Fùlger il Demone

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte ***
Capitolo 5: *** Quinta Parte ***
Capitolo 6: *** Sesta Parte ***
Capitolo 7: *** Settima Parte ***
Capitolo 8: *** Ottava Parte ***
Capitolo 9: *** Nona Parte ***
Capitolo 10: *** Decima Parte ***
Capitolo 11: *** Undicesima Parte ***
Capitolo 12: *** Dodicesima Parte ***
Capitolo 13: *** Tredicesima Parte ***
Capitolo 14: *** Quattordicesima Parte ***
Capitolo 15: *** Quindicesima Parte ***
Capitolo 16: *** Sedicesima Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


 

Fùlger il Demone
( immagini tratte da internet )

 

- Mia signora, penso di avere trovato la nostra vittima ideale!
- Mmm, interessante Brùgel, davvero molto interessante - mormorò la Signora dell'Oscurità, osservando incuriosita la foto che il suo sottoposto aveva scattato nel mondo degli uomini. - Sei dunque convinto che questa giovane faccia al caso nostro?
- Certo, mia signora - rispose il piccolo essere viscido, chino ai piedi della donna, ostentando un sorriso soddisfatto sulle labbra deformi. - Si chiama Makoto Kino, diciassette anni, ed è un perfetto esemplare di femmina umana utile ai nostri scopi...
- Spiegati meglio!
- E' presto detto: oltre che bella e dotata di eccezionale forza fisica, la sua aura spirituale è così forte che riesco a percepirla a distanza!

Kasùyress, Signora dei Demoni, si limitò ad annuìre con un lieve cenno del capo.
Per secoli aveva atteso, da che era rimasta confinata nel Regno dell'Oscurità, e ora finalmente le si presentava l'occasione di ritornare sulla Terra per vendicarsi. Purtroppo le donne-demone del suo livello, per poter superare la barriera dimensionale, necessitavano infatti di usare il corpo di una fanciulla vergine come "guscio". Oltre a questo, poiché il suo potere era assai difficile da contenere, un comune corpo umano non avrebbe resistito. La fanciulla da utilizzare doveva essere pura, per controbilanciare la malvagità, ma anche straordinariamente forte da contenere tutta l'energia di Kasùyress dentro di sé.
Altre ragazze terrestri possedevano un livello di purezza spirituale, più o meno identico o superiore, ma solamente Makoto possedeva le caratteristiche fisiche che più si prestavano ai piani di quella demonìaca donna.
Ora si trattava solo di incaricare l'essere più adatto per raggiungere lo scopo.

- Fùlger - chiamò la donna a gran voce. - Mostrati al mio cospetto!
- Agli ordini, mia signora - rispose una forte voce maschile, dura nelle inflessioni ma anche molto seducente.

Dinanzi alla Signora dei Demoni, e al fido Brùgel inginocchiato dinanzi a lei, il possente demone Fùlger fece dunque la sua comparsa. Alto e robusto, con lunghi capelli scuri e candidi occhi dal taglio sottile, costui poteva forse risultare piuttosto attraente... non fosse stato per le lunghe corna appuntite sulla fronte e le grosse nere ali di pipistrello sulla schiena.
Fùlger apparteneva alla razza demonìaca degli incubi, ovvero i seduttori maschili dell'inferno, e tra i suoi simili occupava addrittura il rango di Luogotenente della Suprema Kasùyress. Il suo compito era quello di indurre le fanciulle umane alle più perverse fantasie erotiche, traendo linfa vitale dalla loro lussùria, per poi offrirle in sacrificio alla gloria della sua signora. Oltretutto era anche un combattente ed un guerriero di prima scelta, essendo altresì in grado di esercitare il proprio controllo sui fulmini e sull'elettricità in generale, perciò godeva di estrema fiducia e considerazione.
Senza perdere tempo, Kasùyress gli gettò in mano la fotografia di Makoto. 
Fùlger memorizzò dunque ogni aspetto della ragazza ivi raffigurata, ogni più piccolo lineamento del suo volto, ogni sua curva... Al demone bastò un attimo, per capire in cosa consisteva stavolta il suo incarico: la fanciulla dell'immagine era troppo giovane ed innocente, rispetto alle ninfòmani assatanate che costituivano il suo nutrimento, cosicché il motivo di tale scelta doveva essere per forza quello che tutti attendevano da oltre cinque secoli.

- E' lei la vergine prescelta? - domandò Fùlger atono.
- Esattamente - rispose Kasùyress. - Confido tu sappia come eseguire il rituale: devi trafiggerla al petto, nel pieno momento della sua estasi, e dovrà essere lei a desiderarti più della sua stessa vita... A quel punto, il suo corpo diventerà solo e soltanto mio!
- Non sarà difficile - commentò cinico il demone. - Le fanciulle umane sono perlopiù delle creature abbastanza semplici: incapaci di scorgere la realtà, dietro al fascino della seduzione, con la testa piena di sciocchezze e romanticherìe varie; ma la cosa più divertente è che, con tutta la loro ingenuità, sono irresistibilmente attratte da quello che NON conoscono!
- Sei libero di agire come più ritieni opportuno - concesse la sovrana. - Ho già aspettato fin troppo!
- Non temete, mia signora - la tranquillizzò l'altro. - Per quanto sia forte la nostra preda, non dovrò fare altro che adottare con lei il solito sistema; è persino troppo facile, alla fine sarà lei stessa ad implorarmi di possederla!
- Conto su di te!

Fùlger si congedò dunque dalla sua signora in modo formale, emanando un lieve fascio elettrico nel palmo della mano ove stringeva la fotografia di Makoto, dopodiché scomparve lasciando i resti bruciacchiati dell'immagine sul pavimento.

***

Mentre camminava sotto mentite spoglie, Fùlger non riusciva quasi a smettere di ridacchiare tra sé.
Sin dalla notte dei tempi, intrufolarsi tra gli esseri umani senza essere visto era senza alcun dubbio la parte più divertente del suo lavoro. Poteva muoversi ed agire indisturbato, persino uccidere con estrema facilità, senza che nessuno sospettasse in alcun modo della sua natura demonìaca.

- L'idiozìa degli uomini è semplicemente prodigiosa - pensò. - Potrei ammazzarne dall'alba al tramonto, senza neppure stancarmi, e i superstiti non capirebbero neanche COSA li abbia colpiti...

A volte, vuoi per scherzo o per crudele sadìsmo, i congegni elettrici esplodevano al suo passaggio. Se il demone era particolarmente di buonumore, come in quel caso appunto, le vittime umane nei pressi se la cavavano con qualche leggera scossa o delle piccole bruciature. Fùlger lo chiamava "divertimento" ma, per quanto lui stesso si rifiutava di ammetterlo, il vero motivo che lo tratteneva dal togliere con leggerezza la vita agli umani era un altro.
Pochi infatti erano a conoscenza della verità circa la sua nascita.
Come la maggior parte dei suoi simili, demoni di livello piuttosto elevato, Fùlger era stato concepito all'inferno... tuttavia il suo sangue era anche quello di un essere umano.
Sua madre, Sàgeata, era un succubo ( versione femminile dell'incubo! ) ed era una tentatrice particolarmente bella e desiderata anche dai demoni stessi. Purtroppo però, più o meno all'epoca in cui Kasùyress aveva ancora libero accesso sulla Terra, Sàgeata era stata brutalmente ferita da un gruppo di fanatici inquisitori. Incapace di difendersi e di ricorrere alle sue arti di seduzione, la demone era stata dunque salvata da un essere umano. Costui era stato probabilmente attratto dall'aspetto sensuale del corpo di lei, malgrado le corna e le ali che tradivano chiaramente la sua identità, comunque si era preoccupato di soccorrerla e di curare le sue ferite. Una volta riprese le forze, Sàgeata si offrì di ripagare il suo generoso soccorritore con i piaceri della carne ma, con sua grande sorpresa, l'uomo disse di non potersi congiungere carnalmente... per il semplice fatto che lei non lo amava e viceversa.
Sàgeata ignorava il significato della parola "amore", un concetto completamente estraneo ad un demone della tentazione come lei, eppure tale termine la incuriosì. L'uomo, il cui nome era Cer, continuò a prendersi cura di lei con affetto, senza mostrare alcuna luce di bramosìa per il suo corpo sodo e prosperoso. Sàgeata non riusciva neanche a concepire che un essere umano fosse immune al suo fascino, così come non riusciva a comprendere perché costui voleva aiutarla senza chiederle nulla in cambio.
Non aveva senso!
Un giorno però, mentre Sàgeata dormiva, gli inquisitori che l'avevano ferita la rintracciarono presso la piccola dimora di Cer. L'uomo dunque, ignorando i poteri di cui ella disponeva e temendo per la sua vita, si buttò ad affrontarli da solo e questi lo pugnalarono al petto. Il suo grido di dolore svegliò Sàgeata che, una volta compresa la situazione, utilizzò il suo potere del fulmine per uccidere quegli uomini malvagi. Vedendo Cer in punto di morte, piangendo senza sapere il motivo, Sàgeata fece l'unica cosa in suo potere per salvargli la vita: ovvero giacere sul suo corpo ferito, per infondergli parte della sua energia attraverso il calore corporeo. L'espediente parve revitalizzare Cer che, alla domanda di lei sul perché avesse inteso affrontare da solo quegli uomini, le ripeté ancora una volta quella parola... ma con un suono diverso questa volta.
Ti amo!
Il tempo trascorso assieme a lui le aveva trasmesso per istinto il significato di quel termine.
Ora, infatti, anche Sàgeata sapeva cosa volesse dire "amare" qualcuno. 
Prima di giacere con Cer, il corpo di Sàgeata aveva conosciuto tantissimi uomini. Costei era nata per donare piacere estremo, un piacere in grado di condurre gli uomini alla follìa, ma quella era la prima volta che il piacere si impadroniva di lei donandole qualcosa di intenso e avvolgente allo stesso tempo. Per la prima volta, invece di spingere un uomo alla dannazione e alla morte, Sàgeata provò la gioia di vivere assieme a lui e per lui... per l'uomo che amava!
Quella fu la prima e l'ultima volta per loro.
Dopo quanto era successo, Sàgeata non poteva restare e mettere ulteriormente in pericolo la vita del suo amato Cer. Dopo averlo baciato dolcemente sulle labbra, lasciandolo che ancora mormorava il suo nome nel sonno, Sàgeata fece dunque ritorno nel mondo dei demoni. Disgraziatamente per lei, avendo provato passione ed amore per l'essere umano con cui si era congiunta, Sàgeata scoprì più tardi di essere incinta.
Quel bambino era Fùlger, figlio della potente tentatrice dei demoni e dell'umano che l'aveva sinceramente amata.
In seguito Sàgeata morì, quando gli inquisitori chiusero il passaggio infernale relegando Kasùyress al suo interno, e il giovane erede della tentatrice crebbe agli ordini della sua signora... pur non condividendo lo stesso odio che ella provava nei confronti degli esseri umani, in quanto lui stesso in parte lo era.

***

Improvvisamente una candida voce femminile alle sue spalle riscosse bruscamente Fùlger dai suoi pensieri.

- Mi scusi, va tutto bene?

Fùlger si voltò e, trovandosi faccia a faccia proprio con colei che stava cercando, si limitò ad annuìre con un cenno del capo.

- Meno male - fece Makoto sollevata. - Il fatto è che mi sembrava un po' smarrito, e allora... Perdoni, non era mia intenzione infastidirla!
- Ma no, signorina, anzi - disse subito il demone, calandosi alla perfezione nel personaggio. - Sono appena arrivato in città: devo ancora orientarmi e, con tutte queste strade identiche tra loro, è facile fare confusione!
- Conosco il quartiere piuttosto bene, se posso aiutarla?
- Gentilissimo da parte sua, ma non vorrei farle perdere tempo, vedo che ha anche la spesa e...
- Non c'è problema, sono praticamente arrivata a casa, mi dica pure!
- Beh, il fatto è che l'agenzia mi ha detto di presentarmi a questo indirizzo e di chiedere di una certa... Kino Makoto?
- Allora è fortunato, Kino Makoto sono io!
- Accidenti, che combinazione - mentì l'altro spudoratamente. - Dunque lei è la proprietaria dell'appartamento 125/A, dico bene?
- La proprietaria è la mia vicina di casa, che lo ha messo in affitto presso l'agenzia; l'appartamento è di fianco al mio e, poiché lei si è dovuta assentare per qualche giorno, mi ha pregata di consegnare le chiavi al nuovo inquilino!
- In questo caso, signorina, mi permetta di presentarmi: Fòlger, William Fòlger!
- Lieta di conoscerla, signor Fòlger - sorrise Makoto, appoggiando a terra la borsa della spesa per stringere la mano dello sconosciuto.
- Permette? - fece l'altro, prendendo il sacco garbatamente dalle sue mani. - Dal momento che lei è così gentile, il minimo che posso fare è accompagnarla... così magari mi insegnerà anche qualche trucco, per non perdermi strada facendo!

Makoto nascose appena una risatina divertita col dorso della mano.
L'occhio di Fùlger brillò di una luce sinistra. Tutto procedeva come previsto: Makoto non poteva certo immaginare che genere di creatura si celasse sotto le spoglie di quel simpatico e tranquillo giovanotto straniero, così come non aveva alcun motivo per dubitare di lui.
Con la scusa di portarle la spesa, il demone aveva trovato un ottimo modo per avviare la conversazione con lei ed entrare così in confidenza. Si trattava solo di recitare una scenetta collaudata più e più volte, meglio di un attore consumato, tutto secondo i piani prestabiliti...

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Makoto Kino...
Una ragazza energica, spontanea, leale e generosa verso il prossimo.
Il tipo di ragazza che, facendosi forte per sé stessa e per gli altri, sovente si ritrovava molto più restìa ed insicura nel mostrare il lato più dolce del proprio carattere. Tra tutte le fanciulle umane, poche riuscivano a mantenere il perfetto connubio tra forza fisica e sensibilità spirituale, una volta passata l'età dell'adolescenza.
Fùlger aveva raccolto molte informazioni interessanti su di lei: orfana di entrambi i genitori, fin da quando era ancora molto piccola, notoriamente aggressiva e manesca con i prepotenti in generale; indipendente ed autosufficiente, abituata a vivere pressoché da sola, pochissime cose riuscivano a ferire o ad intaccare il suo buonumore.
Dopo aver stretto conoscenza, sotto le mentite spoglie di William, il demone decise di impiegare alcuni giorni per conoscerla in modo più approfondito. 
Non poteva agire nel solito modo con lei, facendone solo una delle sue tante "bambole umane" del piacere, e doveva assolutamente giungere al cuore della ragazza. La sola seduzione non era sufficiente, dovendo infatti ricreare delle condizioni ben precise per il rituale, perciò doveva far sì che Makoto si innamorasse di lui spontaneamente.
Già il giorno seguente il loro incontro, Makoto aveva accettato ben volentieri l'invito per un caffé e il piacere di fare una chiacchierata col suo nuovo affascinante vicino di casa. William era molto gentile con lei, tanto da non suscitarle il benché minimo dubbio o sospetto, e proprio per questo i due erano entrati fin da subito in confidenza.

- E così vieni dall'Europa - esclamò Makoto, nell'ascoltare la convincente storiella del demone. - Però, certo che è un po' lontanuccio da qui...
- Ne vale la pena - mormorò Fùlger. - Il Giappone è una terra così piena di arte, tradizioni, gusto e cultura... Anche se lontano, non è male arricchire un po' i propri orizzonti, tutto sommato è un'esperienza piacevole!
- Sarà - sorrise lei, finendo di sorseggiare il proprio caffé. - Lo sai, ti conosco da un giorno e già mi sei simpatico!
- Ah, lo considero un privilegio, credimi - sottolineò abilmente il demone. - Quando sono arrivato qui, avevo una gran paura di ritrovarmi per vicina una di quelle vecchie bisbetiche insopportabili con la faccia piena di rughe...
- Pfff - Makoto scoppiò quasi a ridere. - Beh, non sarò vecchia e con le rughe ma, quanto a "bisbetica" e "insopportabile", direi che ci hai quasi azzeccato!
- Ma dai, non scherzare!
- Eh, si vede che non mi conosci abbastanza - sottolineò Makoto con aria di sufficienza. - Che ne dici di sfidarci a qualche videogioco?
- Volentieri, però non sono molto bravo...
- Ah, non ti preoccupare: quelli che dico io sono semplicissimi, te lo assicuro!

***

- Ma non è possibile, dannazione, che rabbia!

La Sala-Giochi era una tappa quasi obbligatoria, nella giornata di Makoto. Osservandola mentre giocava, imprecando a gran voce su ogni lampeggiante "Game-Over" che sembrava perennemente sbeffeggiarla, Fùlger non aveva più dubbi sul fatto che costei fosse semplicemente perfetta: dolce, impaziente, irascibile...

- ANCORA ?!? MA QUESTA E' IELLA NERA !!!

Sì, decisamente Makoto Kino era una vittima più che interessante.
Così squisitamente impulsiva e genuina, incapace di nascondere o di contenere le proprie emozioni, ed era proprio questo suo modo di essere che il demone trovava oltremodo divertente.
Prendersela a quel modo, per un videogioco elettronico...
Tipico degli esseri umani, Fùlger aveva visto reazioni ben peggiori.
Da ciò era possibile dedurre che, malgrado la sua età, l'animo di Makoto manteneva intatto uno spirito pressoché infantile e un'impazienza a dir poco evidente.

- Tutto a mio vantaggio - pensò il demone. - Sarà ancora più facile del previsto!

Mentre Fùlger rifletteva sulla sua prossima mossa da seguire, Makoto depose le armi sull'ennesima sconfitta riportata.

- Uffaaa - gemette. - Non è giusto, ormai ero arrivata quasi in fondo al primo livello... Anche i videogiochi mi odiano, come sono disgraziata!

Improvvisamente Fùlger ebbe come un'ispirazione.
Se Makoto attribuìva così tanta importanza a quel coso, ciò non rappresentava certo un problema per i suoi poteri: un videogioco, in fin dei conti, non era altro che un insieme di impulsi elettrici decodificati da un software e da uno schermo... concentrando dunque la dovuta quantità di energia, sufficiente ad alterare il meccanismo interno, il demone poteva regalarle quella piccola soddisfazione facendola vincere almeno una volta.

- Makoto, senti, ti spiacerebbe farmi vedere ancora come funziona? 
- Lascia perdere, sono negata - singhiozzò. - Un bambino delle elementari gioca sicuramente meglio...
- Secondo me, ti sbagli - tagliò corto lui, rimettendole la mano rassegnata sulla levetta. - Concentrati, puoi vincere, ne sono sicuro!

Makoto guardò William con occhi pieni di stelline luccicanti.
Il ragazzo aveva uno sguardo sin troppo serio, segno che non intendeva assolutamente prenderla in giro, per quanto le sue parole suonavano un po' troppo assurde. Dopo la figuraccia appena rimediata, Makoto avrebbe preferito uscire dalla Sala-Giochi con un sacchetto di carta sulla testa. Eppure il modo in cui William la stava guardando, il suono rassicurante della sua voce, e il calore della sua mano sulla propria...

- D'a... D'accordo - mormorò lei sognante. - Se lo dici tu...

Il tempo di riavviare una nuova partita, Makoto riprese dunque a giocare.
Stavolta però, ignara che Fùlger stesse indirizzando una parte infinitesimale dei suoi poteri all'interno del gioco, la ragazza si stupì non poco della facilità con cui ora i nemici sparivano dallo schermo. Quasi sembrava non dovesse neanche sparargli, tanto gli impulsi del demone interferivano con la sequenza programmata del gioco, cosicché Makoto prese a macinare punti su punti.

- Hai visto, che ti dicevo? - fece Fùlger, fingendo ammirazione. - Te la stai cavando molto meglio, adesso!

Il cuore di Makoto sussultò.
Nel mormorarle quelle parole all'orecchio, William si era chinato proprio a ridosso della sua spalla. La ragazza poteva avvertire chiaramente la sua presenza maschile così tanto vicino a lei, una sensazione provata solo in rari momenti, e un brivido lungo la schiena da farla sussultare.

- Continua così, sei bravissima - disse ancora il demone, cingendole piano la spalla con la mano.

Makoto era così agitata che, anche quando sul monitor riecheggiò allegra la musichetta di trionfo, tutti i suoi sensi erano ottenebrati dal modo in cui William la stava effettivamente abbracciando.
Sulle prime pensò che doveva trattarsi di un sogno.
In genere, la maggior parte dei ragazzi scappava via a gambe filate, non appena lei si lasciava sfuggire un urlo o un impulso un po' troppo aggressivo. Invece William sembrava davvero in grado di apprezzarla, ignorando tutte le sue intemperanze, e con una gentilezza tale da farla sentire quasi come...
Scrollando di colpo la testa, Makoto cercò di ignorare subito quel dolce pensiero.
Forse stava correndo un po' troppo con la fantasia e, per quanto l'idea non le dispiacesse affatto, non voleva certo che William si facesse un'impressione sbagliata di lei.

- S... Si è fatto tardi, devo anche passare dal negozio, prima che chiuda...
- Vuoi che ti accompagno?

Makoto annuì timidamente, chinando il volto come una bambina.

- M... Mi farebbe piacere ma, se hai da fare, non vorrei che...
- Ah, basta così - tagliò corto lui. - Non sia mai che io lasci rincasare una signorina da sola!

Il rossore sulle guance di Makoto era più che evidente.
Prevedibile, semplicemente prevedibile, non ci voleva certo un genio per capire a cosa stesse pensando quella sua testolina romantica.
Per quanto fosse forte e aggressiva, più o meno con tutti coloro che non le andavano a genio, si capiva lontano un miglio che era particolarmente sensibile alle attenzioni e alle premure nei suoi confronti... del resto, era pur sempre una ragazza come tutte le altre.
Mentre la accompagnava lungo la strada, Fùlger percepiva dai battiti del cuore che Makoto stava subendo in modo innegabile il fascino dei suoi modi affàbili e gentili.
Dopo neanche ventiquattr'ore che si conoscevano, costei non aveva infatti niente a che ridire sul fatto che lui l'abbracciasse o che le tenesse la mano; tutto secondo i piani, sinora Fùlger non stava facendo altro che rimescolare nella propria mano i quattro assi vincenti, prima di sbatterli sul tavolo della vittoria.
Makoto si stava "innamorando", senza neppure vedere aldilà del proprio naso, e già il demone pregustava il momento in cui l'avrebbe fatta sua per poi sacrificarla alla Suprema Kasùyress.
Una volta giunti alla soglia di casa, Makoto non sapeva neppure come ringraziare il giovane premuroso.

- Che dire - mormorò lei. - Sei gentilissimo, non ho parole...
- In questo caso, mi accontento di un bacio!
- Eh ?!?

Prima che Makoto potesse fare o dire qualcosa, l'altro le aveva già sfiorato la guancia con le labbra.

- Buonanotte Makoto - sussurrò. - E' stata una serata magnifica!
- William, io...
- Mhm?

Stavolta invece fu il demone ad essere colto alla sprovvista.
Si era guardato dal prenderle le labbra, immaginando altresì di ricevere da lei un sonoro schiaffone, eppure Makoto si era gettata istintivamente in avanti per baciarlo a sua volta senza riflettere. Fùlger esitò un attimo, prima di riprendere tranquillamente il controllo della situazione, e si limitò ad assaporare il tenue candòre di quelle soffici labbra sulle proprie.

- Il momento è vicino - pensò crudelmente.

