti di Mello.
I ripiani vuoti sembravano infiniti e polverosi (ma questo era impossibile! Non
era neppure un giorno che il biondo si era chiuso alle spalle la porta
di quella che era stata la sua casa, per non riaprila mai
più!).
E Matt si rese conto che non solo non c'erano più le
magliette di Mello lì dentro, ma che in bagno c'era un solo
spazzolino da denti, e che il comodino accanto al suo era un comodino
come migliaia d'altri, senza più le tavolette di cioccolata
nascoste nei cassetti.
Matt
capì che Mello l'aveva lasciato solo.
Ma è inutile pensare a queste cose, adesso.
Matt spalanca le ante di quell'armadio un po' vecchiotto, e molto
diverso da quello che aveva alla Wammy's House.
Con una pila di magliette a righe tra le braccia, sorride, sorride un
po' stupidamente a tutti quei vestiti neri e un po' spiegazzati che
riposano lì dentro.
E nel poggiare le sue felpe accanto a quelle dell'amico, nota come i
colori siano più accesi del solito.
Mello è
lì con lui, e Matt l'ha capito.
Ora
può tornare a respirare.
FINE
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Capitolo 2 *** B come Bicicletta ***
B come BICICLETTA
Mello era un bambino cocciuto,
testardo come un mulo, come ripeteva spesso Matt.
Insomma era una di quelle persone che, quando si mettono in testa una
cosa, la fanno a qualsiasi costo, e nulla, assolutamente nulla, avrebbe
potuto dissuaderlo dal suo intento.
“Sono pronto”
Esclamò Mello, sistemandosi sul sellino della bicicletta,
bicicletta sulla quale non era assolutamente capace di andare.
Ancora per poco, almeno.
Matt osservò l'amico che cercava di rimanere in bilico su
quel dannato aggeggio.
Mello e le sue follie...
Il giorno prima se n'era uscito, in seguito a chissà quale
balordo ragionamento, con questa storia di dover assolutamente
imparare ad andare in bicicletta; proprio lui che non si era manco mai
avvicinato ad uno di quegli affari.
Quando Matt scherzando (ma
non troppo), gli aveva consigliato di provare prima con le
rotelle, l'altro gli aveva scoccato un'occhiata che avrebbe incenerito
chiunque.
Ma Matt non era chiunque,
e lo dimostrava il fatto che fosse lì, accanto a quel pazzo
del suo amico, che voleva imparare ad andare in bici a dodici anni
suonati.
Così,
all'improvviso, eh!
Chissà, forse il giorno seguente gli sarebbe venuto in mente
di non saper suonare il trombone e l'averebbe giudicata una cosa
inaccettabile, fino a convincersi che la sua vita sarebbe dipesa dal
saper suonare o meno il trombone.
Matt già si vedeva in balia di un Mello in veste di
musicista improvvisato, quando il suddetto pazzo lo richiamò
alla realtà.
“Ci vogliamo dare una mossa?”
Matt sospirò, raggranellando un po' di quel la pazienza di
cui, era sicuro, avrebbe fatto largo uso di lì a poco.
“Mello, ma mi spieghi come diavolo faccio ad insegnarti ad
andare in bici?! Mica te lo posso spiegare! Devi provarci da
te!”
“Sei un pessimo insegnante, Matt!”
Esclamò accigliato il biondo, mentre posizionava i piedi sui
pedali, cercando di mantenere l'equilibrio.
E non era una cosa da poco.
“Io vado, eh!”
Mello staccò i piedi da terra, spingendo sui pedali.
Ovviamente cadde come
una pera cotta.
Matt scoppiò a ridere: a sua difesa va detto che la scena
del biondo che si dibatteva sotto quella vecchia bicicletta doveva
apparire veramente comica.
Vallo a spiegare a Mello.
“Invece di startene lì a sghignazzare, vieni a
darmi una mano!”
Matt afferrò la bicicletta per il telaio, sollevandola
facilmente.
Mello, mentre si toglieva la polvere da vestiti, lanciò
un'occhiataccia a quella macchina maledetta, che sembrò
ignorarlo.
Nessuno può
permettersi di ignorare Mello: era una delle frasi
preferite del biondo.
Perciò afferrò la bicicletta per metterla dritta,
trovando soddisfazione nello strattonarla malamente, per vendicarsi del
torto subito.
Matt osservò la scena trattenendosi a stento dall'alzare gli
occhi al cielo: si
impose di prenderla con filosofia.
Nel frattempo la lotta tra l'uomo e la macchina continuava: Mello era
nuovamente seduto sul sellino della bici, mentre quest'ultima si
dibatteva, quasi fosse viva, con il chiaro intento di disarcionarlo.
Evidentemente non
correva buon sangue tra i due.
“Matt, reggi questo aggeggio, quando stacco i piedi da
terra!”
“Ti dovrei reggere la bicicletta? E perché
mai?”
“Se no perdo l'equilibrio! Perciò fa qualcosa di
utile in vita tua, e vieni qui”
Com'era? Ah, sì: doveva
prenderla con filosofia.
Peccato che a lui la filosofia non fosse mai piaciuta.
“Ok, lascia!”
Esclamò Mello all'amico, una volta che aveva acquistato un
illusorio equilibrio, dovuto al fatto che la bicicletta si teneva
sù per intercessione del rosso.
Il risultato fu che il suddetto marchingegno compì qualche
metro, zigzagando anche, prima che la ruota anteriore si incastrasse in
una panchina, catapultando uno stupefatto Mello poco più
avanti.
Effettivamente non fu un gran miglioramento.
“MATT!”
Ed adesso cosa poteva
mai aver fatto di male?
“Ti avevo detto di tenermi questo dannato affare!”
Così sarebbe
colpa sua?
“Ah, certo! Scusa se non mi sono fatto sfracellare le dita
nelle ruote, ovviamente è colpa mia se sei caduto!”
“Ecco, sì”
Matt soffocò una risata.
Dio, avrebbe dovuto mettere un'insegna.... Sto facendo uso di ironia?
Meglio di no.
Essere fatto a fettine da un Mello nel pieno di una crisi
schizofrenica, non era esattamente la sua massima aspirazione.
Un paio d'ore più tardi, e qualche livido più in
là, il biondo si ritrovò ad ammettere che,
effettivamente, non era stata una buonissima idea quella della
bicicletta.
A dire il vero lo ammise, sì, ma solo a se stesso.
Peccato che Matt fosse capace di leggere ogni sfumatura espressiva
dell'altro, catalogandola sempre nel modo corretto.
L'occhiata che gli rivolse Mello fece lampeggiare l'allarme pentimento nella
sua testa.
“Continuiamo domani”
A Matt scappò un sorriso, e si gettò, felice,
sull'erba.
Mello, dopo aver esitato un attimo, gli si sedette accanto,
compostamente, scartando una tavoletta di cioccolata sbucata fuori
chissà da dove.
“Mello, toglimi una curiosità”
“Cosa c'è, Matt?”
“Cos'è questa storia della bici?”
“Ehm, esattamente cosa?”
“Hai capito”
“...”
“Allora?”
“Near non sa andare in bicicletta”
“Mello?”
“Sì?”
“Inizia a correre”
FINE
Grazie mille a chi
ha commentato il precedente capitolo:
Adaralbion (grazie mille per la dritta sull'H e la Z,
quest'ultima è geniale! *-*), Ardenspuffy, Soleya
(perché la tua amica gridava, scusa? xDDDD), cicoria, Slepless, beat, Reinchan86, strana90.
Ci vediamo con la "C" (anche se penso che sia facile da indovinare il
titolo del prossimo capitolo! xDDD).
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Capitolo 3 *** C come Cioccolata ***
C come Cioccolata
Una gabbia di matti.
Questa fu la prima impressione che Matt ebbe della sua nuova casa.
E non gli si può nemmeno dare tutti i torti, considerando
con chi era stato messo in camera.
Mello osservava in silenzio il nuovo arrivato disfare i bagagli,
mordicchiando distrattamente una tavoletta di cioccolato.
Era la sesta, da quand'era arrivato.
Matt considerò che doveva essere un'azione abituale per il
biondo, quella di sgranocchiare quintali di cioccolata, vista la
noncuranza con cui stava scartando l'ennesima tavoletta.
Gli stava venendo la nausea da dolci, senza averne mangiato neppure un
pezzettino.
E pensare che a lui nemmeno piacevano, i dolci. Aveva sempre preferito
il salato, ecco.
Ricordava quel buffo
aneddoto a proposito di alcune pizzette... Ma non era
questo il punto.
Il punto era, per dirla con parole semplici, che dovevano averlo messo
in camera con uno che non sembrava averceli tutti, i venerdì.
Bastava guardarlo: a parte il fatto che sembrava una femmina, visto il
taglio di capelli (sicuramente piastrati), ma poi aveva dei vestiti
ridicoli! Completamente neri!
Che palese mancanza di
fantasia!
A Matt venne da sospirare a tal pensiero, mentre sistemava una pila di
magliette tutte rigorosamente a righe.
E questo Mello non
sembrava essere l'unico pazzo!
Gli era parso di scorgere quello che a prima vista sembrava un qualche
strano soprammobile bianco (un
portaombrelli, forse?), ma che aveva poi realizzato essere
un bambino, seduto in giardino a fare e disfare un puzzle completamente
bianco.
Cioè, sottolineiamo:
fare e disfare.
L'unico puzzle che Matt avesse mai finito, l'aveva incorniciato, altro
che disfarlo!
E, per dirla tutta, c'era stampato sopra Paperino.
Una gabbia di matti. Punto.
Erano tutti lì, ognuno fissato col suo tic.
Bastava guardare il suo nuovo compagno di camera.
Matt si lasciò cadere a peso morto sul letto, accendendo il
suo gameboy.
Bip
Il mondo si concentrò in uno schermo, diventando
bidimensionale.
Adesso sì che
era a casa!
Altro che quella gabbia
di pazzi da camicia di forza!
“Che stai facendo?”
Come non detto.
“Gioco”
Altro che genio! Quel
tipo doveva essere un po' tonto per fare domande così sceme!
Per fortuna era arrivato lui ad alzare un po' la media.
“Oh! Ti piacciono i videogiochi, eh?”
< No,
guarda. La mia passione è zappare i campi, ma in mancanza
d'altro... >
“Sì”
“A me invece piace la cioccolata!”
Matt gli lanciò una veloce occhiata per accertarsi che
avesse detto sul serio una frase del genere.
A quanto pareva, sì.
Accidenti! Si era
distratto un attimo ed aveva perso una vita!
Spense il gameboy, stizzito.
“Ma dove la trovi così tanta cioccolata?”
“Un po' me l'ha data Roger”
“Chi?”
“Quel vecchio bacucco di prima”
Matt soffocò una mezza risata.
“ E un po' l'ho fregata a Near!”
“Near?”
“Quell'affare bianco in giardino. Immagino che tu l'abbia
scambiato per un cesto di panni da stendere, o qualcosa del
genere”
“In effetti...”
Non era poi
così malaccio quel tipo; anzi, sembrava addirittura
simpatico.
Forse (forse!) non erano proprio tutti matti
lì dentro.
“Vuoi un pezzo?”
Matt osservò sorpreso la tavoletta di cioccolata che l'altro
gli porgeva.
“Basta che non te la mangi tutta, eh!”
Aggiunse il biondo, un po' accigliato.
Matt sorrise staccando un quadretto del dolce.
Dopotutto, non gli
dispiaceva la cioccolata, specie quando aveva il sapore un po' insolito
dell'amicizia.
FINE
Eh, sì, avete
indovinato tutti! La C stava per "Cioccolata"! xD
Ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo, ovvero: Mello, Adaralbion
(bhè, per le cicatrici di Mello si vedrà, le
lettere sono così tante! xD), Slepless, Ardenspuffy, cicoria,
Freija, Soleya, Hyatt, beat.
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Capitolo 4 *** D come Diario ***
D come Diario
“Mello! Stai ascoltando?!”
Il ragazzo sussultò, finendo per strozzarsi con la
cioccolata che stava mangiando.
Il professore attaccò, con voce stizzita, una noiosa
ramanzina sullo stare attenti in classe, sul fatto che avere
un'intelligenza superiore alla media non lo esonerasse dalle lezioni,
sull'importanza della cultura, ed ancora che bla bla bla...
Mello sbuffò infastidito, fugando in cartella alla ricerca
di un quaderno qualsiasi, per far finta di prendere appunti.
Era una delle sue giornate
no, tanto temute dall'amico Matt, che aveva imparato a
riconoscerle già di prima mattina, dal modo in cui Mello
spremeva il dentifricio.
Insomma, era una di quelle mattinate in cui aveva solo voglia di
gettarsi di peso sul letto, con una tavoletta di cioccolata,
possibilmente fondente, stretta tra le mani.
Mello estrasse dalla cartella il primo quaderno che trovò,
aprendolo ad una pagina a caso.
Che strano.
Non ricordava di avere un simile quaderno, con una copertina rigida
decorata a righe rosse e nere.
Ed infatti non ce
l'aveva.
In prima pagina, a caratteri cubitali, capeggiava una scritta: “Matt's
Diary”
E, poco più in basso, con una scrittura abbastanza
disordinata, si leggeva:
“Di esclusiva proprietà di Matt. Chiunque tu sia,
giù le mani!”
Si scorgeva anche qualche stellina, un po' di smile sparsi, e
qualcosa che ricordava vagamente una fiammata stilizzata, disegnati qua
e là sulla pagina.
(Almeno si era astenuto
dallo scarabocchiare cuoricini...)
Mello era leggermente sorpreso.
Ok, non era leggermente
sorpreso, era un po' sconvolto. Un po' tanto.
Cioè, fermi tutti: Matt teneva un diario segreto? Come una
ragazzina innamorata?
E, soprattutto, lui non
ne sapeva nulla?
