As Ink On Paper di ImAFeather (/viewuser.php?uid=501244)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue - Alec e Beth ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 - Last Nights ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 - New Beginnings ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 - Eyes ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 - Unforgettable ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 - Alive ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 - Homecoming ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 - Coincidence or Fate? ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 - Who Are You? ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 - Mad World ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 - Very... too ***
Capitolo 12: *** Chapter 11 - Everything... quiet ***
Capitolo 13: *** Chapter 12 - One life, Two roads ***
Capitolo 14: *** Chapter 13 - You? ... You? ... ***
Capitolo 15: *** Chapter 14 - Word... Just Word ***
Capitolo 16: *** Chapter 15 - The Night Of The Wishes ***
Capitolo 17: *** Chapter 16 - Nothing more ***
Capitolo 18: *** Chapter 17 - Only to divide us... a shy smile ***
Capitolo 19: *** chapter 18 - Dad John ***
Capitolo 20: *** Chapter 19 - A song for two ***
Capitolo 21: *** Avviso ***
Capitolo 1 *** Prologue - Alec e Beth ***
»Prologue
Alec e Beth - As Ink On Paper
Alec
non sapeva
se fosse un buon segno o l'inizio di una catastrofe, ma di sicuro
sapeva che ci
doveva provare, perchè quando hai un sogno devi fare di
tutto per realizzarlo.
Ma quel sogno Alec lo voleva realizzare a dispetto di tutti: dei suoi
genitori
assenti, dei suoi amici un po' pazzi, dei suoi professori. Lo voleva
realizzare
lontano, tra la gente, tra nuove lingue, tra suoni e rumori. Voleva
realizzare
quel sogno a tutti i costi, perchè un Grande Sogno
è Futuro, è Speranza, è
Libertà!
Lui quella libertà la cercava da molto tempo, anche troppo;
voleva essere
libero e sognare... ma soprattutto suonare.
Perchè solo sfiorando con le dita quelle sottili e leggere
corde della chitarra
sognava, liberamente.
Alec non vive per fare musica, lui fa musica per vivere.
Potrebbe smettere di dormire, lavarsi, mangiare e perfino respirare e
sopravviverebbe, ma senza musica ogni minuto, attimo, secondo sarebbe
una lenta
agonia che lo distruggerebbe.
E Alec non può permetterlo. Semplicemente non può.
Alec
Cooper non è un ragazzo come gli altri.
Alec Cooper è solo se stesso, solo con se stesso.
E' un amico leale e sincero. Per lui l'amicizia è
essenziale. Gli amici sono la
sua famiglia, quella vera.
Alec ha solo 18 anni, un passato difficile alle spalle e tanta
voglia di
andare avanti.
Alec è un ragazzo ambito. Conteso per i suoi occhi neri, le
labbra sottili ma
carnose, i capelli castano scuro che gli contornano il viso, l'accenno
di
barba, e le fossette ai lati della bocca che gli donano un'aria da
bambino.
Con uno schiocco di dita potrebbe avere tutte le ragazze che desidera.
Ma
semplicemente non le desidera.
Per Alec le donne, tutte, senza nessuna esclusa, sono affascinanti. Un
mondo a
parte. Impossibile da capire. Ma lui ci prova lo stesso. Le osserva,
tutte. Le
vuole scartare, tutte. Come fogli di cipolla, e forse spera, forse, di
trovare
quella per cui piangere.
Ma Alec semplicemente si nasconde, non per paura. Non per
vigliaccheria. Lo fa
per non mostrare agli altri il vero se.
Alec Cooper indossa una maschera, come tutti. Ma solo quando vuole. E'
se
stesso con le persone di cui si fida. Poche. Sono poche.
Alec ha solo 18 anni, e una vita fatta di spartiti, note
svolazzanti,
melodie scolpite nella mente, idee nate in ogni momento, notti insonne
per
finire una canzone, cieli osservati in ogni forma possibile in cerca
dell'ispirazione.
Alec ha solo 18 anni e una chitarra sulle spalle. Da una vita.
Le mani grandi e con calli per il troppo pizzicare di corde lo
distinguono.
Rappresentano chi è veramente.
Ed anche se, quasi nessuno l'ha mai sentito suonare, tutti sanno che
è bravo.
Si capisce dagli occhi che brillano, dalla gioia che sprigiona,
dall'entusiasmo
con cui ne parla, dalle mani.
Alec è un musicista. E potrebbe essere nient'altro.
Ma non è così.
Alec 18 anni, spavaldo, audace, rompiscatole, festaiolo, avvolte
imbranato e
impacciato, cacciatore di problemi, riservato e misterioso,
affascinante,
sensuale, sexy... musicista, in cerca della Libertà,
quella Vera!
Non
è un giorno come gli altri... Beth è
lì, nel suo
posto preferito al mondo, il Palladian Bridges,
con lo sguardo incantato nel riflesso del tramonto sullo specchio
d'acqua
disteso sotto di lei. Ad aspettare qualcuno, che forse non sarebbe mai
arrivato.
Ciò che Beth aspetta non è una persona, aspetta l'amore.
Lo cerca in ogni luogo, affannosamente e disperatamente.
Lo cerca nei bar, nei parchi, nelle piazze, nei libri, nella musica.
Beth quell'amore lo cerca e non ci vuole rinunciare.
Perchè Beth lo sogna, ogni notte, ad occhi chiusi o aperti,
mentre si fa la
doccia o studia, a scuola o in autobus.
Mentre disegna, soprattutto mentre disegna.
Ma Beth semplicemente non lo sa. Non sa di vivere di un amore, cercato
e non
ancora trovato. Non sa di desiderarlo più di ogn'altra cosa.
Non lo sa.
Beth dice di non credere nell'amore, e col passare del tempo si
è convinta di
non crederci.
Ma semplicemente non è così.
Beth crede nei sogni. O se ci crede.
Beth crede nella musica. O se l'ascolta.
Beth crede nell' amicizia. Nonostante tutto.
Beth non si arrende. Non lo fa mai.
Beth
Smith non è una ragazza come le altre.
Beth Smith è solo se stessa, solo con se stessa.
Beth è un'amica pronta ad ascoltare, a conservare segreti,
ad aiutare. Ma non a
fidarsi.
Beth ha solo 16 anni, il peso del mondo sulle spalle e tanta
voglia di
gettarlo da un ponte.
Beth è una ragazza bella, molto bella. Ma non lo sa.
Perchè, quella di Beth, è una bellezza che non
sta ferma.
E' una bellezza non visibile a prima vista.
E' una bellezza nascosta dietro due grandi occhioni blu, delle guance
rosse, un
sorriso timido e delle mani nervose.
E' una bellezza nascosta dietro lunghi capelli neri, lisci come seta,
che le
coprono il viso.
Una bellezza visibile solo a chi, la bellezza, sa apprezzarla.
Beth Smith indossa una maschera. Come tutti. Anche con se stessa.
Beth
ha solo 16
anni e una vita fatta di disegni, pennelli rovinati, colori finiti,
vernice
ovunque, schizzi sparsi in ogni angolo della sua camera, idee nate nei
momenti
meno opportuni, notti insonni in cerca d'ispirazione e musica a farle
compagnia.
Beth ha solo 16 anni e un album da disegno nella borsa. Da una
vita.
Le mani piccole e decise nel impugnare una matita sono la sua
sicurezza.
Rappresentano chi è veramente. Ed anche se, nessuno ha mai
visto i suoi
disegni, quelli fatti in camera con il cuore aperto, tutti sanno che
è brava.
Si capisce dal modo in cui muove ogni attrezzo, dagli occhi che ardono,
dal
sorriso che spunta, dalle mani.
Beth è un'artista. E potrebbe essere nient'altro.
Ma non è così.
Beth 16 anni, sensibile, ingenua, imbranata, timida, avvolte coraggiosa
e
un'altra se, calamita per problemi, riservata e misteriosa, testarda,
leale,
bella, inconsapevolmente sexy... artista, in cerca dell'Amore,
quello Vero!
Palladian Bridges
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Capitolo 2 *** Chapter 1 - Last Nights ***
»Chapter 1
Last Nights - As Ink On Paper
"Settembre,
come tutti i mesi di
transizione, cullava gli incerti. Fuggiva in avanti con il vento fresco
che
sarebbe diventato presto autunnale, si rifugiava indietro nella luce
ancora
estiva del cielo. E ciascuno poteva assaporare quello che preferiva:
foglie più
pallide che cominciavano ad abbandonarsi, nuvole veloci e senza
pioggia, pezzi
di blu tra i palazzi grigi come cerniere dell'infinito."
E
Beth non sapeva
scegliere cosa preferisse di più.
Si
cullava
nell'incertezza, stretta nel suo maglione bordeaux, diventato ormai
leggero per
il tempo che abbracciava Bath.
Il
cielo, come
lei e forse, poche altre persone, aspettava con ansia il tramonto.
Beth,
era lì, su
di una panchina. Sola. In compagnia, di ciò che
c'è di più bello al mondo: la
natura.
Intorno
a lei,
quello che una volta era un prato felice, ora, sembrava essere una
coperta in
patchwork. Il verde era coperto a tratti da foglie gialle, arancioni,
rosse e
qualcuna, invece, si mimetizzava. Gli alberi sembravano invecchiati
senza la
folta chioma di foglie a colorarli. Altri, erano come congelati dal
tempo,
sempreverdi. E Beth, voleva essere come quegli alberi, semprefelice.
Ma
semplicemente non era possibile.
Beth,
era lì, su
di una panchina. Con un romanzo sulle gambe e una cioccolata calda in
mano. Ed
era in pace.
Il
liquido scuro
scendeva lungo la sua gola riscaldandola. Accanto la panchina, dalla
borsa,
Beth prese il suo album e la scatola di colori. Era il momento.
Il
cielo si
dipinse di colori adatti a quella stagione. Rosso e arancione lottavano
per
avere il dominio della tela, sfumandosi poi nel giallo dopo aver
trovato
accordo. Il sole calava sempre di più fino a fondersi con la
linea
dell'orizzonte, diventandovi un'unica cosa. Un'unica fascia che
prendeva fuoco.
Beth ne era certa: il cielo stava bruciando. E non aveva mai
visto incendio
più bello.
Dopo
che il
cielo fu interamente bruciato, le ceneri lo dipinsero di nero.
Piccole
fiamme
vi galleggiavano. Illuminandolo.
Ed
ora non era
più nero. Era trasparente. Rendeva
visibile ciò che il giorno
nascondeva. Rivelava ciò che per millenni aveva affascinato
l'uomo: un manto
stellato.
Sul
foglio che
aveva in mano, erano impresse tutte le sfumature e sfaccettature che
quella
sera avevano attraversato il cielo. Prese una penna e sul retro, in
fondo a
destra scrisse:
cielo
di Bath -
tramonto - 10 settembre 2013_Beth Smith
E
lo ripose
nella cartella con altri centinaia di schizzi. I suoi schizzi.
Dopo
una
cioccolata calda finita, un romanzo a metà e un nuovo
schizzo, Beth lasciò
quello che fino a pochi secondi prima era stato testimone della vera
se. Quella
che diventava con un foglio da disegno e una matita. La vera
Beth.
Con
il freddo
che le percorreva la pelle, rendendola d'oca, s'incamminò
verso casa.
Quella,
ora ne
era consapevole, sarebbe stata una delle sue ultime notti
lì. E voleva viverle,
tutte, prima dell'imminente ritorno a scuola.
Il
tramonto
aveva attraversato il cielo da poco e Alec, si ritrovò a
pensare come sempre,
che forse, quello sarebbe stato l'inizio di qualcosa di bello.
Che forse, quello sarebbe stato l'inizio di qualcosa di nuovo.
Ma dopo, il cielo tornò come ogni sera nero e la speranza
che per qualche
secondo aveva invaso la sua mente sparì, così
come i colori in cielo.
E ciò che rimase fu solo nero. Stupido
ed insulso vuoto. Nero.
Alec,
era
scappato per l'ennesima volta di casa. E come sempre, lo aveva fatto di
nascosto.
Con
la chitarra
sulle spalle si era diretto verso il Palladian Bridges.
Il
Prior Park, a
circa a 1,5 km a sud del centro di Bath, era il luogo
che Alec preferiva
di più. Addentrandosi nel parco si scoprivano laghi con
cascate, un tempietto
gotico e un famoso ponte palladiano oltre alla suggestiva vista che
spaziava
sul profilo di Bath.
Ma
ciò che Alec
preferiva di più in assoluto, era la vista che si aveva dal
ponte.
Il
tempo
impiegato ad arrivarci a piedi non poteva essere speso meglio. Quel
suggestivo
luogo era sede delle migliori notti di Alec. Vi si recava quando il
tramonto
era alle porte e lo osservava per tutto il tragitto.
Poi, in compagnia del buio suonava.
Quel
parco era
testimone delle sue canzoni, delle sue gioie e dei suoi dolori. Della
sua
vita.
Ma
quella sera
qualcosa galleggiava nell'aria. Sarà che l'estate era
finita. Che l'autunno era
alle calcagna. O che l'ultimo anno di liceo si avvicinava. Quel
maledettissimo
e tanto atteso ultimo anno.
E Alec non ne era per niente felice.
Ricominciare la scuola significava non poter passare le intere sere e
aspettare
l'alba, lì, con la sua chitarra. Vivere di notte, quando
intorno ci sono le
stelle e la luna ad illuminarti, i pensieri a specchiarsi nel fiume, e
note una
dopo l'altra a far da vento in serate dove il caldo sembrava non darti
scampo,
o semplicemente un bagno nella natura e dormire, in quel luogo, dove
tutto tace
e acconsente.
Sentirsi, anche se per poco, anche se in minima parte: liberi.
E di certo la scuola non era sinonimo di liberà.
Più che altro un contrario.
Alec
era lì. Le
corde della chitarra tra le dita e la testa vuota. Ma mai
così piena.
Pronto
per una
delle ultime notti dell'estate. Che per lui sarebbe ufficialmente
finita il
primo giorno di scuola.
_______________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care lettrici,
In primis mi presento sono Fil alias IamAFeather.
Questo nome è nato così, senza un motivo preciso,
o forse inconsciamente mi
sento proprio come una piuma, leggera e libera di volare. Ma ho bisogno
di una
folata di vento per farlo... la scrittura.
Per essere leggera, però, ho bisogno di leggere.
E non è un caso
che le due parole siano simili, o quasi del tutto uguali.
Perchè leggere ci
rende la testa leggera e libera di volare.
Lì dove, le storie lo
permettono, e superare i confini di chi si limita a vedere il mondo in
superficie e così come appare.
E spero che la mia storia ve lo permetta.
Questi primi due capitoli sono un po' corti, nei prossimi, entrando nel
vivo
della storia, il racconto sarà più lungo.
La citazione a inizio capitolo è tratta dal romanzo di
Alessandro D'Avenia Cose
che nessuno sa. E non avrei potuto trovare o scrivere inizio
migliore, per
questo l'ho scelto. Spero vi piaccia.
Cosa ne pensate di questi primi due capitoli?? Recensite e se vi va
seguite la
mia storia. Non ve ne pentirete.
Parola di IamAFeather.
Xoxo
|
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Capitolo 3 *** Chapter 2 - New Beginnings ***
»Chapter
2
New Beginnings - As Ink On Paper
Alec
è sfacciato.
E'
sfacciato nella sua camminata. Audace.
E' sfacciato nel
sorriso sghembo che rivolge alle ragazze.
E' sfacciato negli
occhiolini seducenti.
Lo è nel suo sguardo
freddo e assente.
Lo è nelle sue
battutine maliziose.
Nel modo in cui impugna
la chitarra.
Quando si aggiusta i
capelli ricci. E allora, non è solo sfacciato, è
anche sexy.
E' sexy nel suono della
sua voce roca. E lo è ancora di più quando canta.
E' sexy nel modo in cui
guarda una ragazza che gli interessa. Lo sguardo per le sue ragazze da
una
notte.
E' sexy nel suo
abbigliamento, non curato.
E' sexy nei suoi occhi
neri. Profondi come un pozzo senza fine.
Nell' accenno di barba
che lo fa sembrare più uomo.
E nelle fossette che,
invece, gli donano un'aria da bambino.
Alec Cooper è sfacciato e sexy nel suo sembrare un angelo.
Alec Cooper è sfacciato
e sexy nel suo essere musicista.
Alec è dannatamente sexy nel suo essere
misterioso.
Alec è dannatamente
sfacciato nel provocare.
Alec
Cooper è tutto questo. E molto di più.
Beth è timida.
E' timida nella sua
camminata. Impacciata.
E' timida
nell'incrociare il suo sguardo con quello di un estraneo.
E' timida nel parlare,
anche con chi conosce.
Lo è nel modo in cui
abbassa lo sguardo per il disagio.
Lo è quando non è in
camera sua. Tra le sue cose.
Quando si sposta i
capelli, troppo lunghi, che le coprono il viso. E allora, non
è solo timida, è
anche imbranata.
E' imbranata quando
inciampa nei suoi stessi passi.
E' imbranata quando
pensa una cosa ma ne dice un'altra.
E' imbranata quando fa
qualcosa e finisce col fare, il più delle volte, brutte
figure.
Nei suoi occhiali
troppo grandi, che indossa solo quando legge o disegna.
Lo è quando indossa
quelle felpe di due o tre taglie più grandi di lei e non
riesce mai a trovare i
fori per le braccia.
E nei lacci degli
anfibi, troppo rovinati, che un giorno si annoderanno.
Beth Smith è timida e impacciata nel suo sembrare un angelo.
Beth Smith è timida e
impacciata nel suo essere un'artista.
Beth è dannatamente timida nel suo
essere misteriosa.
Beth è dannatamente
imbranata nel provocare.
Beth
Smith è tutto questo. E molto di più.
Nei suoi jeans neri a bassa vita e t-shirt grigia aderente. Alec Cooper
è
sfacciatamente sexy.
Con una borsa a
tracolla in pelle nera, completamente vuota se non per l'ipod e vari
CD, Alec si
dirige verso quello che sarà, spera, il suo ultimo primo
giorno di scuola.
Il Bath High School, si presentava in tutta la sua grandezza davanti ai
suoi
occhi neri. Le voci acute delle ragazze in piena crisi "primo giorno"
riempivano l'aria. Agli angoli dei cancelli ragazzi si complimentavano
tra di
loro per le conquiste estive. I giocatori delle varie squadre sportive
e le
cheerleader, sostavano occupando ogni millimetro possibile delle povere
auto
costrette a tanta stupidaggine. E poi c'erano quelli che Alec
preferiva, "
le anime solitarie", quelli che semplicemente stavano in silenzio.
I novellini, invece,
sostavano davanti al cancello, paurosi di entrare in un nuovo mondo e
di
lasciare il nido sicuro, che li aveva protetti, alle spalle. Nei loro
occhi
Alec vide la speranza di un qualcosa di migliore e nuovo, ma ben
presto,
questa, sarebbe stata sostituita dalla voglia di evadere. Di essere
liberi.
Ogni anno la stessa
storia, pensò.
E, già, la poca voglia che alle 7.00 aveva fatto aprire i
suoi occhi per
recarsi in quella fottuta scuola, l'aveva abbandonato.
Ora voleva solo dormire nel suo letto. Suonare la sua chitarra. E
tornare nel suo
posto. Voleva stare solo. Girare i tacchi
e andarsene. Ma
semplicemente non poteva.
Jake, nei suoi jeans skinny e t-shirt nera, con un sorriso a trentadue
denti,
felice come una pasqua di rivedere il suo migliore amico dopo tre mesi
passati
in vacanza, gli si avvicinò.
Si salutarono con una pacca sulla spalla e insieme diedero inizio a
quel
maledettissimo ultimo anno con una sigaretta. Rito di inaugurazione per
tutti i
nuovi inizi.
Era in ritardo, in un fottuto ritardo.
Il primo giorno di scuola in ritardo, un maledettissimo ritardo.
Fantastico,
pensò.
Prese la borsa e corse frettolosamente verso la scuola.
Chiunque la guardasse correre pensava che avesse una grande voglia di
andare a
scuola, ma era maledettamente sbagliato.
Quel giorno, pur se in ritardo, si era svegliata, e con l'umore sotto i
piedi
si era preparata a quel ultimo primo giorno del terzo anno.
I jeans skinny scambiati aderivano alle sue gambe snelle coperte da un
maglioncino, di qualche taglia più grande, bordeaux. Gli
anfibi slacciati
rendevano la corsa un po' difficile.
Ma dopo quindici minuti di corsa sfrenata, si ritrovò di
fronte, in tutto il
suo splendore, Il Bath High School. In anticipo di cinque minuti al
suono della
campanella.
Beth non era un'amante
della scuola, ma si rassegnava a doverla frequentare.
Come ogni primo giorno che si rispetti, il cortile era gremito di
alunni, con
nessuna voglia di essere rinchiusi in quell'edificio e con la mente che
ritorna
all'estate appena trascorsa.
E Beth non faceva eccezione.
In quel momento voleva solo dormire nel suo letto. Disegnare sul suo
album. E
tornare al Palladian Bridges. Voleva stare sola.
Girare i tacchi e
andarsene. Ma semplicemente non poteva.
Poi, si sentì stritolare da due paia di braccia, si
girò e trovò Hannah e Ed
che le sorridevano come due bambini.
I suoi migliori amici, erano lì, davanti ai suoi occhi dopo
tre mesi. Hannah
con i suoi capelli biondi e gli occhi cielo era fasciata in un
vestitino tutto
fiori, mentre, Ed aveva la sua solita maglia nera con dei jeans larghi
e gli
occhi terra bruciata.
Ed ora, forse, tanta
voglia di tornare a casa non l'aveva più. Ed ora, forse, era
pronta per un
nuovo inizio.
______________________________________________________________________________________________________
Ink Droplets
Care
lettrici,
eccoci ad un nuovo capitolo.
Lo so, non è niente di che. Perdonatemi se potete.
Prometto che il prossimo sarà migliore.
Comunque cosa ne pensate?
I nostri protagonisti si incontreranno?
E come?
Ditemi ciò che pensate con una recensione e se avete idee o
suggerimenti per un
loro incontro fatevi avanti.
Ringrazio ufficialmente ChiaraColfer95
per seguire e aver recensito la mia
storia.
Xoxo Fil
|
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Capitolo 4 *** Chapter 3 - Eyes ***
»Chapter 3
Eyes - As Ink On Paper
Dopo
un benvenuto per il nuovo anno da parte della
preside Phillips, tutti
gli alunni del Bath High School si dileguarono. Ragazzi sostavano
davanti alle
aule intenti a salutarsi e augurarsi di resistere a quella condanna
chiamata scuola.
Coppiette si donavano l'ultimo bacio per salutarsi e accettare di non
vedersi
per ore spese, secondo loro, nel più stupido dei modi.
Professori pregavano per
quell'anno, che speravano, sarebbe stato diverso per poi, accettare che
la
scuola e gli alunni non cambieranno mai. Cheerleader, invece, si
mettevano in
mostra appoggiate ai loro armadietti, come se fosse una sfilata, in
cerca di
attenzioni maschili. I ragazzi più ambiti, sportivi senza
cervello, per la
maggior parte, mangiavano con gli occhi e commentavano con
apprezzamenti poco
casti le belle ragazze.
Alec,
era già in
classe, seduto sul banco, gamba piegata sulla sedia del banco avanti,
note
nelle orecchie, sguardo perso nel cielo.
E tremendamente sexy.
Beth,
era già in
classe, seduta sul davanzale della finestra, gambe piegate al petto e
circondate dalle braccia, note nelle orecchie, sguardo perso nel cielo.
E tremendamente strana.
Passate
solo due ore,
Beth stava soffocando. Le mancava l'aria.
Chiese al prof. di uscire e si diresse nell'unico luogo di
libertà in quel
carcere.
I bagni del terzo piano erano i più belli. Grandi e
luminosi. Pieni di storie.
Storie, forse, come la sua.
La rampa di scale, era un sacrifico accettabile, per quella
libertà.
Beth, era intenzionata a restarci tutta l'ora. Perchè ad
essere sinceri di
biologia, quel giorno, non le fregava proprio.
Alec, dopo solo due ore, era già evaso. Scappato dalle
grinfie della prof. di
fisica e latitante nei bagni.
I bagni del suo piano, il terzo, erano i più ambiti. Dove
quasi nessuno, delle
classi inferiori, osava recarsi.
Tra le labbra una sigaretta e la mente galleggiante tra i pensieri.
La campana della terza ora aveva appena suonato il suo ultimo avviso.
Due
mozziconi di sigarette nel cestino. Alec non era per niente pronto per
un'altra
ora.
Aprì la porta e con la testa china uscì. Ma un qualcosa
gli finì
addosso.
Aprì
la porta e con la
testa china uscì. Ma si scontrò con qualcosa.
Due
grandi occhi blu. Meravigliosi,
pensò.
Due
profondi occhi
neri. Stupendi, pensò.
Beth
e Alec, stavano
affondando entrambi negli occhi dell'altro. Blu nel nero. Nero nel blu.