Presto, molto presto, sarebbe stata Makoto a gettarglisi spontaneamente tra le braccia.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 3
*** Terza Parte ***


Proprio come tutte le altre volte, Fùlger era riuscito a raggiungere il suo obiettivo senza nessuno sforzo.
Makoto poteva anche essere molto forte fisicamente ma, come la maggior parte delle ragazze terrestri, neppure lei era era insensibile alle attenzioni e al romanticismo del giovanotto. Giorno dopo giorno, infatti, la fanciulla era sempre più affascinata da lui.
William, con lei, era gentile.
Affàbile.
Premuroso.
Ogni momento che trascorrevano assieme, la sensazione che provava Makoto era un calore piacevole ed intenso.
Non era abituata a sentirsi attraente, amata, desiderata... tanto da sentirsi addirittura brutta e scialba, dandosi mentalmente la colpa della propria solitudine e trascurando rassegnata la cura del proprio aspetto fisico.
Con William però, nel giro di appena due settimane, molte cose erano cambiate.
Sentendosi ripetere tanto spesso parole come: "sei bellissima" oppure "sei meravigliosa", e convincendosi di esserlo davvero, Makoto cominciava infatti a dedicare molto più tempo ed accuratezza, nel modo di pettinarsi, di truccarsi, e ovviamente anche maggiore attenzione e gusto nel modo di vestire.
Premesso che era sempre piuttosto carina, per quanto spesso non avesse molte occasioni di rendersene conto, con qualche piccolo accorgimento il suo fascino si era fatto molto più adulto e maturo del solito.

- Ciao - esclamò lei raggiante, salutando William con ampi cenni della mano.

Il demone sorrise, nel constatare il forte cambiamento della ragazza, ricambiando a sua volta il saluto.
Non si fosse trattato della vittima prescelta per il rito, e considerata la bellezza della sua espressione, nonché delle forme delicatamente disegnate dal soffice maglioncino di lana e le lunghe gambe affusolate che trasparivano da sotto la gonna color verde/acqua, Fùlger rimpianse quasi di non poterle sfilare subito i vestiti di dosso.
Non ancora, almeno.
Presto avrebbe raggiunto il suo scopo, sacrificando l'ignara Makoto alla volontà della Signora dei Demoni, e allora Fùlger avrebbe anche potuto togliersi lo sfìzio di soddisfare il proprio piacere personale su quella carne giovane ed innocente.
Aveva già avuto innumerevoli rapporti con moltissime donne umane, forte dei suoi poteri di demone della lussùria, e ciò gli permetteva di dominare i propri istinti con la pazienza tipica di un cacciatore dinanzi alla preda.
Makoto si strinse piano al braccio di William, lasciandosi teneramente guidare da quest'ultimo, e già sorrideva felice al pensiero di avere tutto il pomeriggio a disposizione per stargli accanto.
Il "dove" non aveva molta importanza.
Cinema, teatro, ristorante, chioschetto, giardini pubblici...
Qualunque posto le sarebbe apparso comunque meraviglioso, se a fianco della persona amata, e William era come il fidanzato che tanto aveva atteso di incontrare da anni.
Desiderava che fosse lui, perciò era felice.

- William - mormorò. - Ti... Ti dà molto fastidio, se mi stringo a te in questo modo?
- Al contrario - rispose l'altro prontamente. - Sei molto bella, Makoto, e mi lusinga poter stare così vicino a te... ma non vorrei sembrarti sfacciato!

Makoto arrossì.
Mai nessuno le aveva detto una cosa tanto dolce, neppure il suo ex-fidanzato, e William sembrava così sincero nelle sue parole...

- E' fatta - pensò Fùlger, sollevandole piano il mento per baciarla.

Rapita dai modi seducenti dell'altro, dimenticandosi della strada e dei passanti attorno a loro, Makoto stava quasi per baciare il giovane davanti a tutti. Tutto lasciava intendere che lei fosse completamente nelle sue mani, povera e ingenua ragazza innamorata, senonché un suono terrificante di clacson ed un grido acutissimo spezzarono ad un tratto l'incanto del sogno con una realtà assai grave.
Rincorrendo il pallone in strada, un marmocchio di sei o sette anni stava ora per essere investito da un furgone lanciato in quarta. Pur avendolo visto, il conducente non era in grado né di frenare né di sterzare. Il bambino era paralizzato dalla paura, gli occhi sgranati e la bocca spalancata, urlando come se quelli fossero i suoi ultimi istanti di vita.
Senza pensarci due volte, Makoto spinse da parte William e si tuffò in strada con un balzo, cercando di sottrarre il bambino da una morte sicura.

- Che fai ?!?

Fùlger non riusciva a credere a ciò che stava vedendo.
Perché mai una sciocca ragazzina romantica doveva dare tanto peso alla vita di qualcuno?
Eppure Makoto non aveva esitato un istante: l'impulso di agire, ancora più rapido della razionalità o della velocità dell'azione stessa, sembrava aver moltiplicato di scatto i suoi sensi e la sua capacità di reazione; il tempo di afferrare il piccolo al volo con entrambe le braccia, Makoto riuscì a sottrarsi con lui giusto un attimo prima che il furgone li travolgesse entrambi.
Purtroppo il paraurti era riuscito a toccarle la caviglia, portandole via la scarpa e rischiando quasi di tranciarle di netto il piede, ma per fortuna lei riuscì ugualmente a raggomitolarsi su sé stessa e ad atterrare sulla corsìa adiacente col bambino sano e salvo.
Non era ancora fuori pericolo, però!
Nel deragliare dalla propria corsìa, prima di arrestarsi di traverso alla strada, il furgone fece sbandare un'altra vettura che proveniva dalla direzione opposta. Questa stava proprio inchiodando addosso a Makoto ancora stesa a terra e, poiché era ferita al piede, la ragazza non aveva né la forza né la possibilità di muoversi.
Fu allora che Fùlger decise di intervenire.
Concentrando i suoi poteri sull'automobile in corsa, il demone mandò in corto circuito la batterìa e creò allo stesso tempo un invisibile campo elettrostàtico attorno al veicolo, in modo da controbilanciare l'energia cinetica della frenata e farla capottàre di lato così che Makoto e il bambino restassero incòlumi.
Le persone che avevano assistito alla scena, malgrado il fumo e la polvere sollevatasi al momento dell'incidente, avevano gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore.
La madre del bambino si precipitò in lacrime verso il figlio, ringraziando Makoto per il suo coraggio, e subito qualcuno si prese la briga di chiamare l'ambulanza e il soccorso stradale. 
Makoto respirava a fatica, quasi stentando a credere di essere ancora viva, e solo la voce di William ruscì a scuoterla. Il giovane si chinò al suo fianco, avvolgendole la propria giacca a vento sulle spalle, rimproverandole la sventatezza di quel gesto a detta sua insensato.

- Potevi morire, te ne rendi conto - esclamò il giovane severo. - Si può sapere perché l'hai fatto?
- Come sarebbe "perché" - osservò dunque Makoto. - Quel bambino stava per essere travolto!

Evidentemente Fùlger non capiva.
A detta sua, era un concetto semplicemente assurdo: mettere a repentaglio la propria vita, nel tentativo di salvarne un'altra...
Uno dei tipici comportamenti "umani" che semplicemente sfuggiva alla logica di qualsivoglia demone.
Sua madre era morta prima di avere il tempo di spiegargli, cosicché Fùlger ignorava la grande importanza dietro un simile gesto. 
Da un atto d'amore istintivo, il sacrificio estremo, era un fatto che certi umani attribuivano più valore alla vita degli altri piuttosto che alla propria.
Improvvisamente il demone si rammentò di non essere solo: la strada andava riempiendosi sempre più di curiosi e, non volendo dare nell'occhio, era saggio allontanarsi prima possibile.

- Vieni - sussurrò, aiutando Makoto ad alzarsi. - Ti accompagno subito in ospedale!
- Non preoccuparti, sto bene - rispose l'altra, seppur zoppicando vistosamente.

Fùlger l'afferrò, prima che cadesse, e la sollevò nelle sue braccia forti e sicure. Prima che si radunassero troppi curiosi là intorno, il demone pensò bene di dileguarsi assieme con la fanciulla. Makoto era ancora stravolta per l'accaduto e, troppo debole per protestare, si lasciò portare in braccio con riconoscenza.

- Hai corso un pericolo tremendo - disse ancora William. - Mi avresti spezzato il cuore, se ti fosse successo qualcosa!
- Andiamo, vorresti farmi credere che tu non avresti fatto lo stesso?

Silenzio.
La domanda colse Fùlger alla sprovvista.
In tanti anni, non aveva mai conosciuto qualcuno che si preoccupasse così tanto per gli altri. Non aveva mai neppure considerato che, specie in una persona tanto giovane, l'istinto e l'amore per la vita altrui fosse tanto elevato.
Makoto non sapeva come interpretare il suo silenzio e, malgrado l'aspetto immutato ed affascinante del giovane, l'ombra che percepiva ora in lui la mise di colpo a disagio.

- William - esclamò. - Tu... Tu non avresti salvato quel bambino...
- Come ?!? Ma sì, certo, che discorsi... E' che ho avuto una gran paura di perderti, cerca di capire!

Makoto annuì debolmente, abbracciandolo con affetto, e tuttavìa quella strana sensazione così spiacevole non era ancora scomparsa del tutto.
Chi era realmente William?
Che vita faceva? Che famiglia aveva? Da dove veniva?
Non sapeva quasi nulla di lui, e fino a quel momento neppure le importava saperlo, ma lo strano tono delle sue parole le fece sorgere quasi il dubbio che non le stesse dicendo proprio la verità. 

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 4
*** Quarta Parte ***


- Che stai combinando, Fùlger?

Kasùyress non era affatto entusiasta.
Il demone ci stava mettendo troppo tempo, per sedurre la vittima designata, e dopo vari secoli di attesa non era poi così strano che la Suprema Signora dell'Oscurità fosse un tantino stufa di aspettare.

- Quando hai intenzione di prenderla? - domandò lei spazientita. - Ti avevo concesso carta bianca, perché confidavo nelle tue abilità di seduttore, ma finora mi hai molto delusa!
- Vi chiedo scusa, mia signora - mormorò l'altro. - E' colpa mia: non avevo calcolato quanto potesse essere forte il carattere di quella ragazza, ho commesso una imperdonabile leggerezza...

Kasùyress aggrottò le sopracciglia.

- Spiegati meglio!
- Abbiamo giudicato la nostra vittima con superficialità - spiegò Fùlger. - Makoto dà molto peso alla vita dei suoi simili, è una persona generosa ed altruista, non immaginavo che fosse... così...
- E con questo? - ribatté Kasùyress stizzìta. - E' pur sempre un'umana, con tutta la debolezza tipica e ripugnante della sua specie, non voglio sentire altre sciocchezze!
- Intendevo dire che... Beh, è diversa da come mi aspettavo, perciò ho dovuto cambiare tattica e...
- Basta così !!!

Ora Kasùyress era veramente furiosa.

- Fùlger, ti avverto, hai tempo fino a stanotte, per celebrare il rito: quando la luna si affaccerà nel cielo, e la ragazza implorerà di essere tua, dovrai colpirla affinché io possa impadronirmi del suo corpo!
- Ma...
- E' un ordine!
- Va bene, ho capito - concluse il demone rassegnato. - Se è questo che desideri, porterò a termine il rito stanotte!
- Molto bene - tagliò corto lei, sorridendo malvagiamente. - Sei un elemento prezioso, come lo era tua madre, e mi spiacerebbe molto perderti allo stesso modo!

Fùlger colse evidente il tono della minaccia, guardandosi bene dal replicare, ma si capiva dalla sua epressione che non gradiva affatto che Kasùyress menzionasse sua madre per riportarlo all'ordine. La morte di Sàgeata, per quanto lui non la ricordasse chiaramente, era l'unica cosa in grado di toccarlo.
Ogni demone ignorava qualsiasi forma di coinvolgimento emotivo, specie i legami familiari o anche solo la capacità di provare affetto per qualcuno, ma il sangue e l'istinto di Fùlger erano in parte quelli di un essere umano...
E questo Kasùyress lo sapeva!
Sapeva come ridurre il potente demone elettrico a una sorta di cagnolino obbediente, facendo leva sull'unico motivo di dolore per lui, e rammentandogli ogni volta quella insolita sensazione di sofferenza che lo rendeva più simile ad un uomo che ad uno spietato demone.
Probabilmente Kasùyress era convinta che quella sua "debolezza" fosse un modo sicuro per averlo sotto controllo. In fin dei conti, lei non aveva un cuore. Sapeva che Fùlger era troppo leale e devoto, per poter disobbedire ai suoi ordini, ma non immaginava neanche quanto imprevedibile e rischioso fosse rammentargli quella piccola traccia di umanità.

***

Makoto sospirò profondamente.
Dal giorno dell'incidente, la sua dolce storia d'amore con William era offuscata da un mucchio di domande e interrogativi.
Non sapendo come consigliarla, data la loro scarsa esperienza in faccende sentimentali, le amiche preferivano di gran lunga evitare di darle consigli e suggerimenti perlopiù sciocchi e inutili.
Tuttavia Ami, preoccupata nel vedere Makoto così triste e abbattuta, provò a dirle che forse le avrebbe fatto bene sfogarsi.

- Non lo so, Ami - mormorò Makoto. - Non lo capisco bene nemmeno io: William è entrato a far parte della mia vita così, dal nulla, e mi sembrava tutto troppo bello per essere vero... Ora, invece...
- Si è comportato male con te?
- No, affatto - sottolineò subito Makoto. - E' un ragazzo dolcissimo, almeno con me, ma è strano: te l'ho detto, non so proprio come spiegarmelo, è come se... come se mi nascondesse qualcosa, ecco!

Ami si sfregò il mento pensierosa.

- Non vorrei dire malignità, anche perché non lo conosco e non posso certo giudicarlo, ma hai pensato che potrebbe anche trattarsi di un nostro nemico?

Subito Makoto drizzò le orecchie.
William, un mostro?
No, impossibile, eppure...
Beh, certo, non se la sentiva di scartare quell'ipotesi a prescindere.
Fosse stato vero, ciò avrebbe spiegato molte cose: la strana reazione che aveva avuto, quel suo senso di freddezza ed indifferenza nei confronti delle altre persone, per non parlare poi della spiacevole ombra di disagio che si accostava al suo indiscutibile fascino...
Già altre volte, lei e le sue compagne erano state ingannate dalle cosiddette "caramelle degli sconosciuti", trovandosi spesso coinvolte in un mare di guai.

- Ami, dimmi la verità - fece Makoto sottovoce. - Pensi che io sia ingenua?
- Come ?!?
- Sai, non ho mai avuto molta fortuna con i ragazzi: in genere mi evitano o mi tengono a distanza, e forse sbaglio ad illudermi di poter piacere a qualcuno...

Subito Ami si morse la lingua, rimproverandosi mentalmente della propria mancanza di tatto.

- No, Makoto, mi hai fraintesa - esclamò. - Ho solo detto che "potrebbe", non che lo sia davvero... E' più facile, anzi, che sia solo un ragazzo molto timido ma comunque sincero ed appassionato!
- Ne sei sicura?

Ami annuì.

- Non dovresti buttarti giù a questo modo: sei molto bella fisicamente e non ci sarebbe poi nulla di così strano, se William o un altro si innamorasse di te; la mia era un'ipotesi, solo una semplice ipotesi, niente di più...
- Grazie - sorrise Makoto con una lieve smorfia riconoscente. - Comunque non so se posso escludere questa ipotesi, dopotutto, non so praticamente nulla di William!
- Penso che dovresti parlarne con lui, comunque - osservò Ami. - Quando si vuol bene a qualcuno, è facile che nascano delle incomprensioni; tuttavìa le spiegazioni possono essere più semplici di quanto crediamo, senza necessariamente bisogno di tirare in ballo creature malvagie e simili... se capisci cosa intendo?

Makoto si disse d'accordo.

- Sei una vera amica, Ami - disse.
- Ma figurati, per così poco!
- William mi ha chiesto se potevamo vederci, stasera - spiegò. - Ero indecisa, se dirgli di sì o meno, ma penso che ne approfitterò per chiarire tutto e subito!
- Sì, penso sia la cosa migliore da fare - concluse Ami fiduciosa. - In bocca al lupo!
- Crepi il lupo!

Ciò detto, Makoto ringraziò ancora l'amica e corse via, salutandola allegramente.
Malgrado in cuor suo si augurasse di avere torto, Ami non poté fare a meno di rabbuiarsi in volto. Non appena Makoto si fu allontanata, infatti, il sorriso della giovane intellettuale era sparito quasi del tutto.

- Sii prudente, amica mia - pensò.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 5
*** Quinta Parte ***


La luna era quasi completamente piena quella notte.
Fino allora Fùlger non aveva mai fatto alcuna distinzione, nel suscitare pensieri impuri e indecenti nelle femmine umane, e tuttavia non se la sentiva di plagiare la mente Makoto con l'ossessione demonìaca del piacere carnale. Per quanto assurdo potesse sembrare, considerato che il suo scopo era ingannarla fin dall'inizio, qualcosa dentro di lui gli impediva di ricorrere ai suoi soliti sistemi di seduzione.
Ora, però, non poteva più permettersi il lusso di agire diversamente.
Kasùyress voleva incarnarsi nel corpo di Makoto Kino, rompendo così il sigillo che la teneva prigioniera nella Dimensione Oscura, e trasformando così il mondo degli uomini in un inferno. A lui era stato affidato il compito di eseguire il rituale, uccidendo Makoto nell'atto di piacere estremo, e non gli era concesso sottrarsi all'ordine perentorio della sua padrona.
Mentre ripensava a questo, improvvisamente sentì suonare il campanello.
Makoto era in piedi sulla soglia ma, quando lui si fece avanti per abbracciarla, lei sollevò la mano con un'espressione serissima in volto.

- Io e te dobbiamo parlare, William!

Scegliendo attentamente le parole da usare, sottolineando l'importanza della sincerità in qualsivoglia rapporto, Makoto spiegò che non poteva continuare a fingere che tutto andasse bene tra loro. Anche se sentiva di provare un sentimento molto forte per lui, non era certa di potersi innamorare di qualcuno senza sapere chi fosse in realtà.
Fùlger l'ascoltò attentamente, senza battere ciglio.
Aveva sottovalutato fin troppo quella ragazza: Makoto non era affatto una "sciocca" ragazzina romantica, men che meno disposta a concedersi senza conoscere nulla dell'altro, e infatti stava mettendo il suo misterioso seduttore con le spalle al muro.
Ormai Fùlger non poteva pararsi dietro altre scuse, né tantomeno sperare di ingannarla ulteriormente con quella patetica farsa dello studente europeo in viaggio di studio. Lo sguardo di Makoto era limpido e deciso come non mai, segno che non si sarebbe lasciata incantare da altre bugie, e il demone si vide praticamente costretto a ricorrere alla sua ultima carta per indurle un irrefrenàbile desiderio erotico artificiale.
Ma proprio mentre stava per ricorrere a quel vile stratagemma, ciò che disse Makoto lo fermò di colpo.

- Io non so con che genere di ragazze sei abituato, né se hai avuto altre storie, e non voglio neanche saperlo - mormorò lei, con voce rotta dalla forte emozione che stava provando in quel momento. - In questi giorni che abbiamo trascorso assieme, mi hai fatto capire che sono importante per te; forse è così, forse mi sto solo facendo delle illusioni, ma io desidero davvero potermi fidare di te, William... Ed è perché ti amo!

Fùlger sbarrò gli occhi perplesso.
Makoto non era capace di mentire, al contrario di lui, e gli stava dicendo di essersi innamorata spontaneamente. In condizioni normali, sarebbe stato facilissimo accrescere oltremodo il suo desiderio e spostare la conversazione in camera da letto. Ma per qualche inspiegabile ragione, il demone provava quasi del rimorso per ciò che stava facendo.
Perché?
Da dove nasceva quella sgradevole sensazione?
Non si era mai posto alcuno scrupolo, nel trascinare le donne verso le più alte vette del piacere e della lussùria, e ora invece sembrava avere dei riguardi proprio verso colei che "credeva" di essere innamorata di ciò che lui semplicemente non era...
William non esisteva!
Non era mai esistito, era solo un modo per avvicinarla e farle credere qualsiasi cosa, eppure il cuore di Makoto lo percepiva come qualcosa di autentico e reale.
Lei era innamorata.
E lui, invece, aveva organizzato tutto solo per ucciderla.

- Perché? - si domandò Fùlger mentalmente.
- Ti amo, William - disse Makoto in un sussurro. - Ti amo e voglio solo sapere se anche tu provi lo stesso o no! Capisci, io...Mmmphhh!

Dimenticando "chi" o "cosa" era realmente, Fùlger prese a baciarla guidato solo dall'istinto.
In genere non provava nulla, sia nel baciare che nel possedere qualcuno, ma le parole di Makoto lo avevano gettato in confusione al punto da fargli desiderare la sua bocca più ardentemente di qualsiasi altra cosa.
Ma cosa la rendeva tanto diversa da tutte le altre femmine umane che aveva avuto?
Il suo volto?
Le sue labbra?
Il suo corpo?
Il suo seno?
Non poteva trattarsi di qualcosa di fisico ( Fùlger era pur sempre un demone! ), ma era senza
 dubbio "qualcosa" che soltanto Makoto possedeva. Nel mentre che la baciava, allentandole i lacci che le chiudevano la blusa dell'uniforme sul davanti, il demone la trattenne contro la parete per impedirle di allontanarsi.
Makoto ansimò.
Era la prima volta che riceveva un bacio così intenso da toglierle completamente il fiato.
Le intenzioni di William erano evidenti, considerato che la stava praticamente spogliando lì dove si trovavano, e di fatto ciò le mise addosso anche una certa paura.

- Wi... William, ti... ti prego, no...

Nel momento in cui le mani esperte dell'altro le sganciarono il reggiseno, lasciandola nuda sotto il suo sguardo, Makoto si vergognò da morire.
Non aveva mai fatto niente del genere.
Mai.
Fùlger prese a baciarle il collo, scendendo lentamente l'incavo lungo la spalla, facendola rabbrividire di piacere.

- Rilassati, Makoto - mormorò. - Vuoi sapere se ti amo, no?
- S... Sì, però... Così, in questo modo...
- Posso fermarmi, se vuoi - mentì il demone. - Ma è quello che vuoi davvero?

Makoto strinse le labbra.
William stava per prenderle la verginità in modo molto audace ma, al punto in cui erano, un suo rifiuto poteva anche significare
perderlo per sempre.
Era sesso che lui voleva, oppure anche qualcos'altro?
Makoto non percepiva alcuna violenza in lui e, mentre quelle mani calde e robuste carezzavano ogni centimetro della sua pelle, sentiva di non avere né la forza né la volontà per respingerlo. Solo il pudore, misto all'ansia della sua prima esperienza, le impediva di lasciarsi andare completamente.

- Ti prego, non guardarmi così - gemette. - Tu... Tu sei importante per me, William, dico davvero... Ma io non sono "quel" tipo di ragazza!
- Lo so - fece l'altro rassicurante, guardandola dritto negli occhi. - Tu sei speciale, per questo mi piaci: mi piace tutto di te, io... Dimmi solo che lo vuoi anche tu, dillo!
- I... io non... mmm!

