Mistletoe

di NightmareInsomnia
(/viewuser.php?uid=461145)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mistletoe. Harry. ***
Capitolo 2: *** Mistletoe. Niall ***
Capitolo 3: *** Mistletoe. Louis ***



Capitolo 1
*** Mistletoe. Harry. ***


-Non ho voglia di festeggiare mamma!- disse la mora vedendo la madre entrare nella sua stanza senza neanche chiedere il permesso.
 
-Su, su. Non penserai di deprimerti per tutte le feste natalizie, vero Effy?- rispose a tono tirando le tende e aprendo la finestra facendo entrare il sole invernale che timidamente quella mattina aveva deciso di non nascondersi dietro alle nuvole.
 
-Mamma! Spero tu stia scherzando!- si lamentò la figlia alzando di scatto la testa alle parole della donna per poi massaggiarsi le tempie costatando fosse stata una brutta idea.
 
-Effy, non sembra un po’ esagerato deprimerti per un ragazzo che ha preferito tradirti che amarti come avresti meritato?
 
-No mamma. Mi sembra normale non voler festeggiare uno stupido Natale in famiglia dopo essere stata lasciata dal ragazzo che amavo.
 
Che bugia aveva detto la piccola Effy!
 
La donna sbuffò pesantemente prima di uscire seguita da un suo grido.
 
-Alza il culo dal letto e preparati! Des e Harry saranno qui a momenti.
 
Harry… no, non ci doveva pensare.
Lei era depressa, sì. Depressa perché… il suo ragazzo l’aveva tradita. Sì era così.
No, niente di tutto questo era vero.
Per Effy, Ryan era l’ultimo dei pensieri.
Era stata una bellissima storia la loro.
Si conoscevano fin da bambini e a sedici anni lui si dichiarò. La cosa aveva sconcertato la piccola mora che aveva paura che la loro amicizia si sarebbe rovinata per sempre.
 
La palestra della scuola era decorata a festa e piena zeppa di ragazzi che ballavano. Quell’anno chiunque avesse organizzato il ballo d’inverno, aveva fatto le cose in grande.
A un certo punto il capitano della squadra di football, Ryan Lee, il ragazzo più bello dell’intero istituto con un balzo salì sul palco improvvisato bisbigliando qualcosa al cantante che si stava esibendo.
Immediatamente smise di cantare e gli cedette il microfono accompagnato da una pacca sulla spalla e un sorriso incoraggiatore.
Il ragazzo si sistemò la cravatta e dopo essersi rischiarato la voce per attirare l’attenzione iniziò a parlare.
“Sera a tutti ragazzi. Scusate per l’interruzione ma devo fare un annuncio importante. E’ da un po’ di tempo che voglio dire una cosa a una ragazza.”
Le poche ragazze che ancora non gli stavano prestando attenzione si girarono curiose e desiderose.
Sì, perché che persona sana di mente non avrebbe desiderato un ragazzo come Ryan?
Bello, intelligente, dolce, coraggioso atletico… perfetto in poche parole.
“E’ in assoluto la ragazza più bella del mondo. I suoi occhi sono un qualcosa di fantastico, le sue labbra sottili quando vanno a formare un sorriso sono una vera e propria opera d’arte.
E’ intelligente, simpatica e anche un po’ pazza. Con lei non ci si annoia mai… ed io… io credo di essermi innamorata di lei, quindi glielo dirò. Effy, ti amo.”
Gli sguardi delle persone che prima stavano fissando con le labbra socchiuse il biondo si puntarono sulla diretta interessata che con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata guardava il suo migliore amico.”
 
Dire che ne era rimasta sconvolta era poco. Non se lo sarebbe mai aspettato.
Non aveva mai pensato a Ryan in quel modo e, infatti, ci mise qualche giorno per potergli rispondere.
 
“Lo sapevo, non avrei mai dovuto dirtelo.” Disse tristemente il ragazzo alzandosi dagli scalini su cui era seduto.
“No, dove stai andando?” gli chiese la mora afferrandogli una mano.
“A casa, sai è la vigilia di Natale e manca poco alla mezzanotte. Anche tu dovresti andare dentro” indicò con la testa la casa di Effy dietro di loro.
“Ti prego, rimani!” gli chiese supplicando la ragazza.
“Perché dovrei?”
“Perché ti amo.”
Erano le uniche parole che Ryan volesse sentire e dopo aver sorriso, si abbassò alla sua altezza per lasciarle un dolce bacio sulle labbra.
 
Effy non sapeva se quelle le parole le pensava davvero. Lo disse perché gli voleva troppo bene per farlo uscire dalla sua vita.
Nonostante tutto era certamente il sentimento che più si avvicinava all’amore che avesse mai provato.
Ryan fu certamente uno di quei fidanzati che tutte le ragazze avrebbero voluto avere.
Le mandava messaggi dolci quando non poteva vederla di persona, pensava sempre a lei, le scriveva lettere romantiche, era disposto a rinunciare a una serata con gli amici per lei, non avrebbe mai neanche guardato un’altra ragazza.
La mora era sicura che avesse fatto bene a dirgli quelle famose due parole, fin che un giorno sua madre ebbe la grande idea di sconvolgere per sempre il pensiero della ragazza facendogli presentare il suo caro compagno, Des.
Ma non fu quello il problema.
 
Un uomo entrò dalla porta seguito da un ragazzo.
“Ciao, tu devi essere Effy. Tua madre mi ha tanto parlato di te.” disse l’uomo avvicinandosi.
La mora sorrise e fece per tendergli la mano ma Des la anticipò abbracciandola e lasciandola di stucco.
“Effy, lui è Harry, mio figlio.” gli presentò il ragazzo appena si staccò.
“Ciao Harry.” Lo salutò cordialmente la ragazza.
“Ciao.” bofonchiò il moro rifiutando la mano da lei tesagli.
Più tardi si accomodarono a tavola e mentre Victoria e Des parlavano Effy ebbe il tempo di osservare quel misterioso ragazzo.
Dei capelli mori e ricci gli incorniciavano il bel viso, le sue labbra rosee erano un vero e proprio spettacolo, ma la cosa in assoluto più bella erano quelle pietre verde acqua che aveva incastonate al posto degli occhi.
 
Era quel tipo di ragazzo incasinato, con decine di macchie d’inchiostro sulla pelle, uno di quelli chiusi in se stessi, uno di quelli che non parlavano mai, ma nella sua testa c’era un gran chiasso, uno di quelli che non si affezionavano mai per davvero, quelli convinti che i sentimenti erano una gran cazzata.
Effy si ricorda di aver pensato di odiarlo.
 
Des e Victoria erano usciti a cenare e avevano deciso di lasciare i due ragazzi in casa Styles, impedendo alla mora di uscire con Ryan.
“Sto cazzo che ci vediamo questa serie per ragazzine.” Disse Harry prendendole il telecomando dalle mani per cercare qualche canale decente.
“Che stai cercando di insinuare?” chiese irritata Effy.
“Uhm… che è una stupida serie per cretine come te.” Rispose facendo spallucce Harry.
“Sei un coglione.”
“Ma che tipo di problemi hai?” Le chiese Harry buttando la testa indietro.
“Tu sei il mio problema!”
“Ma che ti ho fatto?”
La mora aprì bocca per rispondergli ma le parole le morirono in gola. Il perché non lo sapeva neanche lei.
Si limito a prendere un cuscino, salire le scale, entrare nella camera degli ospiti e sbattere rumorosamente la porta.
 
