Buon Natale

di scrittrice in canna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Albero di Natale ***
Capitolo 2: *** Non c'è due senza tre ***
Capitolo 3: *** Regalo di Natale ***



Capitolo 1
*** Albero di Natale ***


         

Albero di Natale


       



Era la vigilia di Natale, in Israele non significava nulla, ma per una persona, una sola, insignificante persona, quel giorno era speciale, colmo di ricordi, quella persona era Ziva David, lei aveva cercato di seguire il suo cuore, ma non aveva capito che il suo cuore era partito su quell’aereo con lui, con l’uomo che lei aveva sempre amato ma a cui si era negata mentendo persino a se stessa. Così Ziva David, nella sua piccola casetta, aveva fatto l’albero di Natale e l’aveva messo vicino alla finestra, perché? Beh perché era così e basta.
 

Natale 2005

“Prendi quegli scatoloni Zee.” Aveva detto DiNozzo sistemando l’abete d’avanti alla vetrata
“Perché lì? Insomma, ci sono tanti posti liberi.” Chiese l’Israeliana confusa
“Perché è così e basta.” Aveva risposto lui, infantile.
“Mi avevi promesso che se facevo l’albero con te mi spiegavi tutto del Natale…” piagnucolò lei, lui aveva preso tempo e aveva risposto: “Beh perché davanti alla finestra lo vedono tutti, quando di sera spegni la luce si vede l’albero illuminato da fuori… ed è bello.”
 
Aveva anche appeso il vischio all’arco della cucina, quando ci passava sotto sospirava.
 
“Lo vedi quello?” diceva Tony indicando una piantina sopra le loro teste
“Sì! Cos’è?” chiese lei
“Il vischio, quando due ragazzi ci stanno sotto bisogna baciarsi. È la tradizione.” Alzò la testa verso la pianta, lei era un po’ più distante ma quando riabbassò gli occhi la ritrovò proprio di fronte a lui, i loro nasi quasi si toccavano.
“Quindi, stando alla tradizione, io ora dovrei baciarti?” inclinò la testa e si lasciò sfuggire un sorriso
“Sì David, ma per te faccio un’eccezione.” Rispose il ragazzo sorridente, lei incurvò le labbra in una smorfia, arricciò il naso e strinse gli occhi.
“Non ce n’è bisogno… DiNozzo.” Gli lasciò un rapido bacio e poi scappò via come un bambino che aveva combinato una marachella, lui era ancora scioccato sotto la pianta.
“Dai vieni! Devi farmi vedere come si cucina il cenone… culetto peloso.” gridò dalla cucina
 
Era seduta, Ziva David, davanti a un oggetto che avrebbe potuto cambiare la sua vita per sempre. Lo fissava insistente, non voleva perderlo d’occhio nemmeno un secondo, guardava un biglietto aereo, sola andata, per Washington. Partiva quel giorno stesso, l’aereo di Ziva David, aveva pensato tutto il mese se partire o no, alla fine si decise e iniziò a fare la sua valigia, ma, mentre sistemava i maglioni, ne trovò uno diverso, particolare.
 
“E ora la ciliegina sulla torta, i regali!” disse un Tony emozionato prendendo un pacco impacchettato con una carta colorata di giallo e tanti alberelli addobbati stampati sopra, a coronare il tutto c’era un fiocco verde grande quasi quanto il pacco.
“Questo è per te.” aggiunse lui sorridente, lo stesso sorriso che aveva da quando lei era entrata in casa sua quella sera, Ziva non aveva parole, era quasi commossa, prese il pacco e lo aprì piano, trovò un maglione di lana rossa con un alce stilizzata grandissima stampata sopra, per quanto fosse orrido lo adorava.
“Ovviamente quello non è il vero regalo… ti ho preso quel libro che avevi visto in libreria e che ti piaceva tanto, quella la posso restituire se vuoi.” Aggiunse Tony alludendo al maglione, ma lei aveva gli occhi lucidi e non sembrava averlo ascoltato
“Io… io lo adoro! Grazie Tony!” era così felice che lo abbracciò forte
“Nessuno mi aveva mai fatto un regalo così bello. Non osare riportarlo indietro!” esclamò asciugandosi le lacrime quando si furono separati, le piaceva veramente tanto, la mise sul maglioncino che indossava e non la tolse per tutta la serata.
“Sai… è molto calda e comoda, mi piace.” Disse mentre guardavano un film
“Sono contento che ti piaccia ninja. Buon Natale.” Si girò dal suo lato del divano e le sorrise, si sorrisero.
 
