Secrets

di Alessia_HS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo. ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo. ***
Capitolo 4: *** Danger. ***
Capitolo 5: *** Red ***
Capitolo 6: *** Getaway. ***
Capitolo 7: *** Lost in confusion. ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo. ***


Secrets.

LONDON.
Era stesa sul letto lateralmente,rannicchiata nelle coperte e appoggiata al cuscino leggermente sollevato quando un rumore stridulo e agghiacciante rimbombò nella sua camera svegliandola di colpo.Sgranò gli occhi stropicciandoseli, alzando il suo gracile corpo dalla testiera dell'enorme letto e appoggiando le braccia alla sua estremità.
Il suo cuore aveva accellerato il battito rendendo il suo respiro affannato e soffocato, i suoi occhi color oceano erano smarriti e alla ricerca della causa del urlo inquietante sentito pochi istanti prima. Con le nocche delle mani si diede la spinta necessaria per alzarsi dal letto barcollante e infilò i suoi piedi accaldati nelle ciabatte antiscivolo e avvolse il suo esile corpo in una vestaglia di seta, probabilmente di sua madre.
Trascinò mogiamente il suo peso da un piede a un altro lungo il corridoio immerso nella penombra con una luce soffusa e giù per le scale che scricchiolavano ai suoi passi felpati.
Si diresse tremante in cucina in punta di piedi dove tutto taceva,dove il silenzio si era impossessato di quell'ambiente odorante di mele quasi essiccate e si fermò davanti alle persiane della finestra dal vetro opaco, per osservare i fiocchi di neve dansare sul parabrezza dell'auto del vicino.
...
Si allontanò da quello spettacolo solo per prendere dalla credenza sopra di lei, una tazza blu scuro, la sua preferita, con l' intenzione di farsi un infuso rilassante per dimenticare ben presto lo spiacevole risveglio di quella mattinata di dicembre.Afferrò il manico della tazza e con estrema delicatezza versò l'acqua nel bollitore e subito dopo sui fornelli.Girò la valvola sottostante e sobbalzò notando di essersi leggermente scottata il mignolo della mano sinistra.
Senza esitare portò il dito indebolito sotto l'acqua corrente del lavabo mentre dei gemiti di dolore accompagnavano ogni suo gesto, dopodichè se l'asciugò con uno strofinaccio di stoffa pulito tenendo stretto il punto interessato.
Decise di applicarci sopra della pomata adatta per far alleviare il bruciore così incominciò a spalmarla sulla pelle delicata con movimenti circolari e qualche soffio.Il suo sguardo distratto cadde sull'orologio a muro della cucina che segnava le 7.45 e un brivido gelido la percorse dalla testa ai piedi quando capì di essere in ritardo per la scuola.A passi svelti salì più scalini alla volta ed entrò in camera dove afferrò dei vestiti casuali dalla sua cabina armadio.Camminò verso il bagno e chiuse la porta dietro di sè, poi si sfilò i vestiti regolando la temperatura dell'acqua della doccia per lavarsi.Lo specchio incominciava ad appannarsi con il vapore ed il getto d'acqua calda l'aiutava a rilassarsi proprio come il tocco delle goccioline sulla sua pelle le faceva dimenticare ciò che la circondava, richiudendosi in un mondo tutto suo.
Avvolse il suo corpo in un accappatoio morbido e infilò dei jeans stretti con delle Vans ed una felpa extra-large.Non riusciva a credere che non aveva neanche un vestito per sembrare,almeno, presentabile. Prese il phon e iniziò ad asciugarsi i lunghi capelli rossi con sfumature arancioni che legò in una cipolla disordinata, senza prestarci molta attenzione,afferrò la cartella e salutò la madre e il fratello prima di uscire.
...
Eleanor iniziò ad incamminarsi per la scuola di malavoglia, inciampando nei suoi passi con la testa bassa presa da innumerevoli pensieri.Avanzava lentamente portandosi alle orecchie le cuffiette collegate all'Ipod per ascoltare un po'di musica in grado di distrarla e sollevarle il morale.Nel tentativo di cambiare brano e attraversare la strada, si girò di scatto attirata dal suono assordante del clacson di una BMW imponente che era sul punto di investirla.
Lei si tolse impulsivamente gli auricolari a quella frenata brusca ed emettè un urlo acuto uguale a quello udito la stessa mattinata.Quell'urlo tanto temuto, quell'urlo che portava alla mente ricordi su ricordi,quell'urlo che ha portato tristezza,quell' urlo che non l'ha mai abbandonata, l'origine di tanti incubi, fitte allo stomaco. QUELL'URLO.
Non fece in tempo a rendersene conto che la sua vista divenne grigiastra e cadde a terra priva di sensi.

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


2 CAPITOLO

Eleanor's POV

Sono stesa sull'asfalto ghiacciato e i miei occhi ci impiegano un po' prima di aprirsi. Il mio sguardo assente non riesce ancora a mettere a fuoco ciò che mi circonda, sbatto più volte le palpebre per cercare di vederci con chiarezza e una figura alta e torreggiante mi fa ombra mentre si avvincina violentemente.
''Dove cazzo stavi guardando?''
I miei muscoli si contraggono sentendo la sua voce roca ringhiarmi contro. Non ci volle molto tempo finchè il suo corpo caldo e tatuato fosse vicino al mio. La distanza tra noi diminuisce passo dopo passo a tal punto da far incrociare le sue iridi verdi nelle mie azzurre. Mi tende una mano per aiutarmi ad alzare il mio gracile corpo dalla strada e la stringe alla mia con forza riuscendo a sollevare il mio peso. Mi appoggio alle sue spalle larghe e lui mi allontana con una spinta non abbastanza forte da farmi perdere l'equilibrio. Mi rivolge nuovamente la parola dopo avermi scrutata attentamente, senza distogliermi lo sguardo:
''Sei sorda per caso?Dove stavi guardando?''
Sembra tutt'altro che una domanda e sono piuttosto spaventata da quel ragazzo e dal tono di voce che usa con me, mi mette ansia:
''Emh...''
Scrollo le spalle,le mie labbra si schiudono per dire qualcosa ma si richiudono rapidamente pensando che non sia una buona idea.
''Non ho tempo da perdere con te!'' mi interruppe sbuffando con riluttanza, il ragazzo.
Provai a ribbattere titubante, non sicura di ciò che volessi dirgli e prima che potessi finire il pensiero, serra la mascella, gira i tacchi e rientra velocemente nel suo imponente veicolo. Rimango di spiazzo e libero il passaggio sentendo l'accensione del motore.
***
Sono in ritardo. Odio la scuola. Odio il fatto di dover stare seduta in un banco per più di tre ore, odio che mi chiedano di leggere qualcosa ad alta voce, odio che mi interroghino alla lavagna perchè ho paura di fare un minestrone di numeri. Quando arrivo, il professore è già seduto dietro la cattedra e mi fulmina con lo sguardo per poi tornare a fissare il registro di classe:
''Sempre in anticipo, signorina Jones!'' esclama con ironia e autorità al tempo stesso, irritandomi.
La lezione è più noiosa del solito, almeno per me, dato che i miei compagni ascoltano ciò che dice con interesse. Mi sento sollevata al suono della campanella della ricreazione e rimango seduta al mio banco osservando la mia migliore amica raggiungermi confusa.
''Cosa ti è successo?Ti aspettavo al cancello, questa mattina...''
Dice preoccupata mentre gioca con la manica della sua felpa, invitandomi ad incominciare il discorso.Mi alzo per raggiungere gli altri quando Amber mi prende per un avambraccio sussurrandomi dolcemente:
''A me puoi dire tutto, lo sai.''
Sul mio viso compare una smorfia al ricordo di ciò che mi era capitato.
''Era una mattinata quasi normale-mi soffermo sulla parola quasi per non raccontarle del modo brusco in cui mi ero svegliata-fin quando non sono quasi stata investita da un ragazzo..''
Amber sospira ma poi gli si illuminano gli occhi e chiede:
''E se per i prossimi giorni, venissi a prenderti io?''
Le sue parole riescono sempre a farmi del bene, mi scaldano il cuore. Annuisco e la stringo in un forte abbraccio, vorrei che quel momento non finisse mai, avrei anche potuto restare per tutta la vita nelle sue braccia ma purtroppo un'altra ragazza la tira via da me dicendomi:
''Posso rubartela per un minuto?''
Mi sorride e acconsento ammiccando e salutandola agitando la mano.
Mi dirigo verso il bagno a passo veloce, il corridoio sembra deserto e silenzioso. Dei fischi attirano la mia attenzione, facendomi voltare d'improvviso, spaventata. Un gruppo di ragazzi mi circonda ed io sono costretta ad indietreggiare verso gli armadietti. Il mio respiro si fa irregolare seguito da un senso di disagio, sapevo sarebbe arrivato questo momento, il momento che odiavo di più in tutta la giornata. Uno di loro mi rivolge uno sguardo malizioso ed un sorriso compiaciuto,squadrandomi dalla testa ai piedi mentre gli altri bisbigliano tra loro. Alcuni di loro indossano i loro soliti cappelli a visiera con disegnate delle lettere in grassetto, una giacca di pelle nera di una taglia un po' più grande e dei jeans larghi a vita bassa nei quali si intravedono dei pacchetti di sigarette mezzi vuoti.
"Ciao piccola."
Mi dice uno sfiorando il mio orecchio con le sue labbra piene. I miei occhi si immobilizzano,è un voce odiosa perseguitata da altre piccole grida.
''Sei così troia che se ti dicono 'Batti il 5' tu rispondi "Fammi controllare l' agenda. ''
Ignorai quella affermazione disgustata ma d'oltretutto cosa c'era d'aspettarsi?Provai a scansarli ma loro mi diedero una spinta sul petto.Si avvicinarono ancora di più tanto da farmi sentire il loro tonfo:
''Quindi sei tutta sola, eh?''
Mi dice il più alto con cattiveria all’orecchio e poi molla la presa sul mio polso voltandomi le spalle. Devo ancora capire cosa gli abbia fatto per farmi odiare così tanto. Provo a non scoppiare a piangere in mezzo al corridoio e quando una prima lacrima inizia a scendere lungo la mia guancia l’asciugo subito.
''Non è sola!''
Una voce squillante rimbomba in quell'ambiente cupo, sollevandomi. Non la riconosco subito ma in quel momento è la cosa che desideravo sentire di più al mondo. Alzo lo sguardo e i miei occhi si paralizzano quando riconosco quel ragazzo i cui ricci scuri cadono disordinatamente sulla fronte. Forse voleva farsi perdonare per l'incidente di stamani,mi rivolge un cenno con il capo e si avvicina a quei ragazzi minacciandoli e facendo scappare,ben presto, i più deboli. Spinge uno di loro contro il muro, inchiodandolo lì e tirandogli un pugno in pieno stomaco, che lo fa ansimare per il dolore. Guardo la scena terrorizzata, mi sento così impotente ma forse una cosa del genere mi era davvero d'aiuto.Ora è per terra che si rotola e lui ha tutta l’intenzione di raggiungerlo però poi apre i pugni facendo cadere le sue mani lungo i fianchi e lascia perdere, capendo di aver fatto abbastanza.Quei ragazzi non si sarebbero fatti più vedere. La forza di quel ragazzo mi ha sorpreso, ma perchè lo aveva fatto?Non doveva difendermi a tutti costi. Speravo di trovare le risposte molto presto.
''Attirare i guai è un tuo talento, dovremmo smetterla di incontrarci sempre così!'' Dice lui ridacchiando.
''E tu sei....?''
Gli chiedo imbarazzata.Le mie guance si colorano di rosso.
''Sono Styles,Harry Styles..è davvero strano che tu non mi conosca, faccio il quinto''
Ammette. Ci rifletto su,probabilmente è uno di quei ragazzi di cui tutti hanno paura, uno di quei ragazzi con cui vorrebbe uscirci qualunque ragazza. Dovevo starne alla larga, avevo l'impressione che fosse bello quanto pericoloso anche se la sua finta modestia mi incuriosiva.
''I-Io sono Eleanor Jones, grazie di avermi aiutato, davvero.''
Lui mi guarda intensamente con i suoi smeraldi penetranti come per dirmi un 'non c'è di che' e delle grandi mani afferrano il mio bacino avvicinandolo al suo.
''Scusa ma ora devo tornare in classe, la mia migliore amica si starà chiedendo dove sarò finita.''
Cerco di divincolarmi dalla sua presa e corro via verso la mia aula. Ogni mio passo fa eco nel corridoio e proprio mentre stavo per agguantare la maniglia della porta, mi sento tirare il lembo della felpa e un sussurro soffia sul mio collo:
''Non è finita qui.''

