CoffeeShop Soundtrack

di _redsky_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***



Mi chiedevo se ovunque esiste il Thè delle 17, come quì, in Inghilterra, perchè a me quest'idea piacerebbe da impazzire. Chissà se le nonne vivono tutte in case ben ordinate e stanno sempre con la gonna scura e lunga fino alla caviglia e ti versano sempre il latte in quel thè impedendoti, quindi, di spruzzare sopra il limone, perchè questo lo eviterei di sicuro, anche se mi è costato parecchio dare un arrivederci alla mia. S
to partendo, lascio l'Inghilterra, e tutto questo mi dispiace, mi fa paura l'idea di un mondo che non sia casa mia.
Mamma ha trovato lavoro in America, e beh, la vita quì non è per niente facile, quindi il trasfiremento era da fare, non poteva sprecare questa opportunità, ma solo il fatto di andare così lontano mi mette i brividi. Ho anche dovuto lasciare tutta la mia roba in giro, perchè troppi bagagli sono appunto troppi per viaggiare, e mi dispiace dover abbandonare tutte le cose a cui tengo, compresa la chitarra, che mai più riavrò, perchè prima di potermela permettere di nuovo, ci vorrà un bel pò di tempo.
Ho pianto guardandola per l'ultima volta, perchè è stata la mia prima vera migliore amica. 
Lascerò questo clima per trovarne uno nuovo, lascerò questa scuola per trovarne una nuova, lascerò questo posto, ma niente sarà uguale.
Questo viaggio mi cambierà la vita; e non lo dico perchè ho solo 16 anni e quindi tutto potrebbe succedere, ma lo dico perchè mi fido del mio sesto senso.


Sto odiando con tutto me stesso la voce della signorina che chiama i voli, perchè ogni volta sembra il mio turno, e mi sale l'ansia, potrei scoppiare a piangere istericamente. Ma in tutti i modi fù, tranne che così.
Baltimora. Eccoci quì.
Papà posa la sua mano sulla spalla della mamma, e mamma posa la sua mano sulla mia; mi giro un attimo a guardare la gente che passa, sperando che qualcuno mi trattenga lì, continuando ugualmente a camminare, ed una volta che mamma mi tira per un braccio, eccomi catapultato sull'aereo. Beh, buon viaggio.

-Posso?- chiedo al ragazzo accanto a me che sta ascoltando il CD                                                                         
-Si certo- Mi porge una cuffietta
Bella questa canzone, davvero tanto, ma forse un pò troppo da mal di testa, ho bisogno di dormire.
-Ho cambiato idea, mi sa che mi metterò a dormire- dico imbarazzo                                                                              
-Va bene- lui scrolla le spalle                                                                                                                                                       
-Grazie comunque-                                                                                                                                                                         -Figurati!-

Appogiando la testa nello schianale e voltandomi verso il finestrino cerco di trattenere le lacrime, non sono per niente convinto di tutto questo e, per l'ennesima volta, ho paura. Viaggiamo sull'oceano, immagino freddo, di un Dicembre insolito, mentre cala il tramonto e la gente lo rovina con i flesh delle foto. Spero davvero che tutto vada per il verso giusto, anche se non so esattamente in che cosa consiste questo verso giusto di cui tutti parlano. Allora spero sol che qualsiasi cosa trovi lì mi renda felice almeno un pò, perchè è da un pò di tempo che non riesco a sorridere sinceramente, forse boh, sono troppo incazzato con il mondo, anche se i vari psicologi la chiamano Apatia: non provare niente. E forse è vero, ma a volta, la tristezza, quella sì, la sento e come, e anche la solitudine, perchè se non fosse per i miei film mentali che mi fanno compagnia, beh, resterei fottuto.

-Alex tutto bene?- mia mamma, dalla fila davanti disturba il silenzio                                                        
-Si, ma adesso dormo un pò, ho davvero sonno.

Si può smettere di pensare per almeno un attimo?

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***



Forse ho dormito a lungo e in una posizione scomoda, dal momento che stiamo per atterrare ed ho un mal di schiena tremendo; bel modo per iniziare.
La voce dell' hostess la sento ancora lontana, gli occhi sono tutti appicicati e il ragazzo di prima mi continua a sorridere senza un motivo apparente.
"Ricambia il sorriso anche se sei rincretinito perchè appena sveglio, Gaskarth", mi dico, e quindi decido di ascoltare i suggerimenti della mia mente; adesso sembriamo due perfetti idioti che si sorridono a vicenda perennemente senza arrivare mai ad una conclusione.
Ah, si, comunque Gaskarth è il mio cognome.
Già che ci sono vi dico come mi chiamo realmente: il mio nome mi fa sentire importante perchè sembra quello di un principe, Alexander William Gaskarth.
Bello, eh? Peccato che per quanto divertente possa essere ripetere questo nome, a me mette gli incubi; ogni volta che lo sento pronunciare per esteso vuol dire che è arrivata la morte, o meglio conosciuta come interrogazione.
Fortuna che quì in America queste cose non esistono, solo verifiche scritte, uguale copiare, uguale non fare un cazzo dalla mattina alla sera. Ahh, mi rilasso solo al pensiero.


