We can be Heroes.

di Em Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Si ricomincia... in tutti i sensi. ***
Capitolo 3: *** Risse sul campo, piacevoli incontri e grandi scoperte. ***
Capitolo 4: *** Il venerdì diciassette non porta mai bene. O forse sì? ***
Capitolo 5: *** Strane giornate e ambigue gite ad Hogsmeade. ***
Capitolo 6: *** This is Halloween. ***
Capitolo 7: *** Problemi di ordinaria amministrazione. ***
Capitolo 8: *** Il Club dei Duellanti. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


We can be Heroes.

Autore: Em Potter. 
Rating: Giallo.
Genere: Avventura, Azione, Romantico, Dark, Mistero. 
Contesto: Nuova generazione.  
Note: Questa storia narra del sesto e caotico anno di Lily Luna Potter, una sedicenne molto particolare e fuori dal comune. Leggerete qualcosa di assolutamente nuovo sulla nuova generazione, sempre se voi non abbiate già chiuso questa pagina per noia, cosa che non mi auguro. 
Se volete lasciarmi qualche recensione per farmi sapere se la storia vi incuriosisce sarò più che felice di leggere i vostri pensieri e rispondervi.  
E da questo momento, giuro solennemente di non avere buone intenzioni.



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Prologo. 
 
Ho provato ad essere normale, ma mi annoiavo. Sì, ammetto che mi piaceva particolarmente impicciarmi dei fatti altrui, progettare nuovi schemi di Quidditch e ciarlare di cose inutili, architettando piani diabolici con il mio fedele compagno di vita, Hugo Weasley. Ma... insomma, i miei genitori e zii alla mia età avevano combattuto contro il mago oscuro più potente del mondo! Mia madre da piccola già sapeva cucinare e io, a ben sedici anni, non sapevo neanche tenere un mestolo in mano senza schizzarmi tutta, oppure rifare il mio letto senza andare avanti e indietro per la stanza brandendo le lenzuola e imprecando a voce alta contro il letto. 
Ero nata in una generazione poco interessante, in una generazione che non aveva nulla in cui credere e sperare. E io avevo voglia di qualcosa di più di semplici problemi adolescenziali che ruotavano attorno agli amici, ai vestiti da indossare, ai voti a scuola o attorno al disperato bisogno di andare alla ricerca dell'amore sdolcinato di una vita. Non che io non avessi tutti questi bisogni, chiariamoci. Anzi, ero la prima che ci sguazzava, nonostante detestassi a morte quella vita. Ero nata in quella generazione che aveva già tutto, perché i nostri genitori avevano già fatto tutto. Alcuni di noi erano talmente frivoli e superficiali che se ci pensavo mi veniva da correre al bagno per vomitare. 
Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava. Ma la realtà era che mi sentivo così fuori luogo.  
“Sei fortunata!” mi rimbeccava mia madre. “Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato?”
“Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo!” ribattevo. 
... E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?

 


***



Se non avete mai fatto un viaggio nel bel mezzo della natura selvaggia, insieme a Luna Lovegood per dirla tutta, ve lo consiglio vivamente. Ti senti rilassata al massimo, ti senti pronta perfino per affrontare il tuo peggiore nemico. Per non parlare del senso di avventura che ti avvolge ad ogni passo nella foresta: magnifico. 
Era quello che era successo a me quando trascorsi le mie vacanze estive in compagnia della famiglia Lovegood. Senza contare le stranezze della mia stramba madrina, il viaggio era stato veramente perfetto. Inutile dire che quando tornai a casa mi mancò tutto quello che avevo fatto durante l'estate, compresa la piccola famigliola Lovegood. Quelli che di certo non mi erano affatto mancati, però, erano i miei innumerevoli casini familiari. 
« ... non hanno dove andare, non staranno mica molto! » stava dicendo mio padre, gesticolando in modo osceno in direzione di mia madre e toccandosi gli occhiali ogni tre secondi.
E menomale che quel giorno dovevo partire per Hogwarts per iniziare il nuovo anno, altrimenti di certo non li avrei sopportati ancora per molto. E menomale che quella colazione doveva essere una colazione tranquilla, sapete, per non turbare il mio viaggio di ritorno a scuola e soprattutto per assicurarmi che a Natale avessi ancora entrambi i genitori. 
« Certo, come no! » lo contraddisse con foga mia madre, molto rossa in faccia per i nervi. 
« Non essere sciocca, tesoro, ti pare che... »
« Non le voglio quelle due vacche in casa mia! »
« Annie e Silvia non... »
Annie e Silvia? ANNIE E SILVIA? E da quando “le sorelle Delacour” erano diventate “Annie e Silvia” per mio padre? Per aprire una spiacevole parentesi, Annie e Silvia, meglio conosciute come vacche o francesine oppure quelle grandi ochette giulive che avevano mandato in fumo i neuroni di mia madre e i miei, erano cugine alla lontana di Fleur (e sì, purtroppo erano anche delle mezze Veela) e avevano deciso di sbarcare in Gran Bretagna per chissà quale remota ragione per poi andare a lavorare al Ministero della Magia insieme a mio padre. E questa era la parte peggiore di tutte. Lavorando con mio padre, facevano regolari visite a casa mia. E io le detestavo col cuore.
Come avevo potuto non udire, quelle due oche si sarebbero fermate a casa nostra fino a tempo indeterminato. E inoltre, erano anche l'argomento di litigio dei miei genitori. 
Spalmai con ferocia la nutella sopra alla mia fetta di pane cercando di ignorare quell'inutile e poco fruttuoso ennesimo litigio che, oltretutto, avveniva sempre durante i pasti. 
O non si mangia, o non si mangia in santa pace.
Di certo la mia famiglia non era da un bel pezzo la famiglia del Mulino Bianco dello spot che io e i miei cugini vedevamo in televisione (quella scatoletta con cui zia Hermione e nonno Arthur ci avevano abituato) e, quindi, la situazione non era delle più amorevoli. Ai miei genitori piaceva discutere di tutto: del mio strano comportamento, delle sorelle Delacour, di lavoro, delle sorelle Delacour, del fatto che James dovesse trovarsi un impiego decente, delle sorelle Delacour, del fatto che Al lavorasse troppo, delle sorelle Delacour. E questi erano solo pochi dei loro argomenti preferiti. 
« Credo che tra poco vomito la colazione. » sbuffai, ficcandomi con poca eleganza il pane con la nutella in bocca e finendo per macchiarmi il mento. « Poveri Al e James che vi sopportano sempre. »
« La nana ha ragione. » intervenne la voce di uno dei diretti interessati.
Mi voltai verso la direzione della voce, ignorando il poco carino nomignolo che quella volta mi era stato riservato.
James entrò in cucina a petto nudo e con gli orribili pantaloncini corti dai motivi a fiori come se si trovasse in chissà quale isola esotica e volesse far colpo su qualche bella brasiliana in topless e prese posto a tavola accanto a me, facendomi pat pat sulla testa. 
« Dato che ci sopporti sempre... pensa a trovarti un lavoro. » disse mamma, come da copione. Si raddrizzò sulla sedia e squadrò il figlio sporgendo minacciosamente la mascella destra mentre lui ostentava un'espressione da cucciolo bastonato.  
« Forse l'ho trovato. » disse James vago, cominciando a servirsi la colazione.  
« Non puoi restare qui per il resto della tua vita... »
« Chi te lo fa fare? » mi intromisi io, facendo una smorfia che mamma trovò simpatica tanto quanto il mio intervento.
« ... a non fare nulla e pretendere di tornare alle cinque del mattino a casa! » concluse mamma. « In quelle poche volte che ci torni a casa. » dovette precisare, scoccando uno sguardo di rimprovero al figlio.
« Oggi non sono tornato alle cinque. » ci tenne ad obbiettare James, non guardando in faccia nessuno dei due coniugi Potter. « E poi ti ho detto che forse ho trovato un lavoro. »
« Forse? » chiese mio padre, scettico. 
« Che lavoro? » chiesi invece io, incuriosita.  
« Commesso di biancheria intima in un negozio Babbano. »
Rivolsi a mio fratello un ghigno. « Di biancheria intima. » ripetei, cercando di non scoppiare a ridere sguaiatamente in presenza dei miei. « Sai, Jamie, mi piacevi più come cubista. Eri perfetto per quel lavoro. »
« Lily. » mi ammonì immediatamente papà, che sicuramente stava immaginando la scena del figlio cubista mentre i cereali che aveva appena mangiato gli salivano pericolosamente su. 
« Merlino, voi due siete impossibili! E tu... » mia madre si rivolse a James, sospirando rassegnata. « Vuoi dare il buon esempio a tua sorella? »
« La mamma ha ragione. » convenne subito quel lecchino di mio padre, probabilmente d'accordo con la moglie solamente per tenerla buona. Oppure ero io che ero terribilmente arrabbiata con i miei che trovavo il doppio fine in ogni cosa che facevano. « Hai quasi venti anni, dovresti trovarti una casa e un lavoro onesto. »
Sì, certo, James non vede l'ora.
« Hai preso il massimo dei voti ai GUFO e ai MAGO... approfittane, no? Potresti lavorare al Ministero, e nella sezione che desideri. Ho molti contatti, James. Non che servano, dato i tuoi buoni voti. »
A mio padre, e anche a mia madre (e anche a zia Hermione, per dirla proprio tutta), non era mai andato giù che James, dopo gli eccellenti voti che aveva preso in tutte le materie agli esami, fosse disoccupato e senza neanche un soldo quando poi avrebbe potuto averne milioni. Non che i milioni gli mancassero... ma io parlo di milioni di donne! E l'aggettivo onesto posto proprio accanto al sostantivo lavoro faceva pensare che a mio padre era ritornato orribilmente in mente per merito mio (o causa?) il giorno in cui trovò il figlio mentre lavorava in una discoteca Babbana come cubista.
« Ministero? Odio il Ministero. » borbottò James, e bevve in un sorso il suo latte. 
Ovviamente, ritenni necessario infierire.  
« Anch'io odio il Ministero: è pieno di vacche. » sottolineai con cura l'ultima parola.

Non mi resi conto, però, di aver appena dato agio a mia madre di continuare a sbraitare contro papà sull'argomento “vacche” e mi pentii amaramente di aver aperto quella boccaccia orribile che mi ritrovavo. Così, esasperata già dalle prime ore del mattino, corsi velocemente in camera mia e diedi sfogo alla mia rabbia, sperando di non svegliare mio fratello Al che dormiva nella stanza accanto. 
Dopo due orette scarse, lo specchio mi restituì l'immagine sudaticcia di me stessa. Forse non avrei dovuto prendere a calci e pugni il sacco di pugilato prima della partenza. Se Dominique mi avesse vista in quello stato sarebbe fuggita via e se non mi fossi data in fretta una lavata per permettere a quel cattivo odore di lasciarmi definitivamente avrebbe perfino rifiutato di sedersi nel treno accanto a me. 
Mi asciugai il viso e continuai a scrutare il mio riflesso nello specchio. Avevo lunghi capelli rossi e la mia altezza lasciava a desiderare. Il mio corpo, non magro come quello di mia cugina Dominique, ma neanche grasso e rotondetto come quello di mia cugina Molly, presentava quelle piccole forme che a me piacevano. Occhi castani come mia madre, labbra carnose, lentiggini e fossette sulle guance. Sarei stata una bella ragazza per i miei parenti se avessi smesso di vestirmi come un maschiaccio nel pieno di un concerto rock tutte le volte che non indossavo vestiti da strega. E quello era tutto dire su di me e sulla mia famiglia. 
Mi preparai in pochissimo tempo e scesi in cortile, trovando i miei genitori che mi aspettavano in macchina. James e Albus avevano preferito rimanere a casa, così io e i due perenni litiganti ci avviammo in perfetto orario verso la stazione di King's Cross, dove era certo che i miei cugini mi stavano aspettando. Godric's Hollow apparve come una città lontana mentre la salutavo con una breve occhiata, allontanandomi sempre di più da casa. 
Fummo sul binario 9¾ in meno di un'ora e, come avevo previsto, qualcuno mi aspettava: Hugo, il mio fedelissimo compagno di avventure. Tralasciando il fatto che mia mamma si era quasi fatta venire un collasso quando aveva constatato che mi ero quasi fatta vedere da un vecchietto Babbano con la cataratta - e sottolineo con la cataratta - mentre oltrepassavo la barriera, mi tornò il sorriso e, mascherando la mia rabbia nei confronti dei miei genitori, cominciai a salutare allegramente tutti quelli che conoscevo.
Ero più popolare di quanto ci tenessi ad ammettere, ad Hogwarts. Inizialmente, perché ero la figlia di Harry Potter ma dopo sei anni le persone avevano cominciato a trovarmi interessante per via del mio strano carattere e per i numerosi guai che avevo combinato durante il mio percorso scolastico al castello, non perché ero la figlia del grande eroe.
« Hugo! » salutai, abbracciando il mio cugino preferito.
Lui tese il pugno e io glielo battei, facendogli una linguaccia.
Hugo era giusto qualche centimetro più alto di me e tutti ci scambiavano per fratelli. Forse perché avevamo lo stesso colore di capelli, stesse lentiggini e stessi occhi castani, ma soprattutto perché trascorrevamo tutto il tempo insieme ed eravamo anche caratterialmente simili, tranne per qualche considerevole differenza.
« Buondì. » rispose, baciandomi una guancia. « Com'è andato il viaggio? »
« Come sempre. » risposi. « Una schifezza, quindi. »
Lanciai uno sguardo ai miei genitori che si erano messi a chiacchierare con zia Ron e zia Hermione e sbuffai, pensando a cosa avessi fatto tanto di male per meritarmi due genitori che non facevano altro che scannarsi a vicenda.
« James e Al non sono venuti? »
« No. » risposi, promettendomi di serbare rancore nei confronti dei miei due fratelloni che mi avevano lasciata da sola nella fossa dei leoni. « Hanno preferito abbandonarmi con... beh, fortuna che adesso me li tolgo dalle pall– mamma! » 
« Lily. » disse lei, che era sgusciata improvvisamente tra me e mio cugino manco si fosse Smaterializzata.
Mi fissò in modo strano, e soprattutto con sguardo di rimprovero, e cominciò a sfogare la sua rabbia con il colletto del mio cravattino Grifondoro, che era perfettamente in disordine. E a me piaceva.
« Ciao, Hugo. » aggiunse affettuosa, scompigliando i capelli rossi di un sorridente Hugo. Poi si rivolse di nuovo a me, sporgendo la mascella come solo lei sapeva fare: « Dove sono i tuoi occhiali? »
Mi toccai dappertutto. « In tasca. » risposi. « E molla il cravattino, mamma, per l'amor del cielo! »
« La tasca non ci vede? Mettiti subito gli occhiali! » decise, e si allontanò tutta impettita per salutare un paio di colleghi di lavoro. 
Ma cosa cavolo...
« La tasca non ci vede? » la scimmiottai, facendole il versetto. « Sembra una ragazzina in fase pre-mestruo. Ma che le prende? » 
Hugo scoppiò vivamente a ridere mentre mi infilavo gli occhiali rotondi in stile Potter, proprio identici a quelli di mio padre, anche se decisamente più moderni. Ero miope solamente di pochi gradi ma per mia madre ero completamente cieca, quindi avrei fatto bene a mettermi gli occhiali se non volevo dire addio definitivamente alla mia vista. Questo sempre secondo mia mamma. 
« Ma adesso basta! » esclamai, passando da “sono incazzata nera e voglio uccidere i miei genitori” a “come sono felice di essere qui” in un baleno. Il mio secondo nome era Luna, per la cronaca. « Non ho voglia di rovinarmi il viaggio di ritorno a scuola, non ne vale la pena. Dove sono gli altri? » 
Hugo mi prese per il gomito e mi trascinò lontano da genitori che potevano intromettersi tra di noi come ladruncoli, invitandomi a camminare per la banchina affollata. La stazione era ghermita di studenti dagli undici ai diciassette anni, tra cui spiccavano i primini, agitati ed emozionati per quella nuova avventura. Guardandoli, mi ritornò in mente quando varcai per la prima volta la barriera per accompagnare mio fratello James a prendere l'Espresso per Hogwarts e la cosa mi fece sorridere. Ricordavo ancora quanto piansi, consapevole del fatto che avrei dovuto aspettare anni prima di ricevere la mia lettera.
« Prima ho visto Fred che spettegolava insieme al caro Frank Paciock. » mi stava informando mio cugino. « Poi zio George mi ha fermato e mi ha chiesto a che punto stiamo con le nuove Merendine Marinare. » alzò gli occhi al cielo. « Di questo passo finiremo per sperimentare sugli studenti dei prodotti ancora non messi in commercio. »
Controllai che mia madre non fosse a portata di orecchie e infilai la mano in tasca, mostrando ad Hugo un sacchetto pieno zeppo di galeoni.
« Questi. » dissi, indicando il sacchetto tintinnante. « li ho rubati dal conto di mio padre alla Gringott con un piccolo aiutino di James. Ci serviranno per pagare gli studenti che ingeriranno le Merendine ancora difettose. »
Hugo fece un cenno di approvazione verso il sacchetto e mi sorrise soddisfatto, incitandomi a nascondere di nuovo il denaro rubato.
« E con la pozione che cambia colore di capelli a che punto sei? » mi chiese, con uno sguardo che non ammetteva scuse ma che era altresì rassegnato e pronto a tutto.
Ops.
« Oh. » balbettai. « La pozione che cambia... sì. Ehm... sono a buon punto. » e annuii, per rendere vera la cosa.
« Certo. » sbuffò Hugo. « Dillo che è stato un fiasco totale. »
« Non è... » intercettai lo sguardo “mi vuoi prendere per il culo?” di mio cugino. « D'accordo, è stato un fiasco totale. Ma ci posso lavorare! »
Hugo sbuffò ancora più rumorosamente, avanzando così tanto il passo che feci fatica a stargli dietro. Erano mesi che lavoravo su quella pozione ed ero stata capace solo di fare un buco nell'acqua, nonostante Albus, che era un genio indiscusso delle pozioni, mi avesse aiutato moltissimo. E di far incazzare Hugo, specialmente. Aumentai ancora di più il passo per raggiungere mio cugino e andai a sbattere contro un ragazzino minuscolo, un primino, che protestò a gran voce.
Li fanno sempre più maleducati. – pensai, toccandomi gli occhiali rotondi e alzando un sopracciglio con eloquenza.
Il ragazzino assunse una strana espressione. Fissò prima i miei occhiali rotondi con insistenza e un secondo dopo i capelli rossi. Con un ghigno, Hugo si avvicinò al bambino e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio di cui riuscii a distinguere solo “Harry Potter”. Il primino spalancò gli occhi come fari e corse dalla madre, avvisandola probabilmente di aver appena incontrato la figlia di Harry Potter e di averle urlato contro per sbaglio.
Io e mio cugino scoppiammo a ridere di cuore, tenendoci le pance e indicando il ragazzino spaventato mentre tornavamo indietro dalla nostra famiglia.
« Avete finito di spaventare i primini, voi due? »
Una voce familiare ci fece voltare entrambi di scatto. Louis e Dominique si trascinavano davanti a dei furibondi Bill e Fleur con facce che dichiaravano apertamente il suicidio, completando il quadretto dell'armonia. Io e Hugo ci fissammo e quando mia madre chiese a Fleur che cosa fossero quelle facce da funerale, Bill intervenne dicendo di aver messo le mani su una lettera abbastanza compromettente che Dominque aveva scritto ad un ragazzo e che Louis c'entrava nella faccenda e ci teneva a coprire la sorella. 
Se non altro, da quella mattinata avevo capito di non essere l'unica ad avere problemi familiari.
« Mio padre sta impazzendo, e non scherzo. » sospirò Louis, tenendosi a debita distanza dagli adulti. « Ciao, ragazzi. » aggiunse, baciandomi e abbracciandomi con affetto per poi dare una pacca sulla spalla ad Hugo.
Non c'era nessun ragazzo al mondo più gentile e dolce del bellissimo Louis, e tutte le ragazze di Hogwarts (perfino i fantasmi) impazzivano per lui. E come non farlo? Era il prototipo del principe azzurro che tutte desideravano. Avrei detto che era bello anche con quella faccia da funerale che si ritrovava in quel momento.
« Meglio se filo nel treno o papà mi ammazza sul serio. » Louis si voltò verso sua sorella, afferrando anche il suo baule. « Sono ancora offeso per la strigliata ricevuta per colpa tua, Domi. » aggiunse, scappando letteralmente via. 
Hugo diede un veloce bacio a Dominique e raggiunse Louis, estraendo la bacchetta per aiutarlo coi bauli.
Dominique sorrise, sbottonandosi i bottoncini della sua camicetta. Era 1/8 Veela come suo fratello Louis e sua sorella Victoire, era la più piccola dei due (anche se lei e Louis avevano sette mesi di differenza e frequentavano entrambi il settimo anno) ed inutile dire che era splendida come gli altri due, se non di più. Aveva setosi capelli ondulati di un colore identico a quello del fratello, rosso scuro che andava quasi nel biondo dorato, occhi di un celeste cristallino come il mare e un fisico che faceva invidia a madre natura in persona. 
Mi schioccò due sonori baci sulle guance e chiese: « Come sono i miei capelli? » posizionandosi una ciocca di un ricciolo dietro all'orecchio. Era truccata da dio e sotto agli abiti da strega portava due vertiginose zeppe che probabilmente Bill non aveva notato.
« Bellissimi. » risposi senza neanche guardarli, pulendomi il segno del rossetto che probabilmente Domi mi aveva lasciato sulla guancia.
« Sicura? »
« Sicurissima. Ehm... tutto bene con...? »
L'espressione minacciosa di mia cugina era la risposta alla mia domanda su quanto non doveva andare tutto bene con i genitori. Decisi che forse era meglio salire sul treno e lasciare perdere quell'argomento. Anche perché mia madre e zio Bill si erano appena coalizzati contro le rispettive figlie blaterando assurdità per quanto riguarda l'indisciplina, e il fatto che ci trovassimo nell'adolescenza e ancora “questi giovani di oggi” e solite cazzate che i genitori dicono.
Io e Dominique salimmo sul treno e ci chiudemmo la portiera alle spalle.
« Adesso mi sento meglio! » disse Dominique, facendo un gran respiro. « Ok, prima di partire andiamo immediatamente in bagno. Mi accompagni, Lis? »  
Lungi da me negarle la mia compagnia quando in quella faccenda c'entrava il bagno.
« Andiamo. » risposi.
La seguii per tutto il tragitto verso il bagno, mentre lei sgambettava con le zeppe ai piedi e non degnava nessuno di un solo sguardo. Vidi che alcuni ragazzi cercavano di attirare la sua attenzione ma Domi diede loro attenzioni tanto quanto avrebbe dato attenzioni ad uno Schiopodo Sparacoda.
« Ma si può sapere che hai scritto a questo ragazzo misterioso? » le chiesi, evitando per un pelo di finire addosso ad un altro primino spaventato.
« Era una lettera innocente al nuovo Caposcuola di Corvonero. » rispose mia cugina, con enfasi. « Sta in classe mia. Era un vero sfigato ma adesso pare che la vacanza in Brasile gli abbia fatto bene. »
Ridacchiai e mi infilai nel minuscolo bagno del treno, seguita a ruota da Dominique. Mia cugina non pensò neanche di chiudersi la porta alle spalle che si era già parata di fronte allo specchio, scrutando il suo riflesso con un sorriso.
« Sai com'è fatto mio padre... si agita per un nonnulla. » continuò, ritoccandosi il trucco partendo dal fondotinta come se sul viso non ne avesse abbastanza. « Non avevo scritto niente di particolarmente sconvolgente in quella lettera, l'ha detto anche mamma. »
« Certo. » annuii, facendo pat pat sulla testa di Dominique mentre chiudevo a chiave la porta, pensando che probabilmente Fleur avrebbe ritenuto innocente anche se Domi si fosse portata a letto il cagnolino dei vicini.
Le mani di mia cugina trovarono in un secondo l'unico capello che le avevo messo fuori posto e lo lisciò delicatamente, mettendolo al suo posto.
« Sì, certo, fai pure quella faccia. Piuttosto, non mi hai fatto nemmeno una telefonata mentre eri in vacanza con i Lovegood. » disse Dominique, severamente. 
« Non ho chiamato nessuno. » mi giustificai. « Non avevo mica campo in mezzo alla foresta, e sono tornata solo pochi giorni fa. »
« In mezzo alla foresta, eh? Dove tu eri con Lysander Scamander. »
« E con Lorcan. » precisai, imbarazzata. « E anche con Luna e Ro... » 
« Ma Lorcan non è il tuo tipo. » mi interruppe mia cugina, non facendomi neanche completare la frase. Si fece una seconda passata di rossetto rosso sulle labbra e mi lanciò uno sguardo malizioso dallo specchio. 
« Ma nemmeno Lysander. » la contraddissi, cominciando ad agitarmi.
« Io vi ci ho sempre visti insieme. » rise Dominique, sporgendo le labbra e decidendo che magari una terza passata di rossetto non le avrebbe fatto male. « Certo, i due Lovegood sono gemelli, e li conosciamo da una vita, ma adesso non si somigliano molto. Ognuno ha assunto il proprio stile, no? Lorcan è il classico tipo tutto libri e niente fatti, come il padre. Lysander è sbarazzino come la madre, macho. Sempre detto che eravate carinissimi insieme, e inoltre... » 
Preferii non interrompere la conferenza di mia cugina sui gemelli Scamander, anche perché era davvero inutile interromperla: avrebbe continuato imperterrita a zittirmi per finire tutta la sua conferenza in bellezza. Mentre Dominique cianciava di cose che non avevano né capo e né coda, cominciai seriamente a sentirmi in imbarazzo e un pochino triste. Le vacanze passate insieme ai gemelli Scamander avevano migliorato molto il nostro rapporto (forse non tanto quello con Lorcan, che era sempre stato la cavia di molti dei miei scherzi). Io e i gemelli avevamo un bel rapporto da piccoli, soprattutto io e Lysander, ma quando i due finirono a Corvonero e io a Grifondoro perdemmo ogni contatto, pur trovandoci nella stessa scuola, e di conseguenza mandammo la nostra amicizia nella pattumiera. Parlare di loro mi provocò un nodo in gola dolorosissimo che non aveva intenzione di scendere giù e non vedevo l'ora di allontanarmi da Dominique per non dover più sentire nulla al riguardo. 
Nonostante quella vacanza mi avesse avvicinata molto ai gemelli, ero sicura che una volta ad Hogwarts avrei smesso di pensare a loro, come accadeva ogni anno.
A salvarmi fu una bussata di porta. 
« Occupato! » urlammo io e Dominique, che stava rimettendo a posto i suoi trucchi nel borsellino.  
« Lo sappiamo, idiote. » ribatté la voce divertita di Hugo, dall'altro lato della porta. « Sono quasi le undici... uscite dal bagno? Louis si chiedeva se qualche maniaco avesse tragicamente violentato sua sorella e gli adulti hanno intenzione di salutarvi. » 
Io e Domi scoppiammo a ridere e aprimmo la porta, sempre ridendo come matte, notando solo in quel momento che ad accoglierci c'era una gran folla di studenti che aspettava che uscissimo per andare al bagno a soddisfare i loro bisogni. 
« Ops... » mormorai, volgendo uno sguardo intorno.  
« Allora è stata Lunatica a violentarti! » esclamò Fred, indicandomi e fingendosi profondamente scioccato dallo scoop.
Aveva sul capo un capellino fighissimo (che in giornata sarebbe diventato mio) e la sua carnagione scura, in aggiunta dei capelli e degli occhi scuri, faceva a pugni con la carnagione chiarissima e i capelli rossi marchio famiglia dei miei cugini e miei. Fred era sempre stato diverso dalla famiglia per quanto riguardava l'aspetto e le persone che magari si erano aspettate un ragazzo dai capelli rossi identico al padre ne erano sempre rimaste deluse. Anche perché il nome Fred era una leggenda.
« Incesto lesbo in famiglia! Vi prego, voglio vedere come fanno le lesbiche a... » 
« FRED! » protestarono Dominique e Louis, mentre io mi contorcevo dalle risate nonostante fossi accusata di omosessualità dai miei stessi cugini.
Gli studenti ridacchiarono; alcuni cominciarono a superarci per infilarsi nel bagno del treno, dato che potevano di nuovo utilizzarlo per fare quel che dovevano fare. 
« Ma Fred ha assolutamente ragione. Che facevate tutte e due in quello spazietto stretto? » insinuò Hugo, muovendo il dito indice nella nostra direzione. 
« Merlino, ma che avete da guardare in quel modo? Non siamo lesbiche! » sbottai, verso la folla. 
« Se lo dici tu. » disse una voce maschile di uno studente sconosciuto in corridoio.
Feci roteare gli occhi.
« Dominique è donna al cento per cento. Su di te avrei qualche dubbio... » rise Hugo, facendomi una linguaccia. « Il mio Occhio Interiore forse percepisce che sotto a quel bel faccino in realtà si nasconde un uomo ben sviluppato? »
« Il tuo Occhio Interiore ha preso una bella svist– ehi! Brutto di figlio di... torna indietro! »
Ma Hugo stava già correndo verso il corridoio del treno e canticchiava qualcosa come “Lunatica è un uomo, Lunatica è un uomo!” e insinuazioni varie che di certo ero abituata a ricevere ma che mi provocavano sempre un grande imbarazzo. Specialmente se urlate davanti all'intera stazione. 
« Vai a farti fottere, Hugo! » urlai, sfoderando la bacchetta.
E correndogli (e imprecandogli, soprattutto) dietro, proprio come facevano gli attori nei vecchi film polizieschi Babbani di zia Hermione, con l'intenzione di sperimentare su di lui una violenta mossa di arti marziali, andai perfino a sbattere contro Lysander Scamander e nemmeno me ne resi conto. 

 


***



Dopo aver salutato l’intera famiglia Potter-Waesley e dopo che io non potetti scampare alle minacce di morte di mia madre sul fatto che se quell'anno mi sarei comportata male come tutti gli altri anni a Natale avrei fatto i conti con lei (sempre se lei e papà non si ammazzavano a vicenda), io e Hugo trovammo uno scompartimento tutto nostro. Hugo, che aveva un occhio viola, un livido sulla gamba e un bernoccolo in fronte, stava seduto di fronte a me, che pure avevo qualche livido verdastro e un dolore alla chiappa destra infernale. Dominique era sgattaiolata via nella carrozza del famoso Caposcuola della sua Casa di appartenenza, ovvero Corvonero, e non avevo proprio intenzione di sapere cosa facessero quei due quando nessuno guardava, anche perché presumo che mi avrebbero bloccato la crescita in meno di tre secondi scarsi. Fred e Louis, invece, erano andati a trovare il buon Frank Paciock, amico e compagno di dormitorio che frequentava il settimo anno insieme a loro, nello scompartimento che divideva con la sorella Alice, che frequentava il quinto anno. 
Ero convinta che tutti gli studenti avrebbero dato di matto se avessero visto me e mio cugino all'opera sulla pozione dei capelli inventata da noi due, temendo seriamente che potessimo far saltare in aria il treno intero e messo fine alle loro lunghe e preziose vite, ma io e Hugo avevamo giustamente deciso di operare sulla pozione in quel momento per non creare caos a scuola tra gli insegnanti e non ricevere richiami e lettere a casa proprio il primo giorno. O almeno per salvaguardare l'integrità dell'intero castello, che sarebbe sicuramente esploso a causa nostra. E non avrei di certo sopportato l'ennesima Strillettera inviatomi da casa e urlata in tutta la Sala Grande a colazione. Sempre se della Sala Grande ne sarebbe rimasto qualcosa dopo il grande botto.
« Avevo aggiunto le radici ma... »
« ... la pozione ha deciso di scoppiare. Ma brava, adesso ci tocca dare dieci Galeoni a Fred per la scommessa! » sbuffò Hugo, incazzato di nuovo a morte con me. I suoi capelli stavano man mano diventando crespi per via dei vapori che emanava quella pozioncina e io stavo cominciando perfino a sudare, imprecando contro ogni cosa che mi veniva in mente.
Perché le persone mi fanno sentire sempre in colpa?
« Idiota, la scommessa non è ancora finita! Manca ancora qualche settimana. » dissi, togliendomi la cravatta e sistemandomela attorno alla fronte nella strana parodia di un pirata parecchio sboccato. 
« Forse è meglio se lasciamo stare la pozione e andiamo a farci un giro in treno. » tagliò corto Hugo, alzandosi e stiracchiandosi.
Operare sulla pozione ci aveva stremati entrambi, e ci aveva anche fatto venire un certo languorino, che andava sicuramente e immediatamente placato. 
« Hai ragione. » convenni, alzandomi a mia volta. « Andiamo dal vecchio Frankie? » 
Uscimmo dallo scompartimento lasciando fumare la nostra pozione lì dentro e ci avviammo verso la coda del treno, dove di sicuro avremmo trovato Frank Paciock e il resto della banda. Ricevemmo un paio di inviti ad accomodarci in tutti gli scompartimenti in cui ci affacciammo, senza contare il fatto che ricevemmo perfino minacce di morte da Prefetti e Capiscuola vittime dei nostri scherzi, e infine facemmo capolino nel penultimo scompartimento sani e salvi. 
« Salve a tutti! » salutai, con un sorriso.
Notai che Dominique era tornata dalla gita nello scompartimento del bel Caposcuola di Corvonero e notai anche che in quella carrozza non solo vi erano seduti Frank, Alice, Fred e Louis, ma anche un certo Lysander Scamander di mia conoscenza.
« Ciao! » salutarono i ragazzi.
« Ehi. » rispose Lysander, facendomi un sorriso smagliante.
Lysander era il Corvonero più diverso di tutti. Non adorava mettersi nei pasticci ma parecchie volte si era unito a noi per creare caos. Se non fosse stato per il fatto che era particolarmente secchione (mai come Lorcan) e un tipo alquanto calmo mi sarebbe stato molto più simpatico, proprio come da bambina. E, facendo un elogio alle sue caratteristiche fisiche, dovevo ammettere che Dominique aveva ragione: il biondino era davvero macho e sbarazzino.
Accanto a lui, sedevano Alice e Frank Paciock, che mi regalarono uno dei loro radiosi sorrisi. Frank era un tipo leggermente robusto e impacciato, ma davvero molto carino e un fedele amico. Somigliava molto al padre, Neville Paciock, che insegnava Erbologia ad Hogwarts ed era il mio professore preferito, ma a differenza del padre aveva capelli scuri, occhi scuri e un viso meno paffuto di lui. Alice era mingherlina, con due grandi occhioni verde scurissimo, a volte coperti dalla frangia di capelli castano scuro, e un visino dolce e paffuto. Era la persona più timida che avessi mai incontrato e aveva un carattere davvero riservato, di cui ti accorgevi subito se ti soffermavi ad osservare la sua andatura cascante e veloce. Di fronte ai due fratelli Paciock, Fred e Louis giocavano a scacchi, non facendo caso allo scambio di saluti avvenuto nello scompartimento. 
Mi schiarii la gola.
« Ragazzi, ci siamo quasi per la pozione. » mentii. « Freddie, sto parlando specialmente con te... sento odore di soldi! » 
« Certo, perché dovrai sganciare tu. » ribatté Fred, esultando un secondo dopo per aver mandato in pasto alla sua regina un alfiere di Louis. 
« Uccideteli. » intervenne Dominique, che stava cercando di mettersi lo smalto rosso e borbottava cose incomprensibili riguardo al fatto che il treno andava troppo veloce e stava macchiandosi tutta per smaltarsi le unghie. 
« Non possiamo ucciderli! » disse Fred, scioccato alla sola idea. « Devono sganciare il malloppo! » 
« Sarai tu che sgancerai. » replicai, combattiva. Hugo annuì al mio fianco e prese posto accanto ad Alice, sbadigliando e passandosi la mano sulla pancia. 
« Io ho già sganciato quando due anni fa ho dato ad entrambi quella ricerca sui Vampiri. » continuò a controbattere Fred, gli occhi fissi sulla scacchiera, mentre io, in piedi sulla soglia della porta dello scompartimento, gli lanciavo delle occhiatacce velenose per la poca fiducia che aveva in me e nella mia fantastica creazione. 
« Certo, che hai rubato a tua sorella Roxanne. » lo smerdai. « Piccola carogna che non sei altro, rimangerai le tue accuse infondate sulla mia stupefacente pozione! Mi stai sentendo? Vedremo alla fine. Sarà una pozione perfetta e la prima mia vittima sarai tu! » e mi accasciai pesantemente sul sediolino, prendendo posto tra un divertito Lysander e una scioccata Alice.  
« Si può sapere cosa succede? » chiese Frank, intimorito dal mio improvviso sfogo. 
Alice ridacchiò. « Credo ci sia in atto una scommessa. » disse, perspicace. 
« Una scommessa di fuoco. » la contraddisse Hugo, ridendo. 
« Ragazzi, avete qualcosa da mangiare? » chiesi, cambiando discorso con un tono tranquillissimo, come se lo sfogo di prima contro Fred non fosse mai avvenuto.
Mi guardai intorno, ignorando gli sguardi divertiti dei presenti, e arrivai alla conclusione che probabilmente la vecchietta del carrello ancora doveva passare e che io e Hugo non l'avevamo spaventata a tal punto da non farle mettere neanche il naso nel nostro scompartimento. 
« Tieni. » disse Lysander gentilmente, porgendomi una barretta di cioccolato. « Porto sempre qualcosa da mangiare in caso di emergenza. » 
Accettai la barretta di cioccolato senza troppe cerimonie.
« Gentilissimo, Scamander. » risposi, cominciando a scartare il cioccolato e ficcandomene con poca grazia un pezzettino in bocca, sotto gli occhi di una disgustata Dominique. « Comunque... che cosa ci fai tu qui dentro? Credevo ti fossi stancato di frequentare gentaglia del genere. »
« Non mi stancherò mai di frequentare gentaglia del genere. » rispose prontamente il ragazzo, alzando lo sguardo su di me con una sorta di accusa. 
Mi sentii in un baleno a disagio. Avevo ignorato Lysander per sei anni della mia vita da quando avevo messo piede ad Hogwarts, non l'avevo minimamente calcolato quando lui entrava nel mio scompartimento per chiacchierare con i miei cugini e non avevo di certo cercato la sua compagnia in tutti quegli anni. Non volevo scaricare tutta la colpa su di me perché anche il biondino ci aveva messo del suo, ma mi sentivo davvero in colpa per quello che era successo tra di noi.
Immaginavo che anche lui stesse pensando la stessa cosa, in quel momento. La verità era che da quando avevo trascorso quelle bellissime vacanze insieme a lui qualcosa era cambiato: riuscivo a percepirlo ed ero sicura che anche lui lo percepisse. Di preciso, però, non sapevo cosa fosse cambiato tra di noi. 
« A proposito di gentaglia... » disse Lysander, cambiando in fretta discorso. « Le mie orecchie mi ingannano oppure ho davvero sentito qualcuno cantare “Lunatica è un uomo!” per tutto il treno, questa mattina? » 
« Sì! » esclamai, sbuffando. « Hugo: ti odio sempre. Lo sai, vero? » 
« Ecco perché l'hai menato. » rise Alice, osservando i lividi che sfoggiava Hugo e scrutandolo con una certa timidezza.
« Certo che neanche tu sei rimasta immune dai lividi. » osservò Frank, toccandomi un punto imprecisato del viso dove era certo che ci fosse un livido. 
« Siete villani. » intervenne Dominique, mettendolo in chiaro. 
« Confermo. Tua cugina mi ha travolto e buttato per terra, stamattina. » rise Lysander. 
« Io cosa? » chiesi, sicura di non aver capito bene. 
« Mi hai praticamente buttato per terra mentre rincorrevi Hugo. » 
« Davvero? »
« Sì, e hai travolto anche il povero Lorcan ad un certo punto. » Lysander fece un grosso sorriso. « E sì, il Prefettuccio ti ha lanciato dietro un'imprecazione delle sue, tra cui alcuni piccoli coinvolgimenti a Merlino, Morgana e tutta la banda di Maghi Famosi. » 
Scoppiai a ridere. 
« Ah, per la cronaca. » aggiunse Lysander con una smorfia, quasi come se avesse voluto scusarsi con me. « Vuole fare rapporto non appena arrivati a scuola: credo tu sia già in grossi guai. » 
« Carino da parte sua. » borbottai, pensando che Lorcan dovesse avere una bella lezione una volta per tutte. 
« Lorcan farà rapporto anche su di te, Hugo. » gli disse Lysander, cancellandogli il sorriso soddisfatto dalle labbra e la voglia di cantare vittoria. 
« Come sarebbe a dire? » sbraitò Hugo, infiammandosi e fingendo di essere profondamente offeso. Assunse la tipica espressione di uno che ha avuto un grosso torto e si rivolse di nuovo all'amico: « Io vengo rincorso, io vengo picchiato... e io vengo anche messo dentro a faccende che non mi riguardano? Il rapporto alla Preside... quel coglioncello di Lorcan lo ammazzo, poi vedete se non lo ammazzo facendolo passare per un'incidente! »
E poi ci sono quei momenti in cui AMI tuo cugino.
« La McGranitt si incazzerà. » disse Frank, annuendo come per confermare le sue parole, come se ce ne fosse bisogno: la Preside ci avrebbe sul serio ammazzati tutti. « La McGranitt si incazzerà tantissimo. » 
« La McGranitt è sempre incazzata tantissimo. » intervenne Louis. « Per fortuna mi adora. » 
« E chi non ti adora? » fece Fred, scoccando un grosso bacio sulla guancia del cugino. « Mi devi offrire il pranzo quando andremo ad Hogsmeade: ho vinto io. Ho già detto che ti adoro? »
« Che rompi palle... » 
« Gente, stiamo divagando! » misi in fretta fine alla conversazione tra miei due cugini, che avevano appena finito di giocare. « Se Lorcan va davvero dalla McGranitt a fare rapporto, la stronzona scriverà una bella letterina a mia madre e mia madre scriverà una bella letterina a me... » 
« Letterina chiamata orribilmente: Strillettera. » concluse Alice, la mano sulle labbra per soffocare il riso. « Come a fine dell'anno scorso. Ricordate? » 
Scoppiarono tutti a ridere sguaiatamente e anche Dominique non potette fare a meno di lasciarsi andare. Per farla davvero breve, l'anno precedente, come tutti i santissimi anni, ricevetti una minacciosa Strillettera urlata in tutta la Sala Grande durante l'ora di silenzio per i caduti in battaglia. Eravamo soliti fare quell'ora di silenzio alla fine dell'anno per ricordare e pregare gli eroi caduti nella battaglia contro Voldemort e i suoi Mangiamorte ma, puntualmente, io alla fine dell'anno combinavo sempre qualche pasticcio. E quando mia madre doveva mandarmi la Strillettera? Quando tutti erano in silenzio, naturalmente! Fu la figura di merda più imbarazzante che ebbi mai fatto. E io non avevo fatte tantissime. 
« Come hai osato incendiare la tazza del water con la gatta del custode dentro? » Lysander fece una perfetta imitazione di quello che mia madre aveva urlato con un tono di voce dieci volte più alto del normale nella lettera, cosa che mi fece ancora più ridere. « Merlino, quanto ho riso. » concluse, facendomi un sorriso. 
Gli feci l'occhiolino e dissi: « In realtà fu colpa di Hugo. Io volevo solamente fare un esperimento sul gattino Pond ma Hugo mi distrasse e io appiccai fuoco al water. »
« Andaste in presidenza, giusto? » chiese Domi, scuotendo il capo come rassegnata. 
« Sì. » rispose Louis. « Li vidi mentre il vecchio custode Armando li trascinava per la collottola ad entrambi. »
« Dove sono quando accadono le cose più belle? » chiese Fred, intristito. Era sempre stato un tipo molto curioso e pettegolo, e non sapere di qualche strabiliante scoop ad Hogwarts era considerato un sacrilegio per lui. 
« Più belle? » ripeté Dominique, voltandosi per fissarlo. « La McGranitt voleva ammazzarli! » 
Frank rabbrividì. 
« Sì, voleva ammazzarci... ma ammetto che è stato divertente. » dissi, e tutti i presenti mi guardarono come se mi fossi bevuta il cervello. O forse mi ero sul serio bevuta il cervello per fare un affermazione del genere.
Per le persone normali non era divertente rischiare la pelle e l'espulsione per uno sciocco esperimento che comprendeva i prodotti dei Tiri Vispi, ma io non ero una ragazza molto normale e, anche se la Strillettera mi aveva sconvolta non poco, mi ero divertita. « E poi... Hugo se la cava sempre! » aggiunsi.
« Se per cavartela intendi che non ho avuto una Strillettera allora voglio sempre cavarmela. » ribatté mio cugino. « Mamma non è la tipa che fa le Strillettere, lei passa direttamente ai fatti. Non potete immaginare cosa successe a casa e non voglio neanche ricordarlo. » 
« Ma anche tu te la cavi: non ti hanno mai espulsa, no? E ne hai combinate tante. Comunque, non ti preoccupare per il rapporto. » intervenne Lysander, con tono dolcemente rassicurante. « Convincerò a tutti i costi Lorcan a lasciarti in pace, almeno per questa volta. Andrei da lui adesso ma sta pattugliando i corridoi e quando pattuglia non vuole essere disturbato. Ti salverò la vita, prometto. »
« Davvero? » sorrisi. 
Lysander annuì con vigore. « Prometto. » disse, arrossendo mentre mi fissava. 
Anch'io, come una cretina in iperventilazione, arrossii un botto e non sapevo neanche spiegarmi il motivo. Cavolo, non ero la tipa che arrossiva per sciocchezze! Ero proprio come un ragazzo: assai virile. Sì, assolutamente e indiscutibilmente virile. Ma in quel momento volevo solo sotterrarmi per quel rossore, volevo solo che Lysander andasse via e che mi lasciasse sfogare come si deve, perché era assurdo il fatto che il arrossivo per lui. Avevamo vissuto momenti bellissimi insieme in vacanza e recuperato il nostro rapporto che era andato a donne scarlatte ma quello non significava niente. Doveva esserci un errore al mio rossore. Solamente uno schifosissimo e incomprensibile... 
La porta del nostro scompartimento si aprì. 
La ragazza più frivola, stupida e odiosa di tutta la scuola era sulla soglia della porta e ci fissava con la puzza sotto al naso, soffermandosi a guardare con un certo disgusto Dominique, la sua compagna di stanza ed acerrima nemica. Era Cassandra Smith, la Corvonero che odiavo tanto quanto odiavo le Strillettere. Cassandra era abbastanza carina, con i capelli biondissimi che le arrivavano fin sotto al sedere, gli occhi di un azzurro ghiaccio e labbra sottili come sottilette, ma rosee e sempre piene di rossetto rosso per farle sembrare più pompose. Sarebbe stata davvero graziosa se non fosse per il fatto che era una gran rompi palle, dalla perenne puzza sotto al naso e l'aria da aristocratica del cavolo.
« Dominique! » disse con tono nauseato, abbracciando Domi come se avesse paura di sporcarsi le mani. 
Dominique ricambiò senza riserve.
« Tesoro! » disse, facendo una smorfia dietro di lei, mentre la sfiorava appena con le mani smaltate e perfette. 
« Ti trovo molto bene. » disse Cassandra, sfoggiando uno dei suoi falsi sorrisi. 
« Oh, immagino. Le mezze Veela sono sempre in forma. » ribatté Dominique, facendo una risatina tintinnante che a Cassandra avrebbe di sicuro dato fastidio. 
E infatti, la ragazza si fece tutta rossa e abbozzò un sorrisino invidioso e falsissimo. Non degnò di un solo sguardo me e i miei cugini, ma i suoi occhi avevano individuato Lysander, diventando scintillanti come non lo erano mai stati: di sicuro era venuta lì per lui. Non sarebbe mai strisciata ai piedi della sua peggiore nemica per un saluto. Il pensiero mi fece capovolgere lo stomaco, e non sapevo neanche io cosa mi prendeva ma provavo un odio infinito nei confronti di quella ragazza che, sì, mi era sempre stata antipatica, ma mai come in quel momento. 
« Lysander. » disse Cassandra, civettuola. Calò su di lui e gli diede un grosso bacio sulla guancia, ammiccando al suo indirizzo. 
Adesso vomito, adesso vomito. Ma che diavolo ci fa questa qui dentro? – pensai. 
« Cassandra, ciao. Tutto bene? » chiese il ragazzo, anche lui molto felice di vederla. 
Mi correggo: ADESSO sì che vomito! 
« Una meraviglia. Senti, puoi uscire un attimo? » chiese Cassandra, con decisione. « Ti devo parlare. » aggiunse, con tono che parve stranamente malizioso. 
« Va bene. » acconsentì Lysander. « Ragazzi, vado con Cassandra. Ci becchiamo in giro! » e salutandoci tutti, uscì dallo scompartimento mano nella mano con lei. 
Ok, non so bene cosa sentii nello stomaco ma di sicuro era una cattiva cosa. Vomito, sicuramente vomito, in primis. Seconda cosa, ebbi l'istinto di inseguire i due fidanzatini e gettarmi su Cassandra in stile “io detective, tu assassino... tu morire” e darci dentro con le botte, strapparle tutti i capelli da Barbie ossigenata che aveva in testa e toglierle i quintali di trucco che aveva in faccia per farla sembrare un mostro. Terza cosa... mi resi conto che stavo esagerando. A me non importava nulla di Lysander e delle ragazze con cui si frequentava. Quello era solo un probabile sentimento di ingiustizia, perché era ingiusto che un ragazzo tanto intelligente e in gamba come Lysander finisse a frequentare una tizia del genere. Ecco tutto. 
Dovevo aver fatto una faccia orribile, perché Hugo continuava a fissarmi con un'espressione strana e indecifrabile. Poi, per mia grande fortuna o botta di culo, come preferite chiamarla, dalla radietta che Dominique aveva acceso per ascoltare della musica partì una canzone rock e io mi alzai dal sediolino, iniziando a scatenarmi come una pazza.
Se esiste un modo per sfogarsi decentemente quello è ballare.
« Muovi il corpo come un peloso troll, che impara il rock and roll! » cantaii, atterrendo a morte il povero Frank con il mio improvviso cambio di umore e pestando un piede a Dominique, che mi urlò dietro che quelle che avevo appena schiacciato con tutta la mia forza erano le sue zeppe firmate della Guess. « « Qualcuno hai idea di cosa le è preso? » chiese Fred, grattandosi la nuca mentre io continuavo a cantare e ballare.
Mi fissò ancora un pochino con occhi spalancati, poi comprese che forse era meglio non disturbarmi e mi ignorò semplicemente, dichiarando che quella era la crisi del pre-mestruo. 
« No. Dovremmo? » fece un intimorito Frank, che sembrava ancora parecchio sconvolto dal mio comportamento.
Dominique aveva scosso il capo e alzava il volume della radiolina a lievi colpi di bacchetta, chiudendo gli occhi per godersi la musica; Louis era troppo sconcertato per parlare. 
« No, non dovremmo. » rispose Hugo, senza staccare gli occhi dalla mia espressione immensamente imbarazzata e colpevole. « Ma forse la diretta interessata potrebbe sicuramente dirci che cosa ha fatto azionare i suoi ormoni già impazziti, vero? » 
Tossicchiai.
« Non del tutto vero. Vedi, cugino... io mi starei divertendo. » dissi. « Possiamo parlarne in privato. » 
Hugo colse la palla al balzo e aprì la porta dello scompartimento, facendomi un gesto elegante con la mano che diceva chiaramente “dopo di te” e io lo fissai in malo modo.
Dannato Hugo!
Mica avevo previsto che la mia proposta veniva presa così alla lettera. In ogni caso: non avevo scelta. O uscivo di mia spontanea volontà oppure venivo trascinata con la forza da Hugo, e una nuova figura di merda non sarei riuscita a sopportarla in quel momento. 
Uscii con riluttanza dallo scompartimento, finendo di canticchiare le ultime note della canzone, e mi lasciai guidare da Hugo in un posticino particolarmente appartato del treno. 
« Dunque? » chiese, alzando un sopracciglio. 
« Dunque? » ripetei, dato che non avevo proprio idea di cosa avrei potuto dire a mio cugino. « Senti, Hugo... la canzone mi piaceva davvero tantissimo. E tu sei un rosso di merda. Potremmo ritornare dentro e parlare in un momento meno... »
« Dunque hai qualcosa da dirmi. » trasse le conclusioni Hugo, con sguardo inquisitorio. 
« Se mi avessi lasciata finire! » sbottai. « Stavo appunto cercando una scusa per entrare dentro perché non ho nulla da dire. »
« Come no: avevi una faccia spaventosa. »
Hugo non era un tipo abbastanza perspicace, aveva preso da zio Ron la perspicacia di un cucchiaino, e per capire che qualcosa mi aveva disturbato dovevo aver proprio fatto una faccia strana.
Deglutii. Poi mi feci una grossa risata, una di quelle risatine psicopatiche che mi venivano benissimo.
Finii di ridere come una squinternata e dissi: « Una faccia spaventosa? Ma io? » ridacchiai, mettendo in dubbio la mia sanità mentale. « Ma andiaaamo! Ti pare? » e feci un gesto noncurante con la mano.
« Va bene, non fa niente, stavo scherzando. » borbottò Hugo, rassegnato. « Meglio se torniamo nello scompartimento altrimenti... altrimenti... » la sua voce si ridusse in un sussurro mentre i suoi occhi erano puntati su qualcosa in lontananza. 
Assunsi un'espressione interrogativa e mi voltai di scatto. Da uno scompartimento lì vicino usciva del fumo, del fumo densissimo. Fui attraversata da una sensazione di rabbia e irritazione che non avevano nulla a che fare con quello che era successo nello scompartimento.
Dove sono quei dannati Prefetti e Capiscuola quando qualcun altro faceva qualche disastro?
Erano sempre pronti ad accusare me e Hugo, ovviamente. E adesso il treno rischiava di saltare in aria a causa di qualche sconsiderato che aveva appiccato fuoco allo scompartimento e avremmo rischiato tutti di tirare le cuoia. Il mondo era proprio pieno di... pieno di... 
E poi mi resi conto che gli sconsiderati eravamo per l'ennesima volta io e Hugo. 
« Cazzo! » esclamai, sgranando gli occhi. 
« La nostra pozione! » fece eco Hugo. 
Ed entrambi corremmo nello scompartimento, sperando seriamente di non far saltare in aria il treno.

