Fluorescent Adolescent.

di renee_cierra13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


PROLOGO

 
Diamo tutto per scontato, certe volte. La dislessia impariamo ad accettarla, proprio come la gente normale impara ad accettare il proprio carattere completamente nella norma. Avere dei ‘poteri’ anormali diventa quasi scontato, lottare quotidianamente con degli esseri sovrannaturali è abitudinale.

Per esempio, potrei stare ore e ore a parlare dei nostri sogni, delle nostre visioni incoscienti. Vediamo tutto quelllo che nostra madre o nostro padre (a volte entrambi) vogliano: un qualche segno, il semplice rimbombo di una parola o di un suono, le urla d’aiuto dei nostri simili fatti schiavi o torturati, le facce di chi ancora non sa nulla della propria natura così speciale.

Eppure, nelle antiche scritture siamo descritti come mostri. Esseri malvagi nati da un’ incesto involontario, qualcosa di sbagliato, la nascita imprevedibile di un’essere con i poteri di un dio, senza il privilegio di spassarsela sull’Olimpo. Ma siamo ragazzi e ragazze completamente normali: scuola, amici, problemi e tutto quello che un quindicenne potrebbe essere, compreso i difetti.

Quindi si, siamo ovunque. Anche se probabilmente, alcuni di noi, non sanno nemmeno di essere colui o colei che ad una certa età dovrà mettere un punto a qualcosa di troppo grande anche per qualsiasi superficiale miliardario o governatore.

Fatti, allora, delle domande. ‘Perchè mia madre non vuole mai parlare di mio padre?’, ‘Chi sono i miei veri genitori?’, ‘Da dove vengo?’, e soprattutto ‘Sono nel posto giusto?’.

Risponditi nelle ore di storia, quando la professoressa è intenta a spiegare la mitologia greca . Qualcosa ti risuonerà nei timpani, e allora avrai capito di avere la fortuna di essere uno dei pochi. Avrai capito di essere speciale, diverso. Avrai capito di essere un semidio.
 

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Capitolo 2
*** I ***






I

Renee






Io non sono una piromane.
Cioè, cerco di autoconvincermi di non esserlo, ogni singolo giorno che passa, ma dopo quello che è successo, dubito che i miei mi lasceranno vagare in giro per Manhattan senza dei vigili del fuoco alle calcagna.
Sono nei guai, serissimi guai.
La signora Ling, la mia psicologa, esce sotto il braccio di due omaccioni in divisa, non è più la donna asiatica che vedevo ogni pomeriggio dopo il basket, sebbene contro voglia, è una donna con il viso sporco di cenere e gli occhi iniettati di sangue, convalescente fra le braccia di due sconosciuti che molto probabilmente mi arresteranno.
Non ho mai gradito andare dalla signora Ling, i miei genitori mi mandarono lì per i miei svariati problemi mentali;
Cioè, non che avessi dei veri e propri problemi, ma sapete com'è, soffrire di dislessia, iperattività ed una misteriosa attrazione per qualsiasi cosa luccichi non è una passeggiata.
La mia vita è sempre stata incasinata, fin dall'asilo, quando rimanevo impalata di fronte al piccolo vulcano di plastica che avevamo sul davanzale. Passavo ore a fissarlo scoppiettare, quanto mi piacevano le scintille, appena ne usciva una la catturavo con le mani e me la ficcavo in tasca.
Ora direte, "era una bambina come le altre che si divertiva a giocare con il fuoco", il punto è che quando la riprendevo dalla tasca, la scintilla c'era ancora.
E non era una delle mie stranezze più grandi col fuoco, era come potessi controllarlo, modellarlo a modo mio anche se con piccoli gesti, mi sento così bene vicino ad una fonte di fuoco.
Comunque, ogni mercoledì, mi ritrovavo stesa su una poltroncina di pelle a parlare della giornata con la signora Ling, una donna orientale con una voce squillante ed i lunghissimi capelli neri, dava l'idea di Mulan, la principessa disney; in momenti come quelli, quando lei mi chiedeva cosa vedessi disegnato su dei fogli imbrattati di nero ed io me ne stavo lì a fissarli con aria stranita, senza risposta, che mi sentivo davvero come una pazza, una spostata da manicomio.
Ed è proprio questo il motivo per cui oggi è successo quel che è successo.
Vedo mio padre e mia mamma corrermi incontro terrorizzati, abbracciandomi forte e togliendomi la cenere dai capelli biondi, meglio godersi al massimo questo momento visto che mi sgrideranno appena sapranno la verità, e credetemi, so benissimo come va a finire.
-Stai bene?- chiede mia mamma, è sempre così tranquilla anche nei momenti critici come questi, io annuisco.
-Si, sono uscita giusto in tempo.- rispondo guardando le mie Vans imbrattate di nero, ed erano anche nuove di zecca, merda.
Improvvisamente, mi sento strattonare all'indietro ed un urlo femminile mi fa accapponare la pelle.
Mi volto col fiato sospeso ed incontro gli occhi a mandorla e spaventosi della signora Ling, che mi sta tirando il braccio con una fermezza incredibile, diamine, è esile come uno stuzzichino da cocktail ma ha una forza immane.
-Ma che...- mormoro mentre la donna viene bloccata dai due polizziotti, per un attimo continua a fissarmi impaurita, poi urla:
-SEI IL DEMONIO!-
Nessuno capisce, la guardano come fosse una pazza maniaca, cosa alquanto intuibile,ha appena dato ad una sedicenne abbrustolita del demonio.
Ma io credo di aver intuito cosa intendeva dire con questo.
Sono Renee Allen, e sono io la causa dell'incendio.