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo. ***


SECRETS

Capitolo 3.
Mia madre mi prende tra le braccia e mi scuote sperando che mi svegli, ma niente.

“Eleanor, sveglia! E' tardi!”

Mi ripete più volte schiaffeggiando il mio viso senza usare molta forza e dopo l’ennesimo schiaffo mi sente mugugnare qualcosa e apro gli occhi lentamente. Mi porto una mano alla testa e provo ad alzarmi. Il mio sguardo cade sulla sveglia che questa mattina aveva dimenticato di suonare.
''Accidenti, sono in ritardo!''  

Dico in preda al panico e mi catapulto in bagno prima di accedere la stufa per riscaldare l'ambiente.
 I miei piedi sono a contatto con le mattonelle fredde della doccia, mi slego i capelli e li faccio penzolare tutt'un lato lungo la spalla, dirigendomi all'interno.
 I miei movimenti sono sbrigativi e dopo essermi lavata, avvolgo il mio corpo in un asciugamano di spugna rosa  e mi passo una mano fra le mie ciocche bagnate per pettinarle arrotolando il mio ciuffo rossiccio attorno alla spazzola dopo averlo strizzato dall'acqua.
 Mi spazzolo velocemente le punte prima di avvicinarmi alla cassettiera ed infilarmi velocemente un maglione rosso fuoco senza stampe, da sopra la testa, saltellando verso la camera mentre indosso dei jeans blu.
 Mi posiziono davanti allo specchio e afferro lo spazzolino mettendo il dentifricio sulle setole e inclinando la testa di lato. 
Mi sciacquo la bocca e sposto le tende per far entrare un po' di luce e poi afferro il manico dello zaino e lo trascino fino all'ampia rampa di scale. 
Entro in camera di mia madre, dove si sta preparando per andare a lavorare e le lascio un bacio fugace sulla guancia per poi passare dalla cucina e mangiare un biscotto al cioccolato, esco sbattendo la porta alle mie spalle ancora con l'alimento fra le dita.
Inizio a correre con le mani gettate a pugno nelle tasche blu di velluto della mia calda giacca, tormentata dalla paura di fare tardi, DI NUOVO, con il timore di far perdere persino la pazienza di Amber che mi aveva aspettato probabilmente per molto tempo, alla fermata della piazzetta a cui c'eravamo date appuntamento la sera prima, al telefono. Ed io sono sempre la solita, non ne combino una giusta neanche quando la gente cerca di fare qualcosa di carino per me, neanche quando ce la metto tutta. Arrivo alla rotonda che precede il piazzale desolato con un respiro affannato che mi fa fermare per un istante. Dalla mia bocca escono affanni ben visibili alla nebbia. Abbasso lo sguardo sul marciapiede affiancato da alcuni sassolini, mentre i miei capelli si scompigliano mossi dal vento. Il mio petto si alza e si abbassa al ritmo del battito riaccelerato del mio cuore che mi colpisce contro il petto ed io approfitto del momento per guardarmi attorno cercando di scorgere la figura della mia migliore amica. Purtoppo la nebbia continua a densarsi sempre piú ed é talmente fitta che non mi permette di guardare oltre una casetta a dieci metri da me. I miei occhi si allungano verso il cielo: le nuvole indicano un'imminte pioggia. Provo a telefonarle, ma non risponde neanche dopo molti squilli, allora, provo a  richiamarla con suoni crescenti fino ad urlare il suo nome tanto da sentire la mia voce soffocata e disperata eccheggiare nei vicoli in cui mi sporgevo. Non poteva farlo, non poteva infrangere la sua promessa nonostante lo meritassi. Sono incredula e dispiaciuta, delusa da me stessa e da lei. Costretta a trovare una soluzione da sola, penso di prendere il bus numero nove che passa ogni mezz'ora da qui oppure di chiamare un taxi, amesso che lo veda passare, cosa che dubito amaramente. Mi dirigo verso una panchina arrugginita condotta dall'asfalto rovinato della strada, quando sento un tocco debole sfiorarmi la schiena. 
"Pensavo mi avresti lasciata sola.."
Dico sollevando le sopracciglia, convinta della persona di avere dietro.Provo a spiaccicare qualche altra parola ma rimango allibbita appena volto il capo nella sua direzione.
"Ehi piccola, ti sei persa?"
Mi chiede con un sorriso talmente grande da far vedere le fossette, come se conoscesse già la risposta. Per l'ennesima volta mi ritrovo faccia a faccia con quel ragazzo riccio, ma penso che sia stato lui a cercarmi, il destino non c'entra nulla questa volta.
"No, sto aspettando una persona" 
Gli rivolgo la prima frase che mi viene in mente sciogliendo il suo dubbio. Non doveva interessargli e basta.
"Non credo che verrà."
Afferma sicuro a tono basso, ridacchiando fra sé, in modo sospetto e superficiale. Mi aveva forse seguita? Conosceva ogni mio passo e non riesco a capacitarmene, mi sento osservata in ogni momento che sono da sola. Questa cosa mi inquieta ma in un certo senzo sono felice che sia qui per me, almeno spero.
"Sai..mi hai fatto quasi spaventare poco fa!"
Gli dico in tutta sincerità. 
"Oh...non devi avere paura di me!"
Scherza prontamente, rivolgendomi un ghigno che mi mette a disagio. I suoi occhi mi impnotizzano e mi tengono lo sguardo bloccato sul suo. Indietreggio mentre mi sposta i capelli dietro l'orecchio.
''Seguimi!'' 
Una mano si insinua e si muove esperta sotto il mio maglione che si alza facilmente ma subito la respingo prima che possa fare qualsiasi mossa. La sua stretta mi tiene ferma, il passaggio del sangue è bloccato dalla sua presa.
‘’D-dove?’’
Gli chiedo con un filo di voce, provo un terrore immenso in questo momento, come mai lo avevo provato. Non so cosa voglia fare nè perchè sia qui.
''Non infierire, non osare fare più domande di questo tipo, ora tu muovi quel bel sedere e vieni con me!’’
Mi tira uno schiaffo con il palmo della mano sulla guancia destra che si arrossa leggermente. Provo a non piangere, non voglio sembrare debole ma non andrò mai con lui da nessuna parte, in nessuna circostanza. Poco ma sicuro, può scordarselo. Pianto i piedi per terra senza muovermi in segno di protesta.
‘’Bene se non vuoi venirci sui tuoi piedi, ti ci porterò io.’’
Con questa frase mi smuove da terra e avvolge saldamente le sue forti braccia attorno al mio petto. Cerco di ribellarmi mentre mi prende di peso a sacco di patate poggiandomi sulla sua spalla come se fossi uno stupido oggetto. Comincio ad urlare, ricorrendo alla mia ultima possibilità di uscire dalla situazione. Mi mette una mano sopra la bocca in modo che nessuno possa sentirmi, ma in ogni caso non ne vale la pena visto che di persone non ce n'è neanche l'ombra. Colpisco con i pugni la sua schiena senza provocare nessuna reazione in lui.
‘’Shh’’
Mi sussurra passando delicatamente una mano sul mio fondoschiena per farmi calmare. Ormai mi rassegno nonostante tutti i tentativi di convincerlo a lasciarmi andare, mi dimeno ma nulla, non vuole ragionare. Non ha neanche la benchè minima paura che in futuro possa chiamare la polizia, questo mi immobilizza ancora di più mentre mi stringo leggermente al lembo della sua felpa per riscaldarmi dal freddo. Stiamo camminando da molto credo, visto che sono voltata e ho perso la cognizione del tempo.
‘’Siamo arrivati.''
Mi dice rompendo il silenzio che mi tormentava. Ho bisogno di sapere dove mi ha portata. Ridacchia, gli diverte il fatto che tremi come una foglia solo per colpa sua.
''Non è affatto divertente!'' Mi arrabbio ma lui non può vedermi però sente la mia voce e pare che lo infastidisca.
''E sto tremando per il freddo non di certo per te..'' Aggiungo come se non ci fosse nulla da perdere.
SILENZIO. Che problema ha questo ragazzo?
‘’Ora puoi mettermi giù?’’ 
Chiedo per l’ultima volta, imprecandolo e sperando che mi ascolti, finalmente. 
‘’Detto fatto.’’ 