Da quel giorno la ragazza iniziò ad avere problemi con Ryan.
Il ragazzo si accorse del fatto che avesse sempre la testa da un’altra parte, ma non riusciva a capacitarsi di ciò.
Sentiva soltanto che lei stava pian piano scivolando via da lui.
 
“Cazzo Ryan, finiscila. Sei diventato paranoico!” urlò la ragazza per poi chiudere la chiamata. Non riusciva a capire il perché di quell’attaccamento morboso che il suo fidanzato aveva assunto da un po’.
Il vero problema però era che non era vero. Ryan si comportava come al solito, ma è come se la sua ragazza non sopportasse più ciò. O forse non sopportava più lui.
“Che è successo? Il tuo ragazzo si è accorto di quanto tu sia insopportabile?”
Harry era spuntato dal nulla per poi lanciarsi sul divano al suo fianco.
“Molto divertente Harry.”
“Dai seriamente, che è successo?” le chiese Harry mentre si arrotolò una ciocca di capelli della sorellastra sul dito assorto a osservarli.
La ragazza dopo essersi ripresa dalla sorpresa gli rispose.
“Quel cretino di Ryan continua a insinuare che sono cambiata, che non sono più la stessa di qualche mese fa, prima che incontrassi…”
Effy si bloccò rendendosi conto di come avrebbe dovuto completare la frase.
“Chi? Prima che incontrassi chi?” chiese curioso il riccio.
“Prima che incontrassi te!”
 
La piccola mora non si sarebbe mai e poi mai immaginata che quelle parole fossero vere, eppure era così.
Lei era veramente cambiata dopo l’incontro col riccio.
 
“Cosa fai?”
Effy si portò una mano all’altezza del cuore cercando di riprendere a respirare normalmente.
“Harry! Ma come diavolo fai a sbucare sempre del nulla!” lo rimproverò la ragazza una volta essersi ripresa.
Il riccio ridacchiò per poi stendersi sul letto al suo fianco.
“Allora, mi dici che stavi facendo?” le chiese dopo qualche attimo di silenzio.
“Stavo chattando” fu vaga Effy.”
“Con chi?” chiese prontamente il fratellastro.
“Con Ryan.”
Il riccio si rabbuiò appena sentì quel nome.
“Con quel coglione del tuo ragazzo?”
“Ehi, ma perché lo tratti sempre male? Che ti ha fatto?” gli chiese.
“Niente. Però ha te.”
Effy non capì il significato di quella frase e non rispose. A un certo punto sentì un movimento e si girò verso Harry che si era spostato su un fianco per poterla guardare.
“Se io ti sfioro che cosa senti?” le chiese.
La piccola mora non fece in tempo a rispondergli che il riccio le passò una delle sue grandi mani sul braccio scoperto.
La ragazza sentì dei brividi percorrerle la schiena e un senso di piacere diffondersi nel cervello.
 
Effy si accorse presto di quanto potere Harry avesse su di lei.
 
“Ehi, buongiorno.” La salutò il ragazzo appena aprì gli occhi.
“Buongiorno” biascicò lei in risposta.
Non fece in tempo ad alzare il busto che il riccio si abbassò alla sua altezza per poi poggiare le sue morbide labbra su quelle sottili di lei, unendole così in un bacio che nessuno dei due aveva programmato.
 
Effy si ricordava benissimo quel giorno. Era rimasta tutto il tempo imbambolata cercando di concentrarsi sulla parte negativa del sentimento che stava iniziando a provare per Harry. L’unico problema era che non c’erano cose negative.
Quel sentimento che la distruggeva allo stesso tempo la faceva sentire bene. La faceva sentire viva, viva come mai si era sentita.
 
“So che tu vuoi me, non lui”
“Cosa ti fa sentire così sicuro di quello che dici Harry?” lo stuzzicò la sorellastra.
“Il modo in cui io ti faccio sentire.”
“E come mi faresti sentire?”
“Ti faccio sentire il cuore in gola appena la mia mano sfiora la tua pelle. Ti faccio sentire i brividi per tutto il corpo appena pianto i miei occhi nei tuoi. Ti faccio sentire delle fitte allo stomaco quando dalla mia bocca escono parole dolci. Ti faccio sentire eccitata quando all’orecchio ti sussurro cose sporche. Ti faccio sentire sicura di te stessa quando ti dico di non preoccuparti. Ti faccio infine letteralmente svenire quando ti bacio.”
La ragazza spalancò gli occhi sorpresa. Come faceva a capirla così a fondo?
 
E mentre s’infilò i jeans puliti, una maglietta a maniche lunghe e una felpa pensò anche a quante altre cose le faceva sentire.
Harry era speciale. Ryan si avvicinava all’amore, Harry era l’amore.
 
“Sei sicura?” le chiese per la centesima volta.
“Sì Harry. Non ce la faccio più a far finta di niente. Io ti voglio”
Gli occhi pieni di desiderio di Harry si spostarono su quelli celesti di lei. Anche lui la voleva. Più di ogni altra cosa, ma aveva una un pensiero fisso in testa. Aveva paura. Paura che il suo desiderio fosse solo carnale. Perché a Harry non bastava. Harry voleva il suo cuore.
 
Mentre si truccava, pensava a quanto fosse stata speciale quella volta. La notte più bella della sua vita.
 
“Che cosa hai fatto?” urlò Ryan.
“Hai capito bene. Sono andata a letto con un altro.”
Il suo ragazzo rimase impietrato a fissare il vuoto per poi sospirare.
“Non m’interessa se hai fatto sesso con un altro. Sono disposto a perdonarti.”
“Amore.” lo corresse Effy.
“Cosa?” le chiese sperando di non aver capito quello che avesse appena detto la sua ragazza.
“Non abbiamo fatto sesso, abbiamo fatto l’amore.”
“Harry ti ha fatto il lavaggio del cervello, perché è così, vero? Sei andata a letto col tuo fratellastro!
“Non mi ha fatto il lavaggio del cervello. Io lo amo!” urlò lei.
“Ma lui ama te?!”
 
Dopo il discorso che aveva avuto col suo ragazzo, smise di parlare con entrambi.
Ryan aveva colpito nel segno. Lui la amava?
No, uno come lui non poteva amare… questo la faceva soffrire tantissimo.
Dopo aver preso un grosso respiro, scese giù da basso, dove sua madre, Des e Harry la stavano aspettando.
Fece un finto sorriso e dopo aver scambiato quattro parole con quello che fra quattro mesi sarebbe diventato il suo patrigno a tutti gli effetti, s’isolò seduta sul divano di casa aspettando l’arrivo della mezzanotte.
Una mano prese la sua e quando alzò lo sguardo, si costrinse di trattenere il respiro. Ogni giorno diventava più bello.
 
-Posso parlarti?- le chiese a bassa voce nell’orecchio.
 
Effy si limitò ad annuire seguendolo fuori di casa proprio sotto il portico.
 
-Perché mi stai evitando?- le chiese senza giri di parole appiattendo il suo corpo al muro con il suo.
 
In quella posizione la mora si sentì morire.
 
-Non ti sto evitando.- finse la ragazza cercando di mantenere stretto quel poco autocontrollo che le era rimasto.
 
-Ti prego, dimmi perché lo stai facendo!- ansimò Harry contro il suo collo mentre col naso le accarezzava il collo.
 
