The way I feel you

di JessyR89
(/viewuser.php?uid=204299)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Prima di iniziare a leggere volevo spiegare qualcosina: il rating arancione è riferito più che altro alla parte finale, l'inizio è più morbido. la storia è già completata, quindi pubblicherò regolarmente una volta a settimana. Protagonista assoluta è Isabelle e la storia, che si colloca dopo CoLS, presenta piccoli spoiler. Inoltre anticipo che qualcosina è puramente inventata da me, quando ci arriveremo con i capitoli lo segnalerò. I personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Cassandra Clare e li ho descritti un pò come li ho inquadrati io leggendo i libri.
spero di ricevere delle recensioni, potete essere sinceri non mi offendo, anzi cercherò di migliorare. Suggerimenti e appunti sono ben accetti!
Buona lettura!!


Isabelle camminava lungo il corridoio dell’Istituto nervosa, continuava a stropicciarsi le mani e guardava continuamente verso quella porta chiusa alla sua sinistra.
Non essere codarda Isabelle” pensò portandosi le mani alle tempie come se la testa le stesse per scoppiare da un momento all’altro. Prese un sospirò profondo, si ravvivò i capelli corvini e finalmente bussò. La voce che da dentro la stanza disse “avanti” le arrivò alle orecchie in maniera ovattata a causa del suo cuore che le batteva a mille e il sangue che le pulsava nelle orecchie. La paura le attanagliò lo stomaco e si diede della stupida mentalmente più volte, mentre girava la maniglia, per quella paura forse infondata….un  rifiuto Isabelle non sarebbe riuscita a superarlo, troppe volte si era sentita sola, circondata da ragazzi che sicuramente non riuscivano a capirla come forse avrebbe fatto lei.
Clarissa era seduta sul davanzale della finestra,  in mano stringeva il suo amato blocco da disegno e una matita che teneva sollevata dal foglio ancora bianco. Non appena vide Izzy sulla porta, la ragazza si aprì in un sorriso “ Ehi!!” salutò alzandosi e mettendo giù il blocco. Ma vedendo  la faccia dell’amica il suo sorriso si spense e un lampo di preoccupazione passò sul suo viso.
“Izzy tutto ok? È successo qualcosa?” Il suo tono diventava sempre più ansioso man mano che Isabelle titubante non proferiva parola.
“Isabelle per l’Angelo mi stai facendo venire un infarto!!” sbottò.
“Si tutto bene…..beh….Clary….io …..” Finalmente si era decisa a dire qualcosa.  Clary si rilassò leggermente, ma l’atteggiamento di Izzy continuava a non piacerle.
Le posò una mano sulle sue dita intrecciate. Quel tocco infuse a Izzy il coraggio che finora le era mancato in quella situazione, facendole sputare tutte le parole d’un fiato, come liberandosi di un peso.
“Clary io volevo chiederti se volevi essere la mia parabatai!!”
Quelle parole gelarono Clary. Guardava Isabelle con aria sconvolta, la bocca aperta e continuava a sbattere le palpebre confusa. La reazione della ragazza terrorizzò Izzy, la sua paura si stava concretizzando e pensò che forse aveva sbagliato. Perché mai Clarissa avrebbe dovuto dire di si, si conoscevano da pochi mesi e non erano poi cosi legate. Ma a quei pensieri Isabelle non credeva minimamente, aveva imparato a volerle bene, a fidarsi di lei e questo le bastava per farle quella richiesta.
Clary stava per rispondere qualcosa, ma venne fermata dalla mano dell’amica che gliela parò di fronte agli occhi e la invitò a sedersi. Le due ragazze si sedettero sul letto e Isabelle cominciò: “non voglio che ti senta obbligata a dire di si, non voglio che la vedi come una richiesta forzata dal fatto che tu sei l’unica ragazza del gruppo- sospirò facendo una pausa - vedi Clary mi sono sempre sentita un’esclusa, una persona di troppo nel rapporta tra Jace e Alec. Loro hanno sempre avuto l’un l’altro per le varie battaglie e per sostenersi, io non ho mai avuto nessuno. Ho un senso di vuoto qui - portò le mani sul cuore- che mi porto dietro sin da bambina, ho cercato di colmarlo ma non ci sono riuscita e per questo mi sento ancora più sola. Questa solitudine mi ha portato ad erigere un muro contro i sentimenti ed è per questo mi getto a capofitto in avventure di sesso senza voler mai un vero coinvolgimento , al quale non sono abituata e mi spaventa. Ti chiederai cosa c’entra tutto questo con te, beh Clary da quando ti abbiamo incontrata per la prima volta, tu hai sconvolto le nostre vite. Jace è pazzo di te, sei riuscita a portare a galla il vero Jace, quel bambino che ha tanto sofferto e che sta scoprendo solo ora che vuol dire essere amato. Ma hai anche sconvolto la mia vita….in te vedo quell’amica che non ho mai avuto, quella spalla su cui sorreggermi e confidarmi, un’alleata tutta la femminile ecco “ disse quell’ultima frase con le lacrime agli occhi e una vena scherzosa.
Clary continuava a guardarla sconvolta, era la prima volta che Isabelle le parlava di sé e soprattutto di questa parte di sé. Si sentì come svuotata da quelle parole tanto che calde lacrime cominciarono a bagnarle le guance.
Isabelle stava per continuare il suo monologo, ma Clary la abbracciò stretta all’improvviso. “Ne sarei onorata!” le sussurrò, ma poi fissandola intensamente con quegli occhi verdi che in quel momento sembravano più scuri che mai, quasi rattristati, continuò: “Ma mi chiedo se sei sicura di questa scelta…io non sono ancora abilissima come Shadowhunter e non vorrei crearti problemi”. Abbassò lo sguardo mortificata per quelle parole che temeva potessero ferire la Lightwood, ma voleva essere sincera e sentiva la necessità di esporre quella paura.
“Clarissa Fray non preoccuparti di questo, io sono più che sicura di te e delle tue capacità!” Il cuore di Izzy batteva come un tamburo e il successivo momento di esitazione di Clary le sembrò durare secoli.
“SI Izzy, sarò la tua parabatai!” Sorrise e si legarono in un abbraccio fraterno.
D’un tratto Isabelle si sciolse e guardando la ragazza di fronte a lei esclamò: “allora cara futura parabatai, adesso dovrai adeguarti al mio….stile! quindi preparati che andiamo a fare shopping!” E fece per andarsene.
“LO SAPEVO CHE C’ERA UNA FREGATURA!!” sbuffò Clary facendole una linguaccia. La mora ridacchiò e uscì dalla stanza.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Entrando nella stanza, Jace trovò Clary sul letto, le gambe incrociate, mentre si dondolava con lo sguardo perso nel vuoto, il Codice aperto sulle coperte. Quella scena lo terrorizzò. Era sempre troppo sensibile all’umore della sua ragazza e un po’ troppo iperprotettivo, come sempre lei stessa gli rimproverava.
Si avvicinò e le scostò un ricciolo da volto per guardarla meglio in viso “Clary che succede?” le chiese.
Clary alzò lo sguardo e sorridendogli gli raccontò ciò che era successo pochi minuti prima “Izzy mi ha chiesto di essere la sua parabatai! E io ho accettato!” sorvolò di proposito le motivazioni di Isabelle perché voleva che rimanessero una sorta di segreto tra loro e raccontarlo a Jace lo avvertiva come un tradimento. Il suo sguardò si incupì di nuovo e Jace, dopo un attimo di spiazzamento alla confessione della ragazza, le alzò il viso facendo incontrare i loro occhi.
“E allora perché hai questa faccia triste?” A Jace l’idea di Clary come parabatai di qualcuno lo intimoriva, no perché non avesse piena fiducia in lei, ma sapeva che cosi non avrebbe potuto proteggerla come voleva, tenerla lontana dai combattimenti più difficili e soprattutto temeva i comportamenti impulsivi di Clary. Jace sapeva molto bene come agiva quando in pericolo c’erano le persone a cui voleva bene, non si fermava davanti a nessun pericolo, agiva senza riflettere e il pensiero che potesse farsi male lo fece tremare. Più volte l’aveva ripresa chiedendole di essere più prudente, ma ogni volta era come se non ci fosse mai stata quella conversazione, lei agiva sempre di testa sua. Lui conosceva bene il valore della runa parabatai, erano ormai anni che lui e Alec condividevano quel legame e Jace l’aveva sempre avvertito come un carico di responsabilità, verso sé stesso e verso il suo parabatai, soprattutto in battaglia, dove non c’era più solo lui, ma era responsabile anche di un’altra vita, quella di un compagno di guerra, un amico, un fratello! Non era permesso essere impulsivi, bisognava riflettere e calibrare le proprie mosse. Più volte Alec gli aveva coperto le spalle, salvandolo anche, e non poté far a meno di pensare se Clarissa capisse cosa comportava la sua scelta, considerando il suo essere tremendamente testarda e impulsiva.
“Non sono triste, sono preoccupata. Sono molto felice e onorata che Izzy mi abbia fatto questa richiesta, ma io lo sai che spesso sono un peso, non sono al vostro livello e temo che Isabelle possa farsi male a causa mia. Tu stesso non vuoi che io venga a caccia con voi. Ho già detto questo a tua sorella, ma pare che non le importi, dice di fidarsi di me e io mi sento sotto pressione. Dovrai allenarmi più duramente, Jace!” Disse l’ultima frase con sguardo supplichevole e le mani strette sull’orlo della maglietta.
Jace si meravigliò di quelle parole. Clary gli appariva cosi vulnerabile, come schiacciata da un macigno di ansie che rispecchiavano le sue. Non voleva farle la solita predica sul suo carattere, in quel momento la ragazza era già troppo emotiva e non voleva darle altre noie. Cercò di sdrammatizzare come al suo solito per farla sorridere.
“Lo sai che non vedo l’ora!” Le disse alzando un sopracciglio e sorridendo in maniera maliziosa.
“Smettila di fare lo scemo, dico sul serio!” Sbuffò Clary. Jace la attirò a sé facendola sedere a cavalcioni sulle sue gambe. La ragazza si adagiò contro la sua spalla sinistra ascoltando la voce di Jace rimbombare nel suo petto e facendo scorrere le piccole mani d’artista sulla schiena del ragazzo.
“Clary nessuno ti fa una colpa se non sei ancora una perfetta Shadowhunter, lo sei diventata da poco e tutto sommato non te la cavi nemmeno tanto male! Ci vorrà del tempo, ma ce la farai!” Ne era più che convinto, Clary era già un’ottima Cacciatrice e lo sarebbe stata ancora di più con il tempo e duri allenamenti. Dopotutto loro si allenavano da quando erano bambini, lei da pochi mesi. Le prese il viso tra le mani e le diede un leggero bacio sulle labbra che lei ricambiò immediatamente.
“Grazie - disse arrossendo e guardando Jace con occhi sinceramente grati per quelle parole - Ma…”
“C’è dell’altro?” Chiese con voce vellutata portandole una ciocca di capelli rosso fuoco dietro l’orecchio.
“Izzy vuole che mi adegui al suo stile! VUOLE CHE VADA A FARE SHOPPING CON LEI!! JACE TI PREGO….” Clary aveva alzato il tono della voce di un ottava e toccava quasi l’isterico.
Jace scoppiò in una risata “ah no, non chiedermi aiuto! tua la parabatai, tuo il problema!”
“Sei odioso, lo sai?” Strinse leggermente gli occhi.
“Dovrai abituarti! Isabelle è una forza della natura, niente riesce a fermarla e tu credo che sia perfetta come sua vittima!” Disse serio.
La faccia di Clary era una maschera di terrore, aveva le sopracciglia aggrottate e continuava a scuotere la testa cercando di scacciare l’immagine di lei stile bambola di pezza nelle mani di Isabelle mentre le faceva cambiare vestiti su vestiti, uno più succinto dell’altro, e la costringeva a cambiare negozio ogni 5 minuti. L’agitazione cominciò a farsi largo nuovamente finchè Jace decise che quello stato di angoscia era durato abbastanza “Su, sto scherzando!” Rise.

NOTE: prima di tutto Buon Anno!
Il capitolo è un pò cortino, ma spero che vi piaccia lo stesso. volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito e letto la mia storia! Grazie infinite!! Fatemi sapere che pensate di questo nuovo capitolo!!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ciao a tutti!
ecco un nuovo capitolo, spero che vi piaccia! fatemi sapere che ne pensate!
Buona lettura!


Isabelle entrò in camera sua come un fulmine, si gettò sul letto, affondò il viso nel cuscino ed emise un urlo. Aveva bisogno di sfogare tutta l’agitazione che aveva preceduto la conversazione con Clarissa. Aveva accettato! Sarebbe stata la sua parabatai. Si mise a pancia in su sul letto, aveva un enorme sorriso sul volto, era davvero felice. Si alzò di scatto dal letto, aprì l’armadio e tirò fuori la giacca: era il momento di cominciare a coltivare il loro rapporto. Passò davanti alla porta della cucina dove incontrò Alec intento a lucidare la sua balestra. Il ragazzo sentendo la presenza della sorella alzò lo sguardo “Stai uscendo? Dove vai?” le chiese.
“Shopping…..con Clary!” Enfatizzò le ultime due parole con un sorriso trionfante.
“Clary? Ho capito bene?” Alec sapeva benissimo quale era la posizione della rossa quando si trattava di andare per negozi con Isabelle, era un irremovibile NO! E infondo la capiva anche, per questo sentire pronunciare il suo nome come accompagnatrice della sorella lo lasciò alquanto confuso!
“Uhm, uhm” annuì Isabelle.
“E dimmi è consenziente o la stai semplicemente obbligando, magari sotto ricatto?” Scherzò il maggiore dei Lightwood.
“Che brutta opinione che hai di me fratello! Pensi sul serio che possa fare una cosa del genere? Ricattare poi…mi troverei con la testa mozzata nel giro di 2 secondi!” Si finse offesa portandosi una mano la petto.
“Ehhh? Ma di che parli?” Alec era ancora più confuso. Isabelle aveva un potere di mandarlo in confusione impressionante!
“Biondo…..iperprotettivo….narcisista ti ricorda qualcosa?” snocciolò quegli aggettivi con tono cantilenante.
“Giusto, il mio parabatai!” ridacchiò pensando a Jace e quanto gli aggettivi usati da Izzy fossero azzeccati per descriverlo.
Quella parola le mosse una strana sensazione allo stomaco, quasi di orgoglio. Tra poco poteva dirla anche lei una frase del genere. Doveva dirlo ad Alec, voleva condividere con suo fratello un qualcosa di cosi importante per lei.
“Sai Alec - disse seria- tra poco avrò anch’io una parabatai!!” lo guardò dritto negli occhi con una seria speranza di appoggio da parte del fratello.
Alec aggrottò le sopracciglia e la guardò stupito, senza capire inizialmente a chi illudesse la sorella. Poi collegò…
“CLARY?? Izzy ma sei impazzita? Che motivo hai di avere una parabatai come lei? È inesperta e già ci basta Jace a preoccuparsi di lei, non serve che le faccia anche te da babysitter? Ti farà uccidere!” Alec sputò quelle frasi furioso. Si alzò di scatto dalla sedia, batté un pugno sul tavolo per poi portarselo all’altezza delle labbra come a voler bloccare altre parole che voleva non dire. Respirava affannosamente, la rabbia gli aveva colorato le guance di rosso: cercò di calmarsi, rendendosi conto che la sua reazione era stata eccessiva e aveva turbato Isabelle, che lo guardava delusa.
Quelle parole avevano serialmente ferito Isabelle. Sapeva cosa Alec provava per Clary, non le era mai andata a genio, la vedeva come un’intrusa, un peso nella battaglie, ma non aveva il diritto di giudicare le sue scelte e le sue emozioni. Poteva non essere d’accordo, ma doveva rispettarle.
“Stai dicendo che sono una sprovveduta? O sei semplicemente geloso?” Izzy aveva un tono gelido, sosteneva lo sguardo del fratello finchè questi ,quasi intimorito, lo abbassò.
“Geloso e di cosa? Io ho già il mio parabatai, che è molto migliore del tuo” rilassò un po’ il tono sul finire della frase. Alec non voleva che sua sorella lo odiasse per quella reazione, cercò di smorzare la tensione che si era creata tra i due.
“Appunto!” Disse piccata non apprezzando l’ironia del fratello. “Hai paura che Clary porti via anche me! Ha già Jace…..” Non sapeva perché aveva detto quelle cose, ma avvertiva che erano verissime, che il fratello stava vedendo il suo piccolo universo sgretolarsi sotto i suoi piedi, sconvolto da una ragazzina dai capelli rossi che era riuscita a conquistare il cuore di quelle persone che erano sempre stati i suoi maggiori affetti e che dopo la morte di Max e la rottura con Magnus, Alec aveva fatto le sue ancore di salvezza.
Alec la guardò serissimo e quasi come se le avesse letto nella mente disse: “ma che dici? Jace è il suo ragazzo e non ha niente a che fare con il mio essere parabatai. Clary non mi starà simpaticissima, ma non ha mai interferito nel mio rapporto con lui, sia come parabatai che come fratello o amico. Dopo quello che è successo a Max io ho solo paura di perdere anche te Iz, lo capisci?” Nuovamente la rabbia si stava impadronendo di lui, tanto da stringere i pugni.
“Potrei morire anche domani, senza avere una parabatai. È nel nostro destino, nel nostro essere Shadowhunters. Alec capisco che hai paura, ma credimi, ne ho anch’io per te quando siamo in battaglia, nonostante tu abbia Jace!” Fece una pausa. “È proprio questo il punto Alec. Io non ho un rapporto come il vostro con nessuno, lo capisci? voi siete i miei fratelli e vi voglio bene, ma io voglio una parabatai! E non per capriccio come stai pensando!”
“Spero per te che non sei già andata a fare la tua proposta?” Il suo tono era duro e aveva la mascella serrata.
Perché non capiva che aveva bisogno di Clary?
“E invece si! E se lo vuoi sapere, Clary ha accettato!” Usò il tono più acido che le riusciva.
“Iz, potevi almeno parlarne con me o Jace! A proposito lo sa?” Alec cambiò tattica, cercò di giocare la carta dell’iperprotettività di Jace, forse lui avrebbe avuto un po’ di buon senso in tutta quella faccenda e avrebbe convinto la sua ragazza a fare un passo indietro.
“Credo di si, l’ho visto andare in camera di Clary, quindi suppongo che lei glielo abbia già detto! E scommetto che lui non avrà reagito come te!” Rispose puntando il dito nella direzione del fratello pronunciando la parola “te”.
“Non c’è modo quindi di farti cambiare idea?” Era esasperato, si passò una mano sul viso stanco, facendo l’ultimo tentativo di far desistere Isabelle dalla sua decisione.
“No, Clarissa sarà la mia parabatai che ti piaccia oppure no!” Uscì dalla cucina furiosa.
La conversazione con Alec era durata anche abbastanza ed era stufa che gli altri condizionassero la sua vita: i problemi coniugali di sua madre l’avevano trasformata in una donna fredda e incapace di aprirsi ai sentimenti, Sebastian l’aveva privata di un fratello e le aveva fatto provare sentimenti troppo forti da sopportare insieme come odio e disperazione, adesso Alec pretendeva di manipolare le sue scelte e volontà. “Basta” pensò avviandosi verso l’ascensore, dove trovò una Clary impaziente, forse più di terminare che di iniziare quel pomeriggio di shopping con lei. Era davvero buffa mentre continuava a battere il piede per terra e gettare continuamente i capelli all’indietro, tanto da riuscire a strappare un sorriso a Izzy.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ciao e buona Domenica!
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito e in maniera particolare Reby_13 per il suo sostegno! Grazie di tutto!
 
“Fray!” Urlò Isabelle per farsi notare e per mettere fine a quell’attesa che stava facendo irritare Clary. Era felice che Clarissa avesse accettato di passare il pomeriggio con lei, si sarebbero divertite, ne era certa.
“Oh finalmente!” Sbottò Clary. Erano più di 15 minuti che l’aspettava davanti a quell’ascensore.
Izzy la squadrò. Clary portava dei jeans consumati, degli stivaletti viola, una felpa bianca e un piumino nero. Era febbraio inoltrato e a NY faceva abbastanza freddo di quel periodo e, considerando che stava facendo buio, malgrado fossero ancora le 16.30, Clary optò anche per un paraorecchie nero che spiccava nella sua chioma rossa.
“Non ci siamo proprio Fray!” Alzò una cuffia del paraorecchie, notando che era di pelo sintetico e fece finta di rabbrividire. “Andiamo, prima che qualcuno mi veda con te conciata cosi!” e si avviò dentro l’ascensore.
Clary alzò gli occhi al cielo, prese un lungo sospiro e la seguì. “Sarà un pomeriggio mooolto  lungo” pensò.
Lungo il tragitto, Isabelle non smetteva un attimo di parlare di vestiti, scarpe e accessori, su quali tonalità Clary dovesse puntare per valorizzare i suoi colori, e naturalmente, su quali modelli scegliere per star bene con i suoi look. Clary continuava ad ascoltarla senza capire molto il suo linguaggio di moda: entre-deux, maillot, ikat, stole, ricami, stretch, guêpières....
“Guêpières?” quella parola le rimbombò nelle orecchie. Si fermò di colpo guardando Izzy allibita, aspettando che rispondesse qualcosa….in realtà si augurava che scoppiasse in una risata, prendendola in giro.
“Sai cosa sono, no?” Isabelle teneva un sopracciglio alzato.
“Ovvio che lo so!!” Clary incrociò le braccia al petto. Izzy parlava sul serio.
Isabelle espirò come se fosse sollevata “non ti arrabbiare. A Jace piacerebbero….”
“Smettila!” sbuffò Clary, si sentiva il suo viso caldissimo, sicuramente doveva essere arrossita. Si guardò intorno per vedere se qualcuno avesse sentito quello che dicevano. Scoccò a Izzy uno sguardo truce, la superò a passo veloce e si immerse nella folla dei marciapiedi Newyorkesi.
Arrivate al centro commerciale Isabelle si fiondò subito nel primo negozio di abbigliamento che vide.
“Vediamo se c’è qualcosa di interessante” disse dirigendosi nella sezione più chic del negozio, sorvolando di proposito il reparto sportivo.
Clary poteva giurare di aver notato Isabelle fare un' espressione disgustata guardando le tute da ginnastica. Ridacchiò fra sé pensando alla grande grinta di Isabelle. Era una ragazza meravigliosa, si erano conosciute in modo inusuale, non avevano mai avuto tantissime occasioni di conoscersi a fondo, ma poteva dire che, dopo aver combattuto tante battaglie insieme, si erano avvicinate moltissimo. Pensò che fosse giusto darle una possibilità, andarle incontro e per questo aveva accettato di essere la sua parabatai e di fare shopping con lei.
Clary girava tra le stampelle che generalmente evitava quando andava a fare shopping, ricolme di pantaloni strettissimi, top paillettati, e provocanti osò pensare, e vestitini di pizzo con fare quasi annoiato. Non le piaceva quasi niente, ma aveva imparato a indossare la sua divisa da Cacciatrice, quindi aveva preso familiarità con indumenti di pelle, stivali alti e abiti aderenti per non essere d’impaccio nella battaglia. Isabelle continuava a prendere qualsiasi genere di top, pantaloni ma soprattutto GONNE notò, reprimendo un gemito di terrore ripensando all’abitino che le aveva fatto indossare per la festa a casa di Magnus.
“Ok Clary, questi credo siano perfetti per te. Ho cercato di non esagerare, ho scelto capi che penso possano piacerti e che hanno un certo stile. Sicuramente sono più femminili di…. - fece un cenno del capo verso gli abiti di Clarissa - ….quelli!”
“Cosa hanno che non va i miei vestiti? Sono semplicissimi vestiti e soprattutto comodi. E poi, non capisco perché devo essere io ad adattarmi al tuo stile! Perché non ti adatti te al mio?” Si mosse verso una pila di felpe e ne prese una. Era color confetto, con sopra una scritta a caratteri blu e bianchi che recitava I LOVE ROCK! “Questa credo che ti starebbe molto bene, il colore risalta i tuoi capelli neri!” la prese in giro, “e questi  - prendendo un paio di jeans a metà polpaccio - con un bel paio di sneakers stanno benissimo e poi staresti molto più comoda, credimi i tuoi piedi ti ringrazieranno!”
Isabelle la guardava sconvolta, gli occhi sgranati e una mano portata involontariamente verso la gola, come se soffocasse. “Allontana quella roba da me Fray!!”  
 
Alec entrò nell’armeria furioso, le parole della sorella gli rimbombavano ancora nella mente. Come poteva essere cosi irresponsabile, era solo un capriccio, ecco cosa era. Lei era un’abilissima guerriera e non poteva permettersi distrazioni, soprattutto se quelle distrazioni erano per Clary! La odiava, da quando era arrivata non aveva portato altro che guai, lei e quella famiglia psicopatica che si ritrovava, li aveva messi tutti in pericolo e Max ne aveva pagato le conseguenze. Non avrebbe permesso che facesse lo stesso con Isabelle.
In un angolo dell’armeria, intento in un contemplamento delle spade angeliche c’era Jace, proprio la persona che Alec stava cercava in quel momento.
“Dimmi che tu non appoggi questa follia!” Teneva le braccia conserte e la bocca come una linea dritta.
“È arrivata anche a te la bella notizia?” Rispose con tono divertito, riponendo la lama angelica nella teca e scostandosi dagli occhi i capelli biondi.
“Si e non sono per nulla d’accordo. La tua ragazza non è pronta per fare da parabatai né a Isabelle né a nessun altro. È oggettiva come cosa”. Alec era infastidito da quel tono superficiale usato da Jace.
 “Dalle un po’ di fiducia”. Lo liquidò con un gesto della mano. Si sedette su una panca e guardò alla finestra. Quando Clary lo aveva informato della richiesta di Isabelle, Jace era sicuro di una reazione negativa da parte di Alec. Cercò di ignorarlo per evitare di aprire una discussione, nella quale non avrebbe potuto appoggiarlo.
“Che cosa!? Mi stai prendendo in giro? Jace guardami! Lo sappiamo entrambi che Clarissa non sa combattere, è ancora troppo immatura come Cacciatrice, e se devo essere sincero, credo che lo sia anche come ragazza, visto che non si è fermata a pensare che potrebbe far uccidere Isabelle”. Non ci poteva credere, anche lui era d’accordo con quella pazzia targata Isabelle Lightwood. Si sarebbe aspettato più solidarietà da parte di Jace conoscendolo e invece, a quanto pareva, si sbagliava. Quella Morgenstern lo aveva proprio plagiato. Pensò al viso di Clary con astio.
“Sei ingiusto Alec! Clary è migliorata tantissimo, si sta impegnando negli allenamenti e non è una totale sprovveduta in battaglia. È coraggiosa, impulsiva certo, te lo concedo perché so che stai per dirlo, ma non può far altro che migliorare”. Il ragazzo pensò agli ultimi mesi, a come Clary si era trasformata da semplice mondana a Cacciatrice di demoni, con un potere fuori dal comune e come aveva dovuto “combattere” la sua famiglia, quella stessa famiglia che aveva ritrovato da poco.
“Non credi di essere un po’ di parte?” Lo provocò con acidità.
“Vale lo stesso per te!” Ribatté. Sapeva della grande antipatia del suo parabatai nei confronti della sua ragazza. “Io credo che il legame parabatai sia uno stimolo in più per lei, oltre a ottenere maggiori abilità dalla runa come Cacciatrice, le conferirà quel pizzico di responsabilità in più che spesso le manca nei combattimenti. Alec, sono rimasto spiazzato anch’io quando Clary me l’ha det….”
“E non ti sei minimamente degnato di farle cambiare idea?” lo interruppe.  “Non devi incoraggiarla in tutto Jace, cosi facendo si sentirà libera di agire come vuole e questo non è quello che facciamo noi. Siamo una squadra e assecondandola nelle sue follie, ci hai messo più volte in pericolo!”  Era davvero furibondo, aveva lanciato una strega luce contro il muro e tremava dalla rabbia.
“Una squadra?” Jace piegò la testa di lato. “Beh non mi sembra che adesso stai pensando alla squadra. Ti ricordo che se io oggi sono qui libero da quel pazzo di Sebastian lo devo a lei, se sono vivo lo devo a lei, se oggi TU sei qui lo devi a lei! O hai dimenticato quello che è successo a Idris con Valentine e il suo esercito di demoni?” Stava cominciando a perdere la pazienza. Migliaia di Shadwhunters dovevano la vita a Clary, se non fosse stato per la sua runa di unione, che aveva permesso ai Cacciatori e ai Nascosti di combattere insieme, molto probabilmente nessuno di loro oggi sarebbe stato vivo. Forse Jace doveva la vita a Clary più di chiunque altro.
Le parole di Jace gli suonarono come un sonoro schiaffo in pieno volto. Alec arrossì.
“Cosa credi che lei non senta il carico di responsabilità? Ci ho parlato fino a poco fa ed era terrorizzata dall’idea che possa succedere qualcosa a Isabelle. Sappiamo bene ciò che si prova Alec! Non condannarla a priori. E poi è una volontà di Iz e noi non abbiamo diritto di giudicare la sua scelta. Se è questo che vuole, per me va bene”.  Sentenziò con aria stanca.
“JACE NON C’E’ L’OPZIONE DIAMOLE UNA CHANCE! IL LEGAME PARABATAI E’ PER SEMPRE E NON POSSIAMO ROMPERLO SE LEI NON SI DIMOSTRA ALL’ALTEZZA! E DI MEZZO C’E’ LA VITA DI MIA SORELLA! Urlò disperato, il nodo in gola lo stava soffocando, la ferita per la morte di Max bruciava ancora. Cadde senza forze sulla panca vicino a Jace, il volto tra le mani per evitare che le lacrime fuoriuscissero.
La scena turbò il ragazzo biondo che cinse le spalle del fratello. Capiva la sua disperazione, Max era un fratello anche per lui e soffriva tanto quanto i Lightwood. “Perché credi che Clarissa la farà uccidere? Un demone qualunque potrebbe farlo senza che Clary sia in quella battaglia! Hai perso un fratello Alec e questo non ti permette di giudicare la situazione con lucidità, anche perché c’è l’altra tua sorella coinvolta. Il gioco di squadra al quale ti sei appellato prima è proteggerci a vicenda. Io stesso le copro le spalle in battaglia, cosi come fai tu e come farà Clary! Siamo una famiglia più che squadra e il legame parabatai va oltre questo”. Il tono della sua voce era calmo, confortante.  Sentì le spalle di Alec perdere rigidità.
Jace aveva ragione, per anni avevano combattuto uno al fianco dell’altro proteggendosi. Un moto di rabbia verso sè stesso lo stava invadendo, colpendolo al cuore, facendolo sentire a disagio di fronte a Jace, vergognandosi della sua posizione. Si arrese.
“Ci terrei ad allenare Clary con te. Se per te va bene naturalmente.” Chiese al fratello, con occhi supplichevoli. Voleva studiare la ragazza, il suo modo di combattere, scoprire i suoi punti deboli, le sue carenze, aiutarla, voleva conoscerla cosi da poterla proteggerla. Ormai anche lei faceva parte della loro squadra, della loro famiglia.
Jace perse quell’espressione dura che aveva mantenuto per tutto il loro diverbio, per aprirsi in un sorriso. Gli strinse una spalla, un gesto cosi tipico, cosi familiare, cosi fraterno.
“Certo! Ma allenerai anche Isabelle, sai c’è la vita della mia ragazza in gioco!” scherzò.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Tre ore di shopping e una tazza di cioccolata calda da Taki’s dopo, Isabelle e Clary, cariche di buste di negozi diversi, entrarono nella cucina dell’Istituto. Jace e Alec stavano ordinando la cena al Messicano. Jace si avvicinò a Clary e la baciò delicatamente: aveva le labbra freddissime, il naso rosso e la chioma leonina fiammante, ricoperta di fiocchi di neve.
“Divertita?” Chiese ridacchiando e gettando uno sguardo alla quantità industriale di vestiti che avevano comprato!
“Moltissimo!” Rispose abbracciandolo. Stava gelando e le serviva una buona fonte di calore: Jace per lei equivaleva al calore di un vulcano.
Alec sgranò gli occhi incredulo: in vita sua credeva che non sarebbe mai riuscito a sentire una risposta del genere dalla bocca di Clarissa. Izzy gli fece un occhiolino compiaciuta e lui la strinse in un abbraccio di scuse silenziose che lei ricambiò.
Durante la cena, inevitabilmente le chiacchiere si spostarono sulla notizia del giorno.
“Uhm mi chiedevo, i Fratelli Silenti voglio un qualche preavviso per il rituale?” Isabelle parlava con enfasi. Si poteva notare come nei suoi occhi scuri si accendesse una luce particolare quando parlava del rituale e del suo prossimo legame da parabatai. Ne parlava sempre con trasporto e un pizzico di cautela, come se parlasse di un sogno che si stava per avverare.
“Alec, Izzy mi ha detto che hai dei dubbi su di me….” Clary aveva le guance in fiamme. Quando Isabelle le aveva raccontato della reazione del fratello, Clary si era sentita più insicura che mai.
“Clary io…” balbettò, preso alla sprovvista da quella frase.
“No Alec, ti capisco. Ci tenevo a dirti che cercherò di fare del mio meglio. Te lo prometto”. La ragazza lo guardava con occhi serissimi, vi si poteva leggere tutta la sincerità e la tenacia di quella promessa.
Alec sorrise, ma era mortificato per quella situazione imbarazzante nella quale sua sorella l’aveva cacciato. Aveva voglia di ucciderla. Jace ridacchiava dall’altro lato del tavolo, sorseggiando della Coca cola, notando l’espressione del fratello.
“Voi due – disse indicando con un dito prima la rossa e poi la mora – prima di procedere con il rituale, dovete fare qualche settimana di allenamento, soprattutto per imparare a coordinarvi nei movimenti e creare una collaborazione speciale tra voi. Non avete mai combattuto a coppia, quindi è meglio testare se ‘sto matrimonio sa da fare!” intervenne Jace. Guardò Alec schioccandogli un’occhiata di complicità. Sapeva che per lui era importante; il ragazzo lo ringraziò fugacemente.
“Io sono d’accordo!” Clarissa pensava che il ragazzo avesse ragione e lei avrebbe avuto la possibilità di migliorare il suo modo di combattere, apprendendo nuove tecniche.
“Anche per me va bene! Ma vi concedo solo 2 settimane, non una di più! Poi andrò io stessa dai Fratelli Silenti a richiedere il rituale”. Isabelle guardava i fratelli con uno sguardo determinato, mentre mangiava i suoi nachos.
“4 settimane!” Ribattè Jace senza guardarla.  
“Ma…” stava per controbattere con l’espressione corrugata, sbalordita e cercando lo sguardo di Clary per un sostegno, ma invece notò che la ragazza le comunicava con lo sguardo, scuotendo la testa, che 4 settimane erano meglio di 2!
“Niente ma!” Stavolta fu Alec a sentenziare. “Cominceremo gli allenamenti domani mattina! 8 in punto in palestra!”
“ E va bene!” Rispose rassegnata. Mangiando un altro nachos e mettendo il broncio.
 
