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“Capisci?
Non la smetteva di ripetere Quanto è
bello Joe!, che muscoli che ha Joe
e che occhi! tutto il giorno!”.
Rose continua a lamentarsi da due giorni
– da quando sua sorella è tornata a casa, praticamente – di quanto,per tutta l’estate, Linda non abbia fatto
altro che parlare di Joe.
La risata di Chris echeggia nella radura.
“E non ridere! Tu non c’eri, l’ho sopportata
io per tutto questo tempo!” la fulmina la più piccola, stringendo stizzita le
mani attorno alle briglie di Sally, il suo cavallo nero e sbuffa.Ma Chris, nonostante conosca l’esasperazione
a cui porta Linda in modalità-cotta, non riesce proprio a sentirsi in colpa per
la storia di Rose. Ha passato l’estate più bella della sua vita a Barcellona,
migliorato il suo spagnolo, conosciuto persone simpaticissime e spuntato
un’altra città dalla lista.
“E oltre ad ascoltare le elucubrazioni di
Linda su questo fantomatico adone greco, hai anche imparato a cavalcare
decentemente o ti sei rammollita senza di me?” fa per distrarla. Rose maschera
un sorriso sardonico dietro uno sbuffo sarcastico, tira le briglie e il cavallo
prende velocità. Sa che non riuscirà mai a battere Christina, ma continua a
trottare, contagiata dal suo buon umore. Non glielo dirà mai, ma le è mancata
quell’idiota, era davvero necessario che andasse via per tre mesi? E comunque,
non poteva portarla con lei? Perché si, andare a fare compere con la mamma e in
piscina con papà è stato divertente, ma vuoi mettere fare le crostate con Chris
in cucina,le gare con i cavalli nel
bosco, andare a fare il bagno al lago e cantare le canzoni a squarciagola sul
suo pick up?
Chris conta mentalmente fino a dieci,
osservando la coda nera e setosa dell’animale e le trecce bionde della
ragazzina che lo monta, poi afferra saldamente le briglie di cuoio scuro e si
lancia al suo inseguimento. La boscaglia è un intricato reticolo di stradine in
terra battuta, enormi faggi, pini e alberi dal fusto largo e la chioma
rigogliosa e alta, fiori di campo e piccoli animali. E’ incastrata tra un
piccolo lago dal fondo fangoso, una serie di campi di grano e tabacco e sul
lato est, superata una serie di tronchi caduti, vittime di qualche tempesta,
una piana erbosa e priva di alberi, da cui è possibile osservare i giardini sul
retro e le terrazze dei ranch e delle villette di fine secolo scorso della
periferia. Ed è proprio li che entrambe si rendono conto di essere nei guai.
Anche da quella distanza, Chris
percepisce lo sguardo furioso di sua madre, assieme a quello non più gentile di
Linda e quello curioso dei loro ospiti.
“Ohoh” sussurra
Rose, voltandosi nella sua direzione.
“Già, ohoh”
ripete, smontando da cavallo per aiutare la sorella a scendere.
“Va’ avanti tu, sistemo i cavalli e ti
raggiungo” le dice, ma Rose la aspetta fuori dalla stalla, si morde l’interno
delle guance e tira con due dita la punta delle trecce. Non che le si possa
dare torno, in fondo: mrsGray
diventa parecchio suscettibile quando si parla di ospiti a pranzo. Chris chiude
i box e si spazzola alla buona i pantaloni dalla polvere, stringe la mano di
Rose facendole l’occhiolino e si sistema sulla bocca il sorriso più sfacciato
che ha.
“Per l’amore del cielo Christina! Sapevi
che avremmo avuto ospiti, avreste dovuto essere qui almeno un’ora fa!” esclama
la signora Gray, quando le due ragazze fanno capolino
nel giardino, con le guance rosse e i capelli in disordine per il vento.
“Lo so, scusa. Scusate tutti - si volta
verso i suoi ospiti senza guardarli davvero - abbiamo perso la cognizione del
tempo. In fondo non è ancora pronto, vero papà?” gli sorride sprezzante e il mrGray scuote la testa
divertito. Dopotutto, la capacità di cavarsela sempre e quel sorriso
impertinente li ha ereditati da lui.
“Ad ogni modo, vogliate scusarci, noi
andiamo a cambiarci”, afferra la sorella per il braccio e la trascina dentro.
“Oh, non vedo l’ora di sentire altri
venti minuti di monologo sugli occhi di Joe” borbotta
Rose davanti allo specchio e Chris, davvero, ce la mette tutta ma non può fare
a meno di ridere mentre cerca di rendere entrambe presentabili.
Linda ha sempre pensato che se sua
sorella usasse il gloss invece del rossetto, si
sedesse più composta, la smettesse di accorciarsi il nome in un soprannome
tipicamente maschile, cominciasse a trattare i ragazzi come potenziali partner
invece di farci amicizia e uscirci la sera senza nessuna complicazione sentimentale
anche solo lontanamente simile ad una cotta preadolescenziale, forse la sua
vita sarebbe migliore. O per lo meno, la vita di Linda lo sarebbe e lei
potrebbe anche smetterla di scusarsi continuamente per il comportamento di
Chris.
“Mentre i nostri genitori ci insegnavano
la buona educazione probabilmente Christina stava leggendo l’ennesimo romanzo
fantasy” mormora, lisciandosi le pieghe della gonna.
Joe Jonas, seduto accanto a lei, sorride
serafico e allunga le gambe.
“Tranquilla, piccola” le dice, poggiando
il braccio sullo schienale della sedia di Linda, che arrossisce vistosamente,
“non è successo niente”.
Nicholas, appoggiato alla staccionata di
legno di fronte a loro, annuisce con lo sguardo perso nella radura.
Mrs Jonas ha un sorriso dolce. E’ questa la
prima cosa a cui pensa Chris quando ritorna in giardino e le porge la mano,
presentandosi per bene. Lei la stringe sorridendo e poi l’abbraccia, le lascia
due baci sulle guance e presenta suo marito e suoi tre figli con una voce
allegra e monocorde, squisitamente priva di qualsiasi accento. Ha due piccole
rughe attorno agli occhi quando sorride e profuma di buono. Le piace, decide.
Suo marito è un simpatico uomo alto e
abbronzato, con tutti i capelli del colore giusto, una fila di denti
perfettamente bianchi e fa un sacco di battute. Anche lui le piace.
“La nostra giovane amazzone” si fa avanti
Joe, circondandole le spalle con un braccio. E’
esattamente come Rose l’ha descritto: non troppo alto, non troppo muscoloso,
barba lasciata crescere strategicamente, postura dritta, sorriso sfavillante,
profondi occhi scuri e derisori. Con la coda dell’occhio Chris vede Rose fare
una smorfia, sa cosa sta pensando, quindi si apre in un grande sorriso e “Oh,
Linda perché non ci hai mai parlato del tuo amico Joe?”
esclama e può giurare di aver visto – quasi – tutta la sua famiglia sorridere.
Mentre suo padre continua a portare a
tavola bistecche e alette di pollo piccanti, a Chris si chiude lo stomaco. E’
una bella giornata, il sole è ancora abbastanza caldo, tutti chiacchierano come
se fossero vecchi amici del college che si incontrano dopo tanto tempo e a
tavola c’è la sua birra tedesca preferita. Eppure c’è qualcosa di
maledettamente stonato. Le hanno fatto molte domande sulla sua vacanza e su
Barcellona, sui suoi studi e i suoi interessi; lei ha riposto in maniera
brillante, ha fatto un paio di battute – che il signor Jonas ha molto
apprezzato-, ha preso in giro Joe assieme a mrs Jonas – dammi pure del tu, Christina - e ha visto sua
madre rilassarsi, finalmente, intenta a pianificare assieme all’altra donna, un
matrimonio tra Rose e il fratello minore di Joe,
Frankie, Linda continua ad attirare l’attenzione di Joe,
due senior parlano di calcio davanti al barbecue ancora fumante. E allora? C’è
Nick, seduto di fronte a lei, con le dita che tamburellano sulle cosce coperte
dai pantaloni chiari e il vento di fine estate che continua a spostargli uno
dei tanti riccioli castani davanti agli occhi. Ha la sua età, l’espressione
annoiata intervallata da piccoli sorrisi di circostanza, risposte garbate
seppur un po’ vuote, interventi ad hoc e una calma zen che fa a botte con il
tumulto che Chris ha nella testa. Ecco cosa la disturba, è come se tutta
quell’aurea apatica e rilassata facesse interferenza con le guerre e i terremoti
della sua mente. Come se sentisse il peso, su di sé,della sua presenza. E anche se sposta la
sguardo e si muove sulla sedia a disagio, anche se lui non la sta guardando,
lei non riesce a togliersi quella sensazione di dosso.
E’ bello, deve ammetterlo, molto
affascinante, elegante, ha una bella voce, bassa, e due incredibili occhi
castani. Normalmente si presta poca attenzione agli occhi marroni,
considerandoli eccessivamente comuni. Gli occhi di Nick sono tutt’altro che
comuni, cosi belli e profondi, sembra che ogni cosa su cui posi lo sguardo si
addolcisca, si pieghi mansueta e trovi pace. Solo il suo stomaco si dimena, in
una morsa fastidiosamente familiare e a Chris viene voglia di vomitare l’intero
pranzo sui gerani di sua madre.
“A Christina e al suo ritorno a casa”, mrGray alza il bicchiere e le
mostre il suo sorriso orgoglioso distorto dal vetro e dalle bollicine.
“A Christina” gli fanno eco gli altri,
imitandolo. Lei deglutisce a fatica e sorride. Con la coda dell’occhio vede
Nick sollevare il suo bicchiere, la guarda con espressione neutra mentre il suo
stomaco fa un’altra capriola.
Vaffanculo Jonas!
Tadaaaan! Quella che era una serie di OS è diventata,
grazie alla mia vena masochista, una long a tutti gli effetti.
Piccola
nota: le tre OS non sono andate perse, sono state integrate e riutilizzate come
capitoli. Se ci avete fatto caso anche questa prima parte altro non è che “Too early, too late”, tagliuzzato qua e la.
Seconda
piccola nota: ogni volta, in alto a destra, troverete un pezzetto di una
canzone dei Jonas inerente al capitolo (la cui lunghezza varia dalle 1500 alle
2000 parole).
Che dire,
spero vivamente di portare a termine questo lavoro, che non faccia troppo
schifo e che un pochino pochino vi piaccia.
Per
qualsiasi domanda, critica, suggerimento o un pernacchio (ci sta anche quello)
mi trovate nei contatti qui in basso.
Il motivo per cui il cielo sembra cosi
vicino stasera è che ovviamente
questo non è il cielo.
La stanza di Chris è stata ricavata in un
angolo della mansarda, li dove il tetto raggiunge il suo punto più basso,
quando Linda ha cominciato a lamentarsi del disordine della sorella. Un giorno
Linda è tornata a casa, ha appeso la sua giacca nel guardaroba all’ingresso e
ha trovato un terzo della loro camera da letto vuota. Il segno della libreria,
che non c’era più, ben visibile alla parete, la scrivania sgombra e un letto in
meno.
“In mansarda” le aveva detto Rose senza
nemmeno guardarla.
Chris ha riempito la sua nuova stanza di
libri e fotografie, ha ripescato dal garage un vecchio armadio di legno scuro e
un tavolo da lavoro di suo padre, in disuso. Ha dipinto il soffitto e le pareti
di un celeste pallido e ora quando si stende sul letto ha il cielo a un metro
dal viso.
“Non era necessario trasferirsi di sopra,
bastava che fossi più ordinata” le aveva detto a cena Linda, due sere dopo.
Chris aveva addentato una patata e “Il
caos è la firma del genio, sorella. E poi tu russi”.
Rose e suo padre avevano provato a non
ridere, nascondendosi dietro ai tovaglioli gialli, Linda aveva aperto lo bocca
per ribattere ma non ne era uscito nulla.
Passi concitati sulle scale, la porta
sbatte, un profumo costoso riempie l’aria della stanza.
“Christina, ma non sei ancora pronta?”.
Linda la guarda con le mani sui fianchi, la giacca di pelle nera aperta su una
camicia blu e i suoi nuovi jeans scuri.
“Mh?”
“Dobbiamo essere al Pub tra mezzora, con Joe e Nick.”
L’altra continua a guardare il soffitto,
Rose le si stende accanto, la testa sulla sua spalla, gli occhi fissi sul quel
cielo artificiale.
“Credevo ti fossi già premurata di fargli
da guida turistica quest’estate” commenta sarcastica Chris.
“E’ una serata fuori con degli amici”.
“Grande!” esclama senza entusiasmo.
Linda tace, ma è ancora li, Chris sente
la pelle della giacca strofinare sul tessuto della camicia mentre – ne è sicura
– mette il broncio e incrocia le braccia.
“Beh, hai intenzione di venirci cosi? Non
ci faresti una bella figura”, come se stesse parlando con un bambino
particolarmente stupido.
“Io non vengo, Lin.
Sono amici tuoi, non miei.”
“Beh, sono anche i nostri vicini.”
“E questo fa di loro automaticamente
amici miei?”
“Solo perché non bevono come spugne o
fumano e sono ricoperti di tatuaggi come la tua combriccola non ti vanno a
genio?”
“Non ti rispondo nemmeno.”
“Sei la solita bambina”, poi esce dalla
stanza e sbatte la porta.
“Rose! Hai dodici anni” esclama ridendo e
le lancia un cuscino. Rose lo afferra e se lo mette sotto la testa, le mostra
la lingua e si rimette comoda.
“Beh? A dodici anni non è permesso
esprimere giudizi su Leonardo di Caprio che se ne va in giro con solo un
asciugamano addosso?” risponde serafica. Chris ride più forte, comprendo il
rumore delle chiavi nella toppa della porta. Altre risate, diverse, vagamente
familiari.
“Dico sul serio, è stato uno spasso” una
voce maschile, a parecchi decibel, fa il suo ingresso nel salone, gira l’angolo
e “Hey, belle fanciulle” le saluta.
“Ciao Joe”
risponde Rose dall’angolo della poltrona in cui si è nascosta. Il ragazzo
prende le caviglie di Chris dal bracciolo del divano, le solleva, si siede e se
le porta in grembo. Da un’occhiata alla tv e “Hey, ma è Shutter
Island, questo?”
Nick e Linda fanno capolino nel soggiorno.
“E’ scoppiata una bomba nucleare qui
dentro?”
“Rilassati Linda, l’unica cosa che sta
per esplodere qui è Rose e suoi ormoni impazziti”. Un altro cuscino che vola.
“Chiudi il becco, Chris” bercia la più piccola, rossa dalla vergogna.
“Hai ragione, tesoro. Leo è cosi sexy”
dice Joe in falsetto, marcando la s e sporgendo le labbra.Le ragazze scoppiano a ridere.
“Accomodati Nick” lo invita Linda,
facendo segno verso l’altro divano libero.
“Ti sei persa una bella serata”, Joe scompiglia i capelli di Chris, che sbuffa infastidita.
“La cameriera del Pub faceva gli occhi dolci a Nick che non se l’è nemmeno
filata. Una tragedia! Dovevi vedere la sua faccia, poverina” ghigna, Nick rotea
gli occhi ma resta in silenzio. Sposta lo sguardo in giro per la stanza, i due
cartoni di pizza sul tavolino, pieni di tovaglioli sporchi, Rose sepolta sotto
un plaid scozzese, la lampada accesa, le gambe nude di Christina su quelle di Joe e gli occhi di Chris puntati nei suoi. Lo sta osservando?
Sposta lo sguardo, in imbarazzo, ma
quando lo posa di nuovo su di lei con finto disinteresse la vede ancora li, a
fissarlo sfacciatamente. Ha il viso concentrato, le labbra strette, gli occhi
fissi sul suo volto e si morde le pellicine del pollice.
“Ecco, Nick.”
Quando si volta, mette a fuoco Linda
seduta accanto a lui, ago e filo in una mano. Lei si sporge appena per ricucire
il bottone in cima alla sua camicia. Nick sente il sangue affluire alle guance
anche se è sicuro di non arrossire. Non arrossisce mai, lui. Ha solo questa
sensazione di calore alla faccia e non sa mai dove guardare, in certe
situazioni. Gli altri stanno ancora vedendo il film, Joe
continua a parlare coprendo la voce dei personaggi, Chris gli tiene ancora le
gambe addosso e Rose ride. C’è qualcosa di molto intimo nel contatto tra Joe e Christina, spontaneo e intimo allo stesso tempo. E’
da Joe, è esattamente da Joe
essere cosi disinibito ed allegro con le persone, metterle a proprio agio.
Anche Chris adesso lo è.
Lui non c’è mai riuscito: è un ragazzo
simpatico, dopotutto, intelligente e con un gran gusto artistico, ma è suo
fratello il vero animale sociale del gruppo. Forse Christina assomiglia a Joe, non ama i convenevoli e le formalità, è allegra,
spigliata, tutta uno slancio, una questione di forza e fisicità, forse anche
lei ha delle storie brevi, fatte di corpi che si tengono vicini e sentimenti
che si consumano in fretta come sigarette.
Quello che i giornali hanno sempre detto
di lui, invece, è che Nicholas Jonas è una persona tranquilla. Riservato,
taciturno e con un perenne – incantevole - broncio sul viso, Nick è la persona
più equilibrata del mondo, sempre impegnato a tenere perfettamente bilanciati
tutti gli aspetti della sua vita. Niente colpi di testa, insomma. Nick è il
classico bravo ragazzo, con un bel faccino e una collezione di dischi niente
male. Anche se, gli ultimi mesi sono stati tutto tranne che equilibrati:
problemi con il nuovo album, le pressioni della stampa, l’annuncio dello
scioglimento della band e il successivo trasferimento. Tutta la famiglia aveva
bisogno di staccare, prendersi una pausa e riflettere, lontano da paparazzi e
città caotiche dalle luci stroboscopiche. Ecco perché sono finiti in questo
buco di città, un posto dimenticato da Dio, nel cuore del Texas, in cui nessuno
ancora li ha riconosciuti.
“Ma dove ha vissuto questa gente fino ad
ora?” ripete Joe, quando per strada gli passano
accanto senza degnarlo di uno sguardo.
Ma Nick è di per sé anche molto ottimista
e quindi eccolo li, il suo nuovo equilibrio, con mattoncini nuovi e una nuova
forma. La sua nuova stanza è sempre in ordine, le chitarre nel supporto, i
giochi dell’Xbox nelle custodie, i calzini divisi per colore nel primo cassetto
e le fotografie negli album in ordine cronologico. Ha conosciuto un paio di
persone simpatiche, un pub in cui stillano buona birra e tifano per la sua
squadra ogni sabato, respira aria pulita e sta cercando un lavoretto per
tenersi occupato.
A lui comunque non piace fare commenti o
dare giudizi affrettati, Christina nemmeno la conosce. Non può dire niente, ha
tra le mani solo qualche impressione raccolta nell’unica settimana durante la
quale l’ha vista in giro. Eppure, per un attimo, non può fare a meno di pensare
a quanto assomigli alla ragazza del bar.
Sarà che forse ormai si è abituato alla bellezza levigata e candida delle
ragazze di Los Angeles, quella bellezza obiettiva che non puoi non vedere, le
risate composte, l’odore di gloss e mare che sembrano
emanare e quella specie di luce di cui risplendono, che le fa sembrare continuamente
sotto i riflettori. Quella ragazza, quella
del bar, quella che vedeva spesso ridere al tavolo con i suoi amici, con la
pelle abbronzata e gli occhi azzurri, le ginocchia un po’ sporgenti sotto i
vestiti a fiori, il cui pensiero gli aveva tenuto compagnia tutta l’estate, è
tutta un’altra storia. E chi sa perché, Christina un po’ gliela ricorda.
Il Jolly è uno dei pochi posti in città
di davvero americano. Ha i tavolini colorati, le sedie spaiate con i cuscini
imbottiti, le tovagliette e i fiori di plastica. E’ un po’ anni 50, il giallo
del bancone è decisamente troppo acceso ed è il punto di ritrovo di tutti i
ragazzi del liceo. Ci sono ragazze con le gonnelline a pieghe davanti a
bicchieri di acqua tonica e limone, giovani promesse delle sport che divorano
hamburger, i frullati alla frutta e un vecchio jubox.
Uno stereotipo, un classico e, come la maggior parte dei classici, uno dei
migliori.
Nonostante il numero di matricola
universitaria sul tesserino, la patente e diritto al voto, anche Chris, Cam, Jess e gli altri sono al Jolly. Ci sono sette birre
sul tavolo e due piatti di patatine fritte, Cam ha le
mani sporche di ketchup e si parla di vacanze.
“Affittiamo un camper, arriviamo in
Florida”.
“Scherzi? E chi ci guida fin li? Andiamo
a Londra”.
“Ci arriviamo a nuoto? Londra è
carissima!”
“La Spagna, allora”.
“Ci sono già stata”.
“Chris, tu non conti. Sei stata già
ovunque”.
“Il Giappone?”
“Ma soldi in cassa ne abbiamo?”
Perché il bello delle comitive storiche è
che sono organizzate. Hanno delle regole che nessuno ha mai detto ma che tutti
osservano ossequiosamente, il resto del gelato fa fondo comune, quel che è di
uno è di tutti, anche i punti di forza e i problemi. Non si sa bene come si sia
formato questo gruppo mal assortito, sta di fatto che esiste e lo si vede
spesso spintonarsi per strada con quelle risate rumorose e tutti quegli
orecchini che luccicano sotto i lampioni, sulle scale dell’università o alla
stazione, con gli zaini pieni alle sei del mattino. Questi ragazzi girano
continuamente, come trottole, non stanno mai fermi. E parlano di continuo,
scherzano, alzano la voce, si arrabbiano. Ma che avranno mai da discutere tutto
il tempo?
“Cazzo, Max,
quella era la mia!”
“Non rompere e vattene a prendere
un'altra”.
Chris mette la mano sul ginocchio di Camille e “Vado io” le dice prima che morda. La scavalca
con le gambe, salta giù dalla panca e le manda un bacio volante. Si avvicina al
bancone canticchiando, si sporge e ordina altre due pinte.
“Hey” fa qualcuno alle sue spalle.
“Ciao, Nicholas”, poi si sporge e saluta
anche Paul, seduto affianco a lui.
“Chris smettila di fare gli occhi dolci
al ricciolino e porta qui quelle birre!” la voce di Jess attraversa tutto il
locale. La ragazza rotea gli occhi e indica col mento la sua banda al tavolo in
fondo.
“Scusate. Ci si vede in giro”, prende i
boccali pieni fino all’orlo e torna sedersi mormorando qualcosa che fa ridere
la rossa in fondo al tavolo ma che, a quella distanza e con quel chiasso, Nick
non riesce a sentire.