 
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 Cierra




La sedia di pelle scricchiola sotto il peso del mio corpo, il rumore trapanante delle mie scarpe che incontrano nervosamente il pavimento segna i secondi. Guardo minuziosamente la scrivania della Signora Schmidt e mi accorgo che da ieri, come al solito, non è cambiato nulla.
Sento la mano della psicologa sulla spalla e mi giro leggermente, quanto basta per mostrarle il mio viso dispiaciuto.
Con passo sicuro, si dirige verso l’altro lato della scrivania senza dirmi nulla. Poi, eccola, arriva la quotidiana frase: -Come al solito, due ore di punizione dopo la fine delle lezioni.-
Mi alzo, prendo lo zaino e mi avvio verso la porta. Quando la maniglia gelata divenne una cosa sola con la mia mano, mi fermai. Le lacrime stavano per scendere, ma mi girai subito, guardando la Signora Schmidt negli occhi. –Non sono stata io, e lei lo sa.- Una volta uscita mi appoggiai alla porta e iniziai a piangere, attenta che i singhiozzi non facessero rumore.
Io non lo faccio apposta. Sono forte, lo so, sono irrascibile, ma non sono io. Sono un mostro, uno dei tanti errori. Una cosa inaspettata e non desiderata.
Sono sempre stata potente, forzuta, ma mai come in questi giorni. Sento qualcosa scorrermi nelle vene, e fa schifo. So che qualcosa è andato storto, l’ho sempre saputo. Da quando i miei genitori mi raccontarono di come mi avevano trovata d’inverno, a due anni. E i medici mi dicevano di come sono miracolosamente sopravvissuta ai quattro mesi più freddi di New York.
Non ho mai avuto spiegazioni o risposte, tutti continuano a dirmi che sono semplicemente speciale.
Sto camminando per le strade di New York, ripensando a quegli attimi della mattina stessa. Quando non ci ho visto e ho dato un pugno a quel ragazzo. I flashback di quando ha sputato sangue e di quando ha urlato. Tutti attorno che mi guardavano, che guardavano le mie mani che stavano per andare a fuoco.
Quella non era Cierra, quello era un mostro.
La testa inizia a girarmi veloce e tutto quello che mi sta attorno inizia a girare con lei.
Sto per cadere sul suolo asfaltato della città che non dorme mai.  Le orecchie mi fischiano e gli occhi mi bruciano. Dei fasci di luce contribuiscono al bruciore che sento per tutto il corpo.
L’unica cosa che riesco a ricordare è il mio urlo straziante, l’impatto con il marciapiede e una donna con un vestito bianco. Poi il buio, la paura di non svegliarmi piú.