Ancora un bacio.
E frattanto le mani di William si spingevano sempre più oltre.
Dopo averle sfilato la blusa di dosso, stringendosi a lei per sentire la pienezza morbida e rotonda dei suoi seni contro il petto, questi prese ad armeggiare col resto dei suoi indumenti. Makoto sentì la gonna scivolarle lungo le gambe, lasciandola con solo gli slip addosso, e già le mani dell'altro la stavano accarezzando lungo i fianchi indugiando sulla sua vita snella e sulle cosce toniche e vellutate.
Prima ancora che le dita di lui giungessero alle mutandine, rivelandone l'intimità, Makoto capì di desiderarlo come e quanto lui la desiderava.
Fùlger non stava operando alcun artificio diabolico, lui stesso se ne stupiva in effetti, e anche la sua eccitazione di demone era diversa dal solito. Non stava prendendo solo il corpo di Makoto, in quel momento, e poteva anzi percepire una sensazione molto simile a quello che la ragazza stava provando per lui.
Passione, estasi, desiderio: la passione attraverso un bacio, l'estasi di qualcosa di unico ed irripetibile, il desiderio di viverlo solo e soltanto con "quella" persona e con nessun altro...
Che fosse quello l'amore?
Possibile che Fùlger potesse ora comprendere il fascino e la tenerezza propri di quel magnifico sentimento?
Assurdo!
Un demone conosceva solo la perversione e la depravazione, incapace di intendere altrimenti il piacere carnale, e allora cosa mai poteva essere quell'insolito calore che gli bruciava dentro?
Come poteva Makoto avere questo strano effetto su di lui, non avendo altro che un semplice corpo umano?
Ma quella sensazione non veniva dal corpo di lei, non solo almeno, bensì da tutto ciò che lei era...

***

- Da... Davvero? Non... Non lo dici solo per farmi piacere ?!?

Gli occhi grandi, pieni di stelline luccicanti.
L'espressione dolce e infantile del suo volto.
Il lieve rossore delle guance, ancora più visibile, sulla sua pelle candida e delicata.
Makoto era così: semplice e genuina, nel manifestare le proprie emozioni, oltremodo sensibile a qualunque parola gentile le fosse rivolta...
E dire che, opportunamente arrabbiata, era addirittura capace di sfondare i muri a mani nude.
Una vera e propria Ragazza-Bulldozer, così erano soliti dire di lei in giro, ma la "vera" Makoto era dietro quello sguardo tenero e luminoso.
In quello sguardo, Fùlger aveva potuto leggervi tutta la sua grande fragilità.
Non si trattava di debolezza, tuttaltro, ma era ciò che la faceva risplendere nel carattere e nel modo spontaneo di essere e di apparire. Makoto sapeva essere dura e decisa, di fronte alle avversità, ma anche romantica e delicata come i suoi due piccoli orecchini a forma di rosa.
Vista sotto quella luce, persino un demone come Fùlger non poteva che esserne piacevolmente colpito...

***

La passione si era impadronita di entrambi.
Fùlger cinse Makoto con le braccia, sollevandola come se non avesse peso, e sussurrandole parole senza neppure riflettervi sopra. In genere doveva pensare a cosa dire, almeno fino a che la mente della sua vittima non era ancora ebbra dal piacere, eppure ciò che le stava dicendo ora non erano affatto bugie.
Gli piaceva.
Makoto gli piaceva davvero, anche se non sapeva spiegarsi perché.
Nei suoi baci, nel profumo della sua pelle, Fùlger non percepiva il solito sapore anonimo di femmina umana in calore.
Ciò che gli trasmetteva ora Makoto andava oltre la sua capacità di comprendere.
Era come se, da cacciatore, si fosse trasformato lui stesso in preda senza neppure accorgersene.
E il punto era che stava perdendo sempre più di vista il suo vero obiettivo...

***

- Eddài, sbrigati, lumacone!

Da un semplice gesto.
Da una parola.
Da uno sguardo.
Qualunque cosa pensasse o dicesse, nella vita di tutti i giorni, Makoto affrontava sempre le sue giornate con il sorriso. Sia che fosse triste, imbronciata e a volte anche malinconica, sembrava non esserci nulla in grado di abbattere mai del tutto il suo caratteristico buonumore.
Fùlger faceva fatica a comprendere questo lato così sereno e gioioso nel suo carattere, pure comune a quello di molti umani, e gli riusciva difficile credere che fosse solo un modo ingenuo per sfuggire alla realtà spesso squallida della vita.
Com'era possibile "fingere" un sorriso tanto bello?
C'erano umani che, pur avendo tutto e più di quanto gli servisse realmente, sembravano non apprezzare mai nulla: alcuni piangevano e si disperavano, spesso per le motivazioni più idiote, altri desideravano solo e semplicemente farla finita al più presto...
Makoto, invece, sembrava non conoscere la disperazione!
O se la conosceva, di certo, non permetteva che questa la dominasse.
Il fatto di essere orfana di entrambi i genitori, anziché precipitarla nell'incertezza e nella paura del futuro, le aveva insegnato a non portare il proprio dolore come un'ostacolo... bensì come un modo per guardarsi attorno e, anzi, per apprezzare maggiormente anche il momento di gioia più piccolo ed insignificante.
In questo modo riusciva ad essere in pace con il mondo.
Makoto non ricordava quasi nulla della sua famiglia, era troppo piccola allora, così come Fùlger non aveva praticamente memoria di sua madre Sàgeata.
Certo, per lui era diverso.
Difficile che un demone potesse provare qualcosa come "dolore" o "rimpianto", sinonimo di debolezza nel suo mondo, e tuttavia lui non ignorava affatto il significato di tali parole...

***

Il momento era vicino!
Makoto stava praticamente gridando il nome di William, tanto la sua mente e il suo cuore non desideravano altro, e Fùlger non poteva cogliere momento migliore di quello per portare a compimento il rituale.
Mentre lei non guardava, persa nel piacere dolcissimo che stava provando, Fùlger rivelò parte della sua natura demonìaca nel braccio e nella sua mano destra. Le dita si fecero lunghi artigli affilati, pronti a sventrarla al minimo contatto, e gli occhi del demone si strinsero fissi sul forte battito che le muoveva il petto sù e giù.
Quello era il momento cruciale.
Strappandole il cuore, Makoto avrebbe cessato di esistere. E finalmente Kasùyress avrebbe preso possesso del suo corpo, come un parassìta in un invòlucro di carne e ossa.

- Avanti, uccidila - sembrava ripetergli mentalmente la perfida voce sinistra di Kasùyress. - Il suo corpo, dammi il suo corpo!
- Wi... William - fece Makoto a occhi chiusi.

Sentendosi chiamare così, pure con un nome falso ma con quella indescrivibile dolcezza nella voce, Fùlger si bloccò di colpo...

***

- Lo sai, ti conosco da un giorno e già mi sei simpatico!

Così aveva detto.
Povera dolce Makoto, incapace di distinguere la verità dall'inganno.
Se solo avesse potuto vederlo per ciò che era realmente, e non per ciò che credeva di vedere, mai le sarebbe saltato di dire una cosa simile.
Makoto credeva ciecamente in William.
Anche senza conoscerlo, senza sapere nulla delle sue origini e da dove egli venisse, lei credeva che un giovane studente europeo con quel nome esistesse davvero.
Credeva in ciò che poteva vedere, toccare, ascoltare...
Credeva in una menzogna!
William era solo una maschera e, dietro a quel volto da ragazzo perbene, vi era solo una belva pronta a strapparle la vita dal petto.
La cosa incredibile, in tutta quella storia, era che la falsità veniva tutta da un nome e da un volto.
Fùlger non aveva usato alcun potere demonìaco, per conquistare l'amore di Makoto, e la ragazza aveva finito per sviluppare un sentimento autentico nei suoi confronti.
O meglio, nei confronti del misterioso ed affascinante William Fòlger.
E cosa ancora più incredibile, per la prima volta in secoli di bugie ed inganni, Fùlger stava "rimpiangendo" di non poter trasformare quella perfida menzogna in una piacevole realtà per l'unica fanciulla che si era innamorata di lui spontaneamente...

***

- Non posso - pensò Fùlger, ritraendo gli artigli. - Makoto è... non posso farle del male!
- Che cosa aspetti ?!? - ruggì ancora la voce di Kasùyress nella sua mente. - Uccidila... UCCIDILA !!!
- Non lo farò - rispose il demone a denti stretti.
- Fùlger!

Malgrado il tono e la minaccia delle conseguenze, Fùlger sentiva chiaramente di non poter uccidere una creatura come Makoto. Non poteva accettare che lei smettesse di esistere, solo per consentire alla sua signora di vendicarsi del mondo degli uomini.
La scelta era fatta, ormai.
Mancando il compimento del sacrificio, nell'unica condizione possibile, il rito non poteva più essere eseguito. Anche inviando un altro demone della lussùria sotto mentite spoglie, ora che Makoto non era più vergine, Kasùyress non aveva più modo di incarnarsi nel suo corpo.

- Non temere, Makoto - mormorò piano Fùlger, per non farsi sentire dalla fanciulla ora addormentata. - Nessuno ti farà mai del male, te lo prometto... A costo di lottare contro l'inferno intero, veglierò su di te, questa è la mia promessa!

 
( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 6
*** Sesta Parte ***


Il mattino dopo, mentre Makoto dormiva ancora profondamente, la mente di Fùlger era piena di confusione.
Perché non poteva ucciderla?
Aveva disobbedito agli ordini di Kasùyress, rifiutandosi di compiere il rituale all'ultimo momento, e questo atto di ribellione sapeva che gli sarebbe costato assai caro. L'unica consolazione era che, essendo ormai impossibile ripetere il rito sul suo corpo, Makoto non correva più alcun rischio...
Ma perché Fùlger si era scoperto provare così tanto interesse per la sua vita?
Makoto era un'umana, solo una semplice umana.
Eppure il pensiero di averla lì accanto, dolce nel sonno e piena di amore per lui, gli trasmetteva addosso una piacevole sensazione di calore e di pace.

- Ehi, dormigliona - sussurrò, picchiettandole dolcemente un dito sulla guancia.

Makoto aprì gli occhi, pure rammentando di essere nuda sotto alle lenzuola, ma per sentirsi ancora più felice e serena accanto a colui che la faceva stare bene.
Accanto a colui che amava.

- William...
- Mhm?
- Posso... Posso chiederti una cosa?
- Tutto quello che vuoi, Makoto!

Makoto sorrise.
Fùlger sentì ancora una volta il brivido caldo e avvolgente del contatto fisico, nel mentre che lei gli si stringeva addosso come in cerca di protezione, e di nuovo le sue braccia si fecero nido per il bene più prezioso che avesse mai avuto.

- Se questo è un sogno, non svegliarmi mai - disse Makoto, quasi in tono di supplica. - E se invece è vero, ti prego, non farmi riaddormentare!
- Anche volendo, non credo sia una buona idea lasciarti dormire ancora - sottolineò l'altro con una smorfia. - Sono già le sette passate, rischi di fare tardi a scuola!
- COOOSAAA ?!?

Neanche il pensiero di mettersi qualcosa addosso per coprirsi, Makoto schizzò fuori dal letto con gli occhi fuori dalle orbite. Fùlger rimase immobile come uno stoccafisso, con una goccia vistosa lungo la fronte, vedendola rivestirsi in fretta e furia ed imprecare a gran voce che non poteva neanche fare colazione.

- Accidenti, perché non mettono la scuola di pomeriggio - brontolò la ragazza tra sé, rischiando quasi di rompere i laccetti della casacca. - Povera me, già le sette e un quarto, mi toccherà correre come una matta...
- Po... Posso accompagnarti con l'auto, se...
- Non è troppo sgualcìta l'uniforme, vero?
- N... No, stai benissimo, ma non hai motivo di correre perché...
- Grazie, sei un tesoro, ci vediamo dopo allora... Ciaooo!

Come ebbe afferrato la propria cartella all'ingresso, quasi senza neppure ascoltarlo, Makoto uscì fuori vestita di tutto punto e sbattendo la porta dietro di sé. Fùlger non ebbe neanche il tempo di sbattere le palpebre che, riaprendo la porta di scatto, Makoto rifece capolino con la testa.

- Dimenticavo la cosa più importante - esclamò, portandosi le dita alle labbra e strizzando l'occhio. - Smuack!
- Cia... Ciao... Makoto - balbettò l'altro, sventolando debolmente la mano, non appena lei ebbe richiuso nuovamente l'uscio con uno schianto.

Non c'era niente da fare.
Anche dopo quella notte indimenticabile, sembrava non essere successo assolutamente nulla: Makoto era la stessa adorabile distratta, tutta sorrisi ed entusiasmo, sempre con quella grande energia e vitalità elettrizzante che la contraddistinguevano...
Il demone sospirò.

- Se è capace di questi scatti, non dovrebbe capitarle nulla, credo...

Non aveva ancora finito la frase che, da fuori, si sentì improvvisamente il frastuono dei clacson e il coro di voci infuriate degli automobilisti fermi al vicino incrocio.

- Accidenti a te, ragazzaccia!
- Cretina, non lo vedi che è rosso ?!?
- Se ti prendo...
- SCUSATEEE, SONO IN RITARDOOO !!!

Fùlger si passò mentalmente una mano sul volto.

- Ritiro quello che ho detto - mormorò. - Decisamente, corre pericoli dappertutto!

***

Poco dopo, mentre camminava un po' in giro nel tentativo di schiarirsi le idee, Fùlger cercò di fare il punto sulla sua attuale situazione.
Aveva disobbedito agli ordini della Suprema Kasùyress, diventando a tutti gli effetti un traditore, e certo costei non avrebbe atteso molto per vendicarsi. Poteva mandargli contro qualcuno con l'ordine di ucciderlo, questo era indubbio, ma chi mai poteva essere sufficientemente forte da sfidare un luogotenente demone del suo livello?
Anche quando Kasùyress era solita minacciarlo, più che altro per fargli sentire il peso della propria autorità, Fùlger non riteneva possibile che esistessero delle creature in tutto l'inferno in grado di opporglisi per forza e poteri.
Con la fine del medioevo e della Caccia alle Streghe, l'umanità non aveva quasi più il ricordo delle armi di santità in grado di ferire ed uccidere anche i demoni più potenti come Sàgeata. Sua madre infatti era una guerriera di classe guest, praticamente invincibile nel corpo a corpo, e ciononostante gli antichi inquisitori che detenevano il segreto della "Punta di Cristo" ( una specie di lancia benedetta, contro la quale persino i demoni più forti erano più che vulnerabili ) erano riusciti a sterminarla assieme ad altre centinaia di suoi compagni...
Ma nella Dimensione Oscura, in virtù della loro forza distruttiva in battaglia, esseri come Fùlger erano rispettati e temuti quanto Satana stesso.

- Non ho intenzione di strisciare di nuovo ai piedi di quella donna - pensò Fùlger convinto. - E anche se lo facessi, l'ordine di eliminarmi non cambierebbe di certo: la pena per i traditori è la morte, è sempre stato così, perciò tanto vale andare fino in fondo!

Mentre ancora rifletteva sul da farsi, girando l'angolo per tornare verso casa, Fùlger avvertì chiaramente una presenza minacciosa alle sue spalle. Dietro di lui non c'era nessuno ma, annusando l'aria col suo senso soprannaturale dell'olfatto, poteva sentire chiaramente un'odore a lui familiare: odore di sangue, di zolfo misto a cenere làvica, per non parlare del tanfo penetrante di carogna marcita e pelo animale...
Odore di casa, per Fùlger, e non solo!

- Non ha perso tempo, mi sguinzaglia già addosso il suo cagnolino da riporto - sibilò Fùlger, serrando i pugni nel suo aspetto umano e assicurandosi che la strada fosse deserta. 

Ormai era in grado di stabilire con chiarezza l'identità del suo inseguitore.
Era talmente ridicolo che Kasùyress avesse scelto proprio lui, tra tutti i demoni, tanto che un sorriso beffardo si disegnò sulle labbra sottili di William. Imboccando velocemente un vicolo adiacente immerso nell'ombra, Fùlger fermò i suoi passi e invitò l'altro ad uscire allo scoperto.

- Vieni fuori, Schelét - ordinò. - Fammi vedere quanto sei diventato brutto, dall'ultima volta!

Come in risposta alla provocazione, il suolo sotto i piedi di Fùlger fu attraversato da grosse crepe e spaccature. L'asfalto cedette in un punto preciso, circa ad un metro da lui, e Fùlger osservò impassibile un grosso arto dai lunghi artigli metallici sbucare fuori da sotto con un ruggito.
Una spaventosa creatura umanoide, col cranio deforme e munito di varie corna sia davanti che dietro, si parò dinanzi a William brandendo una pesante ascia arrugginita nella mano destra. Il corpo altro non era che la sua struttura ossea, orrendamente sviluppatasi sino a rivestire le membra e gli organi con una specie di corazza naturale, e la bocca spalancata era irta di zanne simili a quelle di una belva affamata.

- Hmpf - commentò Fùlger sprezzante. - Kasùyress deve sottovalutarmi parecchio, per avere inviato te come esecutore!
- Hai un bel coraggio a parlare così, traditore - fece il mostro con voce profonda e gutturàle. - Ringrazia solo che la nostra Suprema Signora, nella sua grande clemenza, ti concede un'ultima possibilità per riscattarti...
- Non mi dire - ribatté Fùlger. - Per questo ha mandato il suo cagnolino obbediente?
- Al tuo posto, non farei tanto lo spiritoso - ringhiò Schelét, facendo brillare i suoi freddi occhi sottili senza pupille con una luce giallastra ed inquietante. - Kasùyress è furiosa con te: le hai negato la possibilità di reincarnarsi, solo per risparmiare la vita di una sciocca e inutile umana... Non è un comitato di benvenuto, quello che troverai al tuo ritorno!
- Ma io non ho alcuna intenzione di ritornare - sottolineò Fùlger. - Anzi, diglielo a Kasùyress, così perlomeno mi risparmierai la fatica di un viaggio inutile!
- Pazzo - soffiò la creatura, sollevando l'ascia con rabbia. - Tu non ti rendi conto di quello che stai facendo, sei già praticamente con un piede nella fossa!
- Non dire eresìe - tagliò corto Fùlger, assumendo la sua vera forma. - Non ho sgominato i cento demoni della Casa di Baal, per soccombere dinanzi ad una nullità come te... Vattene, Schelét, e riferisci a Kasùyress che me ne frego della sua clemenza!
- UUUAAARRRGGGHHH !!!

Con uno strillo belluìno, Schelét spiccò un balzo a mezz'aria e subito cercò di calare la propria arma sulla testa dell'avversario. Tuttavia Fùlger non era tipo da impressionarsi per un così misero attacco. L'ascia di Schelét fendette l'aria un paio di volte, prima di affettare a metà alcuni bidoni della spazzatura, allorché Fùlger decise di passare al contrattacco.
Concentrando l'elettricità sulla punta delle sole dita, anticipando il terzo colpo di Schelét, Fùlger riversò una scarica micidiale lungo i suoi artigli metallici. 
Schelét urlò di dolore, cambiando impugnatura sull'ascia, cercando di indirizzare la lama dal mento di Fùlger con lo scopo di conficcargliela fin dentro al cervello. Sfortunatamente per lui, avendo lo scheletro quasi interamente di metallo, la scarica mortale di Fùlger gli penetrò gli organi con la stessa facilità di un coltello caldo attraverso il burro.
Un lampo accecante.
Uno scoppio violentissimo di elettricità e, come Fùlger abbassò il braccio, Schelét si accasciò miseramente al suolo emanando un disgustoso puzzo di carne bruciata.

- Ma... Male... det... to...
- Alla fine, la fossa te la sei scavata tu - osservò Fùlger tranquillo. - Che idiota, hai fatto praticamente tutto da solo!

Malgrado avesse solo il fiato per tirare le cuoia, Schelét scoppiò a ridere sommessamente.

- Stupido - esalò. - Pensi che sia finita? Il tuo nome è sulla bocca di tutti, all'inferno: Kasùyress vuole la tua testa e il cuore di quella puttanella umana per giocarci...
- Makoto non c'entra - ribatté Fùlger stizzìto. - Ormai il suo corpo non va bene, per il rito di reincarnazione!
- E pensi che questo cambi qualcosa? - fece notare Schelét, con le ultime forze rimastegli. - Quella ragazza era già condannata, fin dall'inizio, e tu non hai fatto altro che ritardarle la fine!
- Bastardo maledetto... CREPA !!!

Ciò detto, Fùlger calò il piede con violenza sul cranio del mostro, uccidendolo all'istante.
Ormai aveva sentito abbastanza.
Kasùyress intendeva dunque uccidere sia lui che Makoto, per vendicare l'affronto subìto, e non tutti i demoni erano delle patetiche nullità come Schelét.
Nuove e ben più impegnative battaglie attendevano Fùlger, ora che questi si era messo contro la sua stessa razza, ma se intendeva proteggere Makoto non poteva assolutamente permettersi di perdere!

- Makoto è troppo importante per me - esclamò. - La proteggerò, costi quel che costi... Mi senti, Kasùyress? Se è la mia testa che vuoi, vieni a prenderla; ma se solo provi a toccare Makoto, sarò io a staccare la tua di netto dal collo! 

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 7
*** Settima Parte ***


- Mah, sgnecondo me, gnon avrescti dovuto - commentò Rei, senza smettere di mangiare, una volta che Makoto ebbe messo a parte lei e le altre della sua notte con William. - Gli avrai dato l'impressione di una "facile", non va bene...
- Maddài... GNAM - intervenne a sua volta Minako, ingurgitando ampie cucchiaiate di dolce. - Non c'è mica nulla di male, se si piacciono e si vogliono bene!

Entrambe le ragazze, cercando di reprimere una piccola invidia nei confronti dell'amica, si stavano ingozzàndo a più non posso.
Da una parte erano felici per lei, perché ne parlava come di un momento magico ed estremamente piacevole, mentre dall'altra vi erano tutti i dubbi e le perplessità adolescenziali riguardo l'argomento "sesso"... 
Non avendo ancora beneficiato infatti di tale esperienza, e oppresse dalla prospettiva di invecchiare vergini, ambedue potevano solo esprimersi sulla base delle loro convinzioni personali in merito... e per non lasciarsi sfuggire cattiverie ingiustificate, tenevano occupata la bocca con qualcosa di più dolce, per mandar giù l'amaro del loro dramma comune.
Sfortunatamente per Makoto però, alla tredicesima fetta di torta che fecero sparire voracemente, le due giovani comari si diedero alle classiche domande di rito.

- Faceva male?
- Era delicato con te?
- E' stato rude e possente?
- E' stato estremo?
- Ha usato il preservativo?

Makoto sospirò rassegnata.
Forse parlarne con le amiche, per non tenerlo segreto proprio con loro, non era stata l'idea migliore.
Ami si era dissociata subito dalla conversazione, rossa in volto più delle fragole che spuntavano dalla torta, cercando di nascondere il proprio imbarazzo leggendo uno degli immancabili libri che si portava dietro ovunque.  

