Al Centro del Cielo
Prima Stella: Alnitak
Il volto
di Borr aveva il colore delle lenzuola sotto la sua
testa, lo scarlatto delle piaghe tra le labbra livide risaltava come un
fiore sulla neve.
Il Re di Asgard non era che la vittima più illustre dell’infezione
abbattutasi sul Regno.
Re Borr aveva fatto chiudere il Bifrost
e le porte alla città per limitare il propagarsi del Morbo, ma in tutta la
città infuriava e mieteva vittime di ora in ora: i più vecchi e i più giovani
non avevano scampo, uomini forti e robusti venivano prosciugati da ogni energia
in pochi giorni. Ogni sera il cielo veniva percorso dai dardi infuocati, il
fiume si accendeva dalle barche funebri e sulle rive si innalzavano i pianti e
i canti mesti del lutto.
Rinchiuso
nel Palazzo, il Re inizialmente non si era mostrato preoccupato dalla
pestilenza: “I guaritori sono concordi che si tratti di un evento ciclico.
Muoiono i deboli, ma i sopravvissuti sono ancora più robusti di prima. Questo
Morbo causerà molti lutti, ma la razza di Asgard ne
uscirà rafforzata.”
E poi il
suo pugno aveva iniziato ad indebolirsi.
Vè, il suo figlio minore, era stato ucciso dal morbo in una
notte sola. Vili, il maggiore ed erede al trono, in poco più di una settimana.
Solo Odino era stato abbastanza forte da fronteggiare la malattia e
sopravvivere: Borr era restato accanto all’unico
figlio rimasto giorno e notte.
“Dovete
riposare, padre.” Odino aveva muscoli gonfi dallo sforzo e la mascella
contratta:era un guerriero, il migliore di Asgard, Borr era stato a lungo indeciso su chi nominare suo Erede
tra lui e Vili. Poi il diritto di primogenitura aveva preso il sopravvento
sulla forza del secondogenito.
Ma ora non
aveva più alcuna importanza.
“Le
guaritrici dicono che la tua convalescenza non è lontana, figlio mio. Non
incontrerai i tuoi fratelli e tua madre nel Valhalla,
non ora.”
“Non è mia
intenzione, padre. Né deve essere la vostra. Riposatevi.”
Il Re non
gli aveva dato ascolto.
Odino si reggeva
a malapena in piedi, quando due guaritrici erano andate ad avvertirlo
dell’imminente morte del Re. Era accorso al suo capezzale: emaciato e livido, i
capillari del collo esposti e la barba rasata, era l’immagine identica degli
ultimi istanti di vita di Vili.
Una
guaritrice gli aveva passato una pezzuola umida tra le labbra secche, aveva
deglutito forzatamente e poi aveva fatto cenno ad Odino di inginocchiarsi: “Io,
Borr Re di Asgard, nomino
mio figlio Odino successore: A lui la mia spada, la mia lancia ed il mio trono.
Benedico il tuo regno, che sia lungo e prosperoso, e che forza e saggezza non
debbano mai mancarti. Benedico la tua discendenza, che nasca e cresca
riempiendoti d’orgoglio, come lo è stata la mia.”
“Giuro di
governare Asgard secondo i tuoi insegnamenti, di
proteggerla e di farla prosperare nuovamente sulle rovine di questo orrore. Ti
ringrazio, padre.”
“Mi spiace
doverti incoronare ai piedi di un letto che puzza di morte.” Borr tossì sangue e trattenne un gemito: “Sto per
incontrare di nuovo tua madre, nel Valhalla. La mia
sposa mi è mancata, figlio mio.”
“Come a me
manca mia madre.”
