Hidden Intentions

di JulieFF
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


ATTENZIONE: la storia non è mia, ma una traduzione fedele dell'originale. Per più dettagli, leggete ciò che ho scritto alla fine del capitolo(:

CAPITOLO 1
 
"Making big plans,
For your own sake,
Hope they don't bend,
Hope they don't break."
OceanshipHotblack

 
Ogni mattina era la stessa storia.
- Morris! – gridò, premendo il citofono sopra al suo comodino, così da chiamare il maggiordomo che si trovava al piano inferiore, in sala da pranzo.
Probabilmente stava apparecchiando per la colazione; stava apparecchiando quell’immenso tavolo che, però, ospitava sempre e solo due persone. E magari stava anche lucidando l’argenteria, visto che era un martedì.
- Si, signor Hemmings? – rispose il maggiordomo, con il suo forte accento britannico.
- Penso che sia arrivato il momento di portare fuori la spazzatura. – disse Luke sogghignando, mentre decideva il colore da indossare quel giorno. Optò per un abito color carbone, con una camicia blu e una cravatta di raso.
Il blu era sempre stato il suo colore: si intonava perfettamente alla sua carnagione chiara e ai capelli biondi, esaltando gli occhi azzurri.
- Cosa intende farne, questa volta? – chiese Morris, infastidito.
L’uomo era abituato alle azioni di Luke; erano quasi una routine. Luke si portava a casa qualunque ragazza conquistasse durante le sue nottate selvagge, per poi lasciare che Morris si sbarazzasse di tutte quelle che avevano avuto il coraggio di rimanere fino alla mattina seguente.
Molte ragazze ci avevano provato, sperando che Luke avrebbe voluto passare un po’ più di tempo con loro, sperando di avere una vera conversazione con lui, al di fuori del flirtare al bar davanti a qualche superalcolico.
Ma Luke non le aveva mai accontentate. Spariva sempre prima che le ragazze si svegliassero, facendole sentire disprezzate ed usate.
- Dille che avevo un appuntamento di prima mattina. -  replicò il biondo, controllando ancora una volta la sua immagine allo specchio, per essere sicuro di apparire come un ragazzo da un milione di sterline. E lo sembrava eccome.
- Si, signore. – disse Morris e Luke poteva sentire vagamente i passi del maggiordomo mentre scendeva le scale del palazzo di famiglia, situato nel centro di Londra.
Era una grande villa in stile Vittoriano, passata da generazione in generazione. Ora era il suo turno di seguire le orme del padre, per poi sostituirlo nell’impresa di famiglia.
Luke aprì la porta del suo guardaroba, tanto grande da sembrare un’altra camera da letto, con tanto di posti a sedere e decine di scaffali pieni di vestiti costosi; era il ritratto della vanità e Luke non si vergognava a mostrarla, tanto che il suo motto era diventato “le persone belle hanno solo il meglio”; Luke si ripeteva quella frase più volte al giorno, recitandola come se fosse un mantra.
-  Signorina, credo che il signor Hemmings se ne sia andato a causa di un appuntamento a colazione e mi ha chiesto di scortarla fuori il prima possibile. –
Ciò che successe dopo era qualcosa verso la quale Luke era diventato completamente insensibile. Un singhiozzò scappò dalla bocca della ragazza, seguito da un fiume di lacrime. Non finiva più e quella era una delle cose che Luke più detestava. Non aveva mai sopportato chi piangeva, soprattutto quando si parlava di quel pianto emotivo al quale le adolescenti sembravano così affezionate.
- Non vuole nemmeno dirmi addio? Se ne è andato senza neanche dirmi addio? – balbettò la ragazza, tra le lacrime. La sua voce cresceva di ottava in ottava, passando da un sommesso piagnucolare ad un fastidioso strillare, con la voce sempre più acuta.
Luke, intanto, se ne stava di fronte al suo specchio, aggiustandosi la cravatta con volto impassibile. Semplicemente non gli importava nulla del numero di ragazze che abbandonava sul suo letto con il cuore spezzato. Una volta ottenuto ciò che voleva, diventavano inutili. E lui non sapeva nemmeno i loro nomi.
Dopo un paio di minuti segnati da un pianto straziante, Luke iniziò ad agitarsi: perché non se ne era ancora andata?! Pensò di scivolare velocemente fuori dalla stanza, per dire personalmente alla ragazza di andarsene, ma proprio mentre stava per appoggiare la mano sulla maniglia, udì distintamente i passi strascicati della ragazza fuori dalla porta e poi verso il piano inferiore, verso l’ingresso.
- Finalmente. – disse il ragazzo, tra sé e sé, uscendo dalla cabina armadio e dirigendosi verso l’enorme finestra che dava sulla città. Quella era la cosa che preferiva in tutta la casa, la vista del centro di Londra che gli offriva la sua stanza. Molte notti, quando si trovava da solo, iniziava a fissare le stelle che illuminavano il cielo al di là del vetro, riflettendo su cosa avrebbe fatto dopo. E cercava in ogni modo di non pensare a qualcosa di personale perché, semplicemente, non era da lui.
- La spazzatura è stata sistemata, signore. – disse Morris, con le mani dietro la schiena; indossava un semplice abito nero, che era l’uniforme richiesta. Il maggiordomo aveva lavorato per il padre di Luke prima ancora che Luke fosse nato; poi aveva cresciuto da sé il ragazzo, visto che il padre era sempre impegnato in qualche festa o si trovava in vacanza, per assecondare i vizi della matrigna di Luke.
- Grazie, signor Morris. –
- Ah, signor Hemmings...? – disse Morris e Luke si voltò verso l’anziano maggiordomo. – La colazione è in sala da pranzo, appena sarà pronto. -  

* * *
 
- Buongiorno, fratello. – disse Margaret, sorridendo mentre sorseggiava il suo the fumante.
- ‘Giorno. – rispose Luke, che non aveva assolutamente voglia di cominciare una discussione con la sua sorellastra, quella mattina.
Appena si sedette al suo solito posto nella sala da pranzo, a capotavola, un ragazzo scese giù dalle scale, con la sua maglietta e i suoi pantaloni in mano. Senza dubbio si stava vergognando a morte.
- Ciao Clyde, tesoro. – lo salutò Margaret, continuando a sorseggiare il suo the.
- Sbaglio o i tuoi standard si sono a dir poco abbassati? – domandò Luke. – Insomma, il cameriere del galà della notte scorsa? Sul serio? Tra tutte le persone che avresti potuto avere, hai scelto lui. –
Luke e Margaret potevano non condividere lo stesso patrimonio genetico, ma non erano poi così diversi, soprattutto a causa delle loro famiglie. Erano entrambi stati cresciuti da dei maggiordomi, invece che dai loro genitori, che erano sempre fuori casa a fare ciò che più gli piaceva.
Il padre di Luke era il proprietario delle Hemmings Industries. Erano una famiglia benestante e attribuirli l’aggettivo “ricchi” era decisamente un eufemismo. Luke, ad esempio, ricevette una Jaguar edizione limitata per il suo decimo compleanno e, ovviamente, non era ancora in grado di guidarla. Il costoso regalo non gli era stato consegnato dal padre, anzi, rappresentava quasi una misera scusa verso il figlio, come se gli avesse detto “mi dispiace di essere a Montecarlo con la tua nuova matrigna invece che al tuo compleanno.”.
E le matrigne, poi, si susseguivano una dopo l’altra. La madre biologica di Luke aveva abbandonato il ragazzo e il padre molti anni prima e Luke nemmeno ricordava la sua faccia. Sparita senza lasciare traccia o qualsiasi indicazione sul perché se ne fosse andata. In ogni caso a Luke non importava. Non ne aveva mai sentito la mancanza e era convito di vivere meglio senza una vera madre. Aveva visto solo un paio di sue fotografie, ma a parte quei pochi ricordi, lei era completamente inesistente per lui. L’unica cosa che infastidiva Luke era la somiglianza che gli accomunava, ma in ogni caso cercava di non pensarci.
Margaret, ironia della sorte, aveva vissuto esattamente la stessa esperienza, solo al contrario. Suo padre aveva lasciato sua madre a causa di “differenze inconciliabili”. Le uniche volte che sentiva suo padre era durante il giorno del suo compleanno, quando le faceva qualche regalo stravagante per compensare la sua assenza.
Il matrimonio che univa il padre di Luke e la madre di Margaret, in ogni caso, era basato unicamente sul potere; ma, nonostante questo, sembravano fregarsene uno dell’altra abbastanza da farlo durare. Non litigavano mai, o perlomeno non lo facevano di fronte ai figli. Cosa non poi così strana, visto che non si trovavano mai a casa. E se si trovavano a casa, probabilmente era per smaltire una sbronza e in quel caso chiedevano di essere lasciati soli, fino ad ordine contrario.
Oltre a condividere l’atteggiamento dei loro genitori, Luke e Margaret condividevano anche gran parte delle loro abitudini. Entrambi indossavano vestiti di marca e facevano di tutto per apparire sempre al meglio; non si facevano mai vedere in tuta o cose del genere. Sia mentre lei si truccava, sia mentre lui si alzava i capelli un una cresta perfetta, entrambi riuscivano ad apparire come le persone di alta classe che erano.
La cosa che gli collegava, però, più drasticamente, era la loro vita sessuale. Entrambi erano andati a letto con più della metà della classe sociale più alta di Londra. Ma, mentre Luke era ben conosciuto per i suoi incontri, Margaret riusciva a tenerli ben nascosti, continuando ad apparire come una specie di santa.
In ogni caso lo facevano per ragioni diverse: Luke cercava un modo per tenersi occupato quando era annoiato, mentre Margaret cercava di essere sempre un passo sopra suo fratello. Il sesso per loro era un campo di battaglia in comune e quindi si trovavano sempre a competere.
Margaret sorrise, facendo roteare il dito affusolato dentro alla tazza da te, per poi tirarlo fuori e succhiarlo in modo seducente. Non sapeva mai quando era il momento di controllarsi.
- Sempre meglio della puttana consumata che ti sei portato a casa te. – ribadì lei, cercando di innervosire Luke.
Ma il ragazzo era già un passo davanti a lei.
- Disse la mia bulimica, amante-del-cazzo, sorellastra. – replicò Luke, mantenendo uno sguardo impassibile sul suo volto. Non era mai stato il tipo di ragazzo che mostrava le sue emozioni, se non quando era arrabbiato. In quel caso era tutta un’altra storia. – Inoltre, ho i miei motivi per scegliere una determinata ragazza invece che un’altra e questo lo sai. –
- Sei insopportabile. – disse infine lei, ancora incazzata e senza parole per il commento fatto poco prima dal biondino.
Lui ammiccò, dal lato opposto del tavolo, mentre lei s’imbronciava, rimanendo in silenzio.
Degli squilli provenienti dalla tasca di Luke gli fecero capire che era ora di uscire di casa.
- Dove vai, così presto? – domandò Margaret, mentre l’osservava alzarsi e incamminarsi verso il corridoio.
- Oh Margaret, mia cara, cara Margaret. – disse Luke, poggiando le mani sullo schienale della sedia dov’era seduto fino a poco prima; una sedia che, più che altro, sembrava un trono. – Ho dei cuori da spezzare e delle persone da far innervosire. –
- E sono solo le undici. – ribadì lei sarcasticamente, appoggiando il mento sulle mani. – In ogni modo, salutami la signora Abernathy. – continuò la ragazza, dopo aver messo insieme tutti i pezzi del puzzle.
Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che Luke andasse dalla figlia della signora Abernathy, dopo che questa si era rifiutata di prolungare la data di scadenza per la consegna del suo compito di letteratura classica, indipendentemente da quanti soldi il ragazzo le offrisse. La signora Abernathy poteva anche essere una delle insegnati del miglior college privato di Londra, che significava che non viveva poi tanto male, ma Luke le aveva offerto molto più di quel che guadagnava in uno o due mesi d’insegnamento. Ma non importava quanto l’offerta crescesse, lei aveva sempre rifiutato dicendogli che se la situazione fosse continuata, sarebbe andata a parlare con il preside della situazione. La scuola non era un’eccezione quando si parlava del suo bisogno di essere il migliore. Così, maniaco del controllo qual’era, quando Luke si trovò una C- sul compito, si arrabbiò parecchio. Non aveva mai preso un voto inferiore ad A.
- Questa è la Margaret che conosco. – disse Luke, facendo un occhiolino a Margaret, prima di uscire dalla sala da pranzo una volta per tutte.
Uscì dalla sua sontuosa casa e premette il pulsante sul telecomando della macchina di lusso che possedeva da quando aveva dieci anni.
La sua vita magari non comprendeva una famiglia confortante e amichevole come quella di altre persone, era qualcosa con la quale aveva imparato a convivere, ma aveva tutto ciò che voleva, se non di più: macchine, vestiti, denaro, ragazze…
Aveva tutto.
O almeno così pensava.
E tutto era iniziato come ogni altra mattina.