- Mi chiedo se non sia stato un errore - mormorò tra sé. - Cioé, per me è stato bellissimo e anche per William ma... Insomma, non lo so, mi sento molto confusa adesso!
- Secondo me, non dovresti - sorrise Minako, con l'aria di saperla lunga. - Se vi amate, non c'è confusione che tenga: lo avete fatto perché lo volevate, nessuno vi ha costretto, dunque...
- Quanto sei scema, Minako - ruggì Rei, sbattendo le mani sul tavolo. - Non abbiamo ancora finito il liceo... Pensa se Makoto restasse incinta!
- REI - scattò Makoto, le guance rossissime dall'imbarazzo. -
 Ma... Ma per chi mi hai presa? Non sono così sprovveduta da non sapere "cosa comporta" farlo... e William ha usato le precauzioni, non è un cretino!
- Makoto, hai solo diciassette anni - sottolineò Rei.
- E questo che cosa vuol dire?
- Quanto credi possa essere seria una relazione a quest'età, specie con uno che conosci appena? Se il suo scopo era quello di portarti a letto e basta, gli hai praticamente servito il tutto su un piatto d'argento! Non fraintendermi, non sto dicendo che William sia un mascalzone però... Insomma, neanche tu sei sicura dei suoi sentimenti, altrimenti non avresti neppure motivo di essere confusa!

Makoto fece per ribattere ma si bloccò.
In effetti, Rei non aveva tutti i torti.
Era andata da William con l'intenzione di parlare con lui a quattr'occhi, e invece aveva perso la verginità con un giovane che costituiva ancora un mistero per lei.

- Tu cosa ne pensi, Ami ?

Ami drizzò il capo dal libro che stava leggendo.

- In parte, sono d'accordo con Rei - ammise. - Come tua amica, mi auguro proprio che William sia un tipo a posto... Ma se vogliamo guardare la faccenda in modo razionale, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere uno dei tanti che pensa solo a divertirsi alle spalle delle ragazze in buona fede!

Proprio in quel momento, arrivò anche Usagi.
Subito le quattro si affrettarono a cambiare conversazione ma, quando si trattava di cogliere anche solo delle mezze frasi, Usagi sapeva essere più ficcanaso di tutte loro messe assieme.
Makoto esitò a rispondere alle sue domande, temendo altresì di sconvolgere la sua ingenuità con un argomento del genere, allorché Usagi realizzò il tipo di considerazione che dovevano avere per lei in quel gruppo.

- Vi ricordo che non frequento più la scuola materna - sottolineò acida. - Non potete trattarmi sempre come una povera bambina deficiente all'oscuro di tutto...
- Peccato - fece Rei sarcastica. - E dire che ti riesce così bene!
- At-ten-ta-a-te - sibilò Usagi tra i denti con fare minaccioso.
- Calmati, Usagi - sorrise Makoto rassicurante. - E' solo che... Vedi, si tratta di una questione un po' delicata, non credo che tu...
- Ah, ho capito, parlavate di sesso - concluse Usagi tranquillamente, chiamando la cameriera al tavolo con noncuranza. - Mi porti un frappé alla fragola, per favore!
- Un frappé alla fragola per la signorina!

Silenzio collettivo.
Quattro paia di occhi fissarono Usagi come se fosse un fantasma.

- Beh, che avete da guardarmi così, ho la faccia sporca?
- N... No, è solo che... Insomma, certi argomenti, non credevamo che tu...
- Ah, sì - tagliò corto Usagi. - Ora che ci penso, Mamoru ha avuto la stessa reazione, quando gli ho chiesto se potevamo parlarne!
- Poveraccio, per lui sarà stato uno shock tremendo - bisbigliò Rei all'orecchio di Minako e di Ami.
- Ehi, rilassatevi, sono ancora casta e pura: guardate che l'Educazione Sessuale non prevede necessariamente la pratica, per sapere come funziona!

Persino Ami pareva stupita, nel concordare con ammirazione alla semplice eppure sacrosanta verità appena espressa da Usagi.
La biondina era tuttaltro che sprovveduta, contrariamente a quanto pensavano di lei le altre, e forse addirittura era l'unica del gruppo a poter chiarire alcuni dei dubbi di Makoto.
Dopotutto, Usagi era felicemente fidanzata con un ragazzo dolce e premuroso come Mamoru. A paragone delle altre, pur non avendo ancora sperimentato l'atto sessuale vero e proprio, ne sapeva abbastanza sull'amore per capire i veri sentimenti di una persona a prima vista.

- Allora, avete già ordinato?
- Io... credo che andrò a finire il compito di algebra per domani - esclamò Ami, buttando giù la prima scusa possibile, nell'alzarsi e risparmiarsi così una figura da ignorante totale.
- Io... Io invece devo andare a vedere che sta combinando Yuri al tempio - disse Rei, nel defilarsi a sua volta.
- Povera me, com'è tardi - fece Minako, fingendo di guardare l'orologio. - Devo portare Artemis dal veterinario per... per la gattària al pelo, scusatemi, ciaooo!

Rimaste sole, Makoto e Usagi si guardarono negli occhi senza dire una parola.
Usagi sorseggiò il suo frappé, aspettando che l'amica si decidesse a raccontarle tutto dal principio, e finalmente Makoto si fece coraggio e prese a confidarsi con lei di William e di come la relazione con lui fosse arrivata ad un punto estremamente serio. Usagi ascoltò attentamente, senza scandalizzarsi sui particolari "eros" della scorsa notte, e alla fine annuì con un lieve cenno del capo.

- Ho capito - disse. - Devi essere proprio innamorata, non c'è dubbio... Ma hai paura che si sia trattato solo di una notte e niente di più, ho indovinato?
- Beh...
- Makoto, devi essere chiara e diretta con quel ragazzo - sentenziò Usagi severa. - Anche Mamoru era restìo a chiarire i suoi sentimenti per me, finché non l'ho messo con le spalle al muro, e così anche tu devi fare in modo che William risponda alle tue domande senza girarci troppo intorno!
- E' che ho paura di aver precipitato troppo le cose con lui...
- Tu lo ami, non è vero?

Makoto annuì.

- L'amore non può vivere, senza sapere che cosa prova o meno l'altro - concluse Usagi. - Prendilo da parte ancora una volta, di giorno magari, e parla con lui seriamente... Devi toglierti il pensiero, Makoto, è l'unica!
- E se mi ridesse in faccia, dopo quello che è successo?
- Se solo si azzarda a fare una cosa del genere, ci penseremo io e le altre ad eviràrlo, ti assicuro che non la passerà liscia!

Makoto sorrise.

- Grazie Usagi - mormorò. - Mi sento molto meglio, adesso che te ne ho parlato... Ma non ti preoccupare: se scopro che mi ha presa in giro, non dovrete disturbarvi, ci penserò io a farlo pentire amaramente!  

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 8
*** Ottava Parte ***


Mentre ripercorreva la strada di casa, Fùlger non poté fare a meno di pensare molto attentamente.
La situazione non era affatto semplice: Kasùyress non intendeva semplicemente vendicarsi, del tradimento subìto, bensì aveva dato ordine ai suoi demoni di uccidere sia lui che Makoto...
Trovare ora un pretesto per allontanare la ragazza da sé non era una soluzione, considerato che gli ex-compagni di Fùlger l'avrebbero attaccata comunque, e anche continuare a frequentarla significava esporla costantemente al pericolo. Decine di mostri avrebbero fatto la loro comparsa, di lì a poco, ed erano ben più forti e potenti rispetto a quella misera nullità di Schelét.
Fùlger stava ancora pensando a come non farsi cogliere impreparato dai suoi futuri avversari che, salendo la rampa di scale che conduceva al suo appartamento, si ritrovò faccia a faccia con Makoto ferma ed immobile sulla soglia.

- Ciao William - lo salutò lei con una nota piuttosto fredda nella voce.
- Makoto - fece lui sorpreso. - Non ti aspettavo, entra...
- Grazie ma, preferisco parlare qui fuori, se non ti dispiace!
- Non capisco!

Makoto chinò il capo tristemente, traendo un profondo respiro, prima di proseguire il discorso.

- Che cosa sono io per te? - domandò senza mezzi termini.
- Credevo ci fossimo spiegati ieri notte - rispose l'altro, traendo fuori di tasca le chiavi dell'abitazione.
- Ascoltami bene - lo interruppe Makoto, sommessamente ma con energia, sbattendo la mano sull'uscio per impedirgli di entrare. - Quello che abbiamo fatto ieri non è una risposta, la mia è una domanda precisa: ti ho concesso la mia prima volta, una cosa molto importante, e ho voluto farlo con te perché ti amo... Puoi giurarmi che per te è stato lo stesso, rispondendomi sinceramente, o devo pensare tutto il peggio possibile di te?
- Non mi sembra una domanda molto corretta, da parte tua - osservò Fùlger, inarcando severo il sopracciglio. - Eravamo in due a farlo, mentre pensavamo alla stessa cosa, oppure ti senti in colpa e cerchi un pretesto per potermi rimproverare di qualcosa?
- Smettila - tagliò corto Makoto. - Non stai parlando con una povera isterica, ho il diritto di pretendere chiarezza da te; voglio solo che tu mi dica che è stato un momento importante per te, tanto quanto lo è stato per me... Non mi sembra una richiesta tanto assurda la mia!
- Lo è stato, Makoto - disse Fùlger sincero. - E più che importante, anche, ma se tu non vuoi credermi non ha senso che te lo dica!
- Lo avrebbe, se tu mi dicessi qualcosa in più su di te, magari - sottolineò lei. - Ho dormito con te, ho fatto l'amore con te, e non so nulla di più del tuo nome... Avrai pure una famiglia, no?
- Niente che mi piaccia ricordare - rifletté Fùlger sommessamente. - La mia vita non è granché a raccontarsi, è una storia come tante, e preferisco non parlarne!
- Perdonami - si scusò Makoto sottovoce. - Non ho considerato il tuo silenzio sotto questo aspetto, mi dispiace...
- Non scusarti, non ne hai motivo; non ti ho detto niente perché non volevo turbarti, tutto qui, non c'è nessun mistero!
- William, io... Non fraintendermi, non voglio paragonarmi con te in alcun modo, ma anche la mia vita non è stata facile!
- Ascolta, perché non entriamo e  ne parliamo con calma, magari bevendoci qualcosa?

Fùlger non aveva appena finito di proporlo che, messo in allarme dal suo sesto senso di demone, avvertì chiaramente la presenza di un nemico poco lontano.
Non poteva rischiare di coinvolgere Makoto, e pure doveva escogitare qualcosa e in fretta.

- Mi sono dimenticato di ricomprare le lattine al supermercato - borbottò in fretta, cercando di sembrare convincente. - Facciamo così: entra un momento e accenditi un po' di televisione, io scendo un attimo al negozio qui sotto, e poi ti prometto che risponderò a tutte le tue domande!

Makoto sospirò.

- D'accordo, William, voglio crederti - disse. - Ti avverto però che non me ne andrò, finché non ti mostrerai sincero con me!
- Okay, va bene - fece lui annuendo, buttando nervosamente lo sguardo sulla strada sottostante. - Dammi solo qualche minuto, vado e torno!

Ciò detto, non appena Makoto entrò in casa, Fùlger spiccò un agile balzo da circa otto metri di altezza e atterrò al pianoterra come se niente fosse. Qui si guardò attorno, cercando di localizzare con precisione la fonte del suo avversario nascosto, e decise di tirarselo dietro lontano da occhi indiscreti. I demoni potevano avvertire la presenza dei propri simili, semplicemente dall'odore di morte che ognuno di loro recava addosso fin dalla nascita, e Fùlger contava sul fatto che gli altri avrebbero puntato direttamente a lui per arrivare a Makoto.
Meno di quattro isolati più lontano, circondato da spesse recinzioni metalliche e lunghi piloni di cemento armato, vi era un vecchio cantiere abbandonato. Fùlger decise di attirare lì il nemico, augurandosi che a nessuno venisse in mente di passare di là in quel momento, ma non aveva neppure considerato l'eventualità di una trappola.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il nemico aveva fatto in modo di concentrare gran parte dei suoi poteri per tendergli un agguato.
Non appena Fùlger scavalcò la recinzione, entrando non visto nel luogo scelto come teatro dell'inevitabile scontro, si ritrovò ad affondare con i piedi in una massa incandescente di terriccio ad una temperatura di circa 2000° centigradi. Non fosse stato per la sua resistenza demoniaca ad ogni genere di ambiente, si sarebbe certamente consumato in quella specie di magma artificiale.

- Vieni fuori, Ogien - urlò furioso, spiegando le grosse ali di pipistrello sulla schiena per liberarsi dal trabocchetto. - Certi trucchi non funzionano con me!

Un improvviso tremolìo, accompagnato da una lunga risata gutturale, e Fùlger vide chiaramente il suo avversario prendere forma dal fuoco. Il rosso corpo muscoloso, a tratti ricoperto di nere scaglie baluginanti, costui si erse dinanzi a Fùlger in tutta la sua possenza. Dalla cìntola in giù, era come una lunga coda di serpente dalla quale gocciolava però una sostanza di pura lava; mentre dalla cintola in su, il volto crudele munito di lunghe corna appuntite e due sinistri occhi gialli, il corpo della creatura era un fascio umanòide interamente avvolto da una spaventosa aura infuocata.

- Credevo che lo avresti apprezzato - sogghignò il mostro con una smorfia. - Kasùyress ha detto che posso agire come mi pare!
- Ti illudi, Ogien, se pensi che me ne starò a guardare i tuoi fuochi d'artificio - rispose spavaldo Fùlger, assumendo ancora una volta le sue vere sembianze. - Piuttosto, avevo giusto bisogno di una lampada abbronzante!
- Molto divertente, Fùlger - soffiò l'altro, creando un globo di fiamme nella grossa mano adunca munita di artigli. - Vediamo se avrai ancora così tanta voglia di scherzare... dopo!

Così dicendo, Ogien scagliò il giallo globo fiammeggiante contro il petto dell'avversario. Fùlger intercettò la sfera con la propria mano e, concentrando al massimo il potere del fulmine su di essa, la fece esplodere in mille pezzi.

- Tutto qui - osservò sprezzante. - Speravo di divertirmi molto di più!

Gli occhi di Ogien avvamparono di rabbia, così che anche le sue fiamme aumentarono di intensità, e Fùlger si ritrovò costretto a sollevarsi in volo per evitare la pioggia mortale che il demone del fuoco prese a rovesciargli contro. Da lontano, i fulmini erano troppo deboli, per poter anche solo scalfìre quella massa incandescente del suo torace; il corpo di Ogien poteva assorbire quei colpi come niente e, se solo si fosse azzardato ad avvicinarglisi troppo, Fùlger rischiava di rimanere colpito alle ali e precipitare al suolo.

- Non puoi colpirmi da quella distanza, Fùlger - gridò Ogien trionfante. - Fai il bravo, così ti ammazzo subito, non sentirai niente... a parte un leggero "bruciorino", forse, che vuoi che sia!

Gli occhi di Fùlger brillarono di ispirazione, mentre il piano per attaccare prese forma nella sua mente.

- Hai ragione - rispose. - Senza volerlo, mi hai appena dato un'idea!
- Che cosa ?!?

Ogien sbarrò gli occhi.
All'improvviso, Fùlger calò in picchiata e prese a respingere le palle di fuoco di Ogien con il solo ausilio del suo braccio destro. Malgrado le gravi ustioni riportate sull'arto, semplicemente entrando in contatto con l'arma più potente del nemico, Fùlger riuscì a penetrare la guardia di Ogien e a riversargli un concentrato di fulmini all'altezza del petto.

- Non è... possibile... - esalò appena Ogien, una volta realizzato che neppure il suo corpo avrebbe resistito ai fulmini di Fùlger da una distanza così tanto ravvicinata. - Che tu sia maledetto!
- Non lo siamo forse tutti ? - osservò dunque Fùlger con ironìa. - Addio, Ogien... Tienimi il posto in caldo, mi raccomando!
- Noooooooooooooooooooooooooooooooooooo !!!

L'urlo di morte di Ogien si spense, nel momento che il suo corpo esplose in mille pezzi, e Fùlger poté accasciarsi in ginocchio ed estinguere le ultime fiamme ancora presenti sul suo povero braccio martoriato.

- Adesso andiamo a prendere da bere - mormorò. - Makoto mi sta aspettando!

***

- Accidenti a lui - sbuffò Makoto spazientita, premendo a caso nervosamente i tasti sul telecomando, passando così da un canale all'altro della televisione. - Aveva detto "cinque minuti"... Ne sono passati più di quindici, che cavolo sta combinando?

Come in risposta alla sua domanda, William rientrò in quel preciso momento.

- Eccomi, sono tornato - esclamò sorridente. - Purtroppo il negozio aveva il frigorifero guasto: spero non ti dispiaccia una bibita a temperatura ambiente...

Makoto fece per tranquillizzarlo ma, come ebbe preso in mano la lattina, non poté fare a meno di lamentarsi.

- Alla faccia della "temperatura ambiente" - osservò lei, soffiandosi sulla mano, data la lamiera decisamente un po' troppo calda della lattina. - Questa l'hanno tirata fuori direttamente dal forno!
- Beh, ecco... - provò a dire l'altro, passandosi una mano sul braccio. - Più o meno! 

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 9
*** Nona Parte ***


Fùlger si guardò il braccio.
Le ustioni prodotte dagli attacchi fiammeggianti di Ogien, in parte ancora visibili pure sotto le mentite spoglie di William, si stavano pian piano rimarginando. A differenza dei demoni di classe inferiore, quelli di classe guest possiedono delle capacità di rigenerazione molto sviluppate, fatta eccezione per il cuore e il cervello che costituiscono il loro unico punto debole. Non fosse stato per le amorevoli cure di Cér infatti, essendo stata ferita in modo critico dalle "Punte di Cristo" secoli addietro, la bella Sàgeata non avrebbe avuto scampo.
Essendo un mezzosangue dunque, con una velocità di recupero ridotta rispetto a quella di sua madre, Fùlger aveva solo bisogno di tempo per rigenerare al massimo il corpo assieme ai suoi poteri di demone. Tuttavia gli scagnozzi di Kasùyress non potevano certo dargli modo di riprendersi.
Subito Fùlger indovinò la strategia della sua temibile ex-signora, ora nemica.
Kasùyress intendeva colpire Fùlger, lanciandogli contro un numero calcolato di combattenti-kamikaze, al fine di indebolirlo e renderlo più vulnerabile anche agli attacchi dei demoni minori.

- davvero molto furba - pensò Fùlger, con un amaro sorriso. - Più tempo ci metterò a guarire, tra un combattimento e l'altro, più nemici dovrò affrontare per difendere Makoto...
- William, che hai, non ti senti bene?

Makoto pareva preoccupata.
Appena rientrato in casa, Fùlger si era infilato in cucina, per rendersi conto della gravità delle proprie condizioni. Non poteva certo rivelare alla ragazza la verità, circa le sue origini demoniache, ma allo stesso tempo non poteva e non voleva assolutamente fare o dire nulla per perderla.
Subito si coprì l'arto ustionato con uno strofinaccio e, facendo finta di asciugarsi le mani, rientrò nel soggiorno dove lei lo stava aspettando.

- Tutto a posto - spiegò. - Mi sono solo schizzato un po' il braccio con l'acqua bollente, mentre preparavo il thé... Non preoccuparti, non è niente!
- Possiamo parlare, adesso?
- Naturalmente, te l'ho promesso - disse Fùlger serio. - Chiedimi pure quello che vuoi, risponderò a tutte le tue domande!

Makoto trasse un profondo respiro.

- D'accordo - cominciò. - Parlami un po' di te, della tua infanzia, dei tuoi genitori...
- Vedi, il fatto è che non ho praticamente memoria di loro: mio padre non l'ho mai conosciuto e mia madre... Beh, lei è morta, poco dopo avermi dato alla luce!
- Mi dispiace, forse non dovevo chiedertelo...
- No, va bene - sussurrò Fùlger, mettendole le mani sulle spalle. - E' vero, ho sbagliato a non dirti nulla di più su di me, ti chiedo scusa... Ora però voglio rimediare, perciò dimmi tu quello che vuoi sapere!
- Parlami solo di te, della città in cui sei nato, delle persone con cui sei cresciuto - chiese dunque Makoto. - Avrai pure una famiglia, qualcuno che ti voglia bene?

Fùlger tacque un momento, prima di rispondere.
Era incredibile constatare quanta differenza ci fosse, tra il modo di vivere dei demoni e quello degli esseri umani. Persone come Makoto concepivano cose come la dolcezza e la fratellanza, assieme al bisogno di amore ed affetto reciproco; mentre, nel regno di Kasùyress, gli unici sentimenti erano l'odio, la violenza, e l'istinto di sopravvivere con le proprie forze.
Fin da piccolo, Fùlger aveva dovuto imparare a cavarsela sempre e comunque da solo, pur di resistere in quell'inferno.
Non esiste alcuna distinzione tra adulti e bambini, nel Mondo dei Demoni. Ogni cosa che vive e respira deve essere attaccata o evitata, è la prima regola da imparare, il debole soccombe e il forte sopravvive...
Avendo ereditato i poteri di sua madre, Fùlger era molto più forte della maggior parte dei suoi simili. Kasùyress ambiva a cricondarsi solo ed esclusivamente dei sudditi più potenti, utili per i suoi scopi, e questo permise al giovane Fùlger di aumentare le proprie capacità di combattimento fino a diventare il "campione" della sua razza.
La sua vita, da secoli, era basata sul sangue.
All'epoca delle guerre intestine, scatenatesi subito dopo la chiusura dei cancelli che collegavano gli inferi con il mondo esterno, molti demoni superiori si ribellarono alla volontà di Kasùyress. Fùlger combatté in nome della sua sovrana, sconfiggendo da solo interi eserciti di creature agguerrite, guadagnandosi così il rispetto e il timore di tutti gli altri demoni.
Non c'era amore, nel suo cuore.
Ogni femmina con cui era solito accoppiarsi, sia essa umana oppure della sua stessa specie, costituiva solo un altro momento di lussuria.
Solo nell'uccidere, a differenza degli altri demoni, Fùlger non provava lo stesso piacere o gratificazione. Era fiero della sua forza in battaglia, questo sì, ma la sua metà "umana" gli rammentava per istinto una sorta di scrupolo nel togliere la vita senza una vera e propria necessità.

- Sei... Sei già fidanzato? - ipotizzò tristemente Makoto, temendo una risposta affermativa.
- No, non lo sono - la tranquillizzò l'altro. - Vedi, Makoto, il posto da cui vengo è... complicato!
- Come "complicato", in che senso?
- E' una città... molto violenta - provò dunque a spiegarle. - La gente non è come qui: se non fai attenzione, ti schiacciano; se non sai difenderti, soccombi; se non sai essere forte, muori...
- Mio Dio, è terribile - Makoto sbarrò gli occhi. - Ma non esiste la polizia, laggiù?
- Beh, insomma, come dire...

Fùlger non sapeva come risponderle, senza bugie.

- Il fatto è che, in una città caotica come quella, dove violenze e omicidi sono all'ordine del giorno, la polizia non può fare molto... Lo capisci, vero?
- Deve essere proprio una città da incubo, non sapevo che in Europa esistessero luoghi come questo!
- Molta gente è crudele, Makoto - osservò piano Fùlger. - Spesso, molto spesso in effetti, la vita ci mette di fronte a situazioni che non vorremmo; la violenza fa parte della natura, o almeno di una parte di essa, e non tutti possono dirsi "buoni"...
- Ma tu sei un ragazzo così dolce, così educato - fece Makoto, accarezzandogli il volto. - Come hai fatto a crescere, in un posto del genere?
- Con difficoltà - ammise il demone. - Non ho ricordi piacevoli, anche se vorrei averne!
- Oh, William - sussurrò la ragazza. - Possibile che tu non abbia nemmeno un pensiero che ti faccia stare bene?
- Sì, ce l'ho - sorrise lui, ricambiando a sua volta la carezza. - Tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, dico davvero; non potrei essere più felice, neppure se lo volessi... Ti amo, Makoto, te lo giuro sulla mia vita!