“Quando è
morta, tanti nobili mi hanno presentato le loro figlie nubili con la speranza
che decidessi di prendere di nuovo moglie. Non ho mai avuto l’intenzione di
farle un simile torto: ho avuto la fortuna di avere accanto una regina fedele e
devota, che mi ha donato figli che mi hanno reso orgoglioso. Dovrai scegliere
la tua sposa, Odino: sii saggio. Ti auguro di avere la stessa fortuna che ho
avuto io.” Gli occhi di Borr restano fissi in punto
imprecisato della stanza. “Già rivedo i suoi capelli color del fuoco…”
Il petto
smise di alzarsi e le labbra di muoversi.
Odino
restò ancora qualche istante piegato sul corpo del padre.
Quando si
alzò, le guaritrici presenti si inchinarono davanti al nuovo Re.
Sul fiume
la barca del Re ha galleggiato da sola. Come da tradizione, è stato Odino a
scagliare la freccia che ha dato fuoco alla pira: è il segno del nuovo Regno,
l’ultimo saluto del Nuovo al Vecchio Re.
Da quel
giorno il corso fiume venne solcato da sempre meno barche incendiate.
Giorno
dopo giorno, il Morbo smise di mietere vittime.
Ci fu
una nevicata abbondante, i guaritori sostennero fosse catartica.
Al
quindicesimo giorno senza Morbo, Odino fece riaprire i cancelli di Asgard.
Con il
periodo del lutto finito, ad Asgard era venuto il
tempo di rallegrarsi per la fine della pestilenza e festeggiare il nuovo
sovrano. Con la città imbellita e le locande riaperte, con le armature dei
soldati tirati a lucido e le botteghe che esponevano la mercanzia, la primavera
era tornata ad infiorare il regno ed il sole ad inondarlo di oro.
Sul trono,
Odino aveva accolto i nobili che erano venuti a rendergli omaggio e a partecipare
al banchetto in suo onore. Presentavano i doni e le proprie figlie nubili come
se facessero parte della mercanzia, in alcuni casi fanciulle acerbe talmente
cariche di gioielli da risultare grottesche.
Un paio di
loro tuttavia avevano destato l’attenzione del Sovrano, e il Guardiano del Bifrost accanto a lui nel trono non aveva potuto che
tessere le lodi dei loro padri e riferire le loro peculiarità.
Dolcezza,
obbedienza, bontà d’animo; una era abile nella cavalcata, l’altra si diceva
avesse la voce di un usignolo.
Odino spese
qualche parola di circostanza e li face passare di lato.
Quando
venne presentata Frigga di Fjörgynn, tra i presenti
si alzò un mormorio. Accompagnata da un piccolo corteo di servitori, avanzò
decisa avvolta in un mantello porpora trapunto di piccoli ricami floreali, i capelli color del
miele acconciati in morbide trecce ed il portamento elegante e fiero di una
nobile donna, non di una fanciulla intimorita.
Chinò il
capo dolcemente per poi alzare gli occhi azzurri, delineati dalle folte ciglia, per incontrare quelli del Re solo dopo un suo
cenno: “Mio Re e Signore, sono giunta con la speranza possiate gradire i doni
che Fjörgynn vi offre.”
“Giungete
sola da una provincia lontana, milady. Vostro padre non ha reputato opportuno
accompagnarvi alla mia corte? Un gesto poco assennato, da parte di un membro
della nobiltà.”
“Mio
Signore, purtroppo il lutto della pestilenza ha colpito la mia famiglia come la
vostra.”
Qualcuno
tra gli astanti espresse ad alta voce lo sdegno di sentire paragonata la
famiglia reale ad una di rango inferiore. Odino lo zittì con uno sguardo.
“Quante
persone vi sono venute a mancare?”
“Entrambi
i miei genitori e mio fratello.”
“Siete
dunque venuta qui a chiedere per Fjörgynn un nuovo
governatore?”
Frigga scosse
la testa sorpresa, le sopracciglia aggrottate in un’espressione sorpresa:
“Assolutamente, mio Signore. Mio padre, in punto di morte, ha affidato a me la
responsabilità delle nostre terre.” Il mormorio tra la folla si fece più
insistente.