Alec fu il primo ad arrivare in palestra la mattina. Arrivò con ben 15 minuti d’anticipo. Jace lo raggiunse dopo pochi minuti. Indossavano entrambi le loro divise da Cacciatori. “Dove è la tua dolce metà?” chiese.
“Da quando fai battutine? Scende subito, si sta vestendo” Jace lo guardò come se non lo riconoscesse.
Clarissa entrò in palestra alle 8 in punto. Aveva i capelli raccolti in uno chignon alto, indossava dei pantaloni aderenti neri, un paio di stivali, sempre neri, con piccole borchie alla caviglia e un body a mezza manica bianco di pizzo. Jace rimase a bocca aperta vedendola.  “Buongiorno” salutò.
“Questo è il risultato dello shopping di ieri?” Alec era impressionato dal grande potere di sua sorella. Pensò a quando era bambina e a quanto non fosse cambiata crescendo. Era sempre la solita bambina terribilmente forte che sapeva imporsi su tutto e tutti. Guardando Clary, rivide sè stesso da piccolo che subiva l’esuberanza di sua sorella; si sentì vicino alla ragazza e provò tenerezza per lei, per come Izzy l’aveva trasformata e resa una persona totalmente diversa da quello che lei realmente è.
Sorrise maliziosa verso Jace, al quale aveva già dato una visione dettagliata di cosa aveva acquistato con Isabelle. “Ci siamo adeguate ai nostri stili!”
“Devo dire che stai molto bene!” La ragazza gli sorrise debolmente, visibilmente imbarazzata dal complimento rivoltale da Alec.
“Mai quanto Izzy….” trattenne una risata nel vedere entrare Isabelle. Se ne stava sulla porta visibilmente frustrata. Indossava una felpa fucsia con stelle stampate blu con la zip aperta , una maglietta nera con un arcobaleno stampato sotto e una tuta a metà polpaccio nera. Per completare il tutto, portava delle sneakers multicolori.
“Mi scusi lei chi è? Come ha fatto ad entrare?” Jace vedendola colse l’occasione e la prese in giro. Lei incrociò le braccia la petto fulminandolo con gli occhi. Tutti ridacchiavano e il biondo incalzò la dose. “Ha visto per caso mia sorella li fuori?”
“Smettila Jace! Izzy non lo ascoltare, stai benissimo!” Intervenne Clary notando che Isabelle stava già srotolando la frusta dal polso.
“Che siamo suscettibili” Jace si finse offeso.
“Questa la pagate tutti e due!” Aveva gli occhi fiammeggianti di rabbia. Come aveva fatto Clary a convincerla a comprare ma soprattutto a mettere quei vestiti? La richiesta di adattamento di stile le si era ritorta contro.
“Ok basta adesso, cominciamo!” Alec era divertito. Sentì una strana sensazione di rivincita. Per una volta sua sorella aveva trovato pane per i suoi denti.
“Iniziamo con esercizi di difesa! Alec, tu preferisci la mia Clary o la versione sexy di Isabelle?” Ridacchiò il biondo che intanto si era avvicinato alla teca e stava studiando, con fare maniacale, le lame angeliche per scegliere la migliore.
Isabelle fece schioccare la frusta e la arrotolò alla caviglia destra di Jace che, preso alla sprovvista, cadde per terra. “Ma sei impazzita? Mi è chiaro che tu vuoi combattere con me, dico bene?” rise.
“Non vedo l’ora!” Rispose truce la Lightwood. Voleva togliere dalla faccia di Jace quell’aria di sfottò; sarebbe stata lei a ridere quando l’avrebbe battuto.
“Bene. Clary in posizione.” Alec usò un tono un po’ autoritario che mise in soggezione la ragazza.
Clarissa si piantò davanti a lui, la spada angelica nella mano destra. Sferrò il primo colpo ma Alec lo parò senza battere ciglio, riprovò e riprovò ma era come se lui riuscisse a leggerle nella mente e ad anticipare tutte le sue mosse. Le lame argentate cozzavano senza sosta e Clary cominciava ad avere il fiatone, mentre Alec non era minimamente scomposto. Pensò che doveva trovare una nuova tattica, almeno per sorprenderlo. Corse dall’altro lato della palestra, saltò su una trave che i ragazzi usavano per l’equilibrio e si scagliò contro Alec, che intento a seguire con lo sguardò il suo movimento, la afferrò per la vita e la scaraventò per terra e nella caduta la spada le volò di mano. La ragazza si rialzò afferrando una lancia dalla parete e ripartì all’attacco, ma Alec si spostò sfilandole di mano la lancia e dandogliene un colpo sui reni.
“Ahia!” Urlò portandosi le mani dove era stata colpita. Jace alzò lo sguardo preoccupato.
“Silenzio!” L’ammonì Alec.
Un altro colpo la fece cadere per terra, stavolta all’altezza delle caviglie. “Non sei concentrata Clary, non darmi mai le spalle, ascolta attentamente i miei movimenti!”  Clary si sentì avvampare.
Intanto dall’altra parte della stanza Isabelle e Jace lottavano come se fossero bambini di 8 anni, dove uno rispondeva alle provocazioni dell’altro con spintoni soprattutto, affondi di armi e acrobazie.
Clary riprese fiato, chiuse gli occhi cercando di concentrarsi; le tornarono in mente le parole di Jace durante uno dei loro allenamenti quotidiani: “quando lotti pensa a due cose, una bella e una brutta. Quella bella ti deve dare la grinta per vincere quel combattimento e ottenere ciò che vuoi, quella brutta ti deve rendere crudele Clary, immagina qualcosa che vuoi scacciare dalla tua mente, qualcosa che ti fa soffrire, che vuoi che scompaia per sempre e affrontala, ma soprattutto vincila!”
La faccia di Sebastian le si stampò in mente, quel suo ghigno malvagio, il suo modo di chiamarla “Sorellina” che le faceva venire la nausea e quello che aveva fatto a Jace, ad Amatis, al piccolo Max e tutto il male che stava causando e che ancora non aveva finito di fare! E pensò a Jace, all’amore che provava per lui, a Isabelle e alle sue parole sulla fiducia che aveva in lei e ad Alec, alla promessa che aveva fatto di non deluderlo.
Aprì gli occhi,  fece una capriola, riprese la lama da terra, si girò di scatto e si lanciò contro Alec. Il ragazzo reagì immediatamente andandole incontro e caricando un colpo. La rossa lo parò, cosi come un altro, e un altro e tutti quelli successivi, finchè le braccia le cominciarono a dolere. “Sei debole Clary, combatti come una mondana che fa lezione di autodifesa” la provocò. Non si arrese. Schivò un colpo inferto alle gambe saltando,  abbassandosi per evitare che le venisse mozzata la testa . “Verrai uccisa nel giro di pochi secondi! A 3 anni combattevo meglio di te!” E infine attaccò. Si fronteggiarono crudamente, adesso era la disperazione a governare Clary, era una furia, aveva le orecchie che fischiavano, vedeva appannato a causa dalle lacrime. Urlò, alzò la spada e la sbattè sulla spalla di Alec ferendolo, gli diede un colpo di elsa al petto, saltò oltre il ragazzo, gli diede un calcio facendolo barcollare e ne approfittò per gettarsi contro di lui spingendolo contro il pavimento. Il ragazzo fece per alzarsi ma una lama era puntata alla sua gola.
“Touchè!”
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ciao guys!
ecco un nuovo capitolo! ringrazio ancora chi segue la storia. Recensite, fatemi sapere che ve ne pare!

Il giorno del rituale si stava avvicinando e gli allenamenti delle ragazze continuavano senza sosta. Si iniziava alle 8 del mattino e si continuava fino al tramonto, quando avevano inizio le pattuglie notturne. Nonostante Clary fosse sfinita, con i muscoli che le urlavano pietà, era migliorata tantissimo. Jace e Alec avevano deciso di inciderle le prime rune e gli effetti erano strepitosi; i suoi sensi si erano affinati, i suoi movimenti erano più aggraziati e la sua resistenza in duello era nettamente aumentata. Senza considerare l’affinità con Isabelle: durante i combattimenti si muovevano in simbiosi, come coordinate in una coreografia immaginaria, che le portava ad essere sempre una al fianco dell’altra immediatamente. Gli attacchi simulati da parte dei due ragazzi riuscivano a sventarli semplicemente, con Isabelle che faceva danzare la sua frusta e Clary che era diventata bravissima nel lancio dei coltelli. Insieme a Jace dedicava circa due ore al giorno di esercizi, per affinare la mira e soprattutto la sua capacità di colpire un bersaglio in movimento. Inizialmente le sue mani tremavano quando impugnava i coltelli, soprattutto quando il bersaglio da colpire, mobile o fisso che fosse, era il suo ragazzo. Più volte si era ribellata a quella scelta: “Perché non possiamo usare un bersaglio tradizionale? O un manichino o dei dischi volanti? Ti prego Jace, qualsiasi cosa ma non te! Potrei farti male!”
Ma ormai era diventata abilissima, riusciva a lanciare tre coltelli contemporaneamente centrando l’obiettivo facilmente.
“ Bel lavoro! Dillo che volevi imprigionarmi in questo muro per farmi tuo!” Ammiccò Jace sorridendole e staccando un coltello dalla parete di legno dove era rimasto infilzato per un lembo della maglia da un coltello. Notò una piccola linea rossa macchiargli la maglietta grigia chiara. Clary, che era avvampata per la battutaccia del suo ragazzo, sbiancò all’istante.
“ Amore scusami” aveva il panico nella voce e armeggiava frettolosamente per prendere lo stilo. 
“ Non è niente, è solo un graffio”. La baciò sulla fronte.
Un tintinnio di tacchi fece staccare i due ragazzi. “Allora piccioncini, avete finito o sono di troppo?” Isabelle aveva abbandonato i vestiti “da mondani sfigati” come li aveva etichettati, seguiti da un “senza offesa Clary”, per tornare ai suoi cari, vecchi e sensuali abiti! Aveva  giurato, addirittura sull’Angelo, che non si sarebbe più vestita in quel modo, sostenendo di sentirsi molto a disagio; aveva trovato l’opposizione di Jace, che si divertiva da matti a prenderla in giro. Indossava dei pantaloni di pelle, abbinati a una canotta con le bretelline incrociate dietro e i suoi adorati stivali, rigorosamente tacco 18!
“Il tuo tempismo fa paura!” sbuffò Jace.
“Ah ah,  ti ricordo che quando avremo la runa parabatai, Clary sarà al 50% mia. Quindi goditela finchè puoi, pomposo che non sei altro, perché tra poco si divide!” sentenziò come una ragazzina viziata che dettava le sue condizioni che non ammettevano repliche.
Jace la ignorò facendosi un’iratze al fianco e questo fece irritare Izzy: “Hai capito? Sto parlando con te?”      
A Clary stava venendo il mal di testa:  “Va bene, io non sarò il 50% di nessuno dei due se non la smettete!” Andò incontro a un Alec, stanco quanto lei di sentirli punzecchiarsi, che scuoteva la testa con gli occhi chiusi. “Vorrei fare qualcosa all’aperto oggi, giusto per avere maggiore spazio e stimoli!” le rivelò e la sua proposta fu accolta con entusiasmo da Clary.
 Si recarono nell’immenso retro dell’Istituto. Era una piccola distesa verde costeggiata da alberi ancora spogli, nonostante la primavera fosse alle porte, e da erbacce. L’Istituto destava in una situazione di abbandono all’esterno dopo la morte di Hodge e con Maryse che era sempre ad Alicante.
Isabelle e Clarissa si posizionarono una accanto all’altra, pronte a fermare gli attacchi simulati di Jace e Alec. I ragazzi attaccarono e le due future parabatai si difesero dignitosamente. D’un tratto alle loro orecchie cominciarono ad arrivare suoni appena accennati, cosi ovattati da passare inauditi a orecchie mondane ma non alle loro, superallenate a cogliere anche il minimo sibilo. Clary istintivamente estrasse una lama angelica dalla cintura e si mise con le spalle contro quelle di Isabelle, la quale stringeva già la frusta in mano. Jace scattò contro Clary, lei lo respinse; subito dopo una figura alta, che non riuscì a distinguere, le si scaraventò addosso. Isabelle lo afferrò per la caviglia e lo gettò a terra, lontano dalla sua quasi parabatai.
In un attimo tutto sembrava essersi trasformato in un agguato in piena regola.
Un enorme lupo balzò verso Isabelle, la quale riuscì a spostarsi fulminea. Alec e una figura incappucciata nera avanzarono verso Clary: “che sta succedendo? Alec ?” Ma lui sembrava non sentirla. Avanzarono ancora, finchè entrambi non braccarono la ragazza: la figura nera era dietro di lei, l’afferrò per le braccia immobilizzandola, mentre Alec si avvicinava con passo lento, con la balestra puntata verso il suo petto.
“CLARY!” Sentì Isabelle urlare, e dopo un attimo di smarrimento per il comportamento di Alec, reagì immediatamente; calciò via la balestra dalle mani del ragazzo e con una testata si liberò della figura alle sue spalle. Corse verso Isabelle, che era per terra intenta a tenere ferma la bocca di un lupo grigio, che cercava di sbranarla. Si lanciò sul lupo colpendolo con la spalla alle costole e facendolo cadere di lato.
Si guardarono stralunate: erano circondate! Non riuscivano a capire cosa stesse succedendo, dove finiva la simulazione e dove cominciava la realtà.
Ma  Jace, Alec, la figura incappucciata, il lupo e il ragazzo con un passamontagna avanzarono verso loro.
Uno sguardo complice, un cenno del capo e si lanciarono nella mischia armi in pugno.
Clary parò prima un colpo e poi rifilò un pugno alla mascella di Jace, che fu il primo che le si parò davanti, cercando di colpirla con la sua spada. “Fa sul serio” pensò in preda al panico, mentre Isabelle avvolse  la vita del licantropo con la frusta: avevano un conto in sospeso, visto che le aveva gettato bava sul top nuovo. Successivamente la rossa fu attaccata dal ragazzo, del quale riuscì a liberarsi facilmente stampandogli un calcio allo stomaco. Diede uno sguardo a Isabelle che avanzava verso lei. Notò quella figura incappucciata, che le incuteva tanto timore, correre con un pugnale alzato verso le spalle di Isabelle.
“IZZY” urlò. 
Si capirono immediatamente. La mora unì le mani a palmi all’insù, Clary corse, ci saltò sopra e si gettò sulla figura incappucciata.
Caddero rovinosamente entrambe a terra e la ragazza strappò via il cappuccio: “MAMMA?”
Jocelyn Fairchild scoppiò a ridere. Aveva il labbro sanguinante per la testata che sua figlia le aveva rifilato. “Complimenti!”  
Clary era sconvolta. Notò che tutti si erano fermati: Izzy era confusa tanto quanto lei, quando il ragazzo col passamontagna rivelò la sua identità, applaudendo il lavoro delle ragazze. “SIMON??? Qualcuno ci può spiegare cosa sta succedendo? E tu, come ti è venuto in mente di metterti un passamontagna?” lo accusò.
“È stata un’idea di Jace e poi mi sentivo tanto Spiderman!” ridacchiò il vampiro, sfoggiando quel suo sorriso gentile che tanto le piaceva.
Isabelle alzò gli occhi al cielo. Il lupo corse dietro un groviglio di sterpaglie per uscirne immediatamente con le sembianze di Luke. Mostrava il petto striato dalle frustate di Isabelle mentre si affrettava a mettersi la giacca che Jace gli porgeva.
“Stiamo aspettando una spiegazione? Perché ci avete attaccato?” Clary sembrava visibilmente turbata.
“Jace e Alec credevano che la vostra sintonia era legata alla routine degli allenamenti e all’ambiente chiuso della palestra, cosi ci hanno chiesto di aiutarli nella simulazione di attacchi. E a quanto pare ci siete cascate!” spiegò Luke.
Clary aveva il fiatone, si stringeva un fianco che le doleva e continuava a spostare lo sguardo in maniera fulminea da Jace a sua madre, da Alec a Spiderman- Simon a Luke!
Isabelle era incredula tanto quanto lei dalla rivelazione “allora abbiamo passato l’esame?” chiese.
“Decisamente si!” le fece l’occhiolino Jace.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


“NON SE NE PARLA!!” Urlò Jace.
“Ma scusa che problemi hai?” Isabelle se ne stava sul letto in camera di Clary, con le gambe accavallate, studiando attentamente le sue unghie laccate di rosso.
“CHE PROBLEMI HO? ISABELLE STAI COMINCIANDO AD ESAGERARE! NON TI LASCERO’ USARE CLARISSA PER ADESCARE I DEMONI! IO….” Era esasperato, si portò le mani tra i capelli. Cominciava a mal sopportare sua sorella e le sue idee brillanti, che non potevano causare che guai, come ogni volta. Ultimamente sembrava che si divertisse più del solito a partorire qualche geniale perla che lo avrebbe fatto arrabbiare di sicuro.
“……Sei geloso lo so, temi che si invaghisca di uno migliore di te!”  lo provocò con aria distratta.
“Nessuno è migliore di me!” Ribatté il narcisismo di Jace, che aveva sempre la meglio sulla rabbia.
Scoppiò in una risata “Che convinto!”
“Iz……” si intromise Alec, ma venne subito zittito dalla sorella con un gesto infastidito della mano.
Clary uscì dal bagno, con un accappatoio bianco e i capelli gocciolanti, dopo una doccia calda. “State litigando? Di nuovo?” Chiese vedendo Jace e Isabelle guardarsi in cagnesco e Alec con un’espressione da vittima. Le venne da ridere pensando a quanti battibecchi tra i due il ragazzo aveva assistito e a quante volte ne era rimasto coinvolto senza volerlo, o era stato messo a tacere, come quella volta. Gli lanciò un’occhiata di solidarietà.
“No no, sono un muro di gomma” Jace si pavoneggiò avvicinandosi a Clary e sfoggiando uno sguardo da cucciolo innocente.
“Bene! Potete uscire adesso quanto mi vesto? Iz, tu rimani cosi puoi aiutami a prepararmi!” Si rivolse alla ragazza che era scattata in piedi e guardava Jace con un sorrisino trionfante.
“Perché mi fai questo? Vi siete messe d’accordo per farmi impazzire?” Chiese notando che la sua ragazza appoggiava tutta la follia di Isabelle.
“Jace ti prego! Non ti fidi di me?” Jace sgranò gli occhi quando Clary gli porse quella domanda. Era impossibile che lei vedesse la sua preoccupazione come una mancanza di fiducia. Si chiese se il suo comportamento la ferisse e se la facesse dubitare delle sue capacità, ma era più forte di lui, temeva per Clary, temeva di perderla e restare con una voragine nel petto impossibile da colmare. Temeva a lasciarla in balia dei demoni, dal momento che Sebastian stava facendo il diavolo in quattro per prenderla con un esercito di demoni e Shadowhunters Oscuri al suo servizio. La fissò indeciso su cosa dire…..
Isabelle sghignazzò ma fu presa per un braccio da Alec e accompagnata fuori, notando che la discussione tra Clary e Jace si stava facendo seria.
“Sei sempre la solita insensibile. Perché lo provochi sempre?” La rimproverò il fratello maggiore, chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
“Alec sono serissima. Io non vedo dove stia il problema se anche Clary sfoggi un po’ di sensualità per adescare i demoni come faccio io. Avremo il doppio delle opportunità di catturarli ed evitare che scappino non appena si rendono conto della nostra presenza!” Rispiegò la sua idea, mostrando che non faceva una piega.
“Lo sai come è fatto Jace? Clarissa è per lui molto importante….e già ci basta quel pazzo di Sebastian a farle la corte….”gli si indurì la voce.
“Quindi credi anche tu che fa cosi perché è geloso!” Continuò imperterrita.
“Ahhhh!” Si arrese agitando le mani davanti al suo volto e lasciandola sola nel corridoio.
Clary fece sedere Jace accanto a lei, gli posò una mano sulla guancia e poi gli accarezzò con il pollice le labbra.
Jace si lasciò andare a quel tocco e sospirò: “io mi fido di te!” La guardò dritto negli occhi e le diede un bacio leggero.
Non servivano altre parole. Appoggiarono le loro fronti e rimasero in silenzio per pochi secondi con gli occhi chiusi, il battito del loro cuore comunicava cento volte meglio delle loro parole. 
 
Il Pandemonium club, come ogni sabato sera, brulicava dei soggetti più disparati: da mondani vestiti con abiti di pelle e borchie, capelli rasati, creste e piercings, a soggetti meno umani, con occhi rossi o azzurri e volti deturpati.
Clary e Isabelle entrarono nel club facendo voltare parecchie teste nella loro direzione. Isabelle indossava un abito nero e rosso, con il corpetto stretto e un ampio scollo a V che le lasciava le spalle scoperte, maniche lunghe a coprire le rune e una gonna che presentava due lunghezze, una più lunga sulla destra e una più corta, a metà coscia, sulla sinistra. Portava sandali neri altissimi, i capelli sciolti e i suoi immancabili accessori: la frusta al polso e il rubino rosso antidemoni come ciondolo. Si muoveva sinuosa tra i ragazzi che si dimenavano sulla pista, seguita da Clary, che cercava di imitarne le movenze. La ragazza invece indossava un abitino nero, anche questo molto corto, in pizzo, con il collo alto che lasciava un’ampia scollatura sulla schiena nuda, con piccole file di strass che passavano sulle scapole, e abbastanza trasparente da lasciare intravedere la pelle chiarissima di Clary anche al buio. I capelli erano raccolti in alto, con i riccioli che sembravano lingue di fuoco che scendevano. Portava stivali alti sopra il ginocchio, per nascondere la grande quantità di rune che Jace le aveva disegnato. Tentava di muoversi sensualmente, ma le riusciva difficile perché sentiva lo sguardo di fuoco di Jace, che con Alec le osservavano dalla zona più buia del locale.
Si spostarono al centro della pista e cominciarono a danzare con movimenti lenti e a lanciare occhiate fugaci intorno alla ricerca di qualche demone. Clary improvvisamente si sentì afferrare per i fianchi da grandi mani e avvertì un respiro affannoso dietro l’orecchio “Sei molto carina, lo sai?” I suoi occhi schizzarono verso Isabelle che le fece cenno col capo di assecondarlo, indicandole il suo rubino che lampeggiava, segno che avevano adescato un demone. Si girò e si ritrovò tra le braccia di un ragazzo dai capelli neri come la notte e occhi verde smeraldo. Mentre lo guardava impressionata, un lampo di luce le mostrò il vero volto del demone: capelli come alghe e occhi gialli incorniciati da sporgenze e striature. Gli sorrise maliziosa e seguì alla lettera ciò che le aveva detto Isabelle: gli posò una mano sul petto, gli afferrò la camicia e se lo tirò dietro verso i magazzini vuoti. Notò che Isabelle era sparita dalla pista e pensò fosse corsa dai ragazzi.
Aprì la porta dello stanzino, era buio e un forte odore di chiuso le riportò alla mente la pima volta che aveva incontrato gli Shadowhunters. Spinse il demone dentro e tirò la porta lasciandola socchiusa, attutendo il frastuono della musica che proveniva dalla pista. Il demone le si avvicinò afferrandola per i polsi e lei si sentì morire. La stringeva fortissimo, tanto da sentire un netto schiocco dell’osso, che con molta probabilità si era rotto. Urlò di dolore e stampò un calcio allo stomaco del demone, che lasciò la presa. Malgrado il dolore al polso, tirò da sotto il vestito un coltello, che piazzò nella spalla del demone, dalla quale fuori uscì sangue nero, e chiamò una spada angelica che teneva davanti a sé pronta a reagire. Pensò a quanto ci volessero gli altri ad arrivare, ma il demone si era sfilato il coltello dalla ferita e stava balzando nuovamente contro di lei; la colpì in pieno viso aprendole una profonda ferita al labbro, facendola cadere per terra.
Il demone emise una profonda risata: “e tu saresti la sorella di Jonathan Morgenstern?” la derise.  
Quelle parole la gelarono. Il nome di Jonathan, suo fratello, la paralizzò. Il demone ne approfittò per prenderla per il bavero e scaraventarla dall’altra parte dello stanzino. Il polso e la testa le dolevano dannatamente e il sangue le colava dal labbro su tutto il mento fino al collo.
“Si dice che tuo fratello pensa che sei la sua perfetta alleata per governare il mondo e ripulirlo di tutta questa melma nella quale ancora vivi” le scagliò un ceffone “ma mi sembra ovvio che non è cosi, dovrà addestrarti per bene”.
Clary era sfinita, spaventata, non si era mai trovata a combattere da sola contro un demone alto il doppio di lei e dieci volte più forte.
La prese per il collo, la sollevò di nuovo, i suoi piedi stavano a buoni 15 cm di altezza dal pavimento: “Sei cosi debole che non sei degna di chiamarti Morgen….” Il demone sgranò gli occhi. Si guardò all’altezza del petto dove un piccolo pugnale era conficcato all’altezza del cuore e tremava nella sua carne, seguendo il tremore delle mani che lo stringevano, quelle di Clary.
“Mai voluto esserlo!”

Jace, Isabelle e Alec entrarono nello stanzino trovando Clary accucciata in un angolo sul pavimento, tremante e ferita. Jace si precipitò verso la ragazza afferrandola e mettendosela in grembo. La guardava con occhi terrorizzati, Alec notò anche leggermente lucidi, cosa molto inusuale nel suo parabatai, e seguiva con un dito le ferite di Clary. Se la stringe la petto e lei scoppiò a piangere stringendo la giacca del ragazzo: emise un gemito di dolore, aveva fatto quel movimento con il polso rotto.
“Mi dispiace Clary, mi dispiace…” Jace era incapace in quel momento di ragionare. Isabelle si avvicinò con lo stilo in mano, l’espressione atterrita e leggermente colpevole per aver lasciato sola Clary con quel demone, mentre Alec guardava ogni angolo dello stanzino per cercare tracce del demone.
“È morto” confessò debolmente Clary . 
Izzy le tracciò un’ iratze al polso, mentre Jace  continuava a cullarla fulminando con lo sguardo la sorella e imprecando contro di lei silenziosamente.
Alec sgranò gli occhi e poi addolcì il viso facendole un debole sorriso “Molto bene!”

Tornati all’Istituto Jace era furioso con Isabelle, non aveva fatto altro che urlarle contro per tutto il tragitto di ritorno, ma soprattutto era furioso con sè stesso, per non essere arrivato in tempo ed evitare tutto.
“Jace non farti colpa di niente! Eravate circondati da demoni, non potevi lasciare i tuoi fratelli da soli contro 5 demoni e venire da me! Io me la sono cavata. I lividi e le ferite passano, lo dici sempre anche tu! e poi, se mi sono fatta sopraffare da quel demone è stato perché ha tirato in ballo Sebastian e al fatto che mi vuole al suo fianco nel suo piano folle di governare il mondo” le lacrime le rigarono il volto, quasi senza che se ne accorgesse. “Ho paura Jace, non voglio che mi faccia quello che ha fatto ad Amatis….” Cominciò a singhiozzare, a liberarsi di quel nodo in gola che si era formato quando il Demone le aveva ricordato il piano di Sebastian.
“Shhh, non permetterò che succeda, te lo giuro sull’Angelo”. La abbracciò stretta, voleva sentire il suo corpo tra le sue braccia, avere la conferma che era li, con lui. Non sopportava vederla piangere.
“Non possiamo sapere come attaccherà, quando lo farà o dove! Dobbiamo essere pronti e io ….” Non riuscì a finire la frase.
“Hai dimostrato di essere molto forte Clary, sono fiero di te! Adesso riposati” le sorrise per poi baciarla sulla fronte. Fece per andarsene.
“Aspetta! Non te ne andare!” Lo supplicò.
Jace la guardò senza rispondere nulla. Lentamente si avvicinò e lei si voltò mostrandogli i gancetti del vestito “Mi aiuti?”
Il ragazzo deglutiva a fatica mentre armeggiava con l’apertura dell’abito; quando sganciò anche il terzo incastro lasciò che il collo del vestito ricadesse in avanti lasciando il collo di Clary completamente nudo. Le baciò l’incavo, sentendo sulle labbra il pulsare frenetico del cuore della ragazza che al contatto con lui rabbrividì. “Resta qui stanotte……co- con me” balbettò sentendo il suo corpo avvampare dalla testa ai piedi.
Jace le abbassò le piccole strisce di strass del vestito, facendolo scivolare lentamente lungo le gambe di Clary fino ad abbandonarlo per terra. La voltò verso di lui, le afferrò in viso tra le mani e la baciò quasi con disperazione, voleva scacciare quella scena di lei ferita per terra, delle sue lacrime, della sua paura di perderla per essere arrivato tardi.
“Ti amo!” le sussurrò sulle labbra.
“Amami allora!”


Note: Ciao e buona domenica!!
Con questo capitolo si conclude un pò la “trasformazione” di Clary: nel 5 capitolo era ancora un po’ inesperta, nel 6 c'è la nascita della sintonia con Izzy, in questo possiamo considerarla una Shadowhunter a tutti gli effetti, che sa combattere da sola!
Grazie ancora per le recensioni e se vi va, fatemi sapere che ne pensate di questo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ciao! buon Sabato!
ecco un nuovo capitolo! volevo pubblicare ieri, ma ho avuto da studiare e non ci sono arrivata. fatemi sapere se vi è piaciuto!
Attenzione piccoli spoiler!