Lanciò una veloce occhiata a Matt, seduto un paio di file
più avanti, intento a giocare con il suo gameboy sotto il
banco, annuendo ogni tanto alle parole del professore.
Era semplicemente
inconcepibile: urgeva rimediare al più presto.
Non sentendosi per nulla in colpa, Mello iniziò a
sfogliare il diario.
Ogni pagina era riempita da una calligrafia piuttosto disordinata ed
anche un po' sbilenca: evidentemente era stato scritto frettolosamente.
-Oggi Mello ha deciso
d'imparare ad andare in bicicletta. Così, di punto in
bianco. Ok, lui è sempre istintivo (come quella volta quando
ha dato un pugno a Roger. E' rimasto in punizione per mesi), ma questa
volta non mi convincerà! Non accompagnerò quel
pazzo isterico a sfracellarsi contro un pino! E quando dico no,
è no!-
Seguiva un'invettiva discretamente lunga sulla sua dubbia
sanità mentale.
Mello era un po' spiazzato e decisamente incazzato.
Ah, è
così, eh?
-Che
qualche dio abbia misericordia di me. Mello ha avuto un punto in meno
di Near all'ultimo test. Sta facendo un casino tale da far pensare alle
prove generali per il Giorno del Giudizio. Cito solo come esempio il
fatto che ha provato a gettare fuori dalla finestra la sua scorta di
cioccolata, prima di realizzare cosa avesse in mano. Vabbè,
meglio che vada a placarlo, prima che decida di gettare anche la mia
PSP dalla finestra, non si sa mai-
Ok, quella volta, in effetti, era un tantino fuori di sé.
Sudava ancora freddo al pensiero di quello che stava per fare.
La sua cioccolata!
Ma può capitare a tutti, no?
-Oggi
Mello ha preso a pugni Near. Credo che Mello abbia segatura nel
cervello, altro che intelligenza superiore. Capisco che quell'affare
bianco possa far innervosire (succede anche a me!), ma tutte le volte
che succede qualcosa ci vado di mezzo anch'io! Una settimana di
punizione per cosa? Per aver difeso Mello. Evidentemente lui non
è l'unico ad aver bisogno della Neuro (comunque si scordano
che io pulisca la mensa per tutti quei giorni! Roger sta fresco se
pensa di mettermi in punizione così facilmente!)-
Mello sfogliò qualche altra pagina: c'erano numerose altre
annotazioni di quel traditore del suo (ex?) amico che lo
dipingevano come un pazzo psicopatico armato di cioccolato.
Qua e là, tra le pagine, compariva anche qualche scritta
colorata sull'ennesimo videogioco preferito, o su qualche gruppo
musicale di cui solo Matt conosceva l'esistenza.
Mello constatò che l'amico era assolutamente privo di senso
artistico: le scritte erano tutte un po' sbilenche, e colorate fuori
dai bordi.
Terribile, assolutamente terribile!
Continuava a sfogliare le pagine con irritazione: come si permetteva quello
stronzo di scrivere certe cose su di lui? Tutte clamorosamente false, poi!
Vabbè, certo,
qualche volta aveva fatto un po' di casini, magari, quando era
incazzato, aveva spaccato qualche soprammobile, ma non era mica,
letteralmente, "un
maniaco isterico in piena sindrome premestruale"!
Avrebbe decisamente
dovuto scambiare due paroline con Matt.
Mello combatté l'impulso di scrocchiarsi rumorosamente le
nocche.
Strattonò l'odiato diario con rabbia, azzannando la
tavoletta di cioccolata che ancora stringeva in mano.
La sua attenzione fu però attratta da alcuni fogli, che
prima non aveva notato, che erano scivolati fuori dal diario, finendo
sul pavimento con un fruscio attutito.
Anzi, a dire il vero, non erano nemmeno fogli, ma foto.
Mello gettò un'occhiata alle sue spalle, per assicurarsi che
nessuno stesse guardando dalla sua parte.
Quello stupido di Matt!
Non lo sapeva che in quell'istituto non era possibile farsi delle foto?
Stupido, stupido,
stupido.
Sbuffò chinandosi a raccoglierle, senza farsi vedere.
Rimase impietrito per un attimo.
La prima era una vecchia foto scolorita, che tempo fa faceva mostra di
sé dalla parete della loro camera, prima di Kira e tutto il
resto.
Era stata scattata quando Matt era arrivato da poco alla Wammy's House,
in un pomeriggio di fine Settembre incredibilmente caldo, quasi
l'estate avesse indugiato ancora per un po', giusto il tempo di
salutare il nuovo arrivato, prima di allontanarsi a braccetto col vento.
Al centro della foto c'era un bambino con i capelli rossi di circa otto
o nove anni che guardava sorridente l'obbiettivo, stringendo tra le
mani un gelato, forse al limone, che gli impiastricciava le mani e
persino la maglietta a righe.
Un po' più a destra un altro bambino, forse qualche anno
più piccolo, guardava accigliato il rosso, mentre mangiava
un gelato al cioccolato senza lasciarne cadere neppure una goccia.
La parte sinistra della foto era stata strappata: si scorgeva un
angolino di un qualcosa di bianco non meglio identificabile.
A Mello, intento a fissare la foto un po' scolorita, scappò
un sorriso.
La seconda immagine ritraeva il bambino biondo della prima foto, forse
uno o due anni dopo.
Nemmeno questa volta guardava verso l'obbiettivo: era chino su un
planisfero steso sul pavimento di una cameretta, con un vecchio
mappamondo appoggiato a lato.
Tutto concentrato su quel progetto di geografia, con gli occhi
incollati su qualche paese dal colore improbabile (viola, giallo,
arancione, blu), nemmeno si era accorto che il rosso si era
avvicinato di soppiatto con la macchinetta fotografica.
L'angolo destro della foto era coperto da un alone scuro: probabilmente
Matt aveva messo un dito davanti all'obbiettivo.
L'ultima foto era davvero particolare: ritraeva semplicemente una pila
di tavolette di cioccolata sulla cui cima capeggiava un gameboy color
vecchio modello.
Mello sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di
tornare al presente, al suono insistente della campanella del cambio
dell'ora.
Stringendo le foto tra le mani, aprì una pagina a caso, per
infilarcele in mezzo, cercando nel frattempo di nascondere un mezzo
sorriso.
(Matt gli avrebbe dovuto
dare un bel po' di spiegazioni in ogni caso, eh!).
Eppure quel sorriso prepotente riuscì a piegargli ugualmente
le labbra all'insu, quando i suoi occhi incontrarono l'ennesima
scritta, un po'
sbilenca e colorata male, che occupava tutta la pagina:
“Dear
Mello”
FINE
Vorrei ringraziare chi ha commentato il capitolo precedente, ovvero: Adaralbion, Slepless, Soleya,
beat.
Grazie a tutti: ci vediamo alla E! xD
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Capitolo 5 *** E come Enciclopedia ***
E
come Enciclopedia
Era un incubo, per forza.
Solo un sogno, solo un
sogno.
Sì.
Perché lui
stava dormendo, non c'era altra spiegazione.
Perché un
evento carico di una tale drammaticità e così
pregno di... Diamine, la sua PSP non poteva essere scarica.
Matt sbuffò infastidito, gettando la PSP, ormai
inutilizzabile, sul letto.
Tutta colpa di Mello che
gli aveva sfasciato il caricabatterie.
Un giorno avrebbe dovuto
spiegargli come avesse fatto a finire nella vasca da bagno, ovviamente
piena d'acqua.
O come avesse fatto a
scambiare il gel per capelli per dentifricio. Ma questa è
un'altra storia.
Matt fece scorrere lo sguardo per la stanza, annoiato.
Avrebbe dovuto fare i compiti, sì.
Effettivamente il giorno dopo ci sarebbe stato quel test di
matematica... Ma mica aveva bisogno di studiare, lui.
Sai che gli fregava di diventare il successore di L!
Ma siamo matti?
Tutto il giorno, tutti i giorni, a dar la caccia a criminali, a
risolvere omicidi, ad incastrare colpevoli...Seeee, mica si
chiamava Near, lui.
E poi era molto meglio giocare alla PSP, o cazzeggiare con Mello.
Peccato che Mello stesse studiando, e la sua PSP fosse scarica.
Sarebbe potuto uscire a comprare un nuovo caricabatterie solo il giorno
successivo... Come
sarebbe sopravvissuto fino ad allora?
Magari poteva guardare un po' di TV.
Anzi, forse era meglio di no.
A quell'ora avrebbe trovato solo cartoni animati, qualche telegiornale
e le previsioni del tempo, se era fortunato.
Avrebbe potuto sentire un po' di musica....
Peccato che a Mello fosse caduto l' i-Pod dalla finestra proprio il
giorno precedente, mentre lo stava ascoltando.
Matt, nonostante fosse dotato di un'intelligenza notevole, ancora non
era riuscito a capire come diamine avesse fatto. Insomma, non era mica tanto
normale, eh!
Decise di accendere ugualmente la TV: sempre meglio che non fare nulla.
Passando da un canale all'altro, trovò ben poco
d'interessante: qualche cartone animato, pubblicità, un
approfondimento del telegiornale, pubblicità, un vecchio
film in bianco e nero, pubblicità...
Insomma, non c'era nulla!
Decise di spegnere quando, guardando imbambolato una televendita di un
set di pentole, si ritrovò il telefono in mano.
Ok, aveva toccato il
fondo.
Matt si guardò intorno, in cerca di qualcos'altro di
divertente da fare, per ammazzare il tempo.
Il suo sguardo si posò sulla libreria ricolma di libri messi
un po' alla rinfusa.
Poteva leggere qualcosa,
perché no.
I suoi libri erano mischiati a quelli di Mello: i romanzi si
alternavano ai tomi scolastici, e, qua e la, sbucava anche qualche
dizionario di latino, francese o altre lingue straniere.
Insomma, se cercavi
qualcosa, potevi essere certo che non l'avresti trovata.
Ma Matt non se ne preoccupava più di tanto: sapeva che gli
oggetti avevano la strana peculiarità di riapparire nei
posti più bizzarri, solo ed esclusivamente quando non
servivano più.
Era una legge scientifica, avvalorata da decine di esperimenti: basti
pensare a quella volta che aveva ritrovato il libro di fisica nel cesto
dei panni da lavare.
Dopo averli tirati fuori dalla lavatrice, ovviamente.
Matt, facendo scorrere pigramente l'indice sul dorso dei libri, ne
scelse uno a caso, attirato dal colore rosso intenso della copertina.
Peccato che quel libro, come la maggior parte di quelli infilati in
quella libreria, fosse incastrato fra altri.
Il risultato fu che il grosso tomo appoggiato sopra a quello che aveva
scelto, cadde dalla mensola, mancandolo di un soffio.
Matt osservò un tantino scosso il librone spiaccicato
malamente sul pavimento: c'era mancato davvero poco...Aveva rischiato
un trauma cranico per cosa?
Per un'enciclopedia
medica!
Era maledettamente ironico.
Raccogliendola, Matt si sedette sul letto iniziando a sfogliarla
pigramente.
Era un'enciclopedia abbastanza nuova: era stata acquistata soltanto
pochi mesi prima per un progetto di biologia sui virus, o qualcosa del
genere.
Le pagine erano doppie e, qua e la, tra una descrizione di una malattia
e l'altra, c'erano delle immagini a colori o delle foto.
Certo che la maggior
parte delle malattie avevano nomi veramente assurdi!
Ogni tanto gli saltava agli occhi qualche sindrome o malattia dal nome
improbabile, quasi che i medici facessero a gara a chi tirava fuori la
parola più assurda.
Anche prendendo una malattia a caso, lo si notava
perfettamente: Glomerulonefriti... Glomerulonefrosi...Tre tigri contro tre tigri...
Degli scioglilingua,
insomma!
Fermi tutti...
Glomerulonefrosi?
“alterazione
della struttura e della funzione dei glomeruli renali....Numerose sono
le glomerulopatie in grado di provocare glomerulonefrosi .....Gli
edemi possono essere anche vistosi: al mattino, sono
più evidenti al volto e in particolare nelle zone attorno
agli occhi; alla sera, a livello delle gambe e soprattutto delle
caviglie ....ecc ecc...”
Effettivamente quella mattina aveva la faccia un po' gonfia.
Mello aveva anche commentato che sembrava aver fatto a pugni con il
cuscino.
Matt aveva pensato che fosse dovuto alla stanchezza, visto che aveva
passato la notte incollato alla PSP (scaricando anche al batteria);
ed invece questa glomeruloQualcosa
spiegava tutto!
Ma cosa c'era scritto, esattamente?
Gli edemi? I globuli
renali?
Erano pericolosi, i
globuli renali? Effettivamente avevano un nome piuttosto
minaccioso.
L'enciclopedia medica conteneva anche un'interessante parte sulle
malattie più gravi o che erano diventate famose grazie alle
vertiginose statistiche che coloravano le pagine dei libri di storia: peste, tubercolosi, tifo....
Ah... Tifo.
“Malattia
contagiosa dovuta all'azione specifica di un microrganismo che si
introduce nell'organismo per mezzo dell'acqua. Interessa il sistema
nervoso, per cui l'ammalato si trova in un continuo stato di torpore.
Altri sintomi possono essere: febbre, cefalea, malessere, tosse. La
malattia può essere asintomatica o manifestarsi con sintomi
modesti”
-Cought cought-
Matt si tastò la gola, che gli prudeva.
Doveva essere la tosse.
Ora che ci faceva caso, si sentiva un po' più caldo del
normale: forse era la febbre.
E che dire del principio di mal di testa che sentiva?
" Tubercolosi...malattia
contagiosa che si trasmette per via aerea mediante un batterio....
Sintomi.... tosse per più di tre settimane,
perdita di peso, stanchezza, febbricola, sudorazione notturna..."