“Conosci Christina Gray?”
gli chiede Paul.
“Abita nel ranch di fronte casa mia.”
“E’ un bel tipo.”
Nick annuisce, con l’aria assorta,
osservandola prendere posto in quell’accozzaglia di gomiti e bracciali che
fanno rumore, la sente ridere, poi appoggia la testa sulla spalla della bionda
accanto a lei. Sorride appena, senza un motivo apparente, ruota sullo sgabello
e “a quanto stanno?” chiede a Paul, concentrandosi sul football in tv.
Quando le luci della città si spengono il
cielo diventa uno spettacolo. Certo, questo è un paesino piccolo, distante
dalle grandi metropoli, qui la gente gira in bici, a cavallo, principalmente a
piedi, si conoscono quasi tutti, a volte il cellulare non prende. Poi arriva la
notte e ti sorprende, se sei ancora sveglio. I lampioni per strada fanno una
luce fioca, appena sufficiente a dipingere un ombra scarna a terra, le insegne
si spengono, le case dormono e se sei col naso insù cominci a contare le
stelle.
Quando gli altri vanno via, Cam si stende sul retro del pick
up, la testa posata sulla borsa, le caviglie incrociate e la sigaretta nella
mano destra. Chris ha la testa dall’altra parte, accanto agli stivaletti neri
dell’amica, ma è nella stessa posizione. Le spirali di fumo si diradano sopra
le loro teste, tutto quello che rimane è il blu intenso del cielo, qualche
nuvola bruna e una miriade di puntini luminosi.
“Max è un
idiota”.
“Gli dai troppa importanza. Lo fa solo
per darti fastidio”.
“Si, ok, ma resta un idiota” perché Camille non è per le
mezze misure.
“Come va con Sam?”
“Forse è quello giusto” e Chris sorride
anche se l’amica non può vederla, perché l’ha sentita tante volte quella frase
che ormai ha smesso di crederci e fare domande.
Cam spegne la sigaretta premendola sul fondo
del cassettone e la butta fuori.
“Sono contenta che tu sia tornata”, poi
si mette seduta, la guarda negli occhi e “davvero” insiste, perché se è vero
che lei si innamora tanto facilmente di un paio di promesse e qualche bacio
caldo, Chris lo fa altrettanto facilmente dei posti in cui va. E più sono
lontani, più le piacciono, anche se questa forse è solo una coincidenza. Quante
volte sono partite insieme e le ha confidato “E’ un posto fantastico, Cam, se potessi non tornerei più!”, sui balconcini degli
alberghi, di notte, con i piedi appoggiati alle ringhiere? Quante volte l’ha
sorpresa con la malinconia negli occhi, di ritorno da un viaggio che aveva fatto
senza di lei? Poi però bastavano un po’ di moine, una serata al Pub per
festeggiare il suo ritorno, settembre e la scuola, i test per l’università e
Chris era di nuovo li, per un altro anno. Cam tirava
un sospiro di sollievo e si dimenticava di quell’ansia che le stringeva lo
stomaco. Ma questo è il loro ultimo anno di università, Christina non avrà più
impegni irrinunciabili e potrebbe non tornare con la fine della prossima
estate. Sparirà col primo aereo e cosa la riporterà indietro? Un giorno la chiamerà
e le dirà: “E’ un posto fantastico, Cam, non torno
più!”, coniugando diversamente i verbi. E a quel punto cosa farà? La seguirà
ovunque decida di andare? Qualsiasi cosa accada? Cambierà tutto (?).
Chris si alza e le prende le mani,
stringe tra le sue le dita congelate dell’amica e le rivolge il sorriso più
brillante del suo repertorio.
“Mi sei mancata, Cam.
Non era la stessa cosa senza di te” e a Camille, per
stasera, va bene cosi.
Nick è già a casa da un’ora e mezza
quando Joe rientra. Si toglie le scarpe, le lascia
all’ingresso e si butta a peso morto sul divano.
“Come va fratello?” lo apostrofa, con gli
occhi chiusi, massaggiandosi con le dita il naso e la fronte. Nick borbotta
qualcosa che Joe nemmeno si prende la briga di
ascoltare, poi gli ruba il telecomando e mette su una sitcom davvero idiota.
“Gesù Cristo, quanto parla quella
ragazza” sbotta. Il fratello non capisce e si volta a guardarlo, perplesso,
cosi aggiunge “Linda Gray. E’ carina ma non chiude
mai la bocca”.
Nick riporta lo sguardo sulla tv, senza davvero
seguirla, leggermente infastidito.
“Sareste perfetti insieme, sai? Lei che
parla e tu ascolti pazientemente con la tua aria bonaria, annuiresti quando
necessario e lei sarebbe contenta.”
“Ancora non te l’ha data, Joe, per questo sputi veleno, vero?”
Joe sorride, con gli occhi fissi sul
programma alla tv.
____
Al liceo, mentre tutti si affannavano
facendo ricerche su questa o quella facoltà, Christina aveva già le idee
chiare. Cosi due mesi dopo il diploma, esattamente due anni fa, si è ritrovata terza
nella graduatoria del test d’ingresso, ha ricevuto una borsa di studio per
merito, un tesserino e la piantina del campus su cui ha evidenziato in rosso le
aule e la biblioteca del suo corso. Ha scelto Scienze Politiche perché il mondo
le è sempre piaciuto e vorrebbe girarlo tutto per stringere le mani alle
nazioni, collaborare per la pace e lo sviluppo, raccontarlo sempre con stupore
e competenza, provando a trasmettere la sua magia. Suo padre le ha sempre
detto, scherzando, che potrebbe anche disfarsi dei suoi documenti, che ormai è
e si sente cittadina del mondo, ha girato più lei in 22 anni che lui in 51
primavere e che se la vede correre da un paese all’altro, sempre indaffarata,
con quel suo cipiglio che mette su quando si concentra per qualcosa di
difficile o sta pensando o vuole intavolare una discussione su temi che i suoi
coetanei non hanno nemmeno mai preso in considerazione. MrGray è orgoglioso di questa figlia che si da tanto da
fare e ha a cuore tutti i problemi del mondo, che legge continuamente ed ha
tutte quelle persone attorno che la guardano come se fosse la loro ancora.
Quindi anche se a volte i bilanci la
fanno dannare, quell’esame di economia è la terza volta che lo ripete e
sospetta che l’assistente di diritto internazionale ce l’abbia un po’ con lei
per quella volta che l’ha corretto in aula, le piace quello che studia,
l’ambiente in cui si ritrova, tutti quegli attivisti, quegli ideali, i cori un
po’ da stadio nel cortile contro questo o quel politico e le riunioni nella
saletta in fondo al corridoio al primo piano, due volte al mese, in cui si
sente davvero importante e tutti l’ascoltano.
“Hey, Gray! -
si sente chiamare, mentre attraversa il cortile, alla fine dell’assemblea -
bell’intervento, oggi”. Un ragazzo con i capelli corti e gli occhi neri la
raggiunge. Il sole scintilla sul suo piercing al labbro, ha felpa tutta storta
addosso e odora di tabacco.
“Grazie.”
Lui allunga una mano, le nocche nere di
inchiostro – freedom -, l’anellino di metallo si
sposta sul labbro teso in un sorriso. “Marcus Eaton”
si presenta. Annuisce, ha sentito il suo nome, fa parte del comitato degli
studenti.
“E
cosi non ti piace come gestiamo i fondi del governo, eh?”. Stringe gli occhi
per ripararsi dal sole ma Chris vede ugualmente quel guizzo malizioso e gli
sorride allo stesso modo.
“No, per niente. E penso che quella di
festeggiare la fine e l’inizio di ogni anno accademico sia l’idea di un criceto
in crisi d’astinenza, non di uno studente dell’ultimo anno” espone tranquilla,
mostrando i denti perfettamente allineati.
“Nessuno mi aveva mai dato del criceto in
crisi di astinenza”.
“C’è sempre una prima volta, no?”
Lui ride, tenendosi lo stomaco e i
muscoli delle braccia guizzano nella maglietta nera.
Poi guarda dove si sta dirigendo e
“Prendi l’autobus?” chiede.
Chris sbuffa, “Problemi con la macchina”.
“Ti do un passaggio, cosi mi dai qualche
altra idea su come gestire i fondi, che dici?”
In realtà,
l’ultima parte doveva essere in un capitolo a parte (che ho già scritto) ma lo
avrebbe reso eccessivamente lungo. Cosi ho pensato di spezzarlo e inserire
questa prima parte qui perché era più attinente al Hey you! del titolo.
Insomma,
avete fatto caso al modo sciolto con cui interagisce per la prima volta con
Marcus? Con Nick non si è comportata allo stesso modo.
Quindi…
qualche idea su Marcus? Pensate di ritrovarlo successivamente?
Qualche
idea, supposizione…? E Linda e Joe? Camille?
Se ne
avete voglia, fatemi sapere cosa ne pensate. I miei contatti sono nella bio e sotto i precedenti capitoli. A presto!
La città scompare lentamente, i palazzi
di acciaio e vetro si fanno lontani, sostituiti da costruzioni di legno e
mattoni, campi coltivati e scuderie, l’odore dell’asfalto si perde in quello di
fieno e terra bagnata e la moto acquista velocità nella strada deserta.
Chris si tiene salda a Marcus, trattiene
tra le dita la sua felpa e ne ispira l’odore.Hanno fatto una piccola sosta ad un bar a metà strada, bevuto un caffe
annacquato e si sono presi un po’ le misure, si sono studiati. Hanno parlato
rimanendo sul vago, stando lontano dalle questioni personali, ascoltato il
timbro di voce e la risata dell’altro, si sono sfiorati le mani con metodica
distrazione e sono ripartiti. La moto di Marcus è grande, robusta, color canna
di fucile, la forma di un proiettile sparato via lontano. I capelli di
Christina sfilano nel vento da sotto il casco, le rimbalzano sulla schiena ed è
già quasi la terza settimana che lui la riaccompagna a casa, dopo le lezioni.
“Ancora non ci credo che sono stato preso
per il culo da una campagnola”, la prende in giro, come sempre, senza
cattiveria.
“Fatti due domande”, gli porge il casco.
Lui lo lascia sulla sella, si fa più vicino, le parla a pochi centimetri dal
viso.
“Non tieni mai la bocca chiusa, tu?”
“Mai”.
Le labbra contro le sue, un contatto
minimo, quasi inesistente. Continua a guardarla negli occhi, le sfiora un
fianco con la mano aperta mentre preme sulla sua bocca con più decisione.
“Grazie per il passaggio.”
“Dovere”, sorride di sbieco, poi monta in
sella. “Ci vediamo domani, Gray”, le fa l’occhiolino
e riparte. Chris recupera le chiavi dalla borsa ed entra in casa. Il calore le
solletica il naso, assieme all’odore di candele e frutta fresca. Si gode il
tepore per un attimo, con gli occhi chiusi, tutto il suo corpo vibra di energia
e poi torna a rilassarsi.
“Dovresti fargli almeno un po’ di
compagnia. E’ la tua macchina che sta aggiustando e scommetto che non lascerà
che tuo padre gli paghi il disturbo”.
MrsGray ha le
braccia immerse fino ai gomiti nell’acqua saponata del lavello e un ciuffo di
capelli davanti agli occhi. Chris è seduta sul mobile con le gambe penzoloni: è
una cosa che fa fin da bambina, la guarda lavare i piatti e prova a indovinare
a cosa sta pensando. Le sposta con le dita i capelli dal viso e si spinge con
le braccia giù dalla cassettiera. Recupera due birre dal frigorifero e “odio
quando hai ragione, lo sai?”
“Sempre, allora” e dal suo tono Chris
capisce che sta sorridendo. Fa schioccare la lingua sotto il palato e va in
garage. Non vede nessuno - è sollievo o delusione quella sensazione di calore
alla pancia? - poi una macchia marrone si sposta da dietro il cofano aperto e
una massa di riccioli bruni entra nel suo campo visivo. Nick alza lo sguardo e
stira appena le labbra. “Ciao.”
“Posso?”
“E’ casa tua”, si stinge nelle spalle
lui.
Con un movimento rigido del braccio gli
porge una lattina, dondola da un piede all’altro, poi si siede sulla lavatrice
che il padre dimentica sempre di portare all’isola ecologica.
“E’ messo male?”
“No. Ma la guarnizione del cofano è
difettosa, è entrata un po’ d’acqua e ha fatto qualche danno”.
Lei annuisce e lo guarda chinarsi di
nuovo sul motore. Osserva la linea delle spalle sotto la camicia a quadri rossa
e bianca, i jeans stretti sui muscoli appena accennati delle gambe, la striscia
di stoffa annodata tra i capelli per tenerli dietro e le mani e le braccia
sporche di nero, armeggiare tra le componenti della macchina.
“Università?” le chiede lui da sotto il
portellone di metallo, cercando di fare conversazione. Lei annuisce, poi
ricorda che non può vederla e mormora un si poco convinto. “Tu?”
Il rumore di uno scatto e un tappo che si
svita, “Ho aiutato Frankie con i compiti e tuo padre mi ha chiesto di dare
un’occhiata alla tua macchina”, riavvia un coperchio di gomma tondo e lo lustra
con uno straccio. “E quando ha detto macchina, non pensavo…”, fa cenno col
mento al pick up, vecchio e scrostato, inarcando le sopracciglia.
“La Mercedes la tengo nascosta, sai
com’è” e beve un lungo sorso, tanto per affogare gli altri dieci commenti
sarcastici che le sono venuti in mente.
“Non volevo offenderti”.
“Non l’hai fatto. Non sei il primo a non
amare Bessy. Mia madre ha fatto i salti di gioia quando mi ha lasciato a piedi,
due settimane fa”.
“Bessy è…”
“Si, Bessy è lei”, indicando l’auto,
seccata. Nick si morde la labbra e scuote la testa, tornando ad armeggiare tra
i cilindri di metallo.
“Non ti farai pagare per questo, vero?”
“No”.
“Perché?”
“Perché non sono un meccanico. Ed è un favore”.
“Sarò in debito con te di un favore”, si
lamenta.
“Non necessariamente”
Chris sbuffa e lo guarda imbronciata,
facendo dondolare le gambe.
“Dove abitavate prima di trasferirvi?”
Lui impiega qualche minuto per
rispondere, “California”.
“Cosa? E’ perché siete venuti qui?”
Nick sospira, poi si volta a guardarla.
“Che vuoi dire?”
“Bhe, insomma,
c’è una bella differenza, no?”
Lui guarda in alto e un po’ ci pensa, a
tutto quello che hanno lasciato a Los Angeles. Decisamente la California non è
il Texas. “Si, sono su due binari paralleli. Ma io sono nato qui, in Texas”
“Davvero?”
“Si. Mi passi la chiave inglese?”
Chris fa mente locale tra i pomeriggi
passati con MrGray a
montare e smontare le rotelle alla sua bici e a quelle delle sorelle, per
ricordarsi com’è fatta. Viene giù dalla lavatrice e si avvicina per
porgergliela, poi rimane li, in piedi accanto a Nick. Sente l’odore del grasso,
di ferro, del sudore del ragazzo e del suo profumo naturale. Dolce.
“Dove?”
“Dallas”
“Ma Dallas non vale!”
Nick riporta gli occhi su di lei,
“perché?”
“Perché è la nona città d’America, ecco
perché! Io parlo di paesini come questo, di stivali continuamente incrostati di
fango, gente che rutta a tavola e tutta questa campagna, persone semplici,
cavalli col panciotto e i nomi di attori da soap opera latina…”, il ragazzo la
guarda gesticolare elencando tutte le cose del Texas che “non hai mai visto
perché sei di Dallas, di Dallas!” e nel mezzo del suo discorso, cosi,
improvvisamente, ride. Chris si ferma immediatamente, abbassa le braccia e lo
osserva sconcertata, perché non era nemmeno sicura che lui sapesse farlo. Nick
ha una bella risata, lieve, per niente rumorosa, contenuta proprio come lui e
breve, decisamente troppo breve, tre secondi netti, un sorriso a voce alta.
Beh, alla faccia di tutti i giornalisti che mi hanno dato del musone antiquato,
pensa lui, abbastanza sorpreso da se stesso.
“… Linda”
“Come?” le chiede, tornando a prestare
attenzione.
“Dicevo, ora ho capito perché vai tanto
d’accordo con Linda”
“E’
di Dallas anche lei?”, domanda confuso.
“No, ma scommetto che anche tu, come lei,
non hai mai montato un cavallo né fatto a gara a mangiare l’anguria con le mani
legate dietro la schiena”, si poggia col fianco alla portiera dell’auto. “Avete
un’aria cosi… sofisticata.”
“Da come lo dici non sembra un
complimento”.
Lei alza le spalle. Per un attimo la
figura di Marcus si sovrappone a quella di Nick, le spalle ampie, la pelle
abbronzata, il cerchietto di metallo che si sposta in base all’espressione del
viso, la risata ruvida, l’odore di tabacco che ancora sente sulla bocca. Poi
torna a Nick, il viso tranquillo, i ricci spettinati, il colorito chiaro del
viso e l’odore di poco prima, sudore e sapone. Marcus e la velocità, la sua
moto enorme e i discorsi di politica, l’aria da guerriero contro il mondo e
Nick e le sue dita lunghe, la voce bassa e l’aria di chi sa esattamente qual è
il suo posto. C’è qualcosa, un’incrinatura, un vetro rotto, una gessetto che
stride sulla lavagna e quell’immagine le fa male in un punto indefinito dello
stomaco. E non sa perché.
“Devo andare. Grazie per il pick up”
“Sono piacevolmente sorpreso. Non pensavo
di rivederti cosi presto”. Le accarezza i capelli, le sfiora con le dita le
spalle nude e il braccio, arriva fino alla mano e prova ad aprirle il pugno.
Sorride, “sempre a provocare, eh?” e lei stringe più forte le dita.
“Perché fai resistenza?”. La guarda oltre
il buio della stanza, cerca l’altra mano tra le lenzuola e se le porta entrambe
sul petto, avvolgendole nelle sue.
“Finché rimane chiuso qualcuno continuerà
a tentare e ritentare. Ma se lo apro e scoprono che è vuoto, il gioco finisce”.
Marcus chiude gli occhi e ispira
profondamente.
“Capisco che vuoi dire”, le bacia la
tempia, il mento e la bocca. “Chris”, il collo, il seno e la pancia.
eeeee… è circa un mese che non aggiorno e il
capitolo era già scritto, vabbè. Cosa abbiamo qui?
Marcus, di
nuovo Marcus (sono alla ricerca di un presta volto, immaginatevelo come più vi
piace, per il momento). Non lasciatevi depistare dagli ultimi righi, lui non è
un principe azzurro ma nemmeno il cattivo di turno, cosi come Chris non è una
poco di buono. Ha vent’anni e ha sperimentato, autoimponendoselo in parte, solo
questo tipo d’amore, breve, fatto d’istinto e per niente stabile o convenzionale.
Senza contare che, nonostante il poco tempo, lei e Marcus sono amici e
continueranno ad esserlo (eh, piccolo spoiler).
E poi c’è
Nick che rideeee! E niente, come sempre vi lascio i
miei contatti e aspetto i vostri pareri.
if we're close gonna let you see everything
(Introducing me, JB)
“Finchè rimane chiuso qualcuno
continuerà a tentare e ritentare. Ma se lo apro e scoprono che è vuoto, il
gioco finisce”. Marcus chiude gli occhi e ispira profondamente.
“Capisco che vuoi dire”.
Ecco, Christina non ne è poi cosi sicura.
Quella sera aveva pensato, sperato, egoisticamente,
che lui fosse come lei, che anche lui avesse i pugni chiusi per nascondere il
vuoto a perdere che era, che quella sua distanza dall’amore fosse un gioco di
aspettative a cui sfuggire e spazi bianchi da riempire. E invece Marcus,
d’amore ne è pieno. A modo suo, certo, e nei suoi tempi e soprattutto in
maniera estremamente selettiva, ma è li. E quella sua aria dura e
quell’espressione birichina sul volto non è paura, sano timore di affidarsi a
qualcun altro, come la sua. Affatto. E’ un filtro. Marcus ti mette alla prova,
ti guarda attraverso le sue lenti di sarcasmo e commenti scostanti, cerca di
metterti bene a fuoco per capire se sei degno del suo amore. E se decide che
si, lo sei, te lo riversa addosso, senza remore. Non è il tipo da zucchero e
miele, ovviamente, ma Chris ne è sicura, Marcus è diverso, non è come lei. E’ quel
tipo di presenza salutare, quella che più che starti vicino e pressarti
insistentemente ti entra dentro e lo capisce da solo, senza bisogno di parole,
quando abbracciarti, offrirti un giro in moto o lasciarti perdere per un po’.
Che poi ci ha anche pensato ma non lo ha mica capito per quale motivo proprio
lei meriti il suo affetto. Marcus deve essere il tipo di persona che qualcuno
ha ferito, però non si è lasciato sopraffare o distruggere, ha imparato e si è
messo a sfidare la gente, a giocare a chi ha la pelle più dura - come Linda,
ammette -.Passionale è il termine esatto per tutto quel luccichio degli occhi
e quel tono profondo e accorato della voce nelle grandi descrizioni di ciò che
è giusto e sbagliato e bello e ciò che invece semplicemente piace perché non lo
puoi catalogare, perché ti prende al di la di ogni logica ed è proprio in quest’ultimo
che Chris deve essersi resa conto che Marcus conosce l’amore e forse è un po’
cosi perché una volta o due qualcuno non l’ha voluto quell’amore. E più lo
guarda, adesso, più comprende quanto Marcus sia.
La risata di un bambino riempie la
piccola stanza, una bambina sul lettino affianco batte le mani deliziata e
sorride sdentata mentre lui, al centro della stanza, continua a traballare e
cascare maldestramente. Marcus e Chris hanno il viso pasticciato di gesso
bianco, un nasone rosso da clown e dei vestiti colorati tutti spaiati e hanno
fatto gli stupidi per qualche ora al Mary’s Hospital.
Solo che a lei dopo due ore manca l’aria e le fa ancora un po’ male lo stomaco
per il troppo ridere e lui è ancora li, senza il piercing, con un’espressione
assurda in mezzo a palloncini e pupazzi. Fa un piccolo inchino e i bambini
applaudono, poi raccoglie tutto in un borsone rosso e saluta i piccoli ospiti
del reparto.
“Stavolta sono io ad essere sorpresa, tra
tutti gli impegni del sabato pomeriggio questo era l’ultimo in cui avrei pensato
fossi coinvolto” ammette lei, mentre si struccano nel bagno in corridoio.
“Forte, vero?” ribatte, l’aria da ragazzino,
lo sguardo vispo.