Makoto deglutì imbarazzata.
Fùlger si chinò a baciarla, sfiorandole dolcemente le labbra morbide e vellutate, per poi assaporare il profumo della sua pelle e dei suoi lunghi capelli soffici. Non stava mentendo, Makoto lo percepiva dal calore che le sue mani le trasmettevano, ma ovviamente non poteva certo dirle tutta la verità nuda e cruda.
Non poteva ammettere di essere un mostro, né di averla ingannata fino a quel momento, mandato originariamente sulla Terra con lo scopo di ucciderla.
Il suo amore era autentico, tanto da sconvolgere la sua intera esistenza, e Fùlger si sentiva forsanche disposto a morire per lei.

- William...
- Sì, Makoto, che c'è?
- E' strano... all'improvviso, mi sento... ho così tanto sonno che...
- Makoto!

La fanciulla svenne praticamente tra le sue braccia.
Sulle prime, Fùlger pensò ad un mancamento dovuto al caldo. Ma come fece per sollevarla, onde farla distendere sul letto, subito si rese conto che la natura di tale svenimento era un'altra. Una forte onda di energia psichica, riversandosi entro le mura della stanza, costrinse Fùlger in ginocchio con un dolore fortissimo alla testa. La mente umana di Makoto, cedendo al potere soporifero degli ultrasuoni, non poteva sentire alcunché. Purtroppo invece, date le sue capacità sovraumane, il demone non poteva chiudere in alcun modo il proprio cervello alle interferenze esterne.
Già una volta, in passato, aveva sperimentato quella sensazione.
Conosceva benissimo la creatura in grado di servirsi di un simile trucco e, se non avesse abbassato la guardia, certo non si sarebbe fatto cogliere di sorpresa.

- Da... Dannazione - imprecò Fùlger a denti stretti. - Mi ha chiuso ogni via di fuga... Deve essere Kuràge!
Onorata che ti ricordi di me, Fùlger - esclamò ad un tratto una suadente voce femminile.

Materializzandosi attraverso le pareti della stanza, l'orribile volto della demonessa comparve in tutto il suo inquietante aspetto.
Kuràge era l'ipnotizzatrice del Mondo dei Demoni, senza particolare forza fisica ma con poteri mentali in grado di alterare la forma e la struttura di qualsiasi ambiente. Il suo volto era una maschera putrescente, soggetta ad una sorta di necrodecomposizione senza fine, con lunghe zampe di aràcnidi al posto dei capelli e densi flùidi organici che le gocciolavano perennemente dalla bocca. I suoi occhi erano come due braci giallastre ed incandescenti, sorgente delle sue enormi facoltà ipnotiche, e concentrandosi al massimo poteva emettere dei raggi letali per qualsiasi essere vivente.

- E' da molto che aspetto questo momento - sibilò Kuràge minacciosa. - Non puoi immaginare quanto ho atteso, affinché Kasùyress mi desse il permesso di eliminarti...
- Maledetta - mormorò Fùlger, cercando invano di attivare un campo protettivo di energia elettrica attorno a sé e a Makoto. - Vedo che non hai perso il tuo vizio di giocare sporco!
- Taci - ruggì l'altra. - Un traditore come te non ha il diritto di parlare!
- Non puoi uccidermi, Kuràge - sottolineò dunque Fùlger, adducendo a come effettivamente il "blocco" psichico della demonessa non poteva tenere a freno l'energia inesauribile del fulmine che continuava a scorrergli dentro.
- Oh sì, invece - replicò lei, emanando un fascio di energia bruciante dagli occhi.

Fùlger accusò un dolore terribile alla spalla.
Un raggio gli aveva appena trapassato la carne da parte a parte, aprendogli un buco sufficientemente largo da farci passare una lampadina, tuttavia non si trattava che di un semplice assaggio. Kuràge non intendeva ammazzarlo subito, sarebbe stato troppo facile altrimenti, voleva che Fùlger soffrisse una lenta e micidiale agonìa.

- Ti piace questa sensazione, Fùlger? - domandò. - Mio fratello provava lo stesso, quando gli hai fatto esplodere le braccia coi tuoi stramaledetti fulmini...
- E' stato lui a sfidarmi - puntualizzò l'altro. - E' la regola del nostro mondo: uccidi per non essere ucciso!
- E io ucciderò te, bastardo che non sei altro!

Un secondo raggio e, per evitarlo, Fùlger fu costretto a rotolare sul pavimento assieme a Makoto priva di sensi.
Kuràge faceva sul serio.
Ora che aveva alterato lo spazio attorno a loro, Fùlger e Makoto non erano altro che un paio di birilli in una sorta di "tiro al bersaglio".
Fùlger non aveva modo di attaccarla in un corpo a corpo, non finché quei dannati ultrasuoni avessero continuato ad intorpidire le sue capacità offensive, ma neppure poteva illudersi di evitare i suoi raggi ottici all'infinito.
L'unica possibilità di salvezza era nei suoi fulmini ma, se ne avesse scagliato uno in quell'ambiente, la mancanza di controllo avrebbe potuto uccidere Makoto accidentalmente.

- Non posso rischiare - pensò. - Kuràge ha distorto i miei sensi e la mia capacità di reazione... Se lancio un fulmine adesso, poi non sarei in grado di controllarne la traiettoria!
- Questo è per mio fratello - strillò Kuràge furiosa. - MUORI !!!

Fùlger evitò in parte il colpo, riportando solo una lieve ferita alla tempia, e il raggio fece saltare via la cima dell'attaccapanni alle sue spalle.

- Ma certo - esclamò il demone, afferrando velocemente la lunga asta metallica.

Prima che Kuràge fosse in grado di capire lo stratagemma che l'altro aveva in mente, Fùlger strinse saldamente un'estremità dell'attaccapanni con una mano e conficcò l'altra estremità subito sotto al volto demoniaco della nemica. Kuràge sgranò gli occhi terrorizzata, non appena Fùlger le riversò addosso tutta la potenza del suo micidiale flusso, semplicemente sfruttando l'asta come conduttore elettrico. Gli aràcnidi dei capelli si accesero di scintille bluastre, mentre la bocca si irrigidì in una smorfia di dolore mortale, e Kuràge sperimentò su di sé lo stesso potere che aveva ucciso suo fratello anni prima.
Neppure i suoi poteri psichici potevano fermare un fulmine del genere e, grazie all'ausilio dell'asta di metallo, Fùlger non aveva alcun bisogno di trattenersi per dirigere correttamente il colpo. Gli occhi della demonessa brillarono ancora per un istante, prima di scomparire, lasciandole solo due fredde orbite nere e vuote in mezzo al volto.
Kuràge si dissolse in fumo, senza lasciare alcuna traccia di sé, e la zona di distorsione dimensionale scomparve assieme a lei.
Ci vollero diversi minuti, prima che Makoto potesse riprendere i sensi, cosicché Fùlger ebbe tutto il tempo di far sparire ogni traccia dello scontro. Solo il buco nella spalla avrebbe impiegato ancora qualche ora per rimarginarsi ma, nascondendolo opportunamente con bende e tamponi sotto la camicia, di certo lei non lo avrebbe notato.
Non appena la fanciulla ebbe riaperto gli occhi, riconoscendo l'amato William accanto a sé, si domandò cosa mai le fosse successo.

- Hai avuto un giramento di testa improvviso - disse lui, giustificando così il fatto di averla stesa sul letto in attesa che si riprendesse. - Colpa del caldo, probabilmente... Non starai studiando troppo, in questo periodo?
- Chi, io ?!? - solo il pensiero le mise addosso un che di comico. - Magari... Purtroppo, i miei voti a scuola sembrano usciti direttamente dalla collera di Buddha!

Entrambi scoppiarono a ridere.

- Scusami, se sono piombata qui ad infastidirti - disse lei mortificata.
- Ma no, dai - sorrise l'altro. - Sono io che ho cominciato la nostra relazione con il piede sbagliato!
- Forse - osservò Makoto. - Però anch'io ho la mia parte di responsabilità: non avrei dovuto essere così aggressiva, senza tenere conto di ogni possibile ragione dietro al tuo silenzio... 
- No, Makoto - ribatté serissimo. - Sei gentile a dire questo, ma è colpa mia: tu hai tutte le ragioni, su questo non ci piove, e io non voglio assolutamente rischiare di perderti per colpa del mio silenzio!

Ciò detto, Fùlger le strinse dolcemente la mano tra le proprie, guardandola negli occhi.
Makoto arrossì, incapace di proferire parola, allorché lui le sfiorò le dita con la punta delle labbra.

- Ti amo, Makoto - esclamò. - E' la verità, credimi, io ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo!
- Ti credo - sussurrò la ragazza, con evidente imbarazzo nella voce. - Anch'io ti amo tanto...

Entrambi si lasciarono andare, l'una tra le braccia dell'altro e viceversa, le labbra cariche di amore e desiderio reciproco. Proprio durante quel loro bacio così intenso, per un attimo che a lui parve lunghissimo, Fùlger riuscì finalmente a comprendere.
La tenerezza pura del suo sorriso.
La delicatezza limpida del suo sguardo.
La sincerità calda e avvolgente del sentimento che entrambi provavano.
Era questo ciò che rendeva Makoto diversa da chiunque altra.
Fùlger non desiderava affatto di possederla, non come una femmina qualsiasi almeno, bensì di condividere assieme a lei tutto quel calore che non era mai riuscito a provare prima di conoscerla.
Guardandola, nei suoi occhi verdi e luminosi come giade, era come perdersi in un oceano sconosciuto di emozioni.
Che fosse quello stesso identico sentimento ad aver unito sua madre e suo padre, tanti secoli addietro?
Questo Fùlger non poteva saperlo con certezza.

- Devo andare, adesso - mormorò lei a malincuore. - Ho promesso alle mie amiche di uscire con loro, stasera...
- Va bene - rispose lui, assaporando ancora una volta il gusto delle sue labbra. - L'importante, per me, è che tu esista!
- Anche tu, per me - ammise Makoto, scostandosi goffamente dal suo abbraccio. - Ci vediamo domani, va bene?

Fùlger annuì.
Makoto uscì in fretta dall'appartamento, non senza schioccargli l'ennesimo bacio, e lui rimase a riflettere su quanto era accaduto.
La spalla gli faceva un male cane, e non era certo l'ultima ferita. Nuovi e numerosi nemici lo attendevano al varco, aspettando solo il momento buono per indebolirlo, e Fùlger non poteva fare altro che combattere.
L'amore per Makoto era tutto per lui, l'unica vera ragione della sua esistenza...
E così sarebbe stato, per sempre!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 10
*** Decima Parte ***


Il tradimento di Fùlger era  diventato il principale motivo di conversazione, tra i mostri della dimensione infernale.
Tutti i demoni delle classi inferiori, conoscendo la fama del campione agli ordini della Suprema Kasùyress, non riuscivano a credere che un Dio del Combattimento come lui potesse essersi innamorato di un'umana. Le uniche cose che avevano sempre interessato Fùlger, fino a quel momento, erano: la lotta, il sangue... e le femmine, infernali e non. 
Nulla di troppo strano, in effetti.
L'amore era un concetto sconosciuto, in un mondo popolato solo dalla lussuria e dalla violenza; oltre a questo, poi, erano in molti ad ignorare le origini "umane" del sangue di Fùlger.

- Possibile che Fùlger abbia tradito? - domandò un demone incredulo.
- Ha tradito Kasùyress, per un essere umano - fece eco un altro.
- Maledetto, deve morire!

L'urlo di rabbia dei demoni, furiosi che un loro simile avesse scelto di rinnegarli, riecheggiò ovunque come un vero e proprio tamburo da guerra. Gli antichi nemici di Fùlger, mossi dal rancore e dal desiderio di vendette personali, pensarono di cogliere al volo l'ordine della Suprema Kasùyress per istigargli contro coloro che prima lo temevano.

- A morte Fùlger - esclamò uno. - Uccidiamo il traditore!
- MORTE !!! MORTE !!! MORTE !!!

Ormai, nessuno temeva più un demone ritenuto "debole" dall'amore.
Tutti, in passato, conoscevano Fùlger come una perfetta macchina per uccidere, fortissimo e spietato, contro il quale nessuno era mai riuscito a spuntarla in combattimento.
Aràcnigor il demone-ragno, era costretto a vivere perennemente all'interno di un bozzolo di contenimento protettivo, dopo che Fùlger lo aveva smembrato senza ucciderlo. Garùda il grifone era inchiodato al suolo, da più di duecento anni, perché le ali gli erano state strappate dall'odiato demone elettrico. Mòrgess il drago, reso cieco dagli artigli di Fùlger, riusciva ora a sopravvivere solo facendo da mezzo di trasporto per Gulda detto "lo storpio"; il quale a sua volta aveva perso le gambe, durante lo scontro con Fùlger...
Coloro che non venivano uccisi, dopo aver osato sfidare l'Eroe dei Demoni, maledivano costantemente il giorno in cui lo avevano conosciuto.
Sovente Fùlger si divertiva a mutilarli, anziché eliminarli, per godere la vista delle loro espressioni impotenti e terrorizzate. Alla vista della sua vera potenza, frutto di sangue umano e demonìaco assieme, molti sceglievano saggiamente di temerlo e di stargli il più possibile lontano. La forza di Fùlger era immensa, più o meno pari a quella dei pochi altri demoni di classe guest, e seconda solo a quella degli Arcidemoni Superiori ( ossìa la classe di Kasùyress ). Tuttavia, da che Kasùyress aveva dato l'ordine di eliminarlo, centinaia e centinaia di mostri venivano spediti sulla Terra, mettendo costantemente alla prova la sua resistenza.
Fatta eccezione per nemici di livello più elevato, i quali spesso riuscivano a ferirlo e ad indebolirlo abbastanza seriamente, Fùlger era ancora in grado di sterminare quelle patetiche nullità senza neppure ricorrere ai suoi poteri del fulmine. La sua forza e i suoi artigli erano più che sufficienti, per sbarazzarsi di loro, disseminando il campo di battaglia di caduti.

- Mandane ancora - sorrise Fùlger, trapassando da parte a parte il corpo di un avversario con il pugno. - Mandami pure contro chi vuoi, Kasùyress, è divertente!

Inebriato dal sangue, giacché questo non faceva altro che schizzargli addosso come una macabra pioggia di morte, Fùlger sentiva il suo cuore pulsare sempre più dall'eccitazione del combattimento. Uccidere, per lui, era qualcosa di estremamente semplice. L'unica cosa in grado di guidare le sue azioni era la motivazione, una motivazione più che importante, in grado di rinvigorire il suo corpo ad ogni battaglia.
Era un guerriero!
E amava anche qualcuno, cosa che i suoi avversari non potevano in alcun modo comprendere.
Ma tutti quegli attacchi-kamikaze che gli venivano scagliati addosso, lui lo sapeva, non erano che l'inizio. Fùlger poteva anche uccidere i più deboli, reggere il confronto con i più forti, ma non poteva seriamente pensare di batterli tutti da solo.
Nuove ferite comparivano sempre più spesso sul suo corpo, ferite che era costretto poi a giustificare per non insospettire Makoto, e oltretutto il livello di energia dei demoni che oltrepassavano la barriera dimensionale era troppo intenso per non lasciare tracce evidenti del loro passaggio...

***

- Vi dico che c'è qualcosa che non quadra - esclamò Rei, mettendo a parte le amiche sulle sue recenti percezioni extra-sensoriali.

Essendo una miko esperta, Rei aveva avvertito chiaramente l'energia negativa che scaturiva dagli scontri di Fùlger, anche se non poteva ancora spiegarsi con certezza la ragione. Usagi e le altre, seppur un tantino dubbiose, non osavano comunque mettere in discussione le parole dell'amica. Oltre a questo, da qualche tempo, il telegiornale continuava a riportare notizia di "strani" ritrovamenti macabri nell'area cittadina: grossi pezzi di carne animale, ossa, sangue e persino delle corna... e tutto in prossimità di cantieri e altre zone dove, a rigor di logica, non doveva trovarsi niente del genere.

- Non... Non staranno aprendo delle nuove macellerie clandestine in città? - ipotizzò Ami a voce alta.

Silenzio collettivo.
Tutti gli sguardi si puntarono addosso alla giovane intellettuale dai corti capelli blu, sottolineando fin troppo chiaramente l'assurdità di una boiàta simile, tanto che persino Luna e Artemis stentavano a credere alle proprie orecchie.

- Cioé, ecco... volevo dire... - si affrettò ad aggiungere Ami, resasi conto di averla effettivamente sparata un po' troppo grossa. - Insomma, è un po' strano, non vi pare?
- Lo stiamo appunto dicendo - sottolineò Rei con voce atona, stringendo gli occhi.
- L'ho sempre detto, io, che troppo studio fa male - mormorò Minako.
- Già - annuirono Makoto e Usagi, con un lieve cenno del capo.
- Ehm, ragazze... - intervenne Luna. - Se le sensazioni di Rei sono corrette, potremmo avere a che fare con qualche nuovo nemico di origine sconosciuta!
- Però è strano - osservò Minako. - Nessuna di noi ha visto o notato nulla di sospetto in giro, e nessuno ha denunciato atti violenti o sparizioni frequenti di persone, nelle ultime settimane...
- Beh, sentite - esclamò Usagi, fissando le immagini del telegiornale, circa il sangue e i resti rinvenuti sui vari luoghi. - Io sarò anche una capra, in fatto di scienze e biologia, ma non ho mai sentito di animali che possiedono sia le ali che le corna!
- Aspetta, fammi pensare - rifletté Ami. - Alcuni mammiferi preistorici della categoria degli onnivori, classificati come Oorgusandrosàuri, vengono ipotizzàti appunto come grossi bestioni ongulati degli artiodàttili, muniti di ali e di corn...
- Ami, una domandina sola - esalò Rei, ormai spazientita, con un filo di voce. - Per quale motivo, ammesso che gli Oorgus-cosi esistano, dovrebbero andare a "sventrarsi" nel XX° secolo nel bel mezzo del nostro quartiere?

Nessuna risposta.
Che Ami stesse abusando di psicofarmaci, in quel periodo?
O più semplicemente, con l'avvicinarsi del caldo estivo, i problemi del ciclo si facevano forse maggiormente sentire?
Certo che il dubbio era forte.
Improvvisamente, guardando l'orologio, Makoto si rammentò di avere un appuntamento.

- E' tardi - disse. - Ho promesso a William di uscire con lui, stasera!

Rei si fece subito scura in volto.

- Makoto, scusami se te lo chiedo ma, hai poi definito la tua questione con quel ragazzo?

Makoto si voltò a guardarla, sbattendo le palpebre perplessa.

- Beh, sì, ve l'ho detto - rispose. - Ormai, io e William, ci siamo chiariti da un pezzo!
- Ricordi che tu stessa l'hai definito un ragazzo strano e misterioso?
- No, ho solo detto che trovavo strani i suoi silenzi; adesso che ci siamo chiariti, però...

Gli occhi di Rei mandarono un vivido bagliore carico di sospetto.

- Ma tu sei certa che ti abbia detto la verità?
- Come ?!?
- Dico sul serio, Makoto: il fatto che William ti abbia "detto" quelle cose di sé, per quanto non mi faccia certo piacere farlo notare, potrebbe trattarsi benissimo di una scusa!
- Rei - scattò subito Minako. - Ma cosa dici...
- La verità è che quel ragazzo è praticamente sbucato fuori dal nulla, l'unica di noi che lo conosce è Makoto; per quanto ne sappiamo, il tuo William potrebbe essere in buona fede... ma potrebbe anche averti mentito!
- Impossibile - ribatté Makoto. - No, William mi ha detto la verità, ne sono sicura!
- Ti ha detto forse da dove viene e cosa faceva, prima di trasferirsi qui in città?
- No, però...
- Te lo ha detto, sì o no? - insisté Rei implacabile.

Makoto scosse dolorosamente il capo.

- Basta Rei, smettila - esclamò allora Usagi, sbattendo entrambe le mani sul tavolo.
- No, Usagi - gemette Makoto. - Ha ragione lei... Io... William ha giurato che vuole solo il mio bene, ma che non ama parlare di sé e del suo passato!
- Mi rendo conto che tu lo ami - sottolineò allora Rei. - Non voglio passare per un mostro insensibile ma, se non sappiamo "quanto" di vero c'è effettivamente nelle sue parole, quel William è sospetto!
- E' come me - provò a spiegare Makoto. - Sento che lui è come me, che ci assomigliamo in qualche modo, e non posso pensare che...
- Perché non ce lo presenti - provò dunque a suggerire Luna. - Potrebbe essere il modo più semplice, per toglierci ogni dubbio, non siete d'accordo?

Le ragazze parvero annuire.

- Lo sai, Luna, che sei proprio una gattina intelligente - sorrise Makoto, facendole una dolce grattatina sotto il mento.
- Meow - rispose l'altra, essendo sensibile alle fusa.
- Sono certa che, se lo conoscerete anche voi, capirete perché lo amo - disse poi, rivolgendosi a Rei e alle altre con un'espressione fiduciosa. - E' così dolce, sensibile, è... Scusatemi, non trovo le parole... 
- Adesso dirà che "assomiglia tantissimo al suo ex-fidanzato" - pensò Usagi con una smorfia, mandando giù un sorso di thé caldo.
- E' completamente diverso dal mio ex-fidanzato, ve lo garantisco!
- SPRRRUUUT - per poco Usagi non rischiò di soffocare, a causa del liquido bollente giù di traverso.

Makoto si era proprio innamorata, sul serio questa volta.
Che avesse ragione lei, riguardo William?
Come amiche, le altre non potevano che augurarselo di tutto cuore. Come Guerriere Sailor invece, tenendo conto dei fatti prima di tutto, il dubbio posto da Rei era ancora piuttosto forte. Ad ogni modo, più che altro per la curiosità di conoscere da vicino quel bel giovanotto europeo, tutte quante concordarono con la proposta di Luna.

- Dirò a William di tenersi libero per il week-end - esclamò Makoto, tutta entusiasta al pensiero. - Faremo una bella merenda sulla spiaggia, tutti assieme!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 11
*** Undicesima Parte ***


- Voglio venire anch'io, anch'io, anch'iooo!
- E piantala, mocciosa - esclamò Usagi, traendo fuori la piccola Chibiusa nientemeno che dalla borsa appena fatta.
La piccola peste, pur di prendere parte alla gita marittima di Usagi e compagne, era arrivata persino a "contrabbandarsi" dentro ai bagagli. Più volte Usagi le aveva detto che non la voleva tra i piedi ma, curiosa com'era, anche lei moriva dalla voglia di conoscere il fidanzato di Makoto.

- Non puoi trattarmi sempre come una bambina - strillò Chibiusa, cercando con ogni mezzo di divincolarsi.
- Infatti, a volte, penso proprio che dovresti stare in un giardino zoologico - borbottò Usagi tra sé, incurante delle piccole gambette dell'altra che non facevano altro che scalciare.
- Lasciami, lasciami... Lasciamiii !!!
- Ma vuoi farla finita, piccola scimmietta che non sei altro?
- Ha parlato l'Orso Baloo... e lasciami, ho detto!
- Cooosaaa ?!?