Hello there!
Purtroppo non ho molto tempo per dilungarmi, spero solo che il primo capitolo vi abbiamo incuriosite almeno quanto ha fatto con me quando l'ho letto in inglese ahah
Ci tengo a precisare che NON HO SCRITTO IO QUESTA STORIA. Questa è solo una traduzione fedele dell'originale, scritta da Baylie/defyingstarsss.
L'autrice su Twitter è @basicallysuxx
La storia originale potete trovarla qui: 
http://5sosfanfiction.com/viewstory.php?sid=61&ageconsent=ok&warning=3
Se invece qualcuna ha bisogno di contattare me, potete farlo su Twitter, @JulieFHoran, o ASK, http://ask.fm/FedeF96
Detto questo, spero davvero di riuscire ad aggiornare entro due/tre giorni! 
Mi farebbe molto piacere avere qualche recensione per sapere cosa ne pensate (pareri che ovviamente comunicherò all'autrice)! 
Byeee x

- Julie(:

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


CAPITOLO 2
 
"I think I found help,
I think I found something.
I think I found something in my TV screen.
I think i found out that I have nothing,
That I have nothing in this place for me."
The Neighbourhood - Female Robbery
 
Luke non esitò a bussare alla porta dell’aula della signora Abernathy. L’insegnata si bloccò, sollevando la penna dal foglio sul quale stava scrivendo il piano di studio per quei pochi studenti che avrebbero dovuto frequentare i corsi estivi, per migliorare i loro voti. Nessuno era autorizzato a fallire alla Winchester Prep.
- Uh-Umm – Luke si schiarì la voce, cercando di attirare, in questo modo, l’attenzione dell’insegnante.
La signora Abernathy cercò di nascondere la sua espressione solenne, ma era evidente che non era felice di ritrovarsi davanti lo studente che meno preferiva, impettito e decisamente non invitato. Aveva sempre preferito Margaret al ragazzo e non riusciva a capire come potesse sopportare l’atteggiamento arrogante del ragazzo per tutta la giornata.
- Posso aiutarla in qualche modo, signor Hemmings? – chiese la signora Abernathy, posando la penna nera sulla scrivania e congiungendo ordinatamente le mani in grembo.
Aveva i capelli ispidi e sempre legati in un rigido chignon. Le rughe sul volto erano state abilmente nascoste, ma quelle sulle mani svelavano irrimediabilmente la vera età della donna.
- Sono passato solo per porgerle le mie più umili scuse. Non avrei mai dovuto offrirle tutti quei soldi in cambio di un voto migliore in questo ultimo semestre. – disse Luke, camminando per la stanza, fino a fermarsi esattamente di fronte a lei e appoggiarsi in modo casuale alla scrivania dell’insegnante.
Luke era magro ed in forma, i muscoli sulle braccia e sulle gambe lo dimostravano. Anche il petto e gli addominali erano decisamente allenati e lui non perdeva mai l’occasione per far notare quella sua caratteristica. Luke sapeva di essere bello e usava questa cosa a suo vantaggio, anche se ciò significava cercare di affascinare un’insegnante cinquantenne.
- Sul serio, signor Hemmings? Devo dire che ne sono sorpresa. Il suo comportamento a causa del voto ricevuto è stato a dir poco atroce ed inaccettabile. Sto solo cercando di prepararla al mondo reale al di fuori di questa scuola. – disse, per poi fare una pausa e sorridere, convinta della sincerità delle parole di Luke. – Sono così orgogliosa di te per aver ammesso i tuoi errori. Questo dimostra che stai maturando. –
Luke sorrise, facendo scivolare la mano, lentamente, verso la tasca interna della sua costosa giacca. Sfiorò con le dita il tessuto dell’indumento che aveva messo in tasca la sera prima, mentre la ragazza che aveva portato a casa non lo stava guardando.
- È tutto, signor Hemmings? – domandò la signora Abernathy con quella voce nasale che faceva impazzire Luke.
Il ragazzo poteva avvertire la soddisfazione che provava la donna in quel momento, nonostante fosse tutta una messa inscena ideata dal biondino.
Luke annuì con un sorriso, per poi dirigersi verso la porta. Appena prima di raggiungere la maniglia, però, il ragazzo si girò e ritornò di fronte all’insegnate, con un’espressione fredda in volto. La signora Abernathy lo osservò con confusione.
- Quasi dimenticavo! – esclamò drammaticamente Luke, con un ghigno malvagio sulle labbra. Estrasse la mano dalla tasca, per poi lasciar cadere gli slip in pizzo rosa sulla scrivania. – Credo che sua figlia abbia lasciato queste a casa mia, la scorsa notte. Potrebbe ridargliele da parte mia? –
Un misto di orrore e rabbia si dipinse sulla faccia della donna che non pensò prima di allungare la mano verso la guancia di Luke con un movimento rapido. Luke avrebbe potuto fermare il colpo con facilità, ma era convinto che più una cosa era drammatica, meglio era. Così si trattenne, considerando lo schiaffo appena ricevuto come un’iniezione di adrenalina. Era ciò che voleva. Un pensiero fisso che non poteva andare via, quello di completare le sue conquiste con una certa soddisfazione.
- Tu… figlio di puttana! -  urlò l’insegnate, con il viso colorato da diverse sfumature di rosso.
Tutto il suo corpo tremava mentre il suo sguardo serpeggiava tra il ragazzo di fronte a lei e le succinte mutandine sulla scrivania, facendo due più due.
Con un occhiolino ed un sorriso stampato in faccia, Luke uscì dalla stanza. L’unico suono che udiva era il rumore dei tasti del telefono che venivano pigiati dalle dita magre della signora Abernathy, cercando disperatamente di contattare la figlia che, con ogni probabilità, stava ancora piangendo per essere stata trattata così maleducatamente da Luke.
- Elizabeth Rose! – la sentì strillare non appena mise piede nell’atrio.
Luke si tolse la giacca, incastrandola sotto al braccio mentre camminava verso l’uscita della scuola, mentre le urla della signora Abernathy diventavano meno udibili passo dopo passo. Il suo sorriso non vacillò nemmeno per un istante.
* * *
- Hadley, dobbiamo andare! – urlò sua madre dall’angusto appartamento situato nella periferia di Londra.
Sembrava diventare sempre più piccolo, soprattutto do quando la madre aveva chiesto al suo malfamato fidanzato, Chuck, di trasferirsi con loro, cosa che Hadley non aveva preso affatto bene.
Ovviamente lei era tutta sorrisi di fronte alla coppia, cercando di rendere la vita di sua madre un po’ più semplice; ma appena si trovava dietro alla porta chiusa della sua stanza, lei sfogava tutta la sua rabbia sul diario di pelle che conteneva tutte le sue confessioni più profonde.
Per lo più ero pieno di infiniti sproloqui interiori su come Chuck  sembrava lasciare un numero infinito di bottiglie di birra in giro per il salotto, facendo in modo che il loro appartamento puzzasse di alcol e sudore. Cosa a dir poco disgustosa.
Chuck dormiva tutto il giorno, aspettandosi poi che la madre di Hadley lo servisse e riverisse, rifornendolo anche di soldi ogni qualvolta lui rimaneva senza. Questa aveva solo fatto sì che la rabbia di Hadley crescesse sempre di più.
Ma la goccia che faceva traboccare il vaso di odio che Hadley provava verso il fidanzato della madre, era la violenza fisica che le scagliava contro ogni volta che era troppo ubriaco per capire cosa stesse facendo. Non aveva mai toccato Hadley, ma a volte lei si trovava a sperare che lo facesse, così sua mamma non avrebbe più dovuto sopportare quella pena e quel dolore.
- Perché non lo cacci via, mamma? – aveva chiesto Hadley dopo un paio di episodi che avevano lasciato sua madre coperta di lividi blu e viola. – È uno spreco di spazio e si merita di vivere per strada! –
- Had, sai che non posso farlo. – la voce di sua mamma era dispiaciuta e leggermente tremante. Hadley sapeva cosa stava per dire. Lo aveva detto un sacco di volte prima di allora e Hadley era stanca di sentire sempre la stessa scusa. - Era ubriaco, non ragionava. -
Hadley si sentiva come se la testa stesse per esplodere dalla frustrazione. Non importava quante volte assicurasse alla madre che meritava di molto meglio, lei avrebbe sempre liquidato le sue parole come se non valessero nulla.
- Tu sai che è una bugia. – fu tutto ciò che Hadley riuscì a dire.
Non approvava le azione della madre ed era infastidita dal modo in cui la costringeva ad andare d’accordo con lei e Chuck. Era ingiusto e la ragazza odiava quella situazione.
- Lui mi ama, Hadley. – disse sua madre, cercando più che altro di rassicurare se stessa.
Le sue parole assunsero la forma di bugie non appena lasciarono la sua bocca, ma lei decise di continuare ad aggrapparsi a quel fragile filo di speranza che la portava a credere che Chuck l’amasse sul serio.
- No, mamma. Papà ti amava. – disse Hadley con voce sconfitta. Sapeva che sua mamma non si sarebbe mai accorta di quanto corrotte stessero diventando le loro vite mentre ospitavano un tossico sotto il loro tetto. – Nessuno fa male alle persone che ama. –
Gli occhi di sua madre erano lucidi, ma quella volta Hadley non l’avrebbe consolata. Non quella volta.
Ed ora, eccole là. Sopravvivendo a malapena a causa del denaro speso in alcol e altre cose delle quali Chuck aveva bisogno. Sua mamma era stata fortunata a trovare lavoro come cameriera, molto fortunata. Non solo la paga era buona, ma le era anche permesso di farsi aiutare da Hadley, così da finire il lavoro più velocemente e permettere alla ragazza di starsene un po’ lontana da Chuck.
- Hadley, ORA! – la voce di sua madre aumentò di volume.
Hadley si mise di fronte allo specchio incrinato della sua camera da letto, aggiustandosi i capelli castani ramati, per poi legarli in una treccia intricata. Si mise un po’ di mascara sulle ciglia già lunghe, poi si passò un filo di burro cacao sulle labbra leggermente carnose. Una volta finito, afferrò l’anello della purezza regalatogli dal padre.
- Sto arrivando! – gridò, mentre correva attraverso il corridoio per raggiungere sua madre di fronte alla porta.
Mentre la madre sfoggiava la divisa richiesta per il suo lavoro, una gonna nera e una camicia bianca, Hadley indossava il suo miglior paio di skinny jeans, una maglietta bianca e una giacca nera che era fortunatamente riuscita ad accaparrarsi in un mercatino delle pulci.
Madre e figlia scesero le scale del condominio, per poi raggiungere il garage, che era proprio accanto all’edificio. Dopo essersi guardate in giro un paio di minuti, individuarono la Volkswagen, che sembrava anche più vecchia della bisnonna di Hadley.
La vecchia macchina quel giorno, però, semplicemente si rifiutava di collaborare, visto che la madre di Hadley aveva già provato parecchie volte a farla partire, senza successo. La macchina faceva appena un ronzio, per poi produrre fumo nero dal tubo di scappamento.
- Forza piccola, non oggi! – disse sua madre alla macchina, come se questo l’avrebbe magicamente riportata in vita. – Dai! –
Le loro preghiere sembrarono essere state ascoltate quando improvvisamente la macchina ripartì. Il motore era troppo rumoroso, la radio offriva sempre e solo un sibilo statico e l’aria condizionata era rotta da molto tempo, ma era il meglio che avessero a disposizione. E loro preferivano avere quel mucchio di rottami piuttosto che nulla.
- Grazie a Dio! – disse sua madre, tirando un sospiro di sollievo, felice di avere un qualcosa per raggiungere il loro posto di lavoro nel centro di Londra.
Il viaggio fu silenzioso, visto che Hadley indossò le sue cuffiette, cercando di evitare qualsiasi tipo di conversazione con sua madre. La notte prima avevano nuovamente litigato a causa di Chuck.
Non è che Hadley odiasse sua madre, erano le decisione che prendeva ad odiare. In un universo parallelo Hadley sarebbe cresciuta con sua madre e sua padre senza essere a conoscenza degli effetti collaterali dell’alcool e del tempo impiegato alle contusioni per guarire. Ma lei non viveva quella vita ed era bloccata nel dura realtà. Sapeva di stare dando il meglio di se, ma le era sempre più difficile mantenere il sorriso.
Quando finalmente la vettura si fermò di fronte alla casa più grande che Hadley avesse mai visto, raccolse tutti i prodotti per la pulizia che la madre aveva posato sui sedili posteriori, per poi dirigersi verso la porta. Un uomo in uniforme aprì la porta e subito Hadley e sua madre aggiustarono la propria postura, imbarazzate.
La casa era immacolata e Hadley si chiese cosa avrebbero dovuto pulire, visto che tutto era già perfettamente ordinato. Lei continuava a giocare con i suoi abiti, mentre la sua sicurezza, verso se stessa e i vestiti che indossava, spariva di fronte alla ragazza che si trovava davanti: aveva all’incirca la sua età, indossava un abito da cocktail e probabilmente le scarpe Louis Vuitton che portava ai piedi erano più costose di tutte le cose che Hadley avesse mai posseduto.
- Voi dovete i Miller? -  chiese la ragazza con la sua voce sofisticata.
Hadley si sentiva fin troppo piccola di fronte a quella ragazze che, più che altro, sembrava una dea. Non era solamente a causa di ciò che indossava, ma anche della sua sicurezza. Il modo in cui teneva la testa alta la faceva apparire al di sopra di tutti, soprattutto di Hadley e sua madre.
- Si, siamo noi. – rispose la madre di Hadley fin troppo entusiasta, guadagnandosi un’occhiataccia dalla ragazza.
- Beh, non statevene li impalate. Andate a lavorare. – scattò la ragazza, facendo indietreggiare madre e figlia.
La ragazza era spietata e molto, molto, intimidatoria.
Sembrava che stessero pulendo da ore, quando invece ne era passata solo una da quando Hadley e sua madre avevano iniziato. Avevano cominciato dallo studio, spolverando tutti gli scaffali e riorganizzando i libri per autore. Poi passarono al bagno patronale dove sfregarono la vasca di porcellana talmente a lungo che le dita dolevano.
- Dai, fai una pausa. – la mamma di Hadley la incoraggiò. Non voleva far faticare così tanto la figlia quando aveva già fatto fin troppo. – Me la caverò. –
Hadley avrebbe voluto protestare e continuare ad aiutare, ma la voglia di esplorare la case e prendersi una pausa ebbero la meglio. Così si limitò ad annuire e a riporre la spugna nel secchio, per poi iniziare a girovagare per l’enorme dimora.
Non ci volle molto tempo per terminare l’esplorazione del piano inferiore, visto che ne aveva giù pulito la maggior parte.
Così si avventurò su per le scale che l’avrebbero portata al secondo piano. C’era un’altra biblioteca, della quale s’innamorò, visto che alla prima occhiata individuò subito i suoi romanzi preferiti, tra gli scaffali. Tre bagni, una sala cinema, una palestra e tantissime camere degli ospiti che sembravano essere inutilizzate da anni.
Mentre si apprestava a salire le scale verso il terzo piano, l’aria sembrava intrisa di mistero. Era tutto meno luminoso e sembrava decisamente più vuoto rispetto al resto della casa. Era come se lei fosse consapevole del fatto che non sarebbe dovuta trovasi lì, ma l’avesse fatto comunque.
- Chi sei? – chiese una voce roca alle sue spalle, facendola trasalire.
- I-io – balbettò Hadley.
Di solito aveva sempre un sacco di cose da dire, ma in quel momento si sentiva a corto di parole.
- Sai che non è educato spaventare gli inservienti, Luke. – disse la stessa ragazza del piano di sotto, mentre si osservava le unghie con aria disinteressata. Rimase ad un paio di metri da loro, ai piedi delle scale.
Il ragazzo che Hadley aveva capito si chiamava Luke alzò gli occhi al cielo al commento della ragazza e urtò volontariamente Hadley mentre risaliva le scale, per poi farsi strada verso una camera chiusa. Aprì la doppia porta, per poi tornare a rivolgersi alle due ragazze.
- Questa camera è off limits. – disse un po’ troppo duramente, indicando la stanza da letto alle sue spalle. – Sono stato chiaro? –
Hadley annuì velocemente per poi osservare l’altra ragazza che se ne stava con una mano sul fianco e un sorriso sulle labbra mentre guardava il ragazzo biondo con gli occhi azzurri dal quale Hadley faticava a distogliere lo sguardo. Era bellissimo e lei si sentì terribilmente insicura di fronte a lui.
- Smettila di fissare, Margaret. È maleducazione. – disse Luke per poi chiudere la porta dietro di lui, lasciando Hadley sola con la ragazza, nel corridoio vuoto.
- Cosa ci fai qua su? – domandò bruscamente Margaret.
- Stavo solo dando un’occhiata in giro. – iniziò a spiegare Hadley.
Margaret iniziò a voltarsi, decisa a dimenticarsi della fastidiosa ragazza, quando qualcosa catturò il suo sguardo. Non sapeva nemmeno perché si notasse così tanto, una volta sotto la luce. Margaret sorrise maliziosamente.
- Come ti chiami? – chiese Margaret, sorprendendo Hadley.
- Hadley. – rispose timidamente e fin troppo cautamente.
Margaret ebbe bisogno di concentrarsi per capire cosa stesse dicendo.
- Parla più forte, non ti sento. – disse Margaret, socchiudendo gli occhi mentre si avvicinava alla ragazza.
- Sono Hadley.  – ripeté più forte Hadley.
Margaret concentrò la sua attenzione sulla fascia d’argento che avvolgeva il dito di Hadley, prima di indicarlo.
- Cos’hai al dito, Hadley? – chiese, nonostante sapesse già la risposta.
- Uhm… - disse, iniziando a rigirarsi l’anello tra le dita, consapevole del fatto che l’agitazione stava avendo la meglio su di te. – È il mio anello della purezza. Me lo ha dato mio padre. –
- Quindi sei vergine? – chiese Margaret, non preoccupandosi di aver appena superato un tacito confine.
Nella sua mente non c’erano domande off limits.
Hadley non poté contenere il piccolo sussulto che le uscì dalle labbra, ne il rossore sulle guance.
- Si. –
Se prima Hadley si sentiva a disagio, ora era anche peggio. Si sentiva come un essere minuscolo studiato al microscopio, per maggiori informazioni.
- Interessante. – disse Margaret, pronunciando solo ed esclusivamente quella parola, mentre le ruote nella sua testa cominciavano a lavorare.