Quella ragazza era come una droga per lui.
 
-Perché ho paura.- si decise di rivelare Effy.
 
-Paura di cosa?- chiese Harry alzando lo sguardo piantando quelle preziose pietre verde acqua nei suoi occhi.
 
-Di tante cose. Di non essere abbastanza per te. Di non essere ricambiata.- rispose arrossendo e abbassando il viso non riuscendo a reggere lo sguardo.
 
-Ricambiata?- chiese confuso ma allo stesso tempo speranzoso il ragazzo.
 
-Sì, ricambiata, perché io ti amo.
 
A quelle parole il respiro di Harry si fermò, il cuore iniziò a battere come se da un momento all’altro dovesse uscirgli dal petto.
 
Presto però lo sguardo di Harry si perse in alto facendo temere alla ragazza che lui non ricambiasse. Solo quando seguì i suoi occhi, si accorse di cosa stesse fissando.
 
-Ti amo anch’io
 
I due si sorrisero e si baciarono nel modo più dolce che conoscessero. Effy era sicura che se le braccia di Harry non le circondassero la vita sarebbe già caduta a terra a causa delle gambe molli e Harry non era sicuro di avere abbastanza forza di volontà per staccarsi dalle labbra sottili di lei.
 
Ed è così che i due si ritrovarono a baciarsi sotto il vischio mentre scoccava la mezzanotte.







Under the Mistletoe!
Ringrazio tutte le buone anime che sono arrivate a leggere fin qua.
Ho come l'impressione che non siano molte però...
Comunque, come avrete notato, questa è una raccolta di One-Shot in occasione del Natale. E' da un po' che mi frullava per la testa questa idea, così questo pomeriggio mi sono messa a scrivere questa storiella su Harry.
L'unica cosa che ovviamente avranno in comune queste storie sarà il vischio :)
Beh, mi piacerebbe tantissimo se mi lasciaste una recensione. Positiva, neutra, critica...
Non mi interessa. Voglio sapere cosa ne pensate e se secondo voi dovrei scrivere anche le altre quattro che ho già in testa.
Ditemi anche se trovate degli errori...
Giuro che sto facendo gli occhi dolci e poi a Natale sono tutti più buoni...
Okay, io ora mi eclisso, ma voi, fatevi sentire!

Sally_

P.S. Sto cercando qualche storia carina da recensire. Potete propormene una (che sia o non sia vostra)?
Grazie a chi lo farà :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Mistletoe. Niall ***



-Niall… c’è il vischio.
 
Era una giornata d’inverno. Per meglio precisare la vigilia di Natale.
Grace aveva insistito così tanto per uscire e alla fine il biondo aveva ceduto.
 
-Bene, e allora?- chiese strafottente lui.
 
-Beh, baciarsi sotto il vischio porta bene. Non conosci la leggenda?
 
-So che porta bene, ma è una grande cazzata.- fece spallucce Niall.
 
-Ah.- si limitò la ragazza abbassando lo sguardo sulle sue scarpe.
 
Il biondo sbuffò impercettibilmente per poi passarsi una mano fra i capelli e tirare le labbra in un leggerissimo sorriso.
 
-Però se ti va, puoi raccontarmela. - aggiunse in modo dolce.
 
La mora alzò la testa di scatto piantando i suoi occhi scuri in quelli limpidi di Niall.
 
-Davvero?- chiese con uno strano luccichio e una voce da bambina.
 
Il biondo sorrise intenerito alla faccia della ragazza e in risposta annuì con la testa.
I due si accomodarono a un tavolino all’interno del locale, mentre la ragazza riportava spesso lo sguardo al vischio attaccato sopra la porta. Quanto avrebbe voluto che lui l’avesse baciata.
 
-Allora? Mi racconti questa storia.
 
Gli occhi cioccolata di lei tornarono velocemente su di lui e le sue labbra si aprirono in un sorriso sincero, dolce, ingenuo.
Assomigliava così tanto a una bambina, per questo Niall l’aveva notata.
 
-Beh, da dove iniziare… La leggenda narra che Freya aveva due figli, Balder e Loki. Il secondo, cattivo e invidioso, voleva uccidere il primo, buono e amato da tutti.- disse giocherellando col tovagliolo tenendo lo sguardo su di esso.- Venuta a conoscenza di ciò Freya cercò di proteggere Balder e chiese a Fuoco, Acqua, Terra, Aria e a tutti gli animali e le piante di giurare la loro protezione per l'incolumità del figlio, e così fecero. Loki però scoprì che la madre non si era rivolta a una pianta, che non viveva né sopra né sotto terra: il vischio. Intrecciando i rami di questa pianta fece così un dardo appuntito, lo diede al dio cieco dell'inverno, che lo tirò dal suo arco e colpì, uccidendolo, Balder.- alzò lo sguardo per notare che Niall la stava guardando incantato sorreggendo il viso con una mano.
 
-E finisce così?- chiese lui appena si accorse che la mora aveva finito di parlare.

-Ehi, fammi finire.- lo riprese lei.-Tutti gli elementi della Terra e del Cielo si rattristarono per la morte dell'amato Balder e per tre giorni e tre notti cercano con tutte le loro forze di riportarlo in vita, ma non riuscirono. Freya, rassegnata e disperata, pianse tutto il suo dolore sul corpo del figlio. Magicamente, le lacrime sincere della madre, a contatto con il dardo di vischio, diventarono le bacche perlate della pianta e Balder riprese vita. Così Freya, colma di felicità, ringraziò chiunque passasse sotto l'albero su cui cresceva il vischio con un bacio. E questo è tutto.- concluse sorridente.
 
-E perché bisognerebbe baciarsi sotto il vischio?- chiese il biondo, più che per curiosità, per vedere le labbra della ragazza muoversi.
 
-Beh, da lì in poi la dea vuole che chi sta sotto il vischio si baci, per avere la sua protezione eterna, simbolo della vita e dell'amore che sconfigge anche la morte.- spiegò lei con gli occhi luccicanti mentre fissava il bel ragazzo davanti a lei.
 
-Bella storia. Ma sai che non sono un grande amante di queste cazzate.- disse facendo spallucce il biondo.
 
-Già…- disse tristemente la mora per poi abbassare lo sguardo.
 
Grace era una di quelle bambine dolci e gentili.
Sembrava una piccola e bella principessina. Forse per quello i suoi gli avevano dato quel nome.
“Grace, cosa vuoi essere da grande?” le chiese un giorno Kelly, la sua sorella maggiore di un anno.
“Non so cosa voglio essere, ma so chi vorrò. Voglio un principe.” rispose annuendo convinta delle sue stesse parole la piccola dalle treccine.
“Un principe?” chiese ingenuamente la sorella.
“Sì. Un bellissimo principe che mi salvi dai mostri e dalle persone cattive. Però non deve essere come il ragazzo di Natalie” disse pensando al fidanzato della cugina “lui è troppo neutro.”
“Neutro?”
“Sì, io voglio un principe che mi dia tante attenzioni, che mi baci, che mi dica tante cose romantiche.”
 
Invece Grace era riuscita a far entrare nella sua vita il ragazzo più diverso dal principe azzurro che potesse esistere.
 