Sentendosi apostrofare a quel modo, gli occhi Usagi si accesero di fuoco.
Le due presero ad azzuffarsi, malgrado le differenze di dimensioni, tirandosi le labbra e i capelli ben oltre il limite fisico umanamente possibile. Dopo un po' tuttavia, scuotendo il capo con disapprovazione, fu Luna che pensò bene di dire qualcosa per convincerle a cessare le ostilità.

- Benedetta ragazza - sospirò. - Cosa ti costa portarla con te?
- Non è questo il punto - ribatté Usagi, tenendo la testa di Chibiusa costretta a terra con il piede. - E' una questione di principio!
- Aaa... AMMM !!!
- Ahiouuuahiahiaaa!

Ben lungi dall'arrendersi, Chibiusa aveva appena approfittato di un attimo di distrazione dell'altra per morderla giusto sul braccio. Usagi strillò e cercò di scrollare via Chibiusa, nonostante questa fosse saldamente attaccata coi denti, e subito ripresero a tempestarsi di pugni a vicenda in una nuvola di polvere.
Scuotendo la testolina rassegnata, Luna digitò dunque sul telefono il numero di Rei con la zampina.

- Si può sapere che sta combinando Usagi ? - domandò la voce della ragazza dall'altra parte dell'apparecchio. - Siamo tutte qui ad aspettarla!
- Il solito problema - spiegò Luna, adducendo ai rumori violenti della zuffa che stavano richiamando persino l'attenzione dei passanti giù in strada.
- Dovevo immaginarlo - mormorò Rei. - Beh, dille di preparare anche la borsa di Chibiusa e di raggiungerci al tempio di mio nonno... Ma in fretta, sennò la lasciamo qui, sia chiaro!
- Evviva, ho vinto - strillò Chibiusa trionfante, saltellando sulla schiena di Usagi sconfitta e umiliata.
- No... Non ti illudere, nanetta - gemette la ragazza sfinita. - Aspetta solo che riprenda fiato e... Ahio!

***

Più tardi, dopo aver abbondantemente riposto tutte le ostilità, il gruppo delle fanciulle al completo poté giungere a destinazione.
Il sole cocente, il cielo limpido e l'acqua cristallina e trasparente... Davvero, la giornata non poteva promettere in un modo migliore di quello.

- Tutte in acqua - gridò Usagi con entusiasmo. - L'ultima che arriva, offre il gelato!

Come al solito, l'anima trascinante del gruppo era sempre lei.
Tra smorfie, risate, bronci, piagnistei e reazioni spesso ridicole, Usagi riusciva ad animare e coinvolgere tutti/e coloro che avevano la fortuna di starle accanto. Era proprio quella sua grande vitalità che, accendendo ogni cosa coi colori della fantasia e dell'immaginazione, riusciva a far sembrare tutto più bello e straordinario di quanto fosse o meno realmente.
Tante amiche, con gusti e interessi diversi tra loro, ma un unico grande cuore e un arcobaleno di gioia ed allegria.
Chi può resistere al richiamo dei giochi d'acqua?
Uno svago semplice ed immutato nel tempo, forse un po' infantile, eppure in grado di cancellare l'età e i vari problemi con un semplice spruzzo. E come l'acqua salata schizza negli occhi e nei capelli, oppure in gola se si ha la dabbenàggine di tenere la bocca aperta, ecco che quella sensazione di fastidio si scopre essere parte di un divertimento che tutto riesce a donare in semplicità ed armonia.

- Lo sai, che sei ancora più ingrassata - osservò Chibiusa, adducendo a quel sottile accenno di pancetta che fuoriusciva dal costume di Usagi.
- Prova a ripeterlo, e ti faccio bere tutta l'acqua da qui fino all'Oceano Pacifico!
- Beh, in effetti, forse un pochino è vero - azzardò Minako bonariamente. - Ma sai, con un costume intero, si nota di men... urbll...glubb...

L'imprudente fanciulla non fece in tempo a finire la frase che, stringendola in una perfetta morsa da lottatrice di Wrestling, Usagi le cacciò tutta la testa sott'acqua. Subito cominciò una vera e propria lotta semi-subacquea, senza esclusione di colpi, nella quale si ritrovarono coinvolte anche Ami e Rei che pure si erano messe in testa di separare le due contendenti scatenate.

- Ma volete calmarvi, insomma?
- E' stata lei a cominciare - si lamentò Minako.
- E' vero, l'ho visto anch'io - fece eco Chibiusa, additando Usagi.
- Lasciatemi, voglio affogarla!

Malgrado l'inconveniente del bagno fuori programma, e almeno una mezz'ora buona per calmare i bollenti spiriti, alla fine le ragazze si lasciarono andare ad una solenne risata per sottolineare la comicità della situazione. Persino Usagi si limitò a fare pace con Chibiusa... riempiendole la bocca di granchi e vari pesciolini di scoglio, così da zittirla per un po'.

- Makoto, quando arriva il tuo William? - domandò Ami, guardando l'orologio preoccupata.
- Gli ho detto di venire qui verso l'ora di pranzo - rispose l'altra. - Avrà trovato traffico, oppure...
- Ehi, Makoto - esclamò Minako, puntando l'indice con ammirazione verso l'altra estremità della spiaggia. - Non... Non dirmi che il tuo ragazzo è quella specie di Marcantonio laggiù!
- Ciao - gridò l'atletico giovanotto, per farsi sentire al di sopra del rumore delle onde, facendo ampi cenni con la mano sopra la testa.

Chibiusa, Minako e Usagi rimasero impalate ad osservarlo, con gli occhi sgranati e le mandibole spalancate dallo stupore.
Ami fece cadere inavvertitamente il libro che aveva in mano, incapace di credere ai suoi occhi.
Persino Rei, colpita dal fisico asciutto e muscoloso dell'affascinante ragazzo europeo, pareva incapace di proferire parola.
Makoto corse incontro a William, buttandogli le braccia al collo e baciandolo affettuosamente sulle labbra, restando abbracciata con lui per qualche istante.

- Ragazze, vi presento William!
- Piaaa-ceee-reee - sospirarono le fanciulle, con evidente estasi nello sguardo.
- Piacere mio - sorrise Fùlger, restando fedele al suo ruolo di giovane beneducato. - Mi dispiaceva un po', l'idea di dividere Makoto nel tempo libero... Ma se voi siete le sue amiche, non posso che inchinarmi, di fronte a tanta bellezza!
- Ehi, come sarebbe? - scattò subito Makoto, assestandogli un lieve colpetto sulla nuca.
- Dicevo per dire, ovviamente - si affrettò ad aggiungere l'altro. - E' solo che... Insomma, non me lo avevi detto che le tue amiche erano così carine!

Fuochi d'artificio innescati, alla parola "carine", subito le ragazze gli si strinsero attorno ammaliate per presentarsi.
Da principio, Fùlger parve curiosamente imbarazzato. L'espressione irritata di Makoto, nel mentre che ciascuna amica cercava spudoratamente di ingraziarselo, gli mise addosso uno strano senso di disagio. In altre circostanze, si sarebbe limitato ad approfittare della situazione, per aggiungere altre prede giovani e avvenenti alla sua demoniaca fama di seduttore. Mentre stavolta, non volendo arrecare dispiacere a Makoto, temeva di poter fare o dire qualcosa per ferirla.
Una ad una, cercando invano di sembrare meno civette possibili, le amiche di Makoto dissero a Fùlger il proprio nome.
Tuttavia, per una qualche ragione istintiva, solamente Rei parve percepire qualcosa in lui che non andava.

- E' strano - mormorò. - A vederlo, sembra un ragazzo carino ed inocuo, eppure...
- Allora - fece Fùlger, tendendole la mano tranquillo. - Non vuoi dirmi il tuo nome?
- Come ?!? Ah, sì... sì, certo, mi chiamo Rei...

Improvvisamente, prima ancora che le loro dita si sfiorassero, Fùlger e Rei avvertirono una sensazione estremamente chiara per entrambi. La tensione mistica, frutto di due entità spirituali perfettamente opposte, entrò in risonanza tra loro con la stessa sensazione di una scottatura sotto la pelle.
In quanto sacerdotessa, per quanto giovane ma comunque molto dotata, Rei non poteva lasciarsi ingannare dal travestimento che il demone usava per nascondere la sua vera forma. Lo stesso Fùlger, estremamente vulnerabile all'aura benigna delle persone di fede, capì subito che Rei era intrisa della stessa santità in grado di uccidere quelli della sua specie.
Entrambi ritrassero le mani, come se avessero appena stretto dei carboni ardenti.
Usagi e le altre, preoccupate dall'espressione dolorante che i due avevano sul volto, subito chiesero se era tutto a posto.
Fùlger si scusò, adducendo il motivo della sua inspiegabile reazione ad una qualche fantomatica scottatura solare; mentre Rei, non potendo smascherare l'altro solo sulla base di una sensazione, provò a giustificarsi con la scusa di un crampo dolorosissimo al polso dovuto alla rissa acquatica precedente.

- Che ne dite di un gelato? - propose Usagi.
- Ottima idea - fece Minako. - Se William ci fa la cortesia di offrire...
- Naturalmente - rispose subito il demone, rivolgendole un cordiale baciamano. - Lo considero un mio preciso dovere, nei confronti delle sirene più belle che questa spiaggia possa offrire!
- William - ruggì Makoto stizzìta.
- E tu che fai, Rei - domandò dunque Ami. - Non vieni con noi al chiosco?
- Scu... Scusate - mormorò Rei con un filo di voce. - Fa un po' troppo caldo, ho bisogno di mettermi all'ombra... andate pure, vi raggiungo dopo!

In realtà, Rei aveva seriamente bisogno di restare da sola per riflettere.
Le era già capitato, in precedenza, di percepire l'aura malvagia assieme alle intenzioni spietate dei suoi nemici. Tuttavia, quando Fùlger le aveva teso la mano e anche dopo, i suoi sensi non avevano riconosciuto alcuna minaccia provenire da lui.
Non appena le altre si furono allontanate, ridendo e scherzando assieme all'affascinante giovanotto, Rei andò ad accucciarsi sotto all'ombrellone in preda a violenti brividi di freddo. Malgrado l'accappatoio sulle spalle, era come se avesse la febbre. C'era qualcosa di inquietante in William, dietro ai suoi modi così affàbili e gentili, qualcosa che neppure lei era in grado di stabilire con certezza.

- Non ho mai sentito niente del genere... mai - pensò. - Possibile che, in un simile concentrato di negatività e violenza, vi siano allo stesso tempo tracce di amore autentico ed innegabile?

Rei non riusciva assolutamente a spiegarselo.
Chi era realmente William?
Un uomo?
Un demone?
Forse che si trattava di un giovane particolarmente violento e aggressivo che, provando dell'affetto sincero per Makoto, riusciva ad emanare allo stesso tempo quel minimo di calore autentico e di sentimento perlopiù comuni ad ogni essere umano?
No, nessun umano poteva entrare così in risonanza con le sue facoltà di sacerdotessa.
Rei era sicurissima di aver "percepito" il male dentro di lui, non come parte del suo spirito ma addirittura del suo stesso corpo. E tuttavia, vedendo la tenerezza indiscussa con cui lui e Makoto si abbracciavano, non poteva affermare con certezza assoluta che si trattasse proprio di un demone.
Un demone innamorato...
Rei scosse la testa, in quanto quell'idea suonava effettivamente molto assurda.

- Ho come la pelle d'oca - mormorò debolmente. - Mi è bastato sfiorarlo, per sentirmi raggelare il sangue: un concentrato di odio, rabbia e brutalità animalesca tutta assieme... tutto nello stesso corpo... Ma come può essere?

E mentre rimuginava sulle proprie domande, Rei osservò da lontano le sue amiche in compagnia di quell'individuo.
Costui non emanava alcuna traccia di ostilità, o comunque qualcosa che lasciasse intendere un pericolo per loro, men che meno nell'offrire il gelato alla piccola Chibiusa con un sorriso chiaramente autentico e sincero sulle labbra.
Non fosse stato per il brivido di freddo che ancora le attanagliava le membra, Rei avrebbe giurato di trovarsi di fronte ad un bravo ragazzo.
Tuttavia non era così.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 12
*** Dodicesima Parte ***


Nonostante le intuizioni, Rei decise di tenere per sé ciò che aveva percepito sul conto di William.
Costui non sembrava fingere, nello stringere simpatia con le amiche di Makoto, e nel suo sguardo vi era infatti una luce buona e sincera... un totale contrasto, secondo Rei, con quella che il suo istinto da miko aveva percepito come una forte natura demoniaca.
In realtà, Fùlger si stava realmente abituando a condividere le gioie e la serenità dell'animo umano.
Stando assieme a Makoto, aveva imparato il significato della parola "amicizia" ( altro concetto, per lui, fondamentalmente sconosciuto ) e lui stesso pareva sorprendersi di un tale adattamento col modo di vivere e di pensare degli esseri umani. Ignorando tutte la sua vera identità, salvo forse Rei che di fatto preferiva tenersi in disparte, Makoto e le altre sapevano essere così naturali e disinvolte che il demone finì per ritrovarsi totalmente impacciato.
Ami non faceva altro che parlare di libri ed autori europei, sperando forse così di attirare la sua attenzione; Minako aveva preso ad elogiare il cinema e la moda del Continente, informandosi se William non avesse per caso delle conoscenze in entrambi i settori; mentre Usagi lo stava mettendo sotto torchio, per conoscere i suoi gusti in fatto di cartoni animati e fumetti...
Il poveretto cercò di rispondere con cortesia, guardando più volte Makoto in cerca d'aiuto, ma la fidanzata era troppo divertita dalla sua evidente goffàggine.
La giornata, tutto sommato, trascorse via con tranquillità.
Fùlger non riusciva a credere che gli umani fossero soliti gestire le proprie relazioni sulla capacità di chiacchierare, anziché sul sangue e sul sesso come era abituato, ma fortunatamente per lui le ragazze erano troppo in buona fede per nutrire gli stessi dubbi di Rei sul suo conto.
Il momento cruciale arrivò quando, per un malaugurato incidente, Chibiusa gli scivolò addosso andando a spiaccicare il cono gelato direttamente sulla sua faccia.
Fùlger poté sentire tutti gli sguardi puntati addosso, in attesa della sua reazione, mentre la piccola Chibiusa tremava al pensiero che lui potesse arrabbiarsi e sgridarla per la sua sbadatàggine.

- M... Mi dispiace, io... No... Non l'ho fatto apposta...

Fùlger aggrottò furioso le sopracciglia, passandosi un dito lungo lo strato di panna e cioccolato che gli colava dal volto, tanto che Rei scattò in piedi stringendo uno dei suoi talismani tra le dita.
Che costui avesse intenzione di aggredirla, rivelando così la sua mostruosa identità?
Rei e le altre credettero seriamente che l'altro fosse sul punto di colpire Chibiusa, tanto era spaventosa la luce assassina dentro ai suoi occhi, specie ora che la sovrastava con tutta la sua statura imponente e il braccio teso in modo minaccioso sopra la testa.
Chibiusa chiuse istintivamente gli occhi.
Makoto e le altre furono sul punto di gridare a William qualcosa, sperando di riuscire a calmarlo, quando...

Tò!

Silenzio.
Chibiusa avvertì una piccola sensazione di fresco sulla punta del naso, riaprendo gli occhi con evidente perplessità, per accorgersi che William le aveva appena fatto un leggero buffetto col dito sporco di gelato.
La prima a ridacchiare fu Usagi, subito imitata dalle altre, e meno di un istante dopo una grande risata generale riecheggiò nella stanza.
Persino Fùlger pareva stupirsi di aver reagito in modo così "umano", oltretutto dando semplicemente ascolto al suo istinto, ma in realtà era anch'egli divertito da tutta quella situazione nell'insieme. Makoto gli pulì il volto col tovagliolo, baciandolo affettuosamente sulle labbra, e Rei abbassò il talismano con un sospiro di sollievo.
No, William non poteva essere realmente malvagio.
C'era del buono in lui, benché chiaramente in contrasto con l'aura che emanava, e ciò convinse la giovane sacerdotessa a riflettere prima di mettere a parte Makoto e le altre dei suoi dubbi.

***

Per trascorrere il week-end, le amiche di Makoto avevano prenotato le uniche tre camere disponibili dell'unico albergo in prossimità della spiaggia.
Usagi e Chibiusa si sarebbero divise la prima, Ami e Rei la seconda, mentre Minako e Makoto la terza e ultima.
Giunta l'ora di ritirarsi per dormire, William salutò cordialmente le ragazze, dicendo loro che preferiva trascorrere la notte in spiaggia sotto le stelle.

- Lo faccio da quando ero bambino - spiegò. - Non mi piace stare al chiuso, specie in una notte come questa!
- Allora, buonanotte William - lo salutarono le altre.
- Buonanotte!

Poco dopo, seduto sulla riva, Fùlger osservò in silenzio quel grosso manto scuro trapunto di diamanti della volta celeste.
Le uniche cose a non essere cambiate, da che ne aveva memoria, erano proprio davanti ai suoi occhi: la luna, le stelle, lo spazio limpido e il cielo sconfinato...
A volte, pensava, non era poi così diverso da quel Paradiso per lui inaccessibile. Semmai a un dannato può capitare di frenare la propria sete di sangue, per contemplare ciò che lo circonda, alla fine giunge alla conclusione che uomini e demoni non fanno altro che dividere inconsciamente lo stesso mondo e lo stesso cielo.

Hmf - sorrise Fùlger con una smorfia. - Devo essermi proprio rammollito, per pensare certe scemenze!

Un rumore improvviso, il leggero scricchiolìo della sabbia alle sue spalle, Fùlger drizzò le orecchie e si mise in guardia.
Il suo istinto di demone, abituato ad attaccare prima che a riflettere, stava già guidando il suo pugno pronto ad abbattersi su un eventuale nemico... ma quando riconobbe la persona dietro di lui, non senza un certo stupore, riuscì a frenarsi e a nascondere il braccio dietro la schiena appena in tempo.

- Makoto - esclamò. - Che ci fai fuori, a quest'ora?
- Cosa credi, guarda che anche a me piace il mare di notte - rispose l'altra, buttando la felpa per terra e sedendosi accanto a lui, con nient'altro addosso che il succinto costume da bagno dotato di cerniera lampo.

Entrambi non dissero nulla, per qualche minuto.
Le onde non facevano che infrangersi sulla riva, indistinguibili a causa del buio, recando con loro il suono armonioso della calma piatta e l'odore inconfondibile del sale e dei ricci marini. E mentre entrambi ascoltavano quel suono, sia Fùlger che Makoto, si strinsero l'uno all'altra quasi senza accorgersene.
Come le dita delle mani si sfiorarono, accendendo quella piacevole sensazione di intimità tra loro, Makoto poggiò piano la testa contro la sua spalla e gli mormorò affettuosamente all'orecchio.

- Sono contenta che ti abbiano conosciuto - disse. - A dire la verità, sono loro un po' la mia famiglia...
- Ti vogliono molto bene, giusto?

Makoto annuì.

- Sai, in realtà, è stata Usagi a farci unire - spiegò. - Eravamo tutte molto restìe a fare amicizia, un po' anche per le delusioni di vario genere, e forse era proprio questo il nostro punto in comune!
- Però, non mi sembra proprio che tu e le tue amiche abbiate problemi, nel fare amicizia - osservò Fùlger. 
- Beh, ora come ora forse, direi proprio di no - ridacchiò Makoto. - Vediamo, come posso spiegarti: il fatto è che Usagi ha la meravigliosa capacità di vedere il buono delle persone, anche quando loro stesse non riescono a vederlo, e di trasmettere questo dono in tutti coloro che le stanno intorno!
- Capisco!
- Se non ci fosse lei, con il suo sorriso e la sua allegria, il nostro gruppo non esisterebbe nemmeno!
- Perché mi dici queste cose? - domandò l'altro curioso. - Ho fatto qualcosa di male?
- No, al contrario - si affrettò a precisare lei. - Sono felice perché, ora che ti conoscono e sanno che tipo sei, le mie amiche non hanno motivo per dubitare di te!

Fùlger tacque.
Anche se il suo amore per Makoto era più che sincero, per poterle restare accanto sotto le spoglie di William, stava pur sempre mentendo. Forse Makoto avrebbe potuto accettare il suo vero aspetto, e così anche le sue amiche, ma certo non avrebbe mai potuto perdonargli la menzogna. Una parte di lui soffriva, non potendole rivelare la verità, mentre l'altra temeva di non essere neppure sufficientemente forte per proteggerla.

- William - sussurrò Makoto, guardandolo con apprensione. - Non ti senti bene?
- No, non ti preoccupare - rispose Fùlger. - Fa freddo, è meglio che torni in camera e...

Prima che potesse finire la frase, Makoto gli passò il braccio dietro la testa con trasporto, baciandolo dolcemente sulle labbra.
Di nuovo quel calore, la passione che solo lei riusciva a trasmettere nei suoi baci, una sensazione che Fùlger non avrebbe potuto ignorare neanche volendo. Per ogni suo bacio, per ognuna delle sue carezze, il demone riusciva a sentire il proprio cuore battere all'unìsono con quello della fanciulla. Era come se Makoto si fosse trasformata nella seduttrice del seduttore... una tentatrice così bella da diventarne pazzi, solamente guardandola, il che era proprio ciò che stava succedendo.
Nel mentre che le braccia di lei lo stringevano, costringendolo ad adagiarle la schiena sulla felpa stesa contro la morbida sabbia, Fùlger si scoprì desiderarla ancora di più e più intensamente. L'aria e la brezza marina, mista all'umidità salmastra, recava ovunque quel gusto particolare sulla pelle: sulle guance, sulle labbra, sul collo...
Makoto sussultò, non appena le dita di Fùlger scesero piano ad abbassarle la zip del costume.

W... William, tu... Tu ci credi alle sirene? - domandò lei, imbarazzatissima, coprendosi l'ampio seno col braccio.
- Come potrei non crederci... dal momento che ne vedo una qui, adesso!

Makoto si lasciò andare, persa nelle parole piene di affetto sincero dell'altro, abbandonandosi a lui completamente.
Giacendo con lei, scoprendo ed assaporando dolcemente ogni più piccolo centimetro della sua intimità, Fùlger non era colto dai suoi soliti istinti carnali.
Ovviamente la desiderava, ma non come oggetto egoistico del suo piacere.
Voleva amarla sul serio, condividere con lei un momento intenso e reciproco, perciò non riusciva ad essere rude e violento nel suo approccio. Dopo averle scostato le braccia senza alcuna violenza, fermandosi un istante ad ammirare la sua nudità e stendendosi piano sopra di lei, Fùlger sentì dunque la pienezza e la rotondità dei suoi seni morbidi contro il petto.
Senza mai smettere di baciarla, neppure per un istante, tanto era forte il desiderio della sua bocca.
Anche quando le mani del demone andarono oltre, sfilandole il sotto del costume con tutta la delicatezza possibile, Makoto non provava più alcuna vergogna per ciò che stavano facendo.
Sapeva di concedersi a lui, di sua spontanea volontà.
Sapeva di amarlo.
Era tutto ciò che le importava.
William era lì con lei, con lei e per lei, e il linguaggio del corpo pareva unirli nel piacere e nel desiderio con armoniosa sincerità.
La sincerità di ogni singolo bacio, impossibili da contare, o delle carezze sempre più intense e sempre più audaci. I loro corpi nudi e abbracciati, incapaci di sciogliersi, e il letto più umile ed affascinante tra i tanti miracoli della natura.
Anche quando l'acqua giunse a lambire i piedi ai due amanti, procurando loro una improvvisa sensazione di fresco e benessere, entrambi si rotolarono sul bagnasciuga come in una specie di gioco. Malgrado la sabbia appiccicosa e i capelli bagnati, niente poteva interrompere la loro felicità.
Sia Makoto che William risero.
Una risata piena di spensieratezza, nata dalle onde e dalla stupenda cornice di quella piccola insenatura sabbiosa, destinata a disperdersi col vento della notte e il rumore incessante delle onde.
Fùlger smise di rotolare, cercando invano di cogliere tutta la bellezza di Makoto con lo sguardo, andando a scostarle con la mano una ciocca di capelli fradici dal volto.