Gli sorride apertamente attraverso lo
specchio. “Quei bambini ti adorano”.
“Ora ancora anche te, Miss BooBear”, la afferra per un fianco e la avvicina a sé.
Recupera un fazzoletto umido dalle sue spalle e glielo strofina sulla fronte e
gli zigomi, nei punti in cui ci sono ancora chiazze di gesso.
“Da quanto lo fai?”
Marcus pare non sentirla, si concentra
sulle macchie della sua pelle, strofinando con maggior vigore, gli occhi
puntati sulle guance chiare di Chris, più scuri, adombrati.
“Marcus?”
“Qualche anno”.
“Marcus, mi fai male cosi” gli disse,
scostando piano la sua mano, senza lasciarla. La stringe con la sua, cerca i
suoi occhi che si perdono sulla sua camicia rossa e le mattonelle in marmo del
lavello. “Non importa” sussurra e si allunga a baciargli una guancia
perfettamente rasata. Lui respira, ormai è un po’ che chiacchierano, che si
fanno compagnia, Christina è una buona amica e gli piace il modo in cui gli si
stringe addosso quando la bacia. Le parla a pochi centimetri dal viso, come un
segreto.
“Mio fratello. Aveva sei anni e la leucemia.
Stava in una stanza piccola tutta bianca. Io lo andavo a trovare dopo scuola e
mi inventavo dei giochi per farlo ridere. Una dottoressa disse che quello lo
aveva tenuto in vita più a lungo di quanto non potessero fare le loro
medicine”, poi la lascia andare. Si guarda le mani, strofinando il pollice sul
dorso e si stringe nelle spalle. Chris si sporge nuovamente e lo abbraccia, lo
tiene stretto con il viso sul suo collo e le mani ad accarezzargli i capelli,
in modo rassicurante, nonostante lui sia più alto e più grande. Il suo corpo si
rilassa contro quello di lei.
“Te l’ha mai detto nessuno quanto tu sia
straordinario?” gli sussurra nell’orecchio.
In tutta risposta lui la bacia forte
contro il lavandino.
Cam c’ha messo due settimane per innamorarsi
di Sam, troppo poco per amare anche i suoi difetti senza sbuffare e arricciare
il naso. Sam ha le lentiggini sul naso e le labbra piene, gli occhi neri e le
mani grandi, non sfoggia un gran romanticismo ma è un tipo abbastanza
abitudinario e a Cam la sicurezza delle azioni
ripetute ha sempre fatto comodo. Perché se qualcuno si occupa di te al posto
tuo è meglio, no?
“Dove andiamo stasera?” gli chiede, con
gli occhi fissi sul bullone che continua a stringere con la stessa forza e lo
stesso ritmo.
“Al Darwin, fuori città”
“Ce l’hai una sigaretta?”
“Nella tasca della giacca, sul tavolo”
Cam apre la porta dell’auto in cui è seduta,
scivola giù dal sediolino e va a prendere il pacchetto.
“Se torno tardi anche oggi mia madre mi
uccide”
“Dormi da me, ho uno spazzolino nuovo nel
ripostiglio” Che è un po’ come resta con
me, ho quello che serve, giusto? Perché se qualcuno ha tutte le risposte al
posto tuo è meglio, no?
Linda ha smesso di invitare Joe e Nick ovunque da un po’ perché Corinne le ha fatto
notare che “non devi stargli addosso, Linda. Sei una donna, fatti desiderare o
penserà di avere ilcoltello dalla parte
del manico”. Quindi è andata due volte in più dal parrucchiere, ha fatto un
doppio turno al negozio d’abiti di pomeriggio, cambiato lo smalto ogni giorno e
passato più tempo con gli amici di sempre in qualche club esclusivo delle
cittadine nei dintorni. “Tutto come sempre. Non deve esistere un prima e un
dopo Joe, non un’altra volta, Linda. Ti prego” e le
si sono inumiditi un poco gli occhi e serrati i pungi. Perché quell’amarezza
Linda ancora la sente, a volte, e no, mai più, ha deciso.
Cammina con le braccia conserte nel
vialetto, i piedi che scivolano sulla ghiaia bagnata dalla pioggia.
“Hey, bionda”, il viso di Nick sbuca dal
finestrino aperto di un elegante auto blu, “un passaggio?”.
Linda sorride riconoscente ed entra in
macchina.
Nick la guarda negli occhi tutto il
tempo, mentre lei parla, annuisce e commenta quel tanto che basta per farle
capire che la sta ascoltando davvero. Tiene le mani attorno al suo caffè per
riscaldarle, mentre lei lo sorseggia tra una frase e un’altra, con quell’innata
eleganza che la incastra perfettamente nella piccola pasticceria francese
accanto alla biblioteca.
“C’è qualcosa che ti preoccupa?”
La voce di Nick le arriva nitida nel
nebuloso ammasso di pensieri che le arrovellano la testa. Alza il viso e
incontra gli occhi vicinissimi del ragazzo, intimorito da quell’improvviso
silenzio.
“Nick ti sei mai innamorato?” gli chiede
e si morde le labbra, in una maldestra imitazione del tono schietto di sua
sorella.
Nick spalanca gli occhi e si allontana
appena, si rimette dritto sulla sedia e guarda il suo bicchiere. Poi annuisce.
“E dopo l’hai fatto ancora? Ti sei
innamorato di qualcun’altra?” perché quell’espressione li è quella di qualcuno
che l’amore ha preso a calci.
“Si. Ma non era più la stessa cosa”
Linda annuisce e guarda fuori dalla
finestra, la pioggia che continua a scivolare giù sul vetro. C’è sempre un
prima e un dopo, non è mai più la stessa cosa.
“E i canguri?”
“Kevin, siamo in Texas non in Australia”,
Joe alza un sopracciglio e guarda suo fratello attraverso
lo schermo del computer, la mano sotto il mento e lo sguardo pensieroso.
“Forse hai ragione. Bhe,
comunque com’è che non ho ancora letto niente su di te e i tuoi casini?”
“Cosa vuoi che combini qui, K? Non c’è
niente. Qui fumano sigari, bevono birra, urlano… strane cose. E portano le
camice a quadri!”.
L’espressione inorridita di Joe fa ridere Kevin.
“Sono sicuro che sopravvivrai” gli fa
l’occhiolino, “e le ragazze?”
Joe alza le spalle.
“Arriverà” gli promette “e magari il
prossimo a diventare padre sarai tu”.
Joe mette su una smorfia disgustata e
tossisce platealmente. E dopo aver scambiato qualche altra battuta, Joe si lascia andare, perché Kevin può capire.
“Mi manca”.
Dall’altra parte lui annuisce. “Anche a
me. Ma per ora è meglio cosi, Joey. Rimetteremo a posto le cose”
Joe annuisce e chiude la chiamata su Skype.
Chiedo
umilmente perdono per il ritardo. Mi dispiace, avevo mezzo capitolo scritto da
più di un mese e non sapevo come continuarlo. E poi c’è stata la sessione
estiva che comincia e la settimana a Londra e il pc che ha deciso di divorziare
dalla tastiera. Eh, bhe…
Comunque,
questo capitolo vuole essere una sorta di specchio.
Ci avete mai fatto caso a
quanto si impara di una persona osservandola rapportarsi con gli altri? E quanto
noi capiamo di noi stessi avendo a che fare con qualcuno? Questo capitolo è
tutto per Marcus, Linda e Joe (cosa ne pensate,
adesso?) perché spesso quello che abbiamo dentro non viene mai a galla, ma può
riflettersi nelle persone che ci scegliamo e in quelle che ci conoscono o si
prendono la briga di farlo davvero. E venendo da una recente esperienza di
questo tipo, vorrei dedicare questo
capitolo a tutti gli specchi, tutte
quelle persone magnifiche che forse non lo sanno ma fanno per noi più di quanto
immaginano, semplicemente essendo loro stesse. Grazie.
with myself, with you, with the world
(Give love a try, JB)
Joe odia un sacco di cose. Odia quando gli
cade il dentifricio dallo spazzolino, quando accorcia i capelli e nessuno lo
nota, le etichette chilometriche delle maglie nuove e odia quando Nick si mette
a scrivere di notte perché si, lui ha il sonno pesante, ok, ma Nick che sbuffa
frustrato è peggio di una locomotiva. Odia quando il sole passa tra le fessure
delle tapparelle e lo sveglia e quando Frankie finisce i suoi cereali
preferiti.
“Ma una volta non mangiavi pane e
salsicce, mostriciattolo?”
“La mamma ha detto che i cereali sono più
salutari”.
“Già, lo pensavo anche io quando li trovavo nella scatola”
borbotta, scuotendo il cartone nella ciotola. Un mare di briciole affonda nel
latte, sono le nove e Joe ha già la luna storta. Nick
dall’altra parte del tavolo beve il suo caffe nella tazza dei puffi, si
stropiccia gli occhi e sbadiglia, poi poggia una guancia sulla mano e lo
sguardo si perde nel vuoto, assonnato e sconsolato. Joe
gli rivolge una smorfia.
Mr Jonas fa capolino in cucina, in
accappatoio, un foglio, forse un giornale, sotto il braccio. Bacia la testa di
Frankie e si siede canticchiando, versandosi il succo d’arancia.
“C’è musica nell’aria stamattina”
afferma, un po’ canzonatorio. Joe guarda lo stereo
spento, l’unico suono udibile è suo fratello che mastica i suoi cereali.
“Non c’è niente di meglio di un po’ di
musica al mattino” riprende il Jonas Senior, sorridendo.
“Papà, tutto bene?” fa Joe, tra il sarcastico e il perplesso.
“Io si, alla grande. E tu Nick?”
“Mh?”
Joe si sbatte una mano in fronte,
“Stamattina mi sono svegliato in manicomio”.
“Questa deve essere tua, figliolo” e
mette davanti a Nick il retro stropicciato di uno dei giornali sul giardinaggio
della mamma. Le sue parole spiccano nere sullo sfondo giallo. “E’ una bella
canzone” sorride, poi poggia la sua rivista di sudoku
li affianco e si fa serio. “Ma ti sarei grato se evitassi di scrivere anche
nelle mie caselle, era nuova!”
“Già, anche io ti sarei grato, Nick, se
di notte dormissi invece di fare Bethoveen”, ma suo
padre si è già buttato a capofitto in una conversazione – o un monologo, perché
Nick sta veramente dormendo in piedi – e va a prendere le scarpe. Se si sbriga
il bar all’angolo avrà ancora qualcosa di caldo.
“E’ bello che tu ti tenga impegnato,
Nick. E che continui a coltivare il tuo talento. Anche se non credo che, viste
le circostanze, ricomincerete a suonare molto presto. Questo lo sai, vero?”
Nick annuisce.
“Comunque, non mi avevi detto di avere
una ragazza. Ora che i giornali non lo urlano a tutto il mondo sarà difficile
tenervi d’occhio”.
“Non ho la ragazza, papà”
“Ah, ah, - annuisce e beve un sorso di
succo – eppure mipare che nelle caselle
tra il 3 e il 9 ci sia ‘promise you’ll stay or I can’tbreath’. Non sarà ancora per Miley,
spero”, gli rivolge un’occhiata indagatrice.
“No, papà - Joe
si tira su il cappuccio della felpa - la fase Miley
l’abbiamo terminata quando gli ho distrutto la chitarra. Sarà qualche esemplare
locale e mi premurerò di scoprirlo dopo aver fatto un’abbondante colazione,
lontano da voi. Addio” si avvolge la sciarpa al collo e se ne va.
Mr Jonas ha la domanda sulla punta della
lingua ma Nick si sta già alzando.
“io me ne torno a letto”.
E’ un dato di fatto che i discorsi più
importanti necessitino sempre di una certa sensibilità e una preparazione
psicologica non indifferente, eppure, nella maggior parte dei casi, vengono
fuori di getto. Sputati fuori dalla stessa pressione che li ha generati.
E’ un mercoledi
uguali a tutti gli altri, solo un po’ più freddo dei soliti mercoledi
di dicembre, il momento peggiore per prendere le distanze da qualcuno. Marcus
si sente nervoso e si rigira il caffe tra le mani. Chris fa capolino dalla
porta d’ingresso della caffetteria della facoltà con dieci minuti d’anticipo,
le labbra rosse e gli occhi lucidi per il vento. Ordina un caffe nero, si
toglie la giacca, la poggia alla sedia e si accomoda di fronte a lui, con le ginocchia
che si toccano sotto al tavolo.
“Hai fatto presto.”
“MrFeinard aveva una riunione di dipartimento”, Chris si
stringe nelle spalle e mormora un grazie alla donna che le porta il suo caffè.
“Che hai Marcus?”. I suoi occhi blu lo
osservano curiosi, lievemente socchiusi, come se stesse provando a indovinare
il perché di tanta fretta.
- Alla
caffetteria, 17.20 -
“Chris…” le dita macchiate d’inchiostro
fanno il giro del bordo del bicchiere, poi si stringono attorno alla plastica,
assorbendo il calore di cui necessitano. Chiude gli occhi e sospira. “Non posso
stare con te”.
Chris alza un sopracciglio ma non si
scompone, aspetta il resto che Marcus non vuole pronunciare. Non capisce,
perché?
“Hai la ragazza?”
Marcus sorride con gli occhi chiusi e
scuote la testa, le spalle ancora rigide. “No, no, Chris. Non sono quel tipo di
persona”.
“Allora non capisco” ammette, “Marcus,
guardami”.
“Chris, ti voglio troppo bene per stare
insieme a te. Capisci? Non voglio che tu mi odi perché insieme non dureremo.
Quando ti ho conosciuto pensavo che fossi la ragazza per me, per lo meno una
con cui stare bene per un po’. Tu… Io non voglio che te ne vada, ok? Non voglio
rovinare tutto, con te”.
Se la faccia di Marcus non fosse cosi
mortalmente seria e dispiaciuta, forse, Chris riuscirebbe a non ridere. La sua
risata riempie il silenzio tra di loro, scioglie la tensione.
“Marcus, nemmeno io voglio stare con te.
Pensavo fosse chiaro, noi non siamo cosi” gli fa cenno con il mento verso una
giovane coppia nell’angolo. Lui le tiene la mano sul tavolo, in bella vista,
l’ascolta paziente e lei parla a raffica girando la cannuccia del suo intruglio
bianco e rosa.Lui li guarda e poi si volta, “volevo
essere certo che tu capissi” mormora, piccato da quella risata.
Chris ticchetta con le dita sul tavolo,
affianco alla sua mano. “Mi piaci, Marcus. Nemmeno io voglio rovinare le cose
con te”.
“Perché mi vuoi troppo bene anche tu?” e
il solito sorriso sarcastico gli incurva le labbra.
“Perché ho bisogno di un passaggio in
moto tutte le volte che Bessy mi lascerà a piedi” esclama lei, sventolando la
mano e appoggiandosi alla sedia. Marcus sorride e il suo anellino di metallo si
sposta, contento anche lui, perché al diavolo i momenti giusti, l’importante è
quel che ne viene fuori.
“Però non te l’ho mai chiesto, chi è?”
Chris lo guarda come se avesse due teste.
“Che vuoi dire?”
Marcus sorride spietato, si sporge in
avanti e le stringe le dita della mano con la sua.
“La prima volta che siamo stati a letto
insieme… da chi stavi scappando? Da chi stai cercando di tenerti lontana, Gray?”
Chris spalanca gli occhi, cosa?. “Nessuno” mormora.
Marcus la scruta e le da un buffetto
sulla mano ancora sul tavolo, “Chris, anche io mi fermo, qualche volta”.
Lei annuisce con lo sguardo fisso sulle
linee discontinue del tavolo
É circa un mese e mezzo che Chris fa
finta che nella villa azzurra col tetto spiovente di fronte casa sua non ci
abiti nessuno. É circa un mese e mezzo – più o meno da quando le ha riparato il
pick up - che, precisamente, fa finta che Nick non
esista, nonostante lo incroci nel vialetto, di tanto in tanto. Vorrebbe davvero
dare un nome a questa malsana e irrazionale repulsione nei suoi confronti, poi
se ci pensa è meglio così. Troppe cose da spiegare, anche a se stessa. Il
commento di Marcus, però, la fa sentire in colpa. Non era questo il suo scopo,
ovviamente, ma si fa ugualmente schifo perché non aveva torto e così non va.
Mette le chiavi nella toppa e apre, una
voce familiare le arriva all’orecchio. Si toglie le scarpe e il cappotto e fa
per salire in camera sua.
“Christina?”
Sbuffa. “Mamma”, a mo’ di saluto, si
affaccia in sala da pranzo e “Oh, buona sera mrs
Jonas”.
“Ciao cara” le sorride.
“Christina, domani mattina vai
all’università?”
“No, i corsi sono finiti oggi”
“Bene, allora. Puoi accompagnare Nick a
prendere l’albero di natale da Bob. Con il pick up
sarà sicuramente molto più semplice trasportarlo”.
Chris apre la bocca per dire che può
farlo Linda, visto che ci tiene tanto, ma non vuole essere antipatica di fronte
la signora Jonas e poi sua madre le ha lanciato uno sguardo che lascia davvero
poco da contestare.
“Ok. Per le 11?”
Mrs Jonas annuisce, contenta. “Glielo dirò.
Grazie mille”
Chris sorride tirata e fa dietrofront
verso le scale.
Ma se Nick non esiste com’è che se lo
trova continuamente tra i piedi?
So che
questo capitolo è più breve del solito ed estremamente vuoto dal punto di vista
del contenuto, ma era necessario come ponte tra quello precedente e il
prossimo. Ad ogni modo, per farmi perdonare, entro stasera o domani pubblicherò
anche l’altro.
Non me ne
vogliate, vi prego, si avvicina l’estate e io sono ancora sui libri. Un
abbraccio.
Chris non ha proprio nessuna voglia di stare
con Nick. Si sistema il cappello di lana sulle orecchie, prende la borsa,
ringrazia mentalmente sua madre per questo splendido regalo prenatalizio ed
esce nel freddo del 20 dicembre.
Sul pick up,
accende il riscaldamento e allunga le mani verso il getto d’aria calda, con gli
occhi chiusi e la testa poggiata al sediolino, si bea del piacevole calore che
l’abbraccia.
Uno scatto alla sua destra la fa
sobbalzare. “Buongiorno” dice Nick, mettendosi la cintura, il cappotto beige
con il bavero alzato e la sciarpa bianca attorno al viso. Il piccolo abitacolo
si riempie di un odore dolce, mandorle probabilmente, un profumo di stoffa di
buon taglio e appena stirata.
“’giorno”.
La radio da una canzone anni 70’, Nick
picchietta le dita sul ginocchio e guarda fuori dal finestrino, dopo che i suoi
due tentativi di fare conversazione sono naufragati. Dopotutto, è Joe il chiacchierone, no? Lui ci ha provato.
Chris guida cercando di tenere gli occhi
solo sulla strada eppure ogni tanto, di sbieco, controlla il ragazzo seduto
accanto a lei. Vorrebbe dire qualcosa, riempire quel silenzio imbarazzante ma
non sa come. E’ diventata timida all’improvviso?
“Quanto manca?” “Cosa fai a Natale?”
dicono insieme, girandosi l’uno verso l’altra. Entrambi arrossiscono e guardano
avanti.
“Siamo arrivati” fa lei mentre parcheggia
in uno spiazzo semivuoto, di fronte a un grande tendone in stile circo, tutto
blu e rosso. “Bob’strees” dice
l’insegna e le lucine, le renne in ceramica e qualche babbo natale panciuto lo
confermano.
Danno un’occhiata in giro, lungo il
percorso di pini finti e veri, ceste di palline rosse, dorate, blu e argento,
puntali, confezioni di lampadine colorate e neve spray.
“Restiamo a casa. Mio fratello più
grande, Kevin, viene a trovarci con la sua famiglia” spiega Nick, gli occhi
puntati su un abete di medie dimensioni, dagli aghi troppo lucidi e cadenti.
“Tu?”
“Andiamo a Houston, da un cugino di papà.
I miei restano li fino al tre gennaio, io e Linda torniamo per capodanno. Che
te ne pare di questo?” gli indica un abete alto quanto lei, verde scuro, con
qualche spruzzo di neve sintetica sulle punte.
“Potrebbe andare, segno il codice”.
Due ore dopo, Nick e un commesso stanno
infilando anche l’ultima busta di decorazioni sul retro del pick
up, sotto lo sguardo perplesso della ragazza.
“Vi piace cambiare decorazioni ogni
anno?” chiede osservando la mole di merce appena acquistata.
“L’albero che avevamo in California… era
troppo grande e abbiamo lasciato tutto li, decorazioni comprese” si trova a
spiegarle, un po’ in difficoltà. Chris annuisce e controlla il cellulare. Ha
fame e qui vicino c’è un negozio di ciambelle buonissime. Lo dice a Nick e lui,
sorridendo appena, le dice che va bene.
“Due ciambelle e una cioccolata calda”
“Un caffe e un sandwich senza uova”
La cameriera segna sul blocco e se ne va.
“E le ciambelle?” domanda Chris.
“Non posso”
“Perché?”
Il tono in cui l’ha chiesto è cosi
infantile che Nick non può far a meno di sorridere prima di raccontarle del suo
diabete.
La cameriera posa le ordinazioni sul
tavolo e porta il conto.
“Faccio io” dice Nick, porgendo tre
banconote.
“Ma…”
“Per favore, mi hai accompagnato fin qui”
e lei rimette il portamonete nella sacca indiana. La cameriera lascia due
dollari di resto e torna al bancone, dove mescola un'altra tazza di caffe.
Chris alza un sopracciglio e afferra la tazza di Nick prima di lui, che resta
interdetto. Si alza e chiede “scusi, ha già zuccherato questo caffe?”
La donna annuisce e lei le chiede se può
farne un altro, senza zucchero, stavolta. Due minuti dopo, Nick ha un'altra
tazza di caffe fumante di fronte, rigorosamente amaro.
“Grazie” dice, un po’ sorpreso, mentre
Chris è tutta impegnata a mordere la glassa bianca della ciambella.
Dopo pranzo, passeggiano con calma sul
marciapiede, in direzione della macchina, poco distante. Chris sbircia nella
vetrina di una piccola libreria qualche titolo nuovo da aggiungere alla lista,
poi rabbrividisce per il freddo e accelera il passo. Mette le mani in tasca in
cerca delle chiavi e non le trova, nella borsa, nel retro dei jeans e va nel
panico. Nick si appoggia alla portiera e fa oscillare sulla punta di un dito il
mazzo.
“Hey, perché hai le mie chiavi?”
“Dovresti stare più attenta. Le stavi
lasciando sul tavolo”.
“Oh. Beh, puoi ridarmele?” si avvicina di
un passo per prenderle, Nick si volta e sale al posto del guidatore.
