Nightmares

di Diamante Narcissa Uchiha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sangue sui tetti ***
Capitolo 2: *** Revenge ***
Capitolo 3: *** The red room ***
Capitolo 4: *** Soffocare ***



Capitolo 1
*** Sangue sui tetti ***


Nightmares
Pacchetto: 16
Prompts utilizzati: Titolo (Sangue sui tetti), Avvertimento (Violenza), Canzone (Thriller - Michael Jackson), Colore (Rosso), Prompt generico (Soffocare)
Note (opzionali): E’ stata la prima volta in cui mi sono cimentata con il genere Horror perciò spero che questa raccolta sia riuscita in modo quanto meno decente! Le storie sono collegate tra loro in modo più o meno evidente.
Ho messo l'avvertimento AU in quanto gli ultimi due capitoli sono tali.
 
Chiudi gli occhi e spera che sia solo immaginazione…
 
01. Sangue sui tetti
Un essere dai denti appuntiti correva, scalfendo con i propri tacchi le tegole ramate; quel demone sembrava proprio non avere intenzione di smettere di seguirlo.
Il respiro era affannato sia per la corsa che per il timore crescente e si spandeva nell'aria fredda in un fumo biancastro.
Oltre la paura però si divertiva, per lui era tutto un gioco: era una fanciulla che cercava di non farsi prendere dal suo principe il quale, puntualmente, la rincorreva con il suo sorriso smagliante.
Ma il suo inseguitore, in quegli istanti, era tutto fuorché simile a un beniamino delle favole: le zanne erano lunghe, affilate e ben visibili, da essi e dagli angoli della bocca gocciolava sangue -il suo e quello dello shinigami- l'espressione era rabbiosa, gli artigli sguainati, il completo da maggiordomo lercio e strappato.
L'atmosfera intorno a loro era pesante, profumava di ferro, paura, eccitamento.
Il rosso si voltò indietro, riconoscendo in quella notte senza luna gli occhi rossi che come fari inquietanti si facevano largo nel buio.
Il suo Sebastianuccio non era mai stato tanto freddo e crudele quanto lo era in quella folle corsa.
Lo shinigami rise a quel pensiero, accelerando il passo, trascinandosi dietro la propria death scythe.
Si toccò il braccio sinistro con la mano libera e digrignò i denti: Sebastian lo aveva morso, gli aveva affondato le sue lunghe zanne nella carne e una parte di veleno demoniaco, ora, si stava diffondendo nel suo sangue, rallentandolo.
Quei tetti si stavano sempre più dipingendo del rosso delle loro linfe. Sarebbero stati così belli alla fine di quella notte, quando uno dei due sarebbe morto dilaniato dall'altro, quando le viscere sarebbero state sparse sulle tegole come pennellate raccapriccianti.
-Grell!- Sebastian ringhiò con voce gutturale, tanto profonda da non essere umana; era a pochi passi dal trasformarsi nella sua forma originale.
L'interpellato fu percorso lungo la schiena da un brivido a quel ruggito, non si girò sentendosi come obbligato a correre più velocemente; doveva farlo altrimenti, se il demone lo avesse raggiunto in quel momento, sapeva che sarebbe di certo morto: non era pronto, aveva ancora bisogno di un po' di tempo per ristabilirsi.
Girò a destra, verso i quartieri poveri, senza un ben preciso motivo, solo istintivamente. Doveva scappare.
La salvezza sembrava più reale in quei posti, nei dintorni dei luoghi dove lui e Will avevano affrontato l'ultima prova d'esame un secolo addietro.
Saltò dall'altra parte della strada, continuando a correre su una nuova serie di case consecutive alle prime.
Si guardò per una seconda volta indietro, notando come il bagliore degli occhi di Sebastian fosse scomparso, segno che probabilmente lo aveva distanziato.
Fu felice di quel dettaglio ma proprio in quel momento andò a sbattere contro qualcosa di duro e scivolò sul leggero strato di ghiaccio che copriva i tetti, i gomiti a sorreggerlo e la motosega sulle tegole poco più in là, intontito da quell'inaspettato sviluppo.