- Te l'ho già detto, vero, che sei bellissima? - mormorò.
- Sì, ma mi piace sentirtelo dire...

Costui non disse altro.
Era troppo impegnato a baciarla per farlo.

***

Più tardi, verso le prime luci dell'alba, Makoto si risvegliò con addosso un telo bianco di soffice spugna.
Non appena si era addormentata, William l'aveva presa in braccio e adagiata poi all'interno di uno dei tanti capannoni vuoti ed abbandonati nelle immediate vicinanze.

Buongiorno - esclamò il giovane raggiante. - Dormito bene, principessa?

Makoto sorrise, facendo un lieve cenno di assenso col capo, strofinandosi gli occhi ancora pieni di sonno.

- Che... Che ore sono?
- Tranquilla, non sono neanche le sei - la rassicurò l'altro. - Le tue amiche dormiranno ancora per un bel pezzo!
- Devo tornare in albergo, però - osservò lei, avvolgendosi nell'asciugamano, indossando frettolosamente il suo costume da bagno ancora umido.

Aveva appena finito di indossare gli slip quando, buttando distrattamente lo sguardo al polso, si avvide di un piccolo grazioso particolare.

- Ma... questo...
- E' un regalo - spiegò, giustificando così il sottile braccialetto con sopra incastonato un semplice minuscolo fiorellino di colore rosa dall'aspetto molto delicato. - Dovrebbe intonarsi bene, con il colore dei tuoi orecchini, ammesso che ti piaccia s'intende!
- William, è... è bellissimo, io non... Grazie, non so cosa dire!
- E' solo un braccialetto - sorrise lui scherzando. - Ma, se ti piace, sono contento!

Evidentemente, Fùlger aveva ancora molto da imparare, circa gli usi e i costumi più semplici degli esseri umani.
A prescindere dal suo valore materiale in effetti, nonché dall'aspetto fin troppo semplice e modesto, non era tanto l'oggetto in sé ad essere speciale... bensì il gesto e ciò che rappresentava per Makoto.
Quello era il primo regalo di William.
Non impegnativo quanto un anello, di un gusto ed una delicatezza che solo una persona innamorata può essere in grado di apprezzare, ma abbastanza da rendersi più prezioso di un monile d'oro massiccio tempestato di gemme e diamanti.
Makoto coprì il braccialetto con la mano, sentendo quel piccolo grazioso fiorellino al tatto, per poi realizzare quanto questo fosse tangibile e reale al pari dei sentimenti di William per lei.
Era semplice ma, allo stesso tempo, autentico.
Più autentico dell'aspetto, sia esso oro oppure argento, anche il più comune degli oggetti diventa platino se lo si guarda attraverso gli occhi del cuore.

Non me lo toglierò mai - sussurrò commossa.

Fùlger parve perplesso.
Certo non immaginava una tale reazione, per un oggetto del genere. Makoto era davvero felice di quel regalo, perché fatto con amore, e ancor più perché William lo aveva scelto espressamente per lei.
Agli occhi della fanciulla, quel fiore pareva rispecchiare perfettamente l'animo del suo innamorato.
Dimenticandosi di essere praticamente nuda, sotto all'asciugamano, Makoto si gettò avanti ad abbracciarlo con tutta sé stessa. Fùlger esitò incerto, incapace di credere che un simile slancio fosse derivato proprio da quel dono così modesto, ma l'espressione di gioia di Makoto non lasciava alcun dubbio.

- Vuo... Vuoi che ti riaccompagno in albergo?
- Dopo - rispose lei con un filo di voce. - Adesso abbracciami, ti prego!

Fùlger inghiottì a fatica.
Non era abituato a tutto questo, essendo decisamente oltre la sua capacità di comprensione, ciononostante poteva intendere in modo inconfondibile come il sorriso di Makoto nascesse spontaneo dal bisogno e dal desiderio di averlo sempre vicino a lei.
La mano dietro le spalle, e l'altra ad accarezzarle i capelli, Fùlger si limitò a stringerla a sé come aveva sempre fatto.
Se lei era felice, anche lui lo era.
C'erano tante cose che pure avrebbe voluto dirle, in quel momento, ma non sapeva da che parte cominciare.
Fortuna che, in punta di labbra, l'unica cosa davvero importante giungeva sempre dritta dal cuore.

 

continua col prossimo capitolo )

 

NOTA DELL'AUTORE
Tempo fa, chiacchierando animatamente con un'ex-autrice del sito, costei mi disse che riteneva opportuno "cancellare" una storia che nessuno/a si prendeva la briga di recensirle.
Cito qui testualmente le sue parole:
"Che senso ha scrivere una fanfiction, se nessuno poi la legge e nemmeno te la commenta? E' una cosa che mi deprime molto, e mi fa stare davvero male, forse vuol dire che devo lasciar perdere tutto e dedicarmi ad altro"...

Ecco, questo modo di ragionare è una cosa che, personalmente, mi fa davvero molto ma molto inca***re!
Perché?
Perché mi fanno rabbia quelle persone che mollano, che si arrendono prima ancora di cominciare, o anche quelle che scelgono la via più facile per avere tutto e subito.
Semplicemente perché, in linea teorica almeno, il numero dei commenti ad una storia non vale quanto la storia stessa!
Quanti/e smettono di scrivere, perché nessuno commenta ciò che scrivono?
Quanti/e si preoccupano di più del parere del pubblico che della propria capacità di giudizio e autocritica?
E soprattutto, quanti/e contesteranno ora questa mia osservazione, dicendo più o meno: "tu non capisci un ca*** dell'importanza di confrontarsi  con gli altri, per crescere come autore/autrice, e diventare sempre più bravo/a"... o qualcosa del genere?
Escrementi ( cit. "L'Attimo Fuggente" ). Ecco cosa penso dell'importanza di confrontarsi... etc.
Se davvero il numero dei commenti costituisce di fatto L'UNICO motivo per cui valga la pena scrivere una storia, a prescindere da ciò che rappresenta in sé la storia stessa, tanto vale chiudere tutto e smetterla di condividere le proprie storie con gli altri. Oppure scegliere di fregarsene altamente, magari con un sorriso ironico sulle labbra, e scrivere in armonia di tutto quello che ci pare e piace.
A buon intenditor...

^__^ Alla prossima!

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Capitolo 13
*** Tredicesima Parte ***


La breve gita marittima era già finita, più veloce di com'era arrivata.
Le ragazze avevano già preparato le borse e stavano appunto per salire sul pulmino che le avrebbe riportate in città.
Non erano ancora salite a bordo che, ignorando William e Makoto piacevolmente in disparte dal resto del gruppo, tutte loro esortavano Usagi a smetterla di litigare con Chibiusa e a darsi invece una mossa. La bionda compagna era infatti alle prese con una delle sue solite sfuriate, rimproverando la piccola peste di averle nascosto la sua spazzola preferita con i coniglietti rosa, e da qui era degenerata una delle tantissime sceneggiate che tutti conoscevano benissimo.

- Tira subito fuori il maltolto!
- Scordatelo!
- Guarda che non te lo sto chiedendo... Te lo "ordino", piccolo sgorbio che non sei altro!
- Di' un po', ti sei mai vista allo specchio?
- Poppante!
- Strega!
- Carciofa!
- Pattumiera!
- GRRRRRRRRRRRRR !!!

Gli sguardi fiammeggianti di entrambe, malgrado la differenza di statura, avevano innescato tra loro un'atmosfera che suggeriva ai passanti di restarsene almeno di cinque o sei metri alla larga... per evitare di bruciarsi. Incuranti della discussione, Makoto e il suo innamorato non facevano che commentare la splendida notte trascorsa assieme all'insaputa delle altre.
Fùlger avrebbe voluto dirle qualche bella frase ispirata ma, essendo egli stesso confuso per la gioia indescrivibile del suo cuore, a malapena riusciva a guardare la fanciulla negli occhi senza sembrare un demente.

- Allora, più tardi vuoi che ti chiamo?
- E che ho da rimettere a posto alcune cose - provo a dire Makoto, cercando di giustificarsi. - E poi sono indietro con l'algebra, la geometria e...
- E se ti aiutassi io a ripassare? - sorrise lui.

Makoto deglutì.

- Telefonami - cinguettò.

Fùlger fece per baciarla quando, drizzando improvvisamente lo sguardo, si rese conto che qualcuno aveva tamponato intenzionalmente la fiancata del pulmino con un grosso camion da trasporto. Il conducente del veicolo, un uomo alto e muscoloso più o meno sulla quarantina, scese dunque dall'abitacolo e si parò dinanzi a Rei e alle altre con sguardo tuttaltro che amichevole.

- E' questo il modo di parcheggiare? - ringhiò. - Spero per voi che siate assicurate, altrimenti vi tiro il collo!
- Ma che faccia tosta - replicò la sacerdotessa furibonda. - E' lei che ci è venuto addosso!
- Con il dovuto rispetto, signore, le faccio notare che il Codice della Strada proibisce chiaramente di parcheggiare mezzi di trasporto pesanti in aree riservate ai veicoli da turismo e...
- E con questo ?!?

Ami rabbrividì.
L'energumeno camionista era il classico cafone prepotente, forte del fatto di avere a che fare con delle studentesse delle superiori, cosicché le ragazze non sapevano come far fronte alla situazione senza compromettersi. Makoto si stava già rimboccando le maniche, pronta a dare a quel villano il fatto suo, tuttavia William le sussurrò gentilmente di farsi da parte e lasciare a lui l'incombenza.

- Scusa, amico - esclamò il giovane, prendendo da parte il camionista. - Ti dispiace se facciamo una chiacchierata io e te, senza disturbare le signorine?
- Cos'è, sei stanco di vivere, damerino!

Fùlger non si scompose.
Malgrado il camionista lo avesse afferrato per il bavero, quasi strappandogli parte della camicia, lui rimase tranquillo e impassibile. Makoto fece per accorrere in suo aiuto ma, non appena lui le disse di non preoccuparsi, rimase perplessa dal suo sorriso e dalla tranquillità del suo sguardo.

- Non preoccuparti, tesoro - esclamò. - Tra due minuti sono da te!
- In una bara, volevi dire - commentò il camionista. - Ammesso che rimanga qualcosa di te da metterci dentro!

Ciò detto, i due si allontanarono dietro al camion.
Qui l'energumeno iniziò a scrocchiarsi le dita, soffiando gasato sul proprio pugno, con l'evidente intenzione di trasformare l'interlocutore in un ammasso di carne trita. Ma quando Fùlger cambiò tosto espressione, alterando parte dei tratti umani nel suo vero volto di demone, tutta l'arroganza tronfia del camionista andò a farsi benedire.

- Che ti prende, amico? - domandò Fùlger beffardo. - A giudicare dalla tua faccia, sembra quasi che tu abbia appena visto il diavolo!

La voce gelida e gli occhi color del sangue, senza contare i bianchi denti affilati contratti in una specie di ghigno satanico, Fùlger era compiaciuto del terrore che l'altro stava provando nell'osservare il suo vero aspetto.
Il camionista era pietrificato.
Le dita, prima forti e decise, gli erano diventate come di gelatina. A stento riusciva a respirare, mentre un brivido gli percorreva la spina dorsale, e la risatina satanica di Fùlger gli riecheggiava nelle orecchie come una promessa certa di morte.

- Cos'è, hai perso la lingua - fece il demone, sfoderando orgoglioso i lunghi artigli della sua mano destra, come se volesse sventrarlo e riversare le sue budella sull'asfalto. - O devo forse strapparti quella lardosa palla di ciccia tremolante che ti ritrovi addosso?
- A... A... AAAIUUUTOOO !!!

Rapido come un centometrista sullo scatto di partenza, il camionista si trascinò sulle quattro zampe per infilarsi il più in fretta possibile all'interno del camion. Subito mise in moto e, prima che il fumo del tubo di scappamento si fosse diradato, aveva già abbandonato l'area del parcheggio di almeno dieci chilometri.
Fùlger si affrettò a riacquistare le sembianze di William, per non insospettire Makoto e compagne, ma non poteva certo nascondere la soddisfazione che provava nell'aver spaventato a morte quell'idiota.

- William, stai bene? - domandò Makoto preoccupata.
- Certo, benissimo - rispose l'altro tranquillo. - Gli ho solo fatto notare che non era carino alzare la voce in quel modo, oltretutto era in ritardo con le consegne... Insomma, oltre a domandarvi scusa, mi ha anche lasciato detto che gli dispiace molto e che non si ripeterà più!

Makoto sbattè le palpebre incredula.

***

Circa due ore dopo, una volta tornate in città, Usagi e compagne stavano commentando l'accaduto davanti al tavolino di un bar.
L'unica a cui l'intera faccenda non quadrava era Rei, che pure riteneva di avere ottimi motivi per dubitare di quel William, ma naturalmente non poteva dire chiaro e tondo quello che aveva percepito circa l'aura intensa e malvagia del nuovo ragazzo di Makoto.

- Dai, stai scherzando - esclamò Minako con una smorfia. - Secondo me, visto che lui e Makoto vanno così d'accordo, può darsi che sia davvero un "fusto" da paura! 
- Non credo si tratti di questo - replicò Rei ostinatamente. - C'è qualcosa di strano in quel ragazzo, qualcosa che non riesco a spiegarmi... 
- Di' un po' - rintuzzò Usagi, guardando l'amica di traverso. - Non sarai mica gelosa di Makoto, vero?

A quelle parole, Rei scattò subito rabbiosamente.

- Mi credi forse tanto meschina - strillò. - Ma per chi mi hai presa?
- Per quello che sei: una zitella acida che, non avendo un fidanzato, deve dire sciocchezze su quello delle altre!
- Attenta a te, Usagi, non ti permettere assolutamente di...
- Allora, sentiamo, che cosa avrebbe di strano quel ragazzo, a parte il fatto che è bello, gentile e innamorato di Makoto fino al midollo?

Rei tacque.
Non capitava spesso che Usagi riuscisse a metterla a tacere, specie quando riteneva di avere ragione da vendere, ma ovviamente non poteva accusare William sulla base di semplici supposizioni.
Il fatto che lei avesse "percepito" in lui un'aura negativa non era una prova schiacciante.
Contrariamente a ciò che pensava Usagi poi, Rei era sensibile al pari delle altre nei confronti di Makoto e, non volendo appunto ferire l'amica solo per via di un semplice sospetto, la poverina si ritrovò completamente spiazzata e incapace di rispondere a tono com'era abituata a fare di solito.

- Lo vedi che avevo ragione - incalzò Usagi. - Non ti facevo così egoista, dovresti essere felice per Makoto, anziché inventarti delle cattiverie assurde sul suo ragazzo!
- Pensala come vuoi, allora - tagliò corto Rei, ferita e profondamente offesa dall'accusa ingiusta di Usagi. - Io ho solo detto come la penso e, per il bene di Makoto, spero solo di sbagliarmi... Comunque non sono affatto come dici tu!

Ciò detto, spingendo da parte la bionda amica sputasentenze, Rei si alzò in piedi e uscì fuori dal locale senza salutare nessuno. 

 

continua col prossimo capitolo )

 

NOTA DELL'AUTORE
Chiedo scusa per il ritardo...
Ho trascorso buona parte della settimana a ri-caricare le immagini rese invisibili nel passaggio al mobile del sito - e ancora ho un bel po' di lavoro di assestamento da fare! - ma dal momento che qualcuno sostiene che sia estremamente comodo leggere dal telefono cellulare...
Bof, contenti/e loro!
Comunque io sono qui, finché non muoio, e le storie le continuo a scrivere. Quando non ci sarò più, tra MOOOLTO moltissimo tempo s'intende, quello che resterà qui non sarà più di mio interesse.
^__^ Alla prossima!


DADO 

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Capitolo 14
*** Quattordicesima Parte ***


Di solito, dopo un litigio del genere, il risentimento è tale da incrinare anche le amicizie più forti. Fosse dipeso da Rei, riconciliarsi con Usagi avrebbe lasciato il tempo che avrebbe trovato. Fortunatamente però, quando si può contare sulla solidità e concordia di uno spirito di gruppo estremamente forte, anche le parole dette senza riflettere tornano poi ad assumere il peso di ciò che sono realmente...
Un mucchio di niente!
In quanto diretta interessata all'argomento della discussione, Makoto non poteva tollerare che due delle sue amiche più care rischiassero di piantare le nuove Mura di Berlino, solo per colpa di un malinteso.
E con la lucidità e l'assennatezza di tre amiche su cinque, non è dunque impossibile riavvicinare le due imbronciate al tavolo della pace.

- Un corno - sbottò Usagi. - Perché devo essere io a chiedere scusa? E' stata Rei a cominciare!
- Se vuoi, posso essere io anche a finire... con un cazzotto su quella tua testaccia dura!
- Senti chi parla!
- Stupida!
- Pettegola!
- Arrogante!
- Antipatica!
- Mocciosa viziata!
- Spocchiosa megera!

Il tempo di lasciare sfogare ad entrambe i reciproci bollenti spiriti, tra i sorrisi amichevoli e la comprensività delle altre, non ci volle molto perché le parole, anche quelle più pesanti, lasciassero il posto a delle seccate smorfie di semi-riconciliazione.

- Mi dispiace - sbuffò Usagi, quasi con costrizione. - Non volevo dire quelle cose di te, ho aperto bocca senza riflettere...
- Una novità - commentò Rei sottovoce.
- COSA VORRESTI INSINUARE ?!?
- Io non insinuo: certe cose si commentano da sole!
- Su, da brave - intervenne Ami, ponendo le mani delle contendenti una sopra l'altra. - Datevi la mano e fate la pace!

Le due non reagirono.
Semplicemente soffiarono con stizza, evitando di guardarsi negli occhi, e confermarono la tregua con una stretta di mano appena percettibile.

- Ragazze - fece allora Makoto, cercando di mitigare la questione una volta per tutte. - Capisco che la mia storia con William possa suonarvi forse un po' affrettata e precipitosa, certo, e ovviamente apprezzo il vostro interessamento ma...
- Ma non si tratta di questo - provò a dire Rei. - Makoto, io sono felicissima per te, lo dico sinceramente, e sono sicura che William abbia tutte le migliori intenzioni del mondo nei tuoi riguardi, ma ecco... Come posso spiegarvelo? E' come se in lui ci fossero... Due entità distinte una dall'altra: una piena di affetto e di buoni sentimenti, mentre l'altra irradia un concentrato di pura malvagità!

Usagi strinse gli occhi.

- Rei, ti rendi conto che questo non ha senso: insomma, è come dire un gelato dentro un forno a microonde!
- Lo so anch'io, per questo non riesco a spiegarmelo, ma è questo che ho "sentito" in quel ragazzo e non mi era mai capitato prima di percepire una cosa del genere... Non in un essere umano, almeno!
- Sei sicura? - domandò Minako serissima, facendosi subito scura in volto.

Rei annuì.

Adesso basta - esclamò Makoto infastidita. - Ammettiamo pure che William abbia dei difetti, come tutti del resto, ma da qui a dire che è un mostro... Insomma, lo avete visto!

Ciò detto, sollevò il polso in modo che tutte quante potessero vedere il braccialetto che William le aveva regalato il giorno dopo la loro indimenticabile notte assieme sulla riva del mare.

- William lo ha scelto per me, con una sensibilità superiore rispetto a quella di tanti altri ragazzi messi assieme!
- Nessuna di noi sostiene che William non sia sincero, Makoto - provò invano a tranquillizzarla Rei. - Ma dai un po' un'occhiata anche a questo!
- Che cos'è? - domandarono le altre curiose.
- A me, sembra solo un po' di carta bruciacchiata - osservò Ami. - Della comunissima cenere, che ha di particolare?
- Questo è, o meglio "era", il talismano che ho provato a mettere addosso a William - spiegò Rei. - Appena gliel'ho avvicinato alla schiena però, è andato in cenere, come se fosse entrato in contatto con un potere troppo grande... Il potere di un demone, per esempio!
- Non voglio ascoltare oltre - rispose Makoto tagliente, scostando via con una manata la cenere dalle mani di Rei. - E' vero, non sono mai stata brava a giudicare gli uomini, e mi sono sempre ritrovata con delle grossissime delusioni, ma con William è diverso!
- Forse "troppo" diverso - ipotizzò dunque Minako gravemente. - E se Rei dice il vero, William potrebbe davvero non essere quello che sembra!
- Lui mi ama - tagliò corto Makoto. - Su questo non ho il minimo dubbio!
- Makoto - mormorò Ami. - Per favore, ascolta quello che dice Rei, prima giungere a conclusione...
- No, VOI state a sentire me: ho già tormentato fin troppo William, con i miei e con i "vostri" sospetti, ed è risultato essere migliore di quanto potessi anche solo sperare; lui è la cosa più bella che mi sia capitata finora, che mi fa sentire bene ed in pace con me stessa, e non voglio rischiare di perderlo per colpa di qualcuno, fossanche la mia migliore amica!

Con l'ultima frase, Makoto lasciò intendere che, senza prove evidenti bensì semplici allusioni, non avrebbe permesso un'altra parola ancora sul conto di William.
Dal momento che era così innamorata, troppo per porsi altri dubbi sull'importanza del suo sentimento, la stessa Rei si rese conto che era inutile cercare di ragionare, Forse il motivo dell'autocombustione del talismano era un altro: un difetto nel riportare i tange corretti sulla pergamena, oppure una carta difettosa, o ancora una fonte diversa da quella che "ipotizzava" fosse William...
Almeno, Rei sperava che fosse così.

***

- Secondo me, siete diventate tutte matte - esclamò più tardi Chibiusa, quando Usagi le raccontò dell'alterco tra lei e le sue amiche. - Che problema vi dà, se Makoto e quel ragazzo stanno insieme? Per quello che ho visto, non mi sembra un maniaco pericoloso!
- No, infatti - concordò Usagi. - E' intelligente, dolce, sensibile... Una persona, tutto sommato, adorabile!
- Il sesto senso di Rei questa volta fa proprio cilecca, te lo dico io: un adulto normale si sarebbe arrabbiato, dopo un cono gelato in piena faccia!
- Se penso a tutte le scene che fa Mamoru, ogni volta che faccio cadere il thé bollente sui suoi pantaloni... E che diamine, mica lo faccio apposta, che colpa ne ho io se inciampo sempre sul tappeto del suo appartamento?
- Questo perché i ragazzi non sanno cosa sia la pazienza - puntualizzò dunque Chibiusa con aria saccente. - Uno come William è una vera e propria eccezione, in questo mondo, dove i maschi ignorano appunto il significato di questa parola!
- Mi secca ammetterlo, nanetta, ma hai proprio ragione: una ragazza ha bisogno di affetto e comprensione, soprattutto quando sbaglia, non bisogna mai farle notare le sue debolezze!
- Un ragazzo perfetto dovrebbe essere come... ecco, proprio come William!
- Affàbile...
- Comprensivo...
- Tollerante...
- Conciliante...
- Mai alzare la voce...
- Assecondare i capricci...
- Fare i regali giusti...
- Avere sempre tempo da dedicare...