Angolo autrici;
WELL THEN!
ecco il primo capitolo della fanfic, è diviso secondo i punti di vista delle due protagoniste,le quali sono rispettivamente le due figone nel Banner gnaw c:
Beh, come inizio non si capisce molto, lo so, siamo crudeli, e grazie a tutti quelli che hanno recensito il prologo, spero continueranno a seguire la storia, ci teniamo molto alle vostre recensioni e a sapere cosa ne pensate.
Beh, ci vediamo l'anno prossimo con un nuovo capitolo in fase di stesura, ora ci dissolviamo,
Bye demigods!
Renee_Cierra
 

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Capitolo 3
*** II ***


II
Renee

 



Il commissariato poi non è tanto brutto se ci penso.
E’ ovvio che non sia il posto più allegro del mondo, ma mi piace come l’hanno ridipinto, queste pareti rossastre sono accoglienti.
Il sergente Hopkins, che ormai mi ha visto qui su questa sedia un paio di volte, mi scuote il capo in segno di dissenso, mortificandomi ancora di più, maledetto lui ed i suoi occhi inespressivi.
I miei genitori sono piegati sulla sua scrivania a firmare dei fogli, ed io me ne sto qui, seduta sulla poltrona di stoffa a quadretti, a fissarmi le scarpe rosse annerite.
Quando i miei genitori finiscono di firmare si voltano verso di me, dandomi uno sguardo complice.
Hanno fatto quello sguardo.
Sono fregata.
-Allora?- dico alzando le spalle, mio padre sospira e cerca gli occhi di mia madre.
-Niente servizi sociali per questa volta.- afferma, e tiro un respiro di sollievo, accasciandomi sulla poltrona, non avrei sopportato altre centodieci ore di servizi sociali.
-Grazie a Dio!- esclamo sollevata, alzandomi in piedi e mettendo la borsa in spalla.
-Però, se fai un altro sbaglio finiamo nei guai, e pagare la cauzione non basterà, quindi cerca di non cacciarti in strane situazioni.- afferma il commissario Hopkins, sbucando dietro i miei genitori.
Come se per me fosse facile, io sono la regina delle strane situazioni.
Il sergente continua a fissarmi con un sopracciglio alzato, i miei sembrano non notarlo.
-C’è qualcosa che non va?- gli chiedo, il sergente accenna un sogghigno.
-Sei sopravvissuta ad un grosso incendio.-dice.-Devi sopportare molto bene le fiamme.-
-Magari ho semplicemente fortuna.- dichiaro con nonchalance, per fortuna che ho frequentato un corso di recitazione, perché questa è una bugia grande quanto una casa a sette piani.
Il sergente scuote la testa lentamente e mi sorride, con il suo solito sguardo gelido, mi ha sempre inquietato quell’uomo, dal modo in cui parla alle domande strane che mi pone, per non parlare degli spaventosi occhi mono espressivi, sembra che quando parli con me mi ipnotizzi.
-Andiamo a casa adesso.-annuncia mio padre, da una stretta di mano al commissario ed usciamo dal grosso edificio, dirigendoci verso l’auto.
Il tragitto verso casa è silenzioso, forse troppo, sono frastornata e confusa.
Ho appiccato un incendio in qualche modo e tutti si comportano come io fossi innocente, come è possibile?
Con l’altro incidente, quello della fiammata che provocai a scuola nel laboratorio di fisica in un’arcana maniera, mi beccai quasi duecento ore di servizi sociali in una casa di riposo, mentre ora mi era andata liscia, eppure non mi sento per niente bene.
Magari sto esagerando, magari l’incendio non l’ho provocato io e me lo sono immaginato, magari sto uscendo davvero fuori di testa e quella medicina insapore che mia madre mi dava per il raffreddore stava avendo effetti sul mio sistema nervoso già altamente danneggiato.
-Renee.- mio padre dice il mio nome lentamente.-Se questo ti ha turbata domani puoi non andare a scuola, lo sai vero?-
Mi metto dritta sul sedile posteriore e sbuffo.
-Domani ho la partita di pallavolo, devo andare per forza, ma tranquillo, me la sento.-dico, papà sembra più nervoso del solito, e le nocche gli si fanno bianche nel mantenere salda la presa sul volante.
-Qualunque cosa succeda chiama a casa, chiaro?- dice con fermezza, non capisco perché ad un tratto è diventato così iperprotettivo.
Ah già, ho solo incendiato lo studio della mia psicologa.
Annuisco mestamente ed in quel momento parcheggiamo, scendo dall’auto e calpesto il prato del nostro vialetto alberato.
Salgo le scale ad una velocità ultra sonica e mi getto a testa fitta sul mio letto, sono stanca, confusa e mi sento bruciare ovunque.
Mi guardo le mani, ci sono diverse piccole ustioni comparse dal nulla, sembrano formarsi da sole ogni volta.
Mi strofino le dita sopra per togliere della cenere, eppure non mi danno per niente fastidio.
Guardo il soffitto della mia stanza e ripenso a questa stranissima giornata, facendo mente locale per ricordare cosa è successo prima che tutto bruciasse, ma non ricordo nulla, solo vuoto nel mio cervello. Ed in poco tempo, mi si abbuia anche la vista, e mi addormento di colpo.