“E voi
avrete la capacità di farlo?”
“Maestà,
nessuno mi ha mai conosciuto meglio di mio padre. Ed egli mi ha giudicato
abbastanza assennata per mantenere il controllo del Fjörgynn.
E sono qui come rappresentante, per omaggiarvi con i doni delle mie terre: gli
orafi del mio paese sono abili cesellatori, ma anziché chiedere di forgiare
gioielli o armi ornamentali, ho commissionato loro questo” Lady Frigga fece
cenno a due servitori di avanzare e di aprire lo scrigno che reggevano.
Al suo
interno brillava un elmo.
Ad un
cenno del Re i due servitori avanzarono sulla gradinata del trono, uno di loro
prese l’elmo per porgerglielo con un ginocchio a terra.
Odino lo
studiò.
Era
elegante e maestoso, con le corna tipiche degli elmi asgardiani
ed ampie ali che si alzavano dai lati. Il colore lucido del metallo di un oro
molto cupo, quasi ottone, gli conferiva un aspetto solenne e maestoso.
“La
fattura è molto pregevole.” Si complimentò il Re. “Che agli orafi del Fjörgynn venga commissionata anche il resto dell’armatura.
Se dimostreranno una tale abilità, sarà mia premura onorarli quanto meritano.”
Le labbra
carnose di Lady Frigga si incurvarono in un piccolo sorriso compiaciuto, mentre
si inchinava nuovamente: “Sono onorata dalle vostre parole, Maestà.”
Quando
passò di lato, seguita dagli sguardi del resto della corte, Odino si voltò
verso il Guardiano: “Di primo acchito posso notare che quest’elmo sembra fatto
a mia misura; Non mi meraviglierei se mi calzasse alla perfezione. Che hai da
dirmi su Lady Frigga?”
“Vi erano
trattative in corso per un matrimonio con vostro fratello Vili, mio signore.
Lady Frigga era una delle candidate, anche se vostro padre non si espresse
favorevolmente nei suoi confronti.”
“Il
motivo?”
“La sua
famiglia non è mai stata molto numerosa e vi sono stati casi di morti di
lattanti e di puerpere. Re Borr temeva che non
fossero in grado di garantire una giusta progenie.”
“Aveva un
fratello, perché non ho mai sentito parlare di lui?”
“Una
caduta da cavallo lo rese invalido da bambino, mio signore. E circolano voci
riguardo a Lady Frigga; pare sia stata addestrata al combattimento”
“Non è invalidante
per una femmina. In molti sostengono che le favorisca a generare figli forti.”
“E che
abbia acquisito un carattere molto volitivo. Ed inoltre non sembra che siano
solo queste le sue qualità. Pare che veda lontano, mio signore. Più lontano di
me.”
“Una
maestra di magia?”
“La madre
lo era. Sono solite passare le proprie conoscenze.”
L’alba seguente si
presentò umida di pioggia e profumata di fiori. Odino aveva dato
disposizione di sellare il suo cavallo e di preparare le armi e si era lanciato
al galoppo per la riserva di caccia con un piccolo seguito di nobili, in parte
suoi vecchi compagni d’arme. Risalendo la china di una collina avevano seguito
le tracce di una mandria di cinghiali.
La pioggia
li aveva sorpresi ed aveva cancellato le orme e confuso i cani.
Odino
aveva seguito un’ombra tra le fronde e si era staccato dal gruppo, cavalcando
lungo il crinale.
Quando la
vegetazione si era fatta troppo fitta per il cavallo l’aveva legato ad un
tronco ed era sceso, lancia in mano, per addentrarsi a piedi tra le fronde.
Il
grugnito di un cinghiale: Odino sollevò la lancia.
Ma l’ombra
alla sua destra aveva un arco.
Una figura
incappucciata e fradicia di pioggia, che puntava una freccia all’animale.
La lancia
del Re fu più veloce: sibilò tra i rami e trapassò il collo del cinghiale.