“Ehi Josh… chi è quella tipa?” chiese Niall all’amico mentre prendeva i libri dall’armadietto indicando con la testa una mora che se ne stava seduta tutta sola col capo chino a leggere.
“Chi? La Stonem? Lascia perdere amico.” gli rispose tornando a guardare invece il gruppo di cheerleader che stavano chiacchierando come al loro solito lì vicino.
“Perché?” chiese semplicemente il biondo. Era dispiaciuto della risposta dell’amico. Quella ragazza sembrava carina nonostante non scorgesse il viso. Non gli sarebbe dispiaciuto uscirci una volta. Si era un po’ stancato delle biondine ossigenate con cui passava la notte.
“E’ tutta pazza.” si limitò Josh senza neanche degnarlo di uno sguardo.
 
Niall non aveva certamente seguito il consiglio dell’amico. Lui la voleva. Ora era una questione di onore.
 
“Posso?” chiese gentilmente.
La ragazza alzò velocemente lo sguardo per guardare chi avesse pronunciato quella semplice parola che da più di un anno nessuno osava più rivolgerle. Annuì per poi riabbassare lo sguardo.
“Come ti chiami?”
Non poteva star parlando veramente con lei.
“Allora?” insistette.
“Grace.”
 
Quel ragazzo era entrato nella sua vita con l’unico scopo di farla sua ed essere premiato dagli altri ragazzi per essere andato anche con quella bellissima squilibrata.
Perché sì, lei era bellissima.
Niall non era un bravo ragazzo. Niall non era un principe azzurro.
Niall era l’opposto.
 
“Uhm, dai Daisy…” ansimò il biondo sul collo della bionda.
“Vieni, andiamo in bagno.” gli prese la mano lei trascinandolo via dal corridoio della scuola.
Niall pensava di essere passato inosservato, ma in realtà una mora lo stava guardando con la bocca spalancata.
Era solo una stupida. Non aveva idea del perché il biondo ultimamente passasse molto tempo con lei ma la sua speranza di potergli interessare era completamente sparita.
 
Sì, Niall non era esattamente quel ragazzo che da piccola sognava, ma con lei sembrava diverso.
 
“E’ semplice Niall.” concluse il suo discorso la mora.
“Wow, mi hai insegnato più te in tre ore che il mio prof in cinque anni di scuola.
Grace sorrise imbarazzata e abbassò la testa.
“Ehi piccola… Perché sei arrossita?” le chiese Niall avvicinandosi e mettendole una mano sulla schiena.
Quel tono dolce non l’aveva utilizzato neanche quando si era presentato.
Le guance già spruzzate di rosa erano diventate rosso fuoco e il cuore della piccola principessa sembrava voler uscire dal petto per quanto battesse forte contro il petto.
Era sicura di non essersi mai sentita così.
 
Grace provava uno strano sentimento per quel ragazzo così dolce e gentile ma allo stesso tempo così menefreghista e violento.
 
“Cosa stai facendo Niall?!” urlò disperata la bionda vedendo il biondo sferrare un pugno a Josh.
Il ragazzo non le diede ascolto e continuò a picchiarlo.
Tremava, riusciva solamente a tremare.
Non seppe perché lo fece ma si mise davanti all’amico dell’irlandese. Lei odiava Josh ma amava Niall anche se in un modo tutto suo. Le faceva male vederlo così.
Il biondo non fece in tempo ad accorgersene e sferrò un pugno nello stomaco di Grace che dopo essere stata scaraventata contro il muro d’entrata della scuola, cadde a terra.
I polmoni svuotati e l’affanno nel suo respiro.
Ci mise qualche secondo Niall a capire che fosse successo e si precipitò al fianco della mora in ginocchio.
“No cazzo. No. Non volevo devi credermi. Oddio, no.” si spaventò lui notando la mano di lei all’altezza del cuore, lo sguardo fisso sulla parete e gli occhi sbarrati.
“No, no, ti prego.” le sussurrò il ragazzo a bassa voce mentre ragazzi curiosi furono attirati dalla scena che si stava presentando ai loro occhi.
Poggiò una mano sulla sua schiena e costatò stesse tremendo.
“Andatevene, sparite!” urlò alla discreta folla che li circondava prendendo in braccio la piccola Grace a mo’ di sposa mentre lei con un braccio gli circondava il collo.
Niall si odiava per quello.
Si odiava per averle fatto del male fisico, ma anche mentale, perché lui la conosceva, lui sapeva che il motivo del suo sguardo perso erano i mostri che nella sua testa le stavano parlando, le stavano urlando, la stavano picchiando, la stavano torturando, la stavano uccidendo.
 
 
Niall sapeva di quanto la piccola mora fosse fragile.
La creatura più innocente, dolce e gentile che esistesse era quella bellissima diciottenne entrata per scherzo nella sua vita e a cui si era affezionata in modo particolare, per lui sconosciuto.
 
“Scusami, ti prego scusami” singhiozzò Niall accarezzandole i capelli.
“Ehi piccolo, va tutto bene, va tutto bene…” gli sussurrò lei all’orecchio mentre con la mano gli sfregava il braccio.
Erano entrambi sdraiati sul letto della casa di Grace dopo che il biondo l’ebbe portata via da scuola nel tentativo di calmarla cosa in cui riuscì.
“Grace io… io ti ho picchiata. Ti ho messo le mani addosso… Sono un mostro” pianse l’irlandese contro il suo petto.
Agli occhi della principessa era un piccolo e indifeso bambino. Non l’aveva mai visto così e mai avrebbe immaginato neanche di farlo.
Il biondo alzò lo sguardo per far scontrare i suoi occhi oceano con quelli nocciola di lei.
Alla vista di quelle pozze d’acqua arrossate la mora sentì una strana morsa al petto.
Non voleva vederlo così
 
Un bad-boy e una pazza. Chi se lo sarebbe immaginato?
 
“Niall… cosa hai fatto?” chiese spaventata la mora mentre si precipitava a sorreggere il ragazzo per portarlo dentro casa.
“Niente? Cazzo dici? Sei pieno di lividi e ti esce sangue dal naso! Tu questo lo chiami niente?” urlò quasi isterica la piccola principessa.
Velocemente lo accompagnò nella sua camera ringraziando il cielo che ne sua madre ne Kelly erano a casa. Da quando avevano scoperto che le sue frequenti uscite erano a causa di quel biondo con la fama di cattivo ragazzo le avevano severamente proibito di frequentarlo.
Come se fosse una bambina sprovveduta.
Beh… in realtà lo era.
“Niall stai fermo qua, prendo la valigetta del pronto soccorso.” disse velocemente adagiando il biondo sul letto.
Quando ritornò, lo sommerse di domande a cui però lui non rispose.
“Niall… perché mi tratti così?” chiese lei sull’orlo del pianto.
“Così come?” chiese il biondo non capendo.
“Ti avvicini quando nessuno mi vuole, diventi il mio unico amico, mi ignori quando ci sono i tuoi amici e alcune volte mi tratti male davanti a loro, ti prendi cura di me quando sto male, picchi Josh per difendermi, stai palesemente male e non mi dici il perché, mi fai innamorare di te ma poi pretendi che io lasci correre le tue cazzate…”
“Che hai detto?” le chiese Niall sorpreso interrompendola.
“Che pretendi che io lasci correre le tue cazzate.” Rispose lei ovvia.
“No, prima.”
“Che sono innamorata di te…” sussurrò la principessa abbassando lo sguardo.
“Io… cioè… tu…” cercò di dire il moro confuso dalle parole della ragazza che quando lo sentì balbettare alzò lo sguardo sorridendo tristemente.
“Non preoccuparti. Lo so che non provi lo stesso. Però la verità è questa. Io ti amo. E per piacere, non credere a quella cazzate del doverci dividere per non ferire entrambi. Faresti solo del male a me e in un certo modo spero anche a te. L’unica cosa che pretendo da te è averti vicino.”
 