Il grande giorno era arrivato.
Isabelle era elettrizzata, continuava a correre su e giù per l’Istituto e Alec temeva le sarebbe venuto un esaurimento nervoso. Ci sarebbero stati tutti: Jocelyn e Luke, Simon, e con sua grande sorpresa, anche Maryse e Robert sarebbero tornati da Alicante.
“Mancano solo 5 ore e io non so ancora cosa mettermi!!” Sbuffò tirando fuori, dal suo straboccante armadio, centinaia di vestitini. Sembrava diventare sempre più irritata man mano che appoggiava il vestito, con tutta la gruccia, su di sé davanti allo specchio, e quello non era di suo gradimento.
“Dobbiamo vestirci eleganti?” Clary si guardava intorno, circondata da vestiti che volavano verso il letto sul quale era seduta.
“Certo, avere un certo stile sarà il nostro motto!” Isabelle risposte con tono esasperato. Si chiedeva se Clarissa fosse mai riuscita a entrare nel meccanismo.
“Ci andrete in divisa, per secoli tutte le coppie parabatai si sono presentate cosi, voi non farete eccezione”. Jace apparve sulla porta smorzando i sogni di scintillii e lustrini della sorella.
“Sono sollevata” Clary emise tutta l’aria che aveva nei polmoni, rendendosi conto che aveva smesso di respirare al pensiero di mettersi chissà cosa proposta da Isabelle, davanti ai Fratelli Silenti.
Izzy strinse gli occhi guardando il ragazzo. “Ma come fai a starci insieme? – rivolta a Clary- E comunque io parlavo del dopo rituale!”
Clary e Jace che si stavano scambiando uno sguardo carico di sentimento, si voltarono di scatto verso Izzy dopo quella rivelazione “Dopo che?”
“Un dopo rituale, un party, sai dove si balla, si beve e si fa sesso nella toilette!” Fece l’occhiolino a Clary che, ripensando alla notte con Jace, avvampò.
“Io vado a vedere se mia madre e Luke sono arrivati”. Sgattaiolò fuori dalla stanza seguita da Jace, lasciando Isabelle davanti allo specchio a provare i suoi abitini. Voleva evitare che Izzy notasse che fosse arrossita e cominciasse a fare domande, indiscrete domande, ormai aveva imparato a conoscerla bene. Quando sospettava qualcosa le faceva “violenza psicologia”, come scherzosamente la definiva lei, finchè Clary non cedeva e le raccontava tutto. Come quella volta in cui la notò uscire dall’armeria di notte e si era fatta trovare al buio in camera sua, seduta sul letto, facendola spaventare a morte quando accese la luce, per sapere tutti i particolari della sua visita all’armeria. Clary aveva ceduto dopo vani tentativi di mentirle e poi di cacciarla dalla stanza: “e brava Clarissa Fray, limonare tra spade e pugnali!” aveva commentato, mandandole il viso tono su tono con i capelli. Doveva evitare a tutti i costi quella situazione.
Rimasta sola nella stanza Isabelle si fermò un attimo a guardare il suo viso allo specchio. Tracciò il contorno di una piccola ombra scura sotto l’occhio destro, segno che non aveva chiuso occhio la notte. Era veramente emozionata, erano state settimane intensissime e lei e Clary avevano sviluppato un feeling particolare, soprattutto nei combattimenti. Ripensò a quando Clary l’aveva abbracciata e le aveva sussurrato all’orecchio che sarebbe stata la sua parabatai. Tremò leggermente, il suo corpo fu attraversato da piccoli brividi. Sorrise abbassando lo sguardo. Il vuoto che sentiva nel petto era come se fosse stato sostituito da un fuoco caldo.  
Jocelyn e Luke erano in piedi nella grande biblioteca intenti a parlare con Alec sul rituale che entrambi gli uomini avevano fatto con Valentine e Jace e di cosa si provava a essere parabatai di qualcuno.
Entrando le parole di Luke arrivarono dritte alle orecchie di Jace: “non mi sono mai pentito di averlo scelto come parabatai, era un guerriero eccezionale, lo si deve riconoscere, e anche un buon amico. Ma tutti sappiamo come è andata a finire e mi capita spesso di pensare: se non mi fossi fidato cosi ciecamente di lui, sarei cosi? Probabilmente no, o forse si – guardò Jocelyn accarezzandole il viso, alludendo che per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa- tu Alec sei davvero fortunato ad avere Jace, come qualità mi ricorda il Valentine che era prima della sua follia. E sarò di parte ma, credo che anche tua sorella avrà un’ottima parabatai”.
Jace era rimasto impalato sentendo quelle parole e si sciolse solo quando avvertì le braccia di Clarissa circondargli la vita e sorridergli orgogliosa di lui.
Quando i ragazzi entrarono, Jocelyn corse ad abbracciare la figlia: “allora sei nervosa?”
“Parecchio”. Non aveva dormito molto quella notte, non vedeva l’ora che tutto fosse finito per scaricare quella tensione che stava accumulando.
“È normalissimo, è un passo molto importante, sei sicura vero Clarissa?” Jocelyn notò lo sguardo preoccupato della figlia.
“Mai stata più sicura!” Rispose con tanto orgoglio nella voce.
“Ti voglio bene”. Si abbracciarono strette. Era cosi confortante l’abbraccio di sua madre, il suo odore le dava un senso di pace interiore che la tranquillizzò moltissimo.
Una luce si sprigionò dal portale che si creò sulla parete della stanza e ne uscirono Maryse per prima, seguita subito dopo da Robert Lightwood.
“Mamma, papà!” Alec li andò incontro salutandoli. Era parecchio tempo che non si vedevano e Alec pensò a quanto gli era mancata, soprattutto sua madre, nel momento esatto in cui la abbracciò. Robert invece si limitò a una pacca sulla spalla del figlio e salutò gli altri con fare sbrigativo che mise in imbarazzo tanto Alec quanto Maryse.
“Dov’è tua sorella?” Domandò al figlio con tono autoritario, sembrava quasi infastidito, se non arrabbiato.
Isabelle comparve sulla porta della biblioteca immediatamente dopo il tremore dell’edificio per il passaggio all’interno di un portale, come di un terremoto.*
“Mammaaa!! Papà! Siete arrivati finalmente!” Corse ad abbracciarli, ma suo padre non ricambiò con entusiasmo. Isabelle sapeva perché. Per lui essere li in quel momento era un enorme spreco di tempo, non voleva assistere a quella cerimonia, gli faceva tornare alla mente ricordi dolorosi, il suo legame con Michael Wayland spezzato a causa del suo esilio dopo la condanna del Conclave per la loro posizione all’interno del Circolo di Valentine, e se si era presentato era stato su insistenza di Maryse. Quel suo comportamento lasciò un amaro in bocca alla ragazza, che invidiò Clary per il supporto di Luke, che si comportava con lei da padre vero.
 
Fuori dalla Città di Ossa, Simon aspettava l’arrivo degli altri per entrare. I Lightwood, Luke e Jocelyn, Jace e Alec e Clary e Isabelle, nelle loro divise nuove, rigorosamente nere e di pelle, avanzavano verso l’entrata della Città dei Fratelli Silenti, che agli occhi mondani appariva come un mausoleo. Simon corse incontro alle ragazze abbracciandole contemporaneamente. Per loro era importante la sua presenza quel giorno e lui non voleva mancare, tanto che Maryse aveva intermediato con il Conclave e in nome delle nuove Alleanze con i Nascosti, aveva fatto si che i Fratelli Silenti concedessero al vampiro Diurno l’accesso alla Città. Anche con Luke avevano fatto un’eccezione, ma il suo caso era meno problematico, considerando il suo passato da Nephilim.
“Pronte?” Le incitò con entusiasmo.
“Prontissime” dissero in coro. La carica di Simon era proprio quello di cui avevano bisogno. Simon era diventato una parte fondamentale delle loro vite: Clary lo conosceva da anni e il suo rapporto con lui era di estrema unicità, quel genere di rapporto, quasi fraterno, che li faceva capire con un solo sguardo, che li rendeva quasi trasparenti agli occhi dell’altro. Per Isabelle invece il ragazzo stava diventando qualcosa di più di un semplice amico, si frequentavano costantemente e lei stava cominciando a nutrire dei sentimenti sinceri verso il vampiro. Ti stai innamorando le aveva detto Clarissa, ma Isabelle voleva andarci cauta.
Sentiva il bisogno di averlo vicino quel giorno e lui era li anche per lei.
Sull’entrata del mausoleo, un Fratello Silente li accolse con un “Benvenuti” silenzioso udito nelle loro menti, facendo segno di seguirlo. Vennero condotti in una stanza circolare, in una semioscurità rischiarata solo dalla brillantezza delle stregheluce, con tante entrate laterali e un' imponente statua dell’Angelo Raziel di fronte alla porta dalla quale entrarono.
Se ci siamo tutti possiamo cominciare” tuonò la voce gutturale del Fratello Silente nelle loro menti. La risposta fu un cenno del capo da parte di tutti i presenti, soprattutto da parte delle due protagoniste della cerimonia.
Da ciascuna entrata della sala, entrarono i Fratelli Silenti, che si disposero a cerchio lungo il perimetro della stanza, con le mani dentro le maniche delle loro tuniche scure.
Venne fatto cenno alle ragazze che la cerimonia poteva cominciare. Clary scambiò un ultimo sguardo con sua madre, poi con Luke, Simon, Jace e per ultimo con Alec. Aveva bisogno di sentire il suo pieno appoggio, doveva essere sicura che lui aveva fiducia in lei come gli altri. Il ragazzo incontrò il suo sguardo, lo sostenne per alcuni secondi, Clary non riusciva a leggerlo, i suoi occhi erano come celati da un velo, e infine alzò un angolo della bocca e abbassò leggermente il capo in segno di approvazione. Prese un sospiro.
Isabelle scambiò un rapido sguardo con la sua famiglia, era visibilmente agitata e delusa dall’atteggiamento del padre; come Clary prese una profonda boccata d’aria e si affiancò a quella che tra pochi minuti sarebbe stata la sua parabatai.
Vennero condotte al centro della sala, due cerchi neri, come due profonde bruciature circolari, erano disegnati sul pavimento, vennero posizionate una di fronte all’altra, ognuna dentro un cerchio, gli occhi fissi negli occhi dell’altra, nero contro verde, si scambiarono un sorriso appena accennato.
Il Fratello Silente si posizionò al loro fianco tenendo in mano uno stilo: “Cominciamo”.
Isabelle Sophie Lightwood dichiara al tua età” il tono cupo fece sobbalzare Isabelle. Alec le aveva accennato a quella domanda, era importante essere di età inferiore a 18 anni.
“Sedici” rispose con gli occhi puntati verso il Fratello Silente, erano fieri e determinati.
Clarissa Adele Morgenstern dichiara la tua età” Morgenstern pensò Clary, sua madre era scappata da quel nome per tutta la sua vita e adesso eccolo ricomparire come parte di sé, come se il suo sangue avesse preteso la verità sulla sua identità. Non era mai veramente esistita una Clarissa Fray, lei per gli Shadowhunters sarebbe stata sempre Morgenstern.
“Sedici” aveva un po’ il fiato corto. La voce rimbombante del Fratello Silente nella sua mente, che si scontrava con l’immenso silenzio della sala che la circondava, era qualcosa di agghiacciante.
Siete consapevoli delle regole imposte dal Conclave riguardo il legame parabatai, del suo carattere eterno e che l’unica soluzione al taglio di tale legame è la morte?” diede un accenno maggiore sull’ultima parola, come fosse un avvertimento, con tono profondo, creando un suono come di acqua che viene risucchiata verso un scarico stretto.
“Si” risposero prima una e poi l’altra, il tono leggermente intimorito.
Giurate” fu un imperativo abbastanza secco.
Porse lo stilo per prima ad Isabelle, che lo afferrò con presa salda e, voltandosi verso Clary, iniziò il suo giuramento:
“Dove andrai tu andrò anch’io;
dove morirai tu morirò anch’io, e vi sarò sepolto:
l’Angelo faccia a me questo e anche di peggio, se altra cosa che la morte mi separerà da te
Inspirò, fece un passo dentro il cerchio di Clary e le tracciò la runa sull’avambraccio. Le tremavano leggermente le mani, si dovette fermare due volte prima di completare la runa. Quando ebbe finito le sorrise e le passo lo stilo. Clary notò che era visibilmente emozionata, aveva le guance leggermente arrossate e gli occhi lucidi. Tornò nel suo spazio circolare delimitato.
Clarissa aveva il cuore che le batteva a mille, lo sentiva battere cosi velocemente che le faceva addirittura male il petto. Si sentiva i brividi sul collo, sudava freddo per l’emozione e sentì che anche le mani erano sudate, quando afferrò lo stilo dalle mani di Izzy.
Alzò la testa, guardò oltre Isabelle di fronte a lei e posò lo sguardo su sua madre, che teneva le mani strette al petto, sull’orlo delle lacrime, mentre Luke le stringeva le spalle, e su Jace, agitato quanto lei, che si era rifiutato di parlarle del suo giuramento per farle vivere l’emozione di prima mano.
Tornò sul viso di Isabelle, strinse lo stilo, si schiarì la voce e iniziò anche lei il suo giuramento:
 “Dove andrai tu andrò anch’io;
dove morirai tu morirò anch’io, e vi sarò sepolto:
l’Angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te
Entrò nel cerchio di Isabelle. Tracciò anche lei la runa, simbolo di quel nuovo legame, sull’avambraccio della sua nuova parabatai.

*mi sono permessa di utilizzare questo elemento del film, mi è piaciuto molto.

Note: la cerimonia parabatai non è mai completamente spiegata nei libri della Clare, a parte le parole del giuramento e cosa si fa, non c'è molto. le parole dei Fratelli Silenti le ho inventate di sana pianta e la parte dei cerchi è presente nel Principe! non ho ancora terminato la Principessa, spero che li non ci sia qualche elemento in più sullo svolgersi della cerimonia, in caso contrario, mi scuso!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


SORPRESA (spero gradita)!! nuovo capitolo!
io ci tenevo a ringraziare ancora chi legge questa FF e chi recensisce, sapere il vostro parere per me è fondamentale. Se c'è qualcosa che non vi piace, sono pronta a cambiarla, non ci sono problemi!



Un vecchio magazzino abbandonato della South Street era stato completamente trasformato in una sala da ballo, con un grande piano bar sulla sinistra, dei tavolini con delle lanternine al centro, dei piccoli divani di pelle nera sui lati del locale e una grande pista da ballo, rischiarata da un soffitto di streghe luce, che gettavano piccole lingue di luce argentata sul pavimento. Un Dj era posizionato con la sua console accanto alla pista, su un palco, sul quale si potevano notare microfoni e strumenti per musica dal vivo.
La sala era occupata da una cinquantina di persone, che contavano, oltre alla famiglia Lightwood, Jocelyn, Luke e Simon, anche dei lupi del branco di Luke, qualche fata amico di Isabelle, membri del Praetor, tra cui Maia e Jordan, e naturalmente lui, l’artefice di tutta quella magia: Magnus Bane.
Isabelle non sapeva perché aveva accettato di aiutarla nell’organizzazione della festa, quando aveva preso il coraggio di andargli a chiedere la sua collaborazione, era certa si sarebbe rifiutato categoricamente, visto i rapporti che intercorrevano adesso tra Il Sommo Stregone di Brooklyn e i Cacciatori dopo la rottura con Alec. Eppure Magnus non si era tirato indietro, per lui era sempre l’occasione buona per organizzare un party con i fiocchi e quello non faceva eccezione. Era tutto perfetto.
“Si può sapere dove stiamo andando? Io credevo che avessi organizzato qualcosa all’Istituto, qui dove siamo?” Alec seguiva la sorella lungo un porto mercantile, con Jace e Clarissa dietro che arrancavano per tenere il passo di Isabelle.
“Eccoci siamo arrivati!” annunciò la Lightwood indicando con un braccio la porta sulla loro destra.
“Interessante! Una porta arrugginita con un numero 2!” descrisse Jace ciò che aveva davanti.
“Uomo di mala fede!” lo snobbò.
La porta si spalancò e i ragazzi rimasero sorpresi nel vedere l’interno. Isabelle aveva lasciato carta bianca a Magnus ed era estasiata del lavoro fatto.
“Benvenute al vostro party, neo parabatai!” Lo Stregone si avvicinò a Clary e Isabelle salutandole con un cenno del capo, prima una e poi l’altra, e facendo un ampio gesto della mano verso la sala.
“Per l’Angelo” Izzy era a bocca aperta. Era stata una giornata emozionante, il rituale, il giuramento e adesso quella festa era proprio come desiderava. Si voltò verso i suoi fratelli e Clarissa con un sorrisone.
Clary guardava il magazzino completamente trasformato con aria sbalordita e si ritrovò a pensare che come lo Stregone, nessuno organizzava party migliori. Si girò verso Jace alle sue spalle e lo sguardo le cadde su Alec, al suo fianco, che guardava Magnus con un’espressione sconvolta sul viso. Era un mix di emozioni, sorpresa, felicità, vergogna, rabbia. Si, rabbia costatò Clary, sicuramente verso Isabelle che non aveva accennato minimamente al suo collaboratore. Spostò lo sguardo da Alec a Jace, che come lei osservava le reazioni dello Stregone e del suo parabatai. Si fissavano, i loro occhi non smettevano di scrutarsi, tanto che generarono un disagio generale tra i ragazzi vicino a loro. Jace prese la mano di Clary per avviarsi all’interno del locale e vennero seguiti da Isabelle.
“Magnus…..” cominciò Alec, ma fu subito interrotto dallo Stregone che si voltò e sparì tra la folla. Alec rimase interdetto per alcuni secondi, si sentiva quasi soffocare dalle emozioni, si portò una mano tra i capelli: provava ancora qualcosa per lo Stregone dagli occhi da gatto, ma aveva rovinato tutto con la sua stupida gelosia. Lo amava, ne era certo; tutto quel tempo distanti non aveva fatto altro che intensificare quel sentimento che però, come Alec poteva vedere, non era più ricambiato. Quando l’aveva visto, aveva pensato che se aveva aiutato sua sorella e si era fatto vedere quella sera, forse era perché voleva rivederlo e aveva colto l’occasione, ma la sua reazione invece diceva tutto il contrario. Magnus gli era apparso quasi infastidito della sua presenza; era rimasto solo per fare le sue congratulazioni a Clarissa e Isabelle. Infatti era sparito. Probabilmente non voleva stare nella stessa stanza con lui. Lo odiava, ne era certo. Scacciò le lacrime che gli erano salite agli occhi e raggiunse gli altri.
“Alec mi dispiace, mi aveva detto che avrebbe organizzato tutto e sarebbe andato via…” si giustificò Isabelle vedendo la sua reazione di fronte alla presenza di Magnus. Le parole della sorella davano conferma alle sue supposizioni.
“Godiamoci la festa!” fu la sua risposta. Jace avvertì tutto il disagio e la fatica che il suo parabatai aveva messo nello sforzo di dire quelle parole. Gli strinse una spalla.
Isabelle non aspettava altro, salì sul palco trascinandosi dietro anche Clary, che si era impuntata per terra, ma era stato tutto inutile, prese il microfono e ringraziò tutti i presenti “Grazie a tutti per essere venuti al nostro party post rituale, da oggi cari Nascosti c’è una coppia di parabatai in più!” Scherzò, ma con tanto orgoglio nella voce.
“Vuoi aggiungere qualcosa Clarissa?” La ragazza era già imbarazzata per avere tutti gli occhi dei presenti puntati addosso, quando Isabelle le passò il microfono, le venne la nausea. “Gr-grazie anche da parte mia, godetevi la festa!” Notò come Jace la guardava da sotto al palco, uno sguardo di ammirazione ma che celava anche un certo divertimento. Izzy le strappò il microfono prima che le gambe le cedessero e si affrettò ad aggiungere: “un ringraziamento speciale va a Magnus Bane per la realizzazione degli interni. MUSICA!!!” E si fiondò giù con un balzo, lasciando Clary, più rossa che mai, da sola sul palco, con lo spot  bianco puntato addosso. Jace corse in suo aiuto.
La musica riempì il locale e molti raggiunsero la pista da ballo. Isabelle era stata la prima ad aprire le danze e a scatenarsi con Simon. Erano davvero gli opposti pensò Clary guardandoli: lei bellissima, abitino color oro, tacchi vertiginosi, lui jeans, magliettina stampata e giacchino beige. Sorrise compiaciuta fra sé, era felice per Simon, lo vedeva coinvolto da Isabelle e anche lei aveva cominciato ad aprirsi. Si sentì afferrare per i fianchi e una voce tanto dolce le soffiò nell’orecchio: “Ti va di ballare?” Jace la stringeva delicatamente, riusciva a sentire il calore delle sue mani anche attraverso il vestito blu monospalla. I capelli conciati in una treccia laterale le permettevano di sentire sulla pelle, dietro l’orecchio, il fiato caldo del ragazzo.
“Ok!” E afferrandolo per mano si posizionarono vicino Jordan e Maia che ballavano “ehi congratulazioni Clary!”  Salutarono. Jordan e Maia avevano ricominciato a frequentarsi già da un po’ e la loro relazione era più solida che mai, erano riusciti a lasciarsi i problemi del passato alle spalle. Isabelle aveva confessato a Clary che quando Simon le aveva raccontato che i due erano tornati insieme, ne era stata felicissima, cosi da non dover dividere Simon con Maia. Infatti, non battibeccavano più quando s’incontravano nell’appartamento di Jordan e lei si sentiva più legata a Simon in un certo senso.
Durante la serata furono proposte musiche di tutti i generi, da quelli più movimentati, a quelli più lenti che diedero alle coppie la possibilità di ballare insieme. Ci fu spazio anche per le esibizioni live di Simon e Jordan! Maia e Isabelle erano sicuramente le fans più sfegatate dei rockers sul palco.
Alec, nonostante ne avesse tutte le intenzioni, non riusciva a godersi la festa, continuava a rimanere in disparte, pensava a Magnus, a loro, a come si era comportato…..
“Alec!” I suoi pensieri vennero interrotti da una vocina attutita dalla musica alle sue spalle. Clary era in piedi che gli sorrideva e gli porgeva una mano “Ti va di ballare? non ti ho visto ancora in pista!”
Avrebbe voluto rifiutare, ma voleva dimenticare Magnus, doveva lasciarsi tutto alle spalle per poter andare avanti. “Andiamo!” Prese la mano della ragazza lanciandosi verso la pista da ballo, dove una musica house stava facendo tremare le casse. Si lasciò trasportare dal ritmo frenetico della musica, si abbandonò alla gioia di essere uscito dagli schemi per una volta. Jace al fianco di Clary lo guardava divertito: “giuro che non lo riconosco più, ha bevuto per caso?” rise vedendo la rossa ammonirlo scherzosamente con lo sguardo. La musica successiva fu una musica più lenta, una canzone anni 70 che era sempre apprezzata. Quasi senza badare, prese la mano di Clary e cominciarono a ballare. “ti stai divertendo – chiese la ragazza – Jace è tutta la serata che borbotta…..” si fermò di colpo notando che Alec non la stava ascoltando, era distratto. La frenesia della musica lo aveva allontanato dai suoi pensieri,  ma adesso che tutto si era rilassato, questi erano tornati ad affollargli la mente. “È per Magnus, vero? Non sapevo niente neanch’io! Izzy….” La ragazza si stava giustificando.
“È sempre la solita!” disse piccato ma poi sospirò “ho rovinato tutto…..”
Clary non sapeva benissimo a cosa si riferisse, Alec aveva confidato a Jace il motivo della loro rottura, ma lei non aveva mai chiesto niente, nemmeno al suo ragazzo. Supponeva che intendesse che aveva fatto qualcosa che aveva fatto arrabbiare Magnus, non osò chiedere, continuò a dondolarsi lasciando il ragazzo libero di condividere con lei i suoi pensieri o meno.
Quasi come se avesse capito di essersi spinto oltre con Clary,  Alec lasciò il discorso in sospeso. Non aveva voglia di vedere in lei quella silenziosa conferma che era colpa sua se si erano lasciati.
 “Mio padre è andato via?" Cambiò argomento, la fronte corrugata, notando che Maryse se ne stava seduta su una poltroncina da sola mentre Luke e Jocelyn ballavano abbracciati guardandosi con trasporto. Notò come sua madre avesse lo sguardo triste, si sentì molto vicina a lei in quel momento.
“Ti dispiace se ballo con mia madre?” chiese timidamente.
“Assolutamente! Grazie del ballo!” Gli sorrise seguendolo con lo sguardo dirigersi verso Maryse. Robert era andato via senza nemmeno salutare nessuno. I genitori di Alec e Isabelle avevano problemi da molti anni e dopo la disgrazia di Max, il loro rapporto si era incrinato ancora di più. Erano una coppia di facciata, che non si amavano più e che non sopportavano quasi più la vicinanza dell’altro. Si ritrovò a guardare sua madre e Luke, a come si stringevano in quel ballo, a come si amassero dopo tutti quegli anni sprecati.
“Ehi Ginger Roger, vuoi ballare ancora?” La voce di Jace la destò dai suoi pensieri.
“Magari l’ultimo e poi possiamo anche…..prenderci una….pausa” enfatizzò l’ultima parola alzando un sopracciglio.
“Fray da quando sei cosi sfrontata?” si burlò di lei ma l’aveva già stretta a sé, le piccole mani di lei erano posate sul suo petto.
“Sai come è ……” sollevò il viso verso Jace che lui le sfiorò con una carezza. Si chinò verso di lei, Clary poteva avvertire le labbra di Jace a pochissimi millimetri dalle sue. Ma non riuscirono a toccarsi mai.
Le luci improvvisamente si spensero. Il buio dilagò nella sala. Un fischio provenne da un microfono. Lo spot bianco si puntò sul palco, illuminando un ragazzo dai capelli chiarissimi e occhi neri come la pece. Sebastian.
“Ciao sorellina!”


Note: questo è il mio capitolo preferito! ho pensato anche ai Malec, tranquilli!!! e anche agli amanti di Sebastian!! Recensite, please!!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Tutto era avvenuto nel giro di pochissimi secondi. Sebastian se ne stava sul palco, nella sua tipica posa rigida, guardando con un ghigno verso Clary, assaporava già la vittoria di avere sua sorella tutta per sé, renderla sua complice.
Vedere Sebastian sul palco generò un terrore puro in Clarissa che, istintivamente, si aggrappò alla giacca scura di Jace, stringendola forte fin a farsi le nocche delle mani bianche, come per non essere portata via. Sentì un gelo percorrerle tutto il corpo, che era in preda a tremori di paura e disperatamente si avvicinava al corpo di Jace per sentire che lui era ancora li.
“Jace, hai promesso!” Sussurrò contro il petto del ragazzo; non riuscì però a sentire se ci fu risposta, il suo cuore pulsava cosi forte da farle fischiare le orecchie e appannare la vista. Sentì le gambe cedere, ma si riprese immediatamente. Doveva metter fine a quella storia, doveva combattere.
La sala era completamente paralizzata, Sebastian continuava a spostare il suo sguardo crudele su tutti i presenti, che abbassavano gli occhi quando sentivano i pozzi neri del figlio di Valentine su di loro. Tutti tranne Jocelyn, sosteneva lo sguardo del figlio con fare di sfida, ricevendo in cambio un sorriso sghembo appena accennato di pura cattiveria. Ma gli occhi di Jonathan Morgenstern cercavano lei, Clarissa, la sua amata sorella. Vederla stretta a Jace gli generò un moto di rabbia, strinse i pugni.
Riprese la parola al microfono: “sorellina, buonasera! Ho saputo la bella notizia e ci tenevo a fare le mie congratulazioni a te e alla tua parabatai di persona, dato che non sono stato invitato alla cerimonia”. La voce di Sebastian dava a Clary la nausea. Odiava il suono della sua voce e soprattutto quando la chiamava sorellina. Non sarebbe stato un legame di sangue a farli considerare semplicemente fratelli. Non c’era un sentimento puro tra loro, se si escludeva l’odio che sentiva Clarissa per lui e quell’amore malato che invece Sebastian provava per lei.
“sta tranquilla, non gli permetterò di portarti via” Jace avrebbe fatto di tutto per liberarla da quella ossessione che era per la ragazza suo fratello. Non sopportava vederla con il terrore stampato in faccia, sentirla agitarsi la notte in preda a incubi, che vedevano sempre il fratello protagonista.
Sebastian  continuò: “A proposito – voltandosi verso Isabelle- sarai la sua parabatai ancora per poco!” E detto ciò fece un piccolo cenno di assenso con la sua testa bionda, cosi chiara da sembrare bianca, e su tutto il perimetro del magazzino, una schiera di Shadowhunters Oscuri si materializzò. Nessuno si era accorto della loro presenza finchè le luci erano tornate ad illuminare l’intera sala, e soprattutto nessuno aveva notato la loro irruzione nel locale. Le fate furono le prime a precipitarsi fuori dal magazzino, prima che su tutte le uscite scattasse il blocco. Erano praticamente in trappola. Tutti i Cacciatori si prepararono a combattere. Si schierarono spade angeliche in mano con Jace, Alec, Jocelyn e Maryse, in prima linea e con Clary e Isabelle, una al fianco dell’altra, dietro di loro. Dietro le ragazze si parò Simon, mentre i lupi si disponevano, con Luke a capo, alcuni davanti e altri dietro gli Shadowhunters.
Un cenno della mano e i servitori di Sebastian scattarono. Erano circa un centinaio a occhi e croce e Jace si ritrovò a pensare che forse avevano una piccola possibilità di vittoria con i lupi ad aiutarli, considerando che loro erano in netta inferiorità numerica con la diserzione delle fate e di Robert. Il suo pensiero era costantemente verso Clary, saperla dietro di lui, dove non poteva controllarla e sapere soprattutto che era lei l’obiettivo di quella rappresaglia, lo rendeva abbastanza nervoso. L’unica consolazione era sapere che con lei dietro c’erano Izzy, Simon e alcuni lupi e che lei era diventata molto abile nel combattimento. Lanciò un’ultima occhiata furtiva alle sue spalle: Isabelle aveva già impugnato la sua frusta, pronta a farla scoccare, sussurrava qualcosa a Clary che annuiva terrorizzata, Simon teneva in mano due pugnali, mentre Clary stringeva una lama angelica in una mano e 4 coltelli nell’altra. Era pallidissima, più del solito, Jace sapeva quanto fosse spaventata di essere presa da Sebastian ma le aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta. Si scambiarono uno sguardo e partirono all’attacco. I lupi furono i primi ad attaccare, gettandosi su alcuni Shadowhunters Oscuri e disarmandoli; Maryse e Jocelyn, forse per la mancanza di allenamento, erano quelle che avevano più difficoltà, ma la loro vera natura di Cacciatrici non era del tutto scomparsa, trovarono addirittura una buona sintonia. Alec si scontrò con due Cacciatori neri che subirono tutta la frustrazione che il ragazzo aveva accumulato durante la serata: riuscì a incidere un profondo squarcio sul petto del primo e a infilzare il secondo con la spada dopo ripetuti tentativi parati abilmente dal suo avversario. Si fiondò verso Jace, che era quello che i seguaci di Sebastian attaccavano di più, sicuramente ordini di quel vile e pazzo del loro capo, lo liberò di un nemico, che lo attaccava alle spalle trafiggendolo con la lama angelica, e lo affiancò nell’affrontare gli altri.
Isabelle e Clary aprirono il loro primo combattimento legate dalla runa parabatai posizionandosi schiena contro schiena, attesero che gli Shadowhunters Oscuri si avvicinassero abbastanza: “al mio via..” aveva sussurrato Isabelle stringendo ancora di più la frusta tra le mani.
“ORA!!” Urlò facendo scattare la frusta, colpendo e folgorando due avversari nel medesimo istante in cui Clary lanciò i suoi 4 coltelli contemporaneamente, facendo tre centri su quattro. Liberatasi la mano dai coltelli, si affrettò ad estrarne altri da sotto l’abitino. Si lanciò contro un Cacciatore nero che parò il suo colpo con una lancia all’altezza del viso, ma lei fu velocissima a colpirlo al cuore con uno dei coltelli. Si girò vedendo Isabelle distribuire frustate a chiunque le si parasse di fronte, era affascinate vederla combattere. Un altro Shadowhunter si parò davanti a lei e la colpì a un braccio con un pugnale ricurvo, aprendole una ferita che cominciò a sanguinare. Non badò molto al dolore e al sangue che stava macchiando il suo vestitino e con tenacia, fermò il secondo attacco del suo avversario, lo colpì con un calcio al ginocchio e calò la spada sul suo collo.
Per tutta la battaglia Sebastian rimase impassibile sul palco a guardare lo scontro che si stava consumando sotto di lui. Continuava a seguire i movimenti di sua sorella e si meravigliò di quanto fosse diventata brava e spietata; sorrise crudele, se la immaginava già al suo fianco a brandire le spade e fare stragi.
Clarissa corse verso il centro della sala dove Simon stava mordendo e affrontando una Cacciatrice bassina, che la ragazza infilzò passando. Recuperò i coltelli nei corpi dei nemici che già aveva fatto fuori e ne lanciò uno in direzione di Isabelle, liberandola di un uomo che le aveva afferrato la frusta, e uno verso Jace, colpendo il suo avversario sulla giugulare, dalla quale schizzò del sangue nero che finì sulla giacca del ragazzo. La guardò orgoglioso. Mentre correva verso Jocelyn, si sentì afferrare da dietro al collo, essere sollevata e fatta volare contro il muro. L’impatto le provocò un sanguinamento dal naso, ma si sollevò subito e si ritrovò davanti un ragazzo molto muscoloso, alto anche più di Jace, con profondi occhi neri che  la guardavano con odio. La afferrò e la sbattè con la schiena contro la parete, facendole battere anche la testa e si preparò a scagliarle una pugnalata. Il pugnale però all’improvviso tintinnò per terra e una freccia si conficcò nel petto del ragazzo sbucando dal torace verso Clary: Alec.
Ancora una volta la stanza rimase al buio. La battaglia si fermò all’istante e il silenzio cadde nella sala mettendo a tacere il cozzare delle lame e le urla.
Il buio durò giusto pochi secondi, le luci infatti si riaccesero poco dopo. La stanza mostrava i resti della lotta con tanti cadaveri per terra, tutti Shadowhunters Oscuri, parecchi feriti tra cui Maryse, Simon e alcuni lupi, ma soprattutto non c’era più traccia di Sebastian e dei suoi seguaci.
“Dove sono andati?” Isabelle ruppe il silenzio profondo della sala, nella quale addirittura i respiri affannati dei Cacciatori e dei Lupi si sentivano amplificati.
“Credo che abbiano battuto in ritirata!” Simon si stava alzando da terra, tenendosi una spalla, probabilmente lussata, e dirigendosi verso Isabelle per accertarsi che stesse bene e per stringerla tra le braccia.
“Non è una cosa da Sebastian, deve esserci qualcosa altro!” Rispose Alec chino su Maryse alla quale stava incidendo un’iratze all’altezza delle costole dove presentava una profonda ferita.
Jace era una maschera di ghiaccio, per un attimo Alec rivide nei suoi occhi quella freddezza che l’aveva caratterizzato sin da quando si era aggiunto alla sua famiglia. Ma lui sapeva bene che voleva dire: paura.
Parlò con un tono glaciale, piatto, senza far trasparire nemmeno un accenno di emozione “Ha raggiunto il suo obiettivo! Ha preso Clarissa!!”   