La sua improvvisa gentilezza mi scandalizza più di tutto ora, è diventato anche lunatico o forse lo è sempre stato, di bene in meglio. Le sue braccia mollano la presa sul mio bacino poggiandomi verticalmente su un muretto di cemento. Mi scuoto delicatamente i vestiti e osservo questo strano luogo sollevando la fronte in segno di disappunto, non ha nulla di speciale proprio come immaginavo. Non ho tempo di arrabbiarmi con Harry per avermi portata qui senza il mio consenso ma mi fermo di fronte ad un enorme olivo che si affaccia su un viale di ghiaia. Poi scalvalco un breve recinto e passeggio davanti ad un'enorme prato bianco, ricoperto dalla brina.Sono nel nulla, Harry mi raggiunge subito dopo ed intreccia la sua mano alla mia iniziando a correre e a trascinarmi con lui senza sentire ragioni, verso una casa dal tetto spiovente, in orizzonte. Mi trovo sul tappeto d'entrata dell'abitazione, ho l'impressione che sia stata abbandonata tempo fa: sembra essere piccola all'esterno ma grande all'interno. Le finestre sono bloccate da alcune sbarre di legno inchiodate al muro e questo mi fa accumulare delle lacrime alla punta dei miei occhi lucidi. Una domanda ritorna nella mia mente, rimbombandomi: cosa ci faccio qui? Harry nota il mio sguardo perso nel vuoto, immerso nei miei pensieri e mi da una botta, pestandomi il piede contemporaneamente. Sobbalzo portandomi istintivamente la mano sul piede e mi faccio un nodo ben più stretto alla scarpa che Harry mi aveva slacciato involontareamente. Il riccio alto afferra una chive dorata nel suo mazzo e la introduce nella serratura, girando lievemente il polso per aprire la porta.
‘’Prima le signore’’  
Accompagna le sue parole ad alcuni gesti ed io rispondo semplicemente con una smorfia per fargli capire che è il momento sbagliato di fare il sarcastico. Si sposta alla mia destra e mi permette di passare rendendomi possibile la visuale di quel posto. Rivela essere più grande delle mie aspettative anche se puzza leggermente di muffa ed è abbastanza sporca. Le pareti sono ricoperte di fotografie impolverate e le scale sono infinite a forma di spirale nel bel centro dell'appartamento. Harry mi fa poggiare lo zaino che avevo tenuto sulle spalle fino ad ora, sulla moquette dell'ingresso e mi conduce in una stanza buia, nella quale entra un solo spicchio di luce, alla fine del corridoio spento.
La porta di legno marrone viene spalancata dal ragazzo in mia compagnia che mi spinge dentro con forza. Lui fissa ogni mia singola mossa, scapperei ma non posso. Sarebbe come uccidermi con le mie stesse mani, sarebbe come cadere nella mia stessa fossa. Con un lento movimento del piede destro chiude l’entrata dietro di lui. Torreggia su di me, a passi lenti incomincia ad avvicinarsi sempre di più al mio corpo indifeso, facendo un rumore esagerato ad ogni passo e prima che provassi a fuggire, mi afferra dal collo del maglione e mi sbatte contro il muro mentre le sue labbra si curvano in  un sorriso malizioso.
‘’Va tutto bene, tesoro, ti divertirai.’’
Sfiora la mia guancia con il pollice...il  tocco delle sue dita contro la mia pelle mi fa venire la pelle d'oca. Come posso pensare che vada tutto bene? Il mio futuro mi passa davanti come una saetta. Resto con lo sguardo fisso a terra mentre nella mia testa scoppia una guerra.
“Ehi piccola non ti mangio mica.” Dice ridendo. 
Si passa una mano fra i capelli mordendosi il labbro trasmettendomi più paura di quanta non ne abbia già e cerco di divincolarmi. Tengo la testa bassa,non sono in grado di reggere il suo sguardo verde nel mio, ho la consapevolezza che mi sta guardando da tempo, mi sta studiando per bene. Provo a raggiungere i suoi occhi e solo a questo punto mi accorgo dell’errore che ho appena commesso. Poggia le sue labbra sulle mie,mentre il suo corpo mi tiene costretta al muro. La sua lingua ripassa il contorno delle mie labbra chiedendomi il permesso di entrare ma non glielo concedo, non voglio.
Lui si accorge della mia riluttanza quando inizia a stringere ancora di più il suo corpo al mio facendoli combaciare perfettamente. La sua lingua si insinua nella mia bocca e ci scambiamo un lungo bacio tutt’altro che casto.  La sua mano passa delicatamente sul mio fondoschiena, stringendolo. Un piccolo gemito lascia le mie labbra. Si struscia su di me imprigionandomi sotto la sua forte presa mentre il mio cuore si strazia di dolore interno.
‘’Ti prego ,fermati’’
Cerco di replicare ma lui sembra ignorarmi completamente. Ad un certo punto stacca le sue labbra dalle mie e mi afferra per un polso legandolo all'altro con una corda di spago.
“Andiamo, ci divertiremo... ti piacerà!”
Pensavo esattamente il contrario. Non voglio che succeda quello che sto immaginando, la pazzia di Harry mi sorprende, è completamente malato ma la curiosità mi spinge oltre. Voglio vedere fino a che punto riesca ad arrivare, sono sicura che dietro il suo fare da duro si nasconda qualcos'altro.
“Cosa vuoi farmi?”
Spero davvero di sbagliarmi. Provo a schivarlo mentre inizio a piangere.
“Ancora non l’hai capito?”
Dice divertito,la sua mano arriva pericolosamente sul cavallo dei miei jeans e le sue dite ci giocano un po’ prima di sbottonarlo e tirarlo giù ,facendo lo stesso con i suoi pantaloni e i suoi Calvin Klein neri. Le lacrime scendono lentamente sulle mie gote mentre guardo Harry spogliarsi. Abbasso di nuovo lo sguardo ma una mano si infila nei miei capelli rossi e li tira forte facendo alzare il mio viso. Al mio ennesimo rifiuto lui grugnisce e il suo sguardo si fa più scuro. La sua mano scende veloce sulle mie mutandine di pizzo bianche sfilandole velocemente e tirandole in un angolo indistinto della stanza in cui ci troviamo. Mi accascio a terra e inizio a piangere disperatamente ma lui mi solleva e mi poggia sul grande materasso bianco che prima non avevo notato. Mi circondo il petto con le mani legate, in segno di protezione.
‘’Voltati’’
 Mi ordina facendomi distendere davanti a lui. Il suo sguardo si tramuta in qualcosa di feroce e accanito facendomi spaventare ancora di più. Il suo corpo caldo si stende sopra il mio e con un movimento veloce mi sfila i vestiti e porta le sue dita sul gancio del reggiseno, togliendomelo e lanciandolo sul pavimento. Inizia a lasciarmi una scia di baci morbidi sul collo fino ad arrivare alla punta della mia bocca dove prende il mio labbro inferiore tra i denti. Le sue scivolano sul collo, dove si ferma e inizia a succhiare avidamente. Continua per qualche minuto, dopodiché si passa la lingua tra le labbra per bagnarle, soddisfatto. Con le mani, allarga le mie cosce e senza preavviso entra in me con una spinta rude e rotea i suoi fianchi contro i miei per sistemarsi meglio. Stringo le dita al lenzuolo, cercando di trattenere le lacrime che minacciano di uscire. Non riesco a non provare piacere in quel momento ma dentro di me lo odio. In preda all’orgasmo riversa il suo liquido caldo in me,chiude gli occhi e si lascia trasportare. Sono sudata, stanca ma soprattutto sporca. Sporca non fuori, ma dentro. La vita mi deve aver voluto molto male.
Harry si alza, infilando i pantaloni e abbottonandoseli.
“Che fai li impalata? Vestiti.” Mi ordina slegandomi i polsi lesionati dalla corda. Bruciano ancora molto e ho bisogno di bendarli.
''Giuro che se dici qualcosa di quello che è successo oggi, farò vittima anche la tua migliore amica. Ho notato che è molto carina. E tu non vuoi quest giusto?'' 
Sono intrappolata, non voglio che debba subire anche lei. Non ho più lacrime per piangere. Ma perchè fa tutto questo? La testa sta per esplodermi come una bomba.
''E se mia madre dovesse chiedermi qualcosa?'' dico tra un singhiozzo e l'altro.
''Inventa una bugia. Menti. Digli che sta bene. Chissene frega tanto i tuoi occhi non li sanno leggere''
Come fa a sapere tutte queste cose di me e della mia vita? Mi ha spiato per molto tempo a quanto pare. Porta una mano sul mio collo, nel punto in cui mi aveva sicuramente lasciato un succhiotto. Sfiora la macchia violacea provocandomi un po’ di dolore, io serro gli occhi.
Sento il cigolare della porta della camera affianco, io ed Harry voltiamo il capo all'unisono. 