Grace lo amava. Lei ne era sicura. Spesso si chiedeva come facesse a saperlo, lei che con i sentimenti non era brava, ma tutte le volte che il corpo del biondo la copriva proteggendola dagli altri sapeva che quello che sentiva, quegli occhi lucidi, quel battito del cuore troppo accelerato non erano solo dovuti alla riconoscenza.
Ed era strano. Era strano perché lei desiderava lui. Desiderava potergli prendere la mano pubblico, desiderava abbracciarlo tutte le volte che gli passasse nella testa, desiderava far combaciare almeno una volta le sue labbra con quelle di lui, voleva possedere il suo cuore ma semplicemente non poteva. Era Niall a decidere.
Era così meschina questa cosa.
Da una persona esterna potrebbe sembrare così. Lui che poteva averla quando voleva ma lei che non poteva fare altro che accondiscendere senza mai poter prendere il controllo.
Ma non era così. Neanche Niall poteva scegliere cosa fare. Era come se il suo corpo e le sue azioni fossero scollegate dal suo cervello.
 
“Uhm…”
“Che stai facendo?” chiese il biondo divertito osservando il viso corrugato della mora.
“Non riesco a risolvere questo problema!” sbottò infastidita lei sfilandosi la matita morsicata dalla bocca.
Lo sguardo di Niall si posò immediatamente sulle labbra piene di lei.
Sembravano così… soffici.
Non ci pensò nemmeno una volta prima di chinarsi su di lei e poggiare le sue labbra su quelle di Grace che spalancò gli occhi stupefatta, gli stessi occhi che dopo aver scollegato il cervello si chiusero permettendole di lasciarsi andare.
Fu la cosa più brutta e allo stesso tempo più bella che Grace potesse fare.
Brutta perché per lei quel bacio era d’amore puro, sincero, mentre probabilmente per Niall era un modo per scherzare con lei e sapeva che una volta staccata da lui si sarebbe sentita male, ma bello perché quelle labbra che per tanto tempo aveva bramato erano, anche se per poco sue, solamente sue.
Cioccolato. Questo era il sapore si lui.
Menta. Il sapore di lei.
Sapori così diversi che però insieme formavano un mix di passione, bellezza, tenerezza e amore. Un mix magico. Un mix che entrambi avrebbero provato altre infinite volte.
 
Loro erano così: diversi. Diversi da qualunque altra coppia.
 
“Oh, la povera psicopatica piange.” La derise Josh mentre osservava compiaciuto il corpo inerme della ragazza a cui aveva appena rifilato un pugno rannicchiato a terra scosso dai singhiozzi.
“Che cazzo hai fatto?” urlò il suo amico appena arrivato.
“Che c’è, ti da fastidio che picchi la pazza della tua ragazza? Ti sei rammollito a tal punto?” gli chiese deridendolo.
Niall si scagliò su di lui pestandolo e si fermò soltanto quando sentì la voce di Grace richiamarlo impaurita.
“Non permetterti mai più di sfiorarla nemmeno con un dito, anzi, non permetterti neanche di pensarla, lei è troppo per occupare il tuo cervello.”
 
Grace si sentiva normale con Niall al suo fianco. Ma non normale nel senso di annoiata, anzi i sentimenti che sentiva erano tutt’altro che comuni, erano forti. Semplicemente quando il biondo la guardava, sentiva che i suoi occhi erano uguali a quelli che usavano le persone qualche anno prima.
 
“Tesoro…” sospirò la donna accarezzando la testa della figlia senza motivo.
Grace guardò arrabbiata la madre. Perché lo stava facendo? Perché la stava trattando come se fosse un caso perso?
“Che ho fatto mamma? Perché sei così?” chiese con la voce più alta del solito la mora.
“Amore…” disse tristemente.
“Mamma, la vuoi finire? Ti comporti come se io fossi morta!” sbottò lei.
“Non puoi capire.” Si limitò la madre abbassando la testa.
“Kelly?” chiese la ragazza vedendo la sorella affiancare la donna.
“Sì?”
“P-Perché mi guardi in quel modo?” chiese spaventata la piccola principessa.
“In che modo ti sto guardando?” le chiese fin troppo dolcemente.
“Sei malinconica… triste… mi guardi come se fossi pazza?!” le disse piantando i suoi occhi marroni in quelli verdi di lei “E… hai un tono di voce… strano.” concluse poi.
La sorella non rispose. Si limitò di sorridere ancora più tristemente. Pensava realmente che lei fosse pazza.
 
Dopo quell’incidente, appena ripresasi e dimessa dall’ospedale i suoi genitori l’avevano obbligata ad andare da un “dottore”.
Grace odiava quell’uomo che insisteva a dirle che l’avrebbe aiutata.
Tutte le volte lo vedeva parlare all’orecchio con sua madre a cui scivolava sempre una lacrima dagli occhi verdi.
Una volta l’aveva fatto arrabbiare e allora aveva iniziato a urlarle contro che lei era pazza, che quelle voci, quei mostri erano solo frutto della sua mente malata e alla fine l’aveva picchiata.
Grace non capiva. Perché tutti erano così con lei?
Prima di trasferirsi in Irlanda, quando ancora abitava a Londra, era una ragazza popolare, tutti volevano essere suoi amici, mentre dopo l’incidente tutti la evitavano come se fosse malata.
 
-Uhm, io vado in bagno…- sussurrò lei appoggiando la sua cioccolata sul tavolo.

-Okay, ti aspetto.- le sorrise Niall.
 
Quella ragazza lo faceva impazzire.
Tutte le volte che la baciava il suo cuore sembrava voler uscire dal petto e un formicolio gli percorreva l’intero corpo e tutte le volta dopo essersi staccato dalle sue labbra che sapevano di menta voleva sempre di più. Ormai era una droga.
Adorava stringerla a se, accarezzarla e sussurrarle cose dolci all’orecchio, non poteva farne a meno, anche se quando era in pubblico non lo faceva mai e si sentiva un codardo per quello.
Si chiedeva come quella piccola principessa potesse amarlo nonostante tutto.
Nonostante non sapesse trattarla come una ragazza meritava dal proprio ragazzo.
Nonostante lui fosse sempre aggressivo.
Nonostante dietro a quel viso d’angelo si nascondesse un mostro.
Nonostante non le aveva mai detto di amarla.
Nonostante lui non fosse il principe che lei desiderava.
Si ricordava ancora quando le aveva chiesto di essere la sua ragazza e si vergognava per quello.
Sì, si vergognava, perché lo aveva fatto facendo credere ai suoi “amici” che in realtà non lo avesse fatto perché provava dei sentimenti verso di lei ma perché provava pena.
E lui, anche se in un modo tutto suo, quasi platonico, la amava. La amava per davvero.
 
-Oh… guarda chi si vede!

Grace sentì un brivido percorrerle la schiena. Sapeva perfettamente chi era.

-Josh…- salutò sprezzante.

-Ehi puttanella, porta rispetto.- La riprese Josh passando una sua mano sul braccio coperto solo da un leggero cardigan blu di lei.

-Non mi toccare!- sibilò tra i denti lei scostandosi.