Hey there!
Non mi dilungo molto visto che è tardi e sono esausta ahah 
In questo capitolo conosciamo Hadley e iniziamo a renderci conto del carattere di Luke e Margaret!(:
Mi piacerebbe leggere qualche recensione, che ovviamente comunicherò all'autrice!
Grazie mille a tutti i lettori!
Bye x

- Julie(:

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


CAPITOLO 3
 
"Oh I'm gonna buy this place and start a fire
Stand here until I fill all your hearts desires
Because I'm gonna buy this place and see it burn
And do back the things it did to you in return."
Coldplay - Rush of Blood to the Head
 
- Cosa ne pensi della ragazza? – domandò Margaret, mentre rigirava con la forchetta il cibo nel piatto ancora pieno.
Aveva mangiata un pezzo di carota e qualche broccolo, ma oltre a quello il suo cibo era rimasto intatto.
Margaret alzò lo sguardo per osservare Luke che, con sguardo annoiato, masticava meticolosamente il suo pollo e sorseggiava lo champagne appoggiato sul tavolo.
Il ragazzo non rispose, continuando a mangiare, dimostrando alla sorellastra che, semplicemente, non gli interessava l’argomento. Perché avrebbe anche solo dovuto sforzarsi a rispondere?
- Io penso che sembra innocente. – disse Margaret, rispondendo alla sua stessa domanda.
- Il termine “prudente” la descriverebbe meglio. – rispose Luke alla fine.
Ricordava vagamente la ragazza che se ne andava in giro in posti dove non sarebbe dovuta esserci, ma poteva tranquillamente confermare che aveva un’aria innocente. Le si leggeva in faccia che lo era, visto il modo in cui muoveva nervosamente le dita mentre parlava con lui, o il modo in cui spezzava il contatto visivo ogni volta che Luke la guardava di sfuggita. Anche il suo balbettio facevano capire al ragazzo quanto lei fosse intimidita da lui. Lo divertiva, però, come la ragazza si dimenava in sua presenza, chiaramente allarmata e impaurita dal suo atteggiamento. Anche solo pensarci faceva crescere l’ego e l’orgoglio di Luke a dismisura, come se non fossero abbastanza grandi.
Margaret sorrise, contenta di essere riuscita a coinvolgere Luke in una conversazione. Ora tutto quello che doveva fare e attirare realmente la sua attenzione.
- Non avrei potuto descriverla meglio. – disse Margaret, prendendo un altro sorso di champagne e osservando le bollicine che risalivano in superficie una volta rimesso il bicchiere sul tavolo. - È vergine, sai? – continuò, facendo scorrere il dito sul bordo del bicchiere.
Luke catturò lo sguardo di Margaret mentre lei si sedeva un po’ più vicina a lui, con un sorriso malizioso sul viso. Era decisamente interessato a quello che Margaret aveva in mente di fare. Non sapeva perché Margaret continuasse ad interessarsi a quella dannata ragazza. Era sola una normalissima cittadina e la loro domestica,  perché si sarebbe dovuto interessare alla sua vita sessuale… o meglio, alla sua mancanza di vita sessuale?
- Che cosa vuoi, Margaret? – disse Luke, andando dritto al punto.
Non era dell’umore adatto per fare il gioco degli indovinelli con Margaret.
- Voglio fare una scommessa. – rispose Margaret e le sue labbra si arricciarono vagamente quando Morris entrò nella stanza per prendere i loro piatti sporchi, per riportarli in cucina.
Mentre i piatti di Luke erano completamente ripuliti, quelli di Margaret erano ancora pieni di cibo. Quel genere di cose, comunque, accadevano spesso; Morris sapeva che la ragazza avrebbe finito di mangiare molto prima che lui entrasse nella stanza per raccogliere le stoviglie sporche.
- Che tipo di scommessa? – disse Luke, appoggiando i gomiti sul tavolo ed inchinandosi leggermente in avanti.
- Non preoccuparti, ti piacerà. –
- D’accordo, sono tutto orecchie. – disse, cercando di nascondere l’accenno d’entusiasmo nel suo tono.
- Scommetto che non riuscirai a scopartela prima della fine dell’estate. – disse Margaret, sottolineando con enfasi la parola “scopare”, spingendo leggermente in fuori le labbra color rubino.
Luke si appoggiò allo schienale della sedia, con le mani incrociate dietro alla testa, chiedendosi se quella scommessa fosse una buona idea. Amava le sfide, ma aveva davvero intenzione di sprecare quei mesi estivi passando il suo tempo con una plebea? La ragazza non era niente di speciale, una nullità. Non avrebbe mai affrontato quella sfida se non ci fosse stato qualcosa da guadagnare anche per lui.
- Cosa ci guadagno? –
Margaret aveva pensato proprio a tutto, inclusi i compromessi, quindi non ci mise nemmeno un secondo a ribattere.
- Semplice. Avrai il piano superiore tutto per te, io mi trasferirò a quello inferiore. – replicò lei, ben consapevole che lui non vedeva l’ora che lei si trasferisse, così da evitare tutti i suoi gemiti e piagnistei.
Soprattutto da quando lei aveva preso la brutta abitudine di entrare in camera di Luke di nascosto e frugare tra le sue cose.
- E se perdo? – disse Luke, ponendo quella domanda inevitabile.
Ci doveva essere un fregatura, per forza. Margaret non avrebbe fatto ciò che lui voleva di più da lei senza avere nulla in cambio.
Le labbra di Margaret d’incurvarono.
- Mi regali la Jaguar. –
- Assolutamente no. – disse Luke severamente.
- Hai paura di perdere? Avrei dovuto immaginare che non avresti avuto il coraggio di affrontare questa sfida. – lo sfidò Margaret, chiaramente usando contro Luke il suo stesso orgoglio.
Margaret sapeva che Luke non si rendeva conto del modo in cui lei lo manipolava. Il suo ego era la più grande debolezza del ragazzo.
Luke strinse le labbra in una linea sottile, cercando di trattenere la rabbia mentre la sua irritante sorellastra cercava di spingerlo ad agire e pensare in modo avventato. Doveva ammettere, però, che stava funzionando. Non aveva intenzione di dirle di no e fare si che pensasse che non fosse in grado di farlo, perché lui era certo di poterlo fare.
- Ci sto. –
Margaret tornò a sedersi al suo posto con un sorriso soddisfatto, bevendo il resto del suo champagne senza distogliere il suo sguardo da quello di Luke.
- Se fossi in te, inizierei a raccogliere le tue cose. –
Luke non aveva mai perso e non aveva nessuna intenzione di lasciare che quella scommessa insensata rovinasse il suo record. Era sicuro si sé per tutte le ragioni sbagliate. Pensava che Hadley si sarebbe innamorata del suo bell’aspetto e sarebbe stata intimorita dal suo conto in banca, come la maggior parte delle ragazze. Ma aveva sbagliato tutto. Nessuna di quelle cose avrebbe fatto cadere Hadley ai suoi piedi: ci volevano amore e pazienza per far si che una come lei abbassasse  le sue difese per lui.
Luke non si rendeva conto di quanto difficile fosse la sfida appena accettata e di come questa avrebbe cambiato tutto.
* * *
- Allora, com’è andata? – chiese Calum ad Hadley, mentre sedevano nella sua stanza da letto.
Era una camera decisamente disordinata e appariva parecchio angusta a causa dei poster di varie band che ricoprivano le pareti della stanza. Era una delle cose che più infastidiva Hadley, che si rendeva conto, però, di quanto fossero importanti per il suo amico. Così aveva imparato ad amare quel suo piccolo capriccio.
- Orribilmente. – disse Hadley con un sospiro, sdraiandosi sul letto di Calum mentre il ragazzo strimpellava il suo basso seduto su un enorme cuscino in un angolo della stanza.
- Non può essere così male. – cercò di rassicurarla Calum, dopo che la sua migliore amica si era presentata a casa sua.
Lei gli rispose lanciandogli un’occhiataccia.
Hadley gli aveva raccontato dei suoi nuovi, snob, datori di lavoro e di come le parlavano. L’avevano fatta sentire disgustosa, come se fosse un enorme insetto che se ne andava in giro per la loro casa. Avrebbe voluto scappare e nascondersi non appena aveva visto Margaret, ma Luke la faceva direttamente morire di paura. Odiava come la sua voce si fosse affievolita mentre gli parlava e odiava il modo in cui lui l’aveva spinta sulle scale per poi comunicarle che la sua stanza era off limits. Per non parlare delle domande personali che Margaret le aveva fatto.
- Calum, mi è stato chiesto tutto sulla mia vita sessuale. – disse Hadley, ancora incredula. Calum ridacchiò, consapevole del fatto che la vita sessuale della sua amica era inesistente. – Non è divertente! –
Hadley si coprì il volto con le mani per l’imbarazzo. Quando capì che la risata di Calum non si sarebbe fermata, prese un cuscino e glielo tirò in piena faccia.
- Hey, non sono io quello che ti fa domande imbarazzanti! – la stuzzicò Calum, sorridendo. Il suo sorriso era contagioso ed Hadley si ritrovò a sorridere insieme a lui. – Cosa ti hanno chiesto, comunque? –
- Non loro. Lei. – lo corresse Hadley, informandolo del fatto che era stata Margaret a cercare di estorcerle informazioni personali. – Ed è stato così strano! Un momento mi stava chiedendo del mio anello e quello dopo è corsa verso di me continuando a farmi domande. Sei vergine? Hai mai avuto esperienze sessuali? Faresti mai sesso? Sei attratta da mio fratello? È stato a dir poco imbarazzante, Cal. –
Hadley finì di raccontare la sua storia e Calum l’ascoltò attentamente. È quello che fanno i migliori amici, dopo tutto.
- Cos’hai risposto? Tipo alla domanda su suo fratello. –
- Ho detto di no. – lo derise, come se non riuscisse a credere al fatto che Calum le avesse sul serio fatto quella domanda.
Lui sapeva quanto lei fosse esigente in fatto di ragazzi. Come lei sembrava non avvicinarsi mai a nessuno, ad eccezione di Calum. Era semplicemente troppo faticoso e francamente, Hadley era terrorizzata dall’idea che, una volta essersi aperta a qualcuno, l’avrebbe semplicemente lasciata come facevano tutti. Non aveva nessuna intenzione di deludere se stessa lasciando che quella cosa accadesse, così si limitava a mantenere le sue difese ben alzate. Così nessuno avrebbe potuto spezzarle il cuore.
