The Book of Legends

di doodle_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A little prologue ***
Capitolo 2: *** Tic Tac ***



Capitolo 1
*** A little prologue ***


A little prologue~

"E se scappassimo dentro ad un libro?" mi chiese Sebastian quel giorno d'estate. Eravamo su una collina ad osservare il cielo grigio, inquinato da fabbriche e dai mezzi di trasporto, pubblici e non. Oramai non faceva differenza, nonostante spingessero la gente a sostituire le auto con i pubblici. Era solo una tremenda cazzata. Non sarebbe mai tornato tutto come prima, tutto pieno di verde, di alberi e prati. E del rosa, del viola, del blu, del giallo e chi più ne ha più ne metta dei fiori, oramai persi.
E ne restava solo un vago ricordo nelle nostre menti.
Così, mentre le foglie verdi ondeggiavano al lieve soffio del vento, pensavo alla mia risposta, quella che mi faceva così male. E che tuttora mi fa così male.
"Mi spiace, ma sai bene che ciò è impossibile.", dissi stringendo le labbra in un lieve e falso sorriso.


Angolo dell'autrice
​Buonasera o buongiorno a seconda di quando state leggendo questo prologo. Per chi ancora non mi conosce (vale a dire tutti o quasi) io mi chiamo Doodle, anche se immagino abbiate capito che il mio vero nome non è questo.
Questa storia è nata dal nulla, forse dalla voglia di non voler scappare dentro ad un libro, scappare da persone, situazioni e problemi. Dopo un momento di sclero assurdo verso certa gente ho pensato di rendere reale la situazione e di scrivere questo piccolo prologo. Esatto, questo piccolo prologo, perché non sono sicura di voler continuare a scrivere il resto dei capitoli.
So che l'idea potrà sembrarvi banale, ma mi piacerebbe molto conoscere la vostra opinione.
Beh, Buon Capodanno in anticipo, comunque!
_doodle