-Ahi, ahi… Non ti conviene comportarti così con me.- Le sussurrò all’orecchio per poi morderle il lobo e imprigionare i polsi con le sue mani.

-Lasciami! Lasciami!- urlò Grace.

-Ehi amore, sei tu?- chiese dolcemente una voce da dietro la porta del bagno.

-Amore? Sei veramente messo così male Niall?- ghignò Josh.

Il biondo sentì il sangue congelarglisi nelle vene e la rabbia iniziare a impossessarsi di lui.
Lui era lì.
Lui era lì e stava toccando la sua Grace.
Aprì la porta con un pugno e afferrò l’amico per il colletto.
Da quel momento in poi il cervello del biondo si scollegò del tutto.
Si risvegliò solo quando una manina tremolante gli si poggiò sulla spalla.
Alzò lo sguardo e si accorse di essere seduto a terra contro il muro, con il corpo malmenato dell’amico al fianco e la sua bellissima ragazza davanti a lui inginocchiato.
La osservò nei minimi dettagli e il risultato per lui fu sconvolgente. Lei aveva paura. Paura di lui.

-Amore, che è successo?- chiese a bassa voce.

-Tu… tu hai… picchiato Josh… e loro erano qui.- Disse con le lacrime agli occhi la ragazza.

-E io che ho fatto?- chiese purtroppo già intuendo la risposta.

-Hai… hai continuato a picchiarlo.- disse abbassando la testa.

-E tu…?

-Niente, ho provato a mandarli via ma non l’hanno fatto.

-E quando se ne sono andati?

-Quando hai smesso di picchiarlo.

E Niall ebbe la sua odiata conferma. Era lui che aveva fatto ritornare i mostri che negli ultimi due mesi sembravano aver abbandonato per sempre la sua testa.
 
I due lasciarono velocemente il locale abbandonando il corpo di Josh a se stesso, diretti verso la loro casa. Loro perché ormai Grace viveva con lui.
 
“Oh no mia cara! Devi smetterla.” Disse la madre riferendosi alle uscite con Niall. Nonostante le era stato proibito, infatti, la mora non perdeva occasione di scappare da casa e alcune volte le capitava di stare via interi giorni senza neanche tornare per la notte.
“Smettere cosa? Di essere felice? Perché con Niall sono felice!” urlò la bionda per poi preparare i bagagli e andare via. Per sempre.
Si ritrovò un paio di ore dopo a citofonare a uno dei tanti appartamenti di quell’edificio mal ridotto della puzzolente periferia di Londra.
Si ritrovò davanti ad un Niall stanco, dalle occhiaie marchiate, i vestiti blandi che appena vide il borsone capì e abbracciò la sua ragazza assicurandole di poter rimanere.
 
Definirla casa era un po’ troppo. Era una sola stanza con un letto matrimoniale, un armadio, degli scaffali in metallo un angolo cucina, un piccolo bagno adiacente e tanto, tanto disordine.
Grace si divertiva a tentare di fare la donna di casa ma era negata sia nel pulire sia nel cucinare e alla fine era Niall che intervenendo ai suoi casini si occupava della casa.
 
Dopo che la ragazza gli pulì le ferite, si sdraiò nel letto e accortasi dello sguardo colpevole di Niall al suo fianco, lo baciò.

-Ehi, non preoccuparti- gli disse con ancora le mani sul suo viso -ti amo.- concluse anche se sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.

Si accoccolò fra le braccia del suo ragazzo fin che il suo respiro non divenne più che regolare e il biondo pensò che si fosse addormentata e si decise a pronunciare quelle parole che gli riempivano il petto. Quelle due parole che diceva soltanto quando lei non poteva sentirle.

-Ti amo anch’io.- le sussurrò Niall.

Ma Grace non dormiva affatto.













Under the mistletoe:
Sera gente. 
Meno male che dovevo aggiornare tutti i giorni!
A parte l'ironia, scusate. Il Natale mi fa sentire male. Sapete com'è: Alberi addobbati di ipocrisia, tavole ricche di cibo e povere di allegria, regali costosi di sorrisi da quattro soldi, strade piene di persone vuote. Ho la nausea.
Che merda!
Questa storia... non doveva essere così. Nella mia testa era completamente diversa, ma okay.
Mi sento tanto Grace, con le uniche differenze che lei è bellissima e al suo fianco Niall. Mi dispiace sminuirla così, visto che Grace esiste già da un anno e occupa duecento pagine di word. Magari un giorno potrei pubblicare qui la sua storia anche se stavo pensando di pubblicare la mia. Chissà quanta gente su questo sito che ha letto le mie altre storie o è in contatto con me tramite recensioni rimarebbe stupita. Sì, sarebbe divertente.
Per ora credo che penserò a cosa poter fare stanotte visto che da un po' di dormire non se ne parla neanche. Potrei scrivere un'altra One-Shot.

Credo che questa sarà piena di errori visto che non l'ho riletta. Probabilmente domani lo farò e la correggerò. E scusate anche anche per il banner schifoso. Foto_Flexer e Java hanno deciso di prendermi in giro.
Wow.
Devo dire che ci sono rimasta un po' male vedendo una sola recensione eppure tante visite :( 
Vi prego, recensite. Che sia una recensionec positiva, neutra o critica non mi interessa. Anzi, amo le recensioni costruttive!
Spero a domani.
Ah, e lo vedete quel fighissimo banner?
Tutto merito di 
ale3103.
E' fanyastico!
Grazie mille :)


Sally_
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mistletoe. Louis ***






 
-Uhm… dove sono?
                          
Louis non ricordava quasi più niente della serata precedente. Solo tanta confusione, rumori forti e persone che correvano e ora si ritrovava disteso su un pavimento freddo e sporco.
Cercò di alzarsi appoggiandosi ai gomiti ma una fitta alla spalla lo riportò giù insieme a un gemito di dolore. Guardò la sua pelle nuda e vide una benda insanguinata.
Che cazzo era successo la notte scorsa?
Si alzò aiutandosi con la mano sinistra per poi portarla sulla stoffa bianca una volta in piedi.
Cosa ci faceva in quella stanza sudicia e puzzolente? Dov’era la sua casa piena di lussi e confort?
Sentì una chiave girare nella toppa e una porta dietro di lui aprirsi.
 
-Vedo che ti sei svegliato.
 
Una voce femminile gli arrivò alle spalle facendolo voltare di scatto.
 
Emily non aveva dormito tutta la notte. Dopo che si era data da fare con il ragazzo che aveva raccolto dalla strada, si accorse che erano passate ben tre ore. Che senso aveva appisolarsi? Così uscì per “fare la spesa” e comprare delle bende per il malcapitato che aveva ospitato nella sua “casa”.
Appena entrata rivolse uno sguardo al castano, per poi osservare il viso e soffermarsi sui suoi occhi.
Azzurri, azzurri come il mare più puro, azzurri come il cristallo più lucido, azzurri come il cielo infinito in un pomeriggio d'estate, azzurri come la meraviglia fatta carne. 
Due distese attraenti e seducenti di incantesimi complessi, di pianure sterminate, di pace e di gioia. 
Quelle iridi piene di riflessi solari erano quasi impossibili da guardare, perché ti sentivi opprimere, affogare dall'oceano limpido che vi traboccava dentro. 
E quei piccoli, minuscoli punti neri che erano le pupille si confondevano in tutto quell'azzurro così mistico e fantasioso, che nemmeno la mente del più grande artista avrebbe potuto realizzare lucidamente. 
 