Lei lo guarda in tralice. “Ti
dispiacerebbe scendere?”
“Guido io, stavolta. Sali”
“E’ la mia macchina!”
“Sali o ti lascio qui”.
Chris si porta le braccia al petto,
conserte e lo guarda, sfidandolo. Lui mette in moto e lentamente fa
retromarcia.
“Cosa?”, la ragazza corre verso il posto
del passeggero. “Nick, fermati, che fai?”
Lui si sporge e apre la portiera. “Hai
cambiato idea?” le sorride;lei mette in
pugni chiusi i tasca, trattenendo l’impulso di strappargli tutti i ricci, uno
ad uno, ed entra in macchina.
“Adesso dove devo girare?”
“Non lo so”
“Come non lo sai?”
“Hai voluto guidare? Veditela da solo”
“Non ci posso credere. Stai facendo i
capricci?”
Chris continua a guardare fuori dal
finestrino. Nick accende il gps sull’Iphone bianco e segue le indicazioni. Pragmatico, pratico,
solido. A Chris viene voglia di buttare il sassolino e infrangere la superficie
cristallina e immobile di questo mare di sicurezza. Cosi, si sporge e cambia
stazione radio. Nick, che stava canticchiando, protesta. “Perché hai cambiato?”
“Quella canzone non mi piaceva”
“Ma sono i Pink Floyd!” esclama ovvio.
“Quindi?”
Nick la guarda esasperato, mentre Monster
fa capolino nelle casse.
“Oh, certo, questo è molto meglio”
commenta sarcastico.
“Che ti ha fatto Eminem?”
“Niente. A questo punto perché non i JB?”
mormora, non troppo cautamente.
“JB?”
Nick si morde le labbra e “JAD” fa lo
spelling, “un gruppo indie, in California, ragazzini”, mente. Chris si stringe
nelle spalle e “non li conosco”, nemmeno
io e dubito che esistano pensa lui ma almeno si è salvato in calcio
d’angolo.
Accidenti,
è cosi irritante questa ragazza, che le prende?
Nick parcheggia il pick
up e con uno sforzo non indifferente porta lo scatolone dell’albero fino
all’ingresso. Chris sbuffa e prende due buste dal retro, lasciandole li vicino.
Lui si spazzola i pantaloni dalla polvere e la ringrazia.
“Non c’è di che” fa lei, lo saluta e
attraversa.
“Chris?”
Si volta, “uhm?”
“Le chiavi”
Nick scoppia a ridere davanti alla sua
espressione confusa e furiosa allo stesso tempo. Chris afferra con foga le
chiavi penzolanti dalla sue dita e se ne va.
Una settimana dopo Natale è già passato,
tutti i pacchi sono stati scartati e Linda e Chris sono tornate a casa.
“Come mai Linda sta parlando con un tipo fighissimo davanti casa tua? E perché io ancora non lo
conosco?”
“Buongiorno anche a te, Cam”.
Chris inzuppa svogliatamente un biscotto
nel the e “il figlio dei vicini”, borbotta con la bocca piena.
“Ma chi, i Jonas? Avevi detto che Linda
ha fatto tanto casino per niente! E quello li, permettimi, non è niente”.
Camille poggia la borsa a tracolla su una delle
sedie libere e lancia ancora uno sguardo a Linda e a… “ehi, ma quello è
Nicholas!”
Chris alza lo sguardo. “Lo conosci?” domanda alla sua amica che annuisce e le
parla con gli occhi fissi sui due ragazzi. “L’ho incrociato un paio di volte al
Jolly. Era estate, voi non c’eravate e Sam aveva da fare. Abbiamo fatto due
chiacchiere. Abita qui?”, si volta, infine.
“E’ il fratello del tipo figo” mima le
virgolette con le dita sporche di marmellata.
“Accidenti!” esclama Cam.
Poi sorride raggiante. “Dovremmo invitarli da Jess, per l’ultimo dell’anno, non
credi?”
A Chris va di traverso il caffe, “Perché?”
“Per confermare la famosa ospitalità del
sud” sorride maliziosa.
“Non credo che a Nick piacerebbe” osserva
pensierosa.
“Ah, no? E tu cosa ne sai di cosa piace a
Nick?” cantilena, piegando la testa di lato.
Chris annaspa, in difficoltà. Niente, non
ne sa niente e nemmeno le importa.
“Linda se li porta sempre appresso. Sono
tipi come lei, i suoi amici”, fa un gesto vago con la mano. “Noi a stento ci
salutiamo”.
“Un motivo in più per fare amicizia,
no?”. Camliscia le pieghe del vestito a fiori e, sorridendo, le fa ciao con la
mano e scompare oltre la porta.
“Cam, no-“
esclama alzandosi, ma è già tardi. La vede sporgersi sulla staccionata e
stringere la mano ai due fratelli. Poi Joe sorride e
annuisce, mette una mano sulla spalla di Nick che sospira e guarda verso la
porta, verso di lei, in pigiama e con un espressione idiota dipinta sul viso.
Lui la saluta, Chris stira appena le labbra e chiude la porta.
Nick inarca le sopracciglia perplesso,
poi scuote la testa e torna a prestare attenzione a Camille. Sorride mentre lei
parla a raffica, in modo familiare, come al Jolly, qualche mese prima.
Incredibile, la ragazza del bar è in piedi di fronte a lui, in un eccentrico
vestito a fiori e calze pesanti, li ha appena invitati ad una festa di un certo
Jess. Non era quel tipo al tavolo di Chris? Ecco perché notava una certa
somiglianza, naturale che siano amiche! Ma poi perché non l’ha più vista? Ah,
già, lei ha il ragazzo. Però è stato bello conoscerla, ha scritto un sacco di
canzoni da quando l’ha incontrata, e anche se è quasi sicuro che gli sia
passata, le sorride riconoscente quando lei fa per tornare dentro, perché era
da un po’ che a Nick, la voglia di sorridere, era passata.
Parliamo
della mia capacità di scrivere di Natale e Capodanno a due giorni dall’inizio
dell’estate? No, vabbe, lasciamo perdere.
Povero
Nick, quasi mi dispiace per lui. Chris gli da proprio filo da torcere. Voi che
dite? Camille non si fa mai i fatti suoi e continuerà
a non farseli anche nei prossimi capitoli. Anche se dovrebbe visto quello che
l’aspetta *risata cattiva*. Era lei, la ragazza del bar, wow! E naturalmente,
ad uccidere l’entusiasmo di Nick, c’è il fatto che lei sia fidanzata con Sam.
Ma tranquilli, a Nick è passata!
Come
sempre, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se avete dei suggerimenti,
domande, dubbi, perplessità e critiche. Siamo aperti a tutto. I pomodori no,
però, eh! Ne approfitto per lasciare di nuovo i miei contatti, qualcuno è stato
modificato. Un saluto popolo di efp!
“Dirò a Sam di tenerti chiusa in casa, la
prossima volta”.
E’ da martedi
mattina che Chris ripete la stessa frase e poi sbuffa. Dopo due giorni, una
decina di epiteti non proprio carini e circa mezzora di ritardo, si tira giù la
gonna del vestito che ha messo per la festa. Camille,
seduta al posto del guidatore, lancia fuori la sigaretta ormai finita e sorride
al suo riflesso nello specchietto.
“Sarà divertente” e anche questo Chris
l’ha già sentito.
“Era necessario invitarli? E poi perché
dobbiamo dargli un passaggio?”
“Perché non sanno dove abita Jess, Chris.
Stai un po’ tranquilla! Ogni volta che li nomini ti escono gli occhi fuori
dalle orbite. C’è qualcosa che devi dirmi?” si avvicina, sorridendo,
sottintendendo chi sa che.
“Vaffanculo” e si gira dall’altra parte.
Cam picchietta le dita smaltate di blu sul
cruscotto, “ho una mia teoria, ma dovrai aspettare dopo la festa per sentirla”.
“Non vedo l’ora” mormora sarcastica
l’amica, mentre Nick e Joe compaiono oltre la porta e
s’avvicinano.
“Buonasera belle signore”, Joe si sporge tra i sediolini e sorride ampiamente ad
entrambe. Da un’occhiata non proprio rapida ai loro vestiti, le gambe scoperte
e i colli profumati appena coperti dai capelli lunghi. Cam
gli sorride di rimando, saluta Nick e mette in moto.
Ci sono forse più di cento persone nella
villa della famiglia di Jess, tutte cosi vicine che sembra ferragosto. C’è il
profumo caldo della pelle vicina ad altra pelle, l’odore d’erba in tutte le
stanze, la musica cosi alta che i vetri tremano. C’è gente che canta, che beve,
che salta, che balla, che urla, che bacia, che tocca. Mancano ventiminuti all’anno nuovo eppure il tempo sembra
essersi fermato.
La stanza traballa, perde l’equilibrio e
finisce addosso a qualcuno.
“Scusa” grida per farsi sentire.
“Non importa, stavo proprio aspettando
che qualcuno inciampasse su di me” fa lui, sorridendo. Anche nel buio i suoi
occhi scintillano. Con la mano che l’ha sorretta le sfiora lentamente la
schiena nuda, aiutandola a rialzarsi.
“Bevi qualcosa?”
“Stavo cercando qualcuno”
“L’hai trovato?”
“Non ancora” vorrebbe dire, ma mentre
guarda il ragazzo di fronte a lei le parole le muoiono sulle labbra. Resta
imbambolata ad osservare il suo pomo d’Adamo che scende e che sale al ritmo di
vodka a fragola. Lui le porge il suo bicchiere, “vuoi?”
“Questo è il tuo, non è come se ci
stessimo baciando?”
Lui scuote la testa ridendo, “oh, no.
Questo è come se ci stessimo baciando” e poggia le labbra umide sulle sue.
“5, 4, 3, 2, 1” esplodono le bottiglie e
gli auguri, gente che si abbraccia e continua a ballare e cantare, senza scarpe
e senza voce, che per vivere stasera basta veramente poco.
La festa è finita, ci sono bicchieri
rossi sparsi su ogni superficie, l'alcool che impregna i divani e il pavimento,
la musica a basso volume e qualcuno che dorme sulle spalle di qualcun altro. Al
piano di sopra, invece, qualcuno non dorme affatto e dopo l'ennesimo gemito
Nick si alza e cerca il cappotto mentre Marcus sorride e si accende una
sigaretta.
Cam e Chris tentano di mettere in equilibrio
sulla fronte un bicchiere pieno di un liquido rosa, poi ridono e il bicchiere
si rovescia. Sam prende per mano la sua ragazza e "Andiamo a casa, Cam".
Chris l'afferra per un braccio e se la
stringe contro, "non fare il guastafeste, ancora un altro po'". Lui
sorride e delicatamente la scosta da Cam. Le lascia
un bacio sulla guancia accaldata, "spiacente bambolina". Da a Marcus
le chiavi dell’auto di Camille, “accompagnala con
questa, passo a prenderla domani”, gli da una pacca sulla spalla e si
allontana.
”Posso farlo io, abito li" dice
Nick, alzando gli occhi dal telefono e il messaggio di Joe
che gli dice di non aspettarlo.
Marcus lo sa, l’ha visto un paio di volte
quando ha riaccompagnato Chris a casa e comunque lei gliel’ha presentato
all’inizio della festa, assieme al fratello… com’è che si chiama? Lo guarda
bene. I ricci spettinati, la camicia nei pantaloni chiari, di un bel taglio, le
scarpe lucide e gli occhi svegli. No, non è ubriaco. "Chris vuoi andare
con lui?" e lei scuote la testa, stringendosi al suo braccio. Lui sorride,
“vado a prenderle la giacca, poi è tutta tua" e se lei fosse un po' più
lucida l'avrebbe già ammazzato.
In macchina Nick guida tranquillo tra le
poche macchine ancora - o già - in strada, la radio spenta, l'aria fredda del
primo venerdì dell'anno e la pelle di Chris che sfiora quando cambia marcia.
"Dov'è Joe?"
"Da qualche parte, con
qualcuno".
"Oh - Chris annuisce e ridacchia -
Perché tu no?"
"Perchè ti
sto riaccompagnando a casa".
Lei fa uno strano verso, a meta tra una
risata e uno sbuffo, e insiste. “Perché non eri con nessuno, prima di accompagnarmi? Sei sempre cosi…
serio", chiude gli occhi e appoggia la testa al finestrino. Lui la guarda
e stringe le labbra, vorrebbe dirle che non è il tipo ma lei già dorme.
Nick arriva a casa alle 5.51, con il
cielo che si sta appena svegliando e la voglia di dormire fino al giorno dopo.
Apre la portiera e la sveglia. Chris si guarda intorno, lo sguardo perso e un
po' liquido d'alcool, scende dall'auto e muove un paio di passi, prima di
inciampare, facendo cadere la borsa. Nick la affianca e l'aiuta a rimettersi in
equilibrio, lei sospira ad occhi chiusi, poi gli posa le mani sul petto.
"Stammi lontano, Nicholas, ti prego”. Lui la guarda negli occhi,
sforzandosi di capire il senso di quello sta mormorando. “Stammi lontano, mi
farai male e io non sono sicura di riuscire a fermarti”. Nick spalanca appena
gli occhi, nonostante la stanchezza e preso alla sprovvista allenta un po’ la
presa sui suoi fianchi. Lei si china, sfilandosi le scarpe alte e gli sorride
triste, scuotendo la testa. “Saresti perfetto. Sai già dove colpire” e a passi
lenti, oscillando, sparisce dentro casa.
Nick è stanco e ha un terribile mal di
testa, ma le parole di Christina gli hanno procurato una tristezza tale da non
permettergli di chiudere occhio tutta la notte.
Un coperchio che cade, una sedia che si
sposta, il telefono che squilla. Chris mugugna qualcosa nel cuscino, si gira
dall'altro lato e porta il cuscino sopra la testa. Niente da fare, ormai è
sveglia, dopo nemmeno tre ore. Fa gli scalini con gli occhi socchiusi, la mano
sulla ringhiera di ferro scuro e i piedi scalzi.
"Linda, si può sapere che diavolo
succede? Sono le nove del 1 gennaio, per quale motivo sei già in piedi?"
"I ragazzi vengono a pranzo, non te
l’hanno detto?”
Chris ci pensa ma non riesce a ricordare
nulla a parte qualche battuta di Cam o quel vestito
verde di Amber che oddio ma cos’è?. Scuote la testa, “a stento ricordo come mi
chiamo”.
“non ne dubito” mormora Linda china sulle
padelle.
Chris alza gli occhi al cielo e intinge
il dito nella salsa. “Posso chiederlo anche a Cam?”
"Se proprio insisti".
La minore le lascia un bacio sulla
guancia, ”grazie" e torna di sopra.
Linda lava le pentole, Cam le asciuga, Joe si dondola
sulla sedia e Chris sparecchia. Prima i tovaglioli, poi le bucce d’arancia, le
briciole della torta. Nick la osserva, come ha fatto per tutto il pranzo,
nemmeno troppo discretamente. Sente il suo sguardo addosso, ad ogni movimento.
Impila i piatti sporchi e posa il pane. Ancora. Stringe il tappo della
bottiglia e chiude il frigorifero. Ancora.
"Si può sapere che vuoi?"
sbotta, sbattendo un piatto sul tavolo. Le posate tintinnano e i bicchieri di
vetro sottile vibrano. É un miracolo che non si sia rotto nulla e Nick continua
a fissarla. Non sobbalza nemmeno, a differenza degli altri.
"Christina", Linda è rossa in
viso.
"Cosa è successo?" Cam lo domanda a Chris ma guarda Nick con l'espressione di
una che è pronta a svitargli la testa dal collo. Chris chiude gli occhi,
respira e rilassa le spalle. "Niente", pulisce le mani in uno
strofinaccio e va fuori, a respirare aria pulita, lontano da occhi indiscreti.
"Ieri hai detto che potrei farti del
male” dice all’improvviso Nick, cinque minuti dopo, chiudendosi la porta alle
spalle. “Anzi, a quanto pare so già come farlo”.
Chris alza gli occhi e lo guarda,
confusa.
"É la risposta alla tua
domanda", le si siede accanto, sugli scalini davanti alla porta di casa.
“Mi hai riaccompagnato tu, vero?”, lui
annuisce.
La ragazza sospira e si volta verso di
lui. "E non potevi semplicemente chiedermelo senza portarmi
all'esasperazione?"
"Non capisco perché mi od tanto. Mi
eviti…” inizia lui, con lo sguardo perso in avanti.
"Non ti odio", ripete lei
meccanicamente. Non ti odio Nick, solo non so che fare.
"Non capisco in che modo potrei
ferirti. Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
Chris nega, scuotendo la testa. Le lacrime le offuscano la vista.
“So di non essere un tipo simpatico come Joe, però non capisco per-"
"Nick, non sei tu. Ok?” lo
interrompe, “e lascia perdere quello che ho detto ieri. Mi dispiace. Non te
l'hanno insegnato che gli ubriachi delirano?"
"In vino veritas"
si stringe nelle spalle.
"In vodka no".
Nick ride e allora sorride anche lei. Il
vento soffia tra i capelli di Nick, le mani che sfregano per non congelare, le
gambe lunghe stese sui gradini.
Perché
mi destabilizzi tanto, Nick?
Camille se ne sta con il naso appiccicato ai
vetri sopra la finestra a spiarli, Chris la nota e lei con il labiale le mima
di farsi più vicino. Scuote la testa e prende un lungo respiro, alzandosi. Ora
gli è di fronte. “Possiamo... Possiamo provare ad essere amici, se ti va".
Nick sorride e annuisce. Gli porge una mano per aiutarlo ad alzarsi e andare
dentro prima che congelino, ma lui non si muove.
“Non ti aspetterai che ti segua a fare
shopping e ti dia consigli sui ragazzi, vero?"
Chris scoppia a ridere e scuote la testa,
tirandolo su. "No, tranquillo. Per quello c’è Cam.
Possiamo guardare il rugby e bere birra”
Ed é strano
perché Nick più lo allontani e più ti piomba addosso.
“La vuoi sentire la mia teoria?”
“No”
Camille allunga le gambe sul divano,
sgranchendosi e lancia uno sguardo in cucina. Non c’è nessuno.
“A te piace Nick, per questo ti comporti
da psicopatica con lui”
“Cosa? Cam,
avevo detto di no!”
“Oh, avanti. Si sa che le migliori storie
nascono cosi. Prima non ci si sopporta, poi ci si conosce meglio… tra qualche
settimana vi ritroverò appartati dietro uno dei cespugli in giardino”
“Dio che schifo!”, la colpisce con un
cuscino.
“Sese, dicono
tutte cosi”.
Alloooora. Lo so, non è proprio il periodo per
“capodanno”. Devo rivedere questo aspetto, finisce sempre che Natale viene il
15 d’agosto, nelle mie storie.Anyway… cosa ne pensate?
Abbiamo
all’inizio Chris e la sua congenita simpatia per Nick, Cam
che continua a romperle le scatole e… Nick arrabbiato!
Secondo
voi chi sono i due che si baciano alla festa? Si accettano scommesse!!
E alla
fine, finalmente, questi due diventano amici. Questa cosa sarebbe dovuta
accadere tra un paio di capitoli ma il mio fegato non avrebbe retto l’attesa.
Tant’è.
E’ il dieci gennaio e l’anno nuovo è
appena iniziato eppure, a sentire Chris, sembra passata una vita. Cam e Sam litigano come una vecchia coppia sposata da
alcune settimane, Marcus l’ha trascinata altre due volte al Mary’s
Hospital per la clown terapia, ha dato due esami ed ha visto Nick almeno
quattro volte da quando hanno deciso di essere amici – sono stati due volte al
Jolly insieme a Linda e Joe, una mattina lui le ha
dato un passaggio all’università e un pomeriggio lei ha aiutato Frankie con gli
esercizi di francese -. Anche Linda
sempre un po’ più felice, le piace che gli abbia dato finalmente un’opportunità.
Lei ultimamente ha un’espressione triste, è stranamente silenziosa e una sera Chris
l’ha sentita piangere nel bagno vicino alla sua stanza.
“Che vuoi?” le ha detto quando è uscita
di li, poco dopo.
Chris si è guardata intorno e ha alzato
le spalle. “Volevo sapere se ti andava di guardare un film”.
“Adesso no” l’ha liquidata Linda e lei ha
annuito. Le ha lasciato un bacio proprio dove il mascara era più colato e l’ha
stretta qualche secondo in più e lei deve aver capito perché una mezzora dopo è
salita su in soffitta, ha aperto piano la porta e si è infilata nel letto
affianco a sua sorella. Con gli occhi fissi sul pc, Chris le ha passato un
braccio attorno alle spalle e Linda si è stretta un po’ di più a lei.
“Lin, che hai?”
“E’ da una vita che non dormiamo più
insieme”
“Vediamo un horror?”
“Assolutamente no! Da’ qua”, si è messa
seduta e ha cercato qualcosa con Clooney, perché insomma. Chris l’ha osservata
e ha sorriso impercettibilmente al buio.
E’ il dieci dicembre, quindi, e l’anno
nuovo è appena cominciato. Chris porta fuori la spazzatura sotto il pallido
sole del primo pomeriggio, mentre una musica leggera, un melodia triste,
riempie l’aria. Una voce dolce, familiare, l’accompagna, ma è troppo bella e
troppo vicina per essere in radio o in tv. Chris attraversa e si sporge nella
direzione di quella canzone e Nick continua a suonare con gli occhi chiusi e le
labbra che si aprono appena per sussurrare qualcosa. Allora si fa più vicina e
più rapita - perché non se l’aspettava mica -, tanto da non rendersi conto che
Nick si è accorto di lei.
“Gli autografi dopo” le dice, poi
appoggia la chitarra di lato e alza lo sguardo su di lei, sorridendo piano.
“Scusa, non volevo disturbati. Ho sentito
qualcuno cantare e, di solito qui non canta nessuno perciò… è una bella
canzone” dice, in evidente difficoltà.
“Grazie”, il suo sorriso è un po’ una
smorfia ora.
“Non mi sapevo che suonassi”.
Lui si stringe nelle spalle, “ultimamente
non lo so più”.
Chris tentenna, poi decide di fare qualche
passo verso di lui, tanto ormai l’ha vista. “Cosa?”
“Cosa so fare e cosa no. Come se, tutto
quello che ho fatto fin ora avesse perso il suo valore e fossi in un vicolo
cieco. E’ difficile abituarsi ai muri quando vivi in libertà”, disegna un
cerchio immaginario per aria, con la punta delle dita e poi batte le mani sulle
ginocchia.
Chris annuisce, pensierosa. Poi “allora
te lo dico io”, allarga le braccia e la mani, con i palmi verso il cielo.
“Cosa?”