Sia Chibiusa che Usagi tacquero un momento, guardandosi negli occhi, dopodiché sospirarono entrambe profondamente.

-  MAGARI CAPITASSE A NOI UNO COSI', UFFAAA !!! 

 

continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 15
*** Quindicesima Parte ***


Tokyo...

Più di quindici milioni di anime, e una quantità spropositata di vita da ogni singola pietra o mattone, per una metropoli perlopiù interamente fatta di cemento e vetro.
Apparentemente, tutto sembrava tranquillo come al solito.
Purtroppo, invece, le continue e misteriose incursioni dei demoni in città avevano gettato un'ombra inspiegabile sulle strade. Neppure Ami sapeva spiegarsi in maniera scientifica la provenienza di così tanto sangue e la grottesca massa di carcasse animalesche, sventrate e fatte a pezzi, senza alcuna ragione logica.
Il telegiornale continuava però a ripetere che bisognava mantenere la calma, che gli scoppi di violenza ingiustificati nel quartiere erano certamente opera di un gruppo di squilibrati, e che la polizia era sulle tracce di una fantomatica pista per assicurare alla giustizia i responsabili di tutto quell'horror a cielo aperto.
Inutile dire che la reazione pubblica si fece sentire in modo tuttaltro che tranquillo: negozi e centri commerciali chiusi, strade senza auto o veicoli in generale, e nemmeno un cane in giro da portare a spasso per una pisciata...
La paura di incappare nel bel mezzo di una strage, o di fare da vittima casuale per il coltello insanguinato di un maniaco pericoloso, era più che mai sufficiente per convincere le persone a non mettere il naso fuori di casa.
Con o senza i sospetti e le percezioni sensoriali di Rei in merito, ora più che mai, appariva evidente che la squadra delle Sailor doveva scendere in campo per indagare di persona sulla singolarità degli eventi.

- Fa veramente impressione, vedere la città così deserta - osservò Sailor Mars.

Le altre non dissero nulla, limitandosi ad osservare quello scenario di silenzio con un misto di ansia e preoccupazione insieme. Usagi fissò sconsolata il grande cartello "chiuso" sopra l'insegna del cinema, rammaricandosi per l'annullamento dell'ultimo film più romantico del momento, e gli occhi le si riempirono di lacrime al pensiero di una così grande ingiustizia.

- Avevo messo da parte i soldi per tutto il mese - singhiozzò, le lacrime che le scendevano copiose dal volto. - Ora non avrò più l'occasione di andare a vederlo con Mamoru...
- Beh, puoi sempre conservare il biglietto per la prossima volta - suggerì Minako.
- Magari - gemette Usagi. - Quando mia madre vedrà la pagella dell'ultimo semestre, mi chiuderà in casa a chiave per tutto il prossimo anno!
- Sei sempre la solita - rintuzzò Rei. - Non ti smentisci mai, quando si tratta di scuola, vero?

In quella si intromise anche Chibiusa, saltando fuori dal nulla, avvolta nella sua sgargiante uniforme rosa-confetto.

- E dire che dovrebbe essere lei a darmi il buon esempio - commentò acida. - Ma cosa si può imparare, da una che concorre perennemente le olimpiadi di Salto delle Lezioni e di Sonno sul Banco in russata libera?
- Vuoi chiudere il becco, PETTEGOLA ?!?
- Zitte un attimo - brontolò Ami seccata, cercando di raccogliere quanti più dati possibili col suo speciale visore. - Rilevo così tante concentrazioni di attività negative in zona che non riesco ad isolarne una dall'altra, se solo...

Il mini-computer di Sailor Mercury andò in pezzi, quando il sovraccarico dei dati mandò il tutto in corto circuito.

- Niente da fare - mormorò sconsolata. - Pare che l'intero quartiere sia pieno zeppo di creature malvage: ma dov'è il passaggio che li introduce tutti nella nostra dimensione?
- E' difficile - fece eco Sailor Mars, affidandosi alle sue cognizioni sensitive, nel tentativo di determinare una derivazione più precisa delle emanazioni percepite dalla compagna. - I demoni si stanno disperdendo ad ogni angolo del quartiere e hanno già cominciato ad accanirsi con tutto quello che trovano... Non posso stabilire la fonte, ma li sento chiaramente brulicare entro il perimetro a nord del Parco di Nonoyama!
- Andiamo a dare un'occhiata - suggerì dunque Sailor Venus, stringendo il pugno decisa. - Makoto, tutto okay?

Sailor Jupiter parve riscuotersi bruscamente a quella domanda, quasi fosse rimasta assente per la maggior parte della conversazione.

-  Sì - rispose. - Stavo pensando a William e alla scusa con cui gli ho detto che non potevo venire da lui stasera... Spero solo che abbia seguito il mio consiglio di non uscire di casa, dal momento che ama andarsene in giro di notte, non vorrei che gli accadesse qualcosa!
- Dovrebbe essere pazzo per uscire da solo, da che le autorità hanno decretato il coprifuoco - osservò Minako. - Però, bisogna ammettere che ha avuto un bel fegato, con quel camionista villano!
- Non so - fece Rei. - Mi convince sempre meno, anche se non ne capisco il motivo!
- Sentite, faccio una telefonata e vi raggiungo - tagliò corto Makoto, infilando la prima cabina telefonica in fondo alla strada.
- D'accordo, noi ci avviamo intanto!

***

- Ma certo, Makoto, non preoccuparti - rispose la voce sorridente di William all'apparecchio. - Dal momento che non posso beneficiare della tua compagnia stasera, mi sono organizzato: bibite, patatine, lotta libera...
- Come ?!?
- Intendevo dire il catch, alla televisione - si affrettò a dire il demone, facendo scrocchiare le nocche, le vene pulsanti al pensiero di menare le mani di lì a poco. - Non te lo avevo detto?

Makoto sospirò di sollievo.

- No, ma non importa - sorrise. - Circola brutta gente per le strade, in questo periodo, e sono contenta di sapere che sei tranquillo; in genere, ogni volta che esci di notte, non so che fai né quando torni...
- Sai com'è, l'insonnia - si giustificò Fùlger, fingendo uno sbadiglio. - Comunque stai tranquilla: l'unica cosa che vedranno i miei piedi, stanotte, è un buon paio di pantofole!
- Ti amo - concluse dunque Makoto, soffiandogli un bacio nell'apparecchio.
- Anch'io, Makoto... Ti amo tanto anch'io!

Una volta chiusa la conversazione, ignari l'uno dei programmi dell'altra e viceversa, Fùlger tese i muscoli delle spalle dietro la schiena e storse appena i denti con una leggera smorfia di dolore sul volto. Alcune ferite tardavano a rimarginarsi, anche se ciò non era certo sufficiente a scoraggiarlo dal compiere il suo giro notturno, e tutto sommato i muscoli del suo corpo rispondevano ancora piuttosto bene alle sollecitazioni e all'istinto che presagivano battaglia. 
Kasùyress non gli avrebbe mai dato tregua.
L'ordine di ucciderlo non sarebbe mai stato revocato, se non quando la sua testa esanime fosse stata gettata ai piedi dell'infernale signora, in ogni caso Fùlger non aveva la benché minima intenzione di aspettare buono e tranquillo le mosse dei suoi nemici.
Voleva combattere.
Voleva guardare in faccia il suo avversario, prima di sviscerarlo con le proprie mani, e l'unico modo era buttarsi volontariamente nella mischia. Solo così, malgrado il dolore e le ferite riportate, i suoi sensi di demone potevano evitare di farsi cogliere alla sprovvista. I suoi artigli erano intrisi del sangue di molti suoi simili, nonché degli esseri umani da lui uccisi in passato, ma non aveva senso farsi scrupoli di coscienza... Era un guerriero!
Sì, Fùlger era un vero guerriero, una perfetta macchina per uccidere. Per quanto la sua battaglia fosse sanguinosa e violenta, spesso pericolosa per lui, mai avrebbe inteso arrendersi alla potenza sovrastante della sua rinnegata sovrana. I suoi nemici sarebbero anche potuti riuscire nell'intento di eliminarlo, era meglio non illudersi troppo, ma comunque a carissimo prezzo.

- Ho fame - sibilò Fùlger, gli occhi iniettati di rosso e le labbra accese da un'incontenibile sete di sangue.

Il tempo di contrarre gli artigli, balzando oltre il davanzale della finestra aperta, il demone spiegò nella notte le sue nere ali di pipistrello e si lanciò in volo lasciando che il vento gli sferzasse sul volto i lunghi capelli corvini.
I demoni erano sparpagliati in giro per la città, con l'ordine di uccidere qualunque cosa in grado di respirare, cosicché Fùlger non ebbe certo problemi ad intercettarli e ristabilire in modo chiaro chi tra loro fosse il cacciatore... e chi, invece, la preda.
Dopo essere atterrato ritto in piedi su di un grosso demone-bue, decapitandolo con una facilità impressionante, Fùlger passò freddamente lo sguardo da uno all'altro dei volti che pure lo scrutavano indecisi se attaccare o meno.

- Chiedo scusa - sorrise Fùlger cinico, rivolgendosi a quello che sembrava essere il capo. - Pensavo che ti servisse una mano!

Ciò detto, sollevandola davanti ai suoi nemici come un macabro trofeo, Fùlger resse davanti a sé il moncherino sanguinolento di una specie di mano dalla carnagione verdastra. Il proprietario, resosi conto di aver subito l'amputazione con una velocità impercettibile ed impressionante, a malapena riuscì a contemplare la propria mutilazione senza mettersi ad urlare.

- No? - fece Fùlger, addentando parte della mano con macabra noncuranza. - Mmm, non male... Solo un po' più di sale, per il resto, è già sufficientemente tenera!
- YYYEEEAAARRRGGGHHH !!!

Il lampo negli occhi e, nel momento in cui i mostri gli si scagliarono addosso tutti assieme, Fùlger mise da parte il suo spuntino per reagire con più violenza degli altri.
Prima conficcò il moncherino di carne verdastra nella gola del suo legittimo proprietario, facendogli strabuzzare gli occhi sia per la sorpresa che per la mancanza d'aria, e spinse a fondo in modo che l'osso restasse saldamente incastrato tra la mandibola spalancata e la laringe. Dopodiché snudò gli artigli e, piantandone le estremità adunche negli occhi di un avversario, riversò sulla testa dei nemici una fitta pioggia di sangue e pezzi di cervello.
Stava appena cominciando a divertirsi quando il mostro accecato, in preda agli spasmi dell'agonìa, gli serrò le braccia sull'addome con l'intento di fracassargli le costole.
Fùlger accusò il dolore, cercando il momento buono per liberarsi, scorgendo con la coda dell'occhio l'attacco combinato di altri due demoni che già intendevano perforargli il cranio con un doppio calcio in caduta libera.
Con uno scatto di reni, Fùlger si spostò dalla traiettoria mortale, usando le proprie corna come paletti per infilzare al volo il più vicino degli aggressori. Per sistemare il secondo, dopo essere ruotato su sé stesso e premuto i piedi sul petto del bestione cieco onde darsi la spinta, spiccò un balzo nella notte e tese il palmo della mano destra come una lama. Il mostro se lo vide venire contro con un ghigno malèvolo dipinto sul volto, sferzando l'aria con un colpo di karate, e un attimo dopo Fùlger gli aveva troncato il busto a metà uccidendolo all'istante.
La risata demoniaca di Fùlger, tale da raggelare il sangue a chiunque, certo non avrebbe fatto desistere i tirapiedi di Kasùyress. Il combattimento non presagiva sfida alcuna, dal momento che era sempre lui a condurre il gioco, ma ben presto al gioco si aggiunsero delle partecipanti che lasciarono il demone di stucco.

- Fermi dove siete - esclamò la voce chiara e squillante di una bionda ragazzina avvolta in un costume dalla foggia vagamente simile ad un'uniforme alla marinaretta.

Sia lei che le sue compagne, vestite perlopiù allo stesso identico modo, avevano un'aria di spavalderìa che lasciò Fùlger alquanto perplesso.
Davvero costoro intendevano combattere, conciate in quella maniera tanto ridicola, o forse si trattava semplicemente di uno scherzo?
Fùlger ricordava vagamente certe strane usanze terrestri, tipo Halloween e l'ultimo giorno di Carnevale, ma proprio non riusciva a spiegarsi, tra le altre, la presenza del minuscolo soldo di cacio dai capelli rosa che pure pareva seriamente intenzionata a dirsi "minacciosa" come e al pari delle cinque signorine in costume lì presenti...

- Per colpa vostra, ho dovuto rimandare l'estetista e il parrucchiere - brontolò Sailor Venus.
- Io, invece, ho dovuto spostare il mio corso di latino e il compito di algebra - rincarò Sailor Mercury furibonda.
- Stasera, alla televisione, davano il mio cartone animato preferito - esclamò Sailor Chibiusa, le mani severamente premute lungo i fianchi.
- Avevo tutti i miei fumetti di ieri da leggere, più quelli di oggi - tuonò Sailor Moon minacciosa. - Per giunta ho dovuto rinunciare ad un appuntamento col mio ragazzo... E allora, che cosa avete da dire a vostra discolpa?

Fùlger e i demoni smisero di combattere, leggendo ciascuno la propria perplessità negli occhi dell'altro, guardando le combattenti con un misto di incredulità e smarrimento.

- Ma da dove arrivano queste - mormorarono i mostri con un filo di voce. - Mica faranno sul serio?

Per tutta risposta, Sailor Moon e compagne assunsero le rispettive pose di battaglia e snocciolarono dunque forte e chiaro il loro Sailor-Ultimatum.

- Nessun mostro può scorrazzare libero nella nostra città, spargendo le proprie frattaglie in giro, come in una pattumiera - esclamarono decise, assumendo quanta più intransigenza e durezza possibile nel tono della voce. - Noi siamo le Paladine Sailor e siamo venute fin qui per punirvi... In nome della Luna!

continua col prossimo capitolo )

 

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Capitolo 16
*** Sedicesima Parte ***


Purtroppo il tono perentorio e il preciso invito affinché i nemici abbandonassero il luogo dello scontro senza colpo ferire non ebbero l'effetto sperato.
Le Sailor si erano già accorte che i loro avversari erano sufficientemente tosti da creare non pochi problemi, come dimostravano i resti della carneficina in atto, tuttavia Sailor Moon pareva illudersi ancora che fosse sufficiente snocciolare il solito monologo per convincere quei demoni a cambiare aria.

- Che cosa mi rappresenta quel dito, ragazzina? - domandò Fùlger atono, alludendo all'indice che la bionda combattente gli stava puntando contro.

In quella, Sailor Moon si rese conto che "forse" il suo contratto l'avrebbe impegnata un po' più del solito questa volta.

- Una volta, i mostri avevano più rispetto - sospirò lei rassegnata. - Non... Non è che potreste, gentilmente magari, andare a massacrarvi da un'altra parte?
- Cos'è, vuoi anche offrirgli il té con i pasticcini, per caso - sbraitò Sailor Mars, criticando ampiamente l'improvvisa remissività della compagna.
- Ma hai visto quello che hanno fatto - gemette l'altra, indicando la rossa poltiglia sanguinolenta dei demoni fatti a pezzi, così che anche la coraggiosa Rei ebbe un vistoso sussulto. - Non so voi, ma io ho un improvviso bisogno di mettermi a vomitare... 
- Direi che non c'è tempo per questo - esclamò Sailor Jupiter, pronta a gettarsi nella mischia.
- Sono d'accordo - fece Sailor Venus, schierandosi subito al suo fianco. - Cerchiamo di disorientarli, tanto per vedere di cosa sono capaci, e lasciamo che Sailor Mercury analizzi il loro punto debole!

Fùlger strinse gli occhi severo.
Ci mancava solo un gruppo di ragazzine esaltate, oltre ai suoi guai personali con Kasùyress. Quell'attimo di smarrimento, infatti, gli era appena costato un attacco durissimo al fianco e la ferita prese a bruciargli maledettamente sulla carne viva che pure buttava già un bel po' di sangue.

- Muori, Fùlger - squittì isterico un demone sopra di lui.

Correndo agilmente per evitare l'attacco, seminando una vivida scia di aura elettrificata sui suoi passi, Fùlger concentrò il suo potere nel palmo della mano e scaricò il pugno come messa a terra per investire il nemico con una bomba di fulmini concentrati. Purtroppo, non aveva tenuto conto del potere congiunto delle Guerriere Sailor che, ormai decise a combattere contro i demoni, logicamente vedevano in Fùlger un nemico mostruoso al pari degli altri.

- Ma queste chi diavolo sono? - mormorò Fùlger a denti stretti, evitando i Cerchi di Fuoco di Sailor Mars per un soffio.
- Combatti, mostro - sentenziò Sailor Jupiter, incrociando i pugni con lui. - Non credere di passarla liscia!

Fùlger avvertì chiaramente una notevole forza, nel pugno della combattente vestita di verde, tuttavia era palese che il suo livello non si avvicinava neppure lontanamente a quello di un demone guest.

- Vedi di calmarti - mormorò lui, rimproverando aspramente l'irruenza della ragazza. - Non ho niente contro le tue compagne ma, se insisti nel volermi attaccare, potrei decidere di farvi male sul serio!
- Mpf - sorrise Sailor Jupiter con aria di sufficienza, passando dalle tecniche di pugno a quelle di calcio. - Devi sottovalutarci parecchio!
- Non ho tempo per giocare con te - grugnì Fùlger seccato, spingendo a terra l'avversaria con un calcio a spazzare.

Offesa, Makoto decise dunque di ricorrere alla sua arma principale, ignorando che costui fosse proprio un demone elettrico.

- Fulmine - gridò. - AZIONE !!!
- Poi non dire che non ti avevo avvertita!

L'attacco più potente di Sailor Jupiter si spense lungo il braccio di Fùlger, come un ruscello in un fosso, lasciando la paladina di stucco e spiazzando le altre per lo stupore.

- Hai visto quello che ha fatto? - mormorò Sailor Chibiusa ponendosi a fianco di Sailor Mercury, la quale era indaffaratissima a raccogliere dati sulla battaglia in corso.
- E non sta nemmeno combattendo al massimo delle sue capacità - rispose l'altra preoccupata. - Stando al computer, il potere di quel demone è così elevato che non si riesce a stabilirne correttamente la forza... E se lui è così, non oso pensare a cosa siano capaci di fare i suoi simili in un attacco di massa!

Intanto, i demoni avevano inteso spostare il loro interesse sulla povera Sailor Moon. La bionda eroina aveva il suo bel daffare, nello schivare quanti più colpi letali possibili, ma con tutta quella confusione non poteva certo tirare il fiato e prendere la dovuta mira con lo Scettro. Sailor Mars cercò di coprire la compagna, scagliando una pioggia di talismani addosso ai nemici, mentre Sailor Venus si accinse a sua volta a scagliare il suo attacco per distogliere l'attenzione dei demoni da Usagi.

- Spirale dell'Amore di V... Eh ?!?

Non aveva ancora finito di richiamare l'energia planetaria che, trovandosi di fronte ad uno squamoso rettile repellente delle dimensioni di un camion con rimorchio, rimase raggelata dalle grosse fauci spalancate del mostro che promettevano di divorarla in un unico morso.

- Nononononono, buono buono... A cuccia, eh? Da bravo, fai il bravo, ti darò un bell'ossicin...
- GRRRAAAUUURRRAAARRRGGGHHH !!!

Solo grazie alla sua naturale prontezza di riflessi, Minako riuscì ad evitare che quella titanica mandibola di ferro le si chiudesse addosso con uno schianto secco. La sensazione di umidiccio nelle mutandine lasciava intendere che se l'era appena fatta addosso dalla paura. Cocciuto come un dinosauro affamato, l'ottuso rettile continuava invece imperterrito ad azzannare l'aria, nel tentativo di sminuzzare le bianche gambe sottili della fanciulla come un seducente paio di stuzzicadenti.

- Non sono una bistecca... Aiuto!

Troppo tardi.
Oramai Sailor Venus non aveva più angoli dove ripararsi, l'ombra del mostro incombeva minacciosamente sopra di lei, e la testa schizzò in avanti per assaporare quel tenero bocconcino spaventato.

- Aaah!

Quando la guerriera riaprì gli occhi, percependo lo spostamento d'aria improvviso come un qualcosa di insolito rispetto alla morte feroce che temeva, si rese conto che due forti braccia muscolose l'avevano appena sottratta da un destino assai poco piacevole. Seguendo il suo istinto da incubo, infatti, Fùlger aveva inteso prendere le difese della fanciulla per impedire che quel lurido mostro avesse da banchettare con un notevole esemplare di femmina umana.
Le Sailor, che pure avevano assistito alla scena, non riuscivano a credere ai loro occhi.

- Tutto bene? - domandò il demone seducente.

Probabilmente Minako era convinta di aver fatto colpo sul demone, grazie al proprio indiscutibile fascino, ma non poteva certo immaginare che costui era abituato a giocare la parte del seduttore per via della sua particolare natura. Ignorando gli sguardi lànguidi e le stelline luccicanti negli occhi della fanciulla, infatti, meno di un attimo dopo Fùlger si era persino dimenticato di essere corso in aiuto della bionda guerriera Sailor.

- Devo... Devo vedere sulla mia agenda - balbettò lei sognante, senza curarsi del grosso paio di corna appuntite che pure svettavano sulla fronte violacea del demone. - Venerdì sono intasata dai compiti ma, se parliamo di sabato e domenica, non posso certo rifiutare un appuntamento così galante...

Fùlger le accarezzò piano il mento con un sorriso, quasi volesse baciarla, ma ciò che disse la riscosse subito bruscamente dall'incantesimo.

- Lo terrò a mente - esclamò. - Quando ti vestirai in modo un po' meno ridicolo, forse!
- Non ti muovere, mostro - gridò Sailor Mars.
- Allontanati da lei, lentamente, e tieni le mani in vista - fece eco Sailor Jupiter.
- Cos'è, avete perso la strada per una festa in maschera? - azzardò il demone sarcastico. - Il circo è a soli cinque isolati da qui, comunque!
- Sfrontato - sibilò Makoto a denti stretti. - Non so cosa mi trattenga dal...
- Forse il fatto che ho appena salvato la vostra amica - osservò l'altro. - O forse il fatto che i vostri poteri non possono nulla contro di me!
- Chi sei - domandò Sailor Mars, ignorando quanto questi avesse ragione. - Perché ci hai attaccate?
- A dire il vero, siete state voi ad attaccare me - puntualizzò il demone. - Vi ripeto che non ho niente contro di voi: la mia è una partita personale, un gioco con poche regole semplici, e chi perde... muore!

Ciò detto, senza scomporsi dell'artiglio semovente alle sue spalle, Fùlger agguantò l'estremità retràttile dell'ultimo dei mostri sopravvissuti e, dopo avergli spezzato il braccio con uno schianto, questo si irrigidì privo di vita sull'asfalto.
Le Sailor osservarono impallidite, incapaci di proferire parola, allorché Fùlger si passò la lingua sul braccio sporco di sangue.

- Non mettetevi sulla mia strada - esclamò freddamente, contemplando appena il mucchio dei caduti attorno a sé. - Statemi lontano e vivrete senz'altro più a lungo!

Senza lasciare loro il tempo di replicare, Fùlger spiccò il volo verso l'alto e scomparve nel manto nero della notte.

 

( continua col prossimo capitolo )

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