Darklight

di Aim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solita routine ***
Capitolo 2: *** Soldi, maledetti soldi ***
Capitolo 3: *** Speranza? ***
Capitolo 4: *** Chat ***
Capitolo 5: *** Jim ***
Capitolo 6: *** Famiglia ***
Capitolo 7: *** "Ehi! Vuoi una foto con me?" ***
Capitolo 8: *** Rabbia ***
Capitolo 9: *** Latte e biscotti ***
Capitolo 10: *** "Piacere!" ***
Capitolo 11: *** Si volta pagina ***
Capitolo 12: *** Perchè io? ***
Capitolo 13: *** Provaci ***
Capitolo 14: *** Fragile come una tazza di thè ***
Capitolo 15: *** Grigio ***
Capitolo 16: *** Brutti presagi ***
Capitolo 17: *** In anticipo ***
Capitolo 18: *** Tutto viene a galla ***
Capitolo 19: *** Farfalle matte ***
Capitolo 20: *** Shopping a Boston ***
Capitolo 21: *** E adesso come faccio? ***
Capitolo 22: *** Passato ***
Capitolo 23: *** Discorsone ***
Capitolo 24: *** Un'amicizia ritrovata ***
Capitolo 25: *** Partenza ***
Capitolo 26: *** Silenzio ***
Capitolo 27: *** Vecchie amicizie ***
Capitolo 28: *** Un film molto interessante ***
Capitolo 29: *** Una giornata piovosa ***
Capitolo 30: *** Immortalità ***
Capitolo 31: *** EPILOGO: Scintilla ***



Capitolo 1
*** Solita routine ***


 

Intrecciai i miei lunghi capelli biondi seguendo l’ordine che mia madre mi aveva insegnato quando ero piccola, due semplici passaggi che portavano alla formazione di una treccia semplice ma precisa ed elegante. Come tutti i giorni, fuori dalla porta di camera mia mi aspettava la solita routine, routine che avrei voluto cambiare molto volentieri. Sarei voluta restare al sicuro nella mia cameretta, dimenticando tutto il mondo orribile in cui vivevo là fuori, ma la voce di mia madre in testa mi spronò a girare la maniglia e a scendere le scale. Il solito spettacolo mattutino mi attendeva in salotto: mio padre sul divano mentre guarda programmi senza senso, patatine dappertutto e una puzza nauseante proveniente dalla cucina. Salutai mio padre tenendomi a debita distanza, ma non ricevetti nessun saluto di ritorno. Un’ondata di nausea mi investì in pieno mentre cercavo in cucina qualcosa di ancora commestibile per la colazione, ma dovetti abbandonare l’impresa non appena mi accorsi che ormai la cucina dove un tempo mia madre cucinava deliziose torte di mele, era diventata una discarica di pacchetti di patatine e scatolette di tonno lasciate aperte dappertutto. Prendendo lo zaino svogliatamente mi diressi verso la porta per andare in quel posto orribile in cui avevo ormai passato quasi 5 anni della mia vita, quel posto che tutti sono soliti chiamare “scuola”.  Salutai di nuovo mio padre, ricordandogli che sarei venuta a casa a pranzo alle 13.30 come tutti i giorni, ma non ricevetti alcuna risposta. Quando ero piccola, mia mamma non voleva che andassi a scuola col pulmino come tutti gli altri bambini, diceva che ero troppo piccola per farmi quasi 50 minuti da sola su un mezzo che secondo lei non era molto affidabile, e così ogni giorno mi accompagnava a piedi, stringendomi la mano con fare rassicurante. Solo all’età di 12 anni comincia a salire su quello strano mezzo giallo per recarmi a scuola, mia madre si fece convincere da mio padre che pensava mi avrebbe aiutata a socializzare più facilmente con gli altri bambini della mia scuola. Guardai di sfuggita l’orologio e vedendo che era ancora presto per il pulmino, decisi di andare a piedi, passando per il parco. Era da tanto tempo che non ci andavo, il tempo freddo impediva alla mia voglia di camminare di prendere il sopravvento e così mi ero persa il parco innevato di quell’inverno.  L’aria era pungente, mi penetrava nelle narici impedendomi di rilassarmi e lasciarmi andare alla calma di quella passeggiata mattutina. “Ehi, guardate un po’ chi è arrivata in classe! ‘Miss ragazza più sfigata della scuola’!” Starnazzò Jenny. “Solo della scuola? Io direi di tutta la città almeno.” La seguì Kelly e subito dopo Carol aggiunse con la sua vocina stridula: “Ma dove le hai prese quelle belle scarpine?”. Ecco a voi le tre oche della scuola che per mia grande sfortuna dovevo subire ogni giorno, cosa di cui avrei fatto molto volentieri a meno.

Scattata l’ora che segnava la fine del giorno scolastico, mi affrettai a dirigermi verso la fermata del pulmino. Era solito che i ragazzi e le ragazze della mia classe, all’uscita di scuola mi facessero degli scherzi, quindi ritenni di essere stata fortunata quel giorno, perchè sedendomi sul sedile in fondo al pullman ero ancora come ero uscita di casa la mattina.

Mi ritrovai i piedi zuppi per l’umidità e per quelle vecchie scarpe che invece di tenere il piede asciutto e caldo, sembravano odiarmi. Salutai mio padre e corsi in camera mia senza neanche più sperare in una risposta. Mi buttai sul letto a braccia aperte con ancora la giacca in dosso e accarezzai dolcemente il piumino. “Casa, finalmente sono a casa” erano le uniche parole di conforto che riuscivo a dirmi ogni giorno dopo la scuola. Per me era un vero incubo uscire di casa, non che a casa mi sentissi tanto al sicuro, ma almeno era casa mia. Quando camminavo per strada tutte le persone mi fissavano, o per pietà o per stupore e sentirsi gli occhi di mezzo quartiere perennemente addosso mi faceva sentire in soggezione. Ho sempre odiato essere al centro delle attenzioni, sono sempre stata una persona timida e riservata, un tempo avevo anche degli amici, ma poi cambiando scuola persi i contatti con tutti e divenni sola come un cane. L’unica persona che mi rimaneva, era mio fratello, un ragazzo ormai adulto che viveva a Boston e con il quale non avevo mai avuto un rapporto di parentela. Ero sola, ma non mi sentivo molto male a vivere così, peccato che il mondo fosse pieno di gente che apparentemente mi odiava. Ad un tratto sentii la voce di mio padre gridare dal salotto al piano di sotto “Emi, portami della birra!”. Ubbidiente scesi le scale ed entrai tappandomi il naso in quella specie di cucina, afferrando la prima lattina che assomigliasse a birra. La porsi a mio padre che non mi degnò neanche di uno sguardo. “Prego” dissi con voce leggermente seccata. Mio padre non distolse gli occhi dalla tv. “Ti devo anche ringraziare perchè mi porti una birra? Con tutto quello che faccio io per te dovresti essere tu a ringraziarmi, stupida”. Non risposi, era meglio tornarsene nel mio mondo lasciando marcire mio padre sul divano. In realtà lui non faceva quasi più niente per me, ero diventata molto autonoma sin da piccola, quando dovetti sforzarmi di crescere velocemente per stare dietro a mia madre. L’unica cosa di cui potevo ancora ringraziare mio padre era per i soldi che spendeva  per la scuola e la casa, sempre che fossero due cose positive. Quando la mamma morì, mio padre morì praticamente con lei, perse il lavoro e non riuscì a tenere legate a sè tutte le amicizie che mia mamma aveva consolidato con la gente del quartiere. Ormai era parte dell’arredamento del salotto, si muoveva dalla sua postazione solo per andare in bagno; pensare che una volta la nostra vicina mi chiese se vivevo da sola e che fine avesse fatto mio padre.

Districai i miei setosi capelli color miele e cominciai a spazzolarli davanti allo specchio di camera mia. Mia madre si metteva seduta su una sedia e mi faceva sedere sulle sue gambe pettinando e massaggiando i miei capelli, che pure lei aveva lunghi e setosi. Erano una delle poche cose che mi teneva legata a lei e quando me li pettinavo da sola in camera, chiudevo gli occhi e mi lasciavo andare ai ricordi, sognando che in realtà lei fosse ancora lì a rassicurarmi che tutto andasse bene. Non permettevo a nessuno di toccarmeli, avevo anche rinunciato ad una delle poche volte in cui mio padre si offrì di portarmi dal parrucchiere, che con i pochi soldi che avevamo e la nostra relazione padre-figlia ormai a rotoli, sarebbe stato un lusso.

Non avevo fame, ma ragionai che saltare anche il pranzo non sarebbe stata un’ottima idea. Uscii e andai al super mercato più vicino per comprarmi del pane e della mostarda da spalmarci sopra.

 

-Spazio autrice-

Ecco il primo capitolo. E' una storia a cui tengo davvero tanto e spero che venga letta da un po' di persone. Ringrazio molto la mia beta maple e spero che torni presto. 

Continuo ad almeno tre recensioni. <3

Bye :)

 

Anna

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Capitolo 2
*** Soldi, maledetti soldi ***


 

 

Queens non era mai stato un quartiere molto calmo, succedevano spesso rapine e scippi, ma ormai io sapevo riconoscere le strade giuste in cui infilarmi. Camminavo verso casa, con le mani della mia calda giacca invernale e guardandomi la punta delle scarpe, l’aria era fredda e cominciai a sentire le dita dei piedi congelarsi lentamente. Mi fermai per ammirare solo due vetrine della strada principale: la prima era di un negozio di alta moda, mi piaceva tanto quel vestito serale di seta color panna con in vita un nastro rosso, mi piacevano molto i vestiti, peccato che io ne avessi solo due ed entrambi troppo leggeri e vecchiotti. La seconda vetrina che mi fermai ad ammirare fu quella della libreria all’incrocio con la XV strada. I titoli in vetrina mi attirarono, forse più del vestito color panna e allora decisi di entrare. Adoravo l’atmosfera calda e accogliente delle libreria, riusciva a rilassarmi e a distrarmi da tutti i pensieri che giorno e notte mi assillavano. Col mio dito passai in rassegna tutte le copertine dei libri che riempivano quegli enormi scaffali di legno, finché mi bloccai nel settore “P” dei libri per bambini. Infilai il dito nello scaffale e tirai fuori quel libro, cominciai a rigirarmelo nelle mani scrutando la copertina come una bambina. Non avevo il coraggio di aprire quel libro, non mi sarei mai aspettata di ritrovarmelo davanti, era passato così tanto tempo dall’ultima volta che l’avevo aperto. Mi feci coraggio e aprii la prima pagina. I miei occhi cominciarono a leggere le parole senza fermarsi, come se una parola tirasse l’altra e in men che non si dica arrivai a fine pagina. “Ti piace?” Alzai di scatto lo sguardo e mi ritrovai una donna anziana davanti, con un’alta pila di libri per bambini in mano.  “Non sei un po’ troppo grande per leggere Pinocchio?” la donna continuò. “E’ una storia che mi appassiona da sempre.” La donna mi guardò sorridente, aveva un non so che di rassicurante, a differenza di tutte le altre persone che sembrava mi odiassero. “Spesso le storie che si leggono da piccolini sono quelle che ti insegneranno a vivere, quelle dalle quali prenderai insegnamento! Chiunque sia stato a fartelo leggere è stato molto intelligente.” Si, mia mamma lo era, me lo leggeva ogni sera prima di dormire, l’aveva letto così tante volte che alcune parti non le leggeva neanche più e me le ripeteva a memoria. La donna scomparve dietro allo scaffale andando a fare il suo lavoro. La mia attenzione tornò sul libro che tenevo ancora in mano, lo girai e lessi il prezzo. Non avevo abbastanza soldi, li avevo usati tutti per comprare un quaderno e la birra per mio padre. Probabilmente se non l’avessi dovuta comprare avrei avuto i soldi per permettermi il libro, ma purtroppo mi mancavano proprio quelle 3 sterline mancanti. Riposi il libro nello scaffale e promisi a me stessa che l’avrei comprato il giorno dopo. Dopo la morte di mia mamma non avevo tempo da dedicare alla lettura e così quel libro andò disperso chissà dove, sarebbe stato più facile comprarne uno nuovo che cercare il vecchio.

“Papà, sono a casa” dissi aprendo la porta di casa e richiudendola alle mie spalle. Come al solito non ricevetti risposta, mio padre era come sempre davanti alla tv con un pacchetto di patatine in una mano e la birra nell’altra. Mi affrettai ad entrare in apnea nella cucina per mettere in frigo la birra. Avrei dovuto mettere a posto quell’orribile e disgustosa stanza, ma non ne avevo voglia e così salii a due a due gli scalini e mi chiusi in camera mia. Quella notte è probabile che avessi fatto un incubo, perché tutte le coperte del letto erano completamente a soqquadro. Mi capitava spesso di sognare, a volte sognavo mia madre, a volte facevo incubi o sogni strani, ma praticamente sempre non mi ricordavo mai il sogno. Presi le coperte e cercai di risistemare il mio letto prima di dover cominciare a studiare. Mi piaceva studiare, mi interessava sapere le cose e soprattutto mi piaceva perché riuscivo a staccare per un po’ la mente. Anche se studiavo tanto, a scuola non ero affatto una cima, anzi l’ansia e la pressione che avevo durante le verifiche o le interrogazioni mi schiacciavano talmente tanto che la mia mente si offuscava e la mia lingua si immobilizzava, come se dimenticasse come si fa a parlare. Inoltre nella mia scuola usava che l’interrogato si alzasse in piedi per ripetere la lezione e quindi mi ritrovavo ancora più in imbarazzo, fissata da tutta la classe. Non ero sempre stata una ragazzina insicura, quando andavo ancora alla mia vecchia scuola ero la più spigliata della classe, era da quando mia madre mi lasciò che mi chiusi in me stessa senza permettere a nessuno di aiutarmi. Da sempre ero anche molto testarda e quindi avevo rifiutato tutti gli aiuti psicologici che avrei invece dovuto prendermi quando rimasi sola con mio padre, probabilmente sarei diventata più sicura di me e non avrei avuto tutti quei problemi. In un certo senso ero comunque riuscita a superare quella grande perdita, ma concentrandomi sul fatto di rimanere forte e di andare avanti, avevo trascurato tutti gli altri aspetti che rendono una ragazza simpatica e solare. Nessuno era mai riuscito a capire in che situazione mi trovassi a vivere, tutti vedevano solo l’apparenza e il che non era molto, ma spesso l’apparenza inganna e la mia ha ingannato davvero tante persone. Aprii il nuovo quaderno e scrissi l’intestazione del compito che finii solo dopo due ore. Ormai l’ora di cena era arrivata e allora scesa in cucina, mi preparai un toast alla veloce, per poi mangiarmelo in camera tranquilla. “Emi, vieni giù.” Alzai gli occhi al cielo e poggiai il toast fumante sulla scrivania, per poi scendere e andare in sala da mio padre. “Papà, è arrivata della posta per te in questi ultimi tre giorni.” gli dissi, sperando che le avesse almeno viste.  “Appunto di questo ti devo parlare. Erano della banca, non ho più abbastanza soldi per pagarti la retta della scuola per il prossimo mese, già è tanto se riesco a coprire le spese di casa.” Disse lui con leggerezza. Rimasi spiazzata da quella frase, non sarei più andata a scuola, ma che avrei fatto allora? Un diploma non l’avrei preso? E che ne sarebbe stato del mio futuro? Saremmo finiti entrambi sotto un ponte di New York a chiedere elemosina? “Servono più soldi e se vuoi continuare a studiare ti conviene ricavarteli in qualche modo.” Io cerco di non perdere il controllo, deglutisco a fatica e fisso la lattina di birra nella mano di mio padre. “Non riuscirò mai a guadagnare abbastanza”, lui continua a fissare la tv e a sorseggiare da quella maledetta lattina. “Allora ti conviene trovarti un lavoro fisso e lasciar perdere lo studio”, serrai i pugni a sentire quelle parole, non mi sarei mai arresa. “Mamma troverebbe un modo.”, stava zitto, non reagiva. “Non mi abbandonerebbe come stai facendo tu.”, mio padre si girò verso di me, per la prima volta dopo giorni vidi i suoi occhi fissarmi. Per lo meno ero riuscita a distogliere la sua attenzione da quell’inutile programma televisivo. “Vergognati. Vergognati di quello che mi hai appena detto. Tua madre ha abbandonato noi due in questo schifo, io ci sono ancora.”, probabilmente non si rendeva neanche conto di quello che stava dicendo. Rimasi zitta a fissare quei suoi occhi grigi e vuoti, “Mi fai schifo.” mi disse. Non riuscivo a sopportare di sentire un’altra parola strusciare fuori dalle sue disgustose labbra, corsi in camera mia e mi chiusi dentro a chiave. Sentii il cuore che stava per esplodere, ma se c’era una cosa che ero riuscita ad imparare in quegli anni era mantenere il controllo e le lacrime dentro di me. Sapevo che non sarebbe stato salutare tenermi tutto dentro e che un giorno sarei scoppiata facendo chissà quale casino, ma in quel momento avevo bisogno di farlo, non avrei fatto scendere una lacrima per quel verme.


-Spazio autrice-

Ecco il secondo capitolo! Spero vi sia piaciuto molto :) Appena arriva a minimo tre recensioni pubblico l'altro! A presto! <3

Anna

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Capitolo 3
*** Speranza? ***


“Mc Dall alla lavagna”, mi alzai e arrivai a testa bassa fino alla lavagna. La matematica l’ho sempre odiata, non riuscivo a capire da che punto partire a risolvere quei problemi pieni di numeri e lettere. Per tutta la durata dell’interrogazione non rivolsi mai lo sguardo alla classe, mi limitai solamente a fissare la lavagna nella speranza che il problema si risolvesse da solo. Quella mattina non ero affatto di buon umore, mio padre si era sentito male e aveva passato la notte in bagno piegato sul gabinetto, impedendo così al mio sonno di farmi partire per il mondo dei sogni. Fortunatamente io avevo una salute di ferro e non stavo mai male, ci sarebbe solo mancato avere dei problemi fisici e poi penso che mi sarei buttata giù da un ponte. “Allora?” l’insegnante mi guadò da sopra gli occhiali sottili che portava sul naso, io mi rigirai il gesso tra il pollice e l’indice. Appena sentii le risatine di sottofondo dei miei compagni, serrai l’altra mia mano e chiusi gli occhi, sperando che quel momento passasse come uno dei miei tanti incubi. Non ci fu niente da fare, tornai a posto con un’insufficienza di matematica, ma in effetti me ne importava ben poco, vista la possibilità di non riuscire neanche a finire l’anno scolastico. “Era facilissimo! Sei veramente stupida.” Mi disse Kelly facendomi una smorfia. Io mi limitai a non darle la minima considerazione, anche se sapevo che tutti quei piccoli momenti erano piccoli graffi che stavano ormai formando un’enorme ferita.    

Mi diressi velocemente con lo zaino in spalla verso il pullman, quando mi dovetti fermare di colpo per l’enorme ammasso di muscoli palestrati di Peter che mi si piazzò davanti.  Con una sua mano mi afferrò il braccio e mi trascinò fino a quasi dietro la scuola, dove non passava mai nessuno. Mi ritrovai davanti alle tre oche della mia classe e ad un altro mio compagno. Peter e John mi afferrarono per le braccia, praticamente sollevandomi da terra e Jenny si avvicinò a me come una vipera. Carol tirò fuori dallo zaino tre uova e un pacco di farina, mentre Kelly tirò fuori una bottiglia di acqua. Sulla faccia di Jenny comparve un sorriso beffardo e davvero odioso, mettendo all’infuori una mano, sulla quale Kelly le mise la bottiglia di acqua, senza mai distogliere quello sguardo assassino da me. “Ora ci divertiamo un po’ con te Mc Dall.” Disse svitando il tappo.

Mille emozioni mi frullavano nel cuore, un misto di rabbia, tristezza, incomprensione e paura mi spinsero a buttare la mia faccia sul cuscino e ad urlare. Avevo la mia bellissima treccia completamente distrutta e impastata di uovo, farina e acqua. La gola mi bruciava e mi faceva male, un po’ per le urla che mi sforzavo di far uscire e un po’ per l’acqua gelida che mi avevano costretta a bere e a sputare. Il mio cappotto era inguardabile, ricoperto di tuorlo d’uovo e farina, le mie mani rosse stringevano forte il cuscino contro la mia faccia. Ad un tratto la sua voce mi calmò, la voce dolce di mia mamma mi risuonò in testa e mi tranquillizzò, facendo diventare quella rabbia tristezza e cominciai a piangere. Rimasi ricoperta di uovo e farina, abbracciata al mio cuscino, seduta per terra vicino alla finestra per tutto il pomeriggio. Gli occhi erano talmente stanchi di piangere che non avevo neanche più lacrime, fissavo semplicemente un punto nel vuoto della mia stanza facendo passare per la mia mente tante immagini: mia madre, mio padre che mi dava della scema e mi diceva che facevo schifo, la farina che mi si infilava negli occhi facendomeli bruciare, io davanti alla lavagna con il pugno serrato, mio padre che mi diceva che non aveva più soldi, il libro di Pinocchio e infine mia madre che mi pettinava i capelli dolcemente. Mi strinsi le ginocchia al petto e tremai, dovevo fare qualcosa, dovevo cambiare la mia vita o sarei finita per decidere di dare un taglio a tutto questo per una volta per tutte. Il mio sguardo finì sul computer spento sulla scrivania. Mi alzai un po’ titubante e lo accesi. Cosa volessi cercare ancora non lo sapevo, forse un modo per scappare. I pensieri cercavano di riappropriarsi della mia mente, ma li scacciai e andai sul motore di ricerca. Avevo bisogno di trovare una città in cui andarmene a vivere da sola, con che soldi non lo sapevo, ma almeno avevo bisogno di vedere che una speranza c’era ancora. Poi la voce di mia mamma risuonò ancora nella mia testa, come se fosse il grillo parlante di Pinocchio e mi disse semplicemente  un nome. Non gli diedi tanto peso da subito, poi però lo ripetei, sussurravo quel nome cercando di capire dove l’avessi sentito “Jim.. Jim.. Jim..” A furia di cercare nella mia mente un riferimento a quel nome, lo trovai e rimasi sorpresa quando mi ricordai che Jim era mio fratello. Jim ha 4 anni più di me e all’età di sei anni aveva deciso di andare a vivere a Boston con nostra zia, non ricordo bene il motivo, ma mia madre non fece una piega e così lui volò via. Non lo vidi praticamente mai, se non in foto e non sapevo neanche che aspetto avesse, ma vedendo le sue foto da piccolo pensai che dovesse somigliare molto a mio padre. Un barlume di speranza si accese in me quando lo cercai su Facebook, un social-network sul quale mi ero fatta un account un po’ di anni prima, ma che non avevo mai utilizzato. Sicuramente lui ce lo doveva avere. Cominciai a cercare il nome ‘Jim Mc Dall’, uscirono tantissimi risultati e non essendo esperta sul come cercare mio fratello, cominciai ad aprire tutti i contatti che mi erano usciti. Dopo una ventina di minuti trovai quello presumibilmente corretto. “Luogo di nascita New York, luogo in cui vive Boston, data di nascita 4 Aprile 1990” lessi tra me e me. Si, non c’erano dubbi, era lui, doveva essere lui. Andai a vedere le foto e in effetti assomigliava a papà, era davvero un bellissimo ragazzo. Così inviai la richiesta di amicizia e anche un messaggio in cui spiegavo chi fossi. Chiusi il computer e mi cacciai sul letto a pancia in giù. La speranza di poter cambiare la mia vita così schifosa e di trovare qualcuno che mi volesse bene, mi aveva aiutata a far volare via quell’orribile giornata. In realtà non sapevo se lui mi avrebbe risposto e soprattutto come avrebbe reagito al mio messaggio, scoprire di avere ancora una sorella ormai dimenticata e che praticamente non hai mai visto dev’essere un po’ scioccante. Chissà cosa avrebbe pensato di me, come gli sarei sembrata, che impressione avrebbe avuto di me, si ricordava della mamma? Di papà? Sapeva che vita stava facendo? O forse pensava che fosse morto anche lui assieme alla mamma? O ancora peggio, sapeva della morte della mamma? Non potevo rispondermi alle mille domande che mi frullavano in testa, ma volevo che mi rispondesse a quel messaggio, lo volevo più di ogni altra cosa in quel momento.

Il sole era tramontato ormai già da diverse ore e io ero anche riuscita ad uscire di camera per mangiare qualcosa.  Avevo deciso che il giorno seguente non sarei andata a scuola, ormai non aveva più senso e mi facevo dello stress inutilmente, quindi decisi che sarei uscita a farmi un giro per New York City, prendendomi un treno. Dopo una bella doccia, mi distesi sul letto e cercai di prendere sonno, ma la curiosità di vedere se mio fratello mi avesse risposto era troppa. Mi alzai di scatto e andai a prendere il portatile buttandomi nuovamente sul letto. Un sorriso enorme mi si stampò in faccia quando vidi che mi era arrivato un nuovo messaggio, lui era on line.

-Spazio autrice-

Ed anche il terzo capitolo l'ho messo :) Spero che sia piaciuto! Cosa accadrà ora? Povera Emily :( Appena arriva a 4 recensioni metterò l'altro <3 A presto <3

Anna

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Capitolo 4
*** Chat ***


Il cuore mi saltava in petto per l’allegria e i miei occhi aspettavano ansiosi di leggere le sue parole sullo schermo che si stava caricando. Finchè le lessi e non riuscii a trattenermi dal leggerle a voce alta. “Ciao Emily. Si che mi ricordo di te, anche se l’unica cosa che mi ricordo sono le tue urla in braccio alla mamma quando avevi fame. Qui a Boston stò bene, la vita è complicata come sempre, ma me la cavo con i soldi che stò guadagnando con il mio nuovo lavoro! Tu? Come stai? Vivi sempre a Qeens?” Non riuscivo a smettere di sorridere e a leggere quelle parole. Dopo quella giornata così brutta, non poteva esserci cosa migliore che ritrovare un vecchio fratello. Non lo feci aspettare e risposi subito: “Boston dev’essere una città meravigliosa e sono molto felice per te Jim! Qui la mia vita è difficile, troppo difficile. Non riesco più a sopportare tutto questo e ho seriamente bisogno di qualcuno.” Premetti invio e dopo poco lui rispose “Mi dispiace.. Ma puoi parlarne con i tuoi amici, no?” Amici? Ma di quali amici stava parlando? “Mi piacerebbe tanto avere degli amici, ma come ti ho detto la mia vita è davvero troppo difficile.” Non mi sembrava vero di star chattando con lui. “Mi piacerebbe aiutarti sorellina, io sono un tuo amico anche se non ti conosco!” Non riuscivo a credere di avere un amico, di solito tutte le persone che avevano detto quelle parole e io le reputavo mie amiche, mi avevano abbandonata quando avevo bisogno. “Tu non mi odi?” Forse era un po’ forte come domanda, ma avevo bisogno di chiarimenti. “Emily, hai qualcosa da fare domani? Ti va di venire qui con un volo low cost per il weekend così parliamo un po’?” Mi stava prendendo in giro? “Mi piacerebbe molto, ma purtroppo non ho i soldi per pagarmi il biglietto dell’aereo e non so se papà vuole.” Sarebbe stato stupendo, ma lo vedevo quasi impossibile. “Non ti preoccupare per il biglietto, ci penso io. Papà cerca di convincerlo, se vuoi qui la porta di casa mia è aperta.” Una luce in fondo al tunnel finalmente si accese ai miei occhi. Ci pensai bene prima di rispondere ancora, ma in effetti sfuggire da papà non sarebbe stato molto difficile. Prima di pianificare una vera fuga, sarebbe stato meglio chiederglielo, almeno provarci, così risposi: “Aspetti un secondo che provo a chiederglielo?”. Appena ricevetti il suo “Ok”, lasciai il computer sul letto e scesi in sala. Lui era come sempre davanti alla tv a bere, questa volta non birra, ma acqua. Così iniziai: “Papà, ho da chiederti un favore”. Non ricevetti risposta, ma sapevo che mi stava ascoltando, così continuai: “Jim mi ha invitata a trascorrere il weekend a Boston da lui.” A sentire la parola ‘Jim’ mio padre rabbrividì, si vede che era da tanto che non pensava a lui, o forse si domandava come facessi a conoscerlo. “Da quanto ti senti con lui?” esordì. “Da oggi”, non avrei voluto scappare, sarebbe stato più comodo essere d’accordo. “Scordatelo.” Ammetto di esserci rimasta male, ma un po’ me lo aspettavo. “Perchè? Si è offerto di pagarmi il volo!” mio padre afferrò un pacchetto di patatine puzzolenti e lo aprì con forza. “E’ solo un opportunista, vuole approfittare di te.” Ma che diavolo stava dicendo? Non ribatto e corro in camera buttandomi sul letto. Sapevo che non era quello il motivo per il quale mi aveva detto di no, lui non voleva rimanere solo per due giorni perchè altrimenti si sarebbe dovuto alzare dal divano per prendersi la birra da solo. “Ha detto sì!” inviai titubante, sperando che fosse ancora lì. “Ottimo! A che ora lo vuoi il volo?” Ero sicura di quello che stavo per fare? Non ero mai uscita da New York, ce l’avrei mai fatta ad andare all’aeroporto e prendere un volo per Boston? “Di mattina, verso le 9 se si puo’!” Sarei uscita come per andare a scuola e poi avrei preso un taxi fino all’aeroporto. “Certo! Aspetta pochi minuti e ti invio il biglietto che dovrai stampare.” Stampare? L’unica stampante di casa era nell’ingresso, vicino alla sala. Sarebbe stato rischioso, ma dovevo farlo, dovevo correre il rischio. “Fatto! Apri l’allegato e stampa Emi!” Mi collegai col computer alla stampante e la stampa partì. Scesi di corsa le scale, sapevo che mio padre non si sarebbe alzato, ma volevo fare in fretta comunque. “Cosa stampi Emi?” mi chiese guardando lo schermo della tv. “Un lavoro per il compito di domani” risposi. Lui ovviamente non fece una piega e io potei arrivare in camera con il biglietto stampato senza problemi. A volte veniva bene che mio padre fosse un buono a nulla e talmente pigro da vivere sul divano.  Continuai a chattare con mio fratello per almeno un’ora e mezza, quando poi decisi che sarebbe stato saggio preparare lo zaino per il giorno dopo e andare a letto.

Ero felice, mentre riempivo il mio zaino di scuola ero felice. Era una sensazione strana, che non provavo da tantissimo tempo, ma finalmente riuscivo a sentire la mia vita più leggera, più sopportabile e in più avevo trovato un amico, grande e protettivo.  Come ultima cosa misi nello zaino il biglietto che avevo stampato quella sera. Lo tenni il mano e lo fissai, era solo un pezzo di carta con dell’inchiostro sopra, ma per me era il lasciapassare per una vita migliore. Lo piegai accuratamente in quattro e lo posi nel portafoglio, con i soldi che mi rimanevano per pagarmi il taxi. Mio fratello mi aveva assicurato che mi avrebbe aiutata con i soldi, ma di sicuro non sarei riuscita a finire la scuola, ma in quel momento aveva poca importanza. Stavo per partire in aereo per andare a casa di Jim, lasciandomi tutto alle spalle e sapevo che finalmente avrei respirato l’aria diversamente da come l’avevo sempre sentita in quegli anni, pesante e soffocante. La mia vita stava per cambiare, me lo sentivo nel cuore. Mi addormentai, ma prima dovevo ringraziare qualcuno e così dissi: “Grazie mamma, ti voglio bene.”


-Spazio autrice-

Come vi è sembrato? Forse ora le cose andranno meglio? C'è solo un modo per saperlo, recensire e aspettare che il capitolo arrivi a quattro recensioni ;)
A presto bambole <3

Anna

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Capitolo 5
*** Jim ***


Non avrei mai pensato che un aeroporto potesse essere così grande, tanto da potermici  perdere dentro. Fortunatamente riuscii a non perdere la strada e mi diressi verso il gate 63 come indicato dal mio biglietto. Ero in ampio anticipo, ma vista la lunghezza della strada fino al mio punto d’imbarco, non avevo tempo da perdere a guardare le vetrine. Percorsi a lunghe falcate quei corridoi interminabili, pieni di gente e collegati ognuno da lunghe scale mobili. Seguendo le indicazioni, arrivai al gate e dovetti aspettare solo pochi minuti perchè si aprissero le transenne per far salire i passeggeri. Mostrai il mio biglietto e mi avviai lungo un altro corridoio seguendo la folla. Mi sentivo un po’ impacciata, perchè tutti i passeggeri erano persone esperte, come se prendessero quel volo tutte le mattine per andare in ufficio. “Buongiorno, prego, faccia buon volo.” Feci controllare per l’ultima volta il mio pezzo di carta e poi mi diressi al mio posto: A13. Mio fratello aveva scelto bene il posto, infatti mi ritrovai abbastanza in avanti e dalla parte del finestrino. L’ansia mi saliva, ma più che ansia sembrava agitazione per il volo e per il fatto che da lì a poco avrei conosciuto mio fratello Jim. Non lasciai neanche per un secondo il mio zaino, che tenevo stretto a me mentre l’aereo decollava. Volare nel cielo azzurro mi faceva sentire libera, poi l’aereo virò leggermente mostrandomi il panorama di New York. “Casa mia è là, nel grigiore di Queens e mio padre sarà davanti alla tv come sempre pensando che io sia a scuola, all’oscuro di tutto. Ormai le lezioni saranno cominciate e l’insegnante avrà segnato il mio nome come assente” mentre pensavo a tutto quello che mi stavo finalmente lasciando alle spalle, dallo stomaco mi sentii salire un’energia mai sentita prima. Era la felicità e la voglia di vivere, mi stavano tornando e vedere la mia vecchia New York sparire all’orizzonte dava forza a questa energia. Sentivo il cuore battere diversamente, lo sentivo più leggero e meno soffocato, più libero di vivere come quello di una persona qualunque. Sapevo che in quei due giorni avrei vissuto qualcosa di speciale, me lo sentivo e sentivo anche che quel sentimento di pace e di vita sarebbe durato a lungo. Il viaggio non durò tanto, dovetti aspettare poco più di un’ora prima di scorgere Boston sotto di me. Ero appoggiata con il naso al finestrino, estasiata da quella visione stupenda. Non avevo paura, non ero mai stata una ragazza paurosa, accoglievo tutte le nuove esperienze con entusiasmo, ovviamente solo quelle belle. Sapevo che quando sarei tornata a casa l’indomani, mi sarei dovuta aspettare le grida di mio padre e un po’ cominciavo a pentirmene di quello che stavo facendo, ma forse avrei trovato una soluzione con mio fratello. Atterrati seguii il flusso di passeggeri che mi portò verso l’uscita. Quell’aeroporto non era tanto più grande di quello di New York, anzi forse era anche più facile non perdersi. E poi lo vidi. Rimasi ferma alcuni istanti con tutta la folla che mi sorpassava, ma io non ci facevo neanche caso, lui era a pochi metri da me che allungava il collo in alto per cercarmi tra la gente. Era un ragazzo alto, capelli castani più scuri dei miei, aveva le spalle grosse e sembrava piuttosto muscoloso, i tratti del viso e degli occhi erano identici a quelli di mio padre e appena me ne accorsi il mio cuore ebbe un sussulto. Avanzai lentamente verso di lui,finchè il suo sguardo si posò su di me, mi sorrise e spalancò le braccia. Io avrei voluto buttarmi al suo collo e abbracciarlo forte, ma quella era la parte di me che ormai era sepolta sotto ad uno strato fittissimo di insicurezza e chiusura in me stessa che mi portò semplicemente ad avvicinarmi e a tendergli la mano per salutarlo. Lui mi guardò con aria stranita, non fu la sua mano a muoversi in direzione della mia, ma fu lui che si mosse verso di me e mi chiuse in un forte abbraccio stringendomi a sè. Io rimasi immobile, sembrava quasi che lui stesse abbracciando più un palo che una ragazza. Riuscivo a muovere solo gli occhi, che schizzavano a destra e a sinistra. Il cuore mi batteva a mille e il cervello stava valutando cosa fosse meglio da fare. Non ebbi il tempo di reagire che lui si staccò e mi parlò.
“Benvenuta a Boston, Emily”. Stavo sognando? No, non mi sembrava uno dei miei tanti sogni, era la realtà, ma ancora non riuscivo a crederci. 
“Ehi, tutto bene? Il volo ti ha un po’ scombussolata eh?” mi disse in tono scherzoso sorridendomi e notando quanto fossi confusa. Mi limitai ad accennare un sorriso timido e ci dirigemmo verso casa.