La loro amicizia era cominciata con un litigio riguardante un compito scolastico. Alla fine Hadley si scoprì che Hadley aveva ragione e lei non esitò nemmeno un istante a rinfacciarlo a Calum, ma in qualche modo quel loro battibeccare si trasformò in una grande amicizia. Calum iniziò a chiedere aiuto con lo studio ad Hadley ogni qualvolta si trovasse in difficoltà e quando lei disse che l’avrebbe aiutato, lui quasi non riusciva a crederci. Di tutte le persone al mondo, lui non avrebbe mai pensato che sarebbe finito a chiedere aiuto alla secchiona della scuola, Hadley Miller. Ma era così contento di averlo fatto. Lei aveva contribuito a far aumentare i suoi voti studiando insieme a lui, mentre Calum, in cambio, le aveva fatto scoprire tanta nuova, buona musica. Da qualche parte tra quelle sessioni di studio a tarda notte, cd presi in prestito e molti altri litigi, Calum non riusciva a ricordare come fosse la sua vita prima che quella ragazza testarda iniziasse a farne parte. Era così felice di poterla definire la sua migliore amica, nonostante fossero completamente diversi.
- Mi chiedo perché fosse così interessata, è strano. – disse Hadley dopo qualche minuto passato ad ascoltare il suono del basso di Calum.
- Tu sai quanto sono ricchi. – rispose lui, strimpellando un paio di accordi solo per infastidire Hadley. – Non hanno nulla di meglio da fare con le loro vite, così vivono attraverso di quelle degli altri. –
Solitamente le riposte di Calum erano totalmente sbagliate, ma quella volta Hadley si ritrovò d’accordo con lui.
Hadley non conosceva Luke o Margaret, ma aveva visto la loro casa e non aveva niente a che vedere con la sua o quella di Calum. Le foto di famiglia erano rare in casa Hemmings. Infatti, lei non ricordava di averne vista alcuna. Solo qualche dipinto che sembrava risalire al medioevo e quasi certamente costava una fortuna.
La loro casa era fredda, vuota. Era troppo grande per quei due ragazzi e per i loro due maggiordomi. Per non parlare del numero di stante inabitate da anni, lasciati lì ad accumulare la polvere. Non era una casa, era un museo pieno di costosissimi tesori utili a mettersi in mostra. Hadley se ne rendeva conto, non era stupida. E lei non poteva fare a meno di provare pietà per quei due ragazzi, nonostante fossero due completi idioti.
Un bussare alla porta mise a tacere i suoi pensieri e anche lo strimpellare di Calum.
- Qualcuno vuole cenare? – chiese la signora Hood, infilando la testa nella stanza e sorridendo calorosa ad Hadley.
- Mamma, - gemette Calum. – In teoria dovresti aspettare che io ti dia il permesso di entrare, altrimenti è inutile bussare! –
Hadley e la madre di Calum scoppiarono entrambe a ridere, prima di dirigersi verso la cucina per vedere il pasto preparato dalla signora Hood. L’aroma del cibo riempiva il corridoio e la cucina, riempita di cibo.
- Sarà meglio che vada. – disse Hadley dopo un po’, piena del cibo appena mangiato. – Il cibo era delizioso, ma mia mamma si starà preoccupando. –
- Oh, va bene tesoro. Cal, perché non la accompagni fuori? – disse la signora Hood, più come una richiesta che come una domanda.
Calum si alzò, dopo aver rivolto gli occhi al cielo per essere stato costretto da sua madre.
Quello era il luogo in cui Hadley si sentiva più al sicuro, a casa Hood. Erano la cosa più simile ad una famiglia che lei avesse e senza di loro sarebbe persa. La signora Hood era sempre presente quando il figlio aveva bisogno di aiuto, mentre sua madre era sempre impegnata a fare qualche strano lavoro per tenere il passo delle bollette. Calum era il fratello che non aveva mai avuto e la spalla su cui piangere quando le cose si facevano difficili. Cosa che accadeva spesso, nel mondo di Hadley.
- Va bene, va bene! – disse Calum, afferrando la mano di Hadley per poi trascinarla attraverso il corridoio, fino alla porta.
Le porse la borsa che era corso a recuperare nella sua stanza.
- Grazie per la cena, Calum. – disse Hadley sorridendo. – Senti, posso… -
Ma Calum la interruppe prima che lei potesse dire un’altra parola. Face scivolare la sua mano nella borsa della ragazza, recuperando una custodia che sembrava relativamente nuova. Dato che era il suo migliore amico, Calum conosceva tutto ciò che piaceva ad Hadley e come era solita gestire le cose. Viste che le sue manie perfezioniste erano fastidiose, sapeva quanto lei desiderasse il nuovo album dei The 1975. Così, con quel poco denaro che era riuscito a mettere da parte, era andato al negozio di musica a comprare la prima copia dell’album. Sapeva che Hadley sarebbe finita per rubare la sua copia del cd se non ne avesse avuta una sua, cosa che Calum era sicuro stesse per chiedergli.
- Ti ho messo l’album in borsa quando non stavi guardando. – disse Calum, facendole l’occhiolino.
Gli occhi di Hadley si illuminarono. Iniziò a saltellare su e giù, per poi avvolgere le sue braccia intorno al collo di Calum e stamparli un bacio leggero sulla guancia.
- Sei il migliore! Dico sul serio! Come lo sapevi? – chiese lei, sinceramente stupita dal suo gesto.
- Stai scherzando? Ne hai parlato per tutta la settimana! – la prese in giro il ragazzo. Ma poi l’espressione sul suo viso cambiò, da felice a leggermente preoccupata. – So che stai passando dei momenti difficili a casa, così volevo fare qualcosa di bello, per farti capire che io ci sarò sempre per te. –
Mentre parlava, il cuore di Hadley infuriava nel suo petto. Non voleva piangere, non in quel momento, almeno. Così lo ringraziò in fretta, così da uscire da quella casa prima che la situazione degenerasse.
- Grazie, davvero. – disse Hadley con gli occhi lucidi.
- Si, si. Ora vattene prima che me lo riprenda. – disse Calum, consapevole del fatto che Hadley era poco più di una sconosciuta quando era entrata a far parte della sua vita e della sua famiglia.
A Calum non piaceva forzare Hadley, ma a volte aveva semplicemente bisogno di farle capire che per lui era importante. Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci conforti, una volta tanto.  Anche se Hadley lo negava, anche lei ne aveva bisogno.
Un abbraccio e qualche saluto più tardi, Hadley era fuori dalla porta e si stava dirigendo verso casa. O, come era solita dire, l’inferno.
Prima ancora che entrasse nel piccolo appartamento, Hadley sentì le grida che echeggiavano per tutto il corridoio della palazzina. Fece tintinnare le chiavi, prima di inserirle nella serratura e spingere il pesante portone.
Caos. Questo era quello che la circondava una volta entrata nell’appartamento. Schegge di vetro proveniente dalla lampada all’angolo erano sparse per il salotto, insieme alle solite bottiglie di birra. Ma c’era qualcos’altro tra il casino, quella volta: whiskey.
- Merda! – disse Hadley, metà sussurrando, metà urlando, non appena vide la bottiglia mezza vuota.
- Sei una buona a nulla, puttana! –
Hadley sentì Chuck gridare dall’altra stanza, seguito poi da uno schiaffo e da dei gemiti.
I piedi di Hadley la portarono automaticamente verso le urla provenienti dalla camera di sua madre. Chuck stava tenendo sua madre per il collo, premendo il suo fragile corpo contro al muro e comprimendo la sua trachea. Tutto quello che sua madre poteva fare era fissare sua figlia, vedendo il terrore nei suoi occhi mentre guardava verso di lei.
- Smettila! – gridò ripetutamente Hadley fino a quando Chuck non notò la sua presenza nella stanza.
La confusione attraversò il suo volto a causa di tutto l’alcol consumato quella notte. La sua vista era confusa e gli sembrava che la stanza stesse girando in torno, riusciva a malapena a distinguere la ragazza che lo fissava.
- Che cazzo stai facendo? – domandò, lasciando stare la madre di Hadley che si accasciò al suolo, il collo pieno di striature rosse la dove si erano posate le mani unte dell’uomo.
Chuck fece un passo e poi un altro, prima di fermarsi di fronte a Hadley e stringere i suoi piccoli polsi nella sua morsa. Faceva male, molto. Ma Hadley non si lasciò sfuggire un solo gemito mentre fissava gli occhi annebbiati di Chuck.
- Sto allontanando mia mamma da feccia come te. –
Chuck le lanciò uno sguardo talmente buoi che centinaia di brividi si propagarono per la schiena di Hadley.
- Stupida bambina. – farfugliò l’uomo.
Poi la colpì.
La stanza divenne improvvisamente silenziosa mentre la testa di Hadley si piegava di lato. Sentiva la fitta di dolore propagarsi sulla guancia e i suoi occhi si riempirono di lacrime, ma lei si rifiutò di versarne. Stava superando non solo i suoi limiti, ma anche quelli di Chuck.
- Chuck, tesoro, non farlo. Torna da me, ti prego. – lo pregò sua madre dal pavimento dove ancora era seduta, cercando di recuperare le forze.
Hadley non sapeva cosa facesse più male, se la sberla ricevuta da Chuck o il tradimento di sua madre. Era una delusione. Aveva fatto male a sua figlia, fisicamente, ma lei continuava a stare al suo fianco, sperando in un cambiamento. Sperando di cambiare, in qualche modo, quel mostro del suo fidanzato.
- Sei patetica. Entrambi lo siete. – sibilò Hadley, fissando la madre intensamente.
Le lacrime stavano per cadere, minacciando di sfuggire dagli occhi di Hadley, mentre si girava furiosa. Corse lungo il corridoio, verso la sua camera da letto. Dopo essersi assicurata di essersi chiusa dentro, cadde a pezzi. Pezzo per pezzo. Si morse il labbro cercando di fermare i singhiozzi che cercavano di sfuggirle dalle labbra, come animali in gabbia.
Il un attimo il sorriso che aveva stampato in faccia dopo aver passato la giornata da Calum era sparito, a causa degli avvenimenti successi nella sua stessa casa. Ogni giorno era sempre peggio. Ogni maledetto giorno. La sua vita non dovrebbe essere solo all’inizio? Non si dovrebbe preoccupare solo delle stesse cose che preoccupano ogni altro diciassettenne? Tipo cosa avrebbe preparato sua madre a colazione? O perché questo e quello dovevano essere così stronzi?
No, Hadley passava il suo tempo a raccogliere sua mamma e a rimetterne insieme i pezzi.
Ma ora sua mamma non era l’unica distrutta. Anche lei lo era. 