“Che non sei poi cosi male!”
Lui sorride e scuote la testa, i riccioli
castani rimbalzano ovunque emanando un odore di shampoo alle mandorle.
“Perché suoni qui fuori, comunque? Non
hai freddo?” e di riflesso Nick si stringe nella felpa pesante che ha addosso.
“Un po’, ma Joe
ha detto, testuali parole, strimpella ancora in questa stanza e vedi che fine
fa quella chitarra, in sala da pranzo i miei stanno lavorando…” alza le spalle
e sospira, sconsolato.
Il fatto è che Nick, a Chris, fa uno
strano effetto e prima che se ne renda conto gli sta già dicendo: “posso
mostrarti un posto in cui suonare in pace” e poi si morde le labbra.
“Davvero?” Nick si illumina.
Annuisce, “insomma, adesso farà ancora
freddo però quando il gelo sarà finito è perfetto” dice, sorridendo, mentre ci
pensa.
“Oh, devi proprio mostrarmelo, allora”.
Chris sposta il peso da un piede
all’altro.
“domani!” “domani?”, dicono in sincrono.
Nick sorride e Chris stringe i pugni tanto forte che le fanno male le dita.
Annuisce ancora, indietreggiando.
“Devo andare, adesso”
“Certo, ciao Chris” le dice lui, la voce
terribilmente morbida che risuona nel vialetto.
Qualcuno ha detto che la notte porta
consiglio. Chris si guarda allo specchio e viste le occhiaie direbbe che porta
rogne, altro che consiglio. La voce di Nick le ha tenuto compagnia nel buio di
camera sua e anche il con cuscino premuto sulla testa, era sempre li. Quella
canzone, lei ne ha sentito solo una strofa, ma mentre si spazzola i capelli e
lava i denti non fa che ripetersi random. Il problema è che lei non vuole
sentirsi cosi, non con Nicholas, non la vuole sentire quella cosa. Però ora
sono amici, no? Insomma, hanno deciso cosi, giusto? Stare con Nick non la salverà
da quella cosa, anzi, la porterà dritta nell’occhio del ciclone. Ma ha capito
che non si può conoscere Nick e tenerlo distante. Lui è uno che ti entra
sottopelle quando non te ne accorgi, non puoi decidere di metterlo da parte
perché lui c’è sempre. E’ maledettamente in tutte le cose. E poi forse potrebbe…
insomma, Linda l’ha fatto. Linda si è innamorata. Poi ha sofferto tanto, se lo
ricorda, è stato un periodo orribile. Eppure lei non ha smesso di sorridere e
guardarsi intorno. Nemmeno Cam, maledizione, Cam piange al telefono per l’ultimo che l’ha mollata e
salta su il mese dopo raggiante per un altro bacio. Insomma, è stupido quello
che ha fatto, perché comunque, aveva ragione Marcus, lei stava scappando da
Nick. Sta scappando da lui dal primo giorno in cui l’hai visto. Perché è
proprio allora che ha capito che lui è diverso, lui è esattamente cio che stava cercando, precisamente ciò che vorrebbe ma
che non può permettersi di perdere. Perché lei è un pugno chiuso, ma vuoto, e a
nessuno piace fare niente per niente. Sputa l’acqua nel lavandino e si asciuga
la bocca, da un’ultima occhiata allo specchio e sorride mesta al suo riflesso.
“Allora, sai cavalcare?” gli domanda,
entrando nella stalla.
Lui scuote la testa per negare e riccioli
bruni gli rimbalzano sul viso. “Non ho mai imparato”.
“Strano per uno del Texas” lo prende in
giro, in memoria di una vecchia conversazione.
“Puoi sempre insegnarmelo tu” risponde
lui con lo stesso tono.
“E’ quello che ho intenzione di fare,
adesso” gli sorride maliziosa e gli presenta Hale, il
suo cavallo marrone. Lo sella e gli spiega come montare su, mostrandoglielo.
Nick prende posto dietro di lei, non senza difficoltà, con le gambe che si
toccano e il suo torace a sfiorarle la schiena.
“Tieni le redini, cosi” gli mostra, lui
mette le mani accanto alle sue e ne imita la posizione, allungandosi
inevitabilmente verso di lei. E’ cosi vicino che la ragazza ne avverte il
respiro caldo sul collo, lasciato scoperto dalla treccia lunga che le pende
sulla spalla destra. I suoi occhi blu – non azzurri, proprio blu – scrutano rapidamente
il volto di Nick che incrocia il suo sguardo. “E adesso?”.
Lei sorride e da un scossone al cavallo. “Adesso si va”.
Nick è il primo a scendere. Allunga una
mano verso Christina, che scavalca con le gambe lunghe fasciate dai jeans
chiari il dorso del cavallo, la afferra e si cala giù. Assicura Hale al solito tronco e fa strada. Una stradina grigia e
polverosa attraversa il prato sotto gli alberi alti e conduce al laghetto. Nick
lo osserva estasiato. Un piccolo bacino azzurro riflette il colore del cielo e
di qualche nuvola bianca, uno specchio tra l’erba rada d’inverno. Su una riva
del lago sono sistemati alcuni massi tondeggianti e scuri, su cui Chris si
arrampica per poi sedersi. Allunga le gambe e chiude gli occhi, rivolgendosi al
sole. E a Nick. “Allora?”
Nick la affianca e si guarda ancora un po’
attorno. “E’ perfetta”.
“Non azzardarti a soffiarmi il posto,
Jonas”.
“Oh, no, pensavo che potremmo
condividerlo. Che ne dici se io prendo questa riva e tu l’altra?”, indicando la
sponda opposta occupata da un solitario tronco caduto. Chris ride e gli rifila
una gomitata giocosa. “Assolutamente no!”
“Ci ho provato” afferma lui, sconsolato. Poi
si volta a guardarla, “cosa fai quando vieni qui?”
“Leggo, studio” fa una smorfia “ma la
maggior parte delle volte mi distraggo” - Nick sorride – “d’estate io e Rose
facciamo il bagno”.
Lui annuisce. “Che ne dici di qualche
lezione di chitarra?”
Lei lo osserva, stupita. “Non puoi dire
sul serio. Sono terribile, davvero. L’artista della famiglia è Rose”.
“Ma io l’ho chiesto a te” ribatte lui. “Ho
un sacco di tempo e a quanto pare saremmo costretti a dividere la stessa sponda”,
continua sbuffando teatralmente.
“Dovrai armarti di tanta pazienza” lo
avverte.
“Si può fare”, le tende la mano per
concludere l’accordo. Chris sbuffa e scuote la testa, “e tu imparerai a
cavalcare” ribatte, stringendola.
No, non
sono morta!! Sono appena tornata dall’Olanda e sono un po’ di fretta perché
domani parto per il mare per un weekend e niente, non potevo più aspettare per
pubblicare questo capitolo e passare ai successivi dove finalmente succede
qualcosa di concreto e qualche nodo viene al pettine.
Come
sempre, mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni, quindi… se volete io
sono qua. Cioè non ci sono materialmente, ma voi scrivete che io rispondo il
prima possibile.
“Cosa?”,
ma non è necessario che dica altro, l’ottava stridula della sua voce l’ha già
smascherata.
“Divertitevi, salutamelo” e attacca
ridacchiando.
Chris sbuffa e stringe la gambe, lui la
guarda sorridendo sornione, la chitarra sulle ginocchia.
“Ti saluta Cam”
dice in tono lamentoso, mentre il sorriso di Nick si allarga. Le porge la
chitarra: lei si limita a guardarla triste e mormorare “non so dove mettere le
mani”.
Nick gattona fin dietro le sue spalle,
con le ginocchia punte dalla roccia e qualche smorfia di dolore malcelata. Le
prende le dita sottili e le sistema sulle corde, con estrema lentezza e
precisione mentre lei deglutisce, con lo sguardo sulle loro mani sovrapposte.
“Tocca solo quelle che ti ho fatto
vedere, ok?”.
Una melodia sgraziata, senza tempo. Il
ragazzo si sposta, le siede vicino e corregge la postura e la posizione della
dita, perché il suono esca più pulito. Le sfiora la pelle con la punta dei
polpastrelli. Nick c’è, lo avverti, ma con discrezione, come sempre, come il
vento di inizio primavera che scuote la chioma degli alberi sopra le loro
teste, li nella radura che Chris gli ha mostrato qualche mese fa e in cui,
inutile dirlo, si sono incontrati spesso, più o meno inconsapevolmente.
Chris prova e riprova a suonare quello
che le ha mostrato, ma sembrava cosi maledettamente facile per lui. Sbuffa e
batte il palmo della mano sulla cassa, poi sbuffa di nuovo e ricomincia e Nick
le dice che stavolta era molto meglio.
“Nick, piove”.
“Non ci provare. Andava quasi bene, dai
ancora una volta”.
Un’altra goccia cade sul manico e scivola
fino alle corde. “No, Nick, davvero. Piove”.
E non fanno nemmeno in tempo ad alzarsi e
recuperare il quaderno che viene giù il diluvio e s’inzuppano tutti.
“Corri” gli dice e si accorge solo dopo,
quando si separano per montare su due cavalli diversi, che lo ha preso per
mano.
“Christina!”
Linda le corre incontro appena varca la
porta di casa. Tra le braccia regge un grosso asciugamano e l’avvolge per bene,
scostandole i capelli dalla fronte.
“Oh, Nick, aspetta, vado a prenderne uno
anche per te”.
“Mi dispiace per la chitarra” gli dice
Chris, osservando l’oggetto grondante alle sue spalle, poggiato al muro.
“Scherzi? E’ rovinata, valeva centinaia
di dollari!”
La ragazza scosta lo sguardo dalla
chitarra a Nick, con gli occhi spalancati. “Nick, mi dispiace, io-“
Lui ride di fronte alla sua espressione,
ma si interrompe per un brivido di freddo che gli attraversa la schiena sotto
al camicia. Chris si morde le labbra e sguscia fuori dall’asciugamano,
posandoglielo sulle spalle e per farlo deve sporgersi sulle punte.
“Ma tu-“, “Stai gelando” lo interrompe,
giungendo i due lembi di stoffa sul petto ampio di Nick, mentre il viso del
ragazzo è cosi vicino che il suo respiro le si infrange sulla guancia.
“Eccomi! Scusate, quelle grandi erano di
sopra”.
Linda compare sul piano con un altro telo
di spugna bianca e fa per porgerlo a Nick che però è già al riparo. E mentre le
sue sopracciglia si curvano perplesse, Nick allunga la mano e afferra
l’asciugamano. Con uno scossone lo apre e lo poggia sulle spalle di Chris,
avvolgendola mentre le sussura “anche tu”.
Le guance di Chris si tingono di rosso e
rapidamente si nasconde in cucina con la scusa del te. Nick la guarda sparire
oltre la porta, poi scuote la testa e strofina l'asciugamano sulle guance.
Linda é li che
lo osserva, pensierosa.
"Tutto bene?" le chiede, gli
occhi che sondano il suo viso.
"Certo", lei sorride e si
appoggia con le spalle al muro. Nick le passa accanto, diretto in cucina, ma
Linda ha le spalle fragili e non ce la fa.
"Nick?"
Lui si volta. "Hai tempo per un
caffe uno di questi pomeriggi?"
Sorride, "Per te anche due".
Due giorni dopo, Nick si gira la tazza
tra le mani, pensieroso. Non è certo di aver capito tutto.
"Ne sei sicura?"
"No. Si. Sono sicura che il mio nome
é Linda, che non comprerò mai una macchina gialla,
che spendo troppo in rossetti e che non riuscirò mai a sfornare una torta senza
bruciarla. Per il resto, nutro profondi dubbi”.
Nick si morde le labbra. "D'accordo.
Chiederò ad un'amica che lavora li e ti farò sapere. Chris che ha detto?"
Linda abbassa lo sguardo, gioca con le
dita magre attorno alla zuccheriera.
"Non glielo hai detto?"
"Non ancora. Ti prego, non..."
"No, devi farlo tu", la
rassicura anticipandola e accoglie il suo sorriso riconoscente, accarezzandole
il dorso della mano sul tavolo.
"Sono sicuro che capirà".
Lei annuisce e fissa il bordo della tazza
di ceramica bianca. "Si, lo farà. Quando si sarà calmata. Starà bene,
soprattutto se le stai vicino. Ho visto il mondo in cui la guardi, Nick."
Lo guarda sorridendo, come qualcuno che già sa. Ancora una volta, lui ringrazia
di non essere in grado di arrossire. Ma ha una questione più urgente da
affrontare.
“Ascolta, Linda, io voglio davvero
aiutarti, ma c’è una cosa di cui devo parlarti, a questo proposito, e devi
promettermi che non ne farai parola con nessuno”.
Lei annuisce, seria e si prepara ad
ascoltare. Nick fa un respiro profondo e le racconta la verità.
“Grazie, Stella. A presto”. Nick attacca
e passeggia con le mani in tasca e il cuore un po’ più pesante. Il primo
pensiero che ha è quello di rifugiarsi assieme a Chris sui massi in riva al
laghetto. Dimenticarsi di quest’assurda conversazione, del tono grave di Linda
e sentire soltanto il vento che gli sferza sul viso, a cavallo – Christina si è
rivelata una buona insegnante, oltre che un’amica -. Vorrebbe ascoltare la voce
allegra di Chris con gli occhi chiusi, sapendo di averla accanto, questo lo
rassicurerebbe. Potrebbe raccontarle ancora del sole e del caldo di Los Angeles
e magari sbilanciarsi un po’ di più e parlarle dei concerti, della sensazione
di stare li ad un passo da un mare di gente, di sentirsi grande, invincibile e
magari fare a gara a chi ha viaggiato di più. Ma si rende conto che quello è
l’ultimo posto in cui vorrebbe essere perché non gli piace mentire – omettere,
non mentire – sulla sua identità, non a Chris, e adesso c’è anche questa storia
di sua sorella, che lei ancora non sa. Linda ha ascoltato con attenzione la sua
confessione e le sue scuse e gli ha promesso il silenzio, in cambio del suo. E
se il silenzio pesa, ora capisce cos’è quel dolore all’altezza del cuore.
La matita solca l’ennesima linea sul
foglio, poi rotola di lato e finisce tra le pieghe del libro di demografia,
Chris si scosta i capelli dal viso e ricontrolla le cifre. Di nuovo, c’è
qualcosa che non quadra. Il cellulare comincia a vibrare, sgusciando via dalla
borsa aperta e termina la sua corsa sul letto. Al quinto squillo, circa,
risponde seccata senza staccare gli occhi dal foglio.
“Si?”
“Chris”
“Cam, spero tu
stia passando le pene dell’inferno per aver interrotto una sessione di studio
intenso di tipo – guarda l’orologio al polso - mezzora”.
“Più o meno”, l’altra tira su col naso e
Chris si mette dritta sulla sedia, sull’attenti.
“Stai piangendo?”
“Puoi venire per favore?”, ma lei è già
in piedi, con le chiavi in mano e la giacca di jeans sul braccio. “Dove sei?”
Chris guida con gli occhi puntati sulla
strada senza essere però concentrata. Ogni tanto frena di botta ed è costretta
a mormorare delle scuse ai pedoni sulle strisce. Quando riparte, guarda il sole
scomparire dietro i palazzi e nel riflesso del finestrino vede le mani di Camille contorcersi dal nervosismo.
Cam tiene la borsa sulle ginocchia strette,
le spalle ricurve per il freddo e un sorriso abbozzato – rassegnato – sulle
labbra socchiuse.
“Mi accompagni al concerto del gruppo
indie, domenica pomeriggio? Dovevo andarci con Sam, ma…” la voce sfuma in un
sussurro incerto, nonostante Cam fosse partita con
entusiasmo.
“Allo stronzo è passata la voglia”.
L’amica sospira, “Chris, non dire cosi.
E’ stata colpa mia” e prima che l’altra possa ribattere – si è già voltata con
le sopracciglia inarcate e un “stronzate” incastrato tra i denti – aggiunge
“dovresti accostare. Ho bisogno di raccontarti una cosa ma non so bene come la
prenderai per cui non voglio rischiare di finire contro un autobus, ok?”
Christina trova posto nel parcheggio del
loro vecchio liceo e spegne i motori. L’edificio giallo chiaro è accerchiato da
barre di metallo verde e qualche lampione acceso, a cui sono legati motorini
sgangherati e qualche bici arrugginita, ma regna il silenzio, dentro e fuori
l’abitacolo, e se Cam non sospirasse muovendosi
nervosamente sul sediolino, avrebbe potuto anche scordarsi della sua presenza.
La bionda guarda oltre il parabrezza
quando parla “Hai presente la festa di Jess, a capodanno?”. L’altra annuisce.
“Tra me e Sam è finita poco dopo”.
Chris si volta con uno sguardo confuso, Cam sorride timidamente al vetro al ricordo di quella sera
e “ho baciato Joe Jonas quella sera. E non riesco più
a togliermelo dalla testa” dice, poi scrutando nei suoi occhi, in cerca di quella
delusione che prova per se stessa. La prima cosa a cui Chris pensa è Linda, poi c’è un po’ di risentimento
perché la festa era almeno tre mesi e mezzo prima e Cam
non le ha detto niente, poi soltanto confusione.
“E’ successo altre volte?”.
Camille comincia a singhiozzare rumorosamente,
coprendosi il viso con le mani e Chris si sporge istintivamente per
abbracciarla, poi si ritrae, nella testa risente Linda piangere allo stesso
modo ed è proprio un bel casino.
Non ho
molto da dire perché dubito che ci sia qualcuno che segue questa storia con
interesse e me ne assumo completamente la responsabilità, per l’originalità
della narrazione e per gli aggiornamenti sempre più radi. Chiedo perdono per il
tempo speso!
Ad ogni
modo so che c’è qualcuno che nonostante il disastro che sono legge e questo mi
rende immensamente felice quindi, tu, lettore, cosa aspetti? Fammi sapere se
questa storia è ancora di tuo gradimento, sei hai consigli o critiche da
avanzare. Ti ringrazio.
Pardon my harsh
reaction
you put me on the spot
and if I’m being honest
I’m hoping you had got me caught? (Weddingbells, JB)
“… per cui la bolla speculativa che ne è
derivata ha contribuito alla spinta verso l’alto del mercato finanziario”.
Marcus si volta per la quarta volta e
sbuffa, mima un cosa? con le labbra
ma Chris scrolla le spalle. Il professore li congeda quindici minuti dopo.
“Cos’è quel muso lungo, principessa?”
“Casini” mormora recuperando la borsa e
l’ombrello.
“Posso fare qualcosa per te?”
Scuote la testa, “non sono casini miei”.
“Allora non dovresti stare a
preoccuparti”, le circonda le spalle con un braccio e lei si lascia trascinare
fuori.
Camille la raggiunge poco dopo, davanti al pick up. Il viaggio è silenzioso, Cam
lo sa che Chris non ce l’ha con lei, è soltanto preoccupata per Linda. Lo sa
perché conosce la sua migliore amica, perché anche Chris sa che non c’è niente
da recriminare, è soltanto successo. Però Cam se la
ricorda Linda, in quel periodo, e sa
che il modo in cui Chris (non) affronta le relazioni è dovuto in gran parte
anche a quello. Chris ha paura, non
si fida, prende le distanze, se le piaci e ti avvicini troppo scappa, non
permette a se stessa di tenere troppo a qualcuno.
Cinque anni fa, quando entrambe erano al
liceo, Linda aveva un ragazzo da un anno e mezzo e le cose andavano davvero
bene. Xavier era di Lione ma i suoi si erano trasferiti li quando era molto
piccolo; aveva gli occhi grandi, verdi, le lentiggini sul naso, una r un po’ buffa e conosceva soltanto
l’inglese britannico che aveva imparato ai corsi serali. Non era il primo
ragazzo di Linda ma era il più importante, il suo primo grande amore, quello
che dopo di lui non è più la stessa cosa. Chris gli era molto affezionata,
Linda era raggiante e lui le spezzò il cuore.Fu cosi straziante che Linda faticavi a riconoscerla. Era dimagrita,
pallida, silenziosa, aveva gli occhi spenti, le tremavano le mani. Chris
dovette prendersi cura di lei. Di notte si intrufolava nel suo letto e
l’abbracciava finchè non si addormentava, la spronava
a mangiare, ad uscire, la costrinse ad accettare il lavoro al negozio per
tenersi occupata e piano piano, col tempo, sua sorello tornò nel suo asse.
Cominciò, lentamente, a frequentare qualcun altro, pur non impegnandosi mai
troppo seriamente. Linda, nonostante tutto, continuava ad aprire il suo cuore e
Chris non capiva, era inconcepibile per lei che continuasse a desiderare di
condividere se stessa con qualcun altro dopo Xavier, però Linda era tornata a
sorridere e questo era l’importante.
Cam ne è quasi sicura, è la forza di Linda
ad aver convinto Chris ad avvicinarsi a Nick e non riesce a sentirsi del tutto
pulita sapendo di aver strappato anche solo per qualche ora Joe
a Linda, sebbene non fosse affatto suo, sebbene lui l’avesse stretta a sé come
se non ci fosse nient’altro che lei.
Linda fa le scale per la mansarda col
cuore in gola, arriva alla porta e ha già voglia di tornare indietro. Chris,
dall’altra parte, sta ascoltando probabilmente una canzone all’mp3, la
canticchia stonando due note su tre. Allora fa un respiro grande e apre
lentamente la porta, mentre le scappa un sorriso alla vista di sua sorella che
balla al centro della stanza. Lei se ne accorge e si toglie una cuffietta, “da
quanto sei qui?”
“Abbastanza da dirti che non sai ballare.
E nemmeno cantare”.
“Ha parlato Shakira” dice l’altra
sbuffando, si butta sul letto e spegne l’Ipod.
Linda si guarda attorno, fa scorrere le
dita sui pochi centimetri di legno sgombri della scrivania coperta da libri e fogli
e scorge in un angolo un collage di foto. Deglutisce, “dovrei parlarti”.
“Siete tutti in vena di confessioni,
ultimamente” mormora, facendole segno di sedersi accanto a lei.
“Confessioni?”
“Niente, niente”, fa un gesto vago con la
mano. “Cosa devi dirmi?”
Linda vorrebbe cominciare a ricordarle
quanto bene le voglia e ringraziarla per quello che ha fatto per lei, tirare in
mezzo la storia delle distanze che poi si superano ma Chris non si merita tutti
giri di parole.
“Ma ne vado”.
“Cosa?”
Annuisce e spiega. “Ho ricevuto
un’offerta di lavoro in California. Non ho ancora ben capito quale sia la
mansione, ma avrò a che fare con le star! Riesci a crederci? E’ una cosa
incredibile, non potevo rifiutare”.