Alec,
non aveva mai
visto degli occhi così blu. Blu.
Beth,
non aveva mai
visto degli occhi così neri. Neri.
Il
misterioso ragazzo
sussurrò un leggero scusa. E
sparì, velocemente, come era arrivato.
Privandola dei suoi magnetici occhi neri.
Alec,
disse uno scusa
sussurrato e se ne andò. Lasciandosi la ragazza dai
magnetici occhi blu alle
spalle.
Il prof. Murphy era appena entrato nella classe di Beth.
Si presentò come insegnante di arte.
E la giornata di Beth sembrò iniziare a girare nel verso
giusto.
<< Non farò l'appello per conoscervi. I vostri
nomi non rappresentano chi
siate, che persone siate. Sono solo nomi. Superflui, per artisti, che
si
conoscono per la loro arte. >> il giovane uomo dagli
occhi verde
speranza, ottenne l'attenzione dagli alunni, poi, continuò:
<< Voglio conoscervi attraverso ciò che
pensate dell'arte. Attraverso ciò
che l'arte è per voi. Attraverso il vostro essere artisti.
>> le fronti
degli alunni erano aggrottate e il prof. sorrise.
< Questi sono fogli bianchi. Completamente bianchi...
>>
<< Queste sono penne. Di diversi colori...
>> continuò.
<< Alzatevi e prendete foglio e penna. Scegliete il
colore in base al
colore di occhi che avete impressi nella mente. >>
Beth alzò lo sguardo.
<< A questi occhi dedicate un tema. Scrivete
cos'è l'arte. Scrivetelo
come volete. Scrivete ciò che volete. Una sola regola:
liberà. Siate liberi di
essere voi stessi. >> annunciò con occhi
sognanti e i gli alunni non
poterono non pensare che quell'insegnante fosse strano, tutti tranne
Beth.
<< Buon lavoro! >> concluse.
In classe, la prof.ssa Taylor, era intenta a spiegare ai ragazzi
un'idea che
lei e il suo fidanzato, insegnate d'arte, avevano avuto.
La giovane donna dai capelli ramati e gli occhi cioccolato disse che
non voleva
che i suoi alunni si presentassero con il loro nome, ma con la loro
musica.
Enunciò che voleva conoscerli per ciò che
pensavano della musica e per ciò che
questa significava per loro. Per il loro essere musicisti.
E la mattina di Alec, sembrò finalmente iniziare con il
piede giusto: la
musica.
<< Questi sono fogli bianchi. Completamente bianchi...
>>
<< Queste sono penne. Di diversi colori...
>> continuò.
<< Alzatevi e prendete foglio e penna. Scegliete il
colore in base al
colore di occhi che avete impressi nella mente. >>
Alec alzò lo sguardo.
<< A questi occhi dedicate un tema. Scrivete
cos'è la musica. Scrivetelo
come volete. Scrivete ciò che volete. Una sola regola:
liberà. Siate liberi di
essere voi stessi. >> disse con occhi entusiasti e i gli
alunni non
poterono non pensare che quell'insegnante fosse strana, tutti tranne
Alec.
<< Buon lavoro! >> concluse.
Beth
si alzò, prese un
paio di fogli e tra le penne una sembrava chiamarla. Era nera.
Nera, come gli occhi di quel ragazzo.
Alec
si alzò, prese un
paio di fogli e tra le penne una sembrava chiamarlo. Era blu.
Blu, come gli occhi di quella ragazza.
Cos'è l'Arte?
Per la maggior parte dei ragazzi è solo qualcosa di passato.
Vecchio.
Per la maggior parte dei ragazzi è solo qualcosa di
"palloso".
Inutile.
Disegni. Schizzi. Macchie di colore. Quadri appesi.
L'Arte è un disegno nel quale l'anima è messa
grafite su foglio.
L'Arte è uno schizzo, un ritaglio del tempo.
L'Arte è delle macchie di colore che colorano la vita.
L'Arte è quadri appesi. Quadri nei quali l'artista ha messo
un pezzo della
propria anima, i propri sentimenti, la propria vita.
L'Arte è musica, danza, scrittura, disegno, fotografia,
parole, baci, carezze,
lacrime... L'arte è tutto questo, ma molto di più.
Musica...arte di combinare insieme i suoni.
La Musica non è quella che si sente in discoteca.
La Musica non è quella fatta di parole in fila indiana senza
senso.
E' poesia, arte, sentimenti, emozioni... vita.
La Musica è brividi che percorrono la schiena.
E' pelle d'oca.
E' lacrime di gioia o di tristezza.
E' cuore palpitante.
E' corpo che freme.
E' occhi che si scontrano.
E' un po' come l'amore.
La Musica è tutto questo, ma molto di più.
Arte è magia.
Musica è magia.
L'Arte è nero.
La Musica è blu.
L'Arte è tutto ciò di cui posso vivere, respirare.
La Musica è tutto ciò di cui posso vivere,
respirare.
Sono io.
Sono io.
L'Arte non è solo fermare un momento.
E' rubare un pezzo di vita.
Ingannare il tempo.
E non è semplicemente Arte...
E' ciò che si nasconde dietro occhi di chi non vuol vedere...
La Musica non è solo fermare un momento.
E' rubare un pezzo di vita.
Ingannare il tempo.
E non è semplicemente Musica...
E' ciò che si nasconde dietro occhi di chi non vuol vedere...
Beth
Smith
Alec Cooper
Il tempo che il prof. aveva dato agli alunni era scaduto. Dice che non
importa
se non hanno finito perchè non è un tema che si
può finire. E' infinito.
La prof. ritira i temi senza lascarli finire. Dice che non si possono
finire.
Ci vorrebbe troppo tempo. E quel tema è infinito. Il tempo
no.
Andrea, la ragazza al primo banco, treccine, occhiali e occhi cenere
alza la
mano e fa una domanda:
<< perchè ci ha chiesto di dedicarla a degli
occhi? >> il giovane
insegnante sorride
<< non sono semplici occhi, sono quelli che non riuscite
a togliervi
dalla mente. Sono occhi che non si confondono tra la folla...
>>
La
prof. parla con tono
entusiasta: << sono occhi che ispirano. E qualsiasi
artista, anche se
inconsciamente, dedica le sue opere a degli occhi. Avvolte hanno un
nome, altre
volte solo il colore, perchè forse non li si è
più rivisti. >>
Gli occhi verde speranza brillano:
<< sono occhi che incantano, che fulminano, che vivono e
nei quali
vivi...>>
Gli occhi cioccolato si sciolgono:
<< sono occhi che amano e che si amano!>>
Occhi.
E Beth Smith riuscì solo a pensare agli occhi neri, di uno
sconosciuto, che
forse non vedrà mai più. Ai quali ha dedicato un
tema.
I suoi Occhi.
Occhi.
E Alec Cooper riuscì solo a pensare agli occhi blu, di una
sconosciuta, che forse
non vedrà mai più. Ai quali ha dedicato un tema.
I suoi Occhi.
__________________________________________________________________________________________________________
Ink Droplets
Care
lettrici,
ecco un nuovo capitolo, Eyes, spero vi piaccia.
Qui, finalmente, Beth e Alec si incontrano, Che ne pensate?
Inoltre scopriamo cosa per loro significhi rispettivamente l'Arte e la
Musica.
Il tema vi piace?
E i due prof?
Ringrazzio per seguire la mia storia:
anna_s89
FamousLastWords
, anche per la recensione XD
Misakixox per
averla messa tra i preferiti.
ChiaraColfer95
per essere stata la prima a
credere nella mia storia e a commentarla. ^-^
Commentate in tante e ditemi cosa ne pensate.
Xoxo Fil
|
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Capitolo 5 *** Chapter 4 - Unforgettable ***
»Chapter 4
Unforgettable - As Ink
On Paper
Erano
le due del pomeriggio, e Beth sdraiata sul suo letto,
con lo sguardo rivolto al soffitto e le braccia dietro la testa, non
poteva far
a meno di pensare che il nero fosse un colore
speciale.
Non sapeva spiegarsi il perchè, ma sapeva, per intuito
femminile o qualsiasi
altra cosa, a lei per il momento sconosciuta, che li avrebbe rivisti.
Quando
meno se lo sarebbe aspettata.
***
Il
sonno aveva preso il sopravvento sul piccolo corpo della
ragazza. La sua mente era una centrifuga di emozioni, ricordi, e tanta,
tanta
confusione.
Il telefono squillò. Il sottofondo della calda e melodica
voce di Ed Sheeran
che cantava sulle note di Lego House, la svegliò.
Hannah, e chi poteva essere se non quella rompiscatole,
pensò.
L'orologio segnava le 17.00 p.m. e Beth voleva solo rimettere la testa
sotto il
cuscino e dormire. In pace.
Ma, ovviamente, non era possibile. Il telefono continuò a
squillare, e
nonostante la voce del cantante fosse meravigliosa, la ragazza avrebbe
solo
voluto prendere quell'aggeggio e sbatterlo contro la parete.
Dopo un'altro squillo, si decise a vedere cosa volesse quella biondina.
Cinque chiamate e due messaggi. Merda, pensò.
Aprì i messaggi:
" Brutta dormigliona che non sei altro, ti ho chiamato 5
volte, ed io e
Ed ti diamo per dispersa. Svegliati. Xx "
"Alza il culo e raggiungi da Joe's. Ora. Con amore Hannah Xx "
Non poté fare a meno di sorridere.
Si alzò, indossò dei leggings neri e una maglia
oversize dei Guns N' Roses.
Legò i capelli in un crocchia disordinata e prese il
giubbino di pelle,
scappando fuori casa.
Una volta che fu sulla veranda si rese conto di essere scalza. Si diede
mentalmente della stupida e afferrò di corsa gli anfibi,
dirigendosi verso il
luogo di incontro con i suoi amici.
Il
pub distava un quarto d'ora a piedi dalla sua casa, così
si incamminò a passo spedito. Una volta arrivata non vedendo
gli amici fuori,
entrò.
Erano seduti al solito posto. E Beth non poté non sorridere
quando al suo posto
c'era ad aspettarla una cioccolata calda. Li salutò con un
bacio volante e si
catapultò nel bere la sua bevanda.
***
Passare
il pomeriggio con quei due pazzi, che si ritrovava
come amici, era stato divertente. Le erano mancati.
Erano le 20.30 p.m. ed era in ritardo per la cena. Sua madre l'aveva
chiamata
già due volte e così la ragazza si
ritrovò a correre per le strade della sua
città, con lo stomaco sottosopra, la testa dispersa e i
lacci sciolti.
Quando entrò, dopo dieci minuti impiegati a scusarsi,
finalmente poté
accontentare il suo stomaco, che non smetteva di brontolare.
***
Di certo vedere Le pagine della nostra vita, non era
la scelta migliore,
se consideriamo che l'aveva visto con sua madre. I suoi occhi castagna
erano
rossi e in pieno acquazzone. Un pacco di fazzoletti era finito, e il
contenuto
appallottolato, era sparso, per il pavimento. Beth aveva versato
qualche
lacrima, ma di sicuro per la madre non per il film.
Le 22.00 p.m. erano segnate vicino al muro. La sua stanza dalle pareti
neutre e
verdi militari, erano ora nere. Regnava il buio e il silenzio.
Senza accendere la luce, si spogliò. Il suo corpo nudo era
avvolto dalle
tenebre.
Dopo una doccia, indossò l'intimo e il pigiama. Una maglia
oversize di un blu
scuro, quasi come i suoi occhi.
L'ipod suonava Every teardrop is a waterfall dei
ColdPlay. E coccolata
da una delle sue canzoni preferite si addormentò.
Il suo orologio da polso segnava le 23.00 p.m.
Alec prese la sua felpa e uscì di casa.
Il vento autunnale gli provocava leggeri brividi, prese l'accendino e
si fumò
la decima sigaretta di quel giorno.
Non aveva mai fumato così tanto, ma non riusciva a non
smettere di pensare che
il blu fosse un colore speciale.
Non sapeva spiegarsi il perchè, ma sapeva, per qualcosa, a
lui per il momento
sconosciuto, che li avrebbe rivisti. Quando meno se lo sarebbe
aspettato.
***
Jake,
vestito come quella mattina, l'aspettava d'avanti il
Pulteney Bridge.
Si salutarono con la loro consueta pacca sulla spalle e saliti in
macchina, si
avviarono verso quella che sarebbe stata la loro meta per quella sera.
La casa di Jordan, era gremita di gente. Corpi sudati si strusciavano a
ritmo
di una musica psichedelica. Ragazzi ubriachi cercavano rissa. Ragazze
mezze
nude ballavano come se non ci fosse un domani. Negli angoli giacevano
mozziconi
di sigarette e spinelli.
Prese una Heineken e con Jake andò alla ricerca dell'amico.
Jordan era beatamente seduto tra tre ragazze. Una bionda, una bruna e
una
rossa.
Imbarazzo della scelta, insomma, pensò.
Jordan li salutò e presentò le ragazze come
Jennifer, Conny e Anne.
Dopo
tre birre e una serie di cicchetti, era ubriaco.
Intento a baciare una rossa, di cui non ricordava il nome, su un divano.
E non potè, anche in quello stato, non osservare i suoi
occhi e non trovarvi
quelli che lo tormentavano.
E Alec, quella sera, voleva solo dimenticare quella sconosciuta che non
riusciva a togliersi dalla mente.
***
Erano
le 3.00 a.m. e Alec si rivestì e andò via.
Lasciando
in quel letto la sua ragazza da una notte.
Tornò a casa e senza spogliarsi si gettò sul
letto. Addormentandosi con la
consapevolezza che non era riuscito a
dimenticarsi di quegli
occhi. Nemmeno per un secondo.
___________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
scusatemi per questo capitolo, non degno di essere pubblicato.
E' solo un capitolo di passaggio.
Con il prossimo mi farò perdonare. Prometto.
Comunque cosa ne pensate?
In questo capitolo troviamo un Alec Don Giovanni. Qualche
parere a
riguardo?
Suggerimenti?
P.s. ringrazio Misakixox per
la recensione e tutte le
lettrici misteriose. Fatevi avanti, non mordo. Haha.
Xoxo Fil
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Capitolo 6 *** Chapter 5 - Alive ***
»Chapter 5
Alive - As Ink On Paper
Mi
sento come l'aereo, che è precipitato. Distrutta.
Mi
sento come il deserto, che è monotono. Noiosa.
Mi
sento come il pilota, che è lì da solo. Disperata.
Mi
sento come l'elefante, che è stato mangiato dal serpente.
Inghiottita.
Mi
sento come il bambino, che non viene preso sul serio
dagli adulti. Incompresa.
Mi
sento come la pecora, che è stata disegnata nella
scatola. Imprigionata.
Mi
sento come il pianeta, che è lontano. Piccola.
Mi
sento come il tramonto del sole, che è diventato
abitudine. Senza valore.
Mi
sento come il baobab, che è in pericolo. Indesiderata.
Mi
sento come il vulcano, che sta per esplodere. Impaziente.
Mi
sento come il re, che si aspetta troppo. Delusa.
Mi
sento come il vanitoso, che vorrebbe essere ammirato.
Insoddisfatta.
Mi
sento come l'ubriacone, che beve per dimenticare.
Dipendente.
Mi
sento come l'uomo che accende i lampioni, oppresso dalla
consegna. Schiacciata.
Mi
sento come il geografo, che vuol capire tutto ciò che
esiste. Ignara.
Ma
sono anche il fiore, che ama il Piccolo Principe. Sono
anche il Piccolo Principe, che vuole addomesticare la volpe. Sono la
volpe, che
riesce a fidarsi di qualcuno, costi quel che costi.
E
di me si deve prendere tutto, quello che sono e quello che
non sono.
Ma
ho una paura dannata del morso del serpente.
E
Beth
si sentiva proprio così.
Distrutta. Noiosa. Disperata. Inghiottita. Incompresa. Imprigionata.
Piccola.
Senza valore. Indesiderata. Impaziente. Delusa. Insoddisfatta.
Dipendente.
Schiacciata. Ignara. Paurosa.
E queste erano le parole che cercava da una vita per rispondere alla
domanda
"Parlami di te, descriviti" , alla quale aveva sempre risposto con un
mezzo sorriso e silenzio.
Perchè l'unica risposta che sapeva dare, era quella: silenzio.
Beth Smith, non amava parlare di se. Preferiva che le persone
scoprissero chi
fosse conoscendola. Perchè forse, inconsciamente, sapeva di
non sapere chi
fosse. E tutt'oggi non l'aveva ancora scoperto.
Beth amava ascoltare. Stare ore in silenzio ascoltando musica.
Ascoltando le
pagine dei libri. Ascoltando vite immaginare, ma così
maledettamente vere, nei
film. Ascoltando i problemi degli altri, e cercando di risolverli.
Perchè i
problemi degli altri appaiono facili da risolvere ma i propri sembrano,
invece,
impossibili.
E quell'impossibile cercava di renderlo possibile.
Per non
lasciare niente dietro. Non avere pentimenti e non lasciare niente
incompiuto.
Beth, era così, un libro con pagine ancora bianche,
impazienti di essere
scritte e di avere un lieto fine, ma al contempo desiderose di essere
lasciate
così, con un continuo ancora da scrivere. Una vita davanti
da vivere. E un
tempo, ancora indefinito, per essere scritte.
***
La prima settimana di scuola, era passata nel più noioso dei
modi. Ora dopo
ora, per sette giorni, si erano alternate lezioni, interrogazioni,
mensa,
compiti, e quel poco tempo libero che rimaneva, lo impiegava a dormire.
Il lunedì era alle porte. E rimanevano poche ore, per
aggiustare la settimana
che stava scadendo.
Indossò il suo Parka verde militare e uscì di
casa.
Ed e Hannah erano in macchina, la salutarono con un sorriso. Lei
ricambiò.
Il ragazzo mise in moto, e si diressero verso quella che sarebbe stata
la prima
festa dell'anno.
Samantah, una delle chearleader, organizzava quella festa ogni anno, e
tutti
erano invitati.
Beth, solitamente restava a casa, con un libro da leggere e una tazza
fumante
di cioccolata.
Ma quella sera, non aveva trovato nessuna scusa. E, sinceramente, non
voleva
trovarla.
Aveva solo voglia di divertirsi. Smettere di pensare e sentirsi libera.
La
villa della biondina, si era trasformata in una
discoteca. La musica arrivava al fondo della strada, dove giacevano
file di
macchine. Parcheggiarono e s'incamminarono.
Il giardino gremito di persone, sembrava essere lo scenario di un
concerto.
Dentro casa, una fitta macchia di corpi ballava a ritmo di musiche, le
cui
parole erano incomprensibili. Fiumi di bottiglie vuote scendevano dalle
scale e
sgorgavano sul pavimento. Birra e altri alcolici sostavano
momentaneamente sui
ripiani in cerca di qualcuno che li bevesse. Le stanze non occupate dai
prodigiosi ballerini erano scenario di notti o sveltine di passione,
per chi
voleva privacy, altri, più sfacciati, usavano i bagni o le
scale per i loro
amplessi.
Beth afferrò una Corona, e insieme ai suoi amici diede
un'occhiata in giro.
Dopo due ore, la situazione era solo peggiorata.
Beth, si ritrovò in pista con Hannah a ballare sulle note di
Numb dei
Linkin Park, una delle sue preferite. Aveva bevuto più di
quattro birre, e
l'alcool incominciava a fare effetto.
Nessuno dei suoi amici l'aveva mai vista così su di giri, di
solito non ballava
mai, neanche sotto tortura.
Ed sorrise, consapevole che quella ragazza fosse piena di sorprese e
certo, che
nessuno la conoscesse veramente.
Alec, era appena uscito da una delle camere da letto. La ragazza, di
cui non
sapeva il nome, dormiva.
Scese le scale, afferrò una birra e si diresse alla ricerca
di Jake.
Quella sera, aveva bevuto più del solito, e non aveva
intenzione di smettere.
Diede qualche gomitata per passare tra la folla e si guardò
in giro.
I suoi occhi si fermarono sulla figura di una ragazza, indossava un
semplice
abitino nero stretto in vita. Si muoveva sinuosamente ondeggiando i
fianchi, le
mani accarezzavano il tempo e i lunghi capelli neri risplendevano.
Alec, non sapeva per quel motivo non riuscisse a non smettere di
guardarla,
forse era la canzone dei Linkin Park, una delle sue preferite, o un
altro
motivo a lui sconosciuto. Ma sapeva, solo che non aveva mai visto una
ragazza
muoversi in quel modo, così...così
dannatamente sexy.
Il corpo della ragazza seguiva la musica, ma ad un ritmo estraneo, come
se
desse lei il tempo.
Sembrava seguire il battito del cuore di quel ragazzo che la mangiava
con gli
occhi, desideroso di scoprire chi fosse.
Staccò per un attimo gli occhi da quella visione e si
guardò intorno. Altri
ragazzi la guardavano in preda all'eccitazione.
Strinse le mani in due pugni, facendo diventare le nocche bianche preso
da uno
strano sentimento mai provato.
Distolse lo sguardo e lo riportò sul quel corpo che sembrava
modellato dal
migliore scultore al modo.
La
ragazza, si fermò, lì in mezzo alla pista e
lentamente si
voltò.
Il cuore del riccio, incominciò a battere ad un ritmo mai
scandito, irregolare
e veloce.
Fu un attimo, un solo attimo e si immerse in quei pozzi blu, che tanto
desiderava rincontrare. Rivedere.
Brillavano.
Alec,
ne era sicuro, non aveva mai visto degli occhi
così..., di un colore così..., di una
luminosità così...
Semplicemente non aveva mai visto degli occhi come quelli di quella
ragazza,
che ora era scomparsa.
E
Alec, non era sicuro di averla incontrata davvero. Forse,
era stato solo uno scherzo giocatogli dall'alcool o dalla sua testa,
che non
smetteva di pensare a lei. Ma, ciò che aveva provato era
così vero.
E Alec Cooper non si era mia sentito, in vita sua,
così vivo.
Beth
era in macchina, Ed la stava riportando a casa, la
testa era appoggiata al finestrino.
Il suo corpo era lì, rannicchiato, ma la sua mente era
scomparsa, in un mare di
confusione.
Beth stava annegando.
Mentre ballava, si era fermata e presa non sapeva da quale istinto, si
era
girata e per un attimo, un solo attimo, e le sembrò di
immergersi nuovamente in
quei due pozzi neri, che aveva tanto desiderato rincontrare. Rivedere.
Brillavano.
Poi,
Hannah, l'aveva trascinata via. E ora era in macchina.
E,
non era sicura di averlo incontrato davvero. Forse, era
stato solo uno scherzo giocatole dall'alcool o dalla sua testa, che non
smetteva di pensare a lui. Ma, ciò che aveva provato era
così vero.
E Beth Smith non si era mia sentita, in vita sua,
così viva.
____________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
ecco un nuovo capitolo Alive, spero vi piaccia.
Non è molto lungo, ma
doveva finire così, nel modo in cui è finito. Non
ci sarebbe potuta essere un'altra
fine per questo capitolo, o forse si, ma io non l'ho trovata.
Cosa ne pensate dell'evoluzione della storia?
Di Alec? Di Beth?
Avete idee per un continuo?
Anche questa citazione, che trovata all'inizio del capitola,
è tratta dal
romanzo Cose che nessuno sa di Alessandro D'Avenia.
E' un passo del libro che amo. E' uno specchio e io mi ci rifletto,
senza
maschere, senza segreti, senza bugie.
Bando alle ciance, spero vi piaccia.
Pubblicherò il prossimo capitolo dopo aver ricevuto, minimo,
due recensioni.
Questo perchè voglio sapere se vale la pena continuare a
scrivere questa
storia.
Xoxo Fil
|
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Capitolo 7 *** Chapter 6 - Homecoming ***
»Chapter 6
Homecoming - As Ink On Paper
30 settembre.
Ottobre
era alle porte. E con il suo arrivo anche l'
Homecoming.
Gli studenti del Bath High School erano in trepidante attesa.
Le ragazze, indecise su quale vestito comprare, che scarpe indossare e
quale
accessorio abbinare, erano ansiose di scoprire chi le avrebbe invitate
al
ballo.
I ragazzi, invece, anche i più coraggiosi, diventavano
timidi difronte alla
proposta da porre alle ragazze.
Negli studenti, del Bath High School, si alternavano le domande
Mi inviterà?
Accetterà? Chi mi chiederà di accompagnarlo al
ballo? A chi chiederò di venire
al ballo? Quando me lo dirà? E' il momento giusto?...
Ma nella mente di Beth e Alec, le domande erano solo due, le stesse.
Chi
sei?
Dove
sei?
Da quella sera, l'ultima in cui i loro occhi si erano scontrati, non
avevano
fatto altro che cercarsi, senza trovarsi. Cercare di sapere chi
fossero, senza
scoprirlo. Pensarsi, senza vedersi. Domandarsi. Domandarsi, senza
ricevere
nessuna risposta.