HEY THERE(:
Ecco un altro capitolo!
Questa volta conosciamo Calum <3 non so voi, ma io amo il suo personaggio ahahah
Cosa ne pensate? Credete che la loro amicizia potrebbe diventare qualcosa di più?
Prima di salutarvi, volevo chiedervi se vi andava di leggere la mia storia "Live While We're Alive"(: è un cross-over tra One Direction e Hunger Games! Questo è il link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1508758&i=1 
Mi piacerebbe conoscere il vostro parere per questo capitolo e magari anche per la mia storia ;) 
Byeeee xx

-Julie(:

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


CAPITOLO 4

"All my nightmares escape my head,
Bar the door, please don't let them in,
You were never supposed to leave,
Now my head's splitting at the seams."
Radical Face - Welcome Home

 
Il sole filtrava dalla finestra di Hadley e alla fine, la luce, la costrinse ad aprire gli occhi. Dopo due ore passate a piangere silenziosamente sulla scala antincendio, con le ginocchia al petto, era tornata nella sua camera solo per collassare, esausta, sul letto.
Il sonno l’avvolse facilmente, ma aveva perso il conto delle volte che si era svegliata a causa dei vividi incubi che non sembravano volersi fermare. Erano passati diversi mesi dall’ultima volta che ne aveva avuto uno, così si era illusa che avessero smessa di torturarla. Ovviamente si era sbagliata, completamente.
Hadley si tolse le coperte di dosso, per poi alzarsi in piedi, indossando solo la sua camicia da notte lunga fino a metà cosce, che mostrava le gambe pallide. Era tutto silenzioso,visto che nel resto della casa stavano ancora dormendo tutti, ignari del sole che stava sorgendo sugli alti edifici di Londra, creando un bagliore arancione che tolse il respiro ad Hadley.
Sarebbe potuta rimanere  ad osservare il sorgere del sole per tutta la vita. In quel modo non avrebbe avuto a che fare con sua madre, o Chuck, o qualunque altra cosa la facesse soffrire. Il quel momento si sentiva tranquilla e al sicuro. Era il suo paradiso.
“Se solo il sole non tramontasse mai…”  pensò Hadley, mentre si lasciava cadere, ancora una volta, sulla scala antincendio.
La vista da lì era incredibile, in più i rumori provenienti dalla sua casa sembravano svanire, mentre i suoni di Londra riempivano l’aria: il fischiare delle persone che cercavano un taxi, i clacson degli automobilisti infastiditi e come le foglie frusciavano al vento, che era il suo rumore preferito in assoluto.
Il suono di un allarme tagliò l’aria, riportando Hadley alla realtà. Avrebbe dovuto lavorare quel giorno ed era l’ultima cosa che voleva. Non sapeva se sarebbe stata in grado di sopportare gli Hemmings e le loro cazzate, quella volta.
Hadley si osservò il polso, osservando con disgusto le macchie viola che lo ricoprivano, là dove la forte stretta di Chuck si era posata. Avrebbe dovuto coprire i lividi in qualche modo, così che nessuno sospettasse qualcosa.
- Merda. – mormorò, notando come, nonostante la sua giacchi di jeans bianca, i lividi si intravvedessero comunque.
Ma era sicuramente meglio della maglia a maniche lunghe bianca che, al contrario, sembrava solo renderli più evidenti.
Hadley si avvicinò allo specchi, per assicurarsi di essere almeno presentabile. I capelli erano ricci e si era truccata leggermente, ma abbastanza da nascondere le occhiaie dovute alla mancanza di sonno.
Era come se la scorsa notte non fosse mai esistita, come se l’avesse solamente immaginata.
Anche se non voleva, Hadley sapeva di dover svegliare sua madre, se non voleva rischiare di arrivare in ritardo al lavoro. Il traffico di Londra sapeva essere brutale.
Si incamminò verso la stanza di sua madre in punta di piedi, sperando di non svegliare il mostro che dormiva accanto alla donna. Gli stessi lividi che coprivano i polsi di Hadley erano presenti anche su tutto il viso della madre e Hadley non riuscì a reprimere un sussulto.
Nonostante la rabbia che provava Hadley nei suoi confronti, quella era pur sempre sua madre. Hadley provava pietà nell’osservarla mentre dormiva tra le grinfie di Chuck, incapace di liberarsi dalla sua stretta. Sembrava così fragile, così a pezzi. Ma Hadley si sarebbe dovuta ricordare che dipendeva tutto dalla madre. Tutto quel casino si sarebbe potuto fermare mesi prima, ma per qualche strana ragione sua madre continuava a volersi circondare dai malvagi modi di fare di Chuck.
Hadley si allungò in avanti quel tanto che bastava per sfiorare il viso della madre, per poi saltare subito indietro quando i suoi occhi si spalancarono, rivelando che era già sveglia.
- Hadley? – gracchiò la sua voce, probabilmente a causa delle urla della notte prima.
- Si, sono solamente io, mamma. Mi occuperò io del tuo turno di lavoro, oggi. N-non ti muovere da qui però. – disse Hadley, ricevendo poco dopo un cenno affermativo dalla madre.
Quello però non significava che Hadley l’avrebbe perdonata.
Hadley girò sui tacchi e, senza preoccuparsi di fare o meno rumore, uscì dalla stanza. Non si rese conto di non aver alcun mezzo di trasporto per raggiungere la casa degli Hemmings fino a che non si richiuse la porta alle spalle. C’era solo una persona che potesse chiamare e lei sapeva bene che non sarebbe stata affatto felice di alzarsi così presto, ma non aveva nessun’altra opzione. O quello, oppure il trovarsi un altro lavoro.
Hadley tirò fuori il telefono, componendo poi quel numero che le era così familiare. Squillò una volta… due… tre…
- Pronto? – la voce mattutina di Calum si diffuse dal telefono.
- Hey Cal, avrei bisogno di un passaggio. – disse Hadley, mordendosi il labbro in attesa di una risposta.
- H, sono solo le… Stai scherzando?! Mi hai svegliato prima di mezzogiorno! Tu lo sai che io non ragiono prima delle dodici! – urlò Calum ed Hadley si ritrovò a cercare di soffocare una risata.
- Lo so, lo so! Solo che mia mamma… - si fermò Hadley, non volendo condividere con Calum tutto quello che accadeva a casa sua. Si preoccupava già troppo per lei e quell’informazione l’avrebbe reso paranoico. Avrebbe probabilmente provato a convincerla a trasferirsi da lui, ma Hadley non poteva. Non avrebbe mai potuto essere un peso maggiore di quel che già era, per lui. – È solo che mia mamma è molto malata, non può portarmi e tu sai che noi abbiamo bisogno di questo lavoro. –
Hadley udì Calum gemere dall’altra parte della linea.
- Guarda cosa sono disposto a fare per te, donna. – la prese in giro Calum e Hadley udì i suoi passi pesanti e lo sbattere di una porta, prima che lui chiudesse la chiamata.
Hadley appoggiò la schiena sul muro di mattoni del suo palazzo, aspettando l’arrivo del suo migliore amico.
* * *
- Hai qualche piano, mia adorato fratello? – chiese per l’ennesima volta Margaret.
La ragazza era stata assillante, da quando lui aveva accettato la scommessa. Ovviamente Luke aveva un piano, ma non aveva nessuna intenzione di parlarne a Margaret. Sapeva che avrebbe cercato di rovinare tutto per aumentare le sue possibilità di vincere.
Luke rimase in silenzio mentre si sistemava la cravatta, ignorando completamente la sua sorellastra mentre si sedeva sul suo letto. Il suo piano occupava completamente i pensieri del ragazzo. Non pensava sarebbe stato difficile, nessuna ragazza resisteva al suo fascino. Nessuna. Conquistare la ragazza sarebbe stato facile, l’averla sempre intorno rappresentava la vera sfida. A Luke non piaceva affezionarsi. Suo padre gli aveva sempre detto che l’amore l’avrebbe rovinato se glielo avesse permesso, quindi quella era una cosa che voleva assolutamente evitare. Così manteneva un cuore freddo ed un atteggiamento distaccato, preferendo spezzare cuori che permettere a qualcuno di sfiorare il suo. In quel modo era tutto più semplice.
Il rombo di una moto fece tornare alla realtà lui e Margaret.
- Che cazzo è? – chiese Margaret, disgustata dall’idea che qualcuno avesse portato una rozza macchina a casa sua.
Luke guardò fuori dalla finestra, subito imitato da Margaret che, come sempre, copiava ogni cosa che il ragazzo facesse. Videro la ragazza del giorno prima scendere da una moto insieme ad un ragazzo dai capelli neri. Luke non lo conosceva, ma i suoi pugni si strinsero comunque, conficcandosi le unghie nella pelle. Si sentiva possessivo e protettivo nei confronti di una ragazza che non conosceva nemmeno.
“ Levati dalle palle, coglione.” Pensò Luke tra sé e sé, per poi correre giù dalle scale.
Non ci mise molto a raggiungere la porta, grazie alle sue lunghe gambe. Appena aprì la porta si ritrovò davanti la ragazza con il pugno alzato, in procinto di bussare. Luke osservò il ragazzo a pochi metri dalla ragazza, con le mani nei pantaloni. Non gli piaceva che altre persone importunassero le cose che gli appartenevano e, per quanto lo riguardava, la ragazza era sua.
- È maleducazione portare con sé persone non invitate. – disse Luke, socchiudendo gli occhi fino a farne due fessure. – Harley, giusto? –
La ragazza si voltò per dedicare al ragazzo misterioso, che Luke ancora non capiva cosa aspettasse ad andarsene, un’occhiataccia e dirli qualcosa che sembrava vagamente un “te lo avevo detto”.
Il ragazzo premette le labbra in una linea sottile e sembrava quasi come se cercasse di trattenersi dal ridere, una volta incontrato lo sguardo di Luke.
“Cosa c’è di così divertente?” pensò Luke.
Non dovrebbe essere lui quello che ride in faccia a feccia come quella?