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Capitolo 2
*** Si ricomincia... in tutti i sensi. ***


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Si ricomincia... in tutti i sensi.
 
Se i miei propositi erano quelli di iniziare (badate bene: solo iniziare) l'anno scolastico in modo tranquillo avevo fatto non male, ma malissimo, i miei conti. Io e Hugo finimmo nei pasticci prima di mettere piede a scuola e ricevemmo un gran rimprovero dal severo vicepreside Coleman, non che mio odiatissimo insegnante di Trasfigurazione, che minacciava di bocciarmi a prescindere dal momento in cui avevo messo piede nella sua classe.
« Spero solo che un giorno la Preside approvi le maniere forti. » stava blaterando il vecchio custode Armando, con voce strascicata e gracchiante, mentre il suo gattaccio rognoso Pond trotterellava al suo fianco e soffiava arrabbiato contro me e Hugo. Come sempre, d'altronde.
Il gattaccio rognoso aveva un pelo spelacchiato grigio come i capelli del suo padrone, occhi arrossati come quelli del suo padrone e naso schiacciato come quello del suo padrone. E la faccia da infame come quella del suo padrone, si capisce.
« Almeno su voi due teppisti ingrati. Ah, mi ricordo che tanti e tanti anni fa, quando frequentavo questa scuola, c'era un custode che... » unì tutte le cinque dita e le baciò, aprendole di scatto. « sia benedetto! Appendeva gli studenti che si comportavano male al soffitto delle segrete per i pollici e li faceva roteare. Oh, quanto mi mancano quelle urla. » concluse, come se si aspettasse un permesso dal cielo per appendere me e mio cugino per i pollici e farci roteare per ore e ore nelle segrete. 
« Questo l'ha già detto mille volte. » gli feci notare, in tono annoiato.
« È vero, signore. Io non sarei così ripetitivo se fossi in lei. » aggiunse mio cugino, facendosi beffe del vecchissimo Armando. 
« Voi, delinquenti! Finirete entrambi ad Azkaban prima di... »
« Sì, sì. » lo interruppe Hugo seguendomi nella Sala Grande, mentre gli occhi degli studenti intenti a mangiare il dolce si soffermavano su di noi. 
« Anche questo l'ha già detto. » ridacchiai, e mi lasciai alle spalle il pazzo custode, che sicuramente ci stava bestemmiando dietro cose che non voglio nemmeno riportarvi.
Raggiunsi dopo una passerella sotto i riflettori il tavolo di Grifondoro e mi buttai a peso morto sulla panca accanto ad Alice, mostrando il mio disappunto riguardo al fatto che mi ero persa tutta la cena.
« Merlino, quando impareranno a punirmi dopo il banchetto di inizio anno? Io non carburo a stomaco vuoto! » esclamai, con le mani tra i capelli in segno della mia disperazione totale.
« Poi dicono che siamo noi. » disse Hugo, irritato quanto me nel trovare piazza pulita. « Ci stanno praticamente obbligati ad uscire dal castello per andare da Hagrid e costringerlo a cucinare qualcosa per noi due. » 
« Come? » chiese Alice, nel suo tono basso e ansioso di sempre, arricciandosi una ciocca di capelli attorno al dito. 
« Hai capito. » le disse Hugo, mentre si sporgeva nel piatto di Fred per rubare qualche dolcino. 
Mi sporsi sopra la piccola Alice per vedere se erano rimasti dolci al cioccolato e sbuffai, furibonda.
« Se Scamander ha ancora quelle barrette di cioccolato che amo posso anche restarmene buona nel mio lettino e farmene dare alcune per sopravvivere e... aspetta un momento! » mi voltai verso Hugo, con occhi sbarrati. « Hai portato lo champagne per festeggiare il nostro arrivo a casa o ti devo ammazzare adesso? »
Hugo ridacchiò. « E ti pare che non portavo lo champagne? » 
« Banda di ubriaconi! » ci accusò immediatamente Fred che, nonostante avesse un nome tanto importante, non richiamasse per nulla alla persona al quale era appartenuto. « Lo dico a Coleman, ahaha! Così voi finite di nuovo nei guai e... »
Io e Hugo gli lanciammo uno sguardo a dir poco minaccioso.
« Troll ritardati, stavo solo scherzando. » disse Fred, facendo una smorfia.
Constatato che Fred stesse davvero scherzando, e che la sua mente perversa non avesse realmente pensato di chiamare Coleman, e ignorando Louis che continuava a ripetere di non bere a stomaco vuoto, poggiai il mento sul pugno chiuso e sospirai.
« Ci sono stati avvisi importanti? » chiesi.
« La presentazione del professore di Difesa contro le Arti Oscure. » rispose immediatamente Alice, battendo le ciglia in modo languido. Fece un sospiro beato e socchiuse gli occhi, con espressione disgustosamente dolce. 
Frank fece roteare gli occhi.
« Adesso tutte innamorate di lui. Ci mancava solo questa. » borbottò. 
« Che cos...? » fece Hugo perplesso, alzandosi per guardare meglio il tavolo degli insegnanti. 
Io infilai velocemente gli occhiali che erano spariti nei meandri della tasca della mia tunica e imitai mio cugino. In un baleno, capii subito il significato del borbottio indispettito di Frank e della voce trasognata e sentimentale di Alice. Beh, se quello era il nostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure non c'erano dubbi sul fatto che ogni ragazza si sarebbe innamorata di lui. Per essere un professore era davvero giovane e bello, per quello che potevo vedere. Di certo non era uno che sarebbe passato inosservato, lì ad Hogwarts.
Una volta che ebbi guardato attentamente il nuovo insegnante, quello non risultò più interessante di una allegra conversazione a tavola: anche se era davvero un bel figliolo, era un insegnante e gli insegnanti erano tutti uguali tra di loro, tutti tremendamente infami e farabutti. 
Quando la cenetta fu finita (cenetta al quale io non avevo preso parte), la nostra amatissima Preside, la McGranitt, ordinò a tutti gli studenti di correre nei nostri dormitori perché il giorno seguente sarebbero inziate le lezioni, raccomandando per l'ennesima volta di rispettare le regole dettate dalla scuola. E non riuscivo proprio ad immaginare il motivo per il quale la Preside aveva guardato intensamente nella direzione mia e di Hugo prima di fare quell'avviso. 
« Vuole spaventarci, la vecchiaccia. » aveva detto Hugo. 
Prima che potessi fare un solo passo verso il tavolo di Corvonero per raggiungere il caro Scamander e le sue barrette di cioccolato, il Capitano della squadra di Quidditch di cui io facevo parte e Caposcuola che mi aveva minacciata in treno e che inoltre condivideva la stanza con Fred, Louis e Frank, si rivolse a me nel tono arrabbiato e burbero di sempre. 
« Potter. » disse William Baston, minaccioso. Immaginai che fosse ancora arrabbiato con me per la faccenda del treno, quindi mi limitai a fissarlo senza dire una parola. « A breve proveremo con tutta la squadra: devo trovare un Cercatore decente. Se quest'anno Scamander prende di nuovo il Boccino prima di noi sono costretto a ricoverarmi nel reparto di psichiatria del San Mungo. »
Tu dovresti sempre ricoverarti nel reparto psichiatria del San Mungo. – pensai, guardando i pugni serrati di Baston e la vena che pulsava nella sua tempia.
Nonostante questo, ero perfettamente d'accordo con la sua affermazione. Non dovevamo permettere che Corvonero vincesse di nuovo la Coppa del Quidditch dopo che ci eravamo fatti un cuore così.
« Quindi preparati psicologicamente ad allenamenti duri e impegnativi, fatti trovare sobria e avvisa tuo cugino. Mi raccomando, Potter: un solo sgarro e ti sbatto fuori squadra. » e si allontanò in fretta, lasciandomi a bocca spalancata.
E grazie tante per la considerazione, Baston!
E se vi state chiedendo se mi avrebbe sul serio sbattuto fuori dalla squadra se mi fossi comportata male la risposta era: no. Tutta scena inutile per intimorire i giocatori, erano anni che mi minacciava.
« Sono sempre sobria, Baston! » gli gridai dietro, ma l'unica risposta che ricevetti fu uno sbuffo irritato. 
Rimasta da sola perché i miei cugini idioti avevano pensato bene di darsela a gambe per fare chissà cosa o molestare ragazzine e primini per far vedere loro chi comandava in quella scuola, mi precipitai al tavolo di Corvonero e raggiunsi mia cugina, in compagnia di un piccolissimo specchietto rotondo e del suo rossetto rosso. 
« Domi, mi sono persa la cena. » annunciai, con voce pimpante e indispettita. 
Mia cugina alzò lo sguardo dallo specchietto giusto il tempo di lanciarmi un'occhiata neutrale.
« Tu e Hugo siete sulla bocca di tutti. » mi disse, cominciando a ritoccarsi le labbra. « Poteva andarvi molto peggio se quella pozione era pericolosa. Dico io, siete una schiappa in pozioni e vi ostinate ancora a combinare questi disastri? Foste... che ne so... tuo fratello Albus che era un genio indiscusso in pozioni posso capire. Ma... » 
Seguii mia cugina fuori dalla Sala Grande ridacchiando e pensando che probabilmente Dominique non aveva tutti i torti riguardo alle schiappe che eravamo in Pozioni.
« Risparmia il fiato. » dissi. « L'unica cosa di cui mi dispiace è che non ho cenato. Ma come si fa a perdere il banchetto di inizio anno per nulla? Adesso cerco Scamander e mi faccio dare una di quelle barrette che... »
« È lì. » mi interruppe Domi, per la prima volta interessata alla mia vita e non ad imbrattarsi le labbra di rossetto rosso. « Insieme a quella sottospecie di Barbie mostro. » 
E la sottospecie di Barbie mostro sembra molto felice, vedo.
« Corri da lui, forza! »
Chiedendomi se Dominique non avesse quella stramba idea di farci da Cupido (non lo avrei sopportato) oppure se volesse solamente rovinare un momento bello della vita di Cassandra Smith (opto per la seconda), obbedii e mi affrettai a raggiungere il ragazzo con passo deciso. 
« Lysander! Fermati! » gridai, spintonando la folla degli studenti e richiamando su di me molti sguardi. « Ehi, Scamander! Vuoi voltarti?! »     
Lui finalmente si accorse di me e si voltò di scatto, sovrastandomi dal suo metro e settantacinque circa.
Miseriaccia.
« Lily...? » fece, assumendo la tipica espressione che chiedeva “e adesso questa che diavolo vuole da me?” e non aveva tutti i torti.
Comprensibile il fatto che si chiedesse cosa volessi da lui dopo anni e anni che l'avevo ignorato e quando avevo scelto proprio quel momento per parlargli, interrompendo le sue attività smielate con la sua nuova fidanzatina amorosa o come diavolo si chiamava. 
« Emergenza. » spiegai, con una sola parola. 
Cassandra si strinse di più a lui, con fare assolutamente possessivo. 
Tienitelo pure, cara Barbie mostro... non ho bisogno di un Ken nella mia vita.
Lysander parve capire la mia richiesta di emergenza, perché sorrise e si frugò nelle tasche interne della sua tunica. Vidi con soddisfazione che si era leggermente scrollato di dosso la sua amorosa per prendermi il cioccolato, cosa che fece sorridere inaspettatamente anche me.
« Ho saputo. » rise il ragazzo, tirando fuori con uno strattone le tavolette di cioccolato. « Mi dispiace che hai saltato la cena, spero che queste ti possano aiutare. » 
« Più che aiutare non mi faranno morire di fame. » replicai, afferrando le due barrette di cioccolato. Le ultime due, purtroppo per me e per il mio stomaco brontolone. « Domani a colazione mangerò come se non avessi mai mangiato in vita mia, me lo sento. » e qui provocai la disgustata reazione da parte di Cassandra e le risatine da parte del suo amoruccio ossigenato. « Forse dovrei prendere ripetizioni di Pozioni prima di fare quello che ho fatto. Non credi? » 
Cassandra fece uno sbuffo spazientito e strinse nuovamente il braccio del suo tesoruccio ossigenato.
Mi accorsi solo in quel momento che forse non avrei dovuto tirare la conferenza per le lunghe: i piccioncini avevano bisogno dei loro spazi. 
« Beh... » dissi, esitando visibilmente. « vi saluto! » e corsi velocemente via da loro, accingendomi a raggiungere Dominique che mi aspettava, ghignando in modo inquietante e a dir poco Serpeverdesco. 
Poi la voce di Lysander mi richiamò. 
« Lily! Ehi, Lily! » 
« Cosa? » feci, voltandomi e travolgendo per sbaglio un occhialuto Tassorosso, che mi fissò in modo spaventato e corse via come se avesse visto il diavolo in persona. 
« Come si dice, per il cioccolato? » 
Ci pensai su. « Grazie mille! »

 
***


« Grazie mille un corno! »
Scaraventai la carta del cioccolato via e sbuffai il mio enorme disappunto. Dopo che ebbi finito tutto il cioccolato, premurandomi di lasciare qualche pezzettino a mio cugino (sì, ero ancora leggermente irritata per il fatto che non mi aveva aspettato per fare il cretino con le ragazze) arrivai alla conclusione che Scamander non mi aveva affatto aiutata. Il cioccolato mi aveva messo su una fame di dolci incredibile e se le mie intenzioni erano quelle di uscire dal castello per andare da Hagrid dovetti reprimerle seduta stante: ero stanca morta e lo champagne non stava aiutando per niente la situazione.
« Ho ancora fame ma... beh, bentornati a casa, Malandrini di Hogwarts! » esclamai, circondando la bottiglia di champagne con le braccia e bevendone un altro lunghissimo sorso. 
Ero nei dormitori maschili, precisamente nella stanza dei ragazzi del settimo anno, stanza in cui dormivano Fred, Louis e Frank... e anche il mio Capitano, che fortunatamente non era lì. Hugo era uscito dal suo dormitorio per festeggiare insieme a noi e Alice gli aveva fatto compagnia, anche se era rannicchiata sul letto del fratello a sonnecchiare. 
« E chi sarebbero questi Malandrini di Hogwarts? » chiese Louis incuriosito, levandomi la bottiglia dalle mani. 
« Coloro che giurano solennemente di non avere buone intenzioni. » risposi, scambiando un'occhiata eloquente con Hugo. Nessuno a parte me e lui parve capire di che cosa stavo parlando e forse era meglio così: probabilmente credevano che fossi ubriaca. « Senti, Louis... o mi ridai la bottiglia o bevi. Anzi, adesso che ci penso dovremmo farci tutti quanti un bel giretto. »
« Ma che giretto?! » sbottò Frank allarmato, voltando la testa di scatto verso di me mentre si aggiustava le pieghe del pigiamino celeste. 
Sorrisi, mettendo un braccio attorno alla schiena del ragazzo. « Frankie, andremo a dormire solo dopo... »
« ... un giro di bottiglia. » concluse Hugo per me, annuendo con la testa in direzione di Louis che guardava la bottiglia titubante, facendo gli occhioni da cucciolo bastonato. « Solo un sorsetto, forza! Fred non ha fatto tutte queste storie, prima... »
« Beh, sono molto coraggioso. » ribatté Fred compiaciuto, che stava saltellando sul letto di Frank, facendo saltare a sua volta anche la piccola Alice. 
« Solamente uno! » concesse Louis.
Guardò la bottiglia che aveva tra le mani e fece un lungo sorso di champagne, staccandosi un secondo dopo dalla bottiglia producendo strani versetti schifati. In un attimo, lo champagne era passato nelle mani di un intimorito Frank.
« Come va, Louis? » chiese Hugo, ghignando.
« Mi avete fatto bere uno champagne muffito? » sbottò Louis, correndo nel bagno a fissarsi la lingua nello specchio. 
« Ma no! » Ma sì. « Ti pare che lo champagne fosse muffito? » e feci un gesto con la mano, come se stessi scacciando via un moscerino.
Oh, accidenti a Hugo e al suo champagne del 1998! 

Dopo che Louis ebbe appurato che la sua lingua fosse in perfette condizioni e che quel sorsetto non gli fosse andato in testa, ci fu un grosso applauso per lui mentre mio cugino sogghignava in direzione di Frank. 
« L'abbiamo provato tutti! Tocca a te! » disse Fred a voce alta, massaggiando le spalle di Frank in stile Rocky Balboa che deve entrare sul ring. 
« VAI FRANK! »
« FORZA FRANKIE! »
« SEI TUTTI NOI! »
« Oh no, non voglio vedere mio fratello bere... » mormorò Alice, svegliandosi dall'improvviso coma nel quale era calata e ficcandosi con la testa sotto al cuscino. 
Ma Alice non dovette sopportare molto: Frank bevve solamente un goccino e fece una smorfia schifata, cacciando fuori la lingua esattamente come aveva fatto Louis. Quando fu il turno proprio di Alice accadde il finimondo: ci vollero dieci minuti abbondanti per convincerla ad assaggiare una piccola goccia di champagne e quando aveva appena finito di sputacchiare tutto, sciacquarsi la bocca nel bagno e dichiarare che se avesse avuto degli effetti collaterali durante la notte ci avrebbe ammazzati tutti, un gufo venne a picchiare alla finestra. 
« Non è presto per la posta? » chiese Hugo incuriosito, mentre io e Fred si spintonavamo come due capre per correre alla finestra. 
Spinsi Fred di lato e aprii la finestra, allungando la mano per prendere la lettera. Il barbagianni mi lasciò sfilare la piccola lettera dal becco e mi morse un dito, facendomi uscire il sangue da un unghia.
« Odioso pennuto. » borbottai, scartando velocemente la pergamena con Fred che mi alitava sul collo. 
Spero ci lasci le penne.
Alice e gli altri mi raggiunsero, creando un cerchio attorno a me per leggere il contenuto della lettera. Lettera che sembrava decisamente scritta di fretta e furia, lettera che aveva una calligrafia davvero molto familiare, lettera che sembrava provenire spaventosamente da... 
« ... William Baston! » esclamò Frank atterrito, strofinandosi le mani in modo nervoso e andando avanti e indietro per la camera come se si aspettasse di vedere Baston spalancare la porta con un calcio per ucciderli tutti. 
« È il nostro compagno di stanza. » disse Fred, come se non si fosse capito abbastanza. « Cosa vuole da noi? Non ci lascia mai divertire quello spilungone Caposcuola! » 
Scoppiai a ridere e lessi il contenuto della lettera:

“Per l’unico branco di fuorilegge scalmanati che conosca,
vi rendete conto che state disturbando la quiete pubblica? Sono la bellezza di mezzanotte e un quarto, vi ho fatto già un grandissimo favore ad andarmene dalla mia stanza per farvi rimanere in pace tra cugini e avrei bisogno di riposo perché io, a differenza vostra, sono un Caposcuola. Quindi, Potter
(“E ti pareva se doveva venir fuori proprio il mio nome!” avevo esclamato), voglio essere gentile proprio perché è l'inizio dell'anno e non voglio rovinarmi - e rovinarti - questo momento: ti do solamente cinque minuti scarsi per portare quelle tue chiappe lentigginose fuori dalla mia stanza. E non chiedermi perché ce l'ho particolarmente con te, per favore.
Baston.” 


Scoppiammo tutti quanti a ridere, chi in modo più sguaiato (come me) e chi in modo meno sguaiato (come Alice), ma alla fine della lettura tutti quanti avevamo le pance che facevano malissimo per le risate.
Quel ragazzo è capace di minacciarmi di morte anche mediante una lettera, Merlino santo.
« Baston è il più grande rompi coglioni che conosca. » stava dicendo Hugo, picchiettando con la bacchetta sulla lettera per darle fuoco. « A proposito... quanto tempo ti ha dato per sparire da qui? »
Mi guardai intorno, spalancando gli occhi.
Oh santo cielo.
Mi accorsi solo in quel momento che mi restava poco tempo per far sparire le mie chiappe lentigginose... aspettate un momento: aveva sul serio detto CHIAPPE LENTIGGINOSE? 
Marciai con decisione fuori alla stanza e mi affacciai al piccolo balconcino che dava nella Sala Comune, circondando la bocca con le mani per farmi sentire da tutta la Torre di Grifondoro. 
« Le lentiggini sul culo te le faccio venire io se non la smetti di mettere in giro queste ridicole e false voci, Baston! »
E quello fu il mio dolcissimo saluto della buonanotte. 


 
***


Nonostante avessi dormito pochissimo, il mattino successivo ero pimpante come non mai. Il primo giorno di scuola mi metteva sempre su una certa allegria, gli altri meno... ma quelli erano dettagli. Appurato che Baston non voleva ammazzarmi, mi godetti la colazione e mangiai tutto quello che non avevo mangiato al banchetto della sera precedente. Tutto quello che mi capitava tra le mani, quindi. 
« Forse dovremmo subito usare qualche Merendina Marinara per la seconda ora. » stava dicendo Hugo, premurandosi accuratamente di abbassare la voce in corridoio mentre raggiungevamo l'aula di Difesa contro le Arti Oscure, materia con cui avremmo cominciato l’anno scolastico. « Sai, non credo di resistere ad una nuova ramanzina di Coleman sulle regole da rispettare a scuola e cazzate varie. »
« Mi sembra ovvio che dobbiamo intervenire. » concordai. « Quale Merendina usiamo? »
« Pasticche Vomitose? »
« No... odio il vomito. » decretai, storcendo il naso.
« Vero. Ehm... Torrone Sanguinolento? »
« Assolutamente no! » sbottai, dato che odiavo anche dover perdere il sangue dal naso, eccezion fatta se dovevo battermi con qualcuno. In quel caso sarei stata disposta anche a perdere sangue dagli occhi, se era necessario. Sempre se non mettevo KO il nemico prima che lo facesse lui, cosa del quale ero assolutamente sicura data la mia modesta energia in combattimento. « Sai altrettanto bene che il sangue dal naso mi fa venire addosso una strana sensazione. » 
« Vero anche questo. » dovette ammettere Hugo, leggermente esasperato. « Allora non ci resta che usare i Fondenti Febbricitanti. » concluse.
« Merlino, no! » esclamai, scuotendo il capo e fissando mio cugino come se mi stesse accusando di essere complice di un assassinio. « I Fondenti Febbricitanti sono solo il modo più semplice per fuggire via dalla classe. Sai che ti dico? I Pasticcetti Svenevoli sono perfetti, e fanno anche un sacco di scena: li adoro! » 
« Giustissimo! » convenne Hugo, illuminandosi. « Vada per i Pasticcetti. Almeno non saremo costretti a vedere la faccia di Coleman per delle orette, il che ritorna sempre a nostro favore. Sei assolutamente geniale, rossa! »
Sorrisi, compiaciuta. « Ah, se non ci fossi io. » sospirai, tirandomela non poco.
« Idiota. » rise Hugo, rimangiandosi le lodi al mio cervello geniale.
« A proposito di idioti... » dissi, massaggiandomi la nuca ricoperta da folti capelli. « Sai per caso il motivo per cui Baston ce l'ha tanto con me? » 
« Boh. » rispose Hugo. « Quello lì è un tipo veramente molto strano. E stamattina mi ha detto di dirti che le voci sulle lentiggini in un certo posto possono essere nient'altro che vere anche se lui non possiede prove. » 
« Giuro che gliele faccio venire io le lentiggini sul culo! » promisi. « Come saluto. Baston andrà presto via e un saluto caloroso ci vuole proprio a fine anno... che ne dici? » e guardai mio cugino, sghignazzando.  
« Dico che Baston si incazzerà e ti farà espellere. » rispose una voce familiare che non era quella di mio cugino. 
È arrivato lo spasso.
« Grazie per il supporto morale, Scamander. » borbottai, voltandomi e trovandomi faccia a faccia con lui, che mi fissava con quei suoi grandi occhi verde chiaro. « Baston ce l'ha con me più di tuo fratello Lorcan. » 
Lysander sorrise. « Avrà i suoi buoni motivi. » buttò lì, con tono distaccato. 
« Che vuoi dire? » ribattei, ostile.
Odiavo a morte quando le persone facevano affermazioni particolarmente ambigue su di me e io ero una tipa che si impressionava e fraintendeva facilmente e non avrei voluto per nulla al mondo battermi alla Babbana proprio con Lysander. Anche perché l'avrei stracciato ad occhi chiusi.
« Che sei troppo rompi palle per non avere dei nemici, Lily. » rispose Hugo divertito, come se la cosa fosse ovvia al mondo. 
Lysander assunse un'espressione colpevole, quasi come se si fosse pentito di aver usato quel tono con me, e concordò scherzosamente con mio cugino. Tuttavia, io non dissi una sola parola per tutto il tragitto: ero troppo occupata a tenere il broncio ai due ragazzi per entrare a far parte della loro conversazione, e tutte le cose che avrei voluto dire quella mattina per iniziare la giornata in modo allegro e spensierato mi morirono in gola. Forse ero un poco egocentrica. Un poco troppo. 
Quando arrivammo in classe, io e Hugo prendemmo posto in fondo al penultimo banco, ponendoci proprio dietro a Lysander e il suo gemello Lorcan, che non gradì affatto la mia presenza dietro di lui, annunciando a voce alta che “Mi metti agitazione stando dietro di me!” manco fossi un maniaco sessuale. Mi limitai ad ignorarlo e mi misi a fissare la nuca biondastra di Lysander fin quando non mi imbambolai come una cretina. Scossi velocemente il capo e mi alzai di scatto, iniziando a gironzolare per la classe in attesa del nuovo insegnante. 
« Ma questo supplente quando arriva? » chiese una mia compagna di dormitorio, in modo eccitato, stringendo la mano alla compagnia di banco. 
Sfoderai la bacchetta e con un foglio di pergamena usata costruii un aeroplanino, che feci volare per la classe.
« Hugo! » lo avvertii, e mio cugino me lo spedì contro con un pigro colpo di bacchetta. « Non vedo l'ora di fare pratica! Con la vecchia insegnante non abbiamo fatto praticamente nulla... » aggunsi.
« Beh, era una vecchiaccia. » mi diede man forte Hugo. « Magari il nuovo professore sta parlando con la Preside, ecco perché sta tardando. » 
« O forse vorrà fare scena. » propose un bamboccione di Tassorosso, con cui adoravo chiacchierare e sfogarmi. Era un tipo nervosetto, allampanato e che comunicava a borbottii insensati e imbarazzati. « Come ieri... insomma, ieri ha fatto un sacco di scena quando si è alzato e ci ha salutati tutti in modo molto... beh... » la sua voce tendeva a ridursi sempre di più ad ogni parola che pronunciava, a causa del livello di attenzione che aveva riscosso. Ovvero: sotto sotto sotto sotto zero. 
Intercettai lo sguardo di Hugo con un sorriso e mi avvicinai al banco di Edgar.
« Edgar. » gli dissi. « Come hai passato le vacanze? » 
Lui arrossì. « Oh, sono state piuttosto piacevoli ma effettivamente non è che abbia trascorso... »
« Le mie sono state molto belle. Io e queste due testoline bionde ci siamo divertiti un mondo. » lo interruppi, dato che la sua conferenza sulle vacanze borbottata a mezza voce non sarei riuscita a sopportarla.
I due Scamander si voltarono giusto il tempo per lanciarmi una piccola occhiata, poi ritornarono alle loro occupazioni.
Probabilmente ad Edgar non importava un accidente delle vacanze che avevo passato con i due gemelli ma parlare con lui era come esprimere i tuoi pensieri ad alta voce e a volte fa davvero bene parlare ad alta voce.
« Hugo... sei sicuro che quello che Alice ci ha fatto vedere sia il vero professore? » mi rivolsi a mio cugino, ignorando Edgar che stava spalancando la bocca per dire qualcosa di completamente inutile sulle vacanze. 
I gemelli Scamander si voltarono di nuovo dalla nostra parte, incuriositi dalla conversazione. Constatai che io e Hugo non eravamo gli unici a spettegolare e farci fantasie sul nuovo insegnante, e le ragazze sembravano davvero interessate a seguire una sua lezione. Gli unici disinteressati erano due nostri amici di Serpeverde, Simon Zabini e Matthew Ford, che in quel momento rollava una sigaretta nell'angolino più remoto dell'aula. 
« Certo. » rispose Hugo indifferente, che stava trafficando con una gomma rosa dall'aria poco affidabile. 
« Perché non dovrebbe esserlo? » chiese Lorcan, dimenticando di mantenere il tono acido che mi riservava ogni volta che ci parlavamo.
« Boh, un dubbio. » risposi. « E comunque, secondo me qualche Gorgosprizzo avrà sicuramente trovato divertente entrargli nelle orecchie e confondergli il cervello. » 
Un silenzio vagamente perplesso accolse le mie parole, rotto solo dai borbottii irritati di Hugo, che prestava attenzione solo alla sua gomma che gli si era appiccicata sotto al naso e non aveva la benché minima intenzione di staccarsi. 
« Sciocchezze, Potter. » si affrettò a dire un Corvonero acido tanto quanto Lorcan (se non di più), Justin Smith, il fratello di Cassandra. « Non ho mai visto quelle sciocche creaturine che menzioni ogni volta in tutta la mia vita. »
Dato che quella conversazione avveniva più o meno cinquanta volte nel corso dei vari trimestri, non mi alterai più di tanto quando gli risposi a tono con la solita affermazione. Non era colpa mia se credevo a creaturine misteriose e fantastiche mentre gli altri no e non era nemmeno colpa mia se cercavo di trasmettere il mio sapere agli altri, anche se non venivo neanche lontanamente creduta. Anzi, sembrava che l'unico a credermi fosse Lysander. Probabilmente perché sua madre era Luna Lovegood.
Hugo non venne in mio soccorso nella discussione perché in quanto credenze non eravamo affatto simili e per quanto riguarda Lorcan lui sarebbe stato capace perfino di dire che il Corvonero che detestava a morte aveva ragione piuttosto che prendere le mie parti. 
Feci silenzio solamente quando il piccolo gruppetto di Serpeverde aprì la porta della classe. Non appena misero piede in classe, alcuni di loro squadrarono me e Hugo con visibile odio mentre altri si limitarono a passarci accanto senza degnarci di un solo sguardo.
« Potter. » mi accolse Bellatrix Lestrange, che ce l'aveva particolarmente con me dal primo giorno di scuola e con cui mi ero battuta tantissime volte.
Inquietante come sempre, aveva una cascata di folti capelli ricci e le palpebre pesanti, la carnagione chiarissima e il ghigno Serpeverdesco sempre sulle labbra carnose. Sì, dava veramente i brividi. Era sempre accompagnata dal suo cagnetto di compagnia, Meredith Goyle, una ragazza dalla stazza di un armadio, e da Tom Worringhton, che faceva parte della squadra di Quidditch di Serpeverde e anche lui aveva la stazza di un mobile.
« Bella entrata ieri sera: tu e il tuo caro cuginetto avete raggiunto il vostro sciocco scopo inutile. Il tuo egocentrismo mi sorprende ogni giorno che passa. » 
« Lestrange. » dissi, anticipando Hugo, che aveva aperto la bocca per dire qualche bestemmie. « Solo... vai a farti fottere, qualche volta. » 
Bellatrix serrò così forte i denti che credetti sul serio che stesse per lanciarmi una maledizione, anche perché ero sicura che le sapesse lanciare benissimo, ma un secondo dopo fece un ghigno orribile. Un ghigno che sapeva di vendetta. Finimmo di squadrarci in modo truce sotto gli sguardi ansiosi dei nostri compagni solo quando la porta dell'aula si aprì con un colpo secco.
L'uomo che ieri aveva affascinato il popolo di Hogwarts fece il suo ingresso in classe, lasciando tutti di stucco.
« Salve, giovani maghi. » ci diede il buongiorno il nuovo insegnante, mentre ogni membro della classe lo squadrava da capo a piedi. « No, no... vi prego, state. » aggiunse, quando facemmo per alzarci dalle sedie come ci era sempre stato insegnato da quando avevamo messo piede nel castello. « Ho sempre odiato quando insegnano agli studenti di mostrare il rispetto per gli insegnanti alzandosi dalle sedie piuttosto che usare modi ben più semplici per essere rispettati. Manco fossi la Regina, vero? Ah, lunga vita alla Regina! » 
... d'accordo, è un tipo strano.
Ci sorrise, poi tornò a guardarci con espressione seria e profonda, incamminandosi lentamente verso la cattedra. Ora che lo vedevo meglio dovevo ammettere che era ancora più carino di quanto avessi visto ieri (probabilmente i miei occhiali avevano bisogno di una revisione) e non biasimai per nessuna ragione al mondo le mie due compagne Grifondoro quando sospirarono alla vista del suo fondoschiena da urlo. Giovane, bello e dall'aria assolutamente inglese. Portava un gilet verde, sotto la veste da mago aperta, che gli metteva in mostra gli addominali, e dei jeans logori e scoloriti. I capelli erano corti e castani, proprio come i suoi occhi. Avrebbe potuto avere non meno di trentacinque anni.
La stranezza del corpo insegnanti di quest'anno, signore e signori! 
« Siete del sesto anno, giusto? » chiese lo strambo professore. « Bene, io sono il vostro nuovo insegnante di Difesa. Potete chiamarmi professor Brown, o anche solo professore... o magari, se i compiti che vi assegnerò non saranno graditi, potete anche apostrofarmi con tutti i volgari epiteti che conoscete. » 
Fui la prima a scoppiare a ridere, scambiando un'occhiata complice e divertita con Hugo, che finalmente si era disfatto della brutta gomma rosa shocking. Tutta la classe ridacchiava e osservava il nuovo insegnante con una certa curiosità, tutti tranne Bellatrix Lestrange e la sua combriccola.
Il professore si mise a camminare per la classe, osservandoci tutti con la stessa curiosità che noi ostentavamo verso di lui.
« Questo qui cosa dovrebbe essere? » chiese il professor Brown, rivolto a Lorcan, sventolando il suo manuale sotto al naso del biondastro. 
« Un libro? » rispose Lorcan, sarcastico. 
A Hugo sfuggì una risatina per l'abbondante sarcasmo usato da Lorcan. 
« Oh, nella mia classe non si usano libri di testo. » disse Brown. « Quindi fate sparire tutti i libri che avete sui banchi e sfoderate le bacchette. Non vedo come potete imparare a difendervi dalle Arti Oscure se continuate ad usare libri di testo e dovete sapervi difendere a tutti costi. Bene, formate velocemente delle coppie. Adesso. » 
Fui la sola a rendermi conto di come aveva marcato sulle parole “dovete” e “a tutti i costi” ma ero troppo eccitata per quella nuova lezione per farlo notare anche a Hugo.
« È il professore più pazzoide che abbia mai conosciuto... » borbottai. « ... mi piace! » 
« E ti piace in tutti i sensi, scommetto. » rise Hugo divertito, trascinandomi per un braccio al centro della stanza mentre il professore mandava i banchi a schiantarsi sulla parete in fondo all'aula. « Credo che qualcuno qui diventerà un finocchio per questo Brown, ricorda le mie parole. » aggiunse.
« Questo è un modo carino per dirmi che sei attratto da Brown? » lo stuzzicai.
« Stronza. »
« Lo sai che non sono omofoba. »
« Stronza due volte. » 
In un attimo, dieci coppie si posizionarono di fronte al professor Brown, che non parve affatto convinto di quegli accostamenti. Si mise a ronzarci attorno, cambiando e scambiando compagni di lavoro, fissandoci intensamente e borbottando pensieri a mezza voce. Non avevo idea di che cosa stava facendo, e neanche gli altri, ma la sola e unica cosa che capii da subito era che le coppie che avevamo formato non gli gradivano per niente. Alla fine, dopo tanti cambi e scambi, Brown aveva piazzato insieme persone che si odiavano e allontanato persone che insieme andavano d'accordo. Per esempio, me e mio cugino. Hugo finì con la mia compagnia di Grifondoro, Lisa Finnigann, e io finii sfortunatamente (o devo dire fortunatamente?) con Lysander Scamander. A Lorcan, invece, era toccato il suo odiato compagno Corvonero con cui era entrato in concorrenza da quando aveva scoperto che era quasi più bravo di lui a scuola.
Brown ci guardò tutti e sorrise, piuttosto soddisfatto, mentre le coppie si ignoravano a vicenda o si davano addosso. E comunque, non osavo lamentarmi. Sempre meglio di Edgar, a cui era capitato Warringhton.
« Queste saranno le coppie ufficiali per la mia lezione e per quelle che seguiranno. » disse Brown, con determinazione. « Voglio che collaboriate pacificamente tra di voi, è molto importante. Le coppie che ho formato avranno anche dei compiti fuori da qui, lavorerete insieme sia fuori che dentro. » 
Guardai Lysander e mi sentii piuttosto a disagio: ore extra insieme a lui? Avrei preferito collaborare con Bellatrix Lestrange. No, d'accordo, ero davvero una pessima bugiarda e forse - ma forse - nel profondo del mio cuore non mi dispiaceva tanto che Brown mi avesse piazzata con Scamander. Sempre se la sua era stata una scelta casuale, e non credevo proprio: doveva avere un potere deduttivo e di osservazione pari solamente a quella di Sherlock Holmes per aver fatto quelle scelte non casuali. O più semplicemente... era un Legilimens abilissimo. 
« Allora. » dissi, per rompere il ghiaccio. « Da ora in poi saremo una coppia. » aggiunsi, e se non avessi avuto un coraggio sfacciato da Grifondoro e una gran faccia tosta sarei sicuramente arrossita in un botto. Anche se forse ero davvero leggermente arrossita.
« Così pare. » mormorò Lysander. 
« Oggi ci eserciteremo con le cose più semplici. » annunciò Brown alla classe, serio. « Potremmo cominciare dagli incantesimi che ti permettono di Disarmare, Schiantare e Ostacolare il proprio compagno. Ragazze: dateci dentro. »
Tutte le ragazze ridacchiarono e si scambiarono sguardi complici.
« Ragazzi: non è tempo per fare i cavalieri e per farvi distrarre dalla propria compagna. Iniziamo con l'Incantesimo di Disarmo, ovvero... » 
« ... Expelliarmus. » conclusi, ad alta voce. 
« Esatto. » confermò il professore, facendomi un largo sorriso. E che sorriso! « Concentratevi al massimo, mi raccomando. E cercate di usare un Sortilegio Scudo, se ci riuscite. » aggiunse. 
Impugnai la bacchetta e fissai le iridi verde pallido di Lysander, puntate nei miei. Eravamo tutti piuttosto nervosetti perché con i precedenti insegnanti non avevamo mai fatto pratica e questa era la buona occasione per dimostrare a tutti che cosa sapevamo fare e cosa no. Ma se restavamo lì impalati non avremmo concluso proprio niente e Brown voleva davvero che tutti noi imparassimo a Disarmare. 
Beh... chi inizia adesso? – pensai, nervosa. 
Strinsi con più forza la bacchetta tra le dita, mentre intorno a noi echeggiavano le voci dei nostri compagni che avevano appena iniziato l'esercizio, mentre Brown passava tra di loro e incoraggiava e correggeva i ragazzi, scherzando e facendo battute per alleggerire la tensione.
Ok, inizio io. 
« Expelliarmus! » esclamai, ma non colsi alla sprovvista il mio compagno.
Senza aver pronunciato nessuna formula magica e senza aver neanche sussurrato una parola, il biondino mi fece indietreggiare così tanto che finii per terra con un colpo secco e sbattei pure la testa su una sedia. 
Ma che bel modo per iniziare, davvero, complimenti a me.
Lysander arrossì e si avvicinò intimorito a me, accovacciandosi sulle ginocchia.
« Stai bene? » mi chiese, porgendomi la mano per aiutarmi da alzarmi. 
Io la afferrai, irritata con il creato per non aver saputo Disarmarlo.
« Sto benissimo. Hai usato un incantesimo non-verbale? » domandai, assumendo la tipica espressione omicida.
Lui si scostò da me. « Sì. » ammise.
« Ma è un argomento del sesto anno! » mi sorpresi. « Non ci siamo ancora arrivati! » 
« Sapevo la teoria e ho provato. » disse lui piano, come se si aspettasse che lo aggredissi.
E infatti... 
« EHI! Non è per niente giusto! Hai barato! » lo accusai, con voce così prepotente e incazzosa che feci voltare un paio di coppie verso di noi. 
Brown parve notarci ma non venne a bacchettarci o rimproverarci sul contegno da mantenere in una classe, anche perché sembrava che se la stesse ridendo un mondo a vederci scannare tra di noi, per poi gioire quando iniziavamo a collaborare pacificamente. Perché io e Lysander non eravamo gli unici ad avere piccoli problemi di - mi costa dirlo - coppia. Anche gli altri avevano gli stessi nostri problemi, se non peggio. Lorcan si stava tipo sbranando con il suo compagno, accusandolo di non essere partito al suo via, ma decisamente prima; Bellatrix Lestrange e Simon Zabini, seppur entrambi Serpeverde, si ringhiavano contro insulti di ogni tipo; Hugo riteneva che Lisa lo stava distraendo per Disarmarlo e fargli fare la figura dello scemo davanti a tutta la classe. E io... 
« Hai barato! » insistetti, piantandomi con i piedi per terra e lanciando uno sguardo di fuoco al mio compagno. 
« Non l'ho mica fatto di proposito. » si difese prontamente Lysander, accennando un sorrisetto bonario. « Perdonami. Volevo solo provare quell'incantesimo. Ricominciamo? » 
« Certo! » sbottai. « Preparati psicologicamente ad essere stracciato. » e gli sorrisi, piuttosto minacciosamente, di un sorriso forzato da psicopatica. 
Combattiva, determinata e senza paura. Così intendevo farmi vedere dal mio compagno di combattimento ma quello che riuscii a fare un secondo dopo fu solamente un altro ridicolo buco nell'acqua. Ovviamente, quella non era la mia giornata fortunata e Lysander Scamander mi aveva Disarmata di nuovo, stavolta facendomi volare la bacchetta in aria invece che mandare direttamente me in aria. Di quello gliene fui immensamente grata. Ma quello di cui non gli fui affatto grata fu il fatto che avevo perso. Per la seconda volta.   E io odiavo perdere.
« Complimenti. » lo lodai, con una calma apparente e forzata.

« Come va, ragazzi? » chiese Brown, che passava di lì. 
« Bene! » rispondemmo all'unisono io e Lysander, io piuttosto aggressiva e Lysander piuttosto sincero. 
Brown ci lanciò uno sguardo scettico. « Vi vedo piuttosto tesi. Scioglietevi, forza... non è mica un vero incontro. Non fa niente se non riuscite a Disarmare l'altro: imparerete col tempo. » e si allontanò. 

Naturalmente, Brown non aveva ragione e, sempre naturalmente, mi feci scivolare addosso il consiglio del mio insegnante: volevo battere Lysander a tutti i costi. 
« Riproviamo, cervellone. » gli dissi. 
Sono una persona matura e tranquilla, e anche se mi Disarma di nuovo io non mi incazz... 
« Aaaaargh! » strepitai, mandando al diavolo quel poco di dignità e contegno che mi era rimasto nel momento esatto in cui la mia bacchetta finì nelle sue mani. Marciai verso il mio divertito compagno e picchiettai sulla sua spalla. « Scamander, sei fin troppo concentrato. Come diavolo fai ad essere così concentrato con il caos che ci sta in questa stanza e con una ragazza a cui manca un bottone alla camicetta davanti a te?! » aggiunsi, irritata soprattutto dal semplice fatto che io non lo distraevo per niente. 
Gli occhi di Lysander si posarono indiscutibilmente sul bottone mancante della mia camicetta, che lasciava scoperta la parte superiore delle mie grazie. 
Ops. Questo non dovevo dirlo... non dovevo proprio dirlo... 
Mi affrettai ad aggiustarmi, mentre lo sguardo del biondino ritornava al mio viso con un certo imbarazzo. 
« In realtà con questo caos mi è difficile concentrarmi. » ammise, sincero e ancora imbarazzato. 
Allora è bravo di suo?! Questo è ancora peggio del fatto che non era per niente distratto dalla mia presenza! 
« Beh. » dissi, pensando che i suoi riflessi da Cercatore fossero più acuiti dei miei, che ero una Battitrice. « Stiamo ancora all'inizio e Brown ci sta guardando. Forza, cerchiamo di concludere qualcosa. »
Lui annuì e prendemmo posizioni, squadrandoci.
« Expelliarmus! »
« Protego! » gridai, facendo perdere l'equilibrio a Lysander, che finì per trovarsi con il sedere per terra a causa dell'aggressività con cui avevo fatto l'incantesimo
.
Mi sarei volentieri baciata da sola se non fosse stato per il fatto che con tutta la mia somma soddisfazione dovevo andare ad aiutare il mio compagno a terra, che mi avrebbe vista dal basso mentre io lo sovrastavo da vincitrice.
Ma quanto sono perfida?
« Ti sei fatto male? » gli chiesi, cercando di reprimere il tono gongolante. 
Non ci riuscii. Ma ehi! Battere un secchione Corvonero con i riflessi di un fulmine non capitava mica tutti i giorni. Ero fiera di me stessa che non mi importava se si fosse fatto male. Anzi, se era davvero un uomo doveva liquidarmi e dirmi che non si era fatto per niente male.
« La verità? Sì, mi sono fatto male. » rispose il biondino. 
Come non detto.
« Andiamo! La botta che ho preso io prima era dieci volte più dolorosa! »
« Non è precisamente così. »
Feci un cenno noncurante con la mano, poi mi inginocchiai accanto a lui. « Pronto per ricominciare? » 
Lysander mi fissò e mi fece un timido sorriso. « Prontissimo. »
Solo quando ci alzammo entrambi e ci trovammo l'uno di fronte all'altro, senza sguardi di competizione né di odio, mi accorsi che la mia domanda non sembrava affatto riferita alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure.


 
***


« Lui sapeva. » 
« Di chi stai parlando, Lily? » chiese Hugo, disteso sul divano della Sala Comune a maneggiare con la stessa gomma rosa con cui giocherellava in classe quella mattina.
Alzò lo sguardo da quella appiccicosa robaccia rosa shocking, tenendola a debita distanza dal suo nasino lentigginoso, e mi lanciò un'occhiata penetrante, inarcando un sopracciglio. 
« Di Brown! » esclamai, abbassando i piedi dal bracciolo della poltrona su cui ero rannicchiata. « Di chi altri se no? »
Era il crepuscolo e le lezioni erano finite da un pezzo. Il cielo coperto di nuvole era di uno striato color indaco e la Sala Comune di Grifondoro appariva più incasinata che mai, con tutti gli studenti che si divertivano tra loro, giocavano a scacchi o si scambiavano figurine di Cioccorane.
« Brown sapeva che in classe c'era qualcosa che non andava, che alcuni di noi si detestavano. » continuai, imperterrita. « È davvero molto intelligente, ma sono sicura che è anche un Legilimens straordinario. Ha usato la Legilimanzia per leggere la nostra mente mentre ci trovava il compagno da lavoro. Capisci? » 
Ero così presa dalle mie ipotesi che non riuscivo a concentrarmi su niente che non fossero esclusivamente le mie ipotesi, e non mi distraeva neanche la canzone che preferivo in assoluto, che era appena partita dalla radiolina e risuonava in tutta la sala. 
« Come poteva essere così soddisfatto dopo la scelta delle varie coppie se non fosse stato un Legilimens? » i miei occhi si posarono sulla gomma rosa che Hugo aveva tra le dita, fino a diventare profondi e quasi vitrei, segno che stavo arrivando ad una qualunque conclusione. « Ha detto che è importante che collaboriamo pacificamente tra di noi. Mi sembra ovvio che ci ha letto la mente, altrimenti avrebbe rimasto me insieme ad Edgar se io non avessi pensato intensamente “con lui no, non riesco a concentrarmi con lui che borbotta” o sbaglio? » aggiunsi, sicura di non stare sbagliando ma preferendo comunque il parere di mio cugino al suo puro mutismo. 
« Non fa una piega. » rispose Hugo, anche lui molto convinto e preso da quello che dicevo. « Ma non riesco a capire il motivo della sua scelta. Insomma, se voleva semplicemente formare delle coppie che andassero d'accordo tra di loro poteva lasciare benissimo quelle fatte da noi, invece di mescolarci con le altre Case. » 
Anche quest'affermazione non fa una piega. – pensai. 
« È ovvio che qui sta accadendo qualcosa di strano. » conclusi, assumendo la tipica espressione da detective. 
Hugo fece spallucce, concentrato al massimo sulla sua gomma. Che ancora dovevo capire a cosa diavolo gli servisse ma... tralasciamo i dettagli insignificanti di quella mia ignoranza.
« Forse ci stiamo impressionando. » concluse mio cugino.
« O forse no. » lo contraddissi. « Probabilmente sta accadendo davvero qualcosa di strano sotto il nostro naso. » 
Hugo borbottò qualcosa che somigliava ad una parolaccia rivolta alla piccola gomma rosa. In quel momento, pensai che probabilmente mi stavo facendo troppi film mentali e che forse avrei dovuto smetterla.
« Mi faccio troppe birre, direi. » dissi, scuotendo il capo come per liberarmi da quegli assurdi pensieri su Brown, le cose strane che stavano accadendo e tutte le seghe mentali che occupavano parte del mio cervello. « Probabilmente lo champagne muffito di ieri mi è andato alla testa. Cosa può mai accadere in un mondo noioso come questo? » 
I miracoli non accadono a me, decisamente.
« È assurdo il tuo cambio di umore. » Hugo inarcò le sopracciglia. « Non smetterò mai di sorprendermi. » 
« Lascia perdere e ascolta! » esclamai, balzando in piedi e schiudendo leggermente le labbra. « La nostra canzone preferita alla radio! »
E un attimo dopo la grande riflessione ero in piedi al centro della Sala Comune e ballavo sulle note della canzone che adoravo, ovvero la canzone che era partita anche lo scorso giorno in treno durante il viaggio di ritorno a scuola. Era come una tisana della salute per me ma non biasimai gli studenti che si allontanavano velocemente dalla sottoscritta, dubitando della mia salute mentale.
Non biasimai nemmeno William Baston, che gridava: « E questa qui farebbe parte della mia squadra di Quidditch? » 
« Allunga le mani verso l'alto, come a un orco a cui non importa poi tantoo! » saltai sul divano della sala, muovendomi a ritmo di boogie boogie. « Oh, adesso arriva la mia parte preferita! Sai ballare come un Ippogrifo? Na na na na na na na na naaaaa! »
« Scusatela. » sentii dire a mio cugino. « È ubriaca.
» 
« Hugo! Vieni a divertirti! » 
Hugo sembrò pensarci su. Poi disse: « Scusateci. Siamo ubriachi!
 » 
Fece un balzo sul divano e mi raggiunse, muovendo il bacino in modo sensuale e prendendomi per un braccio. Intanto, non eravamo solo noi a creare scompiglio nella sala: molti studenti stavano dondolando timidamente sul posto e ci indicavano, ridacchiando; i bambinetti del primo e del secondo anno battevano le mani a tempo con la musica; i Prefetti e i Capiscuola borbottavano e cercavano di richiamare l'ordine. 

« E loro due farebbero parte della mia squadra di Quidditch?! » si corresse Baston, dichiarando che quel ballo avrebbe recato danni irreparabili alla vista degli studenti e dichiarando anche che se non ci fossimo fermati avrebbe tolto dieci punti alla sua stessa Casa. 
Io e Hugo non avevamo intenzione di smettere, ma ben presto dovettimo accontentare Baston: dal buco del ritratto era appena sceso un Grifondoro che conoscevo di vista e poi niente di meno che Lysander Scamander in persona. Forse era un miraggio, un'allucinazione incredibile: i postumi della sbornia. Ma non ne ero così sicura.
Non sapendo cosa volesse dalla Torre di Grifondoro ma sapendo benissimo di aver fatto una grandissima figura di merda, scesi dal divano con tutta la dignità che può avere una persona che è stata appena scoperta ballare come una psicopatica. 
« Lysander! » sbottai, con la voce acuta di chi vuole sotterrarsi nei cessi di Mirtilla Malcontenta e non riemergerne mai più. « E tu che diavolo ci fai qui? » 
« Anch'io sono felice di vederti, Lily. » sorrise Lysander, incurante delle occhiate che le ragazze gli lanciavano. Guardò in modo divertito Hugo e aggiunse: « Mi dispiace, amico, ma sono venuto per tua cugina. Avevi dimenticato i tuoi occhiali sul banco e passavo di qui, così ho pensato di riportarteli. Mi spieghi come hai fatto a dimenticare gli occhiali? » 
Mi toccai le tasche e mi battei una mano in fronte. « Come ho fatto a dimenticarmi gli occhiali? »
« Bella domanda. » convenne Hugo. « Fortuna che Lysander passava di qui. »
Fortuna? FORTUNA?! 
Fulminai mio cugino con un'occhiataccia e mi affrettai a fare un finto sorriso in direzione di Lysander, che mi fissava piuttosto stranito; Hugo mi diede una gomitata nelle costole e io lo interpretai come una sollecitazione ad essere gentile con l'intruso.  
« Sì... fortuna. » borbottai. « Grazie, Lysander. » 
E grazie per aver scelto proprio questo momento per riportarmi gli occhiali! 
« Di nulla. Ci vediamo domani a lezione! »
Il biondino in questione fece per andarsene e io feci per aggredire Hugo e stavo appunto alzando una mano quando sempre il biondino in questione si voltò di nuovo dalla nostra parte e io dovetti far finta di stare semplicemente accarezzando una guancia a mio cugino.
« Ehm... sei una ballerina molto brava, sai? » aggiunse Lysander.
Mi fece un rapido occhiolino e sparì dietro al buco del ritratto, lasciandosi la sala dei Grifondoro alle spalle. 
Mi stava prendendo per il culo o sbaglio?
Rimasi a fissare il suo di dietro fin quando non scomparve dalla vista. 
« Sai che cosa significa, vero? » mi chiese Hugo, e fece un leggero colpetto di tosse. « Significa che balli da schifo. »
Spalancai la bocca e feci una smorfia indispettita, sporgendo le labbra e corrugando la fronte.
« Hugo... taci. Sono la miglior ballerina di sempre! Fanculo tutto! » sbottai, nonostante cinquanta persone avessero le prove del contrario.
Mi avviai impettita verso le scale dei dormitori maschili, pensando seriamente che se si poteva essere perseguitati da qualcosa nella vita io avrei preferito di gran lunga essere perseguitata dai Nargilli piuttosto che dalla sfiga. 

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Capitolo 3
*** Risse sul campo, piacevoli incontri e grandi scoperte. ***


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Risse sul campo, piacevoli incontri e grandi scoperte. 