E allora Beth aveva deciso di smettere. Smetterla con quella cosa.
Qualunque cosa fosse.
Aveva cercato di dimenticare quegli occhi. E credeva di esserci
riuscita.
Ma ben presto avrebbe capito che non era affatto così.
E allora Alec, aveva cambiato ragazza ogni notte. Aveva deciso di
chiudere
quella cosa. Qualunque cosa fosse.
Aveva cercato di dimenticare quegli occhi. E credeva di esserci
riuscito.
Ma ben presto avrebbe capito di essersi sbagliato.
***
L'aria
di ottobre si faceva sentire nella città di Bath.
Il vento soffiava freddo e forte.
Beth, abbracciata nel suo Parka, forse un po' grande, voleva solo
tornare sotto
il suo piumone e dormire.
Non c'è niente di più bello di dormire,
al calduccio, in una giornata
fredda, pensò.
Ed invece, stava andando a scuola.
Aveva perso l'autobus.
Stava camminando a piedi.
Aveva freddo.
E alla prima ora l'aspettava il compito di matematica.
<< Bella merda! >> pensò ad alta
voce.
A differenza, di quasi tutti gli esseri viventi, a Beth piaceva la
matematica.
Era fatta di numeri e regole. Di precisione. Era perfetta: giusta o
sbagliata.
Non c'era una via di mezzo. Cosa che, invece, regnava nella sua vita.
L'indecisione. Il grigio. La via di mezzo. Non una partenza, non un
arrivo.
Ma, ultimamente, era stata troppo impegnata a cercare di dimenticarsi
di qualcosa,
o meglio qualcuno, e la sua mente aveva cacciato
via numeri e lettere,
equazioni e problemi, e soprattutto compiti in classe.
Con la voglia di entrare a scuola, spedita nei posti più
remoti dell'universo,
Beth entrò in classe.
Alec, dopo un'altra serata passata con chissà quale ragazza,
era in ritardo per
la scuola.
L'orologio segnava le 9.30 a.m.
Avrebbe fatto in tempo per la seconda ora, se solo avesse voluto.
Era stanco. Gli occhi, due persiane, erano indecisi se alzarsi o
chiudersi del
tutto. Il corpo sembrava aver superato una prova di resistenza. La
testa era in
balia di una centrifuga.
Provò ad alzarsi, ma troppo assonato, si accasciò
nuovamente sul letto. Chiuse
gli occhi, e dormì così. Con un paio di boxer
neri. Un letto disfatto. Senza
coperte. Panni sparsi sul pavimento. E una chitarra ansiosa di essere
suonata.
La
giornata andava di male in peggio.
Il compito di matematica era divenuto una tragedia drammatica.
Hannah, era andata a casa prima che iniziasse il compito per un
improvviso
malore, mimandole uno scusa patetico.
Così, Beth, aveva svolto il compito da sola, risolvendo
quattro esercizi su
sei. E non era sicura di averli svolti bene.
Ed, aveva la febbre.
Le ore successive passarono con una lentezza angosciante. Le mura delle
stanze
sembravano inghiottirla.
Voleva scappare. Evadere da quel carcere.
Ma non poteva. Almeno, non per il momento.
Tutti non facevano altro che parlare dell'imminente ballo. Ma a Beth,
non
importava. Probabilmente, anche quest'anno l'avrebbe passato a casa.
Di solito, nessuno l'invitava, e la ragazza da un lato ne era felice,
ma
dall'altro voleva solo essere come le altre ragazze. E per una volta
non essere
quella strana.
***
Quest'anno
era toccato al Bath High School organizzare
l'Homecoming per tutti i licei della città. Il Parade
Gardens, aperto solo nel
periodo estivo, sarebbe stato sede, eccezionalmente, del ballo in
maschera.
Ottobre
era ben inoltrato.
Era sera, quando, a casa di Beth arrivò Hannah.
Qualche giorno prima, si era presentata con un vestito e l'aveva
costretta ad
andare al ballo.
Beth, sfinita, dopo ore di scuse inventate per non presentarsi, dovette
accettare.
E così, ora, si ritrovava con un vestito, un'amica
squilibrata, senza un
cavaliere e un ballo, ad attenderla.
Alec, lottava contro i mocassini che non ne volevano sapere di ospitare
i suoi
piedi. Dannate scarpe. Dannato ballo.
Ovviamente, lui, del ballo non ne voleva sapere, ma Jake l'aveva
costretto.
E così, ora, si ritrovava con un odioso vestito, dei dannati
mocassini, Loren
come accompagnatrice e un dannato ballo, ad attenderlo.
Loren, dopo aver fatto di tutto, per farsi notare da Alec, era riuscita
a farsi
invitare al ballo con un secco vieni al ballo con me?,ed ora, non
vedeva l'ora
che il ragazzo venisse a prenderla a casa.
Ed anche per questa sera, non sarò solo,
pensò.
Alec Cooper, aveva sempre avuto la fama di donnaiolo,
e per lui, più che
un'offesa, era un complimento.
Alec ha passato molte notti con molte ragazze.
Tutte le sue ragazze da una notte, non erano
studentesse della sua
scuola, ma Loren, lo era, e per questo, si reputava fortunata.
Hannah, non faceva altro che correre per la camera dell'amica. Beth,
invece,
era sdraiata sul suo letto, le braccia piegate dietro la testa, e le
cuffie
nelle orecchie. Tranquilla, come se non dovesse andare ad un ballo. In
realtà,
lo era, perchè doveva indossare una maschera e nessuno
l'avrebbe riconosciuta.
<< Alza quel culo e muoviti! >> le
urlò Hannah.
20.30
p.m.
Alec
nei suoi jeans neri, strappati sulle ginocchia, t-shirt
aderente bianca, giacca e papillon neri, era appoggiato sul fianco
della sua
macchina aspettando Loren. Le sue converse sfregavano sull'asfalto.
L'aria era
fredda. E voleva solo andarsene.
Quando la ragazza, in un mini abito rosso, arrivò, le
regalò un sorriso
sghembo. Da vero gentiluomo, le aprì la porta dell'auto e
partirono verso il
Parade Gardens.
21.00
p.m.
Il
Parade Gardens era divenuto la scenografia di un film
adatto a Nicholas Sparks, candele e petali erano sparsi ovunque,
rendendo
l'atmosfera romantica. Enormi tavoli rotondi erano presentati da un
lungo
tappeto rosso che dava il benvenuto. L'intero parco sembrava un cielo
stellato.
I
ragazzi nei loro smoking e le ragazze nei loro sfavillanti
vestiti rendevano il tutto tremendamente elegante.
E
Beth, si sentiva, così insignificante nel suo abito corto.
Così fuori luogo nei suoi anfibi rovinati. E tremendamente a
disagio
nell'essere sola.
Alec,
era veramente stufo di questa situazione, Loren non
faceva altro che vantarsi di essere riuscita a farsi invitare da lui, e
le sue
amiche non facevano altre che ridere. I loro cavalieri parlavano di
cose
inutili, e lui era tremendamente a disagio nel sentirsi solo.
Finì la birra e si allontanò.
Tutte le ragazze, quella sera, gli sembrarono uguali. Tutte fasciati da
abiti
strettissimi, tacchi vertiginosi e trucco abbondante. Erano tutte
uguali.
Quando, però, giro la testa, e vide una bellissima ragazza
cambiò idea.
Il
corpo esile e formoso era fasciato da un'abito corto
panna, con inserti in pizzo nero. I
capelli neri e lunghi, erano lasciati lisci e sciolti. Una bellissima maschera
argento e nera, le copriva il viso,
mettendo in risalto le labbra carnose. Con sua sorpresa, non calzava
tacchi
vertiginosi, ma anfibi neri e rovinati.
Sorrise, era bellissima.
La vide sola e si avvicinò.
Le prese la mano e la trascinò in pista
<< Guarda, che non sono la tua dama! >>
<< Sei la mia dama! >> le sorrise
<< Ti conosco? >>
<< Sono il tuo Romeo e tu la mia Giulietta!!
>> rispose il ragazzo
in modo sfacciato.
La ragazza dai lunghi capelli neri sorrise
<< si, nei tuoi sogni!! >> disse e fece per
andarsene, ma Alec la
prese per il polso e fece scontrare il proprio petto con la sua schiena
<< Io sogno sveglio! >>
disse con voce seducente al suo
orecchio
<< E' una frase di Shakespeare >> sorrise.
Lui, lentamente la girò, poi, i loro occhi s'incontrarono e
il suo cuore perse
un battito o forse, prima, era fermo ed in quel momento aveva
ricominciato a
battere.
Non
poteva credere ai propri occhi. La riconobbe, così, come
un marinaio riconosce sempre la stella polare. L'aveva cercata
così a lungo.
L'aveva sognata tante volte, ed ora era tra le sue braccia.
Beth,
non ci poteva credere. Lo riconobbe.
L'aveva cercato così a lungo. L'aveva sognato tante volte,
ed ora le sue
braccia l'avvolgevano.
Non
seppe che dire. Forse lui non l'aveva riconosciuta.
Forse, in realtà, non l'aveva mai vista, e quando i loro
occhi si erano
incontrati non aveva provato le stesse cose.
Fece finta di non averlo mai visto.
Non
seppe che dire. Forse lei non l'aveva riconosciuto.
Forse, in realtà, non l'aveva mai visto, e quando i loro
occhi si erano
incontrati non aveva provato le stesse cose.
Fece finta di non averla mai vista.
La
ragazza allungò le braccia e gli cinse il collo. Brividi.
Il ragazzo fece scorrere lentamente le proprie mani fino a raggiungere
i suoi
fianchi. Brividi.
Alec e Beth, ballarono così, sulle note di Kiss Me
di Ed Sheeran, uno
dei loro cantanti preferiti, facendo finta di non essersi mai
incontrati. Di
non avere i brividi. Che il cuore, non volesse uscire dal petto.
Abbracciati,
con la paura di guardarsi negli occhi. E con una tremenda voglia di
baciarsi.
__________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
come promesso ecco il nuovo capitolo.
Non è lungo come credevo, ma su Word sembra che non finiva
più, perciò
scusatemi.
Spero vi piaccia.
E, scusate eventuali errori, ma ci tenevo a postarlo entro stasera.
Cosa ne pensate del capitolo?
Il vestito di Beth vi piace?
P.s. ringrazio tutte le persone che hanno recensito, messo la mia
storia tra le
preferite, ricordate e seguite.
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeee! A 6 recensioni pubblicherò il nuovo
capitolo!
Xoxo Fil
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Capitolo 8 *** Chapter 7 - Coincidence or Fate? ***
»Chapter 7
Coincidence or fate? - As Ink On Paper
Il
letto era caldo.
Le coperte avvolte attorno al suo corpo.
La testa coperta da un cuscino.
I deboli raggi del sole di Ottobre, attraversarono la persiana della
finestra,
disegnando strisce di luce sul pavimento.
L'orologio segnava le 10.00 a.m. e Alec dormiva. Cullato da sogni, che
forse
non sarebbero mai divenuti realtà.
Catturato da occhi che non riusciva a dimenticare perchè
semplicemente,
non voleva dimenticare.
E Alec Cooper, infondo, si chiedeva se fosse quello il motivo per cui,
non si
dimentica qualcosa o qualcuno. Perchè, non lo si
vuole.
E Alec Cooper, sapeva anche che, infondo, quelle sarebbero rimaste solo
domande. E che, forse, la risposta la troverà in futuro, o
semplicemente, non
la saprà mai.
***
Lunedì
era arrivato, e con esso, un altro noioso giorno di
scuola.
Il Bath High School, dopo aver dato il più grande e magico
Homecoming che la
città di Bath avesse mai visto, era divenuto un cimitero.
Alcuni ragazzi, ancora ubriachi per la sera precedente, non si erano
presentati, e la scuola contava solo 100 alunni presenti quel giorno. E
Beth
era una di quelli.
Beth Smith, non sapeva perchè quel giorno fosse
lì, invece di restare a dormire
nel suo letto.
Forse sperava di rivedere quegli occhi.
Di poter parlare con lui.
Di sapere il suo nome.
Sperava, e basta.
Ma ben presto la speranza, fece spazio alla delusione quando, di lui
non vide
nessuna traccia.
E con le mani in tasca, il capo chino, e l'umore sotto le suole delle
scarpe,
andò via, dirigendosi nell'unico luogo in cui voleva essere:
Il Palladian
Bridges.
Tra le dolci colline verdi e gli alberi gialli e arancioni, il ponte si
rispecchiava nel fiume che lo attraversava.
Beth non potè non sorridere. Le era mancato quel
posto.
Prese l'album da disegno e iniziò a disegnare.
Tutti i colori si alternarono in quello schizzo, e senza rendersene
conto, Beth
disegnò i suoi occhi.
Sospirò.
Una piccola pietra le arrivò sul braccio.
Un'altra.
<< Ahi! >>
Si girò e vide un ragazzo con il cappuccio che gli copriva
il viso.
S'innervosì.
<< Tu maleducato che non sei altro. >> il
ragazzo rise.
Beth si alzò e puntandogli il dito contro disse:
<< cosa ridi! sei uno stupido! >> il
ragazzo rise ancora di più
<< tu! sei... >> non terminò la
frase, due occhi neri la
distrassero.
Non
è possibile, pensò.
Alec,
non smetteva di ridere, quella ragazzina che cercava
di sembrare autoritaria lo divertiva troppo. Abbassò il capo
e smise di ridere.
Non
è possibile. E' lei. Cazzo è lei,
pensò.
Beth
si ricompose e cercò di parlare
<< sei...sei...>> balbettò
<< sono...? >> disse con voce calda e roca.
Beth sentì un tremolio percorrerla
<< maleducato e... stupido, giusto? >>
<< si, cioè no... >> rispose la
ragazza
<< si o no?? >> chiese ridendo.
Beth sbuffò e fece per andarsene, ma la sua voce la
fermò
<< cosa ci fai qui? >>
<< potrei farti la stessa domanda >>
sospirò e lui rise
<< testarda >>
<< già, è quello che pensa la
gente! >>
<< mhmh... e tu cosa pensi? >>
mugolò
<< i-io… penso di andarmene >>
Alec sorrise
<< beh, in effetti, dovresti. Questo è il mio
posto >>
<< per la cronaca è il mio >>
rispose Beth
<< potremmo condividerlo >> disse con un
sorriso malizioso
<< fammi pensare... >> disse la ragazza.
<< fatto!>> continuò.
Alec
sorrise vincitore.
<<
NO! >> e sul viso del giovane comparì
un’espressione confusa.
Beth
prese le sue cose e fece per andarsene, quando una mano
le bloccò il braccio
<< qual'è il tuo nome? >> le
chiese.
Beth s'immerse nuovamente in quei pozzi di petrolio
<< qual'è il tuo nome? >>
richiese.
Beth si avvicinò al suo orecchio e disse <<
scoprilo >> e lo lasciò
lì. Con un’espressione confusa e un sorriso
divertito.
Ma prima che Beth scomparisse dalla sua vista le urlò
<< io sono Alec!
>>
Beth sorrise.
E nel suo stomaco sentì un qualcosa muoversi.
Coincidenza o destino?,
pensò
______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Scusate
il ritardo.
Ecco il nuovo capitolo, è abbastanza corto. Scusatemi.
Comunque spero vi piaccia.
Cosa ne pensate?
Il prossimo capitolo, prometto sarà più lungo, lo
pubblicherò dopo aver
ricevuto 6 recensioni a questo.
Quindi se volete un continuo recensite please!
Come è stato il vostro rientro a scuola?
Xoxo Fil
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Capitolo 9 *** Chapter 8 - Who Are You? ***
»Chapter 8
Who are you? - As Ink On Paper
Era
passato, ormai, un mese dall' incontro con Alex, e Beth, da quel
giorno, non lo
vide più.
Lo cercò tra i banchi di scuola, nei bagni del terzo piano e
in quelli degli
altri, nei bar agli angoli della città, al Palladian Bridge.
Di Alex nessuna traccia.
E così come era apparso, sparì.
***
4
dicembre, 2013
Il
freddo di dicembre
si faceva ormai sentire nella cittadina di Bath, e Beth, stretta nel
suo parka
verde militare di qualche taglia in più, batteva i denti per
il freddo. La fila
davanti al Colonna and Small's Speciality Coffee
era interminabile e
Beth e Hannah desideravano solo un maledettissimo
caffè.
Dopo circa un quarto d'ora finalmente quel liquido caldo le
riscaldò, dando
sollievo e torpore ai loro corpi.
Quel pomeriggio sarebbe stato una lunga avventura all'insegna dello
shopping, e
anche se Beth non ne aveva nessuna voglia, l’entusiasmo di
Hannah era troppo
coinvolgente per dirle di no. Di lì a poche settimane ci
sarebbe stata la festa
di Natale organizzata, ogni anno, dai genitori di Ed, e tutta Bath era
invitata.
***
Drin
drin
Maledetta
sveglia,
pensò.
L’orologio segnava solo le sei del mattino e Beth era
già in ritardo.
Dieci minuti dopo correva per la fredda cittadina, la sciarpa che le
stringeva
il collo, i capelli che svolazzavano, il freddo pungente e i lacci
degli anfibi
che rischiavano di farla inciampare.
Non importava.
A Beth Smith, quel giorno, non importava di nulla.
Non le importava dello stomaco che brontolava, del telefonino
dimenticato a
casa, di non presentarsi a scuola quel giorno, della madre che non
l’avrebbe
trovata e del bigliettino lasciato sul frigo per avvisarla, che non
avrebbe
risolto nulla.
Non le importava.
Voleva solo correre più forte, più veloce.
Non fare tardi.
La
stazione di Bath era
quasi vuota.
Un cartone della pizza accanto ai suoi piedi, un’ansiano
signore con un
giornale vecchio di tre giorni, una birra a qualche metro, il freddo e
le mani
che sudano.
Non
c’è.
Cazzo
non c’è.
La
delusione, il freddo
e le mani che sudano.
E Beth che si sentiva più stupida che mai.
L’aveva
promesso.
E
lei stupida c’era
cascata come sempre.
L’aveva
promesso.
E
lei l’aveva creduto.
E come sempre non le rimaneva altro che una nuova cicatrice da
aggiungere alle
altre. Alla vasta collezione.
Una nuova cicatrice, il cuore che fatica a battere, il corpo
più pesante che
mai.
Beth se ne và.
Le
strade erano più
affollate, i bar gremiti di gente e aroma di caffè, gli
alberi innevati, i
marciapiedi scivolosi, e i lacci degli anfibi ancora sciolti.
***
Bath
di sera sembrava
così magica, decorata da neve e lampioni accessi. Il vento
che soffiava leggero
ma freddo. I cappotti, le sciarpe, i guanti.
Casa di Ed sembrava un presepe.
Luci.
Tante luci.
In una serata senza stelle.
Tutta Bath era lì fasciata nei suoi abiti più
eleganti, nei gioielli, nello
champagne, nello sfarzo.
E, a d’un tratto, Beth si sentiva fuori posto. Come sempre.
Il suo vestitino nero, uno dei suoi preferiti, sembrava sciatto e i
suoi anfibi
facevano a pugno con i tacchi delle altre ragazze.
Ma a Beth non importava.
Era abituata a sentirsi così.
Ad essere quella strana.
Hannah, invece, era bella come sempre, il suo vestito verde bosco, le
infondeva
sicurezza e Beth non si sentiva più così sola.
Le due amiche andarono in cerca di Ed e lo salvarono dalle grinfie
della
vecchia Mrs. Jordan, proprietaria di un edicola in centro, che aveva un
debole
per lui.
Il loro amico non era mai stato così elegante.
Smoking nero, cravatta, e camicia bianca.
Sembrava uscito da Le Iene di Tarantino, ed era
proprio bello.
E Hannah non gli staccava gli occhi di dosso.
E Ed non le staccava gli occhi di dosso.
E Beth si sentì di troppo.
Prese il cappotto e uscì fuori.
Le scalinate erano scivolose e fredde, le ossa come ghiaccioli, le
guance rosse
e i denti che lottavano tra di loro.
Beth
Smith era sola. In
una sera fredda, senza stelle.
Poi
ad un tratto
qualcosa o qualcuno le cadde a dosso.
Un ragazzo.
<< scusa… >>
______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
eccomi di ritorno dopo una lunga, lunghissima assenza.
Mi scuso, ma come sapete avevo il pc rotto.
Ma adesso sono nuovamente qui.
Questo nuovo capitolo spero vi piaccia, anche se non è un
gran che, sicuramente
vi aspettavate un evolversi della storia tra Beth e
Alex, ma colpo di
scena: è sparito.
E’ già passato un mese e Beth sembra averlo
dimenticato.
Ma chi sarà mai il misterioso ragazzo che le cade
addosso??
Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Recensite in tanti!!!
Xx
Fil
|
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Capitolo 10 *** Chapter 9 - Mad World ***
»Chapter 9
Mad world - As Ink On Paper
All around me are familiar faces
Worn out places
Worn out faces
Bright and early for their daily races
Going nowhere
Going nowhere
Their tears are filling up their glasses
No expression
No expression
Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow
No tomorrow
And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very very
Mad world
Mad world
Children waiting for the day they feel good
Happy birthday
Happy birthday
Made to feel the way that every child should
Sit down and listen
Sit down and listen
Went to school and I was very nervous
No one knew me
No one knew me
Hello teacher tell me what’s my lesson
Look right through me
Look right through me
E
per quanto possa sembrare strano Alec si sentiva proprio
così...
E per quanto possa sembrare buffo Alec si sentiva un pazzo perso in un mondo
folle.
E nonostante tutte le cose starne e buffe a questo mondo lui si sentiva
di più.
Si sentiva doppiamente pazzo e folle in un mondo dove quelli come lui
erano
troppo, persino per i canoni della follia.
E allora quel folle mondo di cui parlava la canzone
di Gary Jules
suonata con le corde della sua chitarra, gli sembrava imballata di
parole vere,
ma troppo piccole per un qualcosa troppo grande.
E, così, anche il concetto di piccolo e grande perdeva
significato e
importanza.
Alec Cooper si ritrovava in un letto non suo, con un cielo che non gli
apparteneva, in una città che lo trattava da straniero.
Si sentiva un viaggiatore.
Un viaggiatore in un folle mondo.
La testa contro il vetro, una bottiglia di birra rovesciata sul
pavimento, le
dita indolenzite, la luce fuori la finestra fulminata, gusci di noci
sparsi sul
pavimento, una fiamma traballante.
Alec
solo.
Come
si era sempre
sentito.
E, quando, neanche più una nota a tenergli compagnia, più
solo che mai.
E neanche una luce.
In una serata senza stelle.
Il
cielo nero.
Assenza di luce.
Mad
world.
Folle mondo.
Un
quaderno
stropicciato con parole senza senso.
Una penna con troppo inchiostro.
Una mente vuota.
I
passi nudi si
alternavano sul pavimento.
Avanti, indietro.
Avanti, indietro.
In una continua danza.
In una continua lotta.
Perso nella confusione.
Prigioniero di una gabbia costruita con le sue mani.
Pentito.
Alec Cooper non si era mai sentito così stupido.
Così... così... non sapeva neanche lui come.
La
testa sul cuscino.
La mente vuota, ma mai così piena.
I boxer sul pavimento.
Occhi chiusi.
6.30
a.m.
_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
eccoci qui con un nuovo capitolo.
Scusate la brevità, ma mi serviva questo piccolo pezzo di
carta per scrivere di
Alec.
E' un capitolo un po' vago, ma più avanti capirete il
perché.
Non vi spiego nulla, fatelo voi. Scrivetemi di cosa vi ha trasmesso e
cosa
siete riuscite a captare da questo capitolo.
Questo pezzo di storia l'ho scritto sentendo la canzone Mad World di
Gary
Jules, una canzone stupenda, che cito, per l'appunto, nel brano e della
quale
riporto il testo.
Per chi non conosce l'inglese, vi consiglio di leggere la traduzione in
modo da
capire di più il capitolo e di leggerlo ascoltandola.
Questo è il tutto.
Recensite.
Xx
Fil
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Capitolo 11 *** Chapter 10 - Very... too ***
»Chapter 10
Very… too - As Ink
On Paper
Beth
Smith era sola. In una sera fredda, senza stelle.
Poi ad un tratto qualcosa o qualcuno le cadde addosso.
Un ragazzo.
<< scusa ... >>
E
Beth non ci poteva credere. Non
poteva credere che un ragazzo come lui, le avesse rivolto la parola.
I suoi occhi azzurro mare erano così profondi che Beth
credette di potervici
affogare.
E Beth Smith, ad un tratto, si sentì non più sola.
Il suo sorriso sostituiva le stelle, che quella sera, non volevano
saperne di
decorare il cielo.
E ridevano.
Ridevano. Di tutte le cose, per cui, in una sera senza stella si
può ridere.
E si sentivano liberi e felici. Nel miglior modo, in cui in una sera
che ti
senti solo, puoi sentirti.
E poi dispiaciuti, perché la sera era finita e con essa le
risate, il sentirsi
liberi e felici.