Chris la guarda con gli occhi spalancati
e la bocca socchiusa.
“Ma… cosi? All’improvviso?”
Linda non incrocia mai il suo sguardo, “è
un po’ che mi guardo attorno. Sono stanca di questo posto. Voglio provare a
fare quello che fai tu, andare via, provare a stare bene altrove”.
“Perché non stai bene qui? Cosa è che ti
fa piangere?”
“Mi sento in trappola, Chris. Mi sta
stretto questo posto. So che tu puoi capirmi. Sei la prima a cui l’ho detto”,
si morde le labbra, beh se non si conta
Nicholas…
“E’ solo questo?”
Lei annuisce, guardandola finalmente e
abbozzando un sorriso.
“Mi mancherai, Lin’”
Linda si sporge e l’abbraccia stretta, le
passa una mano tra i capelli sciolti sulle spalle. “Anche tu, ma ci vedremo
presto. Tornerò spesso e tu puoi venirmi a trovare. Sarà come se non me ne
fossi mai andata e puoi tornare a dormire di sotto, con Rose”.
“Mi piace la mia stanza”
Linda le bacia la guancia, “anche a me”.
Quando, la sera, si ritrova davanti a
casa Jonas, a Chris vengono le lacrime agli occhi. Vorrebbe parlarne con Cam ma forse non è la persona più indicata per questo, ha
chiamato Marcus ma ha il telefono spento e ha un disperato bisogno di Nick,
adesso. Le fa cosi male che non si preoccupa nemmeno più di nasconderlo a se
stessa.
Bussa due volte e aspetta.
“Chi è?”, la voce allega di Frankie
risulta attutita dal legno scuro.
“Ciao, sono Christina”, si schiarisce la
voce. “C’è Nick?”
Il bambino apre la porte e la guarda
sorridente, le prende la mano e “Seguimi, è di la”.
Nick indossa i pantaloni grigi della tuta
e una felpa blu col cappuccio, i pieni nudi dondolano dal bracciolo del divano mentre
fa zapping pigramente.
“Fratello, hai visite”.
Il ragazzo si volta e scorge Chris in
piedi accanto a Frankie, ruota il bacino e si mette seduto composto. Con le
mani stira le cosce dei pantaloni e si alza sorridendo, “Ciao”.
Chris gli sorride debolmente di rimando,
rigida sulla porta, leggermente in imbarazzo. Frankie se ne va in cucina a
finire i compiti, sparendo silenziosamente oltre la porta scorrevole mentre la
ragazza si guarda intorno. Però, che
bella casa!
“Appena il tempo migliora, riprenderemo a
suonare. La chitarra si è asciugata”, le fa l’occhiolino, voltandosi verso di
lei dopo aver dato un’occhiata al vento fuori dalla finestra. “Va tutto bene?”,
si avvicina guardandola dritto negli occhi blu velati.
“Nick…” è un sussurro che si perde,
qualche secondo dopo, nella stoffa spessa della felpa di Nicholas. Il ragazzo è
colto alla sprovvista, poi avvolge le braccia attorno alle sue spalle e la
tiene al sicuro. Linda deve averle parlato. E lei è venuta da lui. La stringe
più forte, con il viso accanto al suo. “Va tutto bene”.
“No, non è vero” si lamenta, stringendo
con i pugni la stoffa e tira su col naso.
“Ma che bella coppia”.
Joe spunta dal vano scale con un sorriso
impertinente. Chris scatta indietro come una molla, lo guarda e sente i pugni
chiudersi lungo i fianchi. Ora capisce.
“E’ tutta colpa tua” sente la sua voce
inveire contro Joe. Lui guarda prima Nick e poi lei,
inclinando la testa. “Hai incasinato tutto!”
“Ma di che sta parlando?” chiede lui al
fratello.
Lei gli si avvicina. “Mia sorella se ne
va!” urla, “ed è solo colpa tua. Perché non le hai detto subito che non volevi
lei? Perché l’hai seguita come un cagnolino per poi darle il benservito? Sei
uno stronzo!” gli si avventa contro. Lui le blocca le braccia, mentre lei si
dimena, cercando di colpirlo. Vorrebbe essere incazzata da morire, ma con le
lacrime che le rigano di nero le guance riesce a sentirsi soltanto patetica.
“Tu non la conosci, non sai niente di
lei, di quanti come te ha incontrato e cosa le hanno fatto. E tu… cosa le hai
detto per farle cosi male da farle cambiare paese? Le hai raccontato di Camille?”
Una strana luce si accende negli occhi di
Joe, guarda Nick e “Linda se ne va? Dove? Non ne
sapevo niente”.
Nick annuisce, grave. Joe
torna a Chris, come se guardasse oltre, senza vederla.
“Non le ho detto niente. Non le ho detto
di Camille, non credevo neppure che tu lo sapessi”
sputa aspro.
“Non ti credo. Sei uno sporco
doppiogiochista, sapevi cosa provava per te” gli dice, con rinnovato ardore.
Nick la raggiunge e l’avvolge,
sottraendola a Joe. La tiene per la vita parlandole
con calma. “Chris, Joe non ne sa niente. Non era
nemmeno qui in questi giorni. Mi dispiace tanto. Linda vuole solo un po’ di
tranquillità, è grande, fidati di lei”.
Ancora una volta, lei si sposta,
sgusciando dalla presa di Nick.
“Tu lo sapevi?”
Nick annuisce lentamente, senza smettere
di guardarla.
“E’ per questo che non ti sei fatto più
vedere? Me lo stavi nascondendo? Tu… dovevi fare qualcosa, convincerla a
restare! Qualunque cosa. Dovevi dirmelo, l’avrei fatto io!”
Nick fa un passo avanti e lei uno dietro.
“Ci ho provato, davvero. Non ha voluto
sentire ragioni”.
Gli occhi di Chris si spengono mentre
sorride amaramente, scuotendo la testa.
“Vedi? Alla fine avevo ragione io” dice,
da un’ultima occhiata a Joe, seduto perplesso sul
bordo del divano e va via in silenzio. Lo scatto della serratura è nitido nel
silenzio che avvolge la stanza. Nick rimane in piedi, fermo sul posto, con gli
occhi al pavimento.
“Non
volevo farti del male”
Linda annuncia la cosa alla sua famiglia
il mattino seguente, a colazione. E’ sabato, c’è un sole tiepido che si
nasconde timido dietro le nuvole grigie e sua madre piange già.
“Pensavo che sarebbe stata Chris quella a
lasciarci, non tu”.
Linda sorride e si alza per abbracciarla.
Rose la guarda in silenzio, poi si volta verso Chris che imburra una fetta di
pane. Le tira la manica del pigiama, ma la sorella si libera con uno scossone e
continua a mangiare. Il suo telefono, sul tavolo, vibra ancora. Il gruppo di
Whatsapp della comitiva è in fermento: i genitori di Jess hanno un appartamento
a New York e lui ha invitato tutti li, per studiare per gli esami. Chris aveva
rifiutato perché, diciamocelo, chi, solo nella Grande Mela, si sarebbe
concentrato sui libri senza mettere il naso fuori? Ok, forse ha detto di no
anche perché ha promesso a Marcus altri due pomeriggi di clown terapia e poi
per Nick. Il pensiero le stringe lo stomaco, poi digita in fretta un messaggio
con le dita piene di briciole.
Chris: ho cambiato idea, vengo.
Jess: lo sapevo! Max
mi devi 20 dollari!!!
Max: No! Sei una stronza, avevi detto che
non saresti venuta…
Cam: lasciala stare, coglione. Sborsa e
chiudi il becco. Sono contenta che tu venga, Chris, ci divertiremo!
Jess: Tutti pronti per le 8!
Nick impiega esattamente ventiquattro ore
per trovare la forza e il coraggio di presentarsi da Chris. A chiedere scusa? A
pretendere delle scuse? La questione è irrilevante, vuole soltanto rivederla.
Sentirla parlare, stringerla ancora, sentirsi ancora cosi indispensabile per
lei, qualcosa a cui aggrapparsi. Sebbene la rabbia, la delusione, la tristezza,
Nick l’ha sentita, quella cosa li, quella sensazione di calore ovunque
avvertisse l’odore e il corpo di Chris contro il suo. Non importa quanto ancora
dovrà sentirsi gridare contro, vuole soltanto stare bene adesso, vuole soltanto
che lei stia bene.
“Nicholas, ciao. Entra, vieni”.
“In realtà, cercavo Christina…”
MrsGray lo
osserva per qualche secondo come se non sapesse bene come prendere la cosa. “Mi
dispiace, Nicholas. Christina è’ andata a New York con degli amici. Starà li
per un po’. Vuoi che le mandi un messaggio?”
“No, grazie signora Gray,
niente di importante”.
Tadan! C’è talmente tanta
confusione in questo capitolo che ho dovuto leggerlo e rileggerlo e correggerlo
una marea di volte per renderlo abbastanza chiaro, ma non troppo. Perché insomma,
questo tipo di sentimenti, la rabbia, la tristezza, i primi segni dell’amore, l’affetto
stesso, non sono poi cosi definiti e riconoscibili, no? Prescindono molto dall’essere
razionalmente catalogabili.
Non so tra quanto riuscirò
a pubblicare il seguito perché ne ho già scritta una parte, l’ultima, e ho
difficoltà a collegarlo, yeah!
Aspetto i vostri pareri,
qualsiasi essi siano! E buone feste a tutti!
A prima vista Joe
sembra un tipo molto superficiale. Piace alla gente, lo sa e gli piace da
morire.
Ha portato in Texas l’intero guardaroba
firmatissimo del New Jersey, il gel per capelli e il suo impianto stereo da
mezzo milione di dollari. Si specchia in qualsiasi superficie riflettente, non
lascia il suo numero alle ragazze, non veste mai due volte gli stessi
abbinamenti e dorme con la mascherina verde pistacchio. La band si è sciolta, è
vero, e abitano in un paesino in cui nessuno li riconosce, è vero, ma Joe vuole ritornare sul palco e questo trasferimento per
lui non è altro che una splendida lunga vacanza.
Ha una sorta di allergia ai rapporti
duraturi, agli obblighi vero il prossimo e al lavoro di squadra, alle faccende
domestiche e alle banane, ma per i suoi fratelli è pronto a fare un’eccezione.
Più di una, a dire il vero.
Per Joe, Nick e
Kevin - e anche Frankie, anche se è ancora troppo piccolo per prenderlo davvero
sul serio - sono l’unica cosa più importante di se stesso.
E quindi Joe sa
bene perchè da un po’ Nick sta tutto il giorno
appicciato alla tv a guardare le repliche delle partite di baseball, se non
sparisce più per andare al lago e se non scrive più canzoni anche mentre si
lava i denti.
Lo sa, lo vede, ma continua ad ignorarlo.
Nick non gliel’ha detto esplicitamente e lui non ha chiesto, perché suo
fratello parla poco e decide lui quando e come, e va bene cosi. Forse.
“E successo un casino” ha scritto a Cam quando Chris se n’è andata da casa loro come una furia,
circa ventiquattro ore dopo lei gli ha risposto “lo so”. Le ha chiesto cosa
avrebbero dovuto fare allora e Cam ha digitato in
fretta mentre Chris era sotto la doccia che “lascia fare al tempo e alla
distanza. Quando torneremo metteremo tutto a posto” e Joe
ha capito che parlava anche di loro due, cosi le ha dato la buona notte e ha
detto che l’aspetterà.
Cam ha sorriso a quello che era un messaggio
carico di promesse inespresse e ha faticato a prendere sonno, dopo, abbracciata
alla schiena della sua amica.
“Aspetterò” gli ha detto l’ultima volta
che l’ha visto prima di partire.
L’ha incontrato per caso nei pressi
dell’officina di Sam, dopo essere passata a riprendere la sua roba. Gli ha chiesto
“come stai?” guardandolo dritto negli occhi, mentre l’eco dei brividi di quella
sera – e di quelle dopo, di cui nessuno sa, però – le dava la pelle d’oca.
Tutto quello che è successo poi, è una diretta conseguenza del “bene, adesso” di Joe.
Il punto è che, se tutte le volte che
finiscono per fare sesso in qualche angolo di mondo si limitassero a quello,
probabilmente si sentirebbero entrambi meno colpevoli, meno coinvolti, meno
fragili. E invece Joe trova stranamente naturale
accarezzarle il braccio fino alla spalla, mentre parla, parla, parla, senza
freni, dopo, di qualsiasi cosa.
Naturale il modo in cui lei sorride ascoltandolo, spingendosi più vicino e
naturale baciarsi ancora e ancora, fino a restare senza fiato. Naturale sentire
gli occhi umidi e la gola restringersi quando nel mezzo della sua risata le ha
detto “non posso”.
E Cam ha smesso
di ridere, ha capito. “Non importa. Va bene”, con la mascella rigida e i pugni
chiusi, nascosti.
“Non è vero. A te importa, lo so. Ma io,
io non sono cosi”.
“Non puoi provare a farlo? O non vuoi?”
Joe si è passato la mani sul viso,
improvvisamente stanco.
“Ho rinunciato a Sam, Joe.
Alle cose che avevo. La mia amicizia con Chris ne ha risentito. Nemmeno io sono
cosi, non l’ho mai fatto prima. Non ho mai… messo in gioco cosi tante cose,
alla cieca, per nessuno, nemmeno per me stessa. E tu non puoi provarci?”
Lui non ha replicato, con gli occhi
chiusi contro il braccio, nascondendosi per la vergogna. Avrebbe voluto
scusarsi, ma per cosa? Per quello che è? Per quello che non può darle? Per le
promesse che non le ha mai fatto?
Cosi mentre la sentiva rivestirsi, fra i frusci degli abiti sgualciti e il
tonfo dei piedi scalzi sul legno ha sussurrato “si”, sperando che lo sentisse.
“Si”, ha ripetuto più forte, dopo essersi messo a sedere sul materasso molle.
“Ma prima devo capire se provo davvero
qualcosa per te”.
“Aspetterò” gli ha risposto, poi si è
voltata e ha fatto le scale piangendo.
Nel frattempo, comunque, Joe ha comprato una moto e ha già convinto suo fratello tre
sere su sei a fare un giro in città, dopo mezzora di borbottii e lamenti.
Vanno al Pub, bevono un paio di birre,
fanno amicizia con i ragazzi del posto e Joe fa
qualcosa di stupido, tanto per far ridere Nick. Un giorno chiede un
appuntamento ad una vecchietta che portava a spasso il cane – che lo ha colpito
più volte con la borsetta -, una sera telefona a Tokyo e ordina sushi per due, Konnery Street, Texas
e ridono insieme perché non capiscono una parola ma è sicuro che dall’altra
parte il tizio li stia ricoprendo di inulti.
“Mi
manca” dice una sera Nick.
Joe sorride alla bottiglia di Heineken che
tiene in bilico sul ginocchio.
“Hai perso la compagna di giochi, eh
fratellino?” ma Nick lo guarda male e Joe scuote la
testa.
“Linda ha detto che starà li un mese, per
gli esami. Poi torna, Nick”.
“Se n’è andata all’improvviso. E’
scappata. Proprio ora”, geme. Proprio ora
che…
“Quando sono andato in Italia con Kam e Joey non hai fatto tutte queste storie, però”.
“E’ diverso“.
“Mi offendo, eh!”
“Joe, piantala”.
Joe ride, pungolare Nick lo diverte un
mondo.
“Chris, eh?” riprende, giocherellando con
la bottiglia tra le dita lunghe. Sente l’altro sospirare.
“Si vede cosi tanto?”
“Sono tuo fratello, ti conosco da
vent’anni. Io lo vedo.”
“Torturare quel povero libro non
risolverà il problema”.
Chris afferra la tazza di thè ai frutti
rossi che Camille le porge e si sistemano vicine, con
la schiena al muro, ad osservare fuori dalla grande finestra la sera che scende
su New York.
“Possiamo tornare, se ti va. Prenotiamo
un volo e domani mattin-“
“Non ne voglio parlare”.
E il tono che usa convince Cam a tenere la bocca chiusa. Lei stringe il telefono tra
le mani e guarda fuori dalla finestra le gocce di pioggia veloci che scorrono
sul vetro lucido. Una sembra fermarsi appena, rallenta la sua corsa, come ad
aspettare una goccia gemella, per poi fondersi e correre insieme verso il bordo
del davanzale.
Sorride mesta al suo riflesso lieve, “Aspetterò”.
feels
like the walls are closing in
once again
it's time to face it and be strong
(it’s
not too late, JB)
New York è esattamente come tutti la descrivono.
Enorme, elegante, piena di palazzoni alti dall’aria seria, negozi di classe,
redazioni di importantissimi giornali e riviste, caffè lussuosi, taxi gialli e
gente, tantissima gente. Donne cariche di buste per lo shopping, uomini d’affari
in impeccabili completi gessati, sofisticate caporedattrici con i loro
cagnolini da borsetta, ragazze da copertina che camminano, camminano – ma dove
vanno? –, bambini con il naso in su verso i giganteschi cartelloni pubblicitari
al led e file sempre lunghissime ai semafori. Davanti al cinema, e per tutto
l’isolato, c’è odore di popcorn al burro, il Mall ha profumi costosissimi e
Central Park è nel pieno della sua primavera, con prati minuziosamente rasati e
aiuole di fiori bianchissimi.
Non c’è un solo club in cui Jess non
abbia trascinato l’intera compagnia. In ogni locale ha un aggancio, un vecchio
amico, un tavolo prenotato e mezzo conto già pagato. A Chris piace ballare.
Ogni sera ha l’impressione di sparire, di essere risucchiata in una massa di
abiti neri luccicanti e camicie blu che staranno su ben poco. E’ una sensazione
piacevole, un senso di annullamento totale, come se li in mezzo perdesse tutto,
la sua identità, quei pensieri scomodi, l’ansia per gli esami per cui, manco a
dirlo, non stanno studiando e la voglia di prendere decisioni. In quel buco
illuminato dalle luci stroboscopichenon
deve scegliere, segue il movimento degli altri corpi e anche se non consce i
passi va avanti lo stesso. Sono solo volti, solo braccia, solo gambe. In realtà
non c’è nessuno, è una solitudine condivisibile, piena e vibrante.
Il mattino, o meglio il primo pomeriggio,
è tutto un gigantesco post sbornia. Nessuno ha voglia di fare niente, si rimane
a letto, si mangia poco, si vomita spesso, in compenso si ride un sacco e
nessuno ci pensa mai ai libri di diritto, storia e biologia ancora chiusi nelle
valigie. Guardano vecchie serie tv, i cartoni animati prima del telegiornale,
cucinano la pasta molle e si vestono tutti insieme, nel bagno piccolo in cima
alle scale, sotto la luce gialla, davanti allo specchio che occupa tutta la
parete.
Nel profumo di rossetto e smalto blu,
Chris traccia una linea traballante di eyeliner. Sbuffa, prova a cancellarla
con le mani che tremano, con il solo risultato di macchiare tutta la tempia.
Lancia il tubetto grigio nel lavandino con rabbia, poi scivola giù con le
spalle contro il mobile lucido, le mani a coprire gli occhi blu, l’orlo del
vestito poco sopra il ginocchio, i piedi scalzi e la voglia di urlare. Inizia a
singhiozzare.
Il sole cala lento dietro i tetti delle
case, tinge il cielo di uno strano violetto. I lampioni sono già accesi,
lanciano ombre chiare sul marciapiedi e di tanto in tanto i fari delle auto
illuminano l’asfalto polveroso. Nick cammina con le mani nelle tasche della
giacca di jeans, le labbra serrate e gli occhi spenti. Ha fatto più volte il
giro dell’isolato, si è spinto fino al Jolly con la voglia di bere fino a
dimenticare il suo nome. Ma c’era troppa gente, troppe risate, troppe persone
insieme e questo non riesce a sopportarlo. Ha sviluppato un’insofferenza alle
coppie e le effusioni, una sorta di sorda gelosia, si sente derubato, privato,
non vuole vedere. E allora ha svoltato per Salzsburg boulevard, arrabbiato con
non sa bene chi.
Passa accanto alla libreria davanti alla
quale, pochi giorni prima di Natale, Chris si è fermata, quando l’ha
accompagnato a comperare l’albero. Allunga il collo verso la vetrina del caffè
nel quale le ha parlato della sua malattia e scorge la donna dietro al bancone
a cui Chris ha chiesto un caffe senza zucchero, per lui.
Ci sono altri dieci locali sulla strada,
altrettante serrande abbassate, vicoli illuminati brulicanti di ragazzini
schiamazzanti che non conosce, in cui non è mai entrato. E questa strana
tristezza non ha niente a che vedere col tessuto verde delle tende del Irish
pub in fondo a sinistra o alle chitarre del negozio di musica ancora aperto li
di fronte, che non vedrà. Ha a che fare piuttosto con l’idea che, pur potendo,
non vuole entrare da solo in quei posti, non vuole essere li senza di lei, non
riesce a digerire l’idea di non poterle stringere la mano o rubarle le chiavi
della macchina per dispetto, ora. E non sa se è soltanto un momento, se ci
saranno altri posti da ricordare, altri giorni, altri momenti da costruire.
Brucia, adesso, e comunque Nick ha già
iniziato a piangere.
Jess sta mandando giù un drink color
pesca dall’odore dolciastro, sciorinando degli apprezzamenti grossolani sulla
ragazza che balla poco distante, quella con la gonna verde acido e il rossetto
scuro. Chris sorride un po’ per pietà a quella sventurata preda e stringe il
braccio di Cam che ride scomposta, con le gambe stese
sul jeans scuro di Oliver, strette sul divanetto bianco perla del locale. La
musica forte le vibra nel petto e con la punta della scarpa tiene il ritmo
sotto il tavolino basso di ferro, si sconta i capelli e si guarda intorno. Il
barman le accenna un sorriso, shakerando l’ennesimo cocktail; ha i fianchi
stretti e i riccioli bruni e a lei viene improvvisamente voglia di uscire di
li. Affonda le unghie smaltatenel
braccio nudo di Cam, che si volta. “Andiamo a
ballare”.
Nick ha ingoiato tre patate e due bocconi
di carne, non riesce a masticare nient’altro, non ha voglia di niente.
Sua madre gli accarezza il polso chiaro e
gli sorride in modo confortante.
“Non hai mangiato praticamente nulla,
tesoro. Vuoi che ti prepari qualcos’altro?”.
Lui scosta il braccio e sguscia via dalla
sua presa un po’ troppo bruscamente. Quando si alza in piedi se n’è già
pentito.
“No, grazie. Sono stanco, vado a letto”.
Suo padre gli urla “cos’è questa novità?”
dal suo posto a capotavola prima che la porta al piano di sopra sbatta e
elimini ogni possibilità di dialogo. Joe fa
l’occhiolino a Frankie e tira verso di sè il piatto
di Nick.
