Unforgivable Heart.

di Ilarya Kiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hiii, did you miss me? ***
Capitolo 2: *** Arise, my dear. ***
Capitolo 3: *** *Zona Autrice* ***



Capitolo 1
*** Hiii, did you miss me? ***




Un rumore improvviso di tacco d’acciaio risuonò nell’immenso vuoto della stanza.
Veloce, deciso, era cominciato piano ma man mano si stava avvicinando, insieme all’avanzare della persona misteriosa al di sotto del lungo corridoio d’ingresso, brillante del letale metallo delle ghigliottine.
Il giovane Sommo Shinigami stava fissando nello specchio, assorto, e fu alquanto infastidito dal suono di un nuovo ospite che non aveva nemmeno avuto il buon gusto di preavvisare la sua visita o quanto meno di annunciarsi, quindi per ripicca nemmeno si voltò, quando ebbe la consapevolezza che l’intruso stava probabilmente raggiungendo la base delle scale. Infatti, dopo qualche secondo, i tacchi si fermarono.
L’enorme cielo azzurro, la distesa sconfinata del camposanto echeggiarono di silenzio, e fu quasi fastidioso, come se il metronomo della Sala di Shinigami si fosse spezzato.
Il Sommo Shinigami avvertì una strana elettricità nell’aria, e finalmente si voltò.

“Ciao, Kid. Ho saputo che tuo padre è morto.”
“Tu!?”
“Già…io e la Morte non andiamo molto d’accordo, a quanto pare.”

Death the Kid, ormai legittimamente “Death”, ossia nuovo “Sommo Shinigami”, restò a bocca aperta nonostante la leggera nota provocatoria nella risposta. Per qualche breve attimo si sentì spaurito, disorientato, quasi vulnerabile come un coniglio spaventato davanti alla mannaia, nel vedere lo sguardo del suo nuovo ospite. Ma poi si ricompose subito, e nell’attesa di decidere come comportarsi in una situazione talmente particolare, decise di dare sfogo alla sua curiosità.

“Come hai fatto?”
“Non lo so nemmeno io, in realtà, e non mi aspetto che me lo spieghi tu, in ogni caso. È così e basta.”
“Tutti ti credevamo morta, lo sai.”
“Sì…lo so. Probabilmente è per questo che nessuno si è accorto di me, mentre venivo qui.”
“Ma tu, ora sei…”
“…già.”
“…e sei venuta fin qui.”
“Già.”

Shinigami si sentì correre un filo di sudore freddo giù dal colletto della camicia. Non aveva dubbi che, in caso di scontro, sarebbe in qualche modo riuscito a tenerle testa, dato che ora era un dio maturo, ma si sentiva preoccupato comunque. Anche lei era cambiata, e molto, dall’ultima volta che l’aveva vista, e non solo come impatto visivo.
Si fermò un secondo a notare il suo corpo, che non aveva mai visto così bene, prima: quei tacchi di metallo altissimi la slanciavano verso il cielo dando alle sue gambe snelle un tocco di sensualità inaspettato e nuovo, su di lei, ma prepotente, e poi…quella tuta nera, che le avvolgeva tutte le membra attillata come una seconda pelle fino all’ultimo centimetro del collo prima della nuca, ecco, quella la faceva sembrare una pantera, una guerriera della notte. Sembrava modellata sulle sue spalle erette, così diverse da quelle cadenti e difensive di un tempo, che mai avrebbero sopportato un tale ruggito di femminilità.
Ma il cambiamento più importante, più pericoloso…l’anima. Quell’anima, terrificante, che con noncuranza si era infiltrata nella tana del suo più acerrimo e fatale nemico.

“Tu sai cosa dovrò fare, ora.” Disse Death, “ Sai quali sono le accuse che pendono sulla tua testa, anche dopo gli eventi sulla Luna. Per non contare il fatto che…”
“...già, la mia anima. E la tua, pure. Esilarante, non trovi? Che io sia venuta fin qui. Una cosa da pazzi.”
“Sei condannata a morte.”
“Ahahahahahahahahahahahah!”

Quella voce, acuta, da pazzi, appunto…Death se la ricordava, era quella dei suoi momenti peggiori, quella che quando risuonava, allora significava che qualcuno poi moriva. L’instabile e folle risata dell’Inferno.

“…facciamo così mio piccolo dio della Morte, visto che io non sono venuta fino a qui da così lontano per sentire ramanzine da un piccolo marmocchio perfettino come te, e visto che se mi arrabbio combino un gran casino, allora le cose le facciamo a modo mio.”