Ed erano tristi, perché dovevano salutarsi.
E poi un barlume di speranza.
I numeri scambiati. I sorrisi pure. E le parole sulla punta delle
lingue.
Beth
Smith quella sera, anche se non sapeva ancora il
perché, si sentì leggera come mesi prima.
E, anche se non lo avrebbe mai immaginato, non sarebbe stato un addio,
ma solo
un arrivederci.
***
Era
decisamente Natale, anche se non ancora, nella città di Bath.
Conosciuta come Christmas City, Bath era decorata
da oltre 120 bancarelle
che riempivano le vie del centro storico tra l’antica Abazia
e le Terme Romane
e le angeliche voci, che svolazzavano nell’aria gelida.
E a Beth Smith, quel tipico aroma natalizio, piaceva da morire.
A Beth piacevano le luci sparse per la città.
La neve sui marciapiedi, e tra i rami degli alberi.
Le piacevano i sorrisi dei bambini davanti le vetrine dei negozi di
giocattoli.
I cappelli di lana. Le caldarroste. Le palline di natale. Le foto
ricordo. Gli
abeti. Le canzoni tradizionali. I cappotti.
Beth Smith amava il Natale, più di qualsiasi altra cosa.
Amava la cioccolata calda alla nocciola con tanta panna che prendeva
sempre al
suo bar preferito, in uno dei tanti angoli della città.
Amava i fiocchi di neve che svolazzavano per aria e che trovavano
rifugio nei
tanti abiti o capelli dei passanti, per poi sciogliersi.
Amava l’aria dolce e felice che alloggiava nei volti delle
persone.
Beth Smith amava il Natale, ma non vi si sentiva mai partecipe.
Per lei, il Natale, era uno dei tanti spettacoli a cui si sentiva, come
sempre,
una semplice spettatrice.
Uno dei giorni in cui si sentiva più sola che mai.
***
Da
quella
sera, non aveva più rivisto quel ragazzo.
Invano aveva sperato in una sua chiamata o messaggio, e più
di una volta si era
data, mentalmente, una sciocca per non aver accettato di prendere il
suo numero
declinandolo con un “lo avrò quando mi
chiamerai”.
Aveva raccontato ogni minimo particolare di quella serata ad Hannah, ma
la sua
amica sembrava non averlo visto.
E Beth, si sentì più sciocca che mai.
Malgrado Hannah fosse la sua migliore amica, non le aveva mai confidato
dei sui
interessi verso un ragazzo in particolare, e questo creò non
poco interesse
nell’amica.
Le due si confidarono per tutta la sera, per poi addormentarsi vestite,
con una
cioccolata calda finita, la luce accesa, e le braccia intrecciate.
Il giorno dopo, un aria a dir poco gelida si abbatté sulla
città.
Beth e Hannah dormivano ancora, strette una nelle braccia
dell’altra e in
strati di coperte.
Jane, la madre di Beth, si era da poco svegliata e, dopo aver preparato
la
colazione, la portò in camera della figlia.
Hannah, da sempre miglior amica di Beth, era come una seconda figlia
per lei, e
ritrovarsela in casa non faceva altro che rallegrarla.
La stanza era buia, così, si affrettò ad aprire
le finestre, dalle quali entrò
una cascata di luce fioca, che invase la camera.
Diede un bacio sulla fronte alle due ragazze, posò il
vassoio sulla scrivania e
andò via.
La sveglia segnava le 10.30 a.m. ed era domenica.
Beth si svegliò con non poca grazia e fece cadere dal letto
Hannah, che come se
nulla fosse continuò a dormire sul pavimento.
Beth non poté resistere e scoppiò in una rumorosa
risata.
La bionda si svegliò e scoppiò
anch’essa a ridere.
Dopo un cappuccino, una spremuta d’arancia, un cornetto alla
crema e due muffin
Beth poté dire di aver terminato la colazione.
<< certo che non avevi per nulla fame! >>
disse Hannah
<< senti chi parla! Tu non hai toccato cibo, vero??
>>
Entrambe scoppiarono in una risata, e dopo tanto tempo si sentirono
spensierate
come non mai.
<< cos’hai da fare oggi Hann? >>
<< nulla… mi vedo con Ed >>
disse ridendo
<< ohoh nulla… mi vedo con Ed >>
le fece l’eco ridendo <<
dai, me lo chiami niente uscire con Ed? >>
<< uff, siamo solo amici! >>
<< certo, come no! >>
Le due amiche continuarono a prendersi in giro a vicenda,
finché Hannah non
andò via.
In realtà Hannah non aveva mai confessato un attrazione
verso Ed, ma Beth non
era stupida, e soprattutto era la sua migliore amica.
Da tempo aveva notato il modo in cui lo guardava.
Il modo in cui si guardavano.
E avrebbe potuto mettere le mani sul fuoco, quei due si piacevano, e
non poco.
Erano solo troppo timidi per confessarsi il reciproco interessamento.
Voleva fare qualcosa per aiutare i suoi amici, ma si convinse di non
intromettersi.
Mancava,
ormai, poco al Natale, e Beth non aveva ancora comprato i regali per
sua madre
e il suo fratellino.
Indossò il suo parka e uscì di casa.
Ne era ormai certa, l’aria di Bath si faceva di giorno in
giorno più fredda, e
si pentì di non aver indossato la sciarpa, come le aveva
consigliato la madre.
La strada per arrivare al negozio di giocattoli era lunga e il freddo
di certo
non aiutava.
Beth si fermò al bar e ordinò la sua cioccolata
calda alla nocciola con tanta
panna.
La bevanda calda era qualcosa di paradisiaco per la ragazza, sul viso
della
quale si stampò un sorriso di piacere.
Si incamminò nuovamente verso il negozio, ma non
poté fare a meno di fermarsi a
dare un occhiata alle vetrine dei negozi, tra le tante la
colpì quella del
negozio di Belle Arti, dove vide esposto un bellissimo album da disegno
in
pelle.
E solo in quel momento, Beth Smith, si accorse di quanto tempo fosse
passato
dall’ ultima volta che aveva impugnato una matita, molto.
Troppo.
Del molto tempo che non aveva più trascorso al Palladian
Bridge. Troppo.
E non poté, allora, non pensare a quegli occhi neri, che non
aveva più rivisto,
e che in molti modi aveva cercato di dimenticare. Troppi.
E capì che le parole molto e troppo insieme non portano a
nulla di buono.
E che, quel nulla di buono, non portava altro che confusione.
E in quella confusione si sentì persa.
Ormai persa nei pensieri, Beth non si accorse della persona che le era
davanti,
ed inciampando le cadde addosso.
<< m-mi dispiace!! >> disse la ragazza
<< non preoccuparti non è nulla!
>> le rispose
<< James? >> chiesa Beth sorpresa
<< Beth? >> disse lui
I due ragazzi scoppiarono in una rumorosa risata.
E Beth non poteva credere di averlo rincontrato, era felice, ma
arrabbiata
perché lui non l’aveva richiamata.
<< Oh… Beth scusa se non ti ho richiamata, ma
ho perso il telefono e con
esso il tuo numero.
Come sono felice di vederti! >>
E Beth, lo era anche lei.
Non l’aveva richiamata perché aveva perso il
telefonino e no perché non
volesse.
I due ragazzi parlarono per un po’ e poi James
accompagnò Beth nella sua
giornata di compere.
Era così bello passare del tempo con lui, pensò
Beth.
La faceva ridere, molto. Troppo.
Ed era felice, molto. Troppo.
E Beth, si ritrovò a pensare, che le parole molto e troppo,
infondo non erano
così malvagie insieme.
E che forse solo con la persona giusta erano davvero belle.
Era ormai sera quando James propose di riaccompagnare Beth a casa, ma
lei
rifiutò.
I due si salutarono con un bacio sulla guancia e poi Beth si
incamminò per far
ritorno a casa.
James prima che questa sparisse dalla sua vista la chiamò e
la raggiunse
correndo.
<< Ecco, io… pensavo, c-che magari domani ci
potremmo vedere… >>
disse imbarazzato
<< si, mi farebbe piacere >> rispose
sorridendo
Si scambiarono i numeri, e questa volta Beth accettò anche
il suo.
Si salutarono e si incamminarono entrambi verso casa, e senza esserne
consapevoli, sorridendo.
__________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
ecco un nuovo capitolo.
Ho cercato di farlo più lungo in modo da accontentarvi,
spero di esserci
riuscita.
Questo chapter è il continuo del n° 9, e riprende
dall’incontro con lo
sconosciuto che scopriamo chiamarsi James.
Tra i due vediamo che c’è un certo filing, cosa
succederà?
Scopriamo inoltre che Hannah e Ed non sono semplici amici, cosa
accadrà tra
i due?
Inoltre veniamo a conoscenza che Beth non ha dimenticato quegli occhi
neri, e
che forse cerca ancora di scovarli tra la gente.
Questo capitolo è un po’ misto, ma spero vi
piaccia.
Ditemi cosa ne pensate e se vi va recensite.
!
Per tutte le lettrici misteriose, fatevi
avanti, voglio sapere anche il vostro parere.
Xx Fil
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Capitolo 12 *** Chapter 11 - Everything... quiet ***
»Chapter
11
Everything... quiet – As Ink On Paper
Il
messaggio di James le dava appuntamento al Pulteney Bridge per le 18.00
p.m.
Erano solo le quattro del pomeriggio quando Beth Smith si
svegliò con uno
sbadiglio, non poco rumoroso, da un lungo sonno durato più
di tre ore.
Nella sera che era trascorsa non aveva chiuso occhio poiché
la sua mente, come
spesso le accadeva, fu invasa da molti pensieri.
Una volta alzata, gli occhi gonfi per il sonno non le resero facile
scendere la
rampa di scale che collegava la sua stanza, che era in soffitta, al
piano terra
e più e più volte rischiò di
inciampare e tra queste, alcune volte lo fece.
La casa era vuota, la madre Jane era a lavoro e suo fratello Patrick da
un
amico.
Mai tanta tranquillità le fu così di piacere.
Di certo arrivare in ritardo all'appuntamento non era né nei
piani di Beth, né
tantomeno nel suo uso abituale.
Certo, avvolte vuoi la fatalità, il destino o in qualsiasi
altro modo lo si
chiami, accadeva, ma quel giorno no, non doveva accadere.
Dopo lo spuntino obbligatorio per un post-sonno, Beth salì
in quella camera,
che di camera non aveva nulla, ma di mercato molto.
Panni sparsi sul pavimento, letto disfatto, schizzi su carta un po'
ovunque,
pennelli dispersi sulla scrivania, CD in qualunque posto disponibile.
Quella era la camera di Beth. La sua camera.
Andò in bagno e aprì il rubinetto della doccia.
Si spogliò e vi entrò.
L'acqua calda e seducente le scese lungo il corpo, si
insinuò nei lunghi
capelli neri, tra le dita e nella pelle.
Beth Smith adorava quella sensazione, che in un modo abbastanza folle
la faceva
sentire libera.
Quella sensazione di essere qualcosa, di essere qualcuno. Di esserci.
Amava il modo in cui l'acqua si modellava sul suo corpo.
Il modo in cui vi scorreva come un torrente e poi si trasformava in
fiumiciattoli più piccoli per poi cadere sul freddo marmo.
Le goccioline d'acqua che le imperlavano le lunghe ciglia.
Ascoltare i Beatles e rilassarsi.
Essere in un modo abbastanza folle... libera.
Quando Beth uscì di casa aveva tutto il tempo del mondo per
arrivare
all’appuntamento.
Gli anfibi affogavano nella poca acqua ai margini dei marciapiedi, le
gambe
avvolte da un paio di calze di lana tremavano un po’, la
camicia di jeans con
sopra il maglione bordeaux, forse non era stata la scelta migliore, ma
d’altronde, Beth, come sempre aveva indossato le prime cose
che aveva trovato.
Un cappello e una sciarpa la riscaldavano, e il parka la coccolava con
il suo
calore.
Le strade di Bath erano vuote, solo il venditore di caldarroste
all’angolo
della strada, e qualche passante.
Quando Beth arrivò al Pulteney Bridge era puntuale come non
mai, e con grande
sorpresa vide James ad aspettarla vicino il muretto che dava sul fiume.
Gli andò incontro e si salutarono, James aveva sul volto uno
strano sorriso che
Beth non seppe decifrare e si sentì un po’ a
disagio.
I due ragazzi si incamminarono verso un bar, dove rimasero a parlare
del più e
del meno per un bel po’ di tempo.
Poi a James squillò il telefono.
<< scusa è mia madre, vuole che le compri
delle cose per la cena…
>>
<< oh, capisco >> sorrise Beth
<< beh, non so potresti venire con me, se non ti
dispiace… >> disse
speranzoso, la compagnia di Beth gli piaceva, molto.
<< si, dai… >> rispose la ragazza
Dopo aver comprato tutto ciò che la madre gli aveva chiesto
James invitò Beth a
casa, la ragazza un po’ titubante accettò
l’invito.
Di certo non si sarebbe aspettata una casa così…
grande.
Arthur’s Villa si ergeva su un magnifico prato
all’inglese ricco di fiori,
l’edificio tipicamente vittoriano era in mattoni marroni e
bordeaux e l’aria
che la circondava odorava di biscotti.
I due ragazzi vennero accolti dalla madre di James:
<< mamma, questa è Beth...una mia amica
>>
<< ciao cara >> disse con un enorme sorriso
<< salve signora >>
<< oh, per favore chiamami Julia non signora, mi fai
sembrare più vecchia
di quella che sono >>
<< certo mi scusi >>
<< e dammi del tu >> e tutti e tre risero
James fece fare un giro della casa a Beth e le raccontò
della sua famiglia, lui
era il maggiore di tre fratelli, uno di sei e uno di diciotto, che
adesso era
partito. Le mostrò le foto della famiglia, e tra queste non
ne vide neanche una
del fratello di età media
<< non ama farsi fotografare, di solito è lui
che fa le foto >>
Beth sorrise
Finito il giro dell’enorme casa Beth fece per andarsene ma
Julia, la pregò di
rimanere a cena.
Dopo una piacevole cena all’insegna delle risa, Beth e James
chiacchierano un
altro po’, poi quest’ultimo la
riaccompagnò a casa.
***
I
giorni successivi
passarono nel più tranquillo dei modi, così come
Natale.
Mancava ormai meno di un mese al rientro a scuola e una settimana al
suo
viaggio a Londra.
Era così emozionata ed agitata che per l’intero
lasso di tempo non dormì
nemmeno una notte.
______________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care lettrici,
eccoci con un’ altro capitolo, è corto, ma
è di passaggio per i prossimi
capitoli che saranno più belli e lunghi.
Spero che vi piaccia comunque e ditemi cosa ne pensate.
Vi prego di recensire, queste sono davvero poche e voglio sapere se
vale la
pena continuare.
Scusate se è da un po’ che non aggiorno ma sono
stata a Venezia per la
Biennale, se volte vi posto qualche foto, fatemi sapere.
Xx
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Capitolo 13 *** Chapter 12 - One life, Two roads ***
»Chapter 12
One life, two roads – As Ink On Paper
Il
tanto desiderato giorno era arrivato.
Ormai le valigie erano pronte da un po’ e contenevano il
minimo indispensabile.
Qualche vestito. Matite. Pastelli. Pennelli. Pittura. Schizzi. Fogli.
Obiettivi. CD.
Tutto ciò senza cui Beth Smith non avrebbe potuto vivere.
Beth era agitata ed emozionata.
Avrebbe fatto questo viaggio, e lo avrebbe fatto da sola.
Beth era nervosa e spaventata.
Hannah
ed Ed avevano
dormito da lei quella sera, non si sarebbero visti per due settimane e
già
sentivano la mancanza uno dell'altro.
James l'aveva salutata la sera prima davanti ad un caffè.
Patrick dormiva ancora, d'altronde erano solo le 6.00 di una fredda
mattina di
lunedì.
Jane era ansiosa, non aveva mai passato tanto tempo senza la sua
piccina.
Qualche ora più tardi Beth era in stazione.
Una valigia in mano. Un sogno nell’altra. Note nelle
orecchie. Il futuro
davanti a se.
Il treno per Londra sarebbe partito tra pochi minuti e Beth era pronta.
O
almeno era quello che credeva.
Andare a Londra era sempre stato il suo sogno.
Anche se la grande città distava a poche ore da Bath, Beth
ci era andata solo
da piccina e le uniche cose che ricorda sono il sorriso di suo padre e
la neve,
fredda e bianca.
Il
treno era gremito di
persone e Beth, seduta nella sua cabina, era felice.
Non solo perché stava ritornando a Londra, ma
perché avrebbe incontrato Jessy,
un’artista conosciuta in chat, che le avrebbe mostrato la
scuola dove Beth
sognava di entrare da una vita.
Ciò che si dice di Londra, è sostanzialmente
vero… fredda, nuvolosa, caotica,
bellissima… ma questi sono gli aggettivi che un qualunque
turista dà, perché la
guarda con occhi di estraneo e con occhi di tutti, ma Beth no,
perché infondo,
lei, non ha mai visto le cose così come le vedono gli altri,
le ha sempre
osservate e ammirate con occhi diversi, con occhi di sognatrice, con
occhi di
chi il mondo lo vede dietro le sue crepe e non sulla superficie.
E forse, è proprio questo che fa di Beth Smith
un’artista.
Il suo essere e non essere, contemporaneamente.
Semplicemente essere se stessa: Beth.
E forse, è proprio questo che rende le opere di Beth opere
di un’artista.
Ma Beth non ci crede, perché è quel tipo di
persone che se le chiedi ‘ sai
disegnare? ’ ti risponde che se la cava, ma non ti dice che
ogni volta che
impugna anche una semplice matita e la poggia su un foglio, un
qualsiasi
foglio, il mondo intorno a lei scompare. Non ti dice che quando
è immersa in
quelle ore di pura arte svanisce, e che la sua testa non
c’è più; i suoi occhi
non vedono più; le gambe non sono lì, ma in
qualsiasi altro luogo; ci sono solo
le mani che da sole, spinte da chissà cosa, disegnano. E
come inchiostro su
carta restano lì impressi tutti i sentimenti, le
emozioni, i brividi, i
sorrisi, le lacrime che Beth non riesce ad esprimere, che tiene dentro,
chiusi
con un catenaccio, e che vengono fuori così, non sa neanche
lei come ci
riescono, ma accade, accade e basta… perché per
lei l’arte è questo: attimi
che non sono mai stati presenti, ma solo passato o futuro;
come quando
batti le mani, nel momento in cui pensi di farlo è futuro,
nel momento
in cui le batti è già accaduto, passato.
E Beth si ritrova a vivere nel presente già passato e quasi
futuro.
E si ritrova in un mondo suo dove ci sono Beth, l’arte e la
magia: il suo
mondo.
Il
treno era arrivato:
fermata Picadilly Circus.
Beth non ci poteva credere, era arrivata… a Londra.
Cazzo, Londra!
Erano quasi le 12 a.m. e Beth aveva fame, molta fame.
Mancavano pochi minuti all’incontro con Jessy, e Beth si
incamminò verso il pub
dove avrebbero pranzato.
Da lontano vide una folta capigliatura rossa, e la riconobbe grazie
alla foto
del profilo in chat. Le andò in contro e sorrisero,
così spontaneamente, come
quando si incontra un amico di una vita che non si vede da tempo,
sorridi,
sorridi e basta.
<< oddio, che bello! Non vedevo l’ora di
incontrarti! >> le disse
euforica Jessy
<< già… anche io >>
rispose
<< dai sediamoci, sto morendo di fame! >>
<< ahah a chi lo dici! >>
Le due ragazze si sedettero e ordinarono, nel frattempo parlarono di
tutto ciò
che non si erano dette in chat; in realtà era proprio come
se si conoscessero
da una vita, ed era bello. Non facevano altro che ridere e parlare,
parlare e
ridere, e nel tempo che avanzava, ogni tanto, mangiare.
Quando
si incamminarono
per le strade della fredda Londra era pomeriggio inoltrato, avevano
parlato
davvero tanto, ed ora strette nei loro cappotti e con una cioccolata
dello Starbucks
si dirigevano verso l’appartamento di Jessy, che non era
lontano da Picadilly
Circus.
Beth avrebbe passato il capodanno lì, a Londra, e non vedeva
l’ora.
Jessy era un’artista fantastica e frequentava la
‘Royal accademy of arts’, una
delle più prestigiose scuole d’arte di Londra,
dove entravano solo 46 pittori
l’anno, e Beth vorrebbe tanto essere tra quelli.
Erano
passati pochi
giorni dal suo arrivo a Londra, e ogni giorno per Beth era una
scoperta, una
continua scoperta di luoghi da visitare, di foto da scattare, di
schizzi, di
cibo, di aria e neve… di Londra.
***
Era
ormai passato molto
tempo da quando Alec era andato via da Bath, non ricordava neanche
tanto bene
il motivo, o forse uno vero non c’era, era solo scappato come
gli capita spesso
di fare, così per staccare la spina.
Perché nonostante sia un ragazzo forte e combattivo, ogni
tanto scappa, come
fanno tutti, così senza neanche un motivo, o forse un motivo
vero c’è, solo non
si ha il coraggio di ammetterlo.
Girare nudo tra quelle quattro mura, che era il suo appartamento, gli
era ormai
abitudine, eppure in tutto quel circolo vizioso che vi è
nell’abitudine non
trovava riposo. Le sue giornate scorrevano nella noia,
nell’indecisione e in
qualsiasi altra cosa, che ora non ricordava; ma c’erano altri
momenti in cui
era vivo, completamente vivo, come quando suonava, guardava il cielo, o
camminava con il freddo fin dentro le ossa, e anche quando aveva una
ragazza
diversa ogni sera. Ma quest’ultima divenuta abitudine
incominciava ad
annoiarlo.
Era confuso, e non poco.
Eppure nonostante la sua vita stesse andando avanti a scrivere altre
pagine,
seppure insulse, c’era qualcosa che lo riportava indietro, e
sapeva benissimo
cosa, ma in tutti i modi cercava di non pensarci.
Era ormai passato molto tempo, ma quel qualcosa,
non riusciva ad
abbandonarlo.
Era frustrato, e non poco.
Maledizione, pensò.
Era passato molto tempo, e durante questo tempo aveva scritto molto, il
suo
diario in pelle, fedele amico, era riempito di parole, melodie, colori
che,
però, non riuscivano a trasformarsi in musica…
mancava qualcosa, e Alec non
sapeva cosa.
Ci pensava, giorno e notte, notte e giorno, e in tutte le ore, minuti e
secondi
che li attraversano, ma nulla; il vuoto.
<< Dannazione >>
urlò gettando il diario chissà dove, prendendo
il giubbotto in pelle e sbattendo la porta.
L’aria era così gelida, che sembrava rispecchiare
ciò che aveva dentro; non
sapeva il perché si sentisse così, come se la
fiamma dentro di lui si fosse
spenta, vuoto.
Una mano tra i capelli e l’altra a mantenere la Malboro tra
le labbra.
Cosa mi sta succedendo?
E Alec lo sapeva, lo sapeva benissimo, che era colpa di quel qualcosa,
di quel
dannatissimo qualcosa, che anche non volendo ammetterlo gli mancava.
Che anche non volendo ammetterlo cercava, ovunque, tra i volti dei
passanti,
nelle caffetterie, sui ponti, nell’acqua, nella musica.
Ma nonostante quel vuoto, in chissà quale parte dentro se,
nel suonare riusciva
quasi a riempirlo, perché in quegli istanti era vivo, ma non
abbastanza, non
così come desiderava esserlo.
_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
eccomi qui con un nuovo capitolo;
ho l’impressione, e spero di sbagliarmi, che nessuno di voi
legga mai questo corner,
che per me è importante, inoltre ho tardato nello scrivere
il capitolo, non
solo perché non avevo tempo, ma anche perché non
vedo interesse da parte
vostra.
Quindi in conclusione, per non allungarmi troppo, vorrei sapere se
volete che
continui questa storia. Lo volete?
A parte questo, spero che il capitolo vi piaccia.
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Capitolo 14 *** Chapter 13 - You? ... You? ... ***
»Chapter
13
You? ... You? … - As Ink On Paper
Il
capodanno si avvicinava sempre più, Beth e Jessy lo
avrebbero trascorso al
Tamigi dove, come ogni anno, si sarebbe tenuto uno dei più
belli spettacoli
pirotecnici del mondo, per poi andare in un locale.
Beth, purtroppo, non aveva con se un vestito adatto all'occasione,
così
quell'oggi sarebbe andata con la sua amica alla ricerca di un vestito,
ricerca
ardua visto i suoi gusti difficili.
Il negozio dove Jessy avrebbe portato la ragazza dagli occhi blu si
trovava
dalle parti del Tower Bridge e ci sarebbero arrivate in metro.
Quando
le ragazze
decisero di tornare a case era sera inoltrata, Londra era avvolta dal
freddo,
dalle luci delle decorazioni natalizie, e dal buoi tipico della notte.