Prima di chiudere la porta di casa Ziva si premurò di accendere le luci dell’albero perché si doveva vedere da fuori, perché era bello. Spense tutto il resto e si avviò verso l’aeroporto.
 
Intanto, a Washington, un ragazzo guardava le candele che aveva acceso ad Hanukkah sciogliersi lentamente, anche se era ormai Natale le aveva lasciate accese per ricordo.
 
Hanukkah 2005

“Ora devi esprimere un desiderio.” Gli spiegò la ragazza tenendogli le mani sul volto
“Uno solo?” chiese lui
“Domani ne puoi esprimere un altro.” Chiarì Ziva
“Ok…” espresse il suo desiderio, si sedette sul suo divano e sorrise guardando l’amica in piedi davanti a lui
“Domani torni, vero? Porti i dolci!?” disse entusiasmato, lei sospirò esausta, quante volte doveva dirgli che non erano semplici dolci?
“Sì, domani torno e ti porto i dolci...”
 
SI chiamava Anthony DiNozzo, questo ragazzo, e aveva voluto imparare tutto sulle festività ebraiche per poter stare con la sua ninja tutte le sere per un intera settimana, ora però se ne era andata, la sua ninja, già da tre mesi non la vedeva più.
Ogni anno, da quando era arrivata lei, lui aspettava Natale per poterle strappare un bacio sotto il vischio ma quell’anno non avrebbe potuto farlo, di lei restava solo la sua collanina e la foto di Parigi. Non aveva nemmeno fatto l’albero che alla sua ninja piaceva tanto perché, pensava Anthony, se lei non poteva vederlo illuminato dalla finestra e se lui non poteva vedere i suoi occhi illuminarsi quando passava interi minuti ad osservarlo, non serviva a niente, quell’albero, senza di lei era solo una luce fastidiosa in più.
Mentre il ragazzo si deprimeva e osservava la luce flebile delle otto candeline sentì bussare alla porta, allora si alzò e, arrivato quasi a destinazione chiese: “Chi è?” una voce familiare e giocosa rispose: “Regalo speciale per Anthony DiNozzo jr.! Abita ancora qui? Perché io non ho visto nessun albero di Natale quindi suppongo che abbia traslocato…” lei continuava a parlare a testa bassa ma lui aveva aperto la porta da un pezzo e la stava osservando sorridendo, cercando di capire se stava dormendo e se quello era uno dei suoi sogni, ma non lo era. Quando Ziva si accorse che lui la guardava sorrise e alzò la mano: “Ciao… Tony. Posso entrare?”  lui la abbracciò forte, più forte che poteva, si voleva perdere nei suoi ricci scuri, voleva impregnarsi le narici del suo splendido profumo di sabbia calda e acqua salmastra, voleva che il suo sogno restasse nelle sue mani per sempre, chiuse gli occhi e si concentrò solo su di lei, come se stesse recuperando linfa vitale da quell’abbraccio. Mentre ancora la abbracciava le chiese: “Zee, amore mio, sei davvero tu? Non sto sognando?” lei si sciolse all’istante a quelle parole, si strinse a lui e gli cinse il collo con le braccia mettendo la sua testa nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo e rispose: “Sì, sono io e sono qui con te… amore.” Sentendo quella parola Tony si separò da lei senza lasciarla andare del tutto per non vederla girarsi e andarsene di nuovo, si sorrisero, avevano gli occhi lucidi di lacrime, restarono a guardarsi, controllavano ogni neo, ogni ruga in più, ogni piega delle loro labbra, ogni sfumatura di colore nei loro occhi, ogni minimo dettaglio dei loro volti per imprimerlo nella memoria per sempre. Dopo qualche secondo, quando fu sicura che l’immagine di lui era ben chiara nella sua mente, lei prese lentamente il suo viso tra le mani e si scambiarono il bacio più dolce della loro vita, il più candido e vero.
“Voglio fare l’albero di Natale con te, Tony. Voglio fare l’albero di Natale con te per sempre.” Disse lei piangendo, con la fronte l’uno contro quella dell’altra.
“Ehi, ehi, calmati, non piangere, non devi piangere più, sei con me. Calmati.” Cercò di tranquillizzarla lui stringendola un po’ di più e baciandola piano
“Dimmi che faremo l’albero di Natale insieme per sempre, dimmelo. Ti prego Tony!” disse lei ancora singhiozzando
“Te lo prometto, ti prometto che faremo tutti gli anni l’albero insieme, per sempre.” Lei finalmente sorrise, sorrise tra i singhiozzi di gioia.
 