Death strofinò i denti l’uno contro l’altro e rimpianse di non avere Soul Eater, la sua Falce della Morte, lì al suo fianco. Quello che stava succedendo era terribile, e lui non doveva perdere il controllo, non doveva cedere alla paura. Non l’aveva mai fatto, in tutta la sua vita, ma ricordava poche volte in cui vi era stato così vicino come in quel momento, soprattutto perché ora aveva la responsabilità di Death City tutta sulle sue spalle.
“Certo che, alla fine, il desiderio di Medusa si è avverato.” Commentò amaramente.

Le labbra pallide della spadaccina di incresparono in un sorrisetto.
“…hai ragione. Ma, a parte questo, non è così male, sai? Spero solo che quella troia non sia troppo soddisfatta, fra le fiamme dell’Inferno.”
Detto questo, dal braccio teso fasciato di nero fuoriuscì un voluminoso fiotto di sangue, che si solidificò in men che non si dica nella lama di acciaio temprato di una spada a due palmi.
Death indietreggiò, preparandosi al combattimento.
“Cosa vuoi!? Cosa sei venuta a fare qui, mostro?”
In risposta ottenne solo un’altra risatina, mentre la giovane donna impugnava la sua arma tagliente e iniziava ad avanzare a grandi falcate.
Death si preparò ad affrontarla stringendo le mani a pugno e concentrando l’onda della sua anima, lei si avvicinava sempre di più, aveva occhi da pazza, la spada che volteggiava come fosse una piuma tra le sue mani…
E poi si fermò, proprio davanti a lui.
La sua lama fendette l’aria lentamente, fino a posizionarsi orizzontalmente fra le mani della sua maestra, che la resse come se stesse porgendo un’offerta. Il suo sguardo era serio, la voce lieve ma dura.

“Io, Chrona Gorgon, Maestra di Spada Demoniaca, e nuovo Kishin, ti offro la mia lama, mio signore. Nella mia vita precedente ho peccato, e cerco redenzione. Ti prego, accetta questa offerta.
La mia spada è al tuo servizio.”



Ciao, vi sono mancata ?

Dio, ma con chi sto parlando? Da sola, come al solito, non sono proprio cambiata in nulla, alla fine.

È stato come svegliarsi da un sogno.
Ho riaperto gli occhi, una mattina, o una sera, difficile da definire, ed ero ancora qui. Ero a terra, ferita, ma assolutamente ed indiscutibilmente viva. Non so come sia potuto succedere, e tutt’ora me lo sto chiedendo: che sia stato il caso? Il destino? Dio? Chiunque abbia deciso di non essersi stancato che la mia anima abiti ancora il mio corpo, chi ancora mi trascina via dalla morte, beh, chiunque sia stato si sta prendendo gioco di me. Ricordo benissimo perché avevo scelto di morire -una delle ultime cose che ricordo, la più forte e vivida-, ed il mio caso pare deridermi, come se un architetto misterioso e potentissimo abbia deciso di giocare con una delle sue pedine più misere.
Sì, perché io avevo scelto di morire distruggendo il Kishin con me.
Ed ora, il Kishin sono io.

Esilarante, no?
E pensare, che questo è esattamente lo scopo per cui sono stata fatta venire al mondo, tanti anni fa. E pensare che lo sono diventata nell’esatto momento in cui avevo scelto di ribellarmi al destino che mi era stato imposto, e nei brevissimi istanti in cui ho avuto il pieno controllo, o almeno, credevo di averlo avuto, ho fatto l’impossibile per evitare che ciò accadesse. Comico, davvero, spudorato oserei dire.
Avevo deciso di sacrificarmi dopo essere salvata da un mondo di dannazione, che mi aveva portato giù nel baratro della follia insieme ad una smania senza senso di distruzione, insomma, sentivo il terribile peso di tutti i miei peccati sulle spalle, erano terribilmente pesanti.
Mi trascinavano giù, e, ho pensato, la morte mi avrebbe portato redenzione.
Che altro potevo offrire?
Cosa, di più?
Ma, evidentemente, non era abbastanza.
Mi ha fatto pensare, questa cosa, sono confusa. Ed eccomi qui. Facile, no?
Continuo a non capirci nulla, e la mia coscienza mi tritura il cuore ogni ora che passa.

Grazie, Dio, o chiunque altro! Grazie mille davvero!

A quanto pare, c’è ancora qualcosa che devo fare, quaggiù, anche se mi sono trasformata nel nemico peggiore che l’umanità abbia mai incontrato. Non posso essere viva per caso.
Mi rifiuto di crederlo.
Che dire, sarà divertente.