Note: Buona Domenica!! so che il finale è un qualcosa di trito e ritrito, ma..... detto questo spero vi piaccia, fatemi sapere!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Le doleva la testa, aveva la nausea e la luce del sole le feriva gli occhi. Sentiva sotto di sé un materasso morbido, coperte soffici e lenzuola profumate di lavanda e miele, un profumo nuovo che non apparteneva al suo letto, né in casa di Luke né all’Istituto. Aprì lentamente gli occhi, guardò il soffitto bianco, scese con lo sguardo su un alto balcone, che presentava delle vetrate a scacchi di legno bianco, incorniciate da tendaggi dai tessuti leggeri, dalla quale si vedeva un cielo molto azzurro. Sentì un respiro provenire dalla sua destra. Voltò la testa in quella direzione e incontrò gli occhi neri di Sebastian che la fissavano con apprensione, che si accesero di sollievo vedendola sveglia.
“Sorellina, ti sei svegliata finalmente!” Le posò un bacio delicato sulla mano che stringeva tra le sue.
Clary solo in quel momento notò che le stringeva la mano in una presa delicata, ma allo stesso tempo solida e molto calda.
“Mi dispiace, sai, avevo ordinato di non farti del male e invece quell’imbecille ti ha ferito. Ti ho fatto delle iratze, ma non preoccuparti le ferite sono già guarite. E non preoccuparti più nemmeno di quell’idiota, ho già provveduto a fargli capire quanto sei importante per tutti noi”. Continuò il suo monologo guardandola dritta in faccia, c’era un qualcosa di deciso nella sua voce, come se avesse raggiunto pace, come se Clary gli avesse dato quella stabilità che cercava da tanto.
Clarissa continuava a fissarlo senza riuscire a muovere un muscolo, era paralizzata, il suo peggiore incubo si era materializzato. Le venne un brivido pensando alla sorte del ragazzo alto che l’aveva afferrata e che l’aveva colpita prima di risvegliarsi in quella stanza; sapeva benissimo cosa intendesse suo fratello con “ho già provveduto a fargli capire quanto sei importante per tutti noi”. Provò una leggera fitta al cuore, voleva scappare da li, non voleva essere toccata da suo fratello, voleva tornare da Jace e Isabelle. Ma poi la promessa di Jace le tornò in mente: se lei era li, erano solo due le spiegazioni: o aveva fallito, non riuscendo a evitare che la portassero via, o non era riuscito a mantenere la sua promessa perché era …... No, non poteva essere cosi, lui non era morto, sarebbe venuto a prenderla, ne era certa.
Ritrasse la mano che Sebastian stringeva ancora e la strofinò sulle lenzuola bianche, come se volesse pulirla dal tocco di suo fratello.
“Dove siamo?” Chiese debolmente, aveva la voce roca.
“Provenza sorellina, ma è solo una tappa temporanea” e si chinò per baciarla di nuovo, ma lei lo scostò via con entrambe le mani e fece per alzarsi.
“Dove hai intenzione di andare Clarissa? Tu sei mia adesso e non vai da nessuna parte”. La sua voce si era indurita, la bloccò sul letto arpionandole i polsi sulla testa con una mano. Con l’altra cominciò ad accarezzarle le cosce scoperte a causa dell’abito abbastanza corto, indossato per il party. Clary si dimenò, ma lui aumentò la stretta al polso e le bloccò le gambe con la sua. Le alzò l’orlo del vestito più su, e lei si sentì mancare. Le faceva ribrezzo, non sopportava di essere toccata da lui, aveva voglia di gridare, ma sapeva che dopotutto era inutile.
“Ti prego non farlo” si ritrovò a singhiozzare.
La sua reazione fece fermare la mano di Sebastian che era già arrivata sull’anca. La guardò in faccia sollevando il suo volto dal petto di Clary, sul quale inspirava il suo odore. Le sue lacrime addolcirono l’espressione di Sebastian che le sorrise “non piangere Clarissa, faremo con calma, avremo tutto il tempo che vogliamo dopo…..”. Le asciugò una lacrima che era colata su tutto lo zigomo.
“Dopo cosa?” Lo interruppe Clary sottraendosi al tocco del fratello.
“Il rituale della tua trasformazione, con me sarai invincibile e finalmente governeremo insieme, sorella mia” usò una cadenza superficiale, come se quello che stava dicendo era un’ovvietà. Poi si aprì in un sorriso crudele.
“MAI!” Urlò, lasciando il fratello spiazzato un attimo e ne approfitto per divincolare una gamba e calciarlo via dal letto “HAI CAPITO? MAI SARO’ DALLA TUA PARTE, MI FAI SCHIFO, NON TI AMO E NON SOPPORTO NEMMENO CHE MI STAI VICINO! TI ODIO SEBASTIAN!” Sputò fuori quelle parole che da troppo tempo aveva soffocato e che le stavano avvelenando l’anima.
Il ragazzo sembrò ferito da quelle parole, un velo di tristezza si stampò nei suoi occhi neri, ma durò solo pochissimi istanti, perchè una furia si impadronì del suo sguardo rendendolo folle.
“Molto bene!” fu la sua risposta. Sembrava apparentemente calmo ma i suoi occhi lo tradivano, fiammeggiavano.
 
All’Istituto regnava il silenzio più assoluto, rotto ogni tanto da qualche sospiro di esasperazione. Erano tutti riuniti nella grande Biblioteca, si era aggiunto anche Robert, che era tornato immediatamente dopo la notizia datagli da Maryse.
Jocelyn era stretta a Luke che cercava di consolarla, ma con scarsi risultati: “la mia bambina”, continuava a ripetere sul petto del licantropo, inzuppandogli la camicia. Da quando aveva conosciuto Valentine la sua vita era stata sconvolta e Jonathan era più pericoloso del padre. Se la follia di Valentine era l’ossessione del potere, quella di Jonathan era incentivata dall’ossessione carnale per la sorella, che lo rendeva ancora più rivoltante. “La troveremo Jocelyn, cerca di restare calma”.
Alec entrò in biblioteca portando una tazza di thè a Jocelyn che si sedette su una sedia vicino alla statua dell’angelo  Raziel, che la donna guardò come in una preghiera muta.
Isabelle era seduta sul gradino della scala fissando il vuoto. Continuava a toccarsi la runa parabatai sul suo avambraccio e sentirla calda la confortava, perché ciò voleva dire che Clarissa era ancora viva. Poteva sentire la vita della sua  parabatai che scorreva normalmente, anche se avvertiva una sensazione di gelo nelle ossa. Clarissa aveva paura. Ognuno nella stanza stava ad osservarla, cercando di capire se sentisse qualcosa che non andasse, ogni suo minimo movimento faceva trattenere il respiro ai presenti. Ogni tanto alzava la testa “ è viva, lo sento” mormorava sull’orlo delle lacrime, mantenendo accese le speranze di tutti. Ma sapevano bene che uccidere Clarissa non era l’obiettivo di Jonathan,  voleva che fosse come lui e questo temevano sarebbe potuto capitare da un momento all’altro.
L’unico che non dava attenzione a Isabelle era Jace; continuava a camminare tra gli scaffali di libri, al piano superiore dell’ampio spazio nel quale si trovavano gli altri. Non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero che aveva fallito, che non era stato capace di proteggerla, di mantenere la sua promessa. Era in collera con sé stesso; ogni tanto sfogava la sua frustrazione colpendo i tomi e facendo trasaltare tutti. Nessuno osava però andare da lui, volevano rispettare il suo dolore, anche perché tutti sapevano che Jace non amava essere compatito. Sentire Izzy che diceva che Clary era ancora viva, lo rincuorava leggermente, perché poteva ancora salvarla, portarla a casa, ma sapeva che era bloccato in quell’Istituto, non sapeva dove si trovasse e dove andarla a cercare. Sentiva le voci degli altri in lontananza che cercavano di vagliare ogni possibilità, ma ogni domanda non trovava mai una risposta sicura.
“Dobbiamo avvertire il Conclave” Robert Lightwood sentenziò.
“E a che pro? Per aspettare che si decidano a riceverci e radunino tutti gli Shadowhunters?” Jocelyn ribatté con tono acido.
“Hai una soluzione migliore?” Il capofamiglia Lightwood sembrava infastidito dalla reazione della donna. La fulminò con lo sguardo.
“Non abbiamo tempo, dobbiamo agire subito!” Il tono di Jocelyn toccava l’isterico. Stava impazzendo nel restare li senza far niente, mentre sua figlia era in mano a Jonathan.
“Ma se non sappiamo nemmeno da dove cominciare!” urlò sbattendo il pugno sul tavolo esasperato, o irritato dall’essere contradetto.
“Dovremmo tornare al magazzino, cercare anche la più piccola traccia, un indizio, non possono essere scomparsi nel nulla, non sono Stregoni ….” La Fairchild si appigliava a qualsiasi soluzione che potesse aiutarli a trovare sua figlia, ma venne bruscamente interrotta da Robert.
“Stai delirando Jocelyn, cosa credi di trovare eh? Il tuo comportamento da mamma chioccia non ci aiuterà a trovare tua figlia, comportati da Cacciatrice e ragiona lucidamente, accantona i tuoi sentimenti”.
Jocelyn si irrigidì di fronte a quelle parole, slacciò la mano che stringeva quella di Luke e stampò un sonoro schiaffo a Robert.
“Non permetterti mai più di beffeggiare i miei sentimenti di madre. Non capisco come riesci a dirmi queste cose dopo che hai perso un figlio e suppongo che ne hai sofferto. Non pensi che possa avere anche io paura di perdere Clary? Come puoi essere cosi insensibile, quando dovresti sapere il dolore che può causare la perdita di un figlio. Io ho già perso Jonathan e vedere che è lui l’artefice  di tutto mi spacca il cuore. Non voglio perdere anche Clarissa!” Scoppiò a piangere. Fece scorrere quelle lacrime amare, fece sciogliere quel groppo in gola che le impediva di respirare. Clarissa era tutto per lei, aveva passato anni a proteggerla dalla sua natura, da suo padre e adesso si trovava al centro di una spirale di paura che stava risucchiando le energie di tutti. 
“Signori per favore, manteniamo la calma” Luke era corso a fermare sua moglie, scioccato quanto il resto dei presenti dalla reazione di Jocelyn.
Robert guardava Jocelyn livido in faccia, le mani gli tremavano. Sentì lo sguardo della sua famiglia addosso, uno sguardo indignato per le sue parole insensibili verso una donna, una madre soprattutto, che aveva perso i suoi figli.
Maryse gli si avvicinò, gli puntò gli occhi sul viso “non ti è mai importato niente di noi. Hai sempre preferito la spada alla famiglia. Sei il solito egocentrico. Da ciò che hai detto devo capire che la morte di Max per te è stata solo una delle tante morti di guerra e che non ti ha avvicinato minimamente a noi. Sei sparito dalla festa di tua figlia, dopo che hai imprecato per giorni perché non volevi essere presente alla sua cerimonia, hai sempre tenuto distante Alec e scoprire che ama un uomo te lo fa disprezzare, hai tradito me per anni. Forse Jace è riuscito ad avere da te un briciolo di affetto, forse perché era stato educato con una rigida disciplina, come un guerriero senza emozioni, esattamente come volevi che fossero i tuoi figli. Sei tale e quale Valentine. La sua smania di potere l’ha portato a sacrificare i sentimenti per la spada ma infondo puntava a raggiungere un bene comune, a te invece la spada ha sempre dominato i sentimenti e tu l’hai sempre lasciata libera di agire, tanto l’unico bene a cui puntavi tu era puramente il tuo. Vattene Robert! Non sei più gradito qui!” Maryse aveva una sguardo duro come una pietra, parlò senza tradire la minima emozione e senza esitazioni. Erano anni che teneva tutto dentro, era stanca, aveva sopportato tutto per il bene dei figli, ma si rese conto che era stato tutto inutile.
Alec e Isabelle erano come statue di sale. Jace si era affacciato alla ringhiera della scala sentendo il ceffone di Jocelyn a Robert e aveva assistito a tutto lo sfogo della sua madre adottiva.
Robert paonazzo continuava a guardare i presenti che non proferivano parola. Il suo sguardo si posò sui figli, ma in cambio ottenne solo mute intimidazioni a togliere il disturbo.
“Non ti avvicinare!” Isabelle arrestò l’avanzata del padre verso lei alzando un braccio. Alec e Jace le furono subito vicino, come un fronte compatto.
Robert uscì dalla sala voltandosi indietro sulla porta; nessuno aveva ancora abbandonato le loro espressioni truci e le loro posizioni rigide. Scomparve nel corridoio.
Maryse si sciolse in lacrime e posò una mano sulla spalla di Jocelyn e poi abbracciò i suoi figli.
La stanza cadde nuovamente nel più totale silenzio.


Note: Ciaooooo a tutti!!! che ve ne pare di questo capitolo? Robert mi è sempre stato un pò antipatico, ne ho approfittato ihihi!
grazie ancora per le recensioni ( Ben e Reby in particolare, per commentare sempre) e di seguire la storia! baciii

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Premessa super importante: è un capitolo un po’ tosto.
 
Clarissa venne condotta in una stanza angusta, con una piccola finestrella con le inferriate arrugginite, che impediva alla luce di entrare pienamente e lasciava l’ambiente in un buio parziale, la muffa al soffitto, un piccolo letto con lenzuola sporche e un tavolo con una tovaglia scura sopra.
Dopo che aveva urlato contro Sebastian, lui l’aveva lasciata sola nella stanza in cui si era svegliata e subito dopo due Cacciatori Oscuri erano venuti a prenderla e l’avevano condotta li. La fecero entrare con uno spintone, strattonandola per un braccio.
“Ehi, ma che modi!” Protestò la ragazza che era riuscita a mantenersi in equilibrio evitando di cadere per terra. Guardò prima la stanza tristemente, poi lanciò un’occhiata truce ai due uomini che l’avevano accompagnata li.
In risposta ottenne un manrovescio che le lacerò il labbro inferiore. I due Shadowhunters uscirono dalla stanza chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
Clary sentì le lacrime salirle agli occhi, si pulì il sangue dal labbro e si diresse verso il letto. L’odore di lavanda e miele erano scomparsi, cosi come la morbidezza delle coperte. Tutta la biancheria per il letto, che aveva adesso, odorava di sporco e muffa e grandi macchie scure erano presenti sul tessuto. Sangue raggrumato potè costatare Clary. “ Vuole farmela pagare, punirmi come quel ragazzo per averlo sfidato” pensò e un moto di terrore le attanagliò lo stomaco. Cominciò a piangere scossa da tremori incontrollati e si abbandonò per terra, nell’angolo vicino alla finestra. Pianse finchè la testa cominciò a dolerle e la voce le diventò rauca. Continuava a mormorare tra un singhiozzo e l’altro il nome di Jace.
Sentì la chiavatura della porta scattare e un fascio di luce si stagliò nella stanza, oscurato solo dalla sagoma dell’ombra di Sebastian. Teneva in mano una scatola molto grande, che posò sul tavolo e dalla quale provenne una sorta di tintinnio. Guardò Clarissa con un sorrisino e aprì la scatola, dalla quale uscì una lunga catena con delle manette arrugginite alle estremità. La fissò al soffittò a un gancio che la ragazza non aveva notato a causa dell’oscurità della stanza; dopo di che, afferrò Clary per la nuca, la spinse contro il muro e la incatenò.
“Allora sorellina, vedo che anche a te non è chiaro qualche concetto. Vediamo di fare qualche ripetizione” Esordì squadrandola dalla testa ai piedi. Pensò che fosse molto carina con quel vestito blu lacerato qui e li, a causa della lotta, e i sandali argentati.
Clary aveva gli occhi spalancati e cerchiati di nero, la fronte imperlata di sudore freddo per la consapevolezza di cosa le sarebbe accaduto di li a poco. Sapeva che non l’avrebbe uccisa ma sicuramente le avrebbe fatto male. Era però decisa a non arrendersi, non gliel’avrebbe data vinta.
Sebastian si avvicinò nuovamente alla scatola ed estrasse una piccola frusta argentata. La mostrò a Clarissa, ci passò la mano sopra, come una carezza, e si avvicinò a lei.
“Ti ricorda qualcosa …. o meglio qualcuno?” La provocò passandole la frusta molto vicino al viso.
Il volto di Isabelle le si stampò in mente. Voleva tornare da lei, da Jace e anche da Alec! La malinconia prese il sopravvento, ma non placò la sua determinazione. Continuò a sostenere lo sguardo del fratello, cercando di non tradire la minima emozione.
“RISPONDI!” Urlò il ragazzo facendola sobbalzare presa alla sprovvista. La sua determinazione cominciava a vacillare, suo fratello le incuteva un terrore folle.
“S-si, Isa-b-elle” balbettò dalla paura.
“Bene e adesso dimmi, tu sai perché ti ho portata qui?” Le alitò all’orecchio. Il suo fiato caldo sulla pelle le generò un senso di fastidio, piegò la testa verso la spalla.
“Si, e non ho nessuna intenzione di restarci!” Lo sfidò guardandolo dritto in faccia. Sapeva che la risposta non gli sarebbe piaciuta e Clary era pronta alla sua reazione.
Le sferrò una frustata sui reni che le mozzò il respiro e le gambe le cedettero. Ma non urlò, non doveva dargli la soddisfazione di vederla urlare, sarebbe morta ma non sarebbe mai stata sua. Si aggrappò alle catene che le bloccavano i polsi e che le stavano lacerando la pelle da quanto erano strette.
“Vedo che la lingua lunga continui ad avercela e che continui a non capire le grandi cose che potremmo fare insieme” le bisbigliò vicino al viso facendola rimettere in piedi. “Passiamo a un’altra domanda, di chi sei tu?” le girava intorno come uno squalo, gli occhi da pazzo.
“Di nessuno, o meglio se devo appartenere a qualcuno appartengo a Nostra madre o a Jace!” Enfatizzò l’aggettivo “nostra” e il nome di Jace. Il suo cuore apparteneva a qualcun altro. Non c’era spazio nel suo per lui. Lo detestava nonostante fossero fratelli. Sebastian la colpì nuovamente, questa volta alle gambe nude. Una striscia rossa le si disegnò sulla coscia destra. Perse l’equilibrio e rimase appesa alle catene che le stiravano le braccia.
“Clarissa credi che mi piaccia farti soffrire, perché non collabori. Forse questa frusta non è abbastanza per te, preferisci qualcosa di più” si muoveva con insofferenza, come terribilmente irritato per qualcosa che non gli veniva dato subito. 
“Non ho mai amato il sadomaso” rispose acida e fece infuriare ancora di più Sebastian che le sferrò un pugno, riaprendole la ferita al labbro che si era leggermente chiusa. Strinse forte la mano con la quale l’aveva colpita, quasi come se si fosse pentito.  Si avviò verso la scatola e ne uscì una boccetta verde con dei ghirigori neri, che conteneva un liquido molto denso e scuro.
“Vediamo se con questa sei più collaborativa sorellina. Sta attenta, adesso le domande si fanno più serie, cerca di non sbagliare. Diventerai la mia regina oscura e governerai con me il mondo?” la osservava come a volerle tirare la risposta giusta dalla gola.
“No, mai” per l’ennesima volta Clary aveva rifiutato e l’avrebbe fatto altre milioni di volte se fosse stato necessario.
“Sei proprio dura sorellina, eh” Sebastian aprì la boccetta e le versò  sul petto un liquido scuro maleodorante, la pelle a contatto con la sostanza cominciò a ustionarsi: sangue di demone. Le scolò fino al seno.
Clary stavolta non riuscì a non urlare. Le icore di demone bruciavano la pelle degli Shadowhunters ed era anche abbastanza velenosa. Sentiva la pelle lacerarsi, il liquido penetrarle sottopelle, bruciando i muscoli. Era un dolore insopportabile, ma strinse i denti, doveva resistere.
“Ne hai abbastanza? Allora ti unirai a me?” ringhiò
“NO! Meglio morire!” Altro liquido le colò sulla schiena e a contatto con la ferita della frustata, il bruciore fece appannare la vista a Clary. Urlò nuovamente, le lacrime le scendevano sulle guance mescolandosi con il sangue che le fuoriusciva dal labbro. Sentì in bocca il sapore salato e metallico. Continuava a pensare a Jace, lui l’avrebbe salvata, non poteva mollare, l’avrebbe riportata a casa. Ma le sue speranze erano molto deboli, lui non sapeva dove si trovava e probabilmente, se non fosse arrivato da li a pochi minuti, lei sarebbe morta.
“E adesso?” chiese con tono di beffa, posandole un dito sotto al mento e sollevandole la testa che la ragazza teneva abbassata per non far vedere le sue lacrime di dolore.
Non rispose, solo uno sguardo di sfida. Stavolta Sebastian le afferrò il braccio e versò l’icore sulla runa parabatai.
 “Sai, si dice che i primi 3 giorni siano quelli più sensibili. Si riesce a sentire tutto, condividete anche questo!” La runa divenne rossa nei suoi contorni e la pelle si lacerò. Il dolore che stavolta Clarissa provò fu devastante come moltiplicato per due, come se quel dolore fosse stato provato da due persone contemporaneamente e sentito in un corpo solo. Pensò a Isabelle, sperando che ciò che aveva detto suo fratello non fosse vero. Non sopportava l’idea che anche Isabelle avesse provato quel dolore.
Clary era sfinita, non aveva più la forza di alzare la testa, si abbandonò completamente, le braccia in alto, le ginocchia che toccavano terra, la testa appoggiata al petto, la pelle lacerata e ustionata. Sebastian ne approfittò e si diresse nuovamente verso la scatola, dalla quale uscì la Coppa Mortale Oscura e un pugnale con lo stemma della casata dei Morgenstern. Si ferì una mano e colò poche gocce del suo sangue nella Coppa.
Si avvicinò a sua sorella, si inginocchiò all’altezza del suo viso “Bevi, dopo starai meglio, angelo mio”. Parlava con voce vellutata, dolce, come se stesse facendo una dichiarazione d’amore, la furia di pochi minuti fa sembrava  scomparsa. Le accarezzava i capelli, posandole baci sulla tempia.
Clary strinse le labbra e voltò la testa a destra e sinistra per allontanare la Coppa dal suo viso. Sebastian stava cominciando a spazientirsi e le spinse la Coppa, con poca delicatezza, verso le labbra ma ottenne ancora resistenza. Un attacco d’ira lo fece scoppiare, afferrò i capelli ramati di Clarissa, bloccandole la testa, e le spinse il liquido in bocca.
Clary immediatamente spalancò gli occhi “è finita!” pensò,  poi fu presa da delle piccole scosse e svenne appesa alle catene. Pochi secondi dopo aprì di scatto gli occhi: neri.
 “Jonathan” sorrise crudele.
 
Note: credetemi è stata una sofferenza scrivere questo capitolo e fare questa scelta. La storia della sensibilità della runa parabatai è qualcosa inventata da me, spero non vi dispiaccia e che la apprezziate. 
un bacio

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Dopo la sfuriata di Maryse, i fratelli Lightwood e Jace rimasero da soli all’Istituto. Luke aveva insistito affinchè Jocelyn andasse a casa a riposare, cosi come Maryse, che aveva bisogno di stare tranquilla.
Si ritirarono ognuno nella propria stanza. Alec si fiondò sul letto, affondando il viso nel cuscino. Era stata una giornata infernale, prima l’incontro col padre, poi quello con Magnus, il rapimento di Clarissa e ora anche la separazione dei suoi genitori. Troppe episodi dolorosi in una volta pensò, episodi tutti diversi tra loro che avevano in comune il senso di vuoto che lasciavano nel cuore. Non riusciva a togliersi dalla mente la sequenza di immagini : Magnus che si volta e va via, Jace di pietra che annuncia che Clary è scomparsa, sua madre che caccia suo padre e che svela che lui lo disgusta perché ama un uomo. Adesso capiva molte cose. Si tolse la divisa strappata e sporca di sangue e si abbandonò sulle coperte.
Jace stava tornando verso la sua stanza quando passò davanti a quella di Clary, che aveva la porta chiusa a metà. Si fermò e guardò dentro. La stanza era immersa nel buio, con la luce del corridoio che ne illuminava l’ingresso. Anche in quella semioscurità Jace potè ammirare la stanza della ragazza che amava; la conosceva a memoria, tante volte era stato li con lei, tante volte aveva dormito con lei e tante volte avevano fatto l’amore su quel letto che adesso era cosi vuoto. Guardò sul muro intorno alla piccola scrivania, vicino alla finestra: era pieno di disegni fatti a carboncino, a matita o colorati ad acquerelli. Se la immaginò seduta sul davanzale della finestra a disegnare mentre gli sorrideva senza alzare lo sguardo dal disegno. Il suo blocco adesso però era chiuso e ordinato al centro della scrivania. Vicino al letto, sul piccolo comodino, vicino all’abat- jour, c’era un portafoto con due fotografie: una ritraeva loro due a Central Park, tra la neve abbracciati che si guardavano negli occhi; sorrise pensando a come avevano perso più di quindici minuti di orologio a capire l’ispirazione artistica fotografica di Izzy, che non riusciva a farsi capire in che posizione voleva si mettessero e alla fine, dopo aver riso come i pazzi per l’indignazione di Isabelle, era venuta fuori una foto bellissima e spontanea. Jace aveva la stessa foto in camera sua. L’altra foto invece li ritraeva tutti e 4 in tenuta da Cacciatori.
Quella stanza gli ricordava lei in ogni angolo, era stata arricchita con elementi tipici del suo essere e questo gli fece salire il groppo in gola. Guardò verso il letto e la notte della caccia al Pandemonium gli passò davanti: gli aveva chiesto di amarla e lui l’aveva amata tutta la notte, fino a rimanere senza fiato, ma mai completamente sazi uno dell’altra. Si distese sul letto, il suo profumo lo risvegliò da quel coma nella quale riversava la sua mente guardando la stanza e la consapevolezza che lei non era li e che non era riuscito a salvarla, lo fece crollare. Abbracciò il suo cuscino e pianse.
Isabelle non aveva spiccicato parola per tutto il resto della serata. Clarissa le mancava terribilmente, aveva paura, non poteva perderla proprio adesso che erano riuscite a diventare parabatai. Entrò nella sua stanza e la divisa sul letto le fece tornare in mente il momento della cerimonia e le parole del suo giuramento: “Dove andrai tu andrò anch’io e dove morirai tu morirò anch’io” l’avrebbe trovata e avrebbe lottato per portarla a casa. Si fermò davanti allo specchio, notò le occhiaie che si erano formate sotto agli occhi, i suoi capelli erano tutti disordinati, il suo vestito strappato. Si fece una doccia e indossò qualcosa che aveva giurato non avrebbe più messo: la felpa a stelle blu che Clary l’aveva sfidata a comprare e indossare almeno una volta. Raziel l’avrebbe perdonata per aver infranto il suo giuramento. Era stata presa in giro tutto il giorno da Jace, si era arrabbiata tantissimo, ma adesso non contava più niente; quella felpa le ricordava la sua parabatai e istintivamente accarezzò, per la milionesima volta, la runa sul braccio. Il senso di calore provato nel cuore al momento del giuramento era scomparso. Avvertiva nuovamente quel senso di freddo, di vuoto che l’aveva accompagnata per tutti quegli anni. Clarissa in un certo senso era riuscita a riscaldare la sua anima: non era più sola, si sentiva importante per qualcuno, qualcuno pronto a dare la vita per lei. Adesso era sprofondata di nuovo in quel brutto senso di abbandono.
Un dolore acuto all’altezza dei reni la fece urlare, non c’era nessuno nella stanza, eppure aveva sentito un dolore fortissimo, bruciante, come una frustata. Si portò una mano sul fianco. Il suo urlo fece correre in camera sua Alec e Jace.
“Che succede Isabelle?” Alec era preoccupatissimo.
“Non lo so, ho avvertito un dolore qui – indicò la parte bassa della schiena-  come se fossi stata colpita da qualcosa” Isabelle non sapeva spiegare cosa era successo perché non riusciva a capirlo nemmeno lei.
“Lasciami vedere se hai segni” Alec si avvicinò aiutandola a togliere la felpa. Ma Isabelle non riuscì a mostrare la schiena al fratello che un’altra fitta di dolore bruciante la colpì sulle cosce.
Isabelle urlò di nuovo. Si afferrò le gambe stringendo gli occhi e mordendosi un labbro.
“Ma che sta succedendo?” Alec si voltò  verso il suo parabatai cercando una risposta per ciò che stava facendo soffrire sua sorella, ma anche negli occhi di Jace c’era la stessa domanda e mancanza di risposte.
“Non lo so…..fa m- m-ale!” Isabelle si posò una mano sotto al seno, cercando di riprendere fiato e abbassò leggermente i pantaloni per vedere cosa le aveva provocato quella fitta di dolore. Un profondo segno rosso/violaceo era comparso sulla sua pelle e molto velocemente scomparve.
“Io non capisco…..” iniziò a dire per spiegare cosa aveva appena visto ai fratelli, ma la sua pelle cominciò a ustionarsi. Si accasciò ai piedi del letto contorcendosi dal dolore, si portò le mani sul petto, emettendo un gemito soffocato. La runa parabatai sul braccio di Isabelle era cerchiata di un rosso intensissimo, quasi color bordeaux. La sfiorò….
Jace sbatté il pugno contro la porta “LA STA TORTURANDO!!!!” urlò. Era molto pallido, la mano gli sanguinava e non riusciva a respirare regolarmente. Era letteralmente terrorizzato. Sapere che la sua Clarissa era nelle mani di Sebastian, che le stava facendo del male e lei stava sopportando tutto quello, lo faceva impazzire. Non aveva mai sopportato vedere Clary provare anche il minimo dolore, figuriamoci sapere che quella feccia di Sebastian la stava torturando.
Alec impiegò pochi secondi a collegare. Gli si gelò il sangue nelle vene. Non aveva mia visto Jace in quello stato e la sua reazione lo preoccupò. Non era più in grado di ragionare lucidamente e temeva che se Clary fosse morta, avrebbe potuto fare delle sciocchezze. Le pazzie in battaglie le faceva già di suo… Izzy urlò di nuovo, stavolta il bruciore era più intenso del solito, non riusciva a respirare, la pelle era madida di sudore e il suo corpo era in preda a degli spasmi. La pelle sulla schiena, come si ustionava velocemente, ritornava normale nel giro di pochi istanti. Alec la appoggiò sul letto per farle riprendere fiato, si sentiva impotente, non sapeva come aiutare la sorella. Jace invece sembrava un leone in gabbia, camminava nella stanza a larghe falcate, stava impazzendo, si stringeva i capelli tra le mani e imprecava: “Bastardo, giuro sull’Angelo che lo ucciderò con le mie mani!” Ogni urlo di Isabelle per lui era una pugnalata al cuore.
Un altro grido allucinante spaccò i timpani dei ragazzi. Isabelle, adagiata sui cuscini, stringeva il polso con la runa parabatai e svenne dal dolore.
“IZZY!” Alec si precipitò a prendere la sorella che giaceva immobile sul letto.
“La runa è sensibile per i primi tre giorni, ricordi? Si può sentire il più piccolo dolore fisico e successivamente si crea quel legame vitale tra i due parabatai*. Lui lo sa, ci sta mandando un messaggio. Non si fermerà davanti a niente, è pronto anche a sacrificare sua sorella!” Jace parlava sputando odio puro. Quel bastardo di Jonathan voleva che sapessero.
“Dobbiamo avvertire mia madre?” Alec non sapeva cosa fare  “Forse il Conclave…”
“Ci servono rinforzi! Avverti Maryse ma non dire nulla a Jocelyn, uscirà sicuramente di testa” Jace sapeva perfettamente cosa avrebbe provato Jocelyn, perché lo stava già provando lui.
Isabelle si era ripresa, il suo colorito era tornato normale, non provava più dolore. “Ha smesso!” Nessuno però era pienamente sicuro di cosa provare di fronte a quell’annuncio.
Si avviarono in biblioteca “deve esserci un posto dove può tenerla nascosta! Tu non ricordi niente di quando eravate legati, se adorava un posto particolare o se ne ha uno in cui fa queste cose alle sue vittime?” Isabelle era più agguerrita che mai, cercava anche il più piccolo indizio per trovare quel maledetto.
“Viaggiavamo in quella casa ma è stata distrutta, non ha mai fatto accenno ad altre residenze…” Jace non aveva notizie utili per quella situazione e si sentì più frustrato che mai. “Sono inutile per tutti” pensò tra sé.
“Potremmo chiedere a Magnus di fare un incantesimo di localizzazione” propose Izzy. “Potrebbe essere una buona idea per avere almeno un posto da cui iniziare, sempre che non ci sono barriere demoniache”.
“Magnus? Di nuovo? credi che Sebastian sia cosi sprovveduto da farsi localizzare con un dilettante?” Alec fulminò con lo sguardo sua sorella, non avrebbero chiesto nuovamente aiuto a Magnus, non avrebbe sopportato di vederlo di nuovo.
“non me ne frega niente dei tuoi problemi amorosi Alec, io voglio ritrovare Clary, andrò pure in capo al mondo se fosse necessario per riportarla a casa, e per avere di nuovo la mia parabatai qui ho bisogno dell’aiuto di Magnus. Solo l’Angelo sa quello che Sebastian le sta facendo….ho fatto un giuramento Alec” Isabelle parlò a denti stretti, gli occhi fiammeggiavano e trasparivano tutta la rabbia che la stava consumando. I problemi di suoi fratello con lo Stregone non la riguardavano, questa era una situazione di emergenza, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riavere Clary sana e salva a casa.
Qualcosa bruciò all’interno del camino spento. Un messaggio di Fuoco.

DOVRESTE AMMIRARE QUANTO E’ BELLA LA MIA REGINA. FINALMENTE E’ MIA!
VI DISTRUGGEREMO!