Matt sussultò.
Era evidente, ormai: aveva la tubercolosi, senza dubbio. Per non
parlare del tifo.
In un sussulto di disperazione, sfogliò l'enciclopedia,
tramutatasi ormai in un oracolo nefasto.
Circa dieci minuti più tardi, aveva ormai perso il conto di
tutte le malattie che sicuramente
lo avevano colpito.
L'enciclopedia medica gli scivolò dalle mani, ma Matt
neppure se ne accorse.
Cielo! Gli restava
davvero poco tempo da vivere, a giudicare dalle descrizioni delle
temibili malattie che lo corrodevano, forse anche da anni, senza che
lui se ne accorgesse!
A dir la verità, non aveva mai pensato al momento della sua
dipartita, ma, ragionandoci sù, gli sarebbe piaciuto morire
in modo eroico, come succedeva nei suoi videogiochi.
Magari sconfiggendo qualche mostro particolarmente orrido, per salvare
la principessa bionda.
Matt scosse la testa per
cercare di scacciare l'immagine di Mello versione Bella Addormentata.
Ed invece...Sarebbe
stato il tifo ad ucciderlo... o avrebbe fatto prima la peste?
In un turbine di disperazione, affondò la testa fra le mani,
non sapendo cosa fare.
Eppure aveva tante cose che voleva fare, prima di morire!
Si era sempre detto che c'era tempo, tempo a non finire!
Ed invece gli anni si erano fatti beffe di lui, lasciandogli a malapena
qualche misera settimana!
(Forse anche di meno, chissà!).
Non aveva ancora preso la patente, per dirne una. (Chissà se
dal vivo, guidare la macchina, desse le stesse emozioni di un
videogioco?)
E poi c'erano ancora tanti fumetti da leggere, tanti film da vedere, e
tanti videogiochi da provare: insomma non poteva assolutamente morire!
E senza dichiararsi a
Mello, tra l'altro!
...Chissà Mello come l'avrebbe presa.
Si sarebbe messo a piangere? Si sarebbe arrabbiato? O avrebbe ignorato
l'intera faccenda?
Matt non riusciva proprio ad immaginarsi la reazione del biondo.
Quella sera gli avrebbe parlato, sì.
Gli avrebbe spiegato la sua situazione, l'avrebbe
rassicurato, e poi -chissà-
gli avrebbe anche rivelato i sentimenti che provava verso
di lui.
Tanto, ormai, non aveva
più nulla da perdere, no?
Aveva ancora un paio d'ore per pensare a cosa dirgli.
Matt adocchiò un quaderno e ad una penna riposti sulla
scrivania.
Forse mettendo il tutto
per iscritto, sarebbe stato tutto più semplice, no?
“Matt!”
Il rosso sussultò, sentendo la porta aprirsi.
In un lampo, cercò di nascondere tutti i fogli
appallottolati che ricoprivano la scrivania.
Erano passate due ore e non aveva concluso praticamente nulla.
Matt si voltò a osservare Mello, che sembrava un po'
arrabbiato.
Non poteva essere colpa
sua, vero?
“Cosa stavi facendo?” Mello scrutò
l'amico, che cercava di nascondere con il suo stesso corpo decine di
fogli strappati che invadevano la scrivania.
“Nulla!”
“Nulla
? Cosa sono tutti quei fogli, Matt?”
“Ehm..I compiti di matematica, no?”
“I compiti di
matematica?”
“Sì”
"Dì un po', Matt. Non hai nulla da dirmi?”
Per dio! Lui sapeva!
Mello sapeva!
“Cosa intendi?”
"Sai bene cosa intendo. La parola libro,
ti dice nulla?”
Era stato Mello a
mettere lì quella malefica enciclopedia! Evidentemente
sapeva che gli restava ben poco da vivere, ma non sapeva come dirglielo!
“Mi dispiace, so che magari è un po' drammatico, o
precoce da dire, ma troverai qualcun altro”
"Qualcun altro? E chi potrei chiedere?”
"Bhè, dovrai cercarti un altro amico, ma ti prego, non
dimenticarmi!”
"Perché dovrei dimenticarti? Ma che ti sei fumato, Matt? Non
ricordi che dovevamo ripassare fisica insieme?”
"Fisica? E
io? E l'enciclopedia?”
“Che enciclopedia? Matt, ma stai bene?”
Mello strabuzzò gli occhi, nel vedere l'amico che alle sue
parole, quasi scoppiava a piangere.
Evidentemente le canne
avevano un effetto davvero deleterio.
“Allora non sai!”
"Matt, davvero, non ti capisco. Perciò, vedi di piantarla di
parlare per enigmi, e spiegati!”
"Va bene... La faccenda è molto semplice, ma è
complicato da dire”
"Semplice, complicato...
Deciditi, che qua non ci sto capendo nulla!”
“Sto per morire, Mello”
"...”
"Mello?”
"...”
"Mel? Stai bene?”
"Io, sto bene? Cioè, tu mi dici che stai per morire, e mi
chiedi se sto bene? Hai fumato, Matt?”
"Sì, ma non è questo il punto. Sono malato, e mi
resta ben poco da vivere. E c'è una cosa che devo
dirti...”
"Frena, frena... Spiegati bene”
"Sto per morire! Cos'è che non capisci?”
Mello si lasciò scivolare sul letto, frastornato.
Matt considerò, con una sottile contentezza, che il biondo
sembrava esser davvero afflitto.
“Di cosa, per esempio”
"Di tifo”
"Tifo?!?”
"Oppure di epatite, non so, potrebbe essere anche peste”
"Cazzo, Matt, ma sei serio?”
"Certo, l'ho letto sull'enciclopedia medica”
Così dicendo, raccolse il tomo abbandonato sul pavimento,
per mostrarlo all'altro.
“E poi ti dovevo dire una cosa, prima di morire...”
"Cioè, tu credi davvero di avere la peste? E magari anche il
colera?”
"Certo! Ho tutti i sintomi!”
"Sì, al cervello!”
"Ma ti dico che è così!”
"Per favore Matt, non leggere più questa roba; anzi, non
leggere più nemmeno il foglietto di uno spray per il mal di
gola!”
"Mal di gola? Effettivamente...”
"No, ti prego, non dire nulla”
"Insomma, secondo te, quanto mi resterà da vivere”
"Poco, maledettamente poco, visto che sto per ucciderti con le mie
mani”
"Bhè, mi accorcerai l'agonia”
Mello roteò gli occhi, spazientito.
“Ti dirò, Matt, tu hai un'unica malattia fidati, e
si chiama deficienza congenita”
"...E' grave?”
L'enciclopedia medica sparì dalla vita di Matt passando per
la finestra aperta.
Bisogna ammettere che
Mello era dotato di un'ottima mira.
FINE
A chi non è mai successo, dopo aver letto la descrizione di
qualche malattia, di esserse sicuro di averla contratta, magari nella
sua forma più grave? ^^
Pensate che una ragazza della mia classe, tempo fa, era convinta di
avere un tumore alla gamba, dopo aver visto "A time for dancing".
Per la dichiarazione di Matt a Mello (o di Mello a Matt,
chissà!), dovrete ancora aspettare! xDD
(Scusate il ritardo nell'aggiornamento, ma tra la scuola prima e i
problemi di connessione ad internet poi, stavo impazzendo!)
Ringrazio chi ha commentato il precedente capitolo, ovvero: Adaralbion (effettivamente,
potrei aggiungere anche le lettere inglesi, ad esempio la Y mi ispira!
xD), Feija, Soleya,
strana90, Elly_Mello, Ardenspuffy, Mello, beat, Slepless (che
ha commentato ben due volte! xD Ma perché i tuoi commenti
finiscono al primo capitolo? O_o).
Grazie a tutti: ci vediamo alla F!
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Capitolo 6 *** F come Fuoco ***
F come Fuoco
“Insomma, Mel, che cazzo è successo?”
L'accendino scatta con un rumore secco, scuotendo il silenzio avaro di
risposte.
Un attimo, la fiammella ride solo un attimo; giusto il tempo di
accendere la sigaretta, illuminando sprazzi di emozioni e sentimenti
casuali.
“Cosa credi che sia successo, eh, Matt?”
La voce colora la penombra di echi sarcastici.
Mello tiene gli occhi fissi sulla brace della sigaretta, per non
scontrarsi con lo sguardo denso di rimproveri di Matt.
Un po' lo teme.
“Non te l'hanno insegnato che non si risponde ad una domanda
con un'altra domanda?”
“'Fanculo”
Anche se l'ombra si è mangiata gran parte della sua figura,
Mello riesce ad indovinare lo sguardo infuriato di Matt, ed i suoi
gesti nervosi nel portarsi la sigaretta alle labbra.
“Non dovresti fumare in presenza di un malato, Matt”
Il rosso non risponde, ma il puntolino infuocato della brace si spegne
tra qualche sbuffo di fumo.
Mello si pente di aver rimproverato l'amico per la sigaretta; si sente
quasi sperduto nella penombra della stanza, senza quella goccia di luce
a cui rivolgere la sua attenzione.
Artiglia le lenzuola, di riflesso.
“Stai male?”
Un po' lo irrita la preoccupazione di Matt; lo odia quando fa
così.
Sì, lo odia.
“No”
“Sei sicuro? Me lo diresti?”
“No”
“...Ma che ci ragiono a fare con te?”
A Mello verrebbe da sorridere, se solo non avesse mezza faccia
strizzata nelle bende.
Anzi, sorriderebbe se
solo ce l'avesse, una faccia.
Dopotutto, è contento che Matt sia lì con lui: non gli piace lasciare in giro
la sua roba.
“Come va con il caso Kira?”
“Bene”
“E' servito farti sciogliere la faccia?”
“Non è che l'avessi previsto, eh!”
“...Ti ha fatto male?”
“...Un pò”
L'inferno,
doveva essere l'inferno.
Un attimo prima cercava di raccapezzarsi tra i colpi di pistola e il
suo nome (stracciato così tanto tempo prima!) urlatogli
contro, affilato come la più letale delle armi; e un attimo
dopo...
Cos'era
successo, dopo?
Il mondo si era ripiegato sul pulsante di un detonatore, questo lo
ricorda, e poi...
Dio,
gli era sembrato di sciogliersi.
Il fuoco gli aveva mangiato la stoffa dei vestiti e per quanto si
agitasse ed urlasse...
Nulla.
Nessun flashback, nessun ricordo, nessun pensiero...Riusciva soltanto
ad urlare nel sentire la pelle gonfiarsi e spaccarsi, il sangue
ribollire, e la carne accartocciarsi e bruciare.
Aveva urlato per chi sa quanto tempo, anche quando la plastica della
maschera anti-gas era gli colata sulla faccia, resa liquida dalle
fiamme.
(Matt aveva faticato non poco quando aveva cercato di staccargliela: si
era mezza fusa alla sua carne, indistinguibile sul viso bruciato e
piagato).
E se solo avesse potuto vedersi, avrebbe riso di fronte a quelle
braccia che si agitavano, a quel corpo che si muoveva a
scatti, come un burattino a cui strattonano i fili...
Aveva qualcosa di buffo, sì.
...Era riuscito a spegnere le fiamme, Dio solo sa come.
Ed infine...Bhè, infine c'era stato Matt.
“Capisco”
La risposta laconica del rosso lo riporta al presente, su quel letto di
lenzuola aggrovigliate e bende insanguinate.
Capisco...E
vorrebbe urlargli che no,
non capisce, non
può capire, perché la sua stupida
faccia è lì, intatta, e con un'espressione
assolutamente idiota dipinta sopra; ed invece lui ha solo un ammasso di
vesciche e piaghe insanguinate strizzate nelle bende.
Non
può capire.
Ma si morde la lingua e sorride, a fatica, con la gola che
gli va a fuoco.
“Senti, Mel...Cosa farai, ora?” Chissà
perché, ma sembra quasi una supplica.
“Catturerò Kira”
“Ah, geniale. E, di grazia, cosa intendi fare?”
“Batterò Near sul tempo, no?”
“Cazzo, Mel, ti vuoi spiegare o no?!?”
No.
“Non sono affari tuoi”
Non vuole che siano
affari suoi, no. Forse sarebbe più facile se lui... No.
Non sa esattamente il perché, ma non può
trascinare il rosso in quella follia, perché intuisce che
non ci saranno occasioni per scusarsi, semplicemente perché
non avrà più tempo.
E questa volta non è una scusa per essere arrivato tardi ad
un appuntamento, o per non aver fatto tutti i compiti; questa volta ha
barattato il suo futuro con una vendetta fumosa.
Mello non ce l'ha
più un futuro, gliel'ha sussurrato il fuoco.
Matt dovrebbe tenersi stretto il suo.
“Vengo anch'io, Mello”
“No”
Non ha voglia di discutere, Mello: sente male ovunque e ha solo voglia
di dormire, senza sognare né Kira, né L.
Ma può solo osservare il rosso stringere le mani a pugno, e
lanciargli un'occhiata contrariata che si disperde nella penombra.
“Perché?!?”
“Decido io, Matt”
“La vita è mia!”
“Rovineresti solo il mio piano”
“Inventane una migliore, stronzo. Mica sono un tizio
qualunque, io: ero il terzo candidato alla successione di L!”
“Morirò”
“Non dire cazzate, Mel. Guarirai, lo so che fa male, ma sono
solo ustioni”
“Non capisci, Matt: io morirò, lo so. Forse non
questa volta, magari la prossima; ma, cazzo, sta certo che per
catturare quel pazzo, succederà!”
Mello stringe i denti, e pianta le unghie nei palmi delle mani strette
a pungo.
Dio, sta per svenire.
La faccia, o quello che ne resta, gli sta pulsando terribilmente, e le
fitte lo stanno lasciando senza fiato.