Erano
le sette e mezza,
eppure, la metropolitana era gremita di persone in corsa per gli ultimi
preparativi, regali da comprare, scarpe, accessori, vestiti; nell'aria
c'era
quel tipico odore che si respira solo in quel periodo e odorava di
neve,
felicità, calore e... musica; le dolci corde di una chitarra
suonavano Here
without you dei 3DoorsDown accompagnate da una voce roca e
profonda, Beth
si girò in cerca del cantante ma non riuscì a
trovarlo, c'era troppa gente.
Beth Smith sentì nello stomaco una strana sensazione.
Quella voce... che voce!
Beth ne era sicura, non aveva mai sentito quella canzone, una delle sue
preferite, cantate in quel modo, con quell'intensità e
passione.
Si sentì strana, e non sapeva perchè.
Jessy, Charlotte e Eleonor avevano già superato i caselli,
Beth era rimasta
indietro, si affrettò a prendere l'abbonamento, fatto
qualche giorno prima, ma
nulla: sparito.
Beth si diresse verso la biglietteria, dove una folla di gente sostava,
poi
risentì quella voce e capì che il cantante si
trova lì, cercò di avvicinarsi,
ma nulla, troppa gente.
Fu un attimo, un uomo si spostò e Beth incontrò
due occhi, neri, come
quelli di lui.
Sentì un tremolio percorrerla.
Impossibile, pensò.
Poi nuovamente una calca di gente la separò dal musicista.
Prese la borsa in cerca di spiccioli, ma nulla aveva solo una banconota
da
venti sterline.
<< scusate avete da cambiare venti sterline?
>> chiese a delle
signore, che davano l’impressione di essere quelle tipette
con la puzza sotto
il naso, ferme vicino la biglietteria adiacente e queste risposero con
un No
secco, senza neanche controllare.
Beth scosse la testa, poi si girò nuovamente...
***
Come
era solito fare
Alec si trovava in stazione, dove anche quel giorno, aveva suonato.
Erano quasi le otto di sera, ma la stazione era zeppa di persone.
Stava suonando le note di una canzone quando una sensazione allo
stomaco lo
attraversò, si sentì bene, vivo...
Alec cantò quella canzone in un modo in cui non aveva mai
cantato.
Sentì quelle parole sulla propria pelle, incise.
Ne sentì il dolore e l'intensità.
Cantò con passione, una passione che si
distrugge con la sua stessa
intensità, e che terminò con l'ultimo accordo
della canzone.
Ma quella sensazione allo stomaco no, era ancora lì, e
chissà come ci era
arrivata.
Alec si prese una pausa e la folla di persone iniziò a
diminuire, poi ad un
tratto si girò e incontrò due occhi blu,
come quelli di lei.
Impossibile, pensò.
Mentre era intento a sistemare la sua chitarra sentì una
ragazza chiedere se
qualcuno aveva da cambiare venti sterline, Alec si alzò e si
diresse verso
questa...
***
... e si ritrovò lui.
Così all'improvviso, come quando in una bella giornata all'improvviso
piove.
Alec era davanti a lei, ed era ancora più bello di come lo
ricordasse.
A Beth sembrò passata un'eternità dal loro
incontro sul Palladian Bridge, lo
aveva cercato così a lungo, senza trovarlo, e perdendo, poi,
le speranze.
Qualche notte lo aveva sognato. Aveva rivissuto, nella sua mente, i
loro
incontri, dal primo all'ultimo. E si sentiva bene, terribilmente
bene.
Ed ora era lì, con i suoi occhi inchiostro, i capelli
più lunghi e spettinati,
i jeans strappati, una maglia che gli fasciava il fisico asciutto e un
sorriso... sorpreso.
E in Beth nacque la speranza che lui si ricordasse di lei,
sperò che, come lei,
lo avesse cercato per poi perdere le speranze, e che il colore dei suoi
occhi
lo avesse tormentato.
Ma Alec sorrideva, sorrideva e basta.
E Beth si senti, in qualche stranissimo modo, tradita…
… non era possibile, era lei.
Cazzo!
L’aveva cercata così a lungo; vedeva i suoi occhi
ovunque, quel blu così
intenso; aveva cercato in tutti i modi di dimenticare quegli strani, ma
stupendi, incontri; aveva cercato, in qualsiasi modo, di non pensarla,
di non
cercarla, ma invano, qualsiasi cosa facesse, quella ragazza dal nome
ancora
sconosciuto non andava via.
I suoi occhioni blu erano leggermente spalancati, e Alec
sperò con tutto se
stesso che si ricordasse di lui, che lo avesse cercato, come lui
cercava lei, e
che ora fosse felice di averlo lì d’avanti.
Le sue labbra si aprirono leggermente ed uscì un tremolante
‘ ciao ’
Alec sorrise ancora di più
<< ciao >> le rispose con voce calda
Beth sentì una scossa percorrerla, che freddo che
fa qui, si disse.
<<
tieni…
>>
<< scusa… cosa?? >>
<< ti servono i soldi per il biglietto no? Prendi
>>
<< Io… n-non posso… >>
<< non ho da cambiare venti sterline, su prendi,
canterò qualche altra
canzone e li riguadagnerò… >>
<< Io…, tu… grazie >>
Sorrisi,
di certo la
prima volta che parlammo non era così impacciata…
Dio, è ancora più
irresistibile…
E Alec lo pensava sul serio, che quella piccola ragazza fosse irresistibile,
era così dannatamente diversa dalle altre, da tutte le altre
ragazze con cui
era stato, era così piccola e timida, ma nascondeva anche
una guerriera e
spavalda sè.
I suoi capelli neri le arrivavano in vita, ed erano come il cielo di
notte,
nero, ma luminoso, costellato di stelle.
I suoi occhi, quei maledetti occhi, non
c’erano parole per descriverli,
ma solo le sensazioni che gli causavano: brividi, scosse, sensazioni
indefinite
nello stomaco.
Era bassina, ma anche attraverso la felpa, dei Pink Floyd, di qualche
taglia
troppo grande per lei, riusciva a intravedere che di certo
lì sotto nascondeva
delle bellissime curve.
Era la ragazza più misteriosa e bella che avesse visto.
Il suo sorriso era come l’acqua in una torbida giornata nel
deserto, indispensabile.
<<
sei bravo…
>>
<< c-cosa? >> Alec si risvegliò
dai suoi pensieri.
<< dicevo, sei bravo, mi piaci come…, suoni
bene >>
Dio,
che imbarazzo! Che
imbranata!
Alec
sorrise, e Beth si
sentì morire.
La sua risata era un suono così melodico, che sarebbe
rimasta lì per sempre ad
ascoltarlo.
<<
grazie!
>>
Ed
anche Beth sorrise.
<<
Ecco, io
dovrei fare il biglietto, grazie ancora… >>
<< figurati! >>
Si
sorrisero nuovamente
poi Alec andò nuovamente verso la sua chitarra.
Beth fece il biglietto, si girò per andare ai caselli, e si
scontrò ancora con
quegli occhi.
Sorrise, si sorrisero, e il mondo introno a loro sparì, di
nuovo.
Beth stava per andare via quando qualcuno le tirò il braccio.
<<
devo ancora
sapere il tuo nome… >> le disse Alec.
<< devi ancora scoprirlo! >> gli rispose.
Sul
viso di Alec
comparve un sorrisetto furbo.
<<
mi piacciono
le sfide >> disse passandosi una mano tra i capelli.
Beth
si girò e andò
via.
In
treno incontrò le
altre ragazze e disse loro di aver dovuto fare il biglietto.
Per tutto il tragitto di ritorno Beth non fece altro che ripensare a
lui, e
inevitabilmente, sulle sue labbra si dipinse un sorriso.
Ed era felice, tremendamente.
Lo aveva rivisto, e non avrebbe potuto sperare in un rincontro
migliore…
Era andata via, così come era arrivata, troppo
velocemente.
E ad Alec non rimaneva che il suo profumo incastrato tra le narici, il
suo
sorriso e i suoi occhi.
Continuò a cantare per un altro po’ e per la prima
volta da quando era a Londra
si sentì libero, veramente libero.
_________________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
eccoci con un nuovo capitolo,
in primis ringrazio chi in questi giorni ha recensito i miei capitoli,
questo
capitolo è dedicato a tutte voi, spero vi piaccia.
Come avete visto Beth e Alec si sono rincontrati, e come tutti i loro
incontri,
non è stato per nulla banale, o almeno lo spero.
Se Beth aveva dato l’impressione di averlo dimenticato, qui,
capiamo che non
l’ha fatto per nulla; magari ha provato ad andare avanti, ma
Alec era sempre
lì, in un piccolo posto della sua mente, in un piccolo posto
del suo cuore.
Inoltre capiamo, o almeno spero si sia capito, che quel qualcosa
che
mancava ad Alec per sentirsi vivo, era lei, erano i
suoi occhi,
ed ora che li aveva rivisti lui si sente irrimediabilmente vivo.
Forse in questo capitolo è anche più
comprensibile cosa provano l’uno per
l’altro, anche se è ancora indefinito, ma di certo
non è un semplice interesse;
di Beth non si sa ancora con precisone, ma di Alec di, la trova
irresistibile,
interessante e diversa da tutte le ragazze con cui è stato,
e non sono poche.
Cosa accadrà mai tra i due protagonisti?
Lo scoprirete continuando a seguire la mia storia.
Spero che vi piaccia, e si vi va recensite (non obbligo nessuno,
però mi
renderebbe molto felice vedere qualche recensione in più).
Un ringraziamento a:
Una canzone_
solo per te_
shadows_fantasy
elev
per
aver recensito la mia storia, e soprattutto, per le bellissime
recensioni.
Xx
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Capitolo 15 *** Chapter 14 - Word... Just Word ***
»Chapter 14
Word… Just
word – As Ink On Paper
Perchè
Beth lo sapeva... sapeva che le parole non esprimono i
sentimenti, ma li racchiudono; li incastrano tra lettere che vengono
pronunciate con così tanta facilità; diventando
usate, sbiadite, urlate, strappate
e gettate... parole che perdono di significato.
Parole pronunciate da solti, che ne ignorano l’importanza,
facendole divenire
cenere che vola in aria; sussurrate dai codardi, che le donano un
significato
maggiore di quello che hanno, divenendo ambrosia per comuni mortali;
piante o
urlate, da coloro che i sentimenti li vivono, li sentono freschi sulla
propria
pelle ... come ferite, diventando solo lettere, lettere che non bastano.
E poi c'è chi le parole non le usa, poichè viste
come frivoli mezzi di
comunicazione, perchè con le parole si mente, si ferisce, si
ama, si muore... e
allora ci sono i gesti.
Ma quando neanche i gesti bastano, perché anche quelli
sbagliati; perché anche
quelli, alla fine, quando c’è spazio solo per la
verità sembrano fuori posto,
insulsi e inutili, ci sono… gli occhi.
E gli occhi parlano più di mille parole dette, sussurrate o
urlate; più di
mille gesti fatti, gettati o pensati; perché sono occhi,
fanno parte dell’uomo,
ma non sono controllati da questo… sono come i diamanti
scalfiti, solo, da loro
simili.
E Beth sapeva che con gli occhi non si può mentire, non si
può ferire; ma
sapeva, anche, che con gli occhi si può amare, si
può morie.
Eppure, doveva ammetterlo, sapeva che ciò che fa innamorare
il mondo sono le
parole, dolci suoni che compongono eterne melodie.
E sapeva anche che... quelle parole... pronunciate dalle sue labbra...
erano
state il colpo mortale.
E allora Beth disse addio a quell'ultima scheggia di cuore che le era
rimasta;
perchè adesso lo sapeva che era
completamente, e irrimediabilmente, suo.
_______________________________________________________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
in primis ci tengo a dire che questo non è un nuovo
capitolo, ma solo una
parentesi per augurarvi un buon Natale.
In realtà, questa parentesi, vedetela come una carta svelata
da un indovina,
poiché è una piccola anticipazione, del continuo
della storia.
Stavo cenando quando in tv ho sentito pronunciare ‘ parola
’ e… bamh!...
ispirazione, sono corsa al pc e ho scritto questo breve testo
annettendolo alla
storia, così ho deciso di regalarvelo per
augurarvi delle felici feste, poiché manca poco ( XD)!
In questo periodo di vacanze scolastiche ( che bello ^_^)
aggiornerò la storia
più frequentemente, infatti, il capitolo 15 è work
in progress.
Vi chiedo, essendo che a Natale si è tutti più
buoni, di recensire la mia
storia, questo appello ( e non minaccia) va soprattutto alle lettrici
misteriose, fatevi avanti, non mordo!
Credo che questo sia tutto, nuovamente Buon Natale, a voi e alle vostre
famiglie!
Ditemi cosa ne pensate di questo Word… Just word…
a presto.
Xx Fil
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Capitolo 16 *** Chapter 15 - The Night Of The Wishes ***
»Chapter 15
The night of the wishes - As Ink On Paper
Beth
Smith non è mai stata un di quelle ragazze per le quali
l’unica cosa che conta
è l'apparenza; una di quelle ‘Sono senza trucco,
non posso uscire!’; o quelle
che sembrano tornate da una giornata in un centro estetico, impeccabili.
No. Beth Smith è così come la si vede: Beth.
Solo che, dietro quel semplice Beth, nasconde molto più di
quanto si immagini.
Solo che, dietro quel viso mai truccato, nasconde fiumi di lacrime mai
condivisi con altri.
Solo che, dietro quelle felpe enormi, nasconde un insicurezza mai
accettata;
dietro quei capelli così lunghi un bellissimo viso e degli
occhi dove,
purtroppo, non può nascondere nulla.
E Beth non lo accetta, perchè avvolte, vorrebbe essere come
tutte le altre
ragazze; vorrebbe divertirsi, fare amicizia, risultare simpatica, e
anche
stupida; ma no, non lo è.
Beth è timida, e quando incontra nuove persone dice a stento
il suo nome, per
poi starsene lì, ferma ad ascoltare: spettatrice della sua
vita.
Perchè Beth si sente sempre, e con chiunque, a disagio;
prova la sensazione di
essere nel luogo sbagliato, di non essere giusta, di essere di troppo.
E lo
odia, odia quella sensazione che le attanaglia lo stomaco, le offusca
la mente
e gli cuce la bocca.
Beth Smith non sopporta l’essere giudicata da persone che non
compiono neanche
il minimo sforzo per conoscerla, e sa, che la colpa è sua,
perchè è lei a non
lasciarsi andare, mai, e nonostante tutto l'impegno, non ci riesce.
Dannazione, molte volte ha esclamato.
Dannazione per tutte le volte che ha tentato, con pessimi risultati, di
cambiare, di provare ad essere qualcun'altro, per poi capire che non ci
sarebbe
riuscita.
Dannazione per tutte la volte che ha rinchiuso le parole nella lingua
nascondendole nello stomaco; per tutte le volte che ha preferito
rimanere in
silenzio piuttosto che difendere se stessa; per tutte quelle
dannatissime
volte, in cui, per non piangere, per non urlare il dolore che provava,
semplicemente sorrideva e ci scherzava su; per tutte le volte che da
sola si è
data pugni nello stomaco, per fingere, per fingere che non le
importasse.
Ma davvero non le importava?
No, a Beth importava e come; ma ha sempre cercato di essere una di
quelle
persone a cui non importa ciò che gli altri pensano di lei;
una di quelle
persone che vive la propria vita senza farsi condizionare dal pensiero
altrui;
una di quelle persone forti, che non piange al primo ostacolo; una di
quelle
persone che semplicemente, e dannatamente, non è.
Ma nonostante le cadute, le lacrime, gli addii, le parole non dette, i
pugni, i
sorrisi finti, Beth si è sempre rialzata, da sola, e a testa
alta ha affrontato
un altro ostacolo.
Perchè Beth non lo sa, ma è forte. Lo
è davvero.
Lo è stata quando ha deciso di chiudere un capitolo della
sua vita, di andare
avanti; di non dimenticare, ma di superare.
E Beth, forse troppo presto per la sua età, ha capito e
imparato a proprie
spese che un legame, per quanto forte, non è
indistruttibile, e in qualsiasi
momento si può perderlo… in un attimo.
E, allora, si è resa conto che la vita, nel bene o nel male,
non sarebbe stata
più la stessa, e per quanto si sarebbe sforzata di fingere
che tutto andasse
bene, dentro di lei sapeva che il meglio era passato, e che il tempo a
venire
lo avrebbe impegnato a far credere agli altri che stesse bene, per non
farli
preoccupare troppo e rischiare che si sarebbero sentiti in obbligo di
aiutarla,
inutilmente.
Perchè l'unica cosa che avrebbe voluto era tornare indietro
e far sì che tutto
rimanesse come prima, perchè sapeva che la parola scusa,
questa volta,
non sarebbe bastata.
E allora dovette tentare di rimettere insieme i pezzi di una parte di
lei che
si era rotta, e cercare in tutti i modi di proseguire, andare avanti;
lasciarsi
quella parte di passato alle spalle, senza illudersi, perchè
nonostante le
ferite si rimarginano, restano le cicatrici. E se con il tempo il
dolore
diminuisce, questo, non significa che i ricordi vengano dimenticati, o
che
scompaiano. Anche se le cicatrici non si vedono, ci sono, non sono
scomparse e
in futuro possono tornare a sanguinare. Una ferita anche se guarita
è pur
sempre una ferita, un segno sulla propria anima del dolore che si
è provato,
del dolore che si è superato, e che è diventato
una parte di se stessi.
Perchè, infondo, Beth lo sapeva; sapeva che il dolore
è ciò che costituisce il
nostro corpo, ciò che lo spinge a dare il massimo e poi lo
fa crollare, ciò di
cui l'uomo ha bisogno per crescere.
Perchè provare dolore significa aprire quelle finestre che
si cerca di chiudere
sul mondo; un mondo che non è così come sembra,
ma pieno di trappole, e
anch'esso di cicatrici.
E allora, entrambi, non saranno altro che guerrieri di una vita che si
diverte
a giocare sporco; non saranno altro che fantocci nelle abili mani di un
burattinaio; costretti ad essere spettatori della propria vita, ad
attutire i
colpi, a chiudere le ferite, e a superare… per andare avanti.
Ma ciò che Beth non ha mai imparato, o semplicemente capito,
è come andare
avanti… come poter continuare la propria vita senza che, di
notte, quando le
barriere cadono e l’aria si nasconde nel buio, il passato
torni, sotto forma di
incubi, di vuoti nello stomaco, o ombre sulle pareti…
come…
E a quella domanda, senza punto interrogativo, non
c’è risposta… Beth non lo
sa, e non ha nessuno che possa dirglielo.
Perché, infondo, chi la conosce veramente… chi?
… se neanche lei si conosce…
Ci sono momenti, in cui, nel guardare la sua immagine riflessa nello
specchio,
Beth, non si riconosce… vede solo dei capelli neri, troppo
lunghi; degli occhi
blu, troppo scuri; una pelle chiara, troppo; … vede solo
troppo, un troppo che
le sembra nulla… perché lei si sente come il
vuoto, invisibile e inutile; ma
poi, quando, come il quel momento, il vento l’attraversa e le
scorreva nelle
vene, era viva; e si sentiva sostanza ...
esisteva … era aria,
terra, fuoco, acqua… era tutto ciò che voleva
essere, era … c’era.
***
Era lì, a Londra… era Capodanno, o almeno, tra
poco, lo sarebbe stato…
Era lì, sul Tower Bridge… il vento
l’attraversava e le scorreva nelle vene,
i pensieri si mescolavano nella testa, le mani erano fredde, e il
vestino rosso
galleggiava nell’aria.
Il cielo era nero, e Beth non poteva non pensarci, non poteva non
pensare di
non sopportare più quella situazione, di essere tormentata,
di non vedere altro
che lui…
Cosa diamine mi sta succedendo? –
sussurrò, ma in realtà era un urlo,
solo che dalle sue labbra ne uscì un eco lontano.
Tutto il mondo, introno a lei, correva, troppo veloce,
affinché potesse
raggiungerlo… affinché potesse
fermarlo… e non le sembrava altro che un brusio
di sottofondo, lontano … quasi silenzioso.
<< Beth… su muoviti! >> le
urlò Jessy, e Beth corse verso l’amica,
con i capelli che fendevano l’aria, il vestitino che
svolazzava, e il naso
divenuto d’un tratto rosso.
Beth era senza parole… l’aria londinese era
impregnata di magia; il cielo era
spento e le stelle a pochi metri dalla sua testa; non si poteva
camminare,
c’erano troppe persone, ma non importava, perché
era lì…
Jessy aveva insistito affinché partissero da casa prima;
Londra era affollata,
ed erano solo le 8.00 p.m dell’ultima sera di
quell’anno.
Erano tutti in coppia, e Beth: sola, ma non le importava, non quella
sera…
voleva, almeno per una notte, fregarsene del mondo; fregarsene di
ciò che
pensano gli altri, voleva essere libera, o
perlomeno avere la mente
vuota.
Tutti quei corpi aspettavano con ansia che l’atteso momento
arrivasse;
aspettavano il momento adatto, quell’attimo fuggente, per
giurare e promettere
amore alla persona che stringeva la propria mano.
Beth, invece, sperava solo che quell’anno che stava arrivando
sarebbe stato
migliore di quelli trascorsi, ma poi si disse che ciò che
sperava, in realtà,
lo sperava ogni anno, e che puntualmente sfumava nel lontano desiderio
di quel
sogno; quindi animata da uno spirito di rinnovamento e rivoluzione, si
promise
che quella sera ogni pensiero, o desiderio, che le avrebbe, anche solo
fugacemente, attraversato la mente lo avrebbe realizzato…
quella era la sua
notte, la notte dei desideri.
Cercando di farsi largo tra la folla, Beth Smith,
s’incammino, e si lanciò,
alla ricerca dei pensieri che, sperava, ben presto
l’avrebbero investita, ma
tra tutti quei corpi intrisi di felicità e speranza, Beth,
non trovava altro
che, se proprio doveva ammetterlo, invidia…
Giunta, dopo un estrema lotta per la sopravvivenza, in una stradina
meno
affollata, Beth Smith, poté finalmente respirare un
po’ di libertà; camminando
si accorse che quell’ odore ancora un po’ natalizio
galleggiava nell’aria e
che, dalle case che affiancavano la strada, un aroma di cenone di fine
anno si
espandeva danzando, e nascondendosi, nel freddo clima.
Beth pensò che Londra, era sì una
città fredda, e forse per chi non riesce a
comprenderla, ostile, ma nascondeva dietro quell’ apparenza
un calore, che
nessun’altra città poteva offrire.
Le vie pullulanti di cuori caldi, di avventura, e giovinezza; i
sorrisi; i baci
scambiati in segno di promesse di un’amore, che se anche non
duraturo, ricco di
speranze e sogni; le etnie più svariate; l’arte,
la musica, il cinema, la
danza, espressioni dell’io interiore; ma soprattutto, Londra,
era ricca dei più
nobili e sinceri sentimenti, esistenti in qualsiasi città
del mondo, ma che lì trovavano
la libertà e il coraggio di essere espressi.
Il vento soffiava freddo e Beth, nel solito parka verde,
rabbrividì, e si pentì
e dannò per non aver preso la sciarpa prima di uscire di
casa.
<< Perfetto! Ci manca solo il raffreddore!
>> pensò ad alta voce.
Prese un fazzoletto dalla tasca destra del parka, prima che potesse
starnutire.
Beth
non sapeva dove fosse, e un lieve brivido, di freddo o paura, in quel
momento
non ne era sicura, l’attraversò.
Poi
presa da una strana sensazione s’incamminò in
quella strada alla ricerca, o
scoperta, non sapeva neanche di cosa.
In
sottofondo, ad accompagnare i suoi passi, destro
sinistro, destro sinistro,
c’era
una dolce e lenta melodia. Beth ne fu catturata e incuriosita,
così decise di
seguire quelle note di una sconosciuta chitarra.
Dopo
un po’, Beth Smith, si fermò e a pochi passi, o
metri, non era sicura in quel
momento, c’era un ragazzo che con la testa piegata indietro
alla ricerca di una
stella, che quella sera non ne voleva sapere di venire fuori,
perché oscurata
dalla moltitudine di luci artificiali, suonava.
Un
movimento strano comparve nello stomaco di Beth, quando il ragazzo
abbassò la
testa, la guardò negli occhi e con un << hei!
>> urlato, ma che a
lei arrivò sussurrato, la salutò.
Cosa
ci faceva qui?
<< ciao >> sussurrò Beth.
Alec, non sentendo alcun suono uscire da quelle
labbra, prese il plettro e lo bloccò tra le corde, poi si
mise la chitarra in
spalla, e a passo lento e terribilmente attraente, a detta di Beth, la
raggiunse.
<< hei! >> ripetè a pochi
centimetri
dalla ragazza.
<< ciao >> ridisse, nuovamente, ma con
voce più alta.