- È “Hadley”, a dire il vero. – disse la ragazza, chiaramente infastidita. – Ora puoi andare, Cal. Ti chiamo se ho bisogno di un passaggio per tornare a casa. –
Luke stava per intervenire per chiarire il fatto che il ragazzo non avrebbe mai più dovuto farsi vedere sulla sua proprietà quando la voce squillante di Margaret si fece sentire dietro di lui.
- Sciocchezze! – disse lei, spingendo Luke oltre la soglia. – Perché non inviti il tuo amico ad unirsi a noi? –
La rabbia bruciò negli occhi di Luke mentre Margaret cercava di sabotare i suoi piani. Era quello che faceva sempre e quella volta non sarebbe stata un’eccezione, visto che subito trascinò Hadley e il ragazzo dai capelli scuri in casa.
La tensione nella stanza aumentava sempre più, mentre i quattro si osservavano immobili all’ingresso. Non c’era molto da dire, visto la smorfia sul viso di Luke e il modo in cui Margaret si arricciava una ciocca di capelli sul dito. Era la sua peggiore abitudine e Luke ne era sempre stato infastidito.
- La smetti di giocare con i capelli?! – l’aggredì Luke e subito Margaret lasciò cadere la mano lungo il fianco, rimproverandosi un secondo dopo per aver dato retta al fratello.
Le sue mani tornarono ai capelli, riprendendo a torcerseli, con l’intento di far crescere il nervoso di Luke.
- È meglio che inizi a pulire. – disse Hadley, incamminandosi verso la stanza dove aveva lasciato i prodotti per la pulizia la volta precedente.
Aveva fatto solo un paio di passi prima che una mano le si avvolse al polso, facendola sussultare a causa dei dolorosi lividi. Hadley si voltò, trovandosi faccia a faccia con Luke e i suoi occhi azzurri.
- Tu vieni con me. – fu tutto quello che disse il ragazzo, prima di trascinarla su per le scale, lontana dal ragazzo che le stava incollato.
Hal? Qualunque fosse il suo nome, a Luke non piaceva.
- Mi lasceresti andare? – disse Hadley, mentre salivano le scale.
Si voltò per osservare Calum che sembrava pietrificato, mentre Margaret faceva scorrere le dita sul suo petto.
- Ci divertiremo. – sentì Margaret dirgli in un orecchio.
Calum sembrava a disagio, per non dire altro, così quando lui si voltò verso Hadley, lei non poté fare a meno di mimargli una scusa con le labbra, prima di sparire dalla sua vista.
Avevano raggiunto la cima della scale quando Luke mollò la presa sul suo polso. Luke non aveva nemmeno notato i lividi sul polso di Hadley, tanto era concentrato sulla vittoria. Era tutto quello a cui riusciva a pensare. Probabilmente sarebbe riuscito a vincere la scommessa quella stessa sera. Non vedeva l’ora di vedere la faccia di Margaret quando le avrebbe detto di aver avuto successo così velocemente.
- Hai intenzione di dirmi che cosa vuoi da me? – sbuffò Hadley.
Non capiva perché il ragazzo, che le aveva detto in modo così sgarbato che la sua camera era off limits, la stesse trascinando dentro alla stanza. Era a dir poco sconcertata. Gli occhi freddi di Luke si scontrarono con i suoi, mentre faceva qualche passo verso Hadley.
- Io faccio quello che mi pare. – disse duramente. – Sono io che compilo i vostri assegni, lo sai. –
Hadley avrebbe tanto voluto tirargli uno schiaffo e dirgli di andare a farsi fottere, per poi scappare via da quella casa, ma quello avrebbe significato di sicuro perdere il lavoro. E quella era l’ultima cosa della quale Hadley e sua mamma avevano bisogno. Pagare l’affitto era stato difficile in quegli ultimi mesi, a causa dei continui acquisti di alcol da parte di Chuck; per non menzionare il gioco d’azzardo: non tornava mai con più soldi di quelli giocati, solamente molti più debiti. Senza quel lavoro lo sfratto era inevitabile e Hadley lo sapeva. Così rimase in silenzio, mentre Luke l’osservava dall’alto al basso con quel suo sguardo da serpente.
- Ho bisogno d’aiuto. Non ho molti amici è stavo pensando che una ragazza carina come te sarebbe stata perfetta. – disse Luke cambiando tono, cercando di sembrare sincero.
Sapeva che le ragazze si innamoravano facilmente dei ragazzi soli, era uno dei suoi trucchi migliori.
Hadley, però, non reagì come pensava avrebbe fatto. Lei non si accigliò, ne lo guardò con sguardo amichevole. Invece, scoppiò a ridere. Rise così tanto che quasi non riusciva più a respirare. Luke non capiva cosa ci trovasse di divertente e la cosa lo fecce irritare parecchio.
- Cosa c’è di così divertente? – disse severamente.
- Sei un completo idiota! Ecco cosa c’è di divertente! –
- Che cosa hai detto?! – sibilò Luke.
Si innervosiva sempre di più, secondo dopo secondo. Le sue mani erano strette a pugno lungo i suoi fianchi mentre sentiva la ristata di Hadley scemare, fino a fermarsi completamente. La ragazza si teneva la pancia a causa delle troppe risate.
- Hai sentito perfettamente. – rispose Hadley velocemente. – Davvero ti chiedi perché non hai amici, quando tratti le persone in questo modo? Non c’è da meravigliarsi che sei così solo! –
Hadley sapeva che non avrebbe dovuto dirlo, ma era arrabbiata. Furiosa. Se non era sua mamma, era Chuck e se non era lui, era quello stronzo di fronte a lei. Era stanca di essere spintonata e calpestata a causa della sua vulnerabilità. Ma se la situazione sarebbe potuta cambiare, avrebbe tranquillamente iniziato con il ragazzo snob che le stava davanti.
Per la prima volta dopo tanto tempo, Luke si trovava a corto di parole. Non era abituato a farsi criticare e in quel momento si sentiva come se suo padre lo stesse rimproverando.
- Non sai nulla di me, cogliona ignorante! – urlò, cercando di ferire i sentimenti di Hadley, ma lei si limitò a fissarlo con le mani sui fianchi.
- Quindi non sei lo stronzo narcisista che io penso tu sia? – replicò Hadley divertita, avvicinandosi a Luke, il viso a pochi centimetri da quello del ragazzo. – Dimmi se mi sbaglio, ma te hai tutto ciò che desideri. Tuo papà non esiterebbe un secondo a tirare fuori un po’ più di soldi per renderti felice. Sei incredibilmente intelligente, visto i libri sul tuo comodino. Non sei di qua, il tuo accento è diverso. Australiano, forse? Non siete una famiglia unita, non ho visto nessuna foto di voi quattro tutti insieme da quando sono qui. Perché ti comporti come uno stronzo? Problemi con la mammina? Con tuo papà? Entrambi? Sei solo in questa casa vuota perché sei troppo impegnato ad essere fastidioso con le persone che conosci. –
Luke tremava di rabbia. Non perché lei si sbagliasse, ma perché aveva terribilmente ragione. Ogni cosa che aveva detto era giusta. Non si era mai reso conto di quanto fosse facile da interpretare. Non si era mai sentito così senza parole nella sua intera vita e ora si trovava in una situazione del tutto nuova a casa di una ragazza alta un metro e mezzo. Si stava già pentendo della scommessa, non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto sopportare Hadley e di certo non voleva finirci a letto. Anche se fosse servivo a cacciare Margaret dal piano superiore.
- Quindi si, penso di conoscerti abbastanza bene. E ovviamente non sai un cazzo di me se pensi che io possa credere alla recita del povero ragazzo ricco tutto solo. – disse Hadley, sorpresa dal fatto che, per una volta, era riuscita a difendersi.
A quel punto Hadley si aspettava uno schiaffo, un urlo o un “sei licenziata”. Ma non successe nulla del genere.
Hadley si voltò per andarsene, quando una mano calda le afferrò una spalla, spingendola a voltarsi verso Luke. Non sembrava arrabbiato, in quel momento, solo estremamente ferito. Avrebbe quasi voluto consolarlo.
La ragazza allontanò subito quel pensiero dal cervello. Come poteva aver voglia di consolarlo dopo che lui l’aveva trattata così male?
- Come fai a sapere tutte queste cose? – disse Luke, prima di potersi fermare.
Si sentiva esposto e vulnerabile dopo lo sfogo di Hadley. Non gli piaceva l’effetto che aveva avuto su di lui. Lui sarebbe dovuto apparire severo e pericoloso, sempre. Non si sarebbe dovuto sentire come una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere da un momento all’altro.
- Erano solo supposizioni. – rispose lei, stringendosi nelle spalle per poi girarsi nuovamente, cercando di andarsene.
- Aspetta! – disse Luke, rimpiangendo immediatamente la disperazione nella sua voce. Si concentrò per riacquistare un tono normale, prima di continuare. – N-non andare. Non voglio lasciarti andare al piano di sotto con Margaret. Dio solo sta cosa sta facendo con il tuo ragazzo, laggiù. – continuò, cercando di alleggerire l’atmosfera e di cambiare argomento, dalla sua vita a quella della ragazza.
Hadley ridacchiò e sorrise. Luke dovette combattere contro la voglia di unirsi a lei.
- Ad una condizione. – disse Hadley e Luke attere per conoscere il resto della sua dichiarazione, in attesa di una richiesta di denaro, o un regalo costoso. Ormai c’era abituato. – Niente più recite, sii semplicemente te stesso. Non posso sopportarti sei fai lo stronzo. –
- Si può fare. – replicò lui, sorpreso.
- Oh, un’altra cosa. Lui non è il mio ragazzo, è un mio amico. –
Luke ebbe bisogno di tutta la sua forza di volontà per non sorridere. Non le avrebbe fatto capire quanto fosse sollevato. Così rimase lì con le labbra strette, fissando la ragazza che era riuscita a conoscere più cose di lui in un giorno solo di quanto chiunque altro avesse fatto in tutta la sua vita.
Forse Hadley non era poi così male. Forse…