Un'altra fitta,
l'ennesima, lo costringe a piegarsi in avanti di scatto,
con i denti serrati e le mani, frenetiche, a cercare il
rosario abbandonato sul petto.
“Mel? Ecco, vedi? Che cazzo pensi di fare da solo? Fatti
aiutare, per una volta!”
Mello vorrebbe tanto urlargli contro, per sfogare il dolore che sente
– alla faccia,
alla spalla, alla gola, al cuore: chissà –
ma sta lì immobile, con il fiatone.
E le fiamme lo divorano ancora, senza spegnersi mai, proprio
lì, nella sua testa; ed odia Matt che l'ha salvato
– l'avesse
lasciato bruciare! Almeno le fiamme l'avrebbero consumato una volta per
tutte!
Invece quel giorno – era
ieri? L'altro ieri? Oppure l'anno scorso? - Matt gli era
comparso davanti, la sigaretta appena accesa tra le dita e gli occhi
nascosti dai suoi ridicoli occhiali arancioni, e l'aveva guardato solo
un attimo – a
terra, agonizzante, con il viso irriconoscibile e la prima preghiera
che gli fosse venuta in mente stampata sulle labbra.
Mello aveva sollevato gli occhi e aveva sperato che lo uccidesse.
“Aiuto...”
E Matt, semplicemente, l'aveva salvato.
Il resto è solo un ammasso confuso di ricordi, di voci, di
grida, di preghiere.
Ma non importa; no, non
gli importa più.
Matt era rimasto lì accanto al suo letto, in silenzio,
accendendo una sigaretta dopo l'altra.
L'odore aspro e nauseante del fumo lo avevano convinto che era ancora
vivo e che Matt era realmente seduto su quella scomoda sedia di legno:
non era un sogno.
Mello aveva sperato che lo fosse.
“Basta così, Mel, dormi un po': ne parleremo
più tardi” L'ennesima sigaretta tra le labbra
confonde un po' le lettere.
Mello lo guarda e basta, senza dire nulla, reso remissivo da dolore.
Sussulta per l'ennesima fitta.
Si ritrova a pensare che deve essere davvero uno spettacolo patetico
– chissà
se lo pensa anche Matt.
Non mi
guarderò più allo specchio.
E' una cosa strana da pensare, mentre il dolore divora ogni altro
pensiero vagamente sensato – gli occhi socchiusi, ed i denti
serrati.
In realtà non ha paura di vedere chissà cosa
nello specchio: non è che si preoccupi granché di
come possa apparire la sua faccia – un nodo gli serra la gola
- neppure perché, come qualcuno potrebbe
stupidamente pensare, quella cicatrice rappresenti qualcosa di
doloroso, come un fallimento, uno sbaglio o Dio solo sa cosa.
E' solo che, cazzo,
è una cosa davvero idiota da pensare ora, ma non è mai riuscito
a portare a termine nulla, lui.
La colpa è un po' di Near sì, ma anche questa
volta che pensava di avercela fatta... Bum. Fuoco.
E non aveva vinto, no.
D'altra parte non aveva nemmeno perso: dopotutto era ancora vivo.
Dio, non era
riuscito nemmeno a morire.
Al diavolo tutto, avrebbe tentato ancora, perché lui
è Mello, perché ha qualcuno da battere e qualcun
altro da vendicare – una
L fatta di pixel dentro ad uno schermo.
E continua a fissare Matt, che ha abbassato lo sguardo, cercando di non
battere le palpebre, quasi.
La brace della sigaretta, stretta tra le dita dell'altro, risalta nella
penombra, e a Mello viene da pensare che le fiamme di quel giorno
maledetto non si siano ancora spente, ma stiano lì, nascoste
in quella sigaretta e lo spiino, ridendo di lui.
“Che c'è, Mello?”
Alza gli occhi, e il suo sguardo si impiglia tra i capelli rossi
dell'altro, rossi come il fuoco – anche se nel buio potrebbero
essere di qualsiasi colore, ma non importa lui sa che sono rossi.
“Nulla”
E gli viene da pensare che Matt sia il suo fuoco.
Che cosa stupida.
“Non te l'hanno insegnato che non si fissano le
persone?” Mello indovina il suo sorriso impertinente nella la
penombra.
Non te l'hanno
insegnato che non si scherza con il fuoco?
Mello sussulta appena. Forse
è l'ennesima fitta di dolore, chissà
“No”
“Bhè, ora lo sai” La voce suona
divertita.
“Sì, ora lo so”
Matt lo fissa un attimo, come fosse sorpreso dalla risposta
accondiscendente; ma poi scrolla le spalle, senza dargli importanza.
Mello è troppo stanco per ribattere; crolla sul materasso,
stringendo il rosario nella mano destra.
Volta la testa dall'altra parte, per non dover più scorgere
la brace incandescente della sigaretta. Ora lo infastidisce.
Eppure il fuoco è sempre lì, nella sua testa, e
ride piano, giusto un passo dietro di lui.
Anche se serra gli occhi e si tappa le orecchie con le mani, non
importa: il fuoco lo aspetta ancora.
E sussurra piano, parlandogli di cicatrici senza significato, di spire
di fumo – di
sigarette o di pistole ancora calde? – di
crocifissi di legno che si consumano tra le fiamme in una chiesa
abbandonata, e di tanto altro, anche se lui non vuole sentire, non
vuole sapere.
Dopotutto non gli importa più nulla, perché il fuoco
ha divorato anche i suoi sogni, ed a lui non resta che osservarne il
fumo.
Ma va bene
così.
“Matt?”
“Che c'è, Mel?”
“Grazie”
Mello osserva il fumo della sigaretta, quasi la risposta dell'amico
fosse nascosta lì dentro, e si sente un po' più
leggero.
Ora le fitte non sono più così intense.
FINE
Ringrazio chi ha commentato il capitolo precedente, ovvero: Adaralbion, Ardenspuffy, Soleya,
Reichan86, KLMN, Elly_Mello, Slepless, strana90, Fofolina,
MellosBarOfChocolate, beat, Hyatt. ^^
Grazie a tutti: ci vediamo alla G!
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Capitolo 7 *** G come Gatto ***
G come Gatto
“Eddai, Mel, lo teniamo?”
Mello guardò accigliato il gatto stretto tra le braccia di
Matt.
Il micio – uno di quei gatti rossicci, enorme –
sembrò miagolargli in tono di sfida.
“Hai sentito, Mel? Gli stai simpatico! Allora lo teniamo,
ok?”
“Assolutamente no! No, no e no!”
“Lo posso prendere per un sì?”
Mello sospirò, contando mentalmente fino a cento, per non
esplodere.
Arrivò fino a tre.
“Ma sei pazzo?!”
“Ma dai! Non fare tutte queste storie! Per un
gatto!”
“Appunto, un gatto! Uno di quei cosi tutti peli e denti
appuntiti...”
“Eddai, ti lascio scegliere il nome!”
“E poi credi che non se ne accorgerà nessuno?
Vorrei ricordarti che viviamo in un college, e se teniamo un animale
qui, saremo puniti”
“Veramente Lisa ha un criceto in camera: Roger le ha dato il
permesso di tenerlo”
“Un criceto, non una bestia carnivora! E poi non posso
stargli dietro: devo usare tutte le mie energie per diventare il
successore di L”.
Mello stava usando la sua ultima carta: quella del senso di colpa; dopotutto Matt aveva a cuore il
suo futuro, no?
“Ah, ho capito...”. Il tono di voce di Matt si era
fatto di colpo basso e desolato, quasi stesse confessando qualche
orrendo peccato.
“Ecco, bravo, sbatti fuori quell'essere”
L'essere, quasi avesse capito di essere stato chiamato in causa,
miagolò infastidito e si dibatté tra le mani di
Matt, senza però riuscire a scivolare via.
“Vedi? Sta cercando di scappare: l'hai spaventato. Poverino:
chissà sotto quale ponte dormirà stasera, al
freddo...”
“Tanto non mi commuovi”
Matt tirò sul con il naso, gli occhi stranamente lucidi;
Mello, a quella vista, sentì qualcosa pizzicargli
fastidiosamente il petto.
“Dai, Matt, non fare così...”
“Non preoccuparti, adesso lo caccio via, è solo
che...”
“Non- non starai piangendo vero?”
“No, no -sniff- ecco, vado...”
“Va bene, va bene! Teniamolo! Contento?!”
“Sì”. Rispose Matt, gli occhi
improvvisamente asciutti e la voce tranquilla.
Dannazione: si era fatto
fregare un'altra volta!
“Idee per il nome, Mel?”
“Che ne dici di... Near?”
“Near?!”
“Sì! Non trovi che entrambi siano piuttosto... ehm, asociali?”
“Asociali?”
“E rompipalle”
“Mel...”
“Eh?”
“Non lo chiameremo mai Near”
“E perché? Hai detto che potevo scegliere il
nome!”
“Perché so che se lo chiamerai Near, non
resisterai alla prospettiva di prenderlo a calci”
“E Roger?”
“Scordatelo”
“Tsk! E cosa proporresti tu, genio?”
“Che ne pensi di Super Mario? Fico, no?”
“...”
“Ehm, Mel? Che- che ne pensi?”
“Tutto il peggio possibile”
“E' un no?”
“Wow, perspicace, eh?”
“Ehm...Magari ti piacerebbe chiamarlo Elle: che ne dici,
Mel?”
“Ma sei impazzito?! Non paragonare Elle a
questo...questo...questo
coso! Guarda come mi osserva! Ha un che di diabolico, lo
sento!”
“Diabolico?
Mh...”
“Ehm, Terra chiama Matt: Matt, rispondi!”
“Ok, ho trovato il nome!”
Matt sollevò per aria l'enorme gatto che fece un miagolio di
disappunto ed agitò la coda nervosamente.
“Benvenuto, Devil!”
Mello si strozzò con la sua stessa saliva.
“Cosa?!”
“Sì, Devil: bello, eh?”
“Bello?!”
“Ah, Mel, scusa, ma ora devo proprio andare: ho il corso
pomeridiano di fisica quantistica. Tieni d'occhio Devil, mi raccomando.
Ciao!”
“Cosa? No, Matt, aspetta...!”
La porta si chiuse impietosa dietro la figura di Matt.
“'Fanculo, Matt!”
La porta non diede segno di aver sentito.
Mello osservò accigliato il gattone, che si era accomodato
senza tante cerimonie sul letto del biondo.
“Miaooo”
“E adesso cosa vuoi, mostriciattolo?”
Il gatto artigliò con noncuranza il cuscino di Mello,
lasciandoci il segno degli artigli.
Mello respirò profondamente per trattenersi e si
avvicinò al letto.
“Bene, adesso io e te mettiamo in chiaro un paio di cosette,
eh, Coso?”
Il gatto rimase in silenzio con gli occhi fissi sul ragazzo.
“Ok, primo: io non rompo le palle a te, e tu non rompi le
palle a me. Secondo: prova solo a marcare il territorio e mi
farò un manicotto con la tua pelliccia. Terzo: tieni quelle
zanne e quegli artigli lontani da me e forse, forse, potremo
avere un rapporto vagamente civile. E' chiaro?”
Il gattone agitò la coda e socchiuse gli occhi pigramente.
“E stammi a sentire quando ti parlo!”
Mello sbuffò scocciato e decise che avrebbe ignorato
l'animale ripassando algebra per il compito in classe del giorno
successivo.
Recuperò velocemente i libri dallo scaffale e li
gettò sulla scrivania, mentre afferrava la sua sedia
preferita.
Il gatto, ancora acciambellato sul letto, seguì attentamente
ogni gesto del biondo.
“E non mi fissare!”
Devil non ebbe neppure la creanza di distogliere lo sguardo.
Quel giorno le nozioni di algebra non avevano la minima intenzione di
rimanergli in testa, ma scivolavano via alla prima occasione:
evidentemente non era il pomeriggio adatto per studiare.
Bhè, per fortuna avrebbe potuto cercare consolazione in
quelle deliziose tavolette di cioccolata di cui aveva fatto scorta
proprio il giorno precedente.
Avrebbe potuto...
Se qualcun altro non avesse avuto la sua stessa idea!
Devil stava guardando piuttosto perplesso i resti di quella che era
stata una tavoletta di cioccolata, prima che finisse tra i suoi artigli.
Mello era rimasto immobile – gli occhi sgranati, la bocca
spalancata in un'espressione di puro terrore – a fissare i
miseri resti della sua cioccolata.
“Argh! Questa me la paghi, palla di pelo!”
Mello si avvicinò al gatto, allungandosi per dargli un
calcio; ma quello, quasi intuendo le sue intenzioni,
artigliò la gamba del biondino, che gridò per il
dolore e la sorpresa.
“Maledetta bestiaccia! Matt, dove cazzo sei?!”
Ma Matt non comparì magicamente dal libro di algebra; in
compenso Devil pareva deciso a non allontanarsi assolutamente dal
biondo, o meglio dalla sua gamba.
Mello, però, era di tutt'altro avviso: piegò
all'improvviso l'arto, per poi stenderlo, e il gatto, preso alla
sprovvista, si ritrovò catapultato dall'altra parte della
stanza.
Ovviamente atterrò su tutte e quattro le zampe.
“Argh! Sai che ti dico, palla di pelo? Che io li odio i
gatti! Non mi piacciono nemmeno in foto!”
Sulla gamba – ebbe modo di osservare Mello –
spiccavano i quattro segni delle unghiate, anche se, fortunatamente,
erano uscite solo poche gocce di sangue.
“Ecco! Mi toccherà fare l'antitetanica,
cazzo!”
Il gatto non diede segno di essersi dispiaciuto, ma osservava
interessato la sedia preferita del biondino – quella che
aveva accostato alla scrivania .
Decise che sarebbe stata perfetta per il suo riposino pomeridiano.
Detto fatto, con un balzo agile, nonostante la stazza, si
accoccolò sulla sedia, emettendo qualche soffice ron ron di
apprezzamento per la comodità dell'imbottitura.
