Without feelings.

di LizzyRosa24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memories in my eyes. (Intro) ***
Capitolo 2: *** 1. Uragano di luce. ***



Capitolo 1
*** Memories in my eyes. (Intro) ***


 

Memories in my eyes.

 

Erano passati quattro anni da quando avevo preso la decisione di partire e lasciarmi tutto alle spalle. Ero una sedicenne con i sogni infranti, l’anima a pezzi, e gli occhi pieni di lacrime. Adesso ero diventata una donna cinica, col cuore freddo, alla quale importava di tre, quattro persone al massimo. Il resto era futile.
O almeno era ciò che facevo credere. In realtà ero ancora quella ragazza intrappolata nella sua stessa gabbia di dolore, di rabbia, di paura. Tuttavia, non potevo andare avanti in quel modo, e quindi presi la decisione di prendere tutto il dolore e di chiuderlo in un cassetto da aprire quando nessuno poteva accorgersene. Solo qualche mese dopo presi una decisione che finalmente, forse, avrebbe cambiato il resto della mia vita. Avevo deciso di trasferirmi in una città lontanissima dai ricordi che mi intrappolavano giorno dopo giorno. Lontanissima dalle persone che mi ferivano giorno dopo giorno. Lontanissima dalle persone che sapevano leggere il dolore nei miei occhi e mi ricordavano quanto non sapessi fingere. Lontanissima da tutto e tutti.
Per i successivi tre anni studiai e lavorai, nel corso dell’ultimo anno del mio Liceo mi iscrissi addirittura alla scuola serale, per poter lavorare anche il mattino. Nell'estate dopo gli esami di maturità, mi impegnai al massimo in modo tale da essere già in quella città dei sogni a partire da Ottobre di quello stesso anno.
E finalmente dopo tanti litigi, tanti dubbi, tanti pianti, avevo tra le mani quel biglietto di sola andata per Londra, una casa mia e l’università che aspettavano solo me.
Nella settimana prima di partire era come se tutta la mia vita mi fosse passata davanti. I ricordi fiorivano dal nulla come per dirmi “resta”. Ma i ricordi non bastavano di certo ad impedirmi di partire. E nemmeno le persone a me care. Ero decisa più che mai a partire. E nemmeno il ritorno della persona che tanto avevo amato e per cui avevo sofferto tanto mi avrebbe impedito di partire. A pensarci bene, tutti i ricordi che fiorirono in quella settimana mi riportavano a lui. E in quell’ultima settimana non riuscii a chiudere, come mio solito, il dolore nel cassetto. Sbucava dal nulla. Per una frase, una parola, un gesto, un sorriso, una foto, un regalo rimasto dietro l’armadio, nascosto dove nessuno poteva accorgersene. Un pupazzo, per l’esattezza. Un piccolo pinguino che avevo pensato mille e mille volte di buttare e che quando avevo preso la mia decisione non l’avevo più trovato.  Quell'ultimo giorno di quell'ultima settimana, invece era sbucato dal nulla. Ma fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il giorno dopo presi tutte le mie valige e proprio come avevo chiesto me ne andai sola. Me ne andai per sempre. Me ne andai con le mie cuffie alle orecchie e il cappuccio in testa, con il cuore che bruciava in petto e i ricordi negli occhi.

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Capitolo 2
*** 1. Uragano di luce. ***


Uragano di luce.
 