Una sola cosa, standoci a pensare, mi resta. Ora, nessuno mi dirà più cosa devo fare, e finalmente riesco a decidere della mia vita facendomi tirare dalle redini impetuose della mia coscienza e del mio cuore, non più della follia.
A presto, Chrona è tornata.

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Capitolo 2
*** Arise, my dear. ***


Arise, my dear.


La prima cosa che ho sentito è stata il freddo.
Una sottile corrente di aria fredda, insinuante, che scorreva fastidiosa sul mio corpo - corpo?-, che raggiungeva persino gli anfratti più intimi delle mie narici, vi entrava e vi usciva, lentamente, gonfiando i miei polmoni. Sì, stavo davvero respirando.
Restai qualche minuto in questa nuova consapevolezza, pigra, ad ammirare stranita come le mie funzioni vitali lavorassero ancora, anche se debolmente, e non mi feci troppe domande su come fosse stato possibile che questo accadesse.
Presto, però, mi resi conto che quel freddo cominciava a penetrare più nel profondo, fino alle fibre più interne, e decisi di non essere più in grado di perseverare nella sopportazione. Così, contrassi quella parte di me che non è “testa”, per cacciare il gelo, cacciare la morte, e nel farlo un improvviso baleno di dolore attraversò tutto il mio essere, come se fossi stata spezzata contro ad uno spigolo di ferro. Trattenni per un secondo il respiro, e cacciai un gemito tra le labbra aride che mi giunse aspro e rauco come quello di un cane randagio.
In quel momento ne ebbi la conferma, ero viva. Il dolore fisico si annulla, nella morte.
Strana cosa, dato che in teoria dovrei essere morta.
Già, ricordavo benissimo di essere morta, era stato fantastico, uno dei miei momenti migliori in assoluto, e poi più nulla. Ma a quanto pare non tutto era andato come me l’ero aspettato.
Trassi un profondo sospiro, e schiusi le ciglia, ricoperte di sabbia e polvere. Mi accolse un blu trapunto di stelle, vicine e serene, luminose come anime che amano. Mio malgrado, sorrisi: erano bellissime. La loro luce mi trasmise una pace che colò sul mio cuore intontito come un balsamo profumato, e mi beai per qualche istante nel loro fulgido splendore.
Eh sì, ero viva. E se davvero la vita è bella come quelle stelle, allora forse non è stato così male che la morte mi abbia ingannata in questo modo, risputandomi indietro. Respirai di nuovo, e decisi di tentare una nuova sfida ai muscoli; sollevai appena la testa e posai lo sguardo appena più giù del cielo, per vedere cosa restava: attorno a me il paesaggio era candido e pacifico, come un deserto argenteo sotto la volta celeste. Il mio corpo, sembrava che fosse ancora intero, dopotutto. Vidi un paio di gambe scheletriche, lunghe e sporche, unirsi ad un ventre piatto e nudo, da cui sporgono le ossa delle anche come uncini. La mia pelle grigiastra era imbrattata di sangue rappreso, nero, e ricoperta di detriti e polveri. Cercai di muovere le dita dei piedi, e ci riuscii con un minor costo in dolore rispetto a quello che avevo dovuto pagare prima.
Passò poco tempo, prima che io fui riuscita a muovere ogni singolo membro del mio corpo. Con la testa che velocemente iniziò a ruotare insieme al paesaggio intorno mi issai sui gomiti, puntandoli nella fredda polvere, e piegai le gambe, sollevandomi in piedi. Il vento batté più forte sul mio corpo nudo ed emaciato, sporco e incrostato. Quanto tempo era passato?
Non ricordavo nulla.
Nulla, tranne la morte. Cosa era successo? Le ultime immagini riflesse dalla mia memoria erano le smorfie di terrore del Kishin, mentre lo mangiavo, e le sue grida animalesche. Mi faceva male la testa.
Con le gambe che tremavano mossi qualche passo sul terreno sabbioso, e lo sforzo per il mio povero corpo risultò tale che il respiro mi si mozzò ed il cuore prese a pulsarmi insistentemente nei timpani, offuscandomi l’udito e togliendomi la vista, quasi lo vidi sconquassarmi di colpi, sulla pelle pallida e sottile, sotto le costole a vista.
Davanti a me c’era una sorta di declivio, come una collinetta: arrancando e strascicando i piedi lo raggiunsi, ma crollai in ginocchio dalla stanchezza poco prima di potermi affacciare.
Allungando le mani mi aggrappai alla sua cima e sporsi la testa dall’altra parte.