La mia prima settimana di scuola andò a gonfie vele. Certo, ci furono un paio di incidenti nella serra di Erbologia a causa delle piantine selvatiche che Neville ci mostrò, per non parlare degli incidenti durante le pericolose lezioni di Hagrid, in cui riuscii a finire in Infermeria e aggiornare il mio record di incidenti, e alcuni problemini con Coleman e la sua dannata Trasfigurazione... però sì, tutto sommato fu una piacevole settimana.
O forse no. 
« LILY! SVEGLIATI! SVEGLIATI! » 
Sentii una voce familiare che mi chiamava come in lontananza, come se io fossi in una campana di vetro e la voce fuori, ma la ignorai e tirai fin sopra al mento le coperte, abbracciandomele. Forse era solamente un sogno, capitava di fare sogni così reali. E poi era sabato, miseriaccia! Che cosa poteva andare mai storto? Avevo bisogno di dormire per recuperare il sonno perduto. Non era mica facile svegliarsi presto la mattina quando ti addormenti tardissimo la sera, eh. 
« LILY! BASTON TI AMMAZZA! » 
Ma anche nei sogni Baston vuole ammazzarmi? – pensai, divertita. 
Sbadigliai e mi rigirai nel letto, dal lato della finestra. Per un attimo non misi per niente a fuoco l'ombra che mi guardava dalla finestra e tempestava il vetro con forti pugni, poi con uno scatto fulmineo aprii gli occhi e mi misi a sedere, cercando di dare una spiegazione a tutto quello. 
« Hugo! » esclamai.
Gettai via le coperte e mi alzai dal letto, correndo velocemente ad aprire la finestra. Mio cugino mi sembrava alquanto suicida e spaventoso appeso a quel cornicione, dovevo dire, e sinceramente non volevo averlo sulla coscienza.
« Tu... che cosa... ma che miseriaccia vuoi da me? Hai visto che ore sono? Se non dormo almeno otto ore le mie difese immunitarie crollano! » sbottai tutto ad un fiato, mentre mio cugino balzava velocemente giù dal cornicione e depositava la sua scopa da corsa sopra al mio letto disfatto. 
« Non mi dire che ti sei dimenticata degli allenamenti di Quidditch. » mi diede il buongiorno Hugo, sbuffando. 
Spalancai gli occhi. « Avevamo gli allenamenti? » inorridii, con lo stesso tono che usavo quando chiedevo “avevamo compiti da fare?” e non avevo fatto un cazzo.
Hugo si schiaffò una mano sulla fronte. « Dobbiamo stare al campo tra cinque minuti. »
« Cinque minuti... » ripetei, stralunata.  
« Cinque minuti che diventeranno molti di meno se non ti muovi. »
Non me lo feci dire due volte e corsi in bagno, cominciandomi a lavare e vestire come un razzo. Di solito non avevo problemi ad arrivare in orario a qualche appuntamento. Anzi, certe volte ero addirittura in netto anticipo e meravigliavo le persone per la mia velocità, essendo una ragazza. Beh, si sa che le ragazze sono sempre perennemente in ritardo e Dominique era la reginetta del ritardo, ma io non ero così. Eccetto quella volta in cui avevo depositato e abbandonato nel dimenticatoio gli allenamenti prefissati dal mio Capitano proprio per quel sabato mattina.
Quando ebbi finito, mio cugino mi aspettava accanto alla porta della stanza. 
« Come hai fatto a volare fin qui? Dovrebbe essere pericoloso. » dissi, mentre afferravo la mia Firebolt e filavo fuori dal dormitorio femminile. 
« I dormitori femminili sono fuori portata di occhi e orecchie indiscrete. » rispose Hugo, imitandomi e seguendomi a ruota giù per le scale. « E tu non sei la tipa che salta la colazione, quindi ho pensato di fare un volo qui e ti ho conservato qualche panino. E poi... da quando ti interessa cosa è pericoloso e cosa no? » 
« Non mi interessa, infatti. » ci tenni a precisare. « Volevo solo non averti sulla coscienza se ti avessero ipoteticamente espulso. Sai, i sensi di colpa sono brutti. Ti ringrazio per i pani... Merlino, ma che diavolo sta succedendo alle scale? » aggiunsi, aggrappandomi al braccio di mio cugino e volgendo lo sguardo verso il basso. 
Le scale stavano iniziando a tremare, come se si trattasse di un terremoto molto turbolento, e iniziarono a muoversi con più vigore quando Hugo salì un gradino più in alto, come se avesse voluto tornare indietro nel dormitorio femminile. E fu proprio a causa di quel passo che dei gradini non vi fu più traccia: scomparirono, lasciando solamente un lungo scivolo di pietra. Io e Hugo rotolammo su quella lastra di pietra e finimmo a faccia per terra nella Sala Comune, incrinandoci un paio di costole.
Mi alzai da terra, verificando i danni della mia scopa da corsa. 
« Credo che i ragazzi non possono entrare nei dormitori femminili. » sentenziai, come se non si fosse abbastanza capito. Poi notai che tutti i presenti in sala ci stavano guardando e aggiunsi: « Beh, che avete da guardare voi tutti? Non è come sembra! » e la folla si disperse, ridacchiando.
« Che maliziosi. Non mi va molto a genio l'incesto, soprattutto tra noi due. » rise mio cugino, dandomi un pugnetto sul braccio. 
« Stessa cosa. Ti sei fatta male? » domandai tutta uno zucchero, accarezzando dolcemente la mia Firebolt. 
« Punto primo: sono un ragazzo. » disse Hugo sconcertato, lo sguardo sulla divisa polverosa mentre cercava di darsi una ripulita. « Punto secondo: no, non mi sono fatto male. Punto terzo: mi meraviglio di tanta premura. E punto quarto... » si accorse che io non gli prestavo minimamente attenzione, intenta ad accarezzare la mia scopa da corsa e a lucidarla dalla polvere che l'aveva imbrattata quando avevamo fatto quella scivolata. « Miseriaccia, Lily... stavi parlando con la scopa?! Credevo fossi preoccupata per me! » 
Mi riscossi dai miei pensieri. « Cosa? » chiesi, soffiando su un granello di polvere che aveva invaso la mia bellissima Firebolt ultimo modello. 
« Baston ci ammazza. » 
Sgranai gli occhi. « Voglio essere seppellita nella Foresta Proibita. » 
« Ma... » Hugo fece un piccolo ghigno, mantenendo saldamente la sua scopa e tossicchiando. « a mali estremi, estremi rimedi. No? »
« Stai pensando anche tu a quello che sto pensando io? » chiesi, sfoggiando un ghigno degno di Salazar Serpeverde in persona.
« Sì. »
« Raggiungeremo il campo in sella alle nostre scope? »
« Sì. »
« Ci caliamo dalla finestra della Sala Comune e diamo spettacolo? »
Il sorrisino di mio cugino si fece larghissimo. « Dammi il cinque, rossa! »
Ci battemmo il cinque e, lanciando una piccola occhiata eloquente alla finestra della Sala Comune, corremmo in quella direzione e ci alzammo in piedi sui cornicioni, mettendo ai primini e ad alcuni studenti una certa agitazione, manco stessimo per suicidarci. Pensai indiscutibilmente a Coleman, che dalla sua finestra poteva vedere tutto quel che facevano i Grifondoro nella loro Sala Comune, e pensai anche alla Preside... che ci avrebbe come minimo Avadakedavrizzati entrambi. Ma morire per mano della Preside o Coleman e morire per mano di Baston non era la stessa cosa: per mano di Baston era decisamente più doloroso. 
« Te la senti? » mi chiese Hugo, esitando in modo evidente. 
Oh, hai trovato davvero un buon momento per chiedermi questo!
« Mi chiedi se me la sento? » sbottai, come se fosse ovvio che me la sentivo. « Tu te la senti? »
« Certo che me la sento! »
« Allora siamo in due! » conclusi.
Ma la cosa buffa fu che nessuno dei due si muoveva da quel cornicione e continuava a guardare in basso, meditando. 
Fui attraversata da un brutto pensiero. « Non stiamo indugiando per paura, vero? » fissai mio cugino, atterrita al pensiero. 
Ma certo, come si fa ad avere paura quando si è in piedi sopra a dei cornicioni e sotto ci sono metri e metri di altezza che ci separano dal terreno? Non avevo mai avuto paura di affrontare nulla in tutta la mia miserabile vita, poteva certo spaventarmi un giretto sulla mia Firebolt ultimo modello dalla altissima Torre di Grifondoro verso il campo di Quidditch che mi sarebbe costata la morte o, nel caso peggiore di tutti, l'espulsione dalla scuola? Perché se c’era qualcosa che avevo imparato dalla mia famiglia (soprattutto dallo zio Ron) era di imparare a rivedere le mie priorità, ma non sempre ci riuscivo: in quel caso, come avrebbero detto mia madre e zia Hermione (anzi, sopratutto zia Hermione), l'espulsione era decisamente più terrificante di una morte assai dolorosa. 
« Forse ce la stiamo solo un pochino facendo addosso. » buttò lì Hugo, come se niente fosse. 
« Già. » 
Non potevo sopportare quel pensiero. Decisamente no.
« EHI! CHE STATE FACENDO? SCENDETE IMMEDIATAMENTE! » strillò una voce che somigliava terribilmente alla voce della Caposcuola, scioccata a dir poco, mentre alcuni studenti ridevano e ci incitavano a calarci dalla finestra. 
E fu solo in quel momento che io e Hugo ci lanciammo nel vuoto in sella alle nostre magnifiche Firebolt e sfrecciammo verso il campo di Quidditch, pregando Merlino e Morgana e tutti i Maghi Famosi delle figurine delle Cioccorane che Coleman (o peggio: la Preside!) non decidesse proprio in quel momento di affacciarsi alla finestra per vedere il paesaggio. Sempre se i due rompi Pluffe erano rientrati dalla loro colazione in Sala Grande. E ovviamente sperammo di no. 
Arrivammo a destinazione in un baleno e ad accoglierci fu un furibondo Baston, con il fumo che quasi gli usciva dalle narici dilatate al massimo.
Aiuto. « Ma dove cazzo eravate? » Baston scese in picchiata dalla scopa proprio di fronte a noi, schizzandoci di terreno e piantandosi sui talloni come un soldato tedesco terribilmente minaccioso. 
Miseriaccia! 
Per dire una parolaccia del genere con voce così alta era davvero incazzato come una bestia e lungi da me strofinarmi la guancia per levarmi il fango dal viso: non osavo muovermi, quasi non osavo nemmeno respirare oppure battere ciglio. 
« Abbiamo cominciato da... » il Capitano diede uno sguardo al suo orologio da polso. « sette minuti e venticinque secondi! »
« Noi... s-stavamo solo... » rispose Hugo balbettando, senza aver idea di come continuare la frase. 
A quello ci pensò chiaramente il nostro adoratissimo e tranquillissimo William Baston, che quella mattina sembrava piuttosto generoso e bendisposto col mondo intero.  
« Come possiamo iniziare con i due Battitori assenti? Filate a riscaldarvi. Dieci giri di campo! » 
« Sissignor Capitano! » esclamammo io e mio cugino, ubbidienti. 
Sgobbammo come dei muli da carico per sette minuti e venticinque secondi (i minuti e i secondi che avevamo perso) e finalmente cominciammo i veri allenamenti insieme al resto della squadra. Non prima che Baston ebbe fatto il suo primo discorso pre-allenamento, intimorendo il nuovissimo e possente Cercatore di Grifondoro e intercalando tra una frase e l'altra affermazioni tipo “Se quest'anno Scamander acchiappa di nuovo il Boccino prima di noi vi ammazzo tutti” oppure cose che somigliavano terribilmente a “Serpeverde merda” e simili. Senza contare le minacce di morte rivolte a me e a mio cugino. Ma soprattutto a me.
Che giornata di merda.
« Posso dire la mia? » chiesi, alzando piano piano la manina e mettendo una certa distanza tra me e il Capitano. 
Baston alzò gli occhi al cielo, borbottando qualche maledizione tra i denti.
« Sarebbe? » volle sapere. 
« Volevo proporre di provare lo schema a V. » dissi. « I Cannoni di Chudley lo usano in ogni partita e stanno rimontando alla grande. » 
« Ma certo! » convenne Hugo immediatamente, annuendo in direzione di Baston e battendo le mani. « Come hanno vinto i Cannoni tutte queste partite? Dovremmo proprio provare quello schema, sono sicuro che provare non ci costa nulla e potremmo trarne davvero vantaggio. » 
« Sì! » concordai, sorridendo a mio cugino con complicità. « E se i Serpeverde, così come i Corvonero, usano di nuovo quello stolto metodo “siamo fighi e buttiamo giù dalla scopa tutti” sarà più difficile per loro metterlo in atto con noi che facciamo lo schema a V. Ricordate che noi siamo cavallereschi, non ci abbassiamo a certi livelli. » aggiunsi, anche se qualche volta (molte volte o, meglio, la maggior parte delle volte) era capitato che noi Grifondoro avevamo usato il metodo “la cavalleria nel Quidditch non conta, ci siamo rotti le gobbiglie e vi buttiamo tutti giù dalla scopa senza alcun atto degno di Godric”. 
Baston e il resto della squadra furono perfettamente d'accordo con noi. Dunque, provammo lo schema a V tanto richiesto, che sembrò dare alla squadra l'ottimismo necessario per affrontare la prima partita della stagione di Quidditch con Serpeverde con l'assoluta consapevolezza che avremmo vinto. Baston non ci diede tregua per tutta mattinata che seguì, facendo sudare come un maiale anche me che ero l'unica ragazza della squadra. Non che io mi stessi lamentando, anzi: via dalla mia mente lamentarmi quando stavo facendo la cosa che più amavo fare al mondo. 
« Potter! Stai colpendo un Bolide, non la faccia di qualcuno che odi! » stava sbottando Baston, tuonando come un forsennato. « Mettici meno enfasi, maledizione! Jordan, quella lì è una maledetta Pluffa non una palla comune ricoperta da Puzzalinfa! Potresti metterci più passione? McLaggen, posso sapere che diavolo stai facendo? Voglio ricordarti che questo qui è un campo di Quidditch, non il tuo palcoscenico personale: devi solamente limitarti a parare. Potter, vale anche per te per il fatto del palcoscenico... » 
« E ti pareva? » mi lasciai sfuggire una risatina, mentre osservavo il Capitano sbraitare contro McLaggen, che aveva iniziato ad ammiccare all'indirizzo di alcune ragazze in tribuna e a fare occhiolini sensuali. « McLaggen si crede un dio. Per fortuna è stato rimandato in tutte le materie e non è più in classe con noi. » 
« Sai che noia ripetere il quinto anno. » disse Hugo, facendo roteare la sua mazza da Battitore. 
« Almeno non parte impreparato. » 
Hugo annuì. « Per il fatto del metodo di buttare tutti per terra... credo proprio che potremmo usarlo in questa partita con i Serpeverde: loro lo faranno. » 
Risi e mi guardai intorno, notando una sorta di invasione di campo. « Iniziamo da adesso? » borbottai, indicando in basso. « Ehi, Baston! Abbiamo ospiti! » aggiunsi.
Baston parve accorgersi che gli ospiti erano i Serpeverde, che avanzavano nel nostro territorio, senza che nessuno avesse dato loro il permesso di entrare in campo.
« Che diavolo ci fanno qui? » sbraitò, e scese in picchiata verso di loro. 
« Quello che fanno sempre, direi. » dissi, mentre seguivo William Baston di sotto. « Rompere le palle. » 
La squadra dei Serpeverde era composta da possenti ragazzi del settimo anno, fatta eccezione per Jugson e Nott che erano del quinto anno ma erano lo stesso ben piazzati, e Warringhton, del mio anno. Harper era il Capitano della squadra ed era anche il coglione in assoluto, seguito a ruota da un ombroso e sfuggente Dolohov. Il fatto che possedessero tutti una stazza pari ad un grosso armadio faceva riflettere sul fatto che molte partite le vincevano loro: cosa poteva mai fare una tipa mingherlina come me quando uno stallone di un metro e novanta, robusto e con due paia di signori muscoli ti veniva addosso? 
« Dove credete di andare? Il campo l'ho prenotato io per i Grifondoro. » disse Baston, immediatamente bellicoso e ostile. 
« Tranquillizzati, Baston. » rispose Harper, con quel tono pacato che faceva venire i nervi. « Abbiamo il permesso di Lumacorno. » 
Sbuffai. « Vedo che Lumacorno non ha rinunciato a diffondere la pace nel mondo. » intervenni, cominciando a rimpiangere la vecchia squadra delle serpi.
Sembrava che la squadra formatosi quell'anno comprendesse solo il gruppo dei ragazzi che avevano i genitori ex Mangiamorte e mi chiesi se tutto quello avesse un senso, se i provini non fossero stati manomessi per far sì che solo quella cerchia sinistra di ragazzi facesse parte della squadra di Quidditch della scuola. 
« Vedo che invece tu non impari mai a chiudere la bocca, Potter. » ribatté Harper, seccamente.
« Oh, prova a convincermi se ci riesci! » lo aggredii.
Baston mi mise una mano sulla spalla per fermarmi, conoscendo la mia indole violenta e poco affabile in certe situazioni. 
« Lasciala pure, Baston. Voglio proprio vedere cosa riesce a farmi, rosso malpelo. »
« Rosso malpelo adesso ti fa il culo! » 
« Che linguaggio. » commentò Harper, ghignando in modo fastidioso. « Il tuo paparino non ti ha insegnato che dire parolacce è da maleducati, Potter? Oppure è troppo occupato a salvare il mondo magico per prendersi cura della sua adorata figlioletta? » 
« Stronzo! » sbottammo io e Hugo contemporaneamente, scattando in avanti per massacrarlo di botte. 
Venimmo subito placcati da un paio di compagni di squadra, come avevo prevedibilmente pensato. Mi sentii il viso ardente: era vero quello che diceva quel ganzo di Harper? Sì, ma lui non aveva assolutamente idea di cosa accadeva a casa mia, non aveva idea del rapporto che io avevo con mio padre e non aveva idea di nulla su di me. Se ne era solo andato per una disgustosa idea da serpe... probabilmente. 
« Non vi scaldate adesso, scaldatevi quando giocheranno Serpeverde contro Grifondoro. » intervenne Nott, e Jugson fece una risatina acuta e sbeffeggiante. 
« Oh, certo che ci scalderemo! » partì alla riscossa Baston, ritrovato l'uso della parola che aveva momentaneamente perso. « E ci scalderemo anche dopo la partita... perché la vinceremo e saremo così carichi di adrenalina che non avete idea! »
« Credici, Baston. Con quelle scope non vincerete la Coppa del Quidditch... ma la coppa del nonno. »
I Serpeverde scoppiarono tutti a ridere ma... ride bene chi ride ultimo. Sempre contemporaneamente e come se fossimo una cosa sola, io e Hugo ci avventammo per primi sui Serpeverde, iniziando a menare calci e pugni a destra e manca, e poco dopo ci raggiunse anche Baston, che si tuffò nella mischia e prese a pugni il Capitano di Serpeverde, imprecando ad alta voce come non gli era mai capitato in tutta la vita. 
Ho sempre amato il Quidditch! Ho sempre amato le risse in campo! 


 
***


Infangata e di malumore per essermi persa per la seconda volta in sei giorni tre importanti pasti della giornata, in questo caso colazione, pranzo e cena, mi trascinai al castello, borbottando maledizioni contro tutti i Serpeverde. Li maledivo in generale perché uno di loro mi aveva fatto un occhio nero e sarei tornata dagli allenamenti come un panda orribilmente deperito. Inutile dire che i panini che mi aveva messo da parte Hugo e le barrette proteiche di Baston non riempirono neanche minimamente il mio stomaco, che stava continuando imperterrito a protestare.
Spostai violentemente un arazzo del castello e andai a sbattere contro qualcosa. Ma quel qualcosa non era altro che... 
« Lysander! » esclamai.
Possibile che lo incontro sempre quando ho una fame da lupi? 
Il biondino mi mise le mani sulle spalle, scosso dal piccolo ma abbastanza violento scontro.
« Ehi! Tutto bene? Per Merlino... chi ti ha fatto un occhio nero? » chiese, preoccupato, spalancando le iridi verde chiaro. 
« Oh, quello? » feci uno sbuffo e agitai il braccio come se stessi scacciando via una mosca molesta. « Una cosina da niente, non ci pensare. » 
Lui parve sempre più sospettoso. « Avete appena finito gli allenamenti? » chiese, togliendomi le mani dalle spalle.
« Sì, ma abbiamo avuto degli ospiti: una giornataccia. Niente cibo e rissa con i Serpeverde sul campo. »
« Caspita. Posso? » 
Annuii e in un attimo mi ritrovai il viso del biondino a pochi centimetri dal mio e quegli occhi verde pallido che mi fissavano intensamente la ferita, probabilmente diventata violacea. Con estrema delicatezza, Lysander poggiò il suo indice sotto alla ferita e io chiusi entrambi gli occhi a quel contatto tanto dolce e delicato. Poi mi ripresi da quella sdolcinatezza (vi sembravo la tipa da cose sdolcinate?) e scossi il capo, costringendo Lysander ad indietreggiare di molto. 
Era molto imbarazzato quando mi disse: « Dovremmo andare in Infermeria. » 
« Ma no! Non mi fa nemmeno male. »
« Taci, Potter. »
« Scamander, non credo di voler tenere sulla coscienza la tua fidanzata. » dichiarai, fingendomi altezzosa e guardandolo con superiorità. « Impazzirà per amore se ci vede insieme, penserà che abbiamo una losca tresca e ti lascerà, non prima di averti dato un grosso ceffone rumoroso. »
Lysander scoppiò vivamente a ridere. « E chi sarebbe la mia fidanzata? » chiese, inclinando il capo a sinistra e stuzzicandomi vistosamente. 
« Cassandra Smith. » risposi, con tono di sfida. 
« Io e Cassandra fidanzati? Siamo solamente amici, credimi. » mi assicurò, con un sorriso divertito sulle labbra.
Amici molto intimi, devo dire. – mi ritrovai a pensare. 
« Sul serio. » aggiunse il ragazzo, vedendo che non mi ero affatto convinta. « E comunque... quello scalmanato di tuo cugino non stava con te? »
« Sì, ma adesso sta in Infermeria. » 
« E perché non sei andata con lui? »
« Perché la mia priorità adesso è cercare qualcosa da mangiare. » risposi, data la grande irascibilità che mi metteva su lo stomaco vuoto.
« Hai incontrato la persona giusta. » disse Lysander. « Conosco un posto perfetto. Vieni? » e mi tese la mano. 
Senza esitare, la afferrai e lo seguii senza fiatare per il castello. Non avevo idea di dove mi stesse portando e nemmeno lo volevo sapere, a dirla tutta. Anzi, da una parte ero incredibilmente curiosa... ma in quel momento ero talmente ipnotizzata da non-so-cosa che anche se Scamander mi avesse portata proprio accanto al Platano Picchiatore, io gli avrei fatto un gran sorriso e l'avrei addirittura ringraziato per la bella passeggiata e per il luogo stupendo in cui mi aveva portato. 
Poi ci trovammo accanto alla porta che conduceva alla Sala Comune di Tassorosso e io inarcai un sopracciglio, piazzandomi di fronte al biondastro con le mani sui fianchi. 
« Non sapevo che i Tassorosso fossero dei cuochi. » dichiarai, con abbondante sarcasmo. 
« No, nemmeno io. » ribatté Lysander, ponendosi proprio di fronte un quadro con della frutta e ignorandomi di buon grado. « Adesso guarda e impara, terremoto. » aggiunse, facendo il solletico ad una pera nel riquadro. 
In un baleno il riquadro della frutta si fece da parte, rivelando un grosso passaggio segreto: il passaggio segreto che portava alle cucine e che io e Hugo avevamo passato la vita a cercare. Spalancai gli occhi, rimanendo aggrappata alla cornice del quadro per evitare di cadere per terra dallo shock: come diavolo era possibile che Scamander (No, dico... Scamander!) fosse riuscito a trovare quel passaggio e io e Hugo (No, dico... io e Hugo!) invece no?
Vidi che il biondino mi fissava divertito, così mi riscossi dai miei pensieri e dalla contemplazione del meraviglioso passaggio segreto misterioso. 
« Oh, cielo... » mormorai, esterrefatta. 
« Prendimi la mano. »
Fissai immediatamente la mano del biondino, assumendo una strana espressione. 
« La salita qui è piuttosto alta e tu... beh... non vorrei essere... insomma, hai capito. » concluse il ragazzo, a disagio. 
Mi scappò un sorriso. « Ho capito. Ma la prossima volta ti uso come scaletta, sappilo. » affermai, afferrando per la seconda volta la mano calda di Lysander, che ti dava una sorta di strana sicurezza che nessuno avrebbe mai potuto capire o neanche immaginare. 
Non appena ci arrampicammo sul quadro, manine piccolissime ci trascinarono dentro, dandoci il benvenuto come se fossimo chissà chi. 
« Buonasera, signorini! » 
« Ma questi sono... elfi domestici! » saltai su, guardandomi intorno. Tanti occhioni a forma di pallina da tennis mi contemplavano, adoranti e pronti a ricevere ordini. « Oh, non importa. Sentite, siete davvero graziosi... ehm... non è che potete darmi qualcosa da mettere sotto i denti? » 
« Tutto quello che la signorina vuole. » una carinissima elfetta dagli occhi cobalto si inchinò a noi, urtando il naso a forma di matita sul pavimento. « Zilla è davvero molto felice di accontentare i due piccioncini innamorati, a Zilla piacciono tantissimo le storie che parlano di amore. » 
Gli occhi della piccola elfetta si posarono sulle nostre mani intrecciate ed entrambi le allontanammo di scatto, notando solo in quel momento che stavamo ancora tenendoci per mano come due rincoglioniti.
« Ehm... no, noi non... » balbettammo io e Lysander. 
Ma Zilla non ci stette a sentire. 
« Siete così carini. » insistette, guardandoci con sguardo languido. 
« Sì, sì, siamo davvero carini e innamorati. » tagliai corto, per nulla imbarazzata. « Senti, Zilla... per il cibo? Sai, non mangio da moltissimo tempo. » 
« Zilla propone un arrosto di maiale oppure del tacchino, per finire con un gran bel dolcetto. Alla signorina piacciono i dolcetti? » 
« Alla faccia! » esclamai. 
Lysander fece un leggero colpetto di tosse e sembrava a stento trattenere un sorriso. 
« Volevo dire... » mi ricomposi, perché Zilla mi fissava sconcertata e trepidante allo stesso tempo. « Mi piacciono molto i dolci, grazie mille. » 
« Zilla e amici si mettono a cucinare per i piccioncini. » e corse ai fornelli, sorridente. 
« Cuciniamo per i piccioncini! » si udì da qualche zona imprecisata della cucina. 
« Ehm... va bene... » mormorò Lysander imbarazzato, accarezzandosi la nuca. « Non posso credere di aver dato a degli elfi domestici la sensazione che noi potremmo essere piccioncini carini e innamorati ma... almeno dopo sarai sazia. »
Scoppiai a ridere. « Si dimenticheranno in fretta di questo errore. » indicai gli elfi domestici. « Come facevi a sapere di questo passaggio segreto? Io e Hugo abbiamo passato anni cercandolo e sulla Mappa non era nemmeno scritto. Forse è proprio questa la magia: i passaggi segreti devono rimanere segreti. » 
« Di quale mappa parli? » 
Ahia. 
Ignorai Lysander facendo finta di essere particolarmente interessata alla cucina, anche se mi interessava sul serio la cucina, aspettando una sua risposta e non avendo neanche l'intenzione di rispondere alla sua domanda. 
« Ne avevo sentito parlare da un Tassorosso che l'aveva scoperto per sbaglio. » mi rispose poi. « Ma non ho origliato la sua conversazione! Passavo solamente accanto a lui. »
« E chi ti accusa di niente.
» ridacchiai. Poi aggiunsi: « Sono contenta che zia Hermione abbia dettato legge per i diritti degli elfi. Non avrei potuto sopportare che questi poverini si facessero il culo ogni giorno per noi senza essere ripagati. Per non parlare delle persone che vogliono opporsi ai loro stipendi... che farabutti! Ho sempre voluto fare qualcosa per gli elfi domestici, sai? Credo che dopo il CREPA fondato da zia Hermione potrei fondare il MUORI: Movimento Uniforme per non Ostacolare il Ricavo degli elfi non Immodesti. » 
Lysander scoppiò a ridere e una volta che ebbe iniziato fu difficile farlo stare zitto per non far distrarre gli elfi dai fornelli. Anche perché una volta che ebbe iniziato lui, cominciai a ridere anche io, e lì fu sul serio difficile cercare di farmi tacere. Pensai che fosse una fantastica idea quella fondare il MUORI e per i miei standard particolarmente ribelli e da piccola eroina della situazione potevo benissimo fondare quel movimento, facendo aderire tutti gli studenti del castello e dichiarandomi la paladina della giustizia. CREPA e MUORI... almeno avevano uno scopo, no? E poi non dovevo necessariamente chiedere aiuto ai miei genitori o ai miei zii: me la cavavo benissimo da sola.

Finii anche io di ridere e fissai il mio compagno, che mi stava ancora sorridendo con le lacrime agli occhi. Lui fece per dirmi qualcosa, e io anche stavo per dirgli qualcosa, quando...
« Ehi, piccioncini! » ci interruppe la piccola elfa. « Zilla e amici hanno preparato la cenetta per voi! » 


 
***
 

« TU hai fatto COSA con CHI? » 
« Ssssssssssssssh! Vuoi abbassare la voce? » replicai stizzita, rivolta verso mio cugino Hugo, mentre ci affrettavamo a sgattaiolare fuori dal castello per andare a trovare Hagrid. « Se il vecchio Armando ci becca fuori non riuscirei di certo a sopportar... » 
« Lascia perdere Armando. Tu davvero sei stata con Lysander tutto il pomeriggio? » 
« Mi ha solamente accompagnata a mangiare qualcosa. Conosce il passaggio per le cucine! »
Hugo sembrava meditabondo. « Ma io ho sentito dire da Cassandra Smith che lui aveva un appuntamento con lei. » 
Quasi inciampai in un cespuglio di rose lì vicino: il caro Ken aveva seriamente saltato un appuntamento con la sua Barbie? Quella notizia era più succulenta di un grosso arrosto di maiale con tanto di salsetta. Anzi, ma cosa diavolo stavo pensando? A me non doveva neanche importarmi di che cosa faceva quel biondastro ossigenato. Figuriamoci se mi importava realmente qualcosa di lui... era solo un mio amico. 
« Ehi, mi stai ascoltando? »
« Sì, certo. » mentii, non avevo nemmeno idea di che diavolo avesse detto Hugo fino a quel momento. « Beh, non è mica colpa mia se Scamander le ha dato buca, e secondo me ha fatto anche bene. Quella Smith è davvero una ragazza frivola e insopportabile. Ma magari la stronza ha solamente finto di avere un appuntamento romantico insieme lui, per darsi delle arie... tipico di lei inventare le cose, no? 
»
Hugo fece spallucce. « Probabile. » mi accontentò, poi mi rivolse un ghigno Serpeverdesco che non prometteva nulla di buono. 
Immaginai subito cosa volesse dirmi.
« Stai. Zitto. » scandii. « Non è successo niente tra me e... il bello addormentato. Figurarsi! Lungi dai miei pensieri! Piuttosto, adesso so come arrivare nelle cucine del castello e questa è la notizia più fantastica che potessi mai ricevere oggi. Oh, eccoci arrivati. » aggiunsi, tagliando corto in fretta prima che Hugo potesse accusarmi di aver fatto porcate con Lysander sui fornelli delle cucine del castello, in presenza di centinaia di elfi domestici. La malizia di mio cugino galoppava fin troppo, per i miei gusti.
Bussai forte alla porta del gigante e ad aprirmi fu proprio lui, avvolto nella sua grossa pelosa giacca. E non sembrava essere solo: almeno una decina di piccoli Kneazle ci vennero incontro, cominciando a dare morsi alle nostre scarpe e a soffiarci contro. 
« Ragazzi, entrate! » ci accolse Hagrid, sorridendoci con gentilezza e abbracciandoci entrambi contemporaneamente rischiando di incrinarci un paio di costole. « Sapevo che venivate a trovarmi, piccole canaglie! Ho preparato il the da poco, devo solo riscaldarlo. Entrate e chiudete la porta, su. »
Io e mio cugino ci scrollammo di dosso i Kneazle ed entrammo, chiudendoci la porta alle spalle come ci aveva ordinato il nostro grande amico. 
« Sono carinissimi! » esclamai, allungando la mano per accarezzarne uno.
Il Kneazle soffiò arrabbiato contro di me e mi graffiò violentemente, facendomi uscire il sangue dalla mano.
« ... sempre se non ti graffiano a sangue, ovvio. » aggiunsi. 
« Certo, sono proprio carini... » disse Hugo sarcastico, che odiava ogni tipo di animale. « Carini come un Ungaro Spinato incazzato, mica pericoloso. Hagrid, non puoi rinchiuderli da qualche parte? »
« Mica ti fanno del male? » li difese il gigante, sorridendo ad ogni singolo animaletto come se fosse un cricetino innocuo. « Tale e quale a suo padre, guardatelo. Siediti tranquillo, Hugo, non ti fanno niente. E poi gli Ungari Spinati sono delle bestiole favolose, incomprese da tutti. »
Hugo si sedette in modo titubante, lanciando delle occhiatacce alla cucciolata e borbottando cose come « certo, vorrei tanto avere una bestiola favolosa e incompresa come un Ungaro Spinato nel giardino di casa mia » e cazzate simili.
« Hagrid, posso prendere un Kneazle e portarmelo? » chiesi, sedendomi accanto alla cesta con la cucciolata.
« Ci sono affezionato assai, ma sì. Statti attenta, questi sono dei birbanti. » mi concesse il gigante, affettuosamente. 
« Grazie! » ribattei, chinandomi sulla cesta per sceglierne uno. 
« E non farlo entrare nel mio dormitorio, intesi? » chiarì Hugo, che stava iniziando a starnutire a causa di tutto quel pelo. E anche a bestemmiare, se dovevo dirla tutta. « Hagrid, ma i Kneazle non sono pericolosi in una casa? »
« Pericolosi come una mosca. Ma va, sono piccini. » rispose Hagrid, come se stesse guardando un tenero e davvero innocente cucciolo di Yorkshire appena nato. « Comunque, che mi raccontate di bello della scuola? »
« Il nostro professore di Difesa è matto. » Hugo annuì, omettendo il minuscolo particolare che Brown, oltre che matto, era anche dannamente bello, intelligente, carismatico, charmant, sensuale, avvenente e tanti bei aggettivi che non sto qui a nominarvi. « Ci ha fatto esercitare in coppie, dice che dobbiamo lavorare pacificamente tra di noi. Ha creato coppie assurde! Persone che si odiano, persone con trascorsi turbolenti... davvero assurdo. »
« Lavorare pacificamente tra di voi? Ma mi sembra ovvio con quello che succede. » disse Hagrid, alzandosi dalla grossa sedia impagliata per scaldare il the che ci aveva promesso. 
Forse prendo un Kneazle rosso perché mi assomiglia tantiss... CHE COSA HA DETTO HAGRID?! 
Ci misi qualche secondo per metabolizzare le parole del mio amico e mi alzai di scatto da terra, ignorando i gatti leonini che stavano cercando di attirare la mia attenzione graffiandomi i piedi.
« Perché, che cosa succede? » domandai, piuttosto rudemente. 
Hagrid sgranò gli occhi e ci diede velocemente le spalle, correndo in modo goffo e rumoroso ai fornelli. Afferrò con malagrazia il bollitore, sempre cercando di fare più rumore possibile, e tossicchiò.
« Niente! Che vuoi che succede? » ribatté.
Hugo, che era seduto sulla grossa poltrona di pelle, mi lanciò uno sguardo a dir poco sospettoso e perplesso.
« Hai detto tu che sta succedendo qualcosa. » gli fece notare mio cugino, dandomi corda. 
Allora avevo ragione sul fatto che stava succedendo qualcosa di losco!
« Quello non dovevo dirlo, non dovevo dirlo... » borbottò il gigante, visibilmente a disagio mentre scaldava il the e continuava a darci le spalle per non doverci guardare in faccia. « Allora, sto riscaldando il the. Vi vanno dei biscotti? Li ho fatti con le mie man... »
« No! » esclamammo io e mio cugino, ad alta voce. 
« Zitti, pesti che non siete altro! Mi farete sospendere! » gridò Hagrid, allarmato.
« Dicci che cosa sta succedendo. » insistette Hugo. « Ti sei lasciato sfuggire qualcosa, adesso continui. Oh Hagrid, per favore, non riusciamo a capirci nulla. Sappiamo solo che Brown si comporta in modo ambiguo. »
« Non siamo dei ragazzini, Hagrid. » aggiunsi, imbronciata. « Non trattarci come tali. »
« Ma non siete neanche... »
« Adulti?! » completai, ringhiando. « Non mi pare che mio padre fosse adulto quando affrontò il più grande mago oscuro di tutti i tempi! Dato che ci tenete tanto a paragonarmi a lui e alla mamma adesso pretendo di sapere che diavolo succede! »
Un silenzio tombale seguì le mie accuse, rotto solo dai rumori che provenivano dai Kneazle.
« Nessuno aveva problemi a spifferare tutto a loro, vero, Hagrid? Loro potevano fare tutto quello che volevano. E noi? Chi siamo noi? La generazione che non sa affrontare neanche un moscerino? Vi sbagliate tutti. Noi possiamo essere molto di più! Quindi, dicci che cosa sta succedendo. » conclusi, con tono abbastanza minaccioso.
Hugo mi fissò come se avessi detto qualcosa di male e forse avevo sul serio detto qualcosa di male e con i modi sbagliati. Magari mi ero lasciata troppo sopraffare dalla faccenda e il nostro grande amico non meritava un cattivo trattamente. Tuttavia, Hagrid non era un tipo permaloso e non parve prendersela con me.
« E va bene. 
» acconsentì lui, voltandosi dalla nostra parte e scansando un Kneazle con una certa stizza. « Non credo che è un danno se vi dico che... che... che niente, ragazzi. È arci importante che imparate a difendervi per benino perché fuori di qui dovete cavarvela soli. Brown è un tantinello strano, l'avete detto anche voi e vuole che imparate come difendervi, come è giusto. Non sta succedendo niente di che, rilassatevi. E poi lo sapete bene anche voi come sono quei Babbani, si mettono nei pasticci più di voi. E la Comunità Magica non c'entra un fico secco con l'incidente del crollo del Ponte di Brockdale... »
« Incidente?! » esclamò Hugo, balzando giù dalla poltroncina.
« Babbani?! » esclamai io. 
« Ponte di Brockdale?! » strepitò Hugo. 
« Ma non era già crollato ai tempi di Lord Voldemort? » strepitai io. 
Hagrid spalancò di nuovo gli occhi e soffocò una sorta di imprecazione: sembrava furibondo con sé stesso.
« Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo... non dovevo proprio... »
« Hagrid, ci sono stati altri incidenti nel mondo dei Babbani? » chiesi insistentemente, sempre più curiosa e determinata di sapere tutto ciò che occorreva sapere. Lo raggiunsi ai fornelli per guardarlo negli occhi e mio cugino fece lo stesso, ignorando i Kneazle impazziti. « Se il Ponte di Brockdale fu distrutto anni fa dai seguaci di Voldemort, questo significa che... »
« Assolutissimamente no! » sbottò Hagrid, leggermente agitato mentre portava il the sul piccolo tavolino di legno per evitarci in tutti i modi. « Non significa una ceppa di nulla. »
« Ma... i seguaci di Voldemort prendevano di mira proprio i Babbani. » insistetti, cercando di suonare ragionevole. « E tutto coincide con l'assurdo comportamento del professor Brown. Sì, tutto coincide alla perfezione! Non credo che questi siano semplici casi, ho sempre detto che stava succedendo qualcosa di strano! »
« Sentite... » Hagrid sembrava più che propenso a levarci pensieri strani dalla testa. « Avete sentito male, non volevo dire che... »
« Oh, invece credo che abbiamo sentito benissimo. » lo interruppe Hugo, stizzito.
Afferrai il mio the e ne bevvi un sorso, per poi posare la tazza con uno schianto sul tavolino.
« Ma ci hai davvero presi per ragazzini? Tutti con questa assurda idea che noi siamo la brutta copia dei nostri genitori! »
« Non ho mai detto questo io. » riprese Hagrid tranquillo, concedendomi un sorriso nonostante lo stessi trattando quasi di merda. Anzi, lo stavo veramente trattando di merda e basta. « Ascoltatemi, quello che mi sono fatto sfuggire dalla bocca non è niente: non dovete preoccuparvi. Restate dove siete, va bene? Hogwarts è il posto più sicuro che conosco e la Gran Bretagna lo è ancora di più dopo la caduta di Voi-Sapete-Chi. Non ci sta di che preoccuparsi! »
Io e Hugo rimanemmo a scrutare Hagrid per un poco.
Certo, se Hogwarts e la Gran Bretagna sono posti sicuri io sono la Regina Elisabetta.
« Beh. » dissi, piano. « Se non vuoi dirci nulla... indagheremo! »
« Esatto. » confermò mio cugino, annuendo. 
In tutta la sua disperazione, Hagrid si mise le mani nella barba e poi si schiaffò una mano sulla fronte. Io, dal mio canto, già prevedevo il successo di quella missione segreta che avremmo portato avanti io e mio cugino, uniti come sempre. Avevo atteso anni, anni e anni... adesso era arrivato il momento di dimostrare a tutti che non ero la brutta copia incapace dei miei genitori e che ogni caso strano non doveva essere per forza risolto da loro perché erano stati i grandi eroi della Guerra Magica. 
Anche noi della nuova generazione potevamo essere degli eroi e su questo non c'erano dubbi.

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Capitolo 4
*** Il venerdì diciassette non porta mai bene. O forse sì? ***


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Il venerdì diciassette non porta mai bene. O forse no? 

Essere me era come impazzire, in tutti i sensi. Non sapevo mai come potevo svegliarmi la mattina e mi detestavo per questo: ero dinamica e terribilmente imprevedibile. E a volte era come se non sapessi nemmeno io come fossi, perché era impossibile darmi una definizione precisa. Un giorno potevo essere fuori di me dalla gioia da far spavento, un altro giorno poteva accadere che fossi furibonda col creato per un qualche motivo impreciso, un altro giorno ancora potevo essere ottimista, per poi diventare in batter d'occhio più pessimista di Giacomo Leopardi. Qualche giorno potevo adorare Lysander Scamander per avermi mostrato il passaggio segreto per le cucine, poi potevo ritornare a detestarlo perché i ricordi del passato sopraggiungevano vivi come sempre. Potevo scervellarmi per ore intere a pensare al passato e a come io e il biondastro eravamo giunti fino a quel punto e all'improvviso potevo benissimo accantonare quel pensiero per dedicarmi alle indagini degli incidenti nel mondo dei Babbani, informazioni che Hagrid era stato costretto a cedere e di cui io rivendicavo il merito. E dovevo esserne felice, felice di avere finalmente qualcosa da fare per non rendere la mia vita a scuola una noia mortale. Felice di avere uno scopo, felice di non nascondermi sotto alle sottane dei miei genitori eroi e lasciare fare tutto a loro. 
Inutile dire che quel venerdì mattina non mi sentii molto felice. Piuttosto, mi sentivo stranamente turbata: avevo addosso quella strana sensazione di catastrofe imminente che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. E fu qui che entrava in gioco il mio pessimismo alla Leopardi. 
« Ma cos...? » 
Quando uscii dal bagno trovai il mio dormitorio completamente sottosopra: il Kneazle che avevo preso in prestito da Hagrid stava appena finendo di mangiucchiare il mio cuscino e le coperte scarlatte del baldacchino si trovavano per terra, in brandelli come se fossero appena sopravvissute alla seconda guerra mondiale. Forse era quella la catastrofe imminente che aveva pervaso i miei pensieri, forse era destino che quella bestiolina dovesse distruggere la mia stanza. E la mia reputazione da brava ragazza. 
Mi resi conto solo in quel momento che era venerdì diciassette. 
« Ma per tutti i Nargilli uruguaiani! La mia sveglia a forma di elefante! » strepitai, correndo al comodino e non trovando neanche l'ombra della mia simpatica sveglia a forma di elefante.
Agguantai rudemente il gattaccio e lo scossi violentemente come se fosse un giocattolo e non un animaletto tanto piccolo quanto feroce, mentre quello, come ci si doveva aspettare, tentava di azzannarmi.
« Sputala! Sputala immediatamente! La mia sveglia... ci ero affezionata... sputa quella sveglia! »
« Parli da sola, Potter? » biascicò la mia compagna di dormitorio, in modo assonnato. 
Ti sembro così impazzita da parlare da sola? – pensai.
« Ehm... no, Lisa... t-torna a dormire. » le intimai, sperando che non notasse il Kneazle e che non si mettesse ad urlare a pieni polmoni una volta appurato che una bestia impazzita era a pochi metri da lei. 
« Con te che impazzisci? » intervenne l'altra mia compagna, Katie. « Preferisco alzarmi dal letto. »
« No! Aspettate... insomma, il Kneazle non... »
« KNEAZLE?! » strillarono le due ragazze, aprendo di scatto le tende del baldacchino per individuare la minaccia.
Individuata la minaccia, come avevo giustamente sperato che non facessero, Lisa e Katie si misero ad urlare come delle ossesse, aizzando in maniera fastidiosa l'animalaccio. 
« Oh no! » sbuffai, con il Kneazle che si muoveva violentemente tra le mie braccia, graffiandomi i polsi. « Ragazze, calmatevi. Non vi fa niente, davvero! È completamente innocuo, un cucciolo... un pochino vivace con le persone che non conosce bene, tutto qui! » aggiunsi, cercando di suonare convincente. 
« Un cucciolo innocuo? Ti sei guardata intorno ultimamente? » mi rimbeccò Lisa Finnigann, alzandosi le coperte fin sopra al naso e indicando la stanza con un brusco cenno del capo. 
« Non credo sia stata tu a mordere il cuscino e le tende! » aggiunse Katie Thomas, agitata. « Fallo sparire immediatamente... o mi metto ad urlare! »
« No! » esclamai, alzando una mano nella sua direzione mentre il gattaccio continuava a divincolarsi frenetico. « Lo faccio sparire subito... » e scappai letteralmente via dal dormitorio, in pigiama e con un animaletto selvatico tra le braccia.
Il fenomeno da baraccone per eccellenza, in pratica.
E infatti, quasi tutta la Torre di Grifondoro mi vide correre a perdifiato con un Kneazle impazzito in mano che si agitava come se fosse impossessato dal demonio e un grosso pigiamone rosa invernale, che comprendeva dei pantaloni così larghi in zona cavallo che sembravo un ballerino di hip-hop alle prime armi: ero praticamente la quintessenza della ridicolezza, per non dire altro. Mi diressi con decisione verso i dormitori maschili e spalancai la stanza di Hugo, venendo meno a quella specie di patto che avevamo stipulato nella capanna di Hagrid: niente Kneazle nei dormitori maschili.  
« Hugo! » dissi immediatamente, individuando mio cugino. « Ho un problema. » 
Lui sussultò e si fece cadere i pantaloni dalle mani, mettendo in mostra le sue graziose mutande blu elettrico. 
« Molto carine. » commentai, lasciandomi scappare un risolino. 
« EHI! Avevo detto che non dovevi entrare qui dentro con quel coso orribile! » sbottò Hugo, indignato.
Fece uno sbuffo e si affrettò a coprire la parte davanti delle mutande con le mani. Fece una specie di strano slalom tra le sue cianfrusaglie sparpagliate a terra e raggiunse il letto, coprendosi sempre la parte davanti, come se avesse vergogna di mostrarsi in mutande.
« Ma che fai? » mi sorpresi. « Come se non ti avessi mai visto in mutande! » 
« Lascia perdere. » mi disse lui, mostrandomi in fretta la schiena. 
« Entra e chiudi la porta. » aggiunse. 
Eseguii, con una certa difficoltà.
« Hugo, mi serve la gabbietta di Leo. » spiegai, facendo il labbruccio a cui nessuno resisteva. « Questa palla di pelo rossa mi ha distrutto mezzo dormitorio e inghiottito la sveglia che zio George mi ha regalato. Non credevo potesse essere così feroce e non ha neanche sette giorni! »
« Ah-ha. » fece Hugo vittorioso, festeggiando con i pugni in aria la mia sconfitta contro la palla di pelo rossa. « Così impari a non darmi ascolto. Prendi pure la gabbia di Leo e fai sparire quel mostro: la sua sola presenza mi potrebbe causare uno shock anafilattico. »
Afferrai la gabbia di Leotordo, tenni stretto il gattaccio tra le mani e corsi via dal dormitorio maschile prima che qualche Caposcuola a caso potesse vedermi e denunciarmi per stalking oppure per qualcosa di più grave che non voglio neanche immaginare.
Una volta che ebbi rinchiuso il pericolo pubblico nella gabbietta ed essermi promessa solennemente di riportarlo ad Hagrid il prima possibile, mi preparai e scesi insieme a mio cugino in Sala Grande per fare colazione. 
Una volta arrivati puntammo dritto verso il nostro tavolo, mentre salutavamo gli studenti che conoscevamo. 
« Ciao a tutti! » salutai i miei cugini e i fratelli Paciock, facendo loro un gran sorriso. 
« A quelli belli... » Hugo fece un sorriso ad Alice e Dominique, che aveva momentaneamente abbandonato il tavolo dei Corvonero per stare con i cugini Grifondoro. « e a quelli brutti. » e si rivolse a Fred e Louis. 
Scoppiai a ridere e presi posto accanto a mia cugina, che nonostante avesse un ben di dio davanti non stava toccando neanche un cereale.
Mi chiedevo ancora come facesse a non mangiare nulla dalla mattina alla sera a parte lo stretto necessario per vivere. Era mezza Veela, non ingrassava nemmeno tantissimo se si ingozzava di cibo! Cosa avrei dato per essere una Veela: potevo mangiare nutella a tutte le ore del giorno senza mai aver paura della cellulite oppure di ingrassare come una balena. Purtroppo tutte le fortune capitano a chi non sa apprezzarle e supponevo che mia cugina avesse troppa paura di mettere anche solo un chilo per approfittare della sua magnifica posizione. 
« Marmellata, Domi? » chiesi, sventolando il barattolo di marmellata alla pesca sotto al naso di Dominique. 
« No, Lis, ho mangiato prima al mio tavolo. Quante volte devo mangiare? » 
« Ma infatti, quante volte deve mangiare? Così rischia di mettere su la taglia quaranta! » la prese in giro Hugo, suscitando qualche risatina al nostro tavolo.
« Per tua informazione: ho la taglia quaranta. » ci tenne a precisare Dominique, piccata.
« Sì, e io sono Brad Pitt. » 
« Ma magari. Devo parlare con Lis... puoi smammare? » 
« Ai suoi ordini, madame. » Hugo fece una smorfia ad entrambe e smammò, sedendosi lontano da noi. 
Domi mi sorrise piuttosto radiosamente e si sistemò meglio sulla panca, acconciandosi i capelli e continuandomi a fissare come se stesse per dirmi qualcosa di assolutamente grandioso. Non dimenticavo mai le cose grandiose che mi diceva Dominique (fidatevi: non si potevano dimenticare), quindi cominciai letteralmente a spaventarmi di brutto. 
« Dominique? » dissi, incerta. 
Lei mi rivolse un altro sorrisetto. « Ti devo dire una bella cosa. » 
« Ti ascolto. » dissi, ficcandomi in bocca una grossa fetta di pane tostato con la marmellata di pesche.
Ditemi che mia cugina e il Caposcuola di Corvonero NON hanno...
« Non si tratta di me, scema. » mia cugina mise fine ai miei pensieri perversi. « Si tratta di te.
» 
Alzai lo sguardo su di lei. « Ti ascolto molto attentamente. » 