“Cosa… cosa avevi desiderato per Hanukkah quell’anno? Non… non me l’hai mai detto.” Aggiunse Ziva ridendo mentre metteva una pallina sull’abete
“Te.” rispose semplicemente lui, lei sorrise e arrossì
“Devo prenderti un regalo.” Rifletté lei a voce alta
“No, non devi. Mi hai già fatto il regalo più bello.” Disse lui avvicinandosi
“Quale?” chiese Ziva guardandolo negli occhi, lui si avvicinò e la abbracciò di nuovo
“Essere tornata a casa.”

 
scrittrice in canna's corner
siete tutte contente ora? Ho fatto una fluff :3 
è stata dura ma ci sono riuscita xD così nessuno dovrà uccidermi
quindi, questa è una raccolta, la aggiornerò ogni lunedì (sì, anche dopodomani)fino al giorno dell'epifania che tutte le feste porta via e quest'anno si porta anche la mia storia! 
Le OS saranno tutte così: leggere e comiche quindi tranquilli xD ovviamente Tiva, per farmi perdonare dall'ultima flash :') Quindi... ci vediamo lunedì! :D
vostra

scrittrice in canna
P.S.:SPOILER PER LUNEDì: Bar, locali, drink! Ditemi voi cosa vi immaginate

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Capitolo 2
*** Non c'è due senza tre ***


Non c'è due senza tre

(o forse sì)

 
Un bambino dai capelli color biondo cenere e gli occhi verde smeraldo corre verso la madre mimando un aereoplanino con le mani, corre intorno alle gambe della donna e poi si mettere a correre in cerchio vicino al divano del salotto continuando a fare versi con la bocca, poi si ferma e dice: “È un aereo giocattolo! Sono sicuro che è un aereo giocattolo!” la madre lo guarda sorridendo, lascia le sue decorazioni e prende in braccio il bimbo di appena cinque anni, poi annuncia con voce dolce: “Lo saprai solo a Natale! Forza aiutami a mettere gli adesivi sulle finestre.” Al piccolo d’illuminano gli occhi e stringe forte il collo della donna: “Mi piace decorare casa con te, mamma.”
 