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Capitolo 4
*** Danger. ***


Secrets
Danger.


Harry si affaccia alla porta per vedere da dove provengono quei rumori. Vede davanti a sè una figura alta e robusta che prende per il polso e porta in salone.

''Cosa ci fai qui, Liam?Ti avevo detto che oggi sarei venuto io.'' -Sbraita Harry

''Ho dimenticato una cosa importante''

Prova a calmarlo quel ragazzo misterioso.
Continuano a parlare per molto ed io, curiosa, spio la scena dalla serratura della porta e vedo le iridi di Harry alterarsi susseguite da un' alzata di tono. E' diventato verde dalla rabbia nei confronti di Liam, mi pare, se ho sentito bene quello è il suo nome. Il mio sguardo cade sulle sue nike bianche e sporche, diventate grige, indossa una camicia a quadri rossa quasi trasparente da cui si intravedono dei tatuaggi particolari a forma di triangolo sul bicipite sinistro e un paio di pantaloni neri a vita alta, tenuti su da una cinta di cuoio, larga. Ha una voglia sul collo dello stesso colore dei suoi capelli castani, quasi rasati, delle lentiggini sparse sul suo viso ovale e dai lineamenti marcati, delle labbra carnose e leggermente sporgenti, un naso schiacciato e piatto a patata e degli occhi dalla forma allungata color nocciola , un po' spenti e cupi incorniciati da due grosse sopracciglia. 
***
Harry si posiziona dietro di lui e gli dà una leggera spinta per costringerlo ad arrivare in cucina dove non avrei potuto sentire i loro discorsi privati. Approfitto di quel momento per sgattaiolare fuori dalla camera da letto in cui mi aveva portata e mi reco rapidamente verso l'uscita, è come se conoscessi questa casa da una vita ed ho come l'impressione che sarà la protagonista di tutti i miei incubi. Abbasso e rialzo la maniglia numerose volte prima di darle un calcio capendo che è sgangherata e sverniciata, senza alcuni pezzi d'intonaco. Porto il mio corpo esile fuori da quella struttura, al margine del sentiero e mi ritrovo davanti ad un albero dal tronco vigoroso che nasconde nella sua chioma ampia dei rami intrecciati. Ho dei dolori ovunque sul mio corpo, dei lividi scuri si saranno formati sulla mia pelle rosea. Incomincio a correre senza meta per scappare da quei ricordi ancora freschi nella mia mente, ho bisogno di respirare aria pura e di avere il coraggio di denunciare tutto. Ma non ce l'ho, non sono quella ragazza capace di farsi valere contro chi le fa del male ed è forse per questo che Harry aveva scelto me. Penso sia meglio sparire dalla faccia della terra prima che mi trovi e che mi faccia pagare le pene dell'inferno.Ci sono momenti in cui non pensi.Ci sono momenti in cui la parte razionale del tuo corpo non funziona, non ragiona. Questo perché è stata scossa. Ci sono momenti in cui hai solo un obiettivo nella vita e devi raggiungerlo a qualunque costo. Adesso il mio obiettivo è quello di ritornare a casa ma cammino invano da tanto tempo ormai. Sento delle fitte allo stomaco e al bacino.Mi ripiego in due dal dolore. Mi fermo per un millesimo di secondo e poi ricomincio a camminare nella nebbia spaventosa. Non riesco a scorgere nulla e i miei occhi appannati dalle lacrime non mi aiutano. Me li strofino con la mano pulita prima di riconoscere una casa, la prima casa che vedo presente in questo luogo. Improvvisamente vengo guidata da una scia debole di lampioni quasi spenti, dovevano essere le sei del pomeriggio, mi sono persa molto di questa giornata. Le cicatrici bruciano ancora, mi hanno segnata a vita, per sempre. Non ho tempo per pensare, riprendo a correre senza destinazione. Mi appoggio le mani sui ginocchi ormai sfinita e mi siedo sul bordo del marciapiede, mentre il soffio del vento sposta la neve che si era posata in tutto questo tempo, su un cartello con delle scritte. Mi avvicino e provo a leggere qualcosa ma lo stato di neve è troppo spesso e la scritta è opaca perciò decido di salire sulla panchina sottostante per provare a capire dove mi trovassi. Sulla punta dei piedi, esco la mano infreddolita dalla manica del giubbotto e strofino il piano di quell'insegna. La scritta incomincia a farsi visibile alla mia vista offuscata piena di speranza, leggo la via ''Regent Street'' e quando ricollego il cervello, mi accorgo di trovarmi nella via di casa mia. Non è un sogno, un allucinazione, è la verità. Ho pensato alle ipotetiche “morti” che mi attendevano, avrei potuto morire di freddo, fame, qualcuno avrebbe potuto rapirmi o uccidermi ma adesso sono qui, questo è l'importante. Inizio a correre sventolando le mani in aria in segno di felicità, come se avessi vinto un premio, un leggero dolore prende la milsa al mio fianco. In lontananza intravedo quel cortile che pensavo non avrei mai rivisto, da bambina giocavo sempre lì. 

*flashback*
E' sera tardi e mio padre non è ancora tornato, è in ritardo, allora decido di spegnere il pc e di andare a dormire, abbasso il filo della bajour e mi infilo nelle coperte mentre osservo il cielo rischiarato dalla luce tenue di alcune stelle sparse nell'universo. Mentre ripenso alla giornata passata oggi, sento la porta sbattere violentemente contro il muro che si frantuma creando un buco sul cemento e le mie orecchie attente sobbalzano a ciò che stava per accadere. Udo delle urla acute che sbranano il silenzio e lo schiantarsi degli oggetti contro il pavimento, temo che stia succedendo ancora. L'ira di mio padre avrebbe sovrapposto le grida di mia madre. A quel punto non riesco più a trattenere le lacrime e mi lascio andare, nascondendo il viso nel piumone del letto, afferro il cellulare dal comodino e compongo velocemente il numero del mio migliore amico, sono quasi certa che stia dormendo e di certo non sarò io a svegliarlo, lui è l'unico in grado di capirmi, ho bisogno di sentirlo anche per pochi secondi, nessuno occuperà mai il suo posto. Una voce assonata mi risponde dall'altra parte del telefono.

''Dimmi'' 

Parla a bassa voce per non farsi sentire, aveva riconosciuto subito il mio numero.

''Sono stanca di tutto questo.'' 

E' l'unica cosa che riesco a dire. Fiumi di lacrime escono dai miei occhi colmi di terrore.

''Pochi minuti e sono lì da te.''

E' per questo che lo voglio accanto, vorrei essere importante per lui almeno la metà di quanto lo è lui per me. Infilo un maglione di lana da sopra il pigiama ed esco nel pianerottolo in attesa che arrivi. 

''Eleanor, da questa parte!'' 

Ed è proprio la voce che speravo di sentire al più presto, mi fa sentire protetta da tutti. Gli corro in contro e mi stringe in un abbraccio amorevole e accogliente.

''Pensavo che tutto questo avesse trovato una fine.'' -Confesso rassegnata.

''Ti hanno fatto del male?'' -Chiede con un pizzico di curiosità e preoccupazione.

''Peggio. Lo hanno fatto a loro stessi.'' -Mi rifugio nel suo petto buttando giù le mie ultime lacrime rimaste.

''Questi litigi sono dolorosi ma passano. Tutto passa prima o poi.''