La paura di essere stato raggiunto, allora, lo invase violentemente.
Alzò lo sguardo per capire contro cosa avesse incappato, sperando fino all'ultimo che non fosse realmente il demone.
Si ritrovò a fissare, così, due occhi verdi, molto simili ai suoi, ora pieni d’ira.
La sua agitazione sembrò affievolirsi, consapevole di non essere più solo.
Sentì alle sue spalle i passi di Sebastian farsi sempre più vicini, e i coltelli fendere l'aria con un fischio acuto, tanta era stata la violenza con cui erano stati estratti dal completo.
Poi uno schiocco metallico: William aveva estratto la propria death scythe e aveva intercettato il fendente del demone, pur l'azione si fosse svolta nel completo buio e avvolta dalla nebbia.
Questi stava per attaccare nuovamente ma d'improvviso alzò il capo e i suoi occhi ritornarono del normale rosso che li colorava, spegnendosi nella notte.
-Torna dal tuo padrone demone.- la voce atona, forse leggermente rabbiosa, del secondo shinigami riecheggiò nella notte, procurando a Grell un brivido d'eccitamento.
Il rosso con la coda dell'occhio intravide le ombre che erano Sebastian ricomporsi, come nulla fosse accaduto, e inchinarsi.
-È stato un piacere rincontrarvi signor Spears.- poi si rivolse a Grell.
-Signor Sutcliffe, continueremo la nostra battuta di caccia un'altra volta.- sorrise, del suo sorriso da demone, per poi con un balzo ritornare sulla propria strada lasciando i due shinigami soli.
Il rosso si mise seduto, appoggiandosi con la fronte alla gamba dell'altro.
William puntò la propria attenzione su di lui.
Grell alzò nuovamente lo sguardo e si sentì, a differenza di poco prima, pervadere da una nuova paura crescente in quanto il moro lo fissava con maggior ira di quanta ne avesse riservata al demone. Infatti, poco dopo, lo colpì con forza in testa con la propria falce.
Grell si portò le mani al capo dolorante.
-Will, che ho fatto?- chiese scandalizzato: in fondo non aveva fatto nulla di male, aveva rischiato di morire ma...  -Mi sono solo intrattenuto un po' con il mio caro Sebastianuccio.-
William, a quelle parole, gli sferzò un nuovo colpo nel medesimo punto.
-Ahio! Will~!- si lamentò Grell.
-Sono ore che sei fuori! Non credere poi che ti lasci impunito l'aver trascorso tutto questo tempo con quell'essere!- lo rimproverò William con foga.
Il rosso sgranò gli occhi, il terrore che correva nelle vene confondendosi con veleno e adrenalina.
Lo prese allora violente per un braccio, tirandolo in piedi, la motosega ancora a terra.
Grell sorrise sghembo, la rabbia di Will percettibile nella sua stretta.
Si fissarono negli occhi attraverso la nebbia.
William, senza essere visto, sollevò la propria Death Scythe per poi conficcarla nel petto di Grell.
Questi spalancò innaturalmente le palpebre, il moro estrasse la propria falce e l'altro si guardò la parte ferita, grondante sangue.
Si portò le mani guantate al petto, infilando un dito nella propria carne.
Fissò, allora, William con espressione spaesata e addolorata.
Gli occhi di questi era pregni di una rabbia e freddezza tale che Grell non aveva mai visto.
Barcollò un poco, avvicinandosi al suo viso.
-Per...chè?- soffio sulle sue labbra.
L'altro gli poggiò una mano sulla spalla, diminuendo la distanza che vi era fra loro.
Grell pensò che lo stesse per baciare così sorrise, ma William, a differenza dei pensieri del rosso, lo spinse, facendolo cadere di sotto.
Prima di esalare l'ultimo respiro lo vide fissarlo con un espressione di odio e di disgusto e poi sparire nel buio.
Con un ultimo sforzo si portò una mano sporca di liquido cremisi sgorgato dal propria petto alla bocca.
Lo assaggiò e solo allora comprese: quello non era più sangue di shinigami ma di demone.