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Capitolo 2
*** Tic Tac ***


Capitolo 1 ~ Tic Tac

Le mie mani correvano veloci, scivolando su quei tasti bianchi e neri, mentre una dolce melodia alternata da ritmi allegri si diffondeva per tutta la stanza. Quella vecchia melodia creata da lei e che in lei era ancora celata.
Continuai a suonare per un po' fin quando non arrivai al gran finale. Cominciai a poggiare le mie dita sui tasti giusti, in teoria, sperando che lo fossero davvero. E la melodia finì così com'era iniziata. Perché se ascoltata da qualcun altro poteva sembrare perfetta e autentica. Ma io sapevo che era tutto sbagliato.
Portai le mani alle tempie, cercando di concentrare tutta me stessa nella soluzione di quel problema. La canzone in sé era giusta, le note anche, ma il finale... una nota sola, quasi impercettibile che stonava rendendo il tutto diverso. Diverso da quando non ero io a suonarla. Diverso da quando lo suonava lei. E così mi concessi un'altra volta di ascoltare la registrazione e premetti l'agognato pulsante.
Subito le note riempirono di nuovo la stanza, ancor più dolci e profonde delle precedenti che, a confronto, erano solo suoni messi insieme goffamente l'uno dietro l'altro. Era splendido sentirtele entrare in testa e poterle riassemblare, anche se non dal vivo. Perché se ci fosse stata mi avrebbe aiutata lei, nella sua melodia perfetta.
"Mi manchi, mamma...", sussurrai mentre la registrazione finiva.
Tornai nella mia stanza, stanca e avvilita. Tentare ogni giorno di riprodurre la melodia che mia madre suonava la sera mi portava via troppe energie, soprattutto dato il fatto che non avevo uno spartito sul quale basarmi, ma solo la mia memoria e una vecchia cassetta rovinata. Mi distesi sul letto cercando di pensare ad altro, ma le mie mani continuavano a suonare da sole automaticamente. Rinunciai praticamente subito a dormire, ormai era risaputa la mia difficoltà nel farlo. Così presi qualche libro e il mio quaderno delle citazioni quasi pieno.
Sfogliai qualche pagina di un libro e mi cominciai a scrivere, ripetendo a mente ogni parola. Era un passatempo che mi portavo dietro da anni, per questo il raccoglitore stava per scoppiare. Le sapevo a memoria, ad una ad una e non esitavo a tirarle fuori durante le occasioni. Non sapevo in realtà a cosa servisse scriverle, però farlo mi rendeva felice e mi dava uno scopo. Anche se spesso arrivavo a ripetermi Serena, cosa stai facendo della tua vita?!
Spesso, decisamente troppo spesso.
Rimasi a leggere e scrivere fino a più o meno le sei di mattina, poi mi lavai, mi vestii e tentai di svegliare mio fratello, quel fratello maggiorenne che si crede chissà chi, ti prende in giro davanti agli amici e che non si sveglierebbe per andare a lavoro nemmeno se un elefante gli precipitasse addosso. Consapevole di ciò, mi limitai semplicemente a tirargli un suo libro-mattone noioso in faccia. Inutile dire che non se ne accorse nemmeno. Così mi feci un toast e cominciai a mangiare mentre uscivo di casa dirigendomi verso la fermata degli autobus. Quando arrivai, mancava ancora una mezz'ora al suono della campanella, perciò decisi di andare in biblioteca. Quello era l'unico posto dove mi sentivo libera. Presi un libro e mi sedetti ad un tavolo vuoto, fulminando le povere anime che tentavano di trovare anch'esse un posto dove sedersi e adocchiavano il mio tavolo.
Quel libro parlava di draghi. Che novità!, pensai. C'erano dei ragazzi che facevano parte di un villaggio povero che scoprivano ad un certo punto di essere dei domatori di draghi. La storia era incentrata su una domatrice donna. Per essere un libro così scontato la storia proseguiva molto bene, fin quando... non subentrò quel maledetto figlio del Re!
Mi cascarono le braccia.
Posai il libro nello scaffale avvilita e uscii fuori, tornando verso la scuola. Riflettevo sulle storie d'amore nei libri fantasy, le quali rovinavano quasi sempre tutto e ottenni solo che andai a sbattere contro un tizio che correva.
Si alzò da terra prima di me mi guardò dritto negli occhi. I capelli neri come la pece e gli occhi castano scuro. Occhiali delle lenti tonde ed enormi. Lentiggini facevano capire che i suoi capelli apparentemente neri in realtà erano rossi. La bocca mezza spalancata dalla sorpresa.
Registrai tutte quelle caratteristiche in poco meno di cinque secondi, poi mi alzai anch'io chiedendogli scusa. Lui non rispose e corse via. Che strano..., pensai.
Alzai la testa guardando il cielo, senza un motivo ben preciso. Forse speravo che fosse tornato al suo colore celeste originale, forse sapevo che non sarebbe mai successo. O semplicemente speravo qualcuno provasse a cambiare tutto.
Sentii la campanella suonare e tornai alla realtà quando Sebastian mi diede una pacca sulla spalla urlandomi un "Come on!" interrotto da un mio "Ma sei impazzito?! Per poco non urlavo! Mi hai fatto prendere un colpo!".
E così andammo nelle nostre classi scambiandoci un "Buona fortuna." per i compiti in classe di entrambi. Naturalmente nessuno della mia aveva studiato e io mi ritrovai con circa una ventina di persone davanti che mi spingevano contro la porta per pregarmi di farli copiare. Poveri illusi. Davvero credevano avessi studiato? Non era certo per bravura che i miei compiti andavano bene, anzi. Direi più per fortuna. Quella fortuna che non mi abbandonava mai e che avrei ceduto volentieri a qualcun altro.