''Quel ''prima o poi'' rovina la frase.''

''Come hanno iniziato ad odiarsi?'' -Chiede aspettandosi una risposta ma non ho la forza per raccontarglielo.

''Come hanno iniziato ad odiarsi?' -Ripete apprensivo sostenendo lo sguardo.
Io lo abbasso, provando a concentrarmi sul pavimento.E' chiaro che non abbia voglia di discuterne.

''Avevo voglia di vederti.'' -Scandisco bene le parole.

''Anche io.'' -Quella frase mi scalda il cuore.

''Posso chiederti una cosa?'' 

''Tutto quello che vuoi, principessa.''

''Come fai a sopportarmi? Ti chiamo ogni notte eppure ci sei sempre per me, nel bene e nel male.''

''Questo è perchè, p-pèrchè ti amo, ti ho sempre amata Eleanor, so che avrei potuto dirtelo in un momento migliore ma non riesco a trattenermi più'' 

Non so come ma quelle parole erano uscite proprio dalla sua bocca, così velocemente. Jason si piega, allungando il braccio verso un'aiuola e coglie un fiore. Mi sposta un ciuffo di capelli dietro l'orecchio e intreccia il suo gambo in una ciocca più chiara. Il colore di quel fiore non era ben visibile alla luna ma ciò, rendeva il gesto ancora più romantico.

''Vuoi essere la mia fidanzata?''
Interrompe questo momento alzando il mio mento con l'indice della sua mano. Sono meravigliata come un bambino, rimango sempre più sorpresa da lui.Non ho parole per rispondere,forse poche,forse sbagliate.

''Ti ho aspettato per tutto questo tempo.'' -Inclino la testa e mi sbrigo a parlare.

''Tu meriti qualcuno che ti dica: non riesco a immaginare un mondo senza di te'' 
In questo momento una stella cadente illumina i nostri visi. 

''Prometto che niente e nessuno ci dividerà'' 

*fine del flashbaak*
Una lacrima amara mi bagna le mie guance e scende sul colletto del giubbotto. Provo a non pensarci e proseguo sul sentiero di ciotoli, frontale alla mia villa. Sollevo lo zerbino che si trova avanti alla porta e affianco al porta ombrelli e prendo la chiave di riserva per entrare. Ho voglia di sentirmi al caldo nella mia casa, ho bisogno di svegliarmi e di dimenticare tutto. Come se fosse facile. Appena spalanco la porta non trovo nessuno, faccio un giro per le camere e ancora nessuno, mentre controllo la cucina e passo dinanzi al frigorifero, vedo con la punta dell'occhio un biglietto appeso con una calamita rosa.

''Lavoro fino a tardi. Tuo fratello è dai parenti. Abbi cura di te.
PS.La cena è nel forno xx
-With love,Mum''



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Capitolo 5
*** Red ***


Secrets-Fifht Chapter 


Red

Eleanor's POV

E' sempre la stessa storia. Mia madre ha un talento nel deludere le mie aspettative, è come se si preoccupi per me solo perchè è costretta senza un minimo di affetto nei miei confronti, è il suo dovere e deve farlo per forza, non mi può abbandonare però lo fa lo stesso. Sono l'ultima ruota del carro in questa casa, è come se fosse un albergo per me. Io sorrido, uso il sorriso come scudo, per quanto possa essere gentile con lei, lei mi considera invisibile e inutile. Sono stanca di essere costantemente scartata, messa da parte. Non sopporto più vedere che scelga gli altri a me, non sono mai abbastanza, non le vado mai bene, appena possibile vengo accantonata e rimpiazzata, sono soltanto una seconda scelta, ecco perchè piango ogni volta che succede, scavo buche in un giardino di lacrime, lacrime che bruciano come sale sulle ferite ma ormai mi ci sono abituata, non sono sempre così forte. Il problema è che mi sento incessantemente fuori posto. Perchè sono ancora qui a pensarci e a starci male? A sentirmi sbagliata, malinconica. 
Avvisarmi non le sarebbe costato nulla, deve imparare a considerarmi quando prende delle decisioni. Tiro su col naso, strizzo gli occhi, stringo forte i denti e faccio un respiro profondo. Ora devo combattere contro il mio destino..il mio stato d'animo ha raggiunto le profondità dell'abisso.
Che ne sará di me se Harry dovesse tornare? Che ne sará della mia vita? Della mia dignitá? Metterebbe in atto la sua vendetta e giocherebbe le sue carte migliori. Ho paura, se mi dovesse succedere qualcosa non se ne accorgerebbe nessuno, i vicini sono fuori cittá e io sono sola, spacciata e senza possibilità di continuare a vivere. E' come se fosse diventata una lotta per la sopravvivenza. Mi troverà, proverò a scappare nuovamente, tenteró ma sta volta sarà troppo tardi e mi prenderá ,abuserá di me come se fossi uno sporco oggetto, la fortuna non mi salverà più. Mi sento un insetto nella tela del ragno.
La lana del maglione che sto indossando punge sulla mia pelle, non so fin quando potrò resistere, sto affogando nella mia ansia, un ansia che mi prende lo stomaco. Sento il petto opprimersi, la gola si fa secca, il corpo cede. Non c’è via d’uscita so benissimo che per lui non sarà difficile rintracciarmi e umiliarmi, ancora. Cercando di distrarmi vado a controllare se almeno mia madre ha messo quel che diceva nel forno. Vedo il piatto quasi vuoto già dentro, non mi è mai piaciuto abbuffarmi, premo il dito sul pulsante e nell’ attesa che sia pronto mi dirigo verso la mia camera. Esausta mi butto a peso morto sul letto lasciandomi andare alle coperte, fisso un punto indistinto nel soffitto. Può anche essere che non importi nulla ad Harry che io sia scappata, che sia stata solo una delle puttane che si porta a letto tutti i giorni. Ora basta pensarci. Mi sfilo cautamente il giubbotto gettandolo distrattamente sulla sedia, poi allungo il braccio e prendo il computer dalla scrivania. Alzo lo schermo e lo accendo, aspettando il caricamento, nel frattempo ticchetto le dita sull'oggetto provocando dei rumori alternati con le unghie. La schermata si illumina, accompagnata da un suono fastidioso, mostrandomi lo sfondo azzurro del mio pc. L’unica cosa che ora voglio è rifugiarmi nelle note di una delle mie canzoni preferite, alla musica devo tutto, perchè solo lei mi ha aiutato quando credevo di essere distrutta. Guardo la playlist per qualche minuto e poi inizio dal primo brano. Le mie dita si muovono agili sulla tastiera mentre cerco qualcosa da ascoltare. Qualcosa di nuovo. Ti accorgi che stai davvero male quando non canti insieme alla voce del tuo idolo, quando non ti lasci trasportare dalla musica perchè i tuoi pensieri prendono il sopravvento. Non c'è verso di smuoverli, son lì e io sono la loro vittima, non se ne andranno. Alzo il volume per non sentire la mia coscienza. Nella mia mente c'è il caos più assoluto, quando uno stano odore attira la mia attenzione mentre si avvicina al mio naso. Non so cosa sia, ma puzza terribilmente di bruciato.
***

Harry's POV
''Prendi ciò che ti serve e sparisci. Ho un affare da terminare'' 
Dico con voce autoritaria, arrivando dritto al punto. Non gli avevo dato retta per tutto questo tempo ed era l'unico modo per attaccare parola.

''Uno dei tuoi soliti affari, non è così?''
Ridacchia dandomi una debole gomitata. Non ho tempo da perdere con lui perciò lo zittisco.
Il nostro discorso si interrompe improvvisamente. Dei passi piuttosto silenziosi e vicini tra loro sfiorano il parquet ai lati del corridoio.

''L'hai sentito anche tu, Payne?''

Gli chiedo poggiandogli una mano sul suo braccio mentre gesticolo. Pausa. Riprendiamo a parlare senza dare peso all'accaduto. Il rumore si ripercuote per una seconda volta nella stanza ma è più lontano.

''Ora lo hai sentito?'' 

Anche un sordo lo avrebbe sentito. Nessuna risposta, le pupille di Liam oscillano da destra a sinistra, sembrano delle bussole smagnetizzate.

''Niente paura, potrebbe essere un animale, questa casa è vecchia anni luce.''

Dice cercando di convincere più se stesso che me.

''Non dire sciocchezze!''