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Capitolo 2
*** Revenge ***


02. Revenge
Aveva appena staccato dal lavoro, era circa mezzanotte, e camminava per la strada.
Si tolse i guanti e si guardò le unghie con nonchalance: era tranquillo, la notte non lo spaventava anzi, si trovava a proprio agio nelle sue braccia d’oscurità, era l’unico momento in cui nessuno poteva giudicarlo.
Avanzò ancora per una via senza lampioni e distante dalle case, passando a fianco a un cimitero dall’aria abbandonata.
Non ci badò, d’altronde come poteva toccare una distesa di corpi uno shinigami, proprio colui che li aveva ridotti a tali condizioni?
Poi, però, sentì un rumore: come lo spostarsi di una lastra di marmo sulla pietra.
Pensò fosse stata un’impressione: era stanco infondo e non vedeva l’ora di distendersi tra le sue calde coperte rosse.
Avvertì il medesimo rumore ancora una volta.
 
Inizi a irrigidirti mentre l'orrore ti guarda dritto negli occhi
Sei paralizzato...
 
Si fermò, allora, percorso da un brivido. Iniziò a guardare con circospezione il cimitero: ogni lapide, ogni tomba, ogni sasso, seppur tutto fosse avvolto da una leggera nebbia. Tutto era immobile.
Ma, tuttavia, si sentiva osservato, osservato da qualcosa di orribile e pieno di rabbia.
Quella sensazione s’intensificò quando nuovamente sentì lo scorrere di un nuovo masso.
Era come incatenato da uno sguardo –degli sguardi- che attraverso il buio arrivava fino al suo cuore, stringendolo in una morsa, facendolo irrigidire.
 
...E i morti iniziano a camminare nelle loro maschere...
 
Dopo pochi minuti, tra la nebbia intravide qualcosa: i cadaveri stavano lentamente uscendo dai propri luoghi di riposo e si dirigevano verso di lui.
Uno di essi sorpassò il confine di pietra che separava il campo santo dalla strada e il rosso estrasse la propria Death Scythe.
Lo shinigami si ritrovò di fronte una creatura dalle membra cadenti, la pelle decomposta e assente in certi punti, gli occhi che a malapena si mantenevano al loro posto.
Sorrise a quella vista: che cosa credeva di fare quell’essere?
Se era spavaldo in superficie, nel profondo era turbato: com'era possibile che quei morti stessero ancora muovendosi? Era illogico...
Ne vide altri, dal medesimo aspetto e si preparò ad ogni possibile attacco. Si avvicinarono sempre più fino a circondarlo del tutto, le bocce spalancata a mostrare i denti marci e sporchi; un solo passo ancora e gli sarebbero stati addosso.
Questi allungarono le braccia ma prima che potessero fare qualsiasi cosa il semi-dio si girò su se stesso, facendo roteare l'arma; colpì tutti gli zombi che caddero a terra, inermi.
Il rosso li guardò con sorpresa: la battaglia era già conclusa?
Sollevò un sopracciglio e scosse le spalle, si liberò della falce e si rincamminò per la sua strada, lasciandosi alle spalle i corpi.
 
...Stanno per prenderti...
...Ti possiederanno...
 
Passò poco tempo prima che si sentisse seguito. Ancora una volta ricondusse quella sensazione alla stanchezza: aveva proprio bisogno di dormire.
Sentì come uno strisciare poco più distante da sé, si bloccò e si guardò indietro.
Il buio non aiutava ma vide qualcosa avvicinarglisi, arrancando sull'asfalto.
Spalancò gli occhi: non era possibile, li aveva eliminati!
Uno degli zombie urlò di rabbia, accapponandogli la pelle.
Iniziò allora a correre verso le case, verso la luce, forse così avrebbe avuto più sicurezza.
Appena vi arrivò si girò ancora indietro, si accorse, così, che nessuno lo seguiva.
Per maggior sicurezza salì su un tetto. Di certo, si disse, lì non lo avrebbero preso.
Continuò dunque ad avvicinarsi a casa propria. La distanza che separava essa dal suo ufficio non gli era mai sembrata così lunga.
Ma i morti l'avevano raggiunto, animati da un sentimento crescente di vendetta, e si stavano arrampicando sui muri delle abitazioni, lasciandosi dietro pezzi di pelle, carne e un leggero strato di muffa e muschio.
Senza che se ne accorse, lo shinigami fu assalito da due zombi, giunti primi sul tetto, che gli saltarono addosso.
L'avrebbero fatto loro pezzo per pezzo.
 