HEY THERE(:
Altro capitolo! Cosa ne pensate? Le cose iniziano a fari interessanti, no? Hadley è davvero riuscita a far tacere Luke!
Spero continuerete a seguire la storia e a recensire! A questo proposito voglio ringraziare sarah_sarah, NeneHoran, SecsiHamburger e Anto Malik per aver recensito i capitoli precendenti! Ve ne sono grata(:
A presto!
Bye xx

- Julie(:

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


CAPITOLO 5
 
"You only know everything I want you to,
I know everything you don't want me to,
Oh your mouth is poison, your mouth is wine,
You think your dreams are the same as mine."
The Civil Wars - Poison & Wine

 
Erano passate due ore e mezza e Luke e Hadley stavano per litigare, di nuovo. Luke aveva bisogno di un buon motivo per trattenerla al piano superiore con lui, per fare il modo che lei lo conoscesse meglio, così il ragazzo se ne uscì con l’unica idea che gli era venuta in mente. Certo, non era l’idea migliore che avesse mai avuto, ma servì a far sedere Hadley sul grande cuscino al centro della sua stanza, mentre lui se ne stava nella cabina armadio, provando diversi abbinamenti.
Uscì dal suo armadio indossando un altro stravagante completo per l’evento che i suoi genitori avevano organizzato, per festeggiare il loro ritorno dal viaggio in Croazia. Suo padre gli aveva lasciato un messaggio in segreteria, spiegandogli tutti i dettagli e Luke non voleva deluderlo. Doveva apparire al meglio.
Hadley arricciò il naso, facendo immediatamente capire a Luke che la maglietta viola, abbinata al completo nero, non le piaceva. Niente di quello che aveva provato il ragazzo sembrava andare bene e Hadley pensò di mentirli, dicendoli di stare bene con quei completi, nonostante così non fosse.
- Questo è il quinto fottutissimo abito che mi provo. – ringhiò Luke, arrabbiandosi sempre più, minuto dopo minuto.
Nulla di quello che aveva provato piaceva ad Hadley e se la ragazza avesse arricciato il naso un’altra volta, guardandolo, lui sarebbe impazzito. Odia quella sua espressione.
Hadley alzò gli occhi al cielo, a causa del solito scarso contegno del ragazzo; si era già abituata al suo atteggiamento ed era qualcosa che riusciva a tenere a bada. I suoi modi aggressivi non avevano nulla a che vedere con quelli di Chuck.
Luke si calmò, cercando di non lasciare che il suo nervosismo avesse la meglio su di lui. Inspirò profondamente ed espirò lentamente, rilassandosi. Sapeva che non sarebbe andato da nessuna parte con Hadley, se avesse agito rabbiosamente.
- Allora perché non scegli te un abbinamento, se nessuno dei miei è abbastanza adatto? – sbottò Luke facendosi da parte ed indicando l’armadio ad Hadley, spingendola a mettere insieme un completo.
Hadley si sollevò dal cuscino ed entrò dentro al guardaroba.
- Oh, mio Dio! – esclamò, in soggezione di fronte al numero di vestiti che il ragazzo possedeva.
Il suo armadio era decisamente più grande della stanza della ragazza. Era come se fosse una bambina bloccata in un negozio di caramelle, con la differenza che, invece che da dolci, era circondata da vestiti.
- Cosa? Va tutto bene? – chiese Luke.
Non capiva perché la ragazza fosse così scioccata. Era solamente la sua cabina armadio, niente di speciale.
- Si. – disse Hadley, girando lentamente su se stessa, osservando attentamente tutto l’armadio. C’era una parete piena di cravatte ben sistemate ed una teca di vetro con orologi ed altri accessori maschili. Era come se fosse appena entrata in un negozio, non in un guardaroba. – È solo che ci sono così tanti vestiti! –
- Questo è niente, dovresti vedere il guardaroba di Margaret. – rispose lui, scrollando le spalle, come per liberarsi del commento appena fatto dalla ragazza.
Per lui non c’erano poi così tanti vestiti, ma per Hadley si. Quello fu il momento dove Hadley comprese quanto i loro due mondi fossero diversi. Lei pensava costantemente ad un modo per ottenere i soldi, per poi metterli da parte, mentre lui pensava a come spenderli in cose inutili. Fu allora che si rese conto che non avrebbero mai visto le cose nello stesso modo, ma Hadley doveva provare. Per il bene del suo lavoro, per lo meno.
Hadley tenne per se le sue osservazione, non voleva permettere a Luke di notare quanto le sue parole l’avessero fatta sentire insicura e fuori luogo.
- Fuori. – disse, per poi spingere Luke fuori dall’armadio così da potersi concentrare su ciò che avrebbe dovuto fare.
Luke non sembrava felice dell’ordine appena ricevuto, ma tenne a freno la lingua, lasciando ad Hadley la possibilità di andare dove voleva e fare quello che preferiva.
Hadley fece scorrere le dita su diversi tessuti e tirò un paio di giacche e blazer dagli scaffali, portandoli sotto alla lampada, per osservarli meglio. Prese qualche camicia e una cravatta di raso nero, prima di fare un passo indietro per ammirare il suo lavoro. Era più che soddisfatta e non vedeva l’ora che Luke provasse i vestiti da lei scelti.
Uscì dalla cabina armadio. Luke le dava la schiena, osservando il panorama al di fuori della finestra. Qualche istante più tardi, lei si trovava al suo fianco, ad osservare con lui quella scena stupenda.
- Bellissima. – sussurrò lei, facendo notare la sua presenza a Luke.
Luke era così assorto dal paesaggio da non accorgersi nemmeno del fatto che Hadley si fosse spostata al suo fianco.
- Si, bellissima. – dissi guardando Hadley, mentre l’attenzione della ragazza era concentrata sulla città.
In un certo senso non stava parlando della città, non del tutto. Ma Luke non lo avrebbe ammesso alla ragazza, non riusciva ad ammetterlo nemmeno a se stesso.
Luke si riscosse. Avrebbe dovuto continuare a ricordarsi che tipo di ragazzo fosse. Stava facendo tutto quello solo per la scommessa.
Luke non sapeva perché si sentisse così trascinato dalla ragazza, forse era a cause del modo in cui lei gli aveva parlato. Nessuna aveva mai avuto il coraggio di opporsi a Luke. Ma in fondo sapeva che il motivo era dovuto all’argomento appena sfiorato da Hadley, sua madre. Luke non pensava mai lucidamente quando qualcosa riguardante la madre gli attraversava la mente.
Luke provò disperatamente a smettere di pensare, guardando fuori dalla finestra per zittire i suoi pensieri. Osservava il traffico scorrere e le persone che si affrettavano, ovunque stessero andando.
- Ho appoggiato i vestiti sulla sedia là dentro. – disse Hadley, riferendosi al completo che aveva appoggiato alla morbida sedia all’interno del guardaroba di Luke.
Lui le fece un piccolo cenno, prima di girarsi per andare a provarli, lasciandola sola davanti alla grande finestra.
Hadley vide quel momento come un’opportunità per guardarsi intorno. Si aggirò per la stanza per qualche minuto, cercando qualcosa che avesse un minimo di valore personale, ma tutto ciò che vide furono i libri sul comodino del ragazzo. “Romeo e Giulietta” fu il primo libro che le capitò tra le mani e lei iniziò a sfogliarlo con nostalgia. Quel libro le riportava in mente centinaia di ricordi.
- Che cosa stai facendo, Haddei? – le chiese suo padre con le mani sui fianchi e gli occhiali sulla punta del naso, appena la trovò in biblioteca per la centesima volta.
Lui era l’unico che l’avesse mai chiamata in quel modo.
- Voglio solo leggere, papà. – s’imbronciò la giovane Hadley, continuando a stringere il pesante libro tra le sue braccia magre.
Sapeva che l’ora di andare a letto era passata da un pezzo, ma tutto ciò che voleva fare era rannicchiarsi insieme ai libri che tanto ammirava nella libreria di suo padre.
Suo padre si lasciò sfuggire una risatina prima di prenderla tra le braccia e mettersela in grembo. Provò a prenderle il libro dalle braccia, così da poterglielo leggere, ma lei lo strinse ancora più forte, rendendoglielo impossibile. Era sempre stata una bambina testarda.
- No papà, voglio leggerlo io! – disse Hadley con la sua voce stridula.
Lei lo guardò, con i lunghi capelli che le ricadevano intorno al viso. Aveva ancora i capelli umidi di pioggia e la pelle appiccicosa per aver giocato sotto le gocce d’acqua, ma non gli importava. La strinse ancora più forte al petto, lasciando che il calore del suo corpo la proteggesse dal freddo.
- Non sapevo che le principesse leggessero. – la prese in giro, per poi farle il solletico.
La sua lieve risata era il suo suono preferito.
- Questa principessa lo fa! –
- Che ragazza intelligente. – le disse, lasciandole un bacio sulla fronte.
Il fuoco crepitava nel camino della biblioteca e la pioggia continuava a scendere, mentre il padre di Hadley insegnava alla bambina il magnifico lavoro fatto da Shakespeare.
- Queste gioie violente hanno una violenta fine… -  
Una voce la fece trasalire ed Hadley fece cadere il libro sul pavimento, con un tonfo. Era così assorta dal libro e dai suoi ricordi da non ricordarsi che non era sola.
Hadley si mise una mano sul cuore, cercando di calmarlo, mentre sembrava uscirle dal petto e chiuse gli occhi.
- Luke, mi hai spavent… -
Hadley si interruppe, guardando Luke. Non aveva mai visto nessuno di così… magnifico. Aveva ragione: il completo che aveva scelto lo faceva sembrare una specie di Dio. Il blazer nero aderiva alle spalle del ragazzo, facendole apparire ancora più grandi. E la camicia blu abbinata alla cravatta di raso nera, faceva sembrare i suoi occhi ancora più brillanti.
- Fa così schifo? – chiese Luke e Hadley si rese conto del fatto che stava fissando il ragazzo a bocca aperta.
Cercò di ricomporsi, così da apparire normale e non agitata come realmente era.
- Uhm, si. Cioè, no! Voglio dire, stai bene, non male. Decisamente non male. – disse Hadley, avanzando a tentoni con le parole ed imbarazzandosi sempre di più.
Le sue guance la stavano già umiliando abbastanza, talmente infiammate da assumere la tonalità di rosso più scura mai vista sulla pelle di qualcuno.
- Quindi questo è quello giusto? – chiese Luke mentre si osservava allo specchio, sistemando i risvolti del completo.
Luke dovette ammetterlo, stava decisamente bene. E di sicuro, dal modo in cui Hadley si agitava sul posto, anche lei lo pensava.
Si girò verso Hadley, facendole un cenno e la ragazza iniziò ad osservarsi le unghie, piuttosto che guardare il ragazzo, cercando di fissare la sua attenzione su qualcos’altro, così da non rendersi più ridicola di quel che già aveva fatto. Quindi continuò a controllarsi le unghie, cercando di distrarsi.
- Per che cos’è, comunque? – chiese, continuando a prestare attenzione alle sue unghie.
Luke tornò dentro al guardaroba per indossare nuovamente i suoi vestiti normali.
- Il ballo organizzato dai miei genitori. – urlò Luke dall’armadio ed Hadley sentì il fruscio dei vestiti tolti mentre toccavano terra.  – Dovresti venire. –
Luke uscì dal guardaroba. Hadley osservò come la camicia gli si era bloccata sulle spalle, per poi tornare a guardarsi le mani, per evitare di arrossire nuovamente alla vista ragazzo a petto nudo.
Luke sorrise, notando il suo disagio. Voleva spingerla al limite, così getto la camicia sul letto di fianco a lei, mentre le si sedeva di fronte, tenendo il peso sulle braccia. Voleva assicurarsi che il suo ventre tonico fosse esposto. Aveva una scommessa da vincere, in fin dei conti.
- Non posso farlo. – disse Hadley con un filo di voce.
Era vero, non poteva. Non quando tutti gli altri avrebbero indossato abiti sontuosi e costosi, mentre lei non metteva altro che vestiti usati e scarpe in saldo. Si sarebbe fatta notare con la scema di turno. In più non riusciva a capire perché Luke le avesse chiesto di andare, non era come se lui lo volesse realmente. Probabilmente la stava solo prendendo in giro, comparando lo status sociale di Hadley al suo.
- Certo che puoi. – replicò lui sorridendo, mentre Hadley cercava di guardarlo negli occhi, piuttosto che osservarli il petto scoperto.
La ragazza iniziò a giocherellare con l’anello che aveva il dito, cercando di tenere a mente i suoi valori.
Hadley sapeva che quella conversazione non sarebbe andata da nessuna parte, così cercò un modo per cambiare argomento.
- Che cos’è? – domandò, indicando l’anello d’argento agganciato ad una catenella che il ragazzo aveva legata intorno al collo.
Non l’aveva mai vista prima, probabilmente perché la teneva nascosta ed Hadley era curiosa di conoscerne il motivo e di cosa si trattasse. Di sicuro aveva un valore personale.
- Questo non ti riguarda. – sbottò Luke, duramente.
L’atmosfera leggera che fino a quel momento c’era stata nella stanza scomparve, sostituita da un gelo inquietante dovuto alla reazione di Luke. I suoi occhi si strinsero a fessure e l’azzurro divenne glaciale, mentre si infilava in fretta la maglia, facendo scomparire l’anello sotto di essa.
- Perché lo tieni nascosto? Non te lo avevo mai visto indosso. – continuò Hadley, a causa della sua testardaggine.
Non era spaventata da Luke.
- Ho detto che devi farti i cazzi tuoi. – urlò allora Luke.
Il ragazzo attraversò velocemente la stanza, per poi spingere Hadley contro al muro, posando una mano sulla parete di fianco alla testa della ragazza e l’altra sulla sua clavicola, assicurandosi che non potesse scappare.
Il silenzio che riempiva la stanza, interrotto solamente dai lievi respiri dei due ragazzi, era la dimostrazione di quanto entrambi fossero testardi. Nessuno dei due abbassò lo sguardo mentre si fissavano duramente negli occhi, rifiutando di arrendersi.
Un chiaro bussare risuonò per la stanza ma Luke non mosse un muscolo, mentre Hadley spostava lo sguardo sulla porta. Calum entrò nella stanza e Hadley notò vagamente della macchie scure sul suo collo.
“Succhiotti” pensò Hadley, dimenticandosi momentaneamente della posizione in cui si trovava e di quanto strana dovesse apparire agli occhi di Calum.
Luke se ne rese conto, così fece un passo indietro, liberando Hadley dalla sua presa.
- Ho interrotto qualcosa? – chiese Calum con un’espressione confusa sul volto.
Aveva le sopracciglia alzate e la bocca socchiusa per la sorpresa.
- No. – disse Hadley mentre Luke, al tempo stesso, replicava con un sonoro “si”.
- Beh, dobbiamo andare. Tra un’ora ho il concerto e i ragazzi si incazzeranno parecchio se non mi presento in tempo. E Margaret ha detto che sei libera di andartene quando ti pare. – disse Calum, continuando ad osservare i due con sguardo scettico.
Calum fece un cenno verso la porta e subito Hadley lo seguì fuori, senza nemmeno guardare o aspettare un qualche tipo di risposta da Luke.
Appena si trovarono fuori all’aria fresca, Calum si voltò verso Hadley.
- Che diavolo era quello? –
Hadley si sedette dietro alla moto, stringendo forte i fianchi di Calum, così da evitare di cadere. Sollevò lo sguardo verso la finestra di Luke e lo vide mentre la osservava a cavalcioni della moto di Calum, gli occhi freddi e le labbra serrate.
- Non ne ho idea. – mormorò Hadley, distogliendo lo sguardo da Luke.
 
HEY THERE!
Allora, che ve ne pare? 
In questo capitolo Luke e Hadley sembrano avvicinarsi, se non fosse per quel litigio finale! Ma comunque stiamo parlando di Luke, quindi niente di strano, no? Di sicuro è un ragazzo pieno di segreti!(:
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, dai! Una recensione è più che gradita! 
Ah, come al solito ringrazie le mie tre recensitrici "quotidiane": Anto Malik, sarah_sarah e Nene Horan!
Ringrazio anche tutte le persone che hanno messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate!
Byeee xxx

- Julie(:

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


CAPITOLO 6
 
"And I just need you to pick me up,
Like you did when we were younger,
When the lightning and the thunder,
Had me clinging to your heart."
Go Radio - Forever My Father