L'ipotesi di Liam era più impossibile di camminare sui muri. Impugno una mazza da baseball scolorita da uno scatolone impolverato, che tempo fa era chiuso dallo scotch, all' angolo del caminetto e cammino spedito verso la prima stanza a destra lasciando Liam da solo. Butto giù la porta con un calcio, la punta della mia scarpa si ammacca lievemente, il tacchetto lascia un' impronta visibile su di essa. Tendo le orecchie all' ascolto e appena sento un altro botto, più forte dei precedenti, conduco le mani all' interruttore della luce incastrato nel muro e mi precipito a colpire qualsiasi cosa ci sia stata. La luce fioca dal color arancione albicocca si intensa permettendomi di vedere che ho rotto una lampada di vetro con contorni di ceramica, facendola cadere dal mobile. Ormai è distrutta, in mille pezzi differenti sul pavimento. Mi accorgo di quanto sia stato stupido a farmi condizionare da Liam, è tutta colpa sua, lui è quello pauroso ma io no, niente è capace di intimidirmi. Ed eccolo qui, il ''click'' che mi accende le idee, corro verso la camera di Eleanor lasciando cadere la mazza per terra. Accidenti! Ho dimenticato di chiuderla a chiave, provo a mantenere la calma. Ecco di chi erano quei passi, ora è tutto più chiaro e anche le mie prossime mosse sono limpide come l'acqua. Era scappata, scappata via da me. Se pensa di avercela fatta, se pensa che sia tutto finito si sbaglia di grosso perchè è appena l'inizio. Corro, corro, corro senza fermarmi un istante, la mia rabbia mi dà la grinta, la forza adatta per farle vedere chi comanda, non deve provare mai più ad opporsi a me. Ricordo perfettamente la strada per arrivare a casa sua, è un po' contorta ma credo di farcela. Infatti di fronte ai miei occhi trovo una villa molto graziosa ed ospitale, dev'essere senza dubbio quella di Eleanor, acchiappo una sigaretta dal pacchetto delle Burns e inizio a fumare, mentre la osservo. Mi chiedono perchè fumo, coloro il mio respiro, me ne concedo una perchè mi piace, perchè non so cosa fare o semplicemente per risolvere i problemi. Ma sta volta è diverso, lo faccio per liberare la mia ira. Respiro il fumo, lo ingoio e lo ributto fuori velocemente poi lancio la cicca in un cespuglio sotto una finestra senza badarci abbondantemente. Infilo e le mani in tasca ed alzo la testa al cielo ormai buio. Passano alcuni minuti, inizio a sentire caldo, delle goccioline di sudore bagnano i miei ricci e quando mi volto vedo delle fiamme ovunque. Il fuoco arde sul legno della ringhiera ed il ferro incomincia a bruciare, si ingrandisce gradualmente fino ad arrivare al piano di sopra, si ingigantisce sempre di più fino a circondare l'intera casa. La preoccupazione si impossessa di me, non volevo arrivare a questo punto, che razza di mostro sono? 
L'odore di bruciato mi sta dando alla nausea, è talmente forte da tormentarmi. Devo andare lì dentro, devo salvarla o almeno provarci, non posso permettere questo, i sensi di colpa invadono il mio corpo. Potrei morire ma è quello che mi merito infondo. Non so per quale stupido motivo ma devo andarla a prendere. Non ho tempo di soffermarmi a pensare alla scena, dio,non ho mai avvertito brividi così forti dentro di me. Rabbrividisco per l’ennesima volta in questi dieci minuti per poi accorgermi che sto solo perdendo tempo. Mi si stringe il cuore in una morsa al solo pensiero che potrebbe sentirsi male e soffocare in quel turbinio infernale e mortale. Inizio a tossire e con un piccolo salto, scanso una scintilla che stava per cecare i miei occhi scuri e cerchiati. Mi inoltro nelle fiamme e il rosso è l'unico colore che riesco a identificare.

****

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Capitolo 6
*** Getaway. ***


Secrets- Sixth Chapter

Getaway.

Harry's POV

Eccola là. In mezzo alle fiamme, in un angolo remoto della stanza. Il suo viso è in pessime condizioni, voltato su di un lato, la sua guancia è poggiata su una spalla e i capelli arruffati le coprono gli occhi e il naso. La mano destra, sporca di un nero cenere, è stesa e aperta lungo i fianchi mentre la sinistra accarezza il ventre. L' unico pericolo che sento veramente, è quello che Eleanor non riesca più sentire niente. Il caldo mi circonda, è insopportabile, mi avvicino a lei prima che il fuoco possa raggiungerci e aggiro il letto per poterla predendere in braccio in stile sposa. Le sue gambe penzolano vicino a me, pare che respiri ancora. Il mio braccio le mantiene la nuca e le mie mani le reggono il collo mentre si lascia cadere all'indietro, adagiando il suo capo sul mio petto. Cerco di trovare l'uscita, salto alcuni mattoni di legno ormai bruciati e consumati dalle fiamme e mi dirigo verso la finestra, quando vedo che esse sono troppo intense davanti alla porta per sorpassarle. Apro la persiana con un piccolo movimento del polso, tenendo sempre stretta a me Eleanor e mi siedo sul davanzale, faccio usicre cautamente prima una coscia e poi l'altra, poggiando il mento sul suo torace, lanciando i nostri corpi sul giardino nel retro. La poso sul marciapiede, ormai lontano dai pericoli, mentre il rumore dell'allarme anti-incendio, proveniente dal tetto, mi fracassa i timpani. Sfilo dalla tasca il cellulare e compongo il numero dei vigili del fuoco il più presto possibile, è una vera emergenza. Mi piego verso Eleanor e la strattono violentemente continuando a chiamarla fino a quando non apre leggermente gli occhi e mi guarda, inerme e impassibile. Sembra non capire assolutamente niente dell' accaduto, forse non ricorda nulla, mi fissa confusa, corruga la fronte e arriccia il naso poi dà un' occhiata in giro e scoppia in lacrime quando vede le sue condizioni e quelle della sua casa, ormai distrutta.

Eleanor's POV.

Mi alzo frettolosamente e mi porto una mano alla fronte, facendola scivolare sui miei zigomi, asciugando a malapena il fiume di lacrime che aveva riempito i miei occhi fino all'orlo. Sfrego i palmi tra loro per ripulirli dalla polvere e guardo il mio mondo, il mio tutto distruggersi lentamente, i pompieri spengono l'incendio a poco a poco mentre gli ultimi oggetti ardono velocemente divorando il materiale con cui sono fatti. Quella casa era piena di ricordi e sacrifici, cose a cui non potevo rinunciare, farne a meno, come quella maglia che Jason mi aveva regalato, potevo ancora sentirne l'odore, era favolosa, l'unico ricordo che fin qui ci legava, mi manca terribilmente proprio come ad un bambino manca il suo giocattolo preferito, mi manca come l’aria sott’acqua. Non si guarisce mai da ciò che ci manca. Ci si abitua, ma io sento ancora la sua assenza, lui manca sempre. Solo che a volte manca più del solito,fino a star male…fino a perdere il fiato, il passato non è un tempo andato. È uno schiaffo di cui senti ancora il dolore. Ogni giorno mi manca sempre di più, quando mi succede qualcosa è sempre la prima persona a cui penso. Rievoco i ricordi, mi torna in mente lui, con i suoi sorrisi e i suoi ti amo. Mi manca così tanto il suono della sua risata, l’avrei fissato ridere per ore, il suo sorriso mi faceva così bene. Mi manca essere felice, il suo respiro sul mio collo, le sue mani intrecciate nelle mie, il suo guardarmi negli occhi e dirmi ‘Ehi occhi belli. Sei bellissima’. A tutti manca qualcosa, anche all’ infinito manca una fine! C’è stato un momento in cui lui mi prese per mano, poi lo guardai e vidi lui osservare le nostre mani e sorridere. Vi giuro, non mi ero mai sentita cosi completa. Ricordo le sue mani sul mio corpo, ora mi fanno sentire viva. È il dolore a farmi sentire viva. E preferirei esser morta. Ma più di tutto, ricordo quando guardandolo negli occhi mi sentivo a casa. Non so difendermi dai ritorni nel passato, che poi ci pensi e ti distruggi. Piango così tanto da quando se n'è andato perché sapevo che sarebbe arrivato questo giorno, il giorno in cui, se ripenso ai suoi occhi non me li ricordo più. Lo penso ogni tanto, e forse è anche più di ogni tanto, forse è anche più di sempre, mi manca tutto il tempo. Non è una cosa momentanea, è costante. Tutto il tempo, è scritto a lettere maiuscole nei miei occhi. Odio ancora dover ammettere di averlo perso, avevo tutto quello che volevo e l’ho perso di colpo, fa male perchè forse è vero, forse non sappiamo ciò che abbiamo fino a che non l’abbiamo lasciato andare. Cosa avrei dovuto fare per impedirglielo? È l’ostinazione a crederci ancora che mi sta rovinando. Ed eccola qui la mia cara e amata solitudine, tornata per consumarmi nel profondo. Il mio cuore sta per scoppiare, ho lo stomaco rovinato dal dolore. I vigili del fuoco hanno spento le fiamme ma non sono riusciti a salvare molto della mia casa, attorciglio le dita nei capelli mentre guardo Harry borbottare con essi, sta cercando di gestire la situazione e rispondere alle loro mille domande. Ammicca con l'occhio mentre riceve una pacca sulla spalla, ecco che quei cinque uomini in divisa salgono nel loro furgone, spariscono dietro il finestrino e corrono via senza darmi precauzioni o cose varie, lasciandomi sola con il ragazzo dai capelli ricci. Come avrà fatto a toglierseli dai piedi così facilmente? Li avrà corrotti? Risposta affermativa. Mi tolgo il cardigan per il troppo calore, gocce di sudore scendono dalla mia fronte. Corro verso i resti della tragedia, le mie scarpe bianche non sono più così bianche, sono piene di fuliggine, devo recuperare quella maglietta. Non posso permettere che vada distrutta. Inizio a camminare verso l'interno quando sento una presa ferrea sul mio braccio. Non ho bisogno di voltarmi per capire chi è.
"Non osare toccarmi!"