La figura
si volta di scatto verso di lui, lo sguardo sdegnato che lasciò posto ad uno
sorpreso e poi imbarazzato: sotto al cappuccio scuro, i ricci di Lady Frigga
grondavano d’acqua. Abbassò il capo domandando perdono.
“E di
cosa? I nobili miei ospiti posso usufruire della mia tenuta di caccia quando
più gli aggrada. Ciò che mi sorprende è che non vi siate unita al seguito che è
partito con me stamattina. Vi siete improvvisamente intimidita?”
“Affatto,
Maestà.” Frigga recuperò contegno alzando le spalle, una scintilla quasi ilare
negli occhi azzurri: “Ma dalle mie parti, quando una donna si fa invitare da un
uomo ad una battuta di caccia, lo fa tornare con il carniere vuoto. Se mi fossi
aggregata a voi, questa mattina, stasera avremmo avuto un ben parco banchetto.”
Odino
lasciò che la sua risata si liberasse senza neppure tentare di arginarla.
Quella di Lady Frigga fu più contenuta, un sorriso trattenuto a stento tradito
dai suoi occhi luminosi.
Il Re
indicò il cinghiale accasciato a terra: "Ma ora il mio carniere non è più
vuoto."
"Uno
splendido esemplare, maestà. Me ne sarei vantata molto."
Odino
recuperò l'animale afferrandolo per le grosse zanne per trascinarlo nella
boscaglia: "Più che per il trofeo, se foste stata capace di portarlo da
sola a palazzo avreste dovuto vantarvi per la vostra forza."
"Vi
prego, Maestà, di non scambiarmi per una sciocca: avrei trovato il modo di
sollevarlo da sola; non sarebbe stata la prima volta."
"Dunque
siete solita cacciare sola."
Lo sguardo
della donna si era incupito, il sorriso smorzato in una leggera curva
malinconica: "In verità ero solita accompagnare mio fratello, per
prestargli assistenza. Egli non-"
"Conosco
la sua storia, mi dolgo che una simile disgrazia abbia colpito la vostra
famiglia."
Lei scrollò
le spalle: "Fu un incidente; la vera disgrazia è stato il Morbo che l'ha
tolto al mio affetto. L'invalidità non aveva intaccato la sua bellezza e la sua
vivacità: eravamo molto legati e talmente vicini d'età da essere scambiati
sovente per gemelli; sebbene fossi io la maggiore, non ho ricordi di una vita
senza di lui. A parte ora."
"Comprendo."
Raggiunto il cavallo, Odino vi aveva issato il cinghiale ed era salito a sua
volta. Si era girato verso Lady Frigga per domandarle dove fosse la sua
cavalcatura, ma non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che un morbido rumore
di zoccoli sulle foglie umide aveva annunciato l'arrivo della sua giumenta
rossa. Frigga l'aveva salutata accarezzandole il muso ed era montata in sella
per seguirlo.
La pioggia
aveva cessato di cadere, le nuvole ancora basse si sfilacciavano tra le punte
degli alberi della vallata, tra lo scrosciare di ruscelli gonfi d'acqua.
Il Re le
aveva posto domande sui profitti delle sue terre, su quanto la popolazione era
stata colpita dal Morbo e su chi l'aveva vinto: "Unica sopravvissuta della
vostra famiglia, dovete avere una fibra ben più robusta di quanto lasciate
intendere, per essere guarita a tale infezione."
"A
dire il vero, Maestà, la malattia non mi ha colpito."
"Prodigioso."
"Lo
devo a mia madre. Ella... vedeva più lontano degli occhi di tutti. Una notte si
precipitò nelle mie stanze e mi svegliò trafelata, impartendomi l'ordine di
vestirmi, adunare poche ancelle e partire al galoppo subito per una nostra
residenza di campagna, immersa nei boschi e molto isolata. Mi disse di non
tornare sino a suo permesso, e di vivere nel più totale isolamento. Le chiesi
spiegazioni che si rifiutò di darmi e quando volli almeno salutare mio fratello
lo sentì delirare in preda alla febbre e tossire già fuori dalla stanza. Nei
giorni successivi mia madre venne trovarmi ad ogni calar del sole..."