Mello si sentì piuttosto irritato, quasi la sua sedia
preferita lo stesse, in qualche modo, tradendo.
Il biondino, deciso a far sgombrare il gatto da lì e memore
di come quell'essere non avesse remore a sfoderare gli artigli, decise
di non avvicinarsi.
“Ehi, tu! Cosa credi di fare, eh? Quella sedia è
proprietà privata, sciò!”.
Urlò, sottolineando il tutto con ampi gesti delle mani.
Devil aprì appena le palpebre, per richiuderle subito.
“Mi hai capito, palla di pelo? Via da qui!”.
Afferrato un librò lo agitò con fare
intimidatorio verso l'animale ancora accoccolato sulla sedia.
L'unico risultato che ottenne fu che il gatto si girò
dall'altra parte.
“Argh! Guarda che mi ci faccio un manicotto con la tua
pelliccia!”
“E cosa dovresti farci tu, con un manicotto?”
Mello si voltò verso la porta, il libro ancora tra le mani,
e vide Matt appoggiato alla parete, che lo osservava divertito.
Sulla soglia della stanza, c'era una ragazzina che avrà
avuto sì e no dieci anni, che sbirciava verso di lui,
intimidita.
“Tu!” Mello puntò il libro verso di
Matt, dimenticandosi del gatto.
“Io?” Matt non sembrava molto intimidito dal volume
di esercizi di algebra.
“Tu- Questa belv..gatto! Come hai potuto- Non ce la faccio
più!”
La ragazzina, superato il primo momento di shock alla vista del biondo
dallo sguardo pazzo, oltrepassò la soglia, urlando:
“Minù!”.
Il gatto, anzi la gatta,
sollevò la testa e agitò la coda alla vista della
bambina.
“A quanto pare il gatto è davvero suo”.
Commento Matt.
“Cosa?”
“Sì, stava chiedendo un po' a tutti quelli che si
trovavano nella sala comune se avessero visto una gatta rossa, e le ho
detto che forse l'avevo trovata io. Sai, non pensavo che fosse
femmina”
“Non è una gatta, è un
demonio”. Commentò sottovoce Mello, certo di non
essere udito dall'altro, visti gli schiamazzi della bambina, felice per
aver ritrovato il suo gatto.
Dopo aver coccolato la sua gatta per pochi minuti, la bambina, prese
l'animale tra le braccia e, ringraziando il rosso, se ne
andò.
“Ah, che sollievo”. Sospirò Mello
chiudendo la porta
“Pensavo ti piacessero i gatti”
“Cos- Non proprio”. Rispose il biondo con voce
piuttosto irritata; ma Matt non notò lo strano tic sotto
l'occhio.
“Ah, davvero? E perché?”
“Bhè, diciamo che preferisco i cani”.
Mello sorrise appena, mentre Matt aggrottava le sopracciglia, confuso.
FINE
Prima di tutto,
scusatemi se aggiorno soltanto ora, ma a luglio e ad agosto non sono
praticamente mai a Roma.
Ripartirò per il mare oggi pomeriggio e tornerò
solo il 25 Agosto. (Ovviamente sarò senza internet ._.)
Buone vacanze a tutti! ^^
Ringrazio chi ha commentato il capitolo precedente, ovvero: Hyatt, Soleya, strana90, Frejia,
Elly_Mello, Reichan86, Luna11, beat, Someone, perlice.
Grazie a tutte! <3
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Capitolo 8 *** H come Hobby ***
H come Hobby
“Scrivi un
tema di novanta righe in lingua francese sui tuoi hobby, illustrando
dettagliatamente cosa ti ha portato a coltivarli”
La porta della stanza si aprì di scatto facendo prendere un
mezzo infarto a Matt che si stava fumando una sigaretta in santa pace.
“Mel, ma che cazzo è successo?”
“Matt! Devi aiutarmi a cercare un hobby!”
Matt si strozzò con il fumo della sigaretta.
“Un...Hobby?! Ma come te ne esci?”
“Un hobby, Matt! Un passatempo, una passione...come cazzo la
vuoi chiamare, ma devo assolutamente trovarne uno entro
lunedì!”
“Ehm, Mel, non è che magari hai
frugato nel mio cassetto e ti sei fumato qualcosa che non
avresti dovuto fumare?”
“Ma vaffanculo! Per lunedì devo fare un tema in
francese sui miei hobby!”
Matt osservò l'amico, mentre schiacciava la sigaretta
arrivata al filtro nel posacenere.
“Bhè? Che problema c'è? Inventatelo,
no?”
Mello guardò l'altro come se avesse detto qualcosa di
particolarmente interessante.
“Ma lo sai che non è malaccio come idea?”
“Grazie”
“Bhè, Matty, dimmi qualche hobby che potrei
coltivare”. Così dicendo, tirò fuori
dallo zaino un block notes e una penna.
“Bhè, forse giardinaggio, oppure disegno, o magari
potresti suonare qualche strumento musicale. Potresti anche scrivere
poesie, perché no. Ma potresti anche essere un patito della
ginnastica o di qualche altro sport. Ma se vuoi esagerare, potresti
scrivere qualcosa come bug-jumping”
“Bhè, scartando bug-jumping visto che non
è verosimile, direi che gli altri sono fattibili.
Bhè, abbiamo due giorni per decidere quale mi si addice di
più. Direi di iniziare da disegno”
“Iniziare cosa?” Un terribile sospetto si stava
insinuando nella mente di Matt.
“Proveremo tutti questi passatempi per decidere quale mi
piace di più, ovviamente. Mica pretenderai che ne scriva uno
a caso, vero?”
“Cos-?”
“E sbrigati: dobbiamo provarne almeno tre, oggi! Ti do tre
minuti per preparati, su!”
Mentre la porta si chiudeva dietro il biondo, Matt imprecò
mentalmente contro se stesso.
Nell'impossibilità di scappare dalla finestra – era al terzo piano!
- raccattò i jeans della sera precedente e li
indossò mentre scrutava la stanza in cerca delle sigarette.
“Allora? Ci vogliamo dare una mossa?”. Il bussare
insistente di Mello alla porta convinse Matt ad andare incontro al suo
destino.
“Allora da cosa hai intenzione di iniziare, Mel?”
“Meglio fare le cose con ordine, quindi iniziamo da disegno,
te l'avevo detto, no?”
Matt, sospirando appena, pensò che disegno era piuttosto
innocuo come passatempo.
Mello non poteva fare
danni con una matita in mano, no?
“Ehm, Mel? Cosa dovrebbe raffigurare,
esattamente?”. Domandò Matt, stringendo il disegno
di Mello tra le mani.
Sulla tela c'erano, qua e là, delle chiazze di vario colore,
dalle forme più strane, di cui alcune erano persino colate,
facendo perdere a Matt ogni speranza di decifrare quelle scarabocchio
dai colori sgargianti.
Se Mello non l'avesse dipinto davanti ai suoi occhi, avrebbe scommesso
che fosse stato fatto da un bambino di cinque anni. Scarsi.
“Che vuol dire cosa
dovrebbe raffigurare? E' ovvio, no?”
Matt lo guardò inarcando un sopracciglio.
“Non capisci niente di arte, tu!”
“Ehm, forse. Ma cosa sarebbe questa macchia
grigiastra?”
“E' Near”
“Ma non dovrebbe essere bianco, scusa?”
“E secondo te come farebbe a vedersi una macchia bianca su
sfondo bianco?”
“Ehm, vabbè. E questo che roba
è?”
“Porta rispetto! Quello è L!”
“Questo coso qui?”
“Sì, e non c'è proprio nulla da ridere!
Questo è L che mi nomina suo successore, mentre Near viene
cacciato via”
“Ah. Ed io?”
“Sei qui”
Così dicendo indicò un puntolino rosso in alto a
destra.
“Ma scusa, Mel, ma sto volando?”
“Cretino! Stai tenendo il foglio al contrario!”
Matt girò il foglio, ma nessuna illuminazione divina gli
fece distinguere le varie macchie.
“Ehm, Mel?”
“Che vuoi?”
“Che ne dici di cambiare hobby?”
“Sei sicuro di voler provare anche il giardinaggio?”
Matt osservò dubbioso Mello che indossava un paio di guanti
di stoffa sottile e, allo stesso tempo, sbirciava un grosso libro di
giardinaggio al capitolo sulla potatura delle rose.
“Certo che sì! E poi non sembra così
difficile, dai! Voglio dire, seguendo questo libro, anche un cretino
riuscirebbe a far crescere una pianta!”
“Vedremo...”. Sussurrò Matt in tono
profetico.
“Bhè, il libro consiglia di iniziare per gradi...
Vediamo: il primo capitolo è sulle piante grasse”
“Ah. E cosa bisogna farci?”
Mello posò sul tavolo della cameretta un vaso di medie
dimensioni contenete una pianta tondeggiante e piena di spine piuttosto
appuntite.
“Bruttarella questa pianta, Mel. Non c'era nulla di
meglio?”
“Eh, questo ho trovato!”
“Ho capito, ho capito: non ti scaldare!”
“Vabbè... Matt, leggi tu cosa bisogna
fare?”
Così dicendo, Mello passò all'altro il grande
libro aperto alle prime pagine, riguardanti la cura delle piante grasse.
Matt, leggendo, aggrottò le sopracciglia.
“Allora?”. Lo incalzò Mello, le forbici
da potatura strette nella mano destra.
“Bhè, Mel, qui dice solo di lasciare le piante
grasse a se stesse ed innaffiarle il meno possibile, circa una volta a
settimana”
“Cosa? Tutto qui?”
“Sì”
“Non devo potare nulla? Neanche una sforbiciata?”
“No”
“... Che palle il giardinaggio!”
“Bhè, magari sono le piante grasse a non essere
interessanti...”
“Mh, forse hai ragione! Proviamo a potare qualcosa?”
“... Mi preoccupa questa tua ansia di tagliuzzare qualcosa,
sai, Mel?”
“Ma sta zitto e passami quella pianta di rose!”
“Questa?”
Matt poggiò sul tavolo una piantina di rose d'un giallo
intenso, ancora nel vaso di plastica in cui erano quand'erano state
comprate.
“Allora? Da dove devo iniziare a potarle?”.
Così dicendo, Mello giocherellò con le forbici da
giardinaggio, aprendole e chiudendole.
Matt, gli occhi fissi sulle pagine, aggrottò le sopracciglia.
“Sai, Mel, non credo tu debba potarle, ora che sono
così piccole...”
Mello lanciò le forbici da giardinaggio sul tavolo, facendo
prendere un colpo a Matt, che quasi cadde dalla sedia.
“Basta, mi sono rotto: cambiamo hobby!”
L'hobby successivo era la poesia.
Matt tirò un sospiro di sollievo, quando Mello si chiuse in
camera per sondare le
profondità del suo animo nel dolce abbraccio della
solitudine. O qualcosa del genere, insomma.
“Matt!”
Matt, la sigaretta tra le labbra, si volse per ascoltare l'amico.
“Cosa c'è, Mel?”
“Ti devo far leggere la mia poesia, no?”
“L'hai già scritta? Da qua, che la leggo”
“No, no, te la leggerò io! Ma, innanzitutto,
dovrei fare almeno un introduzione, credo...”
“Ehm, un introduzione?”
“Sì, per spiegare l'intensità dei
versi, i significati nascosti, gli intricati giochi di
parole...”
“Vabbè, poi me li spieghi...”
“Allora che faccio, ti leggo la mia composizione?”
“Ehm, ecco bravo, sì”
Mello, visibilmente fiero di sé, tirò fuori dalla
tasca dei jeans un foglio un po' stropicciato e, schiaritasi la voce,
iniziò a decantare i versi.
“Napoleone/seduto
sul balcone/osservava il solleone/ giocando con l'aquilone”
Mello sorrise tra sé, soddisfatto della sua opera.
Matt era rimasto immobile, gli occhi spalancati e una risata che gli
prudeva in gola.
La sigaretta accesa gli scivolò dalle labbra e
finì sul pavimento.
“Bhè, che te ne pare? Ho faticato per trovare
tutte le rime, ma...”
“Mel?”. Matt non sapeva se mettersi a piangere o
farsi una bella risata; ma poiché entrambe le opzioni
sembravano poco adatte, respirò profondamente, cercando di
calmarsi
“Eh? Che c'è? Forse vuoi parlarmi dell'evidente,
ma sottile satira che traspare dai versi e...”
“Che ne dici di darci alla ginnastica?”
Evidentemente Mello non era portato per la ginnastica.
Dopo aver rotto un paio di step, fracassato uno specchio con un
bilanciere scivolato – non si sa come- dalla base, (senza
contare i vari lividi o le ammaccature), Matt insinuò che
forse per quella giornata poteva bastare così.
Mello, aggrottando le sopracciglia, parve riflettere attentamente sulla
questione.
“Forse hai ragione, Matt”
“Ecco, sì, ed ora posa quei pesetti prima
che...”
“Prima che?”
“Ah, nulla. Ecco, bravo”
“Sai, Matt, non è che mi piaccia
granché. La ginnastica, intendo”
“Sai, l'avevo immaginato”. Matt riuscì a
non battere ciglio.
“Credo che il problema debba stare nel fatto che io sono
più un tipo intellettuale, ecco”
“Già”. Convenne Matt
“Vabbè, ci facciamo una doccia e poi scendiamo a
cena, ok?”
“Ok, Mel”
“...Matt?”
“Eh?”
“Quanti addominali ho fatto in sessanta secondi? Li hai
contati?”
“Sai, credo che fossero cinque. Forse sei”
“Ah. Non mi piace granché la ginnastica”
“Già”
Mello, recuperata la borsa con il cambio, aprì la porta
della palestra.
“Aspetta, Mel: toglimi una curiosità!”