Alec sorrise, non con malizia o altro, lo fece
gettando la testa indietro e sferzando l’aria fredda che li
avvolgeva
trasformandola in uno
spartito ricco di note allegre.
Beth ne rimase incantata, ma una rughetta le si
formò sulla fronte al suono di quella, inaspettata, risata.
<< Cosa c’è da ridere?
>> si fece
coraggio e chiese
<< Beh nulla… ma… >>
si fermò e
guardandola diritto negli occhi le si avvicinò, ma Beth,
troppo sconvolta,
parve non accorgersene << in tutto questo tempo ho
desiderato così tanto
incontrarti, ma non ti trovavo mai… >> il
cuore di Beth, senza che lei ne
comprendesse il vero motivo, cominciò a battere
più veloce << ed ora
invece, sembra, che il destino non voglia altro. >> le
sussurrò così
vicino, che Beth potè sentire, questa volta, la causa del
brivido che
l’attraversò.
<< I-io non credo nel d-destino…
>>
sussurrò lei tremolante.
Ed una altra sonora risata lo attraversò, spezzando
quel contatto seppur invisibile ad altri, chiaro ad entrambi.
<< Cosa ci fai qui? >> le chiese Alec.
<<
I-io… quello che fai tu… >> rispose
poco sicura
Alec
la guardò, nuovamente, e poi con un << suoni
la chitarra? >> le
sorrise, prendendola un po’ in giro.
Beth
capì lo scherzo, e sorrise.
<<
Cosa ci fai qui? >> ripetè, ma con un tono di
voce più basso e profondo.
<<
S-sto facendo un giro >> uscì quasi come un
lamento dalle sue labbra.
<< Sola? >> chiese Alec con una nota di
speranza, scappatagli dalle
labbra.
<<
sola… >> rispose Beth in un sussurro, ed
entrambi, in qualche assurdo
modo, ne furono sollevati.
Rimasero ancora lì, uno di fronte all’altro, con
gli sguardi fissi, ma senza
mai osare guardarsi.
Alec
con le mani strette a pugno e affondate nelle tasche dei jeans, per
nascondere
e reprimere la voglia di toccarla.
Beth
con le labbra tra i denti, per trattenere la voglia, che aveva, di
baciarlo.
Poi,
quel silenzio, per nulla imbarazzante, venne interrotto, e rotto, dalla
suoneria del telefonino di Beth.
<<
pronto? >>
Dall’altro lato era ben udibile una voce un po’
alterata, e sul viso di Alec si
dipinse un sorriso vittorioso.
<< scusa, era la mia amica >> disse Beth
dopo aver chiuso la
chiamata con Jessy.
<< di nulla >> rispose semplicemente.
I
due ragazzi si incamminarono nelle vie di una Londra viva, pronta per
una fine
dell’anno in grande stile, nessuno dei due aveva chiesto
l’altro di
allontanarsi, ma non c’era bisogno, lo avevano fatto gli
occhi, che muti sì
dissero molte più parole di quante avrebbero potuto dirsi
parlando.
Un'altra folata di vento fece rabbrividire Beth, e Alec, toltosi la sua
sciarpa
nera, l’avvolse intorno al collo della ragazza; Beth sorrise:
odorava di lui.
Era
già passata una mezz’ora da quando avevano
lasciato il centro pullulante della
città, intorno a loro regnava il silenzio, spezzato solo dai
loro respiri.
Alec non poteva crederci, che ora, in quella sera, si trovasse, in
chissà quale
parte di Londra (non che la cosa gli importasse) con lei…
era bellissima: i
lunghi capelli neri svolazzavano nell’aria, il naso era
arrossato, e la sua
sciarpa le avvolgeva il collo, e sperò, con tutto se stesso,
che ne sarebbe
rimasto intrappolato il profumo.
Beth
non aveva mai creduto nel destino, o cose simili, ma si disse che era
impossibile, che ora, lì accanto a lei ci fosse Alec; si
disse che era
impossibile che la sciarpa di lui le avvolgesse il collo; si disse che
quel
profumo che l’abbracciava non era il suo; e che probabilmente
stava sognando.
Ma degli occhi, in un sogno, non avrebbero potuto brillare
così tanto; e allora
capì che ciò che desiderava era trascorre, quella
sera, con lui… Beth Smith
strinse la mano di Alec, e scacciando via il brivido che gli percorse
la
schiena, iniziò a correre.
Alec
non si sarebbe mai aspettato un gesto così dalla ragazza che
ora lo trascinava
per Londra, sorrise, e le strinse più forte la mano.
I
due ragazzi iniziarono a correre senza una meta, senza sapere dove e
quando
sarebbero arrivati; sui loro visi si imprigionarono i sorrisi di chi ha
la
propria vita nelle mani, e strette una nell’altra divenne
unica e condivisa;
dalle loro labbra sgorgarono sonore risate che riempirono
l’aria.
Erano lì, uno nella mano dell’altro; respiravano
la stessa aria; correvano con
lo stesso passo; provano le stesse sensazioni…
Erano lì, e non avrebbero voluto essere in nessun altro
posto al mondo.
Quando si fermarono, tutto in torno a loro tacque… le strade
erano vuote,
l’aria pungente, il cielo stellato faceva da sfondo, e in
sottofondo un lieve
brusio proveniente dai preparativi per il grande momento; Beth e Alec,
non
avevano la minima idea di dove fossero, sapevano soltanto che quella
era la
loro sera, e che per nulla al mondo l’avrebbero sprecata.
Lasciarono uno la mano dell’altra, poi per un secondo, che
parve loro
un’eternità, si guardarono negli occhi, e troppo
imbarazzati abbassarono la
testa: Beth per nascondere il rossore che aveva rivestito la sua pelle,
e Alec
perché non riusciva a reggere quegli occhi.
E allora, entrambi, si chiesero perché
quell’imbarazzo non c’era stato nel
momento in cui, strette una nell’’altra, le loro
mani li avevano portati lì.
Alec alzò lo sguardo, si avvicinò a Beth, e in un
modo così dolce, ma che a lei
parve tremendamente sexy, le appoggiò le labbra
all’orecchio e le disse
<< seguimi >>.
Beth Smith fu pervasa da una scossa di brividi, e non riusciva a capire
perché,
lui, uno sconosciuto, la facesse sentire così…
così, neanche lei sapeva come; e
lo seguì.
Alec
non sapeva perché le aveva chiesto di seguirla, Dove
poi?, ma sapeva,
solo, di voler stare con lei più a lungo possibile.
Alec Cooper voleva solo scoprire cosa c’era in quella
ragazza, che adesso lo
seguiva, di così diverso dalle altre.
Alec Cooper voleva capire perché quella sera, quella del
ballo, semplicemente
non aveva accontentato quella matta voglia che aveva di baciarla, che
ancora
l’assaliva, invece di ballarci solamente.
Voleva capire perché quella ragazzina lo interessasse
così tanto, perché non
smetteva di pensarla, e tutti i perché ai quali non aveva
risposta.
Voleva capire, solo questo, e poi, forse, tutte quelle cose strane che
alloggiavano nello stomaco, nella testa e nel cuore, sarebbero andare
vie.
Beth
e Alec, quella sera, fecero tutto ciò di cui avevano voglia:
mangiarono un
kebab all’angolo di una strada; si abbuffarono con una
scorpacciata di cupcake;
urlarono a squarciagola una canzone che non conoscevano; corsero;
risero; si
tennero per mano, qualche volta; si guardarono negli occhi, quando ne
erano
abbastanza coraggiosi.
Visitarono Londra, non come i comuni turisti, no: la visitarono
cogliendo ogni
attimo, e vivendolo; la visitarono, e vissero, nel buio della notte,
quando
tutto tace, ma vive; la vissero negli occhi uno dell’altro;
e, si dissero, che
non avrebbero potuto vederla meglio.
Mancava
ormai mezz’ora alla mezzanotte, e Beth convinse Alec a
tornare indietro, voleva
vedere i fuochi d’artificio, e glielo chiese con quel fare
tipico da bambina,
che Alec non potè non accettare.
Quando arrivarono nei pressi del Tower Bridge trovarono così
tante persone che,
anche volendo, non le avrebbero mai viste tutte, Alec si
girò e vide sul volto
della ragazza dai capelli neri un sorriso di delusione, e si disse che
non
avrebbe permesso a tutte quelle persone di rovinare quella sera, la
loro
sera.
Prese il polso di Beth e, ignorando le sue lamentele, la
trascinò con se;
sgomitando a destra e sinistra riuscirono ad uscire dalla folla, Beth
era
spaesata - << Dove stiamo andando? >>
chiese – ma Alec continuò ad
ignorarla e la portò in un vicoletto; poi quando si
girò vide sul volto della
ragazza uno sguardo confuso, fece finta di nulla, si rigirò
ed abbassò una
scala - << Sali >> le disse – e
Beth, senza sapere il perché, salì.
Una volta finita la rampa di scale, si ritrovò sul tetto di
un palazzo, era
sorpresa, poi l’appoggiarsi di delle labbra sul suo orecchio
catturò la sua
attenzione - << Da qui, i fuochi, si vedono molto meglio
>> - Beth
sorrise, e Alec, seppur non lo vide, ricambiò.
I due ragazzi si
avvicinarono al cornicione e
rimasero a bocca aperta, sotto di loro un tappeto di anime si estendeva
rendendo Londra coloratissima - << wow! >>
disse Beth - <<
già, bellissimo! >> rispose Alec –
poi dal basso si alzarono grida di
entusiasmo, mancavano pochi minuti.
I due ragazzi si girarono, e uno difronte all’altro, si
guardarono, finalmente,
negli occhi.
Dieci,
nove, otto…
Non
sapevano perché, ma tutta la paura che avevano provato fino
a quel momento
sparì, lasciando spazio al desiderio di sprofondare nero
nel blu, blu
nel nero; di guardarsi, e basta; perché, anche se
non lo sapevano ancora,
il loro posto, era lì, negli occhi dell’altro: blu
nel nero, nero nel blu.
Sette,
sei, cinque…
Beth,
non se ne accorse, e forse neanche Alec, ma erano sempre più
vicini, come due
calamite che si attraggono.
Quattro…
Sempre
di più.
Tre…
Respiravano
l’aria dell’altro.
Due…
Chiusero
gli occhi.
Uno…
Li
aprirono.
<<
Buon anno… Beth! >> le sussurrò
Alec a pochi millimetri dalle labbra, per
poi girarsi e andarsene, con ancora lì la matta voglia di
baciarla, il prurito
nello stomaco, il suo profumo nelle narici, e la sciarpa al collo di
lei.
Alec
Cooper andò via.
<< c-cos… >> uscì
tremolante dalle labbra di Beth.
Non
riusciva a capire.
Come
fa a sapere il mio nome?
Perché
è andato via?
Era
andato via, lasciandola lì, sola, con una matta voglia di
baciarlo, il prurito
nello stomaco, il suo profumo nelle narici, e la sua sciarpa al collo.
Beth
Smith rimase lì.
Poi,
d’un tratto, sulle loro labbra apparve un sorriso.
Beth
e Alec, non sapevano perché, ma erano felici. Liberi.
<<
Buon anno.. Alec! >> sussurò,
nell’aria gelida, e quel lieve suonò si nascose
nell’incendiarsi del cielo, e
nella melodia di voci felici.
_______________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
ecco qui un nuovo capitolo.
Mi sono impegnata molto per donarvi un capitolo bello lungo,
è il più lungo
della storia, e spero vi piaccia.
In questo capitolo, ambientato la notte tra la fine dell’anno
e Capodanno,
scopriamo molte cose su Beth, ma c’è comunque un
alone di mistero che la
circonda.
Quale
legame avrà
perso? E perché l’ha segnata così
profondamente?
Cosa
sarà successo?
Inoltre,
questa prima
parte di capitolo, è un po’ come un diario, nel
quale Beth ci racconta un po’
com’è veramente; devo, perciò,
confessarvi che questo è uno dei capitoli a cui
sono più legata, poiché è abbastanza
personale, ma tengo a precisare che Beth
non sono io, ma, come già detto (mi sembra), un
po’ in tutta la storia c’è
qualcosa di me.
Spero, inoltre, di avervi accontentato aggiungendo un po’ di
dialoghi in più,
ma devo fare più pratica (quindi scusatemi xD), e per chi
sperava in un loro
bacio, anche la situazione si era ricreata nuovamente, non uccidetemi.
Devo dire che la mia intenzione era di far finire questo capitolo con
un bacio,
ma mentre scrivevo la fine, non cosa mi sia presa ma non l’ho
scritto, non so
mi sembrava troppo scontato, e come sapete, le cose scontate non fanno
per me.
Quindi perdonatemi.
Comunque se vi va ditemi come avreste voluto il finale, e
chissà, forse, mi
darete uno spunto…
Non voglio dilungarmi troppo, quindi concludo.
Come sempre sarei felice di ricevere vostre recensioni, quindi non
deludetemi.
Ci tengo davvero molto a questo chapter.
Ringrazio:
shadows_fantasy
elev
Una canzone_ solo per te_
Erica_Writer
per
le bellissime
recensioni, e per recensire, sempre in modo fantastico, la mia storia.
Poi un
ringraziamento a chi segue, a chi ha messo questa storia tra le
preferite e
ricordate.
E come sempre un appello a chi, invece, sta nell’anonimato:
fatevi avanti! E
comunque grazie anche a voi! ^_^
P.s. Grazie per gli auguri! <3 Come avete passato
questi giorni di festa?
Se vi va raccontatemi.
Un enorme bacio
P.p.s.s.
Allora,
avviso, per chi è la prima volta che legge questo capitolo,
e chi invece no,
che ho apportato delle modifiche. Il capitolo non mi convinceva, ora
così lo
trovo, decisamente, meglio. Spero, in entrambi i casi vi piaccia, e
magari
ditemi cosa ne pensate della modifica apportata.
Xx Fil
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Capitolo 17 *** Chapter 16 - Nothing more ***
»Chapter 16
Nothing more – As Ink On
Paper
Una
cosa era certa: le
vacanze erano finite.
Beth era a casa già da qualche giorno, il suo viaggio a
Londra era
stato più che soddisfacente. Jessy le aveva mostrato
l’accademia, e in Beth,
crebbe ancora di più quella voglia che già covava
di frequentarla.
Le settimane trascorse in quella città erano state per lei
come un
songo, dal quale, però, dovette risvegliarsi.
Tornare alla dura realtà, cioè, che pochi giorni
mancavano alla ripresa
delle lezioni, non ere piacevole; e a Beth mancavano l’aria
gelida del mattino
appena sveglia, la cioccolata di Jessy, le vie affollate e caotiche di
Londra,
e l’aria tutta sua che avvolgeva la città. Ma
soprattutto a Beth mancava quella
sorta di libertà che aveva lì: essere chi voleva.
A Beth mancavano, anche, le giornate passate a disegnare e dipingere, i
consigli dell’amica, e le uscite a Soho.
Ma, soprattutto, le mancava quell’assenza, alla quale, un
po’, ci si
era abituata poiché, sperava e confidava, in un altro
casuale incontro.
Bath
era un po’ diversa da come la ricordava, sarà
perché la vedeva con
gli occhi di un nuovo anno, o semplicemente perché era, un
po’, lei ad essere
cambiata.
E Beth, si sentì, per la prima volta, in una
città troppo piccola per
lei; e nonostante avesse sempre saputo, e sognato, di andarsene da
lì, dalla
sua Bath, non potè non sentire una morsa allo stomaco a
quella sensazione
strana, che ora l’assaliva.
Insomma era la sua città, la sua casa, e andava bene sognare
e aprire
nuovi orizzonti, ma cavolo sentirsi prigioniera no.
Si colpì la testa come per scacciare quei pensieri e con un
- <<
basta! >> - s’incamminò verso il bar
dove avrebbe incontrato James.
Ed era lì, bello come lo ricordava, i capelli castani a
coprire la
fronte, e gli occhi azzurri schiariti dal sole e un sorriso ad
abbellirlo non
appena la vide.
A Beth era mancato, gli andò incontro e venne accolta da un
- <<
è bello rivederti >> - sussurrato sulla
guancia dopo un bacio. Beth
arrossì, non per il gesto in se, ma per quella strana
confidenza che non
ricordava si fosse creata.
<< già… anche per me.
>>
<< allora, raccontami, com’è Londra?
>> chiese con fare
curioso
E Beth gli raccontò tutto: delle sensazioni, dei luoghi
visti, della
neve, dell’aria, del caffè al mattino, di Jessy,
ma non di Alec… non sapeva
perché, ma un certo disagio la investiva al solo pensiero di
parlare di lui
con lui; insomma cosa avrebbe dovuto dirgli?
perché la cosa era
abbastanza assurda, non sapevano nulla uno dell’altro se non
i nomi e le
sensazioni strane che provano quando erano insieme; avrebbe dovuto
raccontargli
tutto, dal primo incontro fuori al bagno del terzo piano, ma
non poteva e
non voleva farlo, perché era una cosa loro,
solo loro, e non
le sembrava giusto condividerla con qualcun altro. E le sembrava
stupido
parlare di lui, perché, alla fine, tra loro cosa
c’era? Qualcosa c’era,
si… era ovvio: attrazione e interesse. Si, forse era quello,
ma nulla di più. E
allora, cosa avrebbe dovuto dirgli? Nulla, perché
non poteva e non
voleva farlo, perché era una cosa sua,
solo sua.
Beth trascorse il pomeriggio con James, tra una chiacchiera e
un’altra.
Dopo il suo racconto, aveva intrattenuto il tempo ad ascoltarlo, non
che la cosa la infastidisse, visto che è sempre stata una
buona ascoltatrice piuttosto
che una che parla.
James - Beth scoprì quel pomeriggio - aveva la chiacchiera
facile,
avrebbe potuto dirgli qualsiasi parola e lui avrebbe, efficacemente,
costruito
un discorso che durasse ore.
Beth sorrise, amava veramente parlare, non solo di se, ma di qualsiasi
cosa si potesse parlare.
Lei, invece, preferiva aprire bocca solo se le veniva chiesto, o se
aveva qualcosa da dire, per il resto ascoltava.
***
Alec
era tornato da Londra il giorno prima, ed ora stava in camera sua,
sul letto, dopo essersi appena svegliato.
I capelli castani erano arruffati e, divenuti troppo lunghi, coprivano
gli occhi neri.
Alec sbadigliò.
Si alzò, mise le gambe giù dal letto,
stiracchiò le braccia e sbadigliò
nuovamente.
Sul comodino alla sua destra giaceva il suo diario, quello rilegato in
pelle nero, dove ci scriveva le canzoni.
Lo prese, e quando aprì la prima pagina, un sorriso
spuntò sul suo
volto, con le dita callose accarezzò quelle lettere, una ad
una, e le
fissò,
così intensamente quasi a non volerle cancellare,
né dal diario, né dalla sua
mente.
Lì, nero su bianco, c’era la frase che lo spingeva
a scrivere.
Lì, nero su bianco, c’era scritto: Vivi
la tua vita fino allo stremo
delle forze, e alla fine strizzala più che puoi…
e scrivi, e fai musica, e poi
quando hai cantato tutto di quella vita, vivine un’altra, e
un’altra ancora…
Ed è quello che faceva Alec, viveva, viveva più
che poteva, lo faceva
fino allo stremo delle sue forze, e poi scriveva, e poi suonava, e poi
cantava.
Perché Alec era questo: parole, note, musica…
vita.
Ripose quel quaderno, lì, sul comodino alla sua destra,
quello fatto da
una pila di libri.
E la stanza di Alec non era piena solo di libri, ma anche di CD, dischi
in vinile, poster, film, rullini, macchine fotografiche, plettri,
chitarre…
panni, calzini e riviste, sparsi sul pavimento. Quella stanza era
davvero un
disastro e a detta della madre una giungla.
Più volte la donna lo aveva
ripreso con - << metti in ordine quella camera
>> - e tutte le
volte lui le rispondeva con - << la creatività
sta nel disordine…
>> - e la povera madre si rassegnava sorridendo.
Alec era una causa persa.
Prese la chitarra ai piedi del letto e la strimpellò un
po’ cercando di
dare un senso alle note che, quella notte, gli avevano reso impossibile
dormire.
<< Beth… >> sussurrò,
accarezzando quel nome con le labbra
sottili, e assaggiandone ogni lettera. E non potè non
risentire l’incredibile
attrazione e interesse che provava per lei sulla propria pelle.
Perché, alla
fine, era questo ciò che provava, nulla di più.
Perché, alla fine, era sì
diversa dalle altre, ma nulla di più.
Beth, per Alec era solo un enigma da voler indovinare. Un labirinto dal
quale uscire, vittorioso.
Nulla di più.
Scosse la testa, come a risvegliarsi da un sogno, posò la
chitarra e si
decise ad alzarsi.
Si passò una mano nei capelli, e con l’altra si
tolse i boxer, l’unico
indumento che lo copriva, e si tuffò sotto la doccia.
L’acqua fredda scivolava lungo il suo corpo, e con essa anche
la
frustrazione e i pensieri.
Appoggiò la testa contro la parete della doccia e rimase
così, almeno
per una ventina di minuti.
Poi, uscì dalla doccia, un asciugamano intorno alla vita e
una mano a
frizionare i capelli.
Si guardò allo specchio - quello che aveva difronte - dopo
averci
passato una mano, e sospirò.
Si incamminò per le strade di una Bath poco abitata. I jeans
neri
ricadevano sui fianchi; il maglione grigio lasciava intravedere la sua
pelle, lì,
all’altezza del collo; Alec si strinse nelle spalle, la
giacca di pelle non lo riparava
un granché dal freddo; gli anfibi neri scalciavano, di tanto
in tanto, qualche
sassolino; i capelli erano legati in un codino dietro la testa; Alec
era avvolto
da quell’aria misteriosa, che da sempre lo caratterizzava,
camminava guardando
i suoi piedi, con una mano a mantenere la sigaretta tra le labbra, e
con l’altra
la chitarra sulle spalle.
Non era certo strano vedere occhi, per lo più di ragazze,
che non
smettevano di guardarlo. Alec era bello: ed era un dato di fatto.
Sogghignò, poi alzò il viso e rivolse, a quelle
ragazze, uno sguardo
malizioso.
Jake lo aspettava al solito bar, quando Alec arrivò,
l’amico lo accolse
con una, consueta, pacca sulla spalla.
<< Cazzo, è bello rivederti! >>
gli disse Jake offrendogli
una birra, e Alec l’afferrò con un -
<< già, mi sei mancato amico!
>> - e i due, poi, scoppiarono a ridere.
Perché la loro amicizia era
fatta così, di poche parole, ma di grandi sorrisi. La loro
amicizia era vera,
lo era davvero. Tra loro c’era l’essenziale, poche
parole, pochi abbracci,
pochi ti voglio bene, perché bastava
un’occhiata per sapere di cosa aveva
bisogno l’altro, e bastava la loro amicizia per essere
felici. Perché erano
Alec e Jake: gli inseparabili.
<< Stasera c’è una festa da Josh, ci
sei? >> chiese Jake,
non curante, già sapendo di una risposta affermativa da
parte dell’amico, Alec
sospirò e con un - << non lo so
>> - rispose all’amico, che si girò
di scatto verso questi e maliziosamente disse - << dai,
amico, c’è anche
Anne >> - Alec scosse la testa e prendendo un sorso dalla
birra gli disse
- << chi? >> - Jake sorrise, il
solito Alec pensò - <<
come chi? La rossa che ti sei fatto alla festa di Jordan
>> - Alec
sospiro con un - << ah… >> -
Jake sorrise vittorioso e con un -
<< ci vediamo stasera allora >> -
salutò l’amico e andò via.
Seppur a malincuore Alec dovette ammettere che quel tanto agognato
giorno – quello, nel quale sarebbe ricominciata la scuola
– era arrivato.
Con una maglione nero e jeans dello stesso colore, si diresse verso la
sua aula, dove ad attenderlo ci sarebbe stata un’ora di
storia.
La giornata era passata nel più lento scorrere del tempo,
accompagnato
da una solitaria noia.
Arrivato a casa Alec potè finalmente gettarsi sul letto,
dormire e non
svegliarsi prima dell’indomani, ma qualcosa, o meglio
qualcuno, poche ore dopo,
glielo impedì. Jake era appoggiato sulla sua scrivania,
quella sotto la
finestra, e gli lanciava oggetti con l’intento –
nel quale riuscì – di
svegliarlo. Alec sospirò con un - <<
cazzo… smettila >> - ma
l’amico imperterrito continuò e il moro rassegnato
si alzò.
Una mezz’ora dopo, i due inseparabili, erano distesi sul
divano, quello
disotto in soggiorno, con una birra, due cartoni di pizza, intenti in
una
partita a Fifa che vinse Jake - << ehi, fai proprio
schifo >> -
Alec sorrise, consapevole che l’amico avesse ragione, ma solo
perché quella
sera, di giocare, non ne aveva proprio voglia.
Quella sera continuò in compagnia di amicizia, pizza, birra,
e fumo,
con un amico – con il quale – era impossibile
annoiarsi. Quella sera passò
così… all’insegna degli inseparabili
Alec e Jake.