Rimasi a bocca aperta.
Di fronte a me un’immensa luna, azzurra e verde, stava nascendo con una strana aurora multicolore: il cielo nero e blu si illuminava di onde azzurrine e bianche, attorno al suo diametro perfetto, e rischiarava le stelle, offuscandole. Luci brillanti si riflettevano sulla sua superficie liscissima azzurra, e si confondevano a macchie bianche che parevano gocce di tempera mischiate da un pittore distratto. Ci misi lunghi secondi a realizzare che stavo ammirando la Terra.
E, subito dopo, giunse la consapevolezza che il luogo bianco e brullo dove mi ero riscoperta viva era la Luna.

Sorgi, mia cara, siamo ancora qui.

Voce?

La nostra storia non è ancora finita, mia cara.
Quello che hai fatto è stato un atto nobile e di gran cuore, ma nello stesso tempo hai cucito i nostri destini a filo doppio con un’entità che non può permettersi di scomparire, perché è parte stessa dello spirito di questo mondo. Dovrai accettare le conseguenze del tuo coraggio.
Ora, guardati, guardami.

Stremata, chiusi gli occhi davanti alla luce accecante riflessa dall’atmosfera terrestre, e la vidi.
E sobbalzai.
La Voce, quella parte di me che continua a parlarmi in quella zona appena dietro l’orecchio con parole sussurrate, mi accompagnava da sempre, almeno da quanto io riuscissi a ricordare. Era una delicata fanciulla, o una bambina, o la mia coscienza, a seconda delle cose che voleva dirmi, e non mi aveva mai lasciata sola, nemmeno nei miei momenti di delirio peggiore: solo pochi momenti prima del mio sacrificio ero riuscita a riappacificarmi con lei, acquietando la bufera che si era scatenata nel mio cuore insieme ai nostri violenti litigi.
Ma allora, quando chiusi gli occhi e la vidi, non era più la stessa di prima.
Fui attraversata da un brivido di orrore.
Tre occhi, tre allungati occhi neri capeggiavano sul suo volto bianco, ora, il terzo aperto in verticale sull’ampia fronte. Rossi, accesi di fiamme infernale, ma nel frattempo oscuri, vibravano a ritmo con gli spostamenti delle loro orbite, ognuna per conto suo, strabica.
Sulle scapole, due immense ed ossute ali di sangue, i tendini di arti e dita tesi allo spasimo nell’atto di afferrare l’aria, il nulla, e poi quella sensazione…
Come se la mia ombra fosse originata da una fiammata di potere nascosto, che emanava da lei ad ondate come un’aura ardente e inarrestabile.
Questa sei tu, ora. Siamo noi.
Ce lo siamo mangiato e lui è entrato dentro di noi.

Solo allora mi resi conto, solo allora capii, e con la consapevolezza mi giunse anche la percezione di quell’incredibile potere nascosto dalla fame e dalla stanchezza.
Ero diventata il Kishin.

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Capitolo 3
*** *Zona Autrice* ***


Perdonatemi, ragazzi, ma la storia finisce qui.
 
Perché? Beh, principalmente perché, come anche qualcuno ha notato nelle recensioni, questa storia non regge affatto il confronto con quella che la precede. E, soprattutto, non mi convince più, neanche un po’.
Vi confesso che mi sono gettata a capofitto in questo sequel perché non vedevo l’ora di proseguire con la storia che avevo iniziato, insomma, sentivo la mancanza di Chrona e Co. e non sono riuscita a resistere. Risultato? Diciamo che ho “sbagliato prospettiva”.
 
Non mi dispiace quello che ho scritto fino a qui, ma se continuassi, sarebbe solo un salto in caduta libera, e queste cose mi danno fastidio.
 
Quindi, perdonatemi, ma nel mio perfezionismo preferisco non sciupare oltre questa fic, ed è già tanto che non l’ho cancellata tutta in un raptus omicida (sì, lo so, sono autocritica peggio di Kid, ma che ci volete fare).
Non odiatemi.
Plz.
Io vi voglio bene.
:)
 
Perché ho aspettato così tanto tempo prima di decidermi a tarci un taglio? Ah ah.
Diciamo che ho trovato la “prospettiva giusta”: presto uscirà il vero sequel. La storia è già in cantiere, ed appena inizierò a pubblicare piazzerò qui un bel link; se avete ancora voglia di leggere storie da questo ciclo, state connessi ;)
 
(La cosa mi gasa tantissimo, anche se non si nota un gran chè da una pagina scritta :D :D :D)
 
 
Quindi niente, si ricomincia tutto da capo!
 
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A prestissimo!
Baci! :*

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