“Dimmi”
“Cosa scriverai in quel tema?”
“Ecco, io... Ci penserò”
La porta della palestra si chiuse cigolando.
La mattina seguente Matt era decisamente assonnato: aveva passato la
notte in bianco per buttare giù qualcosa per il tema in
italiano, visto che il pomeriggio precedente era stato piuttosto...
Occupato, ecco.
(E, tanto per essere
precisi, l'italiano non è mica una lingua tanto facile, eh!)
“Ehi, Matt!”
“Buongiorno, Mello. In ritardo anche tu?”. Chiese
Matt, sopprimendo uno sbadiglio nel mezzo nel nome del biondo.
“Già, stavo finendo il tema di francese, quello
sugli hobby, sai?”
“Oh! E quale sarebbe il tuo hobby?”
“E' un segreto”
“Un segr- Cosa?”
“Te lo farò leggere un'altra volta, dai!”
Mello si voltò per nascondere un sorriso, mentre Matt lo
fissava confuso.
Quella sera il professore di francese della Wammy's House, correggendo
i compiti a casa di una delle sue classi, si chiese che diavolo di
hobby fosse
“trascinare il mio migliore amico nei miei geniali piani di
conquista”.
Era il tema di Mello quello? Bhè, effettivamente gli era
sempre parso un po' strano quel ragazzo; avrebbe dovuto farlo presente
a Roger prima o poi.
Mhà.
Fine
Ringrazio chi ha commentato il capitolo precedente, ovvero: MellosBarOfChocolate, Elly_Mello,
_pEaCh_, Hyatt, Freija, Soleya, beat, Slepless, RedFraction.
Grazie a tutti; ci vediamo alla I. <3
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Capitolo 9 *** I come Incubo ***
I come Incubo
Mello urla, mentre le fiamme gli divorano il corpo – il viso, la spalla, il braccio,
la mente- un brandello alla volta; potrebbe quasi sentire
la plastica fondersi con la sua stessa carne e...
Dio! Che qualcuno lo
salvi!
E si volta -gli occhi
sgranati e pieni di lacrime- , si volta, per vedere quel
fuoco mangiargli la pelle, ma... Non c'è nessun fuoco.
Riesce soltanto a sentire un dolore pulsante al viso e maschera antigas
sciolta fra le sue dita, ma non c'è nessun fuoco: non c'è
assolutamente nulla che non vada nel suo braccio.
Si tasta piano il viso, confuso. E'
liscio e senza segni di bruciature.
E Mello si accorge che, effettivamente, non sente nessun dolore: come ha fatto a non rendersene
conto prima?
E' ancora confuso, e non riesce a pensare proprio a nulla, se non al
suo viso intatto -la
pelle è liscia e morbida sotto le sue dita tremanti-
quando sente una risata soffocata alle sue spalle.
Si volta, immobilizzandosi nel vedere Elle.
Mello, notando il sorriso appena accennato dell'investigatore,
sussulta, ricordandosi qualcosa di vitale... Dio! Doveva assolutamente
chiederglielo! Doveva domandargli come...
“Elle, ma...?”
“Oh! Ciao, Mello. Vuoi una fetta di torta? E' al
cioccolato”
Mello abbassa lo sguardo sul piatto che gli sta offrendo l'altro: è vuoto.
Rifiuta con un cenno del capo.
“Cosa sei venuto a fare?” Chiede l'investigatore,
portandosi alla bocca un cucchiaio vuoto.
“Ecco, io...”
“E il fuoco? Ti ha bruciato, il fuoco?”
Mello vorrebbe chiedergli di che fuoco sta parlando, perché
lui non ricorda nessun fuoco, proprio
nessuno!
Ma rimane in silenzio, gli occhi fissi sul quel cucchiaio tra le dita
pallide di Elle, sussultando appena quando il metallo cozza sul piatto
vuoto.
“Dovevi chiedermi qualcosa, Mello?”
Sì vorrebbe chiedergli qualcosa, ma non ci riesce: la voce non vuole uscirgli!
E può solo fissare Elle dissolversi in un attimo, quasi
fosse fatto di tanti pixel, come la lettera nera e familiare a cui
pensa sempre.
“Perché sei morto?”. Urla Mello, ma Elle
già non può più sentirlo.
“Shh! Fa silenzio: lo sveglierai!”
Mello si volta, guardando Near portarsi un indice alle labbra,
facendogli cenno di tacere.
“Sveglierò chi?”. Sussurra Mello,
trovando perfettamente plausibile la presenza dell'altro.
“Sveglierai Kira, no?”. La voce è
seccata, quasi avesse chiesto qualcosa di assolutamente ovvio.
“Kira?”
“Sì, sta dormendo. Guarda”.
Così dicendo, Near indica all'altro un bambino di circa
quattro anni raggomitolato su un enorme letto matrimoniale,
profondamente addormentato.
Ai piedi del letto ci sono decine di candele accese, offerte ad un dio
non meno umano dei suoi fedeli.
“Lui è Kira?”. Sussurra Mello, sorpreso.
“Sì”
Il biondo si avvicina, per cercare di vedere meglio il volto del
bambino addormentato.
Si china sul letto lentamente, spaventato da tutte quelle candele
accese. (Perché
ha paura del fuoco? La risposta è lì da qualche
parte, ma non riesce proprio a trovarla).
Mello scosta i capelli dorati del bimbo (sono il velo della dea Maia,
quei capelli), e vede se
stesso.
E non può fare a meno di urlare, urlare con tutta la voce
che ha, trovano quel viso angelico e fanciullesco semplicemente
raccapricciante (è
il suo viso, quello!), mentre Near si aggrappa a lui,
singhiozzando, pregandolo di tacere, perché altrimenti
avrebbe svegliato Dio, avrebbe svegliato... Ma non se lo ricorda
già più.
“Cazzo, Mel, piantala di strillare!”
Matt lo osserva piuttosto scocciato, mettendo in pausa la PSP.
Mello vorrebbe domandargli cosa ci fa lì, cosa ci fa... Ma, esattamente, dove si trova?
Ah, sì, lo sa, solo che non riesce a ricordare bene... E' la sua cameretta della
Wammy's House, quella?
Forse; anche se non se la ricordava così piccola e
soffocante, quasi le pareti si stessero stringendo attorno a loro.
“Che ci fai qui, Matt?”
“Non vedi che sto facendo?”. La voce è
scocciata, e gli occhi rimangono incollati al display.
“Non dovresti sorvegliare Amane?”
“Sto giocando ora”
“Ed il test di fisica quantistica l'hai fatto? Roger ha detto
i risultati?”
Ma Matt non l'ascolta più, interamente assorbito dalla PSP.
“Matt? Mi stai ascoltando, Matt?”. Mello si sta
arrabbiando: tutta colpa di Matt che non vuole rispondergli. Sta per
urlargli contro ciò che pensa di lui, anche se non sa ancora
bene che parole userà, quando viene interrotto da
un'irritante musichetta che proviene dalla PSP.
“Oh! Ho perso!”. La voce afflitta di Matt gli fa
dimenticare la sua rabbia.
“Bhè? Avrai qualche altra vita no? Ricomincia il
gioco”
“Perché non mi hai mai detto grazie?”.
Mello si scorda ogni cosa, nel sentire le parole di Matt, che sembrano
creare un'eco infinito ed assordante.
“Eh, Mel? Che ti costava dirmi grazie?”.
Mello non sa che rispondergli, davvero, ci prova, ma non sa la risposta!
Non ha senso tutto
questo!
E, inseguendo la risposta, smarrisce la domanda, disorientato dal
silenzio. (Perché
Matt non sta giocando con la sua stupida e chiassosa PSP?! Quel
silenzio gli fa più paura del fuoco!)
Eppure, pensando a delle candele accese (quando aveva visto tutte quelle
candele accese? L'ha scordato.), capisce di non aver
più paura del fuoco, perché c'è Matt
lì con lui, ed il fuoco sembra bruciare un pò
meno.
E ricordandosi la domanda, Mello capisce che la sua risposta non ha
nessun significato, e spalanca la bocca per dire quel grazie negato
così a lungo.
Ma il grazie
non vuole farsi pronunciare, e gli rimane conficcato nella gola,
soffocandolo.
Mello fissa Matt, sperando che sia sufficiente, che Matt capisca, che
vada bene così.
Prega che basti,
perché non potrebbe esistere nessun'altra alternativa.
Matt annuisce appena, prima chinarsi nuovamente sulla sua PSP spenta.
“Perché non giochi ancora, Matt?”
“Mi ami, Mello?”. E' la voce di un pazzo, quella di
Matt, che sorride appena.
Mello, non risponde,
terrorizzato dalla risposta che conosce perfettamente.
“Mi ami, Mel?”.
“Perché non giochi, eh, Matt?
Perché?”
“Perché sono morto”. Sussurra Matt, come
se confessasse di essere colpevole di qualche atroce delitto. In realtà
è la vittima, ma ancora non lo sa.
“Che vuol dire che sei morto, eh, Matt? Stai scherzando,
vero?”
“No. E mi hai ucciso tu”.
Matt si volta lentamente e Mello urla fissando gli occhi bianchi e
ciechi dell'altro, che lo accusano.
Urla, ed urla ancora, senza riuscire a dimenticare quegli occhi che lo
scrutano senza pietà – I morti la provano la
pietà?, si chiede Mello, ma sta attento a non
cercare nessuna risposta.
Mello urla ancora, fino a perdere la voce: la bocca, ora muta, rimane
spalancata e tremante.
E riesce soltanto a chiedersi se tutto questo non sia solo un incubo
terribile e raccapricciante: prega
che lo sia.
Mello è stanco di tutte quelle domande, e apre piano gli
occhi – quando
li aveva chiusi?- per guardare Matt.
Ma l'altro già non c'è più; rimane
solo la sua PSP a terra, ora accesa.
Sullo schermo colorato Mello trova scritto “Game over”.
E vorrebbe spaccare quello schermo, gettare via quel gioco, quando i
pixel si mescolano sotto i suoi occhi, come tante formiche frenetiche.
“Mi ami, Mel?”,
chiede ora lo schermo, ma Mello rimane in silenzio.
E la PSP si sgretola tra le sue mani, quasi fosse sabbia.
Resta solo la domanda, ma Mello non la vuole ascoltare.
Dev'essere un incubo.
E la cameretta soffocante svanisce attorno a lui.
Mello spalanca gli occhi, ansimando.
Fissa il soffitto immerso nella penombra, mentre cerca di ricordarsi il
sogno che ha fatto, ma l'ha già dimenticato.
Si porta una mano al viso, che gli brucia terribilmente, ma riesce a
sentire soltanto la ruvidezza delle bende tra le dita. Ritira la mano
di scatto.
Sente dei rumori attutiti provenire dal salotto, e rimane ad ascoltarli
per qualche minuto, gli occhi fissi sui bagliori colorati che lo
schermo della tv proietta sulla porta aperta della camera.
Forse Matt sta guardando un film o, più probabilmente, sta
giocando con la playstation.
Rimane ad ascoltare quei suoni attutiti per un tempo che gli pare
interminabile, combattuto tra la voglia cercare di dormire un altro
po', e il desiderio pressante di affacciarsi in salotto per controllare
che vada tutto bene.
Quasi non riesce a credere che Matt sia di là, a pochi passi
da lui, dopo... quanto
tempo era passato, esattamente? Un paio d'anni?
E non sa bene se essere felice che l'altro sia lì e gli
abbia salvato la vita, o se dispiacersi che ci sia anche lui in quella
guerra pericolosa ed insensata contro un pazzo e contro il mondo.
Improvvisamente gli ritornano in mente alcune immagini del suo sogno,
ma sono confuse, e scorrono via come acqua... Nulla, pochi secondi e sono
già dimenticate.
Eppure giurerebbe di aver sentito un “Mi ami?”
disperato pronunciato da una voce familiare.
Chissà se nel sogno ha risposto. Forse no.
Mello chiude gli occhi: non vuole più vedere quei bagliori
colorati che illuminano la porta aperta; e per un attimo finge che Matt
sia ancora al sicuro, lontano da lui.
Ma non può
non sentire i suoni attutiti della playstation.
E si ritrova a chiedere perdono per una risposta taciuta, ma che
conosce perfettamente.
“Mio Dio, mi
pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati...”
FINE
Ok, 'sta volta il
capitolo è delirante forte! xD
Bhè, tornando seri, vorrei chiarire che quando Mello sogna
che Matt è morto, non è una sorta di
premonizione, bensì una sua paura che si manifesta
attraverso il sogno.
Mi dispiace per coloro che chi aspettavano la dichiarazione in questo
capitolo (praticamente tutti! xD), ma probabilmente sarà
alla N. ^_^'''
Ringrazio come sempre chi ha commentato il capitolo precedente, ovvero:
Soleya, Elly_Mello, beat,
Ardenspuffy, MellosBarOfChocolate, RedFraction, MiyuNamikaze, strana90,
alice0000 e
reidina (sono una ragazza! xD).
<3
|
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Capitolo 10 *** J come Jogging ***
J come Jogging
“Allora, Matt è tutto pronto?”
Matt annuì, e la sigaretta accesa oscillò appena
tra le sue labbra.
“Ma sei sicuro di aver sistemato bene
l'attrezzatura?”. Insistette Mello, visibilmente preoccupato.
“Certo, Mel, non ti fidi?”
“Sì, sì, è solo che voglio
essere sicuro che sia tutto pronto, sai...”
“Sì, non c'è bisogno che me lo spieghi,
so che è importante per te”.
Matt dava le spalle all'altro, cercando l'accendino in uno dei cassetti.
“Matt?”
Il rosso non si voltò, ma rimase immobile.
“Volevo, ecco, volevo... Scusarmi, sì”
“Tu. Vuoi. Scusarti?!”. Matt sarebbe scoppiato a
ridere, se non fosse stato totalmente fuori luogo.