“Lasciatelo in pace”.
Il senso di straniamento dura meno del
solito stasera, il tempo di un paio di canzoni. Perde di vista Cam appena un pezzo che non conosce fa vibrare la stanza.
Prova a scorgerla ma il locale è troppo affollato, sbuffa e chiude gli occhi.
E’ questione di pochi secondi, spezzettati, a rallentatore, come fotogrammi di
una pellicola scadente. Alza le braccia abbandonandosi alla musica. Due mani le
sfiorano i fianchi. Fa finta di non vederle, deglutisce forte, prima di sentire
il resto di un corpo estraneo sempre più vicino. La sua schiena preme su petto
largo, quelle mani le accarezzano il profilo, il tessuto grezzo di un pantalone
le sfiora le gambe nude. Stringe le labbra, continua a ballare. Qualcuno la
spinge, qualcun altro l’afferra, osserva gli occhi chiari dello sconosciuto che
le sorride, standole di fronte. Di nuovo, la tocca. Una scossa, una scintilla,
Chris lo guarda con gli occhi sbarrati, barcolla all’indietro e si fa largo a
spintoni tra la folla.
Più tardi, quando Cam
la trova spaventata e in lacrime, lei continua a ripetere “non era Nick”.
Il giovedì sera, intorno alle undici,
danno le repliche di New Girls. Poco importa se è un
telefilm per ragazzine, lui è stato su quel cast più volte che nella cantina di
casa sua – quella con la piscina e il campo da golf -e conosce la camera da letto di almeno due
componenti del cast - che nonè comunque
un pensiero carino ma lo fa sentire a
casa. Da quando è qui Joe non ha più provato
questa sensazione. E’ stato tutto un susseguirsi di “non facciamoci
riconoscere”, “non siamo mai stati famosi”, “non comprare quell’auto, Joe, daremo nell’occhio”, “comportati come un qualsiasi
ventenne”, “perché non dai una mano ai Grades nel
ranch?”, “perché non puoi amarmi, Joe?”.
Come puoi sentirti a casa e rilassarti se
hai le mani occupate a tenere su la maschera?
Joe sbuffa, cambia posizione, incrocia le
caviglie sul divano marrone e infila una mano nella confezione di Chipster sul pavimento. Cinquanta minuti dopo circa, decide
che per questa sera si è autocommiserato abbastanza. Si stiracchia, sale le
scale canticchiando e prima di entrare nel bagno in fondo al corridoio urla un
magnanimo “la vita fa schifo per tutti, Nick”in direzione della sua porta.
A Nick le fotografie non sono mai
piaciute. Mettiti in posa, guarda
l’obiettivo, sorridi, non chiudere gli occhi, aspetta facciamone un’altra cosi.
Ricorda ancora con un certo fastidio le volte in cui sua madre lo vestiva di tutto
punto nelle occasioni speciali, per poi spedirlo a fare le foto insieme ai suoi
fratelli che invece erano entusiasti e sorridevano estasiati. Poi c’è stata la
tortura degli annuari e le foto di fine anno, lo sguardo scocciato, la bocca
increspata in un’espressione annoiata accanto alle ragazze fresche di manicure
e le braccia sode dei cestisti. Infine, l’incubo dei paparazzi, le interviste e
le foto con i fan. Non ne ha conservata nemmeno una, mentre è certo che Joe abbia ancora quella scatola delle Nike con dentro i
ritagli di giornali di tutta la loro carriera, fine inclusa. L’idea di
rimpiangere i tempi andati o ricordare qualche amico con cui ha perso i
contatti non l’ha mai nemmeno sfiorato eppure mentre si volta per l’ennesima
volta, scostando le lenzuola con le gambe, pensa che sarebbe proprio bello
avere almeno una sua foto alla quale sussurrare quel mi manchi che gli stringe in gola.
Posto con le mani
alzate. Lo so, è un capitolo cosi triste e depresso che fa a botte con
l’allegria frizzante della primavera ma tant’è. Io sono triste, i miei
personaggi sono tristi, l’amore è una cosa complicata ed è complicato
interpretare i pensieri delle persone senza queste parlino con noi.
Posso solo pregarvi di
tener presente che in questo capitolo è GIOVEDI? (e per farmi perdonare
v’avviso che il prossimo capitolo ci farà sorridere tutti). Baci!
La domenica è un giorno tranquillo,
paziente, un bicchiere colmo di buoni propositi – da lunedì inizio la dieta, domani mi iscrivo in palestra, da domani
studio seriamente, basta, da domani non l’aspetto più.
Ha il profumo dello zucchero a velo sulle
torte soffici appena uscite dal forno, di un pranzo buono, del sonno pesante,
del bagnoschiuma dolce delle docce lunghe, dei film da scaricare e guardare
sotto al piumone, il sapore frizzante degli aperitivi con gli amici, della
polvere sulle valigie tirate giù di fretta e riempite fino a scoppiare.
Linda afferra l’ultimo trolley, la carta
d’imbarco e con la giacca piegata sul braccio guarda la sua parte di stanza
ormai vuota. E’ un arrivederci.
“Vieni con me?”
Nick compare sulle scale mentre cerca di
sistemare i capelli con le mani.
“Era ora che ti svegliassi dal coma,
fratello”, Joe sorride ma non accenna ad alzarsi.
Suo fratello sbuffa ed è già alla porta,
“Linda parte tra quindici minuti”.
Il viso di Joe
perde ogni traccia di ilarità.
“Non capisco perché Los Angeles. Non ci
sono star da vestire qui in Texas?”, mrsGray tira su col naso, ancora, mentre abbraccia la maggiore
delle sue figlie.
“Mamma, non ricominciare” la riprende
sorridendo, poi le bacia le guance umide.
“Va bene, va bene”. Sua madre annuisce e
cerca di ridarsi un tono, sistemandosi due ciocche bionde dietro le orecchie.
Quando passa a Rosy è tutto un susseguirsi di richieste. “E dai un bacio da
parte mia a Johnny Depp!”.
Suo padre l’aspetta, è l’unico a cui non
sia stato vietato di accompagnarla in aeroporto (per evitare di vedere dalle
scale mobili le sue sorelle che trascinano via sua madre mentre impazzisce, in
realtà), cosi la prossima è Chris.
Linda la abbraccia forte e a lungo, come
ha fatto nei due giorni precedenti, da quando venerdì ad ora di pranzo se l’è
ritrovata in casa con il volto pallido e un sorriso di circostanza per i suoi.
Spera che quell’abbraccio sia abbastanza, che riesca a trasmetterle anche
quello che non le ha detto. Che le vuole bene, che non cambierà niente, che una
soluzione si trova sempre, che si scusa per quello che è, avrebbe voluto fare
di meglio, che spera la comprenda. Chris le stringe le braccia al collo, “ti
voglio bene” mormora contro i suoi capelli e Linda le augura buona fortuna per
gli esami. Poi le fa l’occhiolino. “Scrivimi. Sempre” e sparisce oltre la porta.
Chris sbircia dietro la tenda del salone
e saluta con la mano sua sorella che prende in mano la sua vita.
“Linda!”
La ragazza si volta, mentre mrGray carica il bagagliaio.
“Nick!”
Nicholas le va incontro sorridendo, un
po’ affannato. Più dietro, più cauto, Joe.
Nick l’abbraccia, ripetendole indirizzi e
cognomi di cui ha già preso nota.
“Vedrai, sarà fantastico. E Stella ti
piacerà”.
“Non vedo l’ora. Le ho parlato al
telefono, sembra ok”.
Lui annuisce, “andrete d’accordo”.
Joe si schiarisce la voce. Linda si volta
verso di lui, sorridendo. Fa un passo avanti, con l’idea di abbracciarlo, come
con Nick, poi ci ripensa e poggia una mano sul suo braccio.
“Stammi bene, Joe”.
Lui guarda la mano e poi la ragazza e
ricambia allo stesso modo. “Anche tu”.
MrGray suona il
clacson e tutti e tre raddrizzano le spalle, presi alla sprovvista.
“Fate i bravi, superstar” dice loro sottovoce e s’incammina verso il suo posto.
“Nick – lo chiama poi, indica col capo la
casa – è tornata”.
Lui si volta immediatamente verso la
finestra della mansarda, come se potesse vedervi attraverso, senza accorgersi
che, al piano di sotto, c’è qualcuno che lo sta osservando.
“Lo sapeva?”
Joe glielo chiede incredulo, mentre suo
fratello osserva ipnotizzato casa Gray.
“Gliel’ho detto io. Dovevo farlo, se
volevo aiutarla”.
“Che cosa ha detto?”
“Niente. Che le dispiace che sia tutto
finito. Che lo capisce e non dirà niente”.
“E basta? Da quanto tempo?”
“Qualche mese”.
“E non ha detto niente, non… io non mi
sono accorto di nulla”, si volta in direzione della macchina ormai scomparsa
oltre l’incrocio, con una strana sensazione allo stomaco e si sente un grande
idiota, anche se non sa bene – ancora – il perché. Nick sbuffa scocciato.
“Se l’avessi guardata negli occhi almeno
una volta ti saresti reso sono conto di parecchie cose che ti sfuggono”.
Il tono è più duro di quanto intendesse e
vorrebbe scusarsi perché non è mica colpa di Joe se
adesso è cosi arrabbiato da stringere forte le dita in un pugno. Vorrebbe
spiegargli che si è perso cosi tanto di Linda perchè
non le ha dato nemmeno un’occasione, non l’ha mai guardata da un’altra
prospettiva eppure è proprio quello il motivo per cui lui e tutta la sua
famiglia si sono trasferiti li. Ma non dice niente, Nick, mentre suona il
campanello e aspetta, ancora.
“Non lo so, Rosie, usa la calcolatrice.
Non la so la radice quadrata di 529”.
“23”.
A Chris cade il cellulare dalle mani.
Quello che si ritrova davanti, non ha niente a che vedere con i pensieri
sconnessi della quattro del mattino nella metà del letto condiviso con Cam a New York. E nemmeno con i brividi di quella sera, di quelle sere, tutte
uguali. Quella mancanza e quella insofferenza alla sua presenza constante,
quella perenne indecisione e la fantasia dispettosa che non le dava tregua.
Quello che si ritrova davanti, in piedi sulla porta del soggiorno, è il Nick
che si aspettava di trovare – ferito, arrabbiato, deluso -, più bello e
spigoloso di quanto potesse immaginare.
Quando si è presentata a casa con una
settimana di anticipo rispetto alla data prevista ha raccontato ai suoi di
quanto si fosse divertita e che certo, avevano anche studiato, sorrideva e
chiacchierava senza riuscire a smettere di pensare a quando sarebbe successo. A
quando l’avrebbe rivisto, a cosa gli avrebbe detto, a cosa lui avrebbe fatto. E
sente il cuore scoppiarle di sollievo ora che lui è li, di fronte a lei. E’ una
sensazione breve quanto il respiro che sente mancarle, quanto l’idea di correre
ad abbracciarlo e supplicarlo di perdonarla, in lacrime, quanto l’idea di
dirgli che le è mancato da morire. Ma il Nick che ha di fronte la guarda ostile,
con gli occhi più scuri e le guance appuntite. Sembra sul punto di girare i
tacchi e sparire. No, non accetterà le sue scuse.
“Sei tornata”.
E’ un’accusa bella e buona e a Chris
tremano i polsi. Non abituata a chiedere scusa per le sue partenze improvvise,
non è mai tornata per nessuno. Solo stavolta, solo per lui, ma questo lui non
lo sa.
“Quando?”
Chris ingoia più volte. “Venerdi”.
Da parte sua, Nick non riesce a
distogliere lo sguardo e stringe i pugni ancora chiusi perché l’istinto lo sta
già portando da lei, tanto vicino da non riuscire più a distinguere i contorni.
E Dio, quanto ha pregato per quell’istante, perché lei tornasse. E invece resta
li, perché è tutto sbagliato. Perché lei è tornata, ma non da lui. Non l’ha
cercato, l’ha lasciato solo. Perché era qui mentre a lui crollava tutto, mentre
continuava a pensarla lontana, mentre il senso di colpa gli toglieva la fame. E
adesso vorrebbe che lei fosse ancora a New York, cosi potrebbe sentire la sua
mancanza senza avercela con lei, senza essere cosi deluso.
“Nick…”
Lui fa un passo indietro, come se
l’avesse colpito.
“Volevo solo chiederti scusa, per non
averti detto di Linda. Non ne ho avuto il tempo”, il suo tono non ha alcuna
musicalità, è una fila di parole meccaniche. Rosie si fa piccola piccola sulla sedia. “Solo questo”.
Chris non aspetta che la porta si chiuda
alle sue spalle per iniziare a piangere.
Di domenica la luce sembra diversa e
l’aria un po’ più nuova e i progetti sembrano tutti realizzabili, la vita cosi
semplice. Ogni cosa è avvolta in un’astrattezza di cui non ci rendiamo conto ma
con cui facciamo i conti il lunedì e la settimana successiva, quando i
propositi diventano impegni e le idee complicatissime concretizzazioni. New
York è un ricordo lontano quanto basta a farsi rimpiangere forse troppo in
fretta e Chris deve recuperare il lavoro di un mese in dieci giorni scarsi. Di
quella sensazione di nulla non è rimasto niente. La sua identità ce l’ha
stampata sui documenti in bella vista sulla scrivania, e un po’ anche nello
sguardo di Nick nel suo salotto, - bugiarda, ipocrita, stupida. Le ciglia le si
inumidiscono e riesce a mala pena a leggere gli appunti a penna sui bilanci e
le società per azioni, nasconde gli occhi di Nick in fondo allo stomaco e ripete
a voce alta.
Una settimana, undici birre, quattro
caffe amari e 168km più tardi, Joe ha l’impressione
che gli sia sfuggito qualcosa. Che in questa messinscena c’abbia un po’ preso
la mano e s’è dimenticato che in realtà quelli che ha attorno non sono attori.
Ha guardato le persone e i posti con la stessa scarsa attenzione che si presta
ad un film già visto.
“Non puoi o non vuoi, Joe?”.
In questo scorrere lento hai mai preso una decisione vera, Joe?
Il pensiero di essersi lasciato cosi
andare da non ricordare quale sia l’ultima vera scelta che fatto lo disorienta,
come se avesse dormito fino ad ora o avesse guardato la sua vita dall’esterno,
come uno spettatore annoiato e distaccato. Gli altri andavano avanti e lui
restava li, dando la colpa a questo o quello perché non poteva più suonare ed
fare soldout a Londra ed è rimasto fermo li, davanti
ad uno stadio vuoto, con un biglietto scaduto ad aspettare che il palco si
animasse. Il rosso scatta e lui frena bruscamente sulle strisce pedonali, una
mamma col passeggino lo guarda male e scuote la testa. E’ ancora rosso quando
sui tasti dell’iphone digita “non voglio”.
Dall’altra parte dello schermo, Cam scaglia il cellulare contro la parete.
No, non sono morta! E’ una vita che non pubblico ma sono sicura che
nessuno ne abbia sentito la mancanza. Solo che a volte succedono delle cose che
ti rendono felice felice e poi finiscono e ti ritrovi
davanti alla pagina di word senza nemmeno una parola o una virgola. Succede.
Chris è tornata da due settimane ma è
come se non ci fosse. Non va al lago, a volte salta il pranzo, non va a cavallo
con Rosy e non vede Nick da troppo.
La scrivania è piena di appunti,
evidenziatori e tazze di caffè, il letto è coperto di libri e qualche coperta e
la luce sempre è accesa. Ogni tanto sente il bisogno di cercarlo ma lo caccia
via infondo allo stomaco e ricomincia a scrivere, con gli occhiali da lettura e
i capelli di lato. Ripete a voce alta e nessuno la disturba.
“L’hai aspettata tutto il tempo e ora la
ignori, che problema hai?”.
Nick non risponde. Joe
si gira dall’altra parte e lo manda a quel paese. Fissa le pareti con
insistenza, con rabbia, poi si copre la faccia con le mani. Sotto i
polpastrelli la barba di qualche giorno pizzica. Fa cosi maledettamente male
svegliarsi.
Giovedì mattina Chris ha un litro di
caffè che le galleggia nello stomaco, gli occhi stanchi, le mani fredde e il
cappellino con la visiera. Camille le tiene la mano,
la stringe forte, le da un po’ di coraggio, salgono quindici gradini e aspettano
il loro turno. Cam non ha recuperato tutto, gira intorno
agli argomenti senza dare una risposta precisa, evita le date e i cognomi
troppo difficili. Jess la butta sulla simpatia e Chris fissa il banco con
disperazione.
Poi l’esame finisce e sono tutti fuori.
La sera Linda chiama su Skype ed è cosi bella mentre sorride che risplende. Chris
rannicchia le gambe sotto il plaid in salone e chiama i suoi genitori. Sua
madre ha gli occhi lucidi ma ride quando Linda le racconta del suo primo giorno
di lavoro. Si trova bene, i suoi colleghi sono fantastici, ha conosciuto due
modelle e sembra già più abbronzata. Cammina nel suo nuovo appartamento e lo
mostra stanza per stanza, elettrizzata, poi coinvolge Katie, la sua coinquilina
e sembra davvero serena. Alla fine manda un bacio volante alla webcam e il suo
viso scompare.
Prima di disconnettersi, digita a Chris
la buonanotte. “Non mollare”.
Cam non ha voglia di uscire, è la terza
volta che le da buca questa settimana, dopo gli esami non ha più parlato molto
e Chris sa che quando vorrà affrontare l’argomento sarà lei a cercarla, quindi
sbuffa ma la lascia in pace. Gira per casa senza una meta precisa, guarda il
tg, sfoglia una delle riviste di Linda lasciate nella libreria del salone e
controlla gli ultimi post su Facebook. Il sole le
riscalda il profilo lasciato scoperto dai capelli e sorride impercettibilmente
di quella sensazione. Infila gli stivali senza punta e il giubbino verde, il
berretto nero e passeggia sulla ghiaia fredda. E’ ancora inverno ma le giornate
si sono allungate e il sole pallido sembra più caldo. Quasi senza accorgersene,
attraversa la radura, con l’erba umida che le arriva quasi alle ginocchia. Lo
scroscio dell’acqua è un rumore sempre più forte ed è questione di minuti prima
che riesca a scorgerlo dietro i massi alti ricoperti di muschio. Incrocia le
braccia e si appoggia con la schiena a uno di questi, respira l’odore intenso e
chiude gli occhi. E’ tutto cosi silenzioso e pacifico, solitario. Gli occhi le pizzicano e si sfiora la punta del naso
perché è da troppo tempo che non torna li, da sola. E’ facile prendere
un’abitudine, difficilmente ci si rende conto di quello che succede e in genere
è sempre quando si è costretti a smettere che ci si accorge della facilità con
cui si compiono certi gesti ormai spontanei. E’ quindi sorprendentemente
sbagliato che sia li, da sola, dopo aver imparato a condividere con Nick quello
spazio, avergli insegnato a cavalcare, averlo portato li, ascoltato cantare e
comporre, nascosta nella sua forzata reticenza. Sfiora la pietra grezza del
posto vuoto accanto a lei con la punta dei polpastrelli e sospira. Si accomoda
meglio, arrampicandosi sulla sommità del masso, incrocia le gambe ed estrae il
cellulare dalla giacca. Scorre nella rubrica fino a posare il pollice sul
numero che cerca.
Cosa si fa quando vuoi parlare con qualcuno
ma lui non vuole ascoltarti?
Intendi, dopo aver provato e riprovato a
convincerlo?
Qualcosa del genere…
La risposta di Marcus arriva pochi
secondo più tardi.
Ti siedi e lo aspetti.
E Chris aspetta.
Aspetta tutta la settimana e quella dopo.
Arriva, si siede e aspetta. Un giorno fotografa tutto quello che le sta
intorno, un giorno prova a fare uno schizzo del paesaggio ma al terzo maldestro
tentavo rinuncia. Il giorno dopo si stende e gioca a riconoscere le nuvole,
come faceva con Linda da bambine. Ascolta canzoni pop e lancia sassolini tra la
schiuma della corrente. Un pomeriggio si avvia verso la radura con il volume
rosso di Anna Karenina sotto al braccio e un termos di caffe.
Nick e Joe,
dall’altra parte della strada, tirano fuori le buste della spesa dalla
monovolume blu. Joe scorge un cappellino beige con un
vistoso ponpon nel verde brillante e da di gomito al
fratello. Nick lo guarda infastidito e poi la nota. Osserva il suo procedere
lento, quasi trascinato, l’espressione insofferente sulla metà faccia che
riesce a scorgere e scuote la testa. Stringe la presa attorno alla busta di
cartone ed entra in casa.
Christina sale sul solito masso,
rannicchia le gambe e apre il libro sulle sue ginocchia. Una nuvoletta di
vapore si frappone tra lei e le pagine quando sospira leggendo il suo passaggio
preferito. Il suo cellulare vibra accanto alla sua gamba, poi segna una
notifica e la batteria lampeggia. Un vento leggero colpisce la pagina mentre la
volta e sposta l’erba attorno a lei, tanto da renderle impossibile accorgersi
dei passi che le si avvicinano fino quando un rametto secco non si spezza sotto
il peso di un corpo alle sua spalle. Sussulta e si volta di scatto. Nick si
ferma e le restituisce uno sguardo stupito. Lei ha la punta del naso arrossato,
gli occhi blu più scuri del solito, i denti che stringono le labbra. La sua
bocca di lui è una linea retta e breve e i pugni sono chiusi abbandonati contro
le cosce.
Chris distoglie lo sguardo, guarda i
lacci delle sue scarpe da ginnastica perché reggere il risentimento che Nick le
ha vomitato addosso è troppo complicato. Lui, lentamente, la raggiunge. Prende
posto accanto a lei e Chris smette di respirare appena sente l’odore del suo
bagnoschiuma arrivarle alle narici.
Nick si siede sulla punta del masso, con
le gambe penzoloni a pochi centimetri dagli spruzzi d’acqua e guarda di fronte
a sé. Christina vorrebbe dire qualcosa. Apre la bocca ma non emette un suono
perché prima ancora di decidere cosa dire lo vede, un sorriso minuscolo, appena
visibile sulle labbra di Nick. Lui sbircia con la coda dell’occhio, poi
lentamente si volta verso di lei e punta gli occhi nocciola nelle sue iridi
blu. La sua bocca si stira ancora un po’, è un sorriso appena accennato ma
parla da sé. Significa, lo so.
Significa, non fa niente. L’importante è
che sei qui, ora.
Chris fa scorrere lo sguardo dai suoi
occhi, ora più dolci, alle sue labbra un paio di volte, poi prima di
accorgersene, sorride anche lei.