 
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Cierra
 
 
 
 
  
 

I miei occhi sono inspiegabilmente stanchi, crecano di aprirsi ma la luce è il nemico. Da quanto sono su questo letto freddo tanto da sembrare umidiccio? Sembra che tutta la stanza abbia preso la mia forma, ricordo angolo per angolo, oggetto per oggetto ma non ho idea di dove io sia davvero.
La porta si apre mentre cerco di staccarmi degli aghi dal braccio e una donna con un camice bianco entra senza fare troppo caso alla mia lotta con quei maledetti tubicini.
-E quindi sei svenuta nel bel mezzo di Soho, mentre tornavi a casa dall’incontro con la psicologa scolastica, Cierra.- In effetti, sembrerebbe strano, ma siamo a New York e la gente muore senza un apparente motivo ogni giorno. Eppure la magnifica donna che squadra la sua cartellina  è particolarmente dubbiosa, come se ci fosse qualcosa nei miei dati che non quadrasse.
Riesco ad immaginare le sue parole, quelle che dicono tutti: ‘ah, sei stata adottata’, ‘uh, sei stata abbandonata’, ‘ow, mi dispiace’.
-Si, sono stata adottata, se è questa la domanda che mi sta per fare.-
-So che sei stata adottata,come so che sei stata ritrovata nelle strade newyorkesi a due anni, so tutto di te.-
Avete presente quando per un attimo, tutta la stanza si sgretola e il sangue si gela nelle vene senza un apparente motivo? Ecco come mi sento. Il mondo in cui quel ‘tutto’ ha risvegliato la parte piú indietro del mio cervello, il modo in cui Sabrina mi osserva. Adesso riesco a ricordare perchè quel viso rassicurante mi ricorda tante, troppe cose. Il resto è solo un susseguirsi di flash-back e scene del passato, del mio passato. La sua faccia è ovunque, in ogni angolo, in ogni folla, in ogni persona. I suoi lineamenti particolari che ritrovo in tutte le persone che hanno determinato la mia vita.
Hanno tutte la sua faccia, la sua voce, i suoi occhi color ghiaccio che ti scavano nella materia grigia. Sto per esplodere. Crollo.
 
Delle persone entrano nella camera e vengo alzata dal letto.
Non so cosa stia succedendo, una volta tanto. So solo di aver paura che qualche sconosciuto distrugga tutto quello che ho costruito nei miei sedici anni di vita.
I miei muscoli cedono alle braccia possenti sotto di me...
 
...” la forza che ha nelle vene potrebbe distruggere qualsiasi cosa. Fate attenzione.”

 
 
 
 
{Angolo autrici}
Sì, è passato un mese,
Sì, okay, vi siete rotte le scatoline di aspettare
Sì, ci odiate,
E vi capiamo.
Ma ecco qui il nuovo capitolo -- sebbene corto -- della fanfic, dove entrambe le protagoniste si trovano in situazioni parecchio scomode gna.
Cercheremo di essere più attive e speriamo continuerete a seguire la storia, se lo fate vi diamo un biscottino se non se li mangia Lucrezia.
Keep trusting in Demigods!
Renee&Cierra
 
 

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