Louis vide la ragazza con la pelle ambrata osservarlo e si sentì in soggezione per tanta bellezza.
Solo dopo alcuni istanti ritornò in se ponendo un ulteriore quesito alla lista: chi era?
La giovane donna sembrò leggergli nel pensiero e dopo ancora qualche secondo di esitazione si avvicinò tendendogli la mano.
 
-Piacere, sono Emily.
 
-Louis.- rispose alla domanda non fatta stringendo la piccola mano di lei e incantandosi nei suoi occhi marroni, scuri, quasi neri, bellissimi.
 
Si fissarono dritti negli occhi per quello che parve un’infinità e fu proprio Emily a distogliere lo sguardo per prima tirando via la mano imbarazzata.
Louis si passò una mano sul collo nervoso.
Ancora non capiva come ci era arrivato in quel lurido e viscido posto.
 
-Ti ho portato io.
 
Sì, quella ragazza doveva veramente essere in grado di leggere nel pensiero.
 
-E perché?
 
Perché? Perché aveva portato un ragazzo sconosciuto a casa sua?
 
-Non mi andava di lasciarti in mezzo alla strada.- si limitò lei alzando le spalle.
 
Perché era in mezzo alla strada?
 
-Che è successo ieri notte?
 
Non riusciva proprio a spiegarselo. Ora si ricordava qualche immagine in più ma era tutto così tremendamente sfocato.
 
-Questo dovresti dirmelo tu. Io ho solo visto dei ragazzi correre via e il tuo corpo ferito in mezzo alla strada.
 
Ma certo! Josh! I soldi! Un momento… che aveva detto?
 
-Come ferito?- chiese sorpreso.
 
Emily non parlò, ma con un movimento della testa gli indicò la spalla.
Giusto. La benda.
Ma che cos’aveva?
Ancora una volta la ragazza sembrò leggerli nella mente.
 
-Ti hanno sparato, non ti ricordi?
 
E nella sua testa all’improvviso i rumori si fecero più chiari.
Le macchine, le urla della sua banda e quella di Josh e poi uno sparo.
 
-Non preoccuparti. Ci ho pensato io.- disse ancora voltandosi e posando su un tavolo di legno bucherellato e scritto la borsa che teneva in mano.
 
Louis non comprendeva. L’aveva portato all’ospedale? E allora perché si ritrovava in quel viscido luogo?
 
-In che senso ci hai pensato tu?- diede voce ai suoi pensieri.
 
-Oh, hanno sparato anche me e ai miei “amici”, sono pratica di queste cose.- disse mentre si voltava verso di lui con una benda in mano.
 
-Vuoi dire che ho ancora il proiettile dentro?- chiese lui allarmato stringendo più forte la ferita, ma ottenendo solamente un gemito di dolore ancora più forte del precedente.
 
Emily si avvicinò a lui prendendogli la mano fredda e riportandolo sul pavimento facendolo sedere.
 
-Non essere sciocco, mi sono occupata proprio di rimuoverlo.
 
Solo allora il giovane guardò attentamente gli oggetti che gli stavano attorno. Un accendino, una bottiglia di whisky svuotata per metà, uno strofinaccio pieno di sangue che aveva macchiato anche il grezzo pavimento, o forse no, forse era stato il suo corpo a macchiarlo, un coltello insanguinato e infine un piccolo secchiello dl latta rovesciato da cui si era riversata un po’ d’acqua. Osservandolo bene notò i bordi leggermente ghiacciati. Forse prima era pieno di neve che ora si era sciolta.
 
-Uhm… Stai qui, torno subito.- gli disse la ragazza a bassa voce e seria.
 
Louis la osservò scivolare con in mano il secchiello fuori dalla porta.
Era veramente bellissima. Capelli, occhi e pelle scuri. Così diversa da lui, lui che aveva gli occhi azzurri, la pelle quasi diafana e i capelli castani.
Quando entrò, le osservò i jeans leggermente sporcati di terra sulle ginocchia, la maglietta bianca leggermente chiazzata di sangue, il giubbino verdognolo usurato e le scarpe da tennis usate chissà quante volte.
Si avvicinò a lui portando la latta che ora era riempita di neve.
Gli tolse delicatamente la benda per poi prendere in mano la bottiglia di super alcolico che emanava un odore che a Louis fece rivoltare lo stomaco.
 
-Ehi principessa, la vodka non è di tuo gradimento?- lo derise la ragazza dall’aspetto tanto innocente che però a Louis sembrò nascondere qualcosa. Qualcosa che di puro non aveva proprio niente.
 
Louis non fece in tempo a rispondere alla battutina che sentì fuoco sulla pelle. Lanciò un urletto di dolore a cui prontamente Emily rise sotto i baffi.
 
-Che cazzo stai facendo?- le chiese con la voce acuta appena si accorse dello straccetto imbevuto di alcol che la ragazza stava strofinando sulla spalla.
 
-Disinfetto. Stai tranquillo, so che fa male.- continuò la mora.
 
Appena sentì rimuovere il cotone si guardò la ferita. Un conato di vomito gli venne spontaneo appena vide il buco martoriato di pelle. Come faceva quella ragazza dall’apparenza di un angelo a essere così tanto disinvolta e soprattutto come diavolo aveva fatto a estrarre un proiettile dal suo corpo?
 
-Ora non ho il ghiaccio, quindi accontentati di questa.- gli disse mettendo della neve sulla ferita, per poi ribendarla –Non durerà tanto, ma diavolo, siamo sommersi dalla neve qui fuori!
 
Louis le sorrise ringraziandola con lo sguardo a cui lei rispose. Non era solo bellissima, era anche unica.
 
-Allora, me lo dici chi cazzo ti ha sparato, anche se credo di saperlo…?- gli chiese la ragazza trascinandosi verso il muro appoggiandoci la schiena.
 
Louis la imitò e le si mise a fianco.
 
-Uhm… dei miei amici.- rimase vago Louis.
 
-Begli amici… ma non sapevo conoscessi Josh.- disse la ragazza prendendo la bottiglia contenente il liquido con cui aveva pulito la ferita al castano e appoggiando le sue morbide labbra all’imboccatura per poi bere a canna.
 
Louis rimase incantato a guardare la scena ma dopo aver capito le parole della mora, fece uno scatto portando la testa indietro.
 
-Come diavolo conosci Josh?- le chiese allarmato.
 
-Uhm, diciamo che abbiamo una specie di relazione.- si limitò Emily alzando le spalle.
 
A Louis venne naturale allontanarsi di scatto dalla ragazza spaventato, lei però non si scompose più di tanto ma si limitò a sorridere tristemente.
 
-Ehy, non vuol dire che sono dalla sua parte.- sbuffò lei.
 
Louis non capì che intendeva dire e perché se era la ragazza di Josh l’aveva portato in quel sudicio posto per operarlo e medicarlo?
 
-Noi non siamo fidanzati.
 
No, Louis non capì subito, ma gli bastò guardare la sua espressione triste e ferita per ricollegare il tutto.
 
-Mi dispiace, cioè, io non lo sapevo…- abbassò lo sguardo. Quel verme era capace di usare una ragazza così bella e pura. Però qualcosa gli diceva che aveva sbagliato a mettere pura nella frase.
 
-Nah, non preoccuparti, infondo anch’io ci guadagno qualcosa.
 
-Che sarebbe?- disse subito lui senza badare alle possibili conseguenze.
 