...Si stanno avvicinando per compiere il tuo destino
 E anche se tu combatti per restare vivo
 Il tuo corpo inizia a tremare...
 
La loro intenzione era quella di ucciderlo, lo sapeva, ma non glielo avrebbe permesso per nulla al mondo: il suo Will aveva bisogno di lui.
Riprese la propria motosega e si liberò dalla presa dei cadaveri.
Intanto anche altri riuscirono a salire, andando a dare supporto agli altri già presenti sulle tegole.
Il rosso colpì anch'essi con l'arma. Tutti erano immobili ma in poco tempo si ristabilirono e tornarono in piedi, avventandosi ancora una volta contro di lui.
La sua falce si dimostrò nuovamente inutile. Iniziò a tremare; uno zombi gli si aggrappò al torace e gli addentò il collo; altri fecero lo stesso lungo le sue gambe.
Si sentì strappare la carne dalle cosce, dal ventre, dal petto.
Urlò come mai aveva fatto in vita sua.
Invocò il nome del suo amato, speranzoso che, d'ovunque fosse stato, avrebbe sentito il suo implorare.
Un'altra presenza, allora, arrivò su quel medesimo tetto che si stava macchiando del sangue del semi-dio.
Il rosso intercettò il suo sguardo.
William ricambiò con il suo volto inespressivo e gli occhi freddi.
-Non avresti dovuto.- disse solo questo.
Lo shinigami, infine, sotto lo sguardò freddo del moro, fu totalmente sbranato dagli zombi.
Quand’essi furono sazi e soddisfatti della propria vendetta sul loro uccisore, tornarono alle loro tombe per il loro eterno riposo.



*I pezzi in corsivo sono tratti dalla canzone "Thriller" di Michael Jackson.

 

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Capitolo 3
*** The red room ***