“Sì, per tutto questo sai. Ti ho trascinato in
questa faccenda che non ti riguardava affatto, e...”
“Ma sta zitto, Mel! Qualsiasi cosa riguarda te, è
importante per me”
Mello si voltò verso la finestra socchiusa per nascondere un
sorriso, ma Matt lo notò ugualmente.
“Eppure, è una faccenda rischiosa,
sai...”
“Rischiosa? Non scherziamo, dai, Mel! E' tutto pianificato, e
poi...”
“Non va presa tanto a cuor leggero questa faccenda,
perché, anche se non lo vuoi ammettere, il rischio
c'è”
“Vabbè, come preferisci... Ma sarà
meglio che ci sbrighiamo, o manderemo a monte il piano”
“Hai ragione, Matt. Hai preso le chiavi della
macchina?”
“Certo, per chi mi hai preso?”. Rispose, un po'
scocciato, facendo tintinnare le chiavi.
Matt era ormai sulla porta, ma Mello temporeggiava ancora, quasi avesse
un ripensamento nei confronti dell'intera faccenda.
“E tutta l'attrezzatura necessaria? Hai controllato che
funzioni tutto?”
“Piantala, Mel, l'I-Pod l'ho messo sotto carica ieri sera, e
ci ho ficcato dentro tutte le canzoni che mi hai chiesto: tutte dalla
prima all'ultima, compresa la colonna sonora de La fabbrica di Cioccolato!
Contento?”
“Tsk! Fare jogging è una cosa seria, sai? E
pericolosa anche: non immagini le distorsioni che si possano
prendere!”
“Sbrighiamoci va, sennò faremo tardi, e non
riuscirai a smaltire tutta la cioccolata che hai mangiato
oggi!”
Mello sbuffò, ma si sistemò meglio la tuta nera e
seguì Matt che già smanettava con l'I-Pod in
cerca di chissà quale canzone.
Bhà, sperava
solo che Near non avesse già occupato lo step. Tsk.
FINE
Quando ho
scritto questo capitolo non avevo pensato che avrei dovuto scrivere il
titolo nel'indice, e così l'effetto a sorpresa sarebbe
andato a farsi friggere. Come sono geniale, eh? xD
Vabbè, mi rifarò con il prossimo capitolo! ^^
Ringrazio chi ha commentato la I, ovvero: strana90, Soleya, reidina,
_pEaCh_, MellosBarOfChocolate, MiyuNamikaze, KLMN.
Grazie a tutti, ci vediamo alla K. <3
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Capitolo 11 *** K come Kira ***
K come Kira
C'è stato un periodo nella vita di Mello, dopo che centinaia
di criminali iniziarono a morire in modo sospetto, in cui catturare
Kira non era una priorità.
Non ancora, almeno.
Ora neppure si ricorda bene quando ha sentito per la prima volta quel
nome; magari Matt gli aveva detto qualcosa in proposito anni prima,
oppure qualche professore l'aveva nominato, o, molto più
probabilmente, ne aveva sentito parlare alla tv.
Ma non vi aveva mai prestato eccessiva attenzione.
Sì, certo, questo Kira era -ed è- un
criminale senza dubbio eccezionale, e tutti si chiedevano come diavolo
facesse ad uccidere la gente conoscendo solo i loro nomi.
Da una parte c'era chi si rifiutava di credere a qualcosa di
così ridicolo
e additava i servizi segreti come i principali sospettati, altri che,
fregandosene se fosse possibile o meno, pretendevano urlando che quel
Kira venisse catturato al più presto, ed infine c'erano
quelli, che sicuramente erano la parte più interessante e
più pericolosa, che erano pronti a giurare che Kira fosse
una divinità.
Assolutamente ridicolo.
Insomma, forse Mello non si ricorderà il momento esatto in
cui ha sentito parlare di Kira, ma ricorda perfettamente l'istante in
cui catturare Kira
è diventato vitale.
[“Mello, Near. L
è morto”].
Buio.
***
Faceva freddo a Londra, quell'inverno.
Mello ficcò le mani nelle tasche del cappotto, ed
aumentò il passo, stando attento a non scivolare sul
ghiaccio formatosi ai lati della strada.
Non che stesse andando in qualche posto preciso, in realtà.
Semplicemente, aveva bisogno di schiarirsi le idee, e la cameretta
soffocante che aveva preso in affitto non era l'ideale.
Improvvisamente colse con la coda dell'occhio un guizzo in una vetrina,
e si voltò istintivamente a vedere cosa fosse.
Dietro il vetro un po' appannato c'erano decine di televisori, uno
sopra l'altro, come tessere di un enorme puzzle, sintonizzati tutti
sullo stesso canale.
Sui vari schermi passavano le foto dei criminali che, da quello che
intuì, erano stati uccisi il giorno precedente da Kira.
E si contavano a centinaia, le persone giudicate e punite da quel dio
fasullo, e erano così tante che sembrava impossibile che ci
fosse davvero qualcuno così folle da uccidere da solo tutte
quelle persone –
esisterà davvero, questo Kira?-, e Mello si
chiese chi avrebbe mai giudicato quel pazzo.
Ed improvvisamente pensò a L – Com'era potuto succedere che
fosse morto? Chi avrebbe mai potuto batterlo? Chi, in nome di tutti i
santi?- a L, che era morto, colpevole di essere dalla
parte della giustizia.
Quale giustizia, per Dio? Non trovava giustizia in tutto ciò!
Gli venne in mente che
una volta, Matt...
E, mentre i televisori continuavano a vomitare immagini tutte uguali,
Mello chiuse gli occhi – li
strinse più forte che poté.
[Matt].
Matt stava lì, appena un passo dietro di lui, con i capelli
scompigliati dal vento ed i lineamenti confusi dal fumo
dell'immancabile sigaretta – o forse era Mello che
già non li ricordava più così bene.
“Perché te ne sei andato, Mel?”
Mello strinse i pugni, cercando di non pensare alla risposta.
“Perché te ne sei andato senza aspettarmi,
eh, Mel? Non conto nulla per te?”
Mello si voltò - il
battito accelerato del suo stesso cuore lo stava assordando.
Ma il ricordo di Matt si perse tra la neve che iniziava a cadere, come
se non fosse mai stato lì.
E, in effetti, era
proprio così.
E Mello, cercando disperatamente i suoi ricordi dietro la neve,
riusciva solo a pensare che era colpa di Kira, solo colpa di Kira [Kira che aveva ucciso L!],
senza riuscire a crederci davvero.
[Kira].
La neve continuava a cadere lentamente, turbinando nel vento.
***
Erano passati esattamente quattro anni, due mesi e diciassette giorni.
Aveva perso il conto delle ore.
Mello era abbastanza conosciuto nel suo ambiente: a soli diciotto anni
era riuscito a diventare il capo di un'organizzazione mafiosa, grazie
alla sua straordinaria intelligenza.
Nessuno pronunciava mai
il nome del predecessore di Mello, che, appena qualche
mese prima, si era ritrovato una pallottola dodici millimetri
piantata nel cranio.
Il sicario, ora, stava lì, appena due passi dietro il suo
nuovo capo, a guardargli le spalle.
Mello sedeva su un grande divano in pelle, fissando lo schermo di un
computer.
Sbuffò.
Non c'era verso che quel
dannato affare funzionasse come diceva lui! Erano almeno venti minuti
buoni che si opponeva con ogni suo singolo circuito a tutto quello che
cercava di fare: era semplicemente inaudito!
Imprecando per la rabbia, si accanì su mouse, cercando di
far partire un programma, riuscendo soltanto a farlo impallare. Dannato aggeggio!
“Matt!”. Sbottò, irritato.
E gli rispose solo l'eco di un fantasma.
Non si accorse di aver smesso di respirare -seppur per pochi, trascurabili
secondi- quasi fosse in attesa di una risposta che non
sarebbe mai giunta -lo
sapeva perfettamente, Mello.
Eppure esitò a voltarsi, quasi temesse di scacciare il
fantasma d'un ricordo che aveva cercato di dimenticare con tutto se
stesso; eppure qualcosa
gli artigliava il petto, gli graffiava la gola, facendolo a pezzi da
dentro, e non serviva a nulla ripetersi che andava tutto bene,
e che avrebbe battuto
Near e catturato
Kira, e un'altra montagna d'idiozie che si era ripetuto
fino alla nausea.
Era un groviglio bruciante d'emozioni, quello che lo stava divorando,
talmente aggrovigliate che nemmeno lui sarebbe riuscito a districarle
– a che pro?
Meglio dimenticarle tutte, tutte quante.
Certe volte, pensando a
lui -lui,
che era tutto il suo passato ed anche un pezzetto di quel presente un
po' opaco- avrebbe voluto essere ancora capace di piangere
e stringere i pugni, come un bambino capriccioso.
Ma era troppo stanco per farlo, troppo stanco.
Ed allora non gli restava altro che aggrapparsi a quell'odio ustionante
racchiuso in quattro lettere.
[Kira]
Era tutta colpa sua -e
forse un po' di Near- se era successo tutto quello,
sì.
Non gliene fregava nulla, proprio nulla, di tutta quella gente senza
importanza che aveva ucciso, né del fatto che ormai era
considerato alla stregua d'un dio-'Fanculo.
Ma aveva ucciso L, e non gliene importava un cazzo se tutto
ciò era maledettamente egoistico.
E quasi gli scappava da ridere a pensare che, dopotutto, non avrebbe
dovuto prendersela così tanto, no? Era una vita che
aspettavano -aspettavano,
sì, loro, loro tutti, da Roger, a Near, all'intera Wammy's
House, e anche lui, perché negarlo?- che L, il
grande, imbattibile L, morisse.
Non era questo che facevano? Preparavano un successore. -Fuori uno: si faccia avanti il
prossimo.
Dopotutto L non era che una manciata di pixel su uno schermo bianco -come diavolo aveva fatto Kira ad
uccidere una lettera?
A pensarci bene, anche Kira non ce l'aveva un volto, per ora -Non aveva nessuna importanza:
presto Mello l'avrebbe scoperto, e l'avrebbe riempito di pugni, questo
era certo.
Ed in quell'odio viscerale cercava di annegare ogni altra cosa
– Solo la
vendetta aveva importanza, solo la vendetta.
[Matt]
Solo la vendetta.
Sì, avrebbe fissato Kira dritto negli occhi -avevano visto L, quegli occhi-
e poi... poi l'avrebbe ucciso.
Maledetto computer: non bastava che s'impallasse, ci mancava solo lo
schermo appannato.
'Fanculo.
***
Mello sorrise soddisfatto: tutto andava secondo i suoi piani; era tutto
perfetto, assolutamente
perfetto.
Soppresse l'impulso di intonare qualche stupido motivetto, addentando
una delle sue tavolette al cioccolato fondente.
Non poté fare a meno di gonfiare un po' il petto, sentendosi
orgoglioso di quel risultato: ce
l'aveva quasi fatta, no?
Studiò la foto dell'indiziato numero uno, che
sembrò restituirgli uno sguardo un po' accigliato da dietro
lo schermo.
[Light Yagami]
Era strano, davvero
strano, pensare che quel tizio probabilmente era Kira.
Toglieva il respiro considerare che, mentre tutto il mondo si chiedeva
chi fosse, lui stava tranquillamente osservando una sua foto.
Assurdo.
Certo, adesso probabilmente sarebbe venuta la parte difficile (era sempre così, si
sapeva!); ovvero catturarlo, ma aveva fatto un enorme passo
avanti, no?
Mello sentiva già una strana gioia a pensare che presto
avrebbe riso dinanzi all'espressione stupefatta di Near che -ne era certo, tsk!-
ancora non conosceva l'identità di Kira.
Avrebbe atteso quel nano da giardino alla linea del traguardo, questo
era poco ma sicuro.
E, una volta lì, avrebbe sorriso con sufficienza ai
complimenti di Roger -
“vedi, Roger? Sono io il successore giusto per L, sono
io!”
E poi avrebbe raccontato tutto a Matt, certo.
La felicità del suo successo venne appannata da una punta di
rimorso -anche se Mello
non l'avrebbe mai ammesso, no.
Chissà Matt cosa stava facendo, ora... Si trovava ancora
alla Wam-....No, non
doveva pensarci -non ancora, almeno.
Eppure, pensando a quel futuro carico di promesse, Mello non
poté fare a meno di sentirsi felice -assurdamente felice-
all'idea che ben presto sarebbe stato libero di spendere ogni ora, ogni
singola ora accanto all'altro – appena un passo davanti a Matt,
tranquillo che avrebbe avuto le spalle coperte, sempre.
Evitò accuratamente di pensare all'ultima volta che erano
stati l'uno accanto all'altro -era
passato così tanto tempo che faticava a ricordare il suo
viso.
Ma quanto tempo era
passato, esattamente?
Mello decise di non volerlo sapere.
Andava tutto bene, in fin dei conti, no?
***
E comprese.
Comprese che era inevitabile che andasse così, che la
vittoria pretendeva un prezzo enorme, esorbitante, e
realizzò l'enormità di tutto quello -un brivido lo fece tremare fin
dentro l'animo.
Considerò quasi stupefatto la quantità enorme -praticamente incalcolabile-
di variabili che avrebbero potuto azzerare anni di lavoro -puf! Sarebbe bastato un attimo e
di tutto quello che aveva fatto non ne sarebbe rimasto nemmeno il
ricordo!- ma, sinceramente, non è che
gli importasse poi così tanto di quelle stupide variabili,
lì si parlava... bhè, si parlava della sua vita!
E non era sicuro di essere pronto a pagare un simile prezzo!
Ed improvvisamente ebbe un flash di Near com'era una manciata di anni
prima -maledettamente
simile al diciassettenne anormale che continuava ad essere-
che, senza sollevare gli occhi dal suo puzzle, sentenziava: “Sei troppo emotivo,
Mello. Per questo sarai sempre secondo”
Il rumore dell'ultima tessera che veniva incastrata era stato acuto e
assordante come uno sparo.