“Tony, Tony… Ehi, svegliati!” il ragazzo si sveglia di soprassalto, cerca di capire da che direzione viene la voce che l’ha svegliato, come non averci pensato prima? Si chiede quando realizza che era stata la sua collega della scrivania di fronte alla sua, le sorride ancora mezzo addormentato, poi riesce a biascicare qualcosa: “Mi... ero appisolato solo un istante, tutto apposto. È già il momento di andare a casa?” la ragazza alza la manica sinistra, guarda l’orario e scuote la testa. “Sono ancora le undici e mezzo.” Aggiunge.
“Ma andiamo! È la vigilia di Natale, cosa avrà Abby  di tanto importante da dirci proprio a mezzanotte?!” Tony è alquanto irritato, vorrebbe solo tornarsene a casa
“Non so, certo a me non fa né ghiaccio né caldo ma…” viene bruscamente interrotta: “Né freddo né caldo, Ziva. Che è doppiamente sbagliato perché il detto dice: ‘né caldo né freddo.’…”
“Comunque sia, a me non importa molto della vigilia di Natale, insomma non l’ho mai festeggiato! Perché tutto ciò dovrebbe coinvolgere anche me?”
“Non ti vorrai tirare indietro David, ormai resisti con noi!” dice lui tirandole una pallina di carta sulla scrivania.
“A proposito di resistere tutti insieme… che fine ha fatto McGee? E Gibbs? Insomma, dove sono tutti?!” urla Ziva adirata.
“Dovevano dare un amano a Abby, a quanto pare sarà una sorpresa solo per noi e per Ducky.” Osserva Tony con aria pensierosa.
“No Ducky non verrà, è stato esonerato per via di un impegno improrogabile.” Nella testa dei due si accende una lampadina: “Allora Abby sta facendo una sorpresa a noi due!” dicono in coro, si squadrano, sentono che ha qualcosa a che fare con la piccola creatura che sta crescendo dentro la ragazza che comincia ad accarezzarsi la pancia che è diventata già abbastanza grande, poi da voce ai suoi pensieri: “Forse sta facendo un regalo a lei.”
“O a lui, sai meglio di me che quando non si sa ancora il sesso si usa il maschile.” La corregge di nuovo lui
“E tu sai che io ho sempre voluto una femmina! Insomma ti sembra che io non sia stanca? Tuo figlio mangia più di te! Ho fame e devo aspettare ancora venti minuti prima di arrivare a casa e affondare i denti nel tacchino che sta preparando tuo padre.” Entrambi si leccarono i baffi pensando al pennuto che usciva dal forno, fumante.
“Io non ce la faccio più, scendo al piano di sotto!” annuncia lui alzandosi violentemente dalla sedia, Ziva tenta di farlo ragionare aggrappandosi al suo braccio: “No, no, aspetta, c’è Matt al paino di sotto!” è vero, il piccolo era tanto entusiasta! Quando i genitori gli avevano chiesto cosa stessero preparando lui disse solo: “Aspettate Natale!” ma quel Natale sembrava non arrivare mai, erano in ufficio da tutta la giornata e adesso si sentono esausti, sanno che dovranno aspettare almeno un altro quarto d’ora prima di scoprire la sorpresa e poter prendere il figlio per andare a casa a mangiare o a dormire, ah la loro casa! Un bell’appartamento nuovo in centro città, non troppo lontano dal Navy Yard e abbastanza grande per una famiglia di quattro persone, quanto rimpiangono il loro letto comodo e caldo, il desiderio di prendere baracca e burattini e sgomberare è forte e proprio mentre stanno entrambi per chiamare l’ascensore vedono che magicamente questo si apre e, abbassando lo sguardo, notano un bimbo bassino che, con un gesto della mano, invita i genitori ad entrare e loro ubbidiscono, sono i dieci secondi più lunghi della vita di Ziva che non riesce a pensare ad altro che alla sua stanchezza.

Arrivati in laboratorio li attende un grande albero verde  con sotto tre o anche quattro pacchi regalo, Tony sorride incosciente ma meravigliato, Matt osserva la scena di sua madre che si ritrova a guardare i regali come fossero la cosa più bella del mondo, controlla dei cartellini riposti sopra ad ogni pacco e ognuno riporta il suo nome scritto in bella grafia, sicuramente merito degli amici di Abby e Gibbs in giro per i negozi specializzati, senza rendersene conto Ziva si mette a scartare il primo pacco: un vestitino rosa, nell’altro pacco una fascia per neonati, di quelle da mettere sulla testa, poi un paio di scarpette che ricordano quelle da ballerina e in fine un biglietto:

Ciao Mamma,
Sono Mattew, Tim mi ha aiutata un po’ a scriverti questo biglietto.
Ti ricordi quando avete visto il mio futuro fratellino la settimana scorsa e non avete voluto sapere se era una sorellina o un fratellino? Ecco, nonno Ducky se lo è fatto dire di nascosto e sono usciti con Abby a prendere questi regali. Sai è una sorellina, come volevi tu! Io avrei preferito un fratellino, però mi piace anche così!


Tony legge da sopra la spalla di lei cingendole la vita, entrambi con gli occhi colmi di lacrime di gioia. Dopo un po’spuntano tutti dal corridoio per fare le congratulazioni, Ziva dice tra i singhiozzi: “Sappiate che al terzo figlio se mi dite il sesso vi pianto una carta di credito in un occhio! A tutti!” tra le risate generali il ragazzo che la stava abbracciando rabbrividisce: terzo figlio? Ok -si dice- incoraggiamola, per ora.
 