_______________________________________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
questo capitolo – che so non essere un granchè
– è solo di passaggio, e
mi serve per iniziazione del prossimo capitolo, nel quale, troverete,
spero,
una bella sorpresa.
Detto questo, devo aggiungere che seppur insulso questo capitolo
è
importante perché chiarisce alcune idee.
Nelle scorse recensioni ho notato che il messaggio che avete ricevuto
è
quello che Beth e Alec siano innamorati uno dell’altro, e
questo capitolo, ha
proprio il compito di smentire ciò.
Infatti, entrambi, provano attrazione e interesse per
l’altro, e nulla di
più. Spero non rimaniate deluse, ma ho preferito precisare
la cosa, perché non
voglio che sia una di quelle banali storie in cui
c’è il colpo di fulmine, si
innamorano, e vivono per sempre felici e contenti… No!
Quello che volevo trasmettere era – non so come spiegare
– la sensazione
che si ha quando si vede una persona e c’è
qualcosa nello sguardo, nel modo di
fare, o altro, che ti colpisce; e non fai altro, da quel momento in
poi, che
pensare a quel qualcosa, a quello sguardo, o a quel modo di
fare… e no, non ne
sei innamorato, ma incuriosito, interessato.
Quindi Beth e Alec non sono innamorati, o almeno non ancora, o forse
non
lo saranno mai…
Questo episodio della storia, non racconta nulla di eclatante, ma
normali
attimi di vita quotidiana, questo perché voglio che la
storia sia, per l’appunto
non una favola, ma vita reale.
Ringrazio queste persone per aver recensito, preferito e seguito questa
storia:
_miky_
DanceOfUnicorn
TheBlueGirl
Elamela
Tenera
Avril
Martowl
Vanel
Nuna99
TinyDancer
elev
Marii95
Occhi
di fuoco
shadows_fantasy
Una
canzone_ solo per te_
Erica_Writer
Grazieeeeeeeeee
P.s.
ho scritto una One shot: Ho i tuoi residui tra le dita
passate a dare
un’occhiata. (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2372776&i=1
)
Ho
i tuoi residui tra le dita.
E mi odio, in un
modo che non puoi neanche immaginare, perché nonostante
tutto vorrei che tu
fossi qui.
E mi odio
perché
non mi importa del dolore che mi hai procurato.
E mi odio
perché,
se ora, tu, entrassi da quella porta e mi dicessi un flebile scusa ti
perdonerei.
Perché Ho
i tuoi
residui tra le dita.
E preferirei non
avere più nulla, di te.
Xx
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Capitolo 18 *** Chapter 17 - Only to divide us... a shy smile ***
»Chapter 17
Only to divide us… a shy
smile – As Ink On Paper
Era
ormai
arrivato sabato - o meglio era arrivato quel sabato – quello
in cui Beth
sarebbe andata alla festa di James.
Era
passata,
ormai, una settimana dall’inizio della scuola, e tre giorni
dal messaggio di
James che con – ‘ ti aspetto sabato a
casa mia 8.30 p.m.’ –
l’invitava
ad Arthur’s Villa per la sua festa di compleanno.
Erano
passati,
quindi, tre giorni durante i quali Beth cercò un regalo da
potergli fare, ma
con scarsi successi.
Se
c’era una
cosa che Beth Smith odiava era dover fare regali, non sapeva mai cosa
scegliere
poiché in lei nasceva, sempre, il dubbio del se sarebbe
piaciuto.
Inoltre
non
conosceva così bene James da sapere quali fossero i suoi
gusti; così, alla
fine, optò l’ ‘High
Voltage’ in vinile degli AC/DC; avendo sentito
come
suoneria del suo telefonino proprio una canzone di
quell’album.
Sabato
era
arrivato con una lenta agonia, e Beth non voleva proprio andarci a
quella
festa. Il motivo non era preciso, ma dentro di se sentiva una
sensazione
strana. L’aveva promesso a James, però, e Beth
Smith era una di quelle persone
che mantiene la parola data.
Erano
le 8.oo
p.m. e Beth uscì di casa. Il vestitino blu scuro risaltava
il colore dei suoi
occhi, ma non gli rendeva grazia. Con i soliti anfibi – un
po’ troppo rovinati
– e il parka di sempre – quello verde militare che
le regalarono lo scorso
compleanno – Beth camminava per le strade vuote della
città diretta, con una
strana sensazione alla bocca dello stomaco, verso Arthur’s
Villa.
Casa
di James si
presentò molto diversa dall’ultima volta in cui vi
aveva messo piede, nel
giardino inglese non vi si vedevano molti fiori, ma tante candele, la
casa in
mattoni era illuminata da luci.
Beth
si sentì a
disagio, non sapeva fosse una serata formale.
Bussò
al
campanello e, per sua fortuna, ad aprire la porta fu James.
Questi
appena la
vide sfoderò un grande sorriso, e l’accolse in
casa.
Beth
voleva
scappare.
Il
soggiorno di
Arthur’s Villa era gremito di persone eleganti e raffinate,
James - al suo
fianco - era in smoking nero.
<<
mi
dispiace non sapevo fosse una serata formale…
>> - cercò di scusarsi
Beth, ma James con un - << sei bellissima
>> - la interruppe, e
quest’ultima arrossì.
Mentre
Beth dava
il suo cappotto al cameriere arrivò Julia – la
madre di James – in un elegante
abito nero che le ricopriva morbido le curve.
<<
oh
cara, è un piacere vederti! >> - disse a Beth
che sorrise, poi rivolata a
James - << James figliolo, presenta Beth a tuo fartello
>> - poi si
rivolse a Beth - << è tornato da poco da un
viaggio >> - e James
con un - << beh, non è un tipo da queste cose,
sarà in camera sua, o
nascosto da qualche parte >> - rispose alla madre.
E
Beth avrebbe
tanto voluto essere in camera sua, o nascosta da qualche parte.
Julia
portò via
con se James, scusandosi con un ci sono tante persone che
vogliono vederlo e
Beth rimase sola.
Si
sentiva un
pesce fuor d’acqua.
Si
allontanò
dalla sala e prese a gironzolare per la casa.
Rimase
sorpresa
dalla quantità di cibo e champagne che vi era quella sera, e
dall’eleganza
delle persone che discutevano con grazia.
Stava
esplodendo.
E
all’improvviso
una strana voglia di urlare la sopraffece, tanto che l’affogo
con un calice di
champagne.
Si
girò in cerca
di un volto familiare, consapevole che non lo avrebbe trovato, eppure
tra
quella folle le era sembrato di scorgere due pozzi neri.
Guardò di nuovo, ma
nulla.
Non
era la prima
volta, da quella notte a Londra, che Beth lo vedesse negli occhi e nel
volto di
chiunque, di un passante, di un suo amici o di uno sconosciuto.
Scosse
la testa.
Eppure quella sensazione, strana, che provava solo in sua
presenza, era
lì, proprio sotto la pelle.
***
Cosa
ci fa qui?
Alec
non
riusciva a capirlo. Perché era in quella casa?
Aveva
incrociato
gli occhi di Beth mentre scendeva le scale, ed era sicuro fosse lei. Se
ne
convinse.
Ma
non riusciva
a capire cosa ci facesse lì, in quella sala.
Scosse
la testa.
Eppure
la sua
immagine in quel vestino blu, non riusciva proprio a togliersela dalla
mente.
Sorrise,
aveva
quegli anfibi neri che le aveva visto più volte ai piedi.
Come la sera del
ballo.
Ed
era bella,
più di tutte le altre volte.
Sospirò.
Poi
una mano gli
si appoggiò sulla spalla, e una voce gli disse -
<< ehi! finalmente ti ho
trovato >> - si girò e vide suo fratello,
sorrise - << James, ti
serve qualcosa? >> - James annuì e disse -
<< ti devo presentare
una persona >> - sul volto di Alec comparve
un’espressione confusa che il
fratello cancellò con - << ti ricordi di
quella mia amica di cui ti ho
parlato? >> - il ragazzo dagli occhi neri
annuì, e i due fratelli si
incamminarono in cerca di quell’amica.
Quando
James la
trovò, Alec si girò e affondò
– come tutte le altre volte – negli occhi blu di
Beth. Lo sapeva che la ragazza di prima era lei.
Ma
conosceva suo
fratello? Cosa…?
Alec
la guardò
in modo intenso e con un’espressione confusa, la stessa che
poteva leggere sul
volto di Beth.
James
lo
presentò come Alec, e quando stava per dire il nome di Beth,
Alec lo interruppe
con un - << ci conosciamo >> - detto a
denti stretti e con gli
occhi fissi in quelli della ragazza, James rimase un po’
perplesso e guardò il
fratello in cerca di spiegazioni che ricevette con un -
<< andiamo nella
stessa scuola >> - e Alec potè scommetterci
che in quegli occhi blu vi
vide un lampo di delusione.
Non
riusciva a
capire il perché, ma il sapere che l’amica di cui
James gli aveva parlato così
tante, troppe volte e in un modo che, pensandoci, non era molto
‘amichevole’,
lo infastidiva.
Cosa
doveva
fare… doveva combattere contro suo fratello?
Alec
si riscosse
da certi pensieri scuotendo la testa.
Insomma
per cosa
devo combattere?
Si disse ripetendosi che per lui Beth non significava
era nulla.
<<
beh le
presentazioni – se così possiamo chiamarle
– sono state fatte, vi lascio…
piccioncini >> disse Alec in tono aspro.
Cosa?
Piccioncini…?
<<
ma…
>> stava per ribattere Beth, ma Alec le aveva
già voltato le spalle ed
era andato via, lasciandola lì… con quella parola
a ronzarle in testa, e un
vuoto dietro di lui che, Beth potè giurare, era
più profondo dei suoi occhi.
Una
strana
sensazione a quelle parole, tutte quelle che le aveva rivolto
– indirettamente
– guardandola diritta negli occhi,
l’attraversò. Lasciando in lei i residui di
un sentimento che non capiva cosa fosse… Insomma
era geloso?
Scosse
la testa.
E si disse che non c’era motivo per esserlo, ed era stata
sciocca a far sì che
quel pensiero le avesse, anche solo, sfiorato la mente.
<<
lascia
perdere, è fatto così…
>> la risvegliò James, Beth fece un sorriso
tirato.
<<
dai
vieni, ti presento alcune persone >> e senza neanche il
tempo di farla rispondere
la trascinò – letteralmente – via.
Quanto
tempo è
passato? Un’ora, o forse di più, o forse di meno?
Si
chiese Beth
stanca di tutto. Di quella sera, di James, delle persone che non
smettevano di
sorriderle in modo strano, di quegli occhi neri che si sentiva addosso,
ma che
– dannatamente – non vedeva da nessuna parte.
Scosse
la testa.
Aveva
bisogno
d’aria.
Il
giardino
della casa di, non più solo, James, ma anche di Alec, a
quanto pare, era
enorme.
Sospirò.
Alec
è fratello di James. James è fratello di Alec.
Sospirò,
nuovamente. Com’è possibile?
Insomma
non
avevano nulla in comune… si, erano entrambi bei
ragazzi… James era alto e
muscoloso, dai capelli castani – quasi miele - e gli occhi
azzurri, era gentile
e simpatico, un perfetto ragazzo insomma; ma Alec, Alec
era…alto – quasi quanto
il fratello – aveva il fisco asciutto, i capelli castano
quasi neri, e gli
occhi proprio neri, ed era strano, affascinante e misterioso, e
dannatamente
sexy; pensò, mordendosi il labbro per l’ultimo
pensiero.
Sbuffò.
Dal
modo in cui
Alec l’aveva guardata e dal tono in cui aveva pronunciato
quelle parole
sembrava proprio che credesse che tra lei e James ci fosse qualcosa, ma
no… non
era così.
Per
quanto James
potesse essere un bel ragazzo, erano solo amici.
Poi,
però, c’era
Alec, e quello strano legame che li ‘univa’.
Erano
amici? No.
– Conoscenti? Forse. – Qualcosa in più?
…no. – Non erano nulla, ecco!
Alec
ed io non
siamo nulla,
si sussurrò.
Faceva
freddo, e
Beth in quel misero vestino blu, che tra l’altro le lasciva
scoperta la
schiena, sentiva freddo. Si strofinò le mani sulle braccia.
Fece
per
rientrare dentro, ma si pentì subito di quella scelta quando
vide la quantità
di gente che sostava dentro.
Si
girò e vide
un’altra porta, che non sapeva dove portava, ma in quel caso
era la sua ancora
di salvezza.
La
stanza era
buia nonostante l’enorme finestra – quella di
fronte all’entrata – che
illuminava solo la parete di destra.
Quella
- di
parete - era vuota, delle altre non avrebbe potuto dire lo stesso,
poiché non
riusciva a vederle.
Non
sapeva
perché, ma non si sentiva sicura in quel posto, era come se
ci fosse qualcuno.
<<
c’è
qualcuno? >> sussurro.
Ma
nulla,
niente.
Sospirò.
Si
avvicinò alla
finestra e rimase a bocca aperta, la visuale era stupenda. Una scheggia
dell’enorme giardino si estendeva dinanzi ai suoi occhi.
Sorrise.
Ma quel
riflesso – nel vetro – durò
poco… qualcuno la spinse contro il muro – quello
dietro di lei.
Dalle
sue labbra
uscì un gridolino che soffocò in gola quando vide
di chi si trattava. Lui.
<<
Alec
>> sussurrò
<<
ripetilo >> disse anche lui in un sussurro
<<
c-cosa?
>> gli chiese, ignorando il brivido che la percorse al
suono di quella
voce bassa e roca così vicina.
<<
il mio
nome >> Beth rimase in silenzio, indecisa sul da farsi, e
senza avere il
coraggio per farlo.
<<
t-ti
prego >> quasi la supplicò avvicinandosi
così tanto da scambiarsi l’aria.
<<
Alec
>> disse, allora, assaggiandolo con le labbra.
Alec
non potè
non guardare quelle labbra che tanto aveva agognato.
I
due ragazzi si
guardarono negli occhi, e si dissero tutto ciò che, forse,
non avevano il
coraggio di dirsi a voce,
<<
Beth…>> - iniziò allora lui,
sussurrandolo quasi sulle labbra di lei – o
era solo l’immaginazione di Beth? - << cosa ci
fai qui? >>
La
ragazza
rimase un po’ stranita a quella domanda, poi rispose con quel
fare insicuro -
<< il compleanno di tuo f-fratello >> -
Alec con un - << già…
>> rise sarcasticamente. E all’improvviso una
strana sensazione mai
provata prima colpì Beth. Sussultò. Si
può svenire per una risata? Si
chiese.
<<
… il
compleanno di mio fratello… da quando lo conosci?
>> - le chiese duro, e
Beth aggrottò le sopracciglia, ma con - <<
più o meno da dicembre, credo
>> - gli rispose, Alec quasi come un eco lontano
sussurrò - <<
dicembre >>.
Insomma
cosa
vuole da me? e perché cazzo non si allontana?
<<
ti
piace? >> - le chiese con un fare altezzoso e duro che
lasciava intendere
che una risposta già la sapeva, e che – secondo
lui – era pure positiva, Beth
si innervosì, chi si crede d’essere?
così in modo aspro << non
sono cose che ti riguardano >> gli rispose, Alec sorrise
sornione e si
allontanò leggermente.
È
esattamente
come tutte le altre,
si disse Alec, e quel pensiero gli lasciò un amaro in bocca.
Cosa
si
aspettava? Nulla,
Alec non si aspettava nulla, ma… c’era sempre quel
ma che era capace di
fronteggiare tutti i possibili pensieri che riguardassero lei.
E
poi c’erano le
sue labbra, così vicine, così… e la
voglia di baciarla che aveva sempre, anche
solo guardandola, lo investì.
<<
già…
>> le disse scuotendo la testa, e fece per andarsene, ma
quella parola lo
immobilizzò lì, sul posto; Beth
sussurrò un flebile no, e
bastò, basto
per far tornare Alec sui suoi passi. Quelli che erano lì, a
pochi centimetri da
Beth.
Le
sorrise, ed
era un sorriso malizioso, di quelli che ti fanno ardere gli occhi di
uno strano
fuoco.
Alec
e Beth
erano a pochi sospiri di distanza.
Beth
tremava
impercettibilmente.
Alec
le si
avvicinò ancora di più, le mani ai lati della sua
testa – contro il muro – le
labbra vicino al suo orecchio.
Poi
con la sua
voce – roca e bassa – più sensuale del
solito le disse sospirando nel punto
dietro l’orecchio – vicino
all’attaccatura dei capelli - << meglio
così
>>.
Beth
fu percorsa
da una scossa di brividi, mai provati prima. Sospirò,
così piano che Alec non
la sentì.
Poi
il ragazzo
dagli occhi neri le sposto con le dita callose una ciocca di capelli
dal viso,
e la guardò così intensamente negli occhi che
Beth si sentì cedere.
Cosa
mi succede?
Si chiese, ma
senza ottenere una risposta.
All’improvviso
tutte le sue certezze – quelle su di lei, su Alec, sul loro
non essere nulla –
svanirono, lasciando solo Alec a pochi centimetri dai suoi occhi e a
qualche
millimetro dalle sue labbra. Le sue labbra che desideravano
ardentemente
assaggiare quelle di lui.
E
l’aria, d’un
tratto, divenne troppo calda, impregnata di sospiri silenziosi, parole
morte in
gola, e desiderio. Il desiderio di potersi sentire sotto le dita,
dentro le
ossa.
E
poi una
certezza, quella che quel nulla che insistevano
così tanto a sostenere
non era vero. Perché quel nulla avrebbe significato
indifferenza, e tra loro
l’unica aria che stentava a passare non era per nulla fredda.
<<
Beth
>> venne sussurrato silenziosamente dalle labbra di Alec,
che la ragazza
credette di averlo sognato.
Ed
erano di
nuovo uno negli occhi dell’altro.
Nero
nel
blu.
Blu
nel
nero.
E
parvero non
stancarsi mai, di affondare, sprofondare e sentirsi – in un
modo, fino ad
adesso, loro sconosciuto – vivi.
E
poi le labbra
di Alec sempre più vicine; il labbro di Beth fra i denti;
gli occhi di Alec
fissi sulle labbra di lei; quelli di lei ovunque, ma non sulle sulle
labbra di
lui; e l’aria sempre meno; il desiderio sempre di
più. E le labbra di Alec che
quasi sfiorano quelle di Beth, e lei che di scatto girò la
testa.
Alec
che rimase
fermo, immobile.
Cosa
è successo?
Nessuna
ragazza
prima di allora l’aveva mai rifiutato, e non sapeva se, ora,
quella strana
sensazione di vuoto nello stomaco era il risultato di un rifiuto o del suo
rifiuto.
Cazzo!
Beth
aveva
rifiutato Alec, ed ora ancora a pochi centimetri da lui e con la testa
girata
verso la finestra cercava di trovare una spiegazione al suo gesto.
Si
disse che non
era solo una stupida, ma anche una bambina. Insomma cosa mi
è preso?
Sapeva, o meglio credeva, di aver fatto la cosa giusta. Alec era
più grande di
lei, ed era bello, e chissà quante ragazze aveva baciato, e
con quante era
stato.
Beth
si sentì
una bambina piccola che si avventurava in un sentiero troppo ripido per
i suoi
piccoli piedi.
Aveva
baciato,
sì o no, qualche ragazzo – e non recentemente
– e non si sentiva all’altezza di
poterlo baciare. Si sentiva ridicola, e sapeva che se lo avesse
baciato, lui ne
sarebbe rimasto deluso.
Beth
non credeva
di esserne in grado. Non credeva di saper baciare.
Non
si era mai
sentita così in imbarazzo. Non sarebbe riuscita a guardarlo
nuovamente negli occhi.
Alec
guardò la
ragazza che gli era di fronte e anche se avesse voluto non ci sarebbe
riuscito
ad arrabbiarsi, per quel rifiuto.
E
all’improvviso
aveva vogli di abbracciarla.
Le
appoggiò due
dita sotto il mento e le girò il viso verso di lui. Il suo
cuore perse un
battito, o così gli sembrò. Quegli occhioni blu
erano così luminosi e lucidi
che credette di non averne mai visto di occhi così belli.
E
si guardarono
di nuovo, come alla fine si riducevano sempre a fare.
Beth
chiuse gli
occhi.
<<
Beth
>> sussurrò, quasi come se farlo gli costasse
fatica.
<<
guardami >> ma lei scosse la tesa, poi – quasi
supplicante e dolorante –
le disse << t-ti prego >>
Beth,
con una
strana paura che le scorreva nelle vene, aprì gli occhi ed
incontrò i suoi.
Tremò. I suoi occhi erano di quanto più bello ci
potesse essere al mondo. Neri
e scintillanti come tizzoni ardenti. Cercò di abbassare lo
sguardo, ma Alec non
glielo permise.
E
chissà, forse,
perché era pazzo – e credeva davvero di esserlo
– o per quello strano desiderio
che divampava dentro di lui, ci riprovò. Lentamente. Le
labbra quasi, di nuovo,
a sfiorarsi, i respiri carichi di desiderio.
Perché
Alec lo
sapeva. Sapeva che Beth lo desiderava, forse non quanto lui desiderava
lei, ma
non gli importava. Perché lo leggeva nei suoi occhi, nello
scintillio che
faceva capolino ogni qual volta erano così vicini.
Ed
Alec voleva
solo sapere – spinto da una curiosità spaventosa
– di che sapore erano le sue
labbra… così rosse.
Ed
erano, di
nuovo, così vicini da scambiarsi i respiri.
Il
buoi introno
a loro, il silenzio spezzato dai loro pensieri silenziosi, la luna ad
illuminare – anche se di poco – i loro volti, e la
voglia di assaggiarsi.
Finalmente.
<<
Alec
>> e questa volta non era stata Beth a pronunciare il suo
nome.
Alec
si staccò
velocemente da lei, sentendo di nuovo il freddo nelle ossa,
riconoscendo quella
voce.
Poi
dalla porta
fece capolino James che con - << dai sui vieni, ti stiamo
aspettando per
le foto >> - lo invitò a seguirlo, e Alec con
un fare quasi imbarazzato
gli rispose - << arrivo. >>
Beth
che per
tutto il tempo non aveva fatto altro che trattenere il respiro si
lasciò andare
in un sospiro. James non l’aveva vista.
Alec
era lì,
fermo sull’uscio della porta, una mano nella tasca dei jeans
sgualciti, un’altra
nei capelli. Sospirava.
Si
girò e punto
i suoi occhi neri in quelli blu di Beth.
Alec
era lì, Beth qui,
a
dividerli solo
un
timido sorriso.
_________________________________________________________________
Ink
Droplets
Care
lettrici,
in primis mi scuso per la lunga attesa, ma scrivere questo capitolo
è stato più
difficile del previsto. Chiedo venia!
E si… lo so, se prima non volevate uccidermi, credo che ora
abbiate cambiato
idea. Insomma era tutto perfetto – o quasi – e vuoi
Beth, e l’intervento –
inopportuno – di James, nada de nada.
Mi sembrava tutto troppo facile, e bho… non ci sono riuscita
a scrivere un loro
bacio.
Spero che – nonostante tutto – questo capitolo vi
piaccia.
Ditemi cosa ne pensate, mi fa sempre piacere – lo ammetto xD.
Ringrazio chi ha iniziato a seguire la mia storia e messa tra le
preferite.
Inoltre ringrazio queste persone per le recensioni lasciate:
TinyDancer
shadows_fantasy
elev
_miky_
DanceOfUnicorn
Lovehope_
Evanne991
TheBlueGirl
Nuna99
Marii95
Occhi di fuoco
E
tutte le altre
persone che non ho citato, ma non le ricordo tutte! Scusate!
!Vi
voglio segnalare una storia, date un’occhiata ne vale la
pena: Tutta questa
benedetta passione (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2223978&i=1)
''Un
nuovo progetto, un insieme di sensazioni. Elly quel giorno un incontro
del
genere non se l'aspettava di certo. Come non si aspettava di dover aver
a che
fare con la sua reazione in quel momento. Elly odia le presentazioni
formali e
adora il caffè. Dave... ha gli occhi azzurri.''
Questa
bellissima
storia, che vale davvero la pena di leggere, è della
bravissima scrittrice elev.
P.s.
date un occhiata
al mio profilo troverete delle One shot, e se vi va ditemi cosa ne
pensate.
Un bacio, la vostra
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Capitolo 19 *** chapter 18 - Dad John ***
»Chapter 18
Dad John – As Ink On Paper
Beth
era sdraiata sul suo letto, le mani dietro la testa e lo sguardo fisso
sul
soffitto dove c’era l’enorme finestra. Pensava a
ciò che era accaduto la sera
prima – cosa che fece per tutta la note, visto che non chiuse
occhio – ad Alec
così vicino… Cazzo! Stava per baciarmi!
Ci stavamo per baciare!