"Utilizzando
la magia."
Frigga
annuì: "Scorreva in lei come l'acqua piovana in un ruscello. La sera che
non comparì capii, e tornai a casa. Vi trovai solo uno sparuto gruppo di servi
affamati: non mio padre, non mio fratello. Le braci della pira funebre di mia
madre erano ancora accese."
"Alla
sua magia dovete la vita, avete ereditato quelle doti?" Di nuovo, Lady
Frigga annuì. "E cosa vedete, ora?"
Con un
movimento fluido, la donna incoccò una freccia nell'arco, puntò verso la
vallata e la scoccò. Seguì con lo sguardo la parabola del dardo già dalla
collina, perdendosi nel bosco.
Trovarono
la freccia dopo parecchi minuti.
Era
conficcata nel cranio di un cervo maschio, uno splendido esemplare con un
maestoso palco di corna, e gli aveva perforato l'occhio destro, probabilmente
per ucciderlo all'istante.
Mentre
Odino si complimentava con lei per la preda, il bel volto di Frigga era
diventato cupo e aveva ringraziato distrattamente.
Non parlò
più sino al ritorno a palazzo.
Il
Consiglio non era che una formalità, un pugno di Lord che per l'antichità della
loro dinastia o per i servigi che avevano prestato al sovrano si erano
guadagnati un posto d'onore alla presenza delle decisioni del Re. Non tanto per
consigliarle od influenzarle, quanto per venirne a conoscenza prima degli
altri.
Re Borr paragonava i membri del Consiglio ad un nugolo di
lavandaie pettegole: "Se non altro, le lavandaie almeno sono utili"
aveva sbuffato un giorno, causando un moto ilare in Vili e la domanda di Vè sul perché non lo sciogliesse.
"È
tradizione, figlio mio."
"E la
tradizione vale più dell'utilità, padre?"
"La
tradizione è l'unico vezzo, a parte l'armatura, che un guerriero può
permettersi di vestire senza vergogna."
Vè non era che un ragazzino curioso: aveva piegato la testa di
lato e rivolto lo sguardo sulle volte fregiate della loggia: "Anche i
decori del palazzo sono un vezzo."
"Sì,
ma è appannaggio delle Regine. A loro si chiede di essere fedeli ed obbedienti,
di generare figli forti che proseguano la stirpe e di attendere il nostro
ritorno da trionfatori - o di piangere sulle nostre pire. Come ringraziamento,
oltre all'onore di essere al nostro fianco e al governo in nostra assenza, è
loro concesso di tutelare il decoro e la bellezza di queste mura. Vostra madre
aveva a cuore ogni angolo del giardino: Il profumo intenso dei suoi fiori si
sente in ogni parte del palazzo, e ce la ricorda."
In quel
momento, Odino non poteva che domandarsi se Vè avesse
ragione in merito allo sciogliere il Consiglio e rimandare ai loro bagordi
quella dozzina di parassiti.
Soprattutto
quando avevano accolto la sua decisione con aria perplessa, scambiandosi di tanto
in quanto uno sguardo perplesso e un sospiro rammaricato.
Il più
anziano di loro aveva, infine, dato voce alle sue rimostranze: "I Lord di Fjörgynn non erano che una famiglia modesta nobiltà, mio
sire, con limitati possedimenti e poco inclini a seguire la nostra vita di
corte: inoltre, l'assenza di parenti in vita non garantisce l'effettività della
dote che Lady Frigga porterà con sé."
Un altro
nobile si era fatto avanti: "Non vi hanno neppure potuto prestare i loro
servigi militari."
"E
come avrebbero potuto, con il loro figlio maschio paralizzato?"