12 mesi dopo

La bambina osservava tutto quello che la circondava con i suoi occhi vispi che guizzano da un lato e dall'altro della stanza, ma è stanca e si attacca al seno della madre per riuscire ad addorementarsi. Ziva le carezza leggermente i capelli chiari: -si dice- ha proprio i suoi capelli, ma si sa, con il tempo scuriranno, non possono essere tutti e due sue fotocopie! 
Tony entra di soppiatto e appoggia la porta con delicatezza, si siede sul letto e comincia a contemplare sua figlia che, avendolo sentito, spalanca gli occhi e si butta contro di lui, ha solo sette mesi ma è già molto affezionata  al padre.
"Come mi avrà sentito?" chiede lui cullandola
"Hai la grazia di un cammello in una cristalleria." rispose lei piano
"Al massimo di un elefante e non è vero, ho fatto piano, siete voi due ad avere i sensi da ninja!" ZIva ridacchia, si scambiano un bacio a fior di labbra, in quel moento arriva Mattew con iun aereoplanino in mano: "Papà, guarda che ho trovato!" lui sorride un po' per essersi sentito chiamare papà, un po' perchè quello era l'aeroplano di quando aveva cinque anni e che sua madre gli aveva comprato per Natale. Il piccolo si butta addosso alla madre. Quale regalo più bello per Natale potevano avere Tony e Ziva se non i loro figli?
 
scrittrice in canna's corner
lo so, lo so, dovevo aggiornare lunedì, ma non sapevo come sviluppare la storia, giuro! VUOTO TOTALE!
Non chiedetemi da dove ho preso questa perchè giuro che non no so! XD 
Bene, dopo aver constatatò che sono una frana con gli aggiornamenti organizzati direi che ci possiamo vedere settimana prossima. Anche perché il PC reclama una caricabatterie e io un letto.
Quindi buona notte a tutti! 
vostra 
scrittrice in canna
 
 
 

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Capitolo 3
*** Regalo di Natale ***


Regalo di Natale 
 
  

 
Mi alzo, arrivo in cucina e prendo il pennarello che tengo sul tavolo, guardo il calendario che ho preso quando sono tornato da… insomma dopo che sono stato… dopo il mio ultimo viaggio e segno il giorno di oggi con una croce rossa, seguo con lo sguardo le altre croci, quelle che ho fatto nei giorni precedenti, tutto il mese di Dicembre è segnato, fino al 24.
 
Sono le dieci di mattina, i raggi del sole cercano di entrare a forza dalle tende chiuse, le apro e vengo sopraffatto dal calore del sole invernale e dalla luce che sprigiona, strizzo gli occhi, mi butto sul divano e prendo il telecomando della TV con la mano sinistra mentre con la destra tocco la barba incolta di qualche giorno che mi copre il viso, segno dei giorni di ferie per le feste, per il primo anno da quando lavoro per Gibbs ho Natale libero, proprio quest’anno che non ho nessuno con cui passarlo.
Scorro i canali, film di Natale dappertutto, no, non sono dell’umore giusto.
Mi alzo, metto i primi vestiti puliti che trovo e mi sciacquo la faccia e scopro due occhiaie profonde e uno sguardo morto che non mi abbandonano da un po’.  Prendo il cappotto e la sciarpa, ma quando sono a metà strada per uscire dal condominio mi ricordo che nessun tassista lavora in un giorno festivo, così faccio per tornare indietro, che diamine –penso- una passeggiata mi farà bene, il Navy Yard non è così lontano. Mi metto a camminare, il sole mi scalda la faccia, la neve ancora fredda segna il mio passaggio e ogni tanto, quando passo sotto i pali della luce, qualche goccia d’acqua mi cade sulle spalline del cappotto, è davvero una bella giornata, camminare da solo però è deprimente, se fossi in compagnia sarebbe meglio. Mi giro e per un attimo mi sembra di vederla che cammina accanto a me, lucente nel suo cappotto grigio, con i ricci che brillano sotto la luce del mattino, sorridente e felice, ma è solo il suo fantasma. Scaccio dalla mente il doloroso ricordo di lei e metto le mani in tasca.
 