Jonathan e Clarissa Morgenstern  



Note: * è di mia totale invenzione
lo stile del messaggio finale dovrebbe essere scritto con altri caratteri come scritto a mano, ma su questo programma purtroppo non ce ne sono di particolari...usate un pò la fantasia. Ho cercato di diversificare i due nomi!
Detto ciò, buon sabato! ci tenevo a sapere se la mia scelta di trasformare Clarissa vi ha deluso. So che è difficile da accettare, credetemi è stata una scelta sofferta anche per me! inoltre come sempre ringrazio chi segue la storia, siete in tante e questo mi fa molto piacere, e ringrazio anche le mie tesorucce che commentano sempre, per me è fondamentale il vostro sostegno e sapere cosa ne pensate!! Sbaciucchio!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Magnus Bane entrò nella grande navata dell’Istituto richiudendosi il grande portone alle spalle. Ad accoglierlo davanti all’ascensore, Jace con le braccia incrociate. Sembrava piuttosto arrabbiato e il suo viso era molto stanco: profonde occhiaie gli incorniciavano gli occhi, che apparivano spenti come oro annerito, i suoi capelli erano scompigliati e aveva la pelle sugli zigomi stirata. Lo accolse con un apatico cenno della testa e lo condusse al piano superiore. L’ascensore emetteva suoni di cigolamento e oltre a quel rumore, il breve tragitto fu immerso nel silenzio. Magnus si sarebbe aspettato una battutina da Jace – le faceva sempre sulle sue entrate- ma no stavolta; non era stato informato sul motivo della sua convocazione all’Istituto, gli era stata comunicata semplicemente l’urgenza. 
Entrati nella Biblioteca, Jace si allontanò da lui posizionandosi vicino ai suoi fratelli sulla sinistra; a destra Maryse Lightwood, Luke Greymark , il Console e altri due uomini in rappresentanza del Conclave erano vicino alla statua dell’Angelo Raziel.
Magnus entrando posò i suoi occhi su quelli di Alec, che distolse lo sguardo puntandolo su un punto indistinto davanti a lui e mormorò qualcosa all’orecchio di Jace. Il ragazzo annuiva distratto.
“Magnus Bane – esordì Maryse- perdona la nostra poca chiarezza nel messaggio. La situazione è abbastanza delicata! Jonathan Morgenstern ha rapito Clarissa e ha mandato un messaggio di Fuoco all’Istituto facendo intendere una trasformazione della ragazza e sottoscrivendo un' intimidazione” gli porse il foglio con il messaggio scritto in una calligrafia poco curata. Magnus notò che il nome di Clarissa era scritto con una calligrafia diversa, più femminile. La ragazza aveva firmato il suo nome di suo pugno in quel messaggio.
“E cosa c’entro io in tutto questo? Se state chiedendo un rimedio per guarire Clarissa, se mai riuscirete a riprenderla, sappiate che non c’è! Se volete davvero salvarla, sapete cosa fare!” Sentenziò con poco tatto. Jace contrasse la mascella e strinse i pugni.
“Sappiamo che non c’è soluzione a questo Signor Bane, in nome dell’Alleanza tra Conclave e Nascosti, le stiamo chiedendo di localizzare Jonathan Morgenstern. Ci è giunta notizia che la notte in cui ha rapito la sorella, ha rapito anche tre giovani Stregoni. Temiamo che stia per architettare qualcosa e, con la sorella dalla sua parte e il suo immenso potere con le rune, potrebbe diventare ancora più pericoloso. Localizzandolo potremmo intervenire sperando di fermarlo”. Il rappresentante dell’Organo Supremo degli Shadowhunters fece un quadro generale di ciò che era successo e quali erano le loro richieste. Era un uomo sulla quarantina, aveva capelli neri e occhi scuri, indossava un abito formale.
Magnus ascoltava l’uomo con interesse. Sapeva anche lui della scomparsa degli Stregoni, ma non pensava ci fosse Jonathan dietro quelle sparizioni. Si posò una mano sul mento, le unghie erano colorate di blu elettrico, portava i capelli nelle sue consuete punte gellate, luccicanti di brillantina e il suo immancabile glitter sugli occhi.
Scostò la coda del lungo cappotto di pelle nera all’indietro e si avvicinò a Jace: “Ho bisogno di qualcosa di Clary?”
“Non potrebbe usare il foglio del messaggio?” Il Console si intromise.
“No, è già pieno di magia, potrebbe interferire. L’oggetto di Clary è più sicuro, se lei è con suo fratello potremmo capire dove si trovano, in caso contrario sappiamo dove è lei”. Guardò in direzione di Jace e Isabelle, come a cercar di dar loro una piccola speranza di ritrovarla.
Jace scomparve nel corridoio a passo pesante; Isabelle si avvicinò a Magnus  “Trovala ti prego”.
“Ci proverò!” Le sorrise appena.
Jace tornò dopo pochi secondi tenendo in mano il blocco da disegno di Clary. “Ci tiene molto a questo” glielo porse scrollando le spalle e tornando a posizionarsi vicino Alec.
Luke gli lanciò un’occhiata triste. Stava soffrendo terribilmente, glielo leggeva negli occhi, anche se lui dava a non mostrarsi vulnerabile.  Jocelyn era all’oscuro di tutto, non avrebbe retto alla notizia, era già distrutta per il rapimento di Clary. Jace aveva voluto incontralo da Taki’s per dirgli della trasformazione, pregandolo di non dire niente a Jocelyn. Luke aveva notato quanto sforzo ci aveva messo Jace a trattenere le lacrime.
Magnus prese il blocco da disegno e lo adagiò sul lungo tavolo di legno scuro della biblioteca. Mise una mano a circa 10 cm di altezza sopra l’oggetto e chiuse gli occhi. La sua mano tremava leggermente e una luce fioca arancione si sprigionò da essa. Aveva l’espressione corrugata, come se si sforzasse di  guardare attraverso qualcosa, mormorò una frase in una lingua che nessuno comprese e dopo pochi secondi strinse la mano a pugno facendo scomparire la luce.
Tutti attendevano che dicesse qualcosa.
 “allora dove si trova?” Isabelle lo afferrò per il bavero della giacca e lo guardava con un misto di supplica e disperazione. Temeva che ci fossero barriere demoniache a proteggere Sebastian.
“Provenza!” Annunciò Magnus.
 
Clarissa era distesa a pancia in giù sul letto abbracciata a un cuscino. Jonathan alle sue spalle le accarezzava i capelli sparsi sulle spalle che erano nude, striate solo dalle piccole bretelline nere della canotta a fiorellini viola che indossava. I segni delle torture erano passati, Jonathan l’aveva curata con delle iratze e l’aveva baciata sulla pelle dove prima vi erano le bruciature, chiedendole perdono tra un bacio e l’altro. Lei gli aveva sorriso dolcemente e l’aveva abbracciato forte. Da quel momento erano diventati inseparabili.
“Allora ti piace la Provenza? A me è sempre piaciuta!” Chiese guardando fuori dal balcone che aveva i vetri aperti e il venticello pomeridiano faceva gonfiare le tende bianche.
“Moltissimo” anche lei guardava fuori. La vista da quella camera era stupenda, sotto di loro, a perdita d’occhio, si apriva un immenso campo verde con cespugli di lavanda e qualche albero. C’era anche una piccola casetta diroccata.
“Potremmo restarci se ti va!” Jonathan notò quanto Clary fosse taciturna e pensierosa. “A che stai pensando?”
“A niente” lo liquidò mettendo un piccolo broncio.
“Ti vedo malinconica, c’è qualcosa che posso fare per te?” Jonathan poteva essere sempre il cattivo della situazione, ma se di mezzo c’era sua sorella, era sempre premuroso con lei. Tendeva anche a viziarla un po’.
“No, grazie! Pensavo al rituale! Tutto qui!” Sorrise voltandosi leggermente verso di lui.
“Non devi preoccuparti di questo, tu dovrai solo aiutarmi a catturali tutti, poi saremo tutti un’unica famiglia e io e te governeremo il mondo incontrastati”. Le sue dita scorrevano sulla spalla di Clary e la strinsero leggermente quando pensò al futuro di glorie che gli si stava aprendo.
“Sai che opporranno resistenza!” Smorzò il suo entusiasmo.
“So a chi ti riferisci, purtroppo loro verranno eliminati insieme a tutti coloro che lo faranno! Le loro abilità ci farebbero comodo ma… li conosci bene!” Jonathan non vedeva l’ora di sbarazzarsi di quei tre ragazzini, non gli avevano creato altro che problemi.
“Già….sarà tutto più divertente!” Ghignò. “ A proposito quando arriveranno?”
“Presto sorellina! Li ho facilitati nel trovarci, ho tolto le barriere di protezione su di noi, a quest’ora sapranno già dove siamo!”  Sapeva che avrebbero provato a localizzarli. Rise beffardo.
“Molto bene! Non vedo l’ora” Clary guardò davanti a sé, un sorriso appena accennato.
“ e noi saremo qui pronti ad accoglierli, mia Regina” le baciò una spalla.
 

Note: ciao! nuovo capitolo! è un pò transitorio ed è anche un pò cortino, sorry!
alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Ciao a tutte, nuovo capitolo! Si entra nel vivo, buona lettura!
se vi va fatemi sapere che ve ne pare!!! vi abbraccio!


Un enorme pentagramma rosso spiccava sul prato, circondato da cespugli di lavanda e alberi con foglie larghe e verdissime. Un leggero venticello sollevava un odore intenso di fiori e rugiada. Alle luci dell’alba, i colori brillavano più intensi che mai: le nuvole erano di un rosso che sfumava nel rosa, mentre il cielo si rischiarava dalla sua tonalità blu scuro a confine tra cielo e terra. Jonathan era davanti al pentagramma con Clarissa per mano, i suoi capelli si muovevano leggermente con il vento, i riflessi del sole che li sfioravano, li rendevano più sanguigni che mai. Osservava il fratello intensamente, era impaziente di cominciare, sapeva che gli altri sarebbero arrivati quel giorno, delle spie di Jonathan lo avevano avvertito che gli Shadowhunters stavano partendo da Idris a migliaia. Il Conclave aveva convocato tutti i Cacciatori degli Istituti dello stato di New York, della California, dell’Inghilterra e naturalmente tutti quelli che risiedevano ad Alicante. Con loro sarebbero arrivati anche i Nascosti: vampiri e licantropi soprattutto e qualche Stregone. I fratelli Morgenstern ne erano stati felici. 
Sul grande prato, l’erba bagnata dalla rugiada era calpestata da più di tremila Cacciatori Oscuri: indossavano tutti la loro divisa nera di cuoio e portavano, inoltre, larghi mantelli e cappucci, cosi come Clary e Jonathan.
“Compagni, amici e fratelli, oggi sarà il nostro giorno! Finalmente riusciremo a mettere fine a questa assurda situazione che il Conclave ha creato! Spezzeremo ogni legame con i Nascosti, che avvelenano il nostro mondo, lo contaminano con la loro sudicia presenza di dannati! Noi siamo Shadowhunters, uomini scelti per purificare il mondo e oggi noi lo purificheremo. Mille anni fa, fu un Angelo a investirci in questo ruolo, ma quell’Angelo ci ha abbandonato al nostro destino, ci punisce facendoci pagare con la vita se osiamo invocarlo. Perché dovremmo adorarlo allora?” Jonathan parlava con enfasi, passava il suo sguardo duro su ogni singolo viso di fronte a lui. Clarissa gli strinse il braccio.
Proseguì il suo monologo “Io ho capito che esistono altre forze capaci di proteggerci e che non si negano mai: i Demoni! Mio padre, anzi nostro padre - si voltò verso Clary stampandole un bacio sulla fronte-  mi ha insegnato a conoscerli e per questo oggi, compagni miei, siamo qui per raggiungere il nostro obiettivo grazie ai nostri nuovi alleati! Alleati che non chiedono nient’altro in cambio che essere lasciati in pace! Noi Shadowhunters e Demoni insieme a governare il mondo, ripulendolo dalla melma che ci cammina sopra!” mirava verso l’orizzonte, assaporando quel pensiero di trionfo.
Un urlo di giubilo si levò dalla folla, lame angeliche nere si levarono al cielo. Clarissa sorrise fiera al fratello e ne baciò le labbra delicatamente. Si scambiarono un’occhiata di complicità sorridendosi malvagi.
“Il nostro compito oggi qui è accrescere il nostro numero. I demoni che adesso invocheremo ci aiuteranno nel nostro intento. Non appena gli Shadowhunters arriveranno, voi li catturerete e li faremo abbracciare la nostra idea. Quelli che opporranno più resistenza vanno eliminati, cosi come tutti i Nascosti con loro”.
Fece cenno a due uomini di portare i tre giovani Stregoni vicino al pentagramma. “Dopo l’evocazione, la mia Clarissa vi apporterà delle rune che ci legheranno tra noi, rendendoci più forti. Riusciremo a trarre nuova forza dai demoni e da ciascuno dei nostri compagni. È tutto chiaro?”
Un altro urlo dalla folla.
“Cominciamo!”
 
La schiera del Conclave era ferma nella piazza dell’Angelo davanti a un portale che Magnus e altri due stregoni stavano aprendo. Necessitava una forza maggiore per tenere aperto un portale capace di far passare migliaia di persone ed evitare che si chiudesse prima di aver fatto passare tutti. L’orologio della piazza batté 5 rintocchi.
Jace, Alec e Isabelle erano in prima fila, armati fino ai denti,  impazienti di attraversare il portale.
“Ehi stai bene?” Alec si era avvicinato a Jace vedendolo diverso dal suo solito. In genere, quando doveva affrontare una guerra, era più carico che mai, stavolta invece sembrava come se il risultato di quella battaglia non gli interessasse, era distratto e continuava a sospirare. Alec sapeva che per Jace quella sarebbe stata la battaglia più dolorosa. Vedere Clary dalla parte di Sebastian sarebbe stato troppo per lui e sapeva che l’avrebbe affrontata. Forse non sarebbe riuscito a terminare il duello con lei, ma Alec era certo che Jace l’avrebbe sostenuto. Nuovamente quella sensazione di tristezza lo colse, temeva per la reazione del suo parabatai una volta in Provenza.
Ottenne in risposta una semplice scrollata di spalle: la conferma delle sue paure.
Se Jace era apatico, Isabelle era dinamite pura, era carica come una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro e fare stragi. Nemmeno Simon era riuscito a calmare la sua ira; dopo la sera in cui aveva avvertito i dolori di Clarissa, era diventata intrattabile, la sua anima era oscurata da una rabbia cieca. Si era allenata con Jace con indosso la felpa fucsia per giorni, lottava quasi con disperazione. Entrambi più volte avevano ferito seriamente Alec, tanto da costringere Maryse ad intervenire e cacciarli dalla palestra. Il loro allenamento si concentrava maggiormente nello schivare frecce e coltelli. Una volta un coltello, usato spesso da Clary, la colpì e Isabelle era scoppiata a piangere. Si odiava per essere cosi vulnerabile. Da quella volta tutta la sua tristezza si era trasformata in rabbia e non chiedeva altro che poterla sfogare.
“Izzy posso parlarti un attimo?” Simon aveva insistito affinchè potesse partecipare anche lui alla battaglia. Non sapeva esattamente perché, ma voleva vedere Clary, sperava che, vedendolo insieme a tutti gli altri, poteva ricordare chi le voleva realmente bene: “NON TI  ILLUDERE TROPPO VAMPIRO”  aveva detto Jace. Lei non sarebbe più stata la loro “Rossa col brutto carattere” e sembrava quasi che il ragazzo fosse già  rassegnato. A Simon faceva tenerezza vederlo in quello stato. Jace non dormiva da giorni e gli faceva quasi concorrenza per il pallore della pelle.
Simon portò Isabelle vicino la gradinata della Grande Sala del Consiglio, lontano dal rumore della calca. “Izzy, io non so cosa accadrà una volta che avremo superato  quel portale. È molto probabile che io muoia nel giro di poco tempo, ma voglio esserci lo stesso. Ma prima che muoia voglio dirti che Ti amo, so che non è il momento giusto né  la situazione più romantica del mondo, ma dovevo dirtelo. Ti amo e non voglio perderti. Quando sarai sul campo di battaglia pensa a questo. Sta attenta e non farti guidare dalla furia, ma ragiona. Io cercherò di sopravvivere, ma fallo anche tu. Dopo Clary non sopporterei di perdere anche te!” Simon aveva gli occhi inchiodati a quelli scuri di Isabelle, le loro mani intrecciate. Aveva detto tutto con voce ferma, determinata, sicura. Il cuore di Simon non poteva più battere, ma sicuramente, in diverse circostanze, avrebbe fatto una capriola.    
Isabelle rimase a bocca aperta. Aspettava da una vita che qualcuno glielo dicesse e Simon l’aveva appena fatto. Si era interrogata per settimane sui suoi sentimenti verso Simon e anche Clary una volta le aveva detto che secondo lei ne era innamorata, sosteneva di capirlo dal modo in cui lo guardava e ne parlava. Lei non era mai stata tanto sicura fino a quel momento. Lo afferrò per la maglia e lo baciò con trasporto “Anch’io ti amo. Te lo prometto!” Gli rispose di gettito, come se il suo cuore avesse parlato da solo.
“CI SIAMO TUTTI?” Una voce arrivò dal fondo della folla, rompendo la magia dei loro sguardi. Il portale era pronto, era arrivato il momento di andare.
“Ci vediamo più tardi! Ricordati di prendere un souvenir di Sebastian in Francia” scherzò. Si scambiarono un altro bacio e Izzy si affrettò verso il portale. Simon la guardò allontanarsi, era felicissimo e quasi si vergognò di provare tanta felicità in un momento come quello.
 Un’accecante luce blu proveniva dall’interno del portale che face socchiudere gli occhi ai Cacciatori nelle prime file.
“Il portale è aperto a circa mezzo km dal punto in cui si trova Sebastian: una volta arrivati tutti, organizzatevi e marciate verso nord. Io resterò da questo lato del portale per tenerlo aperto” Magnus stava dando le ultime istruzioni.
“In caso di difficoltà tornate subito ad Alicante, ci organizzeremo meglio” si intromise il Console. “Buona fortuna”
Jace fu il primo ad attraversare il portale, seguito da Izzy e Alec, che però venne fermato per un polso da Magnus: “sii prudente!”
“Lo sono sempre” gli accennò un sorriso prima di avanzare verso il portale.
Dopo tutti gli Shadowhunters, fu la volta dei licantropi e dei vampiri con Luke, Raphael e Simon di oltrepassare il portale e infine fu il turno degli Stregoni. La piazza si svuotò velocemente: Maryse, Jocelyn e i membri del Conclave rimasero gli unici li. Il silenzio dava quasi fastidio.
L’orologio batté le 7.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***




Ciao! nuovo capitolo! manca veramente poco....


I contorni del pentagramma si accesero di rosso mentre i tre giovani Stregoni recitavano formule strane. Si sprigionò una luce intesa e il primo demone fece la sua entrata. Uno alla volta, uscirono tantissimi demoni di diversa natura, che impregnarono l’aria di un forte odore di bruciato.
Clarissa osservava tutto con aria incantata, continuava a sorridere a Jonathan, che le stringeva le mani e accarezzava il viso. “Saranno circa una centinaia tra i demoni più potenti”.
“E Noi li domineremo tutti!” Aggiunse Clary mordendosi leggermente il labbro inferiore. Un’abitudine che avevano in comune: aveva notato in quei giorni che anche Jonathan lo faceva sempre quando qualcosa lo eccitava tantissimo.
I demoni si schierarono davanti al porticato di una vecchia casetta in rovina tra i campi, dove sedevano Jonathan e Clarissa.
“Jonathan Morgenstern, io e i miei fratelli siamo qui per onorare la nostra parte dell’accordo. Noi aiutiamo te, tu in cambio, insieme ai tuoi seguaci, ci venerate come facevate con Raziel e ci lascerete governare questa dimensione al tuo fianco, senza più ostacoli” Agramon si era elevato a capo dei Demoni dopo la distruzione di Lilith e pretendeva di essere trattato come tale anche sul campo di battaglia e soprattutto, voleva comandare al fianco di Jonathan.
“Ma certo Agramon, questi erano i nostri accordi. Mia sorella ha inventato delle rune particolari, che verranno apportate su ognuno di noi, che ci permetteranno di unire le nostre forze in questa battaglia e vincerla. Saranno anche il simbolo della nostra alleanza, che ci apparteniamo” Jonathan parlò con trasporto, sostenendo lo sguardo rosso del demone. Clary al suo fianco annuiva leggermente, guardava la schiera nera di demoni davanti a lei.
“Prego mia Regina, completa il tuo lavoro” porse lo stilo a Clarissa che disegnò  3 rune particolari sul bordo del pentagramma; due di queste le riportò una sul petto di Jonathan, all’altezza del cuore, e l’altra sul polso di ciascun Shadowhunters Oscuro, mentre la terza era di evocazione/ sottomissione al demone. Erano rune molto articolate, con contorni spessi e ghirigori e tutte presentavano un cerchio che le incorniciavano.
Terminato il suo lavoro, Clarissa si riportò accanto a Jonathan sui gradini sotto al porticato: “poveri sciocchi” mormorò trionfante.  
Un forte bagliore illuminò l’orizzonte e la terra tremò appena. Il fronte Oscuro si voltò verso quella luce. In pochi minuti un alone nero cominciò a stagliarsi in lontananza facendosi sempre più ampio e scuro.
“Eccoli!” Jonathan era pronto. Potevano dare il via a quella battaglia che progettava da tanto e che lo avrebbe portato al dominio del mondo. Indicò gli Shadowhunters che avanzavano a Clarissa.
“Finalmente!” Si morse ancora una volta il labbro. Strinse l’elsa della spada che aveva nella cintura.

Da lontano Jace riusciva a sentire il forte odore di bruciato, il rubino di Isabelle pulsava nella sua luce rossa. Avanzavano lentamente verso un casolare abbandonato, dalla quale proveniva del fumo e dove una grande folla scura si intravedeva da lontano, insieme a gigantesche sagome.
“Ha evocato dei demoni!” costatò Luke che si era portato al fianco di Jace. Per un attimo Luke pensò che erano finiti; avevano nel loro esercito ragazzi giovani e con poca esperienza in guerre di quella portata e battere un demone era estenuante, risucchiava tutte le energie. Il suo istinto di Cacciatore non l’aveva mai abbandonato, nonostante la trasformazione in licantropo, e questo molto spesso lo induceva a pensare ancora come uomo dimenticando l’enorme aiuto che i lupi e i vampiri potevano dare all’esercito in quel momento.
Raggiunsero il punto di raduno delle schiere di Sebastian in circa 10 minuti; i due eserciti si schierarono uno di fronte all’altro. Quello Oscuro continuava a voltarsi verso la casa, come in attesa di un segnale per attaccare.
Jace non attese nulla, estrasse la sua lama angelica e chiamò la sua spada; Isabelle fece schioccare la frusta, Alec caricò la balestra. Si mossero sempre più velocemente fino a scagliarsi con forza contro i Cacciatori di fronte a loro.
I demoni rimasero inizialmente a guardare la battaglia per intervenire solo dopo.
Jace sferzava colpi di lama in tutte le direzioni, ferendo e uccidendo i suoi avversari, poteva sentire i colpi di frusta di Isabelle battere con un ritmo regolare. Corse in direzione di Alec piantando un pugnale nella schiena di un Cacciatore che si stava lanciando contro di lui. Parò un fendente al fianco, saltò un cadavere e attaccò una donna impigliata nella frusta di Izzy, squarciandole il petto. Si guardava in giro alla ricerca di Clarissa e di Jonathan ma dei due non c’era traccia, era troppo lontano dalla casa e probabilmente loro dovevano essere li vicino. Corse più verso l’interno della battaglia, notò Simon cavarsela egregiamente contro un ragazzo. I licantropi uccidevano in maniera diretta, miravano e arpionavano con le fauci generalmente le spalle dei Cacciatori neri, mentre la presenza degli Stregoni si notava per i lampi di luce blu, che si sprigionavano tra la folla scura.
Nonostante riuscirono a rompere le prime file, la battaglia si fece più ardua. La stanchezza cominciava a sentirsi e  gli uomini di Sebastian sembravano avere una resistenza maggiore della loro.
Izzy era indomabile, arpionava le caviglie degli avversari, li frustava folgorandoli e li trafiggeva con la spada. 
“Jace” gridò spostando l’attenzione del fratello su un uomo che stava per colpirlo allo stomaco; il ragazzo fece un balzo indietro, colpì le mani dell’avversario disarmandolo e ferendolo mortalmente alla spalla. Non potè far a meno di notare che i cacciatori di Sebastian non miravano a ucciderli quanto a ferirli colpendoli in prevalenza ai fianchi o agli arti cosi da fermarli, mentre i Nascosti erano maggiormente quelli che venivano attaccati per essere uccisi. Vide quattro ragazzi essere immobilizzati e condotti sul retro dell’edificio.
Luke, nelle sue sembianze di lupo, guidava il suo branco facendo spazio, abbattendo nemici, permettendo agli altri di spingersi verso il cuore del fronte nemico. Jace gli si avvicinò e spiegò cosa aveva intuito: “non so cosa stia facendo, ma state attenti!” lo avvertì.
Luke rimase perplesso dell’intuizione di Jace, non capiva a che pro Sebastian volesse mantenere gli Shadowhunters del Conclave vivi. Il viso di Amatis gli si stampò in mente.
Jace si allontanò da Luke e prese Simon per una spalla: “esci dalla battaglia e vai dietro la casa a vedere che sta succedendo. Mirano a uccidere i Nascosti principalmente, non farti scoprire”. Simon pensò che fosse molto difficile fare ciò che gli aveva ordinato Jace: il campo si trovava in aperta campagna, la casa era l’unico edificio e gli unici nascondigli erano le piante di lavanda e alcuni alberi. Diede un’ultima occhiata alla battaglia verso Isabelle, sperò di poterla rivedere di nuovo. Si nascose dietro una pianta ampia di lavanda, l’odore era fortissimo, e vide due uomini di Sebastian trasportare di peso due ragazzi del loro esercito e portarli dentro la struttura. Voleva vedere meglio ciò che succedeva, perciò tornò vicino alla battaglia, prendendo da un cadavere un mantello che usò per camuffarsi. Si avvicinò alla casa. Altri uomini furono portati dentro la struttura diroccata e Simon li seguì all’interno. Tutti i corpi feriti venivano curati con delle iratze e a turno venivano incatenati e fatti bere dalla Coppa Oscura Mortale. Questi venivano scossi da leggeri tremiti, svenivano per pochi secondi, per risvegliarsi con occhi neri, pronti a combattere stavolta dalla parte opposta. Simon si fermò davanti all’entrata, nascosto dietro l’angolo della casa: il primo Shadowhunter che uscì lo colpì mandandolo a tappeto. “Devo fermarli” pensò;  si diresse verso Raphael, impegnato a schivare i colpi di un uomo coperto da un cappuccio, pugnalò il suo nemico: “Vieni con me” gli ordinò.
Jace aveva annullato tutti i pensieri, tranne il più importante: trovare Clarissa. Corse verso il gruppo di demoni che si trovavano in disparte vicino al rudere del casolare e la vide! Era in piedi su dei gradini al fianco di Jonathan, la mano sinistra intrecciata alla sua, che guardava la battaglia con aria rapita. Suo fratello sembrava compiaciuto di come stava andando la battaglia: parecchie forze del Conclave erano state eliminate e molte erano già passate dalla loro parte! Lo vide fare un cenno ai demoni che era arrivato il loro momento. Questi si diffusero sul campo di battaglia come un morbo nero. Attaccarono tutti insieme e molti degli Shadowhunters cominciarono presto a soccombere; Jace dovette distogliere lo sguardo da Clary e rivolgerlo verso Alec, circondato da un demone e due Cacciatori. Si mosse velocemente, a lui si affiancò anche Isabelle e insieme si lanciarono sul demone trafiggendolo. Questo non fece una piega. Si allontanò dai tre e si fiondò su un altro Cacciatore. Alec e Isabelle rimasero interdetti dal comportamento del Demone.
Jace si voltò nuovamente verso Clary e stavolta lei incontrò il suo sguardo. Gli sorrise alzando leggermente un angolo della bocca, come di sfida. Jonathan si rese conto della presenza di Jace; si abbassò il cappuccio, slacciò il mantello da sotto al collo e lo lanciò per terra.
“Mettiamo fine a questa storia” disse. Sguainò la spada demoniaca di pietra nera lucente e tagliente come ossidiana. Baciò Clarissa con un bacio lieve, le passò un dito sulle labbra e scese i gradini con passo marziale.
Si diresse verso Jace.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Buona Domenica a tutte!!! lo so che ho pubblicato solo 3 giorni fa, ma volevo togliervi un pò di curiosità!!!
Buona lettura!


Jace osservò la scena interdetto, il  comportamento di Clary l’aveva spiazzato. Vederla baciare Sebastian era stato un duro colpo, il suo stomaco si era contorto e sentiva le ginocchia deboli. Strinse gli occhi per scacciare quell’immagine e concentrò la tua attenzione su Sebastian, che si muoveva lentamente, girava la lama con il polso, facendole fare un otto. Quel movimento gli ricordò tanto Valentine.
Jonathan si parò davanti a Jace, gli sorrise e improvvisamente alzò la spada. Jace riuscì a parare il colpo d’istinto, frapponendo, tra la sua spalla e la lama demoniaca, la sua spada. Fece leva e la scacciò via con tutte le forze che gli erano rimaste, facendo indietreggiare Sebastian.
Jonathan rise beffardo e si rilanciò all’attacco.
Simon e Raphael si posizionarono ai lati dell’entrata della casa, uno su ciascun angolo, e simultaneamente colpivano i Cacciatori Oscuri che tornavano dal campo di battaglia con dei corpi feriti. Cosi facendo riuscirono a evitare che circa 50 Shadowhunters venissero trasformati. Ma il via vai era piuttosto intenso e non avrebbero resistito a lungo.
“Abbiamo bisogno di rinforzi” suggerì Raphael.
“Non possiamo allontanarci di qui, perderemo il piccolo vantaggio che abbiamo su di loro. Dobbiamo resistere” Simon sapeva che una sola persona lì non avrebbe potuto far molto. Era un rischio tornare tra la battaglia e cercare aiuto, avrebbero potuto essere uccisi e il lavoro fatto vanificato.
Isabelle si muoveva tra i Cacciatori, le gambe le dolevano e aveva finito le armi a sua disposizione, le restava solo la frusta e una lama nella cintura, ma era determinata. Cercò con lo sguardo Simon, non riusciva a vederlo, un moto di paura prese il sopravvento. Continuò a guardarsi intorno finchè lo sguardo non le cadde su Jace, che si fronteggiava con Sebastian. Corse in aiuto del fratello, ma un demone le bloccò la strada. Era ricoperto da una spessa scorza nera come carbone, aveva la pelle molto rossa e dalle sue fauci usciva un liquido giallino molto viscoso. Lo colpì con una frustata e questi urlò, sputando quella materia gialla addosso alla ragazza. A contatto con la sua pelle, quella sostanza le urticò le braccia. Strinse i denti ricordandosi il dolore provato qualche giorno fa. La rabbia le annebbiò la mente, cominciò a fendere frustate alla cieca, saltò, estrasse la lama angelica dalla cintura e la conficcò nelle spalle del demone, che si accasciò al suolo. Riprese fiato, ma un’altra donna stava arrivando alle sue spalle, schioccò la frusta.
Jonathan Morgenstern si avventò su Jace con la spada dritta verso di lui. Jace riuscì a schivare il colpo con un balzo di lato. Si voltò verso la casa, Clarissa osservava il duello tra lui e Jonathan, inizialmente con aria inespressiva, ma la sua espressione si fece truce quando incontrò gli occhi di Jace. Non sembrava nemmeno lei. Aveva un trucco pesante, i capelli legati alti, con i riccioli che le cadevano come i rami di un salice e continuava a guardarlo con astio. Non sentì arrivare Jonathan che gli sferrò un calcio alla schiena, facendolo cadere con le mani sul terreno, ormai umido della pioggia che aveva cominciato a cadere sul campo. Provò a rialzarsi, doveva reagire, strinse l’elsa della spada angelica e parò un fendente che stava per abbattersi sulle sue spalle. Si voltò rialzandosi di scatto.
 “credevo che fossi migliorato dall’ultima volta che ci siamo incontrati” lo provocò Jonathan, gli occhi neri erano cerchiati e spiccavano sul suo colorito pallido “ o forse la mia Regina ti distrae? È bellissima non è vero?” si leccò le labbra guardando verso Clary, che ricambiò con un sorriso.
Jace esplose, non vedeva più niente davanti a sé, una nebbia bianca e fitta gli ostacolava la vista, impedendogli di ragionare. Urlò e si lanciò contro Jonathan, il quale parò il colpo all’altezza del petto. Lo spinse via e riattaccò, fecero cozzare  le loro spade come in una danza. Jace estrasse un coltello e lo lanciò verso Sebastian ferendolo a un braccio.
 “ tutto qui?” ghignò Jonathan, prima di spegnere il suo sorriso e deformare la bocca in una smorfia di crudeltà. Si avventò su Jace piantandogli un pugno alla mascella, la sua mano si colorò di rosso vivo, sangue. Lo guardò soddisfatto.
Jonathan si mosse all'attacco di nuovo, incalzò i fendenti, che divennero sempre più intensi e regolari, e fece indietreggiare di parecchi passi Jace. Alzò la spada e mirò al petto del ragazzo, ma venne fermato dalla sua lama angelica. Spinse la spada con tutte le sue forze, ma incontrava parecchia resistenza; nonostante questa però, riuscì ad avvicinare la lama all’altezza delle gola di Jace, che ormai si trovava in seria difficoltà, con gli stivali che scivolavano sul terreno e la stanchezza nelle braccia. Jace alzò ancora una volta lo sguardo verso Clarissa. Era concentratissima sul fratello e non lo degnava nemmeno di uno sguardo. Questa piccola distrazione gli fu fatale. Jonathan allontanò repentino la spada e la piantò nel suo fianco, affondando la lama nella sua carne fino all’elsa. Jace spalancò gli occhi e le gambe gli cedettero. Jonathan rise ed estrasse con violenza la spada dal suo corpo, facendolo tremare.
“JACE!” La voce di Alec gli arrivò alle orecchie attutita dai fischi che avvertiva per il dolore.
Jonathan si voltò e trovò dietro di sé Isabelle. Lo sguardo di fuoco, la frusta stretta nella mano destra, che fece schioccare per terra con fare minaccioso. Non appena la frusta toccò terra si illuminò ed emise un sonoro schiocco.
“Credi davvero di farmi paura? Sei solo una ragazzina guastafeste, proprio come era tuo fratello!” La derise.
Isabelle fu presa da un moto di rabbia incontrollabile. Le sue mani cominciarono a tremare e fece partire la frusta, che colpì in pieno petto Jonathan, ancora in preda alle risate ripensando alla cattiveria più grande che avesse mai fatto nella sua nera esistenza. Il colpo fu secco e lo fece zittire immediatamente. Isabelle era indomabile, a quel colpo ne aggiunse di altri, finchè Jonathan non le afferrò la frusta, facendogliela scivolare di mano e gettandola per terra. La colpì con un calcio allo stomaco, approfittando del suo attimo di smarrimento. Izzy cadde per terra, era sfinita, la ferita nel suo cuore per la morte di Max non era ancora del tutto chiusa, anzi pulsava sempre più ogni volta che guardava il suo assassino in faccia. Non si sarebbe fatta abbattere da lui, voleva vendicare Max, Clarissa, che se ne stava in disparte senza battere ciglia, e Jace che era stato ferito. Aveva distrutto la sua famiglia, l’aveva fatta soffrire, era come un circolo vizioso dalla quale non riusciva mai a uscire. Si alzò furiosa, le lacrime minacciavano di sgorgare, odiava essere emotiva e mostrare soprattutto le sue emozioni, corse incontro a Jonathan senza armi, era una follia lo sapeva, ma le sue gambe erano come se si muovessero da sole. Con un ghigno stampato sul viso, Jonathan le andò incontro, la afferrò per il collo, fermando la sua avanzata e, sollevandola, la lanciò di peso facendola atterrare sul cadavere di un Cacciatore oscuro, con gli occhi sgranati e una spada conficcata all’altezza del cuore. Isabelle inorridì, il cuore le batteva forte, si sentiva disorientata. Estrasse la spada dal corpo che giaceva inerme al suo fianco e si lanciò verso Jonathan; sferrò il suo colpo ma venne parato, tentò di colpirlo all’altezza della gambe, ma ancora una volta il suo tentativo si rivelò vano. Una serie di colpi di spada si susseguirono, tutti parati da entrambi. Jonathan fermò con una sola mano un fendente in alto, tenendo in tensione le braccia di Izzy, essendo lei più bassa. Con la mano libera estrasse da sotto la giacca, dietro la schiena, un pugnale, fece leva, le fece volare la spada di mano e alzò il pugnale, facendolo cadere perpendicolare dritto verso il petto di Isabelle.
La lama si ficcò vicino al seno della ragazza, che spalancò gli occhi e lasciò cadere le lacrime sul viso. Il ghigno di Jonathan si spense quando notò che quelli erano gli occhi verdi di Clarissa. Aveva fatto da scudo con il suo corpo alla sua parabatai. Il respiro le si mozzò, si voltò lentamente verso Isabelle dietro di lei che, bianca come un cadavere, non riusciva a muoversi, e dopo averle sorriso debolmente si accasciò verso il  suolo, prima di essere afferrata da Isabelle: “Clary che hai fatto? Nooo! No…”
 “Dove andrai tu andrò anch’io – prese un profondo respiro emettendo un suono cupo come un rantolo - dove morirai tu morirò anch’io, e vi sarò sepolto: l’Angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te” ripetè le parole del giuramento a singhiozzo, le lacrime scesero incontrollate, un rivolo di sangue le scolò da un angolo della bocca.
“Per-donami Isab…”si rilassò tra le sue braccia, il suo viso si poggiò sul cuore di Isabelle.
“NOOOO!” Izzy urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, strinse il corpo di Clary sfogando tutte le lacrime che potevano essere versate. Il suo petto era come se fosse stato squarciato in due e il suo cuore fosse piombato in quel baratro. Jace e Alec arrivarono fulminei accanto a lei, con Jace ancora debole, nonostante l’iratze fatta al fianco.
“Jace ti prego fa qualcosa,…. Lei …non può andar….” non riusciva a prendere aria, il petto le doleva anche semplicemente alzandosi per respirare.
“Falle un’iratze, quelle fatte dai parabatai sono più potenti” Alec le passò lo stilo, cercando di mantenere il sangue freddo, notando che Jace era completamente impietrito.
L’iratze fatta sul petto di Clarissa da Isabelle rimarginò la ferita all’istante, ma Clary non accennava a riprendersi.
“Perché non funziona?” Chiese nel panico prima di sollevare lo sguardo e incontrare la faccia di Jonathan che guardava sconvolto il corpo di Clary, le mani stringevano ancora il pugnale insanguinato e tremavano cosi tanto da farlo cadere per terra tintinnando contro delle piccole pietre.
“Maledetto!” Ringhiò Isabelle, adagiò delicatamente il corpo di Clary tra le braccia di Jace, che aveva lo sguardo cosi vitreo da sembrare come se non vedesse nulla. Le accarezzò i capelli rossi, si alzò, fissò lo sguardo su quello di Jonathan, corse verso di lui, ma anziché attaccare si abbassò e afferrò la frusta.
Con un lampo chiaro e uno schiocco sordo, la frusta di Izzy pareva ruggire nelle sue mani. Colpì Jonathan alla spalla, facendolo ringhiare per soffocare un gemito. Lo vide reagire parandole la spada in posizione di attacco, ma Izzy non si fece intimidire, sentiva l’avambraccio bruciare all’altezza della runa, sentiva un peso sul petto che pian piano si estendeva su tutto il corpo. Le parole di Clarissa le rimbombarono nella mente: dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolto!
Fece scattare la frusta che si attorcigliò intorno al collo di Jonathan “Stavolta non mi limiterò alla mano!” La strattonò. Jonathan portò le mani al collo, facendo cadere la spada, come se soffocasse. Un altro strattone, una scossa elettrica e un rumore secco di ossa rotte si diffuse nel campo.
La testa di Jonathan Morgenstern rotolò sull’erba fradicia di pioggia e fango.
 