« Indovina? Ho sentito Lysander Scamander parlare di te con suo fratello Lorcan, ieri sera. »
Avete presente quando nei cartoni animati qualcuno dice qualcosa di importante ad un altro e subito dopo quella grande rivelazione segue immediatamente il canto dei grilli? Bene, il silenzio che seguì quelle parole era molto simile a quello dei cartoni animati. Anche se le persone in Sala Grande stavano facendo un gran caos, in quel momento per me esisteva solamente mia cugina e la sua assurda rivelazione. In quel momento riuscivo a sentire perfino i grilli cantare. 
Sgranai gli occhi, poi assunsi il mio solito cipiglio con la fronte corrugata.
« Eri ubriaca? » chiesi, facendole una smorfia. 
« Certo che no! » sbottò Dominique. « Scamander stava sul serio parlando di te col fratello. Mi sono trovata per sbaglio ad ascoltare la loro conversazione in Sala. » Certo, cuginetta cara, per sbaglio. – pensai, scettica, trattenendo a stento un sorrisino.
« Lysander ha detto di aver saltato un appuntamento con Cassandra Smith perché ha accompagnato te... non mi ricordo dove... » 
« Poi? »
« E poi Lorcan ha detto che ha fatto benissimo perché tu sei decisamente meglio di Cassandra Smith. »
Sputai con grandissima sorpresa il mio succo di Zucca sulla tunica di Dominique e lei si mise a sbraitare per cinque lunghissimi minuti.
E io che credevo che la ragazza che Lorcan detestasse di più al mondo fossi io, in tutta la mia modestia. Non avrei mai detto che detestasse così tanto Justin Smith e la sorella.
Grande, Lorcan!
Dominique finì di ripulirsi la tunica e si rivolse di nuovo a me.
« Di che ti sei sorpresa? » mi chiese. « Quale persona che ha un briciolo di cervello non odierebbe Cassandra Smith? »
Feci dei colpetti di tosse che somigliavano incredibilmente alla parola “Lysander” e tornai alla mia trascurata colazione.
« Il fratello di quella stronza è Justin Smith, vero? » chiese ancora Dominique, non curandosi minimamente di abbassare la voce quando si riferiva a Cassandra e a tutta la discendenza degli Smith. 
« Sì. » risposi. « Sta in classe mia, purtroppo. Lui e Lorcan si odiano davvero a morte: sono in competizione con i voti dal primo anno. E quel Brown li ha messi anche a lavorare insieme! Davvero crede che possiamo lavorare pacificamente per... »
Mi bloccai immediatamente: non potevo coinvolgere mia cugina nei miei loschi piani per quanto riguardavano le informazioni di Hagrid. Dovevo solo tacere e tenere Domi lontana da quelle faccende, altrimenti avrebbe mandato a monte tutti i miei piani di mettermi in gioco dicendo che era una cosa che non dovevo fare, che non era compito mio, che dovevo lasciar fare ai miei genitori come avevano sempre fatto, che era molto pericoloso e bla bla bla.
Fase numero due del piano A: tenere Dominique fuori dai piedi.
« Beh. » mi riscossi in fretta. « E comunque, la faccenda di Lysander non mi riguarda affatto. A lui non importa un accidente di me e a me non importa un accidente di lui. »
Dominique trovò interessante la mia ultima affermazione tanto quanto trovava interessante un grosso tacchino succulento. Dal mio canto, alzai gli occhi al cielo: con mia cugina non si poteva proprio fare un discorso serio. Mossi la testa verso sinistra per non dover vedere il suo sorrisino irritante e quasi scoppiai a ridere alla vista di quel che mi trovavo davanti. 
« Domi... voltati piano e guarda la faccia della Smith! » ridacchiai, premendomi le mani sulla bocca. 
« Sta guardando in questa direzione? » mi chiese Dominique.
Mandando a quel paese il mio responsabile suggerimento, si voltò velocemente indietro e i suoi lunghi capelli mi finirono dritti in faccia, e anche negli occhi. E menomale che le avevo detto di voltarsi lentamente per non dare troppo nell'occhio e soprattutto per non dare troppa importanza a Cassandra Smith. 
« La Barbie ha saputo che il suo amoruccio stava con te. » sentenziò mia cugina, dando le spalle alla sua acerrima nemica e facendomi un occhiolino complice. 
« E tu che ne sai? » domandai, incuriosita da tanta perspicacia. 
« Tesoro. » esordì Domi, dandosi delle arie e calcando sulla parola.
Spiegazione alla Dominique che nessuno a parte lei avrebbe capito tra tre... due... uno... 
« Se c'è una cosa in cui sono davvero brava quel qualcosa è capire in modo eccezionale i ragazzi e le ragazze invidiose. Cassandra sta lanciando delle occhiatacce velenose al tuo Scamander e poi sta guardando qui, e sono sicura che sta guardando te. Deve aver saputo che il suo amoruccio ha saltato l'appuntamento con lei per stare con te e... aspetta un momento! » mia cugina spalancò la bocca, in una perfetta imitazione della lettera O e mi diede una spinta che quasi mi fece cadere dalla panca, colta alla sprovvista. « Che stavate facendo insieme tu e Scamander? » aggiunse. 
Lo disse in un modo così malizioso che quasi arrossii. 
« N-niente. » balbettai, bevendo del succo di zucca e deglutendo prima che mia cugina potesse farmi rischiare lo strozzamento. 
« Cristo santo! Come ho potuto non chiedertelo prima? Non mi inganni. Dimmi che cosa hai fatto con lui. » 
« Non ho fatto assolutamente niente! » 
Dominique mi rivolse l'espressione più scettica del mondo.
« Sul serio. E non fare la saputella solo perché... » abbassai la voce e mi avvicinai al viso di mia cugina. « ... ti sei già fatta due ragazzi. »
« Le mie esperienze parlano, conosco gli uomini meglio di chiunque altra. » annuì Dominique seriamente, per nulla toccata o imbarazzata dal ricordo che le avevo appena evocato.
Lei aveva già fatto ogni tipo di esperienza a soli quindici anni, qui a scuola nel bagno dei Prefetti con un Prefetto delle serpi (uno stronzo) e in estate con il ragazzo con cui zio Bill l'aveva sorpresa ad amoreggiare dietro ad un cespuglio di violette (un francesino spocchioso di Beauxbatons). 
E quelle storie non erano finite benissimo, alla fine. 
Ricordo ancora che ero piccolissima quando Dominique mi spiegò nei dettagli che cosa aveva fatto con il Serpeverde e ricordo ancora altrettanto bene che mi si era tipo bloccata la crescita a sentire tutta la sequenza delle varie scenette con abbondanza di particolari. Almeno ero preparata su quel mondo, mi aveva detto mia cugina quando aveva concluso la spiegazione delle sue performance. 
Ma preparata un corno, avrei voluto dirle: avevo quattordici anni, ero ingenua e molto poco matura, e sapevo più cose sul sesso che di qualsiasi altro argomento.
« Non metto in dubbio le tue esperienze ma... io e Scamander non abbiamo davvero fatto nulla. » ripetei, continuando imperterrita ad ingozzarmi e ad ignorare i tentavi di mia cugina di farmi ammettere qualcosa che non avevo fatto. « Sul serio. » insistetti.
Dominique annuì e alla fine mi credette, anche perché se avevo realmente fatto qualcosa con qualcuno mia cugina era convinta che sarei andata dritta da lei per raccontarle tutto nei minimi particolari come lei aveva fatto con me. E molto probabilmente era anche vero, insomma, non potevo mica correre a dirlo ad Hugo che era più monaco di me in quel senso?! Lei sarebbe stata l'unica persona che in quel momento mi serviva. 
« L'ho incontrato nei corridoi, avevo fame e lui mi ha accompagnata nel luogo che tu detesti a morte: le cucine del castello. Poteva anche andarci, all'appuntamento con Barbie... non gliel'ho mica impedito. » alzai le mani, come per far vedere che le avevo pulite metaforicamente parlando. 
« Ma non è ovvio? » riprese mia cugina, facendo un lungo sospiro come per dire che ero un caso senza speranza. 
Sì, è ovvio che sei una stronza quando fai la saputella. 
« Cosa? » mi sentii una completa idiota. 
« Lily... è ovvio che voleva stare con te, non con lei. Altrimenti ci sarebbe andato all'appuntamento, l'hai detto anche tu. » 
Dominique mi sorrise e si alzò involontariamente in modo molto hot dalla panca, alzando lentamente la gamba, che le scoprì tre quarti di roba a partire dalla coscia soda. Inutile dire che quel movimento fu seguito dagli sguardi di quasi tutti i maschietti della sala e probabilmente anche dalle ragazze (ero sicura che mia cugina avesse addirittura qualche lesbica appresso). 
« Ah, se non ci fossi io a darti le dritte necessarie! Provaci con Scamander... è un bravo ragazzo. » concluse, allontanandosi con la borsetta firmata a tracolla. 
« Ma... ma... ma anche no! » protestai, corrugando di nuovo la fronte e alzandomi a mia volta per urlare dietro mia cugina. « Domi... non ti mettere in testa strane idee! Capito? Non fare niente che potrebbe spingermi a gettarti dalla Torre Nord e farlo passare come un increscevole incidente! Mi sono spiegata? DOMINIQUE! » 
Ma mia cugina continuò ad ignorarmi e a sventolare la mano nella mia direzione, fin quando non sparì dalla sala. 
Stronza.
Molti ragazzi la seguirono, facendo finta di nulla e sussurrando eccitati tra di loro. 
Maniaci.
« Che voleva Dominique? » chiese la voce di Hugo, che si era subito avvicinato a me non appena Domi aveva tirato le cuoia. 
Mi riscossi dai miei pensieri sulle stronze e sui maniaci e poggiai il mento sul pugno chiuso.
« Niente di che. » risposi, ma poi gli spiegai tutto quello di cui avevamo parlato fino a pochi minuti fa, giusto perché non avevo nulla di meglio da fare. « ... e ti prego, dimmi che non vi metterete a farmi da wedding planner perché proprio non riuscirei a sopportarlo. » 
« L'idea sarebbe allettante ma adesso abbiamo veri problemi di cui occuparci. » mi disse mio cugino, e io gliene fui immensamente grata. « Problemi che... oh, miseriaccia! » aggiunse, spiaccicandomi con la faccia nel porridge. 
Alzai la testa, il cui viso presentava disgustose tracce di porridge dappertutto e gli diedi una gomitata negli stinchi. 
« Scusami. Mi oscuravi la visuale... » spiegò Hugo trasognato, allungando il collo. 
Mi voltai e riconobbi Isabel Zabini che entrava in sala, altezzosa come sempre. Isabel Zabini era la sorella di Simon, il nostro compagno di classe, anche se a differenza di Simon aveva la pelle meno scura. Entrambi, però, avevano due grossi occhi color cobalto e un sorriso che avrebbe fatto invidia a madre natura.
« Non trovi che Isabel sia un gran bel pezzo di figliola? » 
Sbuffai. « Hugo... è una serpe con la cattiveria fin sopra ai capelli. Sei un ragazzo così carino, secondo me non dovresti... »
« Sì, sono davvero carinissimo. » convenne mio cugino interrompendomi, senza staccare gli occhi dal fondoschiena di Isabel. 
« Infatti. Peccato che le ragazze notino soprattutto l'intelligenza. » 
« Allora McLaggen è proprio fottuto. » 
Scoppiammo a ridere entrambi e nel caos che creammo non notai per niente che una copia della Gazzetta del Profeta aveva appena fatto un grosso volo sopra al nostro tavolo, finendo spiaccicato nella ciotola di latte del povero Frank. E poi, ero troppo impegnata ad immaginare mio cugino e la Zabini che si rotolavano sul tappeto della Sala Comune dei Serpeverde come delle salamandre nel periodo dell'accoppiamento per preoccuparmi di un giornale. E la colazione mi distraeva, vi ricordo. 
« Ehi, Potter! » 
Parli del diavolo...
« McLaggen. » dissi annoiata, facendo l'occhiolino al mio ex e stupido compagno di classe che passava di lì per sedersi al tavolo. « Come ti va la vita? » aggiunsi, per niente interessata a come quel tonto passasse la vita.
« Non bene senza te. » fu l'ovvia risposta di Cormac McLaggen. 
Gli rivolsi un sorrisino forzato. « Oh, sei un pessimo bugiardo! » 
McLaggen mi lanciò uno sguardo che diceva chiaramente “ahrrr!” e si sedette, fortunatamente lontano dieci persone da me. Che poi... quanto era pallone gonfiato? Doveva aver preso dal padre, che aveva dato il suo stesso nome al figlio. Cormac McLaggen Junior era il mio incubo da quando avevo undici anni, e quindi da quando avevo messo piede a scuola: non faceva altro che molestare le ragazzine e a provarci con tutte. Aveva gli ormoni completamente impazziti, il ragazzo. 
« Guarda qui. » disse all'improvviso Hugo, mettendomi la Gazzetta del Profeta sotto al naso e indicandomi un paragrafetto minuscolo alla fine del giornale. « Leggi tutto. Miseriaccia, ancora non ci posso credere! Avevamo ragione! » 
Fissai mio cugino e tuffai la testa nel giornale, ignorando per la prima volta in vita mia la colazione. Man mano che leggevo non riuscivo a pensare ad altro che a quell'articolo di giornale, se si poteva chiamare in quel modo dato che avevano sprecato due righe, e l'orrore mi invadeva ogni secondo di più. 
Quando finii di leggere, battei un pesante pugno sul tavolo di legno.
« Ma sei cogliona?! » sbottò Hugo tra i denti, sorridendo nervosamente alle persone che si erano voltate verso di me. 
« Vuoi attirare l'attenzione su di noi? » 
« Dimmi che il Quartier Generale degli Obliviatori e il Comitato Scuse ai Babbani NON sono sopraggiunti ieri sera a Londra in un centro Babbano. » sibilai, senza riprendere fiato. « Come diavolo è possibile che dei maghi erano nella Londra Babbana? Deve essere successo qualcosa che ha a che fare con gli incidenti che ci diceva Hagrid, sono sicura. Ma questo articolo non ci dice praticamente nulla! »
« Non ce ne sono altri, Lily. »
« Sicuro di aver controllato bene il giornale? » 
« L'avrei notato un altro articolo del genere ma possiamo riprovare a guardare. » concesse Hugo, ma entrambi sapevamo che se l'ambiguo articolo era scritto in un minuscolo specchietto in fondo al giornale ci doveva essere una ragione: di sicuro non vi sarebbe stata l'ombra di altri articoli che ci spiegavano nei dettagli che cosa stava succedendo dato che la Comunità Magica ci teneva a nascondere cosa in effetti stesse succedendo. 
Io e mio cugino sembravamo i soli della sala ad essere preoccupati: gli studenti che avevano ricevuto il giornale quella mattina non facevano neanche caso a quello specchietto piccolissimo.
« Dobbiamo scoprirne di più. » concluse Hugo determinato, lanciandomi un'occhiata penetrante. « I nostri genitori di sicuro sapranno qualcosa di questa storia, ma non possiamo coinvolgerli. E anche i professori sapranno qualcosa... dici che dovremmo spiare i professori? »  
« Sì... dobbiamo spiarli. » confermai. 
« Magari possiamo usare la Mappa e possiamo cominciare a spiare Brown. »
« E magari possiamo anche fare qualche piccola domandina a Neville, di sicuro ci risponderà. » 
« Tu sei pazza! È troppo amico dei nostri genitori per essere dalla nostra parte. »  
« Vedremo. Per adesso pensiamo a spiare Brown e teniamoci lontani dai guai. »  
Mio cugino annuì con vigore, d'accordo con me. 
« Non che ci venga molto bene tenerci lontani dai guai, in effetti... » ammisi, infine.  


 
***


Dopo aver preso il primo Troll in Trasfigurazione dell'anno e inaugurato l'evento con una grossa parolaccia urlata nel bel mezzo del corridoio del primo piano e che fece togliere a Grifondoro ben dieci punti, io e Hugo ci trascinammo nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure, dove ad attenderci vi era tutta la classe al completo e lo strambissimo professor Brown. 
« Ah, ragazzi! » ci accolse il professore, alzando gli occhi dai fogli di pergamena che erano disposti sulla sua cattedra. « Come mai così in ritardo? » aggiunse, ma come sempre non sembrava severo. Piuttosto, incuriosito.
Come mai lui in anticipo, semmai.
« Lily si stava sfogando a gran voce nel corri... » cominciò Hugo ilare, cominciando a ridere come uno scemo.
Gli tirai un pestone e lo pietrificai con lo sguardo, mentre lui ammutoliva di un botto.  
« Ehm... volevo dire che... che doveva andare al bagno. » concluse mio cugino, riuscendo solo a peggiorare la situazione. 
La classe rise, fissandomi come se avessi chissà quale problema, e perfino Brown mi fissò in modo molto divertito. Io scossi il capo in direzione della classe come per dire che non ero affatto andata in bagno a fare i miei bisogni, anche perché non era possibile che ipoteticamente ci avessi messo tutto quel tempo e non volevo per niente far pensare alla classe che ero incontinente, ma ovviamente non fui per niente presa in considerazione.

« Va bene, sedetevi. » disse l'insegnante, ancora col sorriso sulle labbra. 
« Dopo ti ammazzo. » sibilai a mio cugino, mentre ci sedevamo ai nostri soliti posti.
« Stavo appunto dicendo prima dell'arrivo dei vostri compagni... » proseguì Brown. « che il test scritto di oggi... » 
« TEST SCRITTO? » esclamammo subito io e Hugo orripilati, guardandoci e sbiancando visibilmente.
Brown puntò nuovamente lo sguardo su di noi, e così tutta la classe. 
Feci un sorrisino stiracchiato. « Stiamo scherzando. Continui pure, prof... » dissi, cercando di apparire rilassata, anche se nessuno sapeva (e mai avrebbe saputo) che i palmi delle mie mani stavano cominciando a sudare. Poi aggiunsi, sussurrando all'orecchio di mio cugino: « Per oggi avevamo un test scritto? Siamo fottuti, Merlino porco! Io non so praticamente niente... non mi sono preparata... prenderò sicuramente un altro Troll e mamma mi invierà una Strillettera terrificante urlata in tutta la Sala Grande... » 
« Mamma, invece, mi ammazza a mani nude. Chi sta messo peggio? » mi chiese Hugo retoricamente, indicando se stesso. 
Forse era proprio quella lì la catastrofe imminente di quella mattina, non la faccenda del dormitorio distrutto. E come miseriaccia facevo a non sapere che Brown aveva fissato un test scritto per quel giorno? E come mai tutti erano così tranquilli e rilassati come se si trattasse di una semplice esercitazione? Anzi, la vera domanda era: come mai Lorcan era così tranquillo e rilassato quando di solito tremava come un chihuahua tutte le volte in cui era nervoso e non voleva darlo a vedere?
Mamma mi ammazza, mi distrugge, mi squarta viva.
Ero così agitata che non riuscivo a capire neanche le parole del mio insegnante. Alla fine, però, giunsi alla conclusione che... non esiste un Troll senza un altro Troll: non potevo farmi venire un infarto per un misero test scritto. Sarei riuscita a cavarmela, come in tutte le situazioni.
« Senti, Hugo... chissenesbatte. » dissi in un sussurro roco, facendo emergere in un attimo il mio lato lunatico. « Rilassiamoci. Cosa può mai essere un test scritto? Abbiamo affrontato cose decisamente peggiori di un test scritto! E poi possiamo sempre copiare dai Scamander, loro saranno preparatissimi sull'argomento. » aggiunsi, ritornando ottimista e puntando lo sguardo sulle due testoline bionde davanti a me.
Hugo mi fece un sorriso radioso e rise. « Giusto! Rilassiamoci. » convenne, sdraiandosi sulla sedia e mettendo entrambe le mani dietro alla nuca. 
« ... E saranno solamente domande per nulla pertinenti agli argomenti che abbiamo studiato, come ho detto. » stava continuando a spiegare Brown. « Piuttosto, vorrei ripetere per i compagni che sono appena entrati che per oggi non era fissato nessun test scritto e che quello che faremo adesso non sarà come un vero compito in classe. Addirittura è senza argomenti di studio, quindi tranquillizzatevi: siete bianchi come cenci. » 
... ops. 
Fui la prima a scoppiare a ridere per annullare quel silenzio imbarazzato che si era creato tra di noi, rotto solo dalle risatine sbeffeggianti dei miei compagni di classe e dai sospiri sollevati di mio cugino. 
« Sentito, Hugo? » mi vendicai, per la faccenda del bagno. « Non ti devi preoccupare! Scusi, signore, mio cugino si era spaventato davvero molto. Io ero serenissima, gliel'ho anche detto ti rilassarsi. »
« Ehi! » sbottò mio cugino, animandosi immediatamente all'udire quelle accuse per metà infondate. « Serenissima, tu? Ma se te la stavi facendo addosso quando hai sentito del test! » 
« Oh, taci, che ti si sono sbiancate perfino le lentiggini dalla paura! » ribattei, suscitando altre risatine da parte della classe. 
« Sei tu che avevi paura! »  
« Non avevo paura! Io sono preparatissima e bravissima in Difesa! » 
« Come no! 
»
« Potrebbero farmi qualsiasi tipo di domanda e test e lo passerei con ottimi risultati! » 

« Ma certo. Chi è che alla prima lezione era caduta senza che il suo compagno di lavoro muovesse un dito o dicesse una sola parola? » mi rimbeccò Hugo, e quello fu davvero un colpo basso. « Aspetta, fammici pensare... ah! Adesso ricordo: eri proprio tu! » 
Spalancai la bocca, indignata. « Idiota, ti ricordo che il mio compagno aveva imbrogliato! » 
« Continuerai fino alla morte a negare che... » 
Brown fece un leggero e divertito colpetto di tosse per richiamare l'attenzione all'interno nella classe e noi ci interrompemmo immediatamente, accorgendoci solo in quel momento che quella non era la nostra Sala Comune o il dormitorio e che non potevamo continuare a scannarci in presenza di venti persone e di un insegnante che, seppur fosse un insegnante moderno e incredibilmente figo, era comunque un insegnante. Non era consono all'adattamento della classe, probabilmente. 
« Finito? » rise il nostro professore, che pareva veramente divertito da quello scontro.  
« Sì... » ripose Hugo imbarazzato, fissandomi con gli occhi ridotti in due fessure. 
« Mi ricordate tanto me stesso da ragazzo. » disse Brown. « Anche io litigavo spesso con il mio migliore amico in presenza degli insegnanti. Ah, i bei tempi di una volta! »
« È sempre giovane come una volta, professor Brown. » cinguettò la mia compagna di Grifondoro, Lisa, sbattendo le palpebre in modo da mostrare i suoi grossi occhioni neri.
Hugo fece roteare gli occhi. « E questa qui dovrebbe essere in coppia con me? » mormorò, sconfitto.
Brown fece a Lisa un sorriso magnifico (immaginavo che Lisa stesse morendo e che Katie si stesse mangiando le mani dall'invidia) e continuò il discorso iniziato prima, stavolta cominciando a camminare in giro per la classe.
« Stavo appunto dicendo prima che voi due » fece un cenno verso me e mio cugino. « ci coinvolgeste in una losca faida familiare che il test di oggi sarà un test molto particolare, niente di complicato. Un test personale per vedere come ve la cavate in presenza di qualche pericolo e minaccia. Questo test metterà sicuramente in evidenza le vostre incertezze e le vostre capacità, quindi rispondete con la massima serietà e scrivete solo quello che vi sentite. »   
Un silenzio eccitato accolse quelle parole.
« A cosa serve questo test, professore? » chiese Lorcan, alzando la mano in modo pomposo.
« Oh... ehm... » Brown ci diede le spalle e corse alla cattedra, tossicchiando. « Magari un giorno lo saprete, ma non adesso. »
Guardai Hugo e alzai un sopracciglio.
« Sembra interessante, vero? » dichiarai, sporgendomi in avanti per vedere Brown distribuire i fogli con le domande. 
Mio cugino annuì. « Ma davvero mi si sono sbiancate le lentiggini? » chiese, tastandosi dei punti del viso. 
Mi voltai dalla sua parte, ghignando. « Oh, sicuro. » dissi, afferrando il foglio con le domande che mi porgeva il professore. 
« Mi raccomando voi. » ci mise in guardia Brown, allontanandosi con un sorrisetto. 
Hugo gli fece il versetto imitando la sua voce e mi diede una gomitata, dicendo che stavo invadendo la sua parte di banco. Io sbuffai e guardai Lysander Scamander voltarsi indietro verso di noi, facendo un gran sorriso incoraggiante e allungando il collo sul mio foglio. 
« Sono le stesse domande? » chiese, fissandomi con quegli occhioni verdi bellissimi.
Non guardare i suoi occhi, non guardarli.
Controllai. « Sì, stesse domande. » confermai, guardando prevedibilmente i suoi occhi.
« Vediamo come ce la caviamo. » disse Hugo emozionato, intingendo la piuma nell'inchiostro. « E pensare che Lily voleva copiare da te... » aggiunse, rivolgendosi al suo biondo amico. 
« Ah davvero? » volle sapere Scamander, facendo un mezzo sorrisino. 
« No. » risposi. « Ero assolutamente in grado di affrontare un... » 
Le occhiate scettiche che mi lanciarono i due ragazzi mi costrinsero a ritirare indietro quello che avevo detto, per mia grande vergogna. 
Vi voglio bene anche io.
« D'accordo! Volevo copiare da te il compito in classe. Contenti? » ribattei, alzando gli occhi al cielo e borbottando qualcosa che somigliava incredibilmente a “non ci sarebbe stato nulla di male” oppure “era solamente per essere sicura di non sbagliare” e deliri vari. 
« Contentissimo, Potter. » confermò mio cugino, guardandomi in modo altezzoso.
Continuammo a squadrarci facendo delle smorfie fin quando Brown non ci diede il via per cominciare quello strano test scritto. 


 
***


E così, dopo aver affrontato un dormitorio distrutto di primo mattino, le esasperanti esortazioni di Dominique, l'articolo di giornale letto a colazione, il primo Troll in Trasfigurazione, il principio di infarto quando Brown aveva detto del test e la faccia rognosa di Hugo e di Scamander per tutte le ore di lezione, avrei dovuto anche spendere due ore della mia preziosa vita che avrei potuto passare insieme a mio cugino per risolvere il mistero degli incidenti nel mondo dei Babbani per allenarmi ore extra con il mio odioso compagno di lavoro. E per completare la sfiga, la cosa su cui dovevamo lavorare era: la Legilimanzia. 
Perché ovviamente non vedevo l'ora di sputtanare i miei ricordi più intimi, credeva il mio insegnante. In questo caso, per evitare delle grandissime figure di merda che mi sarebbero costate la faccia e la reputazione, il mio obbiettivo principale era fare in modo che Lysander non riuscisse a leggermi la mente. 
Difficile, direi. Ma non impossibile.
« Sono settimane che ci alleniamo con Schiantesimi e roba varia. » aveva detto Brown, quando aveva finito di ritirare i test. « Passiamo a qualcosa di più complicato: la penetrazione nella mente. Cominciate a lavorare da soli in coppia come avevo stabilito, poi la prossima volta vedremo insieme questo argomento e cercheremo di apprendere sempre più a fondo le varie tecniche. » 
E quella fu la mia condanna a morte o la catastrofe imminente... 
« In che aula dovremmo essere? » chiesi, affacciandomi in ogni classe e mantenendo un passo leggermente più veloce rispetto a quello del mio compagno. 
Stavo cercando in tutti i modi di ignorarlo o almeno di non rendere così visibile al mondo intero il mio malumore.
« Aula 3 in fondo al corridoio. » rispose il biondino, come sempre molto informato. « Nell'aula accanto alla nostra ci saranno Lorcan e Justin Smith ma non dobbiamo muoverci dalla nostra aula. Hai sentito quello che ha detto Brown? Il custode Armando verrà a controllarci di tanto in tanto per evitare che... »
« Ho sentito quello che ha detto Brown. » lo interruppi, irritata. 
Non ero arrabbiata con Lysander ma con il professor Brown. Mi vergognavo, mi vergognavo di mostrare i miei ricordi e di perdere nuovamente, e soprattutto avevo davvero paura dei ricordi che potevano uscire dalla mia mente se non avessi bloccato il flusso dei miei pensieri. 
« Hugo sta al primo piano, vero? » domandai, meno aggressiva. 
« Sì, Brown ha ritenuto necessario tenervi lontani. Ecco la nostra aula... » aprì la porta e fece un gesto cortese col braccio per invitarmi ad entrare prima di lui. 
Gli sorrisi ed entrai, notando che quella stanza non sembrava proprio una semplice aula. Piuttosto, era munita di cuscini e di strani aggeggi e non vi era nemmeno l'ombra di banchi e sedie. Forse Brown aveva ipotizzato che potessimo farci male.
La cosa non era incoraggiante. Per niente. 
Guardai Lysander: se ne stava a capo chino ad osservare un cuscino per terra, senza dire una parola. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso quanto me. 
« Hai paura? » gli chiesi, facendo mostra della mia sfacciataggine. 
« Sono solo nervoso. » mi rispose lui. « Sai, la penetrazione nella mente è difficile e faticosa... ne ho sentito parlare. »
« Non l'avrai già provata, spero. » 
Ma quanto risultavo minacciosa? 
« Oh no, non si scherza con questi incantesimi. »
Annuii. « Niente incantesimi non-verbali, mi raccomando. » lo avvisai, sfoderando la bacchetta e ponendomi al centro della stanza. 
« Non ti preoccupare. » mi sorrise lui, avvicinandosi a me e puntando la bacchetta in avanti. « Allora, la formula è... »
« ... Legilimens. C'ero anche io in classe, se non l'hai notato. » lo interruppi di nuovo, facendogli capire che se avesse detto qualche altra cosa che avrebbe potuto darmi fastidio l'avrei direttamente saltato addosso come una belva.
« Sì. E bisogna concentrarsi... »
« ... e svuotare la mente? » conclusi, ripetendo le parole che aveva detto Brown in classe. « Lysander, se non la smetti di fare il cervellone con me te la faccio pagare. »
Non sono nervosa, no di certo.
« D'accordo, sto zitto. Cominci tu? »
« Va bene. »
« Sei pronta? » 
« Sono nata pronta. » replicai, lasciandomi sfuggire un sorrisino. 
Anche il mio compagno di lavoro mi sorrise, di un sorriso nostalgico e quasi malinconico. Solo in quel momento mi accorsi che quell'espressione eravamo soliti usarla io e lui quando giocavamo nel giardino della Tana, insieme a tutta la banda di cugini. Il ricordo affiorò di nuovo nella mia mente e io cercai di scacciarlo: non mi sembrava il caso che Lysander lo vedesse proprio nella mia mente quando ci stavamo appunto esercitando su un incantesimo di penetrazione della mente. 
« Uno... » cominciai a contare. « due... tre... Legilimens! » 
In un attimo la mia mente si riempì di ricordi non miei. Un bambino biondo che giocava con un giocattolino a forma di drago insieme ad un altro bambino biondo che preferiva sfogliare un libro, un adolescente che si avvicinava al viso di una ragazza dai capelli nerissimi, le loro labbra che si sfioravano, che in men che non si dica si assaporavano timidamente... 
Poi non vidi più nulla e caddi per terra, affondando sui cuscini. 
« Porca miseria... che diavolo succede? » mi massaggiai i gomiti, cercando di rialzarmi a fatica.
Come prima volta non era stata niente male e la cosa interessante era che ero riuscita a leggergli la mente al primo colpo, ma non avevo capito che cosa era successo durante l'ultimo disgustoso ricordo tutto rose e fiori. Anzi, forse era meglio che l'incantesimo si era interrotto proprio in quel momento: non avrei sopportato la vista disgustosa di Lysander che baciava una ragazza. 
Che poi non sapevo neanche come ero riuscita ad entrare nella sua mente da subito. Probabilmente era stata l'immensa forza di volontà o il fatto che desideravo ardentemente entrare nella sua mente e violare i suoi ricordi. Di certo dello stesso avviso non era Lysander, che sembrava leggermente scosso e imbarazzato. 
« Come ti senti? Io... insomma... non credevo di riuscirci proprio... »
« Ehi, non ti devi giustificare. Sei stata magnifica, non tutti ci riescono la prima volta! » mi rassicurò lui.
Stava tremando un pochino e aveva il respiro veramente affannoso. Sembrava che io avessi fatto davvero molta pressione nella sua mente prima che mi fermasse.
« Il tuo incantesimo era molto potente, sono riuscito a chiudere la mente in tempo per non farmi venire l'emicrania. » 
« Non volevi che vedessi l'ultimo ricordo? » mi lasciai sfuggire, per l'ennesima volta con tanta faccia tosta e sfacciataggine. 
Lui mi fissò con le sopracciglia aggrottate. « No. » rispose. « Decisamente no. » 
« Però eri carino da piccolo. » ridacchiai. 
« Sai, se specifichi da piccolo potrei anche offendermi. » mi disse, divertito. 
« Era sottinteso che anche adesso sei carino. » replicai.
Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo.
E poi arrossimmo entrambi, come due bambini. 
« Dai, fammi riprovare. » gli dissi, superando velocemente il momento di imbarazzo. 
Ci mettemmo di nuovo nelle posizioni iniziali ma una volta che ebbi riprovato l'incantesimo non riuscii neanche a vedere un solo e piccolissimo suo ricordo. Ma come era possibile? Ero concentrata al massimo, avevo voglia di scoprire chi miseriaccia era quella ragazza dai capelli neri che stava baciando Lysander ed ero più che intenzionata a violare i ricordi del ragazzo.
Provai l'incantesimo ben cinque volte di seguito ma non riuscii a vedere nemmeno uno stralcio di ricordo. Il biondastro mi stava mettendo davvero alle strette, ci teneva proprio alla pelle. E ai ricordi. 
« Perché... cavolo... non... ci riesco?! » sbottai, cominciando a sudare e agitarmi non poco. « Prima mi era riuscito benissimo. Come fai a bloccarmi la mente in questo modo? Mi stai facendo sudare! » 
Il ragazzo fece spallucce. « Facciamo cambio? » propose. 
« Ehm... » non volevo, ma dovevo. « Va bene. » 
Lui mi puntò la bacchetta contro e io cominciai a stringere la mia, troppo nervosa perfino per parlare. Era la mia prima volta dopo sei tentativi falliti e uno riuscito... dovevo concentrarmi, dovevo concentrarmi al massimo.
Chiudi la mente, non pensare a nulla...  
« Uno...
» 
Miseriaccia, ma come devo fare? 
« Due... » 
Blocca la mente, pensa al nulla, non lasciare distrarti.

« Tre... »
Aiuto.

« Legilimens! » 
Quel che sentii fu un dolore alla testa, seguito a ruota da un ricordo che pareva molto vivido nella mia mente. Il ricordo mostrava me e mio cugino Hugo che correvamo a perdifiato nel corridoio del primo piano, inseguiti da un paio di folletti della Cornovaglia di un colore blu elettrico. Eravamo solo al secondo anno ma avevamo già creato il primo danno: aprire la gabbia di folletti nel bel mezzo della lezione. Il secondo ricordo che seguì era molto recente e mostrava me e i miei genitori che litigavamo, come accadeva sempre quando ero a casa durante le vacanze. Ci furono altri velocissimi sprazzi di ricordi che comprendevano la mia famiglia e un ricordo in cui io davo un calcio potente alla lampada della mia stanza, poi i ricordi si fermarono.
Avevo forti giramenti di testa, così forti che mi sentii cedere le gambe sotto al mio peso. Due forti braccia mi afferrarono prima che potessi crollare a terra e mi sentii adagiare con cautela sui cuscini soffici. 
« Non riuscivo a bloccare la mente. » dissi arrabbiata, socchiudendo gli occhi. 
« Sì, non fa niente. » mi rincuorò Lysander, tesissimo. « Aspettavo che mi bloccassi ma non ci riuscivi, così mi sono fermato io. » 
Tirai su col naso: lui aveva visto tanti di miei ricordi, glieli avevo praticamente serviti a tavolino e la cosa mi irritava veramente molto.  
« Vuoi che ci fermiamo? » mi chiese piano, come se si aspettasse che lo colpissi forte in faccia accusandolo di aver violato i miei ricordi privati. 
« Sto benissimo. » mentii, alzandomi a fatica dai cuscini. « Riproviamo. »
Lysander puntò di nuovo la bacchetta e mi penetrò di nuovo nella mente, e io gli mostrai nuovamente tutti i miei ricordi come se niente fosse. Non riuscivo a fermarlo, non riuscivo a bloccare la mente. Come si faceva a bloccare la mente quando quella veniva aggredita ripetutamente? Come facevo a non mostrare a Lysander il ricordo in cui io e Simon Zabini ci baciavamo con furia nel suo dormitorio di Serpeverde? 
Fu proprio questo ricordo a smuovermi: Scamander non doveva vederlo, io e Simon eravamo dei gran pervertiti. 
« Protego! » urlai, e cademmo entrambi a terra con un tonfo rumoroso, mancando i cuscini e battendo la testa. 
No, non potevi proprio vedermi limonare con Simon. 
« Quell'ultimo ricordo. » disse Lysander, ancora a terra, steso dalla potenza dell'incantesimo. « Eravate tu e Simon? »
« Sì. » risposi, alzandomi da terra scossa da forti tremiti. 
« Vi stavate baciando. »
« Sì. » 
« Siete stati insieme? Non lo sapevo. » pareva irritato, il biondastro.
« Siamo stati insieme pochissimo tempo. » dissi, non sapendo dove voleva arrivare. « E no, non potevi proprio vedere quel ricordo. » 
Lysander strinse i pugni, poi si avvicinò a me. « Meglio se ci fermiamo per oggi: sei molto pallida. » 
« Non è nulla, possiamo continuare. » insistetti, sfregandomi le spalle e abbassando lo sguardo per non dover guardare Lysander negli occhi. « Forza, voglio riprovare. Devo bloccare la mente, devo riuscirci anche io. »
« Come sei testarda. Non ti senti bene, è violenza psicologica questa che stiamo facendo. »
« Beh, è il nostro compito. Devo riuscire a bloccare la mente, Lysander, proprio come hai fatto tu. Riproviamoci. »
« Ultima volta, ok? »
« Sì, come vuoi. »
Lysander tossì e mi puntò di nuovo la bacchetta contro, leggermente insicuro di quel che stava facendo. E io, nonostante veramente non mi sentissi molto bene, ero più che determinata a bloccare la mente da penetrazione esterna. Cosa sarebbe successo se qualcuno fuori alla scuola ci avesse provato? Dopo tutto quello che stava succedendo nel paese dovevo essere capace di bloccare la mente da eventuali attacchi. Poteva accadere veramente di tutto fuori da Hogwarts e quello che si era lasciato sfuggire Hagrid lo dimostrava: dovevo essere preparata a tutto. 
« Uno... due... tre... Legilimens! »
E di nuovo i miei ricordi invasero la mente di entrambi. Io che urlavo contro i miei genitori a dodici anni, io e mio cugino nell'ufficio della Preside che ci rimproverava di non dover usare Passaporte illegali all'interno della scuola, io che facevo a botte con una grossa ragazza perché aveva preso in giro mia cugina Rose e infine... io e Lysander durante la vacanza di quello stesso anno che ci rotolavamo nel fango, finendo l'uno sopra all'altro... vicini come non lo eravamo mai stati.
Blocca la mente, reagisci! – pensai, con rabbia.
Ma l'incantesimo si spezzò improvvisamente e io caddi a terra per l'ennesima volta, prendendomi la testa tra le mani. 
« Quello... » cominciò il ragazzo, venendomi incontro.  
« Sì, Scamander! Eravamo io e te tre settimane fa! » lo aggredii imbarazzata, accettando la mano del mio compagno e tirandomi su con uno strattone che spaventò molto il ragazzo. « E quindi? Noti qualcosa di strano? Mi sono divertita molto in vacanza con voi. Beh? » 
« Credevo non fosse importante. » ribatté Lysander.
« Almeno nella mia mente ci sono ricordi di te! » Gli voltai le spalle, cercando di calmarmi e di non pensare al forte mal di testa che avevo in quel momento. 
« E con questo che vuoi dire? » 
« Quello che ho appena detto, Scamander. » 
« Lily... pensi sul serio che nella mia mente non ci siano ricordi di te? E non tornare a chiamarmi Scamander, per favore! »  
Io non risposi e lo ignorai, ma lui mi prese delicatamente per le spalle e mi voltò verso la sua parte, il suo viso a pochi centimetri dal mio. Quel verde intenso dei suoi occhi era praticamente impossibile non notarlo oppure tenerlo testa, ma io feci il possibile per non abbassare lo sguardo.
« Pensi davvero che nella mia mente non ci siano ricordi di te? » insistette lui. 
« Evidentemente...» 
« Evidentemente niente, Lily! Che non faccio altro che pensare a... alla tua amicizia! Quella perduta! » 
« Forse dovevi pensarci prima, dovevamo pensarci prima entrambi. » Tremavo ancora: la Legilimanzia proprio non mi piaceva. Non mi piaceva per niente. Forse avrei dovuto prendermi una pausa piuttosto che insistere nel voler dimostrare al mondo che io non ero una ragazza incapace.
« Ma non è mai troppo tardi, vero? » chiese Lysander, continuando a tenere le mani sulle mie spalle e a guardarmi negli occhi, perforandomi da parte a parte. 
Ci misi qualche secondo prima di rispondere.
« Mai. » dissi. 
Lui mi sorrise. « Stai tremando. » disse, e si avvicinò a me per stringermi in un abbraccio così dolce e caloroso che mai avrei voluto sciogliere. 


 
***


« E tu, giustamente, l'hai ammazzata di botte. » 
« Non l'ho ammazzata di botte. » precisai, lanciando una fugace occhiataccia a Lysander. « Insomma, mi stava antipatica e l'ho picchiata. Avevo solamente undici anni, può capitare. Anche adesso può capitare, eh. E poi stava insultando mia cugina Rose e io ci tengo molto a mia cugina. Dovevo lasciar fare a mio fratello James? Al massimo l'avrebbe rimproverata per poi provarci con lei e dirle che era tutto uno spiacevole equivoco. » 
Lysander scoppiò a ridere e annuì, cosciente del fatto che probabilmente sarebbe davvero successo quello se fosse intervenuto James Potter. Dopo quella piccola discussione avvenuta tra di noi nell'aula avevamo praticamente fatto finta che non era successo niente tra di noi, avevamo fatto finta che nulla era andato storto: stavamo cominciando da capo. 
Il venerdì diciassette non porta mai bene ma a volte sì, e ne ero davvero contenta. E se lo diceva la sfigata per eccellenza doveva essere per forza vero. 
Ridemmo entrambi e mentre ridevamo non facemmo per niente caso ad un occhialuto e molto affascinante Tassorosso del settimo anno che ci aveva appena sbarrato la strada, costringendoci a sussultare sonoramente e a fermarci di botto col cuore in gola. 
« Jason! » esclamai. « Per l'amor del cielo... mi hai fatto prendere un colpo! » 
« Scusami, rossa. » mi disse, gentilmente. « Ehi, Lysander. » aggiunse, porgendogli la mano.
Lysander la strinse in segno di saluto. « Jason. » disse, indifferente. 
Jason gli sorrise, poi si rivolse a me: « Due piccioni con una fava: vi stavo cercando. Stiamo organizzando una festa nel giorno di Halloween, ci verreste? » 
« E me lo chiedi? » ribattei, strizzandogli l'occhio. « Sono dei vostri! Festa clandestina oppure...? »
« Clandestina, clandestina. Nella Stanza Vai-E-Vieni, non ci va nessuno e quasi nessuno la conosce. »
« Mi piace. Chi siamo? »
« Sesto anno e settimo, fatta eccezione se qualcuno di voi conosce qualcuno del quinto in giù. » disse Jason, volgendo uno sguardo a Lysander.
Jason era un tipo molto simpatico, un buon amico e un ragazzo davvero d'oro. Era il maestro delle feste lì ad Hogwarts e ogni anno organizzava o aiutava ad organizzare piccole festicciole clandestine, che io amavo davvero tanto.
« Hugo e i tuoi cugini vengono sicuramente, tuo fratello Lorcan ha detto che ci deve pensare ma probabilmente viene e anche Dominique ha detto che viene. Alle otto nella stanza, ci conto! » Jason si allontanò, sorridendomi. 
Sospirai. « Ahhh, che bella notizia. Il venerdì diciassette non è davvero così male come sembra, vero? »
Spostai un arazzo per prendere la scorciatoia che portava su verso il settimo piano e andai a sbattere dritta con la faccia dentro ad un'armatura di metallo che ne stava andando a zonzo per il corridoio, facendo un grosso rumore metallico. 
Lysander mi afferrò sotto alle braccia, sorreggendomi prima che cadessi per l'ennesima volta a terra.
Prima la Legilimanzia, adesso questo! Avanti un altro!
« Sei sicura che il venerdì diciassette non sia tanto male? Cavolo, non appena hai parlato... »
« Sì, infatti, ho parlato ed è successo questo. Quindi taci se non vuoi che capiti qualcosa di spiacevole anche a te, Scamander. » gli intimai, sfregandomi la fronte che mi doleva.

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Capitolo 5
*** Strane giornate e ambigue gite ad Hogsmeade. ***


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Strane giornate e ambigue gite ad Hogsmeade.

Chiacchierare e fare esperimenti nell'ora di Erbologia era sempre stato magnifico. Neville non ti rimproverava quasi mai se ti distraevi (e a me capitava ogni tanto... anzi, spesso) e poi ero così brava in quella materia che riuscivo perfettamente a distrarmi e prestare attenzione alle piantine aggressive che il nostro amico/professore ci mostrava senza che queste partissero all'attacco e mi staccassero la testa facendomi una decapitazione degna di essere chiamata tale. Una cosa che Hugo non aveva ancora imparato a fare dopo sei lunghissimi anni... 
« Le piante carnivore sono delle piante che... »
Neville si interruppe bruscamente, guardando nella direzione mia e di mio cugino con una certa preoccupazione. Il resto della classe seguì lo sguardo dell'insegnante e in men che non si dica ci ritrovammo quaranta occhi puntati addosso, con tanto di espressione scioccata. Mi chiesi che avessero tanto da guardare quando la risposta arrivò proprio dal mio insegnante.
« Hugo, allontana quella testa dalla piantina se non vuoi diventare il fratello gemello di Nick-Quasi-Senza-Testa. Vuoi farmi passare un guaio con la scuola e con tua madre? » sbottò Neville, ansioso.
La classe, fatta eccezione per alcuni Serpeverde, scoppiò in fragorose risate che echeggiarono nelle serre del castello, tra cui la più potente e ridicola era sicuramente la mia. 
« Scusi, prof! » ribatté Hugo, che pure si era fatto una bella risata alla faccia della sua testa non decapitata. « Giuro che non mi farò ammazzare da questa piantina, starò attento. »
« Buon per me. » rispose Neville, suscitando altre piccole risatine. « Dunque, stavo dicendo... le piante carnivore sono piante particolari e pericolose. Innanzitutto non sono assolutamente adatte per determinati ambienti ed è per questo che vi ho portati qui: ho ricreato l'ambiente paludoso e torbido adatto per questa pianta. Motivo in più per mettere i guanti, vero, Lily? »
Io, che mi ero ritrovata a contemplare il profilo di Lysander mentre giocherellavo con i miei grossi guanti, alzai velocemente lo sguardo su Neville, che mi fissava da sopra una piantina carnivora piuttosto aggressiva. 
« Non esattamente vero, prof. » risposi. « Sta cominciando a prudermi dappertutto e non riesco a far nulla con i guanti, sono troppo grossi e ingombranti. »
« Ti prude perché non hai messo i guanti. » mi fece notare il mio insegnante, cominciando a scuotere il capo con un sorrisino rassegnato.
« Quindi faccio meglio a metterli? » chiesi, sbandierando i guantoni.
« Molto meglio. » 
Sorrisi e li indossai, cercando di ignorare il prurito che stavo avendo alle zone superiori della schiena e alle mani, che stavano cominciando a diventare rubiconde. Maledetta me che ero entrata in una serra paludosa senza l'occorrente necessario per la salvaguardia del mio corpo: senza guanti e con una tunica abbottonata alla bell'e meglio. 
« Dovremmo fare qualche esperimento con il muco della pianta carnivora. » proposi, sporgendomi verso mio cugino per indicare la sostanza viscida che fuoriusciva dalla pianta e lanciando un altro piccolo sguardo sott'occhio a Lysander. « Sai, non si trova dappertutto. Magari possiamo utilizzarla per le nuove Merendine Marinare che stiamo fabbricando oppure per perfezionare quelle inventate dagli zii. O magari anche per la pozione che colora i capelli. Che ne dici? »
« Buona idea! Non ho mai dimenticato i galeoni che ho dato a Fred per la scommessa. » disse Hugo, risentito come se quella scommessa persa l'avesse toccato a fondo nell'orgoglio. 
Ridacchiai e prelevai quella sostanza disgustosa dalla pianta carnivora, deponendola in una piccola ampolla che portavo sempre con me in casi di emergenza. Casi di emergenza come quelli. Magari potevo anche rubacchiare qualcosa dalle scorte di Neville: non si sarebbe di certo incazzato se avesse trovato le sue scorte dimezzate, anche se molto probabilmente non si sarebbe neanche accorto della mancanza di qualcosa. Infondo, io facevo parte della sua famiglia e lui faceva assolutamente parte della mia. Era come uno zio per me, non un professore di cui stare attenti. 
Ergo... potevo rubacchiare quanto mi pareva e piaceva. 
« Prendi anche quelle piccole zanne... » suggerì Hugo sottovoce, assestandomi una gomitata nelle costole. « Possono sempre servire. Ti copro io! »
Sbuffai e stuzzicai la piantina in modo da farle aprire la bocca per farle di nuovo rivelare le zanne che aveva visto mio cugino. Zanne molto velenose, avrei scommesso.  
« Muoviti. » ebbe il coraggio di sbottare Hugo.
Ma certo! Io rischio la vita e tu sbotti. Sì, mi sembra giusto. 
« Vuoi farlo tu? » replicai, stizzita. « Potrei rimetterci le penne da un momento all'altro e... » 
« La testa, vuoi dire. » mi corresse Hugo. 
« Ecco, infatti, quindi smettila di mettermi ansia e coprimi sul serio! » e gli diedi una spinta così forte col bacino che mio cugino finì con la testa proprio vicinissimo ad una piccola pianta. E non una pianta qualsiasi, bensì la pianta carnivora di cui ci stava parlando Neville.
Aiuto.
Inutile dire che la cosa provocò un attimo di panico nella serra, panico in cui Lorcan Scamander si premurò gentilmente di avvertire mio cugino del pericolo che stava correndo emettendo uno strillo acuto e ben poco virile. 
E questa bella donna da dove è uscita fuori?!
« Lorcan cos... oh, Merlino in carrozza! » esclamò Neville, quando vide che la testa di Hugo stava a pochissimi centimetri dalla pianta, che pareva pronta ad entrare in azione per ammazzare rudemente mio cugino.
Nonostante la situazione fosse macabra e spaventosa, stavo lacrimando dalle risate. Hugo si tirò su con uno strattone e si aggiustò velocemente i vestiti e i capelli, avvolgendosi la sciarpa attorno al collo che un attimo prima stava per perdere e guardandomi in cagnesco.
« Mi stavi facendo morire! » ringhiò accusandomi, mentre continuavo a ridere come una scema. 
E non ero l'unica: il gruppetto Grifondoro lacrimava dalle risate e Lysander non faceva altro che tossicchiare, trasformando le risate in colpetti di tosse che non somigliavano affatto a colpetti di tosse.
« Lo... s-s-strillo... » rantolai, senza fiato. 
Mio cugino, che aveva le sopracciglia aggrottate dal desiderio di tenermi il broncio perché l'avevo quasi fatto ammazzare, si lasciò sfuggire un piccolo risolino e si voltò per guardare Lorcan Scamander. 
« Ragazzi, per favore! » intervenne Neville, che a sua volta faceva fatica a restare serio. 
Mi coprii la bocca con le mani e mi aggrappai a mio cugino, indicando ripetutamente Lorcan, che aveva una faccia a dir poco scandalizzata.
« Prof... ahahah... non ha sentito lo strillo belluino di Lorcan? Perché se non l'ha sentito io chiederei il bis... ahahah. Ti va di riprovarci, Lorcan? » 
« Io non... » borbottò Lorcan, imbarazzato e rosso come un papavero primaverile. 
« Se mai un giorno il tuo talento per la lirica dovesse prendere il sopravvento, non sopprimerlo. » continuai, senza riuscire minimamente a fermarmi. 
La classe, eccetto i soliti Serpeverde, non poté fare a meno di scoppiare a ridere, sotto lo sguardo omicida del nostro amico Lorcan. Lysander rideva coprendosi la faccia con entrambi i guantoni per non dare a vedere al suo gemello che stava ridendo di lui e Hugo, una volta superato il trauma di quella che poteva essere la sua probabile morte, si era unito alle mie sguaiate risate. 
« Basta, ragazzi. » disse Neville piano, con un sorrisino ben visibile sulle labbra. « Vi sembra che questa serra sia un parco giochi? In effetti ci somiglia però... suvvia, Lily! So che magari lo strillo poco... ehm... umano... di Lorcan ti abbia fatto ridere... »
« Ahahahahah. » fu la mia seria risposta. 
« ... ma tuo cugino ci stava veramente lasciando la testa e con le carnivore non si scherza. » concluse il professore. « Basta giocare. Intesi, signorinella? »
« Intesi, professore. » mentii, asciugandomi le lacrime agli occhi. 
Lanciai un'occhiata a Lysander e mimai con le labbra “bella sorella che hai” volgendo un cenno eloquente col capo a Lorcan e il ragazzo mi sorrise, di quel sorriso che pareva irradiare tutta la serra. 
« Bene! E adesso ritorniamo alle piantine. » disse subito Neville, cogliendo al volo quell'occasione di calma. Di calma apparente, mi correggo. « Quel che sarebbe successo alla testa del vostro compagno se non si fosse scansato in fretta sarebbe stata una grave ferita nelle zone della gola, che avrebbe ostruito le vie respiratorie e le arterie. Le piante carnivore prediligono quelle zone e... vedete quelle specie di dentini aguzzi? Quelli servono per imprimere forza sulla preda. Alcune piantine si servono di strutture aggiuntive, ovvero dei tentacoli abbastanza velenosi, che servono per intrappolare le vittime e stritolarle. Probabilmente a me sarebbe accaduta la stessa cosa per mano della madre del vostro compagno, ma sorvoliamo. »
Ci furono altre risatine; Hugo quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
« Professore, la mia piantina le ha! » intervenne Justin Smith con ardore, alzando la piantina per mostrare a Neville che aveva riconosciuto le strutture aggiuntive di cui parlava. 
Lorcan fece uno sbuffo esageratamente rumoroso. « Nella mia pianta stanno crescendo, professore. Guardi! » si intromise, lanciando sguardi di fuoco e di competizione al suo caro compagno Corvonero. 
« Esatto, esatto! » Neville sorrise soddisfatto, per la prima volta entusiasta da quando aveva messo piede in quella serra. 
« Hugo... tu hai sentito lo strillo di Lorcan? » sussurrai, ancora troppo scioccata per realizzare di trovarmi ad una lezione molto importante di Erbologia. 
« Ero impegnato a salvarmi la vita, ma l'ho sentito vagamente... e credevo che ad urlare fossi stata tu. » mi rispose. « Miseriaccia! Anche alla mia piantina stanno crescendo quegli affari in grado di stritolare... che ne dici se ce ne sbarazziamo? »
Scrollai le spalle. « Mi sembra una buona idea. » approvai, afferrando il piccolo tentacolo della piantina con il mignolo. 
« ... e dopo che la pianta ha messo in atto la sua trappola, succede che se riesci a fare la giusta pressione alla radice della pianta quella ti lascia andare. » stava spiegando Neville alla classe, mimando il tutto e indicando con un grosso strumento in legno le radici delicate della carnivora. « Altrimenti... » 
« Muori. » concluse Bellatrix Lestrange, con freddezza. 
Il silenzio che accolse quelle parole era uno di quei silenzi inquietanti che piombano all'improvviso in una classe che fino a pochi secondi prima si stava divertendo un mondo. 
« Sì. » convenne Neville, teso e sudaticcio.
Puntai lo sguardo sul mio insegnante e inarcai le sopracciglia, scambiando una veloce occhiata con Hugo. Ero sicura che ci stavamo chiedendo entrambi perché quando la Lestrange apriva bocca, Neville tendeva sempre a diventare pallido e nervosetto. 
Le cose che mi circondano sono sempre strane.
Neville si ricompose in fretta, distogliendo lo sguardo dalla sua allieva. « Esatto, L-Lestrange. Ehm... non parliamo di questo argomento... piuttosto... voi due! Sì, voi due, mi avete sentito! Non fate mai più quella cosa lì che stavate facendo ai tentacoli della piantina! »
« Che cosa? » chiese mio cugino, con l'espressione colpevole di chi è stato beccato in flagrante.
« Giusto. Che cosa? » feci eco, per dare maggiore veridicità alla cosa, con quella vocetta innocente di chi ha fatto proprio quello che non doveva fare. 
« Ragazzi... » 
« Scusi, prof! » ci scusammo io e mio cugino contemporaneamente, per nulla dispiaciuti. 
Neville aveva la classica espressione che diceva “ma scusa un cazzo!” e sospirò. 
« Perché uno di voi due non va a prendermi l'innaffiatoio dietro alle serre? » chiese, facendoci un gran sorriso a trentadue denti e illuminandosi improvvisamente. 
« Ma prof! » esclamò Hugo, sconcertato. 
« Non ci starà mica cacciando dalla classe? » azzardai sfrontata, sicura che la mia ipotesi fosse assolutamente esatta. 
« Ci sta cacciando dalla classe? » inorridì mio cugino, voltandosi di scatto verso di me. 
« Sì che ci sta cacciando dalla classe. » confermai, voltandomi a mia volta verso Hugo. 
« Non può cacciarci così dalla classe. »
« Ma lui vuole decisamente cacciarci dalla classe. »
« Come sarebbe a dire che vuole decisamente cacciarci dalla classe?! » 
« Non voglio cacciarvi dalla classe. » ci interruppe Neville, divertito. 
« Come sarebbe a dire che non vuole cacciarci dalla classe?! » domandai io, con voce acutissima.
« Sto cacciando solo uno di voi due dalla classe. » si corresse il professore, sorridendoci e puntando lo sguardo su di me in particolare. « Il che è diverso, non trovate? Sì, ho davvero bisogno dell'innaffiatoio, Lily. Potresti andare a prendermelo? E dato che oggi sono particolarmente generoso, posso anche concederti un giretto per la scuola. Mi raccomando, la scuola è davvero grande e giuro che non mi arrabbio se il tuo giretto dura a lungo. »
Scoppiammo a ridere tutti, e ci furono perfino alcuni sogghigni da parte dei Serpeverde.
« Io non vado con lei? Anche io ho disturbato la lezione, mi merito anche io una punizione fuori. » osservò Hugo, con finta premura per la lezione che avevamo rovinato.
« Entrambi fuori adesso? » rise Neville. « No, siete troppo giovani per morire. » 
Sorrisi e mi tolsi i guanti, schiarendomi la gola. « Già. Come farebbe senza di noi, prof? » chiesi, percorrendo la serra mentre mi atteggiavo da eroina drammatica.
Mi chiusi la porta alle spalle della serra solamente dopo aver ricevuto tutti gli sguardi su di me, soprattutto quello afflitto di Hugo che avrebbe dovuto subirsi una noiosa lezione di Erbologia mentre io ero fuori a cincischiare. 
Fui fuori dalle serre in un secondo, inspirando l'aria mattutina e allegra di quel giorno. Non avendo una beato cazzo da fare, passeggiai tranquillamente per la scuola godendomi il silenzio innaturale calato nel castello e salutando qualche quadro qua e la. Quel silenzio, però, durò pochissimo. Ad un tratto delle voci familiari si susseguirono una dietro all'altra e io mi rannicchiai velocemente dietro ad una statua, cercando di captare qualcosa della violenta conversazione in corso. Mi resi ben presto conto che le persone che conversavano animatamente erano erano mio padre, lo zio Ron e niente di meno che Draco Malfoy in persona. Erano accompagnati dalla McGranitt e dal professor Brown, cosa che non riuscivo a capire. 
Ma Brown non dovrebbe essere a lezione?
— mi chiesi. 
Poi ci riflettei su e pensai che probabilmente la cosa più strana e assurda di Brown che non era in classe era solamente il fatto che mio padre, Ron e Draco si trovavano lì ad Hogwarts a chiacchierare tra di loro come vecchi compagni di scuola e... aspettate un momento... 
Cosa diavolo ci fanno mio padre e compagnia bella ad Hogwarts?!?!? 
« Secondo me stai sbagliando. » stava dicendo Draco, in tono alquanto categorico. 
« Draco, resta fuori da questa faccenda. » sbottò mio padre, superando la McGranitt e atteggiandosi come se fosse il dio del mondo. E magari credeva sul serio fosse il dio del mondo. « Io sono il capo degli Auror, spetta a me decidere quello che è meglio fare per il nostro paese. Minerva, il tuo ufficio? » aggiunse, rivolgendosi alla Preside. 
« Più avanti. » rispose lei, apparendo stranamente malinconica. 
« Nascondere la verità non ci farà arrivare da nessuna parte! » insistette Draco, con un sbuffo irritato. « Questa situazione l'abbiamo già vissuta e rifletti un secondo sui risultati che ha portato. »
« Era diverso tanti anni fa! » rispose mio padre, più testardo di Draco. 
« Mica molto. » 
« Oh, assurdo. Ron, tu che ne pensi? »
« I-io... » zio Ron pareva alquanto indeciso se dire quel che pensava oppure starsene zitto per non venire Cruciato. « non saprei, davvero. Da una parte Malfo– Draco ha ragione, ma dall'altra parte... non saprei. Sta di fatto che la situazione attuale è decisamente diversa da quella di tanti anni fa, su questo credo che siamo d'accordo tutti. » 
Brown alzò la mano. « Non tutti. » si intromise. « Vedete, io mi ritrovo con il pensiero di Draco qui presente. Se riflettete bene... la situazione non è poi così diversa da quella di tanti anni or sono, ma avevo pensato che, per evitare che scoppiasse il pandemonio, si facesse qualcosa. E quel qualcosa non è nascondere la verità a tutti... »
« Ma è questo che stiamo facendo! » insistette mio padre, voltandosi con foga verso il mio insegnante di Difesa. « Sto evitando che scoppi il pandemonio! »
« Tu stai utilizzando la stessa politica inutile di Caramell! » sbottò Draco, infervorandosi e diventando paonazzo.
Ohhh... colpo basso! Punto per Draco. 
« Non paragonarmi a Caramell, non dimentico quello che mi ha fatto. » 
« Non puoi nascondere la verità alle persone, e lo sai bene! » 
« Ma non è nulla di certo, scateneremo il panico in tutto il paese e soprattutto qui a scuola. » disse papà, autoritario ed esasperato dal dibattito. « Voglio ricordarti che mia figlia si trova qui ad Hogwarts e non oso pensare cosa farebbe se leggesse tutti i giorni la Gazzetta del Profeta con la cronaca esatta di quello che succede. Si metterebbe nei guai, accadrebbe sul serio il pandemonio qui dentro. » 
Oh, beh, in effetti, se la mette così... punto per papà. 
« Giusto! » convenne immediatamente zio Ron, che probabilmente non vedeva l'ora di incolpare Draco di qualcosa. « Mio figlio e sua figlia sono tazza e cucchiaio... cosa pensi che succederebbe? »
Draco fece una sarcastica espressione spaventata. « Cosa possono mai fare due adolescenti? » 
« Non ricordi di chi sono figli, forse? » rispose mio padre. 
Ah-ha, questa è bella! Punto per papà. 
« Capirai! » Draco fece uno sbuffo e scosse il capo, lanciando uno sguardo malevolo al suo acerrimo nemico. « Non hai proprio imparato ad abbassare la cresta, vero, Potter? » 
Sì, sono d'accordo. Punto per Draco. 
« Per l'amor del cielo! » esclamò la McGranitt, esasperata quanto mio padre da quel teatrino che avevano messo su. « Mi sembra di essere ritornati ai tempi in cui litigavate ogni giorno anche per stupidaggini. Qui si fa sul serio! Vi prego di accantonare i vecchi dissapori e di lavorare pacificamente, come il nostro capacissimo Alan Brown sta insegnando a tutti gli studenti della scuola. » 
Brown sorrise. « La ringrazio, Preside. » 
« Ecco il mio ufficio. » disse la Preside, sollevata. « Chiudete la porta e lanciate un incantesimo Muffliato: anche i muri hanno orecchie di questi tempi e tra pochissimo ci sarà anche il cambio dell'ora. Avete urlato abbastanza, ringraziate il cielo che nessuno vi ha sentiti! » ed entrò impettita nella stanza, seguita a ruota da Brown e da mio zio Ron. Mio padre fece per seguirli ma Draco gli prese un braccio, costringendolo ad arretrare.
Il mio cuore batteva all'impazzata... non riuscivo a realizzare di aver appena udito una cosa che sarebbe dovuta essere top secret. Ma che culo grosso quanto una casa che avevo, certe volte! E nonostante la mia posizione scomoda dietro quella statua, ero felice di essere di essere lì in quel momento, a sentire cose che non potevo sentire e a rendermi facile il compito di scoprire che cosa stava succedendo nel nostro paese. Anche se apertamente non avevano detto nulla nello specifico. Ma non osavo lamentarmi.
« Non commettere lo stesso errore di Caramell, Potter. » ribadì per l'ennesima volta Draco, disperato nel tentativo di far capire al compagno di lavoro che per lui stava sbagliando di grosso.
« Sono io che comando qui. » fu la secca risposta di mio padre. « Ci sarà un motivo, non credi? Non sono io che porto un disgustoso tatuaggio sull'avambraccio sinistro, ti voglio ricordare. E per la cronaca: credevo che i tempi in cui ci chiamavamo per cognome erano finiti, Draco. » aggiunse, sottolineando con cura il nome. 
... miseriaccia. Tre a due per papà: Pluffa al centro. 
Mio padre entrò nell'ufficio della Preside, e poco dopo lo raggiunse anche l'ultimo componente. Le voci dei cinque adulti si sentivano ancora, remote, ma ancora si sentivano, fin quando l'incantesimo Muffliato non colpì la porta dell'ufficio e l'unico rumore che riuscii a sentire fu quello del mio respiro affannato.