Gli urlo contro, spingendolo lontano da me con tutta la forza che ho. Ma non mangio da troppo tempo per definire la mia una spinta forte, lui non si muove nemmeno. Mi fulmina con lo sguardo, prima di afferrarmi per il polso.
‘’Dove pensi di andare, piccola?’’

Dice tra i denti, avvicinandosi pericolosamente al mio viso.
"Che c'è, vuoi picchiarmi ancora?"

Gli dico per farlo arrabbiare. Lui mi rivolge un altro sguardo pieno di rabbia, prima di lasciarmi il polso, ma senza allontanarsi da me.
''Non sono così cattivo.'' 

Dice con la sua voce roca prima da battere un pugno contro il muro. Strano perchè fino a questo momento, pensavo esattamente il contrario. Cerco di divincolarmi dalla sua stretta ma è totalmente inutile dato che mi avvicina ancora di più al suo corpo.
''Io rimango qui. Devo prendere delle cose, sono affari miei, sparisci o chiamo la polizia.'' 

‘’E’ pericoloso andare lì dentro, è inutile, è andato tutto in macerie, non troverai più niente. L’importante è che tu stia bene.’’

Mi dice con calma, introducendo per la prima volta, un pizzico di dolcezza nella sua voce. Quella frase mi spacca a metà.

‘’Non so che farmene della tua gentilezza, il problema è che la mia intera vita si trovava in quella casa e ora non ho più nulla, capisci?’’

Dico con la voce rotta dal pianto. Ora come farò a ricostruire tutto? Dove andrò a vivere? E mia madre? E mio fratello?

‘’Calmati, piuttosto hai già pensato a dove rimarrai stanotte?’’

So già dove vuole arrivare.No. Non voglio andare nella casa di un pazzo che vuole soddisfare i bisogni della sua mente contorta. Preferirei mille volte rimanere a dormire sotto un ponte. Non c’è via d’uscita. Sono nel tunnel degli orrori. Non rispondo, lo ignoro del tutto.

''Piuttosto mi presti il tuo telefono? Devo fare delle chiamate.'' 

Il mio primo tentativo di risolvere la situazione.

''Questo te lo concedo, però fai in fretta.'' 

Mi risponde secco. Digito il numero di mia madre, ricordo a stento la combinazione. Uno squillo. Due. Tre. Riprovo. Non risponde. Ricomincio a piangere, sono fottuta.

‘’Visto che non hai altre chance, vieni da me, solo per stasera poi sei libera di andare dove vuoi, io ti voglio solo aiutare, giuro.''

Mi avvolge un braccio intorno la spalla e sbadiglia. Il tono che ha appena usato mi ha incredibilmente irritata ma allo stesso tempo lasciata di sasso. Non posso rivolgermi a nessun altro, mi sento in gabbia.

‘’Come puoi chiedermi una cosa simile? Non se ne parla!’’

Grido, lui mi fa segno col dito di zittire.

''Hai due possibilità: o mi dici si.......o si''

Quella frase crudele mi gela il cuore. Sono costretta ad accettare, mi fa quasi schifo il fatto di doverlo fare per forza. Non si sarebbe arreso di certo, avrebbe continuato a tormentarmi.

‘’D'accordo, ma ti avviso: toccami con un solo dito e giuro che ti faccio diventare liscio!’’

Dico decisa. Scoppia in un’enorme risata, per quanto io possa odiarlo il suo viso angelico è fottutamente perfetto quando ride, per non parlare delle sue fossette. No Eleanor,no. Non deconcentrarti, non cedere.
''Sei simpatica come un calcio in culo.''

Gli do una leggera gomitata ridacchiando mentre ci incamminiamo verso la strada.

******

 
 

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Capitolo 7
*** Lost in confusion. ***


Secrets Seventh Chapter.


LOST IN CONFUSION.
Mi servo di una camminata goffa accompagnata da un corpo goffo e una faccia goffa, nascondo l'uragano che ho dentro, dietro questa goffagine e ciò che è peggio è che io voglio davvero esplodere, voglio davvero essere una tormenta a cielo aperto. Semplicemente non ci riesco, voglio ribellarmi ad Harry, che mi dà le spalle mentre cammina spedito per una salita ripida. Velocizza i suoi passi accennando una corsetta verso un ragazzo non troppo alto con le spalle larghe e una barbetta che gli incornicia il viso. Mi sembra di averlo già visto a scuola. Harry mi fa cenno di avvicinarmi a loro, per non escludermi. E poi arriva il momento in cui mi allontano da tutti perchè inizio ad avere paura delle persone, del futuro, del domani. Non ho più paura di morire ormai, la mia paura più grande è come un proiettile sparato dal destino; è vivere sentendomi così ogni giorno, nella condizione di chi è sottomesso. Faccio finta di non aver notato il suo gesto, fisso il cielo pur di guardare altrove quando una mano fredda mi afferra il polso e mi trascina affianco a lui. 

''Ehi, tu chi sei?'' 

Mi rivolge la parola , giuro che mi blocco davanti a tanta bellezza, tanta semplicità in un ragazzo qualsiasi. E' pur sempre un amico di Harry, non c'è da fidarsi, questo è poco ma sicuro.

''Lei è Eleanor'' 

Harry risponde al posto mio, d'impulso, con voce furiosa, con fare molto autoritario e opprimente. Io come sempre sono troppo lenta a mettere il cervello in comunicazione con la bocca. Sapete cosa? Sono stufa, sono stanca di essere me, voglio smettere di essere niente e cominciare ad essere il nulla più assoluto e non esistere più! Sono assente. Ora sto pensando. A cosa penso? Beh per cominciare che non dovrei essere qui. Gli occhi di Harry si spengono pian piano quando vede che socchiudo gli occhi per la stanchezza, forse un po' gli importa, forse un po' gli interessa di una ragazza debole che ha bisogno di una persona che l'aiuti a tirare fuori il meglio sè. Sembra quasi che abbia intorno al cuore un recinto di mattoni che non riesce ad abbattere, ma so che in lui c'è del buono e lo scoverò, ci proverò con tutta me stessa, da adesso in poi sarà la mia missione ma è come pretendere la profondità da una pozzanghera; allo stesso tempo non posso far accadere che lui marcisca, ci sono già io che sono marcia, basta e avanza.

''Ti sei fatta male quando sei caduta dal paradiso?'' 

Le classiche parole fuori posto. Questa battuta è squallida, molto vecchia ma mi fa ridere ogni volta che la sento. Sorrido timidamente abbassando lo sguardo, anche se un po' infastidita.

''No ma se continui a provarci con lei, qualcuno si farà male.'' 

Dice con fermezza Harry, mentre i lineamenti del suo viso si irrigidiscono, quello scherzo non sembra essere molto gradito. La sua voce, ora calma, interrompe le mie riflessioni come ha interrotto la tranquillità nella mia vita quella maledetta mattinata.

''Voi maschi, utilizzate sempre questi trucchetti stupidi per rimorchiare?''

Domando, cercando di allontanarli sempre di più, l'uno dall'altro.

''Ma noi le ragazze le condividevamo, ricordi? Che fine ha fatto il mio migliore amico?‘’ 

Cerca di giustificarsi il ragazzo, invano perchè tutto ciò che dice, scivola ad Harry. Perfetto, anche lui è come gli altri, preciso e identico. 'Mai giudicare un libro dalla copertina' mi diceva mia madre. Potevo fare finta, potevo illudermi ma è inutile, non ha nulla di diverso dagli altri...la sua aria da bravo ragazzo inganna, eccome se inganna. Harry non vuole dare spiegazioni e cambia discorso.

''Senti Louis, oggi dò una festa, Eleanor sarà il mio ospite speciale, ti va di venire con la tua ragazza?’’

Rimango più che spiazzata. Non mi aveva parlato di una festa, in realtà non mi aveva parlato neanche di Louis, il suo nome è terribilmente familiare.Non sono un' oggetto. Sarò più piccola, si. Ma io odio le feste, troppa gente, troppe urla e troppo caos, non fanno decisamente per me, mi rendono strana. Per non parlare di quelle che organizzano questi due tipi loschi, non mi sembrano il massimo della sobrietà. Tipo che prendo il telefono, mi chiudo in bagno o mi metto in un angolo, come se fossi in punizione e rimango da sola. Lo so. Non è una bella sensazione sentirsi un errore. E fa male tenersi tutto dentro. Io sono una ragazza riservata lo ammetto..perchè Dio non mi ha fatto brava a camminare sui tacchi? 

''Come potrei mancare? Io sono l'anima della festa. La mia ragazza verrà con me, sono sicuro che non vedrà l'ora di conoscere Eleanor.''

Si pavoneggia Louis credendosi Dio sceso in terra. Incrocio i suoi occhi color ghiaccio mentre guardo allibita i suoi denti di un bianco latte, più chiaro del dentifricio.

''Troppe canne fanno male, amico, dovresti saperlo. Quante arie!''