"Appunto,
mio sire. Invalidato da una semplice caduta da cavallo: non di certo indice di
robustezza. Un tale sangue debole, mio Signore, non sarebbe degno di mescolarsi
al vostro."
"Avete
finalmente compreso la vostra natura di sanguisuga, per essere così esperto di
sangue?"
Un altro
Lord si era fatto avanti: "Maestà, la madre di Lady Frigga possedeva il
dono della magia, e si dice che anche lei ne sia provvista. Non sarebbe
saggio..."
"Osate
definire una mai decisione non saggia?"
Il Lord si
era raggelato e aveva balbettato le sue scuse: "Intendevo dire... è una
donna che governa i suoi possedimenti da sola... è molto caparbia, sicuramente
poco incline all'obbedienza necessaria che vi si deve."
"Quanti
anni ha vostra figlia, quella che mi avete presentato come 'in età da marito'?" Abbassando la
testa, l'uomo aveva mormorato un'età ridicolmente bassa. "Deve essere
proprio una bambina obbediente." Il Re si era alzato e aveva sciolto la
seduta con un cenno della mano: "Che siano raccolte sete e gioielli
preziosi. Entro due giorni i miei messaggeri più veloci raggiungeranno Fjörgynn e presenteranno i doni a Lady Frigga. Tra due lune
diventerà Regina di Asgard."
Al calare
del terzo giorno Odino aveva girato l'angolo del corridoio che conduceva agli
appartamenti Reali e l'aveva trovato percorso da una lunga striscia di broccato
azzurro, come se un qualche sarto disattento avesse srotolato una lunghissima
pezza di stoffa sul marmo lucido del corridoio.
Inizialmente
ne fu infastidito.
Poi lo
fissò meglio, prendendone un bordo tra le dita callose: seta morbida e
decorata, un tessuto per vesti muliebri. Ne fu incuriosito: percorse il
corridoio camminandoci di fianco, a volte scostandolo con un piede. La pezza svoltava
un altro angolo e scendeva una piccola gradinata a chiocciola.
Ed in
fondo alla gradinata, Odino trovò Lady Frigga, il volto impassibile tra le
trecce bionde e la seta che l’avvolgeva come se fosse stata lo strascico del
suo vestito.
"Maestà"
salutò con un inchino.
Ad Odino servì
un attimo per dissimulare lo stupore: "Sono molto sorpreso di trovarvi già
a palazzo, e lieto che abbiate accettato la mia offerta ed i miei doni."
"Avete
dimostrato un tale buon gusto... Sono stati scelti da voi in persona,
corretto?"
"Ma
certo."
"Quindi
avrete riconosciuto la stoffa che vesto."
"Assolutamente."
Frigga
aveva piegato la testa di lato: "Peccato che l'abbia presa dalla
collezione di mia madre e non dai vostri forzieri."
Il Re
domandò piccato se fosse venuta per prendersi gioco di lui: "Sappiate,
Lady Frigga, che la vostra posizione non ve lo permetterebbe comunque."
"Non
era mia intenzione, Maestà, desideravo solamente parlarvi; esprimere la mia
gratitudine ma anche il mio più vivo sconcerto."
"E,
di grazia, posso sapere per cosa?"
"Mi
avete coperta di doni preziosissimi che recavano il vostro nome, ma non la
vostra attenzione. I vostri alfieri mi hanno annunciato la vostra solenne
decisione vergata su una lunga pergamena con il vostro sigillo; eppure non vi
era scritta neppure una frase di vostro pugno. Perdonate la schiettezza, ma
ammetto di essere piuttosto confusa: mi chiedete in moglie e non desiderate
comunicarmelo direttamente o chiedere il mio parere?"
"A
che servirebbe? Quale donna volterebbe la testa dinanzi al trono di Asgard?"
"Forse
una donna che ha cuore un dono diverso da quelli che arrivano in forzieri
d'oro."
"E
sarebbe? Sentiamo."