 
***


« No, Hugo, non hai capito niente. » dissi. « Io li ho visti, erano qui ad Hogwarts! » 
Hugo continuava a guardarmi perplesso, come se fossi una persona con gravi problemi mentali da rinchiudere con urgenza al San Mungo. Ma che aveva tanto da guardare? Non gli stavo mica dicendo una cazzata come ero solita fare molto spesso... anzi, era una cosa di una certa importanza. 
« Parlavano di quello che succede nel paese, discutevano su dire o no la verità a tutti. Ed erano qui ad Hogwarts! » ribadii, sgranando i miei grossi occhioni castani per far capire il concetto a mio cugino, che sembrava ancora confuso. 
« Stai scherzando? » chiese, scettico. « Stai scherzando. Vuoi che rida? Ha-ah. Ecco, ho riso. Sei contenta? Dimmi che stai scherzando adesso! » 
« No. » scossi il capo. « Ma non capisci? »
Restai a meditare per più di venti secondi, secondi che parevano interminabili. Perché potevo anche aver origliato una conversazione importante ma quello non mi impediva di tormentarmi di domande, di avere centinaia di dubbi e incertezze. Quella situazione mi aveva fatta uscire fuori di testa in non meno di venti giorni e, sebbene mi eccitasse avere qualche grandioso mistero da risolvere, la cosa stava diventando sempre più snervante. E se io mi snervavo troppo, era la fine. E io tendevo a snervarmi in fretta. 
« Che cosa dobbiamo fare? » chiese mio cugino, risoluto. 
« Non saprei. » risposi. « Quel che so per certo è che dobbiamo fare di tutto pur di scoprire qualcosa. » aggiunsi, con lo sguardo determinato di chi è pronto ad entrare in azione. 
Hugo annuì e insieme svoltammo velocemente l'angolo del corridoio del secondo piano, scambiandoci un piccolo sguardo d'intesa. In totale distrazione, non notammo per niente la ragazza che quasi ci venne addosso, travolgendoci entrambi: ci trovammo in men che non si dica faccia a faccia con Isabel Zabini, la Serpeverde che era entrata nei sogni erotici di Hugo (e di quasi tutti i ragazzi della scuola) dal primo momento in cui aveva messo la punta del piede ad Hogwarts. Io e Isabel non avevamo un rapporto amichevole, anzi, era ovvio ad entrambe che non ci sopportavamo. Per quanto riguarda Hugo era diverso: lui, sebbene non fosse chissà quanto attraente, aveva un suo fascino ed era riuscito ad entrare nelle grazie della Zabini fin da subito. 
Cosa di cui ancora stentavo a credere.
« Hugo! » esclamò Isabel, sussultando dallo spavento.
Si mise una mano sul cuore e poi si tramutò di nuovo nel pezzo di ghiaccio che era sempre stata: gelida e scostante, come eravamo soliti conoscerla. La sua espressione divenne in un attimo antipatica e indifferente, come se noi fossimo solamente la suola delle sue scarpine.
« Ehi, Isabel! » rispose mio cugino, entrando disgustosamente nella fase di rimorchio. 
« Che ci fate qui? Non avete lezione? » chiese acidamente la Zabini, acconciandosi una ciocca di lunghi capelli castani e sistemandosi la spilla da Caposcuola sul petto. I suoi occhi blu perforarono Hugo e si posarono su di me, per poi tornare su mio cugino. 
« In realtà... » intervenni, con una certa stizza. « stavamo giusto per andare in classe. Sai, la campanella è appena suonata e non ci si può Smaterializzare all'interno del castello. » e feci un sorrisino che di sicuro l'avrebbe irritata.  
La Zabini mi lanciò uno sguardo carico di superiorità, come se non meritassi nemmeno la sua attenzione e come se non valessi neanche un secondo del suo tempo. In un baleno, fui nuovamente indifferente per lei, un fantasma corporeo, avrei osato dire.
E grazie tante! 
Hugo rivolse alla Zabini un radioso sorriso. « Sì, ehm... e prima che andassimo in classe mia cugina doveva proprio andare al bagno. » disse a denti stretti, voltandosi piano verso di me per fissarmi con sguardo eloquente.
Così eloquente che io, con la sfera emotiva di un cucchiaino che avevo ereditato dallo zio Ron, ovviamente non colsi. Scrollai le spalle come per dire che la mia vescica non aveva bisogno di svuotarsi e mi piazzai proprio in mezzo ai due ragazzi, giusto in tempo per fare la guastafeste. Giusto in tempo per mantenere la candela, pardon. Perché il senso della decenza e del romanticismo io proprio non ce l'avevo, come si poteva notare.
« Lily... » insistette mio cugino, sempre a denti stretti, guardandomi con insistenza. « Non dovevi andare al bagno prima delle lezioni? » aggiunse, piuttosto minacciosamente. 
Mi starà forse invitando gentilmente ad andare via? 
Intercettai lo sguardo di Hugo e convenni che, sì, voleva decisamente restare da solo con Isabel. E no, di sicuro non voleva una cugina a tra i piedi mentre tentava inutilmente di rimorchiare quel ghiacciolo della Zabini.  
« Sì. Me ne vado. » sbuffai, e gli voltai le spalle, proseguendo a passo veloce verso il corridoio che conduceva nell'aula di Divinazione. 
Il mio egocentrismo era sempre più evidente ogni giorno che passava, ma odiavo venire liquidata come se niente fosse, come se fossi insignificante. Così, dopo quello spiacevole inconveniente in cui mi ero sentita tagliata completamente fuori, mi misi a camminare impettita per tutto il corridoio, sbattendo i piedi, fin quando non svoltai l'ennesimo angolo del castello e intravidi Lysander Scamander che camminava da solo e con passo lento da marcia funebre. Il mio primo pensiero fu chiamarlo... poi iniziarono i dubbi. 
Lo chiamo?
— mi chiesi. 
No... così farai la figura della stalker e/o del maniaco sessuale, lascia perdere!
 mi rispose una vocina dispettosa e irritante nella mia testa. 
Intanto, cercavo di fare meno rumore possibile. Un miracolo, in poche parole. 
Lo chiamo? 
E se poi ti crede davvero una stalker e/o un maniaco sessuale? 
intervenne di nuovo quella vocina che io avrei volentieri soppresso. 
Non sapevo che fare, sembravo imbambolata. All'improvviso, come tutti i colpi di genio che possano mai avere le persone di un certo spessore, mi venne l'illuminazione.
... fanculo, lo chiamo. 
« Lysaaaaaaaander! » gridai, con la delicatezza uno scaricatore di porto. 
Lysander si fermò di botto e si voltò, sorridendomi una volta intercettata. « Ehi! Non ti avevo proprio sentita arrivare. » disse, con quel suo solito tono calmo e gentile. 
« Cos...? » 
Sono riuscita davvero a non farmi sentire?!
« Oh sì... sì, ho un passo molto felpato. » mi giustificai, annuendo in conferma delle mie falsissime parole. 
Lysander inarcò le sopracciglia, scettico. 
« Alla fine hai dato a Neville il suo innaffiatoio? » volle sapere, mentre lo raggiungevo.
« Sì. » ridacchiai. « Gli serviva sul serio! »
« L'aveva detto lui quando ti ha cacciata dalla classe. » ci tenne a precisare il biondino, sorridendo. « Ehm... hai letto il cartello affisso in bacheca? » aggiunse, con una strana espressione che non riuscii a capire. 
« No. » risposi, guardandolo fisso fisso negli occhi. « No. Non devo averlo notato quando sono salita alla Torre. » 
« Era l'avviso della gita ad Hogsmeade prefissata per domani, prima di Halloween. » disse Lysander. « E mi chiedevo se... »
« Lysander, tesoro! » 
Una voce squillante e fastidiosa interruppe quella che sarebbe stata la rivelazione dell'anno e io sbuffai fin troppo rumorosamente, alzando gli occhi al cielo e imprecando tra me e me contro Cassandra-sono-una-cogliona-Smith. 
Che cosa stava per dirmi il biondino prima che Cassandra non sbucasse fuori come un incubo durante un bel sogno?
« Cassandra, ciao, stavamo giusto andando in classe. » la anticipò Lysander, dato che la sua carissima e intimissima amichetta era il Caposcuola di Corvonero. 
Lei lo abbracciò (leggete: saltare addosso) e gli diede un grosso bacio sulla guancia, lasciandogli una macchia di disgustoso rossetto rosa sulla pelle chiara, cosa che lui non parve affatto gradire come avevo potuto notare.
« Non ero venuta qui per rimproverarti. Come potrei? » Cassandra sorrise e fece l'occhiolino a Lysander, cosa che io non trovai per niente divertente. Mi rifilò un'occhiata dispettosa, e continuò: « Senti, tesoro... hai letto il cartello affisso in bacheca? »
Lysander fece una stranissima espressione e tossì. « Sì... ehm... l'ho appena letto. »
« Gita ad Hogsmeade prima di Halloween, ah! Non chiedevo di meglio. Ci andiamo insieme, vero? Come abbiamo sempre fatto. » ribatté Cassandra soddisfatta, alzando un sopracciglio nella mia direzione e sottolineando l'ultima frase. 
Sbuffai per l'ennesima volta, assumendo una disgustata smorfia. Se proprio dovevano darsi appuntamento per andare ad Hogsmeade insieme, COME AVEVANO SEMPRE FATTO, potevano benissimo non farlo davanti a me. E, per l'amor di Merlino sceso in terra, che cavolo doveva dirmi quello Scamander dei miei stivali? E io che mi ero già raffigurata lui che mi chiedeva di andare al villaggio insieme. E invece ci voleva andare con la Smith, come aveva sempre fatto! Forse dovevo finirla di creare castelli in aria.
Morgana santissima, perché devo sempre mantenere la candela? 
« Ehm... direi che si è fatto davvero tardi! » saltai su, con quel tono di voce acutissimo che era sempre lì a sottolineare la mia mancanza di sanità mentale. Rivolsi un sorrisino stiracchiato ad entrambi i ragazzi e mossi le cinque dita, in segno di saluto. « Addio! » e corsi via, non prima di avere una visuale della faccia scioccata di Lysander e di quella soddisfatta della Smith. 
Si può essere più scemi e porta candele di me?! Nossignore! 
Arrivai sulla Torre Nord in cinque minuti scarsi talmente che avevo corso per mettere debita distanza tra me e la coppietta dell'anno e spalancai la botola dell'asfissiante aula di Divinazione, facendo un gran baccano. La professoressa Cooman si stava sistemando gli innumerevoli scialli e non appena mi vide socchiuse gli occhi e produsse degli strani suoni, spaventando il resto della classe, come se fosse andata in una strana trance. 
« Ohhhhhh... mia cara! » disse in saluto, sgranando poi gli occhi, che parevano giganteschi a causa degli grossi e spessi occhialoni che portava. « Stavo giusto dando uno sguardo alle carte prima che entrassi... e indovina? “Una giovane coi capelli rossi per sempre via andrà, quando il solstizio d'estate sulla Terra cadrà” e la giovane coi capelli rossi, non ho dubbi, sei proprio tu, mia cara! »
Credulona come ero e se la professoressa Cooman non mi avesse predetto la morte ogni giorno, avrei certamente rischiato l'infarto. Ma siccome la Cooman, con il desiderio di somigliare ad una Veggente di alto rango tipo l'Oracolo di Delfi, si metteva a sparare profezie insensate una dietro all'altra da tipo anni e secoli se non millenni, non mi spaventò e non spaventò nemmeno la maggior parte della classe.
Ricordo ancora gli incubi che avevo avuto quando durante la prima lezione mi disse che probabilmente sarei morta di una morte lenta e io, influenzata dalle sue parole e influenzata dall'epidemia di febbre e raffreddore che aveva colpito tutti gli studenti del castello, ci avevo creduto, scrivendo un milione di lettere di addio ai miei cari e gettandomi nel melodramma e nel tormento paranoico più assoluto. Ricordo ancora le parolacce bruttissime che Hugo mi riservava perché lui, come mia zia Hermione, detestava a morte la Cooman e non aveva mai creduto alle fandonie che sparava. Oh, non avrei dimenticato facilmente gli incubi che passai a causa di quella pipistrella! 
« Esilarante. » mi complimentai, inespressiva. « Ora posso andare a posto? » 
La Cooman mi lanciò uno sguardo che sembrava una specie di ammonizione e continuò a fissarmi insistentemente per tutto il tragitto che impiegai a trovare posto. 
« Ti va se mi siedo qui? » chiesi all'indirizzo di Edgar, il mio borbottante compagno di classe. 
Edgar fece un risolino. « Certo. » disse, facendomi spazio mentre io sprofondavo sul pouf e mi gettavo con la testa sul tavolino di legno, mettendo in chiaro una cosa: non era una buona giornata.
« Nervosetta? » Edgar fece un altro snervante risolino. 
« Tu che dici? » scandii, non curandomi di alzare la testa dal tavolino. 
L'ennesimo risolino del ragazzo non fece che accrescere il mio malumore e io soppressi con forza l'istinto di prendere a schiaffi quella faccia da pesce lesso che si ritrovava. Dopo nemmeno un minuto, entrarono velocemente dalla botola le due persone che avevo meno voglia di vedere quella giornata, Hugo e Lysander, che presero posto vicini una volta constatato che io mi ero seduta accanto a Edgar, lontanissima anni luce da loro. 
Entrambi si unirono in fretta alla Cooman nel non simpatico giochetto Guardiamo Tutti Lily Luna Potter e, chissà come mai, sospettavo che quella lezione sarebbe stata un vero e proprio disastro in assoluto. 
Sospirai. « Sai una cosa, Edgar? » chiesi, guardando il mio momentaneo compagno di tavolino e sporgendomi sopra alla sua tazzina da the per afferrare la zuccheriera e versare tutto il suo contenuto nella mia tazzina blu. 
Edgar mi puntò addosso i suoi grandi occhi da pesce. « Cosa devo sapere? »
« Dato che siamo in tema Divinazione, sento che questa lezione si concluderà con una catastrofica crisi di nervi. Ovviamente da parte mia. »
Edgar mi fissò come se fossi una pazza. 
« Io questo non lo direi alla Cooman. » dichiarò, con saggezza. 


 
***


La gita ad Hogsmeade arrivò più in fretta del previsto, come una folata di vento in pieno inverno, e i ragazzi di Hogwarts si incappucciarono per benino, sfidando la neve e il gelo per uscire finalmente a godersi il weekend. Io e Hugo ci andavamo insieme, decidendo di non unirci (in un primo momento) a Fred, Louis e Frank per poter essere pronti a spiare quei professori che avevano deciso di godersi un fine settimana al villaggio, lontano dagli studenti. Le mission impossible 007 mi avevano sempre affascinata, se non si fosse capito. 
Alice Paciock aveva preferito restare al castello davanti al camino con un buon libro e Dominique aveva rifiutato il mio invito di uscire insieme a prendere una boccata d'aria fresca, borbottando che doveva andarci con un ragazzo. E, cosa stranissima, non mi aveva detto con chi. 
Ma Dominique era l'ultima dei miei problemi in quel momento. 
« ... ovviamente Edgar non faceva altro che ridacchiare e innervosirmi ma... » 
« E come mai ce l'avevi tanto con me? » mi interruppe Hugo, aggrappandosi ad un pilastro per non scivolare a terra a causa del ghiaccio che si era venuto a creare dall'ultima violenta nevicata. 
Lo colpii ad un braccio, facendogli quasi perdere quel poco di equilibrio che aveva. « Perchè » sillabai, e lo colpii nuovamente. « ti stavo dicendo » e gli diedi un altro potente colpo nelle zone basse. « una cosa importantissima » gli pestai un piede, facendolo gemere dal fastidio. « e tu mi mandi via per la Zabini?! » lo spinsi via sul terreno ghiacciato, marciando verso il suo corpo sfortunatamente illeso. 
Che infido voltagabbana di cugino che ho!
« Sei impazzita... » mormorò debolmente mio cugino, avvolgendosi la sciarpa attorno al collo e ringraziando il suo grosso cappotto di lana per aver attutito i miei colpi. « Sei impazzita. » affermò, senza neanche la nota di dubbio. 
« Dovevi invitare la Zabini ad uscire. » cinguettai, acidamente. 
« Non ho trovato un momento giusto per invitarla. E poi... avrebbe accettato? » mi domandò, così ingenuamente che mi venne voglia di rovinare il suo momento di illusione. 
« No. » risposi, dispettosissima. « Decisamente no. » 
« Sei proprio stronza. » Hugo mi fece una smorfia di profondo disgusto e sbuffò. « E sei anche pazza. »
« Siete voi che mi fate impazzire. » sbottai, guardandomi intorno con circospezione e frugando nelle tasche interne del mio giubbotto di pelle per trovare la cosiddetta Mappa del Malandrino, che aveva segnato la storia. 
« A chi altri ti riferisci? » mio cugino cominciò ad alzare ripetutamente le sopracciglia, in un gesto che stava a significare tutto fuorché la benevolenza. 
Lo odio quando fa così. 
« A nessuno in particolare! » risposi in fretta, sfoderando anche la bacchetta. « Non volevo che ti sentissi speciale perché ti avevo dato tutta la colpa del mio malumore. Tutto qui. »
Hugo fece un grugnito scettico, ma lo ignorai.
« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni! » sussurrai.
La Mappa del Malandrino che avevo ricevuto in regalo da mio fratello James, che a sua volta l'aveva rubata dallo studio di mio padre, si coprì in un secondo di inchiostro nero in movimento. Non trovai il mio puntino e quello di mio cugino perché eravamo già fuori al territorio di Hogwarts ma in compenso gli insegnanti non erano nella Sala Grande o nei loro uffici, cosa che mi illuminò di speranza. 
« Beh, devono essere tutti quanti qui ad Hogsmeade, no? » fece Hugo vivacemente, speranzoso quanto me. « Chiudi quella cosa: sono guai seri se qualcuno passa di qui. »
« Fatto il Misfatto! » dissi, posando la Mappa nella grande tasca del mio giubbotto. « Forza, andiamo... dobbiamo perlustrare ogni locale della zona. » aggiunsi.
Fummo ad Hogsmeade in un baleno. Come avevo proposto, io e mio cugino perlustrammo ogni locale di quella zona e facemmo giri immensi per cercare di beccare qualche gruppetto di insegnanti che mentre beveva Burrobirra si lasciava scappare qualcosa di interessante ad alta voce. Ma niente. Alla fine concludemmo davvero poco o niente: dei professori non vi era alcuna traccia. Era come se si fossero volatilizzati...
Ma dove diavolo sono finiti tutti?
« Non ci posso credere, non ci posso credere! » si stava lamentando Hugo, con la voce ridotta ad un sibilo irritato nelle mie orecchie mentre marciava verso il bancone dei Tre Manici di Scopa. « Ma questi professori non hanno una vita sociale? Non escono nel weekend? Avevamo ragione! Gli insegnanti sono esseri odiosi e ripugnanti capaci solamente di crogiolarsi in un bagno di strafottenza e presunzione! » 
Io, che non avevo né la voglia né la benché minima forza di protestare o fare qualunque altra cosa che non fosse schioccare le dita al bancone per chiamare Madama Rosmerta, mi limitai ad annuire stancamente. 
« Arrivo subito! » disse Rosmerta, asciugandosi le mani su un piccolo straccio. 
Fissai Rosmerta sbrigare alcune faccende al bancone e mi avvicinai al viso di Hugo. « Senti, non è possibile che fossero ad Hogwarts. Ricordi cosa ha detto James? La Mappa non mente mai. »
« Ma se non sono ad Hogwarts e non sono ad Hogsmeade... dove sono? » 
Feci per dire qualcosa, ma proprio in quel momento Madama Rosmerta si avvicinò a noi e ci salutò con calore: eravamo conosciuti molto anche nei Tre Manici di Scopa. Rosmerta era una cinquantenne molto bella e si vedeva lontano un miglio che da giovane aveva fatto strage di cuori. Anche perché continuava a fare strage di cuori con tutti gli studenti che venivano di proposito ai Tre Manici di Scopa per lei. Per non parlare degli insegnanti single.
« Allora, che cosa vi porto? » chiese la donna, con un largo sorriso. 
« Due Burrobirre. » ordinai. 
« E qualcosa di sostanzioso da mangiare. » aggiunse Hugo, tamburellando con le dita sul bancone. 
« Sedetevi ad un tavolo che arrivo subito. » disse Rosmerta, e sparì. 
Rimasi al bancone a fissare il vuoto di fronte a me, notando solo dopo essermi ripresa dalla trance di un ragazzo grasso e goffissimo di Tassorosso che fissava me e mio cugino come se fossimo un delizioso dessert al cioccolato. Fu probabilmente quell'incontro a smuovermi dal bancone per correre a trovare un tavolo libero, possibilmente lontano dal ciccione affamato.
Facemmo slalom tra la folla di studenti e intercettammo in un tavolo lontanissimo dalla porta Fred, Louis e Frank, che ridevano e scherzavano non sapendo per niente che anche noi eravamo lì dentro. 
« Si stanno divertendo senza di noi quei tre zozzoni. » disse Hugo ilare, agitando la mano per farsi riconoscere dai tre ragazzi. « Andiamo a sederci con loro? » 
Annuii con vigore e seguii mio cugino. Ad un tratto, con la coda dell'occhio, vidi una cascata di capelli lunghissimi rosso chiaro/biondo ramato e mi fermai di botto: mia cugina Dominique era l'unica a scuola a portare capelli del genere. 
E infatti, voltandomi pian pianino, vidi che Dominique sedeva da sola ad un tavolo lì accanto, coperta da sguardi indiscreti da una grossa e massiccia colonna di legno. E la cosa più strana non era il fatto che mia cugina si fosse nascosta dietro ad una colonna per non essere vista, piuttosto il fatto che fosse davvero sola. 
« Hugo, ma quella non... » mi voltai nella direzione che stavo percorrendo, constatando che Hugo si era appena unito a Fred, Louis e Frank, non notando per niente Dominique. « Merlino, aiutalo tu! » e marciai verso mia cugina. 
Non appena mi vide, Dominique assunse un'espressione allarmata. 
« Anche io sono felice che tu sia qui, Domi. » la salutai, con abbondanza di sarcasmo. « Mi hai riconosciuta, vero? Sembra che hai visto un fantasma. »
Domi sbatté velocemente le palpebre, assumendo il contegno e il controllo di sempre. « Certo che ti ho riconosciuta, sciocca. » ribatté. « E i tuoi capelli sono spaventosi. »
E lei mi fa l'espressione più cagata sotto del mondo per i miei capelli?! 
Cercai di aggiustarli, ma rinunciai: i miei capelli erano indomabili. Feci per sedermi nel posto libero di fronte a mia cugina ma Dominique diede uno strilletto, facendo oltretutto voltare mezzo locale, e mi strattonò via, facendomi oltretutto cadere con la faccia sul bancone. Il bicchiere di mia cugina barcollò tintinnando e cadde, rovesciando quel poco di Burrobirra che era rimasta sui suoi vestiti firmati. Facendo oltretutto voltare l'altra metà del locale. 
Ma cosa diavolo...?! 
Dominique fece un sorrisino stiracchiato, picchiettandosi meccanicamente con un tovagliolino la macchia giallastra che aveva lasciato la Burrobirra sui suoi vestiti. 
La folla continuava a guardarci come se fossimo delle psicopatiche. 
« Che avete da guardare? » mi rivolsi all'intero locale, con tutta la nonchalance che può avere una ragazza che è appena stata gettata con la testa sul bancone dalla cugina senza un motivo. « Movimentiamo il locale! » 
La folla stette a guardarmi ancora per qualche secondo convinta di chiamare qualche Medimago per portarmi nel tanto famoso reparto psichiatrico del San Mungo, e io sentii di voler evaporare dai Tre Manici di Scopa. Fortunatamente, ogni studente ritornò presto alle proprie occupazioni. 
Sbuffai, irritata. « Domi. » dissi, a denti stretti per non farmi sentire da nessuno. « Potrei sapere che diavolo ti prende? E... perché continui a guardare quel muro? » 
Mi voltai a guardare anche io il muro ma non lo trovai interessante quanto una cugina apparentemente ammattita e strana. 
Ma sono impazziti tutti, qui!
« Ti senti bene? » chiesi, abbassando la voce. 
« Sì! » rispose mia cugina, frettolosamente. « Sì, benissimo. Forse dovrei andare via, che giornataccia. » e si alzò, prendendo dalla sedia il pesante cappotto viola alla moda. 
« Ma sei da sola? » chiesi, sconcertata al massimo. 
Mia cugina si prese del tempo prima di rispondere.
« Sì. » annuì. « Da sola. Beh... io me ne vado... sì... ci vediamo! » e saltellando sui suoi tacchi orribilmente alti, uscì precipitosamente dal locale. 
Rimasi di stucco a fissare la porta dei Tre Manici di Scopa, feci un versetto come per dire che la mia famiglia era decisamente poco normale e percorsi i vari tavolini per unirmi ai quattro ragazzi, che avevano seguito la scena pietrificati dallo sconcerto. 
« Ma che cazzo è successo? » chiese Hugo, con una finezza impagabile. 
Scossi il capo: non sapevo neanche io che cosa fosse successo. 
« Non ha voluto unirsi a voi? » chiesi, prendendo posto di fronte a Frank. 
« Siamo arrivati poco prima che arrivaste voi. » rispose Louis, fissando dal grosso finestrone al lato la sorella che si allontanava dai Tre Manici di Scopa. « Le abbiamo chiesto di sedersi con noi ma ha preferito restare lì per finire la sua Burrobirra. Ha detto che stava andando via... » 
« Forse aveva un appuntamento con qualcuno e lui non si è fatto vivo. » suggerì Frank, con buonsenso. « Per questo era così nervosa e turbata e... strana. » 
« Ma sì! » convenne subito Hugo, annuendo in direzione di Frank. « Di sicuro qualcuno le ha dato buca. E lei non è di certo abituata a farsi dare buca da qualcuno, dico bene? »
Rimasi in silenzio, rimuginando su quanto accaduto e sull'ipotesi di Frank. Quella poteva essere una buona spiegazione a quello che era appena accaduto ma, diciamocelo chiaramente, chi diavolo avrebbe dato buca a ad una mezza Veela splendida come mia cugina? Insomma, si trattava di Dominique Weasley! Alcuni avrebbero addirittura pagato per avere un appuntamento con lei e il tizio che ne ha l'occasione le dà buca? A meno che non fosse omosessuale... l'ipotesi di Frank era del tutto errata. 
Preferii stare in silenzio.
A rompere il silenzio fu Fred, che aveva ridacchiato. « Bellissima caduta sul bancone, Lily. » disse, con ammirazione. « Davvero, hai un dono per le cadute in stile. » 
I ragazzi scoppiarono a ridere e anche io mi lasciai scappare un sorrisino. 
« Grazie. Lo prendo come un complimento. » feci una smorfia a mio cugino e fissai la Burrobirra che Rosmerta ci aveva portato. « Allora, brindiamo a questa strana giornata? » 
Che mi piaceva o no, avevo un altro mistero da risolvere. 


 
***
 

Quando tornai al castello dopo quella stranissima gita ad Hogsmeade, puntai dritto verso il dormitorio femminile del settimo anno di Corvonero (facendomi aprire la porta da una gentilissima bimba del primo anno), sicura che Dominique si trovasse lì dentro. Aprii la porta della camera e trovai mia cugina che gironzolava per la stanza sfoggiando il suo push-up blu cobalto e il perizoma in tinta. 
« Domi! » esclamai. Possibile che quando andavo a trovare mia cugina in stanza fosse sempre così impresentabile? « Sei completamente nuda! »
« La cosa ti sconvolge? » chiese mia cugina, alzando appena lo sguardo su di me in modo indifferente.
Non aveva battuto ciglio quando io avevo spalancato la porta della sua stanza senza neanche bussare e probabilmente se fosse entrato un maschio avrebbe sortito lo stesso effetto. 
Sospirai, sprofondando su un letto lì accanto. Dominique mi fissò un attimo, poi continuò a guardarsi allo specchio come se niente e nessuno avesse interrotto le sue attività di bellezza. 
« Lis... qualcosa ti turba? » mi chiese, infine, sedendosi accanto a me e accarezzandomi i capelli come se fosse la mia mammina premurosa. 
« No. » risposi, cercando di pensare il meno possibile a Lysander. 
Non l'avevo neanche incrociato ad Hogsmeade, nemmeno per sbaglio. Magari era nel pub di Madama Piediburro a pomiciare con quella Smith...
« Tu piuttosto, che diavolo hai combinato? » ribattei, con foga. 
« Io? Niente! » rispose Dominique evasiva, alzandosi di scatto dal letto. « Dovevo andare via, ho avuto un appuntamento romantico. » 
« Si può sapere con chi? »
« Non lo conosci, Lily. » mi liquidò in fretta, trotterellando nella stanza in cerca dei suoi vestiti. 
« Spara. Magari lo conosco. » insistetti. 
« Sono sicura di no. » tagliò corto Domi. « Mi passi quel completino intimo di pizzo? Ho voglia di portare il rosa confetto oggi. » 
Obbedii esasperata e glielo lanciai. « Conosco un sacco di persone, posso darti qualche dritta se lo conosco. » 
« Tu che dai dritte a me? » rise Domi, che aveva afferrato col mignolo il completino.  
« Beh, se lo conosco meglio di te posso aiutarti! » mi giustificai, sbuffando dalla superbia utilizzata da mia cugina. « E come mai tu sei così ambigua e misteriosa? Di solito non vedi l'ora di raccontarmi tutti i dettagli dei tuoi appuntamenti romantici. »
« Mi passi quel beauty case? » cambiò discorso mia cugina, ignorandomi semplicemente.
Senza alcuna voglia, glielo porsi con stizza. « Certo che quando fai così sei proprio stronza. » 
Dominique mi sorrise come se le avessi fatto un complimento. « Piuttosto che ficcare il naso in affari che non ti riguardano, pensa ai tuoi: il tuo Scamander era ad Hogsmeade con quella vacca totale della Smith. E non va per niente bene. »
« Che vuoi che me ne importi? » ribattei, mentre la mia mente si riempiva di immagini suicida che comprendevano l'uccisione a pezzettini di Cassandra Smith. 
Dominique si fece un'altra piccola risatina e mosse il dito in mia direzione, come per ammonirmi. 
« Pensa a rimarcare il tuo territorio. »

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Capitolo 6
*** This is Halloween. ***


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This is Halloween. 

La gelosia è una cosa orribile. Capita quando meno te lo aspetti, come una brutta sorpresa di compleanno o come un borsaiolo appostato dietro l'angolo per rubarti perfino le ossa. Alcune persone potrebbero dire con convinzione che la gelosia è una bella cosa, perché ti fa capire che qualcuno ci tiene a te e te lo dimostra. 
Beh, io non la pensavo affatto così. 
Sta di fatto che, quando dopo la fatidica gita ad Hogsmeade la gelosia venne ad incasinare ulteriormente la mia vita, ignorai Lysander Scamander come se la merda in confronto a lui fosse Elisabetta di Inghilterra. Un cambiamento radicale per una che ha stretto una specie di muto accordo con il ragazzo per ottenere di nuovo l'amicizia perduta. E io volevo davvero riottenere la sua amicizia. Ma ero così arrabbiata con Lysander che l'avrei volentieri mandato a cagare senza troppe spiegazioni.
Ovviamente, lungi da me il pensiero che quella strana lunaticità e il turbamento e l'istinto omicida che nutrivo nei confronti di quel ragazzo erano stati provocati da quella robaccia odiosa chiamata orribilmente: gelosia. 
« Davvero vuoi portare la Pozione Sbronzante alla festa di stasera? » stava sussurrando Hugo mentre Brown continuava a parlottare e fare battute che, se il mio malumore fosse stato inesistente, avrei trovato divertenti.
Grugnii in cenno di assenso. 
« Bene! » approvò mio cugino con estrema vivacità. « Bisogna di certo movimentare la serata. Indovina chi hanno invitato? Quei tipi del sesto anno di Tassorosso che non si divertono neanche con un incantesimo Imperio. Sarebbe carino sbronzare loro, no? »
Feci un altro grugnito che comunemente mio cugino poteva interpretare come un sì. 
« Ma che hai? » mi chiese Hugo, assestandomi una gomitata sul braccio. « Hai attaccato di nuovo briga con il professor Coleman e lui ti ha minacciata di fartela pagare cara? » 
« Coleman è l'ultimo dei miei problemi. » risposi, seccamente. 
Hugo mi fissò intesamente, come se stesse per valutare l'opzione di rinchiudermi in un manicomio per psicopatici e malati. Ma mio cugno era il penultimo dei miei problemi in quel momento. La lotta interiore dentro di me sembrava quasi non aver fine: volevo disperatamente che Lysander mi parlasse, mi guardasse o facesse qualunque cosa a parte ignorarmi, ma contemporaneamente volevo che stesse lontano da me anni luce. 
Bei casini che combino, davvero, complimenti a me. 
Sbuffai senza un motivo apparente e mi misi in ascolto, distogliendo lo sguardo da una nuca biondastra di mia particolare (per sfortuna) conoscenza. 
« Ragazzi. » esordì Brown, smettendo di fare battute e richiamandoci tutti all'ordine. « Vi farà piacere sapere che ho finalmente corretto i vostri test. Una parola: metafisici. » aggiunse sorridendo, catturando l'attenzione della classe al completo. 
Molti ridacchiarono; alcuni Corvonero sussurrarono ai loro compagni cose come “spero che il mio test sia andato bene” e ansietà simili, che sicuramente tutti noi potevamo aspettarci da tipi come loro. 
I Corvonero sono persone estremamente spregevoli – pensai, tenendo gli occhi piantati esclusivamente sulla nuca di Lysander.
Non a caso. 
Ovviamente, se lui continuava ad ignorarmi in quel modo così idiota non potevo far altro che prendermela con la sua intera categoria... no? Mi sembrava una scelta alquanto intelligente da parte mia. Oppure un modo molto stupido per attirare l'attenzione del biondino in questione. 
« Come sono andati i test, professore? » chiese Lorcan con tono ansioso, iniziando a tremare e a congiungere le mani in segno di preghiera.
Brown fece un colpetto di tosse, mentre brandiva i test e consegnava il primo foglio a Simon Zabini.  
« Alcuni sono andati proprio niente male. » rispose il professore, con soddisfazione. « Altri... beh, mi avvalgo della facoltà di non rispondere. » 
Ringrazio il cielo che questo test non fa media coi voti precedenti. 
Il professor Brown continuò a camminare per l'aula consegnando test e commentandoli. Edgar era così impaurito che tremava come un chihuahua sul punto di fare pipì ma il professore placò in fretta la sua paura consegnandogli il test con una grossa A rossa in cima al foglio. 
Edgar lesse il suo voto e fece un lungo sospiro sollevato. Justin Smith fece una smorfia, con quella faccia così identica a quella della sorella che quasi mi salì l'istinto omicida solamente a guardarla. 
« Quanto hai preso? » chiese ad Ed, sottovoce. 
« Accettabile. » 
« Solo Accettabile? » 
Ma ride bene chi ride ultimo. Fatto sta che, dopo che Justin Smith aveva bellamente preso in giro la sufficientissima A di Edgar (manco fosse un Troll, Merlino santissimo!), dovette per forza scavarsi la fossa da solo per quello che lui aveva ricevuto: uno Scadente. Il voto di Smith fu la notizia più bella della giornata di Lorcan Scamander che con la sua O rossa coronava il tutto. Fu il primo della classe ad aver ricevuto un voto così alto e ne fu veramente felice. Felice di aver battuto Smith, soprattutto, che con la sua sinuosa S stava quasi per piangere il morto. 
« Oh, che bello! » stava festeggiando Lorcan, facendo attenzione a farsi sentire dal suo acerrimo nemico e da tutta la classe. « Oltre Ogni Previsione. Niente male, vero? Insomma, mi sarebbe piaciuto ottenere un Eccezionale come al solito ma... » 
« Merlino, fallo tacere. » mormorò Hugo, che era calato nell'esasperazione più totale. 
Io, che ero appoggiata sul mio pugno chiuso e avevo la guancia praticamente negli occhi, feci uno sbuffo. 
« Immaginavo che Lorcan avrebbe reagito così una volta saputo il suo voto. » borbottai, tra i denti. « La sua reazione non è decisamente Oltre Ogni Previsione. » 
Mio cugino rise, afferrando al volo il test che Brown gli porgeva. 
« Hugo, se non ti uccidono i tuoi compagni, ti uccido io. » commentò il professore, scompigliandogli i capelli con un gesto amichevole. 
Hugo assunse un'espressione smarrita e diede un'occhiata al suo voto. 
« Ma prof! » esclamò, spalancando la bocca e inarcando entrambe le sopracciglia. « Mi ha messo una D? Che sta per... Desolante? » 
« Risposta esatta. » 
« Non vale! »
« Desolato, mister Desolante. » disse Brown in tono di scusa, facendo ridere a crepapelle la classe. E a malincuore anche me, anche se volevo a tutti i costi tenere alto il mio malumore. « La prossima volta mi aspetto di meglio da te. Capito? »
« Sissignore. » sorrise Hugo, per niente turbato dal voto ricevuto. 
Brown ridacchiò e fece un cenno col capo a me e Lysander, gli unici a non aver ancora ricevuto il test. Tutti i ragazzi della classe sembravano all'erta, curiosi di sapere come eravamo andati e, soprattutto, di sapere nel dettaglio il voto che avevamo ricevuto. 
« Complimenti ad entrambi, ragazzi. » Brown ci consegnò i test con un sorriso fiero. 
Afferrai il foglio, con Hugo che mi alitava pesantemente sul collo per vedere il voto che avevo ricevuto, e lo voltai pian piano, mettendo il mostra -con mia grandissima sorpresa- una grande E rossa sottolineata per ben tre volte. 
Eccezionale. 
« Eccezionale? » sgranai gli occhi. 
« Eccezionale? » fece eco mio cugino, spalancando nuovamente la bocca. 
« Eccezionale? » strepitò Lorcan con una vocina acuta e penetrante, voltandosi per guardarmi e alternando gli occhi da me e al fratello gemello con un certo sconcerto. « Hai preso Eccezionale? » si rivolse a me, troppo sconvolto per dire altro.
« Sì. » risposi, con tono di sfida. 
Anche Lysander si voltò indietro e io ebbi una fugace visione del suo test: anche lui, come me, aveva preso Eccezionale. 
« Come può essere possibile che avete preso entrambi una E? » insistette Lorcan, confuso. 
« Anche lei ha preso una E? » chiese Lysander stranito, rivolgendomi per la prima volta la parola da quando avevamo messo tutti e due il piede nella classe. 
Ovviamente, non gli risposi (il suo gigantesco ego doveva essere parecchio invidioso del mio voto) e continuai a squadrare Lorcan, con lo stomaco che stava ribollendo di qualcosa che non avevo idea di cosa fosse. E forse era meglio che continuassi a non saperlo. 
Sperava di essere l'unico a prendere Eccezionale, eh? Che secchione di merda.
« Certo che ha preso una E! » si intromise Hugo, afferrando il mio test e sbandierandolo davanti agli occhi di tutta la classe e davanti agli occhi invidiosi di Lorcan e Smith. « Avete capito la piccola Potter, eh? Tutto culo, ragazzi! »
« Hugo! » lo ammonì Brown divertito, che era seduto dietro alla cattedra per riordinare distrattamente le sue scartoffie. 
« Ma è verissimo, prof! Non è bravura, è tutto cu... » 
« Davvero affascinante. » lo interruppe l'insegnante, abbassando il capo per scrivere chissà cosa sul registro di classe con un sorrisetto sulle labbra. 
« Merlino santissimo... » continuava a borbottare Lorcan, verde di invidia, osservando attentamente il test del gemello come se non credesse ai suoi occhi. « Ma... ma... come avete fatto? Qui ci deve essere uno spiacevole equivoco! » 
Lysander gli intimò di tacere ed entrambi si voltarono in avanti, con Lorcan che ancora aveva da ridire sugli unici due Eccezionale della classe. Justin Smith era semplicemente allibito per parlare, e forse era meglio così: nessuno avrebbe sopportato anche lui in quella situazione.  
« Ragazzi, ascoltatemi. » intervenne Brown, alzandosi dalla cattedra e richiamando l'attenzione di tutti. « Invece di commentare i voti altrui che, come ho detto, non servono a nulla, voltate il vostro test e soffermatevi a leggere il commento che vi ho scritto. »
Ci fu un fruscio contemporaneo di fogli e solo quando voltai il mio mi accorsi che Brown aveva riservato a tutti noi un breve commento sul nostro lavoro, un commento scritto in base alle risposte che avevamo dato. 
Guardandomi in giro per assicurarmi che nessuno spiasse, lessi la mia dedica: 

"Riesci a cavartela in quasi tutte le situazioni e in quasi tutte le situazione riesci a trovare delle soluzioni folli ma convincenti, che comprendono sia la magia, sia l'utilizzo del combattimento alla Babbana. Le pecche che ho trovato sono le seguenti: a volte pensi troppo e il più delle volte sei impulsiva e segui l'istinto. Cerca di trovare il giusto equilibrio: non sei un eroe che deve salvare il mondo. E bada bene: tu e tuo padre siete due persone differenti."

Alzai lentamente lo sguardo dal commento, stringendo i pugni, e lanciai uno sguardo astioso al mio insegnante. Dovevo assolutamente nascondere il fastidio che l'ultima frase mi aveva provocato, non potevo stare al gioco di quelli che mi circondavano. Dovevo essere indifferente, non doveva importarmi di quello stupido commento e del riferimento che Brown aveva fatto a mio padre. 
E così... non posso essere un eroe, eh? 
Sapevo benissimo che io e mio padre eravamo due persone differenti, non avevo alcuna intenzione di imitarlo e non c'era affatto bisogno che il mio adorabile insegnante lo sottolineasse. 
Figurarsi! – pensai. – Lungi da me imitare quel grande e glorioso eroe del mio paparino.
Hugo finì di leggere il suo commento e si sporse sulla mia spalla per dare un'occhiata al mio. Ovviamente, lo lasciai fare.
« "Tu e tuo padre siete due persone differenti." » lesse Hugo sottovoce, fissandomi come se si aspettasse che scoppiassi in una scenata irata. Continuò a guardarmi intensamente, attendendo, e infine aggiunse: « Ehm... non sei arrabbiata? »
« No. » mentii, facendo un falsissimo sorriso. « So benissimo che io e mio padre siamo due persone differenti, non desidererei per nemmeno tutto l'oro del mondo essere come lui. » 
Mio cugino fu parecchio spaventato da quella mia reazione fintamente tranquilla, più spaventato di quanto non fosse stato se avessi fatto una scenata di profonda ira e pazzia davanti a tutta la classe. E lo comprendevo. Di certo aveva capito che avrei fatto di tutto pur di dimostrare al mondo quanto valevo, di dimostrare al mondo che valevo più di mio padre. 
E questa mia determinazione spaventava anche me. 
« Cosa ha scritto Brown a te, invece? » gli domandai, cambiando argomento. 
Hugo mi porse il suo foglio e io lessi la sua dedica: 

"Le tue soluzioni sono folli e molte volte sciocche e, nonostante a volte riesci a cavartela, spesso le cose non vanno come vorresti. Arrivi troppo tardi alla soluzione più semplice per pensare di compiere chissà quale impresa e questo è un difetto che ti porta ad essere completamente eliminato o stracciato in combattimento. Tuttavia, noto una certa predisposizione verso le arti marziali Babbane quando la magia non è compresa nelle tue soluzioni."  