Fortunatamente il viaggio in macchina non durò molto e lui riuscì non so come a rompere il ghiaccio e a farmi parlare. Era da tantissimo tempo che non parlavo con qualcuno, a volte non mi venivano le parole, era come se dovessi spolverare un vecchio vocabolario che non usavo da anni. Lui invece dialogava con me in maniera molto fluente e leggera, mi sorrideva sempre e adoravo vedere i suoi occhi rimpicciolirsi quando sorrideva. Era riuscito persino a farmi abbozzare qualche risatina, era un ragazzo molto simpatico. “Prego, entra!” mi disse girando la chiave nella toppa e aprendo la porta di casa sua. Mi accolse un piccolo ingresso che sfociava in una sala enorme tutta arredata all’ultima moda e senza un granello di polvere. Mi accompagnò fino alla camera dove avrei dormito quella notte, la camera degli ospiti. La luce del sole penetrava dalla stanza attraverso spesse tende color panna e rimbalzava sui mobili color perla che arredavano la stanza. Il letto sembrava quasi matrimoniale e il piumone che lo ricopriva era come se emanasse morbidezza solo a vederlo. Rimasi a bocca aperta dallo stupore e lui quando se ne accorse scoppiò in una debole risata piena di orgoglio. 
“Ti piace?” mi chiese, come se non sapesse già la mia risposta, che limitai a far uscire timidamente dalle mie labbra.
“E’ stupenda!”. Mi piaceva tutto di quella casa e casa mia a confronto non era niente. Non era molto grossa, ma arredata nel modo giusto sembrava essere il triplo della mia. Mi fece fare il giro della casa e mi presentò anche il suo pesciolino rosso, Berry. Mi sentivo stranamente al sicuro ed era una sensazione stupenda. 
“Senti, ti lascio sistemare la tua roba. Ecco, metti pure quello che hai dentro l’armadio. Io vado a comprare qualcosa da mangiare per questa sera e poi torno. Se ti va, lì c’è la password per il wifi.” Indicò la scrivania in camera mia. 
“Sembra un hotel, lo sai?” lui mi sorrise. 
“L’ho fatta mettere apposta in ordine per il tuo arrivo, di solito ha un aspetto più.. normale!” mi disse ammiccando e uscì salutandomi e lasciandomi sola in quella reggia. La curiosità e l’euforia di quel momento si impossessarono completamente di me e cominciai a girare per tutta la casa e a guardare ogni singolo oggetto messo in evidenza, finchè non capitai su una foto. Raffigurava Jim con mia zia su una spiaggia, probabilmente uno dei tanti viaggi che facevano insieme. Mia zia era una donna molto solare e divertente, noi la chiamavamo zia, ma in realtà era la sorella di nostra nonna. Non penso di averla mai vista, forse un giorno Jim mi avrebbe portata da lei per farmela conoscere. Doveva essere una donna davvero eccezionale e aveva cresciuto mio fratello in maniera impeccabile. Rimisi al suo posto la cornice e mi affacciai dalla finestra per prendere una boccata d’aria. Davanti alla finestra si estendeva un grande parco e il canto degli uccellini proveniva leggero trascinato dal venticello che mi accarezzava il viso. Anche se leggero, quel venticello mi fece rabbrividire facendomi tornare in mente le mattine che andavo a piedi a scuola. Stavo per chiudere la finestra, quando vidi per strada due ragazzi circondati da ragazzine con macchine fotografiche e poster. Non riuscii a scorgere il loro viso, ma dovevano essere due ragazzi simpatici,perchè le ragazzine ridevano e scherzavano con loro, finchè se ne sono andati e loro hanno cominciato a pedinarli a distanza. Passai il pomeriggio a rilassarmi e a girovagare per la casa, mentre parlavo con mio fratello che intanto era tornato dalla spesa con un sacco di roba buona da mangiare. 
“Che bella la tua treccia Emi!” disse ammirando i miei capelli. 
“Grazie! Mi ha insegnato la mamma a farla così.” Il mio volto si oscurò e lui lo notò. Si avvicinò a me lentamente e mi mise una mano sulla spalla. 
“Mi dispiace non esserci stato per tutti questi anni, dev’essere stato molto difficile per te e per papà.” Io mi limitavo a fissarmi i piedi e a serrare i denti al ricordo di mio padre. 
“Perchè te ne eri andato con la zia?” lui risponde tranquillo, ma un po’ malinconico.
“Ho sempre ammirato molto la zia, per il suo carattere e il suo modo di fare. Dopo circa un anno dalla tua nascita, mamma ha cominciato a stare male e la zia reputò che per me sarebbe stato meno doloroso affrontare quel momento distante da lei. Non avrei sopportato la perdita di mia madre.” Io ero confusa. 
“Ma perchè non ha portato via anche me?” Lui si limitò ad alzare un po’ le spalle dubbioso. 
“Non ne ho idea, forse perchè eri ancora troppo piccola.” E così la zia aveva salvato Jim lasciando me in quello schifo di vita solo perchè ero troppo piccola. 
“Dov’è ora la zia?” Jim mi guardò in faccia e notai che i suoi occhi si gonfiarono di lacrime. 
“E’ morta un anno fà.. Mi ha lasciato tutto in eredità, questa era la sua casa e i soldi che le rimanevano li ha lasciati a me, li uso per pagarmi la casa.” Rimasi un po’ delusa da quella sorpresa.






-Spazio autore-

Come vi pare? :) Ho ascoltato il gentile consiglio di Willbefree e mi sembra che vada meglio anche a me ;) Grazie :3 Vi chiedo di recensire così appena arriviamo a 4 recensioni vado avanti <3

A presto! 

Anna

 

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Capitolo 6
*** Famiglia ***


Le tende filtravano i primi deboli raggi del sole quando mi svegliai.

Rimasi distesa nel letto a giocare con una ciocca dei miei capelli prima di alzarmi e di avviarmi verso la cucina.

Jim era già sveglio e  stava sorseggiando dalla sua tazza.

“Buongiorno” esordii entrando in cucina.

Lui deglutì e mi salutò a sua volta.

Strofinandomi un occhio, mi andai a preparare la colazione.

“A che ora ha detto che devi rientrare papà?” rimasi agghiacciata da quella domanda.

Lui non sapeva che in realtà mio padre era all’oscuro di tutto.

“Jim, ti devo dire una cosa.” Mi diressi verso il tavolo e mi sedetti di fronte a lui, che intanto finiva di bersi il suo caffè.

Presi aria e cominciai: “Papà non sà che io sono qua, o meglio, ormai penso che l’abbia capito, ma io.. Ecco.. Io ho fatto una specie di fuga ieri mattina.”

Mancava poco che Jim mi sputasse in faccia tutto il caffè, che per fortuna riuscì a mandare giù faticosamente. “Vuoi dire che lui ti aveva detto di no??”.

Mi rigirai la tazza nelle mani mentre distolsi lo sguardo dai suoi occhi azzurri.

“Si era inventato una bugia per non farmi venire. Io non riesco più a vivere là Jim. La verità è che..” Mi bloccai con Jim che mi guardava dritto in faccia, ma io non osavo alzare lo sguardo. Gli stavo per rivelare come era cambiato nostro padre, chissà come avrebbe reagito.

“..Papà è cambiato molto dopo la morte della mamma, ormai vive sul divano e io sono diventata la sua cameriera e devo sempre accontentarlo portandogli birra e patatine. Chiaramente ha perso il lavoro e ieri mi ha detto che non ha più soldi per mandarmi a scuola, l’unico modo che avrei per finire l’anno e avere un diploma è guadagnarmeli da sola, ma non ci riuscirei mai.”

I miei occhi si sforzarono a rimanere aperti, sentivo le lacrime arrivare.

Era stato difficile non piangere quando ero a casa, ma in quel momento ero con Jim e sapevo che con lui potevo parlare di tutto, così continuai sotto il suo sguardo attento: “Non fà altro che darmi della scema e incolpa la mamma della miseria nella quale viviamo, ho timore ad avvicinarmi a lui perchè temo che si possa arrabbiare e che mi possa picchiare. Non l’ha mai fatto, ma da quanto alcool beve non so neanche più se dentro di lui esiste ancora nostro padre. Quando ti ho detto che la mia vita è difficile è perchè lo è veramente. Sono vittima di bullismo praticamente tutti i giorni a scuola e non riesco mai a prendere una sufficienza nonostante mi piaccia studiare.”

Mentre parlavo, vidi Jim alzarsi e venimi in contro. Le immagini che vedevano i miei occhi erano tutte sfuocate, segno che le lacrime stavano per scendere.

Finalmente ero riuscita a far uscire tutta quella angoscia che da anni mi tenevo dentro.

Jim mi strinse forte tra le sue braccia e io appoggiai le mie mani sul suo duro petto mentre le lacrime mi scendevano dagli occhi.

“Tu non puoi immaginare come ho passato questi anni. Non ce la faccio più Jim, non ce la faccio più..” Smisi di parlare e scoppiai a piangere.

La mano di Jim mi prese la testa e se la strinse al petto, mentre con l’altra mi accarezzava la schiena. Io piangevo senza riuscire a riprendere fiato, ma non volevo fermarmi, volevo far uscire tutte le lacrime che avevo.

“Poi ieri, ero al culmine. Ero seduta sotto la finestra perchè avevo seriamente paura a starci davanti in piedi. Avevo gli occhi pieni di farina e la testa completamente fradicia e gelata. Io non ce la faccio più.”

Jim cominciò a dondolarsi a sinistra e a destra dolcemente, come per cullarmi e prese la parola: “Non dovrai più sopportare tutto questo, non succederà più, appartiene al passato. Basta, è tutto finito, ora ci sono io qui con te Emily e ti prometto che ti proteggerò per sempre, non ti lascerò mai più da sola.”

Io mi calmai un po’ a sentire quelle parole tanto rassicuranti: “Si, ma oggi devo tornare là.”

Alzai la testa e guardai gli occhi di Jim, erano tristi, ma allo stesso tempo arrabbiati con il mondo che mi aveva odiata fino ad allora.

“No, tu non tornerai più a casa, tu resterai qui con me.”

Era serio, lo vedevo dai suoi occhi e dal modo in cui aveva detto quelle parole.

Continuammo a fissarci negli occhi, mentre lui mi teneva la testa tra le sue grandi mani e mi asciugava dolcemente le lacrime che scendevano dai miei occhi stanchi.

“Nessuno ti odierà più, ti ameranno e rispetteranno tutti, sarai una ragazza orgogliosa e libera come è giusto che tu sia. Se qualcuno proverà a toccarti un capello, io ti proteggerò, anche a costo di rimetterci la vita, sorellina. Non permetterò più che succeda una cosa così orribile a te.”

Quindi non sarei più tornata a casa?

Ma tutte le mie cose?

I miei vestiti?

I miei ricordi?

E’ vero che una parte ce li avevo nello zaino che mi ero portata, ma c’erano ancora tante cose che avrei voluto portare via e salvare da quel posto orribile.

“Jim ma io ho tutte le mie cose a casa.” Esordii.

Lui rispose sicuro di sè: “Le andremo a prendere domani, prendiamo un aereo e andiamo là, per l’ultima volta.”

Io non sapevo se fosse una buona idea.

“Ma papà? Ti vedrà e allora chissà cosa farà!”

Lui fece scorrere le sue mani dalla mia faccia lungo le mie braccia, fino ad arrivare alle mie mani e un brivido mi attraversò la schiena.

Le prese e le strinse, infondendomi coraggio e forza.

Ci sarò io, non succederà niente, stai tranquilla Emi.”

Sentite quelle parole ricominciai a piangere.

Non penso di aver mai pianto così tanto, neanche alla morte di mia madre, ma era come se tutte quelle lacrime che mi ero trattenuta stessero scendendo in quel momento.

Io allungai le braccia dietro la sua schiena e per la prima volta lo abbracciai.

Lui mi riavvolse con le sue muscolose braccia e disse: “Io e te siamo una famiglia, niente e nessuno potrà separarci ora che siamo insieme.”
 

- Spazio autrice -

Chi vuole avere un fratello come Jim?? *agita la mano*
Povera Emily, dopo tutto quello che ha passato finalmente ha trovato qualcuno che la protegga e che la ami davvero. 
Ma come farà con il padre?

Come avete potuto vedere ho cambiato un po' l'intestazione della pagina, ditemi se vi piace di più e se posso modificarla ulteriormente, insomma, datemi dei consigli! :)

Tra quattro recensioni (come sempre) vado avanti <3

- Anna -

 

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Capitolo 7
*** "Ehi! Vuoi una foto con me?" ***


L’aria fresca del parco si insinuava nei buchi della mia grande sciarpa di lana, facendomi rizzare i peli del collo.
Jim ed io camminammo a lungo, raccontandoci di quegli anni passati separatamente.
Io non avevo tanto di cui parlare, la mia vita era molto monotona e particolarmente triste, quindi lasciai parlare Jim, che a quanto pare aveva vissuto dei momenti stupendi assieme a nostra zia.
Mi raccontò per filo e per segno ogni loro viaggio, le loro avventure insieme e tutte le esperienze vissute.
Era affascinante sentirlo parlare, raccontava con un entusiasmo sbalorditivo che ti trascinava all’interno della storia rendendotene partecipe.
Rimasi molto stupita quando realizzai che i nostri caratteri si assomigliavano molto. Nonostante fossimo cresciuti distanti, il sangue che scorreva nelle nostre vene era lo stesso e ci ritrovammo svariate volte a dire le stesse parole nello stesso istante.
Era bello avere un fratello, soprattutto perchè era più grande e io mi sentivo al sicuro quando gli stavo vicino. A volte rimanevo sorpresa del fatto che stessi ridendo, non sentivo la mia risata da anni e mi sembrava molto strana, non me la ricordavo.
A poco a poco la luce del sole si indebolì e Boston cadde nelle tenebre, accogliendo la notte e le stelle.
Sarei voluta rimanere a camminare al suo fianco per tutta la notte, ma purtroppo il freddo si fece più rigido e decidemmo di tornare a casa per preparare la cena.
Mentre percorrevamo la strada di casa, Jim mi indicò i nomi di tutte le vie, insegnandomi quali tram prendere per tornare sulla strada di casa.
Ora giriamo a destra e spuntiamo nella tua via!” indovinai con un sorriso deciso stampato in faccia.
Dopo che Jim si congratulò con me, la nostra attenzione fu catturata da quattro o cinque ragazzine appostate affianco ad un van nero.
Si era fermato davanti alla porta di un albergo, provai a sbirciare dentro al finestrino ma i vetri erano oscurati.
Un grande punto di domanda mi si piazzò sulla faccia e guardai confusa Jim.
Questa è una via importante di Boston, è piena di alberghi di lusso dove molto spesso alloggiano persone di un certo livello.” Rispose lui capendo le mie perplessità.
Ero incuriosita ancora di più dopo aver sentito le sue parole.
Chi ci sarà stato di così importante dentro a quell’auto?
Possiamo avvicinarci un pochino?” chiesi mentre già mi stavo avviando verso l’auto.
Jim alzò le spalle e fece una smorfia.
Non credo dia fastidio a qualcuno, dai andiamo a vedere.”

Attraversammo la strada e arrivammo tranquillamente a pochi passi dal van. Ad un tratto la portiera del guidatore si aprì e le ragazzine cominciarono a farsi scappare qualche timido urletto di eccitazione.
Un grosso uomo uscì e si richiuse la portiera alle sue spalle, mentre fece per aprire quella dietro.
Io e Jim ci avvicinammo ancora un po’ di più, la persona importante stava per scendere.
Pensai: “Sarà un vip tutto soldi e donne, con i capelli laccati e scarpe luccicanti.”
Non mi interessava veramente vedere chi fosse, ma sapevo che i vip si davano un sacco di arie e che sarebbe stato divertente vederlo scendere dall’auto e avviarsi in mezzo alle fan fino all’albergo.
Non scese un uomo vestito di abiti firmati e anelli dorati alle dita, bensì scese un ragazzo, avrà avuto circa la mia età, non tanto alto, con i capelli scuri e l’aria da fighetto.
Per un momento mi ricordò i miei compagni di classe, altezzosi e antipatici, ma cambiai idea non appena vidi il suo sorriso.
Denti bianchi come il latte spuntarono circondati da sottili labbra rosee, i suoi occhi che prima sembravano intimidatori divennero dolci e innocenti. Jim se ne stava andando, quando fu costretto a fermarsi vedendo me che avanzavo cauta verso quel ragazzo.
Lui era ancora vicino alla macchina che dedicava il suo tempo alle fan che felicissime gli passavano poster e scattavano foto con lui. Neanche mi accorsi di essermi avvicinata talmente tanto da essermi unita a quel gruppetto di ragazze che lo circondavano.
Ma che stavo facendo? Io non ero una sua fan, non sapevo nemmeno chi fosse!
Ma i miei occhi non riuscivano a staccarsi da quelle labbra così perfette e da quei lineamenti rigidi e delineati che incorniciavano il suo viso.
Si vedeva l’amore che provava verso quelle ragazze, si vedeva da come si impegnava nel far in modo che ognuna di loro fosse accontentata.
Ebbi paura di svenire quando lui posò il suo sguardo su di me, con un sorriso mi salutò, come se ci conoscessimo da anni. Io ero imbambolata tra quelle fan che saltellavano felici dopo aver finalmente avuto un suo autografo.
Jim era rimasto in disparte, aspettava che io tornassi da lui, ma dovette aspettare un po’ più a lungo del previsto, perchè quel ragazzo venne da me e mi parlò.
Ehi! Come stai? Vuoi una foto?”
Era davanti a me che mi fissava nelle palle degli occhi e io ero come immobilizzata.
Mi era successo altre volte di immobilizzarmi davanti a delle persone, ma mai in circostanze del genere. Ero paralizzata dal suo sguardo magnetico e dalla luce che i suoi occhi riflettevano.
Una folata di vento mi fece riprendere il controllo, ma fu troppo tardi, perchè lui venne chiamato dalle guardie del corpo e si congedò con un semplice “Ciao” mentre ormai si stava avviando verso di loro.

Sei davvero bravo a cucinare, sai?”
La cenetta che Jim aveva preparato era semplice, ma allo stesso tempo saziante e molto gustosa.
Dici? Grazie!”
Era un ragazzo molto modesto, ma era bravo in numerose attività, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
“Ho preso due biglietti per domani alle 10.20 di mattina.” Disse.
All’idea di dover tornare a casa, la cena mi sussultò nello stomaco.
Mi limitai ad annuire in modo quasi impercettibile. Lui capì il mio stato d’animo e cambiò argomento.
“Ma chi era quel ragazzo fuori dall’hotel?”
Un sorriso cercò di avanzare verso le mie labbra, ma lo smorzai per non sembrare troppo entusiasta al pensiero di quegli occhi dolci su di me.
“Non l’ho capito bene, ma penso faccia parte di una band, perchè i poster delle fan ritraevano lui con altri tre o quattro ragazzi. Ma per quanto ne so potrebbe anche essere un attore.”
“Sembrava piacere molto alle sue fan, ma non ha l’aria di un attore.”

Cercai di immaginarmelo su un palcoscenico a recitare con gli altri ragazzi dei poster, ma lo vidi decisamente meglio con un microfono in mano.
“Si, in effetti lo vedo meglio come cantante.”
Chi era?
Quanto sarebbe rimasto a Boston?
L’avrei più rivisto?
Al pensiero dei suoi occhi su di me mi salì un brivido su per la spina dorsale.
Forse l’avrei rivisto, ma in quel momento avevo altro a cui pensare, dovevo prepararmi per affrontare mio padre il giorno seguente, che si preannunciava molto pesante.



 

- Spazio autrore -

Nuovo capitolo, nuovi incontri! 
Mi sono sempre chiesta come dev'essere incontrare un personaggio famoso per strada. 
Come mi dovrei comportare? 
Probabilmente mantenere la calma e stamparsi un bel sorriso in faccia sarebbe la cosa migliore da fare, ma non so quanto riuscirei a mantenere la calma!

Si sta avvicinando un momento molto importante per Emily e per Jim.
L'incontro con il padre avrà un impatto molto forte su loro due, ma non vi voglio svelare niente di compromettente!


Voglio ringraziare molto le persone che hanno letto i capitoli precedenti e questo, per me vale davvero tanto questa storia e sapere che qualcuno la legge mi riempie di orgoglio. 
Vorrei ringraziare in particolar modo tutte coloro che hanno recensito fino ad adesso, il vostro appoggio e i vostri consigli mi stanno aiutando davvero tanto ed inoltre sto conoscendo molte persone molto simpatiche e gentili.


Spero vi sia piaciuto!

A presto!

 

Anna

 

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Capitolo 8
*** Rabbia ***



 

“Se la gente non ti conosce, come fa a giudicarti? E’ come giudicare un libro dalla copertina, semplicemente non ti attira. Per attirare le persone un libro ti deve somigliare, allora anche le persone ti devono somigliare. Ma sono troppe, non posso somigliare a tutte. Devo scegliere a chi assomigliare. La persona che amo? E se poi il mio amore non è corrisposto? Avrò sprecato tanto tempo per niente, assomiglierò ad una persona che non vuole amarmi. Perchè le persone vogliono amare altre persone simili a sé stessi? Si reputano belli e allora cercano persone belle? Ma per vedere la bellezza degli altri e poterla accettare, prima devi conoscere la tua bellezza. Se una persona si sente brutta, ama persone brutte? Ma tutto tende al bello, quindi anche le persone che si reputano brutte tendono al bello. Quindi se io amo una persona che mi somiglia, vuol dire che amo me stesso? Ma se non amo me stesso posso essere comunque amata? Si, ma io non posso amare perchè non mi amo e quindi non amo persone simili a me. Tutti amano qualcuno, quindi tutti si amano per certi versi, quindi tutti possono essere amati anche se non ci si ama completamente? Se io amo solo un mio aspetto, le persone mi amano per quel particolare? E io amo di quelle persone quell’aspetto? Ma se io amo, devo amare tutta la persona. Quindi per amare e per essere amata io devo amare me stessa. Come?  Amando le cose positive di me stessa. E se non ne ho? Tutti ne hanno, senò l’amore non esisterebbe, basta trovare quegli aspetti.”


Il viaggio in aereo fu piuttosto lungo a causa del vento a sfavore nostro e quindi io ebbi tutto il tempo di riflettere sul come essere accettata dalla società.
Mi accadeva spesso di perdermi nei miei pensieri, tutta la realtà in cui vivevo perdeva forma e i miei occhi cominciavano a scattare da una parte all’altra, esaminando con la mente tutte le domande e le informazioni che mi scorrevano come un fiume in piena in testa.
Non smettevo di riflettere fino a quando non trovavo una soluzione alla mia prima domanda e se non la trovavo, lasciavo in sospeso l’argomento, promettendomi di riaprirlo una volta trovate le informazioni che mi occorrevano.

Dovevo apparire molto smarrita quando ragionavo, perchè Jim si sporse verso di me con una faccia piuttosto confusa.
Cosa c’è che ti turba?” Io mi risvegliai dal mio ‘filosofare’ e risposi semplicemente: “Penso.”

 

L’aereo atterrò e noi ci dirigemmo verso un taxi.
In quel momento non potevo più permettermi di fare pensieri filosofici sull’amore e sull’odio che la gente poteva provare o no verso di me, dovevo pensare a mio padre e al fatto che da lì a poco l’avrei rivisto.
Anche Jim sembrava alquanto turbato, guardava spesso fuori dal finestrino con aria malinconica e i suoi sospiri divennero sempre più frequenti.
Per lui non sarebbe stato facile rientrare in quella casa e rivedere nostro padre, forse sarebbe stato ancora più difficile per lui che per me.

Chissà cosa pensava di nostro padre, gli era mancato?
Aveva mai pensato di ritornare a casa per riabbracciarlo?
Che rapporto aveva con lui prima di partire con la zia?

In effetti sapevo ben poco del suo vero carattere, non sapevo come avrebbero reagito entrambi quando si sarebbero ritrovati faccia a faccia dopo 7 anni.

L’autista ci lasciò davanti a casa e Jim pagò il tragitto.
Il momento era arrivato e io ero molto agitata.

Dopo lo sfogo che avevo avuto il giorno prima con mio fratello, mi sentivo più debole, non mi sentivo pronta a rientrare là dentro e a mettermi di nuovo di fronte alla mia vecchia vita.
Vecchia, quella era la vita che avevo dovuto sopportare fino a tre giorni prima.

Il taxi se ne andò e rimanemmo entrambi immobili a fissare la casa che si ergeva dinanzi a noi, finchè Jim girò la testa per vedere come stavo.
Doveva aver notato quanto fossi diventata debole e insicura dopo aver messo piede fuori dall’aeroporto di New York e così si girò verso di me mettendomi le mani sulle spalle e abbassandosi leggermente per fissarmi negli occhi.
“Respira, non tenerti tutta l’aria dentro.”

Mi disse convincendomi a seguire il suo respiro mentre inspirava e lentamente buttava fuori l’aria.
Sembrava quasi che lo stesse facendo anche per sè stesso.

Andrà tutto bene Emily. Tu non devi necessariamente stare a parlare con nostro padre, puoi andare di sopra a prendere le tue cose tranquillamente, anche se lui ti parla. Il nostro scopo non è parlare con lui, il motivo per il quale noi siamo qui è prendere le tue cose in fretta e sparire per sempre, chiaro?”
Le sue sopracciglia si inarcarono mentre i suoi occhi fissavano i miei.
Io risposi con un timido “ok” seguito da un leggero sbuffo.

Insieme ci avviammo verso la porta e io tirai fuori dallo zaino le chiavi, quelle maledette chiavi.
Le infilai nella toppa, girai e la porta si aprì, mostrandoci  uno scenario pietoso.
Evidentemente mi ero abituata alla pulizia e all’ordine della casa di Jim, perchè quando vidi quello scempio rimasi con gli occhi spalancati.
Jim entrò ammutolito e un po’ intimidito dalla vecchia casa che emanava vecchi ricordi dell’infanzia.

Mi diressi a colpo sicuro verso il salotto, sicura di trovare mio padre lì.
Rimasi stupita quando vidi il divano vuoto e la tv ancora accesa.
Non ebbi tempo di pensare che quell’uomo uscì dalla porta del bagno allacciandosi i pantaloni.

Quando il suo sguardo si alzò su noi due, rimase pietrificato.
Non guardava me, guardava quel ragazzo stupendo che stava alle mie spalle.
Sentivo il respiro di Jim farsi più forte e veloce, mentre fissava il grigiore degli occhi di mio padre.
Tutto sembrava più spento dall’ultima volta che ero uscita da quella casa, mi chiesi come avevo fatto a sopravvivere per tutti quegli anni e probabilmente se lo stava chiedendo anche Jim.

“Jim.”

Fu la prima parola che mio padre disse vedendoci, chiaramente non mi rivolse neanche uno sguardo. Jim non rispose, era in piedi alle mie spalle e mi sentivo più sicura con lui affianco.

“Emily.”

Non aspettai a rispondere.
“Ciao papà.

Mio padre si avvicinò lentamente, era quasi inquietante vedere mio padre così vecchio e grasso venirci incontro.
Il padre che conoscevo io non era così, era una persona solare e molto protettiva nei nostri confronti, ci sorrideva sempre e giocavamo spesso con lui quando eravamo piccoli.

Lui evidentemente viveva dell’amore che provava per nostra madre e quando rimase solo, quell’amore svanì e con esso svanì anche il padre affettuoso che conoscevamo. 

Il suo sguardo ci mise pochissimo a trasformarsi da confuso ad arrabbiato, anzi direi furioso e si scagliò contro di me a parole.
“Brutta stupida! Sei andata senza il mio permesso da lui!! Sei solo una sciocca! Avresti fatto meglio a morire su quel dannatissimo aereo! Hai disubbidito a tuo padre! Sei un’ingrata, vergognati miserabile verme!

Io non avevo intenzione di distogliere il mio sguardo dai suoi occhi, che si fecero sempre più vicini.
Aveva bevuto e probabilmente anche fumato, perchè appena si avvicinò sentii una puzza inconfondibile di alcool.
Si sarebbe buttato su di me facendomi chissà cosa, se non fosse stato per Jim che si mise davanti a me.

Sembrava che le sue spalle si fossero ingrandite dalla sera precedente e teneva i pugni serrati.
Avevo paura che si potessero picchiare, non avevo dubbi di chi ne sarebbe uscito vincitore, ma sicuramente vedere tuo padre e tuo fratello picchiarsi a sangue sarebbe stato orribile.

“Parla con me, non con lei. Sono io che l’ho incoraggiata a venire da me. Smettila di rivolgerti così a mia sorella!”

Mio padre si ammutolì per qualche istante trovandosi davanti, al posto di una ragazzina fragile e indifesa, un ragazzo forte e muscoloso quanto lui.
Io non sapevo cosa fare, mi sentivo tremendamente inutile e in grado di fare solo disastri.
I miei occhi passavano rapidi da mio padre a Jim cercando di capire cosa sarebbe successo da lì a poco.
“Tu non sei mio figlio. Sei solo un impostore che ha tagliato la corda quando gli faceva comodo!  Hai fatto bene ad andartene, perchè tu non saresti stato degno di assistere al funerale di tua madre!”
Jim serrò la mascella e mi disse: “Emi, vai su.” 

Il mio cuore mi saltò in petto.
Che voleva fare?
Non riuscivo a muovere le gambe, ero paralizzata davanti a quella scena così tremenda.
Vedendo che non reagivo, Jim alzò la voce.

“Emily, ho detto vai su e prendi ciò che devi prendere.”

Il suo sguardo era fisso su quello di mio padre.
Il mio cervello non ci stava più capendo niente, neanche il mio cuore, ma le mie gambe cominciarono a salire gli scalini di corsa e arrivai in camera giusto in tempo prima di sentire le urla di mio padre furibondo.
Misi alla rinfusa quelle poche cose a cui tenevo nello zaino: un libro, una foto che ritraeva me con la mia famiglia, il mio computer, una trottola di quando ero piccola, un braccialetto che mi regalò mia madre e un carillon che era appartenuto a mia nonna.

Sentii un botto al piano di sotto e corsi giù dalle scale per vedere cosa fosse successo.

Iniziai ad urlare di smetterla quando vidi Jim attaccato alle possenti braccia di mio padre, che cercava in tutti i modi di agguantare il suo collo.

Scesi gli ultimi scalini e andai dalla porta.

Continuai ad urlare e ad implorarli di smetterla, ma loro continuavano senza ascoltarmi e mio padre mise tutto il suo peso e la sua forza per far cadere Jim, che si ritrovò sotto mio padre per terra. Io continuavo ad urlare il nome di mio fratello, supplicandolo di venire e andare via, mentre ormai la mia faccia era completamente bagnata di lacrime e sudore.
Non ricordo con precisione cosa sia successo in quella sala, so solo che io e Jim uscimmo correndo verso la strada.
Mio padre era sdraiato a terra e Jim si teneva la pancia dolorante.

Era riuscito ad abbattere mio padre, che da lì a poco si sarebbe ripreso.
Jim ci aveva rimesso un occhi nero, dei segni rossi sul collo e un dolore lancinante al fianco sinistro, ma ce l’avevamo fatta, non sarei più tornata in quella casa, ormai era davvero tutto finito. 




 

-Spazio autore-

Scuola cominciata. -.-
Comincio chiedendo perdono per il ritardo, ma in questo periodo sono un po' presa.
Vi prometto però che il prossimo capitolo lo pubblicherò non dopo martedì! 

Tornando alla storia..
Povera Emily, è messa proprio in una brutta situazione..
Jim che si picchia con il padre..
Però dopo il temporale c'è sempre l'arcobaleno...
 O mi sbaglio?


Ora che vi ho incuriosite abbastanza (muahah) posso evaporare(?).

Grazie mille a tutte quelle che recensiscono e a quelle che leggono e seguono la storia.  Vi amo. <3

-Anna-


ps: 13 Settembre 2013, HAPPY BIRTHDAY NIALL HORAN! Il mio irlandese preferito compie 20 anni.. Che grande che è.. Ma so che rimarrà sempre coglione ;)
 

 

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Capitolo 9
*** Latte e biscotti ***



 

Arrivammo a casa con il primo volo verso Boston e il viaggio fu alquanto silenzioso.
Entrambi eravamo rimasti molto scossi da quella giornata che sembrava infinita.
Immagini della violenza a cui avevo assistito poche ore prima, mi riapparivano in mente facendomi venire la nausea.