Mi feci strada tra la folla per arrivare al mio banco vuoto, mi sedetti e presi il cellulare, appuntandomi quel che avrei dovuto fare quel giorno. Era come una fissa tenere una specie di agenda, iniziai a scrivervi quando mi accorsi di scordarmi sempre di tutto ciò che dovevo fare. Rilessi mentalmente il programma del giorno.
Dunque... dalle 8.15 alle 14.15 sono a scuola, poi alle 14.30 prenderò l'autobus, che nel caso non ci siano intoppi dovrebbe portarmi a casa verso le 15.15. Nel caso ci siano intoppi dovrei arrivare intorno alle 15.40. Fino alle 17.15 studio, poi mi preparo per andare a prendere Sebastian alle 17.30, per poi trovarci da Giulia verso le 18.00. Alle 20.00 circa fingerò di stare male per non uscire con Nicola e combriccola e tornerò a casa verso le 20.30. A quel punto potrò suonare, dato che mio fratello tornerà a casa solo alle 22.30. Prima, verso le 21.50, preparerò la cena, di modo che alle 23.00 dovrei dormire, teoricamente...
Venni interrotta da qualcuno che ebbe l'idea di sedersi accanto a me. Poi realizzai che in realtà fu la professoressa ad ordinarglielo, essendo nuovo. Appena lo compresi sentii addirittura una sua frase rivolta a me. Se l'avesse detta pochi minuti prima avrei già una bella nota per essere distratta.
"Mi chiedo il motivo perché tu sia sempre seduta lì da sola, Serena.", mi chiese indirettamente la prof.
"Mordo.", risposi semplicemente. Una piccola parte della classe rise. Dopotutto, mi odiavano.
La professoressa non lo fece.
"Aprite il libro di storia a pagina 37.".
Mentre fingevo di seguire, mi concessi di guardare il ragazzo al mio fianco che non avevo ancora notato. Rimasi sorpresa dal vedere che in realtà era il ragazzo di quella mattina e che, nascosto la copertina di filosofia, aveva un libro. Capii che si trattava de "Il Libro delle Leggende", una storia che non avevo mai avuto il coraggio di leggere essendo un malloppo di circa 1000 pagine diviso in più volumi. Non che non mi piacessero i libri lunghissimi, anzi li preferivo a molti altri. Solo sapevo che non l'avrei mai finito poiché era scritto in maniera tale da confondere il lettore a tal punto da confondere un elefante con un topo. Poteva anche essere scritto bene, ma non credo andasse bene ad una senzacervello come me.
Quel ragazzo doveva avere fegato. O un cervello.
Nel frattempo, le parole della prof. risuonavano in tutta l'aula semivuota.
"... Per questo, proprio in quel momento della storia, una grave crisi economica colpì i popoli che risiedevano in quel territorio. Cosa potrebbe intendere ‘una grave crisi economica' in questo caso, secondo voi?".
"Una crisi... nell'economia?" mi permisi di dire. E fu così che mi giocai la materia.
"Cioè, una crisi che colpì questi popoli in motivi che potevano variare dalla mancanza di denaro in circolo, dalla mancanza di lavoro o dalle guerre che, negli anni precedenti, avevano colpito i territori interessati.", mi affrettai a dire per riparare il guaio. Ma oramai era troppo tardi. Perché proprio nei momenti in cui mi serviva la fortuna andava a prendersi una pausa?
Passai tre ore a riflettere su che forma umana avrebbe potuto avere la fortuna e ad immaginarmela mentre si prendeva un caffè al bar, dopodiché BAM! compito di francese. Lo superai copiando e sperando di aver fortuna, felice di notare che il mio nuovo compagno di banco era parecchio bravo. Quel giorno uscimmo prima da scuola per qualcosa come assemblee.
Inutile dire che avrei preferito rimanere in classe piuttosto che vedere tutti i miei piani andare in aria.
Decisi di aspettare Sebastian, speranzosa che lui mi avrebbe accompagnata in biblioteca. Vidi il nuovo alunno che correva come se dovesse fare qualcosa di urgente e, nella fretta, fece cadere un libro dalla borsa.
Strano ragazzo, pensai. Mi avvicinai al libro, temendo che qualche irresponsabile lo calpestasse e lo presi.
Ancora "Il Libro delle Leggende"? Strano perdere un libro così... così...
Pesante, spesso, grosso, evidente... com'era quella parola che avevo sulla punta della lingua?
"Ehi, Serena!", quasi urlò Sebastian facendomi sussultare. Prima o poi mi vendicherò, pensai.
"Che libro è? Non mi pare di avertelo mai visto."
"Infatti non è mio, è di un nuovo alunno."
"Un bel mattone, eh?"
"Già..." ammisi. "Ammetto però che non mi dispiacerebbe leggerlo, da quel che so è molto promettente!"
"Sarà, a me ispira solo una cosa: noia."
Andammo in giro per la biblioteca per circa due ore, fino alle 13. Poi esigetti un gelato, il quale mi fu gentilmente offerto da Sebastian. Dopodiché mi accompagnò alla stazione degli autobus, dato che lui andava e tornava da scuola in bici. Arrivai appena in tempo poiché il bus stava per partire. Entrai e mi sedetti in un posto a caso. Erano le 13.30. Mi sembrò che le lancette del quadrante stessero girando al contrario, ma mi addormentai ancor prima di realizzare che ciò era vero.

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