« Wow. » fischiai. « In combattimento ti ammazzano. »
« Se solo tu non avessi un istinto di sopravvivenza pari a quello di un Kneazle e un culo grande quanto Grimmauld Place, ammazzerebbero facilmente anche te. » disse Hugo imbronciato, continuando a gettare delle occhiate indispettite al mio test. 
« E su questo ti posso dare ragione. » ridacchiai, facendo sorridere anche mio cugino. 
Ma il mio sorriso dovette in fretta afflosciarsi proprio nell'istante in cui Lysander si voltò indietro verso di noi, appoggiando i gomiti sul nostro banco. Nel giro di un secondo (e nemmeno), assunsi l'espressione più omicida del mondo. 
« Geniale, vero? » fece, riferendosi a Brown. « Cosa vi ha scritto nel commento? »  
Dove sono i cazzi tuoi, uhu? 
« Fatti nostri. » risposi con freddezza, prima che Hugo potesse aprire la bocca e sbandierare ai quattro venti i fatti nostri. O peggio... i fatti miei. « Non vorrai sapere il nostro punto debole se ci ritroveremo a duellare, no? » 
E sarebbe successo in fretta se avesse continuato a frequentare la Barbie. 
« Oh, mi sembra giusto. » disse Lysander, ma non sembrava tanto deluso da quella mia risposta.
Hugo, che mi stava guardando come se avessi detto qualcosa di bruttissimo e alla persona sbagliata, scoppiò in una risatina assai nervosa e non affatto adatta a quella situazione. 
« È ammattita, non farci caso. » disse, giustificando il mio comportamento. « Come se potessimo davvero duellare tra di noi... ah-ah-ah, Merlino santo! Che cosa sciocca! »
Lysander sorrise e tornò a voltarsi in avanti, dandomi le spalle. Una volta che il biondino si fu girato totalmente, e una volta che io ebbi finito di lanciare occhiatacce velenose e omicide alla sua nuca ossigenata, Hugo si scagliò praticamente contro di me. 
« Che ti ha fatto? » sibilò. 
« Chi? » chiesi, con una vocina davvero piccolissima. 
« Secondo te? » ribatté mio cugino, facendo un cenno col capo al biondastro. « Che ti ha fatto che lo tratti in questo modo? » 
« Io non lo tratto in nessun modo. » 
Hugo mi rivolse l'occhiata scettica del mondo e a salvarmi il culo fu il trillo della campanella, che annunciava la doppia ora di Pozioni insieme a Lumacorno. Con tutta l'impressione che quella giornata sarebbe stata una giornata indimenticabile (in senso del tutto negativo, intendiamoci), mi alzai dalla sedia e afferrai con stizza la mia pesante borsa nera. 
« La prossima volta introduciamo i duelli, spero che l'argomento vi interessi di più di quello precedente. » annunciò Brown alla classe, prima che tutti defilassero via dall'aula. 
Adesso Lumacorno non farà altro che... cos... DUELLI?!
« Sì, dei veri duelli. » rispose Brown, in risposta alle nostre facce interdette. « Tuttavia, potrete partecipare anche al Club dei Duellanti che metterò su partendo dal quinto anno in poi, e solamente i migliori si sfideranno in modo particolare tra di loro qui in classe. » 
SI SFIDERANNO TRA DI LORO QUI IN CLASSE?!?
« In modo particolare in che senso? » chiese Hugo, scioccato a dir poco. 
« Lo scoprirete nella prossima lezione. » concluse Brown, facendo aleggiare nella stanza un'aura di mistero. « E ricordate: impegnatevi al massimo, dovete essere capacissimi di duellare come si deve. Ora andate, su su! »



***


Quel venerdì mattina non poteva concludersi nel migliore dei modi, proprio come avevo ipotizzato. Di certo non avrei dimenticato quella mattinata, mattinata in cui avevo fatto scoppiare la mia pozione in faccia a quel malcapitato di Edgar procurandogli l'emicrania. E quella era la notizia cattiva, oltre alla reazione di Lumacorno. La notizia buona fu che per la prima volta in due mesi ero riuscita a finire in Infermeria per accompagnare qualcuno e non per accompagnare me stessa, cosa di cui l'anziana Madama Amelia ne fu lieta.
« Grazie tante, stupido pennuto. » 
Mandai gentilmente via il gufo di mio fratello James e scartocciai il Times di Londra, un giornale Babbano. Avevo da pochissimo gettato la Gazzetta del Profeta di quel giorno nel fuoco: avevo nutrito la speranza che dicesse qualcosa in più oltre ai soliti pettegolezzi su Celestina Warbeck oppure sulle Sorelle Stravagarie. Ma nulla. Di cronaca solamente un articoletto che parlava di un furto ad opera di Mundungus Flatcher, il vecchio ladruncolo che un tempo aveva cooperato con i miei genitori. 
Così, ad opera del mio arguto ingegno, avevo persuaso mio fratello James a mandarmi regolarmente il giornale Babbano più famoso. 
E anche sul Times non è scritto nulla. – pensai, irritata. 
« E quello che diamine è? » 
Sussultai di spavento, accorgendomi solo dopo con un certo sollievo che Hugo si era avvicinato a me. 
« Hugo! » soffocai una parolaccia enorme. « Potresti evitare di arrivare di soppiatto accanto a me come un ladruncolo? Credo sia illegale quello che ho appena fatto. » 
Mio cugino strabuzzò gli occhi e si sedette accanto a me al tavolo dei Grifondoro, avvicinando la sua testa alla mia.
« Miseriaccia... che hai combinato, stavolta? » 
« Ho convinto James a mandarmi regolarmente il giornale Babbano più famoso di Londra. E non credo sia una cosa molto regolare da fare. »
Non era assolutamente una cosa regolare da fare. 
« Infatti! » esclamò Hugo stupefatto, dando uno sguardo al Times. « Sei stata geniale, ma non facevi meglio a chiedergli cosa stesse succedendo nel paese in una semplice lettera? Non credo siano arrivati al punto di perquisire la posta. »
« Ci ho provato! » sbuffai. « Ma James continua a dirmi che mi sto facendo solo castelli in aria, che non sta succedendo nulla. Capirai! Secondo me è talmente ubriaco che non sa più neanche in che anno ci troviamo. » 
Bello avere fratelli come James, sul serio. 
« Cosa dice il giornale? » mi chiese Hugo, ormai incuriosito e interessato dal giornale Babbano. 
« Nulla di importante... » sospirai. 
La questione mi aveva proprio preso il cervello, era un pallino fisso che non avrei dimenticato facilmente. Ero davvero così determinata a risolvere quel mistero che niente e nessuno mi avrebbe fermata. Probabilmente sarei dovuta andare da Hagrid: le visite dal mio grande amico portavano sempre notizie buone e idee geniali. 
« Beh, magari possiamo riprovare la pross... ohh miseriaccia, metti via il giornale! » disse Hugo, allarmandosi improvvisamente. « Arrivano Fred e gli altri. »
Spiai sopra la spalla di mio cugino e mi affrettai a nascondere il notiziario Babbano, ficcandolo di prepotenza nella borsa piena zeppa di libri e foglietti volanti. Di certo non avrebbero controllato se nella mia borsa ci fossero giornali Babbani: nessuno poteva mai immaginare che qualcuno potesse tenere nella borsa un giornale Babbano. 
« Ciao, ragazzi! » disse Fred vivacemente, prendendo immediatamente posto al tavolo di Grifondoro e cominciandosi a servire il pranzo con un certo appetito. 
« Pronti per la festa di Halloween di stasera? » Dominique mi fece l'occhiolino, sorpassando gli altri per sedersi proprio accanto a me, che stavo spulciando un toast con aria svogliata. 
« Sì! » rispondemmo io, Hugo e Fred contemporaneamente. 
« No. » risposero invece Louis, Frank e Alice. 
« Come no? » replicai, dando l'ultimo morso al mio toast.  
« Halloween mi mette addosso una certa inquietudine. » borbottò Frank, rabbrividendo tutto e mettendo in chiaro che quella festa non faceva affatto per lui. 
« Sono troppo dolce per una festa come quella di Halloween. » sorrise Louis, immergendo la mano nei suoi capelli ramati. « Mi ci vedete vestito in modo macabro? » 
« Saresti ridicolo. » disse Hugo, con estrema schiettezza.  
« Appunto. » 
« Io non ho nulla da mettermi! » piagnucolò debolmente Alice, facendo il labbruccio. 
« Per i vestiti contate pure su di me. » intervenne Dominique, atteggiandosi come se fosse la dea della moda scesa in terra. « Ho due valigioni pieni di roba firmata, non ci metto nulla a trovare qualcosa di adatto a tutti voi. Che ne pensate? » 
« Grazie, Domi, ma sappiamo vestirci anche da soli. » rispose Hugo mentre si versava del succo di zucca, e Fred annuì con estrema convinzione. 
« Certo, e dovrei credervi? » ribatté Domi, facendo roteare gli occhi e tamburellando con le unghie curatissime sul tavolo di legno. « Non avete proprio il senso della moda, dello stile! Non vi lascio venire ad una festa di Halloween conciati come barboni... » 
Che carina, Dominique, si premura di far apparire belli i suoi cari. 
« ... tutti sanno che voi siete miei parenti, mi riderebbero in faccia! »
Come non detto. 
« Carino da parte tua, sorellina. » disse Louis, accomodandosi finalmente al tavolo per pranzare. Anche Frank e Alice lo imitarono, ridacchiando per la stramba affermazione di Dominique. « Ti prometto che non ti faremo fare brutte figure. » aggiunse. 
« E fammi sentire, cosa indosserai? » 
« Non ne ho idea, ma se ci tieni a farci da stilista per me va bene. » 
« Perfetto! » esclamò Domi elettrizzata, schioccando un bacio sulla guancia del fratello. « E tu, Frank? Hai bisogno del mio aiuto? » 
« I-io... ehm... » balbettò Frank, troppo educato per dire che farsi vestire da una donna non era poi così virile come un uomo avrebbe dovuto essere. 
« Capisco. Fred? » 
« Non mi faccio vestire da te, Dominique, scordatelo. » il tono di Fred sembrava più che definitivo. 
« Benissimo! » sbottò mia cugina, adirata. « Hugo? »
« Passo. » rispose velocemente Hugo. 
Dominique fece uno sbuffo gigantesco, scuotendo il capo.  
« E tu, Alice? Ho parecchi abiti che potrebbero andarti bene. Che ne dici di una favolosa veste nera? Tipo Morticia Addams, dato che stiamo in tema. » 
« Mi piace! » ad Alice scintillarono gli occhi. 
« Sarai bellissima. Peccato per quelle persone che potevano accettare il mio aiuto e apparire anche loro bellissime... » 
I ragazzi che avevano rifiutato il suo aiuto la ignorarono completamente, concentrandosi solamente sul pranzo che era proprio davanti ai loro occhi e davanti alle loro bocche. 
« Va bene. Allora: la veste per te, la tutina aderente alla Cat Woman per me... » Dominique contò sulle dita sfilanti il numero dei vestiti per la festa. « E indovinate chi metterà un meraviglioso vestitino anni sessanta in stile bambola assassina stasera? »
Scoppiai a ridere sguaiatamente, guardando i ragazzi: sarebbe stato comicissimo vedere uno di loro con un vestitino corto stile anni sessanta. Il mio sorriso, però, dovette ben presto congelarsi sul volto. Era calato un improvviso silenzio innaturale in cui tutti mi stavano fissando, chi alzando le sopracciglia, chi sogghignando. 
Me. Stavano fissando me. 
Aspettate... CHE COSA?!
« No. » dissi. « Assolutamente no! Io col vestitino? Non se ne parla proprio! Non mi vedrete mai con un vestitino addosso e non mi importa un Asticello secco se mi definirete un maschiaccio per tutta la vita. No, io il vestitino non lo metto e non lo metterò mai. »

 
***
 

« Maledetta Dominique! » sbottai, sistemandomi la stoffa del vestitino nero e cercando di assumere una posizione più dignitosa per quanto la situazione disastrosa me lo permettesse. 
Le calze prudevano in modo terribile ed erano così strette che perfino le mutande mi davano fastidio. Mi chiedevo come Dominique riuscisse a stare con i perizoma tutto il giorno perché, sul serio, ci voleva un diploma solamente per quello. 
« Vuoi smetterla di toccarti dappertutto? » mi rimproverò senza troppe cerimonie Domi, che era bellissima nei panni di una gatta nera. « Nemmeno Alice ha dato più problemi di te, e ha solo quindici anni. »  
« Domi, non mi sento a mio agio... voglio dire, non so se si capisce. » borbottai infastidita, cercando di stare al passo di mia cugina per non sentirmi una completa idiota. 
« Vuoi camminare in modo decente? » mi riprese Dominique, ignorando la mia ultima affermazione. « Oh Merlino, e hai messo solo un paio di ballerine! Pensa se avessi avuto i tacchi... »
Io con i tacchi? Vuole davvero che il mondo cominci a girare al contrario? 
Sbuffai e strinsi forte la stoffa del vestito tra le mani, che erano smaltate di un nero scintillante. La porta della Stanza delle Necessità si avvicinava sempre di più e di conseguenza si avvicinavano anche le mie figure di merda. E io che credevo che nessuno sarebbe mai riuscito a convincermi ad indossare un vestitino...
Me illusa. 
« Eccoci arrivate. » 
Dominique mi diede un piccolo colpetto come a dire di muovermi e io, in tutta la mia goffaggine (che in quel momento regnava sovrana, avrei osato dire) spalancai la porta della Stanza. Immediatamente, una forte luce bianca proveniente da una grossa palla da discoteca ci accecò in pieno e Jason Miller, che ballava a petto nudo e senza alcun pudore, ci oscurò la visuale. 
Forse è ubriaco – pensai, con convinzione. 
Guardando in giro, notai che la festa si articolava attorno ad una pista centrale su cui scheletri, zombie e varie creature macabre ballavano tra di loro scatenandosi; sulla sinistra vi erano una sfilza di divanetti rossi per tutte le coppiette che volevano sbaciucchiarsi senza decenza; in fondo vi erano i bagni e sulla destra era stipato il lungo tavolo delle bibite. 
Intravidi sui divanetti rossi il branco di oche più odiose di tutta Hogwarts, tra cui capitanava Cassandra Smith. Le oche erano intente a spettegolare tra di loro, con le gambe scoperte e il volto super truccato, mentre alcuni ragazzi le fissavano rapiti e pendevano dalle loro labbra. Tra i ragazzi si trovava anche Lysander, ma sembrava l'unico del gruppetto a non dare particolarmente attenzione alla Smith e alle sue amichette oche. 
Barbie ha perso l'attenzione del suo Ken? 
Spostando lo sguardo verso destra, vidi Simon Zabini e Matthew Ford, gli unici due Serpeverde che erano miei amici e che non mi detestavano a morte, camminare in modo veloce per la stanza in cerca di chissà cosa. Vidi anche Fred, Louis e Frank, vestiti identici da Dracula, che ballavano sulla pista, mentre alcune ragazzine che sembravano del quinto anno mangiavano con gli occhi Louis e ridacchiavano al suo indirizzo, ammiccando. Cormac McLaggen, inoltre, si divertiva a molestare chiunque, maschi o femmine che essi fossero. Infine, la squadra di Quidditch di Serpeverde, Bellatrix Lestrange e i suoi amichetti sedevano distanti da tutti e chiacchieravano fitto fitto tra di loro. 
« Sembra interessante. » dissi, alzando di molto la voce per farmi sentire da mia cugina. 
Dominque annuì e si tolse il pesante cardigan dalle spalle, attirando gli sguardi di una Stanza intera con solo un movimento. Niente da fare: Dominique era davvero affascinante e bellissima, e quei riccioli rosso rame non aiutavano per niente gli ormoni maschili che di lì a poco sarebbero partiti per la tangente. 
« Ehi, ragazze! » disse improvvisamente Mark, un amico di Jason, salutandoci con calore. Sembrava vestito da Vampiro, dato il pallore spettrale del suo volto. « Bella festa, vero? 
» e senza aspettare una risposta da parte di una di noi due, aggiunse: « Dominique, ti andrebbe di ballare con me? » 
Va subito al sodo, il ragazzo. 
« Certo! » rispose mia cugina, afferrando la mano libera di Mark e sorridendogli con quel sorriso affascinante che faceva cadere a terra milioni di ragazzi. « Mi raccomando, Lily, non fare la stessa fine di Jason. »
« Ma ti pare? » ribattei, prontamente. 
Dominique si allontanò mano nella mano con Mark, si voltò verso di me e sillabò “Mi raccomando!”. La ignorai di buon grado e mi misi a cercare Hugo in lungo e in largo per tutta la Stanza, salutando persone mascherate e non, deliranti sulla pista da ballo e non, ubriache e non, per poi imbattermi in lui al tavolo delle bibite. Non era il solo che stava facendo una scorpacciata di bibite: la maggior parte degli studenti erano piantati lì senza muoversi e osservavano le ragazze sui divanetti. 
« Hugo! » urlai, sovrastando il rumore della forte musica e dando dei colpetti sulla schiena di mio cugino per farlo voltare. 

Richiamato, lui si voltò verso di me e spalancò gli occhi.
« Miseriaccia, Lily! Sei proprio tu? » 
« Sì, sono proprio io, razza di idiota! » dissi, in modo davvero molto gentile, grattandomi la coscia con un gesto poco elegante. « Ma come diavolo ti sei vestito? » 
« Sono un Demone della morte. » rispose mio cugino, sventolando il bellissimo mantello nero lucido. 
« Pensa a te, piuttosto. Sei ridicola conciata così, non credevo che Dominique ti convincesse sul serio. »
« Non farmi pentire di essere nata. » soffiai, socchiudendo gli occhi.
Hugo continuava a guardarmi come se non mi avesse mai vista in vita sua (e forse non mi aveva davvero mai vista conciata in quel modo in vita sua), ma io lo fulminai con un'occhiataccia. Se continuava ancora a guardarmi come un demente avrei di sicuro usato le maniere forti, e non mi importava un accidente di scatenare una rissa durante una festa. Anzi, almeno sarebbe apparsa più divertente.

« Allora, come ti sembra la festa? » volle sapere mio cugino.
« Mmh. » risposi, meditando. « Celestina Warbeck non è il massimo per una festa di Halloween. Vorrei solo sapere chi Merlino hanno messo come DJ! Se solo mettessero della buona musi... » 
Non avevo neanche finito di completare la frase che la musica cambiò radicalmente, come se il misterioso DJ avesse ascoltato la mia richiesta. Dalla voce lenta e trillante di Celestina Warbeck passammo direttamente al rock Babbano, e in un attimo fu il paradiso in terra. 
« ... hanno messo della buona musica! » esclamai, con le pupille a forma di cuoricini rosa. 
« Sì! » convenne Hugo, guardandosi intorno con un sorriso. « Hanno sul serio messo della buona musica! » 
Io e mio cugino ci guardammo, mentre i Led Zeppelin rimbombavano nella Stanza, creando un certo scompiglio tra gli invitati della festa. 
« Entriamo in pista? » chiesi, alzando un sopracciglio con aria malandrina. 
« Hai capito tutto! » 
E fummo in pista in un nanosecondo, scatenandoci come non ci era mai capitato in tutta la vita. Le pazze coreografie che ci divertivamo ad inventare nella nostra Sala Comune erano nulla in confronto a quelle che stavamo mettendo in scena sulla pista di quella festa. Ballavamo con così tanta energia che molti ragazzi si spostavano tipo anni luce da noi per timore di venire travolti dalla nostra foga. 
Ballammo per quasi due ore, scatenandoci. Mi sembrava di ballare da anni, non mi sentivo quasi più le gambe. Certo, a volte dovetti fermarmi perché il fianco doleva, ma una volta passati cinque o dieci minuti rientravo di nuovo in pista, più pimpante di prima.
Improvvisamente, però, mentre ci stava divertendo un mondo, stopparono la musica rock.

« Nooooo! » gridai, alzando una mano come per richiamare il DJ e non cedendo alla tentazione di alzare il dito medio. « Non ci si può mai divertire! »
« Rimettete la musica! » esclamò mio cugino, circondando la bocca con le mani come da megafono. « Rimettete il rock Babbano, non fate i pappamolli! »

Eravamo tutti imbambolati sulla pista a guardare verso il podio del DJ quando Louis si avvicinò velocemente a noi tra il chiacchiericcio generale degli invitati e ci informò di una cosa veramente spiacevole.
« Su richiesta di Cassandra Smith metteranno la canzone di un film Babbano. Non ricordo come si chiama, aveva qualcosa a che fare con la frutta... ma quello che so per certo è che molti stanno meditando il suicidio. »
Louis sembrava abbastanza pensoso, come se si sforzasse di ricordare il titolo del film Babbano che aveva a che fare con la frutta. Ma io e Hugo avevamo immediatamente capito di quale film si trattava. Qualcosa che aveva a che fare con la frutta? Il misterioso film Babbano poteva avere solo un nome e quel nome era: il Tempo delle Mele. Zia Hermione ci aveva perseguitati fin da bambini con quel film, ripetendoci che era bello da vedere e interessante per la nostra età, e lo era davvero, solo che era davvero molto illusorio. Di certo nella realtà non capitava che il ragazzo che ti piaceva ti chiedesse di ballare. A meno che quel ragazzo non fosse ipoteticamente un tuo amico o a meno che tu non fossi ipoteticamente Dominique. In quel caso, puoi semplicemente declinare l'invito del tuo amico, mangiarti le mani perché non sei Dominique e correre a nasconderti altrove fin quando la canzoncina non è finita. 

« Oh, no... » mormorai, quando la canzone tanto odiata partì.  
In un attimo, mi feci in fretta largo tra la folla, evitando lo sguardo di ogni ragazzo in sala, e corsi velocemente via dalla pista dove tutte le ragazze raggiungevano eccitate i loro cavalieri per ballare quel lento. Raggiunsi il tavolo delle bibite in men che non si dica e mi gettai a peso morto su una sedia lì accanto, con mio cugino Hugo che mi raggiungeva velocemente come se stesse scappando da un mostro particolarmente violento.
« Ho sempre odiato questa canzone. » dichiarò, guardando a sottecchi le ragazze sui divanetti che non erano state invitate a ballare da nessuno. « E non trovo Isabel! Probabilmente sarà andata via dalla festa oppure non ha nemmeno messo piede qui. Ho visto Simon prima... dovrebbe esserci anche Isabel, Merlino porco! »  
Mentre Hugo borbottava cose incomprensibili sul suo immenso amore per Isabel Zabini, io squadravo la pista da ballo: Louis si era beccato una ragazzina del quinto anno che sembrava beata di trovarsi con lui, Fred anche, Frank aveva fatto la cosa migliore e si era dileguato, Dominique aveva cambiato cavaliere e oscillava tra le braccia di un Serpeverde del suo anno davvero carino e Cassandra Smith si strusciava (con il vero senso della parola) su quello scemo di Scamander. 
Potrei vomitare. 

« Puoi invitare anche qualche altra ragazza. » suggerii a mio cugino, che stava entrando in paranoia a causa di una ragazza inutile come la Zabini. « L'ho sempre detto che Isabel Zabini è un ghiacciolo per te: non potresti mai stare con lei. » 
« Gli opposti si attraggono. » 

« Sono d'accordo, ma voi siete fin troppo opposti. » 
« E tu e Lysander, allora? » ribatté Hugo, con un'espressione incredibilmente dispettosa. 
« Io e CHI, esattamente? » domandai, con vocina acutissima. 
« Mi hai sentito. » 
Certo che ti ho sentito, stronzo. 
« Non mi importa niente del tuo amichetto, chiaro? » ribadii, come se fosse la prima volta che il mio caro cuginetto mi accusasse di una simile cosa. « E poi, lui sta con la Smith, punto e basta. Ci sta anche ballando con quell... uhm... aspetta... »  
Ma dove diavolo sono lui e la Smith? 
Cercando di non pensare nulla di pervertito e osceno, guardai sui divanetti e intravidi Cassandra Smith, verde di rabbia mentre batteva forte il piede a terra. Di un certo biondino di mia conoscenza neanche l'ombra. E non mi importava. Mi voltai verso Hugo e notai che aveva ancora un'arietta insinuante e assai maliziosa. E non era un buon segno, non era affatto un buon segno.
« Non dire nulla di cui potresti pentirti. » scandii, voltandomi per prendermi qualcosa da bere al tavolo delle bibite. « Non mi importa niente di lui, capito? Niente! Anzi, lungi da me il pensiero... mi scivola proprio dalla mente. E non guardarmi con quel sorrisino idiota. » aggiunsi, nonostante fossi girata in modo da non guardare mio cugino in faccia. « Perché so benissimo che mi stai sorridendo come un idiota, e ti consiglio di non farlo. Piuttosto, ti consiglio di tirare fuori le ampolle con la Pozione Sbronzante: stasera ho proprio voglia di vedere quei Tassorosso ubria... »

Voltandomi di scatto col bicchiere di Burrobirra alcolica tra le mani, andai a sbattere violentemente contro il petto di qualcuno e rovesciai la bibita che avevo appena versato per terra. O meglio, sulle bamboline di Gucci che Dominique mi aveva prestato esclusivamente per quella sera. 
Domi mi ammazza.
« Li-Lily...? » mi richiamò una voce a me, purtroppo, assai conosciuta. 
Come non detto, mi ritrovai a pochi centimetri da Scamander in persona.
« Lysander! » sbottai, strappando un tovagliolino dalle mani di un timido Corvonero che passava lì vicino e schiaffandoglielo sul petto al biondino come per dire “Ecco, tieni, adesso datti una ripulita e sparisci dalla mia vista”.
Alzai lievemente il capo per guardare Lysander e notai che lui indossava una semplice camicia nera con dei pantaloni bianchi, con tanto di cravatta slacciata che gli conferiva un'aria davvero poco casta e pura (per non dire porca), e aveva un trucco nero semplice e particolare. I capelli spettinati erano la ciliegina sulla torta per gli ormoni di praticamente tutte le ragazze in quella festa che continuavano a guardarlo come se fosse davvero una succulenta ciliegia rossa. 
Rimasi a fissarlo inebetita per qualche secondo, poi...
Ma che caspita ti prende? – pensai, furibonda con me stessa. – Non guardarlo come se fosse la cosa più bella che tu abbia mai visto! Anzi, non guardarlo e basta. 
« Stai molto bene vestita così. » disse Lysander sincero, facendomi un sorrisetto sghembo.
Continuai a fissarlo, senza dire una parola, sperando che lui lo interpretasse come un segnale che a causa della musica ad alto volume non ero riuscita ad afferrare i suoi complimenti. 
Hugo tossicchiò.
« Ehm... adesso dovresti ringraziare... » mi sussurrò all'orecchio a denti stretti, riportandomi di nuovo con i piedi sulla terra. 
Sbattei le palpebre. 
Sì, probabilmente dovrei ringraziare.
« Non dire fesserie! » esclamai, invece. « Sono assolutamente ridicola vestita così! Guarda te se non devo sempre mettermi in ridicolo dappertutto. E non riesco a fare un passo senza sembrare un maledetto elefante in via di estinzione! Sapevo che non dovevo fidarmi di quella stronza di Dominique e del suo guardaroba. »
Lysander e mio cugino risero di cuore, poi il biondastro puntò indiscutibilmente lo sguardo sulle molto poco affidabili ampolle di vetro che mio cugino, seguendo il mio intelligente consiglio, aveva tirato fuori. 
« Ehm... cosa sono quelle cose? » chiese, non molto sicuro di voler davvero sapere cosa ci fosse in quelle ampolle.
« Pozioni Sbronzanti. » risposi, con fierezza. « Le abbiamo inventate io e Hugo per rinnovare alcuni prodotti dei Tiri Vispi. Sono un vero sballo! Oltre al fatto che riescono a farti sballare, chiaro, in tutti i sensi. »
« Riescono...? »
« Sì, riescono a sbronzarti nel giro di dieci minuti. » annuì Hugo, sorridendo per l'espressione sorpresa di Lysander. « E funzionano davvero. Hai mai visto dei Tassorosso ubriachi, Lysander? Beh, stasera è la tua sera fortunata. » 
E in effetti, dopo che furono passati dieci minuti da quando io avevo offerto (con tanto di persuasione) ai ragazzi Tassorosso un bicchiere che per loro conteneva semplice acqua di rubinetto, non dovettimo aspettare molto le loro reazioni. In un attimo, i Tassi si tenevano tutti sottobraccio e cantavano lodi a Dio, al Quidditch, alle donne e a qualcosa che non sto qui a dire. Hugo si era ubriacato facendo un uso spropositato di rum e vodka e si era unito a quei folli Tassorosso nell'allegra danza dell'amore e delle donne. Io e Lysander, invece, eravamo piegati in due dalle risate. 
« Hai visto quando quel tipo ha baciato mio cugino? » 
Stavo praticamente lacrimando dalle risate e mi ci volle tutta la forza di volontà per non crollare a terra e rotolare fin quando l'effetto delle risate non fosse finito definitivamente.
« Pare che Hugo abbia gradito, devo dire. » rise Lysander.
Scoppiai nuovamente a ridere, tenendomi la pancia e ringraziando il cielo che Dominique non fosse a portata di occhi altrimenti non avrebbe fatto altro che rimproverare il mio modo poco dignitoso di comportarmi con un vestitino. Guardai il biondino e feci un altro sorso di vodka alla fragola, lasciando il bicchiere da qualche parte sul bancone.
« Sei lucido? » gli chiesi, sventolandogli delle dita davanti al viso. Io ero abbastanza lucida e assolutamente capace di intendere e di volere, ma mi sentivo brilla e felice come non lo ero mai stata. « Quante dita sono queste? » 
« Sono lucido! » mi assicurò lui, sbattendo più volte le palpebre. « Mi gira solo la testa, ma giuro che sto benissimo. Sono tre dita, per la cronaca... cosa credi, che sono un ubriacone? » 
Risi, passandomi una mano tra il ciuffo di capelli. 
« Forse. » lo stuzzicai, osservando con la coda dell'occhio la sua reazione. 
« Ah, forse? »
Lysander si piazzò proprio di fronte a me e mai in vita mia mi ero accorta che fosse così carino anche quando era stropicciato e con i capelli appiccicaticci. A dire la verità, non avrei mai pensato che Lysander Scamander, mio grande amico di infanzia e man mano che passavano gli anni conoscente secchione da detestare, potesse essere così bello. Mai avrei pensato, soprattutto, di soffermarmi un giorno a contemplare le sue labbra rosee e carnose e...
Scaccia seduta stante questi pensieri strani dalla testa! – mi dissi, maledicendo l'alcool che sembrava stesse per farmi troppo effetto. 
Il biondastro continuò a squadrarmi, poi sporse il labbro in avanti e lo morse. No, non in un gesto porco come il mio subconscio aveva vagamente sperato. Era come se fosse a disagio, come se volesse dire qualcosa che normalmente non avrebbe mai detto.
« Perché in questi ultimi giorni mi hai trattato di merda? »
Ecco appunto. 
« Come hai detto? » Hai capito benissimo. « Non ti sento! La musica è troppo alta! » Certo, Lily, tu continua a mentire e vedrai che andrà tutto a meraviglia. 
« Ti ho chiesto il motivo per cui mi hai trattato male negli ultimi giorni. » ripeté Lysander, premurandosi di avvicinare il suo capo al mio per farsi sentire meglio. 
« Ehm... » fu la mia risposta esauriente. « Non ti ho trattato male, ero arrabbiata per fatti miei. Sì, ero arrabbiata per fatti che non ti riguardano. Ma quanto puoi essere egocentrico, Scamander? » 
« Quanto basta, Potter. » mi rispose lui. 
« Che tremenda faccia tosta che hai! » sbottai, tirandogli un colpo sul braccio. 
« Sempre quanto basta, Potter. » ci tenne a precisare Lysander, dandomi lentamente le spalle per prendere qualche altro tipo di bevanda dal tavolo delle bibite. 
In un secondo, il mio sguardo finì indiscutibilmente sul suo -mi costa dirlo- meraviglioso e sodo lato B e ringraziai di cuore i suoi pantaloni stretti che gli facevano un culo così dannamente bello.
Quando Mister-Ho-Un-Culo-Pazzesco-Scamander si voltò di nuovo dalla mia parte, sbattei velocemente le palpebre. Non volevo per nulla al mondo che mi vedesse adocchiare il suo sedere, anche perché sotto all'effetto dell'alcool avrebbe potuto dire qualsiasi cosa e non ero preparata psicologicamente alle cose che potevano fuoriuscire dalla sua bocca.  
« Dovresti smetterla di bere. » gli suggerii.  
« E tu di farmi impazzire. »  
Mi sentii immediatamente le guance in fiamme e, non sapendo cosa fare e cosa dire, con uno slancio di cavalleria afferrai il bicchiere colmo di Burrobirra alcolica del biondino e mi offrii di berlo tutto da sola, in modo che non bevesse lui e che non continuasse a dire stronzate. 
« Ehi! » 
La voce di Hugo interruppe la mia attività. Posai il bicchiere sul tavolo e vidi che mio cugino ridacchiava e barcollava verso di noi, brandendo una bottiglia vuota di vodka. 
« Merlino in carrozza, mi sembra di stare in paradiso! Ehi, rossa! Indovina? Ho rimorchiato una bella mora! » rivelò Hugo contento, avvicinandosi a me e gettandomi le braccia al collo con contentezza.
« Ohhh! » sorrisi, cominciandomi a preoccupare della situazione in cui mio cugino, da ubriaco, si era immerso fino al collo. « Chi? » 
Hugo, in tutta la sua estrema sobrietà, indicò la sua bella mora. Strabuzzai gli occhi e misi a fuoco che nel punto indicato da mio cugino non c'era nessuna bella ragazza mora, ma solamente un disperato Cormac McLaggen. 
« Ti piace? » 
« Chi, McLaggen? » mi stupii, pensando che probabilmente era meglio omettere il particolare in cui rivelavo ad Hugo che la sua bella mora in passato ci aveva provato spudoratamente con me. 
« Sì, ha detto di chiamarsi così. » mio cugino sbatté le ciglia in modo languido, mentre Lysander tuffava la testa sopra al bancone delle bibite per non far vedere che stava letteralmente morendo dalle risate. « Ti piace? » 
« Bellissima. » confermai, facendo fatica a restare seria.  « Perfetta per te, direi. » 
Ma non ci furono parole più sbagliate di quelle che avevo appena pronunciato. Fatto sta che, neanche un secondo dopo, Hugo si mise alla ricerca della sua bella mora e non fece altro che molestare McLaggen che, essendo veramente lucido, sembrava veramente terrorizzato da lui e non faceva altro che strepitare cose come “Avevo detto dolcetto, non scherzetto!” e cazzate simili.
Dopo venti minuti di pura follia, io e biondastro, che ce la stavamo ridendo un mondo, ritenemmo necessario intervenire per calmare gli animi. 
« Hugo... ti porto in bagno, vieni. » disse Lysander serio, contento del fatto che l'effetto dell'alcool era definitivamente sparito dal suo corpo e di conseguenza contento di essere ritornato di nuovo responsabile come era sempre stato. 
« No! Vuoi rubarmi la donna?! » protestò mio cugino, agitando le braccia e picchiando debolmente il biondino. 
« NON SONO UNA DONNA! » strillò McLaggen, che non tentava minimamente di non somigliare ad una donna con tutti quegli urletti poco virili che lanciava. « Potter... va benissimo che è Halloween ma lo scherzo è finito. Chiaro? » 
« Non è nemmeno iniziato, a dire il vero. » dissi, prendendo Hugo per un braccio mentre il biondino si affrettava a prendergli l'altro braccio e a sollevarlo di cinque centimetri da terra. 
« Ma allora è ubriaco! » esclamò McLaggen, ritraendosi spaventato. 
Cavolo! Non ci sarei mai arrivata, McLaggen, bel colpo di genio.  
Cercando di non scoppiare a ridere in presenza di uno sconvolto Cormac McLaggen, assestai con prepotenza una gomitata nello stomaco di mio cugino, che aveva cominciato ad agitarsi di nuovo e a renderci il compito molto più difficile di quanto non fosse. 
« Ma... che fai? » si stupì Lysander, inarcando entrambe le sopracciglia con preoccupazione.  
« Portalo in bagno e vedi se vomita. Va bene? » 
« Va bene. » 
Io e Lysander ci guardammo, facendo un cenno di intesa. Il biondino mi disse di stare tranquilla e cominciò a trascinarsi dietro un delirante Hugo, mentre quello scemo di McLaggen se la dava a gambe. Riuscii ad intravedere la faccia omicida di Cassandra Smith prima che anche io iniziassi a correre verso il bagno delle ragazze con un bicchiere di rum tra le mani e una voglia matta di sbronzarmi come aveva fatto mio cugino. 


 
***
 

Il bagno delle ragazze non era messo meglio della sala della festa. Ragazze vomitanti, febbricitanti e deliranti occupavano tutto lo spazio, mentre spettegolavano tra di loro sui nuovi sviluppi della festa e sulle nuove coppie nate quella sera. Nell'ultimo cubicolo regnava una gran puzza di fumo e intravidi Dominique, intenta a fumare tranquillamente una sigaretta seduta sull'asse chiusa del water con le gambe accavallate. 
« Domi? » 
« Lis... sei lucida? » mi chiese lei, aspirando il fumo e fissandomi con quei suoi occhioni celesti truccatissimi. 
« Lucidissima. » risposi, appoggiandomi mollemente al muro. « E questa da dove salta fuori? » feci cenno alla sigaretta. 
Dominique la fissò con indifferenza e ciccò sul pavimento, facendo ben attenzione a non farsi finire la cenere sul bellissimo vestito nuovo. 
« Un regalo di Mark. Vuoi provare? »
Scrollai le spalle e provai, finendo per tossire tutto il fumo e far ridere Dominique. Avevo già provato una volta, quando avevo solamente quindici anni, ma era passato un anno e in un anno avevo anche dimenticato come si mantenesse in mano una sigaretta. 
« Non così, devi fare... oh, abbiamo compagnia. »
Mi voltai di scatto e vidi che Cassandra Smith e le sue amiche facevano il loro vanitoso ingresso in bagno, con il sorriso frivolo e idiota sulle labbra e la borsetta con i cosmetici pronta per essere utilizzata. 
Mi chiesi se quella deficiente della Smith non avesse usato la scusa dell'alcool (che non aveva mandato giù) per strusciarsi senza pudore e vergogna su tutti i ragazzi carini che conosceva, per poi tornare nuovamente da Lysander e rovinargli la serata come aveva tentato di fare fin dall'inizio. 
« Ehi, Cassandra, tutto bene? Ti vedo sconvolta. » Dominique passò senza troppi giri di parole al contrattacco ma la Smith non sembrava in vena di pensare a lei. Piuttosto, non aveva occhi che per me e la cosa non era per niente piacevole.
« Sto benissimo, Dominique. » rispose Cassandra, non levandomi gli occhi di dosso. E la cosa continuava a non essere piacevole. « Sono venuta qui sperando di trovare la tua cara cuginetta, e così è stato. Beh? Come ti senti adesso che hai ottenuto quello che volevi? »
Tossicchiai.
« Come, scusa? » 
« Oh, non fare l'ingenua, Potter! » sbottò Cassandra, agitando la mano e mettendo in ascolto tutte le ragazze che erano presenti in quel bagno. Dominique non si era accorta che la sigaretta era finita tanto che era applicata sul volto contratto della Smith. « Non riuscirai a farmi litigare con Lysander. » 
Ci misi un attimo per metabolizzare le sue parole, poi scoppiai a ridere.
« Mi sei troppo indifferente per occupare i miei pensieri, Smith. » dissi, nel tono più sincero che potesse esserci. 
Se pensava di tenersi caramente il biondastro, che se lo tenesse pure! Per me era solamente un amico e non poteva essere assolutamente niente di più di un amico. E poi... chi diavolo si credeva di essere quella Cassandra Smith? Lungi da me separarla dal suo innamorato che, inoltre, quella sera l'aveva scaricata come un bidone. 
Chi va a Roma perde poltrona, cara Barbie. 
« Non cercare di tenermi lontana da Lysander. » ribadì Cassandra, nel tono più minaccioso che si potesse trovare, mentre si avvicinava a me lentamente. « Lui vuole me, vuole me da anni, e tra poco ci fidanzeremo. »
« Buon per te. » gli assicurai, neutrale.
« Certo, continua a fare la simpaticona. » insistette la Smith, con le sue amichette dietro di lei che ridacchiavano sdegnose. « Ma non riuscirai a rovinare la nostra storia, stronza! » e mi spinse con tanta forza che io, impreparata, finii nel cubicolo addosso a Dominique e mi bruciai una coscia con la sigaretta accesa. 
Nel momento in cui realizzai cosa era successo, se qualcuno mi avesse letto la mente in quel momento gli si sarebbe bloccata la crescita.
Cassandra Smith e le sue amiche defilarono via dal bagno e le ragazze presenti cominciarono a protestare e a commentare il gesto poco gentile della Smith. Io e Domi, invece, eravamo avvinghiate come due lesbiche nel bagno e non riuscivamo a scrollarci di dosso l'una dall'altra talmente che eravamo incastrate. 
« Merlino santissimo! » urlai, cercando di calmarmi, mentre afferravo volentieri la mano offertami da una ragazza che non conoscevo. 

« Che sgualdrina! La detestano quasi tutti qui. » disse la ragazza, aiutandomi a rimettermi in piedi. « Quella Cassandra ha superato ogni limite, vero? » 
« Oh sì che l'ha superato! » ringhiai, facendo schioccare le nocche e tastandomi la bruciatura di sigaretta che mi aveva forato una parte di calza.
Intanto, anche Dominique si era alzata e aveva un'espressione molto più omicida della mia.
« Se non le corri dietro per strapparle quei quattro capelli biondi tinti da Barbie che si ritrova, giuro che lo faccio io! » esclamò Domi furibonda, inspirando profondamente e pulendosi il vestito ormai sporco di polvere e sporcizia e, soprattutto, alcool andato a male. 
Ma non avrei permesso che Domi si battesse con la Smith al posto mio. Infatti, dopo nemmeno un minuto, uscii impettita fuori dal bagno come una vipera velenosa, sbattendomi addirittura con violenza la porta alle spalle e facendo voltare un paio di ragazzi dalla mia parte nonostante la musica fosse alta. Prima che potessi fare un solo passo verso Cassandra Smith, estrassi la bacchetta e la puntai contro le casse della musica.
« Silencio! »
E la musica zittì di botto. Non diedi neanche il tempo ai ragazzi di realizzare la situazione o di protestare, che stavo già urlando come un'ossessa.
« STRONZA! » strillai, piantandomi sui talloni e individuando la Smith al centro della pista. I ragazzi mi fecero spazio e si misero in cerchio attorno a me, osservando la scena, chi con preoccupazione e chi con estrema curiosità. « Prova a mettermi di nuovo le mani addosso e ti faccio pentire di essere venuta al mondo! »  
Un attimo di silenzio, poi...
« Tu sei pazza. » disse la Smith, indietreggiando. « Lysander, la tua amica sta impazzendo. Non la vedi? Vuole dare spettacolo, come il suo solito! Dovevo immaginare che... » 
Come sempre, la Smith non faceva che recitare la sua poco simpatica sceneggiata. E non finì neanche di completare la frase da copione che aveva memorizzato che gli fui addosso come un leone selvaggio. Mi aveva stancata e doveva pagarla per la spinta villana che mi aveva dato in bagno, facendomi finire sulla malcapitata Dominique. 
Nel giro di pochi secondi regnò il caos sulla pista.
Menai gomitate, calci, pugni e via di seguito, mettendo in atto le mie più forti tecniche di arti marziali, mentre quella dannata Cassandra Smith mi tirava i capelli e colpiva ogni centimetro di me che riuscisse a colpire con il tacco della scarpa. Attorno a noi si era creato una specie di cerchio di cui io e Cassandra ne eravamo il centro, come se fossimo su una specie di wrestling.  
« Basta! BASTA! » 
Due braccia possenti e forti mi staccarono da Cassandra e in un attimo mi ritrovai per terra, sul pavimento gelido, e con la gonna alzata quasi per tutta la coscia. Sentii sotto la testa qualcosa di morbido e intravidi mio cugino Hugo.  
No, un attimo... HUGO?! 
« Ma tu non eri ubriaco fradicio da non fare un passo? » fu la prima cosa che dissi. 
« Ho bevuto la Pozione Sbronzante e l'effetto finisce dopo qualche oretta. » mi spiegò brevemente mio cugino, tenendomi saldamente per un braccio. « Anche io credevo di aver bevuto in modo normale, ma quel bicchiere conteneva la Pozione. Comunque, che ti salta in mente di scatenare una rissa con Cassandra Smith qui dentro, eh? » 
Anche Louis, Fred e Dominique intervennero, precipitandosi al centro pista. 
« Ma che sta succedendo? » si intromise Fred, spalancando la bocca.
« Bella domanda. » sbottò Mark arrabbiato, alzandosi le maniche del vestito e raggiungendoci a sua volta.
Tutti i ragazzi, compreso il DJ, sembravano in ascolto.
« Vorrei saperlo anche io. » disse Lysander accigliato, continuando a tenere le braccia circondate attorno al corpo di Cassandra.
« È stata quella stronza a cominciare! » sbottò Dominique, puntando il dito accusatore verso la Smith e non curandosi minimamente di tenere un tono dignitoso.
« Lysander... non crederai a queste due vipere, vero? » Cassandra, che godeva del fatto che il biondino l'avesse separata da me e la tenesse stretta tra le sue braccia, lo fissò con aria minacciosa. 
« VIPERE A CHI?! » tornò a contrattacco Dominique, prima che Louis la afferrasse per un braccio intimandole di darsi una calmata. 
« Siete patetiche! » continuò ad insultarci la Smith. 
« PATETICHE A CHI?! » urlammo io e Dominique, contemporaneamente. 
Gli occhi degli invitati alla festa dardeggiavano da me, Dominique e Cassandra senza sosta, come se stessero seguendo un'interessante partita di tennis.
« Smettetela! » sbottò Louis, irato.
« Questo è un complotto, una cospirazione! » Cassandra continuava ad inventare balle stratosferiche per passare da vittima indifesa agli occhi di Lysander e di tutti i ragazzi. « Quelle due si sono coalizzate contro di me! »
« Oh, piantala di fare la vittima! » sbuffai, alzando un braccio come per mandarla a quel paese.
« Zitta, Potter, che mi hai aggredita! »
« Sei stata tu a cominciare, razza di cretina! »
« CRETINA A ME?! »
« Sì, proprio a te! »
« LYSANDER! La stai sentendo, la tua amichetta? »
« Volete smetterla tutte e due?! » gridò Lysander, col tono esasperato di chi non ne può proprio più e guardando Cassandra con espressione di rimprovero.
« È stata la tua fidanzatina a cominciare! » infierii, continuando ancora a divincolarmi dalla presa ferrea di mio cugino.
« Concordo! » mi diede man forte Dominique.
« Fatti i cazzi tuoi, Dominique. » intervenne Fred, che per la prima volta in vita sua sembrava intenzionato a mettere fine ad una rissa e ad un pettegolezzo coi fiocchi.
« Questi sono effettivamente cazzi miei! » Dominique aveva spalancato la bocca, sconvolta da tale affronto.
« MA VOLETE PIANTARLA TUTTI QUANTI?! » esclamò Mark, con le mani tra i capelli in segno di esasperazione pura e con tutta l'aria di chi preferirebbe essere altrove piuttosto che trovarsi in mezzo ad una sottospecie di faida familiare, oltre che ad una rissa tra ragazze. « Questa qui è una festa in maschera di Halloween e i vostri affari privati non interessano a nessuno. »
Nella sala si sentì una sorta di “Parla per te!” seguito da delle risatine sparse.
« E va bene! » concluse Mark, seccamente. « DJ, rimetti la musica e quel che deve succedere succeda. E non dite che non vi avevo avverti... »
Ma non ci fu affatto modo di rimettere la musica e continuare a festeggiare la macabra festa di Halloween. Le parole di Mark furono improvvisamente coperte da uno strillo acutissimo e agghiacciante proveniente da fuori.
« C-cosa... chi ha urlato? » chiese qualcuno, con voce terrorizzata. 
Mi voltai di scatto verso Hugo e vidi il mio orrore riflesso nei suoi occhi: era successo qualcosa di grave. Nessuno osava muoversi, nessuno riusciva a fare un passo.
« Chi ha urlato in quel modo? » insistette la prima voce.
« Non lo so! » si sentì in risposta. « Proveniva da fuori! » Poi ci fu un altro strillo e parecchi passi, come se fuori stessero iniziando a correre per i corridoi.
Nel giro di qualche secondo, eravamo tutti fuori alla Stanza delle Necessità. Hugo mi prese la mano e insieme ci facemmo largo nel corridoio del settimo piano, dove sembravano stipati quasi tutti gli studenti del castello. Notammo in un baleno l'agitazione che regnava: alcune ragazzine del primo anno piangevano e altri studenti sussurravano spaventati tra di loro. 
Fissai mio cugino con intensità e, con un muto accordo, chiedemmo permesso per passare avanti e vedere cosa fosse successo. In un primo momento, non notammo nulla di strano a parte i professori, bianchi come cadaveri. Poi la parete catturò la nostra attenzione. Sulla parete, una volta immacolata, erano segnate queste parole:
 
TEMI ANCORA, HOGWARTS: SIA FATTA GIUSTIZIA.
E COME MOSCERINI, DI NUOVO, VERRANNO SCHIACCIATI.

E sotto alla scritta nera come la pece il corpo insanguinato di Bellatrix Lestrange.

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Capitolo 7
*** Problemi di ordinaria amministrazione. ***


Mi scuso per il gigantesco ritardo nell'aggiornamento ma se volete prendervela con qualcuno prendetevela con la scuola. E anche con il mio pc di merda, se vi va. E dato che è passato tanto tempo ecco a voi un riassunto delle puntate precedenti: Lily e Hugo cercano in tutti i modi di scoprire qualcosa riguardo a quello che succede nel paese ma gli avvenimenti di Halloween sconvolgono i loro piani. Non solo Lily litiga a morte con Cassandra Smith compromettendo il rapporto con Lysander ma l'aggressione a Bellatrix Lestrange mette fine in modo sanguinoso a quella che doveva essere una felice festa di Halloween.

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Problemi di ordinaria amministrazione. 