“Allora, com’è la città che non dorme
mai?” le chiede, con gli occhi chiusi. Si sforza di respingere quell’ombra di
fastidio e di sembrare rilassato, abbandonato con le spalle sulla pietra ruvida
e le braccia dietro la testa. Fa un respiro profondo e rilassa i muscoli,
ripetendosi che se allungasse il braccio riuscirebbe a prenderle la mano, ora.
Chris si volta, con lo sguardo confuso di
chi si è perso in altri pensieri ed è stato richiamato alla realtà. La
confusione lascia spazio alla concentrazione mentre lo osserva steso placido al
sole e si trattiene dal sorridere ancora perché sente la tensione allentarsi,
ora che le ha rivolto la parola.
“Non ci sei mai stato?”
“No” mente, scuotendo la testa e
stringendo le palpebre. “Descrivimela”.
Chris ruota con il busto e le gambe per
potergli stare di fronte, per quanto la sua posizione lo permetta. Si studia le
mani e tira una manica mentre gli parla delle strade affollate e dei vestiti
costosi di Manhattan. Lui si mostra attento e interessato e sorride quando gli
racconta del venditore di hotdog che non riusciva a
capire l’accento strascicato del sud di Cam e lei si
è arrabbiata perché gli ha messo la senape nel panino, cosi continua
parlandogli del parco immenso in cui si sono persi e dell’appartamento dei
genitori di Jess, sorvolando sulla serata in cui gli è mancato troppo, fino a
piangere.
“Non so se ti piacerebbe”, le sfugge.
Lui spalanca gli occhi e le rivolge uno
sguardo interessato, mettendosi seduto. “Perché?”
Chris arretra impercettibilmente
trovandolo più vicino, con quello strano luccichio negli occhi.
Quando gli parla con lo guarda in faccia.
“Non lo so. E’ troppo rock, credo”.
“E’ modo sottile per dire che sono
noioso?”.
Lei non può far a meno di ridere. “No.
No. E’ che è caotica. Ci vedrei bene Joe. O Linda.
Nemmeno io ci vivrei”, tenta di spiegare.
“Mi piace il Texas”, la sua voce è un
sussurro roco.
“Anche a me” e Chris non ne è sicura, ma
c’è qualcosa di magnetico nel modo in cui la guarda e il suo corpo sembra
propendersi verso di lei.
What do I mean to
you?
(What do I mean to you? JB)
Strano a dirsi, o
forse no, Chris ha visto Nick tutti i giorni da quel pomeriggio. Inutile negare
l’evidenza, la sua è stata una dichiarazione di intenti.
Lui ha capito che
deve avere pazienza, che lei si sta impegnando. E’
tornata, è qui con lui e cerca di non spaventarla, perché quando lei prova a
scappare, a questo punto, fa male il doppio.
Ora Nick sa quanto
può essere divertente Chris, quanto bella sia la sua risata forte e conosce più
o meno il numero delle lentiggini che ha attorno al naso, perché lei non si
allontana più. O meglio ci prova, poi lo guarda attentamente e resiste. Lui
riesce a percepire la fatica in fondo ai suoi occhi blu, straordinariamente blu,
e sorride riconoscente.
Chris ha imparato
le principali reazioni di Nick, ha imparato a guardarlo, ad apprezzarne la
bellezza delicata e i modi gentili, la genuinità del suo muoversi attorno a lei
e anche se trema ancora quando le loro gambe si toccano al lago, o quando con la
mano sul cambio gli sfiora il ginocchio, quando le loro spalle si incontrano
tra la folla del centro o al Jolly con Joe e Cam, va bene lo stesso. Stringe i denti e pensa a quanto
brutto è stato New York senza di lui, cosi lo fissa con insistenza, come a
pregarlo di scusarla per essere cosi, per tutta quella ritrosia e poi si
rilassa sotto lo sguardo tranquillo di Nick.
Dal canto suo, Cam ha chiesto una tregua silenziosa, a Chris e a Joe. Certo, la prima volta che tutti e quattro si sono
ritrovati al tavolino lucido del Jolly la tensione era palpabile, tremenda. Poi
Nick ha iniziato a scherzare, ha fatto ridere Chris, che ha tirato in mezzo Joe e Cam annuiva divertita.
Chris ha guardato Nick con ammirazione, un luccichio negli occhi, per il quale
lui si è tormentato tutta la notte seguente.
Le volte dopo è andata
meglio, è stato spontaneo.
Cam non evita più le
uscite, Joe fa ancora il gradasso, insieme sono
terribili nel dare il tormento agli altri due che arrossiscono violentemente e
sbuffano.
E’ divertente,
comunque, e anche se non ha smesso di vedere Jess e gli altri, tutti i giorni
Chris si ritaglia del tempo per stare con Nick. La sua compagnia la rigenera,
la riposa, ed è una cosa totalmente bella e nuova perché tutte le persone che
conosce sono schegge impazzite sempre in movimento, le assomigliano troppo, si
spostano continuamente. Nick è una costante, Nick sa guardare, cammina piano e
sta attento e lei non si sente più nervosa con lui. Non le sembra più cosi
tremendo quando i suoi pensieri sconnessi, i movimenti goffi e rapidi e le sue
strane manie cozzano contro le parole misurate e speranzose di Nick. Le piace
quello strano incastro. Non lo capisce, non sa come muoversi, ha smesso di chiedersi
dove la porteranno tutte quelle ore passate distesa accanto a lui, che le canta
canzoni nel sole più caldo della primavera del Texas, seduta nella sua macchina
a girare in tondo, nei pomeriggi piovosi, con la radio a tutto volume o di
fronte all’espressione divertita di lui che le indica i baffi da cappuccino.
E’ tutto cosi bello, cosi intenso, che
qualsiasi cosa la tenesse lontana da lui, ne è quasi certa, non se la ricorda
più.
Nick si è guadagnato un posto sul divano il martedì-sera-del-film assieme alle
due piccole Gray rimaste a casa, ha visto la
cicatrice che Chris ha sul fianco – una caduta da cavallo – scura sulla pelle
pallida sotto la camicia a quadri mentre lei prendeva il sole accanto a lui,
con gli occhi chiusi, e ancora prova, dopo mesi, a convincerla a lasciarlo guidare
il suo pickup, qualche volta. Ma lei su questo è
irremovibile.
Un giovedi pomeriggio, sul tardi,
Chris guida verso casa dopo averlo trascinato in libreria per ore intere. Lui
ha ancora le labbra increspate per l’ennesimo tentativo fallito di dissuaderla
e smanetta con la manovella del finestrino. I suoi occhi incontrano la busta
piena sul cruscotto e i buoni propositi di tenerle il muso spariscono quando le
chiede dei libri che ha letto e di quanto spenda
mediamente al mese in quel negozio.
La risposta gli
procura uno stupore tale che la sua bocca assume la forma di una piccola o che
fa ridere la ragazza accanto a lui, mentre parcheggia in retromarcia.
“Vieni, ti faccio
vedere”, gli dice scivolando giù dal sedile.
Lui la segue in
casa, al piano di sopra, e prima di varcare la soglia di quella che sembra
essere la soffitta si rende conto che è la prima volta che sale li, anche se è
stato in quella casa tante volte nell’ultimo periodo. Chris si fa da parte per
farlo entrare, gli dice di stare attento alla testa, in alcuni punti, e lo
guarda con apprensione mentre Nick riempie la stanza. Il suo profumo rimbalza
tra le mura basse e azzurre, la sua figura sembra troppo grande per quello
spazio cosi piccolo e lo sente terribilmente vicino,
anche dall’altra parte della camera. Nick si guarda intorno incuriosito, con le
mani lungo i fianchi, fa scorrere gli occhi sulle foto alle pareti e
impallidisce di fronte alla quantità di libri sparsa su ogni superficie.
“Ma quanti libri
hai?”
“Abbastanza perchè tu debba fare attenzione a dove metti i piedi”, lo
ammonisce, indicando una pila di libri pericolosamente vicina ai suoi piedi.
Lui indietreggia rapidamente, inciampando in una pila più piccola, poco più
dietro. Il tonfo della caduta è attutito dal tappeto e risuona basso in quei
due secondi di silenzio che precedono la risata di Chris. “Appunto” dice senza
fiato, tenendosi la pancia.
Lui sorride
imbarazzato e si mette seduto. Christina esita appena, poi prende posto di
fronte a lui, abbracciandosi le ginocchia. Si morde il labbro e lo guarda
continuare a sondare la stanza con insistenza.
“Che musica
ascolti?” le chiede all’improvviso e lei impreca mentalmente per essersi fatta
beccare a fissarlo. Parlano di musica, di teatro, di cinema e Nick si rilassa
contro il letto quando si rende conto che non ha proprio idea di chi siano
(stati) lui e i suoi fratelli.
Non gli sembra
proprio vero di averla cosi vicino da sentire il suo
odore mentre lo prende in giro perché “davvero non sai allacciarti le scarpe?”.
Lui scuote la testa e le mostra gli stivali senza lacci, con le guance appena
più rosse. E’ tutto come aveva sperato mentre lei non
c’era e il suo cuore si accartocciava ogni sera, nei vialetti scivolosi di
pioggia, cosi spontaneo, cosi bello vederla seduta scomposta
con la treccia sfatta lunga fino al petto, le gambe snelle, le dita magre e quegli
occhi blu - dio se sono belli! Nick ci ha scritto almeno tre canzoni.
“Porti le lenti a
contatto?” la interrompe, all’improvviso, conscio di non aver prestato
attenzione al suo discorso.
Chris gli rivolge
uno sguardo interrogativo, “no. Ma cosa c’entra, adesso?”
“Scusa, di che
stavamo parlando?”, si passa una mano tra i capelli, imbarazzato. Lei sorride e
finge di non essersi accorta del suo sguardo imbambolato e ripete: “hai detto
che hai scritto una nuova canzone. Quando me la fai ascoltare?”
“Ah, certo. Si…”
sospira, gli occhi chiusi. Coraggio… “Hai degli incredibili occhi blu”
sussurra, riaprendoli.
“Nick…”.
Lui si riprende in
fretta, non le lascia tempo. “Vuoi sentire la canzone?”
“Si”.
“Domani. Esci con
me?” dice tutto d’un fiato.
“Ma... la canzone…
cosa?”
“Domani. Allora?”
Chris sente i
polsi tremare, lo guarda tanto forte da avere gli occhi lucidi. Sa cosa
significa, escono già insieme. E’ una richiesta,
questa, è una cosa importante.
“Domani”.
Christina si da dell’idiota quando si vede riflessa nel portatovaglioli del Pub. Camille
l’ha convinta a mettere quello stupido vestito e fuori fa freddo, Chris si
stringe nelle spalle e sbuffa per la decima volta.
“Vuoi ordinare?”
“No, aspetto una
persona”.
“Sicura che venga?”
La cameriera se ne sta già andando, il suo era solo un commento acido a cui lei
non può che rispondere mentalmente che, no,
ovvio che non sono sicura. Stringe l’orlo del vestito con le mani, lo porta
più giù, sotto le ginocchia, risistema i tovaglioli, la saliera, sbocca il
cellulare e controlla l’orario, poi lo blocca e si rimette dritta. In fondo
sono solo venti minuti, che vuoi che sia?
E’ che se fosse
stata Camille non si sarebbe stupita, non avrebbe
detto nulla, anzi, probabilmente non sarebbe uscita di casa prima delle 19
perché si sa com’è Cam. Ma Nick è un tipo puntuale,
ordinario. Quando Chris pensa a Nick - spesso, più di quanto vorrebbe - lo
immagina un mare calmo, la sera sul tardi, le onde
invisibili e l’odore salato, familiare, confortante. Gli scogli che restano
ancorati alla rena, perché Nick è uno che rimane, che mette radici. E’ una persona seria e a Chris quella serietà a volta piace
e a volte no. Puoi fare discorsi seri con Nicholas, puoi parlare di
letteratura, di musica, di cinema, del mondo, anche un po’ di politica ma non
se la cava molto lui in quello. Nick è sensibile e discreto, è solido, è un
appiglio, un faro. E a Chris, quando lui è nei dintorni, viene sempre quella
strana voglia di scoprire le carte e fargli vedere tutto. Quel bisogno fisico
di lasciarsi abbracciare. Nick è la prima persona di cui Chris non si vergogna,
oltre a Cam, ma lei non conta.
Comunque, dopo 12
minuti Nick entra di corsa nel locale, non la vede e pensa che cazzo, ma proprio oggi?. Poi la trova,
il viso riflesso nella finestra del locale, le gambe distese sotto il tavolo,
le mani strette sull’orlo del vestito. Si passa una mano tra i capelli e si
lecca le labbra, in quattro falcate le è di fronte.
“Non dire niente -
Nick alza le braccia davanti a sè, in segno di resa e
continua - Ti prego. La moto di Joe non partiva, l’ho
accompagnato dal meccanico, mi sono macchiato di olio e grasso, sono tornato a
casa, ma non avevo le chiavi e ho dovuto aspettare che mia madre tornasse”.
Chris lo guarda,
sorride e si rilassa. Fa un gesto con la mano e lo invita a sedersi.
“Prendi fiato,
Nick. Hai detto nove frasi in cinque secondi. Non importa”.
Nick si sfila la
giacca, fa un respiro profondo, congiunge le mani davanti a sè.
“Comunque, è molto che aspetti?”
Chris vorrebbe
dire di si, che è tanto che aspettava di sentirsi cosi felice per uno stupido panino untuoso, che non
aspettava con cosi tanta intensità qualcosa che le
cambiasse la giornata, qualcuno che la capisse, che la vedesse davvero,
qualcuno con cui stare bene da morire e averne paura allo stesso tempo.
Scuote la testa e
sorride. In fondo è felice di stare seduta e guardare Nick che sembra cosi fuori luogo li dentro, cosi
elegante e bello sullo sfondo verde scuro delle pareti del pub con le sciarpe
dei tifosi alle sue spalle. Di godersi la sensazione di calore delle dita di
Nick che ora cercano le sue sopra le tovagliette di carta.
“E’ strano?”
“Cosa?”
Lei guarda le loro
mani con fare eloquente ma, appena Nick prova a spostare la sua, la stringe più
forte.
“Quando mi farai ascoltare
la tua canzone? E’ domani”
“Non c’è nessuna
canzone, Chris”. La guarda da sotto le ciglia lunghe, con intenzione. “Mi
dispiace, ma volevo davvero che venissi stasera”. Lo dice stringendosi nelle
spalle, dispiaciuto (forse non troppo, ecco).
Lei sospira e gli
restituisce lo sguardo. “Sarei venuta lo stesso, Jonas”, si arrende.
“Davvero?”
“Davvero. E non
fare quel sorriso idiota” lo rimprovera; lui in tutta risposta sorride ancora
di più, la guarda arrossire e, per darle tregua – ma solo per ora – ordina da
bere.
So let’s toast to the good night
just let go, and free your mind
let the beat, be your lifetime
make you feel like the first time
(First time, JB)
Alcune cose sono inevitabili, banalmente
evidenti pur restando essenziali. Sappiamo che accadranno. Possiamo illuderci
che il corso delle cose possa cambiare, ma non lo fa. E’ non è una questione di
destino, quello c’entra ben poco. Se lanci una palla, rotolerà. Se dai un
pugno, resterà il segno. Se tuona, pioverà. Per questo Chris non da pace
all’orlo della gonna, in un misto di ansia, terrore e aspettativa. Sa, e lo
sapeva già quando si è guardata l’ultima volta allo specchio, prima di uscire,
che Nick la bacerà. Inutile girarci attorno. E’ un appuntamento. Lo sa perché
Nick non ha bisogno di chiederle di uscire per vederla e se ha messo su tutto questo
teatrino della canzone allora è proprio una cosa seria. E lei ha accettato. Si
è stupita di se stessa, si è pentita almeno sette volte e almeno dieci si è
sentita sollevata. Felice. Perché questa tensione non la sopporta, questo filo
sottile cosi teso e trasparente tra di loro, che rende le cose così precarie e
poco definite. O dentro o fuori,
pensa.
Nick tossicchia e lei sbatte le palpebre,
tornando al presente, rapita dai suoi pensieri e dal nervosismo latente che le
è preso quando ha iniziato a guardare le labbra di Nick mentre le raccontava
delle vacanze a casa dei nonni. Christina arrossisce, si passa una mano sulla
fronte e raddrizza le spalle.
“Scusa, mi sono distratta. Dicevi?”. Vorrei morire di vergogna.
Nick stira la bocca in un accenno di
sorriso e scuote la testa. “Non importa. Facciamo due passi?”
“Si” ammette con troppa enfasi. L’aria è
pesante nel locale e ha bisogno di una distrazione.
Si offre di pagare la sua metà, ma Nick è
categorico, non le lascia margine di replica.
“La prossima volta pago io” borbotta
uscendo dal pub, con gli occhi fissi sui bottoni della giacca leggera. Nick
assume un’espressione scettica, “contaci” sembra dire. Poi sorride piano, al
buio. “La prossima volta” ripete e lei capisce di essersi rovinata con le sue
stessa mani.
Passeggiano lungo tutto l’isolato,
chiacchierando. La risata di lei è forte ma musicale, contagiosa. Quella di
Nick bassa, virile. Dopo circa un’ora ad entrambi gira un po’ la testa. Chris
controlla l’orologio e Nick lo prende come un messaggio eloquente.
“Dove hai parcheggiato?”
Chris arrossisce. “Mi ha dato un passaggio
Cam, tra un po’ dovrebbe tornare a…”
“Ti accompagno” la interrompe.
“Non ti preoccupare, davvero…”
“Sei di strada”. Nick ammicca e si volta
con le mani in tasca, superandola. Si avvicina alla sua auto con un’espressione
soddisfatta che lei non può vedere e Chris, dal canto suo, sente le ginocchia
tremare.
Le stesse ginocchia che Nick sfiora
inavvertitamente scalando le marce, con le nocche fredde. Chris cerca di non
sussultare e lui di non indugiare troppo, cercando di assumere un atteggiamento
rilassato. Le difficoltà sono palesi già dal primo silenzio imbarazzato, Chris
alza appena il volume della radio e canticchia She will be loved.
Quando Nick accosta, nel viale di casa, non sa esattamente che ore sono. L’auto
smette di fare le fusa, il motore si spegne e si addormenta; il buio è una
costante, intervallato da pochi lampioni accesi. Slaccia la cintura e fa per
scendere ma i borbottii disperati di Chris lo portano indietro.
Un pezzetto di tessuto del vestito si è
intrappolato nel gancio accanto al sediolino. Si sporge verso di lei e Chris
alza la testa quando le mani di Nick si sostituiscono alle sue nel litigio con
la stoffa. Lui tira leggermente e la gonna scopre un centimetro in più della
sua gamba. Tutto il corpo di Nick emana calore e Chris lo avverte pur senza
sfiorarlo.
Il click del meccanismo li riporta indentro
contro i rispettivi sedili, rapidi come molle. Poi Nick la accompagna fino al
cancelletto, le mani lungo i fianchi.
“Allora, buonanotte”. Tituba, ma prova a mascherarlo.
Chris lo guarda e deglutisce. Ha smesso di
lottare contro la realtà dei fatti mezzora fa e vuole baciarlo. Vuole che lui
la baci. Che annulli quei centimetri di distanza e la stringa conto il suo
corpo solido. I polpastrelli iniziano a pizzicarle per la voglia di posarsi sui
muscoli accennati degli avambracci. Sotto il suo sguardo intenso, Nick muove
una gamba in avanti, come stregato dal richiamo dei suoi occhi blu. Poi dondola
e sposta il peso su quel piede, mascherando un impulso irrazionale per non
spaventarla. Sospira e fa un passo indietro.
Chris abbassa lo sguardo. “Buonanotte,
Nick”. Si incammina con le guance in fiamme, impaziente e determinata a sparire
il prima possibile.
Si appoggia al pomello per non cadere, respira forte e stinge i pugni per la
frustrazione.
“Jonas” sussurra e si volta, marciando
verso Nick. Lui ha mosso solo qualche passo. Quando gli è di fronte esita un
secondo, poi lo afferra per un braccio e si fa più vicina, la bocca sulla sua.
Nick, nonostante la sorpresa, chiude gli occhi e le stringe delicatamente i fianchi.
E’ mansueto, paziente, la bacia come se avesse tutto il tempo del mondo, la
tiene salda, con decisione, vuole essere egoista e tenerla tutta per sé. I baci
di lei sono agitati, vulnerabili, forti, come se il desiderio malcelato nei
mesi precedenti irrompesse tutto insieme. Lo bacia con avidità, con trasporto,
con le mani nei suoi capelli e detta il ritmo, a cui Nick non puoi far altro
che stare dietro, decisamente volentieri. Fino a restare senza fiato.
Quando riapre gli occhi ha lo sguardo
smarrito e ha paura di vedere lo stesso sul volto di Chris. Lei, invece, ha gli
occhi appannati dal desiderio. Sente il suo fiato su un angolo della bocca e
una mano le scivola dalla nuca al petto, senza perdere il contatto. Lui allunga
una mano e le scosta i capelli, scorrendo le dita sul suo profilo.
Chris impiega qualche secondo a riprendere
lucidità e con un cipiglio corrucciato dice “questa è una buonanotte, Jonas”.
Poi si allontana, sorridendo leggermente maliziosa, camminando a ritroso fino
alla porta. Il sorriso che Nick le rivolge illumina tutto il viale immerso
nell’ombra.
L’autostrada è quasi invisibile nel buio,
il fascio di luce dei fari è l’unica guida del suo incedere rapido. Joe ruota
il polso e da gas, ancora. Il casco nero, il giubbotto di pelle e il jeans
scuro, è un tutt’uno con la moto. Gli occhi fissi sulla strada, prova a
concentrarsi sulle indicazioni, la linea della carreggiata, le uscite, ma senza
traffico è più facile distrarsi. Pensa alla California, alla casa di pietra
bianca con la jacuzzi, i party, la troupe. Linda.
E’ un’immagine vivida e luminosa, piena di energia, come lei.
Da quello che è riuscito a carpire dalle
conversazioni tra lei e suo fratello – perché lui no, il coraggio di
affacciarsi in webcam per un saluto non lo trova – sta bene, lavora, le piace,
si diverte, conosce gente. Ragazzi.
Un rimescolio fastidioso, il capriccio di un bambino davanti ad un giocattolo
che non usava più, tra le mani di un altro bimbo. Un desiderio cieco di riappropriarsene,
a tutti i costi. La promessa silenziosa di prendersene cura, di stare più
attento, di metterlo sulla mensola nel posto migliore. Scuote la testa, ribalta
i pensieri, ma è sempre li. In un cantuccio, una vocina stupida che gli sussurra
qualcosa che non riesce a capire.