Quel giorno salii sull’aereo senza guardarmi dietro, con lo sguardo perso nel vuoto, tremando. Stavo davvero realizzando il mio sogno. Mi stavo davvero lasciando alle spalle il passato nel modo che avevo sempre sognato. Londra sarebbe stata un ottimo punto di partenza per chiudere una vita della quale non mi importava più nulla. Mi sedetti al mio posto, accanto al finestrino, mi tolsi le cuffie e guardai il mio riflesso al display del cellulare. Ero palesemente stanca, un bel paio di occhiaie spuntavano sotto i miei grandi occhi color nocciola. Per fortuna il trucco nero non aveva il minimo segno di sbavature. Sbuffai e decisi di rilassarmi. Ben presto mi persi nei miei pensieri guardando l’aeroporto dal finestrino. Ne uscii fuori quando mi sentii toccare il braccio da qualcuno. Mi girai e vidi un ragazzo che mi chiamava. La sua visione mi spiazzò. Era incredibilmente bello. Ogni piccola sfaccettatura del suo viso era perfetta.  Aveva una folta chioma castana che faceva da cornice al volto spigoloso, nel quale vi erano incastonati due occhi verdi mozzafiato.
-Scusa il disturbo, ma credo sia meglio che ti allacciassi la cintura-. Disse sorridendo a metà tra l’essere imbarazzato e divertito. Restai a bocca aperta, da una parte perché restai quasi delusa che mi avesse chiamata solo per quello e dall’altra perché quel sorriso era come quello di un dio greco scolpito da qualche artista antico.
-Si, certo- dissi balbettando. Lui sorrise ancora. -Piacere, Marika- dissi istintivamente tendendo la mano verso lui e continuando a sorridere me la strinse.
-Piacere, Erick-. Quasi subito prendemmo confidenza e cominciammo a scherzare come se fossimo due buoni amici. Cosa che mi fece restare a bocca aperta ancora di più, dato che non ero mai stata brava a rapportarmi subito con le persone. E invece con quello sconosciuto tutto era diverso. Per qualche strana ragione, mi era impossibile non ridere e scherzare con lui. Allora ad un certo punto, ridendo, presi un foglietto e dissi: -facciamo una cosa: ora scrivo i nostri nomi, ci facciamo una foto con questo e immortaliamo l’inizio di una fantastica amicizia aerea, ci stai?-.
-Certo! Dai scrivi!- rispose ridendo. Mentre mi guardava scrivere il suo nome ad un tratto mi bloccò con il suo sorriso mozzafiato e facendo un finto sguardo assassino mi disse: -Erick con la K finale- e mi lasciò continuare.
Appena finii glielo porsi e scoppiò in una fragorosa risata alla vista di quel “Marika & Erick con la K finale”. Io rimasi lì come una sciocca a guardarlo ridere di gusto. Racchiudeva in sé una tale vitalità e felicità con la quale riusciva ad illuminare i volti di chi incrociava il suo cammino. Era un uragano di luce.
Arrivammo a Londra senza che me ne accorgessi e in men che non si dica lo dovetti salutare. Aspettai il taxi e solo quando ero già lontana dall’aeroporto mi resi conto che non ci eravamo scambiati neanche i numeri di telefono. Non mi ero nemmeno fatta dire il suo cognome, di conseguenza non potevo cercarlo su Facebook. Mi sentii una sciocca. Mi restava soltanto una foto con un bellissimo semi-sconosciuto che non avrei incontrato mai più.
Sospirai, pagando il taxista e scesi dall’auto. Mi ritrovai davanti la mia nuova casa. 13 Saint Stephen's Grove, London. Sarebbe stato il mio nuovo indirizzo. Le facciate mi piacevano tanto, sapevano di antico. Ovviamente, però erano state fatte da poco probabilmente. Era stata una scelta di mia zia Flo. Abitava a Londra da 30 anni, ormai. Si era arricchita grazie alla sua professione di stilista e aveva messo sù una famigliola molto strana. Mia zia era sempre stata una persona molto affettuosa nei miei confronti, e anche il marito, lo zio Tom era una persona molto affettuosa e vivace. In tutte le famiglie, però, si sa che esiste una pecora nera. E in questo caso era mia cugina Isobel. Era stata cresciuta da due persone tanto affettuose che non sapevano dire di no ad ogni suo capriccio. E così diventò la solita ragazzina londinese snob e viziata. Aveva 22 anni, era nata solo due anni prima di me, ma in quanto a maturità la superavo di gran lunga. Salii le piccole scalinate e suonai il campanello, dentro mi aspettava mia zia con le chiavi e un abbraccio che mi avrebbe stritolata. Come previsto, appena aprì la porta mi sentii quasi soffocare da zia Flo.
-Benvenuta principessa- disse in preda alla commozione. Non mi vedeva da ben 3 anni, ormai.
-Grazie zia- risposi sorridendo e ricambiando l’abbraccio.  Mi fece entrare in casa, era uno splendore. Piccola, confortevole e in ordine. Appena si entrava c’era un piccolo salotto che faceva anche da angolo cottura, un divano, un tavolo in legno rotondo con quattro sedie, una vetrinetta in cui mia zia aveva già provveduto a sistemarci un bel po’ d’alcool, fotografie e statuette varie e una finestra che dava sulla strada, andando dritto poi c’era un piccolo corridoio che portava a due stanze, il bagno e la mia stanza. Appena ci entrai per posare le valigie ne rimasi stupefatta. Le pareti erano azzurre e bianche, accanto alla finestra c’era uno specchio gigante con la cornice in ferro battuto e accanto un letto enorme con la testiera che riprendeva i motivi della cornice dello specchio, di fronte al letto c’era un armadio altrettanto grande e accanto una scrivania con sopra un pc portatile nuovo di zecca.
Mi girai verso l’angelo che aveva provveduto a tutto quello.
-Zia è fantastico, grazie!- dissi quasi sussurrando a bocca aperta.
-Non c’è di che tesoro, se apri l’armadio troverai anche dei nuovi vestiti. E’ un piccolo regalo di benvenuto, per farti sentire a tuo agio, ecco- rispose lei quasi imbarazzata. Forse con una peste come figlia non era abituata neanche ai ringraziamenti. -Inoltre ho provveduto a farti un po’ di spesa e nel pacchetto sopra il frigo troverai un po’ di soldi, ti faranno comodo fino alla prossima settimana. Lunedì comincerai a lavorare nel ristorante dello zio- disse facendomi un sorriso a trentadue denti. -Ah, nella casa accanto c’è Isobel, se vuoi vederla vado a chiamarla- continuò.  Io rimasi un po’ perplessa.
-Anche Isobel abita qui? Non abita con te?- chiesi.
-Sì, certo che abita con noi, solo che oggi è arrivato il suo ragazzo dall’Italia, e lui abiterà proprio accanto a te. E’ grazie a Isobel che ho trovato questo appartamento anche per te, sai?-  rispose. Rimasi a bocca aperta. Avrei dovuto sorbirmi tutti i giorni quella gallina?
-No, no. Meglio lasciarli soli zia, la saluterò quando passerò da casa vostra. Adesso, a dire la verità vorrei riposarmi, sono davvero molto stanca- dissi sospirando. Ero davvero esausta, e inoltre era un’ottima scusa per non incontrare mia cugina.
-Va bene tesoro, allora riposa pure, ci vediamo- disse lei abbracciandomi e dandomi un bacio in guancia.
Finalmente ero rimasta sola. Mi abbandonai sul divano e chiamai mia madre per dirle che ero arrivata. Subito dopo andai a farmi una doccia calda. Mi misi una canottiera e un pantacollant in fretta e andai nella mia nuova stanza. Entrando mi diedi un’occhiata allo specchio e fissai la mia figura. Ero sempre stata un po’ bassina e secondo me troppo piena di forme, guardai il mio viso, le occhiaie erano quasi evidenziate. Sospirai e mi buttai a letto. Mi addormentai quasi subito, pensando ad Erick con la K finale.

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