E sotto alla scritta nera come la pece il corpo insanguinato di Bellatrix Lestrange. 
« Non è morta! »
Non appena il professor Brown pronunciò quelle parole sentii di nuovo il terreno sotto alle mie gambe molli, gambe che non appena avevano visto il corpo della Lestrange avevano ceduto come se fossero di fragile ceramica. Bellatrix non mi era mai stata simpatica, anzi, la detestavo tanto quanto si detesta una squadra avversaria a Quidditch (proprio per essere sportivi al massimo), ma vederla in quello stato non era stato per niente bello. 
Il suo abito da festa era insanguinato nella zona del petto e creava col pavimento una piccola pozza di un rosso spaventoso, di quelli presenti nei terrificanti film horror Babbani che zia Hermione ci aveva sempre proibito di vedere e che noi, come ci si doveva aspettare, vedemmo lo stesso. 
Nonostante lo spettacolo non fosse dei migliori, non riuscivo veramente a togliere gli occhi di dosso a Bellatrix e chiedermi cosa fosse accaduto per ridurla in quel modo. 
« Non è morta. » disse nuovamente Brown con la voce flebile, mentre la McGranitt si avvicinava al corpo della ragazza, guardandola in modo intenso e con un pallore spettrale sul volto. Alcuni studenti tirarono dei sospiri di sollievo; altri rimasero immobili e col fiato ancora sospeso. « Preside, se posso dire la mia, la Fattura eseguita su Bellatrix mi sembra una Fattura da principianti e inoltre mi pare che il san... » 
Io, che stavo sporgendo sempre più la testa in avanti, avida di sapere che avesse di strano la Fattura utilizzata dagli aggressori sulla Lestrange, sussultai quando la McGranitt mise a tacere Brown con una forte esclamazione. 
« Tutti gli studenti vadano subito nei loro dormitori! » 
La Preside, nonostante la voce assai tremante, pareva decisa a mostrare il meno possibile quello spettacolo orribile ai ragazzi presenti. Molti studenti le ubbidirono subito e fecero dietrofront, guidati dai Prefetti e dai Capiscuola e sollecitati dagli altri insegnanti; i rimanenti restarono ai loro posti, impietriti dalla paura e con lo sguardo che si spostava dalla scritta minacciosa al corpo inerte e insanguinato di Bellatrix. 
« Avete sentito la Preside? » fece eco quel lecchino di Coleman, non sprecando neanche una minima occasione per far valere la sua autorità da Vicepreside. « Tutti nei dormitori! » 
« Ma Preside! » intervenne Nott, facendo un passo verso di lei e guardando in cagnesco il gruppetto di Grifondoro. « E Bellatrix? Io non me ne vado da qui con lei in questo stato! Insomma, guardate! Guardate tutti cosa le hanno fatto i figli degli eroi della Seconda Guerra Magica! » 
Stetti per un attimo concentrata sul viso aggressivo di Nott, non avendo la più pallida idea di chi il ragazzo se la fosse presa e per quale motivo gli occhi di tutte le persone nel corridoio erano piantati in buona parte su di me. Poi riflettei per un millesimo di secondo sulle parole “figli degli eroi della Seconda Guerra Magica” e conclusi che, Merlino, stava parlando proprio di noi. E quindi anche di me. Soprattutto di me. 
Ragion per cui mi sentii la coda estremamente di paglia. 
« Ma che stronzate stai dicendo? » sbottai, esterrefatta dall'accusa mentre ricambiavo le occhiatacce del Serpeverde piantandomi sui talloni. 
« Nott! » esclamò Neville, così sbalordito da non fare caso al linguaggio poco elegante che avevo utilizzato. Molto probabilmente anche lui, avendo due figli ad Hogwarts ed essendo lui uno degli eroi della Seconda Guerra Magica, si sentiva la coda di paglia. « Ti rendi conto di quel che hai detto? Chiedi immediatamente scusa ai tuoi compagni e... » 
Hugo ritenne opportuno interrompere il professor Paciock. 
« Vorresti davvero dire che noi abbiamo fatto del male alla tua amica? » chiese, rabbioso. 
« Ehi, ehi! » si intromise Brown, tentando inutilmente di richiamare a raccolta le persone e di calmare gli animi che di certo si sarebbero presto surriscaldati. 
« E chi, altrimenti? » insistette Nott, furibondo. 
« Che stronzate! » scossi il capo, disgustata da quelle accuse tanto infondate.  
« Ragazzi! » urlarono in coro Neville, Brown e Coleman, quest'ultimo cercando di accavallare l'autorità degli altri insegnanti come se fosse il Re di Inghilterra. Beh, essendo lo schiavetto della McGranitt potevo pure capire che cercasse di accavallare l'intero corpo insegnanti ma d'altra parte un aiuto non poteva che fargli bene.   
« Ma davvero? » chiese la voce sonora di Harper, sovrastando i sussurri concitati degli studenti che non si stavano perdendo neanche una parola dello scontro. « Ce l'avete con noi fin dal primo anno! » 
« Anche voi ce l'avete con noi fin dal primo anno! » intervenne Fred, facendosi largo tra la folla degli studenti per guardare in faccia Nott, Harper e la banda Serpeverde.  
« Ma noi non abbiamo mai fatto del male ai vostri cari amici Grifondoro! » infierì Harper, con una smorfia così arrabbiata che sembrava volesse strangolarci tutti. 
« NON STIAMO STATI NOI AD AGGREDIRE LA LESTRANGE! »
In un secondo, mi ritrovai ad urlare. Chiunque avesse fatto del male alla ragazza quel chiunque non era un Grifondoro, e nemmeno un Corvonero o un Tassorosso. Di certo nessuno studente avrebbe potuto fare una cosa del genere. 
E i Serpeverde devono aver perduto il senno per fare simili accuse. 
« E invece sì! Come credete di svignarvela adesso? » continuò imperterrito Nott. 
« Ragazzi, insomma! » 
Lumacorno, scioccato dallo scontro avvenuto in un momento tanto critico come quello, afferrò un paio di Serpeverde per un braccio e li spinse via dal corridoio come per mettere fine a quella scenetta patetica. La McGranitt, dal suo canto, era ancora china su Bellatrix e la esaminava con mani tremanti. 
Avrei scommesso che stesse seguendo la discussione con le narici che fremevano e pronta a scoppiare in urla isteriche da un momento all'altro. Cosa che non era affatto incoraggiante ma che di certo non avrebbe impedito qualunque tipo di scontro frontale tra me e qualche essere viscido che si trovava in quel corridoio. 
« Svignarcela? Noi? » balzai repentinamente in avanti, pronta ad attaccare. 
Molte persone trattennero il fiato; sentii lo strillo strozzato di Dominique che incitava qualcuno (probabilmente un Caposcuola) a fermarmi immediatamente. 
« Basta. » disse fermamente Brown, spingendomi indietro fuori dalla portata di Nott e dei Serpeverde. 
Nonostante Brown mi oscurasse la visuale dei miei arci nemici viscidi, continuai a ribattere e agitarmi tra le braccia del mio insegnante, che non faceva altro che spingermi verso la direzione opposta ai Serpeverde. 
« Non abbiamo neanche torto neanche un capello alla vostra amica! » insistetti.  
« Ecco! » convenne immediatamente Hugo, sorpassando Brown e puntando il dito accusatore contro Nott e Harper. « Avete bevuto troppa Burrobirra, siete ubriachi! Se continuate ancora ad insistere dovrete vedervela con noi! »
« Esattamente! Insistete ancora e vi prendiamo a calci in cu- » 
« POTTER! WEASLEY! »
E ti pareva se la McGranitt non faceva i nostri nomi quando le serpi ci stanno attaccando da ben dieci minuti e quando una cinquantina di studenti stanno cominciando ad alzare la voce per... un attimo... MA CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO QUI? 
« Razzisti! » si sentì nel corridoio.
Cominciai a guardarmi intorno con gli occhi sbarrati, constatando che non solo i nostri animi e quelli dei Serpeverde si erano surriscaldati, ma anche quelli degli altri studenti di Hogwarts. E la cosa non mi piaceva. Non mi piaceva affatto. 
« Siete dei razzisti! » 
« Voi Serpeverde ne avete ammazzati tanti dei nostri! » 
« Ma cosa volete dai Serpeverde? » sbottò un bimbetto del terzo anno di Grifondoro, a giudicare dal cravattino rosso e oro. « A loro hanno ferito una studentessa, hanno tutto il diritto di parlare! » 
« Ma chi diavolo ti ha Smistato in Grifondoro? »
« Ragazzi! Ragazzi, smettetela! » Coleman, con la sua voce rauca e possente, sembrava impotente di fronte a tutta quella mandria di studenti ribelli e spaventati. 
« RAZZISTI! RAZZISTI! » 
Guardai Hugo e spalancai ancora di più gli occhi: non sapevo più che cosa fare o che pensare, e la folla agitata non aiutava per nulla la situazione. Mi chiesi solo chi fosse l'artefice di tutto quello e cosa fosse accaduto di tanto orribile fuori da Hogwarts per animare gli animi all'interno. Decisamente, il castello cominciava a celare misteri oscuri.
La cosa non era per niente incoraggiante. 
Gli studenti smisero di protestare e azzannarsi solo quando la McGranitt si voltò verso di loro, con un'espressione così severa e arrabbiata che mi stupii che molte persone avessero ancora il coraggio spudorato di guardarla negli occhi. 
« Tutti vadano immediatamente nei loro dormitori. Ora! Subito! In silenzio! » esclamò la Preside, con un tono che non ammetteva repliche.
E repliche non ci furono. Tutti gli studenti fecero seduta stante dietrofront per andare via, alcuni ribelli si limitarono ad una sorta di occhiata malevola alla McGranitt ma anche loro filarono via. Stavo appunto girando i tacchi per unirmi alla coda e seguire i Prefetti e i Capiscuola della mia Casa quando una mano mi prese per la spalla e mi costrinse a voltarmi. 
« Potter! Weasley! » 
Era la Preside.
E ti pareva? 
In un secondo avrei voluto tanto essere uno di quegli studenti che sarebbe andato via indenne dalla situazione. Prima di voltarmi lentamente verso la mia adorata Preside vidi Lysander dare una mano ad una stravolta Cassandra Smith, che di sicuro avrebbe approfittato di quella situazione disperata per fare la gatta morta sul biondastro e fargli dimenticare gli avvenimenti della festa e, soprattutto, lo scontro frontale con me; Lorcan, autoritario anche in situazioni del genere ma comunque molto agitato, cercare di mantenere il suo solito controllo da Prefetto; e i miei cugini e i fratelli Paciock trotterellare dietro ai Capiscuola. 
Quando io e Hugo ci voltammo, la McGranitt ci squadrò da capo a piedi.
« Nel mio ufficio. Adesso! » decise, respirando affannosamente. 
« Ma professoressa... » obiettai. 
« Immediatamente! » urlò lei. 
Il mio istinto di sopravvivenza mi consigliò accuratamente di seguire il suo ordine.


 
***
 
 
« Non siamo stati noi ad organizzare la festa di Halloween, signora Preside! » 
La McGranitt marciava come una pazza avanti e indietro per il suo ufficio, brandendo la bacchetta in modo minaccioso e tamburellando con essa su ogni oggetto che aveva avuto la sfortuna di trovarsi alla sua portata. Sembrava davvero su di giri, indecisa su chi prendersela. Una cosa, però, era certa: voleva a tutti i costi trovare il pretesto per prendersela con me e mio cugino. 
Dico, una ragazza ci è quasi rimasta secca stasera e lei pensa alla festa illegale di Halloween che noi NON abbiamo organizzato?
« Voi c'entrate sempre in qualcosa. » buttò lì la McGranitt, senza alcun senso logico. Con uno svolazzo della bacchetta accese il fuoco nel camino, che fece un gran rumore e scintillò minacciosamente all'interno della stanza.
Deglutii rumorosamente. 
« Questa volta è diverso, la festa non l'abbiamo organizzata noi. » disse Hugo, tentando di mantenere la calma e ripetendo quella frase per la decima volta di seguito da quando avevamo messo piede nell'ufficio della Preside. 
« Ma ci siete di mezzo! » insistette lei, incrociando le braccia a continuando a marciare. 
« Sì, ma... » cominciai. 
« E Bellatrix Lestrange era alla festa. » 
« Sì, ma... » tentai nuovamente. 
« Niente scuse! » la McGranitt stava tremando. « I vostri genitori devono essere immediatamente informati! Non presentarsi in Sala Grande per la festa di Halloween organizzata dalla scuola ed unirsi ad una illegale organizzata da voi ragazzi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso! » 
Fatemi capire, il vaso ha traboccato per la festa illegale e non per l'aggressione? 
Qualcosa non quadrava. Qualcosa non quadrava per niente. 
« Preside, ma noi non c'entriamo niente! » ripeté Hugo disperatamente, sfregandosi la guancia col trucco per Halloween e cercando di assumere un comportamento che la Preside poteva definire responsabile e dignitoso. Dal mio canto, lo imitai subito. « Nè con la festa di Halloween nè con l'aggressione. »
La McGranitt sussultò. 
« Aggressione? » chiese, alzando le sopracciglia. 
Io e Hugo ci fissammo, straniti. 
« Sì, Preside. » mormorò mio cugino, intimorito. « L'aggressione a Bellatrix Lest... » 
« Si è trattato solo di uno sciocco scherzo di Halloween. » lo interruppe lei, in tono spiccio e che non ammetteva proteste. Ci diede velocemente le spalle e andò alla finestra, stringendo le dita attorno al marmo. 
« Di uno sciocco scherzo di Halloween?! » ripetei, a bocca spalancata, incapace di credere alle parole uscite dalla bocca della Preside. « Ma... ma... non si scherza su queste cose, neanche noi avremmo potuto... » 
« Silenzio! » 
« Bellatrix Lestrange poteva rimanerci secca! » tentai di ragionare, cosa che accadeva raramente e per questo da apprezzare. « Questi non sono affatto scherzi da fa... »
« Silenzio! » esclamò nuovamente la McGranitt, allontanandosi dalla finestra. 
Tacqui immediatamente, rimanendo con la bocca semi aperta come chi è stata appena messa a tacere da un potente incantesimo. 
« Purtroppo per me, ho una certa amicizia con questi scherzi di Halloween. » continuò la Preside, con le narici che stavano cominciando a fremere per il nervosismo. « Una volta ne organizzaste uno simile in tutta la sua magnificenza, ricordate? » 
Io e Hugo spalancammo contemporaneamente la bocca per rispondere ma la Preside fu più veloce. 
« Sì, ricordate benissimo. » si rispose, facendoci capire che la domanda era probabilmente una domanda retorica. « E anche se questa volta non siete stranamente coinvolti in nulla, non mi resta altro da fare che scoprire l'architetto dello scherzo che, seguendo il vostro esempio, ha voluto mettere in scena qualcosa che vi superasse. Che superasse il vostro assurdo record. »  
Non so per quanto tempo stettimo in silenzio ma dopo quelle che parevano ore Hugo si decise a dire qualcosa a nostra discolpa. 
« Ma, mi scusi, come si può pensare ad uno scherzo? » chiese, con una voce così sottile che mi sorpresi riuscisse ad emettere qualche suono. « Qui sta accadendo qualcosa di grave. Non sembrava uno scherzo di Halloween... »
« Sciocchezze! » ribatté velocemente la McGranitt, come per chiudere la discussione ed averla vinta.  
« Ma Preside... » 
« Silenzio! » la McGranitt fece praticamente ingoiare la lingua a mio cugino. 
Inarcai le sopracciglia: non riuscivo a crederci. Nessuno poteva fare uno scherzo del genere, nemmeno ad Halloween. Inscenare la morte di qualcuno o far finta che questo qualcuno fosse morto in modo così atroce non era il massimo del divertimento. E poi, le facce spaventate di tutti, le due urla che avrebbero fatto venire i brividi anche ad un Troll, la scritta minacciosa sul muro e il corpo realmente insanguinato di Bellatrix Lestrange non facevano affatto pensare che si trattasse di uno scherzo.
Pensai alla McGranitt e alla sua reazione. Sembrava nascondere qualcosa, oppure... ci stava davvero nascondendo qualcosa. Quello che era successo non era uno scherzo, si trattava di Magia Oscura. E io, che avevo origliato una conversazione segreta pochi giorni prima, colsi in un secondo il significato di tutto quello: mio padre aveva convinto la Preside a non diffondere il panico anche a scuola. 
Decisi di intervenire e di mettere in azione il nuovo piano. 
« Sì. » dissi, rompendo il silenzio orribile che si era creato. « Secondo me la Preside ha perfettamente ragione. » e con questo feci voltare dalla mia parte prima la McGranitt e subito dopo mio cugino, la prima con espressione incredula e il secondo con espressione a dir poco sconvolta. 
« Come hai detto, Potter? » chiese la Preside, come se non avesse capito bene. 
« Già. Come hai detto, Potter? » fece eco Hugo, guardandomi con insistenza.
La McGranitt lo fulminò con un'occhiataccia e Hugo si ritrasse in fretta.
« Ho detto che ha ragione, professoressa. » ripetei, convincente. « Ora che mi ci fate pensare, alcune persone alla festa avevano intenzione di fare qualche scherzo del genere. E poi, è Halloween. Come si può pensare ad un'aggressione? Hogwarts è il luogo più sicuro del mondo. »
Certo, tralasciando il fatto che un insegnante pazzoide voleva ammazzare mio padre durante il suo primo anno, e senza contare l'apertura della Camera dei Segreti che aveva quasi fatto tirare le cuoia a mia madre, per non parlare proprio della faccenda del Torneo Tremaghi in cui qualcuno aveva effettivamente tirato le cuoia, e per non sfiorare nemmeno l'argomento “Mangiamorte e Voldemort ad Hogwarts” e la battaglia finale in cui molta gente aveva tirato le cuoia, tra cui anche mio padre, ma non si è mai saputo come all'improvviso risorse felicemente come Gesù Cristo. Sì, tutto sommato Hogwarts era davvero un posto sicuro. 
Anche adesso che qualcuno ha trovato il modo di entrare nel castello per commettere qualche pericolosa aggressione e farci crepare tutti. 
La Preside ancora mi guardava come se mi fossi improvvisamente trasformata in un tenero unicorno rosa confetto (Hugo, invece, quasi aveva gli occhi fuori dalle orbite) ma, scuotendo velocemente il capo, trovò in un attimo la voce che aveva momentaneamente perduto. 
« Oh... ehm... bene! » disse, sollevata dal mio breve e convincente intervento, anche se un tantino sospettosa. « Adesso vi consiglio di andare nei vostri dormitori e di rimanerci. » 
« Ma... » obbiettò Hugo, ancora confuso. 
Diedi un pestone a mio cugino e lui, con occhi lacrimanti, non dovette far altro che seguirmi in silenzio fuori all'ufficio della Preside fino ai dormitori. 


 
***
 

Il mattino successivo, la McGranitt si svegliò con tutte le intenzioni necessarie per fare un bel discorsetto agli studenti e giustificare cosa fosse successo la notte di Halloween. Come avevo ipotizzato, la Preside riuscì a convincere quasi tutti gli studenti a credere alla faccenda dello scherzo, ma si vedeva lontano un miglio che i rapporti tra le varie Case e i Serpeverde erano tesi. 
Fred, dopo aver ripetuto dieci volte nell'arco di cinque secondi “qualcosa non quadra” dovette ammettere che quello che non quadrava era il pensiero che qualcosa non quadrava e decise, piuttosto, di mettersi alla ricerca dell'architetto dello scherzo per complimentarsi vivamente con lui. Al che, Frank e Louis quasi l'avevano scannato vivo ripetendo a spada tratta che non era una cosa carina nè da fare nè da dire. Gli unici ad essere ancora confusi sulla faccenda erano Dominique (“È davvero uno scherzo? Credo di sì, oppure no, oppure sì”) e Hugo, che mi alitò sul collo per tutta la mattinata fin quando non fummo rinchiusi nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure per la prima lezione del sabato. 
« La lezione di oggi sarà semplicemente una lezione di ripetizione. » stava dicendo Brown alla classe. La cosa parve così strana a tutti che ci guardammo improvvisamente tra di noi, facendo piccole smorfie e alzando le sopracciglia. « E non fatemi quelle facce da Troll! Ripeteremo quello che abbiamo fatto fino ad adesso. Sì, Lorcan, tutto quello che abbiamo fatto. » mise in chiaro, spettinandosi i capelli corvini. « Merlino, quanto siete pappamolli. » fu il suo commento finale. 
« Anche noi le vogliamo bene, prof. » dissi, tenendo alta la voce per farmi sentire dal mio adorato insegnante. Lui mi udì e rise, ammonendomi con un dito mentre la classe ridacchiava e cominciava a dire la propria. 
« Sempre inopportuno tu, eh, Lorcan. » ci tenne a dire Hugo, dando al ragazzo un buffetto sulla spalla. 
« Piantala. » ribatté velocemente Lorcan, scrollandosi di dosso la mano di mio cugino e facendo uno sbuffo così rumoroso che perfino i ragazzi al primo banco si voltarono per guardarlo. 
Lisa Finnigann, la mia compagnia di dormitorio, fece scattare la mano in aria. 
« Lavoreremo ancora in coppie? » chiese, rivolgendosi al professore. 
Brown annuì e disse: « E dato che abbiamo due ore abbondanti direi di cominciare solo con cinque coppie. Gli altri prestino bene attenzione che dopo tocca a loro. Avete sentito voi due scansafatiche, lì in fondo? » 
Inarcai le sopracciglia e indicai me stessa, con un punto interrogativo. Accanto a me, ero sicurissima che Hugo avesse fatto la stessa cosa. 
« Sì, proprio voi due. Sono stato chiaro, terremoti? » confermò Brown, guardandoci da sopra alla grossa pila di libri da lettura che si trovava sulla cattedra.
Ci furono delle risatine sparse per la classe mentre io e mio cugino facevamo cenni di assenso, rassicurando Brown che non avremmo fatto troppo baccano. 
Per la lezione di Difesa, il professore scelse cinque coppie (fortunatamente io non ero stata scelta) e le mise al centro della stanza, cominciando a dar loro indicazioni e a commentare le loro azioni di attacco. Gli altri, tra cui anche io (stranamente), osservavano attentamente la scena. Poi la voce di Hugo mi arrivò alle orecchie come a un kilometro di distanza. 
« Lily... » 
« Minchia che colpo, Lorcan! » scoppiai a ridere a squarciagola, indicando Justin che era appena finito a terra tenendosi tra le mani qualcosa che non sto qui a dire. « Gli ha proprio colpito le pall- » 
« Lily. » scandì Hugo, e pareva davvero irritato. 
« Oho! E Smith reagisce! » urlai, scoppiando nuovamente a ridere a causa della nuova mossa alla Babbana di Justin contro Lorcan. Smith, infatti, si era alzato da terra e si era gettato su Lorcan a braccia aperte, mollandogli un pugno in testa. « Ma professore! Non aveva detto che il combattimento alla Babbana non valeva? » aggiunsi, profondamente confusa: i due sembravano darci dentro con le mani in quel momento. 
Brown parve allarmato.
« Infatti! » esclamò. « Fermi! Fermi, voi due! » 
Ci fu un balzare in piedi collettivo: chi si alzava in piedi per aiutare Lorcan a scrollarsi di dosso Smith, chi per aiutare Brown a rimproverare i due ragazzi, chi per incitare uno dei due combattenti, chi semplicemente per godersi la scena. Io, dal mio canto, ero accasciata sul banco a ridere convulsamente. 
Abbiamo due esseri particolarmente virili in classe, devo ammetterlo.
« LILY! » sbottò ancora una volta mio cugino. 
« Eh?! » feci, finendo bruscamente di ridere e fissando il volto arrabbiato di Hugo. 
Ma cosa...?
Hugo incrociò le braccia al petto con un espressione esasperata e si avvicinò al mio volto, inspirando profondamente. La scena non era particolarmente bella da vedere ma feci del mio meglio per non ritrarmi dal viso contratto di mio cugino e di assumere un atteggiamento abbastanza neutrale. 
« Ho capito che stamattina non potevi parlare. » continuò Hugo, la voce ridotta ad un sussurro che a malapena si udiva. « Ma adesso vuoi dirmi che diavolo succede? Non crederai veramente alla storiella della McGranitt. Non mi sembravi molto convinta... » 
Chi meno perspicace di zio Ron esiste sulla faccia della Terra? Ovviamente suo figlio. 
« Ancora con questa storia? » sospirai, capendo immediatamente cosa aveva spinto Hugo a guardarmi così orribilmente. « Non possiamo parlare adesso, non possiamo proprio parla- » 
« E invece credo proprio di sì. » mi interruppe Hugo, con determinazione. 
« Ci siamo dimenticati di prendere le pillole del buon umore, stamattina? » 
« Le tengo conservate per quando mi farai penare più di quanto non stia già facendo. » Hugo mi fece un sorrisino così finto e ironico che mi decisi a vuotare il sacco, a malincuore.   
« Senti. » dissi, abbassando di moltissimo la voce, irritata dal fatto che Hugo non era riuscito a cogliere il nocciolo della questione. « Qualcosa di Oscuro sta accadendo sia fuori che qui dentro... e la Preside ha deciso di nascondercelo. Quello che dobbiamo fare adesso è assecondarla, come ho fatto io ieri. Vogliono farci credere che va tutto bene? Ok, stiamo al loro gioco. Ma indagheremo e non attireremo sospetti su di noi mentre cerchiamo di scoprire cosa succede. » 
Fu come se quella importante rivelazione avesse aperto la mente annebbiata (per non dire rimbambita e da rincoglionito totale) di Hugo. Aveva, infatti, spalancato gli occhioni e annuito lentamente: in quel momento, ne ero sicura, ci capivamo come non mai. 
Ringraziando Merlino. 
 « Allora. » ad Hugo parve ritornare in mente che non eravamo soli in quella stanza e si decise a controllare che nessuno fosse a portata di orecchie. « Dobbiamo supporre che non hanno ascoltato Draco. Hanno deciso di tenere nascosto tutto agli studenti, proprio come tuo padre aveva deciso. » 
Santo cielo, sconfigge un mago Oscuro e crede di essere Dio.  
« Esattamente. » confermai, stringendo i pugni. « E noi dobbiamo solo far finta di credere alle sciocche giustificazioni che ci hanno rifilato. Qualunque cosa sia successa alla Lestrange di certo non era uno scherzo. » 
Sentendomi stranamente osservata dopo quella inquietante affermazione, mi affrettai a voltarmi prudentemente, scoprendo che gli occhi di Lysander erano posati con una certa e fastidiosa insistenza su di me. Abbassai il capo con espressione stranita e gli voltai velocemente le spalle, tornando a guardare mio cugino e avvicinandomi ancora di più a lui con l'ansia che la nostra conversazione potesse venire udita da qualcuno. 
Tossicchiai.
« Beh. » ripresi, cercando di pensare a Scamander il meno possibile e ringraziando il cielo che Lorcan e Justin avessero messo in atto una violenta lotta Babbana proprio in quel momento. « Adesso la domanda è una: chi è l'artefice dell'aggressione? » 
« Di certo non quelli di Serpeverde. » rispose Hugo, prontamente. « Non li vedi? Sono furenti, hanno aggredito una loro studentessa. » 
« Ma allora chi è stato? » domandai, la voce ridotta ad un sussurro roco. « Bellatrix fa parte di quella cerchia di ragazzi con i genitori ex Mangiamorte, suo padre stesso era un Mangiamorte. » 
« Quindi tu pensi che...? » 
« No, non possono essere stati i nostri. » 
« E allora chi? » 
Scrollai le spalle, in cerca di risposte. 
Hugo disse, non molto convinto: « Potrebbero esserci tante motivazioni, i nostri possono essere estranei a questa storia. » 
« Forse gli ex Mangiamorte hanno colpito la prima persona che capitava. » ipotizzai, anche se mi sembrava una cosa troppo avventata e pericolosa. « Mai a pensare che potessero colpire una di loro. Dopo la Guerra, di Serpeverde Purosangue ne sono rimasti pochissimi. » 
« Giusto! Di solito sono i Grifondoro ad andare a zonzo per i corridoi. Non avranno pensato che fosse una serpe e l'hanno attaccata. »
« Molto probabile. » 
« Comunque, sono stati molto stupidi. » annuì Hugo, con convinzione. 
« Oppure molto intelligenti. » lo corressi.  
Io e mio cugino rimanemmo a fissarci intensamente per qualche secondo, non notando nemmeno per un millesimo di secondo che Brown aveva ordinato alle coppie in campo di andare a sedersi per fare spazio alle altre cinque coppie. Stralunata come ero, non mi accorsi nemmeno che tutti stavano guardando me e che la mano di Scamander era a pochi centimetri dal mio volto super concentrato. 
Sbattei le palpebre. 
« Ma c-che...? » balbettai, allontanando la testa dalla mano del biondino. 
« Tocca a noi. » disse Lysander semplicemente, avviandosi al centro della stanza. 
Feci una smorfia a mio cugino e seguii senza alcuna voglia Scamander, meditando un piano di uccisione nei suoi confronti che non comprendesse anche la mia tragica e orripilante morte prematura. 


 
***

 
Alla fine della disastrosa lezione di Difesa, corsi praticamente via da Lysander come se fosse un grosso mucchio di cacca di drago da cui stare alla larga e mi sedetti accanto ad Hugo, cercando di guardare il meno possibile il biondastro per quanto i miei occhi me lo permettessero. 
Come se ci stessi riuscendo.
In effetti, sembrava che ci fosse rimasto male per quella improvvisa fuga ma d'altro canto non aveva fatto altro che fissarmi intensamente e fastidiosamente per tutto il tempo, tanto da farmi distrarre parecchie volte. E quelle distrazioni, si sapeva, portavano alla sconfitta. E di conseguenza alle figure di merda in presenza dell'intera classe. Probabilmente, eravamo stati l'unica coppia, a parte quella formata da Lorcan e Smith, a fare davvero schifo. E io odiavo fare davvero schifo. 
Dovrebbe farsi un grosso esame di coscienza, il biondino. 
« Bravi, ragazzi. » disse Brown, complimentandosi con tutti. 
Ma bravi un cazzo! – pensai, anche se il professore non aveva affatto guardato me e Lysander quando si era complimentato con le varie coppie. Cosa che mi toccava a fondo nell'orgoglio. 
« Siete stati veramente bravi. » continuò l'insegnante. Assunse una sorta di cipiglio incerto e si corresse, dicendo: « Beh... ci sono stati piccoli inconvenienti ma... siete stati bravi. » 
Feci roteare gli occhi e li puntai sulla nuca ossigenata di Lysander, immaginando di riempire di cazzotti quella faccia da secchione che si ritrovava. 
Dico, proprio lui mi doveva capitare come partner? 
« Beh, ora vi starete chiedendo come mai vi ho fatto fare questo... dico bene? » volle sapere Brown, alzandosi dalla cattedra e fissandoci tutti in attesa di risposte. 
« Io me lo sono chiesto. » rispose Smith in tono pomposo, squadrando Lorcan come se fosse Voldemort in persona e non desiderasse altro che farlo sparire dalla faccia della Terra. 
« Tutti se lo sono chiesti. » intervenni, e Lorcan annuì con convinzione. 
Da quando la sorella di Justin Smith, Cassandra, aveva superato il limite con me ci tenevo sempre di più a detestare a morte anche il fratello. Anche se in questo modo potevo, molto probabilmente, passare senza volerlo dalla parte di Lorcan Scamander. 
Beh, meglio Lorcan Scamander che Justin Smith. No? 
« A me non sembra che tutti si fosse posti questo quesito. » ribatté Justin, facendo un finto sorriso affabile e dandosi un contegno da letterario in carriera. 
« Oh, chiudi il becco, Smith! » sbottò Hugo esasperato, rivolgendo tutta la sua attenzione a Brown e ignorando il ragazzo in questione. « Continui pure, professore. » 
Brown alzò gli angoli della bocca in quello che doveva essere una specie di sorriso incoraggiante e disse: « Come vi avevo fatto capire, lo scopo di oggi era semplicemente quello di prepararvi. Ricordate della mia idea di fondare il Club dei Duellanti? Bene, trovo che sia arrivato il momento di metterlo su. » 
Spalancai gli occhi, meravigliata: un Club dei Duellanti era proprio quello che ci voleva, in quel momento. Avrebbe potuto aiutare tanti studenti, avrebbe potuto preparare tutti a quello che stava accadendo lì fuori. 
In un attimo, la classe era scoppiata in commentini eccitati. Solo Justin Smith sembrava dubbioso, ma nessuno gli diede troppa importanza. 
« E quando dovrebbe iniziare questo Club? » chiese quest'ultimo, altezzoso. Lanciò un'occhiatina malevola ad Hugo per chissà quale motivo e poi si voltò verso l'insegnante, col naso all'aria. 
« Domani stesso. » rispose il professor Brown, con determinazione. 
La companella riempì il silenzio e tutti quanti ci alzammo, contemporaneamente. Guardai mio cugino con un sorriso e lo afferrai per un braccio, salutando in fretta il professor Brown e dandomela praticamente a gambe. Mi sentivo ancora addosso lo sguardo di Lysander e feci di tutto pur di intrufolarmi tra gli studenti per seminarlo di buona ragione, con Hugo che quasi bestemmiava al mio fianco. 
Il problema era che non volevo proprio vedere quella sua brutta faccia da secchione per davvero molto tempo, e mai mio cugino avrebbe potuto capire il rancore che provavo nei confronti di Scamander. In effetti, nessuno avrebbe mai potuto capire. 
« Ma sei impazzita? » sbottò Hugo terrificato, ma cercando di assumere un certo contegno nel bel mezzo del corridoio del quarto piano. « Mi hai fatto finire su Madison Stuart, quella stavolta mi ammazza davvero se la sfioro di nuovo. » e rabbrividì. 
Madison Stuart era la ragazza più spaventosa che avesse mai messo piede ad Hogwarts, e con spaventosa intendo col vero senso della parola. Era grassa e altissima, con un viso gonfio sempre molto rosa e con stopposi capelli neri, dotata di una forza da paura e, sfortunatamente, io e mio cugino avevamo avuto modo di battercela con lei. Finendo direttamente in Infermeria, si capisce. Quasi in coma profondo, si capisce anche questo. 
Scoppiai a ridere al pensiero, anche se non c'era nulla di cui ridere. 
« Scusami, stavo pensando a Brown. » mi giustificai con mio cugino, mentendo prontamente. 
« Impazzito anche lui... » 
Avevo sempre saputo che il professor Brown era matto da legare, ma non avevo mai pensato potesse davvero spingersi fino a questo punto. L'unico problema che poteva ostacolare il professor Brown era l'illegalità del Club. Se la McGranitt era in città per fare chissà cosa e Coleman era d'accordo su tutto quello che diceva la Preside essendo il suo fedele cagnolino leccaculo, dovevo supporre che Brown sarebbe andato incontro ad una serie di problemi che non avevano niente a che fare con gli studenti. 
In alcun modo, comunque, il Club dei Duellanti stava cominciando ad incuriosirmi non poco. 
« Secondo te Coleman farà storie? » chiesi, conoscendo già la risposta. 
« Mi sa proprio di sì. » mi rispose una voce familiare.
Mi voltai di scatto con un sorriso, trovandomi di faccia al terzetto per eccellenza: Fred, Louis e Frank. Fred sembrava più radioso che mai e si sfregava continuamente le mani con un sorrisino malizioso, Louis appariva abbastanza tranquillo come sempre e Frank sfoggiava un lungo muso da manuale. 
Strizzai l'occhio a Fred e mi sedetti sulla finestra di pietra che dava nel cortile della Torre dell'Orologio, facendo penzolare entrambi i piedi. 
« Allora? » Hugo fece un gran bel sorriso, dimenticando il corpo a corpo con la Stuart. « Che ve ne pare di questo nuovo progetto? Credo che adesso tutta la scuola ne comincerà a parlare. » 
« Mi piace! » rispose prevedibilmente Fred, appoggiandosi con le spalle alla fredda pietra dura. « A questi due no, invece. »
« Non ho mai detto che non mi piace. » lo corresse Louis, con la solita pacatezza che lo distingueva da tutti i ragazzi. Lanciò uno sguardo esasperato a Fred e continuò: « Anzi, mi sembra davvero una fantastica idea. Solo che dopo l'attacco alla Serpeverde... ho i miei dubbi che si tratti di uno scherzo. » 
« Ti iscriverai? » chiese Frank. 
« Certo che sì. » rispose Louis, guardando l'amico come se fosse impazzito. 
Hugo alzò un sopracciglio nella mia direzione. 
« Bello il nostro Louis! » esclamò, toccando con forza i gioielli di famiglia nel carissimo Louis e provocando una serie di risate senza fine da parte nostra e l'imbarazzo del malcapitato.
« Hugo! » sbottò Louis, cercando di sottrarsi alla sofferenza. « Hugo, accidenti! Fermo! » 
Fred quasi rotolava a terra dalle risate; io sembravo in preda ad un attacco isterico di risate a non finire e Frank guardava la scena come se pregasse Merlino che quella tortura non capitasse mai a lui in tutta la vita. 
Quando Hugo si decise a lasciare Louis e i suoi delicatissimi gioielli, quest'ultimo gli lanciò un'occhiataccia degna della McGranitt e si aggiustò i capelli che il cugino gli aveva scompigliato, gettandoli all'indietro e accarezzandoli delicatamente con le mani.
« Hugo, prova a rifarlo e vedrai che ti succede. » minacciò Louis, socchiudendo gli occhi e respirando lentamente.    
Alcune ragazze che passavano di lì fecero un rumoroso sospiro beato e trotterellarono via ridacchiando come oche tra di loro, non avendo occhi che per il bellissimo Louis. Fred e Hugo, che stavano cercando di attirare l'attenzione delle ragazze in questione con ammiccamenti e occhiolini, sbuffarono.
« Due di picche in arrivo? » sghignazzai, alzando ripetutamente le sopracciglia nella direzione dei miei cugini.  
« Taci tu. » mi intimò Hugo, aggiustandosi il colletto della camicia. « Che oggi non hai fatto altro che guardare Lysa... » 
Ma allora mi ha vista, quel pezzo di merda?! 
Strabuzzai gli occhi e diedi un forte pugno nello stomaco di mio cugino, che pronunciò il nome di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato-Altrimenti-Hugo-È-Morto in modo molto incomprensibile. Per sua grandissima fortuna, dovrei precisare. 
Ma che brutto figlio di un Troll!  
« ... per tutto il tempo. » concluse Hugo, facendo un colpo di tosse. « Stronza! » 
« Essere disgustoso, spero di battermela con te al Club. » minacciai, facendo schioccare le nocche. 
« Fatti avanti. » Hugo allargò le braccia, come pronto allo scontro.
« Se mi faccio avanti ti rompo il culo. » 
Fred, Louis e Frank scoppiarono a ridere. Poi Frank tossicchiò. « Vedo faide familiari dappertutto. » disse, sospirando. « Tornando al discorso del Club di Brown... secondo voi come sarà? » 
« Pieno di ragazze in gamba, Paciock, non so se mi spiego. » risposi, suscitando forti risate da parte dei miei cugini e l'imbarazzo di Frank, che si fece rosso come un pomodoro. 
« Seriamente! » protestò Frank. 
« Ero seria, Frankie. » sorrisi. « Io non sprecherei questa occasione se fossi in... oh, Dominique. » 
Domi, sempre circondata da una mandria di ragazzoni dagli occhi a cuoricino, li salutò tutti con un neutro cenno della mano e con un affascinante sorriso e corse verso di noi, attirando molti sguardi da parte del popolo maschile di Hogwarts. Oramai, eravamo tutti abituati: la cosa ci era indifferente. 
« Non riuscivo a liberarmene. » sbuffò Dominique, giocherellando con un boccolo rosso che le era appena sceso sulla spalla, riferendosi ai ragazzi che continuavano a ronzarle attorno. « Wow, ci siete tutti. Che accidenti ci fate qui? »
« Oh, salve anche a te Dominique. » disse Hugo, con abbondante ironia. « È sempre un piacere venire deliziati dalla tua incantevole e affascinante presenza. »
« Ti ringrazio. » ribatté velocemente Domi. Poi fece un sorrisino e mi strizzò l'occhio, con estrema complicità. « Allora, chi si iscriverà a questo nuovo progetto? Io non credo ci sarò. Magari assisto semplicemente, non mi va di sporcarmi le mani. » 
« Non avevamo dubbi. » borbottai. 
Dominique mi fece il versetto. 
« Comunque, ci saremo tutti. » le risposi. « Anche Frank. Sì, hai capito bene, Frankie. Devi metterti in gioco! E ricordati le belle pollastrelle che potrai conoscere. » 
« Lis ha perfettamente ragione. » convenne Dominique. « Bisogna mettersi in gioco nella vita. »
Hugo fece un colpetto di tosse eloquente. « Parla quella che non si iscrive al Club. » altro colpetto di tosse. 
« Questo è un altro discorso! » sbottò Domi. 
« No, non è un altro discorso... » infierì Fred, scuotendo il capo per rendere chiaro il concetto.
« Hugo vuole proprio morire oggi, eh? » sbuffai. « E poi... oh cielo, arriva Baston. » lasciai in sospeso la frase, perché la sola presenza del Capitano riusciva a pietrificarmi letteralmente. 
« E arriva qui furioso. » aggiunse Louis. 
« Fa paura quando è incazzato... » sussurrò Frank, rabbrividendo leggermente. Hugo scoppiò a ridere ma non appena Baston si avvicinò al nostro gruppetto quasi si morse le labbra a sangue per non ridere di nuovo. 
« Potter. » disse il Capitano, piantandosi proprio di fronte a me con la mascella contratta. Mi chiesi vivamente cosa avessi fatto di male quella volta: non erano mica programmati gli allenamenti di Quidditch al campo? Se era così potevo chiaramente dire addio alla vita. « Weasley. » si rivolse anche ad Hugo, meno aggressivo di quanto avesse fatto con me. 
« Baston. » dicemmo io e mio cugino, straniti. 
« Ho prefissato gli allenamenti al campo per oggi pomeriggio. » ci informò il Capitano, senza troppi giri di parole e senza falsi “come va? tutto bene?” che di certo non era nella sua indole. « Merlino santissimo, ma sapete che giorno è oggi? »
Io e Hugo rimanemmo in silenzio: quando Baston era di quell'umore particolarmente strano e suscettibile era meglio tenersi alla larga e rispondere nel modo più delicato possibile e il più poco possibile, soprattutto. 
« Oggi ci alleneremo duramente. » decise Baston, in modo molto combattivo. « Niente scuse, niente ritardi, niente di niente. Mancano pochissimi giorni alla partita contro Serpeverde, e dobbiamo stracciarli. Mi raccomando, Potter, una sola mossa... » 
Rimase la minaccia in sospeso (forse perché molto probabilmente già conoscevo le solite minacce del mio Capitano) e corse via, con il passo pesante di chi è incazzato nero con tutto il mondo anche se tutto il mondo non lo considerava neanche.
Ma quanto può essere sessualmente frustrato?  
« Sempre molto calmo il Capitano, eh... » commentò Fred, seguendolo con lo sguardo e voltandosi di nuovo verso di noi. « Come l'abbiamo sopportato per sette anni in dormitorio e in classe con noi ancora devo scoprirlo. » 
« Ma è sempre stato così agitato, fin da bambino. » disse Louis.  
« Una volta mi minacciò di morte certa. » ricordò Frank, spalancando gli occhi.  
« E chi non ha minacciato di morte, quello? » rise Hugo.  
Ridacchiai e guardai Dominique, ancora intenta a fissare Baston che si allontanava lungo il corridoio con passo svelto e quasi di marcia. Ero convinta che gli stesse guardando il lato B, che non era da disprezzare come la sua persona dall'ego esageratamente incazzato ventiquattro ore su ventiquattro, ma tutto sommato non era neanche un granché. Insomma, fosse stato il lato B di Scamander avrei potuto capire benissimo.  
« Bel bocconcino. » commentò improvvisamente Dominique, rivolgendomi un sorrisetto malizioso mentre stavo facendo di tutto pur di non pensare al lato B di un biondino di mia conoscenza. 
« C-Cosa?! » domandai, sicura di non aver capito bene. 
« Baston. » rispose Domi. « È un bel ragazzo, no? » ribadì, mentre i nostri cugini erano tutti impegnati a prendere in giro il ragazzo in questione per la sua aria costantemente arrabbiata. 
« Oh, no! » esclamai, scioccata. Non riuscii a trattenere una grossa risatina nervosa e continuai: « No, no! Non ci pensare nemmeno! Tu con Baston? Assolutamente no! Lo distrai solamente dal Quidditch e un Capitano innamorato in squadra non ce lo voglio. Ci farebbe perdere! » 
Domi mi guardava come se fossi impazzita. 
Ma che diavolo ha da guardare? Col Capitano vuole provarci! 
« Dominique. » la ammonii. « Santissimi numi, ti rendi conto con chi vuoi provarci? No, Domi, lo distrai dal Quidditch, non ho dimenticato al quarto anno cosa successe. »
Dominique si limitò a rispondermi con una risatina, una risatina maliziosa che non prometteva nulla di buono. In quel momento, giurai a me stessa che se Grifondoro avesse perso tutte le partite dopo quella con Serpeverde (o anche quella con Serpeverde) sarei stata costretta ad ammazzare mia cugina e farlo sembrare un deplorevole incidente. 
« Ma stai tranquilla. » tentò di rassicurarmi Domi, facendomi pat-pat sulla testa come se fossi un cagnolino.  
« Certo. Tranquillissima. » dissi, sarcastica al massimo. 
Davvero, se Dominique comprometteva la situazione durante le partite di Quidditch non dovevo fare altro che ammazzarla. E in quel momento mi veniva perfettamente di ammazzarla. Stava, appunto, ridendo con aria così maliziosa che mi salì quasi l'istinto omicida. Il problema è che con tanti ragazzi era andata a scegliere proprio Baston. E Baston... beh, si sapeva com'era Baston. 
Ad un tratto, lo sguardo di mia cugina divenne serio mentre guardava dietro di me. L'arrivo di strilletti da oche e risatine giulive mi annunciarono praticamente chi era venuto lì a contaminare quel territorio che fino a pochi secondi prima era tranquillo. Non dovevo voltarmi per capire che Lysander Scamander era nei paraggi. 
Bene, comincia la festa...
Mi voltai un secondo e notai la non presenza di Cassandra Smith, cosa che reputai assai strana. 
« Si crede un figo. » sbuffai, facendo una smorfia disgustata mentre pensavo a quanto potesse essere ridicolo Scamander in mezzo a tutte quelle ochette giulive con cui aveva la non decenza di frequentarsi. 
« Lo è. » mi corresse Dominique, con una certa nonchalance. 
Guardai mia cugina, uccidendola con una sola e rapida occhiata malevola, occhiata malevola che su di lei non sortiva alcun effetto. Dominique, infatti, non aveva battuto ciglio.
Potrebbe almeno smetterla di dire che quel Scamander è un figo in mia presenza?
« Non ti farà piacere sapere che sta salutando le sue amichette per venire qui. » mi informò mia cugina, con aria civettuola. 
« Come diavolo fai a sapere che sta venendo qui? » sbottai, con un sussurro roco.  
« Ehi, Lily. » mi salutò una voce che avrei preferito non udire mai per il resto dei miei giorni.
Ecco come faceva a saperlo. 
Mi voltai rigidamente verso di lui e lo salutai con un secco: « Ciao, Lysander. » 
« Possiamo parlare? » mi chiese lui, senza troppi giri di parole. 
Sbuffai e annuii, seguendolo per tutto il tragitto del corridoio. Non avevo molta voglia di parlare con lui, e nemmeno di guardarlo in faccia (proprio per essere gentile e in pace con me stessa), ma dovetti farlo per forza. Le ragazze (o oche, come preferite chiamarle) che Lysander aveva letteralmente dato buca mi fissarono con odio negli occhi e io non potetti non pensare di essermi fatta altre nemiche. Sempre se quelle oche giulive non mi odiavano già da tempo, e probabilmente era proprio così. 
Inspirai a fondo e guardai Lysander, dal basso. 
Ma quanto poteva essere alto? Merlino porco.
« Ho litigato con Cassandra.
» disse Lysander precipitosamente, senza darmi neanche il tempo di metabolizzare il fatto che mi trovavo a pochi centimetri da lui. 
Rimasi per un secondo imbambolata, fissando con insistenza le sue labbra carnose e rosa e meditando. Avrei tanto voluto dirgli che non mi importava nulla di lui e di quello che faceva, che poteva benissimo tenersi quella Barbie della Smith, che non mi importava nemmeno se avesse intenzione di sposarla e fare tanti brutti bimbi biondi con lei, ma non era così. Mi importava, eccome. Per questo mi decisi a parlare. 
« Come mai?
» volli sapere, a malincuore. 
« Si è comportata malissimo con te.
» rispose Lysander, come se fosse per niente dispiaciuto di aver litigato con la Smith. « Non credo tu l'abbia aggredita senza alcun motivo. Anzi, è stata lei. Mi dispiace, Lily, Cassandra quando è gelosa è davvero intrattabile. »
Quella brutta stronza è sempre intrattabile. 
Non sapendo proprio cosa dire buttai fuori le prime parole che mi vennero in mente. 
« Anche se per difesa spero di averle fatto molto male, durante lo scontro. 
» 
Lysander mi guardò con una strana espressione e forse pensai di essermi spinta oltre. Infondo, lui e la Smith erano ancora amici anche se avevano litigato. E il fatto che avevano litigato per me mi dava altresì una certa soddisfazione, ma...
« Non prendertela con me per tutto quello che ti succede, sia con Cassandra sia in generale. 
» mi disse Lysander, allontanandosi da me pian piano. « Fai solo del male. »  
E voltandomi le spalle andò via, lasciandomi sola coi miei pensieri.


 
***

 
Ero molto pensierosa quando raggiunsi il campo da Quidditch per gli allenamenti. Stavo pensando insistentemente alla conversazione avvenuta con Lysander e alla sua frase finale. Nel profondo probabilmente sapevo di essere in torto. Sapevo che non potevo prendermela con lui su tutto, che non ne avevo alcun diritto. Il fatto era che non sapevo neanche io il motivo di quel mio comportamento. E mai il pensiero che la rabbia e il rancore nei confronti di Lysander, una persona con la quale stavo cercando di andare d'accordo (per quanto la situazione me lo permettesse), derivavano dal fatto che, magari, molto remotamente, Lysander Scamander mi piac... 
« Oh! Sei tu.
» disse Hugo, quando aprii la porta dello spogliatoio, interrompendo bruscamente i miei pensieri.
« No, la fatina turchina.
» ribattei, con abbondante sarcasmo. 
Mi gettai a peso morto su una panchina lì accanto e mi guardai intorno, notando un'atmosfera che negli spogliatoi non c'era mai stata fin dai tempi in cui mia cugina Roxanne, ex Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, aveva lasciato Hogwarts. Infatti, lì nello spogliatoio regnava il caos. Hugo giocherellava con le due mazze da Battitore, facendole cozzare l'una contro l'altra ripetutamente; Remus Jordan e Jerard MacDonald, i due Cacciatori, si spintonavano e facevano battute, ridendo come matti; Cormac McLaggen faceva vedere al timido Micheal River, il nostro Cercatore, come afferrare bene un Boccino anche se Micheal era più che capace di quel ruolo. 
Di certo non era un atmosfera che si vedeva sempre con Baston come Capitano. 
Un secondo. Dove sta...
« ... il Capitano?
» chiesi, guardandomi intorno e aspettandomi di vedere un incazzatissimo William Baston spalancare selvaggiamente con un calcio tremendo la porta del bagno e ordinare a tutti di entrare in campo.
« Ecco appunto!
» fece Hugo, stranito. 
« Ehi!
» spalancai la bocca. « Il Capitano è in ritardo? Aha! Voglio proprio vedere se adesso si incazza! »
« Sì, ehm... » balbettò mio cugino, facendomi delle faccette strane.
Io lo misi velocemente a tacere e continuai: « 
Quando lui fa tardi non conta, vero? » 
« Ehm... Lily, io n-non... » 

« Mmh, credimi, avrei così tanta voglia di riempirlo a calci nel cu- »
« MADDAVERO?! » tuonò la voce che mai avrei voluto udire in quel momento. 
Mi voltai pianissimo, pietrificata, mordendomi la lingua e maledicendo me stessa di aver rimasto la porta dello spogliatoio aperta. Fissai Hugo e capii in un attimo il significato di quei balbettii e mio cugino, dal suo canto, mi guardava di rimando con un'espressione che diceva chiaramente
io ti avevo avvisata, idiota
« Capitano!
» esclamai, con la finta voce di chi è molto contento di vederlo. 
« POTTER!
» sbottò lui adirato, con una vena che pulsava in tempia. In quel momento pareva quasi un colosso, uno di quelli da cui stare alla larga: faceva davvero paura e non ricordavo mai di avergli visto sul volto un cipiglio così severo. Senza contare il cipiglio che aveva quando fu reduce degli scherzi miei e di mio cugino. 
« ... Capitano.
» gemetti, a terra. 
« PORTA SUBITO QUEL CULO PALLIDO FUORI DI QUI!
» decise, sbraitando e infilandosi con forza i grossi stivali. « Tutti voi, muovetevi! In campo! Per trenta secondi di ritardo... »
« Trenta minuti, vorrebbe dire... » borbottò Hugo senza riuscire a trattenersi, mentre mi seguiva fuori. 
« SILENZIO, WEASLEY! Filate tutti in campo! 
» 
E non ci furono né proteste né repliche. Filammo tutti velocemente in campo e cominciammo il nostro allenamento in maniera molto distratta. In realtà, dopo i primi quaranta minuti notammo che nessuno era molto in forma e in grado di sostenere un allenamento, anche se mancavano veramente pochissimi giorni alla partita contro Serpeverde. Io, infatti, stavo ancora pensando a Scamander; Baston aveva la testa altrove ma continuava a sbraitare contro tutto e tutti nonostante il peggiore fosse lui; gli altri due Cacciatori non facevano altro che prendere gli allenamenti come una divertente barzelletta e McLaggen non riusciva a parare neanche se gli avessero lanciato contro una minuscola pallina da golf. 
« SI PUO SAPERE CHE CAZZO STATE COMBINANDO?!
» continuava a tuonare Baston, non facendo altro che fare lo sputa sentenze. « MI SEMBRA DI STARE ALLENANDO DELLE MERDE DI DRAGO! » 
« Secondo me il sole gli è andato in testa. » disse Jerard MacDonald, sfrecciandomi accanto. 
« Direi che il sole è andato in testa a tutti.
» ribatté Hugo, dato che lui sembrava l'unico ad essere realmente in forma per un allenamento, mentre dava un colpo così potente ad un Bolide che quello scomparì dalla vista.  
Sospirai: di certo non era iniziata una bella giornata. Guardai gli spalti e notai una certa affluenza di persone, tra cui spiccava la chioma perfetta di mia cugina Dominique, che attirava sguardi dell'intera tribuna. 
Sono sicura che Domi c'entra qualcosa col ritardo di Baston.
 pensai.  E anche con il fatto che oggi è molto distratt... 
« LILY! 
» 
« Eh?! » feci, più distratta di Baston. 
« Il Bolide! 
»
« Cos... ouch! » 
Troppo tardi. Il violento Bolide di cui avevo avuto la sfortuna di trovarmi accanto mi colpì fortissimo allo stomaco e io mi sentii scivolare dalla scopa, atterrando sul terreno e perdendo conoscenza. Per quelli che sembravano secondi non vedevo che strane lucette bianche poi presi di nuovo conoscenza e misi a fuoco il volto lentigginoso di Hugo, che mi schiaffeggiava con forza. 
« Oh, ti sei svegliata... » sospirò. 
« Niente respirazione bocca a bocca, quindi? » si udì la voce annoiata di McLaggen. 
« Dacci un taglio, McLaggen.
» sbottò Hugo, aiutandomi a sedermi. 
« Stai bene, Potter?
» chiese Baston, con uno sbuffo impercettibile. « Sai, non voglio tenerti sulla coscienza. »
« Sto benissimo. » risposi, crollando di nuovo con la testa a terra e ripensando alla dolorosa botta. 
Mentre tutti erano occupati attorno a me e mi aiutavano a rimettermi in piedi, notai qualcosa che nessun altro notò: una sorta di ombre scure volanti che colpirono con forza la barriera protettiva che Hogwarts aveva predisposto per la sicurezza degli studenti. Forse per la consapevolezza di aver subito anche un danno in testa a causa della botta sul terreno, decisi che quelle ombre svolazzanti erano solo il frutto della mia immaginazione... 

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Capitolo 8
*** Il Club dei Duellanti. ***


Mi dispiace per la grandissima assenza ma ci sono stati non pochi problemucci, adesso ormai risolti. Vi lascio un breve riassuntino delle puntate precedenti: la Preside, sotto il comando di Harry Potter, decide di non raccontare agli studenti la verità sull'aggressione di Halloween a Bellatrix Lestrange, anche se non tutti finiscono per crederci. Intanto, la nostra protagonista, sentendosi in colpa per aver trattato male Lysander dopo che il ragazzo litiga con Cassandra, è decisa a risolvere le cose, ignorando il grandissimo pericolo piombato improvvisamente su Hogwarts. 

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Il Club dei Duellanti. 

Mentre tutti erano occupati attorno a me e mi aiutavano a rimettermi in piedi, notai qualcosa che nessun altro notò: una sorta di ombre scure volanti che colpirono con forza la barriera protettiva che Hogwarts aveva predisposto per la sicurezza degli studenti. Forse per la consapevolezza di aver subito anche un danno in testa a causa della botta sul terreno, decisi che quelle ombre svolazzanti erano solo il frutto della mia immaginazione...