Dopo un paio di minuti di cammino scorgo una figura a me familiare: il mio capo è seduto su una panchina con il suo immancabile caffè in mano e lo sguardo volto verso il passato. È un uomo che vive di ricordi ma è la persona migliore che mi sia rimasta, così mi siedo accanto a lui e sospiro, poi dico: “Bella giornata per una camminata, vero capo?”
“Sì, ci si schiarisce le idee.” Risponde lui senza guardarmi.
“Io ho tante idee da schiarire…” dico mentre davanti a me scorrono delle immagini che avevo lasciato sepolte nella parte più remota dei miei ricordi.
“Pensi ancora a lei, vero?” io abbasso la testa leggermente ancora intontito.
“È stata una sua scelta.”
“È più di un anno che non la vedo…” sospiro.
“Manca a tutti. Devi aspettare che sia lei a decidere di tornare.” Si alza e mi lascia in preda ai miei dubbi. Quando si deciderà a tornare?
“Ehi capo, stai… andando alla base?” lui si ferma, si gira e risponde: “Sì. Vuoi venire, DiNozzo?” non dico nulla, mi alzo e lo raggiungo.
Arriviamo a destinazione insieme, in questo modo il fantasma di Ziva si presenta meno.
 
Alla sera trovo un taxi di fortuna e mi faccio accompagnare fino al mio condominio. Arrivo a casa, poso il cappotto sull’attaccapanni e mi siedo sul divano, ormai la luce calda del sole non c’è più e una leggera striscia bianca illumina parte del mio appartamento lasciando il resto nella penombra, mentre sto per accendere il televisore sento uno strano rumore proveniente dalla camera da letto, come un lamento sommesso, quindi prendo la pistola dal cassetto e mi dirigo verso la porta, la apro piano e luce lunare illumina i miei cuscini, che tenevo nell’armadio, disposti sul letto come a protezione di qualcosa, mi avvicino puntando la pistola verso il letto, pronto a sparare al minimo movimento sospetto, ma più mi avvicino più mi sembra di scorgere una figura umana, molto piccola, come un bambino, infatti non appena sono ai piedi del letto capisco che i cuscini servono a non far cadere un bebè che dorme pacifico, mi chiedo come ci sia potuto arrivare un neonato nel mio appartamento, quando lo prendo in braccio sento come se lo conoscessi, lo stringo e lui stringe me, con le sue manine paffute mi prende il maglione alla ricerca di latte, una cosa che solo sua madre può dargli, ma vedo che comincia ad agitarsi così vado in cucina, sperando di avere un cartone di latte da riscaldare, ma quello che trovo è ben diverso: lei è seduta al tavolo della cucina, con  le luci spente e la coda di cavallo ben sistemata, un mio maglione addosso e un panino tra le mani, mi guarda e sorride. Non ci faccio caso, penso che può essere una delle mie allucinazioni e apro il frigo, quando la sento dire: “Che fai? Così prende freddo.” E avvicinarsi verso di me capisco che è veramente lei, che è in carne ed ossa proprio davanti a me, strabuzzo gli occhi, lascio che prenda il bambino e che lo culli, poi le chiedo ancora stordito: “Cosa ci fai qui?” lei mi guarda di sfuggita, poi dice severa: “Non potevo più stare in Israele, dovevo andarmene e non sapevo dove.”
“È tuo?” chiedo indicando il bambino di appena qualche mese.
“Sì.” La vedo alzare gli angoli delle labbra, prima che la sua espressione dura torni padrona.
“Quindi non potevi stare a Te Aviv e hai deciso di presentarti a casa mia con un bambino, perché? Per accollarmi il figlio di un altro? Per farmi vedere che sei riuscita a dimenticarmi mentre io ancora soffro per te? Perché sei qui, Ziva?” le chiedo sull’orlo di una crisi di nervi.
“Perché non posso vivere senza di te. Almeno credo…” risponde lei più dolce, ma io sono ancora arrabbiato, perché è venuta a rinfacciarmi la sua felicità? Stiro il collo e rido sarcastico.
“Abbiamo bisogno di te, ti prego Tony… non ci abbandonare!” me lo dice in maniera così dolce che mi verrebbe voglia di abbracciarla, ma non posso.
“Senti un po’chi parla di abbandono! Tu un anno fa mi hai lasciato, ora torni con un bambino di chissà chi e mi chiedi aiuto? Non funziona così, David.” Urlo.