Pensando a Near- Dio!
Near magari proprio in quel momento ripeteva con quella sua odiosa voce
incolore, (incolore proprio come lui), “sono Elle”-
provava ancora una rabbia folle, bruciante; anzi, chiamarla rabbia
sarebbe stato riduttivo: era più simile a... all'invidia annegata
nella delusione di vedere i suoi sforzi puntualmente vanificati da quel
bambino albino, più un qualcosa che non sapeva bene cosa
fosse, ma che gli mangiava il cuore, e gli bruciava la gola ogni volta
che lo guardava, che guardava Near.
Ed invidia, rabbia, delusione -più
un pizzico di ammirazione che Mello non avrebbe mai ammesso-
si mischiavano insieme, facendogli stringere i pugni forte – si potevano contare i segni
delle unghie sui palmi delle mani.
Era maledettamente facile chiamare tutto quello semplicemente
“odio”.
Sì, era facile.
Chissà se anche tutto quello per Near era un gioco;
chissà se pensava a come far combaciare le informazioni
considerandole soltanto tessere di un puzzle, o muoveva i suo agenti
come pupazzi di latta.
Chissà.
Near non avrebbe mai capito la differenza, perché non lui
non funzionava come un essere umano, Mello ne era certo.
Eppure la differenza c'era e lui, Mello, lo sapeva perfettamente
–era un abisso
senza linee nette.
Chissà se Near sarebbe mai stato capace di sacrificare tutto
– tutto!-
quello che aveva per uno stupido senso di giustizia.
Forse no.
Ma -maledizione!-
era colpa di Kira, colpa di quel bastardo, e Mello cercava di
convincersene, disperatamente.
Ed intanto il pensiero di Matt stava lì, appena sotto quel
vortice impazzito di emozioni, ed aspettava.
Perché, per
Dio, proprio ora che l'altro era lì,
lì con lui -e
c'era davvero: non era più un ricordo un po' sbiadito, era
proprio lui!- i pezzi di quel dannato rompicapo si erano
incastrati in quel modo folle ed ingiusto.
E Mello desiderò che Matt tornasse a casa proprio in quel
momento, che per qualche assurdo motivo abbandonasse il lavoro di
sorveglianza che lui stesso gli aveva affidato -non si sarebbe arrabbiato,
promesso.
Avrebbe voluto che lo stringesse forte, in silenzio.
Ma la porta rimaneva chiusa -non
c'era salvezza per lui. Non quel giorno, almeno.
In un attimo di follia incolpò Kira anche di quello.
E rigirandosi nella testa più e più volte l'idea
fumosa del suo futuro -ci
aveva pensato spesso, in quei giorni, ed era un futuro felice quello
che si sarebbero costruiti lui e Matt, ne era stato certo-
capì che era tutta un'enorme bugia quella che si era
raccontato fino a quel momento: era ridicolo, assolutamente ridicolo,
pensare di poter scegliere se catturare Kira o continuare a vivere,
perché, se avesse mollato tutto proprio in quel preciso
istante, semplicemente, non sarebbe più riuscito a vivere.
Catturare quel bastardo era
la sua vita.
Avrebbe cercato di battere Kira perché, semplicemente, non
avrebbe potuto fare null'altro.
Dannazione.
Aveva solo voglia di spaccare tutto, tutto quanto -le unghie, premute nei palmi,
avevano disegnato quattro mezze lune. Perfette.
Ma non lo fece: semplicemente corse in bagno, e si infilò
sotto il getto bollente della doccia, senza neppure togliersi i vestiti
-al diavolo tutto.
Non che stesse piangendo o qualche altra cazzata del genere -mica era un debole, lui.
Aveva solo voglia di farsi una doccia, tutto qui.
Fine
Prima di tutto
vorrei scusarmi per il ritardo: impegni vari (e la connessione
volatilizzatasi per un paio di settimane) mi hanno tenuta lontana dal
pc. ^^'''
Per dirla tutta, non mi decidevo neppure a pubblicare questo capitolo:
non mi piace nemmeno un pò. O_o
[Vorrà dire che mi rifarò con il prossimo: e vi
dico fin da ora che la "L"
non sarà la L di Lawiet. ^_-]
Ringrazio chi ha commentato la J,
ovvero: Soleya, KLMN,
reidina, MellosBarOfChocolate, Elly_Mello, MiyuNamikaze e strana90.
Grazie a tutti ci vediamo alla L. <3
|
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Capitolo 12 *** L come Limite ***
L come Limite
“Sono tornato!”. La porta si chiuse con uno scatto
secco.
Matt sorrise appena dietro il fumo della sigaretta. [Silenzio].
“Matt?!”. La testa bionda di Mello fece capolino
dalla porta socchiusa della cucina.
“Potevi aprirla la finestra, cazzo!”.
Borbottò il biondo, attraversando la stanza con passi decisi
e un po' rabbiosi, e spalancando la finestra per fare uscire il fumo,
che si stava mangiando i contorni della stanza.
Lo sguardo di Matt venne catturato dalla piega del polso di Mello
– appoggiato
con noncuranza sul vetro un po' opaco della finestra
– lo sguardo venne catturato dalla piega di quel polso, per
poi scivolare piano su quella pelle forse un po' troppo pallida
– brivido
– inciampando sui rilievi azzurrini delle vene – la
piega, la piega del polso – brivido –
stava diventando pazzo – pazzo.
Dondolava appena sul limite
della pazzia – pazzo
pazzo pazzo – trattenuto quasi per miracolo
dalla dolcezza di quella piega – appena accennata, appena.
“Che c'è?”. Lo sguardo interrogativo di
Mello aveva i contorni netti di una realtà non
più appannata dal fumo aspro.
“Niente”
“...Io vado a farmi una doccia”
“Ok”
Matt afferrò l'ennesima sigaretta con dita nervose
– nello stesso preciso istante – preciso
– in cui la porta del bagno si chiuse, l'accendino
scattò –
incredibile gesto esatto.
Aspirò la sigaretta fino a sentirsi esplodere i polmoni
– era nervoso.
Anzi, era pazzo.
Fissando il legno scuro della porta, non poté fare a meno
– davvero,
lui ci provò a non farlo, ci provò! -
non poté fare a meno di pensare a Mello – Mello che in quel momento si
stava svestendo piano – non poté
fare a meno di pensare alla nudità di Mello – Mello il suo migliore amico
– amico
– lo immaginò sfilarsi piano la maglietta
– mentre la
schiena si arcuava un poco – i capelli biondi
un po' spettinati che accarezzano la piega morbida del collo
– e pensò più volte il gesto
meraviglioso di Mello di sfilarsi i jeans – piano –
assaporò più volte la perfezione di quel gesto
– fino a che non sentì lo scroscio dell'acqua
– deglutì.
Era il limite della pazzia quello.
Nemmeno il sapore aspro della sigaretta poté distrarlo dal
pensare che Mello era nella stanza accanto – pochi, pochissimi metri
– sotto la doccia – nudo.
Mello – il suo
migliore amico –
il pensiero del corpo di Mello era ancora lì, nella sua
testa – amico.
Decisamente c'era qualcosa che non andava in tutto quello.
Era il limite estremo della pazzia, quello – era lì, e pulsava
appena – era il desiderio che gli stava
mangiando le viscere – era il bruciore della sete –
mentre l'acqua era
proprio lì, accanto a lui – la sete
quella vera, quella che uccideva – che uccideva la
razionalità – la capacità di pensare
– e Mello era proprio lì, accanto a lui
– migliore
amico.
Matt gemette piano – non andava per niente bene, no.
“Ho fatto! Ti serve il bagno?”. Mello si
affacciò in cucina, coperto solo da un asciugamano legato in
vita.
Matt si distrasse a seguire la scia di una goccia d'acqua sul petto di
Mello – deglutì.
“Ehm, sì. Credo che farò una doccia
anch'io”
“Ah. Mi dispiace dirtelo ma l'acqua calda è
finita. Completamente”.
“Meglio”.
Matt optò per una ritirata strategica in bagno.
Non poteva continuare così.
Fine
Prima di tutto: scusate il ritardo.
Come seconda cosa vorrei dire: non mi uccidete se all'inizio avete
immaginato che nel capitolo ci fosse qualcosa che poi non
c'è stato! xD
(A questo proposito vorrei far presente, che una lemon - completa - non ci
sarà, poiché la raccolta non ha il raiting
rosso - se
scriverò qualcosa di vm18, non la pubblicherò
certo in questa raccolta).
A titolo informativo - visto che qualcuno me l'ha chiesto- la
dichiarazione si troverà nella O - la sto scrivendo in
questi giorni.
Ringrazio chi ha commentato la K, ovvero: _pEaCh_, kagchan,
MellosBarOfChocolate, strana90, Soleya e Someone.
Grazie a tutti, ci vediamo alla M. <3
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Capitolo 13 *** M come Mihael ***
M come Mihael
"Mihael"
Solo questo – Mihael
– sussurra Matt, vedendolo.
Mi-ha-el. Punto.
Non gli chiede come stai,
non gli grida contro qualcosa – qualunque cosa
– per fargli anche solo
intuire la sua rabbia, la sua delusione ed il suo sollievo
nel vederlo – non pronuncia nemmeno qualche stupida frase di
circostanza – solo: Mihael.
E poi rimane lì, fermo, guardandolo come si guarda un
quadro, o una statua.
Mihael.
E basta.
E Mello rimane così, senza sapere bene cosa fare, le braccia
lungo i fianchi, rilassate.
Lo sente, Mello, sente che quel nome – il suo nome
– ha un suono strano, né più dolce,
né più aspro, solo strano.
E Matt continua a rimanere in silenzio, quasi stesse ascoltando
qualcosa – Ma
cosa? Forse gli echi di quel nome?
Mihael.
C'è qualcosa di sacro, o quasi, in quel suono.
Matt non l'aveva mai chiamato per nome: sempre e solo Mello, o al massimo
Mel.
Ed ora, invece... Mihael.
E' una cosa strana da pensare, ora che Matt – Matt –
è lì davanti a lui, è strano pensare
che lui, il suo nome, l'aveva quasi dimenticato.
O meglio: non c'aveva più pensato, tutto qui.
Dopotutto a cosa serve un nome?
Mello bastava.
Un nome è
solo un insieme di lettere, una manciata di suoni, che servono soltanto
a distinguere una persona dall'altra, tutto qui.
Tanto più che, con Kira in possesso del Quaderno, il nome
non era solo inutile, ma anche pericoloso:
se conosci il nome di una persona puoi rubarle la vita.
Meglio dimenticarselo.
Eppure, ora che Matt l'ha pronunciato a voce alta, Mello si sente quasi
esposto, nudo.
Rabbrividisce.
E' solo un nome, solo
un nome.
Ricorda che anni fa
– nemmeno lui saprebbe dire esattamente quanti –
l'aveva regalato a Matt, il suo nome.
Era stato poco più di un sussurro, le labbra vicine
all'orecchio dell'altro.
“Mihael Keehl”. Aveva detto, le sopracciglie appena
aggrottate. “E' un segreto”. Aveva aggiunto.
Lo sai tenere
un segreto, vero? Ma non c'era stato bisogno di chiederlo.
Matt aveva sorriso, uno di quei sorrisi che solo i bambini sono capaci
di fare.
“Mail. Mail Jeevas”. Aveva risposto. Era il suo nome, quello.
Mello aveva annuito, semplicemente.
Mihael.
E' strano, per Mello, sentire il proprio nome pronunciato a voce alta:
è sempre stato solo un pensiero, un segreto; ma ora che ha
attraversato l'aria, vibrando, ha paura che qualcuno possa rubarlo.
Ma c'è solo Matt lì, solo Matt –
Matt che lo guarda come si guarda una scultura. Matt.
Matt.
Mello capisce che non c'è solo l'eco del suo nome, in quella
stanza; c'è ne un altro, di nome, che aspetta di essere
pronunciato. Non
potrebbe essere altrimenti.
“Mail”.
Il tono è tranquillo.
Ed è come se il tempo, intorno a loro, riprendesse a
scorrere: Matt sorride appena e gli si avvicina a grandi passi, e Mello
rimane fermo, senza sapere bene cosa fare.
“Ce ne hai messo di tempo, eh, Matt?”
“E che diavolo, Mel! Non sai che cazzo ho dovuto fare per
trovarti! Ci ho messo anni, ci ho messo! Che tu sia
maledetto!”
E Matt non sa ancora bene se abbracciarlo forte, Mello, o
picchiarlo, magari, per tutto quello che gli ha fatto passare; quando
l'altro, improvvisamente, decide al posto suo.
Lo abbraccia, quasi con delicatezza, Mello – Matt non avrebbe
mai immaginato di poter associare il nome di Mello alla parola delicatezza
– come se avesse paura di spezzarlo, come se temesse che
potesse essere solo un'illusione – ma non lo è.
E non è un pensiero né logico, né
razionale, ma a Mello viene da pensare che ora andrà tutto bene.
Tutto.
Andrà tutto bene, ora che Matt è tornato e Mello
ha ricordato il suo nome.
[Il nome di Matt,
però, non l'aveva di certo scordato]
{Mello non lo
sa – non
può certo saperlo – ma L il suo nome
l'aveva dimenticato tanto tempo fa.
E non c'è mai stato nessuno – nessuno –
capace di ricordarglielo.
Ma non ha
più importanza.}
Fine
Ringrazio chi ha commentato la L, ovvero: strana90, MellosbarOfChocolate,
beat e
_pEaCh_.
[E anche chi ha messo questa raccolta tra i preferiti: siete ben 30 persone!]
Grazie a tutte; ci vediamo alla N.
<3
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