Fu con aria stanca e distrutta che andai a dormire quella sera dopo gli allenamenti, e di certo i mille e fastidiosi pensieri non aiutavano per niente il sonno. Per non parlare del pensiero rivolto al Quidditch: se continuavamo a fare allenamenti così schifosi potevamo venire senza alcun dubbio stracciati dai Serpeverde e dopo quello che era successo a Bellatrix Lestrange non era affatto nei nostri programmi. Fortunatamente, Morfeo mi accolse tra le sue braccia cinque minuti dopo aver poggiato la testa sul cuscino. Testa che ancora mi doleva tantissimo a causa della grande botta che avevo ricevuto quel pomeriggio da parte un Bolide particolarmente violento. Ricordavo di stare facendo un bellissimo sogno (che purtroppo comprendeva anche una testolina bionda di mia grande conoscenza) quando mi sentii scuotere con insistenza. 
Aprii gli occhi e nella penombra intravidi la figura di un uomo, un uomo dalle braccia possenti e che sembrava impugnare tra le mani qualcosa di grosso.   
Sussultai e urlai: « AAAAAH! » dando un potentissimo calcio all'aggressore. Ero convinta che quella figura appartenesse allo stesso aggressore di Bellatrix Lestrange, così mi preparai ad una sorta di lotta all'ultimo sangue. Tentai nuovamente di reagire e di dare un altro calcio al misterioso uomo ma quello che accadde fu che caddi rumorosamente dal letto, finendo per farmi molto male. 
Altro che lotta all'ultimo sangue. Come diavolo si faceva a prepararsi ad una lotta nel bel mezzo della notte? 
« Ehi! » gemette una voce familiare. 
Fu solo quella voce familiare che mi costrinse a restare calma e a non reagire ancora, nonostante i miei riflessi fossero pari a quelli di un bradipo in via di estinzione in quel momento. 
« Rilassati, sono io. Lumos! » 
La bacchetta del presunto molestatore illuminò la stanza, facendo chiarore sul volto lentigginoso di mio cugino Hugo. Per un attimo rimasi inebetita e con la bocca spalancata a fissarlo e a fissare le sue braccia che nella penombra erano sembrate possenti, poi... 
« Ma che diavolo ci fai qui, stronzo? » sbottai, accettando la mano di Hugo. 
Mi alzai con un violento strattone dal pavimento gelido e mi gettai a peso morto sul letto, cercando a tentoni la bottiglina d'acqua che era sul comodino e continuando a fissare i pseudo muscoli di mio cugino. Sarebbe dovuto essere illegale venire svegliata a quell'ora della notte e, soprattutto, e in quel modo orribile. 
E dire che stavo dormendo così tranquillamente. 
« Mi manda Baston. » annunciò Hugo, guardandomi storto mentre si sedeva al capezzale del mio letto. Probabilmente ce l'aveva con me per la faccenda del calcio improvviso, ma non mi biasimai per aver reagito così impulsivamente. 
Insomma, era il minimo che potessi fare. 
« Baston? » ripetei sbalordita, tastandomi il punto gonfio della fronte. « Ehi! Guarda che io non c'entro assolutamente niente con il fruncolo enorme che gli è uscito sopra al naso. Con chi vuole prendersela? » 
Hugo rise, probabilmente al pensiero del grosso fruncolo sul naso del Capitano, il che era veramente buffo, dovevo ammetterlo, ma poi la sua espressione si fece di nuovo seria. 
Brutto segno. 
« No, non hai capito. » mio cugino si scompigliò i capelli con un gesto assonnato mentre io bevevo l'acqua a piccoli sorsi. « Abbiamo gli allenamenti di Quidditch. Al campo. Adesso. »
Spalancai gli occhi e sputai l'acqua con uno spruzzo diretto in faccia a Hugo, che si ritrasse e mi rifilò una bestemmia grossa quanto Grimmauld Place. 
Come sarebbe a dire che ci sono gli allenamenti ADESSO? 
« Stai scherzando, vero? » rantolai, pulendomi la bocca bagnata e insalivata.  
« No. » disse Hugo, sbuffando e strofinandosi faccia sulle mie lenzuola. « Baston è venuto a svegliarmi poco fa, ha detto che abbiamo fatto schifo agli ultimi allenamenti e che se continuiamo così possiamo sognarci la Coppa del Quidditch. Così ha svegliato tutti per correre giù al campo e allenarci... adesso. » 
Spalancai ancora di più gli occhi: Baston era un pazzo. E non un pazzo di quelli normali, ma un pazzo furioso, uno psicopatico! Uno psicopatico da rinchiudere in un manicomio e gettare la chiave nel Lago Nero e sperare che la Piovra Gigante la inghiottisca. Se quello stesso pomeriggio avevamo fatto schifo, quante erano le possibilità che alle cinque del mattino potevamo andare meglio? 
Pazzo e anche stupido, mi correggo. 
« Ma... »
« Muoviti, Lily. » sospirò Hugo, alzandosi dal mio letto e dando una rapida occhiata in giro per assicurarsi di non aver disturbato il sonno delle mie due compagne di stanza. 
« Ma... » ripetei, controllando di nuovo l'orologio. « È prestissimo! Non sono pronta! E tra poche ore abbiamo il Club dei Duellanti... devo essere preparata e... »
« Lily. » scandì mio cugino. « Muoviti se non vuoi ritrovarti lo stemma della Firebolt stampato sul culo. » aggiunse, mostrandomi velocemente lo stemma della Firebolt che probabilmente Baston gli aveva stampato sulla chiappa destra perché Hugo non voleva proprio saperne di svegliarsi.
Oh, mannaggia. 
Deglutii rumorosamente. Fu proprio la vista dello stemma particolarmente elaborato sulla chiappa destra di mio cugino a costringermi a muovermi. Se Baston gli aveva inciso lo stemma della Firebolt sul culo, mi preoccupai esclusivamente del fatto che, dato che il Capitano era un pazzoide e mi detestava con tutto il cuore, potesse direttamente stamparmi tutta la Firebolt su per il culo. Altro che stemma.
Ragion per cui mi preparai velocemente, non curandomi nemmeno del rumore che stavo facendo. Una volta finito, afferrai la mia scopa e scesi in fretta le scale che, come dovevo immaginare, si tramutarono in uno scivolo ripido. 
Io e Hugo finimmo ai piedi di Baston e al resto della squadra, che non faceva altro che sbadigliare o dormire in piedi l'uno accanto all'altro. Perfino McLaggen era meno attivo del solito: infatti, stava sonnecchiando con il capo appoggiato sulla spalla di Remus Jordan, che a sua volta quasi russava.  
« Ah. » fece William Baston, con uno sbuffo incazzoso. 
E ti pareva se non era furioso?
Visto dal basso pareva ancora più minaccioso del solito, con i grossi stivaloni neri (ma che numero poteva portare? Quarantadue?), il polpaccio gonfio e muscoloso dovuto ai tanti allenamenti di Quidditch e il portamento da soldato tedesco. 
« Siete vivi, voi due. » sentenziò il pazzo furioso. 
« Sì, Baston, e sono le cinque e dieci del mattino. » ribatté Hugo irritato, alzandosi da terra e massaggiandosi la chiappa destra senza troppe cerimonie. Mi aggrappai ai calzoni di mio cugino e mi tirai su, priva di forze fisiche e psicologiche. 
« Beh? » replicò il Capitano, che sembrava il più pimpante di tutti, facendo schioccare le nocche. « Tra pochi minuti dovevate svegliarvi per la colazione. »
« Tra due ore... » lo corresse Hugo, con un borbottio.
« Taci, Weasley. » disse seccamente Baston, facendoci strada lungo la Sala Comune. « Forza, muoversi! Sapete quanto manca alla partita? Tre giorni! E dobbiamo assolutamente battere i Serpeverde. Credo che tutti lo vogliate, no? »
« Vogliamo battere i Serpeverde mica allenarci alle cinque del mattino, Baston! » strepitai, con la voce che man mano si era arrampicata sulle note dell'isteria.
« E come lo dice Lily non lo dice nessuno. » ridacchiò Remus Jordan, dandomi una amichevole pacca sulla spalla. 
Baston alzò gli occhi al cielo e disse: « Tacete e portate quei culi mosci in campo! » si avviò verso la porta, e aggiunse: « Potter, un giro di campo in più agli altri, proprio perché mi sembri mezza addormentata. » 
« Sono le cinque e un quarto del matt... » cominciai ma il Capitano mi interruppe. 
« In campo! » 
E campo fu. 

 
***


Non appena finii gli allenamenti alle sette e mezza del mattino, mi precipitai insieme ad Hugo di corsa al tavolo dei Grifondoro per una santa colazione, che in quel momento era l'unica cosa che potevamo mai desiderare in tutta la vita. Nessuno dei due aveva preferito andare a lavarsi, perché dal puzzo che emanavamo avevamo davvero bisogno di una lunga doccia miracolosa, e avevamo spiccato una corsa veloce verso la Sala Grande non curandoci del cattivo odore che probabilmente ci stavamo portando appresso per tutta la tavolata. 
Quando il cibo chiama, chiama. 
Hugo stava già trangugiando due toast quando io mi sedetti sfinita sulla panca accanto a Dominique, che arricciò il naso e fece un leggero colpo di tosse. Mio cugino aveva avuto il buon senso di sedersi nel lato opposto a Domi ma io non ebbi questa accortezza. 
Il pensiero del cibo è più importante di Dominique, sinceramente.
« Ciao anche a voi, ragazzi. » ci salutò Louis, sorridendo alla vista di me e Hugo che mangiavamo come un branco di lupi affamati. Anche se Hugo era praticamente inguardabile rispetto a me, e questo si doveva dire e sottolineare. 
« Sembrate molto affamati o mi sto impressionando? » fece del sarcasmo Fred, ridacchiando con Louis e indicandoci con un dito sporco di marmellata alle fragole. 
« Forse ti stai impressionando, Fred. » annuì Louis, con aria di chi aveva voglia di prendere per il culo qualcuno. E guarda caso, quei qualcuno eravamo proprio io e mio cugino, che non stavamo neanche ascoltando una parola di quello che i due nostri cugini dicevano tanto che eravamo concentrati a fare altro. 
Tipo abbuffarci come maiali. 
« Mmmmmmh... » mugolai, con la bocca piena di bacon e porridge. 
Dominque arricciò di nuovo il naso e mi fissò con quell'aria che non era proprio severa ma che ti faceva chiaramente capire che qualcosa non andava esattamente come lei voleva. 
« Lily. » esordì, con quella sua vocina sottile che dava sui nervi. « Non per qualcosa ma avresti potuto fare una doccia prima di fiondarti sulla colazione. Sai... puzzi. » 
La guardai stralunata, con un cereale attaccato con poca eleganza sotto al mento, consapevole che probabilmente mia cugina non vedeva l'ora di fuggire via dal tavolo di Grifondoro e raggiungere quello dei Corvonero in tutta fretta. In effetti, notai che molti studenti, dalle occhiate disgustate che ci rifilavano, sembravano aver voglia di fuggire via dalla tavolata. 
« Mi dispiace. » dissi, per niente dispiaciuta. « Prova tu a svegliarti alle cinque del mattino per andare al campo di Quidditch ad allenarti. »
« Cosa? » intervenne Fred, interdetto. « Allenamenti alle cinque del mattino? » 
« Proprio così. » confermai, sbattendo il cucchiaio nella ciotola del porridge e dando un grosso boccone alla pietanza. 
Sotto lo sguardo dei miei cugini (e sotto lo sguardo poco mansueto di Dominique), sfilai una seconda ciotola di porridge da sotto al naso di Alice Paciock e ci tuffai il cucchiaio, senza troppe cerimonie. Cominciai a parlare solo dopo aver svuotato mezza ciotola di porridge. 
« Comunque, gli allenamenti alle cinque del mattino sono inconcepibili. » ci tenni di nuovo a precisare, come se non si fosse capito abbastanza, entrando nella fase di vittimismo cosmico. « Baston è proprio un... » 
« Capitano buono e incredibilmente misericordioso. » finì la frase Baston in persona, sfoggiando un sopracciglio alzato come segno di avvertimento e, soprattutto, di minaccia incombente. 
Deglutii un altro grosso boccone e, senza voltarmi dalla parte del mio Capitano e dopo aver atteso un paio di secondi in cui speravo che Baston da dietro non mi fulminasse, balbettai: « B-beh, era quello che intendevo... »
Fred si premette in fretta le mani sulla bocca per non scoppiare a ridere ma si vedeva lontano un miglio che non avrebbe retto per molto. Anche perché gli stavano cominciando a spuntare le lacrime agli occhi. Louis e Frank si guardavano, divertiti e sconvolti allo stesso tempo. Inoltre, cosa alquanto incredibile, Baston sembrava essere l'unico ad aver distratto Hugo dal pensiero del cibo. 
In poche parole, il Capitano è un essere incredibilmente spaventoso.
Non che io potessi aver paura di lui, intendiamoci. Solo che dopo anni e anni in cui capisci chi è davvero William Baston è decisamente molto meglio per te evitare certi comportamenti che potrebbero compromettere non solo la tua vita emotiva per quanto riguarda il Quidditch, quindi intendo sconfitte pesanti e allenamenti durissimi duranti fino a notte fonda (o cominciati all'alba, dato che siamo in tema), ma anche la vita delle tue chiappe e della tua sanità mentale.  
« Certo, Potter, poi facciamo i conti. » sbuffò Baston, tutto bello profumato, passandoci accanto con il naso all'aria e sedendosi più lontano possibile da me. 
Nonostante non ci tenessi affatto ad incrociare i suoi occhi prevedibilmente arrossati di sonno e, soprattutto, di rabbia, non mi sfuggì per niente lo sguardo strano con cui Baston guardò Domi, nè tanto meno quello che mia cugina rifilò al Capitano. 
Finalmente, Fred si dicise a scoppiare a ridere. 
« Era quello che intendeva! » infierì, asciugandosi con un tovagliolino di carta le lacrime che gli colavano dagli occhi e facendo quasi strozzare Hugo col bacon. « Sì, certo, come no! » 
« Piantala. » dissi tra i denti. 
« Non sono andati molto bene gli allenamenti, giusto? » indagò Louis, con perspicacia. 
« Secondo te come potevano andare? » ribatté Hugo, reprimendo un rutto gigantesco che avrebbe disintegrato le quattro cressidre rappresentanti di ogni Casa. « Erano le cinque del mattino. Dannato Baston! » 
« Ti ho sentito, Weasley! » esclamò la voce del Capitano, poco lontano da noi. 
« Oh, miseriaccia... » piagnucolò mio cugino. 
Ridendo come una matta ma approfittando del fatto che i miei cugini erano distratti a lacrimare dalle risate (tipo Fred), a mettere in discussione i disastrosi allenamenti di Quidditch fatti sia la sera prima che all'alba (tipo Louis) e a piagnucolare (non c'è bisogno che vi dica di chi si trattava), mi affrettai a spostare il capo in direzione di Dominique, calmandomi dal riso. 
« Domi... » sussurrai, ignorando i tentativi di mia cugina di ritrarsi dal perenne cattivo odore che emanavano le mie ascelle. « Sai qualcosa riguardo al suo » e indicai con un cenno del capo Baston che si stava riempiendo il piatto di toast al prosciutto. « ritardo di ieri sera agli allenamenti? » 
Mia cugina spalancò per un millesimo di secondo gli occhioni, poi tornò a mostrare il contegno di sempre, con tanto di indifferenza provvisoria. 
« Perché dovrei saperne qualcosa? » chiese, osservandosi con attenzione le unghie curate e facendo un lungo sbadiglio che non somigliava per niente ad un vero sbadiglio. 
« Mah, non era la tua prossima preda? » replicai. 
Dominique continuò a scrutarsi le unghie smaltate e a non degnarmi neanche di una sola occhiata. 
« Forse. » rispose, in tono vago. Passarono un paio di secondi e aggiunse, con vocina sottile: « Secondo te ha qualche esperienza in campo? » 
Come non detto.  
Quasi rischiai di strozzarmi con il succo di zucca per le risate improvvise e Domi cominciò a ridacchiare come una dannatissima oca giuliva invece di battermi la mano dietro alla schiena. Insomma, se mia cugina sembrava alquanto interessata alla verginità di Baston, le cose stavano veramente andando sotto sopra, e non esageravo. Chiunque conosceva Domi sapeva benissimo che non era una di quelle ragazze che la davano via (cosa che si poteva pensare dato il suo atteggiamento) ma il fatto preoccupante di quella faccenda non erano i discorsi che, come dovevo ammettere, erano pane quotidiano, piuttosto il soggetto dei nostri discorsi. 
Merlino, vuole provarci con Baston! Voglio dire... CON BASTON! 
« Comunque, secondo me ha qualche esperienza. » sentenziò mia cugina, con l'aria di chi la sapeva lunga. 
« E tu che ne sai? » volli sapere, con il cucchiaio fermo a mezz'aria e una dannata voglia di curiosare nei ricordi più intimi del Capitano. 
Dominique fece spallucce. 
« Intuito femminile. » 
Cercai di restare almeno per un secondo seria nonostante la situazione divertente non me lo permettesse per niente e finii per inalberarmi tutta. 
« Dominique, ricorda: il Quidditch. Non possiamo perdere... insomma, la partita... » balbettai, con i pensieri rivolti alla partita imminente e al fatto che se ci capitava di perdere potevamo benissimo dire addio all'onore Grifondoro. 
« Rilassati. » mi disse Dominique, con una nonchalance che faceva paura. « Di certo non gli levo le forze prima della partita. » 
Ed entrambe scoppiammo di nuovo a ridere, non notando che la colazione stava per finire e che tra pochi minuti ci sarebbe stato il tanto famoso Club dei Duellanti. Finimmo di ridacchiare come due cretine solo dopo aver catturato gli sguardi dell'intera tavolata (non solo Grifondoro) e solo dopo aver ricevuto un richiamo da Fred, che stava origliando una conversazione privata al tavolo dei Corvonero lì vicino tra la bella bionda del quinto anno e la sua amichetta oca. In un baleno, anche il mio sguardo finì senza ombra di dubbio sul tavolo dei Corvonero.
Non ci voleva un genio per capire che mi ero imbambolata guardando Lysander Scamander che stava finendo la sua colazione, o meglio, che stava giocherellando col cibo, non guardando in faccia anima viva. Il ciuffetto ribelle di capelli biondi gli nascondeva un occhio dalla vista e lo sguardo sembrava perso nel vuoto del suo piatto semi pieno. Cassandra Smith, a pochi metri da lui, lo fissava come se con la forza del pensiero potesse costringerlo a guardarla ma lui non aveva occhi per nessuno. 
Come sentendosi osservato, il biondino alzò il capo dal suo piatto e i suoi occhioni verdi incrociarono i miei. In colpa per quello che era successo tra di noi e decisa a risolvere le cose, gli rivolsi un piccolo sorriso. Come potevo immaginare, lui non mi ricambiò e tornò alla contemplazione del suo bacon e dei suoi toast sgualciti. 
Accidenti a te, Scamander di merda. 
Sospirai e incrociai lo sguardo inquisitorio di Hugo. Sbattei la palpebre più volte, con la faccia tosta di chi è stata colta in flagrante ma fa di tutto pur di mantenere un certo contegno.
« Ti serve qualcosa? » sbottai. 
Hugo fece spallucce, facendomi capire che sarebbe ritornato sull'argomento. 
Perfetto, proprio un cugino ficcanaso doveva capitarmi tra i piedi. Ci mancava solo questa!
A salvarmi il culo dagli occhi maledetti di mio cugino fu la campanella che annunciava il tanto desiderato incontro del Club dei Duellanti. Eccitata, balzai immediatamente in piedi dalla panca osservando Lysander dirigersi da solo verso l'uscita della Sala Grande. Colsi immediatamente al volo l'occasione di trovarlo finalmente da solo e senza una mandria di ragazze urlanti dagli ormoni impazziti attorno a lui e, ignorando i miei cugini e i loro tentativi di fare conversazione, gli corsi dietro per raggiungerlo. 
Era ad un passo da me quando cominciarono a venirmi seri dubbi.
Muoviti a fare qualcosa. – pensai. – Non vorrai peggiorare la situazione, no? 
Era davvero difficile toccarlo anche solo con un dito, oppure dire semplicemente il suo nome per richiamare la sua attenzione, o magari pararsi di fronte a lui senza alcun contatto fisico. Sarebbe stato più facile affrontare uno Schiopodo Sparacoda, avrei giurato, e Hagrid ne sarebbe stato davvero molto contento.  
Respirando a fondo, allungai la mano e la strinsi attorno al suo polso. Il ragazzo si fermò immediatamente, come se quel semplice contatto l'avesse raggelato, e si voltò piano verso di me mentre la calca degli studenti ci superavano commentando gentilmente qualcosa che somigliava tanto a “non potevano fermarsi altrove questi due?”.
In effetti stiamo ostruendo il passaggio... 
« Ehi. » dissi, accennando un misero sorriso. 
« Ehi. » mi rispose lui, evitando il contatto visivo come se avesse paura di rimanerci secco.
Rimasi profondamente irritata da quel comportamento da vittima sacrificale, anche perché avevo praticamente messo il mio orgoglio sotto i piedi per lui. Insomma, andavo lì per cercare di aggiustare le cose e lui non mi guardava neanche negli occhi? Dovevi essere stronzo forte per fare una roba del genere. Stranamente, decisi di non alterarmi e di mantere (per quanto mi sarebbe stato possibile) la calma. 
« Come va? » chiesi, impacciata e irritata allo stesso tempo. 
« Bene. A te come va? » 
Di male in peggio. 
« Molto bene, grazie. » mentii. 
Solo in quel momento mi accorsi con un certo imbarazzo che gli stavo ancora stringendo il polso, così lo lasciai andare in fretta, arrossendo come un pomodoro di stagione. Lui, come per essere originali, continuava a non fissarmi o fare qualunque altra cosa che fanno le persone normali quando conversano. 
« Ci vieni al Club, giusto? » insistetti stupidamente, con la speranza di mantenere viva la conversazione. 
Se viva poteva chiamarsi, in un certo senso. Avremmo potuto conversare più intensamente io e la Piovra Gigante, arrivati a quel punto. Seriamente, mi sembrava di parlare col muro, con un cucchiaino, con un libro di Trasfigurazione, ma non con una persona. 
« Sì. Anche tu, vero? » 
« Già. » sorrisi, ma lui non mi ricambiò.
Sbuffai, stizzita dal suo sciocco comportamento di merda.
« Cos'hai? » mi chiese Lysander, anche se probabilmente sapeva benissimo cosa diavolo potessi avere. 
Il fatto era che ero tornata da lui con delle buonissime intenzioni e col sorriso stampato sulla faccia e quello che mi ritrovavo in risposta era un muso lungo da manuale e una voglia di vivere pari a quella di un suicida.
« Niente. » dissi. « I-io... » Sto cercando di venirti incontro anche se sono stata una grandissima stronza e tu te ne resti immobile e impassibile a guardarmi mentre metto praticamente da parte l'orgoglio per te. « Niente. » sbottai. 
Gli voltai le spalle e feci per andarmene quando la mano di Lysander afferrò con forza la mia, costringendomi a voltarmi nuovamente dalla sua parte. Inutile dire che in quel momento avevo il cuore che batteva all'impazzata. E non batteva normalmente, no, era come se mi battesse in gola: una sensazione che non provavo da una vita e che non avrei augurato a nessuno. Ci ritrovammo finalmente a guardarci negli occhi, nel contatto visivo che lui sembrava tanto temere, e mi sentii per un millesimo di secondo meno arrabbiata. 
« Attenta a quelli di Serpeverde. » sussurrò Lysander, avvicinando le labbra al mio orecchio e provocandomi una serie di brividi insensati e improvvisi. « Sono furiosi con te. » 
Rimasi a contemplare le sue labbra che si allontanavano, con la fronte aggrottata e una voglia matta di Evanescere dalla faccia della Terra. 
« Grazie. » dissi, indietreggiando. « Ne terrò conto. » e me ne andai. 


 
***
 

Stranita dall'ultima affermazione del biondastro ma convinta che niente e nessuno potesse farmi del male più di tanto, mi affrettai a raggiungere la grande aula in cui si sarebbe tenuto il Club dei Duellanti, pensando che in passato avevo subito le cose peggiori da parte dei Serpeverde. Di certo non avrei rischiato la vita stando ad un passo da una serpe, e di quello ero veramente sicura. Magari mi avrebbero rifilato qualche maledizione, qualche ferita, qualche minaccia, ma erano cose a cui io ero alquanto abituata.  
Intanto, continuavo a proseguire verso l'aula con passo così veloce e pesante che quasi tutti gli studenti si spostavano da me per paura di venire travolti. Era stato davvero squallido da parte di Lysander aver fatto la mummia per tutta la conversazione finendo poi per confondermi le idee con assurdi avvertimenti sui Serpeverde.  
Ma attenta a cosa? Manco stessi partendo per l'Afghanistan. 
Incazzata con l'universo intero, spostai con così tanta foga un arazzo che quello rischiò quasi di strapparsi e di venire giù. Il rumore attirò gli sguardi di molti studenti che si trovavano davanti a me ma li ignorai con decisione e puntai dritto verso la porta della grande aula, al di fuori del quale Hugo mi stava aspettando, a braccia incrociate e con l'aria di chi si aspetta qualche confessione di qualunque tipo. 
E la cosa non mi piaceva. Non mi piaceva neanche un poco.  
« Che hai combinato? » chiese prevedibilmente Hugo, mettendo in atto il suo ego esageratamente ficcanaso e senza alcun tatto e perspicacia. 
Insomma, se volevo renderlo partecipe della mia vita sentimentale, se così si poteva chiamare, l'avrei fatto volentieri. Ma... 
« Solo salutato una persona. » risposi, evasiva. 
« E suppongo che questa persona si chiami Lysander Scamander, dico bene? » soggiunse Hugo, inspirando brevemente e mettendosi una mano sul fianco. 
« Sì. » confermai, tanto per renderlo contento e soddisfatto. « Quindi? » 
Hugo, come previsto, non parve affatto contento e soddisfatto. 
« Quindi dovresti spiegarmi cosa succede, non credi? » incalzò. 
Ma è davvero così visibile? 
Il fatto che perfino Hugo avesse capito che c'era qualcosa che non andava, dato la scarsa perspicacia seconda solo a quella di zio Ron, era senza precedenti. In effetti, dovevo ammettere a malincuore a me stessa che la cosa era veramente così visibile che anche l'essere meno intelligente del mondo l'avrebbe capito. Ed ero spacciata. 
Ragion per cui, mi ostinai a nascondere il tutto. 
« Non succede nulla. » affermai. « Sul serio. » aggiunsi, per rafforzare il concetto di veridicità. 
Il fatto era che, nonostante io e mio cugino ci dicevamo sempre tutto, tutto nei minimi dettagli, tutto sulla nostra famiglia, tutto su di noi, dell'argomento “Lysander Scamander” non avevo praticamente nulla da dire. Non sapevo proprio cosa dirgli tranne il fatto che magari, in fondo, quel pezzo di merda ossigenato mi pia... 
« Lily. » scandì mio cugino, interrompendo in modo brusco il flusso dei miei pensieri e riportandomi nuovamente sulla terraferma. « Ma per caso a te... » 
« Oh miseriaccia, faremo tardi al Club! » lo interruppi, senza neanche dargli il tempo di finire la frase. « Dovremmo essere dentro da un pezzo! » 
« Sì, solo un attimo. » concesse Hugo, frettolosamente. « Mi stavo solo chiedendo se magari a te... » 
« Brown diventa di sicuro furioso se ci vede arrivare in ritardo! » continuai, evitando accuratamente di non fargli concludere la frase che, ne ero certa, mi avrebbe rovinato la vita. 
Perché se c'era una cosa che avevo imparato ad Hogwarts durante quei miei sei anni era che anche i muri avevano le orecchie e, fidatevi, quei muri avevano orecchie e sapevano anche parlare. Non potevi lasciarti scappare nulla che già tutta la scuola ne era al corrente, non potevi far nulla in grandissimo segreto che tutti ne erano a conoscenza già prima che ne fossi a conoscenza tu. Ma Hogwarts era sempre stata una fonte di pettegolezzi infiniti, avrei giurato fin dai tempi di nonno James e, sinceramente, non volevo affatto che la scuola intera sapesse delle cose che uscivano dalla boccaccia di mio cugino.
« Ma ti sei rincoglionita? » sbottò Hugo, incrociando di nuovo le braccia al petto e guardandomi come se fossi ammattita. 
Spalancai la bocca, offesa. 
« Ah, io sarei la rincoglionita adesso? » replicai.
Ma da che pulpito viene la predica? 
« E chi, altrimenti? »
« Ma vai a farti fottere, Hugo! »
« Ah, no, cara mia! Vai a farti fottere proprio tu! »
« Avete finito di rivolgervi parole dolcissime e cariche di amore? » risuonò nel corridoio una voce pacata e incredibilmente somigliante alla voce del... 
« ... professor Brown! » esclamammo io e mio cugino, voltandoci con orrore dalla parte del nostro insegnante. 
Che avesse ascoltato l'intera conversazione tra noi due senza fiatare e fosse intervenuto solo per calmare gli animi che si sarebbero di certo alterati fino a finire ad una cruenta lotta? Non avrei saputo dirlo ma, piuttosto, l'espressione malandrina del mio insegnante poteva far benissimo capire che, sì, aveva ascoltato attentamente la nostra adorabile conversazione. 
« Ragazzi, allora? » chiese Brown incuriosito, come se si stesse informando delle previsioni del meteo e come se due suoi alunni non si fossero per nulla urlati parolacce e minacce di morte nel bel mezzo di un corridoio. 
« Chiacchiere tra cugini, niente di cui preoccuparsi. » minimizzai, dando una pacca sulla spalla ad Hugo che sperai gli facesse più male di quanto volessi fargliene. 
« Ma sì. » convenne Hugo, a denti stretti. « Normalissime chiacchiere tra cugini. » 
Approfittò del fatto che Brown fosse impegnato a fissarmi, probabilmente a causa del mio rossore al viso dato il sangue caldo che mi era salito in testa, e mi rivolse un'espressione omicida. 
« Capisco. Volete seguirmi dentro che tra poco si comincia? » suggerì il professore, sempre pacato. 
« Ma certo! » dicemmo in coro io e Hugo, spintonandoci per chi doveva entrare per primo nell'aula e fingendo di rivolgerci sguardi amorevoli che sfociavano in palesi ostilità ogni volta che il professor Brown si voltava. 
Fummo accolti dalla folla di studenti con dei risolini. Beh, di certo sarebbe stato piuttosto divertente vedere i ragazzi più famosi di tutta Hogwarts fare il loro ingresso al Club dei Duellanti quasi duellando tra di loro alla Babbana, scortati da un sorridente e palesemente divertito professor Brown. 
« Bene, buongiorno a tutti! » esordì l'insegnante rivolto alla folla di studenti, mentre io e Hugo raggiungevamo i nostri cugini, sempre spintonandoci come due dannati. « Ora che siamo tutti al completo, possiamo cominciare. Dunque, le cose stanno così... » 
« Ma che vi è successo? » chiese Fred immediatamente, quando ci unimmo a loro. 
« Niente. » rispondemmo all'unisono io e Hugo, rifilandoci delle occhiatacce velenose. 
« ... come non detto. » commentò Fred.  
Brown parlò per quasi dieci minuti abbondanti di come fosse urgente mettere su un Club dei Duellanti, perché di questi tempi i ragazzi più grandi, e quindi a partire dal quinto anno fino al settimo, avevano bisogno di confrontarsi tra di loro. Il professore non tentò di spaventarci oppure di dirci chiaramente che qualcosa ad Hogwarts non andava come doveva andare ma le parole sottintese, comunque, erano chiare: avevamo tutti bisogno di saper combattere. 
Quasi tutti sembravano davvero interessati al discorso dell'insegnante. Fred alternava momenti in cui guardava intensamente Brown e poi ammiccava in direzione di una ragazza lì accanto, finendo poi per dire qualcosa di prevedibilmente molto porco nell'orecchio di Louis, che sbuffava il suo disappunto e sibilava cose molto minacciose nei confronti del cugino. Frank, sconsolato, aveva l'espressione di chi si chiedeva chiaramente cosa diavolo ci facesse lì, mentre Dominique non aveva mai trovato tanto interessanti i suoi piedi.  
Il mio sguardo finì anche su Scamander, che era in piedi accanto a suo fratello ma sembrava avere la testa totalmente tra le nuvole. Non ci misi moltissimo ad ignorarlo e puntare tutta la mia attenzione su Brown, che stava concludendo in bellezza il suo discorso. 
« I duelli saranno a sorteggio. » aggiunse il professore, mettendo la mano in una grossa boccia piena di fogliettini di pergamena contenenti i nomi dei circa centoventi studenti. « Il professor Coleman ha ritenuto fosse l'idea migliore. » 
Tutti quanti fissammo la boccia (che fino a quel momento nessuno aveva notato, avrei osato dire), eccitati e in attesa di nuovi sviluppi. 
« Bene, vogliamo cominciare? » chiese il professore.  
Ci furono cenni di assenso da tutte le parti. Il mio sguardo finì consapevolmente sui ragazzi di Serpeverde che continuavano a fissarmi e a far schioccare le nocche in modo minaccioso. Ovviamente, ricambiai senza riserve le loro occhiatacce ostili. 
Tentano di farmi paura, quei deficienti? 
Alzai gli occhi al cielo e, avendo scordato gli avvenimenti degli ultimi venti minuti, mi misi a scrutare la grossa boccia trasparente con una certa eccitazione, che condivisi con Hugo come se tra noi non ci fosse stata alcuna brutta conversazione. Infondo, i litigi miei e di mio cugino duravano neanche cinque minuti. Ormai, eravamo tutti piuttosto abituati. 
« Se capito con Edgar mi ammazzo da solo. » disse Hugo, lanciando uno sguardo affranto al nostro nervosetto compagno di classe Tassorosso che si stava mangiando le unghie a raffica. 
« Se capito con Baston mi Avadakedavrizzo da solo. » disse invece Fred, fissando Brown che metteva a posto le ultime cose prima di cominciare. « Quello sarebbe capace di minacciarmi anche durante un duello... » 
« Se becco una tipa innamorata di me mi do alla macchia. » gemette Louis, con un sospiro.
« E siamo a tre. » intervenne Dominique, stizzita. « Qualcun altro vuole tirare le cuoia o devo pensarci io rifilandovi un grosso zatterone di Gucci sulla testa? »
« Rilassati, Dominique. » disse Louis, fissando la sorella. « Ma che ti prende? »  
« Diciamo che avrebbe preferito ammirare i suoi grossi zatteroni di Gucci lontano anni luce da qui. » si intromise Frank con un risolino, tormentandosi le mani in grembo.
Hugo e Fred ridacchiarono sonoramente. 
« Dove la tenevi nascosta tutta questa perspicacia, Frankie? » volle sapere Domi, sorridendo al nostro amico mentre si attorcigliava una ciocca di capelli attorno al dito. 
Frank arrossì di botto e balbettò qualcosa che nessuno di noi riuscì ad afferrare. 
« Io invece non vedo l'ora di battermela con uno del settimo anno. » rivelai eccitata, saltellando nel desiderio di vedere cosa diavolo stesse combinando Brown. « Magari di Corvonero. » ci pensai su. « Ma che non sia Dominique, mi sembra chiaro. » 
La diretta interessata assunse un cipiglio infastidito, interrompendo la contemplazione dei suoi bellissimi boccoli rossicci. 
« E per quale motivo? » mi chiese Domi, altezzosa.
« Ehm... » dissi, non avendo cuore di dirle che l'avrei battuta anche ad occhi chiusi. « Ma tu non volevi neanche partecipare al Club! » 
Con una certa paraculaggine, decisi di cambiare velocemente argomento mentre mia cugina continuava a fissarmi con la fronte aggrottata. 
« Sì, certo, prima che Brown mi dicesse che sarebbe stato meglio che tutti gli studenti ne prendessero parte! » fece lei, innervosita.  
« Deve essere una cosa davvero importante. » convenne Louis, allungando il collo sopra alle teste di alcuni studenti del quinto anno. « Ohh, ecco che si comincia! » 
« Dunque. » disse il professor Brown alla folla, mentre Domi sbuffava di nuovo e mostrava il viso di chi avrebbe preferito essere altrove tranne che a marcire lì dentro. « I primi due duellanti sono... »
Si sentì un contemporaneo trattenere il fiato mentre si udivano i nomi di Harper di Serpeverde e di Frank Paciock. Harper pareva alquanto deluso dalla scelta del partner e Frank più che deluso sembrava voler praticamente fare le valige e scappare via da Hogwarts. I secondi nomi che vennero pescati a sorte furono quello di un Corvonero minuscolo del quinto anno e di un Tassorosso occhialuto del settimo. Poi Brown mise nuovamente la mano nella boccia... 
« E adesso tocca a... » disse, con voce alta e chiara. « Potter Lilian e Smith Cassandra! » 
................................................. CHE COSA?!?
Ci fu un attimo di silenzio, che pareva dilatarsi per secondi e secondi, poi si udirono alcune risatine sparse per la stanza. Hugo e Fred sembravano fare davvero fatica a restare seri e Dominique aveva deciso che forse, in quel momento, il Club dei Duellanti non era poi così malaccio come pensava e rivolse tutta la sua attenzione agli avvenimenti. 
Rimasi ancora a bocca aperta a fissare per non so quanti secondi Brown che stava estraendo a sorte altri bigliettini con i nomi dei nuovi duellanti, pensando che probabilmente ci doveva essere un errore. Anche perché sembrava assurdo che finissi di nuovo a battermela con Cassandra dopo quello che era successo tra noi. Con tanti studenti proprio Cassandra Smith doveva capitarmi? Era destino che dovessi ridurla in una poltiglia vivente, allora. 
« Che vuoi? » ribatté Hugo divertito, tirandomi una forte gomitata nelle costole. « Avevi detto che ti sarebbe piaciuto duellare con qualche studente del settimo anno di Corvonero che non fosse Domi! »
« Giusto, l'avevi detto! » ci tenne a sottolineare Dominique, vendicativa.   
Beh, in effetti...
Nonostante non avessi voluto vedere la faccia odiosa della Smith per il resto della mia vita dovetti ammettere che la situazione mi pareva troppo divertente per ignorarla. 
« Sai che vi dico? Avete proprio ragione. » convenni, slacciandomi velocemente il cravattino rosso-oro in un gesto molto poco femminile e gettandolo in aria senza curarmi di dove finisse. Probabile sulla testa di qualche malcapitato, a giudicare dal sussulto rumoroso. « A noi due, Smith. » 
Mi affrettai a salire sulla pedana di combattimento, come avevano fatto le altre coppie di duellanti, sotto gli occhi incuriositi di tutti gli studenti presenti. Anche Cassandra salì sulla pedana, decisamente meno divertita di me. 
Inutile dire che tutti gli occhi della sala erano concentrati solo su noi due. 
« Beh, salve, Smith. » dissi, piazzandomi di fronte a lei con una certa spavalderia. 
Brown sembrava solo leggermente perplesso dal nostro comportamento e dal comportamento degli studenti, ma preferì non dire alcuna parola per non rovinare l'atmosfera. Oppure per capire che diavolo ci stesse saltando in mente per comportarci in quel modo così assurdo.
« Inizia ad abbassare la cresta, Potter. » disse subito Cassandra, dandosi delle arie come se fosse la reginetta indiscussa del mondo. « E vediamo se sai duellare senza picchiare le persone. » 
Sfoderai la bacchetta.  
« Oh, ti batto ad occhi chiusi! » esordii, mettendo una mano sul fianco e rivolgendo alla mia nemica un sorrisetto di sfida. « Fatti avanti, Barbie ossigenata! »
Cassandra spalancò la bocca con una perfetta imitazione di una 'O' particolarmente grossa mentre nella stanza cominciavano a sentirsi delle risatine di sottofondo. Soprattutto, ci avrei scommesso, da parte dei miei cugini. 
« Ossigenata? » sbottò la Smith, stringendo le labbra sottilissime. « Per la cronaca, sono bionda naturale. » 
« Certo. Naturale come le tue poppe, direi. » le sussurrai, rivolgendole un sorrisetto sadico. 
« Anche quello ho di naturale! » si infevorò la Smith, arrossendo fino alla punta dei capelli ossigenati. 
Ero sicurissima che avesse fatto ricorso a qualcosa per farsi crescere quelle tette che, fino a qualche tempo prima, non erano mai state così sode. Poteva darla a bere a quello scemo di Scamander o ai ragazzi con cui se la faceva ma non a me: le sue tette erano finte come i suoi capelli, e su quello non avevo dubbi. 
Colta sul fatto, eh, Smith? A dir poco pietosa. 
« Naturale, come no. » dissi, con assoluto scetticismo. 
« Assurdo! E mi vieni a parlare di tette proprio tu... quanto porterai? Una seconda? » mi rimbeccò Cassandra in modo sprezzante, attirando gli sguardi dell'intera folla maschile. Avrei giurato che perfino Brown si fosse voltato per guardarci, interrompendo bruscamente il sorteggio. 
« Una terza, per la precisione. » ribattei, sfrontata.  
« Oh, una terza, ah-ha! Allora sei donna, vero? » 
Cassandra continuava a ridacchiare e a scuotere il capo, facendo ciondolare davanti al viso truccatissimo i lunghi capelli ossegenati, con entrambe le mani sui fianchi. 
« Sempre meglio una terza naturale che una quinta finta. » la rimbeccai. 
« D'accordo, d'accordo, basta. » intervenne il professor Brown improvvisamente, piombando come un avvoltoio sulla pedana e fiutando il pericolo prima di tutti quanti. 
Avrei giurato che la notizia della rissa con Cassandra alla festa di Halloween si fosse sparsa per tutta la scuola, e non solo tra gli studenti. Ero sicura che perfino il Vicepreside Coleman, l'intero corpo insegnanti e la Preside sapessero di me e Cassandra, cosa che potevo notare dall'espressione di profonda disperazione di Brown.   
« Cominciamo bene. » borbottò l'insegnante, mentre alcuni studenti scoppiavano a ridere apertamente. 
Cassandra strinse i pugni, assumendo una smorfia di profondo disgusto. Sospettavo che venire trattata da scavezzacollo ribelle, come ero praticamente io, fosse davvero offensivo per lei che era una Caposcuola e una studentessa modello dotata di un buon senso di responsabilità. Ma non di cervello, presumevo.  
« Se Potter non mi avesse offesa in questo modo... » cominciò Cassandra, alterandosi. 
« Calmati, Cassandra. » la interruppe Brown, sospirando brevemente. 
Certo, fai pure la vittima sacrificale del cazzo. Adesso ti sistemo come...  
« Professore! » 
La voce di Harper interruppe il brusio di risa e sussurri che si erano creati nella stanza, e anche il mio pensiero minaccioso nei confronti di quel mostriciattolo di Barbie, attirando tutta l'attenzione dei presenti su di se. Mi resi conto con una certa stizza che la serpe mi stava fissando con una strana espressione che non prometteva nulla di buono. Cosa che, ovviamente, i miei cugini non mancarono di notare. 
« Sì? » fece Brown, asciugandosi il sudore dalla fronte nonostante fosse quasi inverno. 
« Io e Smith potremmo scambiarci i partner. » propose Harper con vocina innocente e persuasiva, continuando a fissarmi intensamente.  
« In che senso? » chiese il professore, alquanto allarmato.
« Duello io con Potter. » si offrì il ragazzo. « E Smith con Paciock. » 
Ma cosa diavolo...
Un silenzio teso accolse le parole di Harper, poi Brown si decise a parlare. 
« N-non penso sia il c-caso... » balbettò il professore, terribilmente confuso sul da farsi. 
Compresi in un battito di ciglia che Harper voleva la guerra. E allora non potevo far altro che rispondergli con la guerra. Infondo, era solamente un duello, non poteva succedermi nulla di male e, per sfortuna, non poteva succedere nulla di male neanche ad Harper, anche se i miei istinti omicidi nei suoi confronti erano sicuramente aumentati nel corso dell'anno scolastico.
Come ci si doveva aspettare da una come me, proclamai a voce alta...
« Accetto. » 
Gli studenti mi fissarono: chi allarmato, chi soddisfatto. Brown assunse un'espressione che mostrava tutto il suo pentimento sul fatto che venire in quella scuola fosse stato il più grave errore della sua vita ma, in particolar modo, che fondare quel Club dei Duellanti fosse stato il suo secondo errore più grande della sua vita. 
Ma ce la diede vinta.
« E va bene! » assentì, esasperato. « E mi raccomando alle coppie: siamo qui per imparare, non per farci del male a vicenda. »
Inutile dire che nessuno fece caso a quell'ultima affermazione.
Harper si piazzò proprio di fronte a me, con la bacchetta pronta e un sopracciglio alzato.
« Paura, Potter? » mi chiese. 
« Ti piacerebbe. » gli risposi. 


 
***
 

Dopo aver partecipato al Club dei Duellanti dovevo ammettere a malincuore che probabilmente quella non era stata l'idea migliore che potesse venire in mente al nostro modernissimo insegnante. Non solo un certo Scamander mi fu praticamente col fiato sul collo ma ci furono anche moltissimi incidenti per quanto riguardava alcune coppie specifiche, ovvero quelle che comprendevano i Serpeverde e i Grifondoro, soprattutto se questi appartenevano alle due squadre di Quidditch della scuola. 
In pratica, i Serpeverde avevano apertamente approfittato di quel Club per stanare tutti i giocatori di Grifondoro per la partita imminente. E, ovviamente, la lezione non poteva che concludersi con un crollo di nervi da parte di William Baston e con un pianto dirotto da parte di Micheal River, due grandi uomini virili della squadra di Quidditch di Grifondoro. 
Se volevamo parlare in generale, però, l'attività non era stata malaccio per la maggior parte degli studenti. Solo io trovai un disagio incredibile, forse perché qualunque partner mi capitasse (anche una lumaca marina) voleva minacciarmi/ferirmi/uccidermi. In poche parole, non avevo scampo. 
Comunque, per dirla proprio tutta e completare in bellezza la giornata, quella sera mi ritrovavo ricoverata in Infermeria accanto ad un disagiato Baston e ad un lacrimante River sotto le cure asfissianti di Madama Amelia. 
« Beh, ovvio che i Serpeverde ne hanno approfittato per metterci al tappeto prima della partita. » stava dicendo Hugo al mio capezzale, mentre io mi raggevo la testa indolenzita e Baston piagnucolava minacce contro tutta la Via Lattea. « Insomma, parlano tutti bene di questo Club... eccetto la nostra squadra. Credo che delle domande se le siano fatte tutti. » 
Perfino ai miei cugini era andata meglio di me. Perfino ad Hugo, che si metteva sempre nei guai, era andata molto meglio di me. Perfino a Dominique (insomma, a Dominique!), che non voleva neanche partecipare al Club e che adesso lo adorava e non vedeva l'ora di rifare quell'esperienza, era andata decisamente meglio di me.
Possibile che solo io sono la sfigata per eccellenza?
« Sì, Weasley, brillante teoria. Adesso puoi tacere? » 
Baston si mise di nuovo le mani nei capelli, piagnucolando come un grosso bambinone. Anche se i bambinoni non bestemmiavano in media dieci volte al minuto con un vocabolario così forbito e per niente da bambinoni. 
« Baston, il solo che deve tacere qui sei tu. » replicai, alzando il busto dallo schienale del letto e circondando le mani attorno alla bocca come da megafono. « Madama Ameliaaaaa! » chiamai, a voce altissima e squillante.
« Potter! » sbottò Baston, inalberandosi immediatamente. « Ho un fottuto mal di testa! Io, a differenza di qualcuno, sono stanchissimo. » 
« E io sono a corto di pazienza. » lo rimbeccai, mentre Hugo ridacchiava, spulciando delle Cioccorane regalatomi da alcuni ammiratori premurosi. Circondai di nuovo le mani accanto alla bocca e chiamai: « MADAMA AMELIAAAAA! » 
Madama Amelia, che si era liberata della sua improvvisa sordità, corse in tutta fretta nell'Infermeria, trascinandosi le pantofole rosa con i coniglietti per tutto il pavimento e reggendosi il grosso gonnellone bianco. A Baston sfuggì una sorta di conato disgustato, che accompagnò ad un gesto poco fine ed elegante. Intanto, io non ero mai stata così poco interessata a ridere quanto a gettare via le coperte e ad alzarmi dal letto.
« Che succede qui? » fece la donna, trabballando nel suo ampio gonnellone. « Potter! Oh, santo cielo! Le avevo detto di non alzarsi dal... »
« Non posso rimanere tutta la notte qui dentro! » pretestai, avanzando verso la Curatrice, che sembrava sconvolta come se avesse visto un paralitico alzarsi dalla sedia a rotelle e ballare il valzer. « Per favore, mi dimetta! » 
« Ne abbiamo già discusso abbastanza, signorinella. » disse Madama Amelia, come per mettere fine alla discussione. « Certo che sei proprio testarda, eh, tu. » 
« Ma... per favore... non posso... » 
Madama Amelia mi puntò spazientita la bacchetta sul petto, costringendomi ad arretrare e ad affondare come un sacco di patate sul letto scricchiolante. Dal rumore, Hugo si lasciò sfuggire una rana di cioccolato e sibilò una piccola parolaccia. 
« Tu non ti muovi di qui, Potter, o chiamo la Preside. » decise Madama Amelia, e corse via da me col gonnellone tra le mani e le pantofoline coi pupazzetti ai piedi. 
Sbuffai e mi accontentai di trasferirmi in un letto in fondo all'Infermeria e il più lontano possibile da Baston e dai suoi deliri infernali. Sembrava che quella giornata non finisse più e mi ritrovai a pensare intensamente al fatto che probabilmente Scamander non aveva avuto tutti i torti ad avvertirmi sui Serpeverde. Va bene che facevo parte della squadra di Quidditch anche io e che non ero la sola ad essere finita in Infermeria, ma sembrava che le serpi ce l'avessero in particolar modo con me. 
O forse ero io che ero troppo egocentrica. 
Finii per sistemarmi in modo pensieroso le lenzuola, aiutata da Hugo, quando Hagrid fece il suo ingresso nell'Infermeria puntando dritto verso il mio letto in fondo alla stanza con una grossa scatola di dolci tra le manone. 
« Hagrid! » esclammo io e Hugo, contenti di rivederlo e, soprattutto, di rivedere altro cibo da mettere sotto i denti dato che quello che avevamo non ci sarebbe bastato. 
« Ohi, piccole pesti. » disse Hagrid in saluto, lasciando cadere delicatamente la grossa scatola sul letto. « Come stai, tu? »  
« Sfortuna per i Serpeverde, sto benissimo. » risposi, scartando alcune Gelatine. « Hanno approfittato del Club dei Duellanti per ferire i giocatori di Grifondoro in modo da batterci alla partita. » 
Hagrid ridacchiò e ci raccontò brevemente che ogni anno ad Hogwarts, dai tempi dei nostri genitori e forse anche dai tempi in cui fu fondata la scuola, i Serpeverde avevano sempre tentato di stanare i giocatori di Grifondoro per metterli al tappeto prima della partita. In pratica, lo ritenevano un rituale. 
« Stronzi. » Hugo fece schioccare le nocche, irritato. « Vorrebbero metterci nel sacco, eh? E c'è di più! Credono che siamo stati noi ad aggredire la loro amica Bellatrix ad Halloween. » 
Hagrid, che stava bevendo un goccio di non so cosa in una fischetta piccolissima, tossì tutto e sputacchiò il contenuto biancastro sulle lenzuola candide. Ero certa che il nostro grande amico non sapesse di quel piccolo litigio con i Serpeverde avvenuto durante la notte di Halloween, anche perché era stato mandato a perquisire il castello e i dintorni con il custode Armando e col piccolo professor Vitius. 
« Avanti, Hagrid, poche storie. » disse Hugo tranquillo, allungando i piedi e piazzandoli sul mio letto con nonchalance. « Sappiamo benissimo che Bellatrix Lestrange è stata aggredita. » 
Hagrid inarcò le sopracciglia, sconvolto. 
« Per tutti gli Ungari Spinati! » sbottò. « Voi non dovete nemmeno sapere queste cose! Queste sono cose top secret, da non rivelare a nessuno! » 
« Ma certo. » dissi, con abbondante sarcasmo. « Così top secret che quasi tutti hanno capito che non si trattava di uno scherzo. » 
Il gigante mi fissò con un cipiglio severo e che non gli si addiceva per niente.
Hugo tossicchiò e chiese, per allegerire la tensione: « Come sta Bellatrix? » 
« Eh? Oh, sta benissimo. » rispose Hagrid, rilassando il viso che un attimo prima era contorto in una smorfia infastidita. « Ha avuto una ripresa veloce come il vento, i Medimaghi non hanno avuto tanto da fare. » 
Io e mio cugino ci scambiammo uno sguardo inquisitorio, probabilmente chiedendoci la stessa cosa. 
« Potrebbe ritornare qui ad Hogwarts ma gli Auror e gli insegnanti ci dicono di no, ci dicono che deve restare ancora un poco al sicuro. » 
Sì, e magari gli Auror potrebbero anche farsi una Gran Bretagna di cazzi lor... CHE COSA?!
« Al sicuro? » ripetei, spalancando gli occhi. « Quindi è vero che non siamo più al sicuro al castello! » 
Hagrid rimase a fissarmi con lo sguardo perso nel vuoto, come se si stesse per maledire da solo per quello che si era lasciato sfuggire inconsapevolmente. E infatti...
« Questo non dovevo dirlo... non dovevo proprio dirlo... » 
« Ma Hagrid! » incalzò mio cugino, con una certa fretta. « Se gli Auror hanno impedito a Bellatrix di ritornare ad Hogwarts per la sua sicurezza significa che non sono coinvolti in questa storia! » mi rivolse uno sguardo, che accolsi con la medesima enfasi. « Significa che gli Eroi della Guerra sono innocenti. » 
Rivolsi un'occhiatina ad Hagrid e credetti sul serio che stesse per scoppiare. Infatti, si fece tutto paonazzo come un papavero primaverile e cominciò a ruggirci contro imprecazioni e rimproveri che fecero voltare dalla nostra parte, con un certo spavento, Baston, River e la vecchia Madama Amelia. 
« Ma come vi saltano in mente ste cose, eh?! » stava ancora sbraitando Hagrid, dopo cinque minuti di delirio totale. « Gli Eroi non sarebbero capaci di far del male a nessuno! » 
Aspettai che il rossore sparisse dal faccione peloso del nostro amico e mi azzardai a parlare, con assoluta cautela ma con la stessa sfacciataggine che mi distingueva in quelle situazioni difficili.
« Allora chi può essere stato ad aggredire Bellatrix? » insistetti, piano. 
« Io questo non lo so! » rispose Hagrid, con una sorta di disperazione nella voce. « Sentite, io non so una ceppa di niente di questa situazione, ok? So solo che al Ministero sta succedendo un gran casino e che tuo padre dice che non prende misure di sicurezza fin quando non si hanno indizi sul colpevole. E poi... per tutti gli Ippogrifi galoppanti! Dovevi vedere tuo padre e Draco Malfoy come si picchiavano alla Babbana nel bel mezzo del Ministero! Credo che Draco sospetta qualcosa sugli ex Mangiamorte e... » 
Le facce scandalizzate di me e Hugo costrinsero Hagrid a tacere immediatamente.
La cosa non quadrava, e non quadrava per niente. Se Draco sospettava degli ex Mangiamorte, come mai era stata ferita una figlia di Mangiamorte? Insomma, nessun ex Mangiamorte aggredirebbe la figlia di un ex Mangiamorte. A meno che non ci fosse in atto una guerra anche tra gli ex Mangiamorte o qualcosa di veramente oscuro e misterioso sotto. 
Ma grazie per le informazioni, Hagrid, ti adoriamo infinitamente. 
« Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo! » si stava maledicendo Hagrid, cominciando ad andare avanti e indietro per l'Infemeria terrorizzando il piccolo Micheal River.
« Beh, i nostri dubbi sono stati confermati. » sussurrai, scoccando uno sguardo a mio cugino mentre Hagrid era distratto. « Ora non ci resta che scoprire cosa vogliono gli ex Mangiamorte. » 

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