"Il
rispetto e l'affetto dell'uomo con cui dovrei passare la mia intera esistenza,
mio Signore. A voi dovrò fedeltà, obbedienza - spesso cieca - eredi forti e
sani e la mia vita stessa: se ci pensate, quello che vi chiedo in cambio è ben
poca cosa rispetto alla mia vita che terrete tra le vostre mani."
Odino la
guardò, bella e fiera con i suoi zigomi alti e lo sguardo deciso. Avrebbe dovuto prendere le sue parole come un affronto intollerabile, ma non poté far altro che
reputarlo un battibecco, una piccola sfida con una giovane donna cocciuta:
"Con il vostro comportamento mi rendete piuttosto dubbioso circa la vostra
obbedienza. E ad ogni modo, le vostre rimostranze sono completamente futili,
visto che comunque siete arrivata ad Asgard."
Un piccolo
sorriso piegò le labbra della donna. Allungò una mano verso il braccio del Re,
ne accarezzò il bracciale cesellato, e scomparve in un barlume verde.
Le porte
della Sala del Trono si aprirono sbattendo con tale violenza da creare piccole
crepe sul marmo, facendo cadere a terra una manciata di polvere sottile ed un
paio di calcinacci. La furia di Odino si abbatté poi su un braciere, che venne rovesciato
a terra con un calcio schivando per un soffio una guardia che riuscì a
scansarsi solo all'ultimo minuto.
Lo seguivano
due soldati, a debita distanza e con la fronte imperlata di sudore.
"La
voglio QUI. In ceppi o meno, ma entro il sorgere del sole quella strega deve essere al mio
cospetto!"
Un soldato
prese il coraggio a due mani e fece un passo avanti: la punta della picca che
reggeva in mano tremava appena: "Quanti uomini saranno necessari?"
"Cinque,
dieci, mille! Sellate il mio cavallo e sigillate la stanza del trono. Che
nessuno provi ad entrare qui dentro sino al mio ritorno. Se deve pendere da una
forca, che almeno ce la metta io stesso!"
"Maestà,
vi è qualcosa che dobbiamo riferire al Consiglio? Che state andando a catturare
personalmente… qualcuno?"
Odino
restò un attimo immobile, quasi sorpreso e sospeso nei suoi pensieri. Poi
ringhiò che stava andando solo a prendersi la sua armatura.
I cancelli
della dimora di Fjörgynn erano aperti ed i servi
schierati nelle loro livree linde.
Sotto
l'arcata di marmo bianco dell'entrata, Frigga lo stava attendendo nella veste
azzurra della sua apparizione, i ricci sciolti morbidamente sulle spalle
coperte da un mantello di pelliccia grigia.
Quando il
crocchio reale si fermò ai piedi della scalinata si inginocchiò profondamente:
"Vostra Maestà onora questi luoghi con la sua presenza, la vostra visita è
un dono prezioso e caro al mio cuore."
La lunga
cavalcata aveva placato la furia di Odino e smorzato le sue intenzioni.
Tuttavia restava a cavallo, salutando freddamente la donna piegando appena il
capo: "Non perdete tempo ad adularmi. Piuttosto indicatemi i boschi brulicanti di
cacciagione di cui avete tanto parlato: se sono qui è per aggiungere trofei al
mio palazzo."
"Se
permettete, Maestà, sarà un piacere farvi strada io stessa." Ad un cenno
affermativo Frigga si voltò verso un'ancella e le ordinò di far sellare la sua
giumenta. La trattenne un istante in più: "E fai uccidere e preparare
quattro oche." Aggiunse.
"Ma,
mia signora... state andando a caccia non serviran-"
"Fa'
quel che ti ho detto." Si rivolse poi al Re: "I fabbri ed i
cesellatori hanno ultimato giusto questa mattina la vostra armatura. Ero
impaziente di vedervela indossare."