03. The red room
Se ne stava rannicchiato per terra, la braccia a stringere le gambe lunghe e magre al petto, il marmo freddo del pavimento ad infastidirgli il fondoschiena e i piedi nudi.
Vestiva un telo rosso come i suoi capelli, come le pareti di quella stanza senza porte, come il suo stesso sangue che, ora impaurito, correva nelle sue vene.
Era umano, lo sentiva sulla pelle e nel cuore: la sicurezza data dalla sua natura di shinigami era totalmente scomparsa, lasciando spazio a un battito accelerato, a sudore freddo, ad occhi sgranati e membra tremanti.
Non avrebbe avuto paura se fosse stato un semi-dio, gli umani non potevano molto contro di loro, ma in quelle condizioni...
Era tutto buio intorno a lui tranne che per delle piccole lame di luce che filtravano da fessure grandi come occhi nelle assi di legno che serravano l'unica finestra.
Quella prigione lo rendeva instabile: da una parte lo rilassava, il suo colore era per lui fonte di sicurezza, dall’altra lo spaventava, era vuota, spoglia, priva di via di fuga.
Improvvisamente percepì nell'aria una vibrazione leggera. Alzò lo sguardo dalle proprie ginocchia ritrovandosi a fissare un’ombra luminescente, alla sua presenza anche la poca luce della finestra si era spenta; come fonte d’illuminazione quindi rimaneva solo quell’essere.
Aveva un viso ma i suoi lineamenti era indefiniti, ciò che, però, ben si distingueva era un paio d’iridi rosso inferno.
L'essere gli si avvicinò muto e allungò la sua mano incorporea.
Lui allungò la propria e, sorprendentemente, riuscì ad afferrare l'altra. Si tirò, allora, in piedi ma a fatica.
Sorrise: quell'ombra sembrava venuta ad aiutarlo.
Vide la bocca semitrasparente ricambiare il suo sorriso con un ghigno storto.
Fu sbalzato così contro la parete davanti a sé con forza inaudita.
Sbatté il torace contro il muro e sentì alcune costole incrinarsi e rompersi.
Una gli perforò la pelle, confondendo il colore del vestito con quello del sangue. Si accosciò a terra.
Urlò dolorante portandosi una mano sulla ferita, la sua voce lo spaventò tanto era pregna di sofferenza.
Si guardò intorno, cercando l'ombra. Subito non la vide ma poi la trovò poco distante da sé.
Si alzò più velocemente possibile e andò verso essa con passo svelto ma incerto con l’intenzione di attaccarla.
Gli sferrò alcuni pugni ma questi trapassarono l'aria, destabilizzandolo: com'era possibile? Prima l'aveva toccato e ora perché si ritrovava a malmenare il nulla? Non capiva.
Cercò nuovamente di colpire l'essere, questa volta al viso.
Ancora una volta il suo fendente andò a vuoto e le sue costole iniziarono maggiormente ad urlare.
Si piegò su se stesso, sopraffatto dalle sue condizioni fisiche.
L'ombra dunque ne approfittò, gli prese i capelli, strattonandolo, iniziando a sbatterlo violentemente a terra.
Il suo viso si riempì di sangue, le sue ossa si spezzarono una ad una.
Non capiva che cosa stesse succedendo, chi fosse quell'ombra, perché sembrasse così adirata con lui, il motivo per cui si trovava lì...
L'essere si fermò, lasciando il rosso disteso, vigile ma inerme, a pancia in su.
L’ombra si levò sopra di lui e gli si avvicinò: il suo viso incorporeo a pochi centimetri da quello dell'umano.
-Mi dovevi una battuta di caccia.- sussurrò l’essere, un solo sussurro che fece spalancare gli occhi al prigioniero.
Fu sollevato per sotto le braccia e scaraventato contro la finestra.
Un urlo atroce si sprigionò dalla sua gola.
Ruppe le assi con la schiena, le quali inutilmente aveva provato a spezzare già prima, appena era rinsavito in tal luogo, ritrovandosi sbalzato al di fuori della stanza.
Rotolò sulla ghiaia per qualche metro, le sue gambe e le sue braccia si riempirono di graffi e sangue.
Era ormai ridotto al pari di una bambola di pezza grondante liquido cremisi.
Alzò di poco gli occhi, guardando all'interno di quella che era stata la sua prigione. L'ombra era sparita nel nulla come se la luce esterna l’avesse inghiottita.
Ritornò con il capo a terra, anch'esso pieno di ematomi ed escoriazioni, vide due iridi verdi, sorrise per quanto possibile e chiuse le palpebre.

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Capitolo 4
*** Soffocare ***