Sbuffa Harry ritenendosi fondamentale per organizzare una serata tra amici.
Sento sfiorarmi il braccio con una moneta, perciò volto il capo ma non vedo nessuno di fronte a me se non una marea di ragazzi appena arrivati vicino ad una fermata del pulman, fulmino con lo sguardo Harry pensando che sia stato lui ma poi mi rigiro dall'altro lato e noto Louis fischiettare sospettosamente, mi sembra tanto uno di quei bambini che iniziano a fare scherzetti idioti per attirare l'attenzione. Ma io vorrei ritornare bambina, quando bastava un semplice ‘ciao, come ti chiami? Vuoi giocare con me?’ per fare amicizia…
Mi nascondo sotto alcune ciocche di capelli mentre aspetto che qualcuno interrompa questo silenzio imbarazzante. Mi sento come in un incantesimo, maschero il mio senso di insicurezza guardandomi le punte delle scarpe.

''Vengo a casa tua tra un' oretta circa con Selena.''

Esclama avviandosi verso un' enorme auto bianca accostata alla fine del marciapiede. 

''A dopo Lou.''

Risponde brevemente Harry. Il corpo di Louis sparisce dietro la portiera della macchina che sfreccia verso il lato opposto. Tra noi ricade il silenzio che io odio perchè i pensieri si sentono di più, fa sembrare tutto vuoto e inquietante. I silenzi delle persone sono quelli più difficili da sopportare. 

''Lo che sono bello ma se mi guardi troppo mi sciupo. Dai muoviti che è tardi.''

Dischiude le labbra per parlare. Non mi ero resa conto che lo stavo fissando come un baccalà ma la sua bellezza mi ipnotizza terribilmente. Inizio a muovere i miei passi in avanti nonostante sia più che distrutta, mi arrendo a ciò che vuole prima che si arrabbi, mi terrorizza quando lo fa. Passano dieci minuti, i dieci minuti più lunghi della mia vita. Harry mi afferra una mano e mi conduce in un enorme villa color sabbia con un giardino che la circonda, a quanto vedo i soldi non gli mancano di certo. È in una bella posizione, d’estate, ad esempio, sono sicura che entri dalle finestre molta luce. Ha un bel balcone con il tavolo in legno, un dondolo e qualche sedia. All’ interno è ancora più grande, quasi come un albergo: c’è una grande sala con una televisione, un divano e una comoda poltrona, affiancata da una stufa a legna, ci sono una ventina di stanze, una sala giochi con un impianto home- teatre che fa sembrare di essere al cinema. Harry mi prende in braccio di sprovvista e mi trascina in una camera, poi mi lancia su un materasso gigante.

''Farai meglio a prepararti, abbiamo parecchi ospiti stasera, fatti bella.’’ -Mi incoraggia

''Ma io sono bella.'' -Abbasso gli occhi, ne ho sparata una delle mie. Spero di non diventare rossa come una fragola. Spero di non arrossire e non avere le guance rosse.

''Lo so.'' 

Conclude dolcemente, lasciandomi sbigottita con quelle monosillabe: sorrido, mi giro, lo guardo. Si gira, mi guarda. I miei occhi incontrano i suoi nello stesso istante in cui i suoi occhi incontrano i miei. Che cosa fantastica, gli occhi, intendo. I suoi in particolare. Ci guardiamo negli occhi per un paio di secondi, vorrei continuare, vorrei rimanere a guardarlo finché non si innamora. Non riesco. Distolgo lo sguardo, lui è troppo per me, non reggo. Ma per la prima volta nella mia vita ho pronunciato queste parole, io, introversa ragazza che si fa prendere sempre dalla timidezza, dal timore di non essere abbastanza ma dalla voglia di esserlo. Si mantiene per un po' sull' uscio della porta finchè non apro bocca:

"Forse il grande genio ha dimenticato che non ho nè vestiti nè trucchi per 'farmi bella'."
Gli dico acida. 

"Tieni, ti dovrebbe andare bene.""
Mi porge un vestito di seta nero, scollatissimo. E' molto particolare: blu a balze,di una lunghezza fino al ginocchio circa, è di una stoffa leggera, svolazzante, ha una forma morbida. Sopra c'è un richiamo color panna, un misto tra il romantico e il vintage. Ha il corpetto in pizzo e anche verso la fine, ha uno spacco sulla coscia; non ha le spallucce ed è aderente sui fianchi. Non ha cerniere da cui sfilarlo e infilarlo, cosí lo faccio scivolare dolcemente, dal collo in giú. Stupefatta, noto l'etichetta sul retro con scritto "Versace", di sicuro deve averlo pagato molto ma l'amore non si puó comprare. Ai piedi del letto c'è una scatola con due tacchi alti poggiati sopra, due trampoli da 12 centimetri, quelli talmente stretti da farti male. Mi guardo allo specchio pettinando i miei lunghi capelli e lasciandoli sciolti lungo il mio busto. Applico un po' di eyeliner nero e il mascara per allungarmi le ciglia, sono pronta.
Mi dò un' ultima occhiata, aggiustandomi con la mano destra la fodera dell'abito e inizio a scendere le scale. Riesco a vedere molti ragazzi entrare e uscire dalla porta sempre aperta, quasi quasi mi trattengo qui, nessuno si accorgerà di me. Da lontano guardo Harry offrire ad una ragazza un po' di snack prima di notare la mia presenza e venirmi a prendere. 
Mi fa un inchino e mi prende gentilmente il polso:
''Quale onore, mia principessa.'' 
Rimango un po' perplessa.

''E chi sarebbe il mio principe?'' -Gli domando curiosa.

''Ce l'hai davanti.'' -Risponde lui accompagnando le sue parole con un gesto della mano come per dire ''Ammira la mia perfezione''.

''Non lo vedo ancora.''

''Ahahaha cammina.'' 
Mi fa segno di sedermi sul divano nell’unico posto libero accanto ad una ragazza dai capelli neri, sottili come fili di ragnatele che le scendono sugli esili fianchi, ondulati come le onde dell'oceano, dagli occhi che sembrano quasi sfiorare il naso e le labbra grandi e scarlatte che risaltano sulla sua pelle chiara, vellutata come una pesca. Il collo è segnato da una catenina d'oro che finisce sul petto imponente al punto giusto. L'elegante vestito da sera scende stretto evidenziando la particolare simmetria del suo corpo fantastico. Porto una gamba sopra l'altra mentre vedo Louis, che ha appena varcato l'ingresso, avvicinarsi a noi, rivolgendo la parola alla mia vicina:

‘’Ah...eccovi entrambe. Cosa aspettate a fare conoscenza? Selena non allontanarti torno subito.’’

Si volta e si dirige verso Harry mentre la fidanzata annuisce e poi mi guarda, mostrandomi un sorriso a trentadue denti. 

''Ciao, immagino che tu sia la fidanzata di Harry!'' -Mi dice entusiasta. Non voglio dare molte informazioni al riguardo perciò salto la domanda e gliela rivolgo identica cercando di non sembrare troppo sfacciata.

''Tu quella di Louis?''

''Emh...si'' -Mi dice, come immaginavo. Sembrava piuttosto ovvio. Non voglio più pensare a cosa sia successo in questa giornata, magari facendo amicizia con qualcuno mi distrarrò. Porgo la mia mano per presentarmi e lei la prende nervosamente, ritraendola subito dopo.

''Come ti chiami?'' -Mi chiede leggermente scossa.

''Sono Eleanor. Se non ho capito male il tuo nome è Selena, lo adoro davvero.'' -Le confesso.

''Non ci posso credere, il tuo nome invece era come quello di mia madre.'' -Il tono della sua voce parte più alto e termina più basso.

''Che vuol dire 'era'?'' -Le chiedo mostrandomi preoccupata e interessata a tutto ciò che volesse raccontarmi. Nei suoi occhi vedo la paura, lo smarrimento ma allo stesso tempo il bisogno di sfogarsi.

''Mia madre è sempre stata un angelo, ora è dovuta ritornare a casa. Ma è tutto okay.''

Deve essere davvero una ragazza molto forte se è riuscita a sconfiggere le lacrime per dire ciò ad una sconosciuta. La abbraccio forte per poterle dare tutto il mio conforto.

''Stai bene?'' -Le sussurro all'orecchio durante il nostro momento di dolcezza.

‘’Bene bene’’

Mi rivela come se fosse stata abituata a rispondere automaticamente così. Una cosa non capisco: sembra una ragazza così fragile ma allo stesso tempo molto forte, ma cosa ci trova in Louis? Cosa ci fa con uno stupido approfittatore che ci prova con chiunque? Siamo tutte nella stessa merda e di certo al cuore non si comanda ma secondo me c'è di più. E se le fosse accaduta la mia stessa disgrazia? Non posso saperlo al cento per cento ma è un dubbio che mi devo togliere, prima o poi. Finché fosse stato solo un problema mio andava ‘’bene’’ ,ma adesso no. Allunga la mano verso il tavolino di cristallo di fronte, per prendere un bicchiere di succo all'arancia e le maniche velate del suo abito si alzano leggermente, lasciando intravedere alcune cicatrici violacee. Proprio come pensavo. Le prendo il polso e le sussurro più in silenzio possibile:
‘’Mi dispiace tanto, ti capisco, insomma anche a me Harry…’’
Non mi lascia finire.
''Non so di cosa tu stia parlando.'' -Dice mentre vede Louis ed Harry fissarci e ridere in continuazione. Ho afferrato il suo messaggio, non possiamo parlarne qui, davanti a tutta questa gente. Semplicemente allargo le braccia e la faccio sprofondare in un altro abbraccio. La capisco, so cosa vuol dire essere umiliata in quel modo.

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