L’abito
nuziale di Frigga era trapunto di minuscole stelle splendenti che disegnavano
arabeschi lungo la gonna e lo strascico, stretto e modellato sul petto da una
piccola armatura finemente intarsiata, a stringerle la vita così sottile
che Odino l’avrebbe potuta circondare con una sola mano.
Si passò
una mano sul capo e liberò la chioma dal grosso fermaglio d'argento, lasciando che i boccoli si sciogliessero ornandole le spalle. Attraverso il riflesso dello
specchio Odino la osservò togliersi anche la torque
dal collo e massaggiarselo come se fosse stata un fardello troppo pesante.
Ogni
movimento dei suoi polsi nervosi, ogni onda delle ciocche e piega ribelle del
vestito lo facevano fremere di impazienza. Si domandò se in futuro avrebbe
potuto trovare quei gesti talmente famigliari da non subirne più il fascino o
trovarli banali: lo reputò quasi impossibile e si impose di mantenere il
controllo, abbandonando il pesante mantello su una sedia e allontanandosi dalla
specchiera.
Quando
anche gli orecchini ed i bracciali della nuova Regina avevano trovato posto nel
suo portagioie di madreperla lei si alzò e lo raggiunse al tavolino ambrato che
reggeva una piccola brocca di vino e due calici d'argento.
Il suo
sorriso sembrava quasi impaziente, mentre Odino riempiva entrambi i calici.
Accettò ringraziando quello che il suo sposo le porgeva e lo alzò insieme a lui
a brindare alla loro unione. Ne beve un paio di piccoli sorsi, ed Odino notò
che sembrava trattenere a stento una risata.
“Il vino
ti ha già fatto effetto?”
“Forse.”
Frigga ne aveva preso un altro sorso. “Un pochino.” Ammise. “Forse è meglio che
smetta.”
Odino le
accarezzò la guancia morbida e lei voltò appena il viso per baciargli il palmo:
“Frigga di Fjörgynn. Frigga, la mia sposa. Frigga,
Regina di Asgard.” Mormorò piano Odino, come se quei
titoli li stesse assaporando, trovandoli finalmente tangibili: “Frigga,la stella
più splendente al centro del cielo.” Poi abbandonò il calice sul tavolino e appoggiò la
bocca sulla sua.
Interruppe
il bacio solo quando sentì la mano calda di Frigga sulla sua, scivolare lungo
l’avambraccio e liberarlo dal bracciale e poi fare lo stesso con l’altro e poi con
l’armatura. La fermò mentre stava per soffiare su una candela e lei gli rivolse
uno sguardo sorpreso, poi aprì la fibbia del corpetto cesellato e lo lasciò
cadere a terra.
Si scostò
i capelli di lato e lasciò che fosse Odino a slacciare la chiusura sulla
schiena e a scostarle la veste, facendola scivolare lungo le spalle e cadere a
terra.
Poi lo
prese per mano, ed insieme oltrepassarono le cortine del talamo.
Ed ecco che finalmente (o forse no), dopo lungo arrovellarmi
su cosa scrivere dopo la visione di Thor: The Dark World mi sono decisa e ho
scritto questa FRODINO, così ho soprannominato questo pairing.
(Con tutta la follia che il nome ha comportato tra le mie amykette :P). Per omaggiare quella GRAN DONNA che è
Frigga, principalmente. Ha dimostrato più carattere lei in poche scene che
tutti i personaggi nel resto del film. Mi è sempre piaciuta (Le mie precedenti
storie possono testimoniarlo), ma qui l’ho adorata.
C’è poco da dire, mi pare molto lontana da quello che scrivo
di solito, spero che piaccia comunque.
Il nome del titolo è una delle Stelle della Costellazione
della Cintura di Orione, che un tempo era conosciuta come il Filatoio di Frigga.
Bene, ora sapete anche in quante parti sarà suddivisa la
storia.
Come sempre commenti e critiche costruttive sono ben
accetti.
Vi ringrazio intanto per aver letto sino a qui.
Alla prossima!
EC