<< Bethhhhhhhhhhhhh >> urlò una
voce e la ragazza presa alla
sprovvista saltò per lo spavento con il risultato di
sbattere contro il
soffitto.
Dalla porta vide Hannah con in capelli arruffati e le mai sulle
ginocchia per
riprendere il respiro.
<< Cosa c’è? >> disse
Beth in tono duro.
Hannah con nonchalance << volevo sapere se eri qui
>> disse alzando
le spalle. A Beth passò per la testa un piano per farla
fuori << ah!
Eccomi qui! >> le disse facendo la finta arrabbiata e
Hannah capendo il
suo gioco si buttò praticamente sul letto abbracciandola
<< mi sei
mancata >> disse a Beth.
Beth ed Hannah erano amiche dall’età di tre anni,
non ricordavano neanche loro
come fosse successo, eppure era così. Insomma si conobbero e
poi divennero
amiche, così: inaspettatamente, come la pioggia in una
giornata di sole.
Ed ora erano lì, sul letto di Beth, una accanto
all’altra con lo sguardo
rivolto verso il soffitto.
<< Ed? >> chiese Beth sovrappensiero,
Hannah sussultò leggermente e
con fare innocente le disse - << Ed? >> -
Beth si girò e la scrutò,
poi con un finto colpo di tosse catturò la sua attenzione e
le fece capire che
non poteva mentirle, Hannah sbuffò e disse -
<< nulla >> - Beth
rise, Hannah non ci trovava nulla di divertente.
<< Mia dolce e cara Hannah sputa il rospo
>> le disse puntandole il
dito contro – dopo essersi alzata di scatto – la
bionda con l’aria di chi ‘non
so di cosa tu stia parlando’ le disse - <<
quale rospo? >> - Beth
stizzita dal comportamento dell’amica decise di arrivare al
sodo e con un tono
troppo semplice per quella domanda le chiese - << ti
piace Ed? >> -
Hannah che, nel frattempo, stava bevendo un bicchiere
d’acqua, quasi si
strozzò, e balbettando le rispose - << c-cosa?
>> - Beth rise,
Hannah era rossa come un pomodoro.
La ragazza dagli occhi celo sbuffò, e perso coraggio disse -
<<
cisiamobaciatisoloduevolte >> - tutto d’un
fiato, Beth non capendo nulla
le chiese - << cosa? >> - Hannah
sospirò e le disse - << c-ci
siamo baciati s-solo due v-volte >> - Beth
strabuzzò gli occhi e quasi
urlando disse - << c-cosa? >> - la bionda
sbuffando - << ci
siamo… >> - ma l’amica la interruppe
- << quello l’ho capito, ma
cioè… oddio!.. tu e Ed… fantastico!
>> - le due amiche scoppiarono in una
rumorosa risata, Hannah abbracciò di scatto Beth ed entrambe
caddero sul letto
dietro di loro. E risero, risero e risero. Perché erano Beth
ed Hannah, da
sempre.
Hannah
era andata via
da poco, ed era domenica. Era il 26, ed era domenica.
Beth aprì l’armadio, e da lì estrasse
la scatola in cartone – quella rossa – e
la portò sul letto. Sospirò. Era ogni anno la
stessa storia, da ormai sei anni.
Beth un padre non l’aveva più, o meglio lui aveva
deciso di non avere più una
figlia. Eppure ogni anno, in quel fottuto giorno, si ostinava a
scrivere una
lettera che poi non gli avrebbe mai spedito. Una lettera che sarebbe
rimasta contenitore
di lacrime mai accettate. Una lettere per augurare un felice compleanno
ad un
padre che, ormai, gli auguri per il – suo – di
compleanno non glieli faceva
più.
Bath,
1 febbraio 2014
Caro
papà John,
sono io, o meglio sono tua figlia, quella che ti ostini – per
chissà quale
assurdo motivo – a non vedere più.
Come ogni anno, anche in questo, ti ho aspettato… ero alla
stazione, ma di te
neanche un sospiro, se non ricordi lontani. Ricordi che svaniscono man
mano,
che scappano dalle mie dita, e si dissolvono nell’aria.
Sai probabilmente non ti ricordi neanche più di me, in
fondo, sono sei anni che
non ci vediamo. Papà John sono
cresciuta, ormai non sono più una
bambina, o almeno credo, e sono sola, nonostante Hannah ed Ed
– li ricordi? –
nonostante la mamma, e Patrick che ogni tanto mi chiede di te, di come
tu sia…
gli manchi. Ma a te non importa, non ti è mai importato.
C’è una domanda che mi ronza sempre in testa: perché?
Sai… vorrei odiarti, sarebbe tutto più semplice,
ma non ci riesco, neanche un
po’. Perché?
Perché sei andato via? Perché non mi vuoi nella
tua vita? Perché, perché e
perché? Ma rimarranno solo perché, seppelliti nel
mio stomaco, perché non avrò
mai il coraggio di dirteli, e perché – so
– che non ti vedrò più.
John fermati un attimo, guardami… cosa pensi di
vedere?
Me distrutta!? No, ho imparato a non mostrare
più ciò che provo. Ho
imparato a fare a meno dell’amore – del tuo amore
– ora conto solo su di me.
Sai perché?
Perché mi hai fatto così tanto male che alla fine
– quel dolore – è divenuto
anestesia per la mia vita. Con quel dolore ho imparato a conviverci, a
respirarlo e a sentirlo, come lame sulla pelle.
Mi hai – sempre – fatto credere in un mondo
migliore, insieme, ed io – stupida
– sognavo. Ma i songi sono solo illusioni, e tu come tali sei
sparito, nel
nulla. Lasciandomi lasciandoci qui, soli.
Sai… ho sempre finto un sorriso perché gli altri
volevano così.
Ho sempre fatto finta di essere felice, perché nessuno
capiva la mia tristezza.
Ho sempre finto di essere qualcuno che non sono, qualcuno che possa
piacere
agli altri.
Ho sempre mentito perché così non avrei sofferto,
ma così non è stato.
Ho sempre finto di vivere la mia vita, quando in realtà non
facevo altro che
sopravvivere.
E alla fine… cosa ho ottenuto? Nulla.
Parlami, guardami, ascoltami, fa qualcosa… ma non far finta
che io non esista.
Sono qui, ci sono sempre stata, nonostante tutto. Nonostante te.
Perché?
E mi sento così stupida… non immagini quanto,
perché queste non sono altro che
gocce di inchiostro nero su un foglio bianco che, tu, non leggerai mai.
Ed io
mi sento esattamente al contrario: sono nera, come il buio, come il
vuoto. Sai
qual è l’unica differenza? manca il
bianco, la luce… manchi tu.
Tu che non sei qui a dirmi andrà tutto bene, ci
sono io. Tu che mi hai
dimenticata. Tu che chissà dove sei. Tu…
l’uomo che dovrebbe essere mio padre.
Buon compleanno John papà.
Quella
che un tempo era la tua piccina.
Beth
Ed
ora oltre che a
gocce di inchiostro su un foglio bianco, c’erano anche gocce
di lacrime che
furtivamente e impetuosamente sgorgavano dai suoi occhi, occhi blu
– come i suoi
– che in quel momento racchiudevano una tempesta.
Occhi che trattenevano e
nascondevano lacrime da ormai troppo tempo. Che cercavano di essere
forti, ma
con scarsi risultati. Occhi spenti, ma mai così
pieni… di dolore, delusione,
illusioni, sogni, speranze, tristezza, e illusioni…
Occhi che fissavano quelle parole, che le vedevano scomparire dentro
una busta,
nascosta, e conservata, nella scatola di cartone – quella
rossa – richiusa nell’armadio.
______________________________________________________________________________________________________
Ink Droplets
Care
lettrici,
mi scuso per la lunga assenza, ma scrivere questo capitolo è
risultato
difficile e faticoso.
Non succede nulla di che in questo capitolo, ma mi sono resa conto di
aver
tralasciato alcuni dettagli come quelli dell’amicizia con
Hannah, del rapporto
tra Hannah e Ed, e quello di quel capitolo in cui Beth è
alla stazione e
aspetta una persona – che non si sa chi sia – e che
non arriverà mai.
Come avete ben capito, e credo anche intuito visto che non ne ho mai
parlato di
un padre, Beth non vede suo padre da 6 anni, e gli manca. Ogni anno, il
giorno
del compleanno di John, gli scrive una lettera per parlargli di lei, e
augurargli buon compleanno. Ma sono lettere che lui non
riceverà mai, perché
Beth non troverà mai il coraggio di spedirle, dove
poi?
Sono pagine di diario che scrive più per se stessa, per
liberarsi…
In questo capitolo scopriamo un po’ di più su Beth.
Scusate se è corto, ma ci tenevo a pubblicarlo oggi
perché è il mio
compleanno ( 4 febbraio ^^) e quindi spero che come regalo
possiate
lasciare un po’ di recensioni… mi farebbe davvero
felice XD
Spero che il capitolo vi piaccia.
Ringrazio:
michiru93
Vanel
Miss
Recensisco
Myrtus
MRS
HORAN PAYNE
Vas
Happening_Mary
Lovehope_
_miky_
TinyDancer
0_0martolla0_0
elev
Evanne991
shadows_fantasy
DanceOfUnicorn
E
tutti coloro che
hanno messo la mia storia tra le preferite, seguite, e chi ha recensito
le mie
OneShot.
Grazie mille.
Vi voglio bene.
Un abbraccio per tutti.
P.s.
ho scritto un’altra
One shot: Il tempo si è
fermato… eppure
tutto diventa polvere. ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2440195&i=1
)
La
vita va avanti. Il mondo non ti
aspetta, nessuno lo fa. Il tempo non si ferma, non abbiamo la magia. La
felicità non esiste.
I ricordi si dimenticano. Il sole non
c’è più.
E in quella foto… il tempo si è
fermato… eppure tutto diventa polvere.
Datele
un’occhiata.
Grazie mille.
Fil
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Capitolo 20 *** Chapter 19 - A song for two ***
»Chapter 19
A song for two – As Ink On Paper
Quell’oggi
sarebbe iniziato il corso di
teatro per preparare lo spettacolo di fine anno, quello forse non tanto
atteso.
Beth avrebbe preparato la scenografia, e ne era entusiasta. Ma ben
presto
l’entusiasmo si sarebbe trasformato in gioia, Alec
varcò la soglia dell’auditorium.
Era la prima volta che lo vedeva a scuola – anche se la
frequentavano entrambi
- e il suo cuore sussultò.
Più volte aveva cercato i suoi occhi neri tra quelle mura,
eppure sembrava che
non ci fosse; sembrava che Alec fosse solo una sua invenzione, un
illusione, un
sogno.
E adesso era lì: jeans strappato, t-shirt verde, capelli
lunghi e spettinati, e
la sua Martin Black sulla spalla destra. Camminava in direzione di Mrs.
Button.
Alec
sbuffò, la preside, Mrs. Elliot, lo
aveva punito costringendolo a partecipare allo spettacolo di fine anno,
e
adesso avrebbe dovuto passare molti pomeriggi in quello stupido
auditorium.
Quando entrò in quel luogo sorrise al vedere gli occhi di
molte novelline non
smettere di guardarlo.
Perché ad Alec piaceva. Gli piaceva essere guardato e
desiderato. Voleva farsi
desiderare. E tutte cadevano ai suoi piedi; fatta eccezione di qualcuno,
ovviamente.
Mrs. Button, una donna di mezza età bella tonda e con
l’odore dei biscotti
appena sfornati, gli sorrise: adorava Alec.
Alec si diresse verso quest’ultima che gli disse -
<< ma quale onore
signorino Cooper >> - e con un -
<< colpa della Elliot
>> - e un sorriso le rispose, la donna dai capelli grigi
- <<
allora grazie per la vostra presenza signore
‘‘futuro grande musicista’’
>> - lo canzonò; Alec arrossì, lei
era una delle poche persone ad averlo
sentito suonare - << su forza, per il momento aiuta la
signorina Smith
>> - e gli indicò una ragazza dai capelli neri
legati in modo
disordinato.
Alec sorrise, non sarà affatto male stare qui,
pensò.
Si diresse verso Beth, sarebbe stato impossibile non riconoscerla.
Indossava un jeans ad alta vita, largo e strappato sulle gambe, delle
converse
bianche e una t-shirt – di quelle corte – bianca.
Stava dipingendo. Le si
avvicinò e portò le labbra al suo orecchio e -
<< sei ancora più bella
tutta sporca di pittura >> - disse con la sua voce bassa
e roca; Beth
sussultò ed emise un piccolo grido per lo spavento, si
girò e vide Alec a pochi
centimetri da lei. S’immobilizzò, cosa
ci fa qui?, pensò.
<< Mrs. Button mi ha detto di darti una mano…
>> - le disse
guardandola intensamente; Beth annuì, gli diede un pennello
e con il capo
indicò la parte che doveva dipingere.
Era in estremo imbarazzo, e cercava – in tutti i modi
– di non guardarlo, ma
ogni tanto non resisteva e lo vedeva passarsi una mano tra i capelli.
Sospirò.
Si sentiva osservata. Più volte
aveva colto Alec mentre la guardava intensamente, e le sue guance
–
inevitabilmente - diventavano rosse.
Questo
scambio di sguardi durò finché
Mrs. Button non disse ai ragazzi di fare una pausa. Alec –
finalmente a detta
sua – posò il pennello e si diresse verso la
porta, ma si accorse che Beth non
c’era; era ancora lì intenta a dipingere. Le si
avvicinò e a bassa voce le
disse - << non fai una pausa? >> - la
ragazza non rispose, e Alec
si convinse che non avesse sentito, le si avvicinò
– nuovamente – e
all’orecchio le ridisse - << non fai una pausa?
>> - Beth sussultò
di nuovo, e quando si girò si ritrovò a pochi
centimetri dal viso di Alec, il
quale voleva soddisfare la voglia matta che aveva di baciarla.
Beth annuì e si avviò verso la porta seguita da
Alec.
Alec le prese il polso e la portò con se nel retro della
scuola e con -
<< c’è meno folla >> -
ed un alzata di spalle si scusò. Prese una
sigaretta e l’accese, poi senti una voce bassa dirgli -
<< noi sai che il
fumo uccide? >> - Alec sorrise e con - <<
già c’è scritto anche sui
pacchetti >> - le rispose. Beth sbuffò, Alec
guardando in alto le disse -
<< cosa c’è i ragazzi che fumano non
ti piacciono? >> - Beth lo
guardò in modo strano - << allora per questo
ti piace mio fratello?
>> - la ragazza strabuzzò gli occhi e divenne
rossa dalla rabbia -
<< cosa?? Tu!! Ma come ti salta in mente… ma
cosa stai dicendo? Ancora
con questa storia?... sei matto? No, no e no…
>> - << sta zitta!
>> - << cosa? >> - se
possibile divenne ancora più rossa -
<< ti prego sta zitta… >> -
continuò - << altrimenti?
>> - gli disse spavalda - << se continui a
parlare… non fai altro
che aumentare la voglia che ho di baciarti >> - le disse
guardandola
negli occhi e con la sua calda voce; Beth, questa volta, divenne rossa
per
l’imbarazzo ed abbassò il capo.
Alec gettò la sigaretta a terra e le si avvicinò,
con due dita le alzò il
mento, e – nuovamente – la guardò negli
occhi, poi abbassò anche lui lo sguardo
e se ne andò.
***
Alec
era in camera sua intento a
scrivere una canzone – o meglio ci tentava. Lo spettacolo
sarebbe stato
sull’amore, e Alec non sapeva cosa scrivere. Non sapeva cosa
fosse l’amore, e
né tantomeno voleva saperlo.
Era nervoso, lo era dannatamente. E si sentiva stupido per aver
confidato a
Beth di volerla baciare. Ma proprio non ci riusciva, aveva una voglia
matta di
farlo, e lei continuava a parlare, e a muovere quelle labbra; e Alec
avrebbe
solo voluto sbatterla al muro e baciarla, ancora e ancora.
Sospirò. E la mano a muovergli i capelli non
bastò. Posò la sua chitarra sul
letto e scese giù.
E neanche il bicchiere d’acqua fresca bastò ad
alleviare quella strana
sensazione.
Una mano gli si poggiò sulla spalle, James gli sorrise. E
Alec avrebbe voluto
prenderlo a schiaffi. Respirò a fondo e prima che il
fratello uscisse dalla
cucina gli chiese - << ti piace Beth? >> -
James sorrise e con -
<< aspettavo che me lo chiedessi >> - gli
rispose, e con il capo
gli indicò il divano.
I fratelli Cooper erano seduti sul divano. Il grande salotto
sembrò – per Alec
– improvvisamente stretto. Gli mancava l’aria.
<< Alec >> - disse in tono fermo James.
Alec si girò e lo guardò, poi con il capo gli
fece segno di continuare.
<< Si >> - Alec sbuffò e prima
che potesse parlare James continuò -
<< Si, mi piace; è una bella ragazze, ed
è anche simpatica, ma non è il
mio tipo; siamo solo amici >> - Alec aggrottò
le sopracciglia e -
<< perché volevi saperlo? >> -
gli chiese il fratello maggiore, ma
Alec si limitò ad alzare le spalle.
<< Piace a te? >> - gli chiese allora
James, Alec cominciò a ridere
e – finalmente – gli rispose con un -
<< no >> - secco.
James gli sorrise in un modo strano e andò via, lasciandolo
solo e soddisfatto
– anche se non voleva ammetterlo.
Ora aveva campo libero, forse?
Ma non ci avrebbe provato, Beth l’aveva rifiutato e non era
mai successo che
una ragazza lo facesse. Eppure ogni volta voleva riprovarci, ma un
altro
rifiuto non l’avrebbe accettato.
Poi un’idea lo colpì. Sorrise. Avrebbe fatto in
modo che fosse stata Beth a
provarci con lui. Sorrise, vincitore.
***
Erano
le undici di sera quando squillò
il telefono di Beth.
<< Pronto? >>
<< Beth? >>
<< Si… chi sei? >>
<< Non mi riconosci? >>
<< Alec… >>
<< Si! >>
<< Come fai ad avere il mio numero? >>
<< Ho i miei mezzi. >>
<< E scommetto che tu non abbia intenzione di dirmi quali
siano. >>
<< Indovinato. >>
<< Cosa vuoi? >>
<< Parlare con te. >>
<< Lo stiamo già facendo. >>
Alec
sbuffò, perché l’ho chiamata?,
si chiese. Ma non lo sapeva. Ma aveva voglia di risentire la sua voce.
Beth
sbuffò silenziosamente, cosa
vuole?, si chiese, ma non sapeva la risposta. Eppure essere a
conoscenza
che adesso dall’altra parte del telefono ci fosse Alec le
fece battere più
forte il cuore.
<<
stavo scrivendo una canzone… ma
non riesco a continuarla… non trovo le parole
adatte… >>
<< io me la cavo con le parole…
>>
<< puoi aiutarmi? >>
<< perché dovrei? >>
<< per favore >> - sospirò -
<< è per lo spettacolo. >>
<< ok. >>
Alec sorrise.
<< possiamo vederci? >>
<< a quest’ora? >>
<< si! >>
<< dove? >>
<< al nostro posto? >>
Beth sorrise al ricordo del loro ultimo incontro lì.
<< arrivo >> disse e staccò il
telefono.
Sorrise,
ma un vuoto
allo stomaco la riempiva. Avrebbe dovuto vedere Alec, e dopo
ciò che era
successo la mattina non ne aveva il coraggio.
Avrebbe voluto baciarlo. Avrebbe voluto che la baciasse. Avrebbe voluto
tante
cose, ed invece era rimasta lì, immobile, e rossa per
l’imbarazzo.
Prese il suo parka e uscì di casa. I capelli legati
‘‘ alla bell e meglio’’,
con due ciocche a coprirgli il viso. Il maglione verde –
quello enorme – e il
cielo stellato sulla testa.
Quando Beth mise piede nel Prior Park era passata da un po’
la mezza notte. L’aria
era fredda, ma odorava di quel tipico aroma che c’era solo
lì. Beth sorrise, le
era mancato quel posto così tanto da non accorgersene.
Alec era appoggiato al ponte con lo sguardo rivolto verso il cielo.
Quando
sentì dei passi, abbassò il viso e vide Beth
venirgli incontro.
<<
ehi >>
le disse con un sorriso stanco.
<< ciao >> gli rispose una volta che furono
a qualche metro di
distanza.
<< scusa ci ho messo un po’ di tempo, ma sono
venuta a piedi…>> gli
disse Beth per rompere il ghiaccio.
<< cosa?... ma sei pazza? A
quest’ora… >> disse con fare
preoccupato, ma fu interrotto da una risata di Beth - <<
da quando in qua
ti interessa? >> - << non ce nulla da
ridere >> - disse con
tono duro, Beth annuì e sussurrò un flebile scusa.
<< grazie per essere venuta >> - allora le
disse, e Beth gli
sorrise.
<< su vieni con me >>
A
pochi metri di
distanza c’era una coperta sull’erba e la stessa
chitarra che Beth aveva visto
quella stessa mattina.
<<
È
davvero bella. >>
<< Ti piace? >> disse sorridendo Alec, Beth
annuì.
Alec
e Beth si
sedettero, ma di cominciare a scrivere non ne avevano la minima
intenzione.
Alec guardava Beth e lei il cielo.
<<
Parlami di te
>> le disse.
Beth abbassò il viso e aggrottò le sopracciglia
<< cosa vuoi sapere?
>> gli sussurò.
<< Qualcosa di te >> e lo disse con un
sguardo così intenso che
Beth non poté rifiutare.
<< mi piace guardare le stelle, l’odore del
caffè e gli abbracci >>
e i tuoi occhi avrebbe voluto aggiungere.
Alec sorrise, le si avvicinò e condivisero –
nuovamente – gli stessi respiri.
Alzò la mano e le sfiorò la guancia per arrivare
ai capelli che sciolse.
<< mi piacciono i tuoi capelli, non portali sciolti
>> le disse a
pochi centimetri dalle sue labbra, Beth annuì
impercettibilmente.
E
stettero lì un bel
po’; a guardarsi, scambiarsi qualche parole e a guardarsi.
Poi Alec si alzò, si sfilò la maglia e si
avvicinò al fiume che scorreva sotto
il ponte. Beth si alzò di scatto - << cosa hai
intenzione di fare?
>> - e Alec con un alzata di spalle - << un
bagno >> - le
rispose.
<< Tu sei pazzo, è gelida! Torna qui!
>>
<< Ad una condizione >> sorrise divertito.
<< Quale? >> chiese Beth intimorita.
Alec la guardò intensamente, e a lungo, poi con voce bassa e
decisa le disse -
<< baciami! >>
Beth sussultò.
<< perché dovrei farlo? >> disse
con voce tremante.
<< perché ti piaccio. >>
<< cosa ti fa essere così sicuro?
>>
<< vuoi questo bacio quanto me! >>
<< ti sbagli >> disse flebilmente.
Alec le si avvicinò lentamente ma troppo presto le fu vicina
- << sul
serio Beth? >> - le disse con le labbra tremendamente
vicine al suo
orecchio. Beth annuì.
<< sul serio? >> richiese con le labbra sul
collo della ragazza.
Beth deglutì e annuì di nuovo.
<< ne sei convinta? >> chiese con le labbra
a pochi millimetri da
quelle di Beth.
Un flebile << si >> uscì dalle
sue labbra.
<< puoi cercare di mentire a te stessa e convincerti di
riuscirsi, ma il
tuo corpo Beth… quello non mente >> le disse
con gli occhi fissi nei
suoi.
______________________________________________________________________________________________________
Ink Droplets
Care
lettrici,
ho eliminato lo scorso capitolo perché non mi soddisfaceva,
e non solo l’ho
modificato, ma anche continuato. Spero che adesso vi piaccia.
Ringrazio tutte voi che mi sostenete sempre. Grazie mille!
P.s. scusate le brevi note, ma non voglio annoiarvi.
Nuova
Flashfic: ‘‘Il tempo si
è fermato… eppure tutto diventa
polvere’’ ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2440964&i=1
)
‘‘La
vita va avanti. Il mondo non ti aspetta,
nessuno lo fa. Il tempo non si ferma, non abbiamo la magia. La
felicità non
esiste. I ricordi si dimenticano.
Il sole non
c’è
più.E in quella foto… il tempo si è
fermato… eppure tutto diventa polvere.’’
Se
vi va date un’occhiata!!
Un
bacio.
Fil
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Capitolo 21 *** Avviso ***
Ciao ragazze mi scuso per la lunga assenza e per ciò che leggerete tra poco.
È da un po' di tempo che riscontro difficoltà nel continuare questa storia, non mi ci rispecchio più... sono cambiate un po' di cose, o lo sono io, ma scriverla in queste condizioni non mi sembra giusto nei vostri confronti, nei miei, e in quelli di Alec e Beth.
Riprenderò a scrivere la loro storia non so quando, e se mai... scusatemi! Vi ringrazio per tutto, per il tempo trascorso insieme.
Grazie.
Un bacio,
la vostra Fil |
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