Note: ok corro a nascondermi prima di essere linciata!! Perdonatemi se potete!!!
Inizialmente quando ho scritto il capitolo, avevo fatto scontrare Jace con Clary, ma poi mi sono resa conto di aver un po’ tralasciato il legame parabatai tra Izzy e Clary, cosi ho cambiato!!
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***



Ciaooo!! eccomi di ritorno con IL capitolo! quello che svela tutto! siamo alle battute finali...
Buona Lettura!! <3

La battaglia si bloccò di colpo. Demoni e Shadowhunters Oscuri crollarono per terra nel bel mezzo dei loro duelli; i figli di Lilith scomparvero in piccole esplosioni, mentre i Cacciatori rimasero senza vita sul prato fangoso. Tutti cercavano di capire cosa fosse successo e ben presto tutti si accorsero del corpo di Jonathan inerme, riverso in una pozza di fanghiglia senza la testa, che giaceva più in là con gli occhi sgranati.
Alec corse verso il pentagramma, che si era acceso nuovamente, distruggendone la forma e le rune di evocazione.
Accanto al corpo di Jonathan Morgenstern giaceva anche quello della sorella, immobile sul grembo di Jace che sembrava totalmente incapace di reagire. Dalla folla di Shadowhunters si fece largo Luke, tornato alle sue sembianze umane, fiancheggiato da Simon. Rimase senza forze quando notò Clary .
“Cosa è successo?” Chiese con gli occhi sbarrati tentando di avvicinarsi alla ragazza, che però venne stretta ancora di più da Jace, come se qualcuno stesse per portargliela via.
“Jonathan l’ha pugnalata” rispose Alec spicciolo.
“Perché….” Stava chiedendo Luke ma la sua domanda venne completata subito da Alec
“……non funzionano le rune? Non lo so. La ferita si è richiusa” Alec non riusciva a capire. Non era stata morsa da qualche demone, le iratze avevano sempre curato le ferite procurate dalle armi bianche. 
“Non l’ha pugnalata… lei mi ha fatto scudo salvandomi la vita” Isabelle parlò con lo sguardo perso senza rivolgersi a nessuno in particolare. Crollò in ginocchio per terra, sconfitta, senza più forza, né voglia di piangere. L’avambraccio cominciò a pizzicare. Era finita. Simon corse verso la sua direzione ma lei alzò lentamente una mano per fargli capire che voleva essere lasciata stare, bloccandolo dove si trovava. Non voleva essere abbracciata o rassicurata. Non aveva bisogno di parole di rito, niente si sarebbe sistemato, niente sarebbe stato come prima, niente avrebbe potuto ridarle indietro la sua parabatai. Era tutto diverso adesso. Sentiva il groppo in gola che le impediva di respirare, le mani tremare, l’intero corpo tremare. Profondi sospiri uscirono dalla sua gola accompagnati da gemiti soffocati, gli occhi vagavano sui presenti che la osservavano impietriti, il dolore le stava lacerando l’anima. Era come se tutto si fosse oscurato intorno a lei, come se l’unica àncora di salvezza che la vita le aveva dato e alla quale si era aggrappata cercando di restare a galla, le fosse stata strappata di mano e fosse stata lasciata in balia del mare in tempesta, con decine di pietre nelle tasche che la trascinavano di peso verso il fondo, dal quale non riusciva a riemergere, con l’acqua che le bruciava la gola e i polmoni, perchè incapace di nuotare, di vivere senza di lei al suo fianco. Aveva sofferto la solitudine per anni, Clarissa era stata un faro nella notte, adesso quella luce si era rispenta….per sempre.
Un urlo rivolto al cielo squarciò il silenzio del campo. Isabelle batté i pugni sul terreno. Il  suo viso si era arrossato, le vene sul collo gonfiate, le lacrime sgorgavano dai suoi occhi scuri senza controllo bagnandole gli zigomi. “PERCHEEE’?” urlò, battendo ancora una volta i pugni per terra e schizzandosi gocce di fango sulla divisa. Urlò di nuovo, Alec corse ad abbracciarla, ma lei cominciò a dimenarsi tra le sue braccia cercando di liberarsi dalla sua stretta. “LASCIAMIII” cercò di spingerlo via, graffiandogli le braccia e il viso, ma era sfinita, si arrese crollando sul petto di suo fratello e stringendo tra le dita la sua divisa.
“shhh, basta Isabelle, basta….” Alec le accarezzava i capelli neri, stringendola forte.
“ perché Alec, perché? Perché si è messa in mezzo?” non riusciva a darsi pace. La runa parabatai cominciava a bruciare più intensamente. Clarissa era morta per salvarla. Alec non aveva risposte da darle, era confuso da tutta quella situazione. Si limitò a baciarle i capelli, lasciandole sfogare le sue lacrime.
“Izzy” la voce di Jace fu l’unica cosa che placò momentaneamente il pianto di Isabelle. Alzò il viso dal petto di Alec e guardò verso di lui, che stringeva tra le braccia il corpo inerme di Clary e le porgeva una mano. Si alzò barcollando, le gambe deboli, la testa confusa. Si avvicinò a Jace, strinse la sua mano che lentamente la attirò a sé, facendola sedere accanto a lui. Le stampò un bacio sulla fronte. Mai prima di allora Jace aveva fatto un gesto simile nei suoi confronti. Insieme posarono di nuovo lo sguardo su Clary e condivisero il loro dolore.
Alec distolse lo sguardo da quella scena straziante.
“può essere qualche lesione interna?” Simon era più confuso che mai, non aveva idea di come funzionassero le rune, cosa potessero guarire o altro. Il suo animo era pesante, da quando era vampiro si era preparato all’idea di dover vedere morire le persone a cui voleva più bene,  Clary soprattutto, ma non immaginava che quel momento sarebbe arrivato cosi presto.
“Si rimarginano con l’iratze” fu la risposta secca di Alec. Il vampiro crollò in un pianto silenzioso e composto in disparte.
Uno stregone si avvicinò. Cercava Jace, l’esercito di Cacciatori stava ricompattandosi, centinaia di stilo si illuminavano contemporaneamente per curare le ferite. Avevano subìto molte perdite, soprattutto tra i vampiri e licantropi. Anche tre Stregoni avevano perso la vita.
“Jace Herondale” gridò, ma non appena la piccola folla si aprì e lo vide accovacciato per terra, con il corpo di Clarissa tra le braccia, con le lacrime che gli scolavano sul viso senza nessun controllo, si bloccò di colpo. Jace non aveva nemmeno alzato la testa, continuava a piangere accarezzando il viso di Clary.
Alec uscì dal gruppo e si avvicinò a lui: “che succede? Non è il momento!”
“Mi dispiace, volevo solo informarlo delle perdite e che siamo pronti a tornare ad Alicante!” disse titubante. Sapeva che in quel momento dei numeri non sarebbero interessati a nessuno.
“Quanti?” si informò distratto Alec, continuando ad osservare la scena straziante davanti a sé.
“Circa cinquanta vampiri, venti licantropi, tre Stregoni e più di quattrocento Cacciatori. È un bilancio abbastanza pesante…” lasciò cadere il discorso.
“Già” il ragazzo sospirò, portandosi una mano tra i capelli.
“Posso fare qualcosa per voi? Magnus mi ha chiesto di ….” Sembrava imbarazzato, non voleva rivelare ciò che Magnus gli aveva chiesto e cioè di vegliare su di lui.
“Non credo, almeno che non sai resuscitare un morto!” il nome di Magnus lo aveva irritato e rispose tagliente al giovane Stregone.
“Clarissa Morgenstern?” lo Stregone era incredulo.
“Le rune non hanno effetto sulla sua ferita. È stata pugnalata con questo pugnale da suo fratello…” Alec non sapeva perché gli stava dicendo quelle cose. Gli mostrò il pugnale ancora sporco del sangue di Clary.
“Il simbolo di Guayota”* sembrava quasi spaventato da quel marchio.
“Cosa è?” Alec era trasalito.
“È un simbolo demoniaco, rappresenta il sacrificio. Se Clarissa è stata ferita con quest’arma morirà nel giro di poche ore se non viene spezzata la maledizione. È come se fosse stata sacrificata ai demoni e la sua anima viene lentamente assorbita da loro” snocciolò tutte quelle informazioni d’un fiato.
Simon era apparso alle spalle di Alec e aveva sentito l’ultima parte della loro discussione; si era un po’ rianimato, aveva riacquistato delle speranze: “tu potresti…” cominciò.
“Portatela da Magnus!” sentenziò lo Stregone.
 
L’esercito fece ritorno alla Piazza dell’Angelo. Magnus stava ancora tenendo il Portale aperto insieme agli altri Stregoni e delle guardie del Conclave erano di sentinella lì vicino per annunciare l’esito della battaglia alla Città di Vetro.
Il ritorno degli Shadowhunters vittoriosi, con il corpo di Jonathan Morgenstern in collo, fu accolto in città con il suono dalla marcia dei figli di Raziel.
Jocelyn fu la prima ad arrivare; vedere il corpo di Jonathan privo di vita, le fece soffocare un singhiozzo. Era pur sempre suo figlio e per lui aveva sofferto per anni. Maryse, al suo fianco, le strinse una spalla. Erano due madri in pena per le sorti dei loro figli. Di loro tra la folla, che si affrettava ad attraversale il Portale, non c’era traccia. La loro ansia cresceva di attimo in attimo. Alec fu il primo a varcare l’apertura di luce: il viso stanco, l’espressione truce, aveva la divisa strappata. Si avvicinò a Magnus e gli sussurrò qualcosa. Lo Stregone assunse un’espressione cupa. Maryse gli corse in contro. La sua corsa si arrestò quando per ultimi uscirono Jace e Isabelle che tenevano il corpo di Clary. Jocelyn emise un urlo disumano. Fu afferrata da Luke, che non aveva nemmeno visto uscire dal Portale, prima che le sue ginocchia toccassero terra.
“Non è morta Jocelyn!” Ma lei non lo sentiva, si divincolò dalla sua stretta e si fiondò verso sua figlia.
“CLARISSA!” Le tremavano le mani mentre cercava di accarezzare il viso di sua figlia. Era stato un duro colpo per lei. Entrambi i suoi  figli erano morti e il suo cuore le sembrava battere cosi velocemente da rischiare di cedere da un momento all’altro.
“Non ora Jocelyn” Luke le aveva afferrato di nuovo le spalle, cercando di allontanarla da Clary e Jace per spiegarle la situazione.
“Lasciami stare! Chi è stato?” era sconvolta, sembrava non sentire nessuno. Guardò truce Jace, credendo fosse stato lui.
“NON E’ MORTA, LO SARA’ SE NON TI TOGLI DAI PIEDI!”  Jace ringhiò. La sua espressione era una maschera di dolore e terrore. Si rese conto di essere stato troppo duro con lei, ma in quel momento voleva solo correre da qualche parte per lasciare che Magnus la salvasse. Jocelyn era solo di intralcio non lasciandolo passare, e per lui i minuti che passavano erano vita che abbandonava la sua Clary.
“Portatela dentro” Magnus indicò a Jace la Sala del Consiglio.
“Un momento! Clarissa Morgenstern è una traditrice, un’alleata del nemico. Non verrà condotta all’interno della Sala del Conclave!”  L’Inquisitore si fece largo tra la folla e si fermò davanti a Jace, impedendogli di passare.
“Non abbiamo tempo, sta per morire” Isabelle lanciò all’Inquisitore un’occhiata di fuoco. Aveva la fronte imperlata di sudore, lo sguardo stanco.
“A me non importa! Anche se riuscirà a sopravvivere sarà giustiziata per alto tradimento” dichiarò calmissimo.
La piazza si ammutolì.
“Che nessuno si permetta di far entrare quella ragazza nella propria casa, perché verrà processata per complicità!” Aggiunse rivolgendosi alla folla intorno a lui e indicando il corpo di Clary con un gesto della mano.
Pian piano la piazza cominciò a svuotarsi, nessuno voleva disubbidire un ordine dell’Inquisitore.
Jocelyn ebbe una crisi di pianto: “che giustizia è la vostra per una persona che vi ha già salvato una volta! Non le date nemmeno la possibilità di difendersi! Mia figlia è stata trasformata in una Cacciatrice Oscura….”
“No Jocelyn, tua figlia ha più sangue Angelico di chiunque altro Cacciatore, come il signor Herondale, sappiamo tutti che il sangue Angelico è dominante su qualsiasi sangue infetto. E per di più, ha una runa parabatai che la lega a un’altra Cacciatrice. Il sangue di Demone verrebbe neutralizzato subito, i Fratelli Silenti sono stati chiari. Questo significa che lei ha agito al fianco di Jonathan di sua iniziativa. Ha firmato di suo pugno quell’intimidazione inviata all’Istituto. Questo la rende doppiamente colpevole. Mi è stato riferito che ha addirittura disegnato rune di alleanza tra i demoni e i seguaci di Jonathan” Il Conclave aveva mandato delle guardie per tenere aggiornata Alicante sullo svolgimento della  battaglia. Era stato chiaramente riportato il suo sacrificio per salvare Isabelle e questo significava solo che lei non era stata trasformata in Cacciatrice Oscura.
“Ma è impossibile…..” Jocelyn guardò Luke che non rispondeva. Scosse leggermente la testa.
Jace alzò lo sguardo, porse il corpo di Clary a Simon e si avvicinò all’Inquisitore. Sguainò la spada dalla cintura e la puntò alla sua gola: “Lei non toccherà un capello a Clary o giuro sull’Angelo che io vi faccio raggiungere i vostri antenati nel giro di pochi secondi!” tuonò minaccioso.
“Jonathan Herondale non osi parlarmi cosi o la farò arrestare” L’inquisitore deglutì a fatica nonostante il suo tono di voce non mostrava segni di paura.
“Jace - Isabelle si teneva una mano sul cuore, reclamava aria e si sciolse tra le braccia di Alec , la runa parabatai stava cominciando a sbiadire- Clary sta…"
Fu il panico generale.
“Scusate! Posso dire qualcosa?” un ragazzo di circa vent'anni, bassino, con capelli rossi e orecchie a punta, si fece largo tra la folla avvicinandosi all’Inquisitore.
“Lei chi è?” Tuonò l’uomo ancora sotto la spada di Jace.
“Mi chiamo Femir, sono stato rapito insieme ad altri due miei amici Stregoni da Jonathan Morgenstern lo stesso giorno in cui ha preso sua sorella. Ha usato noi per invocare i demoni. I miei amici non ce l’hanno fatta in battaglia, io invece sono riuscito a salvarmi grazie a Clarissa. Lo scopo di Jonathan era di invocare i demoni e usarli come alleati per trasformare più Shadowhunters possibili. Una volta terminato il suo piano, secondo i loro accordi, dovevano governare il mondo insieme contro i Nascosti, ma lui aveva ben altri progetti. Voleva sottomettere i demoni e per questo fece disegnare tre rune da Clarissa sul pentagramma. Le rune dovevano essere un legame tra loro. La runa sul cuore di Jonathan doveva essere quella dominante, che sottometteva chiunque fosse stato marchiato dalle altre due rune. Clarissa venne una notte nella mia cella e mi svelò il piano del fratello. Lei avrebbe modificato le rune, disegnando una cornice circolare intorno a esse per simboleggiare il legame indissolubile: il cerchio rappresentava l’inizio e la fine che si uniscono. Se uno moriva, moriva anche l’altro! Quella notte pensammo di creare tre rune: una di legame tra i demoni e i Cacciatori, alla morte del demone morivano i Cacciatori, una era di dominio, che Jonathan ha sul petto, che lo rendeva più debole man mano che i demoni morivano e una di invocazione/sottomissione. Questa era la più potente, evocava i demoni ma al contempo li rendeva sottomessi a Jonathan, una sottomissione esistenziale: non esisteva uno se non esisteva l’altro. Quando la signorina Lightwood l’ha ucciso, il ciclo si è completato: i demoni sono morti e la loro morte ha attivato l’altra runa, facendo morire i Cacciatori. Clarissa Morgenstern non è una traditrice, ci ha salvati! I demoni però non si fidavano tanto di lei, cosi lui - indicò il corpo di Sebastian-  aveva offerto l’anima della parabatai della sorella come dimostrazione di lealtà. Fece applicare il simbolo di Guayota sul pugnale, con la quale doveva essere fatto il sacrificio. Non so se la signorina Morgenstern fosse a conoscenza di questo, credo di no, avrebbe sicuramente fatto qualcosa. E adesso è lei a rischiare di perdere l’anima. Impedendo a Magnus di fare l’incantesimo immediatamente,  voi la state condannando!”
L’Inquisitore rimase senza parole. Il suo viso si era colorato di un rosso acceso, la spada di Jace ancora sulla sua pelle.
“Portatela via di qui, fate quello che dovete. Se sopravvive, dovrà confermare quanto detto da questo Nascosto” si beccò l’occhiata truce dei presenti.
Continuò impassibile “se anche una virgola non coinciderà, sarete giustiziati entrambi!” Si ritirò nella Sala del Consiglio sbattendo la porta.
 
Un Portale li riportò all’Istituto. Erano già passate quasi tre ore da quando Clary era stata ferita e le speranze cominciavano sempre più a svanire. Isabelle continuava a soffrire, il suo colorito era molto pallido e aveva bisogno di riposare. Alec l’aveva convinta a sdraiarsi, ma  lei aveva insistito per distendersi in infermeria sul letto vicino la sua parabatai, dove Magnus si preparava a cominciare la sua magia.
Era un incantesimo molto potente, aveva messo Clary con le braccia incrociate alte sopra la testa, l’avevano dovuta vestire con una tunica bianca e sull’altezza del cuore era stato disegnato un simbolo. Alec e Jace erano vicini al letto di Isabelle e osservavano Magnus compiere il rituale per spezzare la maledizione. Dalla sua fronte scolavano grandi gocce di sudore, le sue braccia tremavano e i suoi occhi da gatto erano più gialli che mai. Ripetè la formula per ben due volte, ma Clarissa non dava segni di ripresa. Il suo colorito era grigiastro e la sua pelle cominciava a raffreddarsi.
“Non è troppo tardi vero?” Isabelle chiese a nessuno in particolare.
Lo Stregone era esausto, si allontanò dalla ragazza “ spero che abbia funzionato, doveva essere fatto immediatamente, era già in un momento critico. Non ci resta che aspettare”.
 
Note: non esiste nessun simbolo di Guayota, il nome è semplicemente quello che mi è piaciuto di più tra la lista di nomi di demoni trovata su Wikipedia. inoltre la storia di Guayota l'ho trovata azzeccata per la storia.
Volevo ancora una volta ringraziarvi per le tante letture, per le recensioni e soprattutto tutte quelle persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ ricordate.
se vi va, recensite, grazie!! <3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***



Ed eccomi qua!!! sono in ritardo lo so, è quasi passata una settimana!!!  Il Romanticismo Inglese reclama la mia attenzione al momento, non ho avuto tempo di aggiornare!! questo capitolo non è dei migliori, spero vi piaccia lo stesso!! Grazie per le recensioni, siete dolcissime!!
Buona Lettura! <3



Alec era appoggiato sullo stipite della grande finestra dell’armeria. Lo sguardo perso su New York, sulle luci dei semafori, degli stop delle auto, sui grattacieli imponenti, sui mondani che affollavano i marciapiedi e continuavano la loro vita quotidiana, divisa tra faccende e lavoro, senza sapere del grande pericolo che avevano scampato quel giorno. Come sempre del resto. Shadowhunters avevano perso la vita, si erano distrutti legami, famiglie, cuori.... tutto per non avere mai un ringraziamento, un merito. Era stato un giorno memorabile nella storia degli Shadowhunters. Il loro intero Universo stava per essere rovesciato e distrutto da una mente malata, una mente fortunatamente fermata e sconfitta. Ma a quale prezzo? Sospirò. Si sentiva come in una prigione.
Da quando erano tornati, nonostante la stanchezza, nessuno aveva avuto voglia di riposare. Erano tutti distrutti per la situazione di Clary e Isabelle non faceva che diventare sempre più apatica. Simon continuava a chiamare ogni 20 minuti attendendo notizie sul retro sconsacrato dell’ Istituto. Luke lo teneva aggiornato sulle condizioni di Clarissa che, da quando Magnus aveva fatto il suo incantesimo, più di quattro ore fa, non aveva dato segni di ripresa. Più il tempo passava più le speranze che si risvegliasse diminuivano.
L’ultima volta che Alec era stato in infermeria, la tensione si poteva tagliare con un coltello. Sembrava un luogo macabro, la luce bianca delle stregaluce conferiva ai volti dei presenti un'espressione spettrale, le ombre delle loro sagome sulle pareti parevano sentinelle venute direttamente dal Regno dei Morti in attesa di prendere l'anima di chi era destinato a seguirle.
Jocelyn aveva avuto un crollo, era rimasta seduta a fissare il vuoto per ore, finchè non era scoppiata in un lamento così straziante da costringere Luke a portarla fuori da lì, per condurla in una camera e farla riposare. Aveva pianto cosi tanto da addormentarsi aggrappata alle lenzuola.
Jace non proferiva parola da quando avevano lasciato Alicante: era seduto sul letto, le spalle appoggiate alla testiera su un cuscino, Clarissa sul grembo, e si dondolava accarezzandola e baciandola delicatamente di tanto in tanto. Il suo volto si era trasformato in una maschera di morte. Aveva gli occhi infossati e spenti, i capelli incrostati di fango, la maglia sporca del suo sangue, di quando Sebastian l’aveva ferito, e del sangue della ragazza. Non aveva voluto lasciarla nemmeno per un secondo, si era rifiutato anche di farsi una doccia. Voleva essere li con lei, qualsiasi cosa fosse successa. Non aveva nemmeno più pianto, sembrava come se avesse esaurito oltre alle lacrime anche la forza per farle sgorgare.
Isabelle era in uno stato terribile, Maryse l’aveva aiutata a fare una doccia calda e costretta a mangiare qualcosa, ma aveva rimesso tutto subito. Aveva fatto unire il suo letto a quello di Clary e se ne stata sdraiata con la mano intrecciata a quella della sua parabatai. Ogni tanto le parlava, le diceva che appena si fosse ripresa sarebbero andate a fare lunghe passeggiate a Central Park, a fare shopping, ad allenarsi contro Jace e batterlo. Ma il suo debole tentativo di reagire si smorzava notando che Clary non faceva nessun cenno di cambiamento. I battiti del suo cuore erano impercettibili e il suo respiro era sempre più forzato.
Alec era uscito da quella stanza arrabbiato, il senso di impotenza lo divorava.
“Alec! Ti disturbo?” Magnus era fermo sulla porta dell’armeria. Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, lo Stregone era vestito in maniera del tutto sobria. Aveva dei pantaloni scuri con una camicia viola e una lunga giacca di pelle. Forse le scarpe tradirono questa sua sobrietà: delle scarpe a punta bianche, stile cowboy, con degli strass multicolori sui lati.
“No, vieni pure!” Alec si rivoltò a guardare il cielo buio con qualche piccola stella.
“Sono appena stato in infermeria…” esordì lo Stregone. Alec si voltò di scatto, quasi speranzoso, ma l’espressione di Magnus placò tutto.
“Mi dispiace! Come ti senti?” aveva notato la reazione di Alec e si scusò per averlo agitato. Era in pensiero per lui. Non aveva avuto modo di sfogarsi, lo conosceva, si stava tenendo dentro tutta l’agitazione che provava e tutta la sua preoccupazione.
“Come vuoi che stia! Mi fa male vedere Jace e Izzy cosi! Io e Clarissa non abbiamo mai avuto un gran rapporto, abbiamo cominciato ad avvicinarci da poco e se penso che potrebbe non farcela….” Si fermò di colpo. Non aveva ancora fatto mente locale su cosa avrebbe procurato la perdita di Clarissa. Si rattristò sentendo che avrebbe avuto effetti anche su di lui.
“Ho fatto tutto il possibile, avrei voluto fare di più!” Magnus si sentiva come se non avesse fatto abbastanza e tentò di giustificarsi.
“Grazie per tutto!” fu la risposta secca di Alec. Cominciava a innervosirsi. Magnus lo metteva a disagio.
Magnus gli voltò le spalle diretto verso il corridoio fuori dall’armeria.
“Aspetta! Magnus, oggi in battaglia…..non ho fatto altro che pensare a ciò che mi hai detto prima di varcare il Portale. Perché mi hai detto di essere prudente, perché mi hai raccomandato di fare attenzione e hai incaricato quel ragazzo di tenermi d’occhio?” quelle domande gli frullavano in mente da tanto tempo. Voleva delle risposte. Era confuso.
“Perché non lo capisci da solo, Alexander?” lo chiamò con il suo nome per esteso, come faceva sempre.
“Cosa dovrei capire? Tu mi confondi soltanto!” Come sempre Magnus non faceva che aggiungere domande su domande nella sua mente. Gli scoppiava la testa. Cosa doveva capire? Che l’aveva lasciato, ma gli intimava di stare attento. A che pro? A Magnus non importava proprio più niente di lui. Alla festa ne aveva dato dimostrazione. Ora però il suo comportamento era tutto l’opposto.
“Sei tu che ti confondi, io agisco semplicemente in base a ciò che fai tu” rispose enigmatico, passandosi una mano sul viso.
“Non ti seguo” inclinò la testa.
“ti amo è sufficiente?” quella risposta spiazzò Alec.
“Anche io ti amo” ribattè debolmente abbassando lo sguardo.
“Non mi sembra. Alexander in tutti gli anni che ho vissuto, mi sono innamorato diverse volte, e ogni volta è come se fosse la prima. Capisco che questo ti ferisca, che vuoi essere l’unico nella mia vita, ma io vivo da secoli e per altri secoli vivrò ancora. Ogni persona di cui mi sono innamorato mi ha colorato la vita di nuove tinte, sempre diverse, dandomi delle motivazioni per vivere, per non essere schiacciato dal tedio dell’eternità. Ma credi che io dimentichi? No, non dimentico, ogni volta che una di queste persone mi lasciava, nel mio petto si apriva una voragine, che non si chiudeva facilmente, anzi spesso restava anche un po’ aperta” parlò serio, i suoi occhi da felino inchiodavano quelli azzurri di Alec.
Alec serrò la mascella “mi stai dicendo che devo convivere con le tue fiamme del passato?” sbottò indignato.
“Ti sto solo dicendo che ogni persona nella mia vita è stata unica. Tu sarai unico per me, nessuno riuscirà a prendere mai il tuo posto nel mio cuore” sembrava quasi vulnerabile ammettendo quei sentimenti cosi forti.
“Ho paura che mi dimenticherai!” le lacrime pizzicavano gli occhi di Alec.
“Non lo farò Alexander, se dovessi morire domani, sarei felice di averti vissuto” fece parecchi passi verso di lui. Adesso erano uno di fronte all’altro.  
“Sono patetico, uno stupido geloso” ammise più a sé stesso.
“Non è vero. Non ho mai sopportato la gelosia eccessiva, ma nei giusti limiti l’ho sempre vista in maniera positiva. Vuol dire che qualcuno tiene a una persona” gli sorrise alzandogli il viso con due dita sotto al mento.
“Perché allora hai rotto con me?” chiese con voce flebile. 
“Alec, guarda Jace e Clarissa: anche lui ha avuto molte avventure prima, ma non mi sembra che per lei sia mai stato un problema, il loro amore va oltre tutto, lei si fida di lui e dei suoi sentimenti. Tu invece non hai fiducia in me, o meglio, credo che tu non abbia fiducia in te stesso per avere un rapporto maturo. Se alla festa sono andato via è perché voglio lasciarti libero di capire. Vuoi sul serio stare con me?” Magnus fu la schiettezza in persona.
“Si, ma Camille…” era ossessionato da lei, dal suo passato con Magnus, dalle sue false promesse.
“Oh basta Alexander!!” Disse esasperato. Era stanco di tornare sempre sulla stessa storia. Si voltò, e come alla festa, si diresse verso l’uscita dell’armeria.
Alec fissava le sue spalle mentre ancora una volta lo stava perdendo. Ma Magnus si arrestò davanti alla porta, si passò una mano sul viso, si girò e, a larghe falcate, lo raggiuse e lo baciò. Posò le sue labbra su quelle di Alec che, per lo stupore di quel gesto, rimasero immobili qualche secondo.
Gli erano mancate cosi tanto quelle labbra e dopo aver superato lo stupore e aver collegato il cervello, Alec si rese conto di ciò che stava accadendo. Rilassò tutti i muscoli, chiuse gli occhi, afferrò la nuca di Magnus e ricambiò il bacio. Fu un bacio inizialmente lento, dolce, ma ben presto la passione prese il sopravvento, la nostalgia, la rabbia, la paura sfociarono tutta in quel bacio. Le loro lingue si intrecciarono, le loro mani esploravano le loro schiene sentendo i muscoli sotto le dita. Alec si sentiva in Paradiso.
“Non sai quanto sono stato in pena oggi” Magnus si staccò un momento da lui. Riprese fiato pochi attimi ma Alec l’aveva già riafferrato e aveva annullato la piccola distanza tra loro. Non voleva più smettere di baciarlo.
Un piccolo colpo di tosse li fece voltare verso la porta. Alec aveva le guance in fiamme e i capelli tutti disordinati sulla nuca. Rimase di sasso quando sulla porta vide Maryse che li osservava con uno sguardo sorpreso.
“Scusate l’interruzione……Clarissa si è svegliata!” disse.
Magnus scambiò uno sguardo con Alec carico di parole non dette e si avviò all’infermeria. Alec lo seguì, ma non appena passò davanti a sua madre, questa lo fermò: “sono felice per te Alexander!” Gli sorrise orgogliosa di lui.
 