Emily rise. Sì, rise. Ma era una risata leggera, delicata, delicata come le sue piccole e morbide mani sul suo corpo.
 
-Beh, io lo accontento, mi prendo cura della sua banda quando sono feriti e lui sta zitto su ciò che faccio e mi passa un po’ di roba.- gli disse lei estraendo dalla tasca una bustina trasparente con all’interno della polverina marrone.- Hashish.- diede voce ai pensieri lei, per poi prendere anche una cartina e rovesciare la sostanza in essa e arrotolarla.- Vuoi?- chiese accendendo la sua “sigaretta” con l’accendino che si trovava per terra con cui aveva probabilmente cauterizzato la ferita del castano.
 
Louis storse il naso. Non aveva mai provato a drogarsi e neanche ci teneva.
 
-Ehy, ti fa schifo la droga? Allora perché sei entrato in conflitto con la banda di Josh? Gli dovevi soldi?- gli chiese lei.
 
-Io non centro nulla. E’ stato un mio amico a indebitarsi con lui, solo che io non ne sapevo niente, altrimenti lo avrei pagato io.
 
La ragazza aspirò per poi far dipingere sul suo viso il ghigno di chi la sapeva lunga.
 
-Ah… allora tu sei il famoso Tomlinson? Quello schifosamente ricco? Il capo della banda dei vandali sfigati?
 
-Mi conosci?- chiese lui sorpreso.
 
-Ovvio, tutti i ragazzi che sono entrati nella mia casa ti vorrebbero su una barella dell’obitorio.
 
Louis rabbrividì per poi pensare alle sue parole.
 
-Abiti qui?- chiese lui sorpreso. Non era l’unico schifosamente ricco. Anche Josh lo era… l’unica differenza era che lui lo era grazie ai suoi genitori, mentre il biondo grazie al suo traffico di droga.
 
-Certo, carina vero?- chiese lei ironica.
 
-Ma Josh…- cercò di dire lui.
 
-Josh mi passa la droga e cerca di non farmi finire in galera. Quando finisco i soldi non ci metto tanto a recuperarli.
 
“Oh, perfetto. Prostituta, drogata e pure ladra… Qualcos’altro?” si chiese Louis.
 
-In che senso finire in galera?- diede per così dire voce ai suoi pensieri. Nonostante tutto continuava a sembrarle pura.
 
-Oh, mi sono sporcata le mani un po’ di volte e sono stata beccata.
 
-Ah. In che senso sporcata le mani?
Ma Louis aveva già capito. Cosa c’era di peggio di quello che era?
 
-Credo che tu lo sappia.- rise fra se la ragazza.
 
-Perché? Sembri, sembri così…
 
-Così pura? Oh, me lo dicono in tanti.- sorrise. Un sorriso triste però.
 
-E anche bella…- diede voce ai suoi pensieri il castano.
 
-Che…?- ma non la fece parlare, perché dopo aver gettato al suolo la canna che teneva fra le labbra e le dita prese possesso delle sue morbide labbra.
 
Emily rimase ferma qualche secondo, per poi rispondere alle gesta del ragazzo.
Lo attirò più vicino a se, per poi stendersi sul sudicio pavimento facendolo sdraiare su di lei in modo che i loro petti aderissero perfettamente.
Louis le prese il viso, spingendo le sue labbra ancora più a contatto con quelle della mora per poi leccarle. Sapevano di Vodka e lui odiava l’alcol, ma su di lei la cosa lo faceva dannatamente eccitare.
E si ritrovarono così, in una lurida stanza di chissà quale catapecchia, a fare l’amore sullo scomodo pavimento, legati solo dall’euforia del momento, dalla voglia di non pensare alle conseguenze, senza chiedersi il perché e il per come, non sapendo niente l’uno dell’altra.
 
Emily si guardò intorno.
Pareti colorate di arancione, quadri suggestivi, un gigantesco armadio, una poltrona color panna, una scrivania, ma soprattutto il bellissimo ragazzo che dormiva disteso al suo fianco su quel morbido letto che profumava di pulito.
Tutto nella norma, era ciò che da un anno vedeva al suo risveglio.
 
-Ehi…- sussurrò al castano che la teneva stretta a se con un braccio.
 
-Mhh.- mugugnò lui stringendola ancora di più sentendola muovere.
 
-Ci sono i pancake…- riprovò la mora.
 
Il ragazzo fece uno scatto e si mise seduto facendo ridere lievemente la ragazza che però smise appena vide i suoi occhi.
Perché probabilmente un anno prima se non avesse visto quegli occhi dopo che si fosse svegliato lo avrebbe lasciato andare, non gli avrebbe raccontato niente, non lo avrebbe baciato, non avrebbe fatto l’amore con lui, non sarebbe rimasta al suo fianco fin che non si fosse svegliato.
Ed Emily quando ci pensò più avanti si sentì quasi male perché si rese conto che il giorno in cui incontrò Louis si era già innamorata ma dei suoi occhi non di lui. Poi si accorse però di quanto quegli occhi fossero limpidi, sinceri, belli. Erano lo specchio della sua anima.
 
-Sai che giorno è oggi?- gli chiese la mora.
 
-Uhm, la vigilia di Natale?- scherzò il castano.
 
-Ma ne vado.- rispose finta offesa lei.
 
-Ehi, lo so che giorno è oggi!- esclamò lui spaventato dal fatto che lei si arrabbiasse veramente.
 
Emily ridacchiò.
 
-Oggi è un anniversario molto importante.
 
-Cioè?
 
-Esattamente un anno fa mi sono innamorato di te.
 
Lui si era innamorato subito di lei. Emily sapeva che non si era innamorato dei suoi occhi come aveva fatto lei. Non è possibile innamorarsi degli occhi sporchi, finti e scuri di un’assassina.
Louis si abbassò afferrando qualcosa dal pavimento mentre lei lo guardava curiosa.
 
Appena vide cosa teneva in alto con la mano destra in mezzo alle loro teste sorrise per poi appropriarsi delle sue labbra ritrovandosi a baciare la sua salvezza sotto il vischio.
 
La sua salvezza dalla droga, da Josh, dalle rapine, dal degrado che stava vivendo, dai suoi crimini imperdonabili.
 
Perché Louis era l’unico. Louis l’avrebbe amata nonostante il suo passato, nonostante il suo carattere, nonostante la sua follia.
Perché sì, non era più innamorata dei suoi occhi. Lei era innamorata di lui.









Under the Mistletoe.
Iniziamo col dire che non doveva essere così.
In teoria il criminale era Louis e alla fine non c'era niente di concreto, le loro strade si dividevano. Stop.
Però mi è uscito questo... bah.
Allooora ovviamente sono in ritardo in tutti i sensi.
Odio Daisy. Sì, ho appena finito di vedere "Il Grande Gatsby". E' una grande... okay, a voi non interessa.
Seriamente... Vi prego... recensite! Mi leggere i vostri pareri...
Sto facendo gli occhi dolci.
Avete presente quelli dei cuccioli? Ecco, così. Quindi *occhidacucciolo* potete recensire?
Scusate per il banner, lo so, non è bello, ma ci dovrò provare, no?
E con questo ho detto tutto e posso andare :)
Ah, no, un momento. Avete delle storie carine da leggere? Sto cercando storie belle che posso recensire.
Ora ho detto tutto.
Bacioni.

Sally_

P.S. BUON ANNO.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2347152