Era davvero tutto finito?
Non sarei più rientrata in quella che fino a pochi giorni prima era la mia casa?

Evidentemente no, ma sapevo che non  mi sarebbe mancata più di tanto. 

Jim era ancora a pezzi e la gente che incontravamo per strada ci guardava in modo strano.
Io insistevo nel portarlo all’ospedale, ma lui si rifiutava ogni volta.
Essendo testardo come me, rinunciai dopo svariati tentativi di convincimento.
Avrei voluto almeno sostenerlo, ma lui si limitò a chiedermi di aprire la porta di casa e appena entrato si buttò sul divano.

“Hai bisogno di qualcosa, Jim?”

Jim si teneva un braccio sugli occhi e l’altra mano se la teneva premuta sul fianco dolorante.
Il rossore sul collo stava finalmente andando via, ma le impronte delle dita di mio padre erano ancora marcate chiaramente sulla sua pelle.

“Mi fai solo un favore? Mi porti del ghiaccio per l’occhio?”
Non aspettai un secondo e corsi in cucina, presi un panno e ci misi dentro i cubetti di ghiaccio che Jim teneva in frizer.
Li avvolsi meticolosamente nel panno e lo portai in salotto.
La sua debole mano si era sporta verso di me per afferrare il ghiaccio.
Io mi sentivo talmente inutile che non badai neanche alla sua mano, mi sporsi su di lui e gli levai il braccio dagli occhi.
Lui rimase un po’ sorpreso di quella mia mossa, ma lasciò cadere il braccio sulla sua pancia e mi permise di prendermi cura del suo occhio.

Mi sedetti sul tappeto affianco al divano e lui chiuse gli occhi lasciandosi andare al fresco del ghiaccio.
Era ancora sudato e le vene sulla fronte gli pulsavano, probabilmente stava soffrendo molto.

“Sei sicuro di non voler andare all’ospedale? Sei ridotto maluccio.” Lui aprì leggermente le labbra e sussurrò deboli parole.
“No no, ho incassato molti colpi durante la mia vita, riuscirò a passare anche questo.”
Probabilmente la gola gli doveva fare male, perchè sul finire della frase tossì e fece una smorfia di dolore.
Io deglutii a fatica, avevo il cuore spezzato in due a vederlo ridotto in quello stato.
Era un ragazzo tanto fiero e bello e in quel momento era diventato debole e tutto frastornato.
E pensare che era tutta colpa mia, mi sentivo in colpa da morire per quello che era successo.
Se io non fossi mai venuta da lui, ora lui starebbe bene e vivrebbe la sua vita come tutti i giorni, invece c’ero io che lo portavo a picchiarsi con nostro padre.
Forse mio padre aveva ragione, ero solo una stupida.

La mia faccia si oscurò e i miei occhi si chiusero, li strizzai, volevo che quel giorno fosse solo un incubo e che da lì a poco mi sarei risvegliata in camera mia, nel mio letto a Queens, ma così non fu.
“Tu stai bene?” Aveva ancora la forza di chiedermi se stavo bene, io titubai per qualche istante e poi risposi mentendo.
“Si.”
Non volevo che si preoccupasse ancora per me, volevo solo che si riposasse e si riprendesse al più presto.

Rimasi al suo fianco per qualche ora, ero stremata e avrei voluto buttarmi su un letto e abbandonarmi al sonno, ma dovevo rimanere lì al suo fianco, lo dovevo a lui e a tutto quello che aveva fatto per me.

“Sai quando ti ho detto che ti avrei protetta anche con la vita?” Non risposi, tacevo perchè volevo che continuasse.
“Ecco, ora hai la dimostrazione che quando dico una cosa è perchè ho intenzione di mantenerla.”
I suoi occhi azzurri mi guardarono sorridenti e i miei non poterono far a meno di far scendere delle lacrime.
Così mi ritrovai di nuovo a piangere, ma non per tristezza, ero serena e mi sentivo al sicuro.
Ero dispiaciuta per Jim, ma sapevo che si sarebbe ripreso presto e che sarebbe tornato bello e forte come prima, aveva solo bisogno di tempo.
Gli scappò una risatina quando vide i miei occhi riempirsi di lacrime.
“Basta piangere, ok? Direi che per oggi abbiamo già fatto abbastanza!” 

Rimanemmo a fissarci e a sorriderci per un tempo interminabile, quando poi Jim mi disse di andare a riposare.
Io ubbidiente andai in camera mia e mi chiusi la porta alle spalle.

Cominciai a tirare fuori dallo zaino le cose che mi ero portata da casa e con ordine le sistemai dove credevo stessero meglio.
Ora quella stanza sarebbe diventata la mia personale, la mia nuova camera, e aveva bisogno di un tocco di me.
Stravolta da quella giornata, mi buttai sul letto, non avevo ne fame ne sete, così decisi di appisolarmi.

 

Il mattino dopo, la porta di camera mia si aprì e Jim spuntò con un vassoio in mano.
Si diresse verso il mio letto e lo poggiò sulle coperte.
Io stavo ancora dormendo con i vestiti del giorno prima.
Mi svegliai con un dolce e soffice bacio sulla fronte di mio fratello che cautamente si sedette affianco a me. 

“Ehi, ben svegliata.” 

Il suo sorriso era il modo migliore per svegliarsi dopo una notte infernale passata in compagnia di incubi e strani sogni, che ovviamente non ricordavo.
Mi misi seduta un po’ scombussolata e sbadigliai.
“Come stai?” dissi a Jim. Lui fece una faccia di sufficienza e mi rispose.
“Sicuramente meglio di ieri. Mi fa solo ancora un po’ male il fianco, ma sto bene!”.

Il suo occhio era circondato di una chiazza nera, ma fortunatamente sul suo collo i segni rossi erano spariti.
Doveva essersi fatto una doccia, perchè profumava di menta e i suoi capelli erano tornati quelli di sempre.
Io invece facevo veramente angoscia: i vestiti mi puzzavano addosso, la mia treccia era tutta scompigliata e i miei capelli erano stressati, ero tutta sudata per l’agitazione del giorno prima e ai piedi avevo ancora le scarpe.
“Sono felice, ieri ero veramente preoccupata per te.” Dissi mentre intingevo un biscotto nel latte caldo.
“Si, me ne ero accorto, ma sto bene e ormai posso solo migliorare.” mi disse con un sorriso enorme stampato in faccia.
“Questa mattina posso rimanere a casa, ma questo pomeriggio devo assolutamente tornare a lavoro, perciò resterai da sola. E’ un problema?”
“No no, anzi me ne andrò a fare due passi tranquilla a conoscere la mia nuova città!”


E chi lo sa, forse avrei anche rivisto il ragazzo dell’hotel.

La mattinata passò veloce e, dopo aver mangiato il pranzo, mio fratello dovette uscire per dirigersi a lavoro.


 

- Spazio autore -

Per il prossimo capitolo cercherò di mettere un'immagine o un bella gif dei personaggi, lo prometto. u.u

Comunque... Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, accetto anche le recensioni negative! ;)

Vi ringrazo davvero di cuore perchè la state leggendo, per me è molto importante.


Che succederà adesso?? Chi incontrerà se incontrerà qualcuno?? La suspance aumenta :3

A presto! <3

Anna


Questa è all'incirca la camera di Emily, solo più piccola e un po' meno sfarzosa ;)

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Capitolo 10
*** "Piacere!" ***


Avrei avuto un pomeriggio di libero svago in una città nuova che ancora non conoscevo e che sarebbe diventata casa mia per il resto della vita.
 Decisi che sarebbe stato meglio mettersi un po’ in ordine prima di iniziare il giro turistico per Boston, così mi sistemai davanti ad uno specchio per decidere cosa sarebbe stato

meglio sistemare. 
 Cominciai dalla mia parte preferita: i capelli.
Dopo la bella doccia calda che mi ero fatta, ricca di shampoo e balsamo, i miei capelli color miele risplendevano pieni di vita.
 Cominciai a pettinarmeli, portandomeli tutti sulla spalla destra.
Cominciai ad intrecciarli e ne uscì la solita e ben ordinata treccia che mi ricadeva sul petto.
 Poi arrivò il turno degli occhi e così tirai fuori dal cassetto tutti i pochi trucchi che mi ero portata da casa.
Iniziai a mettere un leggero ombretto color pelle, giusto per dare un tocco di compattezza al mio viso, per poi passare al mascara che mi allungò e incurvò le ciglia.
 Presi una matita verde e la passai sulle palpebre.
Mi piaceva molto quel colore, perché risaltava il mio iride color verde acceso e mi dava un non so che di elegante mantenendo l’occhio semplice.

 Dopo altri piccoli ritocchi al mio penoso aspetto, riflettei dove dirigermi per iniziare il mio "tour".
Come prima tappa scelsi ovviamente il parco.

 Presi la borsa e chiusi la casa con le chiavi che mi aveva dato Jim.
Mi sentivo bene, leggera e libera, ma appena uscii dal portone ricaddi nella mia insicurezza.

 Lo sguardo delle persone si posò su di me e io mi cominciai a sentire a disagio.
Ma perché mi fissavano tutti?
 Eppure non mi sembrava di essere tanto brutta, mi sentivo normale, ma allora perché mi squadravano da piedi a testa?
Prima di dirigermi al parco, diedi una rapida occhiata all’hotel.
 Non c’erano ragazzine appostate davanti al portone, quindi pensai che se ne fossero andati, chissà in quale bellissima altra città.

 

I laghetti del parco erano vuoti, senza papere, probabilmente erano migrate verso posti più caldi.
 Il sole venne oscurato da un’enorme nuvola grigia e il freddo cadde sulla città.
Non era esattamente quello che avrei voluto per quella giornata, avrei preferito che il sole mi avesse accompagnata per Boston, ma evidentemente non ne aveva avuto voglia.

 Così, il freddo e le nuvole minacciose mi convinsero a rientrare a casa.
Attraversai, ma mi fermai davanti al mio portone.

 Volevo sapere chi fossero quei ragazzi, volevo capire da dove venissero e perché erano famosi.
Così, spinta dalla mia curiosità, scesi gli scalini che portavano al mio portone e mi diressi verso l’hotel.

 Era di gran lusso, tanto da avere due o tre fattorini sull’uscio della porta d’ingresso.
Entrai un po’ titubante, sperando che loro non mi fermassero, e per fortuna riuscii ad entrare in quell’enorme hall.
 Rimasi un secondo bloccata dal luccichio di quei bellissimi lampadari e delle rivestiture in oro di varie statue e poltrone.
Riuscii a riprendermi da tutto quel lusso e a dirigermi verso il bancone.

 “Salve, posso aiutarla in qualche modo signorina?” Che galanteria!
Ehm, in effetti sì.” Cercai di fargli capire di che informazioni avessi bisogno e, dopo svariati tentativi, il portinaio mi rispose. 
 “Sono una boy band inglese a quanto ne so, ma non posso dirle altro per non invadere la loro privacy.

Era stato gentile a fornirmi quell’informazione, non era un granché, ma almeno ora sapevo che lavoro facessero e da dove venivano.
 Ringraziai con un sorriso il gentile signore e mi diressi verso l’uscita, quando una voce alle mie spalle mi immobilizzò.

L’avevo già sentita, era una voce giovane e maschile.
 Non era sola, oltre alla sua ce n’era una più profonda e leggermente più roca, ma mai tanto roca come quella che sentii poco dopo.

Mi girai lentamente e vidi scendere dalla scalinata tre ragazzi.
 A differenza di quello che pensavo, la boy band era ancora in hotel e io mi ritrovai davanti a tre dei componenti.

Erano tutti e tre bellissimi, non avevo mai visto dei ragazzi così perfetti, forse solo Jim ci si avvicinava un po’.
 Avranno avuto tutti più o meno la stessa età e avanzavano a passo sicuro verso di me, o più probabilmente verso l’uscita alle mie spalle.

Mi passarono davanti, senza che io dicessi niente.
 In fondo, cosa avrei dovuto dire?
Una loro fan non lo ero e inoltre ero completamente paralizzata.
 Fuori dall’hotel si era formato un gruppetto di una dozzina di ragazzine, decisamente più euforiche di me.

Erano ormai dalla porta e per la seconda volta mi sarei vista andare via quel ragazzo dal sorriso così dolce e rassicurante, ma così non fu.
 Lui, proprio il ragazzo che avevo incontrato il giorno prima, si girò e tornò verso di me.
Ormai era sicuro, stava venendo da me, dietro di me non c’erano altre porte o cose simili da poter attirare la sua attenzione.

 Diventai fucsia quando si avvicinò ad un passo da me, ma provai una vergogna tremenda quando lui tirò dritto verso un uomo alto e grosso alle mie spalle.
Pensai: “Come non detto, chi vuoi che ti venga a parlare? E perché dovrebbe farlo proprio lui, un personaggio famoso e desiderato come lui! Sei solo invisibile ai suoi  meravigliosi occhi.”
Così feci per uscire, quando sentii la sua voce. 

 “Ehi! Tu sei quella ragazza di ieri!

Mi voltai verso di lui, stava parlando con me o con un’altra persona alle mie spalle?
 No, stava davvero parlando a me!
Si avvicinò e mi fissò negli occhi.
 Ero di nuovo paralizzata, ma per non perdere l’occasione come la volta precedente, cercai di tornare in me. 

Ehm, sì, sono io!”. Il suo sorriso mi brillò in faccia. 
 “Scusa per ieri, ma sono dovuto rientrare in fretta! La vuoi ora la foto?” Pensava che io fossi una sua fan, ma si sbagliava di grosso.
No, cioè, io non sono una tua fan, cioè, non so chi tu sia!” 

 Forse se durante la mia vita avessi avuto tempo da dedicare allo svago, in quel momento sarei stata felicissima di averlo davanti, come le ragazze fuori dall’hotel, ma io non avevo la più pallida idea di chi fosse.

 “Oh scusa! Pensavo che lo sapessi! Mi presento: sono Zayn Malik, cantante dei One Direction. Tu sei?” Mi porse la mano e io la strinsi titubante. Era morbida e calda, l’avrei voluta tenere stretta per tutto il giorno, ma dovetti lasciarla.

 “Emily Mc Dall e non sono niente di speciale.” Lui mi guardò con una faccia strana e poi scoppiò a ridere.
Niente di speciale?” Ero solita fare figure del genere quando parlavo con persone nuove, sopratutto se ragazzi e belli come lui.
 “Cioè, volevo dire che non sono niente di speciale, cioè non sono famosa e ho una vita più o meno normale!” cercai di aggiustare la mia situazione.

Sei simpatica!” Mi disse ridendo.

 Notai che le ragazzine fuori gridavano sempre più forte.
Gli altri due ragazzi si avvicinarono a noi.

 “Ragazzi, vi presento Emily! Emily, loro sono Harry Styles e Niall Horan!” Si sporsero entrambi per stringermi la mano, dicendo un clamoroso “Piacere!”.
Il ragazzo biondo interruppe il magico momento.

 “Zayn, dobbiamo andare.” Zayn si rivolse verso di me e si congedò. 
E’ stato un piacere averti incontrata, hai la camera in questo albergo?
 “No, abito qui vicino con mio fratello!” risposi veloce.
Allora a presto!” e tutti e tre uscirono, facendo impazzire le fan che li stavano aspettando fuori.

 Cos’era appena successo?
Credo che in quei minuti avessi avuto una specie di amnesia, perché facevo fatica a ricordarmi persino il mio nome.
 Era stato un incontro stupendo e cominciavo a capire cosa avessero di particolare quei ragazzi: la semplicità.





 

-Spazio autore-

S-C-U-S-A-T-E-M-I

Non sono riuscita a mettervi il capitolo prima d'oggi perchè sono stata caricata di compiti come un mulo(?) e mancava poco che non ne morissi soffocata(?).

Comunque ora sono qui e vi ho messo questo capitolo che a parer mio è molto importante.

Ho deciso di cambiare un po' lo "stile" della pagina, scrivendo i dialoghi in grossetto e mettendo le parole che indicano un colore colorate. Questo non perchè sono invidiosa delle paroline allegre e simpatiche di Geronimo Stilton(?), ma perchè per Emily i colori hanno un compito importantissimo e vedrete che andando più avanti con la storia lo capirete meglio. 

Vi ringrazio per la vostra attenzione e ringrazio tutte quelle che recensiscono o che leggono di passaggio(?).

HO UN AVVISO MOLTO IMPORTANTE DA DARVI: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2117612&i=1 questa è una storia di una mia amica e credetemi che se vi piace la mia quella merita davvero tanto. Io la sto seguendo e ogni volta che leggo un capitolo mi emoziono e non è facile farmi emozionare facilemente. u.u
Quindi se vi va andate a leggerla! :)

Anna



Questa è (a grandi linee) la hall dell'hotel dei ragazzi, giusto per farvi un'idea. 






 

 

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Capitolo 11
*** Si volta pagina ***


Una tazza di thè caldo era proprio quello che ci voleva in quella gelida giornata primaverile.
L’incontro con quei tre splendidi ragazzi mi aveva riscaldato il pomeriggio.
Scelsi la bustina e la intinsi nella tazza.
Era da tanto che non mi gustavo una buona e leggera tazza di thè, mi rilassava molto, mi faceva sentire in un albergo, servita e riverita.

Mi andai a sedere sul divano riscaldandomi le mani con il calore che la tazza emanava.
Mi sedetti a gambe incrociate e lasciai la testa ricadere sullo schienale.
Quell’incontro mi aveva cambiata.
Ero più rilassata, ma allo stesso tempo volevo correre in albergo e rivederlo.

Volevo rivederlo.

Sorseggiando delicatamente, ripensai a tutto ciò che era successo in quei giorni e mi piaceva l’idea della mia ‘nuova vita’.
Dopo tutto quello che avevo passato, avrei avuto una vita normale, come tutte le altre teenager americane e stare in quella casa a sorseggiare amabilmente quel thè mi faceva sentire speciale.

Era come se la vecchia Emily, quella di quando ero bambina, quella intraprendente e sicura di sé, stesse cercando di farsi strada nel colmo strato di insicurezza che mi possedeva.
Quella parte di me era lentamente sprofondata nelle sabbie mobili della mia tremenda vita cominciata dalla morte di mia madre, ma ora piano piano stava risalendo in superficie e sapevo che non avrei più permesso a nessuno di farla sprofondare nuovamente.

Quell’esperienza mi aveva rafforzata, a differenza di quello che poteva sembrare, ‘le persone che in apparenza sono più deboli e insicure nascondono una personalità molto forte e coraggiosa’.
Avevo sempre creduto in quell’affermazione, ma non avevo mai avuto la prova che potesse essere vera; invece in quel  momento lo sapevo, io ero una di quelle persone e presto tutto sarebbe cambiato. 

La fine di quel pomeriggio lo passai a rilassarmi e a farmi un bel bagno caldo, avrei voluto creare un’atmosfera da film, con tutte le candele accese e i petali nella vasca per creare un’atmosfera rilassante e di relax completo, ma mi dovetti accontentare di tanta schiuma e la luce del lampadario.

Quando ad un tratto sentii la porta di casa aprirsi.
Mi prese il panico all’idea che Jim potesse vedermi nuda nella vasca, così uscii di fretta rischiando di scivolare almeno due volte e afferrai il primo asciugamano che vidi, giusto in tempo che la porta del bagno si aprì.

Uh! Scusa, non volevo disturbarti!” Disse mio fratello rimanendo agganciato alla maniglia della porta.
Ma no, niente tranquillo! D'altronde questa è casa tua!

Dovevo avere un aspetto un po’ ridicolo con l’asciugamano avvolto intorno al torso e una posa alquanto stravagante per cercare di non lasciare buchi nudi dall’asciugamano.
Lui mi squadrò da capo a piedi e poi mi guardò con un’aria interrogativa.

Tutto bene, Emi?

Perché me lo stava chiedendo?

Sì sì, va tutto alla grande Jim!” Jim alzò le sopracciglia e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Potei tirare un sospiro di sollievo ed asciugarmi come si deve.


 

Che hai fatto oggi?” Disse Jim fissando il portatile.
Lo raggiunsi sul divano sedendomi accanto a lui, tutto intento a navigare su internet.
Era seduto comodamente sul divano con in grembo il computer e portava gli occhiali, probabilmente gli servivano per leggere al computer.
Aveva l’aria da intellettuale e mi fece scappare un risolino, che cercai di soffocare con la mano.
Lui alzò lo sguardo e mi sorrise meravigliato.

Che c’è? Non mi sembra di aver fatto una domanda tanto strana!” Io mi ricomposi e risposi.
Sono andata a fare un giro! E comunque lasciatelo dire, quegli occhiali ti fanno proprio sexy!

Scoppiammo a ridere insieme e l’atmosfera si fece sempre più calma e famigliare.

Ma che ti prende oggi?” Ripresi fiato per rispondere.
Che vuoi dire?” Lui tornò a guardare lo schermo.
Sei.. Diversa, sembra che ti sia ambientata nella nuova città!” Non aveva tutti i torti, mi trovavo benissimo in quella nuova casa.
Si, in effetti sto meglio qui che a Queens!” Lui staccò ancora lo sguardo dal computer e mi sorrise.
E poi.. Ho rivisto quel ragazzo.” Esordii abbassando lo sguardo per la vergogna.

Lui cercò di non farmela pesare più di tanto e continuò a fissare lo schermo fingendosi indifferente.
Quale? Quello dell’hotel?
Annuii.
Abbiamo parlato.. Cioè, ci siamo detti due parole e basta!” Lui sembrò sorpreso, ma sicuramente meno di me.
Quanto resteranno qui?” Il mio volto si oscurò.
Bé ecco.. Non l’ho chiesto. Ci siamo parlati pochissimo e io non.. Ehm.. Non riuscivo a trovare le parole giuste per parlare.

Jim sorrise guardando lo schermo, forse sapeva come ci si sentiva a parlare con una persona stupenda che ti fa uno strano effetto, forse c’era passato anche lui.

Rimanemmo a parlare per un paio d’ore, del suo lavoro, del parco, di quello che avrei potuto fare il giorno dopo e infine di cosa avevo intenzione di fare ora che avevo interrotto la scuola.
Probabilmente mi sarei trovata un lavoro e appena avrei avuto soldi a sufficienza mi sarei pagata un corso serale per poter prendere un diploma.

L’avrei potuto fare anche a Queens, ma in quel momento era decisamente troppo complicato, invece ora sembrava più fattibile.
Riuscivo a rendere i miei problemi più piccoli e trovavo le soluzioni più in fretta.
Probabilmente sarei riuscita anche a risolvere quegli inutili esercizi di matematica.

Mi sentivo decisamente più a mio agio e più sicura di me.
La mia vita non poteva che migliorare e poi avevo tante cose nuove e positive a cui pensare: il lavoro, la città, la casa, mio fratello e chi lo sa, forse anche un ragazzo.





 

-Spazio autrice-

You can't go to bed without a coupe of tea...

Come lo avete trovato questo capitolo?
Si riesce ad intravvedere una Emily diversa, più libera e spensierata ed intrappolata nell'amore.


Eeeeh l'amour!!

Comunque... Il prossimo capitolo lo metto o Giovedì o Venerdì, ma sicuramente prima del weekend perchè vado via. 

Vi ringrazio come sempre, voi che seguite e recensite la mia storia siete davvero delle persone stupende!
Perchè perdere tempo con una storiella da quattro soldi come questa?

Sorvoliamo.

A presto! <3

 

Anna







"You can't go to bed without a coupe of tea..."

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Perchè io? ***


Quel mattino mi svegliai piuttosto tardi per il mio standard, infatti non trovai Jim che era già andato al lavoro.
Trovai semplicemente un biglietto sul tavolo della cucina:

 

‘Buongiorno Emi! Torno questa sera penso verso le 19 come ieri. Se hai bisogno chiamami! Buona giornata! xx’


Mi aveva lasciato scritto il suo numero di cellulare in fondo al biglietto e aveva messo un cioccolatino al caffè affianco al foglietto di carta.
Mio fratello era veramente gentile quando ci si metteva, la sua futura donna sarebbe stata molto fortunata.

Andai dalla finestra con in mano il cioccolatino e mentre le mie dita lo scartavano dall’involucro di alluminio, i miei occhi scrutavano il cielo.
Non era molto promettente, le nuvole viaggiavano veloci sulla mia testa, ma il sole era comunque sempre oscurato.
Poi guardai per strada e ricordai la prima volta che vidi quei due ragazzi in strada, non sapevo chi fossero e men che meno mi sarei mai immaginata di parlare con uno di loro!

Il cioccolatino si sciolse a contatto con la mia bocca e un liquido un po’ amarognolo mi inondò il palato, il caffè mi svegliò e decisi di fare colazione in un bar.

Tempo di vestirmi che ero già sull’uscio della porta, pronta per la mia prima colazione al bar di Boston.
Chiusi la porta con due giri di chiave e scesi le scale.

Per strada non c’era tanta gente, ormai chi doveva essere a lavoro ci era già arrivato e i ragazzi e le ragazze erano già seduti ai banchi di scuola.

Che bello, che libertà!” pensai mentre camminavo lungo la via.

Dovetti passare davanti all’hotel e così ne approfittai per dare una sbirciatina all’interno per vedere se c’erano figure interessanti.
No, nessuno all’orizzonte.
Tirai dritto fino a primo bar e mi accomodai ad un tavolino all’interno.

Era un bel posto, caldo e accogliente e la musica jazz in sottofondo aveva su di me un effetto quasi soporifero.
Ordinai la colazione ed aspettai.

Giocherellavo con uno stuzzicadenti sul tavolo, passandomelo tra un dito e l’altro, appoggiata su un gomito.
Il mio sguardo si illuminò quando vide un ragazzo che avevo già visto il giorno prima.

Alto, longilineo, con i capelli riccioluti e marroni.

Non esitai un solo secondo e scattai in piedi dirigendomi da lui.
Che fortuna che avevo avuto, avrei potuto chiedergli quanto si sarebbero fermati.

Ehi, scusa!” Cercai di attirare la sua attenzione e funzionò.
Ehi, ciao! Tu sei l’amica di Zayn! Emily se non sbaglio!Amica di Zayn? Cavolo, era davvero un’ottima presentazione! Non mi sentivo impacciata, ero piuttosto tranquilla.
Si, proprio io! E tu sei Harry, giusto?” Rimase un po’ spiazzato da quella domanda.
Sì! Sai, non sono solito rispondere a questa domanda, tutte le persone che mi parlano sanno chi sono!” In effetti era vero, ma io non sapevo praticamente niente di lui.
Senti, puoi dirmi fino a quando restate qui a Boston?” Lui afferrò dal bancone un milkshake al cioccolato e uno al caffè.
Stiamo qui ancora tre giorni, dopo dobbiamo spostarci in Canada!” Avevo ancora tre giorni per rivedere quel ragazzo. 
"Oh grazie!” Si diresse verso l’uscita e io lo seguii.
Fai colazione qui?” mi chiese. Risposi annuendo.
Se ti va ti offro un milkshake!” Io lo ringraziai con un sorriso, ma rifiutai l’offerta.
Grazie, ma non vado pazza per i milkshake. Tu, invece, sembra che non possa sopravvivere senza!” Dissi indicando i due bicchieroni di latte che portava in mano.

Abbozzò una risatina e mi sorrise.
Il suo sorriso era dannatamente perfetto e i suoi occhi risplendevano di un verde molto acceso, forse più acceso del mio.

Hai detto bene, non potrei vivere senza! Questo è per Liam e questo per me!” Alzò prima il milkshake al cioccolato e poi quello al caffè.

Chi era Liam?
Forse un altro componente della band, uno dei due che non avevo ancora conosciuto.

Ti scandalizzi se ti dico che non ho la più pallida idea di chi sia Liam?” Lui si fermò davanti alla porta.
Liam Payne! E’ un altro dei componenti della band. Se dovessi descriverlo direi che sia colui che fa le veci del ‘paparino’ della band. Sembra, e ripeto sembra, che sia il più intellettuale del gruppo!

Io ammirai molto quella descrizione che fece Harry del suo amico, doveva essere un tipo serio.

E tu invece? Come ti definiresti?” Chiesi un po’ incuriosita. Lui inarcò le sopracciglia con aria orgogliosa e rispose. 
Io sono chiaramente il sexy del gruppo!

Dovetti trattenere le risate dopo quell’affermazione.
Era davvero molto simpatico e mi sentivo veramente a mio agio a parlare con lui così disinvolta.

A interrompere quel momento, entrò un ragazzo anche lui alto, ma un po’ meno rispetto a Harry, robusto di spalle e con il viso molto dolce.
Harry gli andò incontro e gli porse il bicchiere, doveva essere il famoso Liam Payne.
Io mi diressi al mio tavolino e guardai la scena.

Liam gli stava chiedendo probabilmente il perché si fosse trattenuto tanto nel bar ed era al quanto seccato, Harry si girò e senza più trovarmi al suo fianco perlustrò il bar con lo sguardo.
Quando mi localizzò, puntò il suo indice su di me e disse qualcosa a Liam.
Entrambi si avvicinarono al mio tavolino.
Intanto, il mio latte macchiato era arrivato e con esso anche dei buonissimi biscotti con le gocce di cioccolato.

Emily, lui è il ‘paparino’, Liam Payne!

Liam guardò confuso Harry per l’insolita presentazione e mi porse la mano.
Io mi presentai e li invitai a sedersi con me al tavolo a gustarsi il milkshake.
Loro non rifiutarono e si accomodarono uno alla mia destra e uno alla mia sinistra.

Allora, Emily, da quanto vivi qui a Boston? Sei nata qui?” Disse Liam.
No, io sono di NYC, ma vivo da pochi giorni qui con mio fratello Jim.

Liam aveva due occhi molto dolci e, anche se l’argomento non doveva interessargli molto, mi ascoltava con molta attenzione, mi faceva sentire capita e rispettata.

Ti trovi bene?
Mi chiese sorseggiando dalla cannuccia del suo adorato milkshake.
Risposi annuendo e pucciando metà biscotto nella tazza.

Liam allungò la mano verso i miei biscotti e mi chiese gentilmente di prenderne uno.
Io lo lascia fare e lui si divorò il biscotto con le gocce di cioccolato.

Mmmh.. Adoro il cioccolato!Se lo gustava proprio!
Posso rubartene un altro pezzettino?” Io stavo quasi per rispondere, quando intervenne Harry.
Ma Liam, guarda che se continui così non ci inviterà più a fare colazione con lei!

Liam ritirò lentamente la mano facendo una smorfietta di tristezza.
Io scoppiai a ridere e con un sorriso gli porsi i biscotti.

Finiscili, a me non vanno più!” Il viso di Liam si illuminò e mi ringraziò, mentre Harry si sporse verso di lui.
Si, va bé, ma allora danne uno anche a me!

Disse allungando la mano verso Liam, che spostò i biscotti più lontano possibile da Harry e si rivolse a lui con aria di superiorità. 
Eh no, attento che poi Emily non ti invita più a fare colazione!
Dai Liam, dagliene uno che senò il ragazzo sexy si mette a piangere!

Harry, ancora allungato verso Liam e quindi su di me, lasciò cadere il braccio sulle mie gambe e abbassò lo sguardo sorridendo.
Al contatto della sua mano con le mie cosce, mi salì un brivido su per la schiena, ma mi ricomposi subito, cercando di non dagli peso.

Dalla porta del bar comparve un uomo grosso e alto che disse ai due di seguirlo in macchina.
Harry e Liam ubbidienti si alzarono e fecero per andarsene.

Grazie per la bella colazione!” disse Harry.
E pev i biccotti!” disse Liam con la bocca piena di biscotti.

Io sorrisi.

Che cosa fai questo pomeriggio?” Mi chiese gentilmente Harry. In effetti non avevo ancora programmato niente.
Non so ancora!” Harry guardò per un secondo Liam tutto intento a masticare e poi tornò con lo sguardo su di me.
Se non hai niente da fare ti andrebbe di venire in albergo da noi? Non possiamo uscire al pomeriggio perché le fan stanno diventando troppo agitate e poi questa sera abbiamo le prove, quindi ci farebbe piacere se tu passassi un pomeriggio con noi! Magari ti offriamo un thè!” Disse ammiccando.

Mi stava invitando nella loro camera d’albergo?
Io??
Ma perché?

Cosa dovevo rispondergli?
Che sarei andata a fare in una camera d’albergo con cinque star mondiali?

Ok!

Harry tirò fuori dalla giacca una penna, prese un fazzoletto e scrisse un permesso firmato da lui per poter salire in camera, scrivendo anche il piano e il numero della stanza.

Allora a più tardi!” Mi salutarono e uscirono con i miei biscotti.
Sì, a più tardi.” Dissi con un po’ di ritardo, incantata da quella colazione.



 

-Spazio autore-

Starbucks.
Starbucks mi ha ispirato per questo capitolo.
Per chi non lo sapesse, Starbucks è una catena di bar molto famosa a Londra e negli USA.

Emily sta facendo amicizie...
E che amicizie! 
Chi se lo sarebbe mai immaginato di vederla così intrapprendente e sicura di sè?
E' forse l'effetto che fanno i ragazzi?

Sta di fatto che nel prossimo capitolo si troverà ad affrontare un pomeriggio in compagnia di quelle meraviglie e avrà modo di legare con una persona in particolare, ma non sarà facile.


Cosa potrebbe succedere se dovesse perdere il controllo della sua autostima?

Lo scoprirete Lunedì! 


Grazie a tutte coloro che recensiscono o che leggono semplicemente, per me è molto importante avere una vostra opinione riguardo a questa storia.

A presto! <3

Anna






 

 

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Capitolo 13
*** Provaci ***


La spazzola scorreva senza problemi sui miei capelli, mentre come al solito mi guardavo allo specchio e fissavo il mio volto.
 Era piccolo e molto fine, delle belle labbra rosse sottili mi incorniciavano dei denti che a mio parare erano abbastanza bianchi.
Avevo preso quasi tutto da mia madre: i lineamenti fini, il naso piccolo, gli occhi grandi e gli zigomi quasi sempre leggermente arrossati.

 Rimasi a fissare la mia immagine riflessa sullo specchio, a cercare delle mie caratteristiche che somigliassero a papà.
Sussultai sulla sedia quando vidi le labbra sottili di mio padre sul mio volto, non ci avevo mai fatto tanto caso, ma in quel momento mi terrorizzò.
 Era ovvio che io avessi qualcosa simile a lui essendo sua figlia, ma solo all’idea di avere qualcosa che somigliasse a quell’uomo mi faceva rabbrividire.

Scossi la testa cacciando i pensieri di casa e tornai a prepararmi per quel pomeriggio che si preannunciava molto strano.