Jace continuava a guardare Clarissa immobile su di lui. Era stanco, i suoi occhi a mala pena riuscivano a rimanere aperti, ma lui si sforzava di guardarla. Isabelle ogni tanto farfugliava qualcosa, ma lui non la sentiva. Pregava con tutto il cuore, chiunque ci fosse lassù, di salvarla, di farla tornare da lui, non era sicuro di riuscire ad andare avanti se lei non ce l’avesse fatta.
Chiuse un attimo gli occhi, gli bruciavano. Qualcosa si mosse. Li riaprì di scatto sentendo Izzy gridare il suo nome e vide Clary muovere la testa, stringere la mano di Isabelle e infine aprire lentamente gli occhi.
“Jace” mormorò con la voce impastata, le labbra secchissime e screpolate.
“Sono qui, amore mio, ti sei svegliata” la sollevò e la abbracciò forte prima di tempestarla di baci. Lei rideva sulle sue labbra.
“Ehiii non monopolizzare la mia parabatai”. Izzy era pimpante, come se avesse ricevuto una botta di vita: il colorito roseo, gli occhi lucidi e un sorrisone stampato in faccia.
“Isabelle” Clary era felicissima di vederla, l’abbracciò stretta chiudendo gli occhi “Mi dispiace per tutto”
“Il coccolone che ci hai fatto prendere è incluso?” la prese in giro. Clary rise ma un colpo di tosse le mozzò il respiro.
“ Hai bisogno di qualcosa?” Jace non smetteva di guardarla, di toccarle i capelli, di posare il naso nell’incavo del suo collo e respirare il suo profumo.
“Vado ad avvertire Simon e gli altri” Isabelle con un balzò saltò giù dal letto e corse fuori dall’infermeria, lasciandoli da soli.
Jace riprese Clary e la riadagiò sulle sue gambe “Ho temuto di perderti, ti amo Clary” quasi singhiozzava.
“Mi dispiace Jace per come mi sono comportata, per aver lasciato che Jonathan ti ferisse e per aver...…” era scoppiata in lacrime, aveva un peso sul cuore che le impediva di respirare. Jace le mise due dita sulle labbra.
 “Non ha importanza. Ti amo” la baciò delicatamente.
Le porte dell’infermeria si spalancarono e la prima ad entrare fu Jocelyn che si lanciò sulla figlia stritolandola in un abbraccio. Non disse nulla, solo lacrime.
 
Simon era seduto su una piccola panchina di pietra sul retro dall’Istituto, nel campo sconsacrato adiacente alla struttura, dove avevano simulato l’attacco qualche settimana fa. Sembrava essere passata un’eternità. Continuava a rigirarsi il telefono tra le mani, aspettando che Luke gli desse buone notizie, ma ogni volta era sempre la stessa frase: “ancora niente”.
Sbuffò, l’attesa lo stava distruggendo. Odiava restarsene li fuori, come un cane messo alla porta, sapendo che dentro le due persone più importanti per lui si trovavano in una situazione delicata. Voleva stare vicino a Isabelle, darle conforto, aiutarla. Voleva vedere Clary, farle sentire che lui era li, non voleva perderla.
Guardò verso la finestra dell’infermeria. La luce al suo interno era ombreggiata. La stanza doveva essere piena di gente. Non era possibile. Il cellulare di Luke squillava a vuoto. Nessuno gli diceva cosa stava succedendo. Poi la porta si aprì e Luke ne uscì seguito da Isabelle e Jace, che sorreggeva Clary avvolta in una coperta, che appena lo vide si aprì in un sorriso. Simon lanciò il telefono per terra, corse verso di lei, la strinse tra le braccia. Sentire il suo calore lo ricompensò di tutte quelle ore di angoscia “Ti voglio bene” gli sussurrò.
“Anch’io, per sempre!”





Note: momento Malec, Climon, Clace ce n’è per tutti!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***



Ciaooo a tutte!!!
questo in teoria doveva essere il penultimo capitolo, ma mi sono resa conto che nell'epilogo alcune cose venivano spiegate troppo velocemente e alcune no cosi, non so se vi farà piacere, ho scritto altri due capitoli! quindi dopo questo ci saranno altri tre capitoli poi arriverà il momento dei saluti!
detto ciò, questo è un capitolo esclusivamente su Isabelle,
buona lettura!!



Il rumore delle spade che cozzano tra loro, le urla, la pioggia che cade sul suo viso, la frusta che emana suoni secchi a contatto con il terreno.
Avanza sul campo di battaglia, i suoi stivali scivolano sul fango misto a sangue, che cola dalle ferite dei tanti Cacciatori e Nascosti che hanno perso la vita. Li guarda uno per uno, i loro occhi sono spenti, le loro bocche deformate in un urlo, ormai muto, di dolore. Spera di non incrociare occhi familiari, il suo cuore perde un battito quando vede un ragazzo, riverso sull’erba di spalle, dai capelli nerissimi. Corre verso di lui, lo volta e un sorrise si accende per un istante notando che non è Alec.
Si avvia verso la casa di pietra, dai muri scorticati, le finestrelle con i vetri rotti. Il rumore delle spade li è più intenso, il cuore le batte a un ritmo frenetico, il respiro corto. Corre.
Sebastian trafigge Jace e scoppia in una risata.
Fa schioccare la frusta e lo colpisce. La lotta. Un piccolo bagliore alto sopra la testa di Sebastian che scende di colpo sul suo petto. Il cuore le batte forte, aspetta il dolore cieco al petto, ma non arriva.
La sua vista si sfuma di rosso. Clarissa. I suoi occhi la guardano dolcemente, sono arrossati dalle lacrime.
Il loro giuramento, una richiesta di perdono a metà. Poi è vuoto. Una sensazione di soffocamento le attanaglia la gola. Il cuore le batte come se fosse ricoperto da cemento armato, la mente è annullata. Sente solo come se dentro di sé, da ogni piccola parte del suo corpo, un calore venisse risucchiato, lasciando dietro di sé solo gelo nelle vene.

Isabelle spalancò di colpo gli occhi. Era nella sua stanza, il suo corpo, riverso tra le lenzuola, era ricoperto di sudore. Si portò istintivamente una mano al petto, sentendo il rumore martellante del suo cuore.
Era solo un sogno. Si, un sogno che la accompagnava spesso in quei giorni e che sembrava più vivo che mai. Rivivere la sensazione della quasi morte di Clary la sfiniva. Raramente riusciva a riprendere sonno e quella era una di quelle tante volte. Volse lo sguardo verso la finestra, la luce accesa della luna, proiettava sul pavimento un bagliore argentato, ombreggiato solo dagli infissi della finestra. Si alzò dal letto e si avviò in bagno: la sua immagine allo specchio le mostrò due piccole lacrime che scendevano ai lati degli occhi, senza che lei si rendesse conto di piangere. Si aggrappò al lavandino e buttò fuori tutta l’aria dai polmoni.
Il corridoio dell’Istituto a quell’ora di notte riversava in un’oscurità fitta. Era difficile camminarci, ma lei lo conosceva a memoria e non usò nemmeno la stregaluce. La porta sulla sinistra era quella che cercava. Girò piano la maniglia ed entrò.
Clarissa era profondamente addormentata nel suo letto. Era distesa su un fianco, teneva le mani strette sulle lenzuola e i capelli erano tutti sparsi sul cuscino.
Isabelle accennò un sorriso e si sedette, senza far rumore, dietro di lei.
“ non voglio perderti, ti voglio bene!” le sussurrò e posò leggermente la mano sulle dita della sua parabatai che, a contatto con la sua pelle, rilassò la stretta sulle coperte.
 
La vista dal ponte di Brooklyn su New York di notte era da lasciare senza fiato. La luna piena brillava sulle acque calme e scure dell’Hudson.  Isabelle si strinse nella giacca ripensando a come stava cambiando. Mai prima di allora era stata cosi vulnerabile, emotiva e soprattutto diretta nell’esternare i suoi sentimenti. Prima di allora era sempre stata chiusa, dura e protetta dietro al suo muro di mattoni, costruito di anno in anno, sempre più alto, sempre più resistente alle incursioni esterne. Gli ultimi due mesi invece avevano sgretolato tutto, si sentiva come se fosse stata privata di quella protezione e adesso era nuda sulle macerie di quel muro, esposta a sensazioni che aveva sempre evitato. La sua pelle era come se fosse accarezzata da piccole scosse, cosi leggere da essere come pizzichi appena accennati, ma che scuotevano, da quel senso di torpore in cui erano, i suoi sentimenti. Chiuse gli occhi e si rilassò ascoltando le acque dell’Hudson scorrere lente sotto di lei.
“ cosa ci fai qui su a quest’ora di notte? Non è un po’ tardi anche per una caccia notturna?” avrebbe riconosciuta quella voce tra mille. Simon le aveva afferrato i fianchi da dietro e le parlava sussurrandole, cosi dolcemente pensò, all’orecchio.
“ avevo bisogno di restare sola per pensare” Isabelle sorrideva appoggiando la testa sulla spalla di Simon. Amava il suo profumo e il contatto con il suo corpo. Insieme a Clary, lui era la persona che più aveva sconvolto la sua intera esistenza. Si ritrovò a pensare che forse era stato il destino a farli incontrare.
“ è stato un periodo duro per tutti” Simon la abbracciò stretta. Voleva farle capire che lui era li per ascoltarla.
“ sono cambiate tante cose in me, troppo velocemente e sono molto confusa! È come se non fossi più io, o meglio, come se quella me che è apparsa finora era solo una maschera che nascondeva quella che sono adesso. Mi spaventa. Non sono brava con i sentimenti, con i rapporti amorosi, ho sempre dato poco importanza al cuore e mi sentivo come se mi mancasse qualcosa. Dopo il legame parabatai con Clary, ho sentito di essere diversa, a provare qualcosa di più importante verso una persona che non fosse un mio fratello. Poi ho incontrato te e per un po’ ho creduto di vivere una nuova avventura. Mi intrigavi, eri cosi innocente. Poi è comparsa quella Maia e ho capito che la mia non era solo rabbia che provavo perché tu uscivi anche con lei, ma era gelosia. Non sopportavo l’idea che tu fossi con lei a fare chissà cosa. Ne ho parlato con Clary e lei mi ha detto che forse provavo qualcosa per te, ma io non ero sicura di niente. Quando mi hai detto ti amo prima della battaglia, è stato come se fosse stato il mio cuore a parlare per me.Ti amo Simon, voglio averti con me sempre……” si voltò guardandolo dritto negli occhi.
“ ti amo anch’io Izzy. Non devi aver paura, anche per me è una grande novità tutto questo. Per anni ho amato…beh… lo sai e anche come è andata a finire, e mai avevo immaginato me stesso al fianco di un’altra persona. Tu sei incredibilmente forte, ma hai una dolcezza infinita che devi solo lasciare libera di agire. Affronteremo insieme il futuro, quel che sarà, sarà”  le allontanò un ciocca di capelli dal viso e le lasciò un piccolo bacio sulle labbra. La prese per mano e si avviarono verso casa.
L’appartamento di Simon e Jordan era immerso nel silenzio quando entrarono. Il piccolo soggiorno era abbastanza in ordine tranne che per i videogiochi, che erano con tutti i fili sparsi sul divano insieme a un calzino bianco sul bracciolo. Isabelle arricciò il naso guardandolo.
Simon la portò in camera sua: era proprio come Isabelle la ricordava dall’ultima volta che vi era stata. Sentì la porta chiudersi piano e la chiavatura scattare. Continuava a dare le spalle alla porta, lo sguardo furbetto rivolto alla finestra e un piccolo sorriso sulle labbra. Simon si mosse molto lentamente, come solo un vampiro sa fare, le scostò i capelli dal collo e ne inspirò l’odore.
“Ti va?” Le chiese accarezzandosi i denti con la lingua.
Isabelle fece un breve cenno con la testa, l’avevano fatto già altre volte e a lei era anche piaciuto. Sentire i denti del vampiro nella sua carne la inebriava. La giacca le scivolò lungo le braccia e la vide cadere su una sedia vicino al letto. Il suo collo era adesso più esposto, il sangue pulsava nelle vene. Simon avvicinò di nuovo il viso sul suo collo e posò delicatamente le labbra. Si aspettava di sentire come una puntura e invece Simon continuava a baciarle delicatamente il collo, facendole provare un brivido che le percorse tutta la schiena. Si voltò verso di lui, incrociando i loro occhi: si rese conto che Simon non si riferiva al bere il suo sangue, ma ad altro. Gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò con trasporto, mentre lui la strinse forte spingendola contro la parete.  
Continuando a baciarsi, si distesero sul letto, dove i loro vestiti volarono via velocemente. Simon sembrò un attimo titubante quando rimase nudo davanti a Isabelle.
“ adesso sono io che ho paura” le sorrise leggermente imbarazzato. Era in una situazione abbastanza scomoda, era la sua prima volta e non voleva fare la figura dell’imbranato con Isabelle.
“sta tranquillo, lasciati andare” Isabelle  gli accarezzava i capelli e gli sorrideva bonariamente. Si alzò, mettendosi seduta sul letto e gli posò le labbra delicatamente sulle sue.
Simon le infilò le mani tra i capelli “ vale lo stesso per te”. Isabelle sapeva che non si riferiva al sesso ma intendeva che doveva lasciarsi andare ai sentimenti. E lei lo voleva davvero.
 
La luce del sole si proiettava direttamente sul suo viso ferendole gli occhi pieni di sonno. Al suo fianco, Simon teneva gli occhi chiusi, ma Isabelle non era sicura che stesse dormendo. Avevano vissuta una notte speciale insieme, si ritrovò a pensare che infondo i sentimenti non erano poi cosi male e lei era pronta per viverli tutti. Si accoccolò sul petto nudo del ragazzo, tirando le lenzuola che le lasciavano la schiena scoperta. La sua pelle rabbrividì al contatto con quella fredda del suo ragazzo.
 



Note: momento Sizzy!! Doveroso spazio a Isabelle! Credo che in tutta questa storia sia quella che più ne esca sconvolta! ho descritto un Simon inesperto, in quanto nei libri non si è mai fatto accenno a sue relazioni passate!
grazie infinite sempre a chi legge e recensisce, riuscirò a sapere prima della fine anche l'opinione di qualche lettore silenzioso?
baciii



 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***



Ciao buon sabato! Aggiornamento veloce questa settimana!!! fatemi sapere che ne pensate!
ci terrei a fare un ringraziamento speciale a Ben, Reby, Giadina e Perla per essere sempre li con i loro commenti e supporto, grazie infinite ragazze!!!


Il piccolo bagno della camera di Clary all’Istituto era completamente invaso dal vapore, il getto d’acqua calda scrosciava nella doccia, le piastrelle, i vetri della finestra, lo specchio appannati dall’umidità.
Clary era di fronte allo specchio, un asciugamano bianco avvolto intorno al corpo esile, curvato sul lavandino, le mani strette sul bordo. Il suo riflesso allo specchio le era restituito sfocato, distolto. Clary ne era quasi felice: avrebbe cosi evitato di vedere le sue lacrime.
Scorrevano sul viso pallido, le lentiggini più in risalto, sugli zigomi più pronunciati, si insinuavano ai lati della bocca, dandole sulla lingua il gusto del sale. Avvertiva un dolore al petto, i singhiozzi soffocati premevano contro la sua cassa toracica, quasi implorando di essere sfogati. La mente martellava immagini a ripetizione, immagini che avrebbe preferito cancellare dalla memoria, immagini che le davano la nausea solo a riviverle inconsciamente. Strinse gli occhi scuotendo la testa, quasi a voler scacciare i suoi ricordi, a voler reprimere i sentimenti, le emozioni, le sensazioni provate. Una stretta allo stomaco le fece salire la bile in gola al ricordo del tocco ruvido sulle braccia, sulle cosce, sullo stomaco fin sul collo, riscendendo poi sulla schiena. Il senso di calore sulla pelle, il piacere nelle viscere, l’esplosione dei sensi….
Il suo corpo fu scosso da un tremore violento. Clary si premette le mani sulla bocca, soffocando un gemito di orrore, gli occhi sgranati, le lacrime scendevano adesso più velocemente. Sentiva la bocca dello stomaco bruciare, il fuoco risalirle su per l’esofago, fino in bocca. Si aggrappò al water espellendo tutto quel dolore, quella sensazione di ribrezzo che avvertiva verso sè stessa, perfino l’anima. Strinse i suoi capelli tra le mani, le dita arpionavano le ciocche rosse fino a graffiare e stirare il cuoio capelluto: il dolore era meno intenso di quello che avvertiva nel cuore.
Si asciugò la bocca col dorso della mano, un gesto quasi svogliato, voleva sentire ancora la lingua corrodersi, l’odore del marcio della sua anima sulle labbra. Voltò di nuovo lo sguardo verso sé stessa allo specchio. Repulsione. Repulsione e disgusto era ciò che riusciva a scorgere nel suo viso distolto dalla patina opaca dell’umidità.
“SMETTILA, SMETTILA DI GUARDARMI COSI’!!!”  esplose in un urlo di disperazione. Colpì lo specchio con tutte le forze che le erano rimaste in corpo. Un colpo secco, in pieno centro del suo viso riflesso, trasformandolo in un mosaico di pezzi, dove ogni singolo frammento rifletteva il suo sguardo accusatore, distrutto, quasi folle.
La mano le bruciava dannatamente, era tutta lacerata sulle nocche, il sangue serpeggiava lungo il polso fino al gomito, schegge di vetro brillavano nella sua carne sotto la luce della bagno.
Tremava, il cuore batteva a un ritmo impazzito, avvertiva batterlo nelle orecchie, un rumore sordo come un tamburo che batte gli istanti che mancano a un condannato a morte sul patibolo prima che la morte sopraggiunga.  
Si strappò di dosso il piccolo asciugamano chiaro, macchiandolo di sangue vermiglio, e lo gettò per terra. Si fiondò sotto il getto d’acqua bollente, la pelle bruciava, ma sembrava non importarle, il sangue della mano colorava il piatto della doccia, scolando via in piccoli rivoli macchiati di rosso, verso lo scarico.
Clary prese la spugna, la cosparse di bagnoschiuma e cominciò a strofinare la sua pelle energicamente, quasi volesse scrostare via da lei i ricordi di quei tocchi lenti, carezzevoli.  
Si sentiva terribilmente sporca, avvertiva la sua stessa pelle come contaminata, sudicia, come qualcosa che non dovesse essere nemmeno sfiorata.
Sotto il rumore dell’acqua si lasciò andare al pianto che ormai da due giorni  tratteneva. Le lacrime si mescolavano all’acqua che sferzava il suo viso, urlava disperatamente tempestando di pugni le pareti della doccia, quasi a sfogare la rabbia verso sé stessa. Si lasciò scivolare lungo le mattonelle bagnate, fino a rannicchiarsi sul fondo, la spugna ancora stretta tra le mani, il getto d’acqua caldo puntato sulla nuca, in preda ai sussulti del pianto.
Ogni scelta, ogni azione aveva comportato delle conseguenze. Lei aveva pagato il prezzo più alto.
Jace entrò nel bagno dopo aver sentito il frastuono e le urla di Clary dalla camera di fianco. Si era precipitato in preda al panico totale, la mente proiettata verso qualche pericolo che incombeva su Clary. Aprì la porta di scatto, un pugnale, recuperato sul comodino della stanza, stretto tra le mani, rendendosi però conto che il pericolo contro cui Clarissa stava lottando era sé stessa. Rimase impietrito davanti alla scena che gli si parò davanti: lo specchio era in mille pezzi, macchiato di sangue, schizzi rossi erano sulla parete vicina e sul lavandino. Un piccolo asciugamano abbandonato per terra, il water era sporco di vomito e l’odore era molto forte, tutta la stanza era immersa nel vapore.
Clary era rannicchiata nella doccia, completamente nuda, la pelle molto arrossata dall’acqua, la mano presentava un profondo taglio. Era in preda ai singhiozzi, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, le braccia incrociate quasi a nascondere il suo viso.
Jace entrò nella doccia bagnandosi tutti i vestiti. Chiuse l’acqua e recuperò dal pavimento l’asciugamano che adagiò sulle spalle di Clary.
“amore mio….” La strinse forte tra le braccia. Clarissa era rigida, tremava e cercava di sottrarsi dal suo tocco. Affondò ancora di più il viso tra le braccia.
“non mi toccare Jace” sentiva la sua presa salda sulle spalle, le labbra posate sulla sua tempia, il suo respiro caldo le dava brividi di freddo a contatto con la sua pelle bagnata. Non sopportava di essere toccata, ogni singolo tocco sulla pelle le faceva ritornare alla mente che quelle mani che non avrebbero mai dovuto sfiorarla, avevano invece posseduto, stretto e accarezzato il suo corpo. Le sue stesse piccole mani avevano esplorato un corpo proibito.
“ calmati Clary, è tutto ok” Jace era completamente incapace di comprendere quella reazione cosi dura. Le afferrò il viso cercando di guardarla negli occhi, ma incontrò ancora resistenza. Non sopportava vederla in quello stato, sentiva come se a ogni sospiro strozzato dalle lacrime di Clary gli arrivasse un pugno in pieno stomaco.
Per un attimo Clary alzò lo sguardo su di lui. I suoi occhi dorati erano il ritratto della paura, agitazione, sconforto. Guardalo negli occhi era la cosa che più le faceva male. L’amore che provava per lui rendevano tutto più difficile da sopportare. Scosse la testa, i riccioli bagnati gocciolavano sul braccio di Jace che le circondava le spalle. Gli afferrò la maglia bianca all’altezza petto e si strinse a lui, lasciandosi nuovamente andare alle lacrime.
Jace non smetteva di accarezzarle i capelli bagnati. Le mise un braccio sotto le ginocchia e con l’altro le cinse la vita sollevandola e portandola fuori dalla doccia e dal bagno. La adagiò sul letto, coprì il suo corpo nudo, mal coperto dall’asciugamano, con le coperte del letto, avvolgendola affinchè si riscaldasse. Aveva il corpo in preda ai brividi di freddo, le labbra violacee e tremolanti, la pelle si era impallidita.
Clary strinse forte le lenzuola per coprirsi, il taglio alla mano cominciò nuovamente  a sanguinare.
“ guarda che ti sei fatta. Perché Clary? ti prego sto impazzendo, dimmi che succede!” Jace era in ginocchio davanti a lei, le mani strette tra i capelli, aveva un tono di voce supplichevole. Erano stati giorni duri per tutti, ma credeva che la fine della battaglia avesse riportato tutto alla normalità, Clary non aveva dimostrato segni di insofferenza, sapeva che era una facciata, che prima o poi sarebbe esplosa, ma non immaginava in quel modo. Le prese la mano ferita per tracciarle un’iratze sul dorso, ma non appena sfiorò la sua pelle, Clary ritrasse velocemente la mano, sottraendola al suo tocco come se si fosse ustionata.
Sorellina….. Sorellina…..la sua voce profonda, priva di ogni accenno di cattiveria, spavalderia, suona cosi delicata al suo orecchio.
“Clary?” la voce di Jace le arrivava cosi lontana, ovattata, le voci nella sua mente la coprivano, la confondevano.
Sei bellissima….i suoi occhi neri davanti ai suoi, la fissano. La sua bocca piena si avvicina al suo viso.
“Clary!” Jace aveva alzato la voce. Clary aveva lo sguardo perso nel vuoto, vitreo, una barriera di lacrime le arrossava gli occhi. Sembrava come se vedesse qualcosa che lui non riusciva a vedere. Si voltò quasi d’istinto, dietro di lui non vi era assolutamente niente e nessuno. Ma lei continuava a fissare un punto indefinito nei suoi pensieri.
Un gemito…le mani stringono la pelle, il cuore pulsa attraverso la vena sul suo collo.
Clary portò le mani alle orecchie come a non voler sentire nulla. Continuava a tremare, la bocca leggermente aperta, quei flaskback la stavano facendo diventare matta. Emise un lamento sollevando lo sguardo sul viso di Jace, per la prima volta da quando era stata portata sul letto, staccò gli occhi dal nulla. L’espressione sconvolta, gli occhi il ritratto del terrore.
Jace le afferrò le spalle, la scosse leggermente, stava impazzendo “Per l’Angelo Clary, dimmi cosa ti sta spaventando cosi! È tutto finito, sta tranquilla….”
“sono stata a letto con Jonathan!” mormorò. Dirlo ad alta voce fu più devastante che riviverlo nella sua mente. Fu come prendere realmente coscienza di ciò che vedeva. Il senso di nausea le attanagliò di nuovo lo stomaco, si sentì come svuotata, umiliata, sola.
“cosa?” Jace si impietrì di fronte a quella rivelazione. Inchiodò gli occhi di Clary. Avvertì allo stomaco una stretta cosi intensa da provare quasi dolore. Il cuore gli cominciò a battere più lentamente, si sentiva come se stesse sprofondando verso un vuoto senza fine.  Fece vagare lo sguardo sulla figura di Clary, soffermandosi sui suoi punti più caratteristici, le lentiggini, i capelli riccioluti, le labbra piene, la pelle chiarissima. Si sentiva le gambe come gelatina, sospirò a fondo aggrappandosi alla testiera del letto e chinò il capo. I capelli biondi gli ricaddero sul viso, nascondendoglielo.
“Jace…” Clary si spostò in avanti poggiando una mano sul braccio del ragazzo. Si sentì morire quando lui lo ritrasse. Lo vide alzare la testa e lanciarle un’occhiata di fuoco. I suoi occhi erano dilatati, la mascella contratta, la bocca deformata in una linea dura.
“E’ stomachevole!! Non so sia è più schifoso il fatto che siate fratello e sorella o che tu ti sia spinta fino a quel punto” parlò sputando veleno puro, il senso di disgusto stampato in faccia. Clary lo vide fare un smorfia incomprensibile che spazzò via dal suo viso passandosi sopra una mano.
“Non credi che tu sia l’ultimo a poter giudicare un incesto?” Clary non sapeva dove avesse trovato la forza di ribattergli. Lo aveva tradito, aveva commesso l’azione più meschina che avesse mai potuto fare nei suoi confronti. Avrebbe soltanto dovuto vergognarsi, tacere per lo meno.
“Se ben ti ricordi mi sentivo un mostro solo perché avevo voglia di sfiorarti. Ma ho sempre saputo darmi dei limiti, ti amavo quando credevamo di essere fratelli, ma nonostante ciò ho cercato di comportarmi come tale, seppur soffrendo dannatamente! Mi chiedo come abbia fatto te, visto che odi Jonathan. Come hai potuto?”  Jace aveva l’aria sofferente, dai suoi occhi sembravano sprigionarsi lame appuntite che la colpivano in pieno petto, dritte al cuore, tutte affondate nello stesso punto.
“Ti prego non guardarmi così! lasciami spiegare” Clarissa era scoppiata a piangere di nuovo. Odiava leggere il disprezzo sul volto di Jace, eppure sapeva di meritarselo tutto. Lei non avrebbe mai voluto farlo, doveva ascoltarla, doveva spiegargli tutto.
“Non c’è nulla da spiegare Clarissa!” la bloccò immediatamente. Non voleva ascoltare una parola di più, si sentiva devastato, come se avesse visto tutte le sue certezze sgretolarsi sotto un semplice alito di vento. Cosa voleva dirgli ancora? “Scusami ho bisogno di restare un po’ da solo, chiamo Isabelle per aiutarti!” voleva uscire da quella stanza, si sentiva come con una corda al collo. Le lacrime stavano per sgorgare.
“No ti prego Jace!” Clary cercò di fermarlo, di afferrarlo, ma Jace, fulmineo come solo lui sapeva essere, era già fuori dalla stanza.
Clary si ritrovò da sola, faceva fatica a respirare, si guardava intorno disorientata, le pareti della camera parevano muoversi lentamente verso di lei, quasi a volerla schiacciare. Aveva la mente annebbiata, ogni senso annullato, il peso sul cuore la stava devastando. Non aveva più forza di piangere. Improvvisamente tutto si oscurò. L’unica cosa che vide prima dell’oblio fu il ghigno trionfante di Jonathan.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***



Ciao a tutte!! scusatemi sono un pò in ritardo con la pubblicazione, ma è stata una settimana dura e non ho avuto modo di aggiornare.
questo è il penultimo capitolo! qui si spiega tutto.
Grazie infinite per le recensioni e le letture!



“Clary ti prego mangia qualcosa” Isabelle era seduta sul letto vicino alla sua parabatai, con un vassoio pieno di cibo posato sulle coperte.
“non mi va Izzy” Clarissa era apatica da due giorni. Da quando aveva litigato con Jace, non era più uscita dalla sua camera, non mangiava, il suo colorito era molto pallido. Si vergognava terribilmente di incontrare lo sguardo di Jace e di Alec, il quale sicuramente era stato informato dell’accaduto. Isabelle era l’unica che prepotentemente era riuscita a rompere la sua barriera difensiva e parlarle. Era stata lei stessa a trovarla svenuta dopo che Jace l’aveva lasciata sola nella stanza. Lui non era passato nemmeno a vedere se stesse bene. Per Clary era stato un duro colpo. Jace la odiava, ne aveva tutto il diritto, probabilmente lo disgustava guardarla in faccia.
“ non puoi stare senza mangiare! Giuro che non l’ho cucinata io questa zuppa, è buonissima, credimi, assaggiala per favore!” Isabelle vide un piccolo sorriso accennarsi sul viso di Clary “oh cosi mi piaci, quando sorridi sei bellissima, non stare sempre con questo muso lungo. Clary so come è fatto Jace, al momento è arrabbiato, si sente tradito, ma ti ama, gli passerà, non ti preoccupare” la guardava intensamente, le passò una carezza sul viso scavato e pallido.
“no, l’ho devastato dentro Isabelle. Gli ha schiaffato in faccia quello che Valentine gli ha sempre impresso nella mente. Non gli passerà….se solo mi ascoltasse!” si portò una mano alla bocca, le salì il groppo in gola.
“oh Clary! lo farà, dagli tempo…” Izzy la strinse a sé. Si sentiva combattuta, Jace era suo fratello, le faceva male vederlo cosi distrutto. Si sfogava con Alec, con lei non apriva bocca sulla questione, sapeva che sarebbe corsa a spifferare tutto a Clary. Alec in compenso le raccontava quello che Jace gli confidava. Ma Clary era la sua parabatai, sapeva la verità, non poteva lasciarla da sola, abbandonata.
La porta della stanza si spalancò, facendo sobbalzare le due ragazze, e quattro guardie del Conclave, seguiti dall’Inquisitore fecero irruzione. Dietro di loro Alec e Maryse.
“ Clarissa Adele Morgenstern, la dichiaro in arresto per Alto Tradimento!” l’Inquisitore puntò i suoi occhi freddi su Clary, che guardava scioccata prima i nuovi arrivati, poi Isabelle, Alec e Maryse come a cercare aiuto.
“non preoccuparti Clary, va con loro” Maryse la rassicurò, placando anche Isabelle che era già scattata in piedi.
Delle manette di fuoco le si formarono intorno ai polsi ossuti, mentre le guardie la afferravano per le braccia e la conducevano fuori dalla stanza. Fuori dalla porta c’era Jace. Si scambiarono uno sguardo per pochi secondi, prima che il ragazzo lo distogliesse, tornando a fissare il pavimento.
 