04. Soffocare
Si svegliò di soprassalto in preda ai sudori freddi: quegli incubi erano stati davvero orribili.
Cercò di calmarsi con respiri lenti e profondi, asciugandosi la fronte con una manica.
Girò il capo verso William che ora occupava l'altro lato del letto, il suo viso a pochi centimetri dal suo.
Gli si avvicinò, gli accarezzò i capelli e gli baciò una tempia.
-Quanto sei carino quando dormi.- gli sussurrò, sorridendo dolce
Si mise seduto, attento a non scoprire l’altro dalle coperte e iniziò a guardarsi intorno.
La camera, così come tutta la casa, era in totale silenzio e al buio: ogni tapparella e porta era ben serrata, ogni luce era spenta e non vi era nessun altro a parte loro ad occupare l’abitazione.
Il buio, a differenza di altri persone, non lo spaventava, lo trovava invece un ottimo compagno nei momenti di difficoltà, e così era anche per il silenzio.
I suoi occhi umani non riuscivano a vedere attraverso l'oscurità ma poteva ben immaginare come la stanza potesse essere: i comodini e il comò ricolmi di soprammobili, profumi, accessori e oggetti per il trucco, ne aveva talmente tanti che persino quello di William era stato invaso; gli armadi pieni dei loro vestiti: uno per il moro, gli altri due per sè. Tutti i mobili erano in stile moderno, bianchi con dettagli rossi, li avevano scelti insieme.
Il sapersi in quel luogo familiare e sicuro contribuì a calmarlo.
Si riprese totalmente dagli incubi finalmente ma, d'improvviso, Grell avvertì qualcosa.
Non fu tanto un rumore o simile, fu più che altro una sensazione sotto pelle, che dallo stomaco saliva fino al cuore.
Sembrava provenire dall'esterno, solleticandogli le costole.
Senza un motivo preciso, la sua mente iniziò a ripercorrere tutti i momenti in cui era stato più fragile, quando gli altri si erano approfittati di lui, deridendolo e umiliandolo.
Ricordi cha andavano dall'infanzia fino a pochi giorni prima: i bambini e gli adulti erano crudeli nella medesima maniera.
Lo sbeffeggiavano per il suo modo di parlare, di vestire, di essere.
L'unico che aveva saputo andar oltre tutte le apparenze e i pregiudizi, che l'aveva conosciuto e aveva imparato ad amarlo, ora dormiva accanto a lui.
Alcune lacrime scesero dai suoi occhi, rigandogli le guance.
-Per…chè?- sussurrò al nulla singhiozzando, quasi vi fosse qualcuno responsabile di quel viaggio nel dolore.
La sensazione intanto si fece sempre più sgradevole, iniziò a opprimergli il cuore in una morsa gelida; sembrava come se delle mani gli avviluppassero i polmoni e il muscolo cardiaco, soffocandolo dall’interno.
Si portò allora le mani al petto, stringendo la stoffa cremisi della maglia che portava; iniziò nuovamente a respirare con affanno.
Ancora e ancora la sensazione s'intensificò, ribellandosi al rosso che tentava in ogni modo di scacciarla.
Si cominciò a graffiare il petto, nella prova ennesima di sentirsi meglio; gemette quando la pelle si lacerò sotto le sue lunghe unghie.
Si piegò su se stesso, la fronte quasi a contatto con le ginocchia.
Guardò verso William ma non vide nulla per il troppo buio, forse stava ancora dormendo.
Era normale che cadesse in un sonno profondo, soprattutto se nei giorni precedenti aveva lavorato senza sosta.
E così era ora.
Si allungò verso di lui per cercare di svegliarlo ma poi qualcosa lo afferrò per il collo.
Senti delle dita, questa volta vere e tangibili, premere sulla sua gola. La sensazione al petto era sparita come soffiata via dal vento.
-Non avresti dovuto prendere alla leggera il tuo incarico... Grell.- il fiato caldo di William gli solleticò un orecchio.
Sgranò gli occhi.
-Will…- le dita del moro strinsero maggiormente la presa soffocandogli un urlo.
La paura più profonda iniziò a divorarlo: dubbi, incertezze… Scandagliò ogni opzione per riuscire a capire il significato di quelle parole ma nulla, non riuscì a trovare una spiegazione a tale situazione.
Si ritrovò nuovamente per i tetti, ad essere inseguito da un demone e poi da un gruppo di zombi pieni di fame di vendetta, ancora in quella stanza spoglia, buia e rossa, in compagnia di quell’ombra dagli occhi infernali.
In un flash veloce ripercorse tutti i sogni angosciosi di quella notte.
Si chiese nuovamente il perché di ciò: perché il destino sembrava avercela a morte con lui?
Cercò di liberarsi dalle mani sul suo collo, graffiando le dita di William, ma esso intensificò ancora la presa, non curandosi dei suoi tentativi e gemiti soffocati.
Infine Grell si arrese, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e aspettando che l’altro finisse il suo dovere.
Chiuse gli occhi.
 
Forse l'incubo non è ancora finito.

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