 
- Che diavolo è questo posto? – disse Hadley, arricciando il naso di fronte al pub malandato che Calum le aveva detto si chiamava “Lucky’s”.
Si trovava dalla parte opposta della città, rispetto a dove abitava Luke, decisamente più vicino alla casa di Hadley. Invece di essere circondato da abitazioni, palazzi e grattacieli, il bar era circondato da case squallide, palazzi demoliti per metà e costruzione che, più di qualunque altra cosa, avevano l’aspetto di baracche.
- È il meglio che siamo riusciti a trovare, nessuno voleva assumere un gruppo di ragazzini che suonassero per loro. Michael ha provato ovunque. – disse Calum sospirando e voltandosi verso Hadley. – Letteralmente ovunque. –
- E suppongo che questo sia meglio di nulla. – acconsentì Hadley, cercando di essere ottimista.
Sapeva quanto la musica fosse importante per il suo migliore amico, così cercò di non essere negativa riguardo al luogo in cui si trovavano. Che lo ammettesse o meno, Hadley sapeva quanto Calum fosse felice del fatto che qualcuno avesse addirittura prenotato per sentirli suonare. Anche se si trovavano in un pub fatiscente come il Lucky’s.
Appena entrarono nel pub, tutto ciò che Hadley riuscì a sentire fu il persistente odore di fumo nell’aria. Agitò una mano nell’aria, cercando di sbarazzarsi della puzza, ma con scarsi risultati. L’odore era troppo forte.
- Eccoli! –
Hadley sentì una voce familiare alle sue spalle, seguita da delle braccia calde che l’avvolsero e strinsero forte.
- Hey, Ash. – disse Hadley, alzando gli occhi al cielo.
Ashton la strinse un po’ più forte, prima di liberarla dalla sua stretta e fare un passo indietro. I suoi capelli biondo scuro erano lasciati ricci al naturale e indossava una maglietta con un pony disegnato; Hadley non riuscì a trattenere una risata, osservando la t-shirt del ragazzo.
- Non ci vediamo da una vita, piccola Hadley. Allora? Non ti siamo mancati neanche un po’? – chiese Ashton, prendendola in giro, dopo che Calum si allontanò da loro per andare a sistemare gli strumenti sul palco, sussurrando “idioti”.
- Sono solo due anni più piccola di te, Ashton. – disse Hadley, mettendosi le mani sui fianchi.
Ashton aveva la brutta abitudine di prenderla in giro per la sua età. Si riferiva spesso a lei con il soprannome “piccola Hadley” solamente per innervosirla.
- Ecco perché le piaccio di più io. – disse un’altra voce familiare alle sua spalle.
- Proprio così, Mickey. – confermò Hadley, spettinando i capelli neri del ragazzo.
- Non rovinarmi i capelli! – gemette Michael, aprendo la fotocamera del suo cellulare per cercare di riparare al danno fatto da Hadley. – Ci ho messo trenta minuti a sistemarli! –
- Oh, stai zitto. – disse Calum, raggiungendo nuovamente il gruppo di amici.
Tutte le chitarre erano state collegate agli amplificatori e anche la batteria di Ashton era perfettamente sistemata sul palco. Hadley si guardò in giro per osservare le persone che occupavano il bar, principalmente adolescenti, ma nessuno che prestasse attenzione al palco. C’era un gruppo di ragazzi che giocava a biliardo con un paio di ragazze al loro fianco e un altro gruppo che lanciava freccette in un angolo della stanza. Tutti gli altri stavano annegando i loro dolori nell’alcool o erano svenuti su qualche tavolino. Hadley sapeva che sarebbe stata la loro unica fan, quella sera, ma le andava bene.
- Forza ragazzi, è ora dello show! – disse Calum, sfregando tra di loro le mani per l’eccitazione.
Hadley gli rivolse il suo miglior sorriso e diede una pacca sulla schiena a tutti i ragazzi.
- Andrete alla grande, me lo sento. – disse Hadley spingendo i tre ragazzi sul palco.
Non appena si sistemarono sullo stretto palco nero, Hadley prese posto in uno dei tavolini più vicini, così da assicurarsi la visuale migliore.
- Come state tutti voi, stasera? – domandò Michael, il microfono che amplificava la sua voce.
Solo un paio di applausi si levarono per la stanza, così Hadley cercò di far sentire ai ragazzi il suo appoggio urlando, con la speranza di attirare un po’ di gente.
- Bene… Beh, io sono Michael. –
- Io sono Ashton. –
- Ed io sono Calum. E noi siamo i 5 Seconds Of Summer. –
Cominciarono l’esibizione suonando la cover preferita da Hadley, “I Miss You” dei Blink 152.
Hadley si era sempre sentita speciali, visto che a lei era venuto in mente il nome della band. Aveva sempre detto che l’estate in Inghilterra durava appena cinque secondi, così nessuno riuscì più a togliersi dalla mente quel nome.
- In the night we’ll wish this never ends, we’ll wish this never ends… - canto Calum e Hadley alzò i pollici in approvazione, canticchiando insieme a lui il brano.
Un sorriso comparve sulle sue labbra mentre continuava a suonare il basso, lasciando cantare per un po’ Michael. Sempre più persone iniziavano a prestare attenzione alla band, mentre loro continuavano a cantare le loro cover e qualche canzone originale delle quali Hadley ancora non aveva imparato il testo.
Alla fine della loro esibizione i ragazzi si inchinarono e lasciarono il palco. Con sorpresa di Hadley, molte persone avevano circondato il palco, iniziando a sostenere i suoi amici. Sentì anche un paio di ragazze mormorare quanto i fossero sexy i suoi tre amici.
- Il batterista è troppo sexy, non sai cosa farei per mettere le mani su un suo… -
- Ciao ragazzi! – salutò Ashton dalla sinistra del palco, distraendo Hadley che così non riuscì a sentire come si concludeva la frase della ragazza, nonostante fosse abbastanza sicura di dove la ragazza stesse andando a parare.
I tre ragazzi iniziarono a smontare gli attrezzi sul palco, staccando gli strumenti per caricarli sul furgone che gli aspettava sul retro del pub. Hadley si alzò dal tavolo per aiutare i ragazzi, aiutando Ashton a portare parti della sua batteria.
- Ti spezzerai la schiena, donna! – la prese in giro Ashton, mentre lei caricava l’ultima parte della batteria sul furgone.
- Ti faccio vedere. – sussurrò Hadley, per poi lasciar cadere la cassa nel furgone, quasi rompendola.
Ashton si lasciò sfuggire un sospiro quando si rese conto che la cassa era intatta.
- Ci sei andata vicina. –
- Beh, magari la prossima volta non mi dai il pezzo più pesante, no?! – ribatté Hadley.
- Voi due dovete darvi una calmata. – disse Michael con le mani in aria, cercando di mantenere la calma. – Ora… chi ha fame? Avrei davvero voglia di un po’ di Panda Express. –
Tutte le mani si alzarono e lo stomaco di Hadley ruggì in risposta, facendo ridacchiare i tre ragazzi.
- E Panda sia! – disse Michael, felice.
Era il suo ristorante preferito, dopotutto.
Dopo che tutti e quattro furono stipati nel furgone di Ashton, nei sedili anteriori, dove Hadley si era dovuta sedere sulle ginocchia di Calum in modo che potessero starci tutti, si diressero verso il Panda Express più vicino.
Ordinarono in fretta e riuscirono a trovare un tavolo libero vicino al bancone. Fortunatamente il locale era quasi vuoto, così non dovettero preoccuparsi di essere troppo rumorosi, cosa che succedeva fin troppo spesso. Stare in compagni con tre ragazzi era complicato, soprattutto quando parlavano uno sull’altro, alzando la voce sempre di più.
- Raccontaci della ragazza, Calum. – disse Ashton, colpendo delicatamente il moro sulla spalla.
Calum guardò Hadley, con le guance rosse e lo sguardo colpevole. In un momento tra il concerto e lo smontare gli strumenti, Calum doveva aver raccontato ai ragazzi di Margaret e Luke. Il sangue affluì alle guance di Hadley non appena ricordò il momento al quale Calum aveva assistito ed interrotto.
- Uhm… Lei è… È in forma, si. – disse, guadagnandosi le congratulazioni di Ashton e Michael che iniziarono a dargli pacche sulla schiena.
Hadley alzò gli occhi al cielo, infastidita. Ovviamente quella era l’unica cosa che importava ai ragazzi. Non gli importava di certo il fatto che Margaret fosse una snob presuntuosa. Finché era in forma, il resto non importava.
- Voi ragazzi siete dei maiali. – mormorò Hadley, incrociando le braccia al petto.
- Qualcuno ha bisogno di un rifornimento? – domandò Ashton, osservando il suo bicchiere di coca cola ormai prosciugato.
Quando tutti lo ignorarono, lui si alzò da solo in silenzio.
- Qualcuno è geloso, per caso? – la schernì Michael, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Hadley.
Michael riusciva a vedere Ashton alla macchinetta mentre osservava Hadley, i capelli neri davanti agli occhi.
- No, assolutamente no. – replicò Hadley. – Sto solo dicendo che è una stronza. –
- Ha solamente dei problemi con il padre piuttosto pesanti. – ridacchiò Calum. – Grandi problemi. –
Hadley sentì il familiare peso posarsi sul suo petto, mentre il suo cuore si contorceva dolorosamente. Calum non lo aveva detto realmente, vero? Non avrebbe mai potuto…
Hadley percepì le lacrime salirle agli occhi non appena incontrò lo sguardo di Calum, la sorpresa che occupava il viso del ragazzo.
- Hadley, non intendevo dire quello. – disse in fretta, cercando di trattenere Hadley dall’andarsene.
Michael scrollò le spalle, chiaramente a disagio a causa della scena che si svolgeva davanti a lui. Non era mai stato un amante dei drammi, soprattutto quando i protagonisti erano due dei suoi amici più cari.
- Risparmiatelo, Cal. – riuscì a dire Hadley, mentre si liberava dalla presa di Calum e si allontanava dal tavolo, scontrandosi con Ashton e facendo cadere a terra la sua bevanda.
- Merda! Ah, piccola H, mi dispiace! Colpa mia. – disse Ashton mentre si abbassava a raccogliere il bicchiere disintegratosi sul pavimento.
Appena si rialzò da terra, notò che Hadley se ne era già andata dal ristorante, immergendosi nel buio della notte.
- Che diavolo mi sono perso? Che cosa le avete detto? – chiese Ashton e Michael alzò le mani, come a difendersi dalle accuse di Ashton, mentre Calum si prese la testa tra le mani, ben consapevole del fatto che non avrebbe mai dovuto dire quelle parole.
Avrebbe dovuto aspettarsi l’effetto che avrebbero avuto su Hadley e l’ultima cosa che lui intendeva fare era ferirla.
* * *
Hadley era grata di vivere solo a un paio di isolati di distanza dal Panda Express. Così, dopo ben trenta minuti di cammino, arrivò all’appartamento in cui viveva. Hadley salì le scale due alla volta, fermandosi davanti alla porta dell’abitazione.
- Avviso di sfratto? – sussurrò Hadley incredula.
Lei e sua madre stavano lavorando abbastanza da riuscire a pagare l’affitto e avere comunque dei soldi restanti. Lo sfratto era fuori discussione.
Hadley spinse con forza la chiave nella serratura, furiosa a causa di ciò che aveva appena scoperto. Teneva saldamente il foglio giallo, ormai rovinato ed increspato a causa delle sua stretta.
- Mamma? – chiamò, sentendo un suono di risposta provenire dalla camera da letto.
Si precipitò lungo il corridoi, spalancando la porta di sua madre, trovandola stesa sul letto e coperta da lividi causati, sicuramente, da Chuck.
- Si, Hadley? – rispose la madre, la voce bassa e roca, probabilmente a causa di tutte quelle liti che sembravano non avere fine.
- Dov’è Chuck? – chiese Hadley duramente.
Aveva notato il fatto che non c’era quel persistente odore di alcool non appena era entrata nell’appartamento. Sapeva che probabilmente si trovava da qualche parte a spendere e buttare i loro soldi.
- Hadley… - iniziò sua mamma e Hadley era consapevole che avrebbe trovato solamente un’altra stupida scusa.
Solo un’altra delusione.
- Lascia stare, mamma. – la interruppe lei, alzando la mano in segno di protesta. – Rispondi solo a questa dannata domanda. –
Sua madre sospirò, buttando i piedi fuori dal letto e sedendosi, la schiena curva e la testa chinata. I capelli le ricadevano di fronte al suo viso fragile.
- Sta giocando d’azzardo. – confessò ed Hadley si lasciò sfuggire una risatina ironica e furiosa.
- Allora è così che vengono spesi i nostri soldi, non è vero? – disse, ma la voce le cedette.
Le veniva da piangere, tanto era arrabbiata. Quella era una delle sue abitudini peggiori.
- Hadley, sono… -
- Cosa sei, mamma? Perché se dici un’altra volta che sei dispiaciuto, che Dio mi aiuti, allora! –
- Ma io sono dispiaciuta! – piagnucolò sua mamma, mentre le lacrime le scorrevano sulle guance.
- No, non lo sei. Se fossi realmente dispiaciuta questo non sarebbe successo. – urlò Hadley, sollevando il foglio giallo, ormai pieno di pieghe.
La faccia di sua madre si fece pallida non appena capì cosa rappresentava il foglio.
- Non volevo che lo sapessi. – disse con voce debole e spezzata.
- Non volevi che sapessi che stiamo per essere sfrattate o non volevi che sapessi che succederà perché hai lasciato che Chuck buttasse via quel poco che avevamo? – disse Hadley, rifiutandosi di farsi intenerire dalla vista di sua madre che piangeva.
Non si sarebbe arresa così facilmente. Era divertente come i ruoli si fossero scambiati: Hadley si sentiva più come un genitore che come una figlia.
- Io… Io credevo che si trattasse solo di un periodo. – disse sua madre, abbattuta. – Ma ne usciremo, troviamo sempre una via d’uscita. –  Continuò, cercando di essere ottimista nonostante non ne avesse nessun diritto.
- Come ti pare. – disse Hadley, prima di girarsi e andare in camera sua.
La luna illuminava il cielo e Hadley decise di uscire sulla scala antincendio, per sfuggire a quell’inferno per un po’. L’aria fredda che soffiava quella notte la calmò un po’. Quello era sempre stato il suo posto sicuro. L’unico posto in cui lei poteva rimanere sola con i suoi pensieri.
Fissò la luna, desiderando di essere ovunque, tranne che lì. Desiderando che le cose fossero andate in modo diverso.
Una vibrazione proveniente dalla sua borsa la spinse ad afferrare il suo cellulare, con lo scherzo illuminato a causa di più e più messaggi. Molti erano da parte di Calum, che si scusava, uno da parte di Ashton, che le chiedeva se fosse arrivata a casa sana e salva. Poi ce n’era una da parte di un numero sconosciuto.
“ Sii qui alle otto in punto, domani, per la cena. Indossa qualcosa di carino. Luke.”
Come aveva avuto il suo numero? Perché voleva che andasse a cena da lui?
Perché quel giorno andava sempre peggio?

HEY THERE!
No, non sono morta ahaha ero solo in fase "hangover", dopo Capodanno (E CHE CAPODANNO, RAGAZZEEEEE AHAHAHAH)
Comunqueeeee... che ne pensate del capitolo?(: Un po' di passaggio, ma nei prossimi ne succederanno delle belle ;)
Ora devo proprio andare, voglio provare ad aggiornare la mia altra fanfiction (a chi interessa: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1508758&i=1 )
Byeeee xx

- Julie(:

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