“Smettila, ti prego.” Mi dice sull’orlo delle lacrime stringendo ancora di più il neonato.
“E perché? Perché così lo sveglio? Eh?” mi siedo al tavolo e tengo il viso tra le mani, devo nascondere le lacrime, lacrime di tristezza perché lei si è innamorata di un altro. La sento che prova a sfiorarmi la spalla ma io sussurro: “No, ti prego. Non mi toccare.” Alzo lo sguardo, scopro che entrambi abbiamo gli occhi rossi e gonfi di lacrime. Lei ha ritirato la mano e la tiene come se fosse ferita, pendente.
“Togliti il mio maglione, prendi tuo figlio e vattene. Non posso aiutarti. Va da Gibbs, lui saprà darti un rifugio purché temporaneo. Se non saprà aiutarti sono sicuro che Abby sarà più che contenta di darti una mano.” La istruisco, le prendo la giacca da una sedia e guardo quel bambino che dorme, ricordo la felicità nell’averlo tenuto e la tristezza che ha seguito la certezza che non può essere mio così come la donna che amo. In un altro momento le avrei poggiato la giacca sulle spalle ma ora non riesco neanche a guardarla negli occhi.
Lei non accenna a muoversi, le lacrime cominciano a scorrerle per le guance calde e arrossate, la bocca si contrae in una smorfia di dolore, vederla in questo stato mi fa sentire minuscolo e sento il mio cuore che vorrebbe esplodere. Sono stato durissimo con lei, ma non riesco a reagire in altro modo.
“Ti prego. Vattene. Devo andare da Ducky per la vigilia.” Dico girandomi da un’altra parte. La sento soffocare un singhiozzo, continua a non muoversi.
“Sai cosa avevo desiderato per Hanukkah?” dice a stento, io mi rigiro e aspetto che continui.
“Che… Tali conoscesse suo padre per Natale.” Si ferma un attimo e poi aggiunge: “Non avrei mai pensato che lui potesse cacciarci… certo non mi aspettavo i fuochi d’artificio ma…” non capisco quello che dice, mi avvicino poco, di un passo.
“…Magari che mi dicesse: ‘Ciao.’ Che non saltasse alle conclusioni e che mi lasciasse spiegare, forse però hai ragione, sono stata egoista… quindi se mi farai il favore di prendere Tali in braccio io mi tolgo il maglione e me ne vado.” A quel punto non posso più lasciarla andare, insomma, la piccola creatura che stringe tra le braccia è il simbolo dei nostri sentimenti, se mi fossi fermato a fare qualche calcolo avrei capito che i tempi combaciavano alla perfezione. Ora mi sento malissimo, non avrei dovuto attaccarla in quel modo. Ora le lacrime hanno cominciato a scorrere copiose, non controllo più i miei movimenti, la abbraccio quasi istantaneamente, senza riflettere, senza trattenermi.
“Scusa, non avrei dovuto, ti prego. Scusa.” La sento sorridere, mi distacco, continuo a piangere, continuo a distruggermi perché non potevo trattarla in un modo peggiore, ma lei sembra non averci pensato più di tanto, ormai ha esaurito le lacrime e riesce solo a ridere.
“Non fa niente, io… io ti perdono e ti capisco. Voglio solo il meglio per nostra figlia. Non potevo vivere con la consapevolezza di non aver mai provato a dare a mia figlia la famiglia che merita e se tu non la accetterai io ti capisco perché…”
“Io sono la persona più felice del mondo. Non potevi farmi un regalo di Natale migliore.”
Così quel fantasma che appariva in casa mia e che accompagnava le mie notti si era materializzato come per magia e mi aveva regalato il gioiello più bello, la cosa migliore che potesse succedermi, il miracolo di Natale per eccellenza: una bambina che mi avrebbe portato solo felicità, anzi che ci avrebbe portato felicità perché da quel momento in poi qualsiasi cosa avrei fatto sarebbe stata accompagnata da lei, il mio unico desiderio, la mia foto più bella, la mia ninja.





 
scrittrice in canna's corner

ahahaha vi prego non uccidetemi :')
Lungo periodo di assensa, lo so. Mi farò perdnare. 
Intanto buon anno! 

vostra
scrittrice in canna

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