Clarissa venne condotta in una cella spoglia, con una alta inferriata, un letto improvvisato e piccole gocce che colavano dal soffitto. Era noto lo squallore delle celle di Alicante, ma mai si sarebbe immaginata tanto. Un brivido le percorse la schiena ricordando la piccola stanza in cui Jonathan l’aveva seviziata e costretta a bere il suo sangue. Quello era stato l’inizio di tutti i suoi dolori.
Rimase in quella cella per circa cinque ore, prima che oltre le sbarre apparissero Isabelle e Maryse, accompagnate da una guardia, che la informavano che sarebbe stata processata per direttissima, dato che c’era già una testimonianza a suo favore, necessitava solo una conferma. Era quasi tutto pronto, il processo sarebbe iniziato a breve.
Quando venne condotta alla grande Sala del Consiglio, ammanettata come una criminale, Clary venne posizionata su una pedana a forma di mezza luna in legno, con una piccola ringhiera, Maellartach troneggiava maestosa sopra la sua testa, di fronte al Conclave al gran completo, nonché di fronte ai rappresentanti dei Nascosti. C’erano guardie tutt’intorno, Fratelli Silenti imponenti nella loro muta presenza, addirittura un gruppo di tre Sorelle di Ferro.
Sulla destra spiccava invece una platea di persone, Shadowhunters, Vampiri, Licantropi e Stregoni. Tra loro anche Maryse, Alec e Isabelle, che la fissava con sguardo apprensivo, sua madre e Luke. Nell’ultima fila, in cima c’era Jace. Stava nella sua tipica posizione spavalda, le braccia incrociate, uno sguardo duro fisso su di lei.
L’inquisitore si alzò dal lungo banco dei giudici “Clarissa Morgenstern, su di lei pende l’accusa di alto Tradimento a questo Organo e al Mondo Invisibile, accusa che prevede in caso di colpevolezza la pena di morte. Come si proclama di fronte a questo Collegio di Giustizia?” sembrava soddisfatto, quasi impaziente di emettere il verdetto e agire di conseguenza. La guardava con astio, per lui Clary era tanto colpevole quanto Jonathan e meritava di essere punita, eliminata dalla faccia della Terra, perché una minaccia.
“Innocente” Clary parlò con un tono molto basso, timoroso. Un brusio incomprensibile si sollevò dalla folla. Shadowhunters e Nascosti sembravano più in sintonia che mai. Non si era mai vista una presa di posizione cosi netta e comune tra loro. Clary notò come Isabelle lanciava occhiate truci a chi le stava vicino. Evidentemente nessuno credeva alla sua innocenza. Maryse le fece segno di non preoccuparsi e si ricordò quello che le aveva detto prima nella prigione, ovvero di dire solo la verità, e tutto si sarebbe sistemato.
“Innocente, certo. Dite tutti cosi. Signorina Morgenstern allora mi dica, come faceva ad essere a conoscenza dei piani di suo fratello, Jonathan Morgenstern?” scantì con decisione il nome di Jonathan, quasi a sottolinearne l'evidente colpevolezza. l’Inquisitore non le credeva, non aveva creduto a Femir, stava cercando un modo per farla cadere. O forse stava facendo solo il suo lavoro. Imogen Herondale era stata durissima nei confronti di Jace, perché lui doveva esserlo da meno con lei? Dovevano proteggere i loro Cacciatori da pazzi e assassini come lo erano stati suo padre e suo fratello.
“Me li ha rivelati lui stesso” rispose Clary guardandolo. Ricevette un risolino beffardo dall’Inquisitore.
“E come mai uno stratega come lui, le ha rivelato un piano di quella portata sapendo che lei non è mai stata dalla sua parte, ma anzi, ha combattuto al nostro fianco per fermare prima vostro padre e poi lui stesso?” teneva un sopracciglio alzato, l’espressione di sfida, quasi a volerla deridere.
“Dopo che mi ha rapito alla festa, mi ha condotta in una casa in Provenza e lì, dopo avermi….torturata, mi ha costretto a bere il suo sangue dalla Coppa Mortale Oscura!” le tremò leggermente la voce quando ripensò a quei momenti. Le aveva inflitto un dolore fisico mai provato prima, il corpo le fu invaso dai brividi, le salirono le lacrime agli occhi.
“Signorina Morgenstern, non prendiamoci in giro, lo sappiamo tutti che il sangue Angelico è dominante. E lei, grazie a suo padre, ne ha in quantità superiori a chiunque di noi. Senza considerare anche il legame parabatai che aveva stretto con la qui presente Signorina Isabelle Lightwood, proprio lo stesso giorno. Non mi venga a dire che lei era sotto il controllo di suo fratello. Ha firmato di suo pugno quell’intimidazione inviata all’Istituto, o sbaglio?” la canzonò. Clary si sentì avvampare dalla rabbia, la stava trattando come un spregevole bugiarda. Ma le parole dell’Inquisitore risposero a tutta una serie di domande che si era posta durante quei giorni.
“quell’intimidazione!” sbuffò leggermente beffarda. “ Jonathan era certo che ci sareste cascati subito!” Vide l’Inquisitore stringere gli occhi e contrarre le labbra. La trafisse con uno sguardo di ghiaccio.
“ signorina Morgenstern, credo che lei non abbia ancora compreso bene l’entità della situazione. Non osi prendersi gioco di noi, ragazzina!” le sbraitò aggrappandosi al poggia mano di legno della piattaforma sulla quale era posizionata.
“INQUISITORE!!! Le chiedo di placare i toni. Lasciamo spiegare alla ragazza cosa è successo! Abbiamo già una versione dei fatti. È necessaria anche la sua per giudicare. Le ricordo che non sta parlando con una criminale” il Console si era alzato dalla sua postazione e aveva aspramente ammonito l’Inquisitore.
“Clarissa, la prego, spieghi a questo Consiglio come sono andati i fatti” il Console rivolse a Clary un piccolo sorriso e la spronò gentilmente a parlare.
Clary sentiva tutti gli occhi dei presenti su di lei, aveva il cuore che le galoppava e sentiva le guance in fiamme. Prese un profondo sospiro, puntò lo sguardo su Jace, forse quella era l’unica possibilità che avrebbe avuto per farsi ascoltare “ dopo che Jonathan mi ha fatto bere il suo sangue, è stato come se tutto dentro di me fosse come fuoco, mi sentivo bruciare fino all’anima. Mi sentivo spinta come verso un buco nero, cercavo di aggrapparmi ai miei ricordi, di tenere l’ immagine delle persone che amo fissa nella mia mente ma è stato come se tutto si rompesse come uno specchio, dove tutti i miei ricordi si riducessero in mille pezzi.  Dopo che ripresi conoscenza, Jonathan era come una calamita, sentivo come se una forza dentro di me mi spingesse verso lui, mi trovavo in piena sintonia, non con lui come persona, ma con il suo ESSERE. Sentivo come se dentro regnasse una pura essenza malvagia che mi plagiava la mente, un cumulo di cattiveria che muoveva il mio corpo. Vedevo la realtà come dietro una vetrata spessa e oscurata, provavo una irrefrenabile voglia di distruggere, una voglia quasi totalmente giustificata. Agivo spinta da questa pulsione incontrollabile, malata….mi sono spinta oltre ogni limite, e adesso ne sto pagando le conseguenze. È durato un giorno intero, uno stramaledetto  giorno, poi cominciai ad avvertire un qualcosa di sbagliato nel mio modo di pensare e agire. Avevo lampi di lucidità, che sono diventati sempre più frequenti, finchè non sono tornata me stessa”  sentiva gli occhi bruciarle in maniera accecante, le lacrime le deformavano la figura di Jace, che aveva il respiro pesante e continuava a guardare verso i suoi piedi.
“Il sangue di Demone cominciava ad annullarsi..” il Console mormorava tra sé e sé con una mano sul mento.
“Ho cominciato a fingermi dalla sua parte cercando di scoprire i piani di Jonathan, di rendermi partecipe cosi da potervi aiutare a fermare quella follia che aveva messo in piedi. Quando ho raccolto elementi a sufficienza, ho chiesto aiuto a Femir, uno Stregone che teneva prigioniero e lui mi ha aiutato nella creazione delle rune” riprese il suo monologo con voce più ferma.
“Chi ha avuto l’idea delle rune?” la voce severa dell’Inquisitore la costrinse a staccare gli occhi da Jace.
“È stata un’idea di Jonathan. Voleva che creassi una runa di sottomissione. Non poteva fare un incantesimo, perché era necessaria la presenza dei sottomessi, quindi dei Demoni, che lui stava prendendo in giro. Li illudeva di una loro divisione del potere, di un dominio condiviso del mondo. Ma in realtà a me diceva di volerli soltanto usare per catturare o uccidere i Cacciatori del Vostro esercito; poi una volta raggiunto l’obiettivo, i Demoni sarebbero diventati, grazie alla runa, suoi…nostri schiavi!” Clary parlò con tono sicuro, il suo racconto non presentava sbavature o esitazioni. La Spada Mortale si illuminava sopra di lei, segno che stava dicendo la verità. Tutti nella sala mormorarono qualcosa al proprio vicino. Clary vide Isabelle sorriderle e annuire. Eppure l'Inquisitore continuava a camminare avanti e indietro con passo pesante, rumoroso….era molto irritato.
“Questo coincide perfettamente con quello già detto dal nostro testimone. Fate entrare il ragazzo!” il Console ancora una volta prese la parola.
“Clarissa, tu riconosci questo ragazzo?” le chiese. Il tono autoritario si era addolcito, le parlava in maniera amichevole, senza formalità.
“Si, è lui Femir.  Ha avuto l’idea di creare tre rune. Io ho disegnato il cerchio. Avevo già creato la runa di unione e vedendo che unire le qualità particolari di ogni razza era possibile, ho cosi provato ad unire le loro vite” un altro lampo di luce bianca dorata illuminò il soffitto alto della Sala del Consiglio. Maellartach risplendeva.
“Perché ha chiesto aiuto a uno Stregone e non ha cercato di contattare noi?” L’Inquisitore riprese la sua arringa contro Clary avvicinandosi di nuovo a lei, cercando di intimorirla.
“Jonathan non era uno stupido, né uno sprovveduto. Era tutto calcolato, lui vi voleva e voi stavate arrivando, visto che vi aveva facilitato il compito di trovarlo levando le barriere di protezione. A combatterlo con le armi ci stavate già pensando voi, io ho voluto combatterlo con l’astuzia, ritorcergli contro la sua stessa scaltrezza. Sin da quando è nato, è stato educato da Valentine alla guerra, era invincibile su quel fronte, con lui si doveva agire di astuzia, rivoltargli contro le sue stesse armi.” Clary era sicura della sua posizione in tutta quella faccenda, si era tranquillizzata, il cuore adesso batteva a un ritmo più regolare, la Spada Mortale le conferiva una certa sicurezza. La faccia dell’Inquisitore si contorse in una smorfia.
“Signorina Morgenstern allora mi dica, noto che lei ha dei bellissimi occhi verdi, ma chi possiede del sangue demoniaco li ha neri. Jonathan Morgenstern non si è mai accorto di questo cambiamento?” tornò all’attacco.
“in realtà questa è una cosa che non ho capito nemmeno io. Ho notato che i miei occhi sono rimasti scuri, solo qualche screziata di verde, fino al giorno della battaglia. Quando ho cominciato a notare che il nero stava sbiadendo ho avuto paura che se ne accorgesse, sicuramente ……” L’Inquisitore la mise a tacere con un gesto della mano, scuotendo la testa, come a rimproverare a un bambino che la risposta che sta per dare è sbagliata.
A questo possiamo rispondere noi!”  la voce cavernosa dei Fratelli Silenti rimbombò nelle menti di tutti i presenti che si voltarono verso di Loro.
il sangue demoniaco rende gli occhi scuri in quanto annerisce l’anima, e gli occhi sono definiti lo specchio di questa. Anche se viene neutralizzato, continua a scorrere nelle vene di chi lo possiede finchè non viene espulso. Clarissa è stata pugnalata, la ferita ha provocato l’espulsione del sangue infetto, per questo i suoi occhi sono tornati verdi!”  Fratello Zaccaria puntò il viso inespressivo sull’Inquisitore. Al suo fianco le Sorelle di Ferro annuivano.
“ continuo a non capire perché lei non sia corsa subito al fianco del Nostro esercito, della sua parabatai, quando siamo arrivati, ma ha atteso….cosa?” Clary vide il Supremo Giudice dei Cacciatori accennarle un mezzo sorriso malvagio. Non mollava, voleva per forza dimostrare che lei fosse dalla parte di Jonathan di sua spontanea volontà o che avesse guadagnato qualcosa da quella situazione.
“volevo assicurarmi che le rune funzionassero, il cerchio era una mia personale modifica, le rune angeliche che vedevo nella mente ne erano prive, temevo che non avessero funzionato e che tutto il mio sacrificio fosse stato vano!” la rabbia aveva cominciato a montarle in corpo, sentiva le mani tremare mentre stringevano il legno della pedana.
“Sacrificio? Il dover stare con suo fratello, che aveva una passione per lei, lei lo ritiene un sacrificio? Sicuramente lei è quella che ha vissuto in una botte di ferro, Signorina Morgenstern, contribuendo però all’evocazione di demoni e allo scatenarsi di una guerra che ha visto la morte di molti nostri fratelli e Nascosti! Le sue rune hanno avuto effetto grazie alla signorina Lightwood che ha ucciso suo fratello, se noi fossimo stati distrutti, le sue rune non avrebbero mai avuto efficacia! Altro che sacrificio!” sbraitò l’uomo buttando in aria le mani come esasperato.
La rabbia si impadronì di Clary ancora di più “Prima di tutto avrei ucciso io stessa Jonathan se fosse stato necessario, non l’ho fatto prima perché eliminare lui non avrebbe eliminato il suo esercito e sicuramente i Demoni sarebbero venuti a rivendicare la loro parte dell’accordo, quindi il problema rimaneva, e secondo, dover fingere di amare mio fratello, che ho odiato con tutta me stessa da quando l’ho conosciuto e dover posare le mie labbra sulle sue è sufficiente per lei come sacrificio? Sibilò tra i denti, rossa in viso e gli occhi sgranati.
“INQUISITORE BASTA COSI!!” il Console sbattè un pugno sul lungo banco laccato di bianco. Aveva colto la grande sofferenza che Clarissa aveva dovuto passare per salvare tutti loro, ancora una volta. “Abbiamo elementi a sufficienza. Possiamo ritirarci per il nostro verdetto” sentenziò duro.
L’intero Collegio del Conclave lasciò la Sala in pochi secondi.
Venti interminabili minuti di agonia, tensione, paura, vergogna separarono Clary dal verdetto del Conclave. Continuava a scorrere lo sguardo sui presenti, sua madre la guardava con un misto di pietà e furia negli occhi, i suoi figli protagonisti di un incesto spiattellato in pubblico, l’avevano mortificata. Isabelle fu la prima ad alzarsi per correrle incontro, l’abbraccio stretta, le asciugò le lacrime, confortandola che era andata benissimo. Anche Alec le fece sentire la sua vicinanza: le cinse le spalle sussurrandole un “ andrà tutto bene” all’orecchio. Jace era scomparso.
“ Clarissa Adele Morgenstern, questo Consiglio è arrivato a una decisione! Per noi lei è…..”
 



Note: spero di aver dato tutte le risposte alle domande dell'intera storia. ho cercato di analizzare tutto il comportamento di Clary e dare una spiegazione a tutto! se c'è ancora qualcosa che sfugge, l'epilogo lo devo ancora terminare, ditemelo cosi da poter rimediare!!



 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Epilogo ***



Innocente.
Innocente.
Innocente.
La voce del Console risuonava ancora nella mente di Clary. Dopo la sentenza era fuggita da quella Sala, aveva percorso i maestosi corridoi dalle volte alte e grigie quasi correndo, finchè non aveva raggiunto la gradinata che dalla Piazza dell’Angelo conduceva all’interno del grande Palazzo del Conclave. Lì, aveva disegnato una runa sull’alta parete di marmo liscio e aperto un Portale. Voleva scappare da lì, non riusciva più a sopportare l’umiliazione, non si era fermata nemmeno per aspettare Isabelle che le urlava dietro. Era arrivata all’Istituto con il cuore galoppante, le lacrime avevano già cominciato a bagnarle gli zigomi. Provava un forte senso di vergogna, si sentiva svuotata, come se quel processo le avesse risucchiato pure le ultime forze che le erano rimaste. Avvertiva il bisogno di sfogarsi, voleva riversare fuori dalla sua anima quel senso di oppressione. Corse subito in camera e afferrò il suo materiale da disegno per rifugiarsi nella sua arte, dove nessuno poteva entrarci e c’era solo lei e il mondo visto attraverso i suoi occhi da artista.
La serra non smetteva mai di incantarla. I suoi colori e profumi, insieme a mille dolci ricordi, la facevano il suo luogo preferito di tutto l’Istituto. Era lì che si era rifugiata per dar sfogo alle sue frustrazioni, amarezze, dolori.
Clary adorava stare seduta sulla scala a chiocciola, al centro di quel l’immenso giardino chiuso a disegnare. Ogni giorno un nuovo fiore nasceva, un altro sfioriva e i mille colori che variavano, facevano danzare le sue mani sulla tela, imbrattandola di colori vivacissimi.
Con le dita macchiate di tempera ripercorse con la mente gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Dopo essere uscita da quel oblio in cui era caduta dopo essere stata pugnalata, aveva avuto tutti addosso con le loro premure, che a lei non dispiacevano, anzi le piaceva essere viziata, ma a volte la soffocavano. Era rimasta a letto per diversi giorni. Si sentiva un po’ debole, ma si era rimessa completamente dopo un paio di ore, ma sua madre e Jace in primis, avevano insistito per farla rimanere a riposo altro tempo. Doveva ringraziare Isabelle se tutti i pomeriggi sgattaiolavano di nascosto fuori dalla sua stanza andando a zonzo per l’Istituto, sgranchirsi un po’ le dava sollievo. Izzy approfittava del suo turno di compagnia per far andare Jace a riposare e per far uscire Clary. Durante le loro passeggiate nei cortili dell’Istituto le aveva raccontato di lei e Simon, della sua dichiarazione prima della battaglia, di come avevano cominciato a considerarsi una coppia e delle sue paure di aprirsi totalmente. Avevano anche consumato il loro rapporto e Clary aveva notato una luce particolare negli occhi della ragazza nel raccontarle tutti, ma proprio tutti, i dettagli. L’aveva dovuta fermare, Simon era pur sempre il suo migliore amico e quasi un fratello per lei. Non avevano però, mai speso una parola su quello che era successo in Provenza. Izzy cercava sempre di evitare l’argomento, cambiando discorso quando Clary cominciava.
Alec e Magnus avevano ricominciato a frequentarsi, si vedevano tutte le sere, lo Stregone veniva con la scusa di farle visita e ne approfittava per vedere Alec. Jace non perdeva occasione per fare battutacce al suo parabatai il giorno dopo, mettendolo sempre in imbarazzo. Una volta li aveva beccati a baciarsi in cucina e per Alec era stata una giornata d’Inferno.
E poi c’era Jace. Jace da quando era stata rapita da Jonathan era diventato paranoico, ogni tanto, quando lei si allontanava un attimo, lo sentiva urlare il suo nome nei corridoi entrando in tutte le stanze come una furia, il terrore negli occhi. Da quando gli aveva confessato quello che era successo con Jonathan, però, nei suoi occhi non vi leggeva altro che rabbia e freddezza. Non l’aveva più cercata, la evitava. Isabelle diceva che Jace aveva riassunto quell’atteggiamento duro e spavaldo che aveva perso da quando l’aveva incontrata. Clary sapeva che lei ne era l’unica responsabile.
Eppure vivere con Jonathan non era stato male, si maledì nell’esatto momento in cui pensò ciò; lui era stato sempre premuroso con lei, non le aveva mai fatto mancare nulla, se tutta la situazione non fosse stata una spirale di pura assurdità, sete di potere e distruzione, Jonathan avrebbe potuto essere anche un buon fratello. Aveva conosciuto la sua parte demoniaca, ma aveva conosciuto anche la sua minima parte umana. Tendeva ad avere un atteggiamento iperprotettivo, quasi maniacale, verso le cose che gli stavano a “cuore”, ma al contempo poteva diventare come una bestia verso ciò che le minacciava, che cercavano di portargliele via. Clary aveva visto in lui il grande vuoto nel suo cuore.
 “Clary?” una voce la distolse dai suoi pensieri. Sapeva benissimo chi era.
“Izzy sono qui!” Fece segno dalla sua postazione alzando un pennello sporco di acquerello verde.
“Immaginavo fossi qui! Lo sai che ti stanno cercando tutti? Sei fuggita senza nemmeno aspettarmi, bella parabatai che sei!” Isabelle era sulla porta della serra che tratteneva un sorriso, un mano sul fianco e la punta dello stivale che batteva per terra.
“Scusami, stavo impazzendo lì dentro. Arrivo subito!” Sospirò. Non riusciva a godersi mai un po’ di pace.
“Vado a dire agli altri che ti ho trovata!” Isabelle aveva capito i pensieri di Clary e stava per andarsene per lasciarla da sola ancora un po’.
“No aspetta Izzy! Vieni qui!” le fece cenno di sedersi accanto a lei sulla scala. “Isabelle dobbiamo parlare”
“So di cosa, non molli eh “ sospirò “ Clary io non so che dire, mi ero convinta di averti perso sul serio quando ti ho visto in Provenza. Te ne stavi lì senza far nulla, lasciando che tutti noi venissimo attaccati dagli uomini di Sebastian. Sai quando è stato il momento in cui mi sono trovata più spiazzata e confusa? Quando, nonostante sentissi che niente fosse cambiato in te realmente, tu hai lasciato che Jace venisse ferito. In quel momento mi sono sentita come tradita da te Clary, volevo solo non provare quel sentimento che mi stava crescendo dentro quasi vicino all’odio. Mi sono data della stupida per averti dato tutta la mia fiducia che tu invece calpestavi senza minimamente badarci. Eri alleata con tuo fratello per il potere, mi sono sentita nauseata. Poi ti sei parata davanti a me, e ho sentito una sensazione tremenda. Ogni tanto mi sveglio con quel senso di sprofondamento e ho paura. Non voglio perderti Clary, mi sono resa conto che ormai sei troppo importante per me ”
Clarissa ascoltava senza dire una parola, gli occhi scuri di Isabelle la fissavano fermi, mentre i suoi ogni tanto vedevano tremolante a causa delle lacrime che voleva fermare. Si vergognava cosi tanto per aver fatto soffrire tutti loro. Le parole di Izzy erano come piccole lame gelate che le pungevano in cuore.
“È stato come se qualcosa mi fosse scattato dentro e il mio corpo si fosse mosso in automatico. La mia mente mi gridava il tuo nome, come un allarme, e ho lasciato che accadesse. Non me ne sono pentita e anche se fossi morta, lo rifarei altri milioni di volte pur di salvarti. Izzy in queste settimane tra noi è nato un rapporto particolare, non da semplici amiche, è qualcosa di più profondo, sei quanto più vicino a una parte della mia anima. Pensi sul serio che ti avrei lasciato morire? Quando ha ferito Jace è stato devastante, ma giuro che non me ne sono accorta. Quando ti ho vista avvicinare verso il loro scontro è stato come se tutto si annullasse, la mia concentrazione era fissa su di te, seguivo ogni tuo minimo movimento e non riuscivo più a vedere ciò che accadeva intorno. Quando ha tirato fuori il pugnale…..” scoppiò a piangere senza riuscire a terminare la frase “Scommetto che quando mi hai chiesto di essere la tua parabatai non immaginavi tutti i guai che ti avrei fatto passare. Jace mi ha detto del dolore che hai sentito…. Mi dispiace cosi tanto Isabelle”  Clary era in preda ai sensi di colpa.
“non hai nulla di cui scusarti, Clary” Izzy sembrava tranquilla “Quando ti ho detto che non avevo dubbi sulle tue capacità, non mentivo! Non potrei chiedere parabatai migliore”. Le asciugò una piccola lacrima che le rigava il viso. Strinse a sé Clarissa che le macchiò la maglietta con il pennello sporco di acquerello verde.
“Ah no Fray, per questo non ci sono scusanti” guardò con finto orrore la macchia sulla spalla. Scoppiarono entrambe a ridere.  
“Che ci fate qui?” Jace entrò nella serra interrompendo quel loro momento di confidenza. Era rigido con le mani strette nelle tasche dei jeans. Faceva scivolare lo sguardo da Clary a Izzy quasi infastidito della loro presenza.
“Oh che pizza che sei! Ma che vuoi?” Isabelle sbuffò verso il fratello adottivo.
“Perché non te ne vai dal tuo succhiasangue che è da tre ore che citofona e ti fai gli affari tuoi?” la tacciò acido.
“Ok Cla, ci vediamo più tardi da Taki’s! Aloah Jace!” gli rivolse un sorrisino crudele. Si alzò e si avviò fuori dalla serra snobbando Jace, che le aveva fatto un gesto infastidito della mano, quando gli passò accanto.
Clary notò che Jace evitava il suo sguardo. Capì che la sua presenza non gli era gradita, così si alzò e cominciò a sistemare il suo materiale della pittura nella valigetta, posata su una piccola panca bassa di ferro battuto. Il tempo di disegnare era finito. Sentiva la presenza di Jace come un fuoco ardente che emanava un calore cosi forte da darle quasi fastidio. Cercò di sbrigarsi, di raccogliere il tutto il più velocemente possibile, ma aveva le mani che le tremavano e i pennelli le caddero tutti per terra, rotolando fino ai piedi di Jace.
 Avvertì un tuffo al cuore quando Jace mise un piede sul pennello, proprio quando lei aveva recuperato il coraggio di avvicinarsi a lui e raccoglierlo.
“vuoi umiliarmi? Credimi non ce n’è bisogno, non prenderti tanto disturbo!” Clary aveva la voce rotta, si mordeva il labbro per evitare che Jace vedesse che stava tremando, ma non riusciva a guardarlo negli occhi.
Jace molto lentamente si chinò e raccolse l’oggetto sotto al suo piede e, quasi titubante, lo allungò a Clary passandosi una mano tra i capelli, un gesto che faceva sempre quando era nervoso e agitato.
Clary alzò lo sguardo su di lui, notò quanto avesse il viso stanco, il suo colorito era spento, gli occhi opachi. Non c’erano tracce della furia che Clary aveva visto nei suoi occhi l’ultima volta che si erano parlati, poteva scorgere un senso di pietà, mista a dolore.
Allungò la mano molto lentamente verso quella protesa di Jace, continuava a guardarlo negli occhi, ma lui era come se non la vedesse. Aveva lo sguardo fisso e assente, con la mente persa in mille pensieri. Clary afferrò il legno del pennello stando attenta a non sfiorare la pelle di Jace, non era sicura della sua reazione, ma era certa che se lei l’avesse sfiorato, sarebbe stato come poggiare le dita su una dolce catena di ricordi, sensazioni ed emozioni che in quel momento non era pronta a rivivere per poi destarsi e rendersi conto che era tutto finito. Le avrebbe fatto male…..troppo male da sopportare. Avercelo a pochi centimetri di distanza e non sentirlo come prima era cosi devastante, le lacerava l’anima.
Sentì il polso stretto in una morsa ferrea, la pelle graffiata dalle dita ruvide. Vide la mano di Jace serrata sul suo polso, le nocche bianche, quasi tremante. Una forza l’attirò decisa in avanti, finchè Clary non si ritrovò con il viso contro il petto di Jace. Riusciva a sentire attraverso il tessuto leggero della camicia chiara, il cuore martellargli nel petto, le labbra premute contro i suoi capelli, le mani intrecciate dietro la sua schiena. Per Clary non c’era posto migliore in cui stare in quel momento, le era mancato terribilmente quel contatto, quell’elettricità che avvertiva solo quando stava con Jace. Restituì il suo abbraccio come se fosse qualcosa di necessario per continuare a vivere, sentire il calore del suo corpo contro il suo era per Clary vitale come l’aria nei polmoni. Si aggrappò alla stoffa liscia e fresca della camicia respirando il suo profumo di sapone, circondata da quelle braccia cosi giuste, l’unico posto in cui doveva e voleva stare.
Jace tratteneva quasi il respiro, si sentiva quasi combattuto su ciò che provava. Aveva conosciuto cosa significava amare ed essere amato incondizionatamente, aveva scoperto l’amore che va oltre tutto e tutti, aveva lottato contro ogni difficoltà possibile e immaginabile pur di vivere quell’amore, e poi tutto questo si era fermato e riavvolto indietro, come il nastro di una vecchia videocassetta, per tornare al punto di partenza, dove non c’era nulla, dove non c’era lei. Era cosi difficile stringerla tra le braccia, sapeva che lei lo amava, eppure si era concessa a un altro uomo, suo fratello. Si era chiesto per quasi tre giorni fino a che punto avesse finto, si era insinuato in lui anche il dubbio se Clary avesse realmente finto con Jonathan. E poi l’aveva guardata negli occhi durante il processo e vi aveva letto tutta la disperazione e la verità…..verità mista domande ancora senza una risposta che in quel momento rimbombavano nella sua mente.
“ solo una volta…” il rumore della voce di Clary riecheggiò attutita nel silenzio della serra contro il petto di Jace. Sembrava che gli avesse letto nel pensiero e stesse rispondendo a quella domanda muta che lo stava logorando.
“è successo solo una volta, subito dopo aver bevuto il suo sangue. Mi sembrava tutto cosi giusto, come se fosse tutto naturale…ma anche se avevo l’anima avvelenata, non c’è stato sentimento a legarci in quel momento, solo ambizione e cattiveria. Jace, so cosa stai provando, ti ho deluso, tradito e non c’è giustificazione al mio comportamento, volontario o meno che sia stato. Non ti chiedo nulla, per me stare tra le tue braccia in questo momento è già tanto, credevo che non mi avresti più sfiorata, l’unica cosa a cui tenevo tanto era dirti la verità, ora ti lascio libero di credere e fare quello che senti sia più giusto per te, io accetterò qualsiasi tua decisione….. ma ti amo Jace e lo farò per sempre….tu sei il mio amore, il mio dolce ragazzo che mi ama per quella che sono, che mi fa sentire bene in qualsiasi situazione, che mi fa sentire speciale. Sei e sarai per sempre il mio primo e unico amore, mi sei entrato nel cuore cosi velocemente, di forza…. Mi hai dato il tuo cuore…io non volevo ferirti ” Strofinò il viso sul suo petto, quasi ad voler imprimere su di sé il suo profumo e la sua pelle, le lacrime disegnarono del motivi scuri sulla camicia chiara.
“ non mi serve sapere altro, hai messo alla prova il mio cuore Clary, non potevo accettare che mi avessi buttato via, avevo paura che ti fossi resa conto che non mi amassi abbastanza e che Jonathan ti avesse reso felice…più di me” Jace le prese il viso tra le mani e, dopo averla guardata negli occhi per una frazione di secondo, che a Clary parve interminabile, la baciò.
Fu un bacio lento,  di quelli che si assaporano in un vortice di sensazioni che colpiscono allo stomaco, che travolge in una spirale dai mille colori che girando trascina in un turbinio di emozioni annullando tutto quello che c’è intorno, e nella mente, nello stomaco, nel cuore c’è solo la persona che si ama.
“nessuno può darmi quello che mi dai tu Jace…ti amo” Clary parlò sulle sue labbra, soffiando quelle parole.
Jace strinse gli occhi, cercò di svuotare la mente. Quando li riaprì erano di un dorato intenso, brillante, umidi di lacrime. Guardò Clary, il suo labbro inferiore tremante lo fece sorridere appena, lo ripercorse con un dito, testando la morbidezza di quelle labbra che le erano mancate cosi dannatamente. Eppure l’immagine di lei che baciava Jonathan davanti a lui si stagliava sempre nella mente. Non era pronto a lasciarla andare, non era pronto a svegliarsi ogni mattina senza trovarla al suo fianco, non poteva perderla. Si sentì attanagliato da un senso di paura, di vuoto. Lei aveva trasformato la sua esistenza in vita, e non c’era altra vita che volesse vivere se no quella, con lei.
“io ho bisogno di te!” furono le uniche parole che riuscì a dire, le uniche parole che racchiusero tutto quello che provava. La vide sorridere prima di sciogliersi in un pianto quasi liberatorio. La afferrò tra le braccia stringendola forte a sé, cominciando a tempestarle il viso bagnato di lacrime con baci leggeri, soffermandosi sugli zigomi, sulle lentiggini sul naso, sulla fronte, sulle labbra. Sentire il sapore delle sue lacrime lo fece quasi star male.
Clarissa quasi non credeva che stava succedendo davvero. Si abbandonò completamente a Jace, che la prese in collo sgombrando il tavolo dalle piante con un solo gesto della mano e poggiandovela sopra. Sentiva le sue mani scorrere veloci e vogliose sul suo corpo, una sensazione come di fuoco restava sulla sua pelle al passaggio delle sue dita lunghe. Le labbra di Jace premevano contro le sue con impeto, quasi caricandosi di una particolare energia direttamente dal quel semplice tocco. Clary lasciò che le loro lingue si intrecciassero in una danza, come le spade di due duellanti che si accarezzano stridendo. Jace scese sulla pelle morbida del collo, glielo morse leggermente, graffiandolo con i denti. Si sentiva come la prima volta che l’aveva baciata in quella stessa serra, insaziabile di lei, con l’istinto di stringerla forte e non lasciarla più andar via, di proteggerla. L’amava disperatamente, quella piccola testa rossa aveva il potere di lasciarlo come neve al sole, indifeso, perso. Le fece una lunga carezza dalla spalla, scendendo sul fianco fino alla coscia. Le prese il ginocchio piegandolo e accostandolo a sé. Premette il suo bacino contro quello di Clary che, nell’impeto, gli strappò la camicia, facendo volare qualche bottone sul pavimento e infilò le mani tra i capelli, incollando più forte le labbra sulle sue. Piccoli gemiti fuggirono dalla bocca di Clary, quando Jace le afferrò l’orlo del vestitino e glielo sfilò, lasciandola con il solo l’intimo addosso. Squadrò ogni minimo lembo della sua pelle chiara e morbida, sorrise vedendola arrossire sotto il suo sguardo. Intrecciò le loro mani, portandole sopra la testa di Clary, assaporando di nuovo le sue labbra, per poi scendere sul suo corpo minuto. Lo assaporò tutto, baciandolo avidamente, dal collo scese sulla spalla, sul cuore. Scostò la coppa del reggiseno scoprendole il seno destro, sfiorandolo con la punta della lingua, per poi riscendere verso il basso, soffermandosi sullo stomaco, sulle anche. Sfiorò con le labbra il tessuto sottile degli slip, sentendo Clary respirare a fondo, come in cerca di aria. Li sfilò dalle sue gambe chiare e, molto lentamente, la fece sua, solamente sua.
Clary lo accolse dentro di sé, come i pezzi di un puzzle perfettamente combacianti, lasciò che la sua anima godesse di quel calore che solo Jace e la purezza dei suoi sentimenti potevano darle.
Si sentiva viva nei suoi abbracci, persa nei suoi baci, morta sotto i suoi tocchi, rinata nel suo amore.
 



Note: Scusate mi sono sbizzarrita nel finale!
la nostra storia termina qui! Oddio non posso credere che siamo arrivate alla fine! credetemi sono molto triste, mi ero affezionata a tutte voi che ogni settimana eravate pronte a sostenermi!
Non ringrazierò mai abbastanza chi ha seguito, recensito, letto e oso dire amato questa storia. GRAZIE INFINITE per tutto!!! siete fantastiche!

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2363604