 Non volevo andarci. 
Volevo rimanere in casa mia a riposarmi e a rilassarmi; 
 inoltre io non ero ancora riuscita a far uscire quella parte di me intraprendente e simpatica, quindi sarebbe stato molto difficile riuscire ad andare in una stanza dell’albergo e stare insieme a cinque ragazzi a me sconosciuti, tra qui anche Zayn, che ogni volta che lo vedevo mi faceva quasi svenire

 Non sapevo cosa fare. 

Avrei potuto benissimo non andarci e poi scusarmi in qualche modo il giorno dopo, ma avrei perso un’occasione molto speciale, lo sapevo.
 
Ero ormai convinta di non andare, la mia fragilità e la mia timidezza mi avevano convinta a rimanere a casa a farmi un thè.
 Era tutta la mattina che ci pensavo e mi dicevo che ce l’avrei fatta, avevo mangiato poco a pranzo per l’agitazione e ora ero caduta nel panico, come mi succedeva sempre a Queens.

 In un barlume di lucidità, presi il mio cellulare e digitai il numero di Jim leggendolo dal biglietto di quella mattina.
Lui rispose subito e io gli spiegai la situazione.

 Sembrava molto sorpreso, infondo come dargli torto, ciò che mi era successo era davvero un evento speciale e io stavo rifiutando un’offerta imperdibile.

Ad un tratto persi completamente la testa, cominciai a convincermi del fatto che fosse un errore andare a quel pomeriggio in hotel e che non ci sarei mai riuscita e rischiando di  fare davanti a loro la figura dell’imbecille.
Cominciai quindi ad elencare tutte le cattive azioni che avevo subito dal bullismo fino a qualche giorno prima, spiegando a Jim che sapevo che loro si sarebbero presi gioco di  me esattamente come avevano sempre fatto i miei compagni.

Sembravo impazzita, piangevo e tremavo come una foglia, avevo perso ogni tipo di controllo sulla mia mente.
 
 In quei casi ero solita sedermi a terra ed abbracciarmi le ginocchia al petto, aspettando la voce rassicurante di mia madre, ma la voce di Jim intervenne prima che potessi accucciarmi sul tappeto.

Smettila! Basta Emily, torna in te! Ma ti rendi conto di quante cavolate stai dicendo?? ‘Si prenderanno gioco di me’?? ‘Mi picchieranno’?? Sono dei ragazzi  normali che non hanno intenzione di farti niente! Non ti avrebbero invitata se non avessero voluto, no? Dai ti prego ragiona! E’ un’offerta molto speciale e tu puoi riuscire ad andare da loro!

 Io lo interruppi e singhiozzando continuai a cercare di convincere anche lui che fosse sbagliato andare.
Avevo nausea per l’agitazione che mi ero messa in testa, ma lui riuscì a calmarmi.
 
 “Emily, ascoltami. Tu puoi anche non andarci, non ti costringe nessuno, ma io so che se rimarrai a casa, avrai un sacco di rimpianti e ci starai male non per un giorno, ma per almeno una settimana. Allora, preferisci stare male per una settimana o provare ad andare? Mal che vada avrai perso un pomeriggio, ma almeno ci  avrai provato! Provaci, ti prego. Provaci e se va male non importa, semmai stai zitta tutto il tempo, ma almeno provaci.

Non ero più in preda al panico, ero più tranquilla e quella sua parola ‘provaci’ continuava a rimbombarmi nella mente.
 Ero ipnotizzata dalla sua voce, che continuava a parlare al telefono ma che ormai io non ascoltavo più.
Ciò che mi serviva me lo aveva già detto ed era la forza di quella parola che mi fece stabilizzare il respiro e smettere di piangere.

 Ora ero determinata, determinata nel farlo, nell’andare in quella stanza d’albergo e vederli tutti e cinque.

Così ringraziai Jim ed attaccai, andai a prendere dei pantaloni e un bel golf e mi preparai per uscire.

 In men che non si dica, ero per strada che camminavo in direzione dell’entrata dell’hotel.
Salii i tre scalini e un fattorino mi aprì la porta.
 
 Stringevo nel palmo della mano il fazzoletto sul quale aveva scritto Harry quella mattina e, senza neanche più badare all’oro e all’eleganza di quella hall, mi diressi sicura verso le scale.
 Per mia sfortuna si trovavano all’ultimo piano dell’albergo e quindi comincia a salire tutti e quattro i piani di scale.

Non avevo neanche fatto caso alla folla di fan appostate fuori dall’albergo e solo allora mi meravigliai del fatto che il fattorino mi avesse aperto la porta senza titubare.
 Non potevo essere anche io una fan?
Evidentemente avevo lo sguardo troppo sicuro di me e vedendomi senza penna e poster avevano supposto che io fossi una cliente. 

 Mi dovetti fermare alla fine del terzo piano, perché due uomini alti e grossi mi vennero incontro bloccandomi.

Non si può passare di qui, è zona riservata.

Non dissi una parola e gli mostrai il fazzoletto.
 Il bodyguard lo prese e lo lesse attentamente, poi si scostò restituendomelo.

"Mi scusi, prego la accompagno nella loro stanza.

Ci ero quasi riuscita, ma che agitazione che avevo ancora in corpo.
 Era come se a un tratto mi sentissi una loro fan, anche se era assurdo, perché non li avevo neanche mai sentiti cantare.

 Le mia mani ricominciarono a tremare, ma non sarei caduta alla debolezza. 
Non sarebbe più successo.

 Io non l’avrei permesso.

Non ora che li stavo per vedere, non ora che ci ero quasi riuscita.

 Camminammo per quel corridoio che mi sembrò interminabile, io affiancata da quell’uomo così alto e robusto che mi faceva sentire minuscola, ma allo stesso tempo mi dava forza e mi faceva apparire importante

 Finalmente eccola, la porta con appiccicato un foglio con scritto a caratteri cubitali ‘ONE DIRECTION’.
Erano lì dentro e stavano aspettando me, che ancora non avevo capito neanche io bene chi fossi.

 L’uomo estrasse una tessera metallica, la passò su un piccolo schermo e la porta si aprì in un ‘clack’.





 

-Spazio autore-

TATTARATAAAAN!!

Come vi è sembrato questo capitolo?
Piaciuto?
Lasciatemi una recensione se vi va!

Emily deve darsi una calmata.
Si agita tantissimo per cose minuscole, anche se con il suo passato tormentato si può anche capire il perchè.
Nonostante tutto però, è riuscita ad andare.
Jim l'ha aiutata tanto e lo farà sempre, non la farà mai cadere.


Ma adesso cosa accadrà?
Emily riuscirà a mantenere la calma trovandosi davanti quei figoni?
Ha una mente molto contorta questa ragazza, ma io la capisco benissimo.

Tra qualche giorno pubblicherò il seguito, quindi se vi interessa sapere come andrà il pomeriggio con i ragazzi, lasciate una recensione e io vi avviserò appena lo pubblicherò! :)

Ringrazio tutte voi come sempre che leggete la mia storia!



Anna




 

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Capitolo 14
*** Fragile come una tazza di thè ***


Ciao!”.
 Mi disse Harry vedendomi sull’uscio della loro camera.
Non c’erano tutti e cinque come mi sarei aspettata, ma erano solo in due: Harry e Niall.
 C’ero rimasta un po’ male nel non vedere Zayn, ma il sorriso rimase comunque stampato sul mio viso.

Ciao!” salutai con un gesto della mano.
 Harry si alzò dal divanetto e mi venne in contro, si accostò alla mia guancia e ci stampò un bacio.
Rimasi pietrificata, nessuno tranne mia madre e mio padre mi aveva mai baciata, neanche sulla guancia.
 Le sue morbide e calde labbra si scostarono dalla mia fredda guancia, facendomi il solletico e facendomi rabbrividire.

Niall, invece, rimase comodo sul divanetto, occupando lo spazio che Harry aveva lasciato vuoto.
 Appena Harry si girò per tornare seduto rimproverò Niall.

Irlandese approfittatore, spostati e lascia accomodare la nostra nuova amica!

 Ubbidiente Niall si scostò e Harry mi convinse a sedermi affianco al biondo
Hai detto di chiamarti Emily, giusto?” mi disse Niall.

Io mi girai verso di lui e gli sorrisi.

Sì, e tu sei Niall se non ricordo male!”. 

I suoi occhi azzurri mi fissarono e lui scoppiò in una risata davvero contagiosa, perché anche Harry scoppiò a ridere.
Io rimasi a fissarli con un sorriso ebete stampato in faccia, ridevano di me?

Mi stavano prendendo in giro?

Una voce provenire dall’altra stanza mi fece sussultare il cuore in petto.
Non c’erano dubbi, era la voce di Zayn.

Infatti, dopo poco spuntò dalla porta del cucinino quel ragazzo che speravo tanto di rivedere.

Ehi, ridete di Emily?? Cattivi! Ciao Emily.” Disse scherzando.
Stava venendo verso di me, il bacio di Harry lo avevo sopportato, ma a quello di Zayn sarei riuscita a resistere?

Si avvicinò al mio viso e quando si trovava vicinissimo a me, inclinò la testa a destra e appoggiò le sue labbra sulla mia guancia.
Erano morbide, ma meno calde rispetto a quelle di Harry.
Il suo bacio era più pigiato rispetto a quello che avevo ricevuto poco prima e appena si scostò, mi parve di volare.

Ti avevo promesso un thè, lo vuoi?”.
Le parole di Harry mi fecero tornare sulla terra, ma non riuscii a formulare delle parole, così mi limitai ad annuire gentilmente.
Io prendo i biscotti!!
Harry afferrò il braccio di Niall che stava già correndo in cucina.
Eh no! Se li prendi te finisce che per noi non ne rimangono più!
I due sparirono nell’altra stanza lasciando me con Zayn.

Ma che voleva dire?” dissi a Zayn che si lasciò cadere sul divanetto.
Bé sai, il nostro amico Niall ha sempre molta fame ed è conosciuto per la sua voracità nel mangiare!
Zayn era seduto con le braccia distese sullo schienale, mentre io ero in piedi davanti a lui che mi guardavo in giro.
Vieni! Siediti qui!” Il braccio destro di Zayn si abbassò e io mi sedetti accanto a lui.
Beato lui che può mangiare tanto senza ingrassare allora!” Dissi guardando le mie mani.
Sì, Harry lo invidia molto perché Niall ha un metabolismo molto veloce e quindi smaltisce tutto quello che mangia! E comunque penso che anche tu te lo possa permettere!” Lo guardai corrugando la fronte.
Che vuoi dire?” Zayn mi sorrise.
Non mi sembra che tu abbia problemi con la linea, hai un fisico perfetto.

E così aveva osservato il mio fisico? 

In effetti non ero male, non ero abituata a mangiare tanto e lo stress della mia vecchia vita mi aveva fatta dimagrire in fretta.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi e mi fissai le mani.
Ero timida ed odiavo esserlo.

Come sta tuo fratello?” esordì. Io mi ripresi un po’ e riuscii a rispondere.
Bene, ora è a lavoro. Devo davvero tanto a lui.” Lui alzò finalmente lo sguardo da me e mi sentii meno a disagio.
Sì, ti capisco. Anche io ho tre sorelle, voglio davvero tanto bene a loro.
Lui non poteva capire quanto io fossi devota a Jim, quanto gli volessi bene e cosa lui avesse fatto per me.
Mi infastidivano tanto le persone che mi dicevano di capirmi.

Non potevano!

Loro non ci erano mai passate, ma allora perché lo dicevano?
Per farmi sentire meno sola?

No, non puoi capirlo.

Non avrei mai voluto rispondergli male, ma il mio orgoglio, quello che avevo sepolto per anni, stava tornando in superficie.
Lui rimase un po’ spiazzato, ma la nostra attenzione si spostò su i due ragazzi che avanzavano verso di noi con due tazze in mano.

Ecco! Attenta che scotta!
Mi disse Harry porgendomi la tazza con la bandiera inglese. Io la afferrai e ringraziai.
Niall teneva il pacchetto di biscotti stretto tra le sue braccia e io non potei fare a meno di ridere a vedere la sua faccia.
Stava attento a qualunque cosa si muovesse intorno a sé, come se tutto potesse essere un pericolo per i suoi amati biscotti.

Ne posso prendere uno?” Dissi cortesemente. 
Lui mi porse gentilmente il pacco, tenendolo sempre rigorosamente in mano sua e io afferrai un biscotto.
Harry fece per infilare la sua mano nel pacco come me, ma Niall tirò velocemente indietro i biscotti riportandoseli al petto.

No, tu no.” Harry lo guardò storto.
Perché io no e lei sì??” Niall guardò me dolcemente.
Perché lei non mi chiama ‘irlandesino’ o ‘biondo tinto’!” Rimasi colpita da quell’affermazione.
Biondo tinto?” Ripetei.
Sì, in realtà io sono bruno, ma il biondo mi ha sempre reso più sexy di quanto io sia già, cioè davvero tanto!

Harry lo guardò e scoppiò a ridere a sentire pronunciare quelle parole con quell’aria così altezzosa che Niall aveva assunto.
Niall lo guardò storto.
Sicuramente più sexy di te.” Disse fingendo di essere offeso.

Zayn alzò gli occhi al cielo, sapendo come sarebbe finita.
Eccoli che ricominciano. Emily, mi accompagni in camera mia a prendere il cellulare?
Io non esitai un secondo e feci segno di sì con la testa ed uscimmo dalla stanza lasciando quei due a discutere sulla loro sexaggine.

Attraversammo il corridoio ed entrammo in un’altra stanza dell’albergo, tutte le guardie del corpo e la troupe mi guardavano in modo strano, ma ormai c’ero abituata, tutti tranne Jim e quei quattro ragazzi mi guardavano male.
Quattro perché dovevo ancora conoscerne uno.

Zayn aprì la porta e la richiuse alle mie spalle.
Il silenzio si quella stanza mi assordava, era davvero fastidioso per me.
Per lui probabilmente no, non ci aveva fatto molto caso a quell’imbarazzo che si stava calando velocemente nella stanza, ma io non ero mai stata in una situazione del genere.
Cercai di trovare nella mia testa un argomento da trattare per colmare quel silenzio che pareva quasi pungente, ma Zayn intervenne prima che io potessi dire qualche frase stupida di circostanza.
Come si chiama tuo fratello?

Ma perché gli interessava tanto?

Jim.” Lui stava frugando in una grossa sacca piena di vestiti e cose varie.
Perché pensi che io non possa capire?

Non gli volevo raccontare la mia storia, non lo conoscevo ancora abbastanza e mi sembrava prematuro; e poi io non ero una ragazza molto aperta, quindi preferivo tenermi le mie cose per me.

Ha fatto per me sicuramente molto di più di quello che le tue sorelle abbiano fatto per te.

Zayn trovò finalmente il cellulare e si girò verso di me.
Restammo a fissarci negli occhi per diversi minuti, sembrava che lui si fosse accorto quale enorme fardello mi portavo sulle spalle senza dirgli niente.
I suoi occhi non erano più dolci come li avevo sempre visti, scrutavano nei miei come se volessero tirar fuori ogni mio pensiero e non so come mi trasmettevano coraggio e forza.
Finché lui si avvicinò a me.
Vorrei conoscerti meglio Emily, mi dai il permesso di farlo?

Mi stava chiedendo il permesso per potermi fidare di lui?
Non avevo mai ricevuto così tante attenzioni da un ragazzo.
Quella situazione era decisamente troppo pesante, cosa avrei dovuto rispondere?

Sentivo l’agitazione salirmi lentamente dalla bocca dello stomaco e l’aria cominciò a mancarmi.
Stavo per entrare nel panico per una semplice domanda, ma come mio solito ero una completa frana e non essendo abituata ad affrontare discordi come quello, mi girai e aprii la porta.

Ma che mi stava succedendo?
Che stavo facendo?
Che comportamento era mai quello?

Sapevo che sarei scoppiata a piangere, perché come mio solito ero solita ingrossare i problemi e le domande alle quali non trovavo vie d’uscita e allora la mente mi si offuscava e le parole cominciavano a frullarmi in testa senza sapersi mettere in un giusto ordine.
Il cuore cominciava a picchiare il mio petto più forte che poteva, come a spronarmi a scappare da quello che mi sembrava un pericolo.

Zayn mi fermò prima che potessi mettere un piede fuori e mi afferrò per il braccio.
Ehi, calmati, dove vai? Puoi anche dirmi di no, eh!
Non avevo mai preso in considerazione quella risposta, non ero solita poter dire di no, tutto quello che mi capitava davanti o succedeva o dovevo trovare un modo per scappare ed evitarlo.
Mi girai verso di lui, ancora confuso dalla mia mossa.

Perché hai paura di me? Che ho sbagliato?

Strattonai il mio braccio dalla sua presa e corsi all’ascensore.

Ma che stavo facendo?
Mi ero bevuta il cervello?

Sentii Zayn corrermi dietro.
Ehi! Emily! Aspetta!

L’ascensore ovviamente tardava ad arrivare e la mia fuga di gran classe fallì.
Tieni questo, è il mio numero. Mi dispiace che sia successo... Anche se a dire la verità non riesco ancora a capire cosa, ma se vorrai scrivimi potrai, ok?
L’ascensore arrivò e io salii senza dirgli niente.




 

-Spazio autore-

Povero Zayn, non se lo aspettava proprio che Emily fosse un tipetto tanto complicato e fragile.
Ma la domanda è: cosa farà andesso Emily?

Si, la domanda è ormai sempre la stessa...

Comunque, se volete e vi interessa sapere cosa accadrà a questa pasticciona di Emily, non vi rimane che lasciare una recensione e aspettare sabato. :)

Grazie mille a tutti!

Vi amo lettrici! <3

Anna

Questa dovrebbe essere la tazza che Harry ha dato a Emily. <3

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Capitolo 15
*** Grigio ***


Camminare nel parco rigirandomi tra le dita un foglietto di carta non era esattamente quello che mi sarei aspettata per quel pomeriggio.
 L’aria pungente di Boston mi rinfrescava la mente e riuscivo a pensare con più facilità.
Era un errore, tutto quello che avevo fatto e detto era un errore.
 Ero ancora in preda al panico, non sapevo cosa fare.
Anzi, a dire il vero sapevo cosa fare.
 Dovevo tagliare tutti i rapporti che si stavano formando con quei ragazzi.

Ti porteranno solo rogne Emily, smettila subito.

 Mi ordinai.

Perché mi dicessi quelle parole non lo sapevo, forse credevo di non potermeli meritare, di non poter avere amici oltre a mio fratello, Jim.
 Lui c’era sempre.
Era un punto fisso nella mia mente, un’impronta che non se ne andava, ma a me andava bene così.

 Presi il foglietto e rilessi per l’ultima volta quei numeri che Zayn aveva scritto.

Non li avrà neanche scritti per te, avrà recuperato quel foglietto dalla sacca, avrebbe voluto darlo ad una ragazza migliore di te sicuramente.
 Mi dissi.
Non mi merito niente, faccio schifo. Tutti mi odiano e lo faranno per sempre.

 Accartocciai il foglietto e lo lasciai cadere a terra, per poi andare avanti ed appoggiarmi alla ringhierina di legno del ponticello.
Fissai il mio riflesso nell’acqua gelata.

 “Come posso pensare di piacere alla gente? Sono un cadavere ambulante, mio padre aveva ragione.

Nuvole grige e compatte mi scorgevano dal cielo e con la mente tornai a Queens.
 Lo trovai quasi rassicurante, almeno là ero abituata a sentirmi uno schifo.
Queens è sempre stata buia, anche quando c’era il sole, non ho mai visto e assaporato veramente i colori dell’estate e dei fiori appena sbocciati, li ho sempre visti spenti e grigi.

 Solo in aereo e negli ultimi giorni avevo visto qualche accenno di colore, vedevo i colori quando guardavo gli occhi azzurri di Jim, i suoi capelli castani con le sfumature bionde. Tutte le persone invece avevano i capelli grigi e gli occhi grigi come quelli di mio padre.

 “Non voglio vivere in un mondo grigio, non voglio vivere così. La mia vita fa schifo perché rende tutto grigio, potrei anche uccidermi che nessuno sentirebbe la mia mancanza. Vedrebbero tutto colorato senza di me, o forse lo vedono già, senza neanche accorgersi di me.
 Ma allora a cosa servo?
Perché continuo a combattere?
 Perché mi ostino a voler vedere i colori anche se sono una macchia grigia?


Le mie mani si strinsero forti al legno.
 Sentivo delle scheggette infilarsi nella mia pelle, ma non ci diedi peso.

Potrei anche buttarmi, ora, qui nel laghetto. Non è molto alto, ma l’acqua gelida mi congelerebbe il sangue fino a fermarmi il cuore, il mio inutile cuore grigio.

 I miei denti si serrarono.
Avevo paura, ma ormai non mi importava più di tanto.

 Tutto stava per finire secondo i miei piani.

Solo Jim avrebbe pianto per me, solo lui mi avrebbe tirata fuori dall’acqua.
 Solo lui mi sarebbe venuto a cercare.
Ero invisibile agli occhi delle persone, vedevano solo una macchia grigia avanzare verso di loro e allora mi fissavano.

 Perché non fissare un macchia grigia quando sei una macchia verde?

Il grigio è un colore inutile, non è ne nero ne bianco, è inutile. Come me.

 I miei occhi non avevano mai smesso di puntare l’acqua sotto di me, come se mi spronassero a buttarmi.

Mi dispiace Jim, non ce l’ho fatta.” Dissi sforzandomi di non piangere e di non pensare a lui.


 Feci un passetto indietro per prendere un po’ di rincorsa.

Ero pronta, pronta per far morire il grigio che non volevo più essere.

 “Emily!

Mi bloccai. 
 Perché era qui?
Non poteva essere lui, non poteva uscire dall’hotel, le fan lo avrebbero assalito.

 Non mi voltai e rimasi a stringere il legno con le mani fredde.

Era lui, lo vedevo con la coda dell’occhio avvicinarsi a me.
 Cosa gli avrei detto?

Emily, che stai facendo?

 Aveva capito le mie intenzioni?
No, non mi conosceva abbastanza.

 Rimasi zitta e immobile, come se fossi già morta.

Emily?

 Lui continuava a chiamarmi, ma io non lo degnavo di uno sguardo, finché non presi parola.

Non dovresti essere qui, sei qui solo per prendere freddo.” Lui rispose subito.
 “No, io sono qui per te.” La sua voce era decisa.
Nessuno mi vuole, mi odiano tutti. Non voglio più far parte di questo mondo così grigio.
 
 Aveva capito, aveva capito le mie intenzioni e stava cercando di convincermi a lasciare il legno.

Il mondo non è grigio, tu non sei grigia.” Rimasi stupita.
 “Come fai a dirlo?” Lui  si appoggiò affianco a me alla ringhiera di legno.
Perché io ti vedo e non ti confondo con le nuvole, anzi, se ci fossero le stelle forse ti confonderei con quelle.

 Eravamo sulla stessa cresta d’onda, sulla stessa stazione di comunicazione, era incredibile come fosse riuscito a capire come vedevo io il mondo.

Io sono una stella, ma tempo fa pensavo di essere una nuvola grigia, come te.” Mi disse.
 “Non è possibile.
Capisco quello che stai provando, fidati, ti capisco.” A quel punto la mia rabbia salì.
 “No, Liam tu non puoi capire! Nessuno può capire!” Liam alzò la voce come me.
E invece sì, sono stato vittima di bullismo fino a qualche anno fa, non avevo nessun amico ed ero solo con il mio sogno di diventare un cantante!

 Il cuore cessò di battere per alcuni istanti.

Una mano calda si pose sulla mia gelida, la sua mano stringeva la mia ancora avvinghiata al legno.
 Fu in quel momento che vidi un colore, vidi l’azzurro dell’acqua sotto di noi.

Un colore.

 Ma allora non vedevo solo il grigio.
Alzai lo sguardo e i nostri occhi si fissarono.

 “Dammi l’altra mano Emily. Forza, dammela.

Ero come ipnotizzata dal suo sguardo e dalla sua voce calma e calda.
 Gli diedi entrambe le mani e lasciai che lui me le riscaldasse.

Ora ti riaccompagno a casa.



 Lo fece veramente, salimmo le scale e chiuse la porta di casa mia alle sue spalle. 
Non pensavo più, il mio corpo reagiva solo ai comandi che mi dava Liam.

 “Siediti sul divano e aspettami lì.” Mi disse andando in cucina.

Arrivò dopo poco con un bicchiere di acqua e me lo porse.

 “Bevi, ne hai bisogno.

Mi portai il bicchiere alla bocca e l’acqua fredda mi scivolò giù per la gola, facendomi riprendere leggermente i sensi.

 “Va un po’ meglio?” Mi chiese prendendomi il bicchiere ed appoggiandolo sul tavolino di fronte a noi.
Sì.” Risposi semplicemente.

 Era riuscito a portarmi a casa, come ci fosse riuscito non lo sapevo.

Se non fossi arrivato tu ora sarei morta, o starei morendo lentamente.” Liam deglutì a fatica.
 “Bé, allora per fortuna che sono arrivato in tempo. Quando sono arrivato in hotel, Zayn mi ha spiegato tutto quello che era successo e io sono uscito subito a cercarti.

 Era uscito per me?
Perché?

 “Hai rischiato.
Cosa? Un po’ di fan non mi fermano sicuramente.

 Mille emozioni cominciarono a riempirmi la testa ed a scoppiarmi nel cuore ed il risultato fu una lacrima, una lenta lacrima sgorgò sulla mia guancia.
Liam mi prese la testa con le mani e mi fece appoggiare sul suo petto.

 “Oh piccola, non piangere. Va tutto bene, ora ci sono qui io per te.

Anche Jim mi aveva detto quelle parole.
 Jim, che se fosse entrato in quel momento chissà come avrebbe reagito.

Mi lasciai andare e abbracciai forte Liam, che cercava di calmarmi.
 Mi servì sfogarmi, non mi sarei più tenuta niente dentro di me.

Ora avevo anche Liam.




 


-Spazio autore-

ARGH!

Emily vede decisamente un mondo molto brutto, pieno di odio e freddo. Un mondo cupo e senza speranze. La luce è la speranza, è quella cosa che ci permette di vedere i colori. Liam (in questo caso) è questa luce.

La storia non si chiama
Darklight a caso! ;)


Comunque... Com'è stato? Vi è piaciuto?
Sapete che per me è molto importante sapere cosa ne pensate, quindi lasciate una recensione!

Grazie mille a tutte le lettrici di questa storia, silenziose e non. 

Vi amo.
 

Anna

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Capitolo 16
*** Brutti presagi ***


Le chiavi nella toppa fecero scattare la serratura e dalla fessura che si era formata vidi spuntare un ciuffo dei capelli bruni di Jim.
Finalmente era arrivato a casa.
Era in ritardo di almeno un’ora abbondante e Liam era stato talmente gentile da prepararmi un toast.
Appena Jim mi scorse seduta sul divano accanto a Liam rimase molto sorpreso.

Oh! Ciao! Ehi Emi, mi dispiace tanto, mi hanno trattenuto a lavoro e ho fatto tardi per la cena.

Disse posando le chiavi sul comò affianco all’entrata.

Non ti preoccupare, Liam mi ha fatto un toast.

Era strana l’atmosfera di quella stanza, non era né agitata né calma.
Gli occhi di mio fratello si posarono su Liam, che affianco a me scattò in piedi e si diresse verso di lui tendendogli la mano.

Molto piacere, Liam Payne.” Jim afferrò con un po’ controvoglia la sua mano.
Jim Mc Dall.

Rimasero a fissarsi negli occhi per alcuni istanti interminabili per me.
Ma che stava succedendo?
Sembrava quasi che Jim ce l’avesse con Liam, per non so quale strana ragione.

Bé, ora che tuo fratello è arrivato io tolgo il disturbo.” Disse Liam afferrando la sua giacca sul bordo del divano. Io mi alzai in piedi e mi diressi verso di lui.
Senti Liam.. Grazie, non so quanto potrò mai ringraziarti. Mi hai aperto gli occhi.” Lui aprì le braccia.
Vieni qui.” Io mi fiondai abbracciata al suo busto, era grosso e duro, riuscivo quasi a percepire i suoi muscoli attraverso la leggera magliettina di cotone.
Non ti dimenticare ciò che ti ho detto, il mondo è più colorato di quanto tu possa credere.

Sì, l’avevo capito e lui era ormai un colore fondamentale nella mia grigia vita.
Non avrei voluto lasciarlo, avrei voluto tenermi stretta e ancorata a lui, come se fosse l’unica via di salvezza e in effetti per quel giorno lo era stato.
Jim era ancora dalla porta, in piedi con le braccia conserte, sembrava che aspettasse Liam per potersi rilassare.

Era come sull’attenti, come se potesse succedermi qualcosa da un momento all’altro.
Quando lasciai la presa e Liam si diresse verso la porta mi sentii come vuota.

E’ stato un piacere averti conosciuto, Jim.” Disse congedandosi.

Come la porta si chiuse, la tensione nella stanza volò via e Jim si avvicinò a me.

Allora, ha preparato un toast anche per me per caso?” Il suo sorriso e i suoi occhi mi fecero scappare una risatina. Abbassai lo sguardo sulla punta dei miei piedi e risposi.
No, però è stato molto gentile con me. Non credevo potessero esistere persone come lui.” Jim si avviò in cucina preso dalla fame.
E io non conto più niente?” Mi guardò sempre sorridente prima di sparire dietro la portiera del frigorifero in cerca di qualcosa da mangiare.
Ma certo scemo, io ti vorrò per sempre bene.” Lui si sporse con una faccia alquanto sorpresa.
Mi hai chiamato ‘scemo’? Ma che ti ha fatto questo Liam??” Io risposi seria e impassibile.
Mi ha salvato la vita.

Lui rimase immobile per alcuni istanti e poi chiuse il frigorifero ritrovandosi me di fronte.
Mi scrutava con gli occhi, come in tanti avevano fatto prima di lui, per capire a cosa stessi riferendomi.

Perché era qua a casa nostra? Emi, che cosa è successo.

 


“La notte porta consiglio.”

Le coperte calde mi tranquillizzarono e i pensieri si impadronirono della mia mente.
“Ma quando mai, la notte porta solo sogni e incubi.”

Mi girai su un fianco sperando di scacciare i pensieri facendoli sgorgare dall’orecchio sul cuscino, ma così non fu.
“Quanto vorrei che Liam mi scrivesse. Ma perché mi manca?”

Dopo che avevo raccontato tutto il mio pomeriggio a Jim, mi ero come liberata e mi sentivo più leggera, ma quel grigiore viveva ancora in me.
Liam mi aveva aperto veramente gli occhi, mi sembrava di volare quando lo abbracciavo e in quel pomeriggio era successo parecchie volte.
Non avevo chiesto a Jim il perché avesse reagito in quel modo ritrovandoselo davanti, ma forse preferivo non saperlo.

Mi girai dall’altra parte e sembrò che il sonno cominciasse ad impadronirsi di me.
Cominciai a chiudere gli occhi e nell’esatto momento in cui vidi scorrere le immagini veloci che portano al sonno, la camera venne invasa da una luce bianca.
Sporsi la mano sul comodino ed afferrai il cellulare.
Dovetti aspettare qualche secondo prima di riuscire a leggere il messaggio da quanto ero accecata da quel noiosissimo faro.
Un meraviglioso sorriso mi si stampò sul viso e tra me e me lessi:

 

“Buona notte piccola, vorrei vederti domani, giusto per assicurarmi che tu stia bene! Dormi bene. Xx Liam”
 

Voleva vedermi l’indomani.


Provavo una sensazione diversa rispetto alla sera prima.
Non ero agitata come ero quando pensavo a Zayn, ero tranquilla e mi sentivo al sicuro.
Non aspettai oltre e risposi al messaggio:

 

“Mi farebbe molto piacere, vieni a casa mia? Emily”


Avrei voluto scrivergli cose tipo “Mi manchi” o “Ma perché non sei qui ora” e al solo pensiero di avere affianco Liam in quel momento mi fece rilassare talmente tanto da chiudere gli occhi e abbandonarmi ad un sonno pesante.


 



Il freddo invase il mio corpo.
C’era vento e io non ero abbastanza coperta.
Mi strinsi nelle mie braccia cercando di capire dove mi trovassi e ad un tratto si formò un luogo attorno a me: del cemento spuntò sotto le mie scarpe, degli alberi alti e scuri si piazzarono dinanzi a me e infine un edificio sproporzionatamente alto ed imponente si ergeva minaccioso oltre una seppie.
Un brivido mi percosse la schiena quando riconobbi quel posto: la scuola.

Sentii delle voci, maschi e femmine, sembravano giovani.
Il mio sguardo fu rapito da dei volti che comparvero in veloce successione tra me e la scuola.
Erano i miei compagni di classe.
Avanzavano minacciosi verso di me, con bottiglie di acqua giganti sulle spalle e bastoni grossi come tronchi tra le mani.

Io cominciai a correre lontano da li, a scappare da quell’orribile visione.
Ma loro erano veloci e sentivo le voci sempre più vicine e che gridavano sempre più forte.
Non capivo quello che dicevano, ma erano tutte cose brutte su di me.

Mi comparve un gesso in mano e una lavagna si piazzò davanti a me intralciandomi la corsa.
Cercai di superarla, ma per quanto io la percorressi in larghezza sembrava infinita.
Era un muro alto e nero che mi aveva intrappolata.
Le facce arrivarono fino a me, mi circondarono e mi schiacciarono soffocandomi sull’asfalto freddo e umido.

Poi tutto scomparve.

Ero ancora accovacciata per terra proteggendomi la testa con le braccia quando mi ritrovai davanti a casa mia.
La porta di casa si aprì e mio padre spuntò correndo verso di me in lacrime.
Era giovane ed era disperato.
Correva gridando e mi accorsi che non stava guardando me, bensì dietro le mie spalle.

Mi girai e una luce mi investì in piena faccia.
Mi parai gli occhi con un braccio per non essere accecata da quel bagliore, ma mio padre no.
Lui ci corse quasi dentro, fermandosi accanto a me, in piedi a fissare la luce.

Poi una voce mi riempì la mente.
Mia madre stava chiamando me e fu lì che la vidi, avvolta in quella luce così calma.
Tesi la mano verso di lei incredula, ma la sentii bruciare.
Guardai mio padre che piangeva e piano piano ingrassava e le rughe cominciarono a solcargli il viso.

Il bell’uomo che avevo di fianco presto diventò un vecchio, grasso e rugoso.
Girò la testa verso di me e io fissai i suoi occhi.
Erano grigi, grigi come tutto quello che mi circondava.
Tranne la luce di mia madre era tutto grigio.

Vidi i suoi occhi spegnersi e lui si dissolse nella luce.
Cominciai a gridare il suo nome e a chiamare mia mamma, ma nessuno mi rispose.
Gridavo e chiedevo a mia madre di tornare indietro e aiutarmi, ma così non fu.
Ero completamente sudata e le lacrime mi solcavano il viso, ma non erano lacrime normali, erano nere come il petrolio.

Mi alzi in piedi nonostante mi sentissi le gambe pesanti e feci qualche passo verso la luce che ancora mi abbagliava.
Tremavo e gridavo mentre piangevo disperatamente come una bambina, sembrava che mi stessero torturando.

Ad un tratto tutta la luce si rimpicciolì, fino ad assumere una forma umana.
Era una donna dai capelli lunghi ed era molto bella.
Quella figura magra e longilinea stava in piedi davanti a me e io sapevo chi fosse.

“Mamma! Mamma ti prego torna qui!”.

La donna fece qualche passo lento e soave verso di me.
Io ero nera, sporca delle mie lacrime, mentre quella figura era completamente bianca e candida.
Poi alzò una mano e mi toccò la guancia.
Il suo caldo tocco mi solleticò la pelle e sentii la sua voce.

“Io sarò sempre con te Emi.”

Ad un tratto la luce sparì dissolvendosi nell’aria inquinata di Queens.
Io avanzai fin dove quella donna era sparita, cercai di respirarla e trattenerla dentro di me.

Implorai per l'ultima volta mia mamma di tornare, ma non la vidi più.
Ero caduta nel buio e nel grigio della strada, quando ad un tratto la terra sotto i miei piedi cominciò a tremare.
Vidi gli edifici barcollare pericolosamente e iniziai a correre.
Dietro di me i palazzi cadevano formando altissime montagne di roccia grigia.

Il terremoto era talmente forte che caddi a terra.
Ormai ero spacciata, circondata dagli enormi edifici di New York che pezzo per pezzo mi cadevano addosso.

Gridai, ma nessuno venne in mio soccorso.


 



SCUSATE!
Ebbene si, inizio scusandomi per la mia lunga assenza, ma è stato un periodo un po' difficile e soprattutto pieni di impegni scolastici e pensieri.
Comunque ora sono qui con questo nuovo capitolo che spero vi sia piaciuto!

Lasciate una recensione, sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate.

E come al solito vi ringrazio tutte molto, sia per le recensioni che per le viualizzazioni che spero continueranno ad aumentare!



Anna

 

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Capitolo 17
*** In anticipo ***


Emily! Emily svegliati! EMILY!” Una voce mi chiamava.
Con un enorme sforzo aprii gli occhi.

NOO!

Ritornai nel mio letto, le coperte erano buttate a terra.
Ero completamente sudata e piangevo.
Tremavo e non capivo più niente.
Jim era lì che mi teneva le braccia e cercava di farmi ragionare.
Mi diede un ultimo scossone e capii da cosa era stato causato il terremoto.
Ritornai in me, ragionando che fosse stato solo un sogno.
Jim mi fissava negli occhi.

Emily, stai bene? Vieni a bere un po d'acqua, forza.

Mi sollevò dalle braccia e io mi lasciai guidare verso la cucina.
Mi mise a sedere su una sedia e mi riempì un bicchiere di acqua fresca.
Posò il bicchiere sul tavolo e si accucciò tenendosi alle mie ginocchia.
Mi guardava dal basso verso l’alto e io lo fissavo.

Hai cominciato ad urlare e sbraitare, sono entrato in camera tua e sembravi posseduta! Mi hai fatto spaventare tanto lo sai?
La sua voce mi tranquillizzò leggermente.

Ho visto papà, ho visto la mamma.

Lui rimase molto colpito da quelle mie parole secche e dirette, mi fece alzare in piedi e mi strinse tra le sue braccia.
Io lo strinsi forte a me, come per voler scacciare quelle orribili immagini e cominciai a piangere.
Lui mi accarezzava i capelli dolcemente e mi baciava la fronte con fare rassicurante.

Va tutto bene, era solo un incubo Emi.

Mi sussurrò all’orecchio.
Io mi ripresi e staccandomi da lui afferrai il bicchiere.
Bevvi tutta l’acqua e ne presi anche altra.
Stavo decisamente meglio, lui mi aveva aiutata di nuovo.

Bé, visto che sono le 2 penso che dovremmo tornare a letto.

All’idea di dover dormire di nuovo con il rischio di tornare a Queens, le mie mani ricominciarono a tremare.

Ma se vuoi puoi dormire con me, Emily.” Io alzai lo sguardo dal tavolo.
Davvero?” chiesi stupita.

Quello si che mi avrebbe aiutata.
Lui mi sorrise e mi ristrinse a sé.

Ma certo, piccola.


Il suo letto era decisamente più tranquillo del mio ed inoltre era piuttosto largo, quindi ci stavamo tranquillamente in due.
Jim spense la luce e si infilò sotto le coperte.
Sentirmi un corpo caldo affianco era una sensazione strana, ma molto rassicurante.
Lui si girò verso di me e io mi avvicinai a lui, lasciando che le sue braccia mi avvolgessero.
Ero appiccicata alla sua maglietta e non respiravo altro che il suo odore.
Lui mi teneva stretta a sé, tenendo le sue labbra premute sui miei capelli scompigliati.

Mi hai salvata, di nuovo.” Dissi con un filo di voce.
E lo rifarò se ce ne sarà bisogno, Emi.” Bisbigliò Jim.
Ti voglio bene.” Dissi con affetto.
Lui sembrò titubante, ma poi rispose: “Ti voglio bene anche io, piccola mia.

 

La parte di notte che passai con Jim fu davvero più tranquilla rispetto a quella prima, mi svegliai solo alcune volte, ma per il semplice fatto di non essere abituata a dormire abbracciata ad un ragazzo.
Quella mattina non mangiai niente.
Jim si era proposto di saltare il lavoro e rimanere a casa con me, ma io insistetti nel mandarlo a lavorare, non volevo che ci rimettesse per me. 

Ok, allora torno alle 18.30. Spero che oggi non mi trattengano.

Mi disse baciandomi la fronte.
Io lo salutai e lui uscì.

Dopo quella notte infernale avevo proprio bisogno di una bella doccia.
Così andai in bagno, mi spogliai e mi cacciai sotto l’acqua calda.
Il profumo di fiori di pesco e mandorle mi riempì le narici e massaggiarmi la testa con il sapone mi rilassava tantissimo.
Finito il secondo risciacquo, presi l’asciugamano e mi ci arrotolai dentro.
Uscii dal bagno e corsi dal cellulare che stava squillando.

Era Liam.

Pronto? Ciao Liam! ... Bé, ho passato una notte un po’ difficile... Si si, ora sto bene... No, stai tranquillo... Dimmi tutto... No, certo che non mi dispiace! Ti aspetto qui tra mezzora, ok? ... Ok, a dopo!

Attaccai la chiamata e sorrisi.
Avevo bisogno di vederlo, mi avrebbe fatto parlare del sogno e sentivo che mi avrebbe aiutata.

Mi asciugai, lasciando i capelli leggermente umidi perché non avevo voglia di asciugarmeli.
Mi vestii con vestiti morbidi e caldi e mi rifeci alla veloce il letto.
Erano passati solo venti minuti, ma il campanello suonò.

Era già lui?
Con dieci minuti di anticipo?

Guardai dallo spioncino e mi ritrovai a fissare quel dolce ragazzo che aspettava ansioso di sentire la serratura aprirsi.

Ciao Liam!

Nel vedermi si formò sul suo volto un sorriso dolcissimo e mi salutò con un bacio sulla guancia.

Emily, ora mi devi raccontare tutto.

Lo feci accomodare sul divano e io mi sedetti a gambe incrociate affianco a lui.
Ero così quando stavo con lui, libera di essere la ragazza giovane che dovevo essere, tranquilla e sicura di me.

Cominciai a raccontargli della scuola, della lavagna gigante e infine di mio padre e di mia madre.
Ero visibilmente ancora molto scossa da quel sogno e lui se ne doveva essere accorto, perché aveva una faccia molto preoccupata e triste.
Gli raccontai tutta la mia vita, del bullismo, della morte di mia madre e delle conseguenze che portò nella mia vita.
Alla fine del mio racconto molto toccante lui si sporse verso di me e mi abbracciò.

Rimanemmo ancorati l’uno all’altro per cinque minuti abbondanti, durante i quali non mancarono lacrime da parte mia e baci da parte sua.

Voglio che ora tu non ne parli più, ok? Non ci devi più pensare.

Si tirò su, ma restammo comunque molto vicini.
Io abbassai lo sguardo sulle mie gambe.

Ma come faccio? Quella è la mia vita.
Lui mi tirò su la testa prendendola con due dita dal mento.
No, quella è la tua vecchia vita. Ora sei a Boston, con Jim e ci siamo noi. Ci sono io.

Ero talmente vicina a lui che respiravo la sua stessa aria, il suo dolce sguardo passava veloce dai miei occhi alle mie labbra e di nuovo dalle mie labbra ai miei occhi, come se mi stesse chiedendo il permesso per baciarmi.
Un profumo fresco e rassicurante di felce mi invase la mente, il suo profumo mi faceva perdere la testa.

Perché lo stava facendo?
Mi amava?
Si può baciare comunque una persona anche se non la si ama?

Il suono del mio cellulare mi fece tornare con i piedi sulla terra e lo afferrai dal tavolino.
Liam si ricompose imbarazzato e mi pentii subito della mia mossa, ma Jim mi stava chiamando e se non avessi risposto si sarebbe preoccupato.

Jim!..Bene... Si, si, ora va meglio... Si, sono a casa... Sono qui con Liam... Sì lui... Non lo so, penso per pranzo... Ok... Ciao.

Attaccai la chiamata e rimasi un po’ sorpresa.

Che.. Che cosa ha detto?
Mi chiese Liam ancora imbarazzato.
Io non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
Ha detto che mi deve parlare quando torna a casa.” Lui si incuriosì.
Pensi sia per me?” Temevo di rispondere a quella domanda, ma mi feci coraggio.
Si,credo che tu non gli piaccia tanto. Anche se non capisco perché...

Mi alzai e guardandomi di sfuggita allo specchio spalancai gli occhi.
Oh cavolo! Mi sono dimenticata di pettinarmi!” Liam si alzò e mi venne in contro abbozzando una risata.
Ma sei perfetta così.” Io lo guardai storto.
E invece no, mi accompagni a pettinarli?” Dissi mentre ormai ero già in camera mia.
Liam arrivò poco dopo e mi trovò già seduta davanti allo specchio a passarmi la spazzola nei miei lunghi capelli morbidi.
Posso fare io?” Mi chiese.

Io rimasi un po’ sorpresa, ma gli passai la spazzola.
Certo!” Lui afferrò il manico di plastica e cominciò a spazzolarmi i capelli.

Un breve flashback mi portò in camera mia a Queens con mia madre, ma uno strattone troppo forte rovinò tutta la magia di quel momento.
Ehi! Così mi fai male.” Dissi sorridendogli.

Lui si concertò al massimo e ricominciò.
Accarezzava e spazzolava i miei capelli, concentrato al massimo con la linguetta che gli sporgeva dall’angolo della bocca.

Non ho mai permesso a nessuno di pettinarmi i capelli, solo mia madre poteva.
Lui alzò lo sguardo e mi guardò nel riflesso dello specchio.
Allora sono lusingato, signorina.” Mi lasciai scappare una risatina e lui mi fissò con più intensità.

Sei bellissima.

Accarezzava i miei capelli e il suo tono basso di voce mi fece salire un brivido per la spina dorsale.


 


-Spazio autrore-

MIDNIGHT MEMORIES
Già, inizio citando il titolo del nuovo album perchè ho You & I in testa da almeno due giorni!
E' magnifico questo nuovo album!

Ok, torniamo a noi...

Come vi è sembrato questo nuovo capitolo?
Presto (spero) ne metterò un altro, se la scuola e i miei impegni me lo permetteranno! 

ARGH!

Lascite una recensione se volete, i vostri pareri (positivi o negativi) sono sempre ben accetti!

Grazie mille a tutti voi che leggete!

-Anna-

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Capitolo 18
*** Tutto viene a galla ***


No! Ma che fai? Sei impazzito?! Eddai Liam!! Mi hai bagnata tutta!
Dissi ridendo mentre ormai mi ritrovavo i pantaloni completamente bagnati.
Liam scoppiò a ridere.
Adoravo vedere i suoi occhi diventare fessure e sentire la sua voce profonda ridere, ridere per me o forse anche di me.

In quella mattinata avevamo stretto un bel rapporto di amicizia, mi sembrava quasi di avere l'impressione di conoscerlo già da parecchio tempo, come se fossimo amici di vecchia data.

Sembra che ti sia pisciata addosso!” mi disse scoppiando in un’altra risata.

Io non aspettai un secondo di più, misi il contenitore del frullatore sotto il rubinetto e aspettai che si riempisse.
In men che non si dica ci ritrovammo completamente fradici a rincorrerci per la cucina, che ormai era diventata una specie di piscina.

I miei bei capelli puliti e pettinati si erano completamente infradiciati e Liam si divertiva a venirmi davanti e scrollare la testa come un cane.
Piccole e gelide goccioline si staccavano dai suoi capelli cadendo su di me.

La lotta continuò e forse io mi lasciai andare un po’ troppo, perché presi un uovo e lo lanciai in direzione di Liam.
Lui lo scansò e l’uovo andò a finire contro la finestra, spiaccicandosi e scendendo lentamente verso il pavimento.
Guardammo l’uovo e insieme scoppiammo a ridere.

Non respiravo neanche più da quanto ridevo, ormai era quasi come una risata isterica.
Non sapevamo nemmeno il motivo per il quale stavamo ridendo.

Lui venne in contro a me e ci abbracciammo, bagnati fradici.
Tra una risata e l’altra Liam disse: “Facciamo pace ok? Senò qui distruggiamo la cucina!”.
Io accettai la sua proposta di pace e come due scemi cominciammo a saltare in tondo, ancora strettamente abbracciati.
Era stato un miracolo riuscire a rimanere in piedi senza cadere uno sull’altro, ma forse era quello che Liam voleva e forse l’avrei voluto anche io.

Ci fermammo e ci guardammo negli occhi.
Vedo i colori Liam, vedo tutti i colori di cui mi hai parlato. Il mondo non è più grigio. Non è grigio quando sto con te.

Lui fece scorrere le sue mani sulle mie braccia fino ad arrivare al mio viso.
Afferrò il mio collo con una mano e con l’altra mi accarezzava la guancia.

Sorridevamo, eravamo felici.

Tutti e due non volevamo che quel momento così magico finisse.

Sei perfetta.

Ero persa, ormai ero persa nei suoi occhi color nocciola e in quelle labbra così sottili e rosee.
Gocce fredde colavano ancora dai nostri visi, delineando i nostri zigomi.

Sussultai quando sentii la porta di casa aprirsi.

Emi? Sono a casa!

Era Jim.

I nostri sguardi cambiarono improvvisamente e in fretta e furia cercammo di rendere presentabile la cucina, ma fu troppo tardi.

C-Ciao Jim!
Jim entrò in cucina ed evitando le pozzanghere arrivò sino a noi.
Che cosa è successo qui?!

Era tanto furioso quanto sorpreso dallo scempio che io e Liam avevamo fatto.

Ehm.. Stavamo pensando di preparare il pranzo.

Fortunatamente Jim non guardava Liam, aveva lo sguardo fisso su di me.
Non avrei mai voluto che si arrabbiasse ed urlasse contro di lui, mi sarei presa io tutta la responsabilità.

E a quanto vedo ci avete rinunciato in fretta! Ma Emily, io che devo fare ora??

Cercai di calmarlo.

Era furioso, ma cercava in tutti i modi di non urlarmi contro.
Non ti preoccupare, ora io e Liam mettiamo a posto tutto!

Errore clamoroso, non avrei mai dovuto nominare quel nome perché il suo sguardo si posò su Liam, che da dietro di me aveva assistito a tutta la scena senza aprire bocca.
Tu. E’ tutta colpa tua se ora la mia cucina fa schifo! Che hai fatto a mia sorella?! Guarda! Hai visto in che macello sono costretto a stare?! Pezzo di imbecille, ti sembra questo il modo?!

Jim si sporse verso di lui con aria minacciosa.

Esattamente come qualche giorno prima a casa nostra, le sue spalle si fecero più grosse e massicce e le sue mani si strinsero a pugno.
Sapevo che stava per succedere qualcosa di tremendo.

Mi dispiace! Sono mortificato! Ora metto a posto tutto, non ti preoccupare!
Liam tese le mani verso la spugna e cominciò a pulire il mobile dagli schizzi di acqua.
E te Emily?! Non ti posso lasciare in casa da sola che fai tutto questo casino?! Cosa sarebbe successo se non fossi tornato a casa prima del previsto, eh?!

Era uguale a papà.

Era la fotocopia di mio padre quando si arrabbiava e si sfogava su di me.
Indietreggiai impaurita e confusa.
Jim avanzò verso di me continuando a sbraitare, giustamente.

Liam posò la spugna e venne in mio soccorso.
Jim non mi avrebbe sfiorata con un dito, ma a me bastava quello che mi stava facendo.

Immagini di mio padre che mi dava della scema e dell’inutile mi turbinavano in testa.
Chiusi gli occhi cercando di far sparire tutto, sperando che Jim si calmasse.
Ad un tratto sentii la voce di Liam.

Ehi amico, calmati ora. Non vedi che sto pulendo? Ti sto mettendo a posto la cucina.” Jim si girò verso di lui.
E ci mancherebbe altro pezzo di stronzo!” Io ripresi il controllo sulla mia mente ed intervenni.
Ora basta Jim! Stai rendendo questa cosa molto più grossa di quanto sia veramente! Liam sta pulendo e se me lo permettessi, pulirei anche io! Ti abbiamo detto che ci dispiace e che rimettiamo a posto tutta la tua cucina! Smettila di urlarci contro!

Jim si calmò, evidentemente si era sfogato e ora era più lucido.
Venne verso di me.
Mi dispiace Emi, scusa. Non volevo urlarti contro.

Sapeva quanto ero fragile, sapeva che se c’era una cosa che non riuscivo a sopportare erano le urla e gli insulti.
Fece per prendermi le braccia, ma io lo scansai andando a prendere delle salviette.

Levati, ora devo pulire.

Sparii in dispensa alla ricerca di qualcosa che potesse asciugare per terra e lasciai Liam e Jim in cucina da soli.
Che cosa hai fatto a mia sorella? Cosa avete fatto.” Liam smise di pulire il tavolo e guardò Jim.
Non abbiamo fatto niente.” Jim non si fece convincere.
Voglio la verità.” Disse avvicinandosi a Liam.
Non abbiamo fatto niente, te lo giuro!

Io intanto avevo trovato uno straccio e mi avviai in cucina, ma mi fermai ad origliare.

Ah no? Sei proprio sicuro?” Jim era più calmo rispetto a prima, ma era comunque molto arrabbiato.
Si, avrei voluto baciarla, ma tutte le volte che ci stavo per riuscire succedeva sempre qualcosa.

Ora Jim era faccia a faccia a Liam.
Sussurrava con aria minacciosa.
Non provare a toccarla un’altra volta. Conosco le persone come te, stalle lontano e continua il tuo tour. Dimenticatela, lei non sarà mai tua.


 

-Spazio autore-

Oh-oh! 
Guai in vista!
Jim è tornato a casa prima ed è molto arrabbiato con Liam! 
Perchè solo con Liam?
Bè, lo scoprirete ;)

Lasciate una recensione dicendo se vi è piaciuto o no ed eventualmente lasciando dei
consigli, sono sempre ben accetti ;)

Grazie a tutte voi che leggete e recensite!

-Anna-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Farfalle matte ***


Presi il cappotto ed uscii.

Sentii la porta di casa sbattere rumorosamente alle mie spalle e poco dopo riaprirsi.
Emi! Emily aspetta!
Liam mi rincorse per il corridoio e io mi voltai verso di lui.

Scusa Liam, mi dispiace tantissimo per mio fratello. Non pensavo fosse fatto così. Davvero, scusa. Mi dispiace tantissimo.
Avevo i capelli ancora leggermente umidi, ma per il resto ormai ero asciutta.
La maglietta blu di Liam era ancora bagnata a chiazze, ma lui sembrava non sentire il freddo del corridoio.
Emily, non ti preoccupare per me. Ma dove vuoi andare ora? Hai ancora i capelli bagnati e fuori si gela!

In effetti non sapevo dove sarei andata, volevo solamente uscire di casa e rinfrescarmi le idee.
Le parole che Jim aveva detto poco prima a Liam mi avevano confusa moltissimo.

In fondo al corridoio spuntò Jim, ma non si mosse dall’uscio della porta.
Rimase li a guadarci, come per controllare che cosa facessimo.
Liam, ho bisogno di fare due passi.
Detto questo scesi le scale di corsa e mi diressi verso il portone.


Vagai per Boston tutto il pomeriggio.
Non mangiai neanche il pranzo, il freddo e la rabbia per la reazione di Jim mi avevano chiuso definitivamente lo stomaco.
Camminavo per una grossa via piena di negozi e affollata da tantissime persone.
Tutte quelle persone avevano una meta, io no.
Ad un tratto mi sentii chiamare.

Emily! Emily Mc Dall!

Mi girai e cercai tra la folla chi mi avesse chiamata.
Nessuno mi conosceva e soprattutto nessuno sapeva il mio cognome.

Intravvidi tra la miriade di teste brune una chioma bionda.
Era Niall, seguito da Harry e Zayn.
Nuotai contro corrente tra la folla ed arrivai quasi a loro, che mi fecero segno di entrare in un negozio li vicino.
Io ubbidiente sgattaiolai attraverso le porte e riuscii a trovare un po’ più di calma.

Era un negozio di vestiti, principalmente da uomo.
Dopo poco Harry aprì la porta del negozio e tutti e tre andarono veloci verso il fondo, cercando un posto appartato.
Niall mi passò accanto e mi tirò dal braccio con loro.

Ok, qui non ci vedrà nessuno.” Disse Harry sporgendosi per controllare l’entrata.
Ma da chi vi nascondete?” Niall mi rispose veloce.
Dalle fan! Oggi è l’ultimo giorno che stiamo qui e sembrano assatanate!

Me ne ero completamente dimenticata.
L’indomani mattina sarebbero partiti e io non li avrei più avuti a due passi di distanza.

Ehi, tutto bene?
Mi chiese Harry vedendomi distante.
Non ebbi neanche il tempo di rispondere che Zayn intervenne.

Emi, posso parlarti un secondo?” Io deglutii a fatica e annuii.

Ci dirigemmo verso il settore delle camicie, poco lontani dagli altri.
Aspettai che fosse lui a rompere il ghiaccio.
Emi, mi dispiace. Non avrei mai voluto farti scappare, è che tu mi piaci. Scusa, non lo farò mai più.

Lui che sembrava un ragazzo tanto duro, in quel momento era il ragazzo più dolce del mondo, cosa che non mi sarei mai aspettata ma che mi fece impazzire.
Zayn, che mi aveva colpita dal primo momento si stava scusando per averci provato con me.

Cosa avrei dovuto fare?

Ma che mi importava, intanto l’indomani sarebbero partiti e non li avrei mai più rivisti.
No Zayn, sono io che mi devo scusare con te. Tu non hai sbagliato niente. Sono stata stupida e ho agito d’impulso, come faccio sempre quando sono in difficoltà. Dovrei pensare di più alle azioni che compio e invece reagisco sempre istintivamente.

Dannazione quanto avrei voluto che mi baciasse in quel momento!
Era perfetto e io ero intrappolata nel suo sguardo magnetico.
Il mio cuore era completamente impazzito, per metà voleva Liam, ma per l’altra metà voleva il ragazzo stupendo che mi ritrovavo davanti.

Lui si avvicinò lentamente e me, si appoggiò con le mani agli scaffali che ci circondavano.
Io ero davanti a lui, a pochissimi centimetri di distanza da quel ragazzo che teneva le braccia aperte stringendo con le dita il legno degli scaffali pieni di camicie ben piegate.

Non avevo esperienze per quelle situazioni, non avevo mai provato cosa significasse essere baciata da un ragazzo, ma da li a poco lo avrei provato.
Le sue calde labbra si poggiarono sulle mie.
Per la durata di quel bacio mi sembrò di volare, non sentivo più la terra sotto i miei piedi, mi sentivo leggera e libera.

Ma da un lato mi sentivo anche legata a lui.
Era il primo bacio della mia vita e quel ragazzo era davvero magnifico.
Si staccò lentamente dalle mie labbra, mordendomi quello inferiore.

Non ce la facevo davvero più! Dovevo farlo.” Si scusò.

Scusarsi per cosa?

Mi aveva baciata e mi era piaciuto tantissimo.

La nostra attenzione fu catturata da un ragazzo che si aggregò a Niall e Harry.
Mi sembrò simpatico, perché fece ridere tutti con una semplice battuta.

E’ Louis, l’unico componente della band che ti mancava da conoscere.” Mi disse Zayn vedendomi incuriosita da quel ragazzo.

Aveva un bellissimo rapporto di amicizia con Niall, ridevano e scherzavano molto insieme.
Invece con Harry mi sembrava molto distaccato, si guardavano solo di sfuggita e Harry era diventato molto più nervoso dopo il suo arrivo.
Infatti, continuava a guardarsi freneticamente a destra e a sinistra, come se qualcuno li stesse spiando.

Ehi.” Il mio sguardo tornò su Zayn, che ne frattempo si era rilassato.
La sua mano si avvicinò alla mia e le sue dita cominciarono a giocare con le mie, facendomi sorridere.
E ora che cosa accadrà?” Io ero decisamente più confusa di lui.
Zayn, voi domani partite.” Lui si rattristò.
Si, è vero. Ci tengo molto a te Emi.” Rimasi un po’ colpita da quell’affermazione.
Ma come fai a dirlo? Non mi conosci neanche!” Lui si avvicinò ancora di più.
“Sì, è vero. Ma io sento un legame fortissimo tra di noi, dalla prima occhiata fuori dall’hotel, ricordi?

La sua mano mi afferrò il collo e mi stampò un altro bacio sulle labbra.
In effetti era vero, da quello sguardo non avevo fatto altro che pensare a lui.
Ma non sentivo quel legame così forte di cui parlava.
Quello era il legame che sentivo con Liam e a ripensarci mi fece stare male.

Mi sentivo come se avessi tradito il bellissimo rapporto che si stava formando tra noi due, anche se pensavo che sarebbe stata impossibile una relazione.
Ehm, Zayn io...

Harry ci chiamò e Zayn andò verso di lui.
Io rimasi tre secondi a fissare il colletto di una camicia azzurra in esposizione e poi li raggiunsi.

-Spazio autore-

Finalmente Emily conoscerà Louis, pensavate mi fossi dimenticata di lui?
Naaaaaa ;)

Comunque, ora Emily si trova in vero casino! 
Come se la caverà?

Se avete idee su come potrebbe continuare la FF lasciatemi una recensione ;)

GRAZIE DI CUORE A TUTTE <3


-Anna-

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Capitolo 20
*** Shopping a Boston ***


Louis, ti presento Emily Mc Dall, una mia nuova ed affascinante amica.
Mi presentò Zayn mettendomi un braccio intorno alla vita.
Mi sentivo un po’ impacciata e in suggestione con il suo braccio su di me e lo sguardo degli altri tre fisso su noi due.
Mi sentivo in imbarazzo e non mi piaceva per niente.

Piacere, Louis Tomlinson.
Si presentò stringendomi calorosamente la mano.

La barbetta che gli incorniciava il viso gli dava l’aria da adulto e in effetti sembrava il più grande dei cinque.
Piacere mio.” Dissi ricambiando con un sorriso.
Comunque ti vorrei far presente che non è solo una tua nuova amica, caro il mio Malik.

Disse Niall accentuando la frase su quel ‘tua’ che mi fece sentire meno oppressa.
Sollevai lo sguardo e i suoi occhi azzurri fissarono i miei, come per dirmi che aveva capito come mi sentivo.
Aveva cercato di sdrammatizzare il momento e c’era riuscito benissimo.

No, infatti! Lei è anche nostra!” Disse Harry e mi venne incontro cercando di tirarmi via da Zayn.
Io scoppiai a ridere e mi staccai da entrambi.
Calma ragazzi! Sono amica di tutti, non c’è bisogno che litighiate per me, non credo di valere così tanto.” Louis scoppiò a ridere.
Simpatica la ragazza!” Niall lo guardò storto.
Eh no caro! Non ti ci mettere anche te!” Zayn prese la situazione in mano.
 “Abbiamo intenzione di girare per Boston per sport o per fare shopping? Dai andiamo!

Afferrò la mia mano e mi trascinò delicatamente verso l’uscita, seguiti da Louis.
Io e Niall facciamo un giro qui dentro, ci sentiamo dopo! Ciao!” Ci salutò Harry.
Io li salutai con un gesto della mano e ci buttammo nella folla agitata di Boston.

Dove andiamo?” Intervenne Louis.
In quel negozio di vestiti!” Rispose Zayn mirando dritto verso un negozio di alta moda.

L’insegna rosa shocking e le due ragazze siliconate all’entrata non mi diedero una bell’impressione di quel negozio, ma appena fui dentro cambiai immediatamente idea.
Vestiti di tutti i tipi erano esposti ordinatamente lungo le pareti.
C’erano vestiti per ogni occasione, lunghi o corti, scuri o con colori sgargianti e con forme alquanto improbabili.

Salve, vorrei vedere alcuni modelli per lei.
Disse Zayn rivolgendosi ad una commessa che più che una ragazza mi ricordava una Barbie.

Non mi aveva ancora presentata a nessuno come ‘la sua ragazza’ e a me andava benissimo così, anche se quella situazione mi stava un po’ innervosendo.
La commessa sorrise dolcemente e ci fece strada verso diversi reparti, facendomi scegliere svariati modelli.

Ad un tratto presi in disparte Zayn e gli parlai.
Emi, ti piacciono questi vestiti? Dimmi quale vuoi e te lo compro.” Era esattamente quello di cui volevo parlargli.
Zayn, non voglio sembrare opportunista. Non voglio che mi compri un vestito così caro.” Zayn rimase sorpreso.
Ma io voglio farlo! Che vuoi che sia, è solo un regalino!

Guardai il suo volto con aria quasi supplichevole.
Ero orgogliosa e non avere i soldi per potermi permettere un vestito mi faceva sentire a disagio.
Non l’avrei mai accettato, un po’ per il mio orgoglio e un po’ per il fatto che non volevo apparire una ragazza approfittatrice.

Zayn, ti prego. Non lo posso davvero accettare.

Zayn si rassegnò e abbassò lo sguardo.
Io mi avvicinai a lui e gli baciai l’angolo delle labbra.
Lui tirò su lo sguardo e mi sorrise.

Era meraviglioso quando sorrideva.

Si girò e sempre tenendomi per mano congedò la commessa e uscimmo dal negozio.
Louis era rimasto in silenzio per tutto il tempo, non lo conoscevo e quindi non potevo ancora giudicare il suo stato d’animo, ma capii comunque che c’era qualcosa che teneva impegnata la sua mente.

Nuotammo nella folla fino a giungere ad un negozio di abbigliamento maschile, anch’esso di alta moda.
Oh bene! Finalmente shopping per noi! Tutto quel rosa mi stava dando alla testa!” Sbottò Louis entrando nel negozio.
Emi, mi consigli qualche maglietta e qualche giacca?” Mi chiese Zayn.
Io risposi annuendo e ci dirigemmo verso uno scaffale pieno di magliette.
Questa ti piace?” Gli chiesi titubante.
Si! E’ bellissima! Secondo te ci sta bene con questa giacca?

Non aveva affatto cattivi gusti in fatto di abiti, anzi se la cavava decisamente meglio di me.
Tenendomi la mano per due dita, ci dirigemmo carichi di magliette e giacche verso i camerini.
Anche Louis aveva trovato alcune cose di suo interesse.

Vai prima tu, Zayn!
Disse indicandogli l’unico camerino ancora disponibile.
Zayn lasciò la mia mano e mi sorrise chiudendosi la tenda alle spalle.
Louis si rivolse a Zayn.
Zayn, io e Emi andiamo un secondo a vedere una maglia che mi piace. Torniamo subito!

Guardai la sua faccia e lui mi sorrise.
Cosa voleva fare?
Forse non aveva strane intenzioni, ma non mi fidavo ancora di lui.
Certo! Tornate appena avete fatto!

Così seguii Louis tra gli scaffali, fino ad arrivare in un punto piuttosto lontano dai camerini.
Come stai?
Mi domandò guardando una maglietta.
Di certo non mi aspettavo una domanda del genere.

Bene, si credo di stare bene.

Lui ripose la maglietta nell’attaccapanni e ne tirò fuori un’altra.
Cominciò a farci scorrere le dita sopra, valutando il tessuto e scrutandola molto attentamente.

No, non credo.

Ma che voleva dire?
Non poteva sapere quello che stavo provando.

No, forse non è vero...

Mi sarei potuta confidare con lui?
Gli avrei potuto dire tutti i miei dubbi e le mie perplessità?

Già, l’ho notato.” Posò la maglietta e ne prese un’altra.
Era molto attento ai capi d'abbigliamento che sceglieva.
Da cosa?” Gli domandai.
Ti senti perennemente in imbarazzo, non hai baciato Zayn, ma ti sei limitata ad un piccolo angolo delle labbra ed infine mi hai detto di credere di stare bene. Non ti senti molto a tuo agio quando sei con lui.

Come aveva fatto a capire tutto?
Quel ragazzo aveva un’intelligenza strabiliante e soprattutto era un grande e astuto osservatore.

Non lo conosco e già mi ha baciata. Sono solo quattro giorni che ci frequentiamo.” Lui alzò finalmente lo sguardo su di me.
Ti piace questa maglia?” Io allungai le mani verso un altro capo.
Secondo me è meglio questa, ti mette in risalto gli occhi.” Sorrise e afferrò la maglia dalle mie mani.
Devi dirglielo Emily.

Ne ero consapevole, dovevo prenderlo da parte e parlargli.

Sì, lo so... Quando posso farlo secondo te?” Lui si diresse verso il camerino e io lo seguii come un’ombra.
Dal momento che domani mattina partiamo, ti consiglio di chiarire le cose oggi stesso.




 

 

-Spazio autore-

Eh cara Emily, le cose si complicano a quanto pare...
Voi cosa fareste al suo posto?
Si, insomma, Zayn è Zayn cavolo, ma mettetevi nei suoi panni.
E poi rimane un'altra questione... 
Liam.

Non vi dico più niente :P
Come sono crudele muahahah(?)

Grazie mille a tutte quelle che leggono o che lasciano una recensione, vi prego di continuare a farlo!


-Anna-

Emily nel negozio di abbigliamento maschile...

 

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Capitolo 21
*** E adesso come faccio? ***


Parlare a Zayn non sarebbe stato affatto facile.
Anzi, si sarebbe dimostrata una vera e propria impresa.

Non restammo tanto più a lungo in centro, ma ci dirigemmo a passo svelto verso l’albergo.
Ormai era calata la notte e cominciava a fare davvero molto freddo.
Loro avevano comprato tanti capi d’abbigliamento e accessori, io mi ero limitata ad una bottiglietta di acqua leggermente frizzante.
Adoravo sentire le bollicine scendere giù per la gola lasciandosi una scia di bruciore, mi risvegliava e mi dava energia.
Era praticamente un modo per ricaricarmi.

Per tutto il pomeriggio Louis mi fissò, cercando di convincermi con lo sguardo di parlare con Zayn.
Era molto carino da parte sua, stava cercando di aiutarmi ed era l’unico a sapere cosa provassi.

O forse non proprio l’unico.

 

Questa sera abbiamo l’ultimo concerto qui a Boston, ma ci andremo dopo cena. Ti andrebbe di fermarti a cenare con noi?” Mi chiese gentilmente Zayn.

Sarebbe stata l’opportunità perfetta per chiarire la situazione.
Sembrava quasi che a lui andasse bene rimanere in quella specie di ‘filo sul baratro’.
Sapevamo entrambi che una volta partiti, ci saremmo potuti vedere pochissimo e con il nostro rapporto appena iniziato e ancora molto fragile, non sarebbe potuto andare molto avanti.
Ma nonostante ciò lui continuava a fare finta di niente, come se l’indomani non fosse un problema, cosa che invece per me era.

Si, certo!” Risposi con molto entusiasmo.
Louis fu felice di sapere che sarei rimasta, sapeva che avrei affrontato lo scottante argomento da li a poco.
Zayn caro mio, Niall e Harry sono arrivati?

Niall e Harry erano rimasti in centro più a lungo di noi, fermandosi a fare foto e autografi con le numerose fan che noi eravamo riusciti ad evitare.

Sembra brutto detto così, ma quando sei in giro e sai che hai poco tempo non ti va proprio che un gruppetto di ragazzine ti fermi per chiederti di fare foto e firmare pezzi di carta.
Doveva essere molto stressante, o almeno per me lo sarebbe stato. 

Zayn ringraziò con un sorriso i fattorini che ci aprirono gentilmente il portone dell’albergo.

Quando stavo con quei ragazzi mi sembrava di camminare perennemente su un tappeto rosso che ti fa apparire importante e speciale.
Era una bella sensazione, ma ciò portava lo sguardo della gente ancora una volta fisso su di me.

Zayn rispose con un po’ di ritardo a Louis.
Si, mi ha scritto Harry di essere ancora in centro. Non torneranno prima di almeno un’ora.

Era ancora presto per la cena e sarei rimasta li almeno per ancora due ore.
Avevo tutto il tempo per organizzarmi le parole da dire e prendere da parte Zayn per il ‘discorsone’.

Salimmo con calma le scale, mentre la pelle della mia mano era costantemente accarezzata da quella di Zayn.
Da quando Louis aveva sentito il nome di Harry si era irrigidito e io mi domandavo il perché.

Arrivammo in camera e potei finalmente sedermi per riposarmi qualche minuto.
Emi, io vado a farmi la doccia. Ti va bene se rimani qui con Louis?” Mi disse dolcemente guardandomi dritto negli occhi.
Mica me la mangio eh?! Anche se sarebbe davvero deliziosa.” Rispose al mio posto Louis.
Io mi limitai a farmi scappare una risata piuttosto rumorosa e nervosa.
Zayn lasciò la mia mano e si chiuse in bagno.
Con un sospiro profondo lasciai uscire tutta la tensione che avevo in corpo.

Finalmente respiri.” Mi disse Louis.
“Pensavo di non saper neanche più come fare.” Risposi sorridendo.
Anche lui mi sorrise e per un attimo riuscii a veder sparire anche la sua di tensione.
Che rapporto hai con Harry?

Come sospettavo, lui si irrigidì immediatamente.

Rapporto? Siamo molto amici, o meglio.. Lo eravamo.” Il suo viso si oscurò e lui si lasciò cadere sul divanetto.
In che senso ‘eravamo’?” MI sedetti accanto a lui sperando che rispondesse ai miei dubbi.
Vedi, la fama a volte è bella, ma a volte separa le persone in maniera tale da non riuscire neanche più a potersi guardare negli occhi. Soprattutto quando siamo in giro e quindi esposti agli obbiettivi dei paparazzi e delle fan.

Non mi aveva affatto tolto i miei dubbi, anzi li aveva aumentati.

Che vuoi dire?”  

Non volevo essere troppo invasiva, ma se lui non avesse voluto rispondermi avrebbe potuto benissimo liquidarmi, ma così non fece.

Anni fa io e lui eravamo come fratelli, tanto che ci abbracciavamo spesso e a volte ci baciavamo anche sulle guance. Insomma, tutte cose normali! Eravamo abituai ad avere un rapporto di amicizia talmente forte da essere anche fisico. Non pensare male, ma ci piaceva toccarci le mani o accarezzarci la faccia o fare altre cose del genere.
Finché poi tutto cambiò. I paparazzi cominciarono a darci dei gay e il nostro management cominciò a vietarci di avere quel rapporto che ormai era diventato importantissimo per me.
E’ ormai da mesi che non ci parliamo quasi più, ci sono giorni in cui non ci guardiamo neanche una volta. Mi fa male, molto male, ma non possiamo farci niente.


Io rimasi molto sconcertata da quella storia.
Harry cosa dice a riguardo?” Vidi i suoi occhi diventare sempre più rossi.
Lui fa come me, ubbidisce agli ordini che ci arrivano dall’alto.Giocherellava con le mani e teneva lo sguardo in basso, come se si vergognasse.
Ma non potete ribellarvi? Non potete dire che siete solo amici?” Lui alzò finalmente lo sguardo su di me e il mio cuore si fermò per qualche istante.
Lo abbiamo fatto, lo abbiamo fatto mille volte ma non è servito a niente. Non possiamo ribellarci, loro sono i nostri capi, capisci? Dobbiamo fare ciò che dicono loro o senò cambiare management, ma non è facile.
Io rivoglio la nostra vecchia amicizia, rivoglio il mio Harry.


Lacrime calde scendevano sul suo viso e io dovetti sforzarmi di non farle scendere anche dai miei occhi.
Mi avvicinai a lui e lo strinsi in un forte abbraccio.

Cosa poteva fare?
Come avrebbe potuto convincere veramente il mondo della sua eterosessualità?

Ma ora non ci voglio pensare, non ci penso mai prima dei concerti o senò poi faccio troppa fatica a stare sul palco. Tu piuttosto? Perché non vai a parlare con Zayn? Mi sembra che abbia finito.
Non sentivo più l’acqua scorrere dalla doccia.
Doveva aver finito e io sarei dovuta entrare la dentro per parlargli.

Si ok, non so se riuscirò a trovare le parole giuste.” Gli confessai.
Lui mi sorrise asciugandosi il viso bagnato.
Lui capirà, è un bravo ragazzo. Fidati di me.

Gli sorrisi e mi alzai dirigendomi lentamente verso il bagno.
Afferrai la maniglia e mi girai per avere un ultimo sguardo di supporto da parte di Louis.
Lui mi sorrise ed annuì spronandomi ad aprire la porta.

Il mio sguardo tornò su quella maniglia.
Non era difficile, bastava girarla e parlare con lui, in fondo l’avevo già fatto.
Ormai ero pronta.

S
tavo per girare la maniglia quando la porta della camera si aprì di colpo.
Liam spuntò dall’uscio, rilassato e avvolto in un accappatoio bianco.
Dove sei stato?
Chiese Louis incurante della mattinata che avevo passato con lui.

A provare la spa dell’hotel. Emily?!

 





-Spazio autore-

WOWOWOWO!

Puntatona!
Ok basta.

Emily è in un vero bordello come mi ha scritto una mia amica in una recensione! 
Ahahah si Paola, hai proprio ragione! ;)

...Liam in accappatoio è molto sexy, dovete immaginarvelo anche con i capelli un pò bagnati e la pelle morbida e calda di quando si esce dalla sauna...
Ok Anna smettila.

Anyway...
Louis e Harry, ragazze io non credo (o meglio non ci do importanza) al Larry e in questa FF ho spiegato brevemente ciò che secondo me è successo realmente ad X-Factor.
Mi spiace, ma io shippo solo
Nizza (Niall+pizza) u.u

Spero che vi sia piaciuto e se è così lasciate una recensione :)

-Anna-


 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Passato ***


Avevo ancora la mano sulla maniglia della porta del bagno, sarei entrata ma vedere Liam dalla porta mi aveva bloccata.
Mi sentivo tremendamente in colpa.
Sentivo come se lui avesse capito tutto quello che era successo e ci soffrisse.

Emily, che ci fai qui?” Mi chiese un po’ sorpreso.
Io titubai per alcuni istanti e Louis intervenne in mio soccorso.
L’abbiamo incontrata in centro e si è unita a noi!” Liam mi sorrise.
E così hai conosciuto il più vecchio del gruppo, eh?” I miei presentimenti erano fondati, Louis era il più anziano del gruppo.
Io sorrisi a mia volta e dissi: “Si, è davvero un ragazzo eccezionale.
Guardai Louis che abbozzò un sorrisetto di vergogna per poi alzarsi.
Ragazzi, io vado in camera mia, ci vediamo per cena ok?” Disse avviandosi verso la porta.
Si, ma perché? Emily mangia con noi?” Louis fece di si e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Liam avanzò verso di me tenendosi stretto l’accappatoio addosso.
Allora, ti sei divertita in giro a fare shopping?

Al solo pensiero di quel pomeriggio passato mano nella mano con Zayn mi venne nausea.
Forse ci sarei anche stata bene con lui, ma sicuramente Liam era riuscito a conquistare il mio cuore più di lui e del suo sguardo magnetico.
Si.
Dissi abbassando lo sguardo e andando verso la finestra.
Con aria malinconica mi misi a fissare le macchine che sotto di noi intasavano le strade affollate.

Stai bene?” Io mi sforzai di fare una voce apparentemente normale e tranquilla.
Sì...” Evidentemente non ero brava a recitare.
 “Sei sicura?”. Si avvicinò a me e senza che io mi girassi mi raggiunse a fissare la strada illuminata dalla debole luce dei lampioni.
No.

Sembrava che si aspettasse una risposta come quella.
Lui lo sapeva, sapeva tutto di me.

Cominciai a sbuffare e a far uscire l’aria tutta di colpo.
Te come stai?” Intervenni prima che potesse fare altre domande.
Lui rispose sincero e tranquillo: “Non tanto male, potrebbe andare meglio, ma ora sono felice.
Mi girai verso di lui e lo guardai negli occhi.
Perché sei felice?

Insomma, era alquanto strano.
Mio fratello gli aveva detto che non poteva mettersi con me, l’aveva cacciato di casa, io ero scappata da lui facendomi un giro in centro con gli altri e lui era rimasto solo tutto il pomeriggio.

Perché ora sono con te.

Mi sorrise e mancò poco che io mi sciogliessi come un cubetto di ghiaccio al sole.

Come poteva essere così dolce?
Come riusciva a farmi sempre sorridere?
Non lo sapevo, ma adoravo il fatto che ci riuscisse sempre.

Sentii le mie guance arrossire e formicolare.
Lui lasciò il candido e bianco accappatoio stretto accuratamente in vita e afferrò la mia faccia con entrambe le mani.

Era diverso, tutto era diverso quando stavo con lui.

Con le dita mi faceva il solletico alle guance e le sue labbra si aprirono in un meraviglioso sorriso.
I suoi occhi così comuni ma allo stesso tempo speciali mi fissavano e io mi ero persa in quel marrone.
Si avvicinò lentamente alle mie labbra.
Io gli presi il viso tra le mie mani e sorrisi anche io.

Ero felice di averlo vicino a me, ero felice che lui fosse li, ero felice perché ero con lui.

Di botto si aprì la porta del bagno e io e Liam ci staccammo ancora una volta.
Ci sarei mai riuscita a dargli quel bacio che tanto volevo?

Zayn uscì con solo un asciugamano intorno alla vita.
Uh ciao Liam!
Liam lo salutò leggermente imbarazzato, ma anche alquanto seccato.
Io ero ancora imbambolata e non sapevo cosa fare, come mio solito.
Zayn venne verso di me.
Questa sera Emi cena con noi, ti va bene?” Chiese Zayn a Liam.
Si, me l’ha detto Louis.” Disse guardandomi.

Io non osavo alzare lo sguardo dai miei piedi, finché decisi di prendere posizione.

Ragazzi, io devo andare a fare un salto a casa. Vi raggiungo tra poco!” Zayn mi accompagnò alla porta.
Non avrei voluto che mi baciasse davanti a Liam, non volevo proprio.
Ma non riuscii a fermarlo in tempo che mi stampò un bellissimo bacio sulle labbra.
A dopo piccola.

L’ultima cosa che vidi di quella stanza prima che la porta si chiudesse fu Liam.
La sua faccia era meravigliata e confusa, tremendamente triste e sconsolata.
Come avrei fatto ad affrontare una cena in quello stato?
Presi l’ascensore e aspettai di arrivare al piano terra.

Emily!” L’ascensore si aprì e mi ritrovai davanti Harry e Niall pieni di sacchi.
Ehi ragazzi! Questa sera ceno con voi, felici?” Niall mi abbracciò forte e Harry si limitò a sorridermi.
Ma certo! Vai a casa?” Mi chiese lui.
Si, ci vediamo tra poco! Ciao!”.



Ma che sto facendo? Complimenti Emily, ti cacci sempre nei guai.
Mi rimproverai mentre cercavo le chiavi di casa nella borsa.
Continuai a frugare freneticamente, ma la porta si aprì prima che potessi farlo io.

Emily! Ti stavo venendo a cercare! Ti ho provato a chiamare un sacco di volte ma non mi hai mai risposto.
Jim mi fece accomodare in casa.
Ero ancora arrabbiata con lui per la scenata che aveva fatto quella mattina con Liam.
Continuavo a chiedermi cosa volessero dire quelle sue parole.

Senti Emi, mi dispiace molto per come ho reagito oggi.
Mi confessò mentre io andavo in camera mia con ancora le mani dentro alla borsa.

Mi bloccai sull’uscio e mi voltai.
Non potevo tenergli il broncio, dovevo tutto a lui e in effetti me l’ero meritata quella sgridata.

Era serio, ma era anche molto triste.

Mi avvicinai a lui e lui abbassò lo sguardo mentre i miei occhi continuavano a fissarlo.
E’ che.. Ti devo parlare di una cosa molto importante sorellina.

Adoravo quando mi chiamava in quel modo, mi faceva sentire unica e protetta.

Gli sorrisi e mi sedetti sul divanetto.
Lui mi seguì e si sedette a sia volta affianco a me.
Mi dispiace di averti urlato contro.

Probabilmente si era preparato tutto il discorso da farmi, ma io rovinai precipitosamente i suoi piani.

Perché non ti piace Liam?
Rimase un po’ spaesato, stava pensando a cosa dirmi per convincermi che dovevo lasciar perdere.
Perché gli hai detto che non sarò mai sua?

Avevo decisamente colpito un punto debole.
Jim era sempre stato un ragazzo sicuro di sè, ma quando mi doveva parlare di cose così personali e importanti era come se diventasse timido tutto d’un tratto.
Non mi vuoi proprio far fare il mio discorsone, eh?” Mi chiese compiaciuto.
No, lo sai che io sono una ragazza diretta.
Rinunciò al giro di parole che aveva in mente e mi disse: “Poco meno di quattro mesi fa, arrivò in albergo un’attrice. Era qui con la troupe per girare alcune scene e poi sarebbe ripartita. Era una ragazza stupenda e io mi innamorai subito di lei.
Che stupido che ero stato.
Mi era persino sembrato che lei ci stesse! Sembrava che io gli piacessi!
Andavamo la sera fuori, lei mi invitava nella sua camera d’albergo e io la invitavo qui a casa. Era tutto perfetto quando stavo con lei, non avevo occhi per nessun’altra.
Lei era perfetta.
Un giorno mi disse che sarebbe partita da li a poco e ci restai malissimo. Anche lei sembrava esserci rimasta male, sembrava che volesse una storia seria con me, capisci? Io mi fidavo di lei e la amavo, come uno scemo. Poi quel giorno arrivò e lei andò via, promettendomi di farsi sentire e che sarebbe tornata per stare con me. Bé, sta di fatto che fino a due mesi fa ogni sera le scrivevo e la supplicavo di rispondermi, ma lei non l’ha mai fatto.
Mi ha spezzato il cuore in due.


Mi faceva male sentirlo parlare in quel modo, con quella voce strozzata che si sforzava di far uscire.
Ci doveva tenere davvero tanto a quella ragazza che mai più avrebbe rivisto.

E ora ho paura che questo ragazzo possa fare lo stesso con te, Emily. Sono tutti uguali, ti illudono e poi se ne vanno mettendo al primo posto la carriera e i soldi.

Aveva cercato di proteggermi, voleva solo fare quello.

Jim, io non posso dire di conoscere bene Liam, ma ti posso assicurare che non è come quella ragazza.

Ero sicura di quello che stavo dicendo?
No, per niente.
Mi stavo solamente cercando di auto convincere per abbandonarmi ai miei sentimenti, ma Jim non l’avrebbe permesso.

No, Emily credimi io pensavo la stessa cosa di lei. Non ti devi fidare, ti prego non fare il mio stesso errore.

Cosa avrei dovuto fare?

Quando stavo con Liam mi sentivo viva, cosa sarebbe successo se avessi tagliato tutti i rapporti che mi ero sforzata di creare?

Jim, ma.. Io non lo so. Che devo fare? Io.. Io penso di amarlo.

Era troppo tardi ormai?



 

-Spazio autore-

Ah Jim Jim Jim...
Complichi una situazione che di per sè è già abbastanza incasinata.
Emily non sa proprio che pesci prendere!

Liam?
Zayn?
Oppure dare retta a Jim e lasciar stare entrambi?


Boh, chi lo sà...
Bè ovvio, io lo so! u.u

Come sempre vi ringrazio tutti di cuore per le recensioni che lasciate e/o semplicemente per il fatto che leggiate la mia storia!
Scrivetemi una recensione dicendomi come pensate che Emily agirà dal
prossimo capitolo e vedremo se azzeccherete ;)

A presto!

-Anna-

 

 

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Capitolo 23
*** Discorsone ***


Quella sera non c’erano le nuvole in cielo, si vedevano chiaramente le stelle per quanto le luci della città lo permettessero.
Mi strinsi le ginocchia al petto seduta dalla finestra ad osservarle.
Erano tante ma sapevo che il cielo ne nascondeva molte di più.
La luna emanava una luce fioca, ma si riuscivano a scorgere i crateri che la ricoprono.

Con la mano destra cominciai ad accarezzarmi il braccio sinistro.
Lo facevo sempre a Queens, mi rassicurava e mi faceva pensare con più calma e lucidità.

 Cosa avrei dovuto fare quella sera?
Come mi sarei dovuta comportare con Liam e con Zayn?

Jim mi aveva spronata a lasciar perdere tutti, di dimenticarmi di loro come se niente fosse successo, ma a me non sembrava molto corretto.

Avrei parlato con Zayn e cosa gli avrei detto?

 Non ero brava in quel genere di cose, ero una vera frana nei discorsoni che invece piacevano tanto a Jim.
Sarei voluta sparire, senza essere mai esistita.
Durante la mia vita avevo solo fatto dei guai, a mio parere.

Decisi di vestirmi ed andare all’albergo, come me la sarei cavata non lo sapevo ancora.
Aprii l’armadio e comincia a scrutare ogni singolo capo che avevo.
Optai per uno stile soft e rilassato, era una cena alla veloce e non sarebbe importato a nessuno il mio abbigliamento.

Il cellulare si illuminò e io lessi il messaggio:

Ciao Emily, tra quanto vieni? -Harry-”.

Risposi al messaggio dicendo che sarei arrivata da li a poco.

Ok, ti aspettiamo! -Harry-

Già, Harry.
Un’altra gatta da pelare che volevo risolvere.
Volevo aiutarli, volevo che Louis e Harry tornassero amici come prima.

 

Jim, io esco. Torno dopo cena!

Feci per aprire la porta quando lui mi venne in contro e mi strinse in un abbraccio.
Rimasi un po’ meravigliata da quella sua mossa, ma mi adeguai e lo strinsi a mia volta.

Ti prego, scegli bene Emily.
Lo guardai sorridente ed uscii di casa.

Percorsi il pezzo di strada tra casa mia e l’hotel guardandomi i piedi, senza fare più caso allo sguardo delle persone.
Salii i tre scalini e il fattorino mi aprì la porta.
Entrai e andai a colpo sicuro su per le scale.

Le guardie del corpo sulle scale mi lasciarono passare senza problemi, ormai conoscendomi.
Andai dritta verso la loro stanza.

Mi ero decisa, avrei preso da parte Zayn e gli avrei detto che non volevo continuare.

Feci per aprire la porta ma Niall lo fece prima di me.
Oh! Ehi! Emily, come stai? Sei uno splendore questa sera!

Quel ragazzo era semplicemente stupendo e a mio parere il più simpatico che io avessi mai incontrato.
Gli sorrisi e lui fece lo stesso, invitandomi poi ad entrare in camera.

Ragazzi, c’è Emily!” Urlò appena entrato.
Louis era seduto comodamente sul divanetto, Liam appoggiato al vetro della finestra e Harry e Zayn uscirono dal cucinino.
Mi salutarono tutti e io mi sentii un po’ in imbarazzo.
Non ero ancora mai riuscita a stare in camera con tutti loro, non li avevo mai visti tutti insieme.

I One Direction al completo finalmente!” Esclamai con un sorriso.
Non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto in questo momento.” Mi disse Harry.

Zayn mi venne in contro e fece per baciarmi, ma io mi scansai appena lo ebbi a pochi centimetri da me.
Che succede?” Mi chiese confuso.

Diedi uno sguardo veloce ai ragazzi: Harry e Niall parlavano tra di loro, Liam non mi aveva ancora degnata di uno sguardo da quando Zayn si era avvicinato e Louis mi guardava e mi fece l’occhiolino.

Ti devo parlare.” Vidi scappare a Louis un sorrisetto complice e poi afferrai la mano di Zayn, quella mano tanto morbida e calda che per tutto il giorno era rimasta incrociata con la mia.
Lo portai fuori, fino alla sua stanza e una volta dentro cominciai il mio discorso.

Senti Zayn, tutto quello che mi sta accadendo è pazzesco. Non avrei mai pensato di incontr...” Zayn mi interruppe.
Lo so Emily, va bene.” Ero decisamente confusa.
C-cosa?” Zayn si allontanò da me e vidi i suoi occhi rattristarsi.
Ho capito dove vuoi arrivare e va bene. Finiamola qui.” Era stato più veloce del previsto.
Ma perché?” Chiesi. Lui rispose veloce, senza pensarci troppo.
Capisco che per te può essere prematuro, insomma, non ti conosco neanche! Sento ancora quel legame, ma sento anche che per te non è così forte e fondamentale. Inoltre, penso che non potresti stare con me e pensare a Liam.

Aveva centrato il punto, aveva riassunto tutto quello che avrei voluto dirgli io.
Sorrisi non appena vidi formarsi sul suo viso un sorriso di sconfitta e di rinuncia.
Ci aveva rinunciato, per lui andava bene così.

Grazie.” Gli dissi abbracciandolo.

Lui mi strinse forte a se, massaggiandomi la testa e io mi godetti le sue braccia intorno a me.
Guardai la porta da sopra la spalla di Zayn e mi ricordai quando qualche giorno prima scappai da quella stanza.
Era li che tutto ebbe inizio.

Senza dire più una parola uscimmo col sorriso in faccia, probabilmente più accentuato e visibile il mio che il suo.
Era bello avere un amico così, era un ragazzo molto maturo e me lo aveva appena dimostrato.

Appena entrai in quella stanza arrivando affianco a Zayn, avrei voluto correre da Liam, ma mi dovetti trattenere.
Andiamo? Io ho una certa fame!” Esclamò Niall vedendoci arrivare.
Louis si alzò e mi venne in contro facendomi nuovamente l’occhiolino e dicendomi “Ben fatto.”. Io gli sorrisi.

Andammo tutti insieme al primo piano, nella sala da pranzo.
Non mangiavamo assieme agli altri clienti, ma in una zona più appartata e riservata.
La sala era stupenda e l’arredamento in stile liberty mi inebriava.
Non c’era ancora tanta gente perché era presto per la cena, ma qualche coppietta aveva già occupato dei tavoli.

Non fecero molto caso a noi e ci andammo a sedere ad un tavolo con sei sedie.
Louis, mi passi il menù per favore?” Chiese Niall.
Sei proprio sicuro? Non vuoi che scelga Zayn cosa è meglio mangiare?” Rispose Louis.
No macché! Dai da qui!” Esclamò di risposta Niall.
Ok, basta che non scegli più di due piatti a portata!” Louis passò il menù a Niall che lo ringraziò con una smorfia.
Ah-ah. Simpaticone.
Emi, mi era venuta questa idea oggi: ti va di venire al concerto? Possiamo trovarti un bel posto!” Mi invitò Harry.

Io ad un loro concerto?

Non sapevo neanche che genere di musica facessero!

Ehm... Veramente avevo promesso a mio fratello di passare la serata con lui!

Che potevo dire?

Mi ero inventata una bugia, ma ero esausta e non mi andava proprio un concerto pieno di urla e ragazzine assatanate.
Fa niente!” Si consolò Harry.

La cena andò benissimo, dopo poco tempo la tensione che aleggiava sopra la parte del tavolo di Liam e Zayn sparì e cominciammo a parlare tutti insieme.
Dovemmo alzarci prima del dolce perché i ragazzi stavano cominciando a fare tardi per il concerto, ma riuscii a fare quella cosa che tanto speravo.



 

-Spazio autrore-

UUUUAAAAAAH!
Anche io voglio andare a cena con i ragazzi!
Però io accetterei calorosamente l'invito di Harry! ;)

Per quanto rigurada Zayn mi fa un pò pena in questo capitolo, capisce che Emily prova qualcosa per Liam e da "
uomo maturo" lo accetta.
Che cucciolo :3

Comunque...

Grazie mille se sei arrivata a leggere fino a qui :)
Un nuovo capitolo arriverà
molto in fretta...

-Anna-

 

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Capitolo 24
*** Un'amicizia ritrovata ***


Harry, Louis potete venire un secondo?” Chiesi mentre si dirigevano verso le camere.
Louis mi guardò male e Harry rimase invece un po’ confuso.
Dimmi.” Mi chiese Harry.

Ormai li avevo separati dal gruppo ed eravamo solo noi tre.
Non si guardavano, non osavano girare lo sguardo l’uno sull’altro.
Harry venne verso di me, mentre Louis rimase un po’ più in disparte, tenendo le distanze da lui.

Basta.” Gli dissi in modo serio. Harry mi guardò più confuso di prima.
Che ho fatto?” Mi chiese.
Non lo vedi?” Domandai indicando con lo sguardo teso verso Louis.
Louis abbassò lo sguardo e cominciò a guardare freneticamente a destra e a sinistra.
Ragazzi, non potete andare avanti così.

Harry abbassò lo sguardo a sua volta.
Sembrava come se fossero dei cani che dovevano semplicemente obbedire al padrone, delle marionette.
Non possiamo.” Ripeté Louis.

Finalmente Harry alzò lo sguardo su di lui e vidi Louis sforzarsi di guardarlo negli occhi.
In quel momento sarei dovuta sparire, ma mi limitai a indietreggiare di qualche passo senza che se ne accorgessero.

Harry, perché ci facciamo questo? Che senso ha?
Harry rimase zitto per alcuni istanti, finché disse: “Non ne ha.”

Riuscii a intravvedere quell’amicizia passata, quell’amore che provavano reciprocamente.
Quel sentimento di fratellanza che avevano soppresso per tutto quel tempo stava per uscire.

Io.. Io rivoglio il mio vecchio amico Harry.” Disse Louis con la voce tremolante.
Harry sorrise e Louis non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
Ma lo sai che non possiamo, la gente penserà male.” Louis non si fece abbattere dalle parole di Harry.
Non importa, noi sappiamo la verità. Se loro vorranno pensare che noi abbiamo una relazione saranno liberi di farlo, ma noi saremo amici. Io non posso andare avanti così, Harry.
Era convincente, Harry ragionò velocemente finché arrivò una guardia del corpo.
Ragazzi, dovete prepararvi.” Loro gli chiesero alcuni minuti per parlare e l’uomo se ne andò.
Adesso dovrò affrontare un nuovo concerto stando attento a come mi comporto e a non guardarti troppo, a non starti vicino e a stare lontano da te. Ti sembra normale?

Gli occhi di Louis cominciarono a gonfiarsi.
Harry se ne accorse prima di me e si avvicinò a lui precipitosamente.
Era stupendo vederli abbracciati, stretti l’uno nelle braccia dell’altro.
Mi sei mancato Louis.” Louis rispose con voce flebile.
Anche tu, Harry. Ti voglio bene amico mio.


Non mi sarei mai aspettata di riuscire ad arrivare alla fine di quella giornata.
Stremata mi lasciai cadere all’indietro sul letto.
Sciolsi la mia treccia e cominciai a districare i mie capelli dolcemente con le dita.
Quella giornata era stata lunghissima e mi dispiaceva quasi che fosse finita.

La mia prima ‘relazione’ non era neanche durata un giorno, wow! Che record!
Ero felice che si fosse concluso tutto con Zayn, non mi sentivo proprio a mio agio quando stavo accanto a lui, mi sentivo in suggestione e non riuscivo a stare tranquilla e a godermi il momento.

Quella sera i ragazzi erano così in ritardo per il concerto che non ebbero neanche il tempo di salutarmi.
Mi arrivò un messaggio e lo lessi ancora da sdraiata sul piumone.

 

Ciao Emily! Ora siamo in macchina e ti volevo dire che mi dispiace tanto non averti potuta salutare questa sera. Sai, Zayn mi ha raccontato tutto e sono felice della tua scelta! -Liam-
 

Sorrisi e distolsi per alcuni istanti lo sguardo dal cellulare.
Risposi felice:

 

Anche io ne sono felice, mi sento più leggera. Domani a che ora partite?
 

Inviai e mi alzai.
Posai il cellulare sul letto ed andai velocemente in bagno.
Ero proprio distrutta e volevo andare a letto il prima possibile.
Quando tornai in camera presi il cellulare e lessi la risposta di Liam:

 

Mi piacerebbe tanto se domani mattina ci venissi a salutare, ma partiremo molto presto.. Penso che saremo sul tour bus per le cinque di mattina.
 

Rimasi molto triste da quella risposta, ma non mi scoraggiai.
L’indomani gli avrei fatto una sorpresa.

 

Ah capisco, se riesco mi farò trovare per quell’ora sotto all’hotel!
 

Rispose dopo pochissimo.
Adoravo il fatto che fosse così attento e veloce a rispondermi, me lo immaginavo seduto in macchina a fissare lo schermo che gli illuminava il viso mentre aspettava ansiosamente una mia risposta.
In fondo era quello che facevo anche io.

 

A me farebbe tanto piacere, ma non voglio che poi tu rimanga stanca per salutarci! Ora siamo arrivati ed è pieno di Directioner! A presto Emi! Ti voglio tanto bene piccola.
 

Quelle ultime parole mi fecero sorridere e dovetti sforzarmi a non urlare dalla gioia.
Lo salutai e mi misi il pigiama.

Dannazione quanto vorrei che tu fossi qui adesso.” Mi dissi tra me e me.
E lo volevo veramente, ma sapevo che non sarebbe stato possibile.
Così mi misi sotto il piumone ed iniziai ad assimilare tutto il calore che emanava.
Da lì a poco mi addormentai come mai mi era successo prima, con il sorriso stampato in faccia.



La sveglia suonò alle quattro e mezza di mattina dandomi un buongiorno alquanto assordante.
Mi alzai  molto intontita, ma anche molto felice.
Al solo pensiero di rivedere Liam e gli altri quella mattina mi metteva di buon umore, ma pensare che li avrei salutati e che forse sarebbe stato un addio mi rattristava.

La prima cosa che feci una volta tiratomi fuori dalle coperte fu guardare dalla finestra: la strada era deserta e illuminata solo dalla debole e fioca luce dei lampioni.
Pioveva, anzi diluviava e i vetri erano appannati da quanto faceva freddo fuori.
Per un attimo mi venne la tentazione di rimettermi sotto il mio caldo piumone, ma scacciai subito quell’idea e andai a prepararmi.

Prima di allontanarmi dalla finestra diedi un ultimo sguardo all’hotel: un grosso pullman era parcheggiato davanti all’entrata.
Mi venne un’agitazione tremenda al pensiero di non poterli salutare, eppure Liam sapeva che se fossi scesa sarei andata lì per le cinque.
Senza perdere un secondo di più mi vestii molto pesante, preparandomi accuratamente.
Decisi di lasciarmi i capelli sciolti, non mi avevano mai vista senza treccia e inoltre non avevo il tempo per prepararmeli.



 

-Spazio autore-

Emily deve muoversi perchè senò rischia di non poterli salutare!
Ufff... Che stress!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi scuso per non averlo fatto
più lungo!

Vi ringrazio (come sempre) per il tempo che spendete nel leggere e recensire i miei capitoli.
E' molto importante per me sapere cosa ne pensate!

Alla prossima!

-Anna-

 

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Capitolo 25
*** Partenza ***


Ero pronta. 
Cappotto, ombrello nero, scarponcini, sciarpona intorno al collo e guanti.
Mi resi conto solo poco prima di uscire di essere vestita completamente di nero.
Ero talmente scura da somigliare ad un becchino, se non fosse per i capelli chiari che mi ricadevano sulle spalle.

Mi avviai di corsa verso il comò per prendere le chiavi di casa, che ovviamente non trovai.
Alzai gli occhi al cielo sperando di non fare tardi e corsi in camera.
Iniziai a frugare dentro la borsa che avevo usato il giorno prima senza trovare nessuna miserabile traccia delle mie chiavi.
Non potevo uscire senza, non potevo certo svegliare Jim alle cinque del mattino.

Nella foga di frugare inutilmente nella mia borsa feci cadere una pila di libri che Jim aveva posato per farmeli vedere sulla scrivania.
Imprecai e cercai di tirarne su il più possibile.
Cominciavo ad avere veramente caldo con il cappotto addosso, l’ombrello agganciato ad un braccio e le due borse dall’altro.
Inoltre mi stava cominciando a salire l’ansia e cercavo disperatamente le mie chiavi.

Ma dove diamine siete?! Oh eddai, venite fuori...

Le pregai sotto voce.
Un tuono fuori dalla finestra mi fece sussultare.
Non avevo paura del temporale, ma non è che mi andasse molto a genio.
La pioggia picchiettava contro il vetro e sentii un rumore di un motore.

Mi affacciai terrorizzata all’idea che fosse il loro tour bus che se ne stava andando, ma vidi solo una macchinasfrecciare da sola lungo la via sotto la pioggia battente.
Il bus enorme era ancora appostato davanti al portone dell’albergo con i fanali spenti.
Tirai un sospiro di sollievo e ricominciai la mia ricerca.

Presi la giacca del giorno prima e finalmente le trovai in tasca.
Dovevo essere più ordinata se non volevo perderle.
Mi diressi decisa verso la porta, ma una voce mi fermò.

Emi! Ma che stai facendo in piedi a quest’ora?
Jim comparve dalla porta di camera sua strofinandosi gli occhi e appoggiandosi allo stipite.
Vado a salutare i ragazzi, partono tra poco.

Lui non disse più niente e mi salutò con un gesto della mano per poi tornare a letto e chiudersi la porta alle spalle.


 

L’aria per la strada era pungente, la pioggia mi cadeva battente sull’ombrello nero e il vento minacciava di farmelo piegare.
La strada era completamente deserta ed era molto inquietante.
Mi ricordava uno di quei film polizieschi che vedeva spesso mio padre, dove la vittima si aggira di notte per strada e poi viene presa di sorpresa alle spalle da un assassino spietato.
Mi guardai d’istinto alle spalle, ma non vidi nessuna persona losca.

Tirai dritto verso l’hotel e appena lo raggiunsi fui lieta di vedere le luce provenire dall’interno.
Mi rilassava vedere quell’atmosfera calda e tranquilla dell’hotel.

I fattorini non c’erano e così per la prima volta toccai quel portone.
Per fortuna che mi ero messa i guanti, perché sentii il freddo del metallo sfiorarmi leggermente la pelle.

A contatto con l’aria calda della hall, la pelle del mio viso si rilassò.
Non ebbi il tempo di salire le scale che sentii le voci di Niall e di Louis.
Spuntarono da dietro l’angolo e rimasero molto sorpresi nel vedermi.

Emi! Sei venuta a salutarci?” Mi chiese Niall venendomi in contro e abbracciandomi velocemente.
Mi sembra ovvio Niall, senò perché sarebbe qui?” Rispose più rapido di me Louis.
Io sorrisi. 
Si ragazzi, non potevo non salutarvi!
Niall mi disse: “Liam sarà molto felice di vederti, non ha fatto altro che dirmi tutta la notte ‘speriamo che domani venga Emily’, ‘Niall convincila a venire’ oppure ‘se non viene io non parto’!
Louis lo fermò in tempo prima che potesse dire altro.
Se magari la smetti caro mio, Liam quando lo verrà a sapere eviterà di spaccarti la faccia.” Disse sorridendogli.
Davvero ha detto questo?” Chiesi stupita.
Sì! Dovevi vederlo, era agitatissimo!” Louis gli tirò una gomitata e lo ammonì con lo sguardo.
Che c’è? E’ la verità! Prima o poi verrà a saperlo, no?” Cercò di spiegarsi Niall.
Louis alzò gli occhi al cielo.
Bé, mi fa piacere saperlo!” Dissi.

Ero talmente felice che avevo un sorriso enorme e straordinariamente ebete stampato in faccia.
Ad un tratto sentimmo una voce scendere dalle scale e il mio udito non mi ingannò: era Zayn.
Cercai di essere il più impassibile e normale che potevo e anche lui sembrava provarci.

Il fatto era che mi vergognavo da morire e mi sentivo tremendamente in colpa per il discorso che avevamo affrontato la sera precedente.

Ciao Emily. Come stai?” Mi venne in contro e si fermò davanti a me con Niall e Louis.
Ciao! Tutto bene! Te?” Niall intervenne.
E’ venuta a salutarci!” Zayn non rispose alla mia domanda e capii che forse era meglio così.
Oh davvero? Bé mi fa molto piacere.” Mi disse sorridendomi.

La tensione calò e io ricomincia a respirare più o meno normalmente, se non fosse che da li a poco scesero anche Liam e Harry.
Appena gli occhi di Liam mi videro si illuminarono.

Un sorriso stupendo si aprì sul suo volto e mi corse addosso, stringendomi in un forte abbraccio.
Le sue braccia mi stringevano la schiena e le sue mani mi tenevano ferma su di lui.
Il suo viso era piazzato esattamente tra la mia sciarpa e i miei capelli.

Io invece mi tenevo ancorata al suo collo e la sua forte schiena si raddrizzò facendomi quasi alzare da terra.
Riuscivo a sentire il suo odore, un misto di felce schiuma da barba che mi salì dalle narici fino a inondarmi il cervello.

Restammo così abbracciato per un periodo di tempo che mi parve infinito, l’uno attaccato all’altro.
Sembrava quasi che i nostri corpi combaciassero alla perfezione.
Non mi importava degli sguardi, dei pensieri e delle idee che si ponevano gli altri.

Io volevo stare con lui, in quel modo e in quel momento.
Non volevo che se ne andasse, volevo che rimanesse lì con me per sempre, volevo che quel momento non passasse mai.

Sei venuta.” Mi disse lui all’orecchio.
Si, sono qui per salutarvi, sono qui per stare ancora un po’ con te.” Gli sussurrai io.
Lui rimase per alcuni istanti in silenzio per poi ricominciare a parlare.
Speravo tanto che tu venissi.” Mi scappò un sorrisetto ripensando alle frasi che poco prima Niall mi aveva detto.
Si, lo so.

Aprii gli occhi e mi trovai davanti quei quattro bellissimi ragazzi che in quei giorni avevo avuto la fortuna di conoscere.
Louis e Niall si abbracciavano facendoci il verso, Harry ci guardava sorridente e Zayn fissava il cellulare.

Decisi di staccarmi e anche Liam fece lo stesso senza opporsi.
Tre fattorini e varie guardie del corpo scesero le scale carichi di valige e sacchi, probabilmente dei ragazzi.
Avevano davvero tantissima roba da caricare, ma in pochi minuti il tour bus si riempì e arrivò il momento deisaluti.

Abbracciai tutti, erano diventati molto importanti per me, erano le prime persone che erano riuscite a trovare qualcosa di buono in me dopo la morte di mia madre.
Con Jim, loro erano le uniche persone importanti che mi rimanevano a quel mondo e in quel momento se ne stavano andando.
Mi sarebbero mancati tantissimo, lo sapevo che sarebbe stata dura.

Prima che Liam potesse prendermi da parte per parlarmi, mi suonò il cellulare.
Chi poteva essere a quell’ora? 
Pronto? ...Si, sono io... Che cosa?!... Si, arrivo subito con mio fratello.


 

-Spazio autrice-

La parte in cui Louis e Niall gli fanno il verso mi fa morire. :')

Ok Anna, 
serietà.

E' un momento molto importante della storia e la svolta che ci sta per essere porterà a momenti molto difficili per Emily.
Ma non vi voglio rovinare la sopresa, no no. :)
Visto che è un capitolo abbastanza corto, vi pubblico già anche quello successivo!
Leggetelo se vi va ;)

Recensite in tante e
 grazie a tutte quelle che seguono questa mia storia!

-Anna-

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Capitolo 26
*** Silenzio ***


In aereo di nuovo verso quella città.
Il vento era contrario e quindi ci mettemmo di più del previsto.

Jim ed io ci eravamo scambiati pochissime parole quella mattina, soprattutto per il fatto che lui fosse ancora addormentato e tremendamente stanco.
Un fitto strato di nuvole grige ci diede il bentornato a NYC e l’aereo toccò terra.

Non ero neanche riuscita a salutare come avrei voluto i ragazzi, scappando di corsa a casa per svegliare Jim.
Liam e i ragazzi avevano capito la mia situazione, che accuratamente gli avevo esposto.

Non ti preoccupare, ci sentiremo! Che ci fai ancora qui? Corri!” Mi avevano detto.

Un’altra occasione per dare quel bacio tanto atteso a Liam era svanita nel nulla ancora una volta, lasciando un vuoto enorme dentro il mio cuore.

L’aria pungente dell’aeroporto che non avrei mai più voluto sentire mi fece rabbrividire.
Stai bene?” Mi chiese Jim preoccupato.
Io guardai l’asfalto sotto i miei piedi e risposi: “Non lo so, sono preoccupata per lui ma non vorrei esserlo.

Jim si accostò di più a me e mi strinse un braccio intorno alle spalle tirandomi verso di se mentre camminavamo verso un taxi.
Fortunatamente ne trovammo uno disponibile in poco tempo.

Salve, al Heart Hospital per favore.” Disse al conducente.

Guardavo fuori dal finestrino, sforzandomi di rimanere apparentemente normale.
Forse mio padre non si meritava una mia visita, forse non avrei dovuto abbandonare in quel modo i miei amici, forse si meritava di morire senza essere ricordato.
Ma in fondo era mio padre e non potevo non portagli almeno un ultimo saluto.

In quei giorni non mi era affatto mancato, a dire la verità non ci avevo mai pensato a lui.
Ciò che mi preoccupava era la reazione che avrebbe potuto avere Jim e a cosa stava pensando in quel momento.

Il cellulare mi vibrò in tasca e lessi il messaggio:

 

Ciao Emi! Quando sai qualcosa di tuo padre dimmelo, ricordati che il mondo non è grigio. -Liam-
 

Sì, è vero, non l’avrei dimenticato.
Lui mi aveva fatto vedere il mondo con occhi nuovi e riuscivo quasi a percepire alcuni colori di quella New York che per me era sempre stata buia.
Risposi al messaggio e mi rimisi il cellulare in tasca.
Volevo che Liam fosse li con me, volevo averlo accanto in quel momento perché sapevo che se fossi caduta lui sarebbe stato l’unico in grado di rialzarmi.
Anche se Jim era al mio fianco, lo sentivo distante, perso nei suoi pensieri e avevo paura che potesse crollare anche lui, nonostante fosse tanto forte.

Il taxi si accostò e Jim ed io uscimmo, lui pagò il tragitto e insieme in silenzio ci dirigemmo verso l’ingresso.
L’aria di quel posto era finta e soffocante.
L’ultima volta che ero entrata in un ospedale era morta mia madre e sicuramente quel ricordo non poteva migliorare la situazione.

Salve, siamo Jim e Emily Mc Dall, siamo qui per vedere nostro padre, George Mc Dall.” Chiese mio fratello all’infermiera.
Sì, secondo piano camera numero 37.” Rispose quella donna grassa e bianchiccia con una smorfia.
Ringraziammo e salimmo le scale.

Tutto quel bianco mi andava alla testa e per alcuni istanti ebbi un flash del sogno che qualche sera prima mi aveva tormentata.
Scacciai tutti i miei cattivi pensieri e mirai dritto verso la camera 37 affiancata da Jim.


Siete i figli del signor Mc Dall?” un dottore ci venne in contro con una cartella clinica in mano.
Si, piacere.” Rispose Jim stringendogli la mano.
Dottor Block, sono io che mi prendo cura di vostro padre.
Come sta?” Esordii.
Il dottore titubò per alcuni istanti per poi cominciare a parlare.
Il signor Mc Dall è entrato in coma dopo una grave overdose di ieri mattina.

Un coltello dritto al cuore, ecco cosa sentivo dentro di me.
Un coltello che penetra lento nel cuore provocando un dolore lancinante rigirandosi nella piaga.
Deglutii e continuammo a guardare fisso il dottore che stava in piedi davanti a noi.

E’ in condizioni molto gravi, siamo cercando di fare il possibile, ma la quantità di sostanze stupefacenti nel suo sangue è altissima. Se volete potete entrare.

Jim ed io ci avvicinammo alla porta e prima di entrare chiesi: “Ce la farà?”.

Non mi importava che si fosse drogato, non mi importava che in quegli anni mi avesse trattata malissimo, non mi importava più niente.
Mio padre stava per morire e in quel momento non lo ricordavo come l’uomo che era stato per anni, ma come l’uomo che aveva sposato mia madre, come il padre che mi amava e che giocava con me.
Non lo sappiamo, durante il coma può succedere di tutto.


Il tintinnare del encefalogramma era assordante in quella stanza così silenziosa.
Provavo quasi compassione per mio padre, disteso in un letto di ospedale attaccato per un filo alla vita.

Jim rimase a fissarlo dalla porta, ma io mi feci avanti.
Arrivai fino a toccare le coperte del letto.
Erano dure e fredde.
L’odore di disinfettante mi bruciava il naso e gli occhi.
La mia mano si mosse quasi istintivamente, senza che il mio cervello lo volesse.

La sua pelle era tiepida e morbida.
A differenza del viso, le sue mani non erano cambiate, erano ancora piuttosto giovani.
Era l’unica parte che mi piaceva di lui, era l’unica cosa che mi aveva da sempre colpita e in quel momento feci caso che erano uguali a quelle di Jim.

Papà?” Dissi con voce flebile spezzettando quel silenzio in mille pezzi.
Papà, ma che hai fatto? Perché l’hai fatto? Non te ne andare anche te... Non farlo... Ti prego...” La mia voce faceva fatica ad uscire e divenne tremolante.
Forse mi odi, ma io ti voglio bene. Scusa... Perdonami papà...

Abbassai la testa e lasciai che gli occhi mi si gonfiassero di lacrime.
Jim si mosse e mi mise un braccio sulle spalle.
Io alzai lo sguardo sempre su mio padre e appoggiai la testa di lato sulla spalla di mio fratello.

Rimanemmo a guardare nostro padre in silenzio per parecchi minuti.
Sentivo come se lui fosse tornato quello di un tempo, come se si fosse svegliato, come se fosse ringiovanito e per la prima volta dopo tanto tempo riuscii a percepire l’atmosfera che c’era in casa prima che la mamma sparisse.
Quell’atmosfera di gioia, serenità, tranquillità e amore che dovrebbe sempre esistere nella vita di una persona, adulta o bambina.

Mia madre era sempre rimasta con me, la portavo nel mio cuore ovunque andassi e in quel momento eravamo tutti insieme, la famiglia si era riunita e mi sentii a casa.
Avrei voluto che mio padre aprisse la bocca per parlare, avrei voluto sentire la sua voce profonda, anche per darmi della stupida, ma avrei voluto sentirlo vivo.
Invece rimase in silenzio.



 

-Spazio autrice-

Questo è uno dei miei capitoli preferiti, non perchè il padre sta male, ma perchè ci ho messo l'anima nello scriverlo.
Mentre scrivevo mi sentivo al fianco di Emily, accanto a Jim e davanti al letto del padre a fissarlo immobile sotto le coperte bianche dell'ospedale.

Vi preannuncio che il prossimo capitolo sarà più
allegro, non vi preoccupate ahah!

Lasciate una recensione se vi è piaciuto :)

A presto!

-Anna-

 

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Capitolo 27
*** Vecchie amicizie ***


Un dolore lancinante alla pancia mi travolse mente infilavo le chiavi di casa nella toppa.
Mio fratello ed io eravamo tornati in casa approfittando della mancanza di nostro padre per prendere le poche cose mie che ci erano rimaste.
Un violento mal di testa mi investì in pieno facendomi strizzare gli occhi per il dolore.

Emily, ti senti bene?” Mi chiese Jim con voce chiaramente preoccupata.
Si si, ma penso di dover correre in bagno!

Così presi a salire gli scalini a due a due fino ad arrivare nel mio bagno lasciando Jim nell’ingresso completamente disorientato.
Aprii velocemente il mobiletto sotto il lavandino bianco e cercai di prendere il più lungo assorbente che avessi.
Nella foga feci cadere tutte le scatole e imprecai perché avevo fretta di trovare quello giusto.
I miei presentimenti erano fondati: dolori alla bassa pancia e mal di testa fortissimo erano la campanella di allarme per le mestruazioni.

Ecco, ci mancavano solo queste.

Dissi aprendo quello che stavo cercando.
Arrivavano sempre nei momenti peggiori, sembrava che lo facessero apposta!
Una volta mi erano venute quando la prof mi stava interrogando alla lavagna e io dovetti scappare in bagno senza dare tante spiegazioni.
Fu alquanto imbarazzante.

Uscii dal bagno sistemandomi alla meglio i pantaloni e mi recai in salotto.
Jim non era più li.
Jim??” Gridai.
La mia voce echeggiò nella casa e sentii provenire la sua risposta dal piano di sopra.
Salii piano le scale tenendomi una mano premuta tra i pantaloni e il golf.

Jim, pensavo fossi di sotto.” Esordii entrando nella stanza che era lo studiolo della casa.
Lui non ascoltò neanche le mie parole e percorse con un dito tutta la scrivania con sguardo malinconico fino ad arrivare alla finestra.
Si fermò e si tenne alla maniglia scrutando il retro della casa.

Questa era camera mia.

L’idea che per lui sarebbe stato difficile entrare in quella casa non mi aveva sfiorata neanche una volta, ma evidentemente avrei dovuto farci più attenzione.
Mi avvicinai lentamente a lui e mi misi a guardare dalla finestra al suo fianco.

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe diventata uno studio.” Disse scuotendo la testa abbassandola e sorridendo.
Più che un sorriso sembrava una risatina malinconica.
Vedi là?” Indicò un angolo del giardino e io allungai curiosa il collo seguendo il suo indice.
Là era dove io e Matt giocavamo tutti i pomeriggi a lanciare la palla contro il muro. La lanciavo io e lui la prendeva, poi lui la lanciava e io la prendevo. Lo conosci questo gioco? Si chiama muretto, penso.

Mi immaginai due bambini giocare a palla contro quel muro divisorio tra il nostro giardino e quello del vicino.

Perché non vai a vedere se Matt abita ancora qui?” Chiesi spostando il mio sguardo su di lui.
Lui mi guardò e mi chiese dopo un lieve sospiro: “Pensi che dovrei? Non si ricorderà neanche più di me.” Io corrugai la fronte.
Tu ti ricordi di lui e penso che lui non si sia dimenticato di tutti quei pomeriggi passati con te e quel muro.” Jim si lasciò scappare una risatina.
Ehi, non giocavamo solo a palla! Facevamo anche tante altre cose.
Tipo?” Chiesi incuriosita.
Lui si scostò dal vetro e ricominciò a perlustrare la camera con le mani nelle tasche dei pantaloni.
Bé, che ne so.. Andavamo in giro in bicicletta, giocavamo con le biglie, ci divertivamo a fare scherzi alla sua vicina che una volta ci ha anche minacciati di chiamare la polizia, ci vedevamo con un altro bambino che abitava in fondo alla via anche se era un secchione. Infatti non ci andavamo perché era simpatico, ma semplicemente per il fatto che aveva la casetta sull’albero più bella del quartiere e noi alla fine lo lasciavamo sempre a terra tirando in casa la scala a pioli e passavamo le giornate a fare progetti o a pensare a cose che a quel tempo reputavo da grandi e che noi reputavamo segrete.

Io ero ancora alla finestra, appoggiata con le spalle al vetro a guardare quel ragazzo che sognava ancora di prendere una bicicletta e fare lo stesso giro del quartiere per almeno dieci volte di fila, facendo a gara con il suo migliore amico, fregandosene della scuola e delle difficoltà della vita.
Si, forse saremmo dovuti tornare bambini per divertirci per ancora un giorno.

Pensi che dovrei andare a vedere se abita ancora qui?” Mi chiese guardandomi con uno sguardo che sembrava spronarmi al dire di si.
Penso che almeno potresti provarci!” Sospirò ancora una volta e poi si avvicinò a me.
Mi accompagni tu?

Come dire di no a quello sguardo così tenero e innocente, quasi come se fosse di un bambino.
E poi cosa avevo da perdere?

Certo che vengo Jim!” mi tese la mano e io l’afferrai sorridendo.
Uscimmo insieme di casa e ci dirigemmo lungo la via.

Il cielo non era cupo e pesante come quella mattina, era più chiaro e le nuvole erano bianche.
Non potevo credere di riuscire a vedere le nuvole bianche a Queens, non riuscivo proprio ad immaginarmi l’asfalto umido di quella strada illuminato dai caldi raggi del sole.
Camminare mi faceva sopportare il dolore alla pancia, che andava e veniva a seconda dei movimenti che facevo.

Hai mal di pancia?” Mi chiese Jim guardandomi.
Si, mi sono venute le mestruazioni.” Dissi con faccia dolorante.
Oh povera... Se ti fa piacere quando torniamo a Boston ti preparo una bella cioccolata calda, ti va?

Mio fratello era un angelo.

A differenza di come avrebbero potuto reagire altri ragazzi dicendo ‘che schifo’ o altre frasi, lui non si era affatto impressionato ma anzi, voleva aiutarmi.

Se lo fai ti amo.” Lui si mise a ridere.
Bé, allora preparati ad amarmi sorellina! Eccola.

Le casette della mia via erano tutte uguali, ma quella aveva il giardinetto davanti molto curato a differenza degli altri.
Jim mi tirò verso la porta e quando fummo con i piedi sullo zerbino lasciò andare la mia mano.

Buttò fuori l’aria come fanno i ginnasti prima dell’esibizione e suonò il campanello.
Era sciolto e disinvolto, pronto a sentirsi dire un caloroso ‘no, non abita più qui da anni’.

La porta si aprì ed entrambi i ragazzi si immobilizzarono appena si videro.
Il ragazzo che era davanti a noi e che ci era venuto ad aprire la porta era molto bello: alto come mio fratello, capelli biondi, viso delineato da rigidi contorni e due occhi color verde chiarissimo.
Era la fotocopia di mio fratello solo biondo più chiaro e con gli occhi di colore diverso.

J-Jim?” La sua voce era profonda, ma neanche tanto.
Un po’ di barbetta gli riempiva le guance rosee.

Matt? Sei tu?

Era un momento straordinario: due vecchi amici che si rincontrano dopo anni.

Si! No, non ci credo, sei proprio Jim Mc Dall??

I due scoppiarono a e si strinsero in un forte e portentoso abbraccio con tanto di pacche sulle spalle.
Sembravano due fratelli.

Da quanto tempo! Che ci fai qui, Dall?” Gli chiese il ragazzo sorpreso di vederlo.
Lei è mia sorella, Emily!” Mi porse la mano e la strinsi sorridendo.
Piacere, Matt Tails!” Disse per poi tornare con lo sguardo su Jim.
Prego, volete entrare?” Mio fratello rispose veloce.
 “No, mi dispiace ma non stiamo qui ancora molto. Abbiamo l’aereo tra un’ora e mezza e dobbiamo tornare a Boston.
Boston?” Chiese sorpreso, ci fece segno di aspettare e sparì in casa, lasciando me e Jim sull'uscio.
Jenna, io esco con un mio amico, torno tra poco!” spuntò nuovamente dalla porta e se la chiuse alle spalle.
Jenna? Che mi sono perso?” Chiese ridendo Jim.
Oh, tante, troppe cose! Ma anche io mi sono perso tante cose, vero?” Disse guardandomi.

Sembrava simpatico e capii subito il perché mio fratello teneva tanto alla loro amicizia.
Ci incamminammo per la strada diretti verso casa nostra.

Uh bé in effetti si, parecchie cose!” Rispose Jim.
Perché non mi ricordo di te?” Mi chiese Matt.
Avere i suoi occhi su di me mi faceva uno strano effetto.
Bé, lei era troppo piccola quando noi andavamo ad importunare la signora Collins!” Si affrettò di rispondere Jim.
Io mi limitai a sorridere, l’attenzione di Matt si spostò su mio fratello.
Uh è vero! A proposito, la vecchia a tirato le cuoia tre anni fa!” Si fermarono e si guardarono stupefatti.
Noooo ma come?! Poverina era anche simpatica alla fine!” Disse Jim.
Eh si, è stata una grave perdita.” Disse Matt chiudendo gli occhi e fingendo di essere molto dispiaciuto.

Quei due insieme erano una bomba di risate e io non potei fare a meno di ridere con loro.

Perché la odiate così tanto?” Chiesi curiosa.
Matt rispose prima di Jim.
Odiarla? Macché! Noi la amavamo, non hai idea di quanto ci divertissimo a farle credere che le fossero entrati i ladri in casa o a farle saltare la corrente esattamente sul punto più bello del film!

Scoppiammo a ridere tutti insieme e Matt andò per sbaglio a sbattere contro Jim.
Lui prese la carica e lo spinse a sua volta.
Sembravano ubriachi e ridevano come matti.

Cosa hai fatto Dall?! Mi hai spinto?!” gli chiese ironico Matt.
Non andrai a dirlo alla maestra eh!” Gli rispose Jim facendo gli occhioni dolci.
No, farò di meglio!

Matt si scaraventò su Jim che scoppiò in una rumorosa risata e cominciò a divincolarsi.
Appena riuscì a liberarsi cominciò a correre in mezzo alla strada con Matt che lo rincorreva.

Ti sei palestrato, eh piccolo bastardo?!” Gli gridò contro Jim correndo più velocemente che poteva.

Continuarono a rincorrersi per tutto il tragitto con me dietro che li seguivo calma e serena.
Non avevo ancora mai avuto l’opportunità di vedere Jim così felice.
Afferrai il cellulare ed inviai una foto a Liam.
Raffigurava la strada con quei due che si rincorrevano in lontananza e i raggi del sole brillare sulle pozzanghere ai bordi della strada.
Le foglie verdi che piccole ma rigogliose nascevano dagli spogli alberi dei giardini, i pochi fiori arancioni coraggiosi che erano sbocciati nonostante l’ancora rigido clima, il cielo azzurro che mi sovrastava con le sue nuvole bianche corrermi veloci sulla testa, li vedevo tutti quei colori

Ecco dove sono ora, non pensavo che avrei rivisto questa via. Non pensavo avrei rivisto i suoi colori.”  

Inviai ed allegai la foto.
Liam rispose in pochissimo tempo:

Sei stata forte Emi! Sono felice che tu ora stia bene, non vedo l’ora di rivederti piccola!

Piccola, mi aveva chiamata piccola e io mi sentivo al settimo cielo.
E voleva rivedermi al più presto!
Anche io lo volevo, lo volevo più di qualunque altra cosa.
Cercai di immaginarmelo a giocare con quei due e mi scappò un sorriso.   





 

-Spazio autrice-

Come promesso questo capitolo è più allegro rispetto a quello passato.
Spero che vi sia piaciuto!
Lasciate una recensione se vi va!

A presto! 

-Anna-

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Capitolo 28
*** Un film molto interessante ***


Boston cominciò a intravvedersi sotto di noi in tutta la sua grandezza e bellezza.
Attaccata al finestrino come sempre, scorgevo i numerosi palazzi avvicinarsi sempre di più.
Jim era al mio fianco e ogni volta che mi giravo per guardarlo mi sorrideva.
Quel pomeriggio passato con il suo vecchio amico Matt lo aveva reso particolarmente allegro ed era come se lui mi trasmettesse felicità, facendomi sorridere a mia volta.

Domani devi lavorare?” Chiesi sperando in una risposta negativa.
Volevo che passasse un po’ di tempo con me e soprattutto non volevo rimanere da sola visto che i ragazzi erano partiti.
No, domani mi sono preso un giorno di ferie! Ho invitato Matt e la sua famiglia a venire a trovarci, ti fa piacere?
Si!
Ero felicissima all’idea di incontrare di nuovo quel ragazzo e di conoscere la sua giovane famiglia. 
Cosa ne pensi di lui?
Penso che sia una ragazzo molto simpatico. Capisco perché eravate amici, ti somiglia molto.
Si, eravamo come fratelli.
Siete come fratelli.” Lo corressi ammiccando.
Lui si limitò a sorridermi mostrando i suoi candidi denti bianchi.
Sai, oggi ho visto Queens con occhi diversi, non mi dispiacerebbe tornarci.” Dissi.
Forse ci torneremo, dovremo tornare da nostro padre.

Si, lo sapevo, non mi aveva colta alla sprovvista.
Non ne ero spaventata, anzi forse ne ero quasi entusiasta.
Sarebbe cambiato dopo il brutto avvenimento?
O peggio, l’avrei più risentito parlare?

  “Sai, spero che si rimetta.

Da tutto l’odio che Jim provava nei suoi confronti era uscito un pizzico di pietà per quell’uomo e io l’avevo apprezzato molto.
Nonostante il rapporto con mio padre fosse squallido, gli volevo tanto bene.
Guardai Jim sbuffando e cercando di sorridere.
Lui mi afferrò la mano intrecciando le sue lunghe dita con le mie.
Mi guardava dritta negli occhi, massaggiandomi la pelle della mano con fare rassicurante.

Cosa sarebbe successo?
Mio padre ce l’avrebbe fatta?

Il dottore non mi aveva infuso molta speranza, ma io sapevo dentro di me che gli avrei parlato di nuovo.  


Le pizze dovrebbero arrivare tra poco.
Nonostante fosse sera tardi le pizzerie da asporto erano pronte a servirci e Jim non aveva aspettato neanche un secondo a chiamare.
Bene, perché ho una fame che potrei mangiarmi qualunque cosa!” Esclamai facendogli posto sul divano.

Alla TV davano uno di quei film rilassanti, ricco di scene di praterie e paesaggi mozzafiato.
Inoltre il protagonista mi ricordava tantissimo Liam e così decisi di guardarmelo anche se la trama non era tanto interessante.
Jim si sedette accanto a me.

Ma che stai guardando?! No, ma che schifo! Cambia.” La sua faccia era schifata e fissava la TV sperando di veder comparire qualunque altra cosa al di fuori di quel film.
Non si discute, io guardo questo film fino alla fine.
Lui girò la testa verso di me serio e mi disse: “Emily Mc Dall, o mi dai il telecomando o cambi immediatamente canale.

Dovetti tenere un comportamento duro e serio come il suo per tenergli testa al meglio.
Non ci pensare neanche.

Peccato che sul finire della frase mi si formò un sorriso enorme in faccia e cominciai a ridere.
Lui si fiondò su di me cercando di rubarmi il telecomando dalle mani.

EMI!! Emi, dammi quel coso, SUBITO!

Io stavo letteralmente morendo dalle risate, ma riuscii comunque a tenerlo saldo tra le mie mani.
Era diventata un vera e propria lotta tra me e lui!
Cominciò a riempirmi di solletico e cominciai ad odiarlo profondamente perché lentamente mi stava esaurendo delle mie energie.
Cercai di divincolarmi dalle sue forti braccia ed iniziai a scalciare come meglio sapevo fare.
Finché un calcio andò a segno.

Oddio scusami Jim!! Jim..? Jim stai bene??
Appena mi riprendo ti conviene cominciare a correre.

Mi lasciai scappare una risatina, cercando di soffocarla il prima possibile.
La sua voce era diventata flebile e acuta.

Vuoi che ti porto del ghiaccio??
Si, brava, così muoio ancora meglio.

Si girò mettendosi seduto correttamente tenendosi le mani tra le gambe e cercando di far passare il dolore.

Devi respirare Jim, stai diventando...Ok, forse è meglio se sto zitta.

Dissi vedendo la sua faccia imbestialita girarsi verso di me.
Sbuffò e riprese a respirare normalmente.

Scusa, non volevo farti male! Non proprio li! ...Però tu te la sei cercata eh!

Lui mi afferrò per i pantaloni della tuta prima che io potessi cominciare a correre e mi tirò per terra ai suoi piedi.

Per fortuna tua mi hai afferrata in tempo perché senò non saresti riuscito a correre!

Ricominciai a ridere come una pazza sclerotica, anche a causa del suo solletico.
Le sue forti dita mi picchiettavano su tutta la pancia facendomi impazzire di solletico.
Implorai di lasciarmi andare per una decina di volte, ma non lo fece.
Quando ebbi un minimo di lucidità, mi rigirai su me stessa rotolando fuori dalle sue grinfie e mi alzai riprendendo fiato.

Avevo un aspetto alquanto sconvolto, ma non riuscivo a smettere di sorridere.
Vieni qua.
Se mi prometti che non mi fai il solletico vengo.
Promesso! Voglio avere dei bambini quindi non ti toccherò.

Ricominciai a ridere e lui con me.
Mi sedetti affianco a lui che sembrava essersi dimenticato del film.
Io invece non me l’ero dimenticato affatto e continuai a guardarmi beatamente il sosia di Liam alla TV.

Da prima ero seduta normalmente sul divano, poi tirai su le gambe infioccandomi da una parte, appoggiai la testa sulla spalla di Jim ed infine mi ritrovai praticamente sdraiata su di lui.

Sei comoda?!
No, tu sei comodo!

Mi sorrise, nonostante tutto quello che gli stavo facendo passare mi sorrideva ancora.
Mise una sua mano su i miei capelli e cominciò a farci scorrere le dita in mezzo.

Sai che era da tantissimo tempo che non mi divertivo come oggi?
Forse io è la prima volta che rido così tanto di seguito! Ad un tratto pensavo di soffocare dalle risate!” Mi sorrise ridendo.
Quanto sei pazza, Emily.
Parli te?! Io cosa dovrei dire che sono andata in giro per il mio ex quartiere seguendo due rincoglioniti che si rincorrevano e si rotolavano per terra come due bambini?!

Lui lasciò cadere in dietro la testa ridendo ed abbandonandosi al ricordo di quel pomeriggio passato con Matt.
Ma lui è sposato?
No, credo che conviva con la sua ragazza e la sua splendida bambina.
Quanto ha la bambina?
Due anni... Forse...
Certo che avere una figlia già alla sua età è presto.
Sì e non è neanche facile. Deve lavorare molto e guadagnare per tre.
La ragazza non lavora?
Non che io sappia.
Che decisione difficile di tenere una bimba.
Si, ma lui ci ha sempre saputo fare con i bambini.
Tu lo vuoi un bambino?
Bé, adesso no, ma poi vorrei averne. Forse anche due non sarebbe male.

Ricominciò ad accarezzarmi i capelli e io mi lascia andare ai pensieri di lui con una famiglia.

Che ne sarebbe stato di me?
Avrei vissuto con loro o mi sarei trovata una casa?
No, vivere con loro non avrei potuto.

Anche se con questa sera ho rischiato di non poterne più avere di bambini!” Scoppiai a ridere.
Scusa!
Se vuoi essere zia ti conviene stare più attenta.” Mi disse ammiccando.
Lo farò!”  


Le pizze arrivarono dopo poco e cominciammo a divorarcele davanti alla TV per pigrizia di doverci alzare e andare in cucina.
Jim si raccomandò di stare attenta al divano e io mi ritrovai a mangiare tutta la pizza sopra al cartone.
Il film finì senza neanche che ce ne accorgessimo, non gli avevamo dato molta attenzione.
Quando comparve la scritta ‘The End’ decidemmo di andare e dormire.

Emi, mi chiedevo se ti va di dormire con me questa notte.” Rimasi incuriosita da quella richiesta.
Come mai? Hai bisogno di affetto?
Sai, giusto per farti perdonare.” Mi disse indicandosi tra i pantaloni.

Sorrisi e accettai l’invito.
Mi chiusi in bagno, mi lavai la faccia ed i denti, pettinai i capelli e mi recai in camera a cercare il pigiama.

Ma dove sei?!” Chiesi all’aria rivolgendomi ai pantaloncini verdi del pigiama.
Frugai dappertutto e finalmente li trovai sotto il letto.
Li raccolsi chiedendomi come ci fossero arrivati, ma non ci diedi molta importanza.
Presi il cellulare e spegnendo la luce di camera mia andai in quella di Jim.

Lui era in bagno e io appena vidi il letto non riuscii a resistere alla tentazione di buttarmici sopra e di infilarmi sotto al caldo piumone blu.
Presi il cellulare e mi ritrovai un messaggio di Liam:

Ti penso tanto, non sai quanto vorrei che tu fossi qui con me adesso. Tra poco inizieremo un concerto e ho chiesto se posso fare un salto a trovarti a Boston Venerdì! Appena so qualcosa te lo dico! Ora il lavoro chiama, o meglio, le fan urlano il nostro nome! A presto Emi. Buona notte xx -Liam-

Un enorme sorriso mi si stampò in faccia.
 Gli mancavo.
Voleva avermi accanto.
 Voleva vedermi.
E io volevo baciarlo, ma non ci ero ancora riuscita.

Risposi scrivendogli quanto volessi averlo accanto anche io e quanto mi mancassero i suoi abbracci.
In fin dei conti dovevo solo aspettare due giorni, sempre che gli avessero dato il permesso di tornare qui per un giorno.

Jim uscì dal bagno a torso nudo e io non potei far a meno di guardare i suoi addominali scolpiti.
Hai finito di guardarmi?! Così mi consumi.” Disse girando la maglietta e infilandosela.

Era davvero un ragazzo molto attraente e se non fosse stato mio fratello mi sarei vergognata persino di guardarlo nei suoi meravigliosi occhi azzurri.
Mi scusi signorino Mc Dall, non volevo recargli disturbo.” Dissi con una smorfia.
Che fai? Sfotti??” si buttò sul letto a peso morto schiacciandomi con un braccio la pancia.
Ma sei scemo?! Aaaah... Mi hai fatto tornare il mal di pancia.” Una smorfia di dolore sostituì quella sfottitrice e lui si ammutolì cominciando a massaggiarmela.
Scusa piccola, non volevo! Bene, ora siamo pari direi no?” Strinsi i denti cercando di mantenere la calma mentre in me stessa mi dicevo: “E’ diverso fare male ad una ragazza mestruata pezzo d’imbecille!!!”, ma mi limitai ad ammonirlo con lo sguardo.
Vedi di non fare altri guai, senò questa notte ti castro.

Alzò le mani in segno di resa e si sdraiò accanto a me sotto al piumone.
Ricomincia a respirare tranquillamente cercando di calmare il dolore, che però non sembrava volersi allentare.

Va un po’ meglio?” Continuava a massaggiarmi la pancia.
Sai, non mi serve se mi massaggi lo stomaco, anzi mi fai solo caldo e non me ne serve altro!
Uh scusa! Come siamo suscettibili!

Si, le mestruazioni avevano quest’effetto su di me.

Però se mi abbracci mi fa piacere.” Dissi muovendomi lentamente verso di lui.
Le sue braccia si aprirono lasciandomi l’opportunità di appoggiare la mia testa sul suo petto.
Riuscivo a sentire le pulsazioni del suo cuore sul mio orecchio.
Mi chiuse tra le sue braccia e  mi baciò la fronte.
Buona notte principessa.
Buona notte Jim.”  

Quella notte sognai molte volte Liam che tornava.
Sognavo di riabbracciarlo e di riaverlo con me.

Quando aprii gli occhi mi ritrovai ancora tra le possenti braccia di Jim, che si svegliò dopo poco.
Buongiorno.” Dissi sorridendogli.
Giorno. Emi, cosa hai sognato questa notte?” Mi immobilizzai a sentire quella domanda.
Niente, perché?
Ah, strano. Perché mi hai baciato diverse volte: una volta sul naso, due volte sulle labbra, tre volte sulla guancia e due volte sul collo.

Rimasi scandalizzata e mi staccai nervosamente da lui.
Scusa Jim! Stavo.. Stavo sognando e forse ho associato te a.. Bé, a Liam.
Allora è una cosa seria eh? Comunque tranquilla! Non ti sentire in imbarazzo, tra fratelli succedono queste cose!
Davvero? Bé, bene allora.

Mi alzai ancora sconvolta e mi diressi in bagno sperando che lui non mi fissasse.
 Dio che vergogna.

 
-Spazio autrice-

Io sarei tipo morta.
Va bene Anna, ma tu non sei Emily (
sfortunatamente).

Comunque...
Mi rattrista molto dirvelo ma vi devo preparare: questo è uno degli
ultimi capitoli.
La storia ormai sta per volgere al termine e sono molto felice di averla condivisa con voi!

Scrivetemi cosa ne pensate e grazie, come sempre.

-Anna-

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Capitolo 29
*** Una giornata piovosa ***


L’acqua calda mi sgorgava sul corpo e io ero come paralizzata sotto il getto della doccia diretto sul collo.
Fissavo il piatto della doccia, lasciando che i muscoli della schiena si rilassassero dopo aver subito il freddo e la tensione di quelle giornate.
Il rumore dell’acqua mi rilassava e mi ipnotizzava quasi, tanto da dovermi sforzare di tirare su la testa.
I miei lunghi capelli chiari si erano scuriti bagnandosi e mi ricadevano dritti e lisci sulla schiena.
Presi lo shampoo e cominciai a massaggiarmi la testa.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai al momento di piacere circondata da profumo di pesca e noce.

Quella mattina avevo sperato di ritrovarmi un messaggio di Liam sul cellulare, ma così non fu.
Ne rimasi molto delusa.
Mi mancava averlo accanto e mi mancavano le sue parole dolci e di conforto.
Mi aveva salvato la vita e sembrava che fosse diventato l’unico motivo per il quale andare avanti e combattere tutte le difficoltà che mi si presentavano davanti.

Lasciai che i pensieri mi scorressero addosso come l’acqua calda per venti minuti abbondanti, quando poi decisi di asciugarmi.
Il bagno sembrava una sauna da quanto vapore aleggiava.
Il profumo di pesca stava quasi per darmi alla testa da quanto era forte.
Mi arrotolai l’asciugamano verde intorno al busto e quello giallo più piccolo intorno ai capelli formando un turbante.

Rimasi a fissarmi allo specchio, scrutando la mia sagoma sfuocata sul vetro appannato.
Con un dito scrissi nell’angolino in basso a destra quel nome che ormai da giorni mi assillava la mente: Liam.

Lo scrissi lentamente, assaporando lettera per lettera di quel nome che mi pareva perfetto.
Mi fermai e rilessi per una decina di volte ciò che avevo appena scritto.
Mi passarono davanti agli occhi tante immagini di lui, lui che forse avrei rivisto il giorno dopo.
Non riuscii a trattenere la tentazione di disegnarci intorno un cuore e così circoscrissi il nome con quella sagoma.

Emily, le bambine di cinque anni fanno così.” Mi ammonii da sola.
Sbuffai e continuai a fissare la mia opera.
Tornerai?” Chiesi al vuoto.
Appoggiai una mia mano contro lo specchio, lasciando la mia impronta sopra alla scritta.
Ti prego, torna presto Liam.
La paura di non rivederlo mi assalì.
Non avevo mai sperato che qualcuno tornasse con tanto entusiasmo.
Sospirai per l’ultima volta ed uscii dal bagno.


Emi, Matt arriverà tra poco!” Mi comunicò Jim.
Era piuttosto agitato, voleva che fosse tutto in perfetto ordine, una mania che avrà imparato sicuramente da nostra zia, una donna molto precisa e pulita a quanto sapevo.
Si, ok.” Risposi cercando di seguirlo con lo sguardo, ma era talmente affaccendato che schizzava da una stanza all’altra spostando oggetti e controllando ogni particolare.
Si, ecco, camera tua è a posto?
Ehm si, penso...
No Emily, non esiste il ‘penso’. Dev’essere tutto perfetto.
Si, questo l’avevo capito. Senti, che farete? Insomma, diluvia!

Il tempo non prometteva bene, la pioggia cadeva battente e il vento soffiava apparentemente forte.
Lui continuò a girovagare per la casa dando solamente una rapida occhiata dalla finestra per valutare la situazione.

Penso che resteremo a casa e se si dovesse calmare un po’ il tempo allora usciremo.

Mi accostai al vetro freddo della finestra.
Cominciai a scrutare in strada, esattamente dove quasi una settimana prima avevo visto Harry e Zayn camminare sul marciapiede.
Mi sembrava passato così tanto tempo, invece erano passati solo pochi giorni.
Avevo il naso così vicino al vetro che ogni volta che buttavo fuori l’aria si formava una sorta di alone umidiccio.
Mi appoggiai alla maniglia e la strinsi forte con la mano.

La strada era praticamente deserta, tranne per qualche avventuriero coraggioso che avanzava velocemente tenendo ben saldo un ombrello.
I lampioni erano accesi, nonostante fossero le dieci di mattina, ma il sole era talmente tanto coperto da quello strato di nuvole nere che riusciva a far penetrare solo pochi dei suoi raggi.
Si vedeva la pioggia ricadere abbondante tramite il fascio di luce gialla del lampione e raffiche di vento sbattevano l’acqua sull’asfalto violentemente.

Gli sbuffi mi uscivano naturali, come se volessero buttare fuori tutta la tristezza e l’angoscia di quel momento.
Gli avevo scritto almeno tre messaggi quella mattina, ma non aveva risposto a nessuno di essi e quindi pensai che doveva essere occupato a fare dell’altro.

Emi, che hai?” Mi voltai e vidi mio fratello venirmi in contro con aria preoccupata.
Rigirai lo sguardo fuori dalla finestra.
Lui si avvicinò a me e si accostò al vetro al mio fianco.
Non sono di buon umore.
Giornata no?
Si, forse.
Non fai altro che sbuffare.
E’ che... Ho paura che Liam non torni più, come mi avevi detto te.
Lui mi afferrò il braccio e mi tirò verso di se stringendomi in un caloroso abbraccio.
Qualunque cosa accadrà io sarò qui. Ricordi? Come una famiglia.
Alzai lo sguardo e vidi lui sorridermi.
Non potei far a meno di dargli ragione e sorridere con lui.


Il campanello di casa suonò e Jim si preparò ad accogliere gli invitati.
Prese un bel respiro e abbassò la maniglia della porta di casa.
Matt era in piedi davanti a lui accompagnato da una bellissima ragazza e una graziosa bambina che teneva per mano.
"Dall! Accidenti che casa!
Si, è modesta.” Mi avvicinai a loro per salutarli.
Lei è la mia ragazza, Jenna; lei invece è Sophia, mia figlia.” Salutammo e Jim mi presentò a Jenna.

 

La pioggia non cessava di scendere battente e così io potei far amicizia con Sophia, lasciando i due genitori finalmente liberi.
La accompagnai per mano fino a camera mia.
Sembrava entusiasta all’idea di aver una ‘baby-sitter’ per tutto il giorno, io forse un po’ meno.
Era una bambina molto dolce e timida all’apparenza, ma già dopo pochi minuti si era fatta sentire con svariati urletti.
La presi in braccio e feci per metterla sul letto, ma lei si divincolò.

Indicava in alto alle mie spalle, io mi girai e vidi che indicava una mensola piena di libri.
Le sorrisi, la presi in braccio e l’avvicinai ai libri.
Non li avevo neanche mai notati, non ci avevo mai dato troppo peso a quella mensola.

Guardai interessata ed incuriosita i titoli di quei manuali, finché la bimba puntò dritto verso un libro in particolare.

Non credevo ai miei occhi.

Mi ritrovai davanti a quel libro che avevo cercato per così tanto tempo in casa mia senza mai trovarlo.
Pinocchio era raffigurato sulla copertina ancora come un tronco e si vedeva Geppetto lavorarlo per dargli sembianze da burattino.

Presi il libro in mano e rimanemmo entrambe a fissarlo.
Io per lo stupore, lei probabilmente per i colori e la vignetta raffigurata.
Indietreggiai di qualche passo e mi sedetti sul letto con Sophia in braccio.

Non potevo credere di averlo finalmente trovato.

Aprii la prima pagina e ci trovai la dedica che molto tempo prima mia mamma aveva scritto:

 

Alla mia adorata figlia Emily, perché tu possa prendere insegnamento da questo fantastico libro e che ti possa piacere. Ti voglio bene piccola mia. –Mamma-

 
Il cuore cominciò a piangermi in petto.
Sorrisi e passai il mio dito nel solco dove la penna aveva passato l'inchiostro.
Come per imitarmi, mi ritrovai ad accarezzare quella scritta assieme alla manina tenera e soffice di Sophia, che incuriosita mi guardava con i suoi occhioni marroni.

Ti voglio bene anch’io, mamma.” Dissi bisbigliando.

Speravo che mi sentisse, volevo che mi vedesse.
Sarebbe stata fiera di me.
Nonostante tutto ero ancora viva e miravo il più possibile ad una vita normale e sicuramente migliore di quella che fino ad allora mi aveva logorata lentamente.

Rilessi la frase e mi parve di sentirla leggere dalla sua voce, quella voce che da sempre mi aveva aiutata e sorretta impedendomi di cadere del tutto.
Mi mancava, ma non potevo averla indietro.

Sophia insistette nel lasciarla andare e così l’appoggiai a terra, seguendola mentre camminava verso la sala.

Emily! Vuoi unirti a noi?” Mi chiese Matt appena mi vide spuntare seguendo sua figlia.
No, grazie. Ho.. Ho da fare delle cose di la.
Mentii, ma volevo dedicare del tempo a quel libro, volevo dedicare del tempo a mia madre.

Così tornai in camera chiudendomi la porta alle spalle.
Ero sola con quel libro che era ancora sul letto.
Mi risedetti sul soffice piumone color perla e ricominciai a rigirarmelo tra le mani.

Quanti ricordi.

Lessi poche parole del primo capitolo, ma mi dovetti fermare.
Le emozioni erano troppe e la tristezza accompagnata dalla malinconia mi avvolsero.
Era diverso da quando avevo letto quel libro in biblioteca.

Quello era il mio libro, il libro che mia madre teneva in mano tutte le sere e dal quale leggeva quella fantastica storia.

Chiusi il libro e me lo strinsi forte al petto. Il mio cuore batteva sulla copertina e le mie mani lo stringevano forte, come se fosse stato una persona.
Piccole lacrime cominciarono a scorrermi lentamente sul viso e quasi istintivamente tirai su con il naso.
Dopo pochi minuti la porta si aprì.

Ehi, Emi che succede?

Mio fratello aveva capito che c’era qualcosa che non andava e aveva lasciato i suoi invitati in sala da soli.
Entrò e si richiuse la porta alle spalle.

No, ma che fai? I tuoi amici sono di la! Non puoi lasciarli soli!” Lui venne verso di me con passo lento ma sicuro.
Non vado di la finché tu non stai bene.” Si sedette accanto a me.
Cos’è? Pinocchio?
Si, è un libro molto importante per me. La mamma me lo leggeva sempre prima di addormentarmi e io pensavo di averlo perso. Invece era qui, è sempre stato qui.
Si, so che è tuo. Avevo letto la dedica qualche anno fa.
Una delle tante ingiustizie della zia. Perché portare via il mio libro?
Non lo so. Forse ci teneva anche lei.
Mi manca la mamma, Jim. Mi manca da morire.

Ricominciai a piangere, ma questa volta non ero sola.
Jim mi prese la testa con le mani e se la portò sulla spalla, accarezzandomi la schiena.

Lo so Emily, anche a me manca la mamma.

Mi era già successo altre volte a Queens di piangere per lei, ma avevo sempre represso dentro di me tutta l’angoscia, come facevo sempre.
Ma ora era diverso.
Piangevo per lei con qualcuno che mi capiva, con qualcuno che provava lo stesso senso di malumore.
Ringraziai davvero di avere un fratello come Jim.



 

-Spazio autrice-

Anche io voglio avere un fratello come Jim,
uffa.
E chi non vorrebbe?

Lasciate una recensione e ditemi cosa ne pensate :)

Grazie <3

-Anna-

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Capitolo 30
*** Immortalità ***


Gli amici di Jim andarono via poco prima di cena, lasciandoci a preparare una semplice cenetta.
Come pensi si siano trovati qui?” Mi chiese Jim mentre mi versava nel piatto le uova dalla padella.
Bene, sentivo le risate che vi facevate!
Senti se vanno bene come sale...” Assaggiai l’uovo ed annuii.
Si si, sono ottime!
Niente di speciale, ma almeno ci riempiamo lo stomaco con qualcosa! Scusa ma non avevo proprio voglia di cucinare.
Mh, non ti preoccupare!
Hai sentito Liam?
Si.
Quel pomeriggio, dopo due ore abbondati ricevetti il suo messaggio di risposta.
E cosa dice?
Stava lavorando. Domani non verrà a trovarmi.

Ingoiai a fatica l’uovo.
Mi si formo come una sorta di ‘nodo’ allo stomaco e mi alzai.

Scusa Jim, ma non ho più fame.
Mi diressi verso camera mia e scorsi con la coda dell’occhio Jim alzarsi per venirmi in contro.
No Jim, sto bene. Mangia, voglio stare un po’ da sola. Grazie.
Lui si risedette e ricominciò a mangiare.
Gli sorrisi e mi chiusi in camera.

 

Mi lasciai cadere all’indietro sul letto, sprofondando lentamente nel piumone.
Pensavo a lui.

E se non fosse più tornato?
Se Jim avesse avuto ragione?
Se le star fossero davvero tutte uguali?
No, non avrebbe senso... Perché non approfittare subito di me allora!

Allungai la mano sul comodino e presi il cellulare.
Sperai con tutto il cuore che mi fosse arrivato un suo messaggio e quando lessi il suo nome sullo schermo sorrisi.

 

Ti fischiano le orecchie? –Liam-


Mi scappò una piccola risatina e con ancora il sorriso in faccia risposi.
 

No, perché?


Inviai ed aspettai.

Perché mai dovevano?
Ma che domanda era?
Mi rispose praticamente subito e io ne fui felice.

 

Perché allora la gente si sbaglia. Quando una persona ti pensa non ti fischiano le orecchie!! Io ci ho sempre creduto. :(
 

Quanto poteva essere scemo?
Scoppiai a ridere, la prima vera risata di quella giornata così buia.

 

Neanche a te sono fischiate?


Amavo quando era così dolce e divertente.
Lui sapeva capirmi, sempre.
Mi capiva anche se era a distanza di chilometri.

 

No, ma sono felice che tu me l’abbia fatto sapere. Ti prometto che tornerò presto piccola.


Quella parola.
Mi saltò il cuore in petto quando la lessi.

 

Io ti aspetto Liam.


Sentii suonare il cellulare di Jim dall’altra stanza, ma non ci diedi tanta importanza, perché lui fu rapido a rispondere.
 

Cosa hai fatto oggi Emi?
 

Jim gridò il mio nome per chiamarmi e io mi alzai dal letto mandando un rapido messaggio a Liam.
 

Scusa un secondo Liam,torno subito! ”.
 

Jim aveva ancora il cellulare in mano e il suo viso era alquanto disperato.
Mi fece preoccupare e capii che era successo qualcosa di brutto.
Jim, che succede?” I suoi occhi si gonfiarono di lacrime.
Ecco... Io non so come dirtelo...
Io non capivo a cosa si stesse riferendo, ero confusa e molto preoccupata.
Lui mi venne in contro e mi abbracciò forte.
Io cominciai ad accarezzargli la schiena, come lui faceva con me quando stavo male.
Lo stavo rassicurando, ma per cosa?
 Cose era successo?
Papà non ce l’ha fatta. E’ morto un’ora fa in ospedale.

Gli occhi mi si spalancarono.
Il cuore cessò di battere.
Il respiro si interruppe.
Tutto il mondo che mi circondava perse forma e colore.
Persino il tempo sembrò fermarsi.
La forte stretta di Jim mi fece tornare in me e il mio battito accelerò tutto di colpo.
Cominciai a piangere e strinsi forte la maglietta di Jim con le mani.
Cominciai a singhiozzare e mi parve di sentire alcuni singhiozzi provenire anche da lui.

Mio padre era morto e io non gli avevo detto quanto gli volessi bene.
Non ero riuscita a salutarlo.
Credevo pienamente che lui si sarebbe ripreso.
Se non fossi stata tra le braccia di Jim penso che mi sarei sentita mancare, ma lui l’aveva previsto.
Un’altra parte importante della mia famiglia era andata via, per sempre.
Rimanemmo in silenzio a sostenerci in piedi l’un l’altro in mezzo alla sala.
Non mi importava più di niente e di nessuno, io volevo la mia famiglia e la volevo unita come tanto tempo prima.

 

Prendemmo quella sera stessa un aereo per New York, non volevamo passare la notte a piangere in un letto e aspettare il sorgere del sole.
Sarebbe stato inutile.
Arrivammo in ospedale solo dopo poche ore.
Il dottore era a casa a riposare, ma noi potevamo comunque chiedere di nostro padre.

La signora che la scorsa volta ci aveva indicato la sua camera non c’era, ma al suo posto c’era una ragazza giovane e carina.
Fu molto gentile, perché non si limitò ad indicarci l’obitorio, ma ci accompagnò di persona lasciando doppio lavoro alla collega dietro il banco.
Da quando eravamo saliti sull’aereo, la mano mia e di Jim non si erano mai staccate, stringendosi a vicenda.
C’erano stati dei momenti in cui lui me la stringeva di più e capivo che in quel momento la sua angoscia era molta.
Stessa cosa avevo fatto io quando, accompagnate dalle lacrime, mi comparivano in mente immagini di mio padre sorridente.

 

La gentile signorina ci portò fino al corpo di nostro padre, per poi lasciarci da soli.

Era grigio.
Grigio.

Il colore che tanto odiavo me lo aveva portato via.
Il suo volto era privo di espressioni, come quello che avevo visto il giorno prima in quel letto di ospedale.
Ma questa volta era diverso.
La mano mia e di Jim si strinsero forte e io mi girai verso di lui.
Ci abbracciammo facendoci forza a vicenda.
Poi quando ci staccammo Jim avvicinò la sua mano a quella grigia di mio padre fino a toccarla.

Mi dispiace papà, ti voglio bene.” Era orribile sentire la sua voce così rotta dal pianto e triste.
Perdonami.” Disse abbassando lentamente il capo.

Io misi la mia mano su quella di Jim e di conseguenza toccai anche la pelle fredda di mio padre.
Lui appena sentì il mio tocco, girò la sua mano e strinse la mia, tenendo sempre entrambe le mani su quella di nostro padre.
L’avremmo  affrontata insieme e, come avrebbe detto Jim, come una famiglia.
Mancava solo una mano, quella di nostra madre e poi saremmo stati tutti insieme per un’ultima volta.
Lo desideravo tanto, più di qualunque altra cosa in quel momento.

Con l’altra mano accarezzai il viso di mio padre ed ebbi come un flash back del sogno che avevo fatto.
Avevo sognato lui che moriva e che felice si riuniva alla mamma.
Quel pensiero mi calmò.
Come la mamma era sempre rimasta con me sapevo che anche lui non mi avrebbe mai abbandonata.

Loro erano immortali dentro di me.

Così sorrisi.
Avevo accettato la morte di mio padre, lo sentivo affianco a me, come se lui tenesse una mano su una mia spalla e sull’altra ci fosse quella di mia madre.
Il cuore mi piangeva ancora, ma ero più serena.

Jim intanto aveva alzato lo sguardo e mi guardò.
Quando vidi i suoi occhi mi commossi.
Erano rossi e gonfi, aveva pianto tanto e probabilmente si sentiva tremendamente in colpa.

Gli sorrisi, cercando di fargli capire che non ci avrebbe mai abbandonati e che lo aveva perdonato.
Lui lo amava.
Amava suo figlio e Jim amava suo padre.

Lui capì e mi sorrise a sua volta.
Ci abbracciammo per un’ultima volta, cercando di soffocare i singhiozzi e di riprendere un ritmo normale del respiro.
Poi tutto si calmò.
Ad un tratto sentii il rossore del pianto andare via e i muscoli del mio viso rilassarsi dopo essere stati contratti a lungo.
Anche Jim si sentì stranamente meglio.

Ci staccammo e ci guardammo negli occhi.
I suoi meravigliosi occhi azzurri erano più calmi e sereni.
Con lo sguardo capimmo che era arrivato il momento di tornare a casa e di salutare nostro padre.
Ci girammo verso di lui ed entrambi lo baciammo in fronte.

Ciao papà.” Entrambi lo dicemmo.
Entrambi sapevamo quanto gli volevamo bene.
Lo avevamo perdonato per tutto quello che ci aveva fatto.
Noi lo amavamo.



Dormimmo a Queens quella notte, eravamo troppo stanchi e distrutti per tornare a casa.
Nostro padre voleva che le sue ceneri fossero sepolte affianco a quelle della mamma e così lo avevamo detto alla gentile infermiera, che ci fissò la data per tornare a prenderle. Ci volevano quattro giorni.
Un’esagerazione, ma non potevamo farci niente.
Così avevamo fissato già l’aereo per l’indomani mattina, per poi tornare giorni dopo.

Quando arrivammo a casa quella sera, ci addormentammo vicini, nel mio letto da una piazza e mezza.
Non avremmo avuto bisogno di tanto spazio, perché saremmo stati tutta la notte abbracciati.

 

Emily, io devo andare al lavoro. Penso mi farà bene distrarmi. Perché non vai a farti un giro anche te?” Mi disse infilandosi il cappotto.
Era una bella giornata soleggiata a Boston quella mattina e io avevo bisogno di prendere un po’ d’aria.
Si, magari vado a farmi un giro.” 

Da quando mi ero trasferita a Boston non avevo ancora pensato al fatto che mi sarei dovuta trovare un lavoro e aiutare Jim a pagare la casa.
Non potevo e non volevo rimanere a vivere a spese sue per tutta la vita.
Non sarebbe stato giusto.
Prese il cellulare e lo mise in tasca, si avvicinò a me e mi stampò un bacio sulla fronte.
Se hai bisogno di me chiamami.” Io sorrisi.
Si, anche tu mi raccomando.” Mi salutò e uscì.


Decisi di farmi una pettinatura diversa per quel giorno, qualcosa di più elegante e ordinato.
Così, mi lavai i capelli, li asciugai tirandoli bene con la spazzola e mi sedetti davanti allo specchio in camera.
Era una pettinatura che non facevo da anni, ma che mi piaceva tanto.

Non avevo mai avuto l’opportunità per farla, mai la giusta occasione, ma quel giorno lo era.
Avrei dovuto fare una bella impressione alla gente, sarei dovuta piacere e magari mi avrebbero offerto un lavoro più facilmente.
Dovevo far vedere che ero una ragazza seria e per bene, pulita e ordinata.

Mi sarei accontentata di un qualunque lavoro da commessa, in un bar o in un negozio di abiti.
Mi andava bene tutto, anche la segretaria.

Così, presi una ciocca e cominciai ad intrecciarla facendole fare il giro fino ad arrivare dietro alla nuca, per poi fermarla con una molletta a fiocco.
Mi guardai allo specchio e per la prima volta fui felice di me stessa.
Mi piacevo e pensavo che forse sarei piaciuta anche alla gente.

A dire la verità non mi importava più tanto degli sguardi fissi su di me per strada, ero diventata più sicura di me in quei giorni e non facevo neanche più caso ad alcuni particolari che invece prima mi pesavano molto.
Mi sentivo più libera.
Amavo la mia libertà.

Inoltre, dopo l’ultimo saluto a mio padre del giorno precedente era come se fosse cambiato qualcosa dentro di me, come se fosse scattata una scintilla.
Quella scintilla l’avevo provata anche giorni prima, quando stavo con Liam, ma ancora non sapevo di cosa si trattasse.
Fatto sta che quando mi sentivo quell’energia dentro ero me stessa, ero libera e felice.

Aprii l’armadio e optai per qualcosa di primaverile.
La temperatura si era alzata e al sole faceva abbastanza caldo, si sentiva che l’estate stava arrivando.
Comunque, era raro trovare una giornata così in quella stagione, ma sembrava che anche il tempo per una volta fosse dalla mia parte.

Allungai la mano verso un vestito, il più nuovo che avessi.
Era turchese, di una stoffa abbastanza pesante e corto fino a poco sopra il ginocchio.
Perfetto.
Inoltre, era in tinta con il fiocco.

Il cellulare vibrò sul letto nell’esatto momento in cui stavo afferrando le collant.

 

Io e i ragazzi siamo molto dispiaciuti per la tua perdita. Vorrei essere li ad abbracciarti. –Liam-
 

Avevo scritto il giorno prima a Liam dicendogli di mio padre e lui mi aveva aiutata molto.
Era grazie a lui se in quel momento avevo voglia di uscire e vestirmi bene, mi aveva tirato su il morale.

 

Grazie Liam, anche io vorrei che tu fossi qui.
 

Presi le calze e mi sedetti sul letto infilandomele, prima da un piede  poi dall’altro.
Il cellulare vibrò nuovamente.

 

Cosa fai oggi?
 

Finii di tirarmi bene su le calze prima di rispondere.
 

Vado in giro a fare due passi tra poco.
 

Mi infilai il vestito azzurro e presi la borsa. 
Ultimo tocco di mascara davanti allo specchio ed ero pronta.
Mi fissai per alcuni minuti.

Ero fiera di me.

Chissà cosa mi avrebbe detto Liam se mi avesse vista vestita così elegante
Misi il cellulare in borsa e mi avviai verso il bagno.
Appena misi piede in bagno suonò il campanello.
Alzai gli occhi al cielo sperando che non fosse qualche vicino fastidioso o il postino che in quei giorni sembrava averci scambiato per il suo appartamento da quante visite ci faceva.
Feci retro front e andai in ingresso.
Posai la borsa di cuoio sul divano ed aprii la porta.




 

-Spazio autrice-

Vi ho lasciate abbastanza sulle spine?
Muahahah!

Questo è un capitolo ricco di sentimenti e momenti eclatanti.
La morte del padre, la famiglia riunita, l'immortalità dell'amore che lega unita una famiglia così sconquassata, la ripresa e adesso questa "scintilla" che spinge Emily ad uscire e praticamente a ricominciare una nuova vita.

Il prossimo capitolo arriverà molto a breve, perchè non voglio essere cattiva e quindi tenervi tanto sulle spine!


QUESTO E' L'ULTIMO CAPITOLO, QUELLO CHE PUBBLICHERO' LA PROSSIMA VOLTA SARA' IL PROLOGO.
 

Grazie mille davvero a tutte quelle che hanno seguito e recensito questa storia che per me significa davvero tanto.

-Anna-

 

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Capitolo 31
*** EPILOGO: Scintilla ***


Ho insistito talmente tanto nel venire qui che alla fine hanno ceduto e mi hanno lasciato venire.
Non sopportavo l’idea di averti distante in un momento così delicato.
Non volevo che l’idea di tuo fratello del ‘cattivo ragazzo famoso’ ti tormentasse.
E poi mi sono accorto di una cosa: non riuscivo a vedere bene tutti i colori e non è per daltonismo.
Tu sei la mia luce.
La luce che mi fa vedere il mondo con occhi diversi.
La luce che mi fa vedere i colori e che mi permette di apprezzare la bellezza di questo mondo.
Quando stavo con te sentivo una sorta di energia dentro di me e ho capito solo ora che ti ho qui davanti di cosa si tratta.


Fece due passi verso di me e mi prese la testa tra le mani.
Io ero un agglomerato di emozioni e non riuscivo neanche più a sentire la terra sotto i miei piedi.

Liam era tornato.

Io ti amo Emily, so che è assurdo dire queste parole così importanti ad una ragazza che conosco da quasi una settimana, ma sento che è come se io e te ci conoscessimo da tempo. E’ difficile da spiegare, ma io non riesco a dare altro nome a questa energia fuorché ‘amore’.

Lo zittii.
Finalmente ci ero riuscita.
Finalmente ero riuscita a baciare Liam e non avrei permesso a niente e nessuno di portarmelo via.
Appoggiai le mie braccia attorno al suo collo e sorridendo cominciammo a darci piccoli e rapidi baci sulle labbra.

Ma parli sempre così tanto?
E’ un’abitudine che Harry odia, non riesce mai a seguire un mio discorso fino alla fine. Si annoia prima.
Io non mi annoierò mai di sentire la tua voce. Ti amo.

Non l’avrei mai lasciato, lui mi aveva salvata.

Mi aveva fatto capire che il mondo non mi ha mai odiata, ma io avevo come dei ‘paraocchi’ che non mi permettevano di vedere la realtà.
La gente non mi guardava perché ero strana o per odio, per il semplice fatto che io fossi bella e questo lo capii soltanto quando Liam me lo fece notare.
Sì, lui mi fece notare tante cose nel corso della vita.

Finalmente mi sentivo completa, mi sentivo Emily Mc Dall fino al midollo ed ero fiera di esserlo.
Mi aveva fatto capire cosa fosse la cosa più importante e fondamentale della vita, quella cosa che ti permette di vivere sereno e che ti da la forza di abbattere ogni muro durante il tuo lungo e tortuoso cammino, quella scintilla che mi aveva cambiata e resa una persona meravigliosa e migliore: l’amore.


 

 

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