Si può aspettare tre ore per prendere i bagagli? Ne approfitterei per andare in bagno, ma non posso o mamma, per paura di perdermi, inizierà a strillare come le matte.
Si, ho 16 anni, ma mamma, sotto questo punto di vista, è un pò bloccata, manca poco e mi comprerà i ciucci e l'omogenizzato, gnam!
Oh, oh, fermi tutti! La vedo, la mia valigia verde, la vedo!
Ah, no, non è la mia.

-Che state aspettando?- Chiede papà da dietro, come se stesse arrivando ora dalla luna.                         
-I bagagli, pà- rispondo innervosito, quando, girandomi, noto che li aveva già presi lui.    
-La prossima volta non avvisare, eh- scherza mamma.

Ci incamminiamo verso l'uscita dell'areoporto dove prenderemo il treno per dirigergi verso quello che sarà il mio quartiere. Questo posto è davvero grande, caspita, non finisce mai.
-Avete preso i biglietti del treno?- chiede mamma fermandosi di botto.                                                                            
-Ce li ho io, ma sbrighiamoci o faremo tardi- prendo lo zainetto dalla sue spalle a la tiro da un braccio, così eccoci fuori ad aspettare il treno, con un freddo pesante e allo stesso tempo dolce, ma mai come quello di casa mia.

Quel quarto d'ora di viaggio l'ho trascorso tutto in piedi, quì c'è decisamente più affollamento, e la questione non mi dispiace, in questo modo passerò più inosservato e nessuno verrà da me a rompere. Papà fa una chiamata al tizio che dovrebbe venderci la casa, per la cosegna delle chiavi, e nel frattempo aspettiamo davanti quella che ormai dovrebbe essere casa mia, e vorrei di catturare ogni particolare per cercare di fare questo posto un pò più mio.
Noto con piacere che sulle finestre batte molto il sole, e da fuori sembra abbastanza grande, non vedo l'ora di vedere l'interno, anche se devo dire che mi sarebbe piaciuto riempire questaa casa con le cose che amo, magari esplorarla con mio fratello e dipingere le pareti con il suono della mia chitarra.
Ma va benissimo così, il tizio delle chiavi è arrivato.

Ancora un altro giro alla serratura per aprire la porta e poi, boh, eccoci a casa.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***



Eccoci dentro.
Papà aiuta me e mamma a trascinare i bagagli dentro casa, e poi ci chiudiamo la porta dietro. Davanti a me, ci sono delle scale infinite, e accanto un ascensore, per fortuna. Carico tutto dentro, premo il secondo piano, e poi magari scenderò a fare un giro nello scantinato e nel sottoscala. E' un condominio, per il momento siamo tre famiglie, spero di ambientarmi presto.
L'ascensore si ferma, scendiamo, ed apriamo la porta. Sento l'odore delle cose nuove, di pulito, ma anche di sporco.
Non appena si varca la soglia della porta, ci ritroviamo in un piccolo ingresso, e a destra c'è la cucina con una stanza da giorno, mentre a sinistra c'è una stranza che non ho idea a cosa possa servire, che conduce ad un bagno e alla camera dei miei. Di fronte c'è un corridoio con le pareti binache e tanti quadri davvero interressanti, e, alla fine, c'è la mia stanza che fa angolo con un altro bagno, la lavanderia e quella che dovrebbe essere la sala hobby.
E' tutto abbastanza grande e spazioso, in tre si ci può vivere perfettamente.

Dopo aver aiutato mamma a sistemare un pò la nostra roba e dopo aver provato il nuovo divano, mi fiondo in camera, per cercare di studiarla un pò meglio. Mi butto sul letto e penso sul colore con cui dovrò dipingere le pareti. Mi piacerebbe una parete rossa, una grigia e le latre due, una frontale all'altra, bianche, così da poterci scrivere sopra con il pennarello indelebile.  Mamma mi suggeriva di dipingere tutto con dei colori chiari, ma non ce n'è bisogno, perchè resterebbe luminosa comunque: c'è una finestra enorme. Quest'ultima dà su una via piccolina, e di fronte noto avere un Coffeeshop.
Mi piacciono tanto queste cose, magari andare lì e scrivere bevendo un Thè, ma dubito che quì farò mai una cosa del genere. Come prima cosa, nessuno in america berrebbe il THE' con me. Come seconda cosa, non ho più niente da scrivere, la musica da comporre è rimasta in Inghilterra, con la mia chitarra.
Chissà che starei facendo ora se mi trovassi a casa.. probabilmente starei al telefono con Ben, mio unico e migliore amico, o forse starei andando dalla nonna, o solo e semplicemnte starei coccoloando la chitarra, seduto sul marciapiede sotto casa, mi ritroverei con meno paure, e questa forse è l'unica cosa che in questo momento mi manca.
Cerco sicurezza.
Per il momento sto seduto dietro la finestra a fissare un pò quel che resta delle nuvole attorno al tramonto, a guardare le vetrine di quel Coffeeshop di cui vi parlavo prima. E' affollatissimo, mi chiedo cosa ci sia di speciale lì dentro. Bambini, anziani, ragazzi, ragazze, genitori, escono ed entrano da quel locale, chi spenzierato e felice, chi con il volto basso, e cerco di immaginare le loro vite, le loro preoccupazioni. Per esempio c'è un bambino che corre via con la faccia tumbata, chissà cosa gli sarà successo, chissà se sarà caduto, o è spaventato, o qualcuno lo ha trattato male. Chissà se gli manca la mamma e corre verso casa, chissà se qualcuno lo aspetta dietro l'angolo, chissà se tornerà quì, chissà a cosa starà pensando quel tipo che lo segue con gli occhi.
Seduto accanto l'ultima finestra con i vetri quasi di un trasparente sporco, c'è un ragazzo con la chitarra dietro le spalle, e qualcosa di fumante sul tavolo. Anche lui.. chissà qual'è il suo nome, o il nome della sua chitarra, o della sua band, se ne avesse una. Chissà chi aspetta, se non aspetta nessuno, chissà perchè ha dei capelli così strani che assomigliano quasi ai miei. Chissà perchè continua a grattarsi la testa con un'aria nervosa fino a quando non decide di andare via. Chissà perchè lo trovavo interessante. Chissà se lo rivedrò ancora

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***



Ho appena acconsentito ad accompagnare mamma a fare la spesa, deve ancora ambientarsi anche lei, quindi non mi andava di lasciarla sola..
Qui i supermercati non sono molto diversi da quelli londinesi, alla fine è solo una montagna di cibo, uguale a paradiso per i miei occhi e il mio stomaco esigente. Prendo il carrello ed entro seguendola.
Mi aggiro tra i corridoi con costante lentezza, guardando attentamente gli scaffali, e scrutando le nuove marche, i nuovi tipi di cibo.
"Qui mangiano solo schifezze" dice mamma
"Bene, una volta ogni tanto bisogna omologarsi al resto delle persone, quindi inizia la scorta di patatine e caramelle" dico sorridendo
"Fa pure, ma quando ti farà male lo stomaco non piagnucolare"
"Mamma, per l'ennesima volta, ho sedici anni. S e d i c i"
Lei mi volta le spalle e prende il resto delle cose che le servono, e poi ci dirigiamo verso la cassa.

"Ma guarda quanta roba hai preso" mi rimprovera lei
"Non ti preoccupare per le troppe buste, tanto nella nuova casa abbiamo l'ascensore" pongo fine ai suoi problemi
"Su, sali in macchina e andiamo"

-

 Dopo averla aiutata a disfare la spesa, mentre lei cucina e aspettiamo papà, vado in camera e mi butto sul letto.
Sono stanco.
Anche se devo dire che oggi non ho fatto nulla, e temo sarà così per un bel pó.
Almeno fin quando non inizierà scuola, mi faró una vita sociale e fin quando qualcuno non si degnerà di parlarmi. Forse dovrei uscire un pó, ma non conosco ancora la zona e sono solo; potrei perdermi.

Qualcuno ha presente quelle sere in cui cerchi di trovare un senso a tutto e finisci per farti divorare dalla malinconia?
Mi sento precisamente così. Come un ghiacciolo che si scioglie al sole: destinato a sparire.
Penso proprio che stasera non cenerò, ho tutto chiuso, lo so, è difficile da credere.

Mi avvicino alla finestra, spengo la luce e lascio solo che i miei pensieri se ne vadano per la loro strada. Apro la tenda e noto che il Coffeeshop è ancora aperto: quì è tutta un'altra storia, la vita è di notte, anche nei posti più impensabili, anche davanti i gradini di una chiesa, o davanti la porta di una qualsiasi abitazione: qui c'è la vita. Ma io?
Io me ne sto ad aspettare con Christie Road dei Green Day nelle orecchie.

Staring out of my window
Watching the cars go rolling by
My friends are gone I've got nothing to do
So I sit here patiently
Watching the clock tick so slowly
Gotta get away
Or my brains will explode
Give me something to do to kill some time
Take me to that place that I call home
Take away the strains of being lonely
Take me to the tracks at Christie Road.


Bella eh? Ha sempre uno strano effetto su me, penso proprio di amarla.
A volte è come se io e i Green Day ci conoscessimo da una vita; hanno la solonna sonora per tutto.

E così sto per addormentarmi, con la dolce musica che mi fa da cuscino.
Oggi il tipo con il ciuffo biondo seduto al Coffee non l'ho visto. 
Peccato; non so perchè, ma ci tenevo.
Riprovo a controllare, ma nulla.
Forse è troppo tardi, forse è a casa come me, o forse già dorme, come sto per fare